N. 04440/2013 REG.PROV.COLL.
N. 04972/2012 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4972 del 2012, proposto da:
Vincenzo Varone, Armando Mangone, Salvatore Cichello, Vincenzo Nicolasi,
Salvatore Vallone, Antonio Fogliaro, Antonio Furci, Domenico Colloca, Fortunato
Greco, rappresentati e difesi dall'Avv. Antonio Torchia, con domicilio eletto
presso lo Studio dell’Avv. Saverio Menniti sito in Roma, Viale Parioli, 74/C/4;
contro
- PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, PRESIDENZA DELLA
REPUBBLICA, MINISTERO DELL'INTERNO, U.T.G. - PREFETTURA DI
VIBO VALENTIA, COMMISSIONE STRAORDINARIA DEL COMUNE DI
MILETO, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato,
domiciliata
-
COMUNE
in
DI
Roma,
MILETO
via
in
dei
persona
Portoghesi,
della
12;
COMMISSIONE
STRAORDINARIA, rappresentato e difeso dall’Avv. Gaetano Callipo ed
elettivamente domiciliata presso lo Studio dell’Avv. Alessandro Fusco sito in
Roma, Via Fulceri Paulucci de Calboli n. 1;
nei confronti di
Massimo Mariani, Caterina Minutoli, non costituiti;
per l'annullamento
a) del decreto del Presidente della Repubblica del 10 aprile 2012, relativo allo
“scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto ed alla nomina della Commissione
Straordinaria per la gestione dell'ente", con cui è stato disposto, per la durata di
diciotto mesi, lo scioglimento del Consiglio comunale di Mileto, ai sensi dell'art.
143 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.i. ("Testo Unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali" ), con contestuale nomina di una Commissione Straordinaria per
la gestione del Comune di Mileto;
b) della deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 aprile
2012, avente ad oggetto lo scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto,
unitamente alla nota del Ministro dell'Interno del 5 aprile 2012, recante la
trasmissione di detta deliberazione al Presidente della Repubblica;
c) della relazione del Ministro dell'Interno del 5 aprile 2012, contenente la proposta
di scioglimento del Consiglio Comunale di Mileto;
d) della relazione del Prefetto della Provincia di Vibo Valentia, avente ad oggetto
l'esito degli accertamenti ispettivi disposti ex art. 143 TUEL in relazione al
Comune di Mileto del 25 gennaio 2012;
e) del decreto prefettizio del 25.08.2011 e successiva proroga;
f) della relazione conclusiva svolta dalla Commissione d'indagine ex art. 143, co. 2,
TUEL nominata con decreto prefettizio del 25 agosto 2011, nonché di ogni altro
atto o provvedimento presupposto, coevo, connesso o consequenziale, anche non
conosciuto, ivi compresi:
1) i verbali e le ulteriori eventuali relazioni della Commissione di accesso;
2) la relazione del Consiglio dei Ministri e del Prefetto di Vibo Valentia;
3) del decreto del Prefetto di Vibo Valentia dell' 1 1 aprile 2012.
con il risarcimento dei danni patiti e patiendi oltre interessi e rivalutazione sino al
soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di: Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia e Comune di Mileto;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2013 il cons. Rosa Perna e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, proclamati consiglieri comunali del
Comune di Mileto a seguito delle elezioni svoltesi nel giugno 2009, impugnano gli
atti indicati in epigrafe, con i quali si è proceduto allo scioglimento del Consiglio
Comunale di Mileto, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante
il “Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali”, di seguito anche
TUEL).
Questi i motivi di ricorso dedotti a sostegno del gravame:
1) Violazione degli artt. 1, 3 e 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione del giusto
procedimento e del principio di partecipazione. Violazione degli artt. 3, 5, 24, 48, 51, 97, 113,
114 e 120 Cost. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto assoluto di motivazione.
Gli atti non sarebbero stati preceduti dalla comunicazione di avvio del
procedimento, né sussisterebbero le ragioni di urgenza che legittimano l’omissione
della comunicazione.
2) Assoluto difetto di motivazione – motivazione perplessa per la contemporanea deduzione di
presupposti di legge tra loro alternativi e comunque inesistenti – mancanza del preliminare
requisito dell’accertata diffusione sul territorio della criminalità organizzata di stampo mafioso e
omissione della comunicazione di avvio del procedimento; Violazione degli artt. 1 e 3 della l. 7
agosto 1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione dell’art. 143 TUEL. Violazione del
diritto ad una buona amministrazione. Violazione del giusto procedimento. Violazione degli
artt. 3, 5, 24, 48, 51, 97, 113, 114, 120 Cost. Eccesso di potere per difetto e perplessità della
motivazione; manifesta illogicità; difetto di presupposto; carenza di istruttoria.
Gli atti non sarebbero adeguatamente motivati, neanche per relationem, atteso che la
relazione del Prefetto contiene numerosi omissis e la relazione della Commissione di
accesso non risulta pubblicata.
La proposta ministeriale di scioglimento del consiglio comunale di Mileto e
l’allegata relazione prefettizia sarebbero irrimediabilmente viziate anche per
perplessità della motivazione, nella misura in cui richiamano sia “collegamenti
diretti o indiretti” degli amministratori comunali con la criminalità organizzata, sia
“forme di condizionamento” degli stessi soggetti.
Mancherebbe un adeguato accertamento circa l’eventuale radicamento, nel
territorio del Comune di Mileto, della criminalità organizzata di stampo mafioso.
In ogni caso l’Amministrazione non avrebbe individuato elementi “concreti,
univoci e rilevanti”, né sotto il profilo dei collegamenti diretti o indiretti né sotto
quello delle forme di condizionamento.
Sarebbero da smentire le affermazioni relative ai collegamenti e alle frequentazioni
di alcuni componenti della compagine amministrativa, mentre sarebbero irrilevanti
rispetto al disposto scioglimento quelli relativi ad alcuni dipendenti dell’ufficio
tecnico; i meri rapporti di parentela con pregiudicati non potrebbe condizionare la
valutazione dei soggetti.
3) Insussistenza di tutte le pretese irregolarità dell’attività amministrativa dell’ente e sulla
conseguente assenza di compromissione del regolare funzionamento dello stesso. Carenza dei
requisiti della univocità e rilevanza e sul difetto del nesso eziologico tra le asserite ingerenze della
criminalità organizzata e la pretesa compromissione del regolare funzionamento dell’Ente.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 143 TUEL. Violazione e falsa applicazione degli artt.
50 ss. TUEL. Violazione dell’art. 125 d.lgs 12 aprile 2006, n. 163. Violazione degli artt. 1
e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione del giusto procedimento. Violazione degli artt. 3,
5, 24, 48, 51, 97, 113, 114, 120 Cost. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità
della loro valutazione; difetto di presupposto; difetto assoluto di motivazione; manifesta illogicità;
carenza di istruttoria.
Gli atti impugnati non dedurrebbero alcunché in ordine al nesso eziologico tra le
lacune ed inefficienze dell’Amministrazione comunale ed il condizionamento o il
collegamento mafioso.
A tal fine non rileverebbe l’anomalia evidenziata in merito al servizio di fornitura
pasti agli alunni della scuola materna affidato alla stessa ditta per gli anni
2008/2009, 2009/2010, 2010/2011, servizio che per l’anno 2011/2012 sarebbe
stato comunque affidato ad altra ditta.
Gli affidamenti diretti posti in essere dall’amministrazione comunale sarebbero
coerenti con la normativa vigente, trattandosi di importi sottosoglia.
La eventuale circostanza che le locali forze politiche abbiano individuato i singoli
rappresentanti in giunta in epoca antecedente all’ultimo rinnovo del consiglio
comunale non proverebbe alcuna influenza malavitosa.
In definitiva, i provvedimenti impugnati si fonderebbero su ipotesi prive di
riscontro concreto e perciò sarebbero illegittimi per macroscopica carenza di
istruttoria e di motivazione e per mancanza assoluta dei presupposti di legge.
2. I ricorrenti hanno quindi domandato l’annullamento degli atti impugnati,
avanzando anche richieste istruttorie.
3. Nel presente giudizio si sono costituiti per resistere all’epigrafato gravame la
Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero
dell'Interno ed il Comune di Mileto, concludendo per la reiezione del ricorso
siccome infondo nel merito.
4. Con ordinanza 4 luglio 2012, n. 6109 la Sezione ha ordinato all’amministrazione
resistente di produrre in giudizio la relazione prefettizia e la relazione della
Commissione di accesso intervenute nel procedimento de quo nonché ogni altro
atto presupposto.
Alla camera di consiglio del 26 settembre 2012 la domanda cautelare proposta dai
ricorrenti unitamente al ricorso è stata rinviata al merito.
5. L’amministrazione onerata, nel provvedere al deposito in atti dei predetti
documenti, ha rappresentato che gli stessi sono stati classificati “riservati” ai sensi
del comma 9 dell’art. 143 del d.lgs. 267/2000.
6. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 23 gennaio
2013; nella discussione in camera di consiglio il Collegio si è riservato, rinviandone
la decisione alla camera di consiglio del 15 aprile 2013.
DIRITTO
1. L’odierna controversia ha ad oggetto la legittimità dello scioglimento del
Consiglio Comunale di Mileto per la durata di diciotto mesi e della nomina della
Commissione straordinaria per la gestione del Comune, ai sensi dell'art. 143 del
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, disposti con decreto del Presidente della Repubblica
10 aprile 2012.
I ricorrenti, proclamati consiglieri comunali del Comune di Mileto a seguito delle
elezioni svoltesi nel giugno 2009, con le dedotte censure espongono sia
l’irregolarità dell’andamento del relativo procedimento sia l’insussistenza degli
elementi concreti, univoci e rilevanti cui l’art. 143 TUEL, nel testo vigente,
subordina l’esercizio della potestà di scioglimento dell’organo comunale.
Resistono la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il
Ministero dell'Interno e il Comune di Mileto.
2. Prima di passare all’esame delle singole censure sollevate dalla parte ricorrente,
giova premettere che ai sensi del ripetuto art. 143 TUEL, comma 1, “…i consigli
comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti
effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti
elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo
mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su
forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del
procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e
da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni
comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse
affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo
stato della sicurezza pubblica”.
3. Il Collegio ritiene altresì opportuno richiamare, in via preliminare, gli indirizzi di
interpretazione ed applicazione della normativa in materia, come definiti dalla
giurisprudenza costituzionale ed amministrativa (Corte Costituzionale, sentenza 19
marzo 1993, n. 103; Cons. Stato, IV, 10 marzo 2011, n. 1547; id., 24 aprile 2009, n.
2615; 21 maggio 2007, n. 2583; Sez.VI, 10 marzo 2011, n. 1547; id., 17 gennaio
2011, n. 227; 15 marzo 2010, n. 1490):
- lo scioglimento dell’organo elettivo si connota quale misura di carattere
straordinario per fronteggiare un’emergenza straordinaria;
-
sono
giustificati
margini
ampi
nella
potestà
di
apprezzamento
dell’Amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti,
non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il
condizionamento degli amministratori, pur quando il valore indiziario dei dati non
sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale, essendo asse portante della
valutazione di scioglimento, da un lato, la accertata o notoria diffusione sul
territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le precarie condizioni di
funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale;
- rispetto alla pur riscontrata commissione di atti illegittimi da parte
dell’amministrazione, è necessario un quid pluris, consistente in una condotta, attiva
od omissiva, condizionata dalla criminalità anche in quanto subita, riscontrata
dall’amministrazione competente con discrezionalità ampia, ma non disancorata da
situazioni di fatto suffragate da obbiettive risultanze che rendano attendibili le
ipotesi di collusione, così da rendere pregiudizievole per i legittimi interessi della
comunità locale il permanere alla sua guida degli organi elettivi.
In questo quadro, l’art. 143 del TUEL precisa le caratteristiche di obbiettività delle
risultanze da identificare, richiedendo che esse siano concrete, e perciò fattuali,
univoche, cioè non di ambivalente interpretazione, rilevanti, in quanto significative
di forme di condizionamento.
E, come la Sezione ha avuto modo di considerare (Tar Lazio, I, 1° febbraio 2012,
n. 1119), nella disposizione in esame la volontà del legislatore di consentire
un'indagine sulla ricostruzione della sussistenza di un rapporto tra gli
amministratori e la criminalità organizzata sulla scorta di circostanze che
presentino un grado di significatività e di concludenza di livello inferiore rispetto a
quelle che legittimano l'azione penale o l'adozione di misure di sicurezza nei
confronti degli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso o
analoghe, trova espressione nell’uso di una terminologia ampia ed indeterminata
nell’individuazione dei presupposti per il ricorso alla misura straordinaria.
Ciò in quanto l'intento del legislatore è quello di riferirsi anche a situazioni estranee
all'area
propria
dell'intervento
penalistico
o
preventivo,
nell'evidente
consapevolezza della scarsa percepibilità, in tempi brevi, delle varie concrete forme
di connessione o di contiguità - e dunque di condizionamento - fra organizzazioni
criminali e sfera pubblica, e della necessità di evitare con immediatezza che
l'amministrazione dell'ente locale rimanga permeabile all'influenza della criminalità
organizzata.
Alla stregua dei richiamati presupposti normativi, trovano giustificazione gli ampi
margini per l'apprezzamento degli effetti derivanti dal collegamento o dal
condizionamento in termini di compromissione della libera determinazione degli
organi
elettivi, del
buon
andamento
dell'amministrazione, del
regolare
funzionamento dei servizi, ovvero in termini di grave e perdurante pregiudizio per
lo stato della sicurezza pubblica.
Ne consegue l'idoneità a costituire presupposto per lo scioglimento dell’organo
comunale anche di situazioni che, di per sé, non rivelino direttamente, né lascino
presumere, l'intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della
criminalità organizzata (Cons. Stato, VI, 24 aprile 2009, n. 2615; id., 6 aprile 2005,
n. 1573).
4. Quanto allo scrutinio rimesso alla presente sede, conseguenza dei profili sopra
accennati è che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è esercitabile
nei limiti della presenza di elementi che denotino, con sufficiente concludenza, la
deviazione del procedimento dal suo fine di legge. In particolare, l’apprezzamento
giudiziale delle acquisizioni in ordine a collusioni e condizionamenti non può
essere effettuato estrapolando singoli fatti ed episodi, al fine di contestare
l'esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del
giudizio conclusivo sull'operato consiliare (Tar Lazio, I, cit.).
Ciò in quanto, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel
territorio in questione, gli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e
condizionamenti, vanno considerati nel loro insieme, poiché solo dal loro esame
complessivo può ricavarsi la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione
identificabile come presupposto per la misura di cui si tratta (Cons. Stato, IV, 6
aprile 2005, n. 1573; id., 4 febbraio 2003 n. 562; Sez. V, 22 marzo 1998, n. 319; id.,
3 febbraio 2000, n. 585).
5. Tanto premesso, va considerato che nella fattispecie all’odierno esame la
relazione prefettizia di cui all’art. 143 del d.lgs. 267/2000, si esprimeva nel senso
della sussistenza delle condizioni previste dalla menzionata norma per procedere
allo scioglimento dell’ente, avendo rilevato che “il quadro compiutamente
delineato dall’organo ispettivo, sulla base degli accertamenti effettuati, è
caratterizzato, da un lato, dall’accertata e notoria presenza nel contesto territoriale
di cosche criminali e da un tessuto politico-amministrativo profondamente
compromesso e, dall’altro, da una precarietà delle condizioni funzionali dell’Ente
Territoriale che favoriscono la permeabilità degli organi amministrativi ai
condizionamenti criminali”; e precisando che “assumono importanza decisiva,
accanto ai collegamenti esistenti fra singoli amministratori ed esponenti della
criminalità, che intensamente ricorrono e che sono documentati nel lavoro della
Commissione d’accesso, anche i tratti di una sistematica operatività caratterizzata
da diffuse irregolarità, anomalie e condizionamenti dell’andamento della sia pur
limitata attività amministrativa dell’Ente locale”.
6. Può dunque passarsi all’esame delle specifiche censure spiegate con l’azione
impugnatoria all’esame.
7. Prive di fondamento risultano le doglianze svolte con il primo mezzo.
I ricorrenti lamentano che gli atti gravati non sarebbero stati preceduti dalla
comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n.
241, né rinvengono le ragioni di urgenza che renderebbero legittima l’omissione
della comunicazione.
Entrambi i rilievi non sono conducenti.
La Sezione ha da lungo tempo, ed anche di recente (Tar Lazio, Roma, I, da 26
gennaio 1995, n. 68 a 1° febbraio 2012, n. 1119), avuto modo di escludere che la
mancata comunicazione dell'avvio del procedimento e la conseguente mancata
partecipazione allo stesso inficino il provvedimento di scioglimento ex art. 143, d.
lgs. 267/2000.
La stessa natura dell’atto di scioglimento dà ragione dell’esistenza, oltre che della
gravità, dell’urgenza del provvedere, cui non può non correlarsi l’affievolimento
dell’esigenza di salvaguardare in capo ai destinatari, nell’avvio dell’iter del
procedimento di scioglimento, le garanzie partecipative e del contraddittorio
assicurate dalla comunicazione di avvio del procedimento.
Sul punto la Corte Costituzionale, nella richiamata sentenza n. 103/1993, ha
sostenuto che la mancanza della previsione della preventiva contestazione degli
addebiti (e della possibilità, di conseguenza, di dedurre in ordine ad essi nel corso
del procedimento) nel procedimento amministrativo relativo alle ipotesi di
scioglimento, "appare giustificata dalla loro peculiarità, essendo quelle misure
caratterizzate dal fatto di costituire la reazione dell'ordinamento alle ipotesi di
attentato all'ordine ed alla sicurezza pubblica. Una evenienza dunque che esige
interventi rapidi e decisi, il che esclude che possa ravvisarsi l'asserito contrasto con
l'art. 97 della Costituzione, dato che la disciplina del procedimento amministrativo
é rimessa alla discrezionalità del legislatore nei limiti della ragionevolezza e del
rispetto degli altri principi costituzionali, fra i quali, secondo la giurisprudenza di
questa Corte (sent. n. 23 del 1978; ord. n.503 del 1987), non é compreso quello del
"giusto procedimento" amministrativo, dato che la tutela delle situazioni soggettive
é comunque assicurata in sede giurisdizionale dagli artt. 24 e 113 della
Costituzione."
In adesione al suesposto orientamento del Giudice delle leggi, il Giudice
amministrativo ha ritenuto che gli atti adottati ai sensi dell'art. 143 d. lgs. 267/2000
ed in genere tutta l'attività svolta dalla P A ai sensi della normativa antimafia sia
sottratta al diritto di comunicazione preventiva di avvio del procedimento per
evidenti ragioni di ordine e sicurezza pubblica sottesa all'attività (Cons. Stato, IV,
22 giugno 2004 n. 4467). L'affievolimento delle garanzie partecipative e del
contraddittorio nel procedimento è pienamente giustificato, secondo il supremo
organo della giustizia amministrativa, dal fatto che si tratta di misura che esige
interventi rapidi e decisi (Cons. Stato, V, 20 ottobre 2005, n. 5878); e, come da
ultimo ribadito sempre in merito ai provvedimenti ex art. 143 TUEL, le esigenze di
celerità del provvedere – in presenza della necessità di pronta tutela degli interessi
di rilievo pubblico inerenti alla sicurezza ed all'ordine pubblico a mezzo di
provvedimento preventivo e cautelare - consentono di omettere l'avviso
partecipativo secondo quanto previsto dall'art. 7 della legge n. 241 del 1990"
(Cons. Stato, III, 9 luglio 2012, n. 3998; CGA, 21 novembre 2011, n. 866)
8. Neppure le censure svolte con il secondo motivo di ricorso si appalesano
meritevoli nel loro complesso di favorevole considerazione.
8.1 In primo luogo, va disattesa la prospettazione di parte ricorrente sulla presunta
illogicità del provvedimento impugnato per aver sovrapposto due situazioni basate
su presupposti antitetici, e cioè la collusione degli amministratori con la criminalità
organizzata ed il condizionamento degli stessi, nonostante l'art. 143 TUEL preveda
tra i necessari presupposti dello scioglimento due situazioni che si porrebbero in
rapporto di alternatività.
Osserva in proposito il Collegio che la richiamata disposizione, nel porre in
rapporto di alternatività le due fattispecie (collusione e condizionamento) non ha
inteso attribuire alle medesime un carattere antitetico e confliggente, ma ha
ritenuto sufficiente la sussistenza anche di una sola delle situazioni di collusione o
condizionamento per il legittimo esercizio del potere di scioglimento.
Nel caso di specie, l'attività di indagine espletata ha riscontrato la sussistenza sia di
forme di collusione sia di forme di condizionamento, situazioni dunque non
antitetiche, ma ben compatibili che, laddove coesistono, non solo legittimano ma
rendono ancor più necessario il ricorso alle misure in esame, in quanto
ripristinatorie delle condizioni di legalità.
Difatti la relazione del Ministro dell’Interno, quanto al profilo della collusione,
richiamate le risultanze dei lavori svolti dalla commissione d’indagine, rappresenta
come “componenti della giunta e del consiglio, in particolare il vice sindaco ed il
presidente del consiglio e dipendenti del comune di Mileto, alcuni dei quali gravati
da precedenti penali e di polizia di particolare rilievo, abbiano forti legami ed
assidue frequentazioni con esponenti delle locali consorterie, taluni peraltro di
elevato spessore criminale. Tali rapporti consolidatisi nel tempo hanno reso
possibile una gestione dell’ente permeabile agli interessi della criminalità
organizzata nonostante l’azione di moralizzazione portata avanti dal primo
cittadino, volta all’affermazione dei principi di legalità all’interno del civico
consesso”; ed evidenzia altresì che “all’azione intrapresa dal sindaco non hanno
fatto seguito concrete iniziative per contrastare un ambiente caratterizzato da
contiguità e cointeressi tra politica e criminalità organizzata”. Ancora, la relazione
ministeriale evidenzia che “logiche clientelari ed interessi economici legati ad
ambienti criminali avrebbero contraddistinto anche la fase antecedente le
consultazioni elettorali atteso che, come anche emerso nel corso delle audizioni
svolte dalla commissione d’indagine, l’individuazione dei componenti dell’organo
esecutivo sarebbe avvenuta ancor prima della presentazione delle candidature e
non sarebbe invece stata decisa successivamente alla proclamazione del sindaco
eletto. Questi, conseguentemente, non avrebbe esercitato il potere di scelta dei
componenti della giunta, prerogativa che, sulla base dei principi ispiratori della
vigente normativa, è riservata all’organo di vertice”.
Quanto al secondo profilo, la relazione del Ministro richiama le vicende
analiticamente esaminate e dettagliate nella relazione prefettizia, le quali “denotano
una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Mileto che,
disattendendo ogni principio di buon andamento, imparzialità e trasparenza, hanno
compromesso il regolare funzionamento dei servizi con grave pregiudizio degli
interessi pubblici”.
7.2 A supporto di tale ultima considerazione, nella ripetuta relazione ministeriale
vengono
messe
in
rilievo
alcune
vicende
sintomatiche
dell'incapacità
dell'amministrazione locale di far fronte alle ingerenze della criminalità organizzata.
E così, nel settore degli appalti pubblici, nel periodo in esame, “il responsabile dell'
area tecnica ha proceduto a numerosi affidamenti diretti di lavori senza esperire le
relative procedure negoziate o indagini comparative che le fonti normative di
riferimento richiedono. L’esame dei diversi affidamenti posti in essere ha, peraltro,
evidenziato l’assenza di motivi di indifferibilità o urgenza che avrebbero
giustificato il ricorso a tali procedure. Ulteriori, rilevanti elementi della sussistenza
di condizionamenti dell’attività amministrativa sono testimoniati dalla circostanza
che gran parte dei suddetti affidamenti si sono risolti in favore di due società i cui
titolari hanno tra loro un rapporto di parentela; il titolare di una delle suddette
aziende, contiguo ad una locale cosca, ha inoltre rapporti di affinità con un
assessore comunale”.
Nel delineato quadro di anomalie, si inserisce anche “la complessiva procedura
concernente il servizio di forniture agli alunni della scuola materna, affidato per
l'anno scolastico 2009/2010 e nuovamente conferito alla stessa ditta per l'anno
successivo. La gara è stata caratterizzata da una serie di irregolarità, concernenti
anche le norme di pubblicità che hanno ristretto l'ambito di conoscenza da parte
degli operatori di settore, con la conseguenza che è stata presentata un'unica
offerta, formulata dalla stessa ditta che risulterà poi affidataria del servizio. Anche
per la procedura d'appalto relativa all'anno scolastico 2011/2012 è stata presentata
una sola offerta, parimenti formulata dalla suddetta società; la procedura non si è,
però, conclusa con l'aggiudicazione definitiva, essendo stata emessa dalla
competente prefettura, nelle more della stipula del contratto, un'informazione
atipica ai sensi della normativa antimafia nei confronti dell' azienda in questione.
Anche la ditta alla quale è stato affidato il servizio di pulizia dei locali occupati
dagli uffici giudiziari comunali è stata destinataria, nello scorso mese di novembre,
di un’informazione interdittiva antimafia.”
Anche dall' analisi della vicenda concernente la progettata costruzione di un
impianto di smaltimento dei rifiuti solidi è emerso il fondato sospetto che sulla
realizzazione di tale sito si siano concentrati gli interessi della criminalità
organizzata, come dimostrerebbe, ad avviso dell’organo ispettivo, la totale assenza
di reazioni da parte della comunità residente nella frazione interessata
dall'installazione dell' impianto.
Ancora, nella redazione del piano strutturale comunale alcuni componenti
dell'amministrazione comunale avrebbero tessuto un accordo, all'insaputa del
sindaco, per far rientrare nel nuovo piano diversi appezzamenti di terreno, la cui
proprietà è riconducibile in parte a locali famiglie malavitose e in parte agli stessi
amministratori locali.
La relazione del Ministro prosegue rilevando come la relazione prefettizia abbia
altresì posto in evidenza la generale condizione di disordine amministrativo e di
totale carenza dell'attività di impulso nel settore economico-tributario, come pure
la mancata attività di vigilanza sul servizio di gestione, potenziamento ed
estensione dell'acquedotto comunale, affidato nel 1991 tramite licitazione privata
ad una società recentemente raggiunta da informazione antimafia atipica.
8.3 Se ne ricava che, nel caso in esame, l’influenza della criminalità organizzata
sugli organi elettivi del Comune è stata rappresentata, sia pure sinteticamente e con
numerosi omissis e per relationem negli allegati al decreto presidenziale di
scioglimento, nei quali è stata indicata una serie di vicende che dimostrano in
modo oggettivo l’esistenza di un condizionamento di tipo ambientale derivante
dalla diffusa ed accertata presenza di pericolose cosche mafiose in grado di
compromettere la libera determinazione degli organi elettivi, con grave pregiudizio
alla capacità di gestione e di funzionamento dell’ente comunale, determinando di
conseguenza una condizione di assoggettamento alle scelte delle locali
organizzazioni criminali; mentre le reali vicende sintomatiche dell’infiltrazione e
del condizionamento mafioso nel Comune di Mileto sono state integralmente
descritte nelle risultanze della Commissione di accesso; di tal che è destituita di
fondamento pure l’ulteriore censura sul difetto di motivazione del provvedimento
impugnato.
8.4 Quanto alla lamentata carenza di istruttoria, si osserva in contrario che la
nomina della Commissione di accesso e la necessità di prorogare i poteri della
stessa denotano l'attenzione prestata nella disamina del contesto ambientale e
dell'attività posta in essere dalla disciolta amministrazione.
L'istruttoria è stata effettuata, infatti, attraverso l'attività svolta dagli organi di
polizia e dalla suddetta Commissione, che hanno raccolto circostanze, confluite
nella
reazione
prefettizia
ed
in
quella
ministeriale,
sintomatiche
del
condizionamento degli amministratori, ritenuti idonei a suffragare la proposta di
cui all'art. 143 TUEL, in quanto sono emersi elementi rilevanti, univoci e
significativi, in grado di costituire i presupposti di fatto e di diritto del
provvedimento di scioglimento.
9. Vanno disattese, infine, anche le censure svolte con l’ultimo motivo di ricorso
che lamenta il travisamento dei fatti, l’erroneità della loro valutazione ed il difetto
dei presupposti necessari per l’adozione dei contestati provvedimenti.
Si osserva al riguardo che gli atti preordinati all'adozione del provvedimento
impugnato (relazione
del Prefetto di Caserta sulla base delle conclusioni rassegnate dalla Commissione di
accesso), al contrario, mostrano come la determinazione di scioglimento
dell'organo consiliare abbia tratto fondamento da un pluralità di elementi che, nel
loro complesso, rendono significative ed univoche le situazioni di ingerenza e
condizionamento del buon governo dell'ente locale, come richiesto dall’art. 143
TUEL per l’adozione della contestata misura di rigore.
Nello specifico, tali elementi consistono in: frequentazioni tra alcuni
amministratori locali e dipendenti con ambienti malavitosi; individuazione dei
componenti dell'organo esecutivo nella fase antecedente le consultazioni elettorali;
reiterate illegittimità nelle procedure poste in essere dall'ente.
In relazione ai riferiti accertamenti, la relazione prefettizia ha dato atto della
sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed
indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e
su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando pertanto i presupposti per
lo scioglimento del consiglio comunale.
Correttamente tali fatti - storicamente verificatisi ed accertati e quindi concreti sono stati ritenuti espressivi di situazioni di condizionamento e di ingerenza nella
gestione dell'ente, che la ripetuta norma del TUEL intende prevenire,
dimostrandosi quindi rilevanti, poiché gli effetti prodotti dai collegamenti sopra
evidenziati nella gestione dell'ente hanno prodotto l’effetto di un'azione
amministrativa inadeguata a garantire gli interessi della collettività.
La coerenza d'insieme degli indizi raccolti relativamente ai vari settori
dell’amministrazione comunale (come le frequentazioni di taluni amministratori,
oltre ad alcuni dipendenti del Comune, alcuni dei quali gravati da precedenti penali
e di polizia di particolare rilievo, con esponenti delle locali consorterie, anche di
elevato spessore criminale) sostanzia poi il requisito dell'univocità.
Nella considerazione dei riportati elementi fattuali si deve, poi, considerare come la
qualificazione della concretezza, univocità e rilevanza dei fatti accertati "va[da]
riferita non atomisticamente e partitamente ad ogni singolo elemento,
accadimento, circostanza cui l'istruttoria compiuta dalla Commissione di accesso
ha ricondotto la sussistenza dei presupposti di cui dall'art. 143 del d.lgs. n. 267 del
2000 e successive modificazioni, ma ad una valutazione complessiva del coacervo
di elementi acquisiti" (Cons.Stato, III, 9 luglio 2012, n. 3998).
Di conseguenza, gli elementi a tal fine rilevanti non debbono essere analizzati
separatamente,
come
operato
dagli
odierni
ricorrenti,
ma
valutati
complessivamente e contestualmente, ossia come quadro indiziario sintomatico di
un atteggiamento complessivo dell'amministrazione dell'ente locale che, per effetto
di possibili contatti dall'esterno, non sia teso alla esclusiva cura degli interessi
pubblici di cui lo stesso è attributario (Cons. Stato, IV, 15 giugno 2004 n. 4467).
Il Collegio può dunque concludere che gli elementi raccolti ed i riscontri effettuati
sono idonei a suffragare la proposta di cui all'art. 143 del d.lgs.n.267/2000, tenuto
altresì conto del “differente grado di sufficienza del valore indiziario dei dati nel
procedimento di cui qui si tratta rispetto a quello richiesto in sede penale", come
avallato da costante giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2011, n. 227).
Sotto questo profilo, appaiono idonee anche quelle situazioni che non rivelino, né
lascino presumere l'intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi
della criminalità organizzata, giacché, in tal caso, sussisterebbero i presupposti per
l'avvio dell'azione penale o, almeno, per l’applicazione delle misure di prevenzione
a carico degli amministratori, mentre la scelta del legislatore è stata nel senso di
non subordinare lo scioglimento del consiglio comunale né a tali circostanze, né al
compimento di specifiche illegittimità (Cons. Stato,VI, 13 maggio 2010, n. 2957),
non essendo necessario che la volontà dei singoli amministratori sia coartata con la
violenza, giacché il condizionamento, idoneo a determinare lo scioglimento
dell'organo consiliare, può essere anche frutto di spontanea adesione culturale o di
timore o di esigenza di quieto vivere, risultando, in tutti tali casi, l'attività
amministrativa deviata dai suoi canoni costitutivi per essere rivolta a soddisfare
interessi propri della criminalità organizzata (Cons. Stato, VI, 5 ottobre 2006, n.
5948; Tar Campania - Salerno, I, 30 novembre 2010, n.12788 ).
10. Stanti le esposte considerazioni, e rilevata, alla luce delle esaminate censure, la
congruenza e la significatività degli elementi posti a base degli atti gravati, alla luce
del modello legale di cui all’art. 143 del d.lgs. 267/2000, il ricorso deve essere
respinto.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così
provvede:
rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della parte
resistente, che liquida in complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 23 gennaio 2013 e 15
aprile 2013, con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere
Rosa Perna, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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