ANNUARIO XXXIII ANNO SCOLASTICO 2005-2006 SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE 1 R E P U B B L I C A S A N M A R I N O PRESENTAZIONE L’Annuario della Scuola Secondaria Superiore rappresenta un appuntamento denso di significati per la cultura sammarinese. Intanto perché costituisce per i nostri cittadini una delle pubblicazioni di divulgazione storica e scientifica più radicata, poi per la sua invalsa capacità di dare conto dello stato della ricerca e dell’approfondimento culturale nel nostro Paese. Grazie all’impegno costante della Presidenza, degli studenti e degli insegnanti, la Scuola Secondaria Superiore ha mantenuto intatta l’autorevolezza e la pregnanza del proprio ruolo nel sistema educativo della Repubblica ed ha consolidato una sempre maggiore affermazione nel circuito scolastico dei territori limitrofi. Oggi più che mai, infatti, è necessario mantenere un dialogo vivo e costruttivo con il sistema scolastico italiano ed europeo, cercando in primo luogo di potenziare e migliorare il livello qualitativo dei percorsi di insegnamento e di crescita formativa. Allo stesso tempo è necessario un impegno inesausto di approfondimento e di indagine volto alla affermazione della nostra identità, per preparare i giovani ad essere responsabili cittadini di domani. Il flusso di apporti disciplinari sempre nuovi e diversi offre spunti di riflessione e input per un processo costante di sviluppo dell’intero sistema, affinché questo sia in grado di individuare i contenuti pedagogici su cui innestare il lavoro della scuola. La scuola che vogliamo dovrà infatti essere sempre più permeabile alle nuove sensibilità, e caratterizzarsi attorno ai valori fondativi della cultura e della cittadinanza, nella consapevolezza che la formazione culturale produce benessere individuale e collettivo. L’aspetto austero della veste editoriale non deve indurre in errore, l’annuario è uno strumento vivace, flessibile e versatile nell’ampiezza della sua offerta tematica, ma sempre rigoroso nella qualità dei contributi. Nel vasto e organico progetto di trasmissione, rinnovamento e acquisizione delle conoscenze più avanzate, decisivo per tracciare il percorso della evoluzione civile, economica e sociale del Paese, l’Annuario si è ritagliato un ruolo non secondario. Desidero esprimere per questo tutto il mio apprezzamento alla Preside Prof.ssa Maria Luisa Rondelli e a tutti coloro che a vario titolo hanno collaborato con impegno e competenza alla realizzazione di questa pubblicazione. IL SEGRETARIO DI STATO Francesca Michelotti 3 Dedicato a… 7 PREFAZIONE L’anno scolastico di cui parla questo Annuario XXXIII è stato, come sempre, un anno di intenso lavoro per la Scuola Sammarinese in genere, e per la Scuola Superiore, in particolare. Esso ha visto fra l’altro la definizione di due importanti percorsi curricolari che interessano tutti gli ordini di Scuola, dall’Infanzia alla Secondaria Superiore: si tratta delle “Indicazioni curricolari - Per un nuovo sapere della Scuola Sammarinese” e dell’adozione del “Curricolo verticale di Alfabetizzazione Informatica”. Nello specifico della Scuola Secondaria Superiore, ha caratterizzato l’anno scolastico 2005-2006 innanzitutto l’introduzione di due appuntamenti istituzionali: la Cerimonia di inaugurazione in apertura dell’anno scolastico, svoltasi il primo giorno di scuola; la consegna dei Diplomi agli alunni che hanno sostenuto l’Esame di Stato, a conclusione dello stesso, in chiusura. L’anno in questione ha avuto inizio con alcuni momenti comunitari e attività di accoglienza che, oltre a consentire un avvio graduale del lavoro scolastico, hanno inteso offrire ad insegnanti e alunni spunti di riflessione da approfondire successivamente. Alla parte ufficiale del Primo giorno di scuola, alla presenza degli Ecc.mi Capitani Reggenti, Fausta Simona Morganti e Cesare Antonio Gasperoni, e del Segretario di Stato alla Pubblica Istruzione, Rosa Zafferani, è seguita una interessantissima conferenza tenuta dal professor Alessandro Colombi dell’Università di Bolzano. Nella conferenza, il professor Colombi, con grande professionalità, accattivante simpatia e in forma problematica ha trattato di un tema molto vicino agli interessi dei ragazzi: la tecnologia, vista nel rapporto di dipendenza che si produce in chi la usa, nell’incidenza che essa assume nelle relazioni interpersonali, nonché nei processi di riflessione e di rielaborazione. Secondo appuntamento di inizio anno, la partecipazione di tutti gli alunni allo spettacolo messo in scena dal Museo dell’Emigrante e dal Laboratorio teatrale della Scuola “Il viaggio dell’eroe”: lo spettacolo ripercorre la vicenda dell’emigrazione attraverso la voce dei veri protagonisti, ex emigranti sammarinesi che hanno assunto il ruolo di attori accanto agli alunni della nostra Scuola. Delle diverse opportunità curricolari ed extracurricolari, offerte agli alunni nel corso dell’anno, si dà conto nelle sezioni specifiche dell’Annuario: a me preme ricordare, per la loro valenza culturale, l’avvio di importanti progetti, quali “Il quotidiano in classe”, proposto dalla Fondazione San Marino Cassa di Risparmio SUMS, nonché alcuni incontri stimolanti, quale quello con l’astrofisico Margherita Hack e quello con lo scienziato Luciano Maiani e padre Marcellino Forcellini, nostri illustri concittadini. A dimostrazione della fattiva operosità e della vivacità culturale del contesto scolastico, vorrei anche ricordare, come nel 2005-2006, gli insegnanti, oltre a svolgere la loro normale attività di insegnamento, si siano adoperati per 5 caratterizzare i diversi indirizzi di studio, per promuovere la Scuola con importanti iniziative, per dare sistematicità alle attività di Orientamento e Monitoraggio, per continuare il lavoro di riflessione avviato nell’anno scolastico precedente, di cui è testimonianza il “Documento di sintesi” pubblicato nel n. 32 dell’Annuario. Il lavoro di alcuni gruppi (periodo di sospensione, valutazione) ha fra l’altro prodotto alcune positive innovazioni nell’organizzazione delle attività previste sia per il periodo di sospensione fra primo e secondo quadrimestre che per quello precedente l’inizio dell’anno scolastico successivo. Oltre al mio personale ringraziamento per la collaborazione, credo vada positivamente messo in evidenza lo spirito costruttivo con cui i colleghi operano per l’istituzione scolastica nel suo complesso. Infine, un grazie davvero di cuore a tutti coloro che, a vario titolo, all’interno e all’esterno della Scuola, hanno collaborato e collaborano alla buona riuscita dell’Annuario. IL PRESIDE Maria Luisa Rondelli 6 Dedicato a… 7 FEDERICA di Meris Monti Quando penso a Federica, la prima immagine che si affaccia alla mia mente è quella di una esile bimbetta della scuola elementare con i capelli rossi che saltellava su un palcoscenico nelle vesti di protagonista di una rivisitazione della favola di Pinocchio: la piccola e irrequieta attrice, invece di aiutare, come da copione, la fatina intenta a preparare i biscotti, infarinava con grande naturalezza e un pizzico di impudenza gli altri attori e il pubblico delle prime file, suscitando un’irresistibile ilarità; quel gesto imprevisto è stato sicuramente il più apprezzato di tutta la recita per la sua assoluta spontaneità e per l’incredibile corrispondenza con il personaggio del burattino disubbidiente. Questa simpatia coinvolgente, questa allegria contagiosa non hanno mai abbandonato Federica, nemmeno nei tanti momenti duri e difficili che hanno segnato la sua troppo breve esistenza, non perché fosse inconsapevole o poco riflessiva, ma perché ha sempre vissuto e comunicato uno sguardo positivo sulla realtà. A lei è stato chiesto misteriosamente di mettere alla prova nel crogiuolo della malattia l’amore per la vita, i desideri, le ansie e le aspettative di ogni adolescente e lo ha fatto con un coraggio e una forza capaci di stupire chiunque le si è accostato. Gli insegnanti e i compagni di classe del Liceo Linguistico ricordano chiaramente con quanta determinazione Federica abbia continuato a frequentare le lezioni e ad impegnarsi nello studio, nonostante dovesse combattere contro gli effetti devastanti della chemioterapia e sono testimoni di come si sia prodigata perché la malattia non le impedisse di proseguire regolarmente il Federica con altre allieve del Liceo Linguistico in soggiorno di studio a Cambridge nel 1997 9 10 percorso della scuola superiore. Ha affrontato l’università con grande entusiasmo e con la volontà di approfondire la sua passione per lo studio delle lingue straniere; non si è scoraggiata nemmeno quando, dopo la prima ricaduta della malattia e un altro lungo ciclo di terapie, è stata costretta a riprendere il percorso dall’inizio, per adeguarsi alla nuova struttura dei corsi di laurea entrata in vigore nel frattempo. In quel particolare frangente gli inghippi della burocrazia l’avevano contrariata, ma con grande decisione ha ricominciato a frequentare le lezioni del primo anno e non ha mai raccontato a nessun insegnante il motivo per cui era stata costretta a sospendere. Scherzava sui suoi capelli che non crescevano in fretta come avrebbe voluto e continuava a dare esami. Così ha fatto anche dopo la seconda ricaduta del terribile male che l’ha colpita e se il terzo e definitivo attacco della malattia non le ha permesso di concludere i suoi studi, io credo che ci sia nella vita di Federica qualcosa di veramente compiuto ed è la sua umanità, molto più grande e matura della sua giovane età, frutto certamente della dura battaglia per la salute ma anche esito del sostegno di una famiglia straordinaria che l’ha accompagnata in ogni attimo del suo faticoso cammino e sostenuta con una fede limpida e sicura, capace di riconoscere, anche in condizioni di estrema difficoltà, il disegno buono di Dio su ciascuno di noi. Questa certezza alimenta la coscienza che la sua sofferenza non è stata vana, rende più sopportabile il dolore di non averla più con noi e sostiene la speranza di giungere alla pienezza in cui lei ora vive. Federica con alcuni compagne di classe in soggiorno di studio a Berlino nel 1999 Parte prima Organizzazione scolastica 11 12 IL SISTEMA SCOLASTICO SAMMARINESE QUADRI RIASSUNTIVI a cura di Franco Santi Il sistema scolastico sammarinese comprende la Scuola dell’Infanzia, di durata triennale; la Scuola Elementare, nella quale ha inizio l’obbligo scolastico, di durata quinquennale; la Scuola Media, di durata triennale; la Scuola Secondaria Superiore, articolata in biennio [la conclusione del biennio coincide con la fine dell’obbligo scolastico di n. 10 anni complessivi di scolarizzazione] e triennio. Di fatto i servizi educativi garantiti dallo Stato, nonché il diritto all’educazione e allo studio, si estendono dalla nascita fino al diciottesimo anno. Tali servizi comprendono: - L’Asilo Nido, Servizi Integrativi e Servizi Innovativi (Legge n. 68 del 25 maggio 2004). - Il Centro di Formazione Professionale, all’interno del quale è possibile completare l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Va sottolineato che la Secondaria Superiore è formata: § nel biennio da n. 5 indirizzi: Istituto Tecnico Industriale Liceo Classico Liceo Linguistico Liceo Scientifico Liceo Economico Aziendale, di recente istituzione e giunto, nell’anno scolastico 2004/2005, al V anno di corso § - nel triennio, nell’anno scolastico 2004/2005 da n. 4 indirizzi: Liceo Classico Liceo Linguistico Liceo Scientifico Liceo Economico Aziendale In considerazione del fatto che l’Indirizzo Tecnico Industriale si ferma al solo biennio e del fatto che studenti frequentano indirizzi di studio non previsti nel sistema sammarinese, la popolazione scolastica presente in territorio, nella fascia di età corrispondente alla frequenza del triennio conclusivo degli studi, raggiunge una consistenza percentuale inferiore al 50% del totale. 13 TABELLA DATI DEL SISTEMA SCOLASTICO 14 ORDINE DI SCUOLA N. ALLIEVI N. DOCENTI RAPPORTO Scuola Infanzia Scuola Elementare Scuola Media Scuola Superiore 1059 1498 806 529 143 241 150 77 7,41 6,22 5,37 6,87 SCUOLA DELL’INFANZIA ANNO SCOLASTICO 2005 – 2006 SEDI ALUNNI INSEGNANTI 78 111 89 84 32 80 94 53 85 72 42 74 77 88 1059 10 14 12 12 6 12 12 6 10 9 8 9 11 10 143 Acquaviva Borgo Maggiore Ca’ Ragni Cailungo Chiesanuova Dogana Domagnano Faetano Falciano Fiorentino Montegardino Murata San Marino Serravalle TOTALE SCUOLA ELEMENTARE ANNO SCOLASTICO 2005-2006 SEDI cl 1 Acquaviva Borgo Maggiore Cailungo Cà Ragni Chiesanuova Dogana Domagnano Faetano Falciano Fiorentino Montegiardino Murata San Marino Serravalle TOTALE ALUNNI 17 37 16 19 10 15 43 14 30 17 14 18 29 41 320 ALUNNI PER ANNO DI CORSO cl 2 cl 3 cl 4 cl 5 totale 22 43 18 20 9 17 20 15 14 20 16 32 15 41 302 21 30 21 22 18 22 38 14 22 13 15 19 21 34 310 16 41 19 11 12 21 35 14 21 23 10 14 25 35 297 20 30 18 16 10 21 27 11 14 16 10 26 21 29 269 DOCENTI 96 181 92 88 59 96 163 68 101 89 65 109 111 180 1498 241 SCUOLA MEDIA STATALE ANNO SCOLASTICO 2005-2006 1° Anno Circoscrizione 1°- Città 2°- Serravalle 3°- Fiorentino Totale Docenti Sezioni 47 50 53 150 18 18 18 54 Alunni 259 285 262 806 2° Anno Sezioni Alunni Sezioni 6 6 6 18 91 97 93 263 6 6 6 18 Alunni 77 97 90 258 3° Anno Sezioni Alunni 6 6 6 18 91 91 79 261 15 SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE ANNO SCOLASTICO 2005-2006 ALUNNI CLASSI iscritti n° 1 2 16 3 4 5 Classico Linguistico Scientifico A Scientifico B Scientifico Tot Economico A Economico B Economico Tot I.T.I. TOTALE Classico Linguistico Scientifico A Scientifico B Scientifico Tot Economico I.T.I. TOTALE Classico Linguistico Scientifico A Scientifico B Scientifico Tot Economico A Economico B Economico Tot TOTALE Classico Linguistico Scientifico A Scientifico B Scientifico Tot Economico TOTALE Classico Linguistico Scientifico Economico A Economico B Economico Tot TOTALE TOTALE 5 23 18 19 37 21 22 43 17 125 15 14 21 21 42 25 22 118 15 20 18 18 36 21 13 34 105 11 18 21 23 44 25 98 10 19 22 12 20 32 83 529 ritirati n° % 1 4,35 1 5,88 2 1,6 1 4,54 1 0,85 1 6,67 1 5,55 1 2,78 1 4,76 1 2,94 3 2,86 1 4,76 1 2,27 1 1,02 2 10 2 6,25 2 2,41 9 promossi n° 5 20 16 16 32 20 16 36 13 106 15 12 21 21 42 24 18 111 14 19 18 16 34 19 12 31 98 11 17 20 23 43 25 96 10 19 22 12 18 30 81 % respinti n° % 100 86,96 2 8,69 88,89 2 11,11 84,21 3 15,79 86,48 5 13,52 95,24 1 4,76 72,72 6 27,28 83,72 7 16,28 76,47 3 17,65 84,8 17 13,6 100 85,71 2 14,29 100 100 100 96 1 4 81,82 3 13,63 94,68 6 5,08 93,33 95 1 5 100 88,89 1 5,55 94,44 1 2,78 90,48 1 4,76 92,31 1 7,69 91,18 2 5,88 93,33 4 3,81 100 94,44 1 5,56 95,24 100 97,73 100 97,96 100 100 100 100 90 93,75 97.59 1,7 492 93,01 28 5,29 recupero n° % 1 10 6 4 10 9 7 16 4 41 6 5 3 8 11 8 20 43,48 33,33 21,05 27,02 42,86 31,81 37,21 23,53 32,8 40 35,71 14,28 38,09 26,19 32 30 1 8 6 25,42 6,67 40 33,33 6 10 7 17 32 3 10 4 2 6 13 32 16,67 47,62 53,85 50 30,48 27,27 55,56 19,05 9,69 13,64 52 32,65 135 25,52 SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE CORSI DI POTENZIAMENTO E RECUPERO A inizio anno vengono organizzati, nel rispetto della Legge 8 settembre 1995 n.104, corsi di potenziamento e recupero rivolti a quegli allievi i quali, ancorché promossi nello scrutinio finale dell’anno scolastico precedente, hanno evidenziato, in sede di valutazione del curricolo, debiti formativi. La tabella illustra l’entità del fenomeno. prospetto generale DI CORSO promossi alunni respinti 1° 2° 3° 4° totale 106 111 98 96 411 17 6 4 1 28 ANNO segnalati segnalate 41 30 32 32 135 51 31 33 42 157 materie materie/ alunno 1,24 1,03 1,03 1,31 1,16 Nella tabella qui sotto sono elencate tutte le discipline che sono state oggetto di indicazioni di sostegno: é riportata l’entità numerica assoluta del fenomeno e la sua incidenza percentuale. Le percentuali, per ogni singola disciplina contenuta in tabella, sono calcolate sulla reale potenzialità di segnalazione e non sulla base del numero assoluto dei ragazzi segnalati. ANNO DI CORSO 1° MATERIA 2° 3° 4° N % n % n % n italiano 4 3,23% 2 1,71% inglese 10 8,06% 5 4,81% 5 matematica 15 12,09% 12 10,26% 11 10,58% 10 storia 2 1,61% 1 0,85% 3 filosofia 4 latino 5 7,81% 6 8,45% greco 3 20,00% fisica 3 5,08% 3 chimica 1 1,59% scienze 1 1,03 3 4,29% 2 tedesco 1 4,34% 2 6,06% francese 3 4,54% 3 7,69% 8 20,00% 11 storia dell’arte 1 3,70% disegno-storia dell’ arte 1 diritto-economia 2 4,65% % 5,15% 10,31% 3,09% 4,12% 4,17% 2,78% 25,58% 2,33% Tutti N % 6 20 48 6 4 11 3 6 1 6 3 25 1 1 2 1,37% 4,56% 10,93% 1,37% 1,99% 4,06% 5,36% 2,02% 0,64% 1,59% 2,91% 10,46% 0,67% 0,56% 2,25% storia sammarinese 5 4,03% 5 2,08% tecnologia dell’informazione 1 2,33% 1 2,33% 5 2,37% diritto sammarinese economia politica educazione fisica TOTALI 1 0,81% 51 31 2 1,92% 2 6,06% 33 3 42 3,09% 2 3,49% 1 0,23% 157 17 Per quello che riguarda il complesso dell’organizzazione del periodo intensivo, nel quale le lezioni curriculari sono sospese e sostituite da corsi di recupero e da attività di approfondimento disciplinare e di laboratorio didattico, si rimanda alla sezione dedicata alla Didattica di questo Annuario. a cura di Franco Santi PERIODO DI SOSPENSIONE 31 GENNAIO – 4 FEBBRAIO 2005 18 A differenza degli anni scorsi, per l’anno scolastico 2004-2005, il Collegio Docenti ha deciso che gli alunni segnalati con debito formativo non dovessero frequentare corsi di recupero specifici, ma che potessero svolgere l’attività di recupero senza modificare orari e organizzazione scolastica. Questo ha comportato quindi una modifica dell’attività didattica in classe mirata al recupero dei debiti formativi degli alunni segnalati. In questo contributo si presenta: § una tabella nella quale, analiticamente, classe per classe, si registra il n. di allievi, il numero di allievi segnalati nelle discipline oggetto di recupero, il totale e la percentuale degli allievi segnalati, il totale e la percentuale degli allievi segnalati rispettivamente in n. 1, n. 2, n. 3 e più di 3 discipline; § una serie di grafici riassuntivi, che consentono di riflettere sulla consistenza del fenomeno. Riepilogo generale delle segnalazioni di recupero (I) 1C 16 6 7 4 3 1 1Eb 16 3 6 5 5 19 7 4 7 1 1Sb 22 1 1 1 1T 23 2 6 2C 17 2Ea 19 1 5 5 1 2 3 5 4 1Sa 22 3 2 3 5 2L 10 53% 6 32% 1 7 2 2Sb 18 1 1 2 2Ta 15 4 7 5 8 5 1 2 6 2Tb 12 3 4 5 4 3 5 5 6 3Eb 13 1 3 1 3L 5 5 6 2 1 2 7 5 8 5 9 1 2 3Sb 23 1 1 1 3 1 1 1 4Eb 21 8 4L 19 2 4S 23 6 5 11 8 3 18% 2 12% 4 24% 9 50% 1 6% 5 28% 3 17% 3 17% 1 6% 1 6% 1 6% 4 3 11 73% 5 33% 5 33% 2 7 58% 4 33% 1 8% 1 8% 1 8% 9 45% 6 30% 3 5Eb 15 4 3 7 5L 3 2 3 3 4 5Sb 12 4 1 1 2 3 1 1 1 2 9% 3 30% 1 10% 4 12 67% 4 22% 3 17% 1 6% 4 22% 8 6 14 67% 7 33% 1 5% 2 10% 4 19% 5 26% 1 5% 2 1 1 2 10% 1 5% 1 6 3 4 2 18% 4 17% 5 21% 8 33% 4 17% 1 4% 1 4% 11 1 1 9% 2 18% 3 27% 2 7 54% 2 15% 1 8% 2 15% 2 15% 2 3 1 7% 3 17 71% 1 3 5Sa 12 1 materia 1 5% 7 37% 9 53% 4 40% 5Ea 16 1 3 13 8 42% 3 6 55% 3 27% 1 9% 3 4 8 1 5% 2 5 2 3Sa 24 4Ea 18 1 5% 6 55% 1 6 10 3 14% 2 9% 9 43% 5 24% 1 5% 2 10% 1 5% 1 2 4 4 20 2 6 2 9% 9 39% 2 9% 2 9% 4 17% 1 4% 2 4 3Ea 11 2 3 3 16% 1 5% 5 23% 4 24% 2 12% 2 12% 2 4C 2 1 4 11 2 materie 6 40% 2 13% 1 7% 1 7% 2 13% 8 50% 4 25% 2 13% 2 13% 4 2 3 2 3 materie 1 2Sa 18 7 1 1 3C 21 3 4 8 % 1 5 2 1 % 2 9 6 1 4 4 4 1 2Eb 17 2 4 % 2 1 5 2 % 7 44% 2 13% 2 13% 3 19% 1Ea 15 4 1 1L % > 3 materie n° Alunni Italiano Matematica Latino Greco Inglese Francese Tedesco Fisica Chimica Storia Storia Sammarinese Educazione Fisica Disegno Storia dell’Arte Storia dell’Arte Scienze Filosofia Diritto Sammarinese Economia Aziendale Tecnologia e Disegno Diritto ed Economia Diritto Alunni Richiamati Classe Materia 1 5% 3 16% 11 48% 1 4% 2 9% 1 4% 7 30% 1 1 6 38% 5 31% 1 6% 9 60% 5 33% 4 27% 5 38% 1 8% 2 15% 2 15% 1 6 50% 1 8% 3 25% 2 17% 5 42% 1 8% 4 33% Tot. 531 44 113 57 16 77 44 48 46 11 13 22 4 6 15 17 11 6 20 8 7 17 233 44% 57 11% 38 7% 60 11% 76 14% 19 Grafici riassuntivi 1. Allievi segnalati 2. SEGNALAZIONI. DETTAGLIO ALLIEVI PER NUMERO DI SEGNALAZIONI. 20 3. SEGNALAZIONI. ELENCO ALUNNI PER MATERIA (VALORI NUMERICI) 21 22 ORGANIZZAZIONE ANNO SCOLASTICO 2005/2006 Zafferani Rosa De Biagi Pier Roberto Rondelli Maria Luisa Gottardi Luisa Segretario di Stato per gli Affari Interni la Pubblica Istruzione Coordinatore Dipartimento Affari Interni e Pubblica Istruzione Preside Vicepreside COLLEGIO DEI DOCENTI Agostini Donatella Balducci Carla Marina Bartolini Stefano Bartolomeoli Ivana Benedettini Marinella Berti Marino Berti Sonia Bevitori Maria Grazia Bindi Benedetta Biordi Mario Ludovico Bisacchi Liana Bollini Gian Carlo Bollini Loredana Brusa Paolo Ugo Capicchioni Loredana Casadei Maria Pia Casadei Orazio Casali Ingrid Ceccoli Giovanni Colombini Maria Angela Conti Rosanna Crescentini Giorgio De Paoli Natalina Frulli Milena Garufi Angela Gasperoni Claudia Gasperoni Ferdinando Gasperoni Marina Ghiotti Lucia Ghiotti Maria Grazia Ghiotti Maurizio Gobbi Maurizio Grassi Enrico Graziadei Maria Antonia Italiano e Storia dell’Arte Economia Aziendale Fisica e laboratorio Storia e Filosofia Matematica Educazione tecnologica Italiano, Storia e Geografia Fisica e laboratorio Chimica e laboratorio Italiano, Storia e Geografia Fisica e laboratorio Educazione fisica Inglese Storia e Filosofia Diritto ed Economia Tedesco Diritto ed Economia Inglese Latino e Greco Storia e Filosofia Francese Educazione fisica Italiano Matematica Tedesco Storia e Filosofia Italiano e Latino Inglese Matematica Italiano e Latino Tecnologia e Disegno Storia e Filosofia Matematica Scienze 23 24 Guerrieri Almerinda Guidi Erika Leardini Dolores Mancini Claudio Mancini Egiziana Mangiarotti don Gabriele Marcucci Paolo Mazza Anna Maria Merli Lorella Merlini Maria Grazia Micheloni Francesco Monti Meris Moroni Luciana Mularoni Alessandra Mularoni Jeannette Daniela Pancotti Igina Pelliccioni Ugo Poggiali Martina Reffi Francesca Renzi Nicola Ridolfi Rosanna Rossi Laura Rosti Corrado Rosti Renzo Salicioni Sandro Sanguinetti Claudine Sammarini Emilio Sensoli Annita Serra don Edoardo Stacchini Edoardo Stefanelli Riccardo Stolfi Emanuela Swirszczewski Tiziana Taddei Enzo Taddei Patrizia Tiberi Anna Laura Ugolini Valeria Valentini Maria Edoarda CONSIGLIO DI PRESIDENZA Balducci Carla Marina Bindi Benedetta Bisacchi Liana Tedesco Religione Educazione fisica Matematica Economia Aziendale Religione Ruolo sovranumerario Matematica Francese Inglese Disegno e Storia dell’Arte Italiano e Storia dell’Arte Scienze Diritto ed Economia Inglese Matematica Italiano, Storia e Geografia – Italiano e Latino Diritto ed Economia Italiano, Storia e Geografia Latino e Greco Italiano Italiano e Latino Educazione fisica Matematica Latino e Greco Francese Tecnologia e Disegno Inglese Religione Italiano, Storia e Geografia Matematica Scienze Inglese Storia sammarinese Disegno e Storia dell’Arte Italiano, Storia e Geografia Matematica Italiano e Latino Casali Ingrid Colombini Maria Angela Ghiotti Maurizio Mancini Claudio Mazza Anna Maria Reffi Francesca Rossi Laura Rosti Renzo Salicioni Sandro Sanguinetti Claudine Swirszczewski Tiziana Taddei Enzo RAPPRESENTANTE COMMISSIONE UNESCO Biordi Mario Ludovico RAPPRESENTANTI COMMISSIONE PUBBLICA ISTRUZIONE Grassi Enrico Tiberi Anna Laura COORDINATORI DEI CONSIGLI DI CLASSE 1L 1CL 1Sa 1Sb 1Ea 1Eb 1T 2C 2L 2Sa 2Sb 2E 2T 3C 3L 3Sa 3Sb 3Ea 3Eb 4C 4L Berti Sonia Renzi Nicola Tiberi Anna Laura Stacchini Edoardo Biordi Mario Stolfi Emanuela Bisacchi Liana Ceccoli Giovanni Bernardi Marinella Stefanelli Riccardo Mazza Anna Maria Mancini Claudio Reffi Francesca Salicioni Sandro Agostini Donatella Pelliccioni Ugo Taddei Patrizia Frulli Milena Poggiali Martina Monti Meris Swirszcewski Tiziana 25 4Sa 4Sb 4E 5Cla 5Clb 5S 5Ea 5Eb Rossi Laura Valentini Maria Edoarda Benedettini Marinella Bevitori Maria Grazia Brusa Paolo Bartolomeoli Ivana Colombini Maria Angela Ridolfi Rosanna COLLABORATORI DI ESERCITAZIONI TECNICO-PRATICHE Laboratorio di Fisica Laboratorio di Informatica Protti Mimmo Franco Santi e Vandi Giuliano PERSONALE AMMINISTRATIVO Collaboratore Amministrativo Addetto di Segreteria Addetto Specializzato Addetto Specializzato Addetto 26 PERSONALE AUSILIARIO Calisti Fernanda Casadei Gabriella Ceccaroli Bruna Cervellini Bruna Cherigo Virginia Costa Novella De Angelis Settimio Della Balda Rino Lanci Anna Maria Montanari Lucilla Para Luigi Piva Patrizia Raschi Gian Claudio Ricci Ornella Simoncini Valentina Vicini Carla Zonzini Gianfranco Muccioli Tiziana Ceccoli Anna Gennari Luciana Saracco Vanda Marani Marta CONSIGLIO DI ISTITUTO Presidente Rappresentanti Genitori Biennio Rappresentanti Genitori Triennio Rappresentanti Studenti Biennio Rappresentanti Studenti Triennio Rappresentanti Docenti Biennio Rappresentanti Docenti Triennio Rappresentante Non Docenti Rappresentanti Sindacali Rappresentante Giunta di Castello Venturini Riccardo Cardelli Gianni Faetanini Serse Marinelli Monica Pelliccioni Roberto Venturini Riccardo Barducci Alessandro Zonzini Giordano Bruno Broccoli Vittorio Severi Pietro Simoncini Flavio Rosti Renzo Tiberi Anna Laura Monti Meris Pelliccioni Ugo Taddei Patrizia Costa Novella Stefanelli Riccardo Giovagnoli Giorgio Rondelli Paolo ORGANISMI COLLEGIALI CONSIGLI DI CLASSE COMPONENTE GENITORI 1CL 1Ea 1Eb 1Sa 1Sb 1L 1T 2C 2L 2E 2Sa 2Sb 2T 3C 3L 3Ea 3Eb 3Sa 3Sb 4C Sandionigi Barbara Ravaioli Elisa Barducci Sergio Marcucci Roberto Bruno Patrizia Bologna Wilma Bendinelli Fulvio Bartolini Barbara De Marin Vanessa Fantini Graziella Paganelli Laura Ceccaroni Lorella Righi Franco Muccioli Maria Pia Gasperoni Meris Marinelli Monica Morganti Maria Casadei Gabriella Battistini Antonella Biordi Giorgia Stefanelli Stefania Zavoli Grazia Bianchi Flavio Fabbri Laura Moroni Giancarlo Martini Giuliana Ceccoli Loredana Zavoli Amerina Mularoni Morena Gennari Micaela Ranocchini Rosalba Parlanti Valter Gasperoni Stefano Simoncini Maurizio Giorgetti Maria Assunta Cavuoto Domenico Casadei Giorgio Venturini Riccardo Morganti Giuseppe M. Tillio Velio 27 4E 4L 4Sa 4Sb 5C 5L 5S 5Ea 5Eb Rastelli Massimo Felici Giorgio Comellini Eleonora Bonfè Marina Marchetti Daniela Spaggiari Anna Maria Gasperoni Augusto Gasperoni Anna Maria Parri Massimo Toccagni Bianca Maria Gatti Augusto Gennari Claudio M. Giacomini Giorgia Suzzi Valli Silvia Pasolini Daniela Marzi Gigliola Rossini Angela Cozza Antonio CONSIGLI DI CLASSE COMPONENTE STUDENTI 28 1CL 1Ea 1Eb 1L 1Sa 1Sb 1T 2C 2L 2E 2Sa 2Sb 2T 3C 3L 3Ea 3Eb 3Sa 3Sb 4C 4L 4Sa 4Sb 4E 5C 5L 5S 5Ea 5Eb Pace Ambra Cecilia Cesarini Gemma Bianchi Priscilla Bruschi Christopher Cardelli Elia Balestrieri Elio Pietragalla Stefano Cervellini Carla Beccari Clara Greta Savioli Sara Chiaruzzi Valentina Cherubini Federico Colonna Matteo Casadei Teodoro Berardi Nina Baravelli Federico Codicè Nicola Gasperoni Francesca Graziosi Marco Mazza Carolina Gatti Lorenzo Marcucci Annalisa Fedele Alice Allasia Edoardo Righi Fabio La Maida Elena De Luigi Marco Sacanna Paolo Arzilli Giovanni Beranrdini Massimo Oyan Francesco Cardelli Alessandro Handlova Elisabeh Felici Michael Liberti Lorenzo Zirilli Simone Zonzini Giordano Bruno Marani Linda Tonti Enea Lazzarini Elisa Muccioli Stefania Menicucci Thomas Guidi Amy Montironi Maria Camilla Giordani GianLuca Zafferani Linda Tini Elena Venturini Maria Caterina Simoncini Daniele Stefanelli Simona Nicolini Andrea Podeschi Claudio Giorgio Leonardo Stefanelli Umberto Maria Zanotti Jessica Moretti Veronica Zafferani Alice Montironi Michele ASSOCIAZIONE STUDENTESCA SAMMARINESE Presidente Vicepresidente Tesoriere Segretario Severi Pietro Bartolini Paolo Stefanelli Umberto M. Lozica Ana Marina GLI ALLIEVI DEL LICEO CLASSICO Classe 1C Bollini Laura, Molenaar Rebecca, Pace Ambra, Pucci Tania, Suzzi Valli Giulia Classe 2C Bonfini Luca, Caniglia-Tenaglia Marta, Canuti Shelia, Capicchioni Chantal, Casadei Ilaria, Cervellini Carla, Dall’Ara Luca, Giacosi Sara, Giorgetti Francesca, Massari Marta, Muratori Giulia, Nicolini Cristina, Renzini Jessica, Ruli Mei, Zonzini Giordano Bruno. Classe 3C Albani Francesca, Casadei Teodoro, Chiaruzzi Serena, Di Bisceglie Luca, Francioni Elisa, Garavelli Chiara, Ghiotti Michele, Giardi Giulia, Guidi Amy, Muraccini Arianna, Occhiali Alessio, Palmieri Greta, Raggini Filippo, Simoncini Flavio. Classe 4C Broccoli Marinella, Casali Stephanie, Ercolani Alessandro, Gasperoni Gea, Gruska Bojana, Mazza Carolina, Pelliccioni Luca, Ricci Martina, Sarti Monica, Simoncini Daniele, Stefanelli Lucia. Classe 5C Casadei Fabrizia, Guerra Mattia, Lozica Ana Marina, Mazza Martina, Righi Fabio, Righi Lucia, Severi Pietro, Stefanelli Umberto Maria , Troina Gaetano, Zanotti Marta. GLI ALLIEVI DELL’ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE Classe 1T Bacciocchi Davide, Bendinelli Alex, Clementi Loris, Fontana Enrico, Franciosi Andrea, Gasperoni Filippo, Massaro Antonio, Mazza Luca, Pietragalla Stefano, Santolini Daniele, Sileo Manuel, Succi Nicola, Veronesi Thomas, Zangheri Matteo, Zanotti Lorenzo, Zirilli Simone. Classe 2T Agostini Michele, Boschi Michele, Ciacci Matteo, Ciacci Stefano, Colonna Matteo, Gasperoni Giacomo, Giardi Mattia, Grassi David, Massetti Achille, Menicucci Thomas, Mularoni Andrea, Neri Matteo, Paganelli Paolo, Paoletti Andrea, Righi Federico, Rossini Mirko, Tognarini Erik, Valentini Luca, Vaselli Anthony, Venturini Luca, Zonzini Mirko. 29 GLI ALLIEVI DEL LICEO LINGUISTICO Classe 1L Belluzzi Giulia, Bernardi Simona, Bernardini Massimo, Bronzetti Carlotta, Bruschi Elena, Capicchioni Laura, Cardinali Silvia, Cola Jessica, Della Balda Lilith, Fabbri Letizia, Fabbri Sonia, Giannini Serena, Guidi Alice, Handlovà Elisabeth, Mancini Martina, Molinari Sara, Mussoni Giulia, Nechita Elena Cristina, Paesini Martina, Simoncini Arianna, Simoncini Beatrice, Zanotti Noemi. Classe 2L Antonelli Carlotta, Bacciocchi Ilaria, Beccari Clara Greta, Castellano Alessandra, Crespo Marina Veronica, Gennari Giada, Marani Linda, Paolini Alessia, Payman Monireh, Ricci Maria Sole, Robbiano Valeria, Stefanelli Aurelia, Toni Lucia, Zonzini Alessandra. 30 Classe 3L Baldini Carolina, Berardi Nina, Bonifazi Katia, Brandinelli Valeria,Casadei Alice, Casali Veronica, Corbelli Francesca, Faetanini Andrea Livia, Gasperoni Marta, Gorrieri Filippo, Guerra Silvia, La Maida Stefania, Leonardi Laura, Montironi Maria Camilla, Olei Romina, Pari Chiara, Protti Federica, Selva Sarah, Stefanelli Cristina, Vannucci Giacomo. Classe 4L Bollini Elisa, ,Capicchioni Federica, Capicchioni Martina, Cecchetti Gessica, D’Ambrosio Vanessa, Felici Lucrezia, Franciosi Elena, Gatti Lorenzo, Lividini Guido, Morolli Nicola, Pirani Glenda, Pretelli Martina, Quadrelli Alessandra, Righetti Ailen Taiana, Rossi Alessandra, Scarponi Giacomo, Stefanelli Simona, Tura Milena. Classe 5L Andreani Deborah, Bartolini Paolo, Berardi Arianna, Bossi Marta, Broccoli Valentina, Busignani Mabel, Casadei Lorella, Casadei Stella, Crescentini Silvia, Grandoni Cristina, Gualtieri Silvia, Guerra Marco, La Maida Elena, Martini Laura, Mina Alice, Pace Ilaria Adriana, Zanotti Jessica, Zanotti Valentina, Zattini Silvia. GLI ALLIEVI DEL LICEO SCIENTIFICO Classe 1Sa Bernardi Andrea, Bernardini Silvia, Cardelli Elia, Ceccoli Giulia, Conti Valerio, Felici Michael, Gasperoni Chiara,Giacobbi Simone, Marcucci Marta, Montanari Lara, Montemaggi Elisa, Reggini Valentina, Santi Erik, Santi Laura, Savaglia Martina, Selva Valentina, Serra Federico,Valentini Veronica. Classe 2Sa Andreini Michele, Bacciocchi Francesca Maria, Bacciocchi Michele, Berardi Michele, Chiaruzzi Valentina, Faetanini Alessio, Ghinelli Luca, Giri Francesca, Gracikova Eva, Guidi Enrico, Guidi Giovanna, Lazzarini Elisa, Micheloni Gianluca, Morri Francesco, Muraccini Giacomo, Muscioni Luca, Raffaelli Enrico, Rocchi Serena, Semprini Alice, Tomassini Lorenzo, Zanotti Enrico. Classe 3Sa Achilli Andrea, Brighi Alberto, Capicchioni Lorenzo, Donati Sabrina, Faetanini Francesca Marina, Gasperoni Francesca, Ghinelli Chiara, Letov Vladimir, Marcucci Claudia, Marcucci Marianna, Marzi Giorgia Benedicta, Mularoni Davide, Pedini Cecilia, Pierluigi Cecilia, Stefanelli Francesca, Tini Elena, Valli Ilaria, Venturini Ilaria. Classe 4Sa Agostini Nicola, Benedettini Debora, Berardi Annalisa, Biordi Ilaria, Bollini Sara, Cancellieri Paolo, Casadei Luigi, Colombini Alberto, Conti Elia, Donnini Elisa, Gennari Alessandro, Marchetti Riccardo Saul, Marcucci Annalisa, Massaro Raffaele, Mularoni Valentina, Pace Rossella Giulia, Raschi Elena, Rosti Marco, Zafferani Giorgia, Zanca Valentina. Classe 5S Balducci Simone, Benedettini Mattia, Benvenuti Stefano, Casadei Simone, Chiaruzzi Barbara,, De Luigi Marco, Della Valle Giada, Forcellini Reffi Lorenzo, Gasperoni Stefano, Langella Sara, Maiani Filippo, Marchetti Michela, Moretti Veronica, Mularoni Sara, Pagliarani Luca, Sammarini Matteo, Santi Gioele, Santolini Lorenzo, Sciutti Raffaella, Serra Alberta, Tomassini Francesca, Venturini Marta. Classe 1Sb Balestieri Elio, Bronzetti Alessandro, Calandriello Luca, Capicchioni Laura, Ciavatta Simone, De Luigi Mattia, Dolcini Davide, Grassi Valentina, Guiducci Luca, Liberti Lorenzo, Marzi Marika, Molinari Marco, Moretti Viola, Moroni Elia, Pagliarani Matteo, Renzini Martina, Rossi Alessandro, Taddei Tommaso, Vannucci Arianna. 31 Classe 2Sb Albertini Miriam, Bacciocchi Filippo, Benvenuti Andrea, Bernucci Nicola, Bombini Filippo, Casali Loris, Cesaretti Marco, Cherubini Federico, Gasperoni Lorenzo, Gasperoni Valentina, Guerra Federico, Lividini Althea, Menghi Alberto, Muccioli Stefania, Mularoni Fabio, Parlanti Daniele, Pavel Vlad Costantin, Rosa Enrico, Rossi Chiara, Valentini Filippo Maria, Villa Sabrina. Classe 3Sb Biordi Lucio, Carattoni Giacomo, Chiaruzzi Hilary, Graziosi Marco, Guerra Elia, Guerra Valentina, Guidi Simone, Ligi Alessandro, Magnani Giulia, Massetti Martina, Morganti Claudia, Pazzini Silvia, Pesaresi Michela, Righi Alberto, Tonelli Silvia, Venturini Maria Caterina, Zonzini Mattia. 32 Classe 4Sb Amati Eleonora, Andreani Alessia, Andreini Silvia, Belemmi Lucia, Broccoli Vittorio, Casadei Roberta, Casali Marco, Cibelli Enrico, Corbelli Chiara, Costa Silvia, Fedele Alice, Francioni Simona, Garavini Michele, Giannoni Marcello, Mina Daniele, Mularoni Marco, Paccagnella Alessandro, Pazzini Fabio, Podeschi Claudio, Tura Federica, Valentini Tommaso, Zamagni Lorenzo, Zavoli Luca. GLI ALLIEVI DEL LICEO ECONOMICO Classe 1Ea Angelini Alessio, Belloni Fabio, Biordi Noemi, Bombini Federico, Calzolari Pietro, Cardinali Federico, Ceccoli Giulia, Cesarini Federica, Cesarini Gemma, Della Valle Elena, Gasperoni Diego, Gatti Elisa, Giovagnoli Elisa, Gregoroni Antonella Anabel, Guidi Luca, Guidi Marco, Lepri Andrea, Moroncelli Serena, Oyan Francesco, Sciutti Michela, Zonzini Elisa. Classe 2E Barducci Raffaele, Bugli Mattia, Comini Agnese, Conti Daniele, Cupi Martina, Della Valle Alex, Fabbri Alessandro, Forcellini Luca, Gasperoni Angela, Giovagnoli Giulia, Lazzarini Andrea, Melnikova Cristina Alexeevna, Pelliccioni Anthony, Piva Marcella, Reggini Enrico, Rastelli Andrea, Ricci Giulia, Ronchi Silvia, Sartini Melania, Savioli Sara, Scarponi Simone, Selva Anna, Semprini Enea, Tabarini Fabio, Tonti Enea. Classe 3Ea Baravelli Federico, Bianchi Alessandro, Carlini Raffaele, Cavuoto Valentina, Curzi Mattia, Fabbri Nicola, Filippi Matteo, Gai Claudia, Giordani Gianluca, Gregoroni Fabio, Pelliccioni Samuele, Polini Veronica, Pollini Andrea, Selva Matteo,Simoncini Michael, Stefanelli Alex, Valentini Francesca, Vitali Elisa, Zani Johnny, Zanotti Silvia. Classe 4E Allasia Edoardo, Baldiserra Martina, Bartolini Marco, Bernardi Andrea, Billi Paolo, Casali Andrea, Casali Mattia, Ceccoli Luciana Carolina, De Luigi Luca, De Luigi Mattia, Faetanini Erica, Giorgi Leonardo, Mazza Pier Filippo, Mini Marco, Montebelli Daniele, Moroni Danilo, Polidori Matteo, Pucci Luca, Rastelli Michele, Ripa Burgagni Nicola, Ronchi Mattia, Sbraccia Marianna, Tomassini Martina, Zanotti Michele, Zanotti Stefano. Classe 5Ea Albani Simone, Bacciocchi Cristina, Cenni Danilo, Ciavatta Jenny, Francioni Francesca, Gatti Danilo, Gobbi Laura, Grandoni Luca, Mularoni Nicola, Sacanna Paolo, Zafferani Alice, Zanotti Stefania. 33 Classe 1Eb Andruccioli Laura, Angelini Silvia, Barducci Alessandro, Bianchi Priscilla, Briganti Edoardo, Briganti Umberto, Buscarini Lorenzo, Carattoni Sofia, Cardelli Alessandro, Casadei Laura, Cibelli Alessandra, D’Antonio Marika, Ercolani Gianmarco, Francioni Adriano, Giacobbi Carlotta, Giardi Mattia, Gobbi Valentina, Lanci Roberto, Parenti Chiara, Tognacci Cristina, Toni Micaela, Zucchi Luca. Classe 3Eb Berardi Andrea, Berretti Maicol, Cardinali Arianna, Casadei Mattia, Cenni Martina, Codicè Nicola, Forcellini Matteo, Francioni Sara, Giusti Erika, Morganti Manuel, Rossi Luca, Valenti Mattia, Zafferani Linda. Classe 5Eb Angelini Raffaele, Bassis Andrea, Bezziccari Angelica, Biordi Christian, Ceccoli Lucia, Chiaruzzi Nicola, Dall’Olmo Alex, Guidi Mirco, Iwanejko Andrea, Macina Filippo, Mancini Alessia, Merlini Elisa, Montironi Michele, Parri Michela, Rebosio Paolo, Serra Simone, Tamagnini Cristiana, Zonzini Sabrina. ELENCO DIPLOMATI LICEO CLASSICO Casadei Fabrizia Guerra Mattia Lozica Ana Marina Mazza Martina Righi Fabio Righi Lucia Severi Pietro Stefanelli Umberto M. Troina Gaetano Zanotti Marta LICEO LINGUISTICO 34 Andreani Deborah Bartolini Paolo Berardi Arianna Broccoli Valentina Bossi Marta Busignani Mabel Casadei Lorella Casadei Stella Crescentini Silvia Grandoni Cristina Gualtieri Silvia Guerra Marco La Maida Elena Martini Laura Mina Alice Pace Ilaria Adriana Zanotti Valentina Zattini Silvia Zanotti Jessica LICEO SCIENTIFICO Balducci Simone Benedettini Mattia Benvenuti Stefano Casadei Simone Chiaruzzi Barbara De Luigi Marco Della Valle Giada Forcellini Reffi Lorenzo Gasperoni Stefano Langella Sara Maiani Filippo Marchetti Micaela Moretti Veronica Mularoni Sara Pagliarani Luca Sammarini Matteo Santi Gioele Santoni Lorenzo Sciutti Raffaella Serra Alberta Tomassini Francesca Venturini Marta LICEO ECONOMICO AZIENDALE Albani Simone Angelini Raffaele Bacciocchi Cristina Bassis Andrea Bezziccari Angelica Biordi Christian Ceccoli Lucia Cenni Danilo Chiaruzzi Nicola Ciavatta Jenny Dall’Olmo Alex Francioni Francesca Gatti Danilo Gobbi Laura Grandoni Luca Guidi Mirco Iwanejko Andrea Macina Filippo Mancini Alessia Merlini Elisa Montironi Michele Mularoni Nicola Parri Michela Rebosio Paolo Sacanna Paolo Serra Simone Tamagnini Cristiana Zafferani Alice Zanotti Stefania Zonzini Sabrina Allievi dei Licei Classico, Linguistico, Scientifico, Economico diplomati nell’anno scolastico 2005-2006 35 CALENDARIO SCOLASTICO 2005/2006 Apertura anno scolastico: 21 settembre 10 giugno 8 Settembre 2005 Inizio lezioni Termine lezioni FESTIVITÀ Tutte le Domeniche 1 Ottobre 1 Novembre 2 Novembre 8 Dicembre 23 Dicembre/7 Gennaio 6 Gennaio 5 Febbraio 25 Marzo 1 Aprile 13 Aprile/18 Aprile 1 Maggio 15 Giugno 36 - Ingresso Capitani Reggenti - Tutti i Santi - Commemorazione dei Defunti - Immacolata Concezione - Vacanze Natalizie - Epifania - Sant’ Agata - Anniversario dell’Arengo - Ingresso Capitani Reggenti - Vacanze Pasquali - Festa del Lavoro - Corpus Domini ATTIVITÀ SVOLTE INTERVENTI DIDATTICI ED EDUCATIVI 12-16 Settembre 2005 19 Settembre 2005 3 Dicembre 2005 14 Gennaio 2006 30 Gennaio – 3 Febbraio 2006 Attività di recupero Accoglienza classi prime Licei Classico Linguistico, Scientifico, Economico e Istituto Tecnico Industriale Open Day – Rivolto alle famiglie e alunni di 3a media Open Day – Rivolto alle famiglie e alunni di 3a media Corsi di Potenziamento e Recupero / Attività elettive LETTORATO PER IL TRIENNIO LINGUISTICO Classi 3° 4° 5° 1° periodo 3/10/05- 5/12/05 Inglese Tedesco Francese Prof. Doris Berger Prof. Zaira Bindi Prof. Nadia Valentini 2°periodo 12/12/05-27/02/05 Tedesco Francese Inglese -Tedesco - Inglese - Francese 3° periodo 6/03/05-29/05/05 Francese Inglese Tedesco SOGGIORNI CULTURALI ALL’ESTERO: • Dijon (F) Classe 2° Linguistico dal 25 Settembre al 1 Ottobre 2005 • Munchen(D) Classe 3° Linguistico dal 26 Marzo al 1 Aprile 2006 • Brighton (UK) Classe 4° Linguistico dal 23 al 30 Aprile 2006 • Cambridge (UK) Classe 1° Linguistico dal 7 al 14 Maggio 2006 • Brighton (UK) Classi 4° Classico-Economico dal 7 al 14 Maggio 2006 • Brighton (UK) Classi 4° Scientifico a/b dal 14 al 21 Maggio 2006 USCITE DI STUDIO • 20 Ottobre • 28 Ottobre • 24 Novembre • 14 Dicembre • 15 Dicembre • 16 Febbraio • 23 Febbraio • 24 Febbraio • 24 Marzo • 24 Marzo • 7-8 Aprile • 7-8 Aprile • 5-12 Aprile • 7-8 Aprile • 7-8 Aprile • 10-12 Aprile • 4 Aprile • 26 Aprile • 12-13 Maggio • 2 Maggio • 5-6 Maggio • 11-13 Maggio • 19-20 Maggio • 18-20 Maggio • 31/05 al 4/6/06 - Assisi - Venezia - Verona - Rimini - Rimini - Ravenna - Firenze - Ravenna - Ravenna - Firenze - Orvieto -Tarquinia - Firenze - Viterbo –Tarquinia -Bolsena - Grecia classica - Torino - Campania - Roma - Verucchio - Rimini - Milano -Maranello - Rimini - Milano - Padova – Mantova - Roma - Firenze - Siracusa - Classi Terze - Classi 5a S-Ea-Eb - Classi 5a Cla-Clb-S-Ea-Eb - Classe 2a T - Classi 1a 2a C - Classi 2a Sa-Sb - Classi 4a C-L - Classe 2a E - Classi 2a C-L - Classi 4a Sa-Sb - Classi 1a CL-L-T - Classi 1a Sa-Sb - Classi Quinte - Classi 1a Ea-Eb - Classi 3a C - Classi 3a Sa-Sb - Classi 1a Sa-Sb - Classi 1a Sa-Sb - Classi 2a E-T - Classi 2a Sa-Sb - Classi 2a Sa-Sb - Classi 3a C-L - Classi 2a C-L - Classi 3a Ea-Eb - Classe 4a C 37 CONCORSI, CONFERENZE, EVENTI 21 Settembre Inaugurazione dell’anno scolastico 2005-2006 alla presenza degli Ecc. mi Capitani Reggenti Fausta Simona Morganti e Cesare Antonio Gasperoni. Conferenza del Prof. Alessandro Colombi sul tema “ Scuola e Tecnologia. Riflettiamo insieme sul futuro della società digitale”. 24 Settembre Partecipazione delle classi allo spettacolo teatrale “Il viaggio dell’eroe” messo in scena da ex emigranti sammarinesi e da alunni della Scuola con la collaborazione del Museo dell’Emigrante. Ottobre 8 Concorso promosso dalla Giunta di Castello di Città sul tema “Un anno dopo Beslan: come le diversità etniche influiscono sulla integrazione europea e quale influenza può avere la scuola”. Novembre Avvio del progetto “Il quotidiano in classe”. 15 Novembre Stage Scolastico per studenti di Terza media della Scuola Media III circoscrizione. 38 17 Novembre Visita alla Scuola Superiore degli alunni di terza media della II circoscrizione. 22 Novembre Visita alla Scuola Superiore degli alunni di terza media della I circoscrizione. 23 Novembre Olimpiadi della Matematica: partecipano 91 alunni. 29 Novembre Proiezione presso il Teatro Turismo del film “Enron: l’Economia della truffa”di Alex Gibney per le classi Quinte del Liceo Economico. 3 Dicembre Open Day : iniziative di presentazione della scuola rivolte ai ragazzi della Scuola Media ed ai loro genitori. 14 Dicembre Conferenza per le classi 4° Economico, 4° Scientifico sez. A e 5° Classico e Linguistico tenuta dal Dr. Antonio Carattoni e dal Rag. Edgardo Ercolani sul tema “ Significato ed importanza dell’introduzione a San Marino di un Sistema di Sicurezza Sociale”. 16 Dicembre Conferenza del Dr. Stefano Ercolani dell’Asset Banca rivolta agli alunni delle classi Quinte del Liceo Economico sul tema “ L’analisi della struttura patrimoniale, finanziaria ed economica delle imprese private ai fini dell’affidamento bancario, la funzione della banca nel collocamento degli strumenti finanziari delle imprese e la tutela del risparmio in termini di valutazione del rating nell’investimento immobiliare“. 16 Dicembre Partecipazione di alunni del triennio del Liceo Economico alla presentazione del libro di Maria Antonietta Bonelli e Antonio Morri “Dall’Ospedale del Gonfalone all’Istituto per la Sicurezza Sociale: La Sanità a San Marino”. 17 Dicembre Esibizione dei Balestrieri e Sbandieratori Sammarinesi per gli studenti dell’Istituto. 20 Dicembre Concorso per bozzetti di francobolli sul tema “L’integrazione vista dai giovani” (tematica Europa 2006). 13 Gennaio Conferenza per le Classi Quinte del Liceo Economico sul tema “Il sistema di Sicurezza Sociale a San Marino”. Relatori: Marco Beccari, Segretario generale della CDLS, Giovanni Ghiotti, Segretario Generale della CSdL e Dr. Mauro Fiorini della Segreteria di Stato per la Sanità. 14 Gennaio Open Day: iniziative di presentazione della scuola rivolte ai ragazzi della Scuola Media ed ai loro genitori. 18 Gennaio DuestudentiaccompagnatidallaProf.ssaMartinaPoggialipartecipano a Firenze, nel contesto del progetto culturale “Il quotidiano in classe” al Convegno “Giovani Lettori, Nuovi Cittadini”. 26 Gennaio L’astrofisico Margherita Hack incontra presso il Teatro Titano gli studenti. 30 Gennaio – 3 Febbraio Stage Aziendale degli studenti delle classi Quinte del Liceo Economico presso gli Studi di Dottori Commercialisti e Ragionieri Commercialisti. 3 Febbraio Partecipazione delle classi quinte alle Orientamento” dell’Università di Bologna. “Giornate di 8 Febbraio Conferenza tenuta agli studenti delle classi Quinte del Liceo Economico dall’Avv. Maria Antonietta Bonelli sul tema “Aspetti della collocazione della Repubblica di San Marino nel diritto internazionale”. 39 16 Febbraio Fase provinciale delle Olimpiadi della Matematica: partecipano n° 8 alunni. 18 Febbraio Partecipazione degli studenti del triennio alla rappresentazione di “Metamorfosi (Opera)” messa in scena presso il Teatro Titano dal Teatro dell’Astaroth costituito da ex allievi. 24 –25 Febbraio Attività di orientamento scolastico per le classi Quarte e Quinte effettuata dalla Dr.ssa Fronticelli. 40 8 Marzo Le classi 1° ITI e 2° Economico , nell’ambito di una collaborazione con il Centro Naturalistico Sammarinese, partecipano presso gli studi di RTV alla registrazione di una trasmissione televisiva. 9 Marzo Incontro presso il Teatro Titano degli studenti del Liceo Scientifico ,dell’ITI e delle Classi Quinte con il professor Luciano Maiani e Padre Marcellino Forcellini, vincitori del Premio San Marino. Lezione del professor Maiani su “Le particelle elementari”. 14 Marzo Commemorazione del Centenario dell’Arengo: conferenza tenuta dal Professor Maurizio Gobbi. Presentazione dell’Annuario XXXII e saluto ai colleghi collocati a riposo. 13-18 Marzo Mostra“L’Europa Unita. Un sogno che diventa storia” organizzata da Paneuropa San Marino. 16 Marzo Conferenza della Prof.ssa Angela Donati dell’Università di Bologna sul tema “Le fonti storiche per lo studio della città antica: l’esempio di Rimini” rivolta agli studenti del Liceo Classico. 28 Marzo Incontro delle classi Quinte con rappresentanti delle Università di Ancona e Urbino. 27 Febbraio - 30 Marzo Stage Aziendale delle Classi Terze del Liceo Economico presso vari Uffici Pubblici Statali. 30 Marzo Le classi Quinte partecipano all’incontro /dibattito con il Dirigente dell’Ufficio del Lavoro, la Direzione ISS, i Presidenti e i rappresentanti delle Associazioni di categoria e dell’Associazione Ateneo. 31 Marzo Conferenza degli insegnanti Maurizio Gobbi e Laura Rossi sugli “Aspetti storici e socio-economico dell’ Arengo del 1906” rivolta agli alunni delle classi 4° Scientifico sez. A e 5° Economico sez. A e B. 25 Aprile Prova di matematica INVALSI somministrata a tutti gli alunni delle classi Prime. 26 Aprile La classe 4° Scientifico sez. A partecipa al teatro Turismo alla proiezione del film “In un altro paese” del regista Marco Turco premiato al Festival di Locarno. 27 Aprile Torneo “Freedom Cup” : incontro sportivo tra gli studenti della Scuola Secondaria Superiore di San Marino e quelli del Liceo Classico Dante Alighieri, Liceo Scientifico George Lemaitre e Liceo Scientifico Albert Einstein di Rimini. 3 Maggio Incontro di valutazione del progetto “Il quotidiano in classe” con un giornalista de “Il Resto del Carlino” e con i rappresentanti dell’Osservatorio Giovani Editori e della Fondazione San Marino SUMS. 12 Maggio Le classi Quinte del Liceo Economico presentano al pubblico i risultati di un lavoro interdisciplinare sul tema “ Il caso Cina nel contesto locale ed internazionale: come l’impresa locale reagisce alla sfida”. Hanno portato il loro contributo il Prof. Stefano Zamagni, Docente dell’Università di Bologna, il Dr. Massimo Ghiotti, Direttore della Camera di Commercio di San Marino, il Dr. Manuel Colombini, Imprenditore e la Dr.ssa Eleonora Bianchi dell’Associazione San Marino-Cina. I lavori sono stati coordinati dal giornalista di RTV , Sergio Barducci. 13 Maggio Incontro di orientamento alla scelta della facoltà universitaria con l’Associazione Ateneo rivolto a tutti gli studenti delle classi Quinte. 18 Maggio Incontro di insegnanti e genitori con il Dr. Gabriele Mazza della Direzione Generale IV –Educazione e Cultura del Consiglio d’Europa. 22 Maggio - 2 Giugno Stage Aziendale delle classi Quarte del Liceo Economico presso varie Aziende o Istituti di Credito Sammarinesi. 41 26 Maggio Due studenti accompagnati dalla Prof.ssa Laura Rossi partecipanpo a Firenze , nel contesto del progetto culturale “Il quotidiano in classe” all’incontro dal titolo “Giovani e Quotidiani” con Peter Kann, presidente del quotidiano The Wall Street Journal. 30 Maggio Presentazione di stage formativi estivi, rivolti agli studenti interessati, da parte degli operatori del Servizio Domiciliare. 31 Maggio Corso su “Interventi di primo soccorso nella quotidianità” tenuto alle classi Quinte del Liceo Economico dal Dr. Sergio Rabini dell’Unità Operativa di Anestesia e Terapia Intensiva dell’Ospedale di Stato. ESAMI DI STATO 42 Sessione d’esami: 19 Giugno 19 Giugno 21 Giugno 23 Giugno 27 Giugno – 5 Luglio 5 Luglio 10 Luglio 5 Luglio 2006 Prima prova scritta Seconda prova scritta Terza prova scritta Colloqui orali Commissione Plenaria Cerimonia di consegna dei Diplomi ESITO DEGLI ESAMI DI STATO Tutti gli 81 studenti hanno superato l’esame finale e ben 14 hanno conseguito la votazione massima di 100/100: LICEO CLASSICO: Stefanelli Umberto M. LICEO LINGUISTICO: Bossi Marta LICEO SCIENTIFICO : De Luigi Marco Langella Sara Moretti Veronica Mularoni Sara Santi Gioele Venturini Marta LICEO ECONOMICO: Bacciocchi Cristina Ceccoli Lucia Gatti Danilo Guidi Mirco Macina Filippo Sacanna Paolo QUADRO RIEPILOGATIVO DELLE VALUTAZIONI CONSEGUITE Punteggio 100 99 98 97 96 95 94 93 92 91 90 89 88 87 86 85 84 83 82 81 80 79 78 77 76 75 74 73 72 71 70 69 68 67 66 65 64 63 62 61 60 totale 5 Classico 1 1 1 5 Linguistico 1 5 Scientifico 6 5 Economico 6 3 1 2 1 1 1 1 2 2 2 1 1 1 1 3 1 1 2 2 2 3 4 4 8 1 2 1 2 2 1 3 1 1 2 2 1 2 2 1 1 1 2 1 1 1 2 3 2 1 1 1 1 30 1 2 81 1 1 1 1 1 1 2 1 10 19 Suddivisione delle votazioni in fasce: • Da 91 a 100: n° 32 • Da 81 a 90: n° 23 • Da 71 a 80: n° 13 • Da 60 a 70: n° 13 1 22 studenti studenti studenti studenti 1 1 3 5 3 1 1 14 1 4 3 2 1 1 totale 43 ATTIVITA’ COLLEGIALI Nell’anno scolastico 2005-2006 le attività collegiali si sono espletate nei Collegi Docenti, nei Consigli di Presidenza , nelle attività dei Gruppi di lavoro. Delle riunioni collegiali si riportano di seguito gli ordini del giorno. COLLEGI DEI DOCENTI 8 Settembre 2005 • Comunicazioni; • Calendario delle attività per il periodo 8-20 Settembre 2005; • Corsi di Recupero (12-16 Settembre 2005); Nomina del Consiglio di Presidenza; • Delega al Consiglio di Presidenza per la stesura del calendario degli impegni pomeridiani e del piano delle aule; • Nomina dei Rappresentanti nel Consiglio di Istituto; • Nomina di due rappresentanti nella Consulta per la Pubblica Istruzione; • Nomina di un Rappresentante nella Commissione per l’Unesco; • Varie ed eventuali. 44 27 Settembre 2005 • Comunicazioni; • Completamento delle nomine dei Coordinatori dei Consigli di Classe; • Comunicazione dei Docenti distaccati al Centro di Documentazione; • Recuperi (attività di inizio anno); • Norme di sicurezza; • Varie ed eventuali. 10 Gennaio 2006 • Comunicazioni; • Organizzazione della settimana di sospensione: recuperi ed attività elettive; • Varie ed eventuali. 14 Marzo 2006 • Comunicazioni; • Commemorazione del Centenario dell’Arengo. 25 Aprile 2006 • Comunicazioni; • Relazione dei Gruppi di lavoro; • Varie ed eventuali. 30 Maggio 2006 • Comunicazioni; • Formazione ed aggiornamento; • Relazione dei Docenti distaccati; • Distacchi al Centro di Documentazione; • Elezione Vicepreside; • Organizzazione delle attività di accoglienza a.s. 2006-2007; • Piano Cattedre a.s. 2006-2007; • Calendario degli Scrutini e degli Esami; • Varie ed eventuali. CONSIGLI DI PRESIDENZA 13 Settembre 2005 • Comunicazioni; • Piano delle attività; • Regolamento interno; • Stesura del calendario dei rientri e sorteggio delle aule; • Varie ed eventuali. 14 Dicembre 2005 • Comunicazioni; • Riferimento dei Gruppi di lavoro (1. Orientamento-Accoglienza; 2. Attività elettive-recupero; 3.Valutazione; 4.Indirizzi ); • Aggiornamento del Piano delle attività; • Varie ed eventuali. 25 Maggio 2006 • Comunicazioni; • Bilancio anno scolastico 2005-2006; • Calendario degli Scrutini e degli Esami; • Varie ed eventuali. GRUPPI DI LAVORO I singoli gruppi di lavoro si sono riuniti in diversi momenti ed autonomamente. 1. ORIENTAMENTO –ACCOGLIENZA 2. RECUPERO – ATTIVITÀ ELETTIVE 3. VALUTAZIONE 4. INDIRIZZI. 45 46 CENTRO DOCUMENTAZIONE. PROGETTI ED ATTIVITÀ SVOLTE a cura di Marinella Benedettini, Enrico Grassi, Claudio Mancini, Laura Rossi L’attività svolta presso il Centro Documentazione nell’a.s. 2005-2006 ha seguito le linee concordate e approvate nella seduta del Collegio dei Docenti del 31 maggio 2005. In quell’occasione gli insegnanti Benedettini, Grassi e Rossi, già in distacco presso il Centro Documentazione, proponevano di continuare la loro esperienza per il secondo anno consecutivo, sottoponendo al Collegio, un’ipotesi di lavoro, elaborata tenendo in considerazione quanto emerso dalle riunioni di indirizzo, effettuate nel corso dell’a.s. 2004-2005, e quanto evidenziato nel Documento di sintesi, pubblicato nel n. 32 dell’Annuario. Sulla base di quelle elaborazioni, i proponenti il distacco formulavano un’ipotesi progettuale che partiva dalla consapevolezza della necessità, per il nostro Istituto, di progettare e organizzare attività nei seguenti ambiti: Promozione dell’offerta formativa, Monitoraggio, Stage scuola/lavoro, Progetto informatica, Orientamento, Archivio documentazione, Aggiornamento, Conferenze e seminari, Visite aziendali, Biblioteca. Dati i limiti di tempo previsti, dovuti sia alla scelta del distacco parziale che ai vincoli legislativi della normativa attualmente in vigore, si prevedeva di intervenire solo nei settori considerati prioritari dal Collegio dei Docenti. Nella stessa seduta del Collegio un gruppo di insegnanti del Liceo Economico si faceva promotore della proposta di distacco, a tempo parziale, del collega Mancini Claudio, sostanzialmente per l’organizzazione di Stage scuola/lavoro e il coordinamento delle iniziative del Liceo Economico. Sulla base di queste decisioni si stabiliva perciò di dare priorità all’organizzazione di attività di Orientamento, al Monitoraggio e agli Stage scuola/lavoro. Pur con le necessarie differenziazioni di ruoli e compiti, dovute ai diversi interessi e alle diverse competenze, la metodologia adottata dagli insegnanti distaccati è stata quella della condivisione dei progetti e del lavoro di gruppo, innanzitutto all’interno del CD. In secondo luogo su richiesta della Presidenza, essi hanno portato il loro contributo ai seguenti gruppi di lavoro organizzati nel corso dell’a.s.: Accoglienza-Orientamento, Indirizzi di studio, Valutazione, Attività elettive-Periodo di sospensione ACCOGLIENZA, ORIENTAMENTO, PROMOZIONE DELLA SCUOLA Tutta la prima parte dell’anno scolastico è stata dedicata alla progettazione e organizzazione delle attività di Accoglienza e Orientamento in entrata, in cui sono stati coinvolti, oltre agli insegnanti distaccati, i colleghi del gruppo di riferimento. 47 L’Accoglienza, già progettata dalla fine dell’a.s. 2004-2005, si è articolata in: • giornata di presentazione della Scuola agli alunni di classe prima e festa di benvenuto • avvio graduale dell’anno scolastico • somministrazione di test sulla motivazione relativa alla scelta della Scuola e dell’indirizzo • conferenza e cerimonia di apertura dell’anno scolastico • partecipazione alla rappresentazione teatrale “Il viaggio dell’eroe” • predisposizione di test d’ingresso per ambiti disciplinari Per quanto riguarda l’Orientamento in entrata, è stato innanzitutto effettuato un incontro di presentazione della Scuola e degli indirizzi con i colleghi della nostra Scuola Media Statale; in un secondo momento, si sono presi contatti con le Scuole Medie del Montefeltro, cui è stato inviato il materiale informativo che si andava predisponendo per l’aggiornamento della brochure illustrativa. Un incontro con alunni e insegnanti è pure avvenuto presso la Scuola Media di Mercatino Conca. 48 Altre attività sono state: • organizzazione dell’accoglienza delle Terze medie delle circoscrizioni I e II della Scuola Media in visita alla Scuola Superiore • organizzazione di mattinate dedicate a Stage scolastici, come richiesto dalla III circoscrizione e da singoli alunni di Terza Media • organizzazione di due giornate dedicate all’open day, di accoglienza e presentazione della Scuola per alunni e famiglie Si tratta di attività che rispondono anche ad obiettivi di Promozione della Scuola al suo esterno, accompagnate sempre da comunicati stampa e risonanza in genere sui mezzi di informazione. A questo proposito, nel corso dell’anno, si è operato per una nuova impostazione del Sito web, per la realizzazione di una brochure illustrativa e del Video dal titolo Studiare a San Marino dopo la Scuola Media. Presentato all’Ecc.ma Reggenza e al pubblico il 10 ottobre u.s., il dvd è stato ideato dal Centro Documentazione e realizzato da San Marino RTV, con il contributo della Fondazione San Marino Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino SUMS. Come per gli anni scolastici precedenti, le attività di Orientamento in uscita sono state organizzate nel secondo quadrimestre. Oltre allo Sportello informativo presso il CD, gli alunni in uscita dal biennio e dal triennio hanno potuto usufruire di: • visite ad Istituti di Scuola Superiore del circondario • partecipazione alle Giornate dell’Orientamento dell’Università di Bologna • incontri con esperto di Orientamento e colloqui individuali • presentazione del corso di laurea in Design industriale • incontro con rappresentanti degli Atenei di Ancona e Urbino • incontro/dibattito con rappresentanti delle Associazioni Imprenditoriali e Dirigenti del settore pubblico del Paese • incontro con rappresentanti dell’Associazione di studenti universitari Ateneo MONITORAGGIO 1) L’attività di Monitoraggio ha preso avvio dall’elaborazione dei risultati di diverse prove d’ingresso. Sono stati somministrati i seguenti test: • motivazione relativa alla scelta della scuola e dell’indirizzo • matematica (logica, aritmetica, algebra, geometria e problem solving) • inglese • italiano (grammatica e comprensione del testo) • informatica (in funzione dell’attivazione del curriculum verticale di informatica) Il test sulla motivazione è stato ripetuto due volte: uno all’inizio dell’a.s., uno alla fine. Nel primo caso l’obiettivo è stato quello di valutare il livello di consapevolezza verso l’indirizzo scelto, le ragioni che hanno portato all’iscrizione in territorio piuttosto che fuori, la possibilità di avere a disposizione un quadro complessivo relativo al gradimento verso le discipline studiate nella scuola media [All. n.1]. Nel secondo si è voluto verificare se, a distanza di un anno, le aspettative e le ragioni della scelta venivano confermate. L’analisi delle risposte relative alla scelta della scuola e dell’indirizzo hanno ribadito i dati emersi nel test iniziale: in una scala di valori da 1 a 4 la media generale è stata di 3,2. Tale valutazione, a differenza di quello iniziale, è stata fatta per indirizzo perché si è ritenuto che, solo dopo aver intrapreso un determinato percorso scolastico, gli alunni potessero esprimere un giudizio più specifico. I test relativi alle discipline [All. n. 2] sono stati proposti con una duplice finalità: • valutare le competenze iniziali del gruppo classe • documentare e registrare negli anni il livello d’ingresso di tutti gli iscritti alle classi prime, analizzando i dati sia per indirizzo che globalmente. 2) Una successiva elaborazione ha riguardato i dati relativi all’andamento delle iscrizioni alle classi prime, per indirizzo, a partire dall’anno scolastico 1994/95 fino al 2006/2007 [All. n. 3]; dai dati si può ricavare anche la composizione percentuale per indirizzo dal 1994/95 al 1999/2000 e dal 2000/2001 al 2006/20007 (prima e dopo l’istituzione del Liceo Economico). 3) Nell’ambito del Progetto di un curricolo verticale di potenziamento e monitoraggio della cultura scientifica, in collaborazione con il Dipartimento 49 della Formazione dell’Università di San Marino, nel mese di Aprile sono stati somministrati alle classi prime i test INVALSI. Ciò al fine di testare il grado di alfabetizzazione scientifica degli studenti. I risultati dei test sono depositati presso il Centro Documentazione. 4) Sono stati poi raccolti i dati relativi alle scelte post-diploma degli alunni diplomati nell’anno scolastico 2004/05 [All. n.4]. È stato avviato un lavoro di monitoraggio relativo al percorso scolastico dalla prima classe di Scuola Superiore al secondo anno di università (per chi ha proseguito gli studi), per valutare il grado di successo scolastico sia per gli studenti frequentanti in territorio che fuori. I dati elaborati sono stati forniti dall’Ufficio Diritto allo Studio che ha collaborato in modo determinante. Anche in questo caso, per una visione completa del lavoro svolto, i risultati sono consultabili presso il Centro di Documentazione della Scuola Superiore. STAGE SCUOLA-LAVORO 50 Nell’anno scolastico 2005/2006 sono state organizzate tre esperienze di scuola/ lavoro per gli alunni del triennio del Liceo Economico. Ai 33 alunni delle classi terze è stata proposta un’esperienza di quattro giorni presso Uffici della Pubblica Amministrazione, realizzata dal 27 al 30 marzo. Tale esperienza costituisce il primo contatto con il mondo del lavoro. Come avvenuto negli anni scolastici precedenti, per i 25 alunni di quarta è stato organizzato, dal 22 maggio al 2 giugno, uno stage di due settimane presso Aziende e Istituti di Credito della Repubblica. Per la prima volta, 23 alunni delle classi quinte, durante il periodo di sospensione delle lezioni, dal 30 gennaio al 3 febbraio, hanno effettuato uno Stage di una settimana presso alcuni Studi Commerciali e Legali del Paese. Ogni progetto è caratterizzato da obiettivi generali e specifici, elencati nelle convenzioni stipulate tra Scuola ed Aziende, Uffici o Studi che accolgono gli alunni [All. n. 5 e 6]. In tutti i casi l’esperienza si conclude con una valutazione dell’esperienza in generale e una valutazione relativa ai singoli alunni, fornita in questo caso da schede compilate dai tutor “aziendali”. Il Progetto Scuola/Lavoro si connota per una forte valenza educativo-orientativa per gli alunni; ma riveste anche un importante momento di riflessione per la scuola che, avvalendosi dei giudizi che i tutor possono esprimere sull’alunno e sulla sua preparazione, può ricavare indicazioni utili per la valutazione del lavoro didattico svolto. ALTRE ATTIVITÀ Oltre a quanto suesposto, è necessario ricordare che si è collaborato alla stesura del curriculum verticale di informatica e si è cercato di avviare un lavoro di archiviazione relativo a: • verbali delle riunioni collegiali • organizzazione di uscite di studio e materiale illustrativo • raccolta di prove scritte • raccolta di lezioni e/o approfondimenti disciplinari E’ ovvio che rispetto all’attività specifica di documentazione didattica, obiettivo principale dei Centri di Documentazione, molto resti ancora da fare; tuttavia, per una valutazione corretta del lavoro svolto vale forse la pena di tenere in considerazione che: • il distacco dei suddetti insegnanti, a tempo parziale, è avvenuto su mandato ed esigenze prioritarie per la nostra Scuola • solo a partire dall’a.s. 2004-2005 la Scuola Secondaria Superiore è stata dotata di uno spazio apposito che potesse costituire luogo di incontro, di riferimento e di raccolta dei materiali • è mancata, negli anni, una continuità di documentazione con le esperienze del passato • il periodo di tempo previsto per legge per la realizzazione di progetti e l’espletamento di funzioni, ormai irrinunciabili per la Scuola in genere, si rivela sempre più inadeguato. Allegato n.1 PREFERENZE RELATIVE ALLE MATERIE DELLA SCUOLA MEDIA Preferenze relative a materie Scuola Media 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 318 307 292 286 278 318 280 282 fis ic a al e io az uc ed io az uc ed ne us m ne ne io az uc ed ic tic tis ar te c ne io az uc ed a ca ni es nc fra gl es e e e in ie nz a sc at ic m at em ra fi a ia og ge st or no lia ita io ne 186 l ig re 394 363 314 51 Allegato n.2 TEST D’INGRESSO DISCIPLINARE PER INDIRIZZO (N.b.: i risultati dell’indirizzo Classico sono elaborati insieme a quelli del Linguistico, dato l’esiguo numero di iscritti) Matematica media generale: 5,12 8,00 6,00 5,31 4,71 5,02 4,79 economico classicolinguistico iti 4,00 2,00 0,00 scientifico Italiano (comprensione) media generale: 7,06 8,00 7,49 7,20 6,65 6,33 classicolinguistico iti 6,00 4,00 2,00 0,00 scientifico economico 52 Inglese media generale: 6,92 10,00 8,00 7,73 7,50 6,25 5,96 6,00 4,00 2,00 0,00 scientifico economico classicolinguistico iti Informatica media generale: 4,84 8,00 7,00 6,00 5,00 4,00 3,00 2,00 1,00 0,00 5,10 4,39 scientifico economico 4,88 classicolinguistico 5,38 iti Allegato n.3 ANDAMENTO ISCRIZIONI ALLE CLASSI PRIME NEGLI ANNI Andamento iscrizioni classi prime 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 Classico Linguistico Scientifico I.T.I. Economico 01 -2 20 002 02 -2 20 003 03 -2 20 004 04 -2 20 005 05 -2 20 006 06 -2 00 7 0 -2 00 1 00 20 20 -9 9 00 -2 98 99 19 19 697 97 -9 8 19 19 9 19 94 19 -9 5 95 -9 6 Totale DISTRIBUZIONE DEGLI ISCRITTI NELLE CLASSI PRIME 53 Allegato n.4 SCELTE POST-SCUOLA SECONDARIA DIPLOMATI A.S. 2005-2006 Scelte post-diploma a.s. 2005-2006 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 18 8 a st ud i al tr i a ar ea so ci oum ie ris tic 3 ar ea te cn ic oin fe rm a gi ur id ic a ea ar um ar ea 4 3 an is tic ot or ie m ze ia ed ic in a sc ie n m 6 an is tic 4 3 in ge gn er ic a ea on om sc ie nt ifi ca 4 ar ec ea ar 6 la vo ro 6 Allegato n. 5 54 PROGETTO SCUOLA/LAVORO 30 Gennaio 2006 - 3 Febbraio 2006 Contratto Formativo e di Orientamento tra la Scuola Secondaria Superiore della Repubblica di San Marino L’alunno: __________________ Lo Studio Professionale: ___________________ Il progetto Scuola/Lavoro si prefigge le seguenti finalità: 1. di orientamento: lo stage deve in particolar modo porre l’alunno in condizioni di assumere informazioni per il proprio orientamento professionale; a tal fine deve essere istruito sull’organizzazione e le funzioni del settore e più in generale dell’Ente o Azienda in cui opera. L’esperienza si propone infatti di aiutare lo studente a conoscere sbocchi lavorativi e ruoli professionali affinché possa verificare le proprie aspettative e confermare le proprie effettive attitudini. 2. di socializzazione: lo stage vuole consentire all’alunno di entrare in contatto con il mondo del lavoro e le sue regole, di acquisire comportamenti autonomi e responsabili rispetto all’adulto esperto, definendo così gradualmente il proprio ruolo. 3. formative: con tali finalità si vuole permettere all’alunno di verificare le proprie conoscenze, di acquisirne di altre, di individuare analogie e differenze tra la teoria e la realtà operativa al fine di confermare l’importanza dell’auto-apprendimento e aggiornamento. In particolare lo stage presso gli studi professionali si prefigge di : • far conoscere all’alunno l’organizzazione dello studio professionale nelle sue linee generali; • far acquisire all’alunno la consapevolezza degli obblighi e dei doveri insiti nel ruolo ricoperto nel periodo dell’esperienza lavorativa, nel rispetto delle regole formali ed informali dello studio; • far acquisire conoscenze teorico-pratiche legate alla professione e mettere in grado l’alunno di verificare in concreto le applicazioni possibili di tali conoscenze, sulla base degli obiettivi specifici di seguito indicati. Durante l’esperienza scuola – lavoro l’alunno dovrà acquisire le competenze tecnico-pratiche relative ad almeno due degli obiettivi specifici di seguito elencati: • essere in grado di leggere ed elaborare una busta paga ed individuare il costo del personale dipendente riferito al periodo elaborato; • essere in grado di individuare le scritture di assestamento da rilevare ai fini dell’elaborazione del bilancio d’esercizio al 31/12; • essere in grado di redigere un bilancio con i prospetti di Stato Patrimoniale, Conto Economico e relazione dell’organo amministrativo, partendo da una situazione contabile definitiva e sulla base di un elaborato riferito ad esercizi precedenti; • essere in grado di aggiornare i libri sociale e fiscali obbligatori; • essere in grado di individuare le diverse tipologie di consulenza amministrativa, commerciale e fiscale, che possono essere fornite dal professionista; • essere in grado di analizzare un bilancio per comprendere la struttura patrimoniale, finanziaria ed economica dell’azienda; • essere in grado di individuare le caratteristiche fondamentali di gestioni straordinarie quali liquidazioni volontarie o giudiziali, procedure concorsuali, fusioni o incorporazioni. L’alunno si impegna a: 1) seguire le indicazioni del tutor-docente e del tutor aziendale e fare riferimento ad essi per qualsiasi esigenza di tipo organizzativo od altre evenienze; 2) rispettare gli obblighi di riservatezza circa informazioni od altre notizie riservate apprese durante e dopo la permanenza nell’ufficio; 3) rispettare le regole formali ed informali dell’ambiente di lavoro. San Marino, 26 gennaio 2006 Il Preside L’alunno Lo Studio Professionale Il genitore (per presa visione) 55 56 Allegato n. 6 PROGETTO SCUOLA/LAVORO Stage presso Studi Commerciali e Legali classi 5Ea – 5Eb 30 Gennaio – 3 Febbraio 2006 Elenco degli Studi Commerciali e Legali presso i quali gli alunni hanno realizzato lo stage: DOTT. ALBERTINI ANDREA DOTT. ALBERTINI MASSIMO STUDIO CHIARUZZI DEL VECCHIO RAIMONDI RAG. BIZZOCCHI MILENA DOTT. LAZZARI M. STEFANIA STUDIO CASALI e MARCUCCI STUDIO CECCHETTI e ALBANI RAG. CERVELLINI DINO RAG. CEVOLI MARCO STUDIO CHEZZI e GIOVAGNOLI RAG. GASPERONI PIER ANGELA RAG. GATTI MARCO RAG. GIACOBBI RENZO DOTT. LOMBARDI ANDREA STUDIO MAIANI e GIORDANI DOTT. JOHN MAZZA DOTT. SIMONCINI LORENZO DOTT. STACCHINI RUGGERO RAG. TAMAGNINI MASSIMO DOTT. ZAFFERANI ENZO AVV. SARACENI GUIDO AVV. MENGHINI SIMONE AVV. VAGLIO ALBERTO Stage presso gli Uffici della Pubblica Amministrazione classi 3Ea – 3Eb 27 – 30 Marzo 2006 Elenco degli Uffici presso i quali gli alunni hanno realizzato lo stage con gli obiettivi specifici: UFFICIO TRIBUTARIO 10 alunni - Conoscere le procedure per la vidimazione delle fatture all’importazione e all’esportazione - Conoscere i controlli dell’Ufficio sulle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche e giuridiche - Conoscere le modalità di liquidazione, di riscossione e di rimborso dell’imposta monofase e delle relative sanzioni - Conoscere le attività specifiche di ciascun ufficio - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. UFFICIO DEL PERSONALE 1 alunno - Il contratto di lavoro pubblico - Le certificazioni per l’iscrizione alle graduatorie: contenuti dei certificati e autocertificazione - La gestione dei permessi per assenze dal lavoro (permessi ordinari, straordinari, sindacali, aspettativa, maternità, …) - Gestione delle sostituzioni nel pubblico impiego - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. UFFICIO INDUSTRIA, ARTIGIANATO E COMMERCIO 1 alunno - Rilascio delle licenze artigianali, commerciali, industriali individuali - Presentazione delle istanze al Congresso di Stato - Rilascio delle licenze societarie - Trasferimento sede, cessione, sospensione e revoca della licenza - Credito agevolato alle imprese ed esenzioni fiscali - Sanzioni applicate dall’ufficio - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. UFFICIO MARCHI E BREVETTI - Domanda di deposito del marchio e del brevetto - Validità del marchio sammarinese e durata della registrazione - Documentazione allegata ed attestazioni dell’ufficio - Marchio internazionale - Partecipazione San Marino OMPI - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. 1 alunno UFFICIO GENERALE CONTABILE 2 alunni - Mandati di pagamento e impegni di spesa: requisiti dell’ordine di bonifico e requisiti dell’assegno circolare e bancario - Elementi della busta paga: il mandato di pagamento alla Banca Centrale - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. UFFICIO DEL LAVORO 1 alunno - Politiche sociali e mercato del lavoro - Domanda di iscrizione alle graduatorie - Attività di collocatore - Ispettorato al lavoro e sezione lavoro autonomo (certificati e requisiti per l’iscrizione) 57 - Cenni sulle cooperative - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. AVVOCATURA DELLO STATO 2 alunni - Requisiti dei contratti di cui è parte la pubblica amministrazione - Procedure di mano regia - Rappresentanza della P.A. nei processi civili, penali e amministrativi - Iscrizione ipoteche sui mutui prima casa - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. UFFICIO DEL REGISTRO - Differenza fra scrittura privata autenticata e atto pubblico - Tempi e modalità di registrazione - Differenze fra registrazione, trascrizione e iscrizione - Tipologie di contratti registrati - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. 58 2 alunni UFFICIO AUTOMEZZI 2 alunni - Registrazione trasferimento di proprietà degli autoveicoli e motoveicoli radiazione - Rilascio certificazioni (carta di circolazione, permessi a termine, …) - Gestione carburanti - Legge sui beni strumentali in materia di automezzi - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. UFFICIO TURISMO 1 alunno - Organizzazione attività turistiche e partecipazione a fiere - Attività di promozione e di marketing limitata anche ad un solo evento - Rapporti con l’esterno per le attività sopra indicate - Attività varie e tipiche dell’ufficio - Visualizzazione modalità e strumenti per l’organizzazione di un evento - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. AZIENDA AUTONOMA DI STATO PER I SERVIZI PUBBLICI 3 alunni - Il contratto pubblico delle utenze - Attività di emissione fatture, registrazione fatture attive e passive - Riscossioni e pagamenti - Gestione del personale - Contratto di appalto pubblico e licitazione privata - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI/ DIREZIONE AMMINISTRATIVA 3 alunni - I contratti di lavoro e di collaborazione - La procedura di registrazione dei costi e dei proventi - Gli incassi e i pagamenti - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. COMITATO OLIMPICO NAZIONALE SAMMARINESE - Attività di segreteria - Attività contabile di registrazione dei costi e dei proventi - Gli incassi e i pagamenti - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. 2 alunni GUARDIA DI ROCCA - Attività di segreteria - Eventuali obiettivi indicati dal tutor. 2 alunni Stage presso Aziende e Istituti di Credito classe 4 E 22 Maggio – 2 Giugno 2006 Elenco delle Aziende e Istituti di Credito presso i quali gli alunni hanno realizzato lo stage: BANCA CENTRALE DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO BANCAAGRICOLA E COMMERCIALE DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO CASSA DI RISPARMIO DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO BANCA DI SAN MARINO LEASING SAMMARINESE SAN MARINO RTV TITANCOOP SIT S.A. STAMPA IMBALLAGGI TRASPARENTI TMS S.A. TELEFONIA MOBILE SAMMARINESE MARINO CRISTAL S.A. ALI DESIGN S.A. ANIS ASSOCIAZIONE NAZIONALE DELL’INDUSTRIA SAMMARINESE AMS AUTOMAZIONI S.A. PASSEPARTOUT S.A. TONELLI LEGNAMI S.A. KARNAK S.A. ASA SAN MARINO S.A. DESART S.A. ASSET BANCA SAN MARINO CAMAR SMA S.A. 59 Parte seconda Educazione e Didattica 61 IL CASO CINA NEL CONTESTO LOCALE ED INTERNAZIONALE: COME L’IMPRESA LOCALE REAGISCE ALLA SFIDA a cura delle Classi Quinte sez. A e sez. B del Liceo Economico Aziendale Il “Progetto Cina” nasce dall’idea di affrontare una tematica di attualità in ambito pluridisciplinare e cogliere, attraverso la sistematica lettura della stampa specializzata, i mutamenti del sistema economico e le sue possibili evoluzioni. “Il caso Cina nel contesto locale ed internazionale: come l’impresa locale reagisce alla sfida” è la sintesi del lavoro svolto dai ragazzi delle classi quinte del Liceo Economico Aziendale nell’anno scolastico 2005/2006, un’analisi incentrata sulle “emergenze” indotte dalla globalizzazione, con l’obiettivo di rendere lo studente capace di individuare alcuni processi tipici dell’internazionalizzazione dei mercati, consentendo loro al contempo di correlare processi e strategie agli sviluppi dell’economia reale e di ricostruire un quadro generale del panorama nazionale ed internazionale con l’ausilio delle conoscenze acquisite in più discipline. Il convegno, organizzato a conclusione dei lavori e coordinato dal giornalista di San Marino RTV Sergio Barducci, ha visto la partecipazione del prof. Stefano Zamagni, docente di Economia Politica dell’Università di Bologna, del dr. Massimo Ghiotti, direttore della Camera di Commercio della Repubblica di San Marino, del dr. Manuel Colombini, imprenditore, della dr.ssa Eleonora Bianchi, rappresentante della Associazione San Marino-Cina e dei ragazzi delle classi interessate al progetto, che attraverso i loro portavoce hanno illustrato ai partecipanti i punti salienti del percorso affrontato. Di seguito vengono proposte le slides predisposte e commentate dagli studenti nel corso del convegno. 69 70 71 72 73 VIAGGIO IN SICILIA a cura della Classe Quarta del Liceo Classico Sicilia: grande testimonianza della cultura greca in Italia, sede delle rappresentazioni tragiche nate nell’antica Ellade, quale meta migliore per un ragazzo che frequenta il liceo classico? Volenterosi di conoscere e toccare con mano ciò che fino a quel momento avevamo solo sfiorato con l’immaginazione, siamo partiti. Il 30 maggio 2006, atterrati a Catania, è iniziata la nostra avventura in quella terra che ancora oggi è ricordata come la Trinacria. Il nostro “Caronte” nel caldo dell’inferno siculo è stato l’ autista della ditta di trasporti “Zuccalà”, che ci ha guidato alla scoperta delle meraviglie e dei tesori culturali che la Sicilia ancora oggi ci offre. A vegliare sui nostri passi, con il suo sguardo a metà tra ironia e serietà, l’inossidabile insegnante di scienze , Maria Antonia Graziadei nostra responsabile in attesa dell’arrivo del professore Sandro Salicioni. Dopo aver depositato i bagagli all’Hotel Jolly di Siracusa, è iniziato il nostro iter tra i suggestivi siti archeologici situati nelle vicinanze. Il primo riscontro con il nostro studio è avvenuto al cospetto della mitica Fonte Aretusa, collocata nell’isola di Ortigia, avvolta da un velo di epica misteriosità. Venuta sera, col vino a portata di mano, ha avuto inizio il nostro simposio. A più riprese abbiamo attentato inutilmente alla sobrietà della professoressa Graziadei, ma si sa: “chi di vino ferisce, di vino perisce!”(a buon intenditore poche parole!). Fare capolino sotto le coperte e osservare le gocce della pioggia scendere leggere e delicate sul vetro della finestra può essere molto romantico, ma camminare ore ed ore in visita ai siti archeologici sotto una pioggia battente non è altrettanto poetico, credeteci!! Ci aspettava una giornata dura e faticosa, in quanto per raggiungere Piazza Armerina, nostra successivo meta, erano necessarie due ore abbondanti di viaggio. Giunti in tarda mattinata abbiamo visitato l’antica villa romana del 63 64 Casale, famosa per gli innumerevoli mosaici che la ricoprono quasi interamente, raffiguranti animali esotici, donne in bikini e altre particolarità interessanti. “Stanchi delle solite ceramiche? Amanti dello step? Caltagirone è il luogo che fa per voi”. Questo è lo slogan che ci rimbalza ancora in testa dopo avere fatto la conoscenza di questa città, famosa per le ceramiche e per la scalinata di “450” gradini, contornata da splendide composizioni floreali che la rendono suggestiva agli spettatori. Abbiamo concluso la giornata con una tipica cena siciliana ed una gradevole passeggiata sul lungo mare. Se i primi due giorni sono stati di relativa tranquillità, ecco che a partire dal terzo si sono moltiplicati avvenimenti ed emozioni. Già dalla mattina eravamo in fibrillazione per ciò che ci avrebbe atteso quella sera: le “Troiane” di Euripide. Aspettando il grande evento ci siamo addentrati tra le rovine della città visitando dapprima il museo e nel pomeriggio la zona circostante il teatro, le famose Latomie. Nate come cave di pietra e luogo di prigionia esse sono oggi uno dei maggiori punti di attrazione, non solo per il loro valore storico, ma anche per la forma singolare: l’orecchio di Dionisio, così chiamato per il curioso aneddoto in cui si narra che l’antico tiranno da questa profonda spaccatura potesse sentire le critiche che gli venivano rivolte dagli schiavi. La visita ai siti archeologici di Siracusa è stata talmente intensa e interessante che il tempo è sembrato volare. Le prime ombre stavano iniziando ad allungarsi, questo era il segnale che dovevamo affrettare il passo verso il teatro in accordo con le antiche usanze greche, infatti, la tragedia ha inizio poche ore prima del tramonto per concludersi con l’esatto calar del sole. Una volta presi i nostri posti, nell’attesa che la rappresentazione avesse inizio, ognuno a suo modo osservava la scenografia e ipotizzava una possibile interpretazione del regista. Come i greci del V secolo, che si recavano a teatro pienamente consapevoli degli sviluppi della trama ma desiderosi di sapere come sarebbe stata realizzata, anche noi eravamo lì, ben preparati sull’argomento, ma allo stesso tempo curiosi e impazienti di vedere l’opera. Il prologo ci ha colti di sorpresa: un silenzio religioso è piombato sulle settemila persone che occupavano interamente la cavea. La nostra compartecipazione è stata tale da suscitare emozioni forti e, in qualche caso,commozione. Siamo rimasti così impressionati che, anche dopo l’uscita dal teatro, le nostre considerazioni e riflessioni su ciò che avevamo visto sono stati argomento di conversazione:un dibattito caldo e vivace ci ha accompagnato per tutto il tragitto ed è continuato a tavola coinvolgendo anche i professori. Provati dalle fatiche e dalle emozioni della giornata, non vedevamo l’ora di infilarci sotto le coperte e recuperare energie preziose. La delusione di essere quasi arrivati alla conclusione della nostra uscita di studio non escludeva che il tempo rimasto avrebbe riservato esperienze altrettanto affascinanti. Il sole riflesso sulle azzurre acque di Taormina era lo sfondo di un pittoresco paesaggio. Giunti ai piedi della cittadina abbiamo scelto la strada più breve per raggiungere la cima. Non sempre però la via più breve risulta anche la più semplice: davanti a noi… ben quindici stazione di Via Crucis arroccate tra oleandri e fichi d’india. Lo sforzo è stato pienamente ripagato dallo splendido panorama che ci si stendeva davanti, un maestoso teatro romano a strapiombo sul mare, in perfetta unione ed armonia tra cultura e paesaggio. Questo scenario ha dimostrato quanto l’uomo, sin dall’antichità, abbia saputo apprezzare e riprodurre la bellezza. Con ben altri intenti abbiamo utilizzato il pomeriggio abbandonandoci al più frivolo dei passatempi: lo shopping! Questa nostra distrazione è stata duramente punita con un violento temporale. Seconda tappa della giornata è stata l’escursione sull’Etna. A quota 3000 metri la temperatura era scesa vertiginosamente e non sono servite a nulla maglie o felpine, ma tutto ciò non ci ha impedito di esternare il nostro sopito lato 65 66 infantile, giocando come bambini con le pietre laviche. Non è stato necessario spendere soldi in souvenir in quanto il luogo stesso ne offriva in abbondanza, proprio sotto i nostri piedi. L’estenuante viaggio di ritorno a Siracusa ci ha tolto le energie per la seconda tragedia in programma: “Ecuba”. Entusiasti e con le immagini del giorno precedente ancora ben impresse nella mente ci sediamo sulle fredde ma accoglienti lastre marmoree del teatro greco siracusano. Nonostante la precedente rappresentazione, la nostra curiosità non si era in alcun modo spenta, ma ulteriormente ravvivata, come la voglia di confrontarci direttamente con le nostre aspettative. Ancora una volta il teatro ha fatto registrare il tutto esaurito, ma i nostri posti ci hanno permesso una visione privilegiata e ci hanno dato la possibilità di meglio accostarci all’opera. Nonostante numerose distrazioni, più o meno naturali come la pioggia, o frivole come i pantaloni strappati di un personaggio, la nostra attenzione è rimasta costante per tutta la rappresentazione; ognuno di noi infatti si incarnava in Ecuba, l’anziana ed eroica signora di Troia, giocattolo inerme nelle mani di un Fato crudele e indifferente. Una volta terminata la tragedia, la serata è trascorsa in vivaci scambi di opinione sul profondo messaggio trasmesso e sulla nostra interpretazione, in un clima degno del più intellettuale dei simposi. Ancora frementi e pieni di emozione abbiamo dovuto dare l’addio, o forse un arrivederci, all’antica terra, punta dello “stivale Italia”; molti erano dispiaciuti, altri nemmeno si sono resi conto che era il momento di andare; infatti siamo partiti in punta di piedi, dopo essere stati svegliati amaramente alle 4 del mattino! Il pullman ci ha accolto ancora sbadiglianti e muniti di valigie da 40kg, a causa dei numerosi ricordini, segno tangibile della nostra esperienza. Arrivati all’aeroporto tutti avevamo il viso sconvolto ed ognuno a modo suo tentava di immaginare il ritorno alla realtà quotidiana. Dopo poche ore di viaggio il termine “antico” ci è balzato agli occhi, ma con una connotazione estremamente diversa: “Benvenuti nell’antica terra della libertà”: eravamo a casa. UN’ESPERIENZA “TRAGICA” Il culmine della nostra esperienza è stato la visione o, per meglio rendere l’idea, la partecipazione alle tragedie greche di Euripide. Esse, infatti, nonostante siano state scritte per il pubblico del III secolo a.C., continuano a suscitare emozione, compartecipazione, riflessione in quanto, le tematiche sono sempre attuali e coinvolgenti, in particolare i drammi e i conflitti insiti nell’animo dell’uomo, insieme a problematiche di interesse politico e sociale. Questo tipo di spettacolo nella Grecia antica aveva inoltre connotazione di un vero e proprio rito: esso doveva generare la catarsi, ovvero la purificazione dello spirito mediante il compatire: lo spettatore è guidato a provare sulla propria pelle il dolore dei personaggi e, allo stesso tempo, a mantenere il distacco rispetto al loro turbamento, perché, non vivendo direttamente, può analizzarlo dall’esterno, con lucidità e consapevolezza, cogliendo nelle sue cause e nelle sue innumerevoli sfaccettature. Esso genera, per dirlo con le parole di Aristotele, paura e terrore, cioè la compartecipazione vera e propria allo sgomento, al dramma che è in scena, la condivisione del dolore del personaggio. Questo permette, terminata la visione, di andarsene arricchiti, migliorati, stimolati dalla riflessione innescata nell’animo. Gli stessi Greci ritenevano la tragedia fondamentale nel suo ruolo educativo, in quanto formatrice di veri uomini, di ottimi cittadini per la polis. E come dar loro torto dopo la nostra meravigliosa esperienza? Tutti noi infatti durante lo spettacolo non abbiamo saputo trattenere l’emozione, la commozione (qualcuno anche qualche lacrima), e dopo il termine, lo stupore per la sensazione che avevamo in corpo: ci sentivamo veramente più liberi dentro, rinnovati, pieni di voglia di condividere le nostre impressioni e riflessioni (cosa che a cena è stata fatta con estremo entusiasmo). Nel nostro mondo interiore c’era (e c’è) qualcosa in più, tanto in più. È stato meraviglioso, difficile da spiegare. Solo 67 68 chi lo prova può comprendere di che cosa stiamo parlando. È letteralmente incredibile come più di duemila anni or sono il genio di Euripide sia riuscito a creare…sì, diciamo pure un pungolo per le coscienze di ieri e di oggi. È vero, per il suo carattere innovativo non sempre fu apprezzato dai contemporanei, ma rivalutato dopo e acclamato poi. Le due opere che abbiamo imparato ad amare grazie a quest’occasione sono state “Troiane” ed “Ecuba”. Di realizzazione più teatrale la prima e più inusuale la seconda, entrambe ci hanno regalato un patrimonio interiore incomparabile. “Troiane” con le sue musiche, il suo impatto visivo, i suoi colori scuri, sanguigni ci ha preparato all’ “Ecuba” , con la sua ambientazione spoglia, essenziale, con la sua lettura pirandelliana del personaggio principale, il coinvolgimento fisico (oltre che emotivo) dello spettatore nella scena. E poi il luogo: il teatro di marmo bianco, splendido scenario per cotanto spettacolo, è stato costruito sfruttando il fianco della collinetta, con le sue fonti naturali, immerso totalmente nel verde, con un mare di cipressi sullo sfondo che si tuffano nell’azzurro del mare (quello vero però!) in lontananza, con la luce naturale del tramonto, morbida e quasi complice dello spettacolo. La natura sembrava tanto partecipe che, al termine dell’“Ecuba”, in un momento di grande drammaticità, dove tutti gli animi erano pervasi da una forte tensione emotiva, è cominciato a piovere e a farsi un poco buio. Fortunatamente come aveva iniziato, la pioggia è cessata all’improvviso, quando tutto era finito: era il compimento. Non ci sono parole per descrivere ogni cosa, l’insieme dei colori, di emozioni, di inaspettate reazioni che ci ha travolto e coinvolto in questa importante occasione. Importante perché ci ha permesso di andarcene arricchiti, con dentro qualcosa in più, con un maggiore patrimonio culturale nonché interiore e perché ha sviluppato ulteriormente il nostro spirito critico, stimolato la nostra sensibilità e mosso le nostre coscienze. Tutti noi concordiamo nell’affermare che questa è stata una esperienza stupenda, irrinunciabile per un ragazzo, tappa indispensabile di un cammino di maturazione che solo una formazione classica può offrire. IL CASO CINA NEL CONTESTO LOCALE ED INTERNAZIONALE: COME L’IMPRESA LOCALE REAGISCE ALLA SFIDA a cura delle Classi Quinte sez. A e sez. B del Liceo Economico Aziendale Il “Progetto Cina” nasce dall’idea di affrontare una tematica di attualità in ambito pluridisciplinare e cogliere, attraverso la sistematica lettura della stampa specializzata, i mutamenti del sistema economico e le sue possibili evoluzioni. “Il caso Cina nel contesto locale ed internazionale: come l’impresa locale reagisce alla sfida” è la sintesi del lavoro svolto dai ragazzi delle classi quinte del Liceo Economico Aziendale nell’anno scolastico 2005/2006, un’analisi incentrata sulle “emergenze” indotte dalla globalizzazione, con l’obiettivo di rendere lo studente capace di individuare alcuni processi tipici dell’internazionalizzazione dei mercati, consentendo loro al contempo di correlare processi e strategie agli sviluppi dell’economia reale e di ricostruire un quadro generale del panorama nazionale ed internazionale con l’ausilio delle conoscenze acquisite in più discipline. Il convegno, organizzato a conclusione dei lavori e coordinato dal giornalista di San Marino RTV Sergio Barducci, ha visto la partecipazione del prof. Stefano Zamagni, docente di Economia Politica dell’Università di Bologna, del dr. Massimo Ghiotti, direttore della Camera di Commercio della Repubblica di San Marino, del dr. Manuel Colombini, imprenditore, della dr.ssa Eleonora Bianchi, rappresentante della Associazione San Marino-Cina e dei ragazzi delle classi interessate al progetto, che attraverso i loro portavoce hanno illustrato ai partecipanti i punti salienti del percorso affrontato. Di seguito vengono proposte le slides predisposte e commentate dagli studenti nel corso del convegno. 69 70 71 72 73 CORSI DI POTENZIAMENTO E RECUPERO a cura di Franco Santi PERIODO DI SOSPENSIONE 30 gennaio – 3 febbraio 2006 Per l’anno scolastico 2005-2006, il Collegio Docenti ha deciso che gli alunni segnalati con debito formativo dovessero frequentare corsi di recupero specifici, organizzati in tre turni di attività nell’arco dell’orario mattutino (dalle 8,15 alle 9,40; dalle 9,40 alle 11,05; dalle 11,20 alle 12,45). 74 In questo contributo si presenta: • una tabella nella quale, analiticamente, classe per classe, si registra il numero di allievi, il numero di allievi segnalati nelle discipline oggetto di recupero, il totale e la percentuale degli allievi segnalati, il totale e la percentuale degli allievi segnalati rispettivamente in una, due e tre discipline; • una serie di grafici riassuntivi, che consentono di riflettere sulla consistenza del fenomeno. Riepilogo generale delle segnalazioni di recupero (II) 1C 1Ea 1Eb 1L 1Sa 1Sb 1T 2C 2E 2L 2Sa 2Sb 2T 3C 3Ea 3Eb 3L 3Sa 3Sb 4C 4E 4L 4Sa 4Sb 5C 5Ea 5Eb 5L 5S 5 1 21 5 22 10 2 23 1 4 18 4 3 19 6 17 4 3 15 4 4 25 4 14 2 4 21 2 1 21 6 22 5 10 16 1 1 21 2 6 13 6 3 20 2 6 18 2 18 1 11 2 25 8 18 2 21 5 23 1 10 12 1 1 20 3 8 19 22 5 1 1 3 3 4 2 4 7 7 3 1 2 3 4 6 5 4 1 7 1 3 4 1 1 1 1 4 2 2 1 2 4 1 2 2 3 2 2 2 1 6 5 1 2 1 3 6 3 5 8 4 3 1 1 7 8 4 7 1 4 8 4 6 5 2 8 3 2 5 1 2 1 2 2 1 1 1 4 3 1 1 2 5 1 2 2 2 1 1 1 5 5 3 6 2 1 2 6 Tot 530 47 104 43105136204710 4 3 18 3 4 9 8 12 5 6 1 1 9 1 20% 9 43% 13 59% 4% 10 43% 8 44% 7 37% 6% 11 65% 6 40% 8 32% 9 64% 4 19% 9 43% 5% 15 68% 6% 3 19% 5% 8 38% 10 77% 12 60% 5 28% 6% 2 11% 2 18% 14 56% 9 50% 5% 12 57% 3 13% 7 70% 2 17% 10% 11 55% 10 53% 9 41% 2% 1 2 7 6 1 2 3 3 1 3 20% 3 8 14% 6 4 7 10% 32% 26% 6% 11% 18% 3 5 3 3 1 3 14% 1 3 1 4 2 2 1 2 3 2 1 4% 23% 13% 17% 5% 18% 20% 4% 21% 36% 29% 31% 35% 1 6% 6 3 3 24% 5 1 % 17% 14% 25% 5% 21% 5% 19% 9% 13% 5% 15% 15% 11% 1 materia % 2 materie % 3 materie % Alunni Richiamati n° Alunni Italiano Matematica Latino Greco Inglese Francese Tedesco Fisica Chimica Storia Geografia Storia Sammarinese Storia dell’Arte Scienze Filosofia Diritto Sammarinese Economia Aziendale Economia Politica Tecnologia e Disegno Diritto ed Economia Diritto Alunni Ritirati Classe Riepilogo Sostegni Scuola Secondaria Superiore Anno Scolastico 2005-2006 - I Quadrimestre Materia % 4 1 1 4 4 5 3 6 3 3 2 5 1 1 4 2 3 19% 2 5 4 5 2 2 2 3 7 7 18% 5% 4% 22% 21% 29% 20% 24% 21% 14% 10% 23% 6% 5% 31% 10% 17% 6% 3 2 4 1 5 12% 3 2 2 15% 11% 19% 4% 50% 11% 9% 20% 22% 24% 9% 20% 17% 15% 37% 32% 229 43% 70 13% 62 12% 91 17% 75 Grafici riassuntivi 1. Allievi segnalati 2. Segnalazioni. Dettaglio allievi per numero di segnalazioni. 76 3. Segnalazioni. Elenco Alunni per Materia (valori numerici). 77 L’AZIONE DEL DIPARTIMENTO DELLA FORMAZIONE NEL CAMPO DELL’INNOVAZIONE EDUCATIVA di Laura Gobbi 78 Il Dipartimento della Formazione dell’Università di San Marino, fin dalla sua nascita, si è posto come una delle esigenze fondamentali quella di elevare la scuola sammarinese ad un ruolo sempre più centrale all’interno del sistema formativo, stimolando riflessioni culturali e adottando, nel concreto, strategie di innovazione educativa che qualificassero sia la scuola nel suo insieme sia chi vi opera individualmente. Negli ultimi anni, di pari passo alla riflessione che avveniva in altri Paesi, si è posto con estremo rilievo il tema della continuità educativa e, dunque, la necessità di intervenire sugli scenari formativi contemporanei ancora segnati da un certo grado di disomogeneità e incompiutezza soprattutto per quanto concerne la discontinuità pedagogico-curricolare della scuola di base (infanzia, elementare, media). Per continuare a garantire il servizio della scuola alla collettività quale principale agenzia di alfabetizzazione e di democratizzazione dei cittadini si è ritenuto necessario dare l’avvio ad una revisione, tramite sperimentazione, dei programmi scolastici che ne affrontasse la dimensione sia epistemologica sia prassica. A partire dalla condivisione dell’idea di far crescere un “fare scuola” di qualità per tutti si è intrapresa la riflessione sull’importanza di una scuola del curricolo. Le teorie del curricolo affondano le loro radici nel pensiero psicopedagogico del Novecento (da Dewey a Bruner) e portano all’attenzione dell’oggi la consapevolezza che complessità e, quindi, interdisciplinarietà devono necessariamente ispirare ogni nuova formulazione di contenuti e metodologie delle varie discipline. Obiettivo primario di una scuola del curricolo oggi è quello di realizzare un apprendimento significativo negli allievi e non più quello di formare delle piccole enciclopedie viventi. Curricolo significa dunque adottare un’ottica complessa attraverso la quale si analizzano e si selezionano saperi essenziali e generativi, metodologie e modalità relazionali innovative. L’idea di curricolo diventa dunque anche una fondamentale occasione per riflettere sullo statuto epistemologico delle discipline e dei saperi che le discipline stesse hanno sistematizzato nel tempo, e quindi una riflessione più ampia che riguarda il loro paradigma di senso. Insomma nella scuola del curricolo i saperi dell’istruzione non sono considerati come dati una volta per tutte ma “come un problema su cui riflettere costantemente in vista della loro trasformazione in, per così dire, «saperi-da-insegnare»”1 L’azione del Dipartimento della Formazione si è svolta, fino ad ora, promuovendo in particolare la riflessione sull’opportunità di realizzare 1 - M. Baldacci, La didattica per moduli, Editori Laterza, Bari 2003 pag. 15 “curricoli verticali” in grado di conferire sistematicità e flessibilità ai saperi scolastici. Si è dato vita ad un progetto di sperimentazione del curricolo verticale della lingua Inglese e dell’Informatica, garantito da un Decreto Reggenziale, attraverso la costituzione di gruppi misti di insegnanti di ogni ordine e grado, che, nel caso della lingua Inglese, hanno potuto beneficiare del supporto di alcuni esperti della disciplina: la professoressa Bertacchini e il professor Dodman. I gruppi di insegnanti hanno lavorato con particolare dedizione ed impegno riuscendo a realizzare con estrema competenza i due curricoli verticali adottati poi dal Legislatore. In questa fase il lavoro non può dirsi ancora definitivamente concluso in quanto necessita di un periodo ulteriore di implementazione e di monitoraggio dei due curricoli che ne favorisca l’ampio e condiviso utilizzo da parte dei docenti interessati. Parallelamente alla stesura dei curricoli di Inglese ed Informatica il Dipartimento ha partecipato, in qualità di coordinamento, alla costruzione di un “Addendum Sammarinese”, relativo alla codificazione e formalizzazione di uno specifico di saperi del territorio sammarinese, in parte analogo a quello che generalmente viene anche definito la quota “locale” del curricolo. In questo specifico caso si è trattato non tanto di dare verticalità a curricoli di discipline specifiche quanto piuttosto di procedere alla riorganizzazione di alcuni percorsi interdisciplinari e complessi che investono macroaree di saperi. Il senso di questa operazione è da rintracciare nell’esigenza di riferire alla cultura del territorio, a quei saperi, a ragione, definiti “caldi”, una parte del curricolo scolastico di ogni ordine e grado che, evidentemente, data la natura contestuata che va ad assumere, appare percorso da più paradigmi conoscitivi e da logiche necessariamente interdisciplinari. Va sottolineato che con l’Addendum Sammarinese si è voluto rifuggire da qualsiasi connotazione localistica di breve respiro culturale. Al contrario attraverso di esso si è potuto meglio esplicitare quanto sia oggi vitale per qualsiasi sistema formativo, e a maggior ragione per il sistema formativo di uno Stato, formare ad una cittadinanza critica e consapevole che sappia interpretare la sua specificità locale e coniugarla con forme di cittadinanza addirittura planetarie in un contesto in cui la globalizzazione non è soltanto economica, ma anche politica, culturale e religiosa. Anche per la realizzazione dell’Addendum Sammarinese la metodologia di lavoro ha seguito la logica che ha guidato le altre sperimentazioni, per cui sono stati formati dei gruppi di insegnanti di ogni ordine scolastico che hanno alacremente operato per dare vita al documento finale, adottato, anche in questo caso, attraverso un Decreto Reggenziale. L’anno scolastico che va ad aprirsi si annuncia perciò carico di impegni per chi, operando in prima persona nella scuola, avrà il compito di dare continuità a tali progetti didattici innovativi. 79 Il Dipartimento della Formazione, da parte sua, garantisce di proseguire nel suo compito di stimolo e di supporto alla scuola anche in questa delicata fase operativa e auspica che scuole e università possano continuare a collaborare, come è avvenuto in queste proficue occasioni, per qualificare sempre di più l’intervento formativo dei docenti e della scuola nel suo complesso. In particolare, visto gli ottimi risultati ottenuti con i due curricoli dell’Inglese e dell’Informatica e con l’Addendum Sammarinese e vista la necessità culturale di proseguire nella direzione di una progettualità formativa che consenta a tutte le discipline di “fare significato” il Dipartimento della Formazione rilancia la sfida di condurre simili sperimentazioni anche con le altre discipline scolastiche, a partire da quelle che storicamente già si snodano attraverso i differenti ordini scolastici (educazione motoria, storia, matematica ecc.). 80 UNIVERSITA’ SAMMARINESE DELL’ETA’ LIBERA “IL SORRISO” di Itala Cenci Malpeli “Dove sono gli uomini, là sono le ricchezze” - Plauto L’Università dell’Età libera “Il Sorriso” ha compiuto dieci anni (19962006). Dieci anni di intensa attività: incontri, relazioni, uscite culturali, pubblicazioni, tante giornate passate insieme nel rispetto della promozione della cultura, nella ricerca del gusto del sapere, del favorire la socializzazione, stimolando i contatti sociali sia con persone della terza età che con altri di età più giovane, del recupero delle proprie radici storiche e comunitarie. Il tutto indipendentemente dagli studi fatti (Dall’introduzione al Programma del X Anno Accademico). L’attività svolta in questa palestra del pensiero è stata veramente importante e ha coinvolto istituzioni e professionisti, sammarinesi e forensi, dalle più variegate qualifiche. Poesia, musica, arte, medicina, letteratura, storia, religione, filosofia, fisica, geografia, psicologia, cucina, astronomia, mitologia, scienze…e molto altro ancora : l’avvicendamento dei soggetti trattati ha coinvolto un considerevole numero di iscritti ogni anno, generando tra i frequentatori più assidui una vera e propria amicizia. In quest’impianto architettonico sia pure artigianale, ci sono alcune colonne portanti fisse e precise: bravi insegnanti costantemente presenti, coordinatori attenti alla continuità dell’impresa, volontari che offrono il loro tempo ed il loro sapere per corrispondere al meglio alle innumerevoli iniziative, nel nobile intento di promuovere una crescita sociale collettiva. L’organizzazione di uscite di studio è stata attivata con grandissima attenzione, sia per creare spazi di svago, scambio e comunicazione, sia per fini altamente culturali come visite guidate dagli stessi docenti a mostre, musei, luoghi legati a personaggi o ad eventi cui si sono riferite le lezioni dell’anno in corso. Laboratori, cene, passeggiate all’aperto per la raccolta di erbe sono altri anelli ben saldi della solidale catena, che hanno rivelato le abilità personali di ciascuno soprattutto nelle cose più semplici. Ne è risultato uno spaccato di grande umanità, indenne da arrivismi di qualsiasi tipo, per il solo gusto di esserci e partecipare. Come in tutte le imprese umane ovviamente non sono mancati momenti di difficoltà, ultimo in ordine di tempo l’impatto con la realtà della malattia di Piera Fianò Cardelli: colei che ha ideato, avviato, curato e condotto il tutto, pur rimanendo il referente fondamentale, dallo scorso anno ha dovuto, prima diradare e poi sospendere, la sua instancabile attività. Cosa che ha imposto una svolta, cui hanno cercato di fare fronte con molta determinazione il Presidente dr. Claudio Muccioli e la Tesoriera Sig.a rag. Gemma Aloia Bacciocchi insieme a tutto il Consiglio Direttivo, al cui interno diverse persone hanno dato piena disponibilità a collaborare. Grazie a loro non ci sono state interruzioni ed ai programmi concordati hanno fatto seguito regolari lezioni, che proseguiranno nel prossimo anno 2006-2007. Dopo una flessione fisiologica delle presenze alle lezioni, con rinnovato vigore 81 si sono riattivati lo spirito di partecipazione, la capacità critica e la ricerca di innovazione che i soci continuano a dimostrare. Riallacciandomi ai precedenti interventi sugli Annuari XXVI e XXVIII, propongo qui di seguito un ulteriore aggiornamento, nella convinzione di rendere utile testimonianza al Paese ma soprattutto ai giovani che la cultura è un valore, un dono prezioso che non conosce limiti di età né di classe o di appartenenza politica. Se…il limite del mio linguaggio è il limite del mio mondo… secondo il filosofo L. Wittgenstein, potenziarlo con sempre nuove conoscenze, in un’ottica di educazione permanente, significa anche continuare a sentirsi partecipi e vivi, all’interno di una realtà che altrimenti finirebbe con l’essere totalmente estranea e perduta. A seguito di regolari votazioni dei Soci, alla presenza del Pubblico Notaio Avv. Gianmarco Marcucci nel maggio 2002, è stato eletto il NUOVO CONSIGLIO DIRETTIVO composto da: 82 MUCCIOLI Dr. Claudio Presidente ROSSINI Ing. Gilberto Vice Presidente BALDUCCI SAVORETTI Luisa Miriam Segretario ALOIA BACCIOCCHI Rag. Gemma Tesoriere FIANO’ CARDELLI Piera Coordinatore GOSTI don Eligio, LUCCHI Orio, CECCHETTI Domenico Membri BOSCHI Annamaria, poi sostituita da SANTONI Livia CARDELLI Virgilio e CARDELLI Luciano Revisori dei Conti Come da Statuto, il presente Direttivo resterà in carica fino a Maggio 2007. _____________________ 6° Anno accademico 2001/2002 DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE Storia delle Religioni don Eligio Gosti Storia Sammarinese Prof. Giuseppe Rossi Filosofia Prof. Itala Cenci Malpeli Microbiologia-Prevenzione Dr. Maria Rosaria Bigotto Musica M° Orio Lucchi Medicina Dr. Giancarlo Ghironzi e Collaboratori Medicina Alternativa Dr. Claudio Muccioli Cinema Dr. Pier Paolo Loffreda Cucina a cura di Cuochi dell’EURO TOQUES Scienze Prof. Paolo Forcellini Erbe e Cosmetologia Prof. Ennio Lazzarini Collaboratori alle lezioni con loro Relatori, il Museo di Stato, il Museo dell’Emigrante e l’ Ufficio Attività Sociali e Culturali Programmi 1. La regale San Leo : Memoria di San Leone – San Francesco – Il conventino di S.Igne. Talamello: il crocifisso Giottesco, la Cella di A. da Ferrara, San Pietro in Culto. Pennabilli : la Madonna delle Grazie – La Pantiera – Miratoio. Montecerignone: Uguccione della Faggiola – Il conventino – Il Beato Domenico. Carpegna : Eremo del Faggio - Montefiorentino. Maiolo – Antico – Santa Maria di Antico. 2. I documenti che rendono autentica l’asserzione del 1700° anno di vita della nostra Repubblica (Sette lezioni).1 3. L’Avventura del Pensiero nell’Età Moderna: Umanesimo e Rinascimento “filosofia del nuovo ceto borghese” – naturalisti, utopisti e riformatori (Bruno, Campanella, Erasmo, Moro, Macchiavelli, Lutero). Due lezioni sul Seicento e la nascita della filosofia moderna: organizzazione del metodo e del pensiero scientifico (Bacone, Cartesio e Galileo) - La nuova astronomia (Copernico e Keplero). Fondazione di una rigorosa “scienza politica”: la concezione di Stato e la costruzione scientifica dell’Etica (Hobbes e Spinoza). Scienza e fede nel pensiero di Pascal – Logica e metafisica nel pensiero di Leibniz. Razionalismo etico-politico e limiti dello Stato. Fondamento empirico della conoscenza e introduzione del metodo sperimentale (Locke e Hume). Il Settecento, età dell’Illuminismo: principi della religione naturale, nuova concezione dell’uomo e scienza della società (Voltaire, Rousseau e Montesquieu). 4. La prevenzione per quanto riguarda “I Bacteri” (parte generale) La prevenzione per quanto riguarda “I Virus” (parte generale) 5. La Sinfonia – Etimologia del termine, la sua prima apparizione in Italia. La sua evoluzione in Europa fino ai tempi nostri. La sua struttura. Il Poema Sinfonico – Le sue origini, la sua evoluzione fino ai compositori 1 - Nelle lezioni riguardanti la Storia Sammarinese, lo scopo che ha guidato la celebrazione del 1700° anno di vita della Repubblica è consistito nella rassegna puntuale dei passaggi più significativi del divenire della Vicenda Storica Sammarinese. Da tale rassegna dovevano scaturire quelle considerazioni attraverso le quali, noi i posteri, avremmo potuto mettere a fuoco il significato dei momenti più validi, dei personaggi più rappresentativi, delle argomentazioni più affidabili. Superati i momenti in cui la cronaca poteva avere buon gioco sulla storia, il fine ultimo dell’insegnamento doveva convergere su un giudizio che di volta in volta veniva ricercato, in omaggio al principio per cui la storia è maestra di vita. Da tale esercizio, da tale indagine, da tale rilievo emergono le conclusioni che possono dare alla nostra ricerca quei principi che si riveleranno utili alla definizione delle soluzioni migliori da adottare in avvenire di fronte alla proteiforme evoluzione delle nostre vicende. Se questo può essere considerato troppo ambizioso, sarà almeno un tentativo di dare un metodo che, superata la fase della ricerca, potrà avviarsi sul terreno della critica. Questo lo scopo che l’insegnamento della Storia Sammarinese si è proposto nel periodo che va dal novembre 2001 al maggio 2002. (Prof. Giuseppe Rossi) 83 84 Tardoromantici (1900), cioè dai tentativi spontanei di A. Vivaldi (Le 4 Stagioni) a R. Strauss, O. Respighi e G. Mahler. Ascolto: Le 4 Stagioni A.Vivaldi – Video : I pini di Roma O. Respighi e Also Sprach Zaratustra R. Strauss. I Russi: P.I.Ciaicovski e A.P.Borodin fanno parte dei 5 musicisti della Scuola Russa. La loro personalità e la loro produzione (breve illustrazione).Ascolto: Sinfonia n.6 “Patetica” P.I.Ciaicovski Nelle steppe dell’Asia Centrale A.P.Borodin. I Tardoromantici: G.Mahler. Ascolto con video : Sinfonia n.3 e n.8. Chiusura ufficiale del 6° Anno Accademico con orchestrali del M°Orio Lucchi. 6. Il terrorismo biologico. Gli ultimi sviluppi della cardiologia. (Due lezioni) 7. Introduzione alla medicina alternativa – Le medicine bioenergetiche La medicina cinese (agopuntura). La Omeopatia. La Biotipologia. La medicina manuale (Osteopatia – Chiropratica – SHATZU ). La Iridologia. La Fitoterapia e la Floriterapia. 8. Il fascino delle immagini in movimento (con videoproiezione su grande schermo, in collaborazione con U.A.S.C.). Il cinema esprime emozioni (con videoproiezione su grande schermo, in collaborazione con U.A.S.C.). 9. Zuppe, vellutate, brodi, consommé, ecc. (Chef Stefano Tocci) Incontro con Sumiko Okajima sul tema “La cucina giapponese” 10. Cultura dei nativi americani – Presente il nativo Queltin Pipestem della nazione dei P.S.V.V. TINA dei piedi neri. Introduzione alla geologia e paleontologia. La Repubblica attraverso i suoi fossili. 11. Erbe e cosmesi. ( quattro lezioni) Lezioni pratiche con raccolta di erbe (due uscite) Museo di Stato: La lettura dell’opera d’arte - Dr.ssa Francesca Michelotti L’opera d’arte in diretta - Daniela Tonelli “Untitled” boy with the bullets (1996) di Shirin Neshat. Una donna di Allah, artista per la pace. L’Informale: la tendenza artistica internazionale dopo la seconda guerra mondiale. “Foresta Vergine” (1954) di Emilio Vedova - Dr. Carlos Ceci. Museo dell’Emigrante - L’emigrazione sammarinese in Africa negli anni 1935/1945 – Dr.ssa Paola Bigi L’esposizione realizzata dal Museo ad Ellis Island a New York, illustrata con proiezioni dalla Dr.ssa Noemi Ugolini Argomenti monotematici (Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni) Prof. Angelo Chiaretti Dante Alighieri e la Romagna. Lo scampo di Giuseppe Garibaldi a San Marino e lo strano caso del Barone Gustav von Hofstetter. Dr. Riccardo Venturini Quali strategie per valorizzare la memoria. De Lucca Oreste (storico) L’alimentazione nel Medio Evo. Popolamento della pianura riminese: diario di scoperte archeologiche. Dr. Giuliano Franguelli (storico) Federico II Imperatore. La Decima MAS. Dr. Davide Lazzarini (Specialista Scienza Alimentazione) Alimentazione: luoghi comuni e miti da sfatare. Olio, pane e caffè per la Dieta Mediterranea. Dr. Claudio Cardelli Dall’Afganistan all’India – dalla via dei figli dei fiori alla culla delle carovane. Dr. Fabio Della Balda Marte, nuova meta della conquista spaziale, progetti e speranze. Dr. Gianfranco Lollino Esobiologia: vita su altri pianeti ? Le possibili risposte. Mars Society e Osservatorio Astronomico di Saludecio Lo Spazio: riusciremo a vivere nello spazio dopo la costruzione della ISS, Stazione Spaziale Internazionale? Quali prospettive e quali rischi? Ing. Gilberto Rossini L’eredità della Grecia (prima e seconda parte) Prof. Anna Maria Tinarelli (Preside Scuola Media – RN) I Farnese Dr. Vitalba Vitale - Dr. Nicolino Monachese (Reparto di Terapia Intensiva I.S.S.) La terapia del dolore (due incontri) Prof. Marino Cecchetti Il rapporto tra il Santo Marino e la sua Comunità 85 Prof. Elio Baldoni (Geriatra e Gerontologo) L’adattamento: necessità biologiche e psicologiche Funzionari Cassa di Risparmio RSM Incontro con l’ EURO. Prof. Marisa Ferri Incontro con la Poesia Dr. Marco Bonetti (Otorinolaringoiatra) Disturbi respiratori del sonno – Dal russamento alle apnee ostruttive Francesco (Checco) Guidi (Poeta dialettale Sammarinese) Chiude l’Anno Accademico con la recita di alcune sue poesie. Uscite culturali 86 - Visita al Museo dell’Emigrante - Visita serale all’Osservatorio Astronomico di Saludecio - Uscita culturale a Mondaino per ascolto conferenza del Prof. Angelo Chiaretti - Visite al Museo di Stato Sammarinese per ascolto lezioni - Uscita per visita alla mostra archeologica; “Domagnano, un sito di età romana e gota a San Marino”. - Uscite per visite ai luoghi religiosi del Montefeltro (trattati durante l’anno) con la guida di Don Eligio Gosti. 7° Anno accademico 2002/2003 DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE Storia delle Religioni Don Eligio Gosti Storia Sammarinese Prof. Giuseppe Rossi Filosofia Prof. Itala Cenci Malpeli Biotipologia Dr. Claudio Muccioli Studio caratteriale dell’essere umano Dr. Maria Rosaria Bigotto Musica M° Orio Lucchi Cucina a cura di Cuochi dell’EURO TOQUES Psicologia Dr. Nubbia Reggini Scienze Prof. Paolo Forcellini Erbe Medicinali Prof. Ennio Lazzarini Architettura Ing. Gilberto Rossini Collaborano alle lezioni, con loro Relatori: il Museo di Stato, il Museo dell’Emigrante e l’Ufficio Attività Sociali e Culturali Programmi 1. Bibbia e Corano. Lettura parallela dei due Libri Sacri nei brani che trattano lo stesso argomento. La nascita di Giovanni Battista e di Gesù nei due testi, Bibbia e Corano. I Miracoli e la Dottrina di Gesù. Chi è Gesù nel Corano, gli Apostoli, gli Ebrei. Crocifissione e morte di Gesù. Ascensione – Parusia – Annunzio della venuta di Maometto. Il Vecchio Testamento nel Corano. (Continua il raffronto fra questo testo e la Bibbia) I Detti di Maometto. 2. Marino Calcigni Fra’ Giovanni Bertoldi da Serravalle Antonio Onofri Bartolomeo Borghesi Vincenza Lunardini Ignazio Belzoppi Pietro Rossi Antonietta Malpeli Gozi 3. * “L’Uomo di Kant” e la svolta del Criticismo verso il pensiero Contemporaneo. * Caratteri generali del Romanticismo tedesco ed europeo (con accenno ai contributi teoretici di Fichte, Schelling ed Hegel). Tradizione e spiritualismo della prima metà dell’Ottocento. * Destra e Sinistra hegeliana. Il materialismo storico-dialettico e teoria del plus-valore in Marx. Sviluppo tecnico-scientifico e teoria dell’evoluzione. Caratteri generali del Positivismo europeo. * Reazione all’idealismo hegeliano : - il mondo come rappresentazione e pessimismo del “nulla” in Schopenhauer - la verità del “singolo” e il concetto di angoscia, come sentimento del possibile in Kierkegaard - anti-positivismo, nichilismo e trasvalutazione dei valori in Nietzsche; la teoria del super-uomo. * Freud e la rivoluzione psicoanalitica. L’interpretazione dei sogni e la teoria della sessualità. Nevrosi, rimozione e sintomo. La psicoanalisi postfreudiana. Scienze umane e filosofia. * Il pragmatismo, cultura e società negli Stati Uniti d’America. Il neoidealismo italiano : Croce e Gentile. * Husserl e Heidegger : fenomenologia ed esistenzialismo. Caratteri generali della “filosofia dell’esistenza”. “L’essere e il nulla” in Sartre. * La scuola di Francoforte. Marcuse e l’uomo ad una dimensione. Il concetto di utopia. Le società aperte e il pensiero democratico del ‘900, da Russell a Popper. 87 88 4. Introduzione alla Biotipologia Le costituzioni e le tipologie omeopatiche Tipologia Junghiana (1^ parte) Tipologia Junghiana (2^ parte) Costituzione entoblastica Costituzione mesoblastica Costituzione cordoblastica e Morfopsicologia 5. Struttura della Psiche Umana: radice biologica = temperamento – Impronta differenziale = carattere 6. IL VIOLINO: La storia – La costruzione dello strumento ad arco – Suo impiego nei vari generi musicali nei diversi Paesi e culture – La sua funzione in orchestra – Nel campo concertistico – Nel campo folcloristico e country. IL CLARINETTO ( i legni ) : La storia – la costruzione dello strumento, il suo impiego nei vari generi musicali, nei diversi Paesi e culture, la sua funzione in orchestra, la sua evoluzione. Il concertismo ed il Jazz. Utile nella formazione di bande e nel folclore. (Ascolto) LA FISARMONICA , strumento popolare per eccellenza : La storia – La sua costruzione a seconda dei Paesi e delle culture – La sua evoluzione fino ad ‘Astor Piazzolla’. (Ascolto) IL SAXOFONO (Gli ottoni) : La storia – la costruzione dello strumento – il suo impiego nei vari generi musicali, nei diversi Paesi e culture – la sua funzione in orchestra – la sua evoluzione – il concertismo e il suo impiego nel Jazz – Utile nelle bande e nel folklore. (Ascolto) IL PIANOFORTE : La storia – la costruzione dello strumento – Il suo impiego nei vari generi musicali – La sua funzione in orchestra – il concertismo e il suo impiego nel Jazz. Ascolto dal vivo: Pianista Simonetta Agarici. LA TROMBA (Gli ottoni) : La storia – La costruzione dello strumento – Il suo impiego nei vari generi musicali, nei diversi Paesi e culture – La sua funzione in orchestra – La sua continua evoluzione – Il concertismo e l’avvento del Jazz di cui può ritenersi lo strumento ‘principe’ – Indispensabile nella formazione di bande e di fanfare. (Ascolto) – Chiusura del VII° Anno Accademico con orchestrali. 7. Chef Monti Antonio : Il pesce dell’Adriatico. Chef Valeria Doich : Il cioccolato. 8. La psicologia del 2000. L’importanza del “Perché?”. 9. Cultura nativi americani - Incontriamo nuovamente il nativo “Queltin Pipestem” della nazione dei P.S.V.V. TINA dei piedi neri. Geologia del Territorio Sammarinese. 10. Le erbe medicinali (Cinque lezioni teoriche). Quattro uscite per lezioni pratiche di raccolta di erbe. 11. Da San Pietro alla Chiesa del Gesù (Roma). Sant’Ivo alla Sapienza (Roma) Museo di Stato: Le tecniche artistiche Anna Malpeli: “La tecnica del mosaico” Lucia D’Elia: “La tecnica dell’affresco” Graziella Venturini: “La tecnica della pittura su tavola e sul fondo oro” Guida alla lettura dell’opera d’arte contemporanea: Dr.ssa Francesca Michelotti e Daniela Tonelli Riflessioni sull’Espressionismo“Marin à Cholle” Clemens Groszer 1988, tecnica mista su tavola. (1° incontro) Riflessioni sull’Astrattismo “Trl Sczy” Jirl Davud 1990, tempera, metallo, plastica su tela. (2° incontro) Riflessioni sulla pop art “Opera senza titolo” Artista Plumcake 1992, smalti serigrafici su PVC. (3° incontro) Museo dell’Emigrante - Dr.ssa Noemi Ugolini: Le fonti iconografiche nella storia dell’Emigrazione. Angela Pickel: Proiezione Filmato su Ellis Island – New York. L’emigrazione sammarinese negli Stati Uniti, in particolare la seconda generazione. Argomenti Monotematici (Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni) Dr. Davide Lazzarini - L’Alimentazione nella genesi delle malattie cronicodegenerative. Additivi – Conservanti – Integratori: ma in pratica, che mangiamo?. Dr. Giancarlo Ghironzi - Quale futuro per il nostro Ospedale? Prof. Verter Casali - Le origini medioevali e il periodo comunale a San Marino. De Lucca Oreste - La Sanità nel Medioevo. Il Sistema Fiscale nel Medioevo. Dr. Claudio Cardelli - Due ruote sul tetto del Mondo: in motocicletta attraverso il Cashmir e il Laddakh sulla carrozzabile più alta del Mondo Prof. Marino Cecchetti - Il sale della Libertà - La nascita della Repubblica. Perché la data del 301 d.C Prof. Angelo Chiaretti - Il caso di Paolo e Francesca alla luce di nuove e sorprendenti carte da me ritrovate. Il Crocifisso miracoloso di Mondaino. Dr. Nicolino Monachese - La terapia del dolore. Dr. Maurizio Ricci - Dimostrazioni pratiche effettuate dalla Fisioterapista Biagiotti Beatrice. Prof. Annamaria Tinarelli - I Gonzaga - Gli Estensi. Prof. Elio Baldoni - Difendo la golosità. Dr. Riccardo Venturini - Ascoltare ed essere ascoltato: come migliorare la propria capacità di comunicazione 89 Uscite culturali - Perticara per visita guidata alla miniera di zolfo e al Museo, inaugurato di recente. - Rimini – Castel Sismondo Visita della Mostra: “Il Trecento Adriatico”. - Rimini – Tempio Malatestiano. - Bologna per visita archeologica presso l’ex Sala Borsa “Il sottosuolo di Bologna”. - Marzabotto: Visita al Museo Etrusco e al Sacrario dei Caduti (vittime dei nazisti nella guerra 1940-45). - Ascoli Piceno con visita del centro storico e incontro con l’Università della Terza Età locale. - Corinaldo, Pergola e Abbazia di Fonte Avellana. - Abbazia di Pomposa e Chioggia. - Roma – Visita alle “Tre Cupole”: Moschea, Sinagoga, San Pietro. Laboratori Canto Corale diretto dal M°. Orio Lucchi Pizzi e Merletti tenuto dalla Sig.ra Marcellina Maiani Schiavo Altre attività: 90 Gemellaggio fra la nostra Università Sammarinese dell’Età Libera “IL SORRISO” e l’Università Adulti e Anziani di Conegliano Veneto Presentazione della pubblicazione edita dall’Università a cura del Prof. Ennio Lazzarini: Piante spontanee sul territorio della Repubblica di San Marino. ----------------------------------Da questo VII° Anno Accademico L’Università Sammarinese dell’Età Libera “IL SORRISO” si fregia del seguente ‘motto’ : PERSEVERA RISU IN STUDIO DISCENDI (Persevera con gioia nell’impegno dell’apprendere) 8° Anno accademico 2003/2004 DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE Storia delle Religioni Storia Sammarinese Musica Erbe ed Erbari Architettura Scienze Psicologia Don Eligio Gosti Prof. Giuseppe Rossi M° Orio Lucchi Prof. Ennio Lazzarini Ing. Gilberto Rossini Prof. Paolo Forcellini Dr.ssa Nubbia Reggini Collaborano alle lezioni con loro Relatori: Centro Naturalistico Sammarinese - Museo di Stato - Centrale del Latte Programmi 1. ABRAMO e il sacrificio del figlio – Legittima il culto a Gerusalemme – Il nuovo culto alla Mecca. Storia di GIUSEPPE – I sogni di Giuseppe - I sogni del Faraone Viceré d’Egitto – Gli Ebrei in Egitto. MOSE’: Schiavitù degli Ebrei – Nascita e salvezza di Mosè – Le piaghe d’Egitto – Esodo. SAUL: Primo Re di Israele – Mette alla prova i suoi guerrieri – Sconfitta e morte di Saul. DAVIDE: Davide e Golia – Il peccato di Davide – Suo pentimento. La Regina di SABA: Le colpe di Salomone – La Sapienza dei Re. I PROFETI maggiori: Elia – Eliseo – Geremia. I PROFETI minori: Giobbe. 2. La Libertà: Traiano Broccolini – Ludovico Zoccolo – Matteo Valli. San Marino in Arcadia. Il grande Tour – Joseph Addison – John Adams. La Libertà e l’Alberoni. La Libertà e il Bonaparte. Melchiorre Delfico. L’Orazione Carducciana. 3. Ascolto di colonne sonore di famosi film. Motivi, canzoni e balli che hanno accompagnato la nostra giovinezza. La Musica a San Marino: l’Istituto Musicale – la Banda Militare – le Scuole Popolari – la Banda di Serravalle – Gruppi Jazz e Rockettari. Come nasce un concerto – Possibilità assistere ad una prova di un complesso musicale. 4. Medicina – Arte – Storia (3 lezioni teoriche). Uscita Culturale a Rimini per Lezione sul tema: “Le rose del Tempio Malatestiano” Uscita per lezione pratica, raccolta di erbe medicinali. Lezione teorica sulle erbe. Uscita Culturale a Parma: Visita alla Chiesa di San Giovanni, alla Antica Spezieria. 5. Alcune riflessioni sulle Icone di San Marino. Le Corbusier: L’unità di abitazione e principi dell’architettura moderna. Le Corbusier: Gli edifici religiosi del II° dopoguerra. La seconda rivoluzione dell’Architettura Moderna. 6. Il Vulcanesimo Le Rocce Terremoti – Valanghe – Frane Gli Oceani e i Mari Prime forme di vita ed evoluzione Fine del mondo 91 7. Introduzione ai Processi Sensoriali : La Percezione e costanza percettiva – percezione dello spazio o della distanza – percezione nel movimento – percezione del tempo – influenza dei bisogni, motivazioni, stati emotivi, atteggiamenti della personalità nella percezione. L’Apprendimento: Il paradigma del condizionamento classico e operante – Concetti di Apprendimento – Concetti di Apprendimento Cognitivo. La Memoria: Modelli Generali della memoria – Tipi di prestazione mnestica: richiamo, riconoscimento e ricostruzione – Elaborazione di materiali verbali – Tono affettivo e rievocazione mnestica. Il Pensiero: La formazione dei concetti – Il pensiero produttivo – Il pensiero prevenuto. Il Linguaggio: La linguistica – La psicolinguistica – Socializzazione – Linguaggio e sviluppo cognitivo. Le Motivazioni: Analisi del comportamento – Il comportamento e le motivazioni cognitive – Il comportamento e le motivazioni sociali primarie. Le Emozioni: Varie teorie sulle emozioni - L’espressione e la comunicazione delle emozioni – La fisiologia delle emozioni. La Frustrazione: Cause di frustrazione – Le reazioni alla frustrazione – Frustrazione ed aggressività – La maturazione bio-sociale in rapporto alla frustrazione – Differenze individuali nella tolleranza alla frustrazione. Il conflitto: Varie reazioni al conflitto – Il conflitto fra ruoli. 92 Centro Naturalistico Sammarinese: Dr. Andrea Suzzi Valli: “L’origine del Monte Titano e i ritrovamenti fossili nei calcari di San Marino”. “L’Idrografia e gli Ecosistemi acquatici della Repubblica di San Marino”. “Piccoli animali nostri coinquilini e vicini di casa” Museo di Stato: Sig. Gianfredo Angeli (Conservatore Museo delle Armi Antiche) Le armi antiche: origini e loro evoluzione, nel rapporto che in queste intercorre fra funzione, tecnica e arte. (1° ciclo di incontri) “Le Armature: mezzi di difesa e prodotti di alta sartoria”. “Le armi bianche dal ‘500 all’800: l’età dell’oro e il declino”. “ Le armi tra tecnologia ed espressione artistica”. (con diapositive) Dr.ssa Francesca Michelotti: Le tecniche di stampa artistiche ( 2° ciclo di incontri) “ La Xilografia” “ La Calcografia” “La Litografia” Dr.ssa Anna Simoncini: “Le stampe del Museo di Stato” (con esposizione di stampe originali) Daniela Tonelli: Joseph Beuys, un artista contemporaneo alla difesa della natura (3° ciclo) “ Difesa della natura” “ Laboratorio beuysiano” Centrale del Latte di San Marino: Paolo Musci: Attività della Centrale e suoi prodotti. Argomenti monotematici (Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni) Francesco (Checco) Guidi “Buon 8° Anno Accademico” con recita di alcune sue poesie e presentazione della ricerca che ha in corso su ‘Modi di dire dialettali’ (cui potrebbero dare un aiuto anche gli iscritti). Dr. Claudio Muccioli Aspetti della Medicina omeopatica: La Diatesi. Le Diatesi – I segni, i sintomi e le modalità. Trattamento delle patologie acute (prima parte). Trattamento delle patologie acute (seconda parte) e delle principali patologie in campo pediatrico. Trattamento delle patologie croniche. Dr. Pietro Berti Geriatria oggi – Nuove prospettive Oreste De Lucca Fortificazioni e sistemi difensivi nel Riminese in Età Medievale Prof. Angelo Chiaretti “La Leggenda di Dante” con presentazione del suo recente libro contenente in anastatica un lavoro di G. Papini sugli aneddoti danteschi e un suo lavoro su Dante e la Valconca. “Dante e la gastronomia”. Analisi di un menù tratto dalla Divina Commedia. “La Rosa fra misticismo e sensualità”. Percorso poetico-ideologico fra ieri e oggi, con lettura di testi poetici e diapositive di rose fotografate dalla celebre Rosita Nicoletti. Beatrice Biagioni Vincere la paura di cadere conoscendo il nostro corpo. Dr. Claudio Cardelli L’Oriente dell’India. 93 Prof. Sergio Pretelli L’antica via della Seta. I nomi di persona in riferimento con la Storia. Dr. Davide Lazzarini Come leggere e interpretare assieme le etichette dei prodotti alimentari? Dr. Riccardo Venturini Imparare – Conoscere – Scoprire : strategie da utilizzare oltre ogni limite di età. Dr. Giuliano Giardi Nozioni di Primo Soccorso. Nozioni di Pronto Soccorso Dr. Mirco Volpini Ictus Cerebrale Prof.ssa Itala Cenci Malpeli Memorie storiche sulla Chiesetta di San Giovanni sotto le Penne. 94 Prof. Elio Baldoni Conferenza: “Il Benessere”: Una conquista in qualsiasi età. Uscite culturali - Urbania Rimini Parma Arezzo Uscita/Vacanza nella zona della Marmolada – Bosco Verde di Rocca Pietore 9° Anno accademico 2004-2005 DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE Storia delle Religioni Don Eligio Gosti Storia Sammarinese Prof. Giuseppe Rossi Filosofia Prof. Rosanna Sciutti Musica M° Orio Lucchi Medicina Omeopatica Dr. Claudio Muccioli Scienze Prof. Paolo Forcellini Psicologia Dr.ssa Nubbia Reggini Erbe e Magia Prof. Ennio Lazzarini Collaborano alle lezioni con loro Relatori: Centro Naturalistico di Borgo Maggiore - Museo di Stato - Museo dell’Emigrante Programmi 1. Fede e Teologia nella Divina Commedia di Dante Alighieri. Paradiso, Canti I, II, III, IV – Dante e Beatrice verso il cielo – Ascesa nella luna – Il non adempimento dei voti - Dubbi di Dante. Paradiso, Canti V, VI, VII, VIII – Giustiniano – Redenzione e Risurrezione – Carlo Martello. Paradiso, Canti IX, X, XI, XII – Gli Ecclesiastici avari – San Tommaso d’Aquino – San Francesco e San Domenico – San Bonaventura. Paradiso, Canti XIII, XIV, XV, XVI – I giudizi umani – I combattenti della Fede – I buoni costumi dell’antica Firenze – La nobiltà. Vescovo Giovanni Bertoldi da Serravalle celebre traduttore della Divina Commedia in latino – (n. 1339 Serravalle – m. 1445 Fano) Paradiso, Canti XVII, XVIII, XIX, XX – Coraggio per la verità e gli uomini giusti – La giustizia Divina – La predestinazione. Paradiso, Canti XXI, XXII, XXIII, XXIV – San Pier Damiani – San Benedetto – Cristo Trionfatore – Esame della Fede. Paradiso: Canti XXV, XXVI, XXVII, XXVIII – San Giacomo – San Giovanni Evangelista – Inno dei Beati – I nove Cori angelici. 2. I Grandi Collaboratori della nostra Repubblica: Niccolò Tommaseo Enrico Panzacchi Giovanni Pascoli (due lezioni) Calamandrei (due lezioni) 3. Che cosa si intende per Filosofia – Gli aspetti e il metodo della Filosofia Il contesto storico-politico-culturale nel quale ha origine la Filosofia, con particolare riferimento al rapporto Polis-Filosofia in Grecia. SOCRATE. Una vita dedicata alla Filosofia: la formazione, il rapporto con la città di Atene, la Filosofia come ricerca e dialogo, il processo e la condanna a morte. Lettura di qualche breve significativo passo da ‘Apologia di Socrate’ di Platone. PLATONE. Le origini politiche della filosofia di Platone, il suo rapporto con Socrate e la ricerca della giustizia. La dottrina dell’anima. Il Fedone: l’utopia politica della repubblica. Lettura di qualche passo dei suddetti dialoghi e della lettera VII. 4. Storia della Musica e di Musicisti: aneddoti, fatti e vicende che hanno caratterizzato ‘I Movimenti’ nel campo della musica e quindi nelle masse e nella storia. Il fenomeno dei Beatles Le lezioni continuano ancora per due volte su altri “Movimenti” contemporanei 5. Patologie da raffreddamento e l’influenza. Trattamento e prevenzione. Apprendimento dei rimedi utilizzati nelle Patologie da raffreddamento. 95 Patologie osteo-articolari : trattamento e prevenzione. Approfondimento dei mezzi utilizzati nelle patologie osteo-articolari. Patologie delle vie respiratorie : trattamenti e prevenzione. L’insonnia. (lezione condotta insieme alla dott.ssa Santini) Allergie: trattamento e prevenzione. Le patologie della pelle: trattamento e prevenzione. 6. I Dinosauri. Dalla loro massima espansione alla loro scomparsa. La fine del Mondo. 7. Il disagio giovanile – Tavola rotonda con ospite il Dr. Renzo Picutti (Coordinatore di San Patrignano) e una testimonianza. La pre-adolescenza : aspetti fondamentali dello sviluppo psicologico. Lo sviluppo affettivo e sociale. Adolescenza, un’età difficile. La formazione dell’identità. La Comico Terapia. 8. Storia delle Erbe nella Magia - Alchimia - Astrologia (sette lezioni teoriche) 96 Museo di Stato: Le milizie sammarinesi, uniformi e armi. Gianfredo Angeli “Le Milizie Uniformate. Le Guardie del Consiglio”. Arte e storia nel museo di stato. Dr.ssa Anna Simoncini “Palazzo Pergami-Belluzzi e le traversie di una Regina d’Inghilterra” . Dr.ssa Francesca Michelotti “Storia e Istituzioni Repubblicane” Dr.ssa Sabrina Zangoli “La scultura nel Museo di Stato”. Dr.ssa Paola Bigi “De Gustibus”. A tavola con gli antichi Romani. Daniela Tonelli. Arte Contemporanea “Land Art come messaggio di pace” Centro Naturalistico: Dr. Andrea Suzzi Valli “I pipistrelli, nostri amici misteriosi” Museo dell’Emigrante: Dr.ssa Noemi Ugolini “Le fonti ufficiali e le fonti dell’emigrazione”. private nello studio Argomenti monotematici (Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni) Prof. Angelo Chiaretti La cassetta dotale di Isotta degli Atti, amante e moglie di Sigismondo Pandolfo de’ Malatesti.(Con presentazione dell’omonimo libro del Relatore) Dante Alighieri e il Beato Amato da Saludecio (Da una novella del Decamerone di Giovanni Boccaccio) con presentazione dell’omonimo libro del Relatore. Gradara terra di Paradiso: la Pala gradarese di Giovanni Santi, padre di Raffaello Sanzio. Altero alla scoperta della ‘Merica’: atto unico per teatro, in dialetto romagnolo e italiano. Frate Lorenzo da Montegridolfo: Papa Clemente XIV nel terzo centenario della nascita. Urbino e Mantova nel XVI Secolo. Le opere del poeta Giovanni Maruzzelli (Mutius Aurelius) alla corte dei Duchi Guidobaldo da Montegridolfo ed Elisabetta Gonzaga. I pesci Fossili di Mondaino. Introduzione e presentazione ufficiale all’Uscita Culturale. Dr. Antonio Putti Considerazioni sull’Alimentazione. Oreste De Lucca Animali domestici e selvatici nelle città medievali. Il Porto di Rimini ed i suoi commerci in Età Malatestiana. La figura del pittore nel medioevo. Aspetti di Vita Religiosa nella Rimini Medievale. Dr.ssa Monica Colosimo Presentazione di un laboratorio di scrittura autobiografica 97 Prof. Marino Cecchetti Terra Libertatis: il Vescovo Sormani a San Marino. Ing. Gilberto Rossini I copponi della Pieve. Illustra con diapositive lo studio (condotto con Itala Cenci Malpeli) sulla Chiesetta di San Giovanni sotto le Penne. Dr. Claudio Cardelli Il Lama Testa Bianca – I Missionari in Tibet nel 1700. Uscite culturali - Visita al Centro Naturalistico Sammarinese, con la guida del Dr. Andrea Suzzi Valli. - Visita guidata a San Patrignano. ONLUS (Coriano-Rimini), con pranzo. - Uscita culturale a Saludecio-Mondaino e Montegridolfo, con la guida del prof. Chiaretti. - Due uscite per raccolta di erbe e loro utilizzo. - Uscita culturale a Recanati-Loreto, guidata dal prof. Angelo Chiaretti (Palazzo Leopardi – Colle dell’Infinito – Museo Beniamino Gigli – Santa Casa di Loreto). - Isola di Arbe (25-29 maggio). 10° Anno accademico 2005-2006 DOCENTI E MATERIE DIDATTICHE Storia delle Religioni Don Eligio Gosti Storia Sammarinese Prof. Giuseppe Rossi Filosofia Prof.ssa Rosanna Sciutti Musica M.° Orio Lucchi Geologia Prof. Paolo Forcellini Medicina alternativa Dr. Claudio Muccioli /Dr.ssa Micaela Santini Psicologia Dr.ssa Nubbia Reggini Storia Medievale Oreste De Lucca Letteratura Italiana Prof. Angelo Chiaretti Collaborano alle lezioni con loro Relatori: Museo di Stato - Federazione Sammarinese Sport Speciali Programmi 98 1. I Padri Apostolici della Chiesa Occidentale: S.Agostino di Tagaste (354-430) S. Ambrogio di Milano (333-387) – Lezione tenuta da S.E. Luigi Negri Vescovo San Pier Crisologo (406-450) Sant’Eusebio di Vercelli (m. nel 370) San Gregorio Magno (540-604) San Girolamo (340-420) San Giovanni Damasceno (690-749) San Giovanni Crisostomo (344-407) Pacelli, Roncalli ed i Battesimi della Shoah – S.E. Luigi Negri Vesc. RSM/Montefeltro 2. 1253 “Gli Statuti”: visione panoramica, problemi particolari. Vita Comunale tra i Montefeltro e i Malatesta: caratteristiche delle due Famiglie. San Marino nello Stato Pontificio: difficoltà di farsi conoscere, benevolenza dei Pontefici. Cause dell’acutizzarsi dei dissidi. San Marino nella rappresentazione artistica (Proiezione di un filmato su schermo) Origini: Marino. I suoi primi seguaci. Placito Feretrano. Fortificazioni. La coscienza comunale. Ugolino da Montefeltro. Primi Statuti. 3. L’Età Moderna: secoli XVI, XVII e XVIII. Contesto storico-politico e tematiche principali, con particolare riferimento al problema del metodo della scienza e della filosofia. La Rivoluzione scientifica: Copernico, Galilei, Newton “I movimenti dei corpi celesti” di Copernico e sue conseguenze. Le osservazioni astronomiche di Galilei. L’adesione al Copernicanesimo nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi”. I principi matematici di filosofia naturale di Newton. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Pascal: un pensatore solitario alla ricerca del senso dell’esistenza. La risposta religiosa dei Pensieri. I principali sistemi filosofici dei secoli XVII e XVIII. La Metafisica di Cartesio, di Spinoza e Leibniz. Il pensiero politico dei secoli XVII e XVIII. Assolutismo e Liberalismo. “Il Cittadino ed il Leviatano” di Hobbes. Il secondo trattato sul governo di Locke. Il trattato teologico-politico di Spinoza. Kant. La Ragione a fondamento del Sistema. Possibilità e limiti della Ragione in ambito conoscitivo. La Critica della Ragion Pura. Il superamento del limite in ambito morale. La Critica della Ragion Pratica. La religione quale condizione del realizzarsi della moralità. Fare musica come ricreazione, evasione, divertimento e terapia. Il ballo folcloristico. Esibizione di due ballerini professionisti. Il valzer di Johann Strauss per le grandi sale dell’800. Il Capodanno a Vienna. “Vedova allegra”, Valzer, “one step” ed il “Can can” da “Orfeo all’inferno” di Offenbach. Presentazione di uno strumento musicale effettuato da un professionista. “Cavalleria Rusticana” opera lirica in un atto di Pietro Mascagni. L’apporto della musica nel cinema. La scrittura musicale: dai primi caratteri alla scrittura moderna. Esposizione corredata da un ascolto appropriato. “I Pagliacci” opera lirica in un atto di Ruggero Leoncavallo. Il clima condizionato dal ritiro dei ghiacciai. Il mare e tutti i suoi fenomeni: correnti, maree, maremoti, ecc. La Terra ed i suoi movimenti. Il territorio Sammarinese sotto l’aspetto fisico Materia medica con riferimento ai principali rimedi omeopatici. Esercitazione pratica sull’uso degli stessi rimedi (sei lezioni) Disturbi alimentari. (Prima e seconda parte) “Bambini divorziati” la coppia ed i suoi figli. La mediazione familiare. “Abuso sessuale” la ricerca psicogiuridica. La pedofilia: abuso sessuale, un fulmine a ciel sereno. “ 1905-2005: il centenario di Miramare ” La peste del 1485 a Rimini. “La famiglia Ceccarini” a Riccione. Il sistema bancario a Rimini nel Medioevo. “Cinque stelle per la Romagna” Dante, Sigismondo Malatesta, Giovanni Pascoli, Benito Mussolini, Federico Fellini. La Vandea in Italia dopo il 1796. Il fenomeno dell’insorgenza. Dante ed il Conte di Cagliostro. Le effemeridi Dantesche: “massime” commentate per un anno. I films di Federico Fellini, con visione di alcuni spezzoni. 99 Museo di Stato: Gianfredo Angeli La Guardia di Rocca “Il sistema difensivo della Prima Torre”. Daniela Tonelli “Parliamo di Arte Contemporanea”. Dr.ssa Sabrina Zangoli “La scultura nel Museo di Stato”. Dr.ssa Paola Bigi: illustrazione della mostra archeologica sui recenti scavi in siti dell’Età del Bronzo Finale e dell’Età del Ferro. Dr.ssa Francesca Michelotti “La pittura nel Museo di Stato”. Federazione Sammarinese Sport Speciali: Dr.ssa M. Rita Morganti “Oggi le comiche” Quattro incontri, con proiezione di un film. Introduzione teorico/pratica per la preparazione dei costumi di Carnevale. Laboratorio: preparazione di costumi vari. Argomenti monotematici (Conferenze e lezioni tenute da Docenti esterni) Antonio Pazzaglia “ San Marino – Everest ” con proiezione di foto sull’epica avventura della sua scalata. 100 Francesco (Checco) Guidi “Le nostre radici” attraverso i modi di dire in dialetto sammarinese. (Due incontri) Dr.ssa Debby Savoretti e Beatrice Biagioni La spalla dolorosa (o artrosica): conoscere per prevenire e curare. Strategie motorie consigliate per risolvere il dolore e l’impotenza funzionale. Ing. Gilberto Rossini Tradizione e sviluppo delle Istituzioni. Relazione e discussione. (Due incontri) Dr. Claudio Cardelli “Il Buddismo non è una religione”. E’ vero? Dr.ssa Annarita Nanni “La città del Sole” a Sasso Simone (Montefeltro) fatta dalla famiglia Medici nel ‘500. Prof. Marino Cecchetti Anton Maria Zucchi Travagli – Pennabilli (erudito del ‘700). Uscite culturali - Comacchio e Cervia - Uscita a Fiastra e Tolentino con il Prof. Chiaretti: durante il viaggio, lezione su “I Templari”. - Pellegrinaggio in Terra Santa con don Eligio Gosti. - Uscita a Perugia – Spello – Fonti del Clitumno - Uscita in Umbria e Toscana OLIMPIADI DELLA MATEMATICA di Claudio Mancini “Ignoro come il mondo mi consideri; in quanto a me, mi pare di essere soltanto come un bambino intento a giocare sulla riva del mare, che si diverte a trovare ogni tanto una pietra più liscia o una conchiglia più graziosa delle altre, mentre il grande oceano della verità si distende inesplorato davanti a lui.” - Isaac Newton Consapevole dello stretto legame che unisce il gioco alla scienza, la Scuola Secondaria Superiore continua a proporre l’esperienza delle Olimpiadi della Matematica. Organizzate dall’Unione Matematica Italiana e dalla Scuola Normale Superiore di Pisa, esse costituiscono un’occasione particolare per presentare ai ragazzi gli aspetti più creativi delle attività matematiche: dalla geometria all’algebra, alla probabilità fino a tutto ciò che in qualche modo richiama le abilità logico-razionali. La forma ludica ed accattivante con la quale vengono proposti i problemi risulta l’arma vincente per stimolare gli alunni alla riflessione su contenuti complessi che necessitano sia di buone competenze che di capacità intuitive. Suddivise in biennio e triennio, le prove sono uniche per tutte le scuole che aderiscono e si svolgono nella medesima giornata, consentendo ai partecipanti di confrontarsi con i coetanei di tutta Italia. Sono strutturate in: • Giochi di Archimede: gara interna a ciascun istituto, si svolge in novembre ed è volta a selezionare gli alunni per la successiva fase provinciale. • Gare provinciali: si tengono nel mese di febbraio; il nostro istituto partecipa alla gara tra le scuole della provincia di Rimini. • Gara nazionale: si svolge in maggio a Cesenatico tra i ragazzi che hanno conseguito il miglior punteggio in ciascuna provincia. • Preselezione per la fase internazionale. • Olimpiadi internazionali della matematica: si svolgono a luglio. Nel 2005 si sono svolte in Messico, nel 2006 in Slovenia, nel 2007 saranno in Vietnam. Nell’anno scolastico 2005/2006 i Giochi di Archimede si sono svolti il 23 novembre 2005 e nel nostro istituto hanno partecipato ben 91 alunni (71 del biennio e 20 del triennio). Otto di essi sono stati selezionati per la successiva gara provinciale che si è tenuta il 16 febbraio 2006 al Liceo Scientifico “Serpieri” di Rimini. 101 Alle Olimpiadi internazionali che si sono svolte in luglio a Lubiana (Slovenia) le prime quindici classificate sono risultate le seguenti nazioni: 1. Cina 214 2. Russia 174 3. Corea 170 4. Germania 157 5. USA 154 6. Romania 152 7. Giappone 146 8. Iran 145 9. Moldavia 140 10. Taiwan 136 11. Polonia 1 3 3 12. Italia 1 3 2 13. Vietnam 1 3 1 14. Hong Kong 1 2 9 15. Canada 1 2 3 102 Di particolare rilievo è il miglioramento dell’Italia che ha ottenuto il migliore risultato di sempre superando paesi quali Ungheria, Bulgaria, Vietnam, Hong Kong, Ucraina, Bielorussia. Per quanto riguarda le prove individuali va sottolineato che la ragazza più brava al mondo è l’italiana Maria Colombo. Informazioni, notizie e testi delle gare sono consultabili sul sito italiano delle Olimpiadi: http://olimpiadi.ing.unipi.it mentre per le Olimpiadi Internazionali si segnalano i siti http://imo.math.ca, http://www.mathlinks.ro e http://www. kalva.demon.co.uk. “BUSINESS PLAN DELLA DITTA CERAMICHE SAF S.A. ” Progetto didattico della Classe Quinta sez. A del Liceo Economico Aziendale di Egiziana Mancini Il business plan è un documento di pianificazione che descrive un’idea imprenditoriale, consente una valutazione della sua fattibilità ed è strumento di informazione per i potenziali investitori. I destinatari del business plan sono quindi l’imprenditore, i finanziatori, i clienti ed i fornitori che rispettivamente possono usufruire di uno strumento di presentazione dell’iniziativa e di uno strumento di analisi e di apprendimento dei punti di forza e di debolezza dell’azienda, degli obiettivi da perseguire e della valenza dei medesimi obiettivi. Il business plan è anche un momento di formalizzazione che coniuga creatività e razionalità e richiede la compartecipazione di tutte le professionalità presenti in azienda, in un lavoro di squadra dove il team si arricchisce delle competenze specifiche di ciascun responsabile. Il progetto business plan realizzato nella classe Quinta sezione A del Liceo Economico Aziendale ha avuto obiettivi didattici più generali di aggregazione delle competenze scolastiche in primo luogo, di costruzione di un quadro generale della vita dell’impresa e delle scelte gestionali che la riguardano e di comprensione delle motivazioni strategiche, tattiche ed operative che portano alla pianificazione di un’idea imprenditoriale. Il progetto è stato realizzato all’interno della programmazione didattica di Economia Aziendale ed ha interessato i ragazzi negli ultimi due anni del triennio: in particolare l’elaborato di seguito esposto è il risultato di gruppi di lavoro che hanno seguito rispettivamente la fase di costruzione dell’idea imprenditoriale, la realizzazione dei budget settoriali e generali d’esercizio, la presentazione grafica su supporto cartaceo e la presentazione multimediale del progetto. Il lavoro in team ha rappresentato un momento di socializzazione del gruppo classe ed ha garantito un risultato finale ottimale perché frutto del contributo delle abilità e delle competenze di ciascuno. E’ stato inoltre un momento di autovalutazione delle competenze conclusosi con la presentazione da parte dei relatori alle classi del triennio del Liceo Economico. Nell’allegare le slides di presentazione del progetto e il documento finale elaborato dagli studenti, si precisa che quanto segue è frutto di un’esercitazione didattica per la quale è stato utilizzato materiale esistente in circolazione. 103 Caratteristiche della Società “Ceramiche Saf” 104 La Società Ceramiche SAF è una S.R.L. ed opera nel settore delle ceramiche. Per quanto riguarda la forma giuridica, riteniamo sia opportuno che la società abbia la forma giuridica di una S.R.L..Questo ci permetterà di avere i vantaggi di una persona giuridica e di poter considerare, in futuro, un eventuale riassetto societario. Ha sede nella Repubblica di San Marino, in Via La Morra, 44 telefono 0549/905421 e fax 0549/905422 Borgo Maggiore. Capitale Sociale Euro 46.481,12 Cod. Operatore Economico SM 05567, Iscritta nel Registro delle Società al n° 202. La società grazie alla cortesia e professionalità riuscirà a proporre servizi graditi alla sua clientela che sicuramente si amplierà notevolmente nel corso degli anni. La proprietà è detenuta in parti uguali dai tre soci azionisti, Sig. Albani Simone, Sig.ra Zanotti Stefania e Sig.ra Francioni Francesca, assunti con contratto di lavoro subordinato. Ogni socio conferisce la cifra di 70.000 € per la costituzione del capitale sociale. Inoltre, verrà richiesto un prestito di ulteriori 160.000 € al tasso del 4,5% dalla Cassa di Risparmio di San Marino. Prevediamo comunque che, salvo problemi imprevisti, già al primo anno saremo in grado di restituirlo totalmente. Tuttavia, è necessario sottolineare che nessuno dei tre ha un compito esclusivo e precluso agli altri e nessuno dei tre può prendere decisioni fondamentali nel suo ambito se non con l’approvazione degli altri. Inoltre troviamo all’interno dell’azienda che svolgono attività di segretarie e di operai altre venti persone. L’azienda è suddivisa in tre reparti: • Reparto Amministrativo • Reparto Commerciale • Reparto Produzione Il reparto Amministrativo si occupa dell’amministrazione e della coordinazione degli altri due reparti, della gestione della contabilità, della bollettazione e fatturazione. Questo reparto è gestito in prima persona dal socio Zanotti, che coordina tutte le attività spettanti con la collaborazione di una segretaria. Il reparto Produzione si occupa della realizzazione dei prodotti per l’evasione degli ordini. Questo reparto è gestito in prima persona dal socio Albani, che ha la funzione di gestire tutti i singoli processi produttivi per la realizzazione dei Ns. prodotti, che vengono realizzati da una serie di dipendenti, i quali hanno ciascuno una prefissata funzione all’interno della catena di montaggio. Il reparto Commerciale si occupa dell’attività di promozione e vendita dei prodotti aziendali, della gestione dell’attività pubblicitaria, della gestione dei contatti, dei contratti con i clienti e dell’approvigionamento delle materie prime. Questo reparto è coordinato dal socio Francioni, che vista la complessità e la molteplicità delle operazioni da svolgere, è coadiuvata da una segretaria e da un direttore che tratta la promozione e l’attività pubblicitaria della società. LE STRATEGIE AZIENDALI Obiettivi Gli obiettivi dell’attività includono: • la creazione di un prodotto unico e innovativo; • far capire ai nostri clienti come una tecnologia del genere possa essere utile, funzionale e soprattutto facile da usare; • offrire un prodotto con grandi potenzialità ad un prezzo contenuto, accessibile quindi per qualunque cliente; • incrementare il proprio guadagno pubblicizzando il prodotto in maniera intelligente, attenti ai bisogni del cliente; • per un futuro prossimo l’obiettivo è quello di espandere il proprio mercato nelle maggiori città italiane, essendo quindi presenti nei diversi luoghi del paese. La mission consiste nell’essere riconosciuti sul mercato locale quali produttori di un prodotto tecnologicamente avanzato, innovativo, semplice da usare ed economico, destinato al settore ceramico con l’intento di rivoluzionare il concetto di “pulizia”: esso farà risparmiare sia tempo che fatica agli addetti alla pulizia. Ambiente esterno Il settore in cui l’azienda opera è quello della ceramica; tale settore è in continua crescita a causa dello sviluppo del settore edilizio che provoca una consistente domanda di beni e servizi connessi a tale attività. Sebbene non esistano al momento concorrenti sul medesimo tipo di prodotto, il settore delle ceramiche potrebbe presentare in futuro un livello di competizione elevato, se le grandi industrie ceramiche decidessero di entrare in questo 105 106 mercato. Finché non entreranno questi importanti competitori, il nostro prodotto sarà l’unico a soddisfare i bisogni del cliente sfruttando i vantaggi offerti dalla tecnologia. Un prodotto del genere, con queste funzioni, rivolto a questo tipo di mercato, al momento non è offerto da nessun altro. Dovremo chiaramente cercare di sfruttare il vantaggio di essere i primi a fornire questo servizio: immettere il prodotto sul mercato e fare breccia immediatamente per conquistarne una buona porzione. Tutto ciò ha come risvolto la necessità di un notevole investimento in pubblicità. La nostra società si avvale di un canale diretto (produttore-consumatore), ritenuto da noi il canale più adatto in relazione alle caratteristiche della nostra azienda. Inoltre disponiamo di un magazzino che ha la funzione di svincolare la fase di approvvigionamento da quella delle vendite. Questo permette la costituzione di scorte che ci consentono di acquistare merci quando le condizioni di mercato sono più favorevoli e di soddisfare senza interruzioni le richieste della clientela, anche nei periodi di ritardi e di difficoltà di approvvigionamento. Per quanto riguarda l’approvvigionamento e lo stoccaggio di materie prime e prodotti finiti, la nostra società opera con il sistema del just in time, ritenuto da noi il canale più adatto in relazione alle caratteristiche della nostra azienda. Questa tecnica moderna ci garantisceuna maggiore efficienza ed efficacia che ci permette un risparmio notevole dei costi di stoccaggio. NOVITA’ La Ceramiche SAF presenta un’innovazione sul mercato: la piastrella autopulente “Cleany”, che ha una struttura tecnica in grado di garantire l’immediata pulizia della pavimentazione. Modalità d’uso: Basta preimpostare l’apposito timer (incluso nel prezzo) che all’ora stabilita azionerà il meccanismo di autopulizia, che consiste semplicemente nella fuoriuscita di vapore acqueo che farà sciogliere i residui di sporco presenti sulla superficie e questo in seguito verrà aspirato dal medesimo. Inoltre viene offerta “assistenza tecnica” al cliente: vengono forniti dei brevi foglietti illustrativi con l’elenco delle funzioni del prodotto e circa il suo utilizzo. Il prodotto è stato brevettato a San Marino il 19/02/2006 per evitare contraffazioni. Analisi dell’ambiente interno I punti di forza della nostra società sono: 1. la creazione di un prodotto innovativo, tecnologico e semplice da usare che al momento non è offerto da nessun altro (inesistenza di imprese concorrenti); 2. la qualità insuperabile del prodotto; 3. il prezzo accessibile a tutti 4. il contatto con il pubblico in aree strategiche; la localizzazione del nostro punto di vendita infatti è necessariamente in città, per essere presenti in una zona in cui tutta la popolazione interessata transita. Questo ci garantisce una buona visibilità, che aumenta notevolmente la possibilità di avvicinamento del potenziale cliente. Inoltre, è necessario essere in un punto comodo al cliente. I punti di debolezza della nostra società sono: 1. gli elevati investimenti in tecnologia 2. la mancanza di visibilità del punto di vendita LE PREVISIONI DI VENDITA Per avere dei dati oggettivi su cui basare le nostre previsioni di mercato effettivo, abbiamo tentato di proporre l’utilizzo di una piastrella come quello che intendiamo realizzare ad un gruppo ristretto di persone che hanno diversa propensione all’uso della tecnologia. Tuttavia, i risultati del sondaggio, essendo un prodotto innovativo e ancora non presente sul mercato, sono stati giudicati inattendibili. Infatti, fornendo agli intervistati sostanzialmente solo una descrizione verbale del nostro prodotto e del suo utilizzo, alla domanda finale: “Sarebbe interessato all’acquisto di un prodotto del genere?” le risposte sono state tutte affermative, alcune con più, altre con meno entusiasmo. Prevediamo un aumento del numero delle piastrelle vendute negli anni successivi al primo, stimato considerando che la conoscenza del prodotto si allargherà anche grazie al passaparola, l’aumento di fiducia verso il prodotto e recensioni. 107 Investimento iniziale • Euro 4.000 per la costituzione della società; • Euro 20.000 per la pubblicità: manifesti per il lancio del prodotto in centri commerciali e piazze, brochure e volantini; partecipazione a fiere • Euro 26.400 per l'arredamento del punto vendita; • Euro 30.000 per l’affitto del locale. 108 Spese di costituzione Arredo Punto Vendita Pubblicità Spese legali di costituzione Affitto locale € 4.000 € 26.400 € 20.000 € 4.000 € 30.000 I NOSTRI PRODOTTI • CARATTERISTICHE TECNICHE • FABBRICAZIONE • PERCHÉ SCEGLIERLE • CATALOGO • LISTINO PREZZI § CARATTERISTICHE TECNICHE Le caratteristiche tecniche sono di fondamentale importanza per la scelta delle piastrelle poiché da esse dipendono la funzionalità e la durabilità della piastrellatura. CARATTERISTICHE DI REGOLARITÀ. Definiscono l’idoneità delle piastrelle alla realizzazione di una piastrellatura regolare. Questa dipende dalle dimensioni e dall’aspetto e può essere influenzata dal metodo di formatura e dalla porosità. La formatura per estrusione consente un controllo meno accurato delle dimensioni rispetto alla formatura per pressatura. Le piastrelle pressate consentono inoltre di ottenere superfici più lisce e più uniformi. CARATTERISTICHE STRUTTURALI Definiscono la struttura del materiale di cui è costituita la piastrella. La caratteristica strutturale principale è l’assorbimento d’acqua che misura la porosità del prodotto. CARATTERISTICHE MECCANICHE MASSIVE Importanti soprattutto per i pavimenti, queste caratteristiche indicano la resistenza ai carichi cui la piastrellatura è sottoposta. Le caratteristiche meccaniche che vengono misurate sulle piastrelle sono la resistenza a flessione, che dipende dall’assorbimento d’acqua del materiale, il carico di rottura a flessione, legato anche allo spessore della piastrella, e la resistenza all’impatto. CARATTERISTICHE MECCANICHE SUPERFICIALI Sono caratteristiche della superficie della piastrella. La più importante è la resistenza all’abrasione che misura la tendenza della piastrella a consumarsi (nel caso delle piastrelle non smaltate) o a cambiare il proprio aspetto visivo (piastrelle smaltate) a seguito di usura. Per le piastrelle non smaltate questa caratteristica dipende dall’assorbimento d’acqua, mentre per quelle smaltate è esclusivamente legata alla composizione dello smalto. CARATTERISTICHE TERMO-IGROMETRICHE Sono le caratteristiche di resistenza a particolari condizioni di temperatura e di umidità. Tra queste le principali sono la resistenza agli sbalzi termici, la resistenza al gelo, che dipende dalla porosità del materiale e, per le sole piastrelle smaltate, la resistenza al cavillo, dipendente dalla composizione dello smalto. CARATTERISTICHE CHIMICHE Sono le caratteristiche di resistenza all’azione aggressiva di sostanze che possono venire a contatto con la superficie della piastrella. Le caratteristiche chimiche che vengono misurate sono la resistenza alle macchie, la resistenza ai prodotti di uso domestico, la resistenza agli acidi e alle basi. La compattezza dello strato superficiale e la porosità della piastrella rivestono un ruolo estremamente importante: una maggiore porosità, infatti, favorisce l’assorbimento della sostanza dannosa. I prodotti smaltati sono in generale dotati di buone caratteristiche di resistenza chimica. Decisamente superiore e affidabile è invece la resistenza alle sostanze alcaline. Per quanto concerne invece i prodotti non smaltati, la resistenza all’attacco chimico è in generale ottima per tutti i prodotti. 109 CARATTERISTICHE DI SICUREZZA Sono le caratteristiche che presiedono in modo particolare alla sicurezza rispetto agli infortuni. Tra queste la principale è la resistenza allo scivolamento, ottenuta conferendo caratteristiche di rugosità. Fra le caratteristiche di sicurezza va annoverata anche la cessione di piombo e cadmio (elementi talora contenuti negli smalti), particolarmente controllata nel caso di piastrelle per usi che prevedono un contatto con i cibi (come i piani di lavoro delle cucine). Relativamente alla scivolosità, vengono prodotte particolari piastrelle smaltate a superficie ruvida e piastrelle non smaltate con appositi rilievi che assicurano una maggiore resistenza allo scivolamento. § FABBRICAZIONE Le piastrelle di ceramica sono il risultato di un processo produttivo costituito da diverse fasi che variano in funzione del tipo di prodotto, smaltato o non smaltato, che si vuole ottenere. 110 MATERIE PRIME-IMPASTO Gli impasti per la produzione di piastrelle sono miscele di diverse materie prime: argillose, che forniscono la plasticità necessaria alla successiva manipolazione delle piastrelle; quarzose, con funzione strutturale necessaria a limitare le variazioni dimensionali in essiccamento e cottura; feldspatiche, in grado di produrre una fase liquida di viscosità adeguata durante la cottura. L’impasto viene preparato secondo operazioni di macinazione, miscelazioneomogeneizzazione e regolazione del contenuto d’acqua. Al termine di questa prima fase si possono ottenere due differenti tipi d’impasto: in polvere, con un contenuto d’acqua del 4-7%, adatto alla formatura per pressatura; in pasta, con un contenuto d’acqua del 15-20% per la formatura per estrusione. FORMATURA-ESSICCAMENTO La maggior parte delle piastrelle italiane viene formata per pressatura, fase in cui l’impasto, nella forma di una polvere semisecca, viene compresso tra due superfici. Questa operazione conferisce al prodotto la forma desiderata e anche la giusta compattezza e resistenza. Cotto e clinker vengono prevalentemente formati per estrusione: la pasta delle materie prime viene sagomata nella forma di un nastro continuo opportunamente tagliato in seguito. Successivamente, tramite l’impiego di essiccatoi rapidi ad aria calda, viene eliminata l’acqua di impasto dal prodotto. La delicatezza dell’operazione necessita di un rigoroso controllo, al fine di prevenire fenomeni dannosi. SMALTI E SMALTATURA Gli smalti sono miscele di diversi minerali e composti macinati in acqua che vengono applicati sulla superficie delle piastrelle e portati a fusione. Durante il raffreddamento, lo strato fuso si solidifica, formando un vetro che conferisce alle piastrelle particolari caratteristiche estetiche (lucentezza, colore) e tecniche (impermeabilità, durezza). COTTURA-SCELTA La cottura delle piastrelle viene realizzata in forni continui su rulli, nei quali vengono raggiunte temperature elevate (da 900°C a oltre 1250°C). Lungo il percorso all’interno del forno le piastrelle vengono dapprima riscaldate fino alla temperatura massima di cottura e, dopo una definita permanenza a tale temperatura, progressivamente raffreddate. Nella cottura il prodotto subisce reazioni e trasformazioni chimico-fisiche necessarie a ottenere una struttura meccanicamente resistente. L’ultima fase del processo produttivo è la scelta, la quale ha tre obiettivi: l’eliminazione dei pezzi difettosi, la suddivisione in prima e seconda scelta e il raggruppamento in lotti omogenei per tono e calibro. § PERCHE’ SCEGLIERLE Scegliere tra la varietà dei materiali utilizzati per i rivestimenti di pareti e pavimenti non è facile. Progettisti e arredatori, architetti e consumatori alla ricerca di soluzioni abitative in linea tanto con le ultime tendenze moda quanto con le direttive ecologiche, sono circondati da una grandissima offerta di proposte tecniche ed estetiche. Una soluzione? La classificazione dei materiali di finitura che ci permette di conoscere meglio non solo gli effetti estetici, ma anche resa e funzionalità: • materiali lapidei (marmi, graniti) • materiali ceramici (piastrelle ceramiche, laterizi • materiali leganti (intonaci, massetti) • materiali compositi (conglomerati con frammenti di roccia) • materiali polimerici (vinile, linoleum, gomma, tappezzeria) • materiali organici di origine vegetale o animale (legno, sughero, carta da parati, tessuti) • materiali metallici La conclusione, invece, assegna alla piastrella di ceramica italiana una posizione privilegiata e di assoluta eccellenza. Un alto livello dei processi di produzione unito a una costante ricerca tecnologica e di design fanno di questo simbolo del made in Italy nel mondo un supporto sul quale riprodurre qualsiasi decoro, colore e tessitura. Garanzia dell’antica tradizione artigianale italiana, la piastrella di ceramica si afferma sul mercato internazionale grazie anche a caratteristiche non comuni, attestandosi come uno tra i materiali più resistenti. Forza, bellezza, resistenza, tecnologia, design: tutte raccolte in pochi centimetri quadrati! 111 • CATALOGO 112 La nuovissima “CLEANY” • LISTINO PREZZI TIPOLOGIA PIASTRELLE MISURA PREZZO AL MQ - Cleany - Saf - Mitla - Yemen - Alban - San Diego - Tikal - Salvador - Cruz - Corlex 10 x 10 - 4” x 4” 10 x 10 - 4” x 4” 10 x 10 - 4” x 4” 5 x 10 - 2” x 4” 10 x 10 - 4” x 4” 5 x 20 - 2” x 8” 10 x 10 - 4” x 4” 10 x 20 - 4” x 8” 3 x 20 - 1/4” x 8” 9,5 x 14,5 - 3” x 5 “ € 60,00 € 23,00 € 45,00 € 40,00 € 28,00 € 26,00 € 47,00 € 50,00 € 25,00 € 35,00 LISTELLI MISURA PREZZO AL PZ - Tula - Rio - Yucatan 3,5 x 10 - 1/2” x 4” 1,5 x 10 - 3/4” x 4” 3 x 10 - 1/4” x 4” € 8,00 € 6,00 € 7,00 I COLLABORATORI Attualmente la Società Ceramiche SAF collabora con: - Ceramica Sant’Agostino (principale mercato di approvvigionamento) - Studio WAP (consulenza informatica e gestionale): questa società infatti si occupa di programmazione software e ha già avuto esperienza in passato. Avere un preventivo, anche molto approssimativo, non è stato possibile, a causa della estrema variabilità dei tempi di sviluppo. Lo scopo del sito è unicamente quello di pubblicizzare il prodotto. Per rimanere fedele all’ottica dell’intuitività del prodotto, anche il sito si presenterà all’utente con una grafica semplice e immediata. Il sito sarà on-line solamente quando il prodotto sarà pronto per essere messo sul mercato, al fine di evitare il più possibile tentativi di imitazione da parte di potenziali concorrenti. - Studio commerciale Rossi (consulente aziendale) NEWS Nel corso dell’anno 2006/2007 la Ceramiche SAF s.r.l. migliorerà la propria attività al fine di offrire maggiori servizi e prodotti alla propria clientela introducendo: • Piastrella “Cleany” • Apertura di altri punti vendita • Studio Grafico • Consulenza di gestione aziendale • Servizi di assistenza post-vendita e servizi informativi on-line. 113 RICHIESTA PREVENTIVO E’ possibile richiedere GRATUITAMENTE un preventivo tramite fax al numero 0549/900000 oppure telefonando a uno dei seguenti numeri: - 0549/900000 - 0549/900000 - 335/7340000 - 335/7300000 all’indirizzo “[email protected]” 114 PUBBLICITA’ Oltre alla creazione di questo sito web www.ceramichesaf.com, disponiamo anche di cataloghi, opuscoli, pubblicità su giornali e quotidiani. Dopo l’analisi dei possibili media per la promozione dei nostri prodotti abbiamo in previsione per il futuro di espandere la nostra campagna pubblicitaria in televisione e radio nelle fasce orarie serali. Questo farà in modo che l’informazione sul prodotto arrivi fisicamente nelle mani del potenziale cliente. Per la comunicazione sono stati previsti investimenti per 20.000€ all’anno. Questi investimenti sono fondamentali per la strategia di comunicazione, che è basilare per il lancio di un prodotto unico nel suo genere del quale il mercato non conosce ancora l’esistenza. Solo una buona campagna pubblicitaria farà conoscere al grande pubblico le potenzialità del nostro prodotto, dando vita ad una domanda che prima non esisteva. Inoltre, riteniamo che un prodotto così avanzato abbia buone probabilità di ricevere in breve tempo qualche recensione, sia sulla stampa di carattere tecnologico che sulle riviste specializzate in piastrelle. L’innovatività di questo prodotto costituisce di per sé un trampolino di lancio per il suo successo. Col tempo la conoscenza del prodotto che offriamo si allargherà sempre di più. Questo si otterrà con il passaparola, la pubblicità e le recensioni che riteniamo di avere. DOVE SIAMO Autostrada A14: Uscita Rimini Sud.Proseguire per S.Marino. A 6 km dopo l’ingresso in Repubblica svoltare a sinistra in Via dei Boschetti e proseguire dritto fino a Via la Morra, 44. Inoltre una delle nostre prospettive per il futuro sarà quella di espandere la nostra attività in altre province nelle vicinanze della Repubblica. INFORMAZIONI Per qualsiasi chiarimento o contatto personale sono a piena disposizione i Signori: - Albani Simone cell. 333/0000000 - Zanotti Stefania cell. 333/0000000 - Francioni Francesca cell. 339/0000000 I quali rimangono reperibili anche fuori dall’ordinario orario di lavoro. Orari della Società Ceramiche SAF: Giorno Mattina Pomeriggio Fuori Orario di Lavoro - Albani Simone Lunedì Dalle Alle Dalle Alle cell. 333/00000000 Martedì 8:30 12:30 14:00 18:00 - Zanotti Stefania Mercoledì 8:30 12:30 14:00 18:00 cell. 333/0000000 Giovedì 8:30 12:30 14:00 18:00 - Francioni Francesca Venerdì 8:30 12:30 14:00 18:00 cell. 339/0000000 Sabato Reperibilità al Cellulare Domenica Reperibilità al Cellulare BUDGET BUDGET DEGLI APPROVVIGIONAMENTI Cleany Altre Totali Quantità 60.050,00 84.200,00 Prezzo 2,75 2,00 Totale 165.137,50 168.400,00 333.537,50 BUDGET DELLA MANO D’OPERA DIRETTA Cleany Altre Totali N. prodotti (mq) 5.000,00 15.000,00 N. ore 1,00 0,40 Costo orario 30,00 20,00 Totale 150.000,00 120.000,00 270.000,00 BUDGET DEI COSTI INDUSTRIALI INDIRETTI Cleany Altre Totali Affitti industriali 10.000,00 25.000,00 35.000,00 Manutenzioni 1.400,00 56.600,00 58.000,00 Ammortamenti 2.000,00 2.500,00 4.500,00 Salari e stipendi 30.000,00 7.500,00 37.500,00 Totale 43.400,00 91.600,00 135.000,00 BUDGET DEL COSTO INDUSTRIALE Cleany Altre Totali Materia prima 165.137,50 168.400,00 333.537,50 Manodopera 150.000,00 120.000,00 270.000,00 Costo primo 315.137,50 288.400,00 603.537,50 Costi industriali indiretti 43.400,00 91.600,00 135.000,00 Costo industriale 358.537,50 380.000,00 738.537,50 Costo industriale unitario 71,71 25,33 115 116 BUDGET DEI COSTI COMMERCIALI Cleany Altre Affitti commerciali 1.500,00 2.500,00 Ammortamenti 1.000,00 2.000,00 Salari e stipendi 5.000,00 7.500,00 Pubblicità 7.400,00 1.800,00 Totale 14.900,00 13.800,00 BUDGET DEI COSTI AMMINISTRATIVI Cleany Altre Affitti amministrativi 4.500,00 7.000,00 Ammortamenti 2.000,00 2.000,00 Salari e stipendi 8.000,00 9.000,00 Totale 14.500,00 18.000,00 BUDGET DEL RISULTATO OPERATIVO Cleany Altre Ricavi di vendita 500.000,00 675.000,00 Costo della produz venduta 358.537,50 380.000,00 Utile lordo industriale 141.462,50 295.000,00 Costi commerciali 14.900,00 13.800,00 Costi amministrativi 14.500,00 18.000,00 Risultato operativo 112.062,50 263.200,00 BUDGET ECONOMICO Ro 375.262,50 Oneri finanziari 2.500,00 Risultato prima delle imposte 372.762,50 Imposte (42,5%) 158.424,06 Utile dell’esercizio 214.338,44 Totali 4.000,00 3.000,00 12.500,00 9.200,00 28.700,00 Totali 11.500,00 4.000,00 17.000,00 32.500,00 Totali 1.175.000,00 738.537,50 436.462,50 28.700,00 32.500,00 375.262,50 IL PRIMO ANNO DEL CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE DI SAN MARINO di Gaddo Morpurgo Il 2 ottobre 2006 è iniziato il secondo anno accademico del nuovo Corso di laurea in disegno industriale dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino. Il primo anno di attività di una scuola è simile al “numero zero” di una rivista: serve essenzialmente per mettere a punto e verificare un progetto, rodare la macchina organizzativa e verificare l’interesse che suscita. Poi il tutto si consoliderà in una pratica che stratifica idee, problemi, confronti ed esperienze. Con un anno di attività alle spalle è presto, o prematuro, fare bilanci, ma è certamente possibile cercare di capire come le ipotesi iniziali hanno retto al confronto con l’impegno quotidiano. Lo sforzo, economico ed organizzativo, che la Repubblica di San Marino, tramite la sua Università degli Studi, ha realizzato per avviare questa nuova proposta formativa era motivato da una duplice esigenza: 1. affiancare, alle prestigiose iniziative che l’Università ha realizzato nei sui venti anni di attività, tramite master e dottorati, anche una prima esperienza di laurea triennale, interamente svolta a San Marino, misurandosi con i problemi, e le potenzialità, della presenza di studenti che scelgono di raggiungere quotidianamente San Marino città o di risiedervi per tutto l’anno accademico. 2. dare delle precise risposte, sul piano sia formativo che culturale, alle esigenze che emergono dal mondo produttivo: da cui la scelta di intervenire nel settore del design per il ruolo che può avere nello sviluppo innovativo di varie aree produttive. Il primo aspetto è stato certamente un elemento di grande novità, rispetto alla tradizionale presenza studentesca sammarinese, costringendo l’Università di San Marino a confrontarsi, pienamente, con il primo momento, quello triennale, della formazione universitaria. Una fascia d’età di studenti particolare, che inizia il proprio nuovo percorso formativo staccandosi, molto spesso anche territorialmente, dall’esperienza scolastica liceale. Una popolazione studentesca che ha precise esigenze culturali, e di socializzazione, per poter crescere e maturare quelle scelte formative che condizioneranno totalmente i diversi sviluppi culturali e lavorativi. Nè vanno sottovalutati gli effetti che questa presenza studentesca avrà sul tessuto economico, culturale e sociale, della Repubblica. 200 persone, tra studenti e docenti, che già questo secondo anno di attività frequentano giornalmente, e per 11 mesi l’anno, San Marino città , sono una presenza non marginale per questa parte del territorio, che verrà ulteriormente rafforzata quando tra due anni, con tutti gli insegnamenti a regime, passeremo 117 a circa 500 persone. I processi di rivitalizzazione economica che caratterizzano le aree urbane dove si insediano attività universitaria sono del resto documentati da infiniti esempi. Sicuramente queste scelte vanno guidate, come vanno guidate e incentivate le offerte di residenzialità per gli studenti, ma le potenzialità esistono e, in particolare nel caso di San Marino, possono avere importanti effetti sul centro storico. Rispetto a questo ordine di problemi va segnalato come già ora, passando dai 50 studenti dell’anno passato agli attuali 140 si sono esaurite tutte le offerte di posti letto nel centro città. Un dato che se, da un lato, mette in evidenza la necessità di intervenire in questo settore, d’altro lato è un interessante indicatore di come il Corso di laurea in disegno industriale, stia attirando una popolazione studentesca che proviene da varie regioni italiane determinando una dimensione residenziale degli studi che è in totale controtendenza con il processo negativo di provincializzazione degli studi universitari. 118 Ovviamente, oltre a questi aspetti, il dato di maggiore novità, è rappresentato dalla particolarità disciplinare del nuovo corso di laurea: il design. Tra le ultime discipline che, riorganizzandosi, hanno dato vita ad autonomi corsi di laurea, il disegno industriale rappresenta un caso in parte anomalo rispetto alla tradizionale organizzazione degli studi universitari. Lo stretto intreccio che lega attività progettuali e sapere teorico, sapere scientifico e sapere umanistico, capacità tecnico operative e creatività, fa del corso di laurea in disegno industriale un modello formativo fortemente caratterizzato dalla continua sperimentazione delle possibili relazioni tra sapere e saper fare. Un saper fare che, anche se spesso negli ultimi anni viene riduttivamente inteso come mera professionalizzazione, deve confrontarsi con la ricchezza e complessità anche teorica del progetto. L’esperienza maturata in oltre dieci anni di attività del Corso di laurea in disegno industriale, avviato dall’ Università IUAV di Venezia a Treviso, ci ha permesso di mettere a punto un programma formativo che, considerando i vari fattori di specificità, permetta ad ogni singolo studente di costruirsi un percorso triennale che, pur valorizzando le aree di maggior interesse personale, non si chiuda immediatamente in una scelta di indirizzo tematico professionale. Una proposta, in questo, sostanzialmente diversa da ciò che avviene in molte delle offerte didattiche attualmente presenti in Italia dove , prima di iscriversi, gli studenti devono scegliere tra design del prodotto, grafica, comunicazione visiva, multimedialità, interni, ecc.ecc. Nel modello formativo, che abbiamo applicato anche nel corso di laurea di San Marino, l’anno accademico è articolato in tre periodi didattici della durata di circa dodici settimane, durante i quali si alternano attività laboratoriali e corsi teorico-critici. In questo modo gli studenti possono frequentare tre diversi laboratori per ciascun anno accademico e, pur indirizzando i propri studi verso i due principali settori del design, quello del prodotto o quello della comunicazione visiva, possono valorizzare anche l’intreccio tra questi settori per adeguarsi alle trasformazioni del mercato che, in questi “confini”, dovrà sempre più immergersi per realizzare reali innovazioni di prodotto. Ma avviare un nuovo corso di laurea, una nuova scuola, pur nella continuità con le esperienze fin qui maturate non ha significato una mera scelta organizzativa di materie, laboratori e docenti: ma anche la definizione di uno specifico programma culturale e di ricerca. In una scuola di design lo scopo non è solo quello di formare dei giovani ma di fare anche ricerca insieme, considerando gli studenti come dei collaboratori. Non una scuola quindi che si limita a “trasmettere” sapere, ma un luogo dove insegnare anche per continuare ad imparare. In una università che, come nel caso del disegno industriale, è formata prevalentemente da un corpo docente di professionisti ( grafici e designers), è fondamentale intendere l’insegnamento non come un puro trasferimento dei propri “segreti del mestiere”, ma come un modo per fare ricerca e occasione per riflettere insieme sui continui cambiamenti. Un luogo di discussione didattica. Una discussione che già nel primo anno di attività si è notevolmente arricchita tramite il ciclo “Incontri sul design” che ha visto ogni mese la presenza di importanti autori come : Alberto Meda, Aldo Drudi, Carlo Gaino, Giulio Iachetti e Sebastian Bergne sul design del prodotto, e Andrea Rauch e Gianni Sinni, Guido Scarabattolo e Renzo di Renzo e Giorgio Camuffo sulla comunicazione visiva. Incontri aperti anche ad un pubblico più vasto degli studenti ma strutturalmente legati alla didattica. Una didattica che tende non ad un mero design degli oggetti, ma al rapporto fra l’uomo e le funzioni. Il problema non è imparare per poi progettare ma progettare per imparare guardando a tutto l’esistente, in quanto “progettato” o “progettabile”, tenendo presente le realtà sociali che sono in continua, costante evoluzione anche nel campo del progetto, del prodotto e del consumo. Significa anche valorizzare la diversità degli studenti: le diverse culture, le diverse aspettative e i diversi obiettivi, è fare di tutto perché questa diversità restino, si rafforzino e si raffinino. Non si tratta infatti di formare studenti che abbiano un alfabeto comune riconoscibile come alfabeto di una scuola, ma che acquisiscano una mentalità progettuale che permetta di capire perché progettano, che cosa progettano, dove e per chi progettano, superando il formalismo, elegante ma molto spesso 119 120 edonista, che caratterizza molto dell’attuale design. Una mentalità progettuale che permetta di guardarsi intorno fino ad individuare i nuovi temi dell’esistente, i nuovi problemi, e proporre nuove, possibili soluzioni. Guardando con attenzione a ciò che accade nel mondo ma sapendo anche confrontarsi criticamente con la rapidità accelerata dei tempi moderni. In questa direzione vanno segnalati gli interessanti risultato dei lavori realizzati in occasione della prima edizione di “San Marino Settembre Workshop” dove quaranta studenti coordinati da quattro importanti designers come Marco Ferreri, Giulio Iacchetti, Alessandro Pedron e Nicola Ventura, si sono confrontati con il tema dell’ “Utenza ampliata” dando risposte sia ai problemi della disabilità che a quelli dell’estensione dei mercati. Con questa prima edizione di “San Marino Settembre Workshop” abbiamo anche avviato il collegamento con alcune industrie del territorio coinvolgendo nell’impostazione dei progetti importanti aziende come la Colombini, la Fratelli Guzzini, la Teuco e la Curvet. Il rapporto tra università, territorio e mondo produttivo, importante per l’intero sistema universitario, diviene fondamentale per un corso di laurea in disegno industriale e non solo perché consente di migliorarlo costantemente, garantendo titoli realmente spendibili sul mercato del lavoro, ma perchè deve anche permettere alle imprese di sviluppare il rapporto con l’università per essere facilitate nella ricerca e in nuove sperimentazioni, sempre più indispensabili per superare la carenza di innovazione di molti settori produttivi. A tale fine abbiamo costituito un “Comitato d’indirizzo”, un comitato misto di consultazione tra istituzioni, imprese e università che oltre a permettere una migliore conoscenza reciproca delle trasformazioni in atto, del sistema della formazione e dell’impresa, permetta di pianificare, e monitorare, le condizioni perché si sviluppino le attività di stage e tirocinio che rappresentano un primo e significativo approccio dello studente con il mondo del lavoro e, per quanto riguarda le aziende e l’università, renda possibile l’avvio di concreti piani di ricerca in comune. Un ultimo elemento di novità rappresentato da questo nuovo corso di laurea è il rapporto di collaborazione che si è avviato tra due Università di due Stati che pur nella contiguità territoriale hanno diverse, e autonome, tradizioni storicopolitiche. Oggi l’Università IUAV di Venezia è l’unico ateneo italiano dedicato nella sua totalità all’insegnamento della progettazione di tutto ciò che riguarda gli spazi e l’ambiente abitati dall’uomo: edifici, città, paesaggi, oltre ad oggetti di uso quotidiano, eventi culturali, teatrali e multimediali, grafica e moda. Alla ricca proposta didattica, resa possibile dalla riforma universitaria, si è aggiunto anche questo nuovo programma realizzato congiuntamente con l’Università degli Studi della Repubblica di San Marino. Un programma che da un lato guarda alla domanda che questa area territoriale, compresa tra Emilia e Romagna, Marche e Umbria, può porre nei confronti della formazione nel campo del design, ma che guarda anche alle potenzialità che derivano dalla piena valorizzazione delle caratteristiche della Repubblica di San Marino, della profonda radice storica della sua forma di democrazia e del ruolo internazionale che può giocare nel contesto della globalizzazione entro cui va collocato ogni ragionamento sul futuro del progetto e del design. Per l’Università IUAV di Venezia non si è trattato quindi di aprire una “succursale” a San Marino ma, al contrario, di cogliere un’importante opportunità per arricchire la propria esperienza, sperimentando con l’Università degli Studi di San Marino un progetto culturale che, nella sua piena autonomia e originalità, sappia far crescere una nuova generazione di progettisti. 121 QUEL LAVORO INCOMPIUTO di Rosanna Sciutti Quando, nell’estate 2005, decisi di chiedere il pensionamento, pensai subito con rammarico alle classi che non avrei potuto portare fino alla quinta e che all’inizio del nuovo anno scolastico avrebbero saputo di dover cambiare insegnante. Per consolarmi un poco mi dicevo che ci sarebbe stato chi avrebbe preso la notizia con gioia e che, anche se avessi rimandato la decisione, sarebbe comunque arrivato il momento di smettere e di lasciare qualche classe a percorso iniziato. Poi, nei mesi successivi all’inizio dell’anno scolastico, incontrando per caso qualche ex-alunno o genitore,il pensiero andava con insistenza al lavoro che avevo lasciato incompiuto e, come per farmi perdonare, dicevo che sarei andata a scuola per parlare alle classi e salutarle. Cosa che poi non è avvenuta. Come mai? Paura di intralciare in qualche modo il lavoro alla nuova insegnante? Di lasciarmi andare a discorsi ormai inutili e retorici? Desiderio di sfuggire alla tristezza di un commiato? Forse. In questi casi le motivazioni si fanno complesse, indefinite e indecifrabili per la persona stessa che le vive. Ma forse non mi allontano troppo dal vero affermando che molto potè il senso dell’inutilità delle parole che a un certo punto cominciai a provare. Ormai le parole non contavano più. Contava solo quello che in tanti anni ero riuscita a dare alla scuola, a lasciare nelle coscienze. Certamente, in occasioni simili si usa salutarsi, festeggiare, fare regali (desidero, a questo riguardo, ringraziare di cuore i colleghi, soprattutto gli amici che mi hanno scritto e telefonato, la Preside e le Autorità presenti il giorno dei saluti). Ma si sente che l’importante non è lì, nelle parole e nei gesti materiali, ma è qualcosa di più sfuggente e certamente non uguale per tutti quelli che hanno lavorato nella scuola. Ho deciso pertanto di affidare a questo breve scritto il compito di comunicare solo alcuni pensieri essenziali. Mi è molto dispiaciuto, dicevo, lasciare un lavoro incompiuto in due classi: 5CLa e 4C dell’anno scolastico 2005-2006, ma specialmente in 4C, con quegli alunni così simpatici, disponibili all’apprendimento e tanto umani. Umani perché si sentivano amici ( non sempre accade ) e ancora si sentono tali Proprio una bella classe da portare fino in quinta. Le classi lasciate a percorso iniziato in quel mancato inizio di anno scolastico, altro non erano poi che occasione di richiamo a un più ampio lavoro incompiuto. Un lavoro che solo fino a qualche mese prima mi era sembrato ancora infinito. Mi era sembrato di avere ancora tanto da fare, trattare autori e argomenti nuovi, studiare percorsi diversi, leggere e far leggere tanto, rinnovarmi, perfezionarmi…Dopo molti anni di lavoro nella scuola, sembra quasi di non dover smettere mai. E ci si affina, si diventa più esigenti con se stessi e con gli 123 124 altri. Si dà certamente di più dopo 30-35 anni di insegnamento. Ma purtroppo, specie negli ultimi tempi, mi è capitato di dover constatare che quel di più non trova spazio nella scuola di oggi, dove il tempo per lo studio è sempre di meno e le normali attività curricolari sembrano perdere sempre di più la loro centralità fino a diventare quasi un optional. Le molte iniziative introdotte negli istituti in seguito alle leggi sull’autonomia, per promuoverne l’immagine all’esterno, disperdono tempo ed energie preziose. Il sapere scolastico si fa sempre più debole, frammentato, materializzato. Spesso si crede di poterlo identificare con le molte possibilità di accedervi, quali l’ informatica, come se, ad esempio il fatto di attingere notizie da Internet significasse di per sé padroneggiare quelle nozioni. O fosse sapere tout –court il solo possederne gli strumenti materiali, quali libri, fotocopie, appunti. Alcune attività, peraltro scontate in una scuola, sono ostentate ed enfatizzate per darle prestigio e il sapere à così privato di quell’aura di discrezione e modestia che, a mio parere, dovrebbe accompagnarlo. Ho sempre vissuto con disagio l’Open day, anche perché ritengo che il buon nome di una scuola dipenda più dal concreto operare quotidiano che dalle belle parole di un giorno. Ma, tornando al momento di lasciare, se è indubbio, per citare Hermann Hesse (Letture da un minuto, Rizzoli) che sia necessario a un certo punto disfarsi di quanto si è precedentemente fatto (non sempre si può continuare tutta la vita una certa attività e la ripetizione è odiosa), è tuttavia altrettanto certo che disfarsi di quanto si è costruito nel tempo con impegno e fatica, è sempre doloroso. Specie se il disfarsi è incalzato con troppa fretta da giovani leve di docenti, spesso impazienti di subentrare nella professione. Non è certo piacevole, dopo molti anni di lavoro nella scuola, riscontrare atteggiamenti di insofferenza e invidia, quasi si volesse negare ogni valore all’ esperienza acquisita, impedendo alle persone di metterla in campo. Nell’intravedere a volte, dopo lunga esperienza, la verità,non quella di parte (legata ad esempio a qualche posizione di partito o di sindacato del momento) e neppure quella, non rara, di comodo, che consente di procurarsi vantaggi personali, ma quella per così dire professionale, frutto del lavoro svolto e dell’esperienza acquisita, mi è capitato di scontrarmi, sia a livello didattico che organizzativo, con le persone che si trovavano a condividere il mio stesso percorso lavorativo. E’ accaduto, più o meno, lungo tutto l’arco della mia vita professionale. Non si è trattato, evidentemente, di un fatto personale nei confronti di colleghi e superiori, ma piuttosto del pensare che quelle persone si discostassero dalla verità. Avendo molto a cuore quella verità e constatando come spesso fosse vilipesa, non ho saputo tacere, pur apprezzando molto la cortesia e gentilezza di colleghi e superiori verso di me, la buona educazione che mai è venuta meno. Queste qualità invidiabili le ho anch’io perseguite, constatando purtroppo spesso e a malincuore che rimangono un lusso, un irraggiungibile miraggio quando si ha solo lo strumento del confronto libero e aperto per agire. E molto ricordando e riflettendo sul passato e molto leggendo nel presente, mi sono venute in soccorso le parole del filosofo sul rapporto verità-educazione. Sono parole esagerate per un contesto scolastico, che, forse, si possono capire soltanto pensando alla delusione che nasce nella mente e nel cuore di una persona quando scopre che il più delle volte, col tacito consenso di molti e non inconsapevolmente, della verità si fa scempio. Ed ecco le parole, severe, del maestro sull’argomento: La verità non educa. Se vi sono conoscenze assolutamente vere, esse non riguardano chi attende alla propria formazione, come se si abbigliasse per andare a teatro, ma chi bada, senza fronzoli, alla verità solamente. A quei signori infatti bisogna fischiargli forte nelle orecchie che non è detto che la verità educhi. Sappiamo di filosofi che prendono a pedate l’ospite e di maestri che sputano in faccia ai discepoli. Di certo la verità li possiede. C’è chi di fronte a un altro scoppia in risate frenetiche. Certamente anche lui è posseduto ineducatamente dalla verità. (Manlio Sgalambro, Del pensare breve, Adelphi, p. 43-44). Mi piacerebbe molto pensare che la verità non sarà del tutto ignorata nella Scuola Sammarinese negli anni a venire. Spero soprattutto in quei colleghi che della verità riescono ancora a riconoscere la voce e nei giovani studenti, che rappresentano la società futura. 125 Parte terza Allievi di oggi… …e di ieri 127 ALLIEVI DI OGGI… Cento anni fa 805 capi famiglia nella grande assemblea democratica convocata nella Basilica del Santo Patrono, decretarono l’avvento nella nostra Repubblica della democrazia moderna, superando le nomine per cooptazione del Consiglio Grande e Generale. Le iniziative che hanno celebrato il primo centenario dell’Arengo del 25 marzo 1906 sono state molteplici ed anche la Scuola Secondaria Superiore ha organizzato un momento istituzionale di riflessione. La testimonianza di questa “rivoluzionaria restaurazione dello Statuto” viene offerta, per questo numero dell’Annuario, dal lavoro effettuato dallo studente Lorenzo Forcellini Reffi per il colloquio orale dell’Esame di Stato. E’ una ricerca che collega idealmente gli studenti del 2006 con gli ideali, la cultura, i valori e le battaglie dei loro avi per la riconquista della democrazia. I giovani sammarinesi dell’Arengo del 1906 seppero tracciare e percorrere le vie più confacenti al nostro Paese. L’auspicio è che proseguendo lungo le strade aperte allora da quei giovani, anche domani i giovani sammarinesi, consapevoli dei caratteri precipui della cultura sammarinese, sappiano riformare lo Stato per accrescere la libertà e le libertà di tutti. Con questo spirito si è inteso dare spazio su queste pagine al lavoro* di un nostro giovane studente. In una soluzione di continuità ideale, una giovane del 2006, Angelica Bezziccari sviluppa la sua riflessione sul tema proposto dalla Giunta di Castello di Città agli studenti della Scuola Secondaria Superiore “ Un anno dopo Beslan: come le diversità etniche influiscono sull’integrazione europea e quale influenza può avere la scuola”. * Del lavoro di Lorenzo Forcellini Reffi “25 Marzo 1906. Rinascita della democrazia sammarinese” si riportano i capitoli 1 e 2. 129 130 Introduzione “… Avevo sette anni quel giorno 25 marzo 1906 e mi sentivo all’improvviso grande, investito di un’enorme responsabilità: distribuire le schede per la votazione a tutti i capifamiglia che entravano nella Basilica del Santo. Di buon mattino ero già sul sagrato della Pieve e aspettavo di veder comparire mio padre, i miei zii e mio cugino Alfredo che avrebbero compiuto un atto a dir poco rivoluzionario. Il cielo era terso nel punto più alto del monte Titano, dove mi trovavo, ma era una tipica e fredda giornata di marzo: di tanto in tanto mi affacciavo alle mura e vedevo sotto di me un mare di nebbia… ma non arrivava nessuno. Trepidavo; poche persone di Città iniziarono a giungere: qualche donna curiosa, alcuni ragazzi come me. Il tempo passava ed io cominciavo a disperare. Finalmente alle 11,30 ecco comparire alla spicciolata alcuni uomini, poi all’improvviso tutti iniziarono a correre “al muro” per scrutare la strada sottostante “la lunga”, che saliva da Borgo. Erano gli abitanti di Serravalle e di Borgo Maggiore che insieme si dirigevano verso la Pieve preceduti dalla Banda. Varcavano la soglia della nostra Basilica ed io tremante consegnavo loro una scheda. Alle 12,30 precise la porta della Pieve venne chiusa ed io rimasi lì ad attendere…”. Questo era il vissuto del mio bisnonno Quinto Reffi, figlio di Leone Reffi, uno dei tanti capifamiglia che quel giorno del 25 marzo 1906 entrò nella Basilica del Santo per compiere un atto fondamentale nella storia della nostra Repubblica. Ora, a cento anni di distanza, ripercorrendo la storia di quell’evento, io onoro la memoria dei miei cari e di tutti coloro che hanno avuto il coraggio e la forza di sostenere le proprie idee e di riportare la democrazia nel nostro piccolo Stato. Lorenzo Forcellini Reffi 131 1. Arengo 1906 - La rinascita della democrazia 132 Nel periodo compreso tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XX, la Repubblica di San Marino si trovava in una situazione di grave crisi economica, politica e sociale. I fattori che la determinarono furono molteplici: la scarsità di lavoro e il conseguente aumento della disoccupazione, i primi flussi emigratori, la precarietà dell’agricoltura che in passato era stata la principale fonte di ricchezza, il dissesto finanziario dovuto ad un’amministrazione inetta e incapace. Nel paese non si era sviluppata alcuna attività industriale e il deficit del bilancio dello Stato, causato anche dalle eccessive spese per la realizzazione di due grandi opere - la costruzione del nuovo Palazzo Pubblico e del Cimitero monumentale di Montalbo - era molto consistente. Tra la popolazione si era diffuso un malcontento generale contro il Consiglio Principe e Sovrano, ritenuto colpevole di non saper far fronte ai bisogni della cittadinanza e considerato come l’origine di tutti i mali presenti nel Paese. Dal punto di vista politico-istituzionale, la Repubblica era caratterizzata da un regime di tipo aristocratico ed oligarchico: i consiglieri venivano nominati per cooptazione e non per elezione, il loro mandato era a vita e veniva trasmesso da padre in figlio; erano divisi in tre categorie - 20 nobili, 20 cittadini, 20 contadini - corrispondenti ai tre ceti della popolazione, anche se questa suddivisione non era stata codificata da alcuna legge. In diverse occasioni il prof. Pietro Franciosi aveva richiamato l’attenzione sulla gravità della situazione socio-economica, ma le sue denunce non erano state ascoltate. Nell’ottobre 1898, Franciosi, incaricato di tenere il discorso d’insediamento dei nuovi Capitani Reggenti, oltre a rinnovare le sue preoccupazioni, avanzò anche una serie di proposte riformatrici. Dal punto di vista politico, egli chiedeva l’abolizione dei ceti in cui era divisa la popolazione, l’eliminazione delle onoreficenze sia civili sia militari, la concessione del diritto di voto al popolo, almeno per l’elezione di un terzo dei membri del Consiglio Sovrano e la definizione dei rapporti fra Stato e Chiesa. In campo economico, sollecitava il governo ad una maggiore oculatezza nelle spese ordinarie e straordinarie, nella gestione della pubblica amministrazione e proponeva l’introduzione di una leggera tassa progressiva per pareggiare il bilancio dello Stato. Il Consiglio, però, continuava a non tener conto né dell’analisi sulla gravità della situazione economica, né delle proposte di riforma. Nel Maggio del 1900, l’esasperazione dei disoccupati esplose in un grave episodio: un centinaio di persone armate di bastoni si radunò di fronte al Collegio Belluzzi, sede del Ginnasio-Liceo e delle Elementari maschili, con l’intenzione di impedire agli insegnanti di svolgere le lezioni perché sostenevano “ non era giusto che, mentre essi soffrivano la fame per mancanza di lavoro, gli impiegati pubblici percepivano uno stipendio e vivevano agiatamente”. Solo l’intervento del prof. Pietro Franciosi, insegnante presso quella scuola, uomo dotato di grande prestigio, Presidente della Società Unione e Mutuo Soccorso, riuscì a riportare la calma e a ricomporre l’agitazione. Questi fatti provocarono ripercussioni all’interno del Consiglio dei LX e nella popolazione che richiedeva una maggiore garanzia democratica e una più equa giustizia sociale. In un clima così problematico, il 6 Aprile 1902, tre consiglieri dell’opposizione - Telemaco Martelli, Remo Giacomini, Ignazio Grazia - presentarono un’istanza d’Arengo con la quale chiedevano che nell’Ordinamento costituzionale fosse introdotto l’istituto del Referendum, per conoscere direttamente la volontà dei cittadini su argomenti specifici e su leggi di particolare interesse. I tre consiglieri sostenevano, infatti, che “solo con la partecipazione del popolo alla vita pubblica si potrà avere un governo veramente forte, libero e civile, che abolisca i privilegi, gli abusi e le immoralità”. L’istanza era caldeggiata anche da altri consiglieri democratici poiché si riteneva che il Referendum costituisse il mezzo più efficace per avviare un processo di modernizzazione e di democratizzazione della Repubblica. Il 27 Maggio 1902 il Consiglio Sovrano si riunì per prendere in esame l’istanza di Referendum: i consiglieri si divisero in conservatori (contrari) e riformatori (favorevoli); ne seguì un importante dibattito sul futuro assetto istituzionale della Repubblica; al termine, si deliberò di sentire il parere di un esperto allo scopo di approfondire l’argomento, in vista della decisione da assumere. Venne così interpellato Pietro Ellero, senatore della Repubblica italiana, profondo studioso di storia e di ordinamento sammarinese. Il 10 giugno, il prof. Ellero inviò alla Reggenza un’articolata ed elaborata relazione con la quale faceva un’analisi della situazione e presentava una sua proposta di riforma. Egli sosteneva che veramente il sistema istituzionale sammarinese era da considerarsi aristocratico, in quanto il Consiglio non veniva eletto dal popolo, ma nominato per cooptazione al suo interno dagli stessi membri. A suo giudizio, l’istituzione del Referendum non sarebbe risultata una soluzione giuridica sufficiente a dare risposte alla situazione esistente. Suggeriva, invece, di restituire all’Arengo il potere di approvare o di respingere le leggi proposte dallo stesso Consiglio. 133 Per definire meglio le sue teorie in proposito, presentò una bozza di legge che prevedeva: • • • • 134 il consenso dell'Arengo per sancire l'entrata in vigore delle leggi e dei trattati, proposti dal Consiglio; l'assemblea doveva essere costituita non solo dai capi-famiglia, ma allargata a tutti i sammarinesi maggiorenni; l'assemblea, presieduta dai Reggenti, doveva essere convocata in via ordinaria ogni sei mesi e, in via straordinaria, in caso di necessità, con un preavviso di almeno 9 giorni; la votazione doveva avvenire per palle bianche o nere e, alla fine, il Commissario della Legge, dopo aver proceduto allo scrutinio, avrebbe reso pubblico il risultato ufficiale. In sintesi, il prof. Ellero consigliava di ripristinare i poteri dell'antico istituto dell'Arengo e di ampliarne i componenti. I governanti sammarinesi, preoccupati da un'ipotesi considerata troppo innovativa, decisero di consultare altri autorevoli giuristi, fra i quali Giuseppe Brini, Cesare Baudano Vaccolini, Diego Taiani, Giacomo Reggiani, Nino Tamassia, Gaspare Finali, Torquato Giannini. La maggior parte di loro espresse parere favorevole alla proposta Ellero, provocando l'indignazione dei conservatori. Raccolti tutti i pareri, la questione tornò in Consiglio per una decisione ufficiale: nella seduta dell'8 novembre 1902, il parlamento sammarinese, chiamato a decidere sull'istanza del Referendum e sulla proposta Ellero, si espresse contro l'introduzione del Referendum, con 29 voti contrari e 5 favorevoli. La motivazione fu che San Marino non aveva bisogno di istituire il Referendum poiché disponeva già dell'istituto dell'Arengo, previsto dagli Statuti. La battaglia per il rinnovamento era dunque perduta, ma da questo momento iniziava il cammino verso la conquista della democrazia. - 7 e 8 Agosto 1904 - Duecentosessanta operai si riuniscono in assemblea e indirizzano alla Reggenza un ordine del giorno, redatto da Gino Giacomini, nel quale chiedono che il Consiglio restituisca all’Arengo il potere legislativo e che venga convocata l’Assemblea plenaria dei capi-famiglia. L’ordine del giorno, però, viene respinto. - 8 Settembre 1905 - Di fronte ad una situazione finanziaria molto grave, non più tollerabile, e nell’impossibilità di porvi rimedio, sette consiglieri democratici - Gustavo Babboni, Nullo Balducci, Remo Giacomini, Ignazio Grazia, Telemaco Martelli, Raffaele Michetti e Moro Morri - presentano le loro dimissioni. In una lettera alla Reggenza spiegano le ragioni del loro atto “Nell’accettare l’ufficio di consiglieri della Repubblica ci proponevamo di cooperare all’attuazione delle riforme reclamate dai bisogni del Paese e della civiltà, ma con rincrescimento dobbiamo constatare che nonostante i nostri tentativi, nessuna riforma da noi propugnata venne accettata dal Consiglio, nel quale predomina una maggioranza contraria ad ogni sana innovazione”. - 1 Ottobre 1905 - Un articolo apparso su “Il Titano” annuncia “ la Sezione Socialista Sammarinese ha pensato di assumersi l’incarico di iniziare finalmente l’agitazione pro-Arringo chiamando a raccolta i vari elementi democratici e cercando di polarizzarli attorno a questa prima e fondamentale riforma.” Il Partito Socialista si assume così il compito di iniziativa lasciando al Partito Democratico il ruolo di direzione nel cammino delle riforme. - 29 Ottobre 1905 - Nella giornata di domenica, alle ore 15, nel Teatro Titano ha luogo la prima adunanza del Comitato Pro-Arringo che diviene il vero protagonista dell’ultima fase della battaglia per la conquista della democrazia. Il successo di pubblico, avuto dall’assemblea, fa cadere gli ultimi dubbi e indecisioni: viene così votato un Ordine del Giorno con il quale si chiede al Consiglio Principe e Sovrano di “cedere il suo mandato e convocare lo statutario Arringo”. - 16 Novembre 1905 - Nella seduta del Consiglio, la Reggenza espone in modo dettagliato la situazione finanziaria che comincia a dimostrare segnali di miglioramento e di positiva evoluzione, anche in vista dell’accordo con l’Italia. (Si comunica che verrà firmata con il Governo italiano una Convenzione addizionale che consentirà a San Marino di poter emettere 60.000 lire in più di monete d’argento e di ottenere il primo mutuo di 200.000 lire con la Cassa Depositi e Prestiti: ciò permetterà di estinguere tutti i debiti contratti in precedenza con istituti e con privati. La convenzione sarà firmata a Roma il 16 Febbraio 1906). Per quanto riguarda la convocazione dell’Arengo, il Consiglio non rifiuta a priori la richiesta presentata, ma cerca di guadagnare tempo e di ritardare il momento della decisione. Nel corso della seduta, animata da un forte dibattito, vengono estratti a sorte due arringatori i quali, con determinazione, dichiarano che la convocazione dell’Arengo è l’unica soluzione possibile per porre rimedio ad una situazione divenuta ormai insostenibile. La votazione segreta che segue vede, su 32 votanti, 31 favorevoli e un solo contrario. Viene quindi approvata in modo democratico, a maggioranza, la convocazione dell’Assemblea dei capi-famiglia. - 17 Novembre 1905 - Il manifesto governativo comunica alla popolazione che, in base alla decisione assunta in Consiglio, la convocazione dell’Arengo, secondo le norme statutarie, “sarebbe stata fissata entro il più breve tempo possibile”. 135 Nell’attesa si invitava la cittadinanza a mantenere “quella calma e serenità che l’importanza dell’ora richiede”. - 19 Novembre 1905 - Il Comitato Pro-Arringo indirizza una lettera a tutti i Sammarinesi con lo scopo di “convincere i capi-famiglia ad accorrere numerosi all’Arringo quando venissero chiamati; a dichiarare, nell’Arringo, decaduto l’attuale Consiglio Principe e Sovrano; a nominare i membri del nuovo Consiglio non a vita, ma a tempo determinato; a proporre che all’elezione dei consiglieri prendessero parte tutti i Sammarinesi maggiorenni, non interdetti”. Inoltre, si rassicuravano i dubbiosi che “al nuovo Consiglio sarebbero rimaste le attribuzioni consuetudinarie e statutarie, tuttora vigenti”. - Febbraio 1906 – La Commissione Governativa, incaricata di redigere il disegno di legge per la restaurazione dell’Arengo, stabilisce che “l’Arengo si terrà nella Chiesa della Pieve, nel giorno di domenica 25 marzo alle ore 11 e l’Arengo sarà dichiarato legalmente costituito se saranno intervenuti la metà degli aventi diritto”. Dopo circa 350 anni, l’Arengo si sarebbe riunito, nella sua piena sovranità, il 25 Marzo 1906 nella casa del Fondatore per decidere della libertà della Repubblica. 136 - 15 Marzo 1906 – Nel manifesto pubblicato dalla Reggenza in data 15 marzo 1906, vengono riportati i due quesiti da sottoporre all’assemblea: 1) “Nel rinnovare per intero il Consiglio dei LX, vuole l’Arringo nominarlo con le norme e con tutti i diritti e con tutte le prerogative che il Patrio Statuto attribuisce al Consiglio stesso?” 2) “Vuole l’Arringo che i Consiglieri siano nominati proporzionalmente al numero degli abitanti originari e naturalizzati di ciascuna Parrocchia della Repubblica, lasciando però piena libertà di sceglierli ovunque si trovino maggiormente adatti ?” Rispondendo si al primo quesito, si sarebbe confermata la situazione esistente; rispondendo no si sarebbe optato per un cambiamento. Il si al secondo quesito significava concedere alla popolazione del contado un maggior numero di rappresentanti. - 25 Marzo 1906 - E’ il giorno dell’Arengo. Alle ore nove del mattino, i Capitani Reggenti Onofrio Fattori e Pier Matteo Carattoni, accompagnati dalle autorità e scortati dalla Guardia Nobile e dalla Milizia Uniformata, si recano in Pieve per presiedere in forma solenne l’Assemblea dei capifamiglia. Il seggio, presieduto dalla Reggenza, è composto dal Segretario di Stato per gli Affari Interni, Avv. Gemino Gozi, dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Domenico Fattori, dal Procuratore Fiscale, Avv. Menetto Bonelli, dal Commissario della Legge, Avv. Giovan Battista Dore, nella sua qualità di Uditore della Reggenza. Si predispone la Commissione verificatrice delle tessere, che si colloca all’ingresso della Basilica. Alle nove e trenta si apre per metà la porta della Pieve e cominciano ad entrare i capi-famiglia. Per evitare contrasti fra coloro che la pensavano in modo diverso, si decide di aggiungere una declaratoria al primo quesito, per specificare se il Consiglio doveva essere rinnovabile per cooptazione o per un terzo ogni tre anni con sorteggio, ferme restando tutte le altre norme statutarie. Alle 12,30 precise, essendo presenti 805 capi-famiglia, cioè un numero superiore alla metà degli aventi diritto, la porta della Pieve viene chiusa e la Reggenza dichiara legalmente aperto l’Arringo Generale. Il Reggente Onofrio Fattori invita i partecipanti ad esprimere il proprio parere in piena libertà, senza prevenzioni e senza timori, quindi dà lettura dell’elenco degli oratori iscritti a parlare. Fra questi, viene sorteggiato il dottor Moro Morri che, però, rinuncia alla parola in favore dell’Avv. Gustavo Babboni. Rivolgendosi all’assemblea, Babboni esprime, in modo deciso e argomentato, il proprio parere favorevole al NO al primo quesito e invita l’intera assemblea ad esprimersi allo stesso modo. L’arringa del dottor Babboni viene accolta da prolungati applausi. Successivamente intervengono Giuseppe Forcellini, Domenico Gozi e, per ultimo, il Prof. Marino Borbiconi che dichiara di condividere la proposta dell’Avv. Babboni di aggiungere la declaratoria al primo quesito. La Reggenza dà lettura della nuova riformulazione del quesito: “Qualora la maggioranza dell’Aringo risponda NO al primo dei proposti quesiti, si intenderà che, eletto il nuovo Consiglio, in seguito debba rinnovarsi per una terza parte ogni tre anni, mediante sorteggio, e con diritto di rieleggibilità, ferme restando tutte le altre norme statutarie”. Interviene ancora il Reggente Fattori per sintetizzare “chi vuole il Consiglio a vita risponda, al primo quesito, SI , chi non lo vuole, risponda NO”. La maggioranza dei presenti si alza in piedi, gridando “No, non vogliamo il Consiglierato a vita”. Si procede alla votazione e si chiamano i capi-famiglia in ordine alfabetico. Alle due e trenta la votazione termina. L’urna contenente le schede viene sigillata e trasportata a Palazzo, dove si procede allo spoglio. Il risultato è il seguente: su 805 presenti, 727 votano NO al primo quesito, 75 si, 3 voti nulli; al secondo quesito 761 si, 41 no e 3 voti nulli. 137 Il 25 Marzo 1906, il popolo sammarinese, riunito nell’Arengo Generale, aveva scelto la strada della democrazia dopo secoli di regime conservatore e oligarchico. La prima battaglia di questo difficile cammino era dunque vinta. Ora, per la Repubblica iniziava una nuova fase della sua storia. 138 L’Arengo del 25 Marzo 1906 è stato un avvenimento politico di straordinaria importanza nella storia della nostra Repubblica. I capi-famiglia, riuniti in assemblea, decretavano la fine di un sistema politico basato sul consiglierato a vita, ereditario, nominato con il metodo della cooptazione. Da quel momento, iniziava il processo di formazione di uno stato più moderno e democratico e, anche se le tappe, in seguito, sono state lente e non sempre pienamente rispondenti alle esigenze, tuttavia va riconosciuto il grande valore di aver determinato l’inizio di un nuovo percorso. Infatti, varata la nuova Legge elettorale che riconosceva il diritto di voto ai capi-famiglia e ai laureati, escludendo le donne, gli ecclesiastici e gli interdetti, il 10 Luglio 1906 hanno avuto luogo le prime elezioni politiche in senso assoluto: sono state presentate due liste di candidati: quella dei democratici e quella dei conservatori. Risultarono eletti 42 consiglieri democratici e 18 conservatori, quindi 32 consiglieri del vecchio Consiglio non furono confermati. Il 1° Ottobre 1906, si insediarono i primi Capitani Reggenti del nuovo Consiglio: Alfredo Reffi e Giovanni Arzilli. Nel 1907, nasceva il Bollettino Ufficiale, cioè la raccolta delle leggi dello Stato, che permetteva di prendere conoscenza dei vari provvedimenti legislativi approvati. Il Consiglio perdeva la qualifica di “Principe e Sovrano” per assumere il titolo di “Consiglio Grande e Generale”, dimostrando anche in questo modo il cambiamento sostanziale politico che si era verificato. Nel 1909 si otteneva il suffragio universale maschile. 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 2. Le origini dell’Istituto dell’Arengo Le origini dell’Arengo risalgono al X secolo circa, quando la comunità del Titano, affrancatasi dall’autorità religiosa dell’abate, si diede la prima forma di governo a sovranità popolare. L’Arengo era l’assemblea di tutti i capifamiglia che, convocati “uno per fuoco”, cioè uno per casa, si riunivano per prendere le decisioni più importanti che riguardavano la vita del Paese. Era convocato dai Capitani Reggenti e, come risulta dagli Statuti del 12951302, si teneva in un primo tempo nella Pieve, poi nella Casa grande del Comune ( Domus Magna Comunis). L’assemblea era annunciata al popolo dal suono delle campane e dai “piazzari” che, per le vie e le piazze della città, sollecitavano i “patres” ad affrettarsi. La presenza dei capifamiglia era obbligatoria; prima di dichiarare aperta la seduta, il segretario faceva l’appello degli aventi diritto: chi, senza un valido motivo, non partecipava all’assemblea incorreva in sanzioni e chi, nel corso della riunione, ne disturbava il buon andamento o interrompeva una persona durante l’intervento, poteva essere condannato e subire gravi punizioni. 162 Documenti conservati in archivio attestano che fin dal XIII secolo, accanto all’istituto dell’Arengo, esisteva un Consiglio composto di sessanta membri. La presenza dei due organismi è confermata anche dagli Statuti del 1295-1302, i quali ne riferiscono le modalità di convocazione (l’Arengo veniva annunciato col suono della campana “ad longum”, mentre il Consiglio “ad martellum”) e le sanzioni per coloro che non si presentavano alle riunioni. Arengo e Consiglio avevano poteri diversi: il primo svolgeva funzioni legislative, eleggeva i Consiglieri, concedeva la cittadinanza, ratificava i trattati; il secondo aveva compiti esecutivi. L’Arengo continuò ad esercitare le sue funzioni per un lungo periodo, almeno fino alla fine del secolo XV, quando aumentata la popolazione sia per naturale incremento delle famiglie, sia per nuove aggregazioni in seguito all’ampliamento del territorio, si rese sempre più difficile la sua convocazione. Fu così che gradualmente l’Assemblea dei capifamiglia delegò i propri poteri al Consiglio dei sessanta. Fonti d’archivio attestano che l’ultima riunione dei capifamiglia si tenne il 9 gennaio 1571. La prima Rubrica del primo Libro degli Statuti redatti nel 1600 così recita: “Siccome il capo naturalmente sovrasta le altre membra, così si giudicò conveniente di parlare in primo luogo dell’Arringo, la cui autorità in antico nella nostra Repubblica era la principale. E’ dunque l’Arringo la congregazione di tutto il popolo della Terra di San Marino e della sua Curia, cioè di una persona per casa, il quale premesso il suono della campana e l’invito dei Piazzari una volta si teneva nella Chiesa della Pieve della stessa Terra, ed ora si tiene nell’aula, ossia nella Casa grande del Comune per ordine dei Signori Capitani pro-tempore di essa Terra, o di uno di loro sempre ed ogni volta che a loro, o ad uno di loro sembri necessario ed opportuno. Nel quale Arringo così congregato ed adunato, benché nei tempi più antichi della nostra Repubblica si trattassero e risolvessero dai Signori Capitani gli affari più gravi, tuttavia perché cresciuto il nostro popolo, le convocazioni a poco a poco in ogni singola cosa si resero difficili, a togliere tutte le difficoltà nonché i tumulti e le inevitabili e dannose contese che in tanta moltitudine di persone continuamente nascevano, l’universa e suprema potestà ed imperio dello stesso Arringo si trasferì nel Consiglio Grande e Generale detto dei Sessanta”… Gli Statuti del 1600, quindi, pur riconoscendo l’Arengo come il vertice degli organismi istituzionali sammarinesi, inteso quale manifestazione della volontà popolare, definiscono che, per esigenze di maggiore efficacia e funzionalità, i supremi poteri dell’Arengo sono trasferiti al Consiglio Grande e Generale dei Sessanta. Gli stessi Statuti, nelle Rubriche 3 e 4, stabiliscono che compete al Consiglio nominare i nuovi membri, così suddivisi: 40 Consiglieri della Terra di San Marino (Città e Borgo) e 20 del Contado (campagna) per garantire la presenza di rappresentanti di tutto il Paese. Inoltre viene sancito il principio del consiglierato a vita e l’elezione dei consiglieri per cooptazione. Nel secolo XVIII, con l’affermarsi della nobiltà e della suddivisione della popolazione in ceti, si verificò un cambiamento radicale e profondo. Le funzioni dell’Arengo erano diventate marginali, tutto il potere era accentrato nelle mani del Consiglio che assumeva il titolo di “Principe e Sovrano” ed era composto da 20 Consiglieri nobili, 20 della Terra e 20 del Contado. Gradatamente si passò ad una forma di governo oligarchico, cioè ad una gestione del potere da parte di poche famiglie patrizie che difendevano interessi e privilegi a discapito della popolazione. Questa situazione si protrasse fino al secolo XIX. 163 UN ANNO DOPO BESLAN: COME LE DIVERSITÀ ETNICHE INFLUISCONO SULL’INTEGRAZIONE EUROPEA E QUALE INFLUENZA PUÒ AVERE LA SCUOLA di Angelica Bezziccari 164 Il primo giorno di settembre del 2004 in Russia, precisamente in Ossezia, sarebbero dovute iniziare le lezioni per molti studenti e professori. Invece quel giorno cominciò una terribile strage durata tre interminabili giorni: un commando di terroristi legati alla guerriglia cecena sequestrò circa un migliaio di persone, di cui la maggior parte studenti, in particolare bambini. I terroristi chiesero, in cambio della liberazione degli ostaggi, il ritiro delle truppe russe dalla Cecenia, l’indipendenza della repubblica caucasica e il rilascio di alcuni arrestati; il 3 settembre, dopo l’invio delle truppe di Mosca, si ebbe una delle carneficine più crudeli della Storia. Centinaia di bambini morti. Feriti. Dispersi. Rapiti. Sciolti dai lanciafiamme usati nell’assalto. Un anno dopo questo eccidio, molte sono le questioni ancora irrisolte, le quali hanno come matrice principale il conflitto interminabile fra la Russia e la Cecenia, che chiede, o meglio, vuole, imporre la propria indipendenza alla Russia. Tale problema è stato in parte risolto, ma ad un prezzo decisamente troppo alto: questa non è che l’ennesima di una lunga serie di stragi, di cui i cittadini dell’Ossezia sono, e lo dico con amarezza, solo una piccola parte. Infatti, circa 250 mila ceceni sono stati uccisi dal 1994 ad oggi, a causa della guerriglia separatista, e anche migliaia di russi, soprattutto soldati, hanno perso la vita; a questi va aggiunto il numero sconosciuto di desaparecidos di entrambe le parti. Dunque, com’è possibile che a pochi passi da un’Europa pacificamente unita, si stia consumando ancora un simile dramma? Quali ragioni continuano a fomentare l’odio e la guerra che sembrano riempire i cuori di questi popoli e di questi governi? La risposta non è semplice, e per capire meglio il concetto di diversità etnica che provoca questa sconsiderata lacerazione, bisogna fare un passo indietro nella Storia. Il Comunismo aveva sopito ogni differenza, raggruppando tutti i popoli e le etnie dell’URSS sotto l’unilaterale concetto di “uomo sovietico”. Con la caduta del muro di Berlino sono riemerse le disgregazioni etnico-culturali che sono state soppresse con la forza e con la violenza. Ciò ha creato inevitabilmente delle forti difficoltà a livello di integrazione e gestione della stessa. Ma quali sono in realtà queste differenze? Il solo fatto di non vivere negli stessi territori e di parlare una lingua differente? Una diversità c’è, ma non è etnica, bensì economico-politica. Infatti, nel territorio ceceno ci sono estesi giacimenti di petrolio e gas naturale, e gli oleodotti e gasdotti che attraversano il Caucaso sono quindi strategici per il trasporto dal Mar Caspio alla Russia. La diversità etnica spesso è solo un pretesto. Ci siamo mai chiesti, noi sammarinesi, cosa sarebbe successo se nel nostro sottosuolo avessero scoperto ingenti quantità di gas, petrolio, o giacimenti minerari? Crediamo davvero che saremmo stati ugualmente indipendenti? L’Italia non ne avrebbe forse approfittato? Come sempre avviene, in mezzo a tali interessi e a politiche di potere, chi viene dimenticata è la gente comune, specialmente le donne e i bambini, assieme ai quali vengono spazzate via le basi della civiltà. L’attacco alla scuola di Beslan può essere considerato anche come un’aggressione, non solo materiale, alla cultura, all’istruzione, e di conseguenza alle generazioni future e alla loro coesione. Non possiamo però accettare che pochi fanatici ostacolino tutto ciò infondendo sempre più paura e terrore, contribuendo così ad alimentare quella xenofobia latente, inevitabile in un contesto di constante guerriglia reciproca. Molti diranno che il compito di evitare ciò spetta ai politici; questi però fanno poco o nulla per l’integrazione europea, anzi, cercano solo di zittire il mondo -come ultimamente ha fatto Putin- riguardo simili situazioni; non mi riferisco alla strage di Beslan, su cui i mass-media hanno speculato anche troppo, ma sull’odio lacerante che, da parte dei russi, porta costantemente a tenere la Cecenia sotto assedio, e conduce i ceceni a orrende stragi a danno dei civili. Quindi, il cambiamento deve iniziare dalla gente comune, la quale si deve servire di quelle istituzioni pubbliche idonee a fornire gli strumenti necessari per far sì che le diversità etniche convivano pacificamente e siano integrate. Una di queste istituzioni è proprio la scuola, dove a volte ci si limita a parafrasare le poesie, senza chiedersi se i poeti nella loro vita si sono interessati a qualcos’altro oltre che all’Infinito. Le lezioni di storia spesso sono monotone, afasiche, perché si riducono ad un mero elenco di avvenimenti, date, e non c’è posto per la discussione e il ragionamento; il voto ottenuto è proporzionale al numero di fatti imparati a memoria, e quasi mai a quanto lo studente si sia soffermato a ragionare su tali fatti che ancora oggi si riflettono sul comportamento dei popoli, e sugli importanti cambiamenti che hanno apportato a livello concreto. Non è il caso che si dubiti delle mie parole di studentessa, in quanto troppe volte ho constatato come il silenzio in classe non corrisponda ad attenzione ma a noia; ho altresì verificato come lo studente assopito sul banco mentre finge di scrivere, si desti improvvisamente udendo l’inizio di una discussione che verte non più sulla parafrasi dantesca, ma su quello che ancora oggi Dante ci può trasmettere. Le sue guerre fra guelfi e ghibellini non sono così dissimili da quelle attuali; le donne, anche se in Paradiso, sono comunque relegate nel Cielo più basso, come molte ancora oggi lo sono nella società; questa emarginazione può forse essere la stessa che ha animato negativamente le kamikaze del teatro moscovita? L’istituzione scolastica ha un’enorme valore ampiamente sottovalutato, perché 165 essa dovrebbe avere il compito, oggi più che mai, di sconfiggere la xenofobia e il razzismo fin dalla più tenera età, e di tener presente che fra gli studenti di oggi ci sono anche i politici e i governanti di domani. A maggior ragione dunque bisognerebbe far sì che la scuola fosse un luogo di scambio culturale e non solo nozionistico, che potrà poi portare all’integrazione, nonché ad una pacifica convivenza, senza però dimenticare che non è sempre la diversità etnica che ostacola questo processo; più frequentemente sono gli interessi economici e l’ingordigia di potere che pongono muri di fronte ad esso, e il loro crollo è difficile, perché sono invisibili. Per non dimenticare i bambini di Beslan, e fare in modo che fatti del genere non accadano mai più, a nulla servono interminabili e vuoti minuti di silenzio, in quelle stesse classi dove magari si emargina la ragazza con il velo. Più concretamente, sarebbe meraviglioso far incontrare -proprio a scuola-, i bambini russi e i bambini ceceni, lasciare che si guardino negli occhi e far loro constatare autonomamente che è la stessa fiducia nella vita che anima il loro sorriso, è la stessa anche la loro voglia di giocare, di imparare, ma soprattutto, di vivere. 166 ALLIEVI DI IERI… UN POETA...SRADICATO di Augusto Stacchini Augusto Stacchini, cittadino italiano, è nato a Montescudo (RN) il 29 aprile del 1945. A sette anni si è trasferito coi genitori a Serravalle (Repubblica di San Marino) ove ha frequentato la Scuola Elementare. Nel 1957 è passato a Rimini per la prima Media e poi a Bologna per le Medie ed il Ginnasio. Rientrato in Repubblica nel 1962, ha frequentato il Liceo conseguendo la Maturità Classica . Nel frattempo il padre, mal consigliato, aveva venduto il podere in Repubblica perdendo così la possibilità di acquisire in seguito la cittadinanza. Trasferitosi in Villa Verucchio (RN), ove ancora risiede, ha proseguito gli studi conseguendo la laurea in Lettere Classiche presso l’Università degli Studi di Urbino. Dopo il servizio militare a Torino e l’insegnamento nelle Medie a Treviso ed a Verucchio, ha insegnato lettere nell’Istituto Professionale di Stato “L. Battista Alberti” di Rimini. Da alcuni anni è in pensione. Ha coltivato studi archeologici pubblicando l’opera: “La Civiltà di Verucchio”, edita dalla tipografia La Pieve di Villa Verucchio e l’opuscolo “Villa Verucchio a.C.” . Vastissima è la produzione letterararia in dialetto romagnolo, in somma parte inedita per mancanza di sponsor dovuti al suo...sradicamento: per Verucchio è Sammarinese, per San Marino è Italiano. Ha conseguito lusinghieri risultati nei concorsi letterari in Romagna distinguendosi soprattutto nel sonetto classico. Ha pubblicato il libro “Tra lun e scur” edito dalla tipografia La Pieve di Villa Verucchio che riprende in toto anche il libro “E mi camôin” da tempo esaurito. Il suo dialetto, salvo qualche inflessione dovuta al suo peregrinare, è tipicamente romagnolo di Serravalle (RSM). 167 TERA GRANDA 6 gennaio 2001 La tèra, ch’la m’à vést a nasc e a crèsc la va da sora i munt fina t’e mèr; te mèz una pianura, ch’l’è un giugh léss, sla genta ch’l’è tamprèda cumè e fèr. Rumagna, tèra granda, a t vègh adéss ch’a so già fnìd ma l’ombra di pajér, Rumagna, tera virda, du ch’u n fnéss la voja da cantè quant’e cum pèr. E i ché a vôj avéda calè e sol che va fè lòun ma ch’jìlt da cl’elta pèrta; e a vôj avéda i raz ch’i s’èlza in vol per perdmi ancora un dé at l’aria verta; pô dmèn, ch’u m tucarà pighì e col, a vôj guplìm sa te cumè ‘t’na cuèrta. 168 TERRA GRANDE La terra, che mi ha visto nascere e crescere, va dall’Appennino all’Adriatico; in mezzo c’è la pianura che è come un campo da bocce con la gente temprata come il ferro. Romagna, terra grande, ti vedo ora che sono andato in pensione, Romagna, terra verde, dove non finisce la voglia di cantare a mio piacimento. E qui voglio vedere tramontare il sole che va ad illuminare altra gente. E voglio vedere gli uccelli che si alzano in volo per perdermi ancora un giorno nell’aria tersa. Poi domani, quando dovrò reclinare il capo, voglio fasciarmi con te come in una coperta. GALAZEN 1 giugno 1998 Sta nòta la lundlùna l’è i sé cera ch’a sint a cantè i grèll da tôtt i chént; l’udòr de fôin tajéd e dla spagnéra l’è quèl ad Galazèn e de mi chémp. In gir i rusignùl da’t prima sera i chénta du ch’u n tira un fil ad vènt e al lôcc-li a l va e a l vin ma la carèra se côcch che fa santì e su lamènt. Sta nota u j è ‘na pèsa ch’a n so dì; i gréll l’è sempri quei ad Galazèn che un dé ò lasc i lé per andè vì. E al luci ch’a l starlécca giô se pién a l pèr la strèda ad stèli ‘d’j an indrì ch’a vréja se mi ba arvéda insèn. GALAZZANO Questa notte la luna piena è così limpida che si sentono cantare i grilli ovunque; il profumo del fieno tagliato e dell’erba medica è quello di Galazzano e del mio campo. Nei campi gli usignoli dopo il tramonto cantano nelle zone riparate dal vento e le lucciole vanno e vengono lungo la carraia mentre il cuculo alza il suo canto. Questa notte c’è una pace indescrivibile; i grilli sono sempre quelli di Galazzano che ho dovuto lasciare un giorno per trasloco. E le luci che brillano in pianura sembrano la Via Lattea di allora che vorrei ancora rivedere insieme a mio padre. 169 STA SERA 29 settembre 1998 E tira un vangìn frèsch da strimulì e al foji da i brancòun già strachi s-cénti a l casca lèbbi lèbbi per sparì ma tera te paciùgh du ch’u j n’è tènti. A gl’j ùtmi rundanôini a gl’j è ‘ndè vì, snà jìr a gl’j era i ché tôtti cuntènti; e già j è amnù da d’longh dô tre sizì ch’i sèlta tra la siva i ché davènti. E intènt ch’a m ciùd at chésa ancora prest, a guèrd e sol che cala a tl’aria cera ch’la més-cia e ròss dla pèmpna se cilést e drôinta a m sint ‘na pèsa ch’u n pèr vera; e a pèns ma j an ch’j è ‘ndè e quei ch’j è rèst e a so cuntènt da èssji anchè sta sera. 170 QUESTA SERA Soffia un vento fresco che mi fa passare i brividi e le foglie dai rami già stanchissime cadono lievemente al piede delle piante a terra in mezzo al fango insieme a tante altre. Le ultime rondini sono partite; solo ieri erano qui ancora felici; e già sono giunti da lontano alcuni forasiepi che saltellano nella siepe davanti casa. E mentre mi chiudo in casa ancora presto, guardo il sole che tramonta nell’aria limpida che mescola il rosso dei pampini all’azzurro del cielo e nell’anima mi sento una pace incredibile; e penso agli anni già vissuti ed a quelli che mi restano e sono felice di esserci anche questa sera. A M DMAND 10 novembre 1998 Tent vòlti la matôina ma la strèda a m dmand da du ch’a vèngh e du ch’a vagh; pô a guèrd tôtt chi cris-cén ma la farmèda e a m dmand se anchè lujìlt i sia un po’ strach. I dé un drì ma cl’elt i va a sasèda; al chési a l crèsc c’mè i fôngh duvè ch’a stagh; l’instèda l’è ‘ndè vì ch’l’è ‘na vulèda, nuvèmbri l’è già ‘riv per quant ch’ai dagh. Tla vita a n’ò mai ‘vu caicòsa ad piô; dal volti ò dmand in gir la carità e i pcòun j aveva ad sèl quei ch’ò mand giô. Ma quel ch’a dmand adèss l’è piô che sa: savé du ch’ò d’andè o prima o pô, s’u j è da vera in gir l’eternità. MI CHIEDO Tante volte al mattino per strada mi chiedo da dove vengo e dove vado; poi guardo le persone alla fermata dell’autobus e mi chiedo se anche loro siano un po’ stanche. I giorni passano in fretta l’uno dopo l’altro; dove abito, le case crescono come i funghi; l’estate (giovinezza) è passata velocissima, l’autunno (terza età) è arrivato nonostante tutto. Nella mia vita non ho mai avuto qualcosa di superfluo; a volte ho dovuto chiedere aiuto e ciò che ho mangiato sapeva di sale (è stato sudato). Ma quello che chiedo ora mi basta: sapere dove debbo andare prima o poi, se veramente da qualche parte c’è l’eternità. 171 BON NADEL 1998 Nèbbia, niva e tramuntèna, ma la Festa un’enta stmèna. Un pu’ d’ébri sparnazèdd tal su luci pini ad frèdd già l’i m dis che insèn se gel anchè st’an l’è arvàt Nadèl, che d’arnòv l’è la Pasquèla sla su Grota e sla su Stèla. Ma i pansjìr j è sempri ad piô, un ent an l’è già ‘ndè sô, e diabét u n cala mai, se stipèndji l’è tôtt tai. Anchè e fiùl te su studjì u n’à prèssia mai da fnì e la mòj, gnenca a parlèn, quel ch’a fac, u n va mai bèn. Bon Nadèl, Bon An l’istèss! Bon e nov e cl’elt che fnéss. 172 BUON NATALE Nebbia, neve e tramontana: manca una settimana alla Festa. Qualche albero di Natale malconcio e le sue luci piene di freddo già mi dicono che insieme al gelo anche quest’anno è arrivato il Natale, che di nuovo è l’Epifania con la Grotta e con la Stella. Ma i pensieri sono sempre di più: è passato un altro anno, il diabete non scende mai, sullo stipendio sono tutte tasse. Anche il figlio nei suoi studi non ha affatto fretta di laurearsi E la moglie, neppure dirlo, non gradisce mai quello che faccio. Buon Natale e Buon Anno ugualmente! Buono il nuovo e Buono il vecchio. UN PEZ IN LA’ 2000 Ormai ch’a so già arvàt un pez in là ch’a vegh un fil ad lòun ma che purtòun che un dé, anchè s’a n vôj, u s’arvirà per fèm andé duvè ch’u n s’è nisòun, a m guèrd in gir da tònda in qua e in là per véda s’ò lasc gnint a t’un cantòun ch’u m posa fè durmì tl’eternità cumè parécc i dis ch’l’à fat qualchdòun. Ma a vegh e mi pez d’tèra pina ad fiùr che e vènt apôina u j mov se fè dal dé e i raz ch’i chenta ligri te sigùr tra’l piénti e tra j ulìv ch’a j ò arlivè. E alora a n’ò paura se fa scur, s’u j è ‘na porta vèrta anchè per me. UN POCO AVANTI Ora che sono giunto un po’ avanti cogli anni da vedere già un po’ di luce in quel portone che un giorno purtroppo s’aprirà per farmi andare dove non sarò nessuno, mi guardo attorno per vedere se in un angolino ho lasciato qualcosa che mi possa fare riposare per l’eternità come molti dicono aver già fatto altri. Ma vedo il mio pezzo di terra pieno di fiori che il vento appena muove all’alba e gli uccelli che cantano allegri al sicuro tra le piante e gli ulivi che ho allevato. Ed allora non ho paura del buio, se c’è una porta aperta anche per me. 173 C’ME’ UN FIOR La vita l’è c’mè un fior che nasc t’un prè alora che l’inverni e sta per fnì; e spunta tra e falasch un po’ per dé e pô l’aspéta e frèdd che vaga vì. Te vird l’è ‘d’na bilèzza ch’l’à un so chè ch’u n s trova cal paroli ch’us po’ dì e l’à un udòr tènt bon da fè scurdè che luta snà qualch dé prima ‘d murì. Epure e vèl la pôina da campèla; u n conta su j è e sol o e tampurél; e basta putì véda anchè ‘na stèla, un chén che baia ad nòta drì un cancél, un lòun ch’l’è ancora ces te mèz d’na sèla, ‘na mama ch’la dis nana m’un burdèl. 174 COME UN FIORE La vita è come un fiore che nasce in un prato quando l’inverno sta per finire; spunta tra il falasco un poco al giorno e attende così che il freddo finisca. Nel verde è di una bellezza tale che ha qualcosa che nessuno trova le parole per dirlo ed ha un profumo tanto buono da far dimenticare che vive solo qualche giorno prima di morire. Eppure vale la pena viverla; non importa se c’è il sole o il temporale; è sufficiente poter vedere anche una sola stella, un cane che abbaia di notte dietro un cancello, un lume che è ancora accesso in mezzo ad una sala, una mamma che canta la ninna nanna al suo bambino. PANSJIR 12 novembre 2001 Jir sera im tach a scòrr ad quand ch’u s mor, s’u j è caicosa ad là, s’l’è cumè ‘d’qua, se un l’arnasc burdèl te caratèl, se un l’avrà stent’an sa tôtt i dan, se un u n’avrà vint sa tôtt i dint, s’l’avrà la moj ti pì e al gnorgni drì, se per magné e bé l’è cumè i che. ‘N’arsposta la n s’è trova vecia o nova. A sem arvènz c’mè jìr se nost pansjìr. 175 PENSIERO Ieri sera abbiamo cominciato a discutere di quando si muore, se c’è qualcosa nell’Aldilà, se è come a questo mondo, se uno rinasce bambino nel suo girello, se uno avrà settant’anni con tutti i suoi acciacchi, se uno avrà vent’anni con tutti i suoi denti, se avrà tra i piedi la moglie con tutte le sue manfrine, se per mangiare e bere sarà come a questo mondo. Non si è trovata una risposta né vecchia né nuova. Siamo rimasti come ieri col nostro pensiero. E ANCORA Dal vòlti quand ch’a vegh ch’u j è un vicètt che dmanda m’un incròs la carità e e tin t’cla mena slonga un pori brètt che per un chen ch’l’à bsògn d’un po’ d’pietà, a m sint un chè ma doss ch’u m ciapa strètt a fèj sal dedi e sègn che vù dì ‘d’nà; e u m pèr da veda at ch’j òcc ch’im guèrda fétt la facia de mi ba ch’la vin da ‘d’là. Alora u m vin in ment chi gran brôtt dé ch’a n’eva un frènch da sbat insèn sa cl’èlt e aveva dal cambiéli da paghé. O’ fat i cal m’al mèni, ò fat i sèlt per ‘vè un pez ad cherta e per magné e ancora a fac fadiga a guardè in èlt. 176 ED ANCORA A volte quando vedo un vecchietto che ad un incrocio chiede l’elemosina e tiene nella mano tesa un povero cappello da sembrare un cane bisognoso di pietà, mi sento alquanto imbarazzato a fare con le dita un gesto di rifiuto e mi sembra di vedere in quegli occhi che mi guardano il volto di mio padre che mi giunge dall’aldilà. Allora ricordo quei brutti giorni quando non avevo il becco di un quattrino e dovevo pagare le cambiali. Ho fatto i calli alle mani, ho fatto i salti mortali per laurearmi e per tirare a campare ed ancora faccio fatica ad alzare la schiena. E TRENO DLA MI VITA 15 settembre 2003 U j è ‘na strèda rétta tra dô sivi duvè che côrr e treno dla mi vita; ‘na volta ai so mont sô senza valisi e sôbti ò trov inquél un po’ in salida. Da alora a gl’j è stè tènti al sorbi grisi ch’li n m’à permèss dal volti un po’ da rida, ma e treno u n s’è mai fèrmi, u n’è ‘ndè in crisi e ancora, a pèrta j an, e va a la vjìda. Adèss che la gran pressia l’à gia fnì c’mè un fioun ch’l’è ‘rvàt da un pez ma la pianura, a vegh a sparì ‘l ròbi ad schent e ad drì e a sint fis-cì sla facia un’enta bura tra j utmi sprai ad sol ch’j è drì a sparì tla nota ch’la vin sô sempri piô scura. IL TRENO DELLA MIA VITA C’è una strada diritta tra due siepi dove corre il treno della mia vita; un tempo ci sono salito senza avere nulla e subito ho trovato tutto in salita. Da allora sono stati tanti i bocconi amari che a volte non mi hanno consentito un po’ di sorridere, ma il treno non si è mai fermato, non si è guastato ed ancora, nonostante l’età, va speditamente. Ora che la grande fretta è finita come un fiume che da tanto è arrivato in pianura, vedo sparire le cose di fianco e dietro di me e sento fischiarmi in faccia un altro vento gelido tra gli ultimi raggi di sole che stanno scomparendo nella notte che avanza sempre più buia. 177 E A M DMAND 178 Te bar i discut da ormai vint minùt de solit palòun ‘t’na gran cunfusiòun. D’un chent j à da fè a scorr in dô tre dla bôsta ch’la cala, dla spesa ch’la sdala; da cl’elt i s’aragna a scòrr dla Rumagna, dla tèra e de vôin che st’an l’è bunôin. E intènt e cimént e cruv tôtt i chémp, m’al strèdi u s camôina sè e nà multapôina... Me bench, da per me, a begh un cafè e a m dmand cumè mai ò fat e gran sbai da stè t’un paés ch’u n’à nisùn pés. E MI CHIEDO Nel bar discutono da ormai venti minuti del solito calcio in una grande confusione. Da una parte si affannano a parlare in crocchio della busta paga che perde potere d’acquisto, della spesa che manda in rovina; dall’altra si riscaldano parlando di Romagna, della sua terra e del suo vino che quest’anno è buono. E intanto il cemento copre tutta la campagna, per le strade si cammina sì e no a malapena... Al banco, da solo, sorseggio un caffè e mi chiedo come mai ho commesso il grande errore di abitare in un paese che non ha alcun peso. SILVIA 27 novembre2003 Cumè ‘na frôfla ad niva ch’la vin giô e la n fa tèmp arvì ch’la cmènza a sfès, l’è pasa sa sta tèra sun frô frô ligira c’mè ‘na piômma ch’la n’à pés. Crést, ch’u l’eva dè, u l’à arpòrta sô, apôina al temp da véda a nasc e més; l’aveva vint-nov an, gnench’un ad piô, e mond davènti j òcc ancora rès. La requia, ch’la n fnéss mai, Te dai, Signor, ch’la posa viva ad d’là j an ch’la n’à ‘vù e stè insèn si su ch’i l’à te cor. E dà ma quei ch’j è rést, ch’i l’à cnusù, la forza da capì perché ch’u s mor, perché sa Te tropp prest ad d’là T’l’ì vlù. SANCHINI SILVIA +1. 8.2003 Come un fiocco di neve che scende dal cielo e non fa tempo a toccare terra che comincia a sciogliersi, Silvia è passata su questa terra con un fruscio leggera come una piuma lievissima. Cristo, che l’aveva concessa, l’ha riportata in cielo, appena il tempo di vedere nascere un altro mese; aveva 29 anni, nemmeno uno di più, il mondo davanti a sé ancora intatto. L’eterno riposo dona a lei, o Signore, che possa vivere nell’Aldilà gli anni che non ha avuto e viverli insieme ai suoi genitori che la conservano nel cuore. E concedi a chi è rimasto, e che l’ha conosciuta, la forza di capire perché si muore, perché l’hai voluta troppo presto con Te nell’Aldilà. 179 L’AMOR ‘D’LA MA 28 febbraio 2004 Cus èll ch’u j è ‘d’piô bel dl’amor d’la ma, che un dé la t’à arlivè, badè la nota, ch’l’à stolt per sé e pèn, s’la n n’eva a sà, ch’l’à fat per te inquèl, la niva cota? Tôtt quei ch’i la pò veda ancora i qua, magari i n si rend cont, ma dopp u j scota, che lì l’à i su cunséj e la t’ì dà fin’ènta ch’l’avrà e fjìd ch’u j va vì d’bota. La mì l’a s’è già avjì sô ma cla strèda, ma jì a so sigùr ch’l’è i lé a ‘spitèm per fè cl’elt pez insèn ma la calèda. L’amor d’la ma l’è grand c’mè na strilèda ch’ò vest sa lì ‘na nota a Galazèn; e lì la sarà i lé cumè cl’instèda. 180 L’AMORE MATERNO Cosa c’è di più grande dell’amore della mamma, che un giorno ti ha allevato, vegliato la notte, che si è tolta il pane di bocca, se non le bastava per te, che ti ha fatto di tutto, anche l’impossibile? Tutti quelli, la cui mamma è ancora in vita, magari non si rendono conto, e dopo se ne pentiranno, che ella ha la saggezza e che ti vuole consigliare fino al suo ultimo giorno di vita. Mia mamma si è già incamminata nell’aldilà, ma io sono certo che mi sta aspettando per fare l’ultimo pezzo di strada insieme al tramonto. L’amore della mamma è grande come il cielo stellato che ho visto insieme a lei una notte a Galazzano; e lei sarà lì come in quella notte d’estate. ROSI 2 marzo 2004 Te bel che te mes d’mag l’udora e fôin e al lôcc-li a l va e a l vin giô sora e grèn, u s sint amnì la sera da i giardôin ‘n’udòr ch’l’ampnéss e cor e che fa ben: l’è ‘l rosi già fiurìdi d’un zaltôin cumè la gelusia ad quei ch’j è insèn; l’è ‘l rosi bienchi bienchi, ch’u j n’è un crôin, e a gl’j à un gôst d’pulìd che tcì già in pién; l’è ‘l rosi ch’a gl’j è rossi e a gl’j à n’udor ch’a l fa stè ben ma tôtt j inamurèdd; l’è ‘l rosi ch’a gl’j è rosa e a l dis me cor ch’l’à cmenz a batt ormai anchè d’amor; l’è ‘l rosi rossi scuri che, arvat e frèdd, a l dis me cor, ch’l’à smèss, che tôtt u n mor. ROSE Quando in pieno maggio profuma il fieno e le lucciole volteggiano sul grano, si sente la sera giungere dai giardini un profumo che riempie il cuore e che fa bene: sono le rose già fiorite di giallo come la gelosia degli innamorati; sono le rose bianchissime, e ce ne sono tante, che hanno un piacere di pulito che fa sentire in pace; sono le rose rosse che hanno un profumo che fa star bene gli innamorati; sono le rose di colore rosa che dicono al cuore che ha cominciato a battere ora anche d’amore; sono le rose rosso scuro che, giunto il freddo (della morte) dicono al cuore, che si è fermato, che tutto non muore. 181 A CRED 27 dicembre 2004 A cred ch’u j è e Signor, a n so ‘vilìd e e mi pansjìr u n mor, u n’è mai fnìd. A cred ch’u j è da vera, ch’l’à fat tôtt, i fiùr ch’i cresc sla terra e tôtt i frôtt. A cred ch’l’è sempri Lô quel du ch’arìv; Allah, Javè, Gisô, comunque i l scriv. A cred ch’l’à fat ‘n’ent mond, ma a n so du ch’l’è; adèss ch’a m trov se fond, a l vréja savé. A cred ch’u j è e Signor, a so ch’a n mor. 182 IO CREDO Io credo che il Signore esiste, non sono avvilito ed il mio pensiero non muore, non finirà mai. Credo che esiste veramente, che ha creato tutto, i fiori che crescono sulla terra e tutti i frutti. Credo che è sempre Lui la meta dei miei ragionamenti; Allah, Javè, Gesù comunque il suo nome venga scritto. Credo che ha creato l’aldilà, ma non so dove, ora, che mi trovo sul fondo, vorrei saperlo. Io credo che il Signore esiste, so che non morirò. PIGRI... 9 febbraio 2005 La niva ma la strèda la ngn’j è piô, e sol u l’à già sfata guasi tôtta, ma piô ch’u s guerda in elt e ch’u s va sô, e piô per quei, ch’i i sta, la dventa brôtta. Alora, quand ch’l’è casca, l’era sôtta; se sol, anchè s’l’è fredd, l’è andè un po’ giô; ti chemp, duvè che e vent ‘n’ent po’ u l’à ‘rbôtta, adèss u s ved al pigri e a pr’aria e blô. E drôinta a m sint adèss un fat so chè cumè s’a fôss znin znin ma Galazèn da sdé già ma la tevla ad aspitè. E arvégh chi bei radécc che adèss i ngn’j è, la pieda sal lugliosi o un curnôc ‘d’pèn, la fiamba de camôin ch’a n poss scurdè. CHIAZZE DI NEVE... Lungo la strada la neve non c’è più, il sole l’ha sciolta quasi tutta, ma più si guarda verso i monti e vi si sale, e più, per chi abita quei luoghi, la situazione si fa difficile. Allora, quando è caduta, era asciutta; col sole, anche se fa freddo, è calata un po’; nei campi, dove il vento l’ha accumulata, ora si vedono chiazze di neve ed in alto il cielo è blu. E nel cuore mi sento un qualcosa come se fossi bambino a Galazzano seduto a tavola ad aspettare la cena. E rivedo quei bei radicchi di campagna che non ci sono più, la piada con le carote selvatiche o un pezzo di pane, la fiamma del mio camino che non posso dimenticare. 183 PORI BIS-CIULINI 6 aprile 2005 Adèss che i mi cagnìn j à fnì ‘d’campè, la moi la dis ch’u j pèr da santìj piègn; e jì, ch’ai vegh ancora tôtt i lé, a m sint a culè j òcc per un ent bregn. Oh pori bis-ciulìni, ch’a sì andè t’na busa sotta tera e un’asa ad lègn, durmì adèss in pesa nòta e dé sla mama ch’la v’à ‘rcòlt e che la v strègn. Mu me, che per set dé a v’ò trat sô, u m per da tniv ancora cuert ti pan; a n vôj santìv a piègn, nu fèl mai piô. E mond l’è stè cativ; a sì i lasô insèn sla vosta mama drì e capàn, ma un dé amnirò a tòv e andrèm da Lô. 184 POVERE BESTIOLINE Ora che i miei cagnolini sono morti, mia moglie dice che le sembra di sentirli piangere; ed io, che li vedo ancora nello studio tutti e cinque, mi sento scendere le lacrime per un altro pianto. Oh povere bestioline, che siete andate sotto terra coperte da una tavola di legno, dormite adesso in pace per sempre con la mamma morta di parto che vi ha riaccolti e che vi stringe. A me, che vi ho allevato per sette giorni, sembra di tenervi ancora avvolti nei panni; non voglio sentirvi piangere, non fatelo mai più. La natura è stata cattiva; siete lassù nella terra insieme con la vostra mamma accanto il capanno, ma un giorno verrò a prendervi e saliremo a Lui. A VLIMJI VIV 10 aprile 2005 Oh mond, tcì stè catìv sa nujìlt cinq. A sirmji apôina viv e già tôtt tinq. Avém ciamè la ma ma la n s’è ancòrta, la n’era piô d’i qua, lì l’era morta. A vlimji arvì j ucìn per veda e mond, a vlìmji anchè nun znin guardès d’atònd. A vlìmji côrr te chemp tra meza i fiùr e invici u ngn’j è stè al temp, u s’è fat scur. Oh, mond, tcì stè cativ! A vlìmji viv! 185 VOLEVAMO VIVERE O mondo, sei stato cattivo con noi cinque cagnolini. Eravamo appena nati e già quasi assiderati. Abbiamo chiamato la mamma ma non si è accorta di noi, non era più di questo mondo, era morta. Volevamo aprire i piccoli occhi per vedere il mondo, volevamo anche noi piccolini guardarci attorno. Volevamo correre nel campo in mezzo ai fiori ed invece non c’è stato tempo, si è fatto buio. Oh mondo, sei stato cattivo! Volevamo vivere! STA TERA 15 luglio 2005 Un vènt, che tira fort da sbata inquèl, e vin da la pianura sô me mont; l’è un’aria ad tramuntèna, un fil ad gel che al stèli ad una ad una adèss t’a l cont. Scurgheda, quatri chesi e e su Castel, se mont che pèr scap fura manda e fond, adèss l’è c’mè un presepi al dé ‘d’Nadèl sal luci ch’a l starlécca tôtt d’atònd. Da Rèmni a Miramare fin’Arciòun l’è tôtt ‘na fila ad luci ch’l’i n fnéss piô; tla Vélla e at Corpolò l’è tôtt lampiòun. E Vrôcc e Sammarôin e ch’jìlt cantòun j è c’mè di scòi ch’i s perd t’un mer ad blô; e tôtt l’è i sé tent bel ch’u n sa nisòun. 186 QUESTA TERRA Un vento, che tira così forte da sbattere tutto, sale dalla pianura per le pendici di Verucchio; è un’aria di tramontana, un gelo leggero che ora conti le stelle ad una ad una. Torriana. quattro case ed il suo Castello, sul monte che pare emerso dal mare, ora è come un presepe il giorno di Natale con le luci che brillano tutto intorno. Da Rimini a Miramare fino a Riccione è un’unica fila di luci che non finisce più; a Villa Verucchio e a Corpolò è tutto un lampione. E Verucchio e San Marino e gli altri paesi sono tanti scogli che si perdono in un mare blu; e tutto è così incredibilmente bello. NYERERE PICCHIA 28 gennaio 2006 O’ vest e loun dal dé e ò fnì ‘d’campè. Un mel a vintquatr’an u m’à dè dan e dopp tre mis poch piô u m’à tòlt sô. O’ avù ‘na vita bèla; putì arvela, giughì drì mal farfali bienchi e zali! Adéss arpòns te chemp sa Diana ad schent. Ma l’ombra d’una crosa aspèt la vosa che un dé a santirò, e jì ai sarò per veda i mi padròun senza gucc-lòun. NYERERE PICCHIA* Ho visto la luce del giorno ed ho chiuso la mia vita. Un tumore a ventiquattro anni mi ha rovinata e dopo poco più di tre mesi mi ha portata via da questo mondo. Ho avuto una esistenza bella; oh potessi riaverla, giocare con le farfalle bianche e gialle! Ora riposo nel campo con *Diana a fianco. All’ombra di una croce aspetto la voce che sentirò un giorno, ed io ci sarò per vedere i miei padroni senza più lacrimoni. Nyerere Picchia: gatta soriana nera con pettorina, baffi e zampine bianche nata nel 1981, morta il 28.01.2006 all’età di 25 anni. Diana: cagnolina lagotta nata nel 1998, morta il 29/30 marzo 2005 di parto. 187 GERANTI 19 giugno 2006 Te sol già drì a calè per la valèda, pin ‘d voja da campè, ì vést la strèda ch’la porta da e Signor te Lòun ch’u n fnéss e adèss a gl’j eli d’or a l guardè féss ma ch’j ang-li ch’i v’aspeta tôtt insèn per cumpagnev per strèda sô pien pien. Jìr sera i v’à ciamè: “Amnì, Giarìn.” e vô a v sì lasc andè cumè un burdlìn che ciùd j uciùn cuntènt sla mama ad schent. 188 LAZZARO LAZZARINI “Geranti” + 19.6.2006 Nell’ora del tramonto sulla Valle del Marecchia, pieno di voglia di vivere, avete visto la strada che conduce al Signore nella Luce eterna ed ora le ali d’oro guardate fissamente agli angeli che vi aspettano tutti insieme per accompagnarvi per strada in cielo adagio adagio. Ieri sera vi hanno chiamato: “Venite, Giarin.” e voi vi siete lasciato andare come un bambino che chiude i grandi occhi felice con la madre a fianco. NU SONA FORT 20 giugno 2006 Adess nu sona fort, campèna a mort ; Geranti u s’è indurmènt at ste mumènt. I vèc j à e sonn ligìr, j à poch pansjìr. L’à lasc tent raz da fnì, u ngn’j è stè drì; l’aveva un gran da fè at t’j utmi dé cumè s’l’avéss santì l’inzèmp ti pì. Adèss nu sona piô, lasli andè sô, j amigh ch’l’aveva un dé j è già i lé per scòrr un po’ sa lô t’un ent burò. 189 NON SUONARE FORTE Ora non suonare forte, campana a morto; Lazzaro Lazzarini si è addormentato in questo momento. I vecchi hanno il sonno leggero, hanno poche preoccupazioni. Ha lasciato tanti uccelli da finire, non ce l’ha fatta; aveva tanto lavoro negli ultimi giorni quasi avesse sentito l’incidente in arrivo. Ora non suonare più, lascialo salire in cielo, gli amici di un tempo sono già lì per parlare un po’ con lui in un altro burò.* *Bar del ristorante Zanni dove Geranti si recava a bere un bicchiere o un caffé con gli amici. Parte quarta Saggistica 191 QUALCHE PENSIERO A MARGINE DEL CASO GRASS di Luciano Canfora Nel 1987, al principio di ottobre, l’editore Garzanti mandò in libreria le memorie di Ingmar Bergman, il grande regista, forse uno dei maestri del cinema mondiale. Il volume, intitolato Lanterna magica, conteneva alcune pagine (che furono anticipate dal quotidiano “La Repubblica” l’11 ottobre) sulla adesione di Bergman al nazismo nel 1936, in Turingia. Bergman, nato a Stoccolma nel 1918, aveva allora 18 anni. Bergman fu entusiasta di quella sua esperienza tedesca. E ricorda tra l’altro come il pastore, alla cui predica aveva assistito insieme con la famiglia che lo ospitava, aveva scelto come testi di partenza per il suo discorso non brani delle Scritture ma il Mein Kampf. La rivelazione fece un certo scalpore - vent’anni fa -, ma la conclusione generale fu che non aveva senso concentrarsi sulla infatuazione di un diciottenne. Né parve decente infierire su Bergman perché spiegasse come mai avesse atteso la stesura della propria autobiografia (cinquanta anni dopo i fatti narrati) per fare quella rivelazione. Le rivelazioni sull’adesione, mai rinnegata, di Heidegger al nazismo hanno avuto a lungo vita difficile. La reazione era per lo più indignata, sia nei confronti del libro di Farias, sia, più di recente verso quello di Emmanuel Faye (Albin Michel 2005). Eppure è dimostrato che addirittura Heidegger scriveva discorsi per il Führer, si definiva “fedele militante” e sosteneva che gli Ebrei andavano “annientati”. Per un po’ si è tentato di dire che non era vero, poi ci si è trincerati dietro la linea “Maginot” consistente nel dire: che importa! Resta un grande filosofo. Leni Riefenstahl fu regista ufficiale di regime, amica e cliente di Goebbels, mise sullo schermo tutti gli elementi biologici e razzisti dell’ideologia nazista: dalla “ewige Schönheit” (eterna bellezza) alla cronaca delle adunate di partito, alle olimpiadi che avrebbero dovuto segnare il trionfo della “razza ariana”. Scampò bellamente alla fine che si meritava e da vecchia, godendo di una salute d’acciaio, continuò a concepire e produrre film nei quali il biologismo razzista trasuda da ogni parte. E’ stata osannata, in vita e in morte: si è arrivati a scrivere, nelle adulazioni post-mortem, che, in fondo, era stata sottilmente anti-nazista. Ignazio Silone è un caso limite. E’ ormai dimostrato, al di là di ogni dubbio, grazie agli studi di Canali e Biocca, che era stato spia della polizia dal 1918, cioè da “giovane socialista” e ben prima che il commissario Bellone lo assoldasse come spia del fascismo. Nonostante le prove (tra le altre, la foto dei dirigenti comunisti clandestini in Francia, da Silone inviata al suo referente poliziesco coi nomi e gli pseudonimi di ciascuno!), c’è una parte non piccola del ceto giornalistico italiano che continua a negare l’evidenza, sulla scia di Indro Montanelli (buono quello!) il quale disse “mi rifiuterò di crederci anche di fronte a prove inoppugnabili”. Qualcuno, memore dell’italico 193 familismo, tenta di giustificarlo dicendo:“lo faceva per salvare il fratello”, ma dimenticano che l’attività di spia era incominciata molto prima che il fratello fosse imprigionato. Siccome Silone fu una bandiera dell’anti-comunismo, non c’è verso di dare alla verità su di lui lo spazio che merita. Ma nel caso di Günther Grass si è proceduto in modo del tutto opposto. Come Bergman, egli ha atteso di parlare dell’incauto passo compiuto a 15 anni di offrirsi volontario per la Wehrmacht il momento in cui ha deciso di scrivere memorie autobiografiche. Diversamente da Silone, non ha tradito nessuno. Diversamente da Heidegger, non ha approfittato di una cattedra prestigiosa per diffondere veleno nazista. Diversamente dalla Riefenstahl, non ha lucrato sulle proprie scelte politiche. Al contrario, è stato sempre guardato male perché non conformista, da una Germania sempre più intollerante qual è stata la Repubblica federale fino almeno al ’68 e la Repubblica riunificata, dal ’90 in poi. Sempre più intollerante e sempre più protesa a riscrivere la storia. 194 L’ÉLITE ECONOMICA NELL’ITALIA CONTEMPORANEA di Roberto Giulianelli e Ercole Sori1 1. Premessa È con qualche imbarazzo che chi si occupa di storia economica si appresta a commentare dati per loro natura sincronici o che presentano intervalli di diacronia molto ridotti (1990-2004; 1998-2004). Queste perplessità si aggiungono a quella ovvia relativa alla natura del data base (il Who’s Who) e alla specificazione empirica che implicitamente essa dà della nozione di élite. Né conviene qui affrontare il problema di come definire un concetto, eminentemente sociologico, come quello di élite e del suo rapporto con quello politologico di classe dirigente. Non conviene neppure commentare la letteratura storica e storico-economica sulla classe dirigente italiana nell’epoca dell’industrializzazione e della modernizzazione2, se non per osservare come essa abbia riservato al tema delle élites nazionali un’attenzione piuttosto modesta. Ciò è avvenuto per tre motivi principali. Il primo, è lo scarso interesse per i meccanismi di formazione e di ricambio dei gruppi dirigenti politici che ha a lungo caratterizzato gli studi del dopoguerra. Il secondo è l’indirizzo ideologico che suggeriva di esaminare i grandi movimenti di massa, escludendo i temi in qualche modo collegabili alle note tesi elitiste di Mosca, Pareto e Michels. Il terzo, infine, è il diffuso radicamento della teoria di matrice gobettiana secondo cui le peggiori disgrazie politiche ed economiche italiane dall’Unità in avanti andavano attribuite alla latitanza di una vera classe 1 - Sebbene questo saggio sia il risultato di una comune riflessione, i paragrafi 2 e 3 sono stati redatti da Roberto Giulianelli, mentre i paragrafi 4 e 5 sono di Ercole Sori. 2 - Piuttosto datata è una letteratura degli anni ’60 e, soprattutto, dei primi anni ’70 sulle classi sociali: L. Cavalli, Sociologia della storia d’Italia, 1861-1974, Bologna, Il Mulino, 1974; P. Sylos Labini, Saggio sulle classi sociali, Roma-Bari, Laterza, 1974; A. Pichierri, Le classi sociali in Italia, 1870-1970, Torino, Loescher, 1974; S. F. Romano, Le classi sociali in Italia, dal Medioevo all’età contemporanea, Torino, Einaudi, 1965 e 1977. Più aggiornato il saggio di P. Villani, Gruppi sociali e classe dirigente all’indomani dell’Unità, in Storia d’Italia, Annali, Torino, Einaudi, 1978. L’emergere della borghesia industriale italiana e i suoi sviluppi sono temi affrontati da vari autori. Ricordiamo: G. Baglioni, L’ideologia della borghesia industriale nell’Italia liberale, Torino, Einaudi, 1974, AA.VV., L’imprenditorialità italiana dopo l’Unità. L’inchiesta industriale del 1870-1874, Milano, Etas Kompass, 1974; V. Castronovo, Grandi e piccoli borghesi. La via italiana al capitalismo, Roma-Bari, Laterza, 1988; più recentemente, A.. Castagnoli e E. Scarpellini, Storia degli imprenditori italiani, Torino, Einaidi, 2003. Di grande efficacia interpretativa le recenti sintesi, a cavallo tra storia dell’industria e storia della borghesia industriale, di: G. Berta, L’Italia delle fabbriche. Genealogie ed esperienze dell’industrialismo nel Novecento, Bologna, Il Mulino, 2001; F. Amatori e A.. Colli, Impresa e industria in Italia dall’Unità a oggi, Venezia, Marsilio, 1999. Di pari interesse il filone di studi sulle “borghesie” al plurale avviato dai “Quaderni Storici”, vol. 56, 1984, curato da P. Macry e R. Romanelli (Borghesie urbane dell’Ottocento). Ne sono derivati: P. Frascani, Les professions bourgeoises en Italie à l’époque libérale (1860-1920), in “Mélanges de l’école française de Rome. Moyen Age-Temps modernes”, vol. 97 (1); P. Macry, Notables, professions libérales, employés, ibidem; R. Romanelli, La bourgeoisie italienne entre modernité et tradition: ses rapports avec l’Ètat après l’unification, ibidem. Una sintesi sull’argomento è stata fatta da M. Meriggi, La borghesia italiana, in J. Kocka, Borghesie europee dell’Ottocento, Venezia, Marsilio, 1989. 195 196 dirigente nazionale, sulla quale era pertanto inutile spendersi in ricerche3. Negli ultimi anni, al contrario, si è avvertito un crescente interesse intorno a questo argomento: di qui la pubblicazione di vari saggi sulla burocrazia, sui militari, sui magistrati, sui parlamentari, sulle professioni in genere. Gli studiosi devono fare i conti con la storica mancanza in Italia di “incubatrici” delle élites, ovvero di luoghi deputati alla loro specifica formazione. L’inesistenza di istituzioni analoghe alle grandes écoles francesi ha una ricaduta importante sul piano dell’indagine storiografica, in quanto costringe a prendere in esame le classi dirigenti italiane non prima che esse abbiano raggiunto, per così dire, la loro piena maturità. In letteratura è già stata comprovata la possibilità di descrivere, in prospettiva diacronica, le élites italiane attraverso il vaglio di alcuni repertori correnti4. Per “simpatia” metodologica verso gli altri contributi che compongono questo volume e per dare uno spessore di qualche rilevanza storica al problema dei gruppi dirigenti nell’economia dell’Italia unita, sembra dunque possibile sfruttare quantitativamente le informazioni contenute nel Dizionario biografico dei presidenti delle Camere di commercio italiane (1862-1944)5. Esso contiene biografie di personaggi che certo non costituiscono il nerbo dell’élite economica del Paese, ma possono comunque fornire, attraverso i loro profili sociali e professionali e attraverso le loro diverse caratterizzazioni regionali, spunti per riflettere sulla rappresentanza degli interessi economici nell’Italia liberale e fascista. 2. Una fonte per lo studio della élite economica nell’Italia fra l’Unità e la seconda guerra mondiale L’indomani della nascita dello stato unitario, il parlamento procedé con una ridefinizione normativa delle camere di commercio (legge n. 680, 6 luglio 1862), ponendosi su un piano di sostanziale omogeneità con le disposizioni assunte in materia dal regime napoleonico. Pur avendo natura privatistica, sin dall’unificazione del paese le camere di commercio funzionarono di fatto come enti pubblici, uno status nel quale furono infine trasformate per via legislativa nel 1910. Fra i compiti loro assegnati spiccavano quelli di ordine pedagogico-culturale, quelli di sostegno alla produzione locale e soprattutto quelli di informazione, per le rilevazioni statistiche svolte e trasmesse all’amministrazione centrale, si imposero 3 - Così G. Melis, Introduzione a Id. (a cura di), Le élites nella storia dell’Italia unita, Napoli, CUEN, 2003, pp. 9-10. 4 - Su questo tema cfr. V. Romani, Élites allo specchio: notabilato e repertori italiani di biografia corrente tra Otto e Novecento, ivi, pp. 261-276. 5 - G. Paletta (a cura di), Dizionario biografico dei presidenti delle Camere di commercio italiane (1862-1944), t. 2, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005. come i “sismografi dell’economia e dei rapporti socio-economici locali”6. Si aggiungevano quindi mansioni consultive, ovvero l’emissione di pareri sulle politiche economiche – in particolare, in materia doganale – progettate dall’esecutivo. La legge del 1862 intervenne, fra l’altro, nella formazione della loro compagine sociale, stabilendo che esse fossero composte da “tutti gli esercenti commerci, arti od industrie, capitani marittimi, che trovansi iscritti sulle liste elettorali politiche” (art. 19). Alla luce delle forti limitazioni allora previste per il suffragio, collegare la possibilità di prendere parte alla vita camerale con l’accesso all’elettorato attivo significava, di fatto, imporre stretti canali di entrata, dunque selezionare drasticamente il corpo sociale di questi istituti, dai quali restavano escluse in primo luogo le donne. L’applicazione di tale criterio produsse un duplice effetto: da un lato, comportò lo scollamento fra una parte considerevole del mondo produttivo – la porzione ancora non ammessa al voto politico – e le camere di commercio; dall’altro, contribuì a configurare i membri di queste ultime come una vera e propria élite. La legge del 1862 disponeva inoltre che tale élite dovesse esprimere la propria leadership designando – ogni due anni, a maggioranza assoluta dei votanti – le rispettive guide, cioè i propri presidenti7. Nei decenni successivi essa crebbe sul piano quantitativo di pari passo con l’espansione del suffragio sancita dalle riforme elettorali del 1882 e del 1912 (ma anche grazie a provvedimenti ad hoc che introdussero una serie di modifiche nelle stesse camere di commercio). La pubblicazione del Dizionario biografico dei presidenti delle Camere di commercio italiane (1862-1944) ha reso disponibile – come si è sopra accennato – una considerevole quantità di notizie sull’estrazione sociale, sugli itinerari professionali e, più in generale, sulle storie di vita di questi leaders, per un intervallo di tempo che va dall’Unità alla caduta del regime fascista. Nel complesso si tratta di circa 1100 schede biografiche che si offrono, in primo luogo, quali fonti qualitative, ma che si prestano anche a essere utilizzate – con le necessarie cautele8 – per costruire un mosaico quantitativo, le cui principali 6 - M. Malatesta, Le camere di commercio nel periodo liberale, in C. Mozzarelli, Economia e corporazioni. Il governo degli interessi nella storia d’Italia dal medioevo all’età contemporanea, Milano, Giuffrè, 1988, p. 274. 7 - Durante il fascismo, alla figura del presidente si sostituirono quelle del commissario governativo (dal 1924 al 1926), del vicepresidente del Consiglio provinciale dell’economia (istituto che prese il posto delle camere di commercio a partire dal 1926) e del vicepresidente del Consiglio provinciale delle corporazioni (1937-1944). 8 - La cautela si impone considerando lo specifico carattere della fonte. Il dizionario storico-biografico – questo non diversamente da altri – è infatti un’opera disomogenea in quanto, proponendosi di ricostruire in sintesi le vite di individui operanti in contesti territoriali e temporali differenti, fa leva su documentazioni variegate e spesso spurie, nonché su un corpo di collaboratori/redattori molto articolato. È inevitabile che, costringendo tale fonte a trasformarsi in quantitativa, emergano lacune informative e qualche incongruenza. Nell’apposita banca dati che si è realizzata e su cui si fondano le considerazioni esposte in questo saggio, è stato possibile inserire, ad esempio, i riferimenti relativi a “solo” 935 delle oltre 1100 schede biografiche presenti nel dizionario: le altre non contenevano infatti alcuna notizia 197 tessere sono riprodotte in appendice a questo saggio. 198 3. La dirigenza delle camere di commercio: il quadro generale La prima questione da affrontare riguarda il peso della proprietà fondiaria nelle camere di commercio, peso che la letteratura indica come molto rilevante9. Colta per l’intero paese e lungo tutto il periodo esaminato, la quota dei presidenti camerali/proprietari terrieri è pari al 24,1%, dunque piuttosto significativa. È però la prospettiva diacronica a fornire le indicazioni più interessanti, mostrando un progressivo calo della percentuale dei proprietari fondiari alla testa delle camere di commercio (dal 39,5% nel 1862-1896 al 17,8% nel 1897-1924, infine al 14,6% nel 1925-1944). Nel Sud si registra naturalmente il risultato più elevato fra il 1862 e il 1944 (27,7%), seguito da quello del Nord-Est-Centro (d’ora in avanti NEC, 23,5%) e del Nord-Ovest (17,8%). La maggiore concentrazione di presidenti/proprietari terrieri si manifesta, per tutte e tre le aree considerate, nella seconda metà dell’Ottocento (44,5% al Sud, 37,5% nel NEC, 31,2% nel Nord-Ovest), mentre nella fase successiva e fino al 1924 si avverte ovunque un forte calo, che prosegue fra il 1925 e il 1944, quando si nota inoltre un’inversione di posizioni fra il Mezzogiorno (adesso secondo, con il 14,4%) e il NEC (primo, con il 17,4%). Il Nord-Ovest rimane costantemente ultimo in questa graduatoria, con una quota che durante il Ventennio scende sotto il 10%. Bassa appare la frequenza con cui alla proprietà fondiaria si abbina l’appartenenza al ceto nobiliare. Appena tredici, fra i presidenti camerali italiani dall’Unità alla seconda guerra mondiale, risultano al contempo possidenti terrieri e membri dell’aristocrazia. Da quest’ultima, d’altra parte, il corpo sociale delle camere di commercio trae appena l’8,9% dei propri leaders, percentuale che è la somma di sensibili oscillazioni fra la fase immediatamente post-unitaria (9%), quella compresa tra il decollo industriale e la fine del sistema liberale (4,8%) e infine gli anni del fascismo al potere, quando si osserva una ripresa (11,3%), certo da giudicare alla luce della politica di rivalutazione dell’aristocrazia e dei ceti agrari, a fini di raccolta del consenso, messa in opera dal regime. Molto articolato si presenta il quadro regionale. Nel Nord-Ovest i nobili sono utile ai fini della nostra indagine. Inoltre, per un centinaio dei presidenti camerali manca il dato inerente alla professione svolta, così come per oltre la metà dei records non si hanno indicazioni in merito alla provenienza sociale. Molti, poi, i soggetti i quali hanno evidenziato una mobilità sociale che ne impedisce la collocazione entro categorie stabili. Nonostante questi fattori di indeterminatezza, il data base è in grado, se opportunamente interrogato, di fornire vari spunti di riflessione intorno all’argomento della élite economica nell’Italia pre-repubblicana. I dati raccolti sono stati suddivisi in tre aree regionali (Nord-Ovest, Nord-Est-Centro, Sud) e in altrettanti periodi (1862-1896, cioè la fase post-unitaria e precedente il decollo industriale; 1897-1924, ovvero dal take-off alla svolta totalitaria del fascismo; 1925-1944, ossia gli anni del regime). Questa ripartizione ha l’obiettivo di offrire un quadro sinottico e immediatamente significativo delle dinamiche in oggetto. 9 - Così G. Paletta, Alle origini della nascita del sistema imprenditoriale italiano: le élite camerali dal 1862 al 1944, in Id. (a cura di), Dizionario biografico dei presidenti delle Camere di commercio italiane (1862-1944), t. I, cit., p. XXXIV. di fatto assenti dai posti di comando camerali fino al 1925, dopodiché la loro percentuale sale notevolmente (16,2% del totale dei presidenti fino al 1944). Nel NEC, dopo una fase post-unitaria che non li vede tra i protagonisti delle camere di commercio, nei due periodi successivi essi consolidano la propria presenza (9,1% nel 1897-1924 e 10,8% nel 1925-1944). È il Sud, fra il 1862 e il 1896, a registrare il dato più alto, con oltre un quinto dei presidenti camerali che proviene dalle file della nobiltà, quota che poi precipita fino alla svolta totalitaria del fascismo (2,9%), per risalire poi durante il regime (9,6%). In realtà, pochi fra i presidenti/proprietari terrieri si occupano della conduzione dei propri fondi, ovvero hanno in quella agricola la loro attività economica principale. La quota complessiva degli “agrari” su base nazionale, infatti, è modesta (7,4%) e tuttavia evidenzia sia un notevole incremento nell’ultima fase (12,7% durante il Ventennio, contro il 5-6% dei periodi precedenti), sia una marcata prevalenza nelle regioni meridionali (10,5% nell’intero periodo in esame) rispetto al NEC (7,1%) e al Nord-Ovest (3,4%). La storiografia ha sottolineato come una delle principali aspirazioni dei proprietari terrieri e dei nobili – già nell’Inghilterra del primo Ottocento10 e, non diversamente, nell’Italia post-unitaria – fosse quella di “prolungare” se stessi negli studi e nelle libere professioni11. Fra queste ultime, non tutte erano considerate ugualmente utili per raggiungere lo scopo prefissato, che era garantirsi una buona visibilità e preziose relazioni sociali. Per i possidenti e gli aristocratici, le professioni collegate con il diritto esercitavano senza dubbio una forza di attrazione superiore alle altre. Questo spiega perché nell’Italia post-risorgimentale gran parte degli avvocati provenissero proprio da famiglie con rilevanti proprietà terriere12. Peraltro, entrare a far parte dell’élite sociale non comportava automaticamente dei vantaggi economici: almeno fino al termine dell’Ottocento, infatti, “i professionisti italiani non erano ricchi e gli avvocati non facevano eccezione”13 e continuarono, per lo più, ad avere nella rendita fondiaria la loro principale fonte di ricchezza. L’avvicinamento degli agrari e dei nobili alle professioni liberali si realizzò 10 - M. Malatesta, Professioni e professionisti, in Storia d’Italia. I professionisti, vol. 25, Torino, Einaudi, 1996, p. XV. 11 - L. Cafagna, Considerazioni sui rapporti fra imprenditori e politica nella storia d’Italia, in “Annali di storia dell’impresa”, 1988, n. 44, p. 460. 12 - Cfr. H. Siegrist, Gli avvocati nell’Italia del XIX secolo. Provenienza e matrimoni, titoli e prestigio, in “Meridiana”, 1994, n. 4. Su tale professione si vedano anche F. Tacchi, Gli avvocati italiani dall’Unità alla repubblica, Bologna, Il Mulino, 2002 e M. Malatesta, La riproduzione di un’élite: gli avvocati italiani dall’Unità alla Repubblica, in “Società e Storia”, 2003, n. 100-101. Diverso discorso va fatto per i notai, molti dei quali, già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, erano figli di commercianti e impiegati: fino al 1913, infatti, per esercitare questa professione non era richiesto il possesso di una laurea e ciò finiva per deprimere lo status sociale del notaio (cfr. M. Santoro, Le trasformazioni in campo giuridico. Avvocati, procuratori e notai dall’Unità alla Repubblica, in Storia d’Italia. I professionisti, cit. e Id., Notai. Storia sociale di una professione in Italia, Bologna, Il Mulino, 1998). 13 - Malatesta, La riproduzione di un’élite, cit., p. 524. 199 200 massimamente nelle regioni centrali, là “dove meno ampi erano i centri urbani e dove più stretta era la relazione tra politica e controllo dell’accesso alla terra”14. Un quadro confermato dalla nostra fonte, che mostra non solo come quasi un quinto dei presidenti camerali/proprietari fondiari nell’Italia fra il 1862 e il 1944 fossero avvocati, notai, ingegneri, medici o comunque in possesso di un laurea, ma segnala anche che la loro presenza si concentrava soprattutto del NEC. Una cospicua parte degli agrari probabilmente si occupava della messa in vendita dei propri prodotti e, in questo senso, rientrava anche nella categoria dei “commercianti”. In Italia, la percentuale dei presidenti camerali impegnati nel settore del commercio diminuisce drasticamente nel corso degli anni: dal 35,3% dell’ultimo scorcio del XIX secolo si passa, infatti, al 22,8% del 18971924, per poi registrare un vero e proprio crollo durante il regime fascista (7,7%). Il Sud è in testa a questa speciale classifica per l’intero periodo (29,9%), ma con una vistosissima diminuzione nel tempo (dal 44,8% della prima fase al 7,6% dell’ultima), peraltro non diversamente da quanto accade nel NEC (32,6%, 22,6% e 10,4%) e nel Nord-Ovest, quest’ultimo sempre in coda e con un primato negativo dell’1,8% fra il 1925 e il 1944. Nei primi decenni post-unitari è soprattutto fra i commercianti che l’elettorato camerale sceglie i suoi presidenti. Allo scadere dell’Ottocento – in controtendenza rispetto al quadro nazionale della composizione per classi economiche, che vede la quota degli addetti al commercio in continuo aumento15 –, la rotta si inverte e sono gli industriali a conquistare con maggiore frequenza la leadership di questi istituti. Numerosi sono i casi di presidenti (oltre cinquanta) dove l’attività di commerciante si accompagna a quella di industriale, o viceversa, e non sempre è agevole capire quale delle due fosse la prevalente. A ogni modo, fra il 1862 e il 1896 poco meno del 30% delle guide camerali risulta “esercente industrie”: se si scomponesse il periodo, si potrebbe apprezzare, in realtà, un accentuato incremento dei presidenti/industriali sin dalla seconda parte degli anni ’80, dunque già nel corso del cosiddetto “decollo abortivo”. La loro percentuale aumenta fino al 1924 (41,2%), per poi diminuire durante il regime (29,5%). Tale oscillazione è il riflesso, in particolare, di quanto accade nel NEC (32,2%, 43%, 25,2%) e nel Sud, dove si osservano i livelli più contenuti (14,2%, 34,5%, 24,5%), mentre il Nord-Ovest vanta quote non solo nettamente superiori rispetto al resto del paese per tutti i periodi considerati, ma anche molto più stabili nel tempo (46,2%, 47,9%, 45,4%). Ricorrente è il legame industria/finanza, in particolare nel Sud, negli anni fra l’Unità e il take-off giolittiano (11,4%), con una tendenza a decrescere nei 14 - In merito, G. Montroni, Un rapporto difficile: nobiltà e professioni, in Storia d’Italia. I professionisti, cit., p. 422. 15 - Sulla composizione per classi economiche dell’Italia dal 1881 al 1971 cfr. Sylos Labini, Saggio sulle classi sociali, cit., tab. 1.3. periodi successivi. Tendenza che trova conferma sciogliendo l’abbinamento e concentrando l’attenzione sul dato relativo ai soli banchieri, tra i quali viene reclutato il 12,6% dei leaders delle camere di commercio italiane nella fase post-unitaria, l’8,7% tra la fine del XIX secolo e il 1924, infine appena il 3% nel Ventennio. Va inoltre rilevata l’alta frequenza di presidenti che, senza esserne proprietari (o, per lo meno, senza che questo risulti dalle loro schede biografiche), siedono nei consigli di amministrazione delle banche locali. Molto limitata è la quota complessiva dei presidenti/liberi professionisti (9% su base nazionale), con un accentuato squilibrio fra i due primi periodi (5,5% nel 1862-1896; 4,3% nel 1897-1924) e il terzo, in corrispondenza al quale si osserva una marcata crescita (20,4%). Il quadro delle professioni si completa con gli appaltatori e i commissionari, categorie dalle quali viene attinto un numero irrisorio di leaders camerali, e gli impiegati/dirigenti privati e pubblici, che invece esercitano un peso di rilievo (rispettivamente il 6,1% e il 6,7% nel paese), con un aumento significativo fra il 1925 e il 1944. Forti le differenze sul piano regionale, specialmente fra il Nord-Ovest e il Sud: nel primo caso, a una bassa percentuale di presidenti camerali operanti nel settore pubblico (2,5% dal 1862 al 1944) si contrappone una quota elevata, e in progressiva crescita, di leaders con esperienze lavorative maturate in aziende o in enti privati (fino al 21,8% durante il fascismo); nel Mezzogiorno, al contrario, dalla burocrazia e dal management privato deriva appena il 3,3% di presidenti di camere di commercio lungo l’intero periodo esaminato, mentre oltre un quinto di essi, durante il regime, proviene dal settore pubblico. È scarsa la percentuale di presidenti con origini straniere (2,9% in Italia), così come ridotta è quella degli “israeliti” (2,5%), in relazione ai quali si notano tuttavia notevoli squilibri regionali: assenti nel Sud e di modesto rilievo quantitativo nel NEC, essi raggiungono il 12,5% nel Nord-Ovest post-unitario, per poi attestarsi anche qui, soprattutto nel periodo fascista, su bassi livelli, fino a scomparire del tutto dopo l’emanazione delle leggi razziali. Il grado di istruzione delle guide camerali è complessivamente alto, certo molto superiore alle medie nazionali dei singoli periodi considerati. In Italia, un presidente su due ha conseguito la laurea, con una progressione dal 40% della seconda metà del XIX secolo a poco meno del 60% durante il regime fascista. Sostanzialmente omogenea è la situazione sul piano territoriale: dal 1862 al 1944, è laureato infatti il 52,3% dei presidenti delle camere di commercio nel Nord-Ovest (con un aumento dal 46,7% nel primo periodo al 65,5% nell’ultimo), mentre il NEC e il Sud si attestano poco al di sotto, intorno al 49% (rimarchevole l’impennata di “dottori” nel Mezzogiorno tra la fine dell’Ottocento – 25,6% – e gli anni fra il 1896 e il 1924 – 58,7% –). A completamento del quadro, va aggiunto un 11,3% di presidenti camerali in possesso di un diploma di scuola superiore. “Districare, nel complesso intreccio di rapporti che legano economia e politica nell’età moderna e contemporanea, ciò che caratterizza a volta a volta un 201 202 periodo storico – ha scritto Salvatore Romano –, è forse il più alto e difficile compito che spetta allo storico dell’età più recente”16. Benché gli elementi qui a disposizione non permettano di affrontare questo aspetto con l’articolazione che meriterebbe, la questione è così importante da non poter essere elusa. Il rapporto fra leadership camerale e attività politica è particolarmente stretto e non (solo) per mera convenienza: molti dei presidenti delle camere di commercio avevano infatti preso parte al Risorgimento, spesso militando nelle file garibaldine o schierandosi fra i mazziniani17. Quindi la loro partecipazione attiva alla gestione della cosa pubblica può essere considerata come l’appendice naturale di un impegno di lunga data. È una tesi applicabile alla fase immediatamente post-unitaria, meno ai periodi successivi. Ben il 61,8% delle guide camerali risulta avere rivestito, nel corso della sua vita, almeno una carica politico-istituzionale (sindaco, parlamentare ecc.). La percentuale cresce durante il fascismo (71,2%), soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest (70,8% dal 1862 al 1944, con un dato superiore all’80% nel Ventennio, contro il complessivo 61,6% del NEC e il 56,6% del Sud). Concentrando l’attenzione sulle due categorie economiche dalle quali proviene la maggior parte dei presidenti camerali, si nota un accentuato protagonismo politico da parte sia dei commercianti (54,9% su base nazionale e per l’intero periodo considerato), sia degli industriali (58%). È questo secondo dato a risultare particolarmente interessante e, in certa misura, sorprendente, perché contraddice l’accreditata immagine secondo cui, fra Otto e Novecento, la classe industriale si sarebbe spesa nell’esercitare pressioni lobbystiche sui governi e sulle amministrazioni locali, senza assumersi, se non in rari casi, dirette responsabilità nella vita politica del paese. 4. Dalla storia all’attualità Azzardiamo, ora, qualche osservazione strettamente ancorata ai risultati quantitativi emersi dalla elaborazione del data base (il Who’s Who), cercando tra essi congruità e devianze rispetto a quanto normalmente sappiamo circa alcune caratteristiche strutturali ed evolutive del capitalismo italiano del secondo dopoguerra. Se partiamo dal dato più “storico” di cui disponiamo, vale a dire il peso relativo che l’élite economica ha avuto sul numero totale dei membri dell’élite tra 1990 e 2004, possiamo ben dire che la sua partecipazione è in calo drammatico durante il quindicennio: dal 47,3% al 17,8%. Ciò avviene mentre tutte le altre categorie di top leader (“politica e istituzioni”, “cultura e professioni” e “sport e spettacolo”) sono in ascesa. Più difficile dire di che tipo di sintomatologia si tratti: declino economico? Post-fordismo? Post-industrialismo? Se si guarda dentro l’élite economica del 2004 per capire che cosa fanno in 16 - Romano, Le classi sociali in Italia. Dal medioevo all’età contemporanea, cit., p. 215. 17 - Cfr. Paletta, Alle origini della nascita del sistema imprenditoriale italiano, cit., p. XLI. concreto i singoli esponenti, si vede che la professione più rappresentata è quella di manager privato (9,5%). Il dato presenta qualche ambiguità, dal momento che può essere assunto come sintomo di maturità del processo di managerializzazione dell’impresa, ma può essere anche un risultato distorto dovuto alla natura della fonte, che registra meglio la notorietà di un dirigente dell’azienda medio-grande piuttosto che l’esistenza di un self made man della piccola e media impresa. Di fatto, alla figura dell’imprenditore industriale compete un peso molto modesto (4,1%) rispetto al totale e rispetto a quanto ci si poteva attendere. Sommando questi due dati a quelli relativi alle figure di banchiere e finanziere (2,3%), di imprenditore non industriale (0,8%) e di componente un consiglio di amministrazione privato (0,1%), si arriva al 16,8%: un dato intermedio tra la singola categoria professionale più rappresentata (professore universitario, 21%) e quella subito successiva (carriera elettiva nazionale, 15,3%). Più che per altri profili professionali, chi fa parte dell’élite economica deve impegnarsi a tempo pressoché pieno nelle relative incombenze. Il 78% dei suoi membri, infatti, non ha una seconda professione, mentre la media generale per tale carattere è del 64,5%. Se proprio deve svolgere una seconda professione, il leader economico la esercita ancora una volta nel campo dell’economia, con una percentuale del 12,6%. È ora possibile tracciare un profilo sociale dell’élite economica italiana agli inizi del XXI secolo. Non si può dire che la corrente ascensionale dell’economia sia in Italia così impetuosa da condurre al successo e alla notorietà in giovane età, almeno rispetto ad altri due canali di mobilità sociale ascendente, quali “sportspettacolo” e “politica-stato-istituzioni”. Solo il canale “cultura-professioni”, più lento e limaccioso, presenta un invecchiamento maggiore, e di gran lunga maggiore, per merito, soprattutto, del gerontocratico mondo universitario. È certo prevedibile che l’èlite economica, secondo la prima professione esercitata, sia la più maschilista (al 92,6%) delle élites, tra le quali, naturalmente, la maggiore apertura di genere compete al mondo dello spettacolo (72,3% di maschi). E’ anche una categoria con livello di istruzione relativamente basso. Contro una media generale di 13,1% di soggetti che dispongono al massimo del diploma, i leader dell’economia hanno una quota del 18,5%. Ci si può consolare osservando che tale livello è largamente superato da settori che consentono (stimolano?) un basso tasso di istruzione, come “spettacolo” (32,5%) e, soprattutto, “sport” (69%). L’istruzione universitaria dell’élite economica si esaurisce, praticamente, in tre categorie di laurea: in economia, naturalmente (34,2%), ma anche in ingegneria e altre lauree scientifiche (25,3%) e nella sempre “malleabile” laurea in giurisprudenza (20,1%). Questa terna di titoli di laurea, che per la media del campione vale il 50%, per i leader dell’economia rappresenta ben l’80%. Per quanto riguarda l’esperienza di studi all’estero, l’élite economica è mediamente più internazionalizzata (16,4%, media aritmetica delle cinque professioni economiche) rispetto all’intero campione (9,8%). I livelli massimi 203 204 competono al mondo della finanza e ai componenti dei consigli di amministrazione (più del 20%), mentre i minimi spettano proprio agli imprenditori industriali (9,9%). Quest’ultimo dato ben si accorda con lo stereotipo del self made man, che informa larga parte della vicenda industriale italiana del secondo dopoguerra, dominata dalla piccola e media impresa di successo. Risulta peraltro curioso che i massimi assoluti di internazionalizzazione secondo gli studi, tra le varie figure professionali, competano agli avvocati (25%) e ai sindacalisti (22,2%). A parte una componente erratica connessa alla numerosità dei casi, per gli avvocati si può invocare sia la probabile e già segnalata forte presenza di laureati in giurisprudenza tra il management (Fresco alla FIAT), sia la recente affermazione del giurista d’affari e d’impresa. Quest’ultima figura sembra aver integrato la debole struttura di governance della piccola e media impresa italiana, con uno skill in larga misura estraneo agli standard formativi delle facoltà di giurisprudenza italiane e al mondo degli studi professionali legali tradizionali. Per l’acquisizione di tale skill si sarebbe così resa necessaria un’esperienza di studio o perfezionamento all’estero. Per quanto riguarda i sindacalisti, la loro ampia esperienza di studio all’estero va probabilmente associata alla loro condizione di figli di ex-emigrati all’estero, poi rimpatriati. L’internazionalizzazione dell’élite economica può essere letta anche tramite la sua esperienza di lavoro all’estero. In tal caso il risultato è opposto rispetto a quello ottenuto osservando l’esperienza di studio. La media aritmetica per le cinque professioni economiche dà un valore (26,7%) inferiore, anche se di poco, a quello relativo a tutte le professioni (29%). Nel dettaglio, comunque, le cose cambiano poco: l’imprenditore industriale continua ad essere meno internazionalizzato rispetto a banchieri, finanzieri, manager e membri di consigli di amministrazione privati, che peraltro non brillano rispetto ad altre categorie professionali. Sei soli anni, dal 1998 al 2004, sono un po’ poco per valutare con quanta velocità una classe dirigente si rinnova. Tuttavia le quote di permanenza dei singoli soggetti tra le élites, secondo il tipo di attività, indicano che l’economia si colloca in posizione intermedia (60%) tra i massimi di stabilità dei settori “cultura” e “spettacolo” (poco meno dell’80%) e i minimi dei settori “professioni” (54%) e “politica-istituzioni” (50%). Il dettaglio per singole professioni indica che la situazione interna all’élite economica è poco omogenea. Il tasso di ricambio tra 1998 e 2004 è relativamente elevato per i manager privati (46,6%); è consistente per banchieri e finanzieri (37,5%); è decisamente basso per gli imprenditori sia industriali (22,5%) che non industriali (18,2%). Sono dati in larga misura congruenti con i diversi ruoli e le diverse posizioni nella professione che caratterizzano la varie figure dell’élite economica. Tuttavia sorprende un po’ che accanto agli imprenditori, “naturalmente” più stabili, si collochino i componenti di un consiglio di amministrazione privato. Tale accostamento forse allude alla circostanza secondo la quale, al di là della forma societaria, un’impresa saldamente in mano ai proprietari e ai membri della famiglia è ancora uno dei caratteri di fondo del capitalismo italiano. Ed ora un po’ di geografia dell’èlite. Lombardia e Lazio fanno naturalmente la parte del leone come luoghi di residenza dell’élite: mediamente, per tutti i settori, le due regioni raccolgono più del 50% del totale nazionale. Anche le oscillazioni attorno a questa quota sono in qualche misura rispettose delle attese. Il Lazio è superdotato nel campo dello “spettacolo” (45,5%) e nel comparto “politica-Stato-istituzioni” (47%), mentre difetta di rappresentanza elitaria in campo economico (18,7%). A ruoli invertiti, la Lombardia primeggia nell’economia (34,4%), ma presenta chiari sintomi di nanismo politico (6,6%). La recente insorgenza in Lombardia di una regionalismo populista e autonomista (Lega) può essere dunque spiegata non solo come particolarismo fiscale e socio-culturale, ma anche come compensazione di un difetto di rappresentanza politica. Questi valori elevati di concentrazione delle residenze, più che riferirsi agli ambiti regionali, dovrebbero riguardare il potere attrattivo che le aree metropolitane esercitano sulle élites di ogni tipo. E vi sono pochi dubbi che Milano e Roma costituiscano le due uniche, vere realtà metropolitane esistenti in Italia. Se però si prende in esame il luogo di nascita delle élites, anziché quello di residenza, il modello distributivo geografico cambia e si equilibra, accordandosi con la geografia dello sviluppo economico italiano durante la seconda metà del XX secolo. Il “Triangolo” (Nord-Ovest) e la “Terza Italia” (Lazio escluso) spiegano così quasi il 70% del totale in quanto luoghi di nascita dell’élite economica, lasciando al resto d’Italia soltanto un modesto 27,3%. L’élite economica italiana dotata del titolo di laurea, presenta significative concentrazioni per quanto riguarda l’ateneo nel quale ha compiuto i propri studi. Milano, con le sue quattro università, realizza la maggiore concentrazione cittadina, con il 29% circa. La “Bocconi” dà, al totale milanese, il maggiore contributo, con il 12,5%, seguita dal Politecnico (7,4%), dalla Statale e dalla Cattolica (4,5% ciascuna). Tuttavia il maggior contributo per singolo ateneo compete all’università “La Sapienza” di Roma, con il 18%. La LUISS, espressione della Confindustria, non sembra brillare come fucina dei “capitani coraggiosi” dell’economia nazionale (1,4%). Le università romane, complessivamente, offrono loro ex-allievi per un 20,8% del totale dei componenti il vertice laureato dell’economia italiana. Discreto è il contributo dei due politecnici di Torino e Milano (insieme, l’11,7%), ma non quello del politecnico di Bari, quasi assente dal data base. In generale le quote di partecipazione dei singoli atenei sono ovviamente legate sia al milieu economico e sociale che li circonda, sia alla dimensione della loro popolazione studentesca. La soglia del 3%, in questa prospettiva, oltre che dai casi sopra citati, viene superata da atenei come Bologna, Firenze, Genova, Padova, Torino (Statale), Napoli (Federico II) e Pavia. Modestissimi sono i contributi degli altri, numerosi atenei italiani, il che dovrebbe ammonire circa la “produttività” dei processo di proliferazione e decentramento delle 205 sedi universitarie. Su 55 atenei, ben 34 producono ciascuno meno dell’1% (zero compreso...) dell’élite economica nazionale. Si potrebbe pensare che ne producano in altri settori, diversi dall’economia, ma così non è. Il dato totale, relativo a tutte le categorie professionali esaminate, rivela che sono ben 35 gli atenei che producono meno dell’1% dell’èlite “generica”. 206 5. L’élite in tempo di declino e il declino dell’élite Fin qui i dati del campione e il loro pedissequo commento, certo insufficiente per tastare il polso all’élite economica italiana in tempo di declino industriale, capitalismo di relazione18, petizioni protezionistiche e “colbertiane”, asserragliamento entro i settori monopolistici e della rendita. La letteratura sul declino economico italiano è già ampia e non compete allo storico dell’economia ripercorrerne le principali interpretazioni. Egli può solo ricordare alcune utili acquisizioni della storiografia in argomento e inquadrare l’evoluzione recente dell’economia e del capitalismo italiani entro una cornice di più lungo periodo. Il tema del declino industriale ha illustri precedenti nazionali e altrettanto illustri commentatori. Nathan Rosemberg, già più di vent’anni fa, ha spiegato con dovizia di dati e argomentazioni come e perché l’economia britannica sia incappata, tra fine Ottocento e prima metà del Novecento, in una fase di acuta perdita di competitività entro il contesto economico e industriale mondiale. In buona sostanza19, secondo Rosemberg occorre «porre l’accento sul fatto che nel XX secolo l’economia britannica ha reagito lentamente e pigramente alle trasformazioni strutturali rese necessarie dal declino di vecchie industrie e dall’espansione di nuove»20. E ancora, «il successo economico della Gran Bretagna, ed in generale dei paesi industrializzati dell’Europa, dipese dalla capacità di rispondere ai rapidi cambiamenti nella struttura del commercio internazionale», ma, mentre tale capacità si mantenne elevata per gran parte del XIX secolo, quando era la Gran Bretagna a “condurre la danza” dell’innovazione tecnologica, essa venne progressivamente diminuendo a partire dalla fine dell’Ottocento, cioè dal pieno dispiegarsi della seconda rivoluzione industriale. Ne deriva che non sempre il modello di sviluppo export led porta buoni consigli: «la capacità di adattarsi ai mutamenti delle condizioni concorre a determinare il successo o il fallimento sul piano economico»21 e il 18 - Si vedano le belle pagine dedicate alla declino e caduta del capitalismo delle relazione da R.G. Rajan e L. Zingales, Salvare il capitalismo dai capitalisti, Torino, Einaudi, 2004, pp. 293-320. 19 - Naturalmente qui si privilegia la componente strettamente economico-produttiva del problema. Il problema del declino industriale della Gran Bretagna ha numerose facce, che riguardano la vita sociale, culturale, politica e finanziaria del Paese. Vedi, ad esempio: M.J. Wiener, Il progresso senza ali. La cultura inglese e il declino dello spirito industriale (1850-1980), Bologna, Il Mulino, 1985. 20 - N. Rosemberg, Il trasferimento internazionale di tecnologia: le implicazioni per i paesi industrializzati, in Id., Dentro la scatola nera. Tecnologia ed economia, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 382. 21 - Ibidem, p. 383. solido ancoraggio al suo tradizionale modello di esportazione (tessili, carbone, acciaio, navi) fu senza dubbio uno dei fattori principali del declino economico britannico. Con la cautela che le comparazioni nel tempo e nello spazio impongono, sembra comunque possibile affermare che oggi l’Italia sia incappata in una situazione analoga. Se è così, all’élite economica italiana vanno imputate alcune responsabilità di non poco conto: imprevidenza, scarsa capacità di adattamento e di innovazione, assenza di un progetto. È da vedere, poi, se tali responsabilità siano condivisibili con altri soggetti e/o derubricabili a tare e limiti originari, a retaggi storici del nostro capitalismo. Insomma, una path dependence con sentiero stretto e sassoso. Due autori che si sono particolarmente distinti nel tracciare una storia della tecnologia e dell’innovazione in Italia, hanno proposto una sintetica ma eloquente formulazione della questione qui esaminata. Se, in una grafico di dispersione22, si mettono in relazione il PIL pro capite e un indicatore della capacità innovativa (TAI)23 di varie economie nazionali, si ottiene ciò che ci si può attendere: una relazione diretta. Più alto è il reddito pro capite, più elevata è la capacità innovativa. Ma, guarda caso, questa “legge” non vale per l’Italia e, fatto del tutto significativo, per un solo altro “paese”, Hong Kong, cioè per una enclave economica vissuta fino al 1997 in regime di extraterritorialità. Lo splendido isolamento dell’Italia nel IV quadrante del grafico può essere letto in due modi diversi e opposti. Retrospettivamente, il bicchiere è mezzo pieno: l’economia italiana ha saputo destreggiarsi in modo tale da raggiungere un elevato livello di reddito pro capite, pur muovendosi in un’area tecnologica relativamente tradizionale, talvolta arretrata o, comunque, caratterizzata da una innovazione sui generis. Da questa prospettiva, il dato può essere attribuito più alla categoria dei limiti che a quella delle responsabilità. Per sua costituzione “organica” (scarsa dimensione delle imprese, debolezza finanziaria, povera dotazione di risorse, imprinting settoriale), il capitalismo italiano ha seguito da lungo tempo una traiettoria innovativa debole, fatta di importazione di tecnologia matura o, nel migliore dei casi, di tecnologia poco costosa ma ad elevato “rendimento”, almeno per un certo lasso di tempo (il design, ad esempio). Prospetticamente, il bicchiere è mezzo vuoto: l’economia italiana si trova, impreparata, ad un tornante decisivo, ad una resa dei conti, imposta sostanzialmente dal blocco di innovazioni che è consuetudine chiamare terza (e quarta?) rivoluzione industriale e dalla globalizzazione. Da questa prospettiva, 22 - R. Giannetti e M. Vasta, Storia dell’impresa industriale in Italia, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 143. 23 - E’ il Technological Achievement Index, che misura la capacità di partecipare con successo alle dinamiche imposte dalla terza rivoluzione industriale. Prende in considerazione quattro caratteristiche: a) capacità di creare tecnologia; b) diffusione di innovazioni recenti; c) diffusione di innovazioni consolidate; d) presenza di skills elevate. 207 208 il dato può essere attribuito più alla categoria delle responsabilità che a quella dei limiti. Responsabilità di imprevidenza, di assenza di progetto, ma di chi? È noto che il capitalismo industriale e finanziario italiano ha goduto, per quasi tutto il suo sviluppo otto-novecentesco, di una polizza assicurativa contro danni e rischi firmata da un autorevole e prestante mallevadore: lo Stato. Fino alla seconda guerra mondiale tale polizza comprendeva alcune coperture assicurative essenziali: protezione doganale (fino all’autarchia), socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, cospicui travasi di risorse dal bilancio pubblico a quello delle imprese private. L’aggiornamento post-bellico della polizza, in regime di liberalizzazione (sempre parziale…) dei mercati internazionali, ha comunque mantenuto solidi appoggi statali, in termini sia di politica industriale (imprese pubbliche), sia di politica monetaria (ricorrenti svalutazioni competitive). È da dire, comunque, che un serio tentativo di riprogettare lo sviluppo e la struttura produttiva del paese, in una prospettiva di lungo periodo e in un mutato contesto internazionale, fu fatto nei primi decenni post-bellici, soprattutto per merito proprio dell’impresa pubblica (energia, siderurgia di base, chimica organica). La liquidazione delle imprese a partecipazione statale, vittime della loro degenerazione politicogestionale, e la fine dell’era delle svalutazioni monetarie competitive avrebbero dunque messo a nudo i limiti di fondo del capitalismo italiano. Da soli, l’élite economica e il capitalismo privato non ce la fanno. Imprevidenza, dunque, concentrata in particolare nei “perduti” anni ’80 e ’9024. Eppure non era impossibile prevedere. Il rischio dello “schiacciamento” dal basso (economie emergenti) e dall’alto (economie tecnologicamente evolute), cui l’economia italiana d’oggi è esposta, è tema non nuovo. Chi ha lavorato come ricercatore, nella seconda metà degli anni ‘60, presso uno di quegli istituti che hanno preparato l’avvento delle Regioni lo conosce bene. Ci si occupava, allora, di sviluppo economico delle Marche, vale a dire di una regione che in quel torno di tempo stava sperimentando la sua piccola rivoluzione industriale e che avrebbe dato corpo, di lì a qualche anno, alla retorica della “Terza Italia”, uscita vincente dall’esaurimento del “miracolo”, dal conflitto sociale e dalla crisi energetica e post-fordista. Già allora si segnalava con forza che lo sviluppo economico marchigiano, concentrato sulla produzione di beni di consumo finale (calzature, mobilio, abbigliamento) si sarebbe scontrato, prima sui mercati internazionali e poi su quello interno, con paesi emergenti a basso costo della manodopera e a bassa tecnologia. Per evitare ciò si raccomandava caldamente di “rigradare” la struttura produttiva della regione, immettendovi settori a più elevato livello tecnico, almeno al livello che a quel tempo caratterizzava le aree più industrializzate del nostro Paese. Il fatto singolare e, questo sì, imprevedibile che è accaduto è stato il 24 - Interessanti, a questo proposito, i calcoli e le argomentazioni di M. Muchetti, Licenziare i padroni?, Milano, Feltrinelli, 2003. rovesciamento dell’auspicato trend evolutivo: non sono state le Marche ad adeguarsi agli allora più elevati standard strutturali dell’Italia industriale, ma è stata l’Italia ad adottare il modello marchigiano di specializzazione produttiva e di accesso al mercato internazionale. Un processo di convergenza, dunque, ma al ribasso, con pochi aggiustamenti in entrambi gli ambiti: in pratica l’espansione dell’industria meccanica strumentale e di consumo. In altra sede25, questo processo di convergenza è stato assimilato, magari indulgendo un po’ al paradosso, ad una regressione verso una struttura manifatturiera ed economica di tipo preindustriale o, nella migliore delle ipotesi, da prima rivoluzione industriale. Ecco, con terminologia d’epoca, la sua articolazione di fondo: • Sarti (tessile, abbigliamento, cioè “sistema moda”, made in Italy o industria del lusso, secondo varie e fantasiose denominazioni) • Calzolai (scarpe, borse, concerie e pelletterie in genere) • Falegnami (mobili, cucine, divani, poltrone e altri complementi d’arredamento) • Orefici (un primato internazionale) • Pizzicagnoli e vinai (trasformazioni alimentari destinate, sembra, ad un crescente successo) • Cuochi, camerieri, cocchieri, osti, locandieri, teatranti e musici (turismo) È questo il futuro industriale e terziario del nostro Paese? La nostra élite economica è in grado di modificarlo? Non sembra. Quasi tutte le tendenze in atto per far fronte all’esaurimento del modello di sviluppo e integrazione con mercato internazionale e alla conseguente perdita di competitività, appaiono segnate dal marchio della regressività. Fino agli anni ’80 l’Italia industriale sembrava possedere, complice il clima post-fordista, l’arma segreta per competere su scala internazionale: la piccola e media impresa organizzata socialmente e territorialmente in forma distrettuale. Oggi quest’arma si rivela se non proprio obsoleta, certo molto spuntata nel nuovo clima globalizzante26, né sono in cantiere strumenti di politica economica (politica industriale, finanziaria, del lavoro, di ricerca) in grado di far uscire il sistema produttivo dall’impasse. La struttura produttiva e occupazionale sta evolvendo, com’è normale, verso proporzioni più consone ad un’economia ad elevato PIL pro capite: meno industria e più servizi. Ma quali servizi? Dal «ramo storto dell’occupazione»27 pendono professioni e lavori che spesso dispensano sabbia anziché olio lubrificante agli ingranaggi del sistema produttivo: posizioni di rendita, 25 - E. Sori, Mascalzone latino. Ovvero, la crisi FIAT e il declino industriale dell’Italia, in “Annali di storia dell’impresa”, Fondazione ASSI, n. 13, 2002, pp. 495-504. 26 - Cfr., in tal senso, G. Alvi, Una repubblica fondata sulle rendite, Milano, Mondatori, pp. 81-83. 27 - Ibidem. 209 210 pletora di lavoro autonomo, bassa produttività, scarsa qualificazione, non esportabilità. I sintomi di questa recessione intellettuale e competitiva sono abbastanza evidenti. L’Italia sperimenta una seconda inversione della relazione altrimenti normale tra livello di sviluppo economico e alcuni indicatori di qualità dei fattori che contribuiscono ad alimentarlo. Una cross section tra le regioni italiane dà per risultato una stretta relazione inversa tra PIL pro capite e livello di scolarizzazione superiore (diploma o laurea). Chi più produce (Trentino Alto Adige) meno studia e viceversa (Calabria). Su piani distinti ma confinanti, la bassa e cedente spesa per R&S (ricerca e sviluppo) si coniuga con una crescente presenza di lavoro immigrato a bassa qualificazione, e su quest’ultimo confine la tensione sta salendo pericolosamente (xenofobia). Flussi di risparmio e investimento, in uscita dalle famiglie e dalle imprese, si stanno rivolgendo massicciamente verso i settori che assicurano rendita anziché profitto. Come spiegare altrimenti la recente, calda estate finanziaria degli immobiliaristi, se non invocando l’insana passione delle famiglie italiane verso l’investimento in case? Passione da sempre esistente, certo, ma consolidatasi dopo la chiusura dei rubinetti statali (interessi sul debito pubblico) e le “scottature” sperimentate dopo il 1997 nei mercati di borsa. Ancor più grave, quando si parla di élite economica, è il comportamento delle imprese e dei relativi capitalisti, sintetizzabile in uno slogan: fuga dai settori aperti alla concorrenza internazionale e rifugio nei settori della rendita. In questo campo, ad aguzzare la vista, si scorge una trasformazione che ha occupato un non breve periodo della storia economica italiana del secondo dopoguerra. Dal panorama dell’industria manifatturiera italiana sono scomparsi o risultano fortemente ridimensionati settori strategici e caratteristici sia della penultima (seconda rivoluzione industriale di fine XIX secolo), sia dell’ultima (seconda metà del XX secolo) ondata di innovazione tecnica che le economie industriali occidentali hanno sperimentato. Questa eclissi ha riguardato la siderurgia moderna (Italsider), l’elettronica strumentale e di consumo (Olivetti), la chimica di base (Montedison). Alcuni settori di punta non sono mai nati (chimica “fine” e nucleare). Altri (petrolchimica, gas, acqua, elettricità, telefonia, televisione), che non sono manifatturieri in senso proprio, sussistono e si stanno espandendo o diversificando grazie a posizioni di quasi monopolio e imprinting statale o municipale (Eni, Enel, Telecom, Rai, Mediaset). Insomma, se si depura la struttura produttiva dalle attività immuni o quasi dalla concorrenza internazionale, oltre alla residua industria manifatturiera esposta, restano la pubblica amministrazione e i servizi alla persona, cioè i servizi scarsamente o per nulla importabili. Tra questi ultimi, anzi, ve n’è uno tipicamente esportabile, il turismo. Tuttavia anche il turismo, sul quale riposano molte aspettative di sviluppo “compatibile” del nostro Paese, può essere assimilato ad una versione aggiornata del servizio domestico e del terziario preindustriali: un insieme di cuochi, camerieri, cocchieri, osti, locandieri, teatranti e musici. Restano anche i servizi alle imprese “insopprimibili”, come la distribuzione commerciale, il credito, le assicurazioni, i trasporti e i relativi servizi (autostrade, aeroporti, porti), sui quali la partita della competizione internazionale è oggi aperta. Assieme alle libere professioni, sono i settori le cui rendite di posizione più debilitano la competitività del sistema produttivo nel suo complesso e di quello industriale in particolare. Ma sono anche i settori dove si manifestano, dopo la protezione garantita dalle barriere all’ingresso, i segni di una crescente presenza del capitale straniero, come preludio ad una forte e vincente concorrenza causata dall’apertura dei mercati voluta dall’Unione Europea. Questa ricognizione sui caratteri e sulla tempra dell’attuale élite economica italiana è tutto fuor che confortante e ad aumentare lo sconforto interviene un carattere aggiuntivo, che potremmo chiamare, trasponendo un concetto che Bainfield ha elaborato per il Mezzogiorno d’Italia, familismo amorale. D’altronde la famiglia è di recente balzata prepotentemente all’ordine del giorno, non tanto per le raccomandazioni della Conferenza Episcopale Italiana e della campagna elettorale, quanto piuttosto per le acute analisi di Geminello Alvi, che ne ha tracciato il ruolo di snodo fondamentale nella ridistribuzione del reddito e della ricchezza tra individui e generazioni. Di qui un proliferare di convegni sul ruolo economico della famiglia. Per concludere, dunque, conviene citare alcuni aspetti “amorali” del rapporto tra famiglia ed élite economica, tratti dalla cronaca. In tempo di sedicente governo liberale (2001-2006), è stato cancellato, con l’abolizione della tassa di successione, uno dei cardini del liberalismo economico contemporaneo, vale a dire la necessità di rigenerare la ricchezza e lo spirito d’intrapresa evitando che essi si trasmettano tra generazioni come i titoli e i possessi fedecommissari dell’aristocrazia d’ancien régime. D’altra parte il capitalismo delle grandi, medie e piccole famiglie è un tratto ricorrente della nostra modernità economica, che ancor oggi si rinnova, con gli Agnelli che aggirano le regole del mercato finanziario per tornare a quote sicure di comando del capitale FIAT. E che dire, per restare nella cronaca, dei sette figli dai cognomi illustri (Tanzi, Cragnotti, Geronzi, De Mita, Moggi, Calleri, Lippi) che, messisi in società, intendevano fare dell’intermediazione di calciatori il nerbo dello loro attività (si fa per dire…) imprenditoriale? 211 Appendice 4,6 19,6 12,2 11,3 % v.a. 2,8 4,9 0,9 2,5 tot. 3,9 4,9 0,9 2,9 avv./notai 39,5 17,8 14,6 24,1 16,3 9,7 14,2 17,8 19,6 10,6 25,1 13,3 21,7 20,4 13,5 16,4 100 100 100 100 177 123 212 512 ingegneri 9,0 4,8 11,3 8,9 laureati diplomati tot. israeliti 1925-1944 orig.str. 1897-1924 possidenti 1862-1896 nobili anni Tab. 1 Appartenenza sociale dei presidenti delle camere di commercio in Italia, 1862-1944 (%) Tab. 2 Appartenenza sociale dei presidenti delle camere di commercio nel Nord-Ovest, NEC, Sud, 1862-1944 (%) % v.a. ingegneri 32 32 37 101 laureati 100 100 100 100 diplomati 12,5 3,1 28,2 9,4 9,4 3,1 25,0 18,7 28,2 6,3 0 18,9 16,2 21,7 18,9 4,9 15,9 20,8 19,9 11,9 israeliti 3,1 3,1 0 1,9 tot. tot. 3,1 31,2 0 15,6 16,2 8,1 6,9 17,8 avv./notai 1925-1944 orig. str. 1897-1924 possidenti 1862-1896 % 6,9 22,3 15,3 13,9 23,6 5,5 20,0 10,9 15,3 20,7 17,4 16,4 14,5 18,1 17,2 14,0 100 100 100 100 72 55 92 219 v.a. tot. 1,4 9,1 1,0 3,1 ingegneri 2,7 5,5 1,0 2,7 laureati 37,5 16,3 17,4 23,5 diplomati 0 9,1 10,8 6,8 avv./notai tot. israeliti 1925-1944 orig. str. 1897-1924 possidenti 1862-1896 nobili NEC anni 212 nobili anni Nord-Ovest 4,1 8,8 6,0 5,7 % v.a. 0 0 1,2 0,5 tot. 5,4 5,8 1,2 3,6 avv./notai 44,5 23,5 14,4 27,7 5,4 4,1 16,3 32,4 11,8 14,8 33,8 4,9 28,9 22,6 5,8 21,5 100 100 100 100 74 34 83 191 ingegneri 20,2 2,9 9,6 12,5 laureati diplomati tot. israeliti 1925-1944 orig. str. 1897-1924 possidenti 1862-1896 nobili anni Sud 5,6 4,0 4,4 100 4,3 5,1 4,7 100 20,5 10,6 12,5 100 9,1 6,1 6,7 100 % v.a. 0,7 1,9 0 1,0 tot. 6,0 5,0 12,8 7,4 impieg./ dir. pubb. 2,3 6,3 3,3 3,7 impieg./ dir. priv. 29,1 35,3 12,6 41,2 22,8 8,7 29,6 7,7 3,0 32,9 24,2 8,9 lib. prof. commerc. appaltatore tot. agric. 1925-1944 commiss. 1897-1924 banch. 1862-1896 industr. anni Tab. 3 Professioni dei presidenti delle camere di commercio in Italia, 1862-1944 (%) 450 320 274 1044 Tab. 4 Professioni dei presidenti delle camere di commercio nel Nord-Ovest, NEC e Sud, 1862-1944 (%) 1862-1896 1897-1924 1925-1944 tot. 44,3 27,3 13,2 1,9 0,9 1,9 47,9 10,9 9,5 8,3 2,8 0 45,4 1,8 1,8 1,8 9,0 0 45,7 16,2 9,4 3,8 3,4 0,9 4,7 2,9 2,9 5,5 13,7 1,4 14,6 21,9 3,7 7,3 10,7 2,6 % v.a. tot. impieg./ dir. pubb. impieg./ dir. priv. lib. prof. appaltatore agric. commiss. banch. commerc. industr. anni Nord-Ovest 100 106 100 73 100 55 100 234 213 % v.a. impieg./ dir. priv impieg./ dir. pubb. 6,1 5,1 8,7 6,4 100 100 100 100 196 137 115 448 % v.a. tot. 3,1 3,1 0,5 4,1 4,6 5,9 7,3 0,8 4,3 3,6 5,3 13,1 0,9 23,4 10,4 4,9 7,1 0,5 9,1 5,7 tot. 1925-1944 lib. prof. 13,8 7,3 2,6 8,9 appaltatore 32,6 22,7 10,4 23,8 tot. 1897-1924 agric. banch. 1862-1896 commiss. commerc. 32,1 43,0 25,2 33,6 anni industr NEC impieg./ dir. pubb. impieg./ dir. priv. lib. prof. appaltatore agric. commiss. banch. 1925-1944 14,2 44,8 10,9 1,4 12,9 0 8,2 4,1 3,5 100 147 34,5 30,9 10,0 5,4 3,6 4,5 3,7 1,0 6,4 100 110 26,0 7,6 3,8 1,9 14,4 0 20,2 4,9 21,2 100 104 tot. 23,8 29,9 8,5 1862-1896 1897-1924 214 commerc. anni industr. Sud 2,7 10,5 1,4 10,3 3,4 9,5 100 361 Tab. 5 Presidenti di camere di commercio con cariche politicoistituzionali in Italia, 1862-1896 anni 1862-1896 1897-1924 1925-1944 tot. % 59,7 55,3 71,2 61,8 v.a. 243 116 77 357 Tab. 6 Presidenti di camere di commercio con cariche politicoistituzionali nel Nord-Ovest, NEC, Sud, 1862-1896 anni 1862-1896 1897-1924 1925-1944 tot. Nord-Ovest % v.a. 67,7 61 67,7 40 80,0 40 70,8 151 NEC % v.a. 60,4 70 53,5 53 71,6 32 61,6 155 Sud % v.a. 53,5 65 49,4 44 66,6 35 56,6 144 BEN EDUCATI. APPUNTI SU POTERE E SOGGETTIVITÀ NELLA CRISI DELLA PEDAGOGIA MODERNA di Alessandro Simoncini “Toccherà alle collettività di allievi e di professori il compito di strappare la scuola alla glaciazione del profitto” Raoul Vaneigem, La scuola è vostra Premessa Tenendo sullo sfondo il rapporto etico tra insegnante e allievo, centrale per ogni prassi educativa, questo lavoro tenta di affrontare criticamente, e con approccio genealogico, due quesiti classici della scienza dell’educazione: che cosa significa oggi insegnare? Qual è la forma più adeguata del rapporto tra maestro e allievo? L’intenzione è quella di proporre l’abbozzo di una genealogia del discorso pedagogico della modernità, con specifico riferimento al rapporto tra dispositivo formativo e soggettivazione moderna. Si tratta di una genealogia indispensabile proprio per comprendere il luogo di emergenza dei problemi pedagogici attuali e le loro coordinate storiche. In relazione al tema della produzione di soggettività, cruciale per ogni pedagogia, viene poi avanzata un’ipotesi sul senso che il rapporto docente-allievo assume nel tempo presente, quando sembra prendere forma una sorta di sussunzione reale del sapere e dei suoi prodotti immateriali - ma anche dell’informazione, delle abilità relazionali e di quelle comunicative - al capitale ed alle sue finalità di profitto (1). Senza pretesa di organicità, si forniscono poi alcuni spunti sul ruolo dell’insegnante nel tempo della crisi della modernità, con l’intenzione di fornire qualche elemento di una possibile teoria critica dell’insegnamento. Si propone, infatti, un’idea dell’insegnamento inteso come contributo alla produzione di una soggettività autonoma nel tempo presente (2). E ciò a partire da un’immagine del rapporto docente-allievo ritenuta tanto utile ad oltrepassare le secche del normativismo, quanto adeguata a contrastare una prassi educativa troppo incline ad assecondare i dogmi dell’età globale. 1) Cenni genealogici sul discorso pedagogico in occidente: educare all’autogoverno per garantire il governo E’ una strana vicenda quella del discorso pedagogico nell’occidente moderno. Per tentare di analizzarla, come ha suggerito Girolamo De Michele, occorre essere chiari, nello sforzo di liberarsi una volta per tutte da una vecchia favola: quella “che la scuola moderna sia un invenzione «buona» dell’illuminismo [per] liberare gli uomini dall’ignoranza e dallo stato di minorità”1. Seguendo una suggestiva ipotesi formulata da Alessandro Fontana, si potrebbe sostenere che tutta la storia del discorso pedagogico sembra improntata a 1 - G. De Michele, La precarietà del sapere, in http://rekombinant.org., aprile 2004. 215 216 risolvere un’esigenza fortemente avvertita sin dalla prima età moderna: il soggetto deve superare la propria scissione, mettere in forma la propria mente, normalizzare il proprio agire in modo che il suo comportamento aderisca alle norme del contratto sociale in una società di mercato2. A tal fine le scienze umane in generale, e più specificatamente molteplici progetti di riforma dell’istruzione, hanno puntato da subito non solo alla mera conoscenza del mondo, ma anche alla costituzione, e alla formazione tramite l’educazione (la Bildung, la Paideia), del nuovo soggetto moderno. Si è trattato di un progetto senza fine, ossessivamente reiterato e riformulato con fissazione, che, seppur miseramente fallito nello scontro tra destra e sinistra - tra un progetto elitario ed uno classista - ha lasciato sul campo un’idea che ancora orienta il sapere pedagogico: quella che fa riferimento alla produzione dell’ “uomo medio” teorizzato da Quételet, l’uomo “che produce e che consuma in una società di mercato”3. Insomma, ciò che l’educazione occidentale moderna non ha smesso di progettare è la strategia per dotare l’uomo di quello che Adam Smith definiva il “tribunale della coscienza”. Il soggetto educato deve divenire, per il filosofo scozzese, un impartial spectator capace di interiorizzare, e laicizzare, il “vecchio foro interno ecclesiastico, installando così nell’anima il giudice reale esterno”4. Niente più giurisdizione esterna, né quella sapienziale dei dottori della chiesa né quella morale dei direttori spirituali: il soggetto moderno del liberalismo dovrà introiettarli, divenire appunto lui stesso giudice imparziale, spettatore disinteressato capace di autogovernarsi a sostegno di una società regolata dal mercato, dal laissez faire, laissez aller. Ma, come appunto scrive Smith in The Theory of Moral Sentiments (1759), nel progetto pedagogico moderno non si dà autogoverno senza che “discipline, education and exemple” vanifichino la spinta proveniente da ciò che genera la scissione del soggetto: le “selfish passions”5. Il buon funzionamento delle leggi economiche richiede un soggetto autogovernato, perché disciplinato e non più scisso dalle proprie passioni: ogni dato eccedente in grado di mettere in crisi la sua adesione alla norma sistemica deve essere azzerato o riassorbito dal progetto educativo. La costituzione di un simile soggetto sarà possibile solo attraverso un’educazione fondata sulla riduzione del sapere a moralità pedagogica. E’ forse questa la persistente illusione della pedagogia occidentale moderna, un’illusione che, dal punto di vista genealogico, si articola intorno a tempi e spazi ben definiti e ad alcuni passaggi-chiave che ora occorre, seppur 2 - Cfr. A Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, in Id, Il vizio occulto. Cinque saggi sulle origini della modernità, Bologna, Transeuropa, 1989, pp. 84-107. 3 - Idem, p. 87. 4 - Idem, p. 88. 5 - Ibidem. sommariamente, ricostruire. a) La “vera e perfetta obbedienza” nel collegio gesuita Il luogo di provenienza religioso di una simile illusione - con ogni probabilità il suo calco - è il collegio gesuita, vera e propria matrice della disciplina occidentale che si diffonde in Europa nella prima parte del XVII secolo e vi si impone a cavallo tra XVII e XVIII, per poi essere duramente contestato da Locke, Rousseau e Fénélon (punto di riferimento teorico, quest’ultimo, del rivoluzionario Comitato di Istruzione Pubblica nel 1791). Nel Collegio, l’illusione pedagogica disciplinare è inserita in un discorso religioso che, contro il pessimismo luterano e la predestinazione calvinista - in una parola contro la negazione protestante di ogni libero arbitrio -, valorizza le pratiche classiche della confessione e della direzione di coscienza: solo un’ “analitica infinitesimale del peccato e delle circostanze” potrà, infatti, permettere al soggetto di dominare la propria anima ed esercitare correttamente il libero arbitrio6. Seppur ammantato di valore religioso, e fortemente mediato dall’istituzione ecclesiastica, il progetto educativo punta già a superare la scissione del soggetto, a riconciliarlo con l’ordine sociale: l’uomo ben educato, capace di governare la propria intenzione, è colui che ha appreso dall’autorità del maestro l’arte di ciò che Sant’Ignazio di Loyola nel 1553 definiva “vera e perfetta obbedienza”7. La ratio studiorum, il percorso curricolare di studio, prevede che istruzione ed educazione conducano il soggetto ad un governo di sé che lo renda homme poli ispirato alla norma della civilité e capace di governare gli altri. Le tecniche attraverso cui raggiungere l’obiettivo sono lo studio, il raccoglimento, lo scrupoloso esame di coscienza, la sorveglianza degli allievi, la censura sulla condotta di vita, l’utilizzo del canone pedagogico dell’emulazione (in virtù del quale i peggiori vengono sempre umiliati nel confronto con i migliori). Si tratta ovviamente di un progetto educativo pensato per la formazione del gentiluomo di corte, di una élite in grado di governare le masse divise in ordini e caste. Principi orientativi ne saranno tanto amare e temere il maestro, quanto apprendere tramite lui l’obbedienza perfetta. La disciplina e l’autodisciplina sono considerate il solo viatico in grado di aprire il varco verso un governo di sé che sappia divenire presto governo degli altri. Con l’insorgere di nuove necessità pedagogiche, prima fra tutte quella di un’educazione capace di non rivolgersi più solo alle élite ma di istituire una morale repubblicana e formare cittadini, si verificherà la crisi della Compagnia, travolta anche da intrighi portoghesi e cinesi che la porteranno all’espulsione dall’insegnamento nel 1774. Tuttavia, proprio in quel passaggio, che spesso ci appare come la cesura 6 - Sulla pedagogia gesuita cfr. A. Schimberg, L’éducation morale dans les collèges de la Compagnie de Jésus en France sous l’Ancien Régime, Paris, Faillard, 1915. 7 - A Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, cit., p. 89. 217 storica tra un’istruzione impregnata di superstizione religiosa affiancata ai fastosi cerimoniali della segretissima politica di corte e un’educazione pubblica e laica intesa come laboratorio di una morale civile trasparente e liberale, verrà conservata la traccia disciplinare dell’illusione pedagogica occidentale: la necessaria produzione di un soggetto non più scisso, riconciliato – ripetiamolo - e pienamente conforme all’ordine vigente grazie alla propria capacità di autogoverno, all’abilità di introiettare la norma. In questo senso è forse corretto affermare che “la scuola moderna nasce prima dei Lumi: è un’invenzione dei gesuiti”8. 218 b) La produzione del cittadino Se si segue il paradigmatico caso francese, si può constatare che nei progetti statali di riforma dell’istruzione - nei quali abbonda la retorica avversa ad ogni dominio fanatico degli ordini religiosi sulle coscienze - alla giurisdizione della religione sul diritto di istruzione subentri quella della Nazione. Ma in questo cruciale passaggio permane la traccia della medesima illusione rinvenibile nella prassi pedagogica del Collegio gesuita. E ciò anche se gli obiettivi dell’istruzione saranno totalmente ridefiniti ponendo al centro dello sforzo educativo nazionale la produzione del cittadino e l’apprendimento delle virtù sociali, attraverso un curriculum di studi che privilegi tecniche professionali, storia moderna e lingue vive9. Per Turgot e Diderot, ma anche per Mirabeau, Talleyrand e Condorcet, ciò che conta è che un’educazione ed un’istruzione laica possano garantire il buon governo su tutto il territorio della Nazione francese. Ma ciò risulterà possibile solo se il soggetto ben istruito e ben educato acquisirà un’adeguata capacità di autogoverno interiorizzando, per via pedagogica, la norma dell’obbedienza all’ordine dello stato. La mossa gesuita per la produzione di un soggetto docile è secolarizzata, ma lo scopo non cambia: nel luogo di emergenza del discorso pedagogico moderno il soggetto continua ad interiorizzare le norme dell’ordine egemone, secondo i canoni di un governo di sé che produce o asseconda il governo degli altri e non genera mai una reale autonomia. Tutta la “nuova morale”, che una miriade di progetti e proposte dell’epoca puntano ad istituire, pur sostituendo la tolleranza al fanatismo e i costumi repubblicani agli intrighi di corte, conserva questa illusione di lungo periodo del discorso pedagogico. Si tratta, per dirla ancora con Alessandro Fontana, di “rifondare la vecchia morale religiosa su basi civili […] avocando allo stato […] l’esercizio, la tutela e l’insegnamento delle virtù”, secondo l’adagio del Système social di 8 - G. De Michele, La precarietà del sapere, cit. 9 - Nella sua Memoire au roi sur les municipalités del 1775, sottolineando lo stato di arretratezza della scienza pedagogica e proponendo l’istituzione di un Consiglio di istruzione nazionale, Turgot sosterrà che “ci sono metodi ed istituti per formare geometri, fisici, pittori. Non ce ne sono per formare cittadini”. A Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, cit., p. 91. D’Holbach per il quale “la politica è la morale delle nazioni”10. Tutto ciò che coincide con il nuovo ordine statale è razionale, il resto verrà derubricato a perniciosa passione. L’educazione assurge al ruolo di scienza chiave per la formazione del nuovo cittadino: per le varie anime della rivoluzione francese, fino alla restaurazione napoleonica, è la scuola a dover insegnare la nuova morale e tutti momenti pubblici – il pedagogico disperso nelle feste, nei cerimoniali repubblicani, nelle letture pubbliche – devono avere altrettanti intenti educativi. E, se è vero che Napoleone restituirà al cattolicesimo il ruolo di religione dominante, lo è pure che ciò avverrà solo al prezzo di un duro controllo statale, secondo una logica in cui il giovane Marx individuerà “il vizio occulto dello stato moderno”: “lo Stato moderno […] può concedersi il lusso di proteggere le religioni in quanto è lui stesso lo Stato cristiano perfetto, avendo fatte proprie e «interiorizzate» le vecchie funzioni ecclesiastiche”11. L’Ancien régime, come già sapeva Alexis de Tocqueville, è il vizio occulto dello stato moderno. E lo è nella rimodulazione della concretissima materialità delle vecchie funzioni ecclesiastiche: quelle funzioni di assoggettamento e disciplinamento svolte dalle pratiche dell’educazione, dell’istruzione, ma anche della giustizia e della filantropia, che uno stato giovane - mal sopportandone l’onere sul piano amministrativo politico ed economico - delegherà presto alle istituzioni della società civile, seppure sotto la tutela di occhiuti prefetti e amministratori. 219 c) La formazione dell’ “uomo normale” E’ in questo contesto ottocentesco, nell’età della statalizzazione dei processi di disciplinamento, che prende forma e diviene presto egemone quella nuova articolazione dell’illusione pedagogica occidentale che esalta un modello educativo disciplinare finalizzato non più solo alla semplice produzione del cittadino, ma anche alla formazione dell’ “uomo normale”12. Alla realizzazione di questo compito concorre una fitta rete di istituzioni, ciascuna per ciò che maggiormente le compete. La caserma, l’ospedale, il carcere, le manifatture e le fabbriche, la famiglia, le istituzioni psichiatriche - che diverranno presto manicomi -, ma anche le pratiche igieniste, filantropiche, assistenziali affiancheranno la scuola in un’incessante, reticolare opera di normalizzazione 10 - Idem, p. 92. 11 - Idem, p. 93. Marx sviluppa la tesi sul vizio occulto dello stato moderno nel celebre La questione ebraica. Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, Roma, Editori Riuniti, 1996. 12 - Sulla razionalità e sull’esercizio del potere disciplinare nelle società moderne, e sulla correlata produzione di “corpi docili”, il riferimento privilegiato resta M. Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Torino, Einaudi, 1975, soprattutto pp. 147-251. Sul modo in cui Foucault ha analizzato il potere disciplinare nella sua variante pedagogica cfr. il bel volume di Alessandro Mariani, Foucault: per una genealogia dell’educazione. Modello teorico e dispositivi di governo, Napoli, Liguori, 2000, soprattutto, per ciò che riguarda il contesto moderno, il capitolo I Microfisica dell’educazione e “governamentalità” pedagogica. Più in generale, sul modello disciplinare in Foucault cfr., tra i tanti e da ultimo, S. Vaccaro, Biopolitica e disciplina. Michel Foucault e l’esperienza del Gip, Milano, Mimesis, 2005. 220 disciplinare del corpo sociale. La loro puntiforme azione di disciplinamento dei corpi e delle menti ha avuto per scopo la produzione di una ortopedia morale nazionale in funzione dell’ “amministrazione delle moltitudini”13. Ad innervare microfisicamente il potere disciplinare negli spazi striati della Nazione ci penseranno, senza alcun progetto consapevolmente concordato, medici, psichiatri, giudici, igienisti, filantropi, educatori sociali, capireparto, padri e madri, ed altri ancora. Insieme agli insegnanti, lungo l’arco di un intero secolo, saranno impegnati in una grande opera di assoggettamento degli individui all’ordine dello stato moderno e della società di mercato, articolata in diverse fasi temporali. In Italia, i programmi per l’educazione popolare recepiranno a pieno un simile intento di normalizzazione e, successivamente all’Unità, gli intellettuali liberali e cattolici si assumeranno in prima persona - ma in comunicazione diretta con le esigenze dell’élite politica ed economica del paese - l’onere di pensare una scuola di base controllata dallo stato, capace di “dirozzare le plebi” attraverso la trasmissione di quei valori della patria e del lavoro che la borghesia risorgimentale riteneva fondamentali per realizzare l’unificazione reale e il decollo industriale del paese. Se si sfogliano i libri di testo del tempo, gli strumenti centrali, indispensabili e spesso unici per la trasmissione del sapere di base in una realtà sociale di drammatica povertà, appare evidente che la scuola si prefiggeva il compito di trasformare la plebe in popolo14. Alla stigmatizzata rozzezza e barbarie della prima, i cui cliché provenivano dal grande laboratorio della lotta che la chiesa aveva condotto contro la cultura e le forme di vita popolari nel ‘500 e nel ‘60015, i manuali scolastici contrapponevano valori ricalcati sul prontuario etico della media borghesia dell’epoca: moderazione, rispettabilità, aspirazione a migliorarsi attraverso il lavoro, capacità di accontentarsi anche di uno stato di onesta e dignitosa povertà, accettazione acritica delle norme di convivenza della società civile e delle gerarchie di quella classista. Nei libri di scuola “educare il popolo” significava combattere il furto, la menzogna, le abitudini violente, l’uso smodato degli alimenti, l’ubriachezza, il gioco, la promiscuità, l’ozio, il dispendio del tempo e del denaro, i propositi antisociali e sovversivi, concentrati e sintetizzati nella figura del volgo abbrutito frequentatore dell’osteria. A tutto ciò occorreva sostituire un’etica del lavoro indefesso che prometteva sì, come in tanti testi di Cesare Cantù, un grado minimo di benessere proporzionato ai propri mezzi e “una possibilità di miglioramento economico, senza però proporre illusori 13 - M. Foucault, in Tavola rotonda del 20 maggio 1978, in M. Perrot, a cura di, L’impossibile prigione, Milano, Rizzoli, 1981, p. 23. 14 - Cfr. M. Bacigalupi, P. Fossati, Da plebe a popolo. L’educazione popolare nei libri di scuola dall’Unità d’Italia alla Repubblica, Milano, Solari, 2002. 15 - Cfr. P. Burke, Cultura popolare nell’Europa moderna, Milano, Mondadori, 1980 e A. Biondi, Aspetti della cultura cattolica post-tridentina. Religione e controllo sociale, in Storia d’Italia. Annali, 4, Intellettuali e potere, Torino, Einaudi, 1981. e pericolosi salti sociali”16. La figura oziosa del “povero pigro e insolente”, responsabile ultimo della propria povertà, ricorreva con grande frequenza in questa letteratura – in modo massiccio nei testi di Troya e Becivenni, ad esempio - ed era presentata agli allievi come il modello negativo per eccellenza. A questa si opponeva quella edificante dell’operaio onesto e laborioso, il cui lavoro avrebbe contribuito al consolidamento della potenza industriale della nazione, della patria in cui identificarsi senza remore. I libri scolastici recepivano, così, le continue lamentele degli imprenditori circa l’ignoranza, l’imprevidenza, l’irregolarità e l’incostanza di ex contadini e artigiani che erano divenuti operai e – come denunciava l’Inchiesta industriale del 1870-74 - erano ora ritenuti inadatti ai ritmi serrati del Lavoro industriale. Quei testi tentavano, insomma, di soddisfare le esigenze imprenditoriali attraverso una paziente opera di rigenerazione morale. Nelle loro pagine, l’ “operaio educato”17 è quello che risparmia e non sperpera, abbandona la vita di strada e l’osteria per divenire moralmente integro e socialmente rispettabile; è anche quello che, orgoglioso del proprio mestiere compiuto con docile onestà, si autogoverna e introietta il principio di accumulazione; è l’operaio disciplinato che vuole somigliare al padrone, al cui modello e alla cui guida – come nel Portafoglio di un operajo di Cantù - si affida per costruire la propria soggettività e per non esser più plebe. Tornando al caso francese, che ha comunque forti elementi di paradigmaticità, dopo una prima fase in cui il potere disciplinare assume il volto di un “comando repressivo ed autoritario di tipo militar-napoleonico”, con la Terza Repubblica esso si attenua18. Le istituzioni punteranno, allora, con inedita accuratezza, a produrre nei soggetti l’interiorizzazione del comando. L’uomo normale non dovrà più solo obbedire passivamente ma anche partecipare attivamente, assumendo responsabilità nel funzionamento dell’ordine sociale. Ferma restando la finalità dell’obbedienza, il progetto educativo, sotto la pressione di nuove esigenze nazionali, ridefinisce dettagliatamente i suoi scopi e assegna all’interiorizzazione della disciplina la funzione di responsabilizzare il soggetto. Infatti, le élite europee sanno ormai che ben presto esploderanno le contraddizioni innescate dall’imperialismo (all’esterno), dal nazionalismo e dalla questione sociale (all’interno). Di lì a poco quelle tensioni condurranno a un conflitto bellico che dovrà vedere coinvolti cittadini che abbiano ben interiorizzato il dogma della nazione e siano capaci di assumersi la responsabilità di sostenerla sui campi di battaglia, dove saranno chiamati a prendere iniziative decisive. Con la “disciplina nuova” – siamo ormai nella età d’oro dello stato nazional-liberale – si realizza la solo apparentemente paradossale convivenza di obbedienza e iniziativa, intese entrambe come 16 - M. Bacigalupi, P. Fossati, Da plebe a popolo, cit., p. 59. 17 - Idem, p.84 18 - A Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, cit., p. 94. 221 222 finalità dell’esercizio del potere disciplinare all’interno di istituzioni preposte alla normalizzazione dei soggetti. Nei nuovi programmi educativi, pensati da autori come Marion, Maneuvrier, Guyau, Fouillée, Durkheim, il comando viene sempre più problematizzato come automatismo da introiettare: l’iniziativa individuale che ne discende non può che configurarsi come la mera risultante di una “ortopedia della volontà”19, come una peculiare modalità dell’autogoverno che azzera l’autonomia del singolo. Contro il rischio, paventato nei testi dell’epoca, che la vecchia disciplina produca abulici o rivoluzionari, ci si richiama ora ad un modello di educazione in cui la nuova disciplina “senza cessare di essere forte, deve essere liberale”20. L’attenuazione dei tratti autoritari nelle scuole viene fondata sui risultati della coeva fisiologia medica e sui nuovi metodi di cura dell’isteria (si pensi solo all’ipnosi di Charcot), che suggerivano di agire sulla volontà più con la persuasione e l’insinuazione che con la durezza del comando. Una volontà coartata, infatti, è facilmente preda dell’istinto di ribellione, mentre una volontà persuasa e suggestionata introietta la norma, la naturalizza ed automatizza abitudini ad essa ispirate. La pedagogia inglese di Spencer, Bain, James si proporrà esplicitamente come disciplina necessariamente fondata sui risultati della ricerca fisiologica in materia di intelletto, volontà, percezione, attenzione, ritenuti capaci di fornire all’educazione lo specchio di quella “moralità fisica” che lo stesso Spencer considerava indispensabile ai fini della formazione di un carattere disciplinato. Attraverso la possibilità di implementare una pedagogia della suggestione sarà infatti possibile normalizzare il comportamento degli allievi, allineandolo, poi, al buon ordine del sistema sociale. La versione lavorista di questo pensiero disciplinare prenderà forma compiuta, nello stesso periodo, all’interno della fabbrica taylorista. Qui, pur costellando lo spazio industriale di resistenze e lotte per l’intero arco storico del fordismo, tramite una rigida disciplina l’operaio introietterà il comando d’impresa, rendendo possibili enormi aumenti della produttività e dei profitti. d) La costruzione dell’individuo adattato La prima guerra mondiale decreterà l’apogeo della pedagogia normalizzatrice e disciplinare – che trionferà poi, con il corollario del razzismo, nell’età dei totalitarismi -, ma anche l’avvio della problematizzazione del suo declino, restituendo alla società civile un “io” la cui trasparente disciplina risultava opacizzata dalla devastazione psicologica della guerra: nevrosi bellica e angoscia cominciano ad inquietare – ma, a ben vedere, a distruggere - una troppo lineare equazione tra disciplinata identificazione con l’ordine (obbedienza e iniziativa) e realizzazione dell’io. In questo si senso, si può forse sottoscrivere l’ipotesi che l’io moderno sia nato “come una sorta di Linea 19 - Idem, p. 95 20 - Ibidem. Maginot dalle trincee, da cui è uscito un po’ come invalido di guerra”21. Qualche anno dopo, si comincia a mettere in discussione, anche sul terreno della grande fabbrica, il paradigma disciplinare, che pure resterà egemone negli Usa e in Europa almeno fino alla metà degli anni ’70. Già nella seconda metà degli anni ’20, le indagini di Elton Mayo alla Western Electric di Chicago mostravano che il modello taylorista di organizzazione aziendale non valutava correttamente l’incidenza sul rendimento e sulla produttività delle relazioni cooperative, solidali, collaborative, intercorrenti tra gli operai. Sul terreno della critica al taylorismo applicato nella fabbrica fordista, nasceva così l’idea che una scarsa produttività fosse direttamente proporzionale a fattori sganciati dalla logica dei costi, dei profitti e dei salari. Piuttosto che dalla mera organizzazione funzionale dell’azienda, la carenza di produttività dipenderà – suggeriva Mayo – da fattori psicologici, come il verificarsi di deficit relazionali in fabbrica, lo scarso adattamento alla situazione lavorativa e il degrado della socialità aziendale. Di cruciale importanza sarà allora contrastare sia l’impoverimento della comunicazione di gruppo sia le situazioni di conflitto tra i singoli che lo compongono, allo scopo di potenziare il morale e creare un diffuso clima di collaborazione. Non si tratta più, quindi, di produrre semplicemente “uomini normali”, bensì di regolare la comunicazione per costruire relazioni positive in un’azienda che deve necessariamente competere in un quadro sociale estremamente dinamico e in continua metamorfosi. La pedagogia mutuerà da queste idee la necessità di intervenire non tanto sul singolo individuo quanto sui gruppi, attraverso la regolazione dei rapporti tra gli individui. Rimuovere le carenze relazionali di una classe eleverà il morale nell’intento di produrre un tipo di individualità capace di adattarsi al gruppo-classe: proprio come il lavoratore di fabbrica deve saper fronteggiare, adattandovisi, il continuo mutamento dei mercati e della società. La psicologia comportamentale, intesa come disciplina che studia il controllo delle condotte e la loro adattabilità al sistema tramite determinati stimoli, diventa centrale sia nella fabbrica post-fordista, sia nella scuola postsessantottesca. Qui trovano ospitalità i temi della solidarietà, dell’associazionismo, del collettivo, della partecipazione critica e vengono rimodulati sulla base della nuova centralità della relazione a tutto discapito di quella della coscienza individuale. Tutta una “ortopedia del relazionale”22 permea di sé un nuovo modello educativo centrale nell’età della comunicazione dispiegata, che è ancora la nostra, con le sue tante agenzie pedagogiche diffuse (i media, le tecnologie informatiche, la comunicazione sociale spontanea, il sistema dei beni di consumo, la pubblicità, etc.). Il gruppo, dotato di compattezza, buona relazionalità e senso di responsabilità, diviene un istituzione normativa di cui il singolo, 21 - Idem, p. 97. Per un approfondimento del tema, cfr. E. J. Leed, Terra di nessuno. Esperienza bellica ed identità personale nella prima guerra mondiale, Bologna, Il Mulino, 1985, pp. 217-255. 22 - Idem, p. 99. 223 sia in fabbrica (o in ufficio) sia a scuola, introietta le norme, dotandosi – nuovamente - di autocontrollo ma non di autonomia. Il soggetto, che sia un operaio, un impiegato o un alunno, deve adattarsi al gruppo ed in esso autoattivarsi. La nuova pedagogia lo concepisce come un individuo adattabile ed adattato: alla scuola come all’ordine sociale o a quello del mercato. Si tratta di un’impostazione teorica fortemente ideologica. Non è, infatti, un caso che, secondo Mayo – le cui teorie influenzeranno a lungo il pensiero e la prassi della nuova organizzazione aziendale e verranno intimamente recepite dalla pedagogia contemporanea –, la forma di soggettività che fa da contraltare a quel vertice antropologico della modernità che per lui è l’uomo adattato sia, appunto, il disadattato: l’asociale, il cui tipo ideale – calco negativo della soggettività politica moderna – è il comunista bolscevico. 224 e) La fabbricazione dell’uomo flessibile Nelle società occidentali, ormai globalizzate, il principio dell’adattabilità viene spinto all’estremo. Il tipo d’uomo necessario alla produzione e alla riproduzione sociale dell’ordine socio-economico egemone nel tardo capitalismo neoliberale è quello che - in un lavoro ormai classico, a tratti un po’ nostalgico del carattere forgiato nel dispositivo socio-produttivo fordista - Richard Sennet ha definito “l’uomo flessibile”23. Nel nuovo regime di accumulazione flessibile, sorto in virtù della risposta capitalistica alla crisi dell’ordine fordista-keynesiano, viene richiesta, in un contesto di accresciuta competitività e di egemonia del capitale finanziario, la massima adattabilità del lavoratore all’impresa24. Mentre infatti viene confermata ed estesa quella vera e propria invariante del modo di produzione capitalista, reale condizione della sussunzione reale, che è la cattura mercificante dell’astratta potenza di produrre25 (la forza-lavoro 23 - R. Sennet, L’uomo flessibile. Le conseguenza del nuovo capitalismo sulla vita personale, Milano, Feltrinelli, 2001². 24 - Per una convincente lettura della transizione al regime di accumulazione flessibile, cfr. D. Harvey, La crisi della modernità. Alle origini dei mutamenti culturali, Milano, Il Saggiatore, 1997. Sull’egemonia del capitale finanziario nell’ordine neoliberista, cfr. almeno S. De Brunhoff, Di quale Europa abbiamo bisogno oggi? E quale possiamo ottenere?, in R. Bellofiore, a cura di, Il lavoro di domani. Globalizzazione finanziaria, ristrutturazione del capitale e mutamenti della produzione, Pisa, Bfs, 1998 e, con un diverso punto di vista, Pollio Salimbeni A., Il grande mercato. Miti e realtà della della globalizzazione, Milano, Bruno Mondadori, 1999. 25 - E’ stato Karl Marx, mirando al cuore della composizione del capitale variabile, a concettualizzare al meglio questa costante del capitalismo. Solo l’acquisto di quella singolarissima merce che è la forza-lavoro – “l’insieme delle attitudini fisiche e intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivente di un uomo, che egli mette in movimento ogni volta che produce valori d’uso di qualsiasi genere” - permette al possessore di denaro di sfruttarne l’unicità nel processo lavorativo, cioè di metterne a profitto “la peculiare qualità di essere fonte di valore” (K. Marx, Il capitale, Roma, Editori Riuniti, 1964, p. 199 e 200). E’ il controllo dell’astratta e generale potenza di produrre, condizione di possibilità del movimento generativo di lavoro vivo e plusvalore, che il capitale, in ogni sua fase e forma si trova a dover costantemente controllare. Per una interessante ripresa del concetto di forzalavoro che valorizza la lezione del filosofo di Treviri, cfr. P. Virno, Il ricordo del presente. Saggio sul intesa come lavoro in potenza, lavoro fisico e mentale, forza muscolare e “forza intenzione”26), la ridefinizione della fisionomia dell’agire produttivo, del lavoro vivo, in atto, e dei suoi dispositivi di governo - in una parola la concreta messa al lavoro dei corpi e delle menti - assume una fenomenologia particolarmente complessa segnata dalla richiesta della massima adattabilità. Sono molte, diverse ma spesso sovrapposte, le forme e i luoghi in cui essa si dà a vedere: la cosiddetta “fabbrica integrata” in cui operai cellularizzati, cooperativi e polivalenti che si autoattivano nella partecipazione alla comunità d’impresa e al suo destino, producendo just in time nel contesto di un mercato globale e ipercompetitivo27; la galassia pulviscolare e reticolare del mondo delle piccole e medie imprese disseminate sul territorio; il variegato laboratorio del lavoro terziarizzato, arretrato o avanzato, materiale o “immateriale” che sia; il lavoro formalmente autonomo ispirato alla “favola dell’indipendenza come base dell’emancipazione”28; il salariato precario dei mille contratti, degli stabili destabilizzati, degli “inutili al mondo”, dei giovani privi di garanzie29 e dei lavoratori migranti per i quali la precarietà è ormai un normale, nuovo “garante della sottomissione”30; i mille piani del processo produttivo radicalmente riconfigurati dalla mega-machina delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che sussumono in modo progressivamente crescente linguaggi, intelligenza, saperi, attitudini creative e relazionali, cooperative ed adattive, emotive ed affettive e tanto altro ancora. Ciò che però qui maggiormente conta, è evidenziare un dato comune: ovunque domina il dogma dell’iperflessibilità e della piena adattabilità a ciò che il tempo storico, Torino, Bollati Boringhieri, 1999, pp. 121-141, per il quale se il capitalismo postfordista assume così marcati intenti biopolitici, se cioè prende in cura e governa la vita piuttosto che reprimerla, è perché “essa funge da sostrato di una facoltà, la forza-lavoro”, intesa marxianamente come “il nome comune delle diverse specie di potenza […] che […] convergono nella produzione, manifestandosi come «lavoro non oggettivato»”, e come “valore d’uso comprato e venduto, pietra angolare dell’accumulazione capitalistica”. 26 - Sul concetto di forza-intenzione, cfr. R. Sbardella, Astrazione e capitalismo. Alcune note su Marx, in “Vis-à-vis”, 6, 1998 e l’interessante ripresa che ne fa E. Livraghi in Da Marx a Matrix. I movimenti, l’homo flexibilis e l’enigma del non-lavoro produttivo, Roma, Dervieapprodi, 2006, soprattutto pp. 115-131 e 194-212. 27 - Per un’analisi dettagliata dei dispositivi di governo del lavoro a Melfi, cfr. L. Fiocco, La cellularizzazione della forza lavoro e le forme di resistenza alla Fiat di Melfi, in “Collegamenti Wobbly”, 6-7, 1998-99 e Id, L’effetto kanban nell’organizzazione del lavoro alla Fiat di Melfi, in “Chaos”, 10, 1999. Sulle relazioni di potere e i loro effetti sulla soggettività dei lavoratori, cfr. l’indispensabile G. Sivini, a cura di, Melfi in time, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001. 28 - Sul caso torinese, cfr. G. Polo, Il mestiere di sopravvivere. Storie di lavoro nella crisi di una cittàfabbrica, Roma, Editori Riuniti, 2000, con una bella postfazione di Fulvio Perini. 29 - R. Castel, Il lavoro: “un valore in via di sparizionec?, in “Iride”, 23, 1998, pp. 5-10. Cfr. anche Id, Les métamorphoses de la question sociale. Une chronique du salariat, Paris, Grasset, 1995 e il Symposium contenuto in “Sociologie du travail”, 43, 2001. 30 - Z. Bauman, La società individualizzata, cit., p. 20 e Id, La solitudine del cittadino globale, Milano, Feltrinelli, 2000, p. 37. 225 mercato e l’ordine produttivo richiedono in nome della competitività globale. Il nuovo ordine del lavoro richiede la mobilitazione totale e l’autoattivazione di una moltitudine di singolarità flessibili, sempre più prive di supporti collettivi, spesso incapaci di controllo sul mondo nel quale si aggirano e subordinate al comando di impresa31. Ad una crescente “moltitudine di poveri laboriosi”32 si richiede oggi un’adesione intima alle buone ragioni “modernizzatrici” del sistema, magari nell’illusione di poter sedere sul treno in corsa della finanziarizzazione dell’economia. Nella nuda concretezza dei fatti, però, quella moltitudine è costretta ad abbarbicarsi intorno ad un lavoro senza fine, materiale o immateriale che sia: un lavoro comandato, più produttivo ma più precario ceduto ad imprese tradizionali, alla nuova catena telematica dei callcenter o ad aziende collocate nel cuore delle nuove tecnologie comunicative e informatiche, in cambio di un salario reale che spesso stagna o decresce33. 226 E’ questo il volto con cui si presenta il “nuovo lavoro” alle giovani generazioni ed è questo l’“uomo flessibile” che spesso il discorso pedagogico, dimenticando ogni propria valenza critica, si propone di contribuire a forgiare. Negli ultimi venti anni sono infatti proliferate proposte pedagogiche esplicitamente ispirate, secondo la logica delle tre I (inglese, informatica, impresa), alla necessità di formare le soggettività richieste dal regime di accumulazione flessibile. Si tratta di discorsi e proposte che talvolta – come nell’Italia dei governi di centrosinistra e di centrodestra - hanno trovato piena traduzione legislativa. Ancora una volta, occorre rimarcare come questa concezione della scuola - certo radicalizzata all’estremo dal governo Berlusconi - non fosse affatto estranea al ministro Berlinguer che, ai tempi del governo D’alema, esaltando il modello scolastico giapponese e quello statunitense, affermava nell’introduzione al primo testo di riforma dei cicli: “il modello italiano è rimasto sostanzialmente l’unico in Europa che non si è adattato allo sviluppo industriale […] Un grado soddisfacente di responsabilità presuppone una adeguata formazione culturale supportata da una corretta filosofia ed etica del lavoro”. Ed ancora, nella premessa al testo della riforma: “ciascun individuo nel corso della propria 31 - R. Castel, De la psychiatrie à la société salariale. Entretien avec Robert Castel, in “Mouvements”, 27-28, 2003, p. 182; cfr. anche A. Illuminati, Verità e politica nella precarietà, in “Alternative”, 1, 2004 e L. Gallino, Il costo umano della flessibilità, Roma-Bari, Laterza, 2001. 32 - Così, nella sua Favola delle api, la definiva un campione del primo liberalismo come Bernard Mandeville, secondo cui tanti lavoratori disciplinati all’etica del lavoro precario rappresentavano “la ricchezza più sicura” delle nazioni. La logica del neoliberalismo non fa eccezione: niente di nuovo sotto il sole. Cfr. M. Turchetto, Il lavoro senza fine. Riflessioni su “biopotere” e ideologia del lavoro tra XVII e XX secolo, in “Zapruder”, 3, 2004, p. 26. 33 - Merita appena di osservare che le nuove forme di lavoro precario, reintroducendo seri limiti allo sviluppo delle potenzialità dei cittadini e perpetrando vecchie disuguaglianze sociali aggiungendone di nuove, appaiono in aperto conflitto con lo spirito dell’art. 3.2 della Costituzione italiana, nel quale si prevede che lo stato intervenga per rimuovere quegli ostacoli e adeguare un ordine sociale retto dalle disuguaglianze ad un ordine giuridico egualitario. Sarà forse, come sostiene Girolamo De Michele, perché “proprio in quelle disuguaglianze ed arretratezze si cela il tesoro di un nuovo consenso plebeo”. esistenza sarà chiamato a cambiare più volte la propria attività lavorativa […] e dunque i docenti devono far sviluppare una cultura del lavoro, non intesa come ricerca del posto fisso, ma come disponibilità nel corso della propria vita a cambiare sovente attività lavorativa”34. Per Berlinguer, formazione professionale permanente ed etica del lavoro flessibile – paradossalmente ciò che la confindustria richiedeva da decenni - erano dunque obiettivi principali della nuova scuola riformata, intesa ora anche come laboratorio in cui lo studente si allena alla flessibilità. E ciò secondo una filosofia per cui il tempo dell’apprendimento coinciderà con l’intera esistenza ed essa con il tempo lavorativo: l’intera vita, a scuola come in società, dovrà servire ad acquisire competenze certificabili attraverso un “portfolio delle competenze che accompagna il cittadino dai banchi scolastici fino alla pensione”35. Il diagramma della nuova società di controllo non si soddisfa del semplice disciplinamento dei corpi, esige il controllo biopolitico su di una vita acconciata alla centralità del valore-lavoro. Di qui al sacrificio dello sviluppo dell’intera personalità dello studente e della sua capacità di comprendere ed interpretare autonomamente, e globalmente, il mondo che abita, il passo è più breve di quanto possa sembrare. Si tratta del passo compiuto dalla riforma Moratti. Ma, per dirla con Raffaele Mantegazza, “se la scuola serve a preparare per il mercato del lavoro […] dovremmo cambiare mestiere, chiudere le scuole e mandare tutti i nostri ragazzi a Romiti, Cragnotti, Tanzi che gli insegnano delle cose molto utili. Noi non siamo capaci di fare questa cosa, non dobbiamo farla, non è un nostro obiettivo, non è il nostro mestiere”36. D’altra parte, non c’è di che stupirsi: una scuola di questo tipo è rinvenibile ormai da oltre un decennio anche nella filosofia pedagogica dell’Unione Europea. Per fare uno solo dei tanti possibili esempi, basta scorrere il Libro verde sulla dimensione europea dell’educazione (Com 93/457) e leggervi che tra i principali scopi della prassi educativa sono, in primissimo piano, la formazione di “risorse umane” e il raggiungimento di “una maggiore adattabilità dei comportamenti al fine di rispondere alla domanda del mercato della manodopera”. E, se ancora non bastasse, vi si aggiunge a chiare lettere che “la formazione deve imperniarsi sulle necessità dell’impresa”37. Più in generale, è l’intera politica educativa dell’Unione che - almeno da quando 34 - cit. in P. Bernocchi, Il lavoro mentale dipendente e la merce-istituzione. Riforma dei cicli, parità, autonomia e contratto, al servizio della scuola-azienda, in “Posse”, 3, 2001, pp. 143-146. 35 - G. De Michele, La precarietà del sapere, cit. 36 - R. Mantegazza, Pedagogia della resistenza a scuola, relazione introduttiva al seminario Come resistere a scuola, organizzato da “École”, Milano, 3 marzo 2004, in http://xoomer. virgilio.it/ celgross/ ecole/resistenza/ Mantegazza.htm. Mantegazza aggiunge che “il mercato del lavoro prepara benissimo da solo i ragazzi, vedi Melfi: Fiat è arrivata in Basilicata, creando la classe operaia. Pare che la ministra abbia fatto un’inchiesta sui giovani dipendenti della Fiat; tutti sanno che a Melfi si fa la Punto, ma il 70% dei ragazzi che lavorano dentro la Fiat di Melfi non sapeva che macchina produceva”. 37 - Cfr. http://aei.pitt.edu/archive/00000936/01/education_gp_COM_93_457.pdf 227 228 nel 1989 la Tavola rotonda europea degli Industriali richiese, in un allarmante rapporto, “un rinnovamento accelerato dei sistemi di insegnamento e dei loro programmi” (sostenendo che gli insegnanti avessero “una comprensione insufficiente dell’ambiente economico, degli affari, della nozione di profitto”) è ispirata ad “accordare la priorità allo sviluppo delle competenze professionali e sociali per una migliore adattabilità dei lavoratori alle evoluzioni del mercato del lavoro”, dal momento che ormai occorrerà formare un lavoratore futuro “capace di riciclarsi nel corso di tutta la propria vita”38. E ciò vale per entrambi gli estremi dell’ordine produttivo: per i giovani lavoratori destinati alla competizione internazionale (e al confronto-scontro con i loro coetanei di altri paesi sul mercato dei saperi tecnologicamente avanzati) come per quelli che resteranno fuori dalla società cognitiva in quanto privi di risorse culturali adatte allo scopo. Dal Libro bianco del 1995 al piano d’azione Imparare nella società dell’informazione, dal Rapporto Reiffers ai progetti Leonardo e Socrates, dagli accordi di Lussemburgo del 1998 alla strategia della Information o Knowledge Society di Lisbona 2000, fino al recente Trattato costituzionale, l’Unione Europea è stata ossessionata dal progetto neoliberale di deregolamentare la scuola, di ravvicinarla all’impresa e, attraverso essa, di assecondare il processo di flessibilizzazione ad oltranza della forza lavoro. In questa direzione è andata la progettazione continua, tuttora in corso, di una controrivoluzione pedagogica che garantisse un insegnamento di base: pubblico quel poco che basta a riprodurre un senso di cittadinanza addomesticato, ma soprattutto mirato a produrre negli allievi non tanto conoscenze e cultura comuni, quanto competenze necessarie a svolgere in futuro un lavoro votato a un riciclaggio permanente, qualificato o meno che sia. Insomma, le principali indicazioni fornite dalla filosofia educativa dell’Unione schizzano la figura del futuro uomo flessibile: un individuo altamente occupabile, subalterno e obbediente, che dovrà lavorare in modo estremamente adattabile alle esigenze di produttività dettate dal dinamismo dei processi di globalizzazione. Al contempo, dovrà interiorizzare le norme disciplinari desunte dal principio di competitività, stabilite di volta in volta sulla base dei risultati raggiunti nella sfida sui mercati con le altre grandi potenze economiche, in primo luogo, ovviamente, quella statunitense39. E’ come se la scuola, anche quella pubblica, con la legittimazione e la sovradeterminazione dell’Unione Europea stesse imboccando una strada che la porta “a mettere a disposizione di chi governa e gestisce il processo 38 - Nico Hirtt, All’ombra della Tavola Rotonda degli industriali. La politica educativa della Commissione Europea, in “Extrait des Cahiers d’Europe”, 3, 2000, in http: //www.edscuola.it/archivio/ famiglie/poledue.html. 39 - Sul tema cfr. A. Fumagalli, La Carta Costituzionale Europea e le politiche per il lavoro: democrazia politica o dittatura economica?, in E. Balibar et alii, a cura di S. Cingari, Europa, cittadinanza, confini. Dialogando con Etienne Balibar, Lecce, Pensa Multimedia, 2006. produttivo non tanto specifiche competenze professionali (che certo non sono sparite di botto […]), quanto piuttosto la disponibilità a erogare lavoro mentale di ogni tipo”40. E ciò secondo una logica che vuole lo studente/apprendista tendenzialmente capace di riciclarsi e rimodellarsi in modo permanente, per adattarsi alle esigenze sempre cangianti ed aleatorie dell’ordine produttivo tardo-capitalista. Lo studente deve prepararsi a diventare un uomo flessibile, appunto, le cui abilità relazionali, cooperative e linguistiche possano agevolmente essere messe al lavoro, sulla base di un progetto per cui tutto ciò che tenderebbe quasi spontaneamente ad eccedere le logiche dell’accumulazione capitalista deve finire in produzione41. E’ come se nella pedagogia contemporanea avesse ampiamente prevalso il senso comune per il quale una scuola efficace è una scuola selettiva in grado di accompagnare gli allievi sulla soglia del mondo del lavoro; una scuola in cui insegnare coincida con l’accertare docimologicamente abilità e capacità in funzione del posizionamento degli studenti nei proporzionati ruoli lavorativi e nei luoghi della piramide sociale ad essi correlati; una scuola che, sfornando lavoratori capaci di adattarsi alle nuove forme assunte dalle imprese e dei mezzi di produzione, risulti di fatto ridotta a mera “appendice […] del processo di aziendalizzazione postfordista”.42 Non si dovrà dire, allora, che se la scuola produce ignoranza è perché non assolve le proprie funzioni: nel suo ruolo di “catena di trasmissione verso un mercato del lavoro che si crea da sé la propria manodopera qualificata” essa funziona fin troppo bene43. Mutatis mutandis, la pubblica istruzione pensata dal discorso pedagogico tra lo scorcio del XX secolo e l’alba del XXI non si rivela poi così diversa da quella della prima modernità liberale: il problema da risolvere è ancora quello di contribuire alla produzione di una soggettività capace di autogovernarsi a sostegno di una società regolata dal mercato, dal laissez faire, laissez aller, espellendo dal sé (o finalizzando allo scopo) ogni eccedenza critica stigmatizzata come improduttiva. Solo che oggi lo “spettatore disinteressato” di Adam Smith indossa le vesti di chi abita - come spettatore certo, ma anche come lavoratore flessibile adattato all’ultimo stadio del capitalismo neoliberale – le nuove frontiere della “società dello spettacolo integrato” 40 - P. Bernocchi, Il lavoro mentale dipendente e la merce-istituzione, cit., p. 143; più in generale, Id, L’intellettualità di massa ultraflessibile, in “Posse”, novembre 2001, pp. 110-123. 41 - Sulla nuova centralità delle facoltà generiche dell’uomo nei sistemi produttivi postfordisti - il suo “generico poter-dire”, la sua facoltà di linguaggio, in una parola la mera natura umana -, cfr. almeno P. Virno, Scienze sociali e “natura umana”. Facoltà di linguaggio, invariante biologico, rapporti di produzione, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, soprattutto pp. 44-67 e Id, Grammatica della moltitudine. Per un’analisi delle forme di vita contemporanee, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001, soprattutto pp. 25-47. 42 - D. Starnone, Nota a margine, in R. Vaneigem, La scuola è vostra. Dedicato agli studenti, Milano, Tropea, 1996, p. 91-92. 43 - R. Mantegazza, Resistere tra i banchi, in “Cem/mondialità”, 3, 2003, p. 5. 229 230 descritta da Guy Debord44. La pubblica istruzione continua a svolgere funzionalmente questo compito di adeguamento della soggettività all’ordine sociale, marciando “adeguatamente in combutta con il bisogno del capitale di avere una forza lavoro obbediente, autonoma entro i limiti dei bisogni produttivi e di consumo, flessibile, bella e pronta per lo sfruttamento usa e butta”45. Sempre più spesso, le “nuove pedagogie” pensano la scuola (e l’università) come una fucina in cui acquisire un sapere di base diffuso, un’infarinatura di conoscenza che funga appena da appiglio per il futuro apprendimento delle rapidissime innovazioni produttive. Ma tutto ciò non tiene conto del fatto che oggi una simile, acritica, “alfabetizzazione simbolica, estesa quanto piatta e priva di profondità”, avviene per lo più fuori dalla scuola, nelle agenzie della comunicazione di massa46. Come fuori dalla scuola prende oggi forma la più grande parte dei dispositivi deputati al controllo della soggettività: sono i media (soprattutto la tv e la pubblicità), il sistema dei consumi (il logo e il valore simbolico della merce, la sua “fantasmagoria”, per dirla con Walter Benjamin), un eccesso di informazione, la comunicazione sociale spontanea a ricomporre gli alfabeti dell’esperienza infantile e adolescenziale dotandole di un “sistema simbolico sufficientemente organizzato, massificato e semplificante”47. In questa cruciale ridefinizione di campo, la scuola perde la sua centralità e tende a non essere più il potente “motore della alfabetizzazione simbolica, [del] leggere e [del] far di conto”48. Forse allora, seguendo le ipotesi di Andrea Bagni e Scipione Semeraro, si può supporre che ad essa restino due compiti non dichiarati, ma profondamente richiesti dal capitale: il primo è quello di provvedere ad una “integrazione «residuale» dei corpi”, dal momento che estendere il comando sui corpi infantili significa potenziare il controllo e l’integrazione delle menti in generale49. Sempre più mero “ambiente di adattamento sociale”, la scuola resta ancora modellata su un modello famigliare in cui i piccoli vengono minorizzati dai grandi, apprendendo da subito che la logica delle relazioni sociali è strutturata in funzione della produzione di soggetti passivi e 44 - Per il concetto di “spettacolo integrato”, cfr. G. Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, Milano, Sugarco, 1990, soprattutto pp. 7-83 e le belle Glosse in margine ai commentari di Giorgio Agamben, pp. 233-250. Sul tema, cfr. W. Baroni, Soggetto e circolazione mercantile. Lo spettacolo come orizzonte della riproduzione soggettiva, in Id, Le stagioni dell’assenza. Per un materialismo dei processi di soggettivazione, Milano, Ghibli, 2004, pp. 109-161. 45 - D. Starnone, Nota a margine, cit., p. 92. 46 - A. Bagni, Il futuro degli studenti in un politico bene comune, in Cattivi Maestri, “Almanacco di Carta”, 36, 2003, p. 32. 47 - S. Semeraro, Le nuove pedagogie crescono nei territori asimmetrici, in Cattivi Maestri, cit., p. 34. 48 - Idem, p. 35. 49 - Ibidem. “facilmente adattabili alla «modernizzazione» globale”50. Il secondo compito assegnato residualmente alla scuola sarà quello di garantire “poco più che controllo e socializzazione”51. Tutt’al più vi si svolgerà “una sorta di prima esperienza «formativa» di adattamento alla mega-macchina buropedagogica”, nell’ambito della distribuzione di “pagine e voti, debiti e crediti”52. Quasi fosse “una fabbrica fordista del sapere di massa”, un luogo in cui assemblare moduli, somministrare test, registrare certificati, misurare rendimenti; il tutto “in termini rigorosamente quantitativi […] e prestazionali”53. E il resto, ciò che eccede, sarà derubricato a “poesia, o peggio politica (e magari sono la stessa cosa)”, secondo una logica che vede nella scuola essenzialmente “una via di mezzo tra fabbrica, caserma e «parco giochi» di formazione del perfetto consumatore”54: un luogo, insomma, in cui apprendere l’ideologia della subordinazione e della competizione tra singoli, nel contesto di una noia che incentiva l’adesione acritica all’intrattenimento e al consumo individuale di massa. Con l’avvertenza che nelle pagine seguenti sarà impossibile andare oltre l’indicazione di qualche semplice pista sul tema, è proprio ad una simile concezione del rapporto docente-alunno che una riflessione pedagogica desiderosa di rifondare un’etica dell’insegnamento dovrebbe seriamente opporsi. A partire da una nuova problematizzazione del concetto di autonomia, in opposizione a quello, fin qui forgiato dalla scuola, di autogoverno: un autogoverno dell’allievo che, mentre apprende, si costituisce come soggetto funzionale ad un ordine sistemico del quale interiorizza le norme fondanti, quelle decisive per la sua riproduzione. 2) Brevi note per una teoria critica dell’insegnamento nel tempo presente Che cosa oggi possa significare insegnare e quali regole etiche questo mestiere debba seguire è difficile dire. Da quanto fin qui sostenuto è forse possibile operare una scelta di campo e prospettare un’ipotesi. Come già accennato, il pedagogico, inteso come dimensione formativa della soggettività, è ormai attivo ben fuori dai confini dell’istituzione scolastica e del sistema educativo, che pure continuano a costituirne parte importante pur non rappresentandone più il relais centrale. Il pedagogico è quotidianamente all’opera nella socializzazione spontanea, nel sistema mediatico-comunicativo e nelle pratiche del consumo55. Certo, resta una differenza tra il dispositivo 50 - Ibidem. 51 - A. Bagni, Il futuro degli studenti, cit., p. 32-33. 52 - Ibidem. 53 - Ibidem. 54 - Ibidem. 55 - Cfr. R. Massa in Educare o istruire? La fine della pedagogia nella cultura contemporanea, Mila- 231 232 pedagogico in senso forte, cioè “quel dispositivo all’interno del quale una intenzionalità educativa precisa e individuabile mette in atto procedure esplicitamente finalizzate alla costituzione di soggettività”, e il dispositivo pedagogico in senso debole, cioè l’insieme delle pratiche attraverso le quali gli effetti di soggettività “si producono comunque more pedagogico ma senza che sia visibile, almeno in prima battuta, una intenzionalità educativa specifica o un soggetto che sia definibile educatore o formatore”56. Su questo versante, il rischio maggiore è che oggi l’educazione si riduca a mero dispositivo pedagogico tra i tanti dispersi nella società. Grazie ad essi il tardo capitalismo risponde al proprio bisogno di riprodurre le condizioni oggettive che gli permettono di sussistere, sopravvivere e godere di ottima salute, poiché riesce a penetrare nelle soggettività influendo in modo decisivo sui processi che ne determinano la forma, garantendosi così, al contempo “le condizioni soggettive della perpetuazione del dominio”57. Insomma, si potrebbe sostenere che oggi i soggetti vengono continuamente riprodotti come “oggetti” non solo tramite l’esercizio dei poteri e dei saperi che su di essi si esercitano, ma anche attraverso una loro quotidiana opera di interiorizzazione dei principi normativi egemoni nei dispositivi sistemici. Non ci troviamo di fronte a moltitudini di donne e uomini puramente dominati e non-liberi. Siamo, piuttosto, in presenza di individui spesso assoggettati, ed auto-assoggettati, ad una libertà addomesticata, che – anche quando si vuole “trasgressiva” (come quella sprigionata dai bei corpi erotizzati ed erotizzanti di certi spot pubblicitari) - resta perfettamente funzionale all’ordine materialmente e simbolicamente dominante. O, forse, sarebbe meglio parlare di “libertà controllata”: quella, cioè, che dipende dal controllo labile e fine che i poteri microfisicamente compiono “entrando a far parte della vita dei soggetti stessi”58. E i soggetti, a loro volta, curvano all’interno del sé – come in una piega – le norme trasmesse dai dispositivi di controllo. Così, almeno tendenzialmente, la vita intera diventa oggetto di potere. In tutto ciò, la scuola tende ad essere definitivamente ridotta ad apparato ausiliario per la costruzione di un individuo flessibile, adattabile su richiesta e in tempi rapidi alla società del lavoro precario, alla jouissance di un consumo individuale (praticato nell’era del consumo totale) o, da perfetto spettatore, alle grammatiche passivanti della comunicazione attivata nelle società dello spettacolo integrato. Se davvero è così, una teoria critica dei processi educativi sarà possibile solo a partire da un intenso lavoro capace di costruire – come qualcuno ha di recente auspicato - una “pedagogia della resistenza”, capace di valorizzare la specificità pedagogica della scuola, insieme alla sua relativa autonomia, no, Unicopli, 1990, e Id, Cambiare la scuola, Roma – Bari, Laterza, 1998. 56 - Cfr. R. Mantegazza, Tra dispositivo e apparato ideologico, cit., in www.scuolacomo.com/ecole. 57 - Ibidem (corsivo mio). 58 - J. Revel, Michel Foucault. Un’ontologia dell’attualità, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, p. 125. e di farsi carico dell’eredità della filosofia dell’educazione novecentesca maggiormente emancipatoria, dalla teoria critica francofortese alla microfisica foucaultiana dei poteri, senza dimenticare il pensiero deleuziano delle linee di fuga e l’eredità impensata della teologia della liberazione59. E’ necessaria una scuola che sappia criticamente percepirsi come dispositivo di costituzione delle soggettività degli alunni e sappia assumere su di sé il fatto che l’educazione ha a che fare con il potere e che l’educatore e l’insegnante esercitano quotidianamente un potere. Non esiste alcuna “bontà” originaria dell’educazione: l’educazione è solo uno strumento e per il suo tramite si esercita sempre “un potere di assoggettamento”60. Con Adorno si dovrebbe allora dire che “l’educazione è antropogenesi, cioè costruzione - non certo ex novo - dell’ anthropos, del soggetto umano”61. Si dovrebbe poi aggiungere che alla scuola compete la formazione del soggetto umano autonomo: non quello autogovernato nell’ottica del buon funzionamento dell’ordine sociale, ma quello realmente autonomo. L’insegnante allora apparirebbe come quel tecnico dell’apprendimento capace di “rimanere nella scuola facendo resistenza”62: una resistenza che sappia coadiuvarne altre allo scopo di produrre soggettività non esclusivamente funzionali alla produzione flessibile e al consumo totale. Si tratta di un obiettivo “inattuale” ed estremamente impegnativo, che oggi resta per lo più impensato. L’impressione è, però, che sia possibile avviarne il perseguimento solo se la scuola, tralasciando tutto ciò che ha goffamente tentato di fare senza esserne capace - assecondando la tentazione psicologistica e quella familistica ad esempio -, tornerà a fare la scuola, invertendo la drammatica tendenza all’abbassamento dei livelli di trasmissione del sapere: oggi la tesi che un ragazzo presenta alla cosiddetta “laurea breve” spesso non equivale qualitativamente a quella che ha già discusso per conseguire il diploma di scuola superiore. Appare dunque vitale tornare a fare a scuola ciò che si fa soltanto a scuola: “Primo, l’esperienza della metariflessione, cioè l’esperienza del fatto che la cosa che ho imparato l’ho imparata insieme ad altri, anche se potevo farlo in altri modi, con un cd - rom, a casa mia leggendo un libro, in televisione, ed è un patrimonio di tutti. Secondo, non conta tanto la cosa che ho imparato, il contenuto, ma conta il processo attraverso cui l’ho imparata, che 59 - R. Mantegazza, Pedagogia della resistenza, Enna-Troina, Città aperta edizioni, 2003 e Id, Filosofia dell’educazione, B. Mondadori, Milano 1998. Cfr. anche il sito intenet curato dallo stesso Mantegazza, www.pedagogiadellaresistenza.org. 60 - Pedagogia della resistenza. Intervista di Filippo Trasatti a Raffaele Mantegazza, in “A”, 298, 2004, p. 16. 61 - Cit., in ibidem. Fornendo un ricco esempio di analisi materialista e microfisica del dispositivo scolastico, Mantegazza ha sviluppato questi temi nel recente La scuola come contesto materiale, in R. Mantegazza, G. Seveso, Pensare la scuola. Contraddizioni e interrogativi tra scuola e quotidianità, Milano, Bruno Mondadori, 2006, pp. 91-157. 62 - R. Mantegazza, Pedagogia della resistenza a scuola, relazione al seminario “Come resistere a scuola” organizzato all’università popolare di Milano dalla rivista “École” il 3 marzo 2004. 233 è un processo sociale”63. Un processo sociale per l’acquisizione di un pensiero critico in cui ad essere in gioco è l’autonomia di tantissimi soggetti. 234 a) L’insegnamento come contributo alla produzione di una soggettività autonoma Meglio di tanti pedagogisti accademici, non molto tempo fa Raoul Vaneigem ha suggerito che a scuola si dovrebbe sempre “imparare l’autonomia, non la dipendenza”64. Per il filosofo situazionista, insegnare a divenire autonomi è il compito principale di ogni docente, a partire dal principio secondo cui “l’unica cosa che emancipa è identificarsi con ciò che in se stessi si possiede di vivente al massimo grado”65. La scuola ha storicamente realizzato l’esatto opposto. Il sistema educativo si è troppo spesso fondato sulla repressione dei desideri e, sviando l’allievo dalle sue pulsioni di vita, si è preoccupato “di ingozzarlo artificialmente per portarlo sul mercato del lavoro, dove continuerà a ripetere come un pappagallo fino alla nausea il ritornello della sua gioventù: che vinca il migliore!”66. Per Vaneigem, invece, la preoccupazione didattica fondamentale dovrebbe essere ispirata all’idea per cui “aiutare il bambino nel suo affacciarsi alla vita” corrisponde ad “insegnargli a sapere ciò che vuole e a volere quel che sa, e cioè a soddisfare i propri desideri”67. Nel cammino dell’alunno verso l’autonomia – un cammino da cui non sono escluse né le lacrime né tantomeno la fatica – risulterà realmente insegnante colui che sarà capace di far sì che chi impara ritiri il proprio acritico credito agli stessi poteri che lo rendono quotidianamente passivo: ad esempio gli idoli del mercato, della competizione sul lavoro con i propri omologhi e la fantasmagoria del consumo-intrattenimento. Per strutturare la didattica si potrebbe allora partire dal fatto che in ogni bambino albergano una curiosità senza limiti e la richiesta creativa di una conoscenza del mondo che nasce dal desiderio di vita: un desiderio che prescinde da ogni astrazione romantica e che, molto materialmente, eccede sempre le dinamiche della valorizzazione sociale del capitale. Purtroppo, 63 - Ibidem. Vale la pena di riportare per esteso l’esempio che Mantegazza, con ragione, aggiunge: “I tempi di una classe sono i tempi dell’ultimo; è giusto dire che i programmi stressano, ma dobbiamo avere il coraggio e la forza di andare in controtendenza, ognuno per quello che può. E ai genitori che stressano dicendo che il figlio è arrivato a Napoleone e la nipote è molto più avanti bisogna dire: va bene così, non c’è problema, perché noi lavoriamo su altre dimensioni, e Napoleone deve capirlo l’ultimo bambino, il disabile, lo svantaggiato, quello che non ha libri in casa. Finché non lo ha capito lui non si va avanti. Non è un ricatto per la classe, ma è dire che la collettività impara Napoleone, e tutti insieme si trova il modo per far sì che anche l’ultimo acquisisca il diritto a sapere chi era Napoleone. Questa è la pedagogia della resistenza a scuola!”. 64 - R. Vaneigem, La scuola è vostra, cit., p. 69. 65 - Idem, p. 71. 66 - Idem, p. 33. 67 - Idem, p. 22 e p. 33. invece, proprio questa zona di creatività viene spesso confusa con un eccesso di inadeguata e colpevole fantasia, matrice dell’errore scolastico. In realtà “non ci sono colpe, ma soltanto errori, e gli errori si correggono” nell’ambito di un processo – quello educativo appunto – in cui al “dispotismo” del docente subentri una prassi guidata dall’idea che il vivente debba essere sottratto agli imperativi del profitto, cosi che, ad esempio, la foresta possa apparire a chi apprende come “il polmone della terra e non [come] il prezzo di un certo numero di steri o uno spazio da devastare per interesse immobiliare”68. Alcune delle proposte che Vaneigem avanza per raggiungere lo scopo sono semplicemente ancorate ad un buon senso pedagogico, che al neoliberalismo oggi egemone appare come una perniciosa rivendicazione corporativa: delle classi meno numerose per un maggior numero di insegnanti; una didattica individualizzata dai tempi lenti, articolata in luoghi ravvicinati, relazionali, umani, finalizzata a stimolare curiosità e rispetto del vivente (nonché mappe personali della conoscenza); l’adozione di macchine tecnologicamente avanzate con cui gli insegnanti possano trasmettere competenze in modo efficace e meglio autovalutarsi. A commento di questa filosofia pedagogica dell’autonomia, Domenico Starnone – un brillante scrittore che ha insegnato per lunghi anni – ha osservato che la critica di Vaneigem indica correttamente il cammino che la scuola dovrebbe intraprendere per oltrepassare la tradizionale funzione di noiosa “istituzione che addestra i giovani a rassegnarsi all’alienazione economica”69. La scuola dovrebbe trasformarsi in un luogo dove coltivare il piacere di essere in vita e l’entusiasmo di “reagire con competenza alla devastazione del vivente operata dalla logica del profitto a tutti i costi”70. Va da sé che, in un simile luogo, giochi un ruolo assolutamente centrale l’incontro creativo tra docente e alunno. E’ lì infatti che si dà concretamente la possibilità di un insegnamento capace di avviare all’esperienza dell’autonomia. b) Il nodo del rapporto docente-alunno Ma a quale “autonomia” può avviare il rapporto maestro/discepolo? Nonostante i continui tentativi di autoriproduzione, l’illusione della educazione occidentale moderna può considerarsi fallita. Come ho tentato di mostrare, il dispositivo formativo ha sempre tentato di produrre soggetti capaci di introiettare, in versioni continuamente aggiornate, il vecchio “tribunale della coscienza” a garanzia del buon funzionamento della società di mercato. Ma non si è mai prodotta una realtà sociale nella quale quell’elemento sfuggente dell’eccedenza, rappresentato dalla richiesta di forzare le coordinate del sistema dominante e della soggettività egemone, sia stato completamente riassorbito dai dispositivi di potere-sapere. Continui sono stati nella storia 68 - Idem, p. 37. 69 - D. Starnone, Nota a margine, cit., p. 87-88. 70 - Ibidem. 235 236 – e continuano ad esserlo - gli sforzi per rifondare l’educazione scolastica su nuove basi, emancipatorie, libertarie, anti-imperiali71. Il problema è che mentre nel caso dei movimenti degli anni ’60 e ’70 simili sforzi hanno influenzato profondamente l’istituzione scolastica – pur non intaccandone le principali funzioni sistemiche e finendo per essere anzi ad esse successivamente sussunti – oggi restano spesso assai poco visibili. E ciò per il semplice fatto che i loro progetti, perdenti sul terreno della pura presenza e dei rapporti di forza, non hanno accesso alla scena del presente (tanto meno a quella mediatica): non riescono, cioè, a plasmare il reale nel tentativo di imporgli la loro egemonia. Nel suo tentativo di coniugare scientificità e moralizzazione, l’illusione pedagogica di riassorbire o funzionalizzare la critica sociale tramite l’educazione (e tramite la disseminazione del pedagogico nel sociale) sembra allora prevalere nei fatti. Tuttavia, quell’illusione, in cui risuona il vizio occulto della pedagogia moderna, punta a produrre “il maggior numero possibile di uomini correnti […] nel senso in cui si chiama corrente una moneta”72, ma, al contempo, conferma di non poter mai completare il suo compito correttivo e profilattico di recupero integrale dell’eccedenza. Sarà forse perché l’esigenza di una libertà non omogenea a quella vissuta sotto il regime di una servitù volontaria stenta e deperire in qualsiasi sistema sociopolitico, anche in quello che, come il nostro, richiede continuamente adesione incentivando senza fine pratiche di automoralizzazione e di autogoverno. O sarà forse perché, in nome di una differente qualità della vita, la necessità di preservare elementi esperienziali improduttivi, oziosi, e sovranamente inutili, non semplicemente decorativi, resiste ad ogni assalto finale della razionalità produttiva capitalista. Come che sia, per utilizzare un’espressione di Walter Benjamin, l’illusione pedagogica lascia aperto un “margine pericolosamente minimo” a partire dal quale resta possibile chiedersi se sia ancora possibile pensare una diversa educazione, in grado di costituirsi al di fuori delle morali stabilite e sulla base di un’etica lontana da quella di ogni codice deontologico, come da quella di qualsiasi discorso di Verità. Per praticare quel “margine” bisognerebbe rivolgersi ad un’etica fondata su un’esperienza centrale: “la 71 - Si potrebbero menzionare centinaia di esperienze. Basti qui citarne, a mero titolo di esempio, una di ieri – quella che prende forma in Italia tra il secondo dopoguerra e il movimento del ’68 (e, se si vuole, anche le sue rilevanti appendici cattoliche, come la scuola di Barbiana di Don Milani) – e qualcuna di oggi – come le scuole dei piqueteros di Buenos Aires, quelle disseminate nei latifondi occupati dai Sem terra brasiliani, le scuole indigene del Chiapas, ma anche l’insegnamento dei maestri di strada nei quartieri spagnoli di Napoli o le poche scuole anarchiche olandesi. Infine, gli stessi seminari organizzati per la preparazione degli appuntamenti del movimento globale contro la mondializzazione del capitale e la guerra permanente e preventiva potrebbero essere interpretati come momenti dell’attività educativa di una libera università popolare finalizzata alla co-costruzione di una conoscenza libertaria, emancipatoria, anti-imperiale, comune. 72 - F. W. Nietzsche, Schopenauer come educatore, in Id, Scuola ed educazione, a cura di G. Praticò, Roma, Armando, 1996, p. 82 e p. 89. trasmissione esemplare di un atteggiamento di fronte al mondo e alla vita”73. E una simile esperienza pedagogica può filtrare solo attraverso una dialettica maestro/allievo fatta non di verità obbligate ma di interrogazioni reciproche continuamente rilanciate. Ogni sapere del maestro è vano senza quesito del discente: non è forse questo, nelle nostre scuole, uno dei motivi più rilevanti della sterilità di tanta inutile pedanteria, incapace di suscitare domande negli alunni? E ogni conoscenza del mondo accessibile all’allievo è vana se non nasce dalle domande che il maestro deve continuamente porgli. In un simile processo educativo, la verità, così, non appare come disvelamento di un significato occulto del mondo già da sempre là, ma come “lo scambio sempre ricominciato, sul ritmo del divenire, e nella forma del dono, del domandare e del rispondere”74. Il punto - ed è un punto eminentemente greco - è che in questa esperienza della reciprocità occorre un patto fiduciario tra il maestro e l’allievo. Un patto che preveda, alla fine del processo, il divenire maestro dell’allievo, dal momento che il prestigio e l’autorità del primo devono servire, con l’esempio, a trasmettere l’atteggiamento critico rispetto al modello di ordine nel quale ci si trova a vivere. “Senza finzioni, stratagemmi, segreti, sulla linea d’ombra di un’etica”, la coppia – giacché il processo educativo avviene sempre in coppia, anche quando prende forma al presunto riparo di una classe – si struttura sulla base di una comunicazione fiduciaria e reciproca in cui l’oggetto dello scambio è l’ “autonomia”75. Forse ha ragione Alessandro Fontana: qui, e solo qui, “enigmaticamente si trasmette qualcosa dell’ordine di un’educazione”76. Un’impresa simile si rivela invece impossibile all’interno di una scuola che punta a produrre soggetti eteronomi, intimamente aderenti alle norme sistemiche. Infatti, introiettando norme che lo guidano alla servitù volontaria, l’allievo non può divenire mai maestro. D’altra parte, riproducendo la grammatica del dominio, il maestro resterebbe null’altro che un funzionario al servizio della diade stato-capitale. Come ha sottolineato Franco Cambi, per ri-pensare una pedagogia dell’autonomia occorrerà allora recuperare quei frammenti emancipatori, e solo quelli, presenti negli schemi pedagogici dell’età antica, in cui emerge con forza un modello di soggetto regolato non dall’autogoverno - nel senso che ad esso abbiamo fin qui attribuito - ma “dall’autodominio e quindi dalla mente”77. Si tratta dello stesso elemento greco che negli ultimi anni della sua vita aveva appassionato Michel Foucault. Va però ancora una volta ricordato 73 - A. Fontana, Ciò che si dice e ciò di cui si parla, cit., p. 102. 74 - Idem, p. 103. 75 - Ibidem. 76 - Ibidem. 77 - F. Cambi, Mente e affetti nell’educazione contemporanea, Roma, Armando, 1996. 237 238 che il filosofo de L’uso dei piaceri non ha mai proposto alcun “ritorno ai greci”. Sapeva bene, infatti, che i limiti del modello educativo greco sono fin troppi, e che sono gli stessi attribuibili ad uno spazio pubblico viriloide in cui l’educazione era possibile solo per il cittadino - il giovane maschio avente diritti politici - e non per le donne, i meteci, gli schiavi. Sono insomma i limiti consustanziali ad uno spazio politico segnato da profonde gerarchie la cui attualizzazione, oltre che impossibile, è fin troppo indesiderabile. Ciò che a Foucault interessava era invece porre la questione del modo in cui oggi sarebbe possibile riappropriarsi del télos dell’etica greca: la padronanza di sé intesa come autodominio che discende dall’adesione a regole etiche costruite nell’immanenza del rapporto pedagogico; regole, per così dire, personalmente scelte e non derivanti dalla trascendenza della legge, divina, naturale o razionale che sia78. Il problema di Foucault era quello di comprendere se fosse possibile tradurre quell’elemento greco dal proprio contesto ed immergerlo in quello ben più problematico delle nostre società; società globalizzate, in cui – possiamo oggi aggiungere - accumulazione flessibile, spettacolo integrato e consumo totale tracciano le rotte dei processi di oggettivazione delle soggettività. E’ in questi dispositivi, infatti, che si continua a riprodurre – dietro lo specchio della levigata libertà postmoderna – l’ingiunzione di una rinuncia a sé che nasce dall’interiorizzazione delle logiche sistemiche neoliberali, versione secolarizzata e continuamente aggiornata della “perfetta obbedienza” praticata nel collegio gesuita. Contro questa profonda eredità “cristiana”, e contro le forme contemporanee di moralizzazione dei soggetti, seguendo Foucault, sarebbe necessario re-immettere all’interno del dispositivo pedagogico l’idea greca di un’educazione in cui la vita dell’allievo possa essere intesa come “estetica dell’esistenza”79. Attraverso l’insegnamento della “cura di sé” (epiméleia eautoù), il maestro greco guidava l’allievo alla costituzione etica della propria vita come fosse un’ “opera d’arte” votata alla continua ricerca di possibili modi di soggettivazione, sganciati dalle istanze normative del potere. Il fine ultimo del processo era la produzione di un’etica, anche rigorosa, capace di realizzare un reale ed assai “inattuale” dominio di sé. Se un simile telos pedagogico trovasse di nuovo posto nella problematizzazione dei processi educativi, l’allievo potrebbe essere traghettato sia fuori dagli effetti perversi prodotti dal reticolo pedagogico innervato nel sistema sociale, sia oltre l’ingiunzione all’interiorizzazione dei dogmi prodotti dalle logiche spettacolari. In altri termini, come nello spazio educativo greco, all’interno di un rapporto di 78 - Cfr. M. Foucault, Sulla genealogia dell’etica: compendio di un work in progress, in H. L. Dreyfus e P. Rabinow, La ricerca di Michel Foucault. Analitica della verità e storia del presente, Firenze, Ponte alle grazie, 1990, pp. 257-281. 79 - Cfr. M. Foucault, L’uso dei piaceri, Milano, Feltrinelli, 1984 e Id, Tecnologie del sé, Torino, Bollati Boringhieri, 1992. potere tra uomini liberi, l’allievo sarebbe condotto a lavorare continuamente su se stesso per costruirsi eticamente, con la necessaria fatica del pensiero, fuori dai codici della morale corrente. In questo gioco, libero non è chi assoggetta l’alunno all’obbedienza o all’autogoverno. Libero è chi libera: libero è il maestro che libera se stesso dalla “verità” dell’illusione pedagogica occidentale – una favola di cui ha finalmente riscoperto la poco luminosa provenienza -, e che libera l’allievo guidandolo nel suo incessante “divenire maestro”. Ma libero è anche l’allievo, perché - anche attraverso l’esercizio del potere su di sé - libera se stesso, raggiungendo quell’autodominio che gli consentirà poi di liberare altri, proprio come lungo lo stesso percorso della propria emancipazione ha già contribuito a liberare il maestro. La vita di chi apprende tende così a divenire un’opera d’arte: praticando l’etica al di fuori della morale, in essa si dà la reiterata “invenzione di nuove «possibilità di vita»” ispirate all’autonomia80. Pur nella differenza dei processi educativi, il fine dell’autonomia è rinvenibile nelle scuole filosofiche greche (come quella di Epitteto) e negli esercizi spirituali degli stoici (le tecniche di meditazione, la scrittura di sé, l’esame di coscienza, fino al Seneca dell’istruzione come “protezione”, paraskené). E’ nel libero gioco dell’esperienza educativa che si apprende l’arte del “dominio di sé”81. Che il gioco sia libero, però, non significa in alcun modo che in esso non si dia l’esercizio del potere. Il potere non è il “male” ed è proprio l’istituzione scolastica a dimostrarlo. Secondo Foucault, la prassi dell’insegnamento a scuola si realizza quotidianamente come un “gioco di verità” a cui è connaturato l’esercizio del potere. Per il filosofo francese, non c’è nulla di male nel fatto che “qualcuno che ne sa più di un altro dice a quest’ultimo quello che bisogna fare, insegna, gli trasmette un sapere, gli comunica delle tecniche”82. Il problema semmai sorge se e quando queste pratiche, “in cui il potere non può non esistere e in cui non è cattivo in sé”, generano effetti di dominio tali per cui un allievo risulterà assoggettato a maestri che perseguono, anche inconsapevolmente, l’unico obiettivo di oggettivarlo socialmente (o “integrarlo”, secondo il politically correct dominante) tramite insegnamenti e modelli comportamentali ritualizzati83. Proprio per scongiurare questo rischio, che troppo spesso nelle nostre società finisce per divenire realtà egemone, occorrerebbe tradurre nel tempo presente l’esperienza pedagogica greca di un’“estetica dell’esistenza”, che è poi 80 - G. Deleuze, Michel Foucault. la vie comme oeuvre d’art, in Id, Pourparlers, Paris, Minuit, 1990, p. 135. Cfr. anche M. Foucault, Sulla genealogia dell’etica, cit. 81 - Sull’analisi foucaultiana delle esperienze educative nell’antica Grecia, cfr. A. Mariani, Foucault: per una genealogia dell’educazione, cit., pp. 117-137 e passim. 82 - M. Foucault, L’etica della cura di sé come pratica della libertà, in Archivio Foucault. Vol III, Milano, Feltrinelli, 1996-98, pp. 291. 83 - Idem, p. 292 e Conversazione con Michel Foucault, in Archivio Foucault. Vol II, cit., p. 39. 239 240 l’arte di divenire autonomi attraverso la “cura di sé”. Infatti, diversamente da quanto accade nel “culto contemporaneo di sé” che domina le nostre città, la cura di sé – che prevede un costante autoesame critico - permette al soggetto di decifrare non solo le coordinate generali delle gerarchie del sistema sociale, ma anche le modalità secondo le quali vi si trova inserito, nonché le regole etiche attraverso cui può abitarlo al meglio o ridefinirne gli assetti. L’autonomia passa attraverso la pratica di sé e la comprensione del reale, e queste tramite un processo pedagogico che guida il soggetto all’autodominio. Non è ciò che accade ad Alcibiade nel celebre dialogo platonico del 396-388 a. c., dove Socrate spinge i giovani a occuparsi della propria anima per riscoprirvi l’elemento divino e la memoria delle forme pure, in un movimento metafisico di riconciliazione con la patria dell’essere, teso alla sfera ultraterrena. Non è nemmeno la conseguenza di quanto lo stesso Platone fa proporre a Socrate nell’Apologia: i cittadini devono sì avere cura di sé, disfarsi di ignoranza, cattive abitudini e false opinioni, saper dominare le proprie inclinazioni, conoscere se stessi in rapporto alla città per potersi curare degli altri, ma solo per aderire ad un modello ideale e “vero” di governo della polis, nel quale, in fondo, non gli resta che rispecchiarsi passivamente, oggettivandosi. L’autodominio a cui si fa qui riferimento è piuttosto simile a quello descritto dagli epicurei o dagli stoici, per i quali il soggetto non è né l’oggetto e lo strumento di un discorso vero, né – come per le pedagogie cristiane – il luogo di un’introspezione permanente e mai compiuta alla ricerca di una cattiva verità in interiore homine che condurrebbe inevitabilmente alla rinuncia di sé. E’ invece un obiettivo da costruire, l’effetto di un insieme complesso di pratiche e processi attraverso i quali, per via pedagogica, vengono appresi concetti da pensare, principi, schemi di azioni da compiere o se si vuole un éthos. E ciò nella piena immanenza, al di fuori di ogni riferimento a valori trascendenti e di qualsiasi introiezione, attiva o passiva, delle norme sociali. Se la vita dell’allievo avrà una sua coerenza interna, uno stile, non sarà in virtù dell’obbedienza a qualche norma di una morale obbligatoria che ne spiega il senso; sarà solo perché, anche grazie ad una relazione pedagogica giocata sempre sul piano di immanenza dei dispositivi sociali, quell’allievo avrà saputo fare del proprio bíos un’opera d’arte. E lo avrà fatto attraverso un’attenta estetica dell’esistenza che potrà guidarlo alla libera autocostruzione del sé e alla promozione di nuove forme di soggettività, magari capaci di costellare con tenaci pratiche di libertà e resistenza gli oggettivanti luoghi del dominio84. Conclusione 84 - Cfr. M. Foucault, L’etica della cura di sé come pratica di libertà, cit. Sul tema, tra i tanti e da ultimo, cfr. D. Sparti, Come si diventa ciò che si è. Soggettivazione ed etica dell’esistenza in Foucault, in “aut-aut”, 324, 2004. Insomma, si è fin qui tentato di sostenere che la funzione del docente non può ridursi a quella di produrre futuri lavoratori precari adeguati alle nuove modalità della produzione tecnologicamente rinnovata e docilmente asserviti alle compatibilità dell’impresa postfordista. Eppure è proprio questo il motivo per cui tanti giovani studiano, come è questo ciò che moltissime famiglie richiedono. Di più, è per raggiungere consapevolmente questo scopo che molti, troppi insegnanti lavorano convincendosi che quello sia il fulcro del loro agire professionale. E vengono confortati in ciò da zelanti legislatori e ministri che adeguano alle stesse esigenze la normativa scolastica, evitando però sistematicamente di discutere con i diretti interessati le ragioni delle riforme. E ciò sulla base di una contrapposizione assiologia tra “chi sa e sa fare” e “chi discute”, che – mostrando il vero volto dei sedicenti riformatori - rievoca la celebre battuta del controrivoluzionario Donoso Cortès sulla democrazia “discutidora”85. Abbiamo così una serie ingente di conseguenze - riguardanti non solo l’Italia ma tendenzialmente l’Europa intera -, che qui elenco in modo rapsodico e un po’ sommario: la scomparsa dell’obbligo scolastico sostituito dal “dirittodovere all’istruzione e alla formazione” fino al diciottesimo anno, cosa che non significa affatto andare a scuola fino a diciotto anni; il conseguente ingresso del “precario perfetto, flessibile e ignorante già prima della maggior età”86, in un dispositivo di addestramento al lavoro a cui sarà possibile accedere fin dal primo anno del secondo ciclo, cioè in uscita dalla ex scuola media; la conseguente equiparazione del concetto di istruzione a quello di formazione nella cosiddetta “alternanza scuola-lavoro”, a cui si può accedere fin dal quindicesimo anno di età secondo una logica per cui si presterà lavoro gratuito alle imprese (equiparato al tempo scuola) in cambio di crediti formativi; una sovrapposizione di giovane incolto e studente professionalizzato che occulterà, nel sistema della già menzionata “alternanza”, il sostanziale abbandono della lotta alla dispersione scolastica; la correlata riedizione di una scuola selettiva e classista di altri tempi aggiornata alle esigenze dei nostri “tempi moderni”; l’introduzione di un’individualizzazione dei percorsi curricolari che segue il ragazzo dall’infanzia alla fine dell’obbligo, schedandone di fatto selettivamente le attitudini attraverso il cosiddetto “portfolio delle competenze” – colpevole lascito della riforma Berlinguer; l’introduzione, in altri termini, di uno strumento che misura “non quello che puoi, ma quello che sei (stato) sulla base di dati che impongono sul presente, e soprattutto sul futuro, il peso del passato” e che, per di più, potrà essere presentato alle 85 - Cfr. in questa direzione, l’ottima analisi di G. De Michele, La precarietà del sapere, cit. 86 - Ibidem. 241 242 aziende in uscita dalla scuola87; la possibilità offerta dalla legge di utilizzare l’autonomia per ridurre il monte-ore scolastico a vantaggio di una serie di attività opzionali, attivabili anche da soggetti privati e inserite nel cosiddetto “piano dell’offerta formativa”88; l’adozione di un sistema di crediti formativi che, mentre scimmiotta standard di efficienza imprenditoriale, oltre a non risultare in alcun modo funzionale alle esigenze del mercato, sgretola il sapere fino a ridurlo a micro-saperi in pillole capaci solo di fornire una generica infarinatura di conoscenze altrettanto generiche89; più in generale, la decisa torsione del governo della scuola - e dell’università del “tre più due” - verso un’adesione acritica (e perfino inadatta allo scopo) alle compatibilità imposte dall’universo della produzione e dall’etica di impresa90: sono, tutte queste, solo alcune delle contemporanee “innovazioni pedagogiche”, che si aggiungono alla precarizzazione e allo svilimento della funzione docente. Simili innnovazioni, tuttavia, non rappresentano affatto le adeguate soluzioni del problema: sono invece i suoi più gravi sintomi. E, proprio mentre la ricerca Ials-Sials del maggio 2001 rileva che circa un terzo degli italiani sono analfabeti di ritorno e oltre il 50% dei giovani tra i 26 e i 35 anni si dividono tra questa condizione ed un’altra lievemente migliore91, quei sintomi si concentrano sul fine di derubricare a mero danno sociale lesivo del cosiddetto “bene comune” tutte quelle energie, talenti, saperi che eccedono l’efficienza aziendale e non possono essere sussunte dalla razionalità di mercato92. Forse 87 - G. De Michele, La precarietà del sapere, cit. Non si sottolineerà mai abbastanza il concretissimo rischio che il cosiddetto portfolio, “atto ad ingabbiare l’esperienza potenziale in esperienza vitale” pregiudicando quella virtuale, si trasformi in uno strumento finalizzato a convincere definitivamente i più deboli che il loro destino è, da sempre, un’occupazione generica, precaria e sempre più sottopagata. Sul portfolio cfr. anche le brevi, sagaci considerazioni di B. Vertecchi, Cronache dalla provincia, in “Insegnare”, 6, 2005, p. 6-7. 88 - Si tratta di attività con cui le scuole possono competere sulla vetrina del mercato per attirare allievi ridotti a clienti. 89 - P. Bernocchi, Il lavoro mentale dipendente e la merce-istituzione, cit. p. 146. 90 - Per una lucida critica delle derive dell’università-azienda in Italia, cfr. Intervista a Edoardo Sanguineti. Dall’università di massa all’università azienda, in “Liberazione”, 2 gennaio 2005, pp. 18-19. Sul sistema del cfu (l’attribuzione dei crediti formativi), cfr. A. Illuminati, Il computo nevrotico del sapere, in “Il manifesto”, 28 maggio, 2005, p. 13. Sulla triste comparsa degli uffici marketing in circa un terzo delle università italiane, cfr. M. Cartosio, “Più forti degli altri”: università al mercato, in “Il manifesto”, 20 settembre 2005, p. 11. 91 - G. De Michele, La precarietà del sapere, cit. Citando per esteso De Michele, è importante ricordare che “due terzi degli italiani sono in condizioni di emergenza sociale, se trasferiamo le competenze in loro possesso nel mondo del lavoro. Ovvero, rovesciando il punto di vista […], sono soggetti perfettamente funzionali alle nuove flessibilità imposte dal mercato del lavoro globale […] dunque potenzialmente docili e sottomessi”. Inoltre “sono, per carenze culturali di base, di arduo coinvolgimento in un contesto di relazioni aperte alle nuove soggettività importate dai lavoratori migranti; al tempo stesso risulta più agevole la penetrazione dei discorsi neo-identitari sull’identità di luogo e sul ritorno del nesso terra-sangue, che costituiscono il portato di un nuovo fascismo culturale”. 92 - Per un utilizzo critico del concetto di bene comune affine a quello qui utilizzato, cfr. M. Ilardi, Nei presto, quando si vorrà davvero rifondare un’etica dell’insegnante, e con essa una pedagogia realmente emancipatoria, bisognerà rovistare proprio tra le pieghe di quell’eccedenza. E’ infatti lì che, oggi più che mai, si addensa la libertà delle donne e degli uomini che vivono la crisi della modernità93. Queste pagine non rappresentano che un tentativo di suggerirlo. 243 territori del consumo totale. Il disobbediente e l’architetto, Roma, Deriveapprodi, 2004, p. 62. 93 - Cfr. M. Bascetta, La libertà dei postmoderni, Roma, Manifestolibri, 2004, p. 78. Parte quinta Studi Sammarinesi 245 IL GRUZZOLO DI PADERNA ATTRAVERSO IL CARTEGGIO “MARTORELLI – GIAMPAOLI”. Note su un ritrovamento archeologico fortuito nella Repubblica di San Marino. di Paola Bigi Gli anni novanta dell’Ottocento costituirono un decennio di straordinari ritrovamenti fortuiti per l’archeologia sammarinese. Le scoperte, avvenute accidentalmente e in occasione di lavori agricoli, si concentrarono nelle campagne di Domagnano. Nella fertile conca di Domagnano – Paderna Valgiurata, in un breve arco di tempo e a poche centinaia di metri di distanza l’uno dall’altro, furono infatti rinvenuti ben due “tesori”, il primo dei quali è il celeberrimo “tesoro di Domagnano”. Il “tesoro di Domagnano” Il “tesoro di Domagnano”, uno dei più spettacolari nuclei di oreficeria barbarica d’Europa, venne alla luce negli anni 1892-1893 in località Lagucci. A questo complesso di gioielli, tutti in oro, sono tradizionalmente attribuiti due fibule a forma di aquila, nove pendenti di collana, due orecchini, tre borchie interpretate come appliques di una borsa da cintura (due pseudorettangolari ed una ovale), uno spillone per capelli, un anello, due puntali per fodere di coltellini, una catena ed una fibula a forma di cicala. E’ stato successivamente riferito al “tesoro” anche un decimo pendente di collana. Eccezion fatta per puntali e catena, i gioielli sono lavorati en cloisonné, e le minute cellette geometriche, strutturate su diversi livelli, sono decorate da inserti di granati almandini, pasta vitrea verde, avorio, madreperla, perle e lapislazzuli. I reperti sono stati datati alla fine del V – primi decenni del VI secolo d. C. e la preziosità della parure ha indotto gli studiosi ad attribuirla ad una nobildonna ostrogota di alto lignaggio, legata alla corte del re Teodorico (493-526), che, sconfitto il re degli Eruli Odoacre, diede vita ad un regno romano barbarico in Italia con capitale a Ravenna, distante circa 70 chilometri dal luogo del ritrovamento1. Il regno ostrogoto fu di breve durata. Poco dopo la morte di Teodorico, l’Imperatore d’Oriente Giustiniano (527-565) intraprese una guerra ventennale (535–553) per riconquistare l’Italia, che, dopo fasi alterne, si concluse con la sconfitta dei Goti e l’effimera riunificazione della penisola italica all’Impero. Nonostante la scrupolosa raccolta e disamina delle fonti orali e documentali 1 - Per l’inquadramento storico ed archeologico del “tesoro di Domagnano” si vedano I Goti a San Marino. Il tesoro di Domagnano, San Marino 1995 (contiene saggi di V. Bierbrauer e D. Kidd, con riferimenti alla bibliografia precedente); M. Nawroth, Der Fund von Domagnano, Republik San Marino. Einflüsse der byzantinischen Hoftracht auf Schmuck und Kleidung der Goten in “Anzeiger des Germanischen Nationalmuseums, 2000, pp. 89-101; W. Meneghin, The Domagnano Treasure, in From Attila to Charlemagne. Arts of the Early Medieval Period in the Metropolitan Museum of Art, pp. 132139, New York 2000. 247 disponibili2, il contesto del ritrovamento non è ben noto ed il “tesoro di Domagnano” è stato interpretato alternativamente o come un ricco corredo funerario o come un nascondimento intenzionale durante il periodo delle guerre greco-gotiche. Numerosi misteri avvolgono questa eccezionale scoperta3, anche per il comprensibile riserbo che circondò il recupero e la vendita sul mercato antiquario di gioielli di così inestimabile valore. La mancanza di una legge a tutela del patrimonio storico ed archeologico consentì infatti ai proprietari del terreno, Rosa Foresti e Vito Serafini, di alienare legalmente i reperti, che si dispersero progressivamente al di fuori della Repubblica in musei e collezioni private di tutto il mondo. Solo una delle borchie pseudorettangolari fu acquistata nel 1922 dal Museo di Stato della Repubblica di San Marino, dove è a tutt’oggi conservata4. 248 Il gruzzolo di Paderna Nel 1898, a Paderna, in un podere di proprietà del beneficio parrocchiale della Pieve di San Marino, confinante con quello in cui fu ritrovato il “tesoro di Domagnano”, vennero rinvenuti 2006 denari in argento di età romana repubblicana. Una testimonianza orale sulle modalità del rinvenimento è stata raccolta da Agostino Giacomini, che riporta il racconto di Virgilio Giovagnoli, il cui nonno Raffaele era stato colono in quello stesso podere qualche anno dopo la scoperta. Sulla base di tale testimonianza, la prima moneta fu trovata dalla figlia di Giuseppe Beccari, il contadino che all’epoca coltivava il fondo, “tornando verso casa lungo la carraia, tuttora esistente”. La ragazza indicò al padre l’esatto luogo del rinvenimento e, scavandovi, fu riportato alla luce l’intero nucleo numismatico, che il Beccari consegnò al proprietario, l’arciprete della Pieve don Andrea Giampaoli5. Il ritrovamento di Paderna, per le sue caratteristiche, è identificabile come un “gruzzolo”, cioè un nascondimento intenzionale di monete a scopo di tesaurizzazione. L’interramento di un gruzzolo poteva avvenire talvolta per motivi personali del possessore, ma il fenomeno era frequente soprattutto durante periodi di crisi ed instabilità politica, sociale ed economica che inducevano i proprietari all’accantonamento ed al nascondimento di denaro a scopo cautelativo e per l’impossibilità di effettuare investimenti. In questi ripostigli le monete più recenti costituiscono per gli studiosi un utile indicatore 2 - Per l’analisi delle fonti orali e scritte si veda soprattutto A. Giacomini, Il tesoro di Domagnano, in “Studi Sammarinesi”, 1987, pp.147-186. 3 - G. Bottazzi, Il tesoro di Domagnano, in G. Bottazzi – P.Bigi (a cura di), Domagnano dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota, Mostre del Museo 11, San Marino 2001, pp.12-19. 4 - A. Simoncini, scheda 15 in P. G. Pasini (a cura di), Il Museo di Stato della Repubblica di San Marino, Milano 2000, pp. 15-16. 5 - A. Giacomini, Il tesoro di Domagnano cit., p. 154. cronologico per datare, seppure in maniera approssimativa, il momento del nascondimento e per valutare possibili relazioni con eventi storici avvenuti in territorio6. Per l’area emiliano-romagnola, come ha evidenziato Emanuela Ercolani Cocchi, i gruzzoli di monete repubblicane rinvenuti sono localizzati innanzitutto lungo l’asse della via Emilia, e, secondariamente, in località situate in corrispondenza delle direttrici transappeniniche o di approdo alla costa. Le date di chiusura dei numerosi gruzzoli di I secolo a.C. si concentrano in “fasce di addensamento” che corrispondono ad avvenimenti bellici, spoliazioni, ridistribuzioni delle terre connessi ad episodi delle guerre civili ed anche a vicende della rivolta di Spartaco 7. All’interno dei gruzzoli si trovano prevalentemente nominali ad alto valore intrinseco, come è appunto il denarius, moneta in argento utilizzata per pagare lo stipendio dei soldati e per le transazioni commerciali. Questa moneta costituì per Roma un efficace strumento di propaganda ideologica. Coniato a partire dalla seconda metà o dall’ultimo decennio del III secolo a.C., a seconda delle diverse interpretazioni degli studiosi, il denario presentò inizialmente una tipologia fissa, con la testa della dea Roma sul dritto e i Dioscuri a cavallo sul rovescio. Successivamente, però, sui denari cominciarono a comparire immagini strettamente collegate alle vicende delle famiglie (gentes) dei magistrati che, secondo le direttive del senato, sovrintendevano alle emissioni monetali in oro, argento e bronzo, cioè i tresviri auro argento aere flando feriundo o tresviri monetales. Nel corso del I secolo a.C., un periodo di profonda crisi e trasformazione dello Stato romano, la moneta divenne sempre più un veicolo per diffondere i programmi dei partiti politici e dei singoli contendenti fino a quando, a partire da Cesare, cominciò addirittura ad esservi apposto il ritratto del leader politico, consuetudine che continuò per tutta l’età imperiale8. Il gruzzolo di Paderna subì una sorte analoga al “tesoro di Domagnano”, e i denari che lo componevano furono venduti a lotti sul mercato antiquario. Nessuna delle monete rinvenute è quindi oggi a San Marino, né al momento attuale si sa in quali collezioni esse siano confluite9. Fortunatamente, però, la composizione del nucleo numismatico è nota perché nella Biblioteca di Stato della Repubblica di San Marino è conservato un 6 - Si veda E. Ercolani Cocchi – A.L. Morelli – D. Neri (a cura di), Romanizzazione e moneta. La testimonianza dei rinvenimenti dell’Emilia Romagna in “Quaderni di Archeologia dell’Emilia Romagna”, 10, Firenze 2004, pp. 71-95 (con bibliografia di riferimento). 7 - E. Ercolani Cocchi, Le monete dello scavo di Domagnano nel contesto dei rinvenimenti monetali del territorio, in Domagnano. Dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota cit., pp. 139-159; si vedano in particolare le pp. 148-153 dedicate alla diffusione del denario ed alle prime considerazioni sul gruzzolo di Domagnano. 8 - G. Angeli Bufalini, La moneta romana, Roma 2001, pp. 29-47; E. Ercolani Cocchi – A.L. Morelli – D. Neri (a cura di), Romanizzazione e moneta, cit., pp. 85-88. 9 - Brevi cenni in P. Bigi, Il ripostiglio monetale di Paderna in Domagnano. Dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota cit., pp. 19-21. 249 elenco dettagliato degli esemplari, corredato anche dal frottage di alcuni di essi10. Don Andrea Giampaoli si rivolse infatti al canonico Augusto Martorelli di Pennabilli, che catalogò tutti i reperti numismatici del ripostiglio di Paderna seguendo l’opera di Ariodante Fabretti, con lo scopo di facilitare la stima del valore commerciale di ogni esemplare sul mercato antiquario. Nell’album del Martorelli i denari sono ordinati, da 1 a 2006, in base al nome del triumviro monetale che ne curò l’emissione ed al tipo. Per ogni esemplare è specificato il nominale ed il metallo, e sono descritti dritto ed rovescio. Segue infine il frottage della moneta (figura 1). Lo studio del gruzzolo di Paderna è quindi possibile, ed in attesa di una pubblicazione analitica, è già stato rilevato che la data di chiusura del ripostiglio è il 43 a.C., contemporanea, quindi, allo scontro politico e militare fra Antonio ed Ottaviano che, dopo la morte di Cesare e la sconfitta dei congiurati, interessò anche l’Italia centro-settentrionale (guerra di Modena del 43 a.C. e guerra di Perugia del 41-40 a.C.). Da un punto di vista topografico il territorio di Domagnano si colloca inoltre in un’area di collegamento fra l’entroterra e la costa, in cui la città più vicina, Rimini, rivestiva un nodo viario di rilevante importanza11. 250 Il carteggio “Martorelli – Giampaoli - Sangiorgi – Principe Falconieri di Carpegna”: cronaca di una vendita deludente Non si era ancora spenta la eco del favoloso ritrovamento dei gioielli ostrogoti di Domagnano, dei quali era in corso la vendita, quando, completato l’elenco delle monete, sistemati i denari in sacchettini di tela a loro volta riposti in un’apposita cassettina in legno di noce, Andrea Giampaoli ed Augusto Martorelli si accinsero, pieni di speranze, ad immettere il “tesoro di Paderna” sul mercato antiquario. Dei contrasti e dissapori sorti fra la proprietà e lo scopritore circa i proventi della vendita rimane chiara traccia nelle testimonianze orali. Agostino Giacomini, attraverso la testimonianza raccolta da Virgilio Giovagnoli, riporta la versione di Giuseppe Beccari, il quale, all’affermazione dell’arciprete don Andrea Giampaoli che le monete erano state giudicate di nessun valore, avrebbe risposto che si trattava di una menzogna e richiesto, a titolo di indennizzo per il mancato guadagno, di rimanere nel podere senza versare alcunché alla proprietà, il che sarebbe avvenuto fino alla morte del Giampaoli nel 191212 . 10 - Album di monete romane consolari. Tipi 272. Monete 2006 trovate nel fondo Paderna – podere dell’arcipretura – San Marino Rep., posizione SM M 125-4. 11 - Le prime considerazioni sul gruzzolo di Domagnano nel contesto dei ritrovamenti sammarinesi ed emiliano-romagnoli si trovano in: E. Ercolani Cocchi, Le monete dello scavo di Domagnano cit., pp. 151-153. Nel medesimo contributo (fig. 68, p. 150) è pubblicato un istogramma con la rappresentazione della distribuzione cronologica, anno per anno, degli esemplari del gruzzolo emessi a partire dal 154 a. C. 12 - A. Giacomini, Il tesoro di Domagnano cit., p. 154. Ancor oggi nelle campagne di Domagnano c’è chi ricorda il tesoro rinvenuto a Paderna e l’inganno perpetrato dal parroco di San Marino ai danni del colono che lo aveva ritrovato. Maggiori informazioni sulla vendita sono contenute nel “Carteggio Martorelli – Giampaoli - Sangiorgi – Principe Falconieri di Carpegna” conservato nella Biblioteca di Stato della Repubblica di San Marino. Il carteggio fu ritirato dalla casa arcipretale da uno dei conservatori del Museo di Stato, Onofrio Fattori, durante il periodo della sua Reggenza con Angelo Manzoni Borghesi (1 ottobre 1911 – 31 marzo 1912) e venne depositato nella Biblioteca-Museo insieme all’album del Martorelli. Il “carteggio” (posizione SM M 128-7) contiene non solo epistole del Giampaoli e del Martorelli, ma anche lettere inviate dalla Galleria Sangiorgi, cui fu affidata la vendita delle monete, e da altre persone coinvolte per reperire potenziali acquirenti o agevolare le pratiche a Roma, insieme a ricevute e promemoria. Cronologicamente il primo documento data al luglio del 1898, ed è proprio una ricevuta rilasciata da Augusto Giampaoli a Giuseppe Beccari per l’avvenuta consegna di 1385 monete consolari a titolo di studio (figura 2). Nel clima di sfiducia che si creò, ricevute e dichiarazioni si susseguirono ed il conteggio delle monete antiche e del denaro incassato divenne stringente. In una lettera inviata ad Andrea Giampaoli nel 1910 (figura 3) è citata, oltre alla ricevuta conservata, un’ulteriore ricevuta di Martorelli per 16 denari, non conservata e senza indicazione di data, mentre si ritengono necessarie un’ulteriore ricevuta di Giampaoli per 605 monete, da predatarsi all’agosto del 1898, ed una dichiarazione della casa d’aste. Penna- (barrato) San Marino 1° Agosto 1898 Il sottoscritto riceve dal sig. Beccari Giuseppe n. 605 monete consolari e dell’impero a titolo di studio. _______________________________________________________ In tutto si presero £ 1885,50 (come va che il numero è di monete 420?) £ 700 al momento della consegna “ 794.40 alla liquidazione Le lire 391.10 da chi furono avute? Quando? Furono forse trattenute dal Sangiorgi per le spese di asta? ________________________________________________________ Far fare una dichiarazione dal Sangiorgi che furono prese in tutto £ 1885 che £ 700 fur consegnate al can.co Martorelli nel giorno della consegna, £ 794.40 dopo tutta l’asta, e £ 391.10 trattenute dallo stesso Sangiorgi per le spese di asta. ________________________________________________________ Le monete sono secondo il catalogo n. 2006 - Si ha una ricevuta firmata dal Can.co a Martorelli per monete 16, un’altra di Augusto per monete 1385, ne occorre una (1) per monete 605. 251 La vendita, conclusa nel maggio del 190013, fruttò dunque un guadagno di 1885.50 lire, una cifra certo non disprezzabile per l’epoca, ma nettamente inferiore alle aspettative dei proprietari, che speravano in un guadagno di 6000 lire14. Le monete furono classificate e stimate alle Gallerie Sangiorgi in base all’opera di Ernest Babelon e, al fine di ottenere il prezzo massimo, si tentò anche di individuare compratori che fossero interessati all’acquisto dell’intero ripostiglio. Venne coinvolto a tal fine Falconieri di Carpegna, che sperava di contattare lo storico Theodor Mommsen o il futuro Re di Italia, Vittorio Emanuele III, che possedeva una ricca raccolta numismatica. La lettera inviata da Falconieri di Carpegna il 23 giugno 1899 è indicativa di questi tentativi infruttuosi. Roma 23 Giugno 99 - riservata 252 Canonico carissimo Non son buone le notizie, che anzi io cado dalle nuvole! Ieri fui dal mio tedesco che mi promise di proporre la cosa al Momsen, ma prima voleva che io facessi vedere l’Album a un valentissimo numismatico, per istabilirne il prezzo, che ormai è fissato fino al centesimo, dall’opera di Babelon. Stamani ci sono andato: e mi spiego come le due trattative avute sieno abortite! - Dunque col numismatico abbiamo data una corsa all’Album: e ci debbo tornare per istabilire, colla guida del Babelon, il prezzo a ciascuna moneta - Nell’album non abbiamo trovate che poche monete veramente rare; nessuna di quelle rarissime, che possono valere fino a £ 200 l’una. - Il prezzo delle rare può variare da £ 10 a £ 100: ma la massima parte valgono da £ 1, a £ 5. Così mi ha detto, che dato pure il prezzo alla collezione…sarebbe difficile trovarcisi £ 2000. Son rimasto fulminato! - Mi aggiunge che il momento è inopportunissimo; perché altri ripostigli sono stati trovati in questi ultimi tempi, e con monete della stessa epoca: uno a Jesi ed uno di 4000 pezzi a Rieti: di cui la massima parte è stata acquistata dal Ministero P. I. a circa una lira l‘una - E di questo han parlato anche i giornali. Ma io, Le communico tutto ciò, ma non mi do per vinto! Solo non è bene affrettare: e pel 15 Luglio parto. Ci vuol pazienza! - Tornerò dal numismatico: esamineremo tutto in dettaglio: e il mio amico tedesco mi ha promesso, che il Momsen (che dà molta importanza storica ai 13 - Si veda la lettera inviata dalla casa d’asta Sangiorgi ad Augusto Martorelli il 25 maggio del 1900. 14 - Nella lettera inviata dalla casa d’asta ad Augusto Martorelli il 12 maggio del 1900 si legge infatti : “Non so comprendere come Ella possa spronarmi a raggiungere le 6.000 lire per le sue medaglie se quando Ella fu qui Le feci osservare che saremmo bravi ad oltrepassare le £ 1.500. A scanso di responsabilità era (sic!) gradito che avesse proseguito la vendita, perché io non posso far miracoli per sopperire a bisogni della sua povera famiglia”. ripostigli di questo genere) avrebbe sempre pagato il prezzo massimo, e maggiore di quanto era tariffato dal Babelon, e detto dal numismatico. ______ In fretta, ma ho voluto dirle tutto: e proprio sono inquietissimo. Le stringo la mano. Suo aff.mo … Falconieri di Carpegna PS. Mi scriva, che pensa di fare! La vendita al dettaglio era il modo di far più quattrini - E farne parlare a S.A. il P.pe ereditario? Ma è meglio che ci vediamo quest’estate. Dopo il rendiconto definitivo della vendita15, le lettere inviate nei mesi di giugno e luglio 1900 sono improntate ad una profonda disillusione. Il conto definitivo giunto da Parigi “fa spavento”16, la “fortuna è così miserabile che fa piangere” e la situazione è definita “una catastrofe spaventosa”17. Inoltre, nelle lettere dei mesi successivi, si fanno sempre più palesi sentimenti di diffidenza reciproca, recriminazioni per i ritardi nel pagamento e crescenti problemi fra la proprietà e Giuseppe Beccari, che riteneva di essere stato ingannato. A garanzia della irreprensibilità della condotta del Martorelli, che si fece carico in primis della vendita, venne chiamata a testimonio anche la casa d’aste. Ciò appare evidente in un biglietto spedito dal Sangiorgi in data 7 agosto 1900 ed in una lettera, sempre inviata dalle Gallerie Sangiorgi, del 3 settembre dello stesso anno. 3 Sett. 1900 Sig. Don. A. Arcid. Martorelli Pennabilli A mezzo posta Le ho spedito raccomandato il catalogo manoscritto richiestomi. Dispiacente che la famiglia proprietaria delle monete diffidi della Sua Persona, tengo a dichiararle (meno i N non accreditatole nel resoconto, perché aggiunti e di mia proprietà) le rimanenti Monete sono quelle da Lei consegnatemi e corrispondenti esattamente al suo catalogo manoscritto sia per la quantità sia per la bella conservazione e da me egualmente catalogate, meno qualche variazione o posposizione di nome di famiglia perché classificate secondo l’opera “Babelon”. 15 - Lettera inviata dalla Galleria Sangiorgi ad Augusto Martorelli il 22 giugno 1900. 16 - Lettera del 28 giugno 1900. 17 - Lettera del 24 giugno 1900. 253 Per una vendita all’asta ed a lotti, le note monete sono state vendute a prezzo buonissimo se si considera che vi erano moltissimi esemplari di uno stesso tipo e mancanti di rarità significante. Le dichiaro che Ella niun compenso a (sic!) percepito per la illustrazione del suo catalogo manoscritto perché a me di niun giovamento, causa la differente narrativa. Come già scritto al Sig. Beccari a San Marino (lettera che ci venne respinta perché colà sconosciuto) tengo il saldo ricavo vendita a disposizione, come pure la valigetta e cassettina. Tanto a riscontro gent. Sua e distintamente La riverisco. p.p. G. Sangiorgi (firma illeggibile) Passarono dieci anni, per i quali non sono conservate lettere, ma le controversie non si placarono e, dopo ulteriori accordi18, nel febbraio del 1910 giunse infine la sospirata dichiarazione di Sangiorgi, insieme ad un laconico biglietto di accompagnamento. Rome le 2 Febbraio 1910 254 Io sottoscritto dichiaro che dall’Asta Pubblica di N° 2006 (Duemila e sei) monete romane tutte della Repubblica, come consta dal catalogo, consegnatomi dal Can. Martorelli, furono ricavate L 1885,50. Che di tale somma furono consegnate, al momento della consegna delle monete, L 700 al Can.co Martorelli; che finita la liquidazione furono versate al Signor Romualdo Pelosi altre L 794,40 e che le rimanenti Lire 391,10 andarono nelle spese di asta. Roma, 2 Febbraio 1910 G. Sangiorgi Negoziante di oggetti antichi Un promemoria di Augusto Martorelli, non datato, compendia le vicende della vendita: 18 - Lettere delle Gallerie Sangiorgi del 21 gennaio 1910 e lettera di Augusto Martorelli del 29 gennaio 1910. Promemoria Le lire 700 che il D. Martoretti (sic!) dal Sangiorgi in Roma per le note monete furono spese così Rimborso a favore del sottoscritto di £ 1 per altrettante passate al Beccari in sei o sette volte nei mesi antecedenti all’asta 2 Al Suo ritorno da Roma ne spedì al Beccari altre Per la permanenza di giorni 11 in Roma pel sottoscritto e 3 per l’arciprete Giampaoli £ 4 per ciascuno al giorno £ 4 Mancie due alla Casa Fiacher (sic!) omnibus e treno pel trasporto della cassettina 5 in molti luoghi 6 Viaggio di Roma per due andata e ritorno in 3a classe 7 Viaggio del sottoscritto a San Marino £ Per altri 12 giorni di permanenza in Roma che il 8 sottoscritto da solo dovè passare per collocare in qualche modo le monete £ 9 Per l’acquisto del Fabretti autore di numismatica 10 Cassettina di noce per le monete 11 Tela per 126 sacchetti e fattura 12 Corrispondenza con Roma, Londra e Parigi spese in tutto £ Restano per la nostra fatica di tre mesi £ 230,00 200,00 88,00 6,00 4,00 72,50 9,25 609,75 48 12,40 3 3 4,50 680,65 19,35 Augusto Arc. Martorelli Ritrovamenti ottocenteschi e nuovi dati archeologici A partire dal 1997, dopo l’attivazione di una Sezione Archeologica all’interno dei Musei di Stato, si è avviato nella Repubblica di San Marino un programma di ricerche archeologiche di superficie, finalizzato alla redazione di una carta archeologica del territorio. Il progetto, realizzato in collaborazione con Gianluca Bottazzi, che aveva già condotto ricerche preliminari in territorio sammarinese, è finalizzato alla acquisizione di nuovi dati storici ed alla tutela del patrimonio archeologico esistente19. Il progetto è ancora in corso e al momento, per la sola età romana, sono state individuate in territorio sammarinese cinquantadue aree insediate o frequentate, che restituiscono l’immagine di un paesaggio caratterizzato dalla 19 - Per i criteri di redazione della carta archeologica si veda P. Bigi Dalle scoperte fortuite alla carta archeologica sistematica in Domagnano. Dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota cit., pp. 22-28, con riferimenti alla bibliografia precedente. 255 256 presenza di numerosi insediamenti rustici (fattorie ma anche “ville” dotate di un settore residenziale), che testimoniano lo sviluppo dell’agricoltura e di attività integrative come la produzione di laterizi e ceramiche e lavorazione della pietra locale. Nella conca di Domagnano- Paderna – Valgiurata, caratterizzata terreni fertili, abbondanza di acque e percorrenze naturali di crinale20, sono stati rilevati sei insediamenti rustici, uno dei quali, a Paderna, corrisponde esattamente al luogo di ritrovamento del gruzzolo. Negli anni 1998-2000, in tre campagne di scavo archeologico bimensili, è inoltre stato indagato in località “Paradiso” il più rilevante insediamento di età romana finora identificato in territorio, una villa urbano- rustica con continuità insediativa dal II sec. a.C. alla prima metà del VI sec. d.C. Proprio in età gota la villa di Domagnano venne radicalmente ristrutturata e dall’edificio tardo antico, che si articola in due file di ambienti, caratterizzati da pavimenti in terra battuta e focolari multipli, e un vasto cortile, provengono alcune monete di emissione ostrogota. Lo studio dei materiali, insieme alle analisi botaniche e faunistiche, ha permesso di ricostruire le fasi di vita della villa anche negli aspetti economici e ambientali21. La presenza di un insediamento di età gota in una località vicina all’area tradizionalmente indicata come luogo di ritrovamento dei gioielli ostrogoti costituisce una novità di rilievo nel panorama degli studi sul “tesoro di Domagnano”. Se nel 1995 Volker Bierbrauer annotava infatti che il tesoro “per quanto se ne sa… non ha alcun rapporto con un eventuale insediamento romano o tardoantico/medioevale”22, è evidente che i nuovi dati archeologici hanno modificato radicalmente tale prospettiva. Molte problematiche rimangono, però, ancora aperte. Non sono state infatti rinvenute le necropoli riferibili agli insediamenti della conca di DomagnanoPaderna – Valgiurata, così come non è noto se altri insediamenti, oltre a quello di località Paradiso, abbiano avuto continuità di vita sino all’età gota. Solo nuove ricerche archeologiche potranno dare risposta a questi interrogativi e gettare una nuova luce sui “tesori” di Domagnano. 20 - G. Bottazzi , Il popolamento rurale nel Sammarinese: l’esempio di Domagnano in Domagnano. Dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota cit., pp. 40-43. 21 - Si veda il più volte citato Domagnano. Dal tesoro alla storia di una comunità in età romana e gota. 22 - V. Bierbrauer, Il rinvenimento di Domagnano, Repubblica di San Marino, in I Goti a San Marino, cit., p. 42. 257 Figura 1 Figura 2 258 Figura 3 APPUNTI DI DIRITTO COSTITUZIONALE SAMMARINESE. III – L’ARENGO DEL 1906 E LE LEGGI ELETTORALI SUSSEGUENTI di Cristoforo Buscarini L’Arengo dei capifamiglia, tenutosi il 25 marzo 1906, rappresentò indubbiamente un momento di svolta nella storia costituzionale di San Marino poiché incise in profondità sul procedimento di formazione dell’organo centrale della costituzione del microstato, introducendo la composizione del Consiglio Generale mediante elezione da parte del corpo elettorale, in luogo del sistema basato sulla cooptazione dei suoi membri, nonché la temporaneità dell’ufficio. Tuttavia tale riforma, attuata al di fuori di un disegno organico di riordino delle istituzioni, palesò, fin dalla sua attuazione, non pochi elementi di contraddittorietà e di incompletezza. Nell’antico ordinamento statutario del sec. XIV lo ius proprium vigente nel Comune sammarinese non si discostava dallo ius comune generalmente vigente in ambito comunale, che individuava in quattro organi fondamentali (Arengo, Consiglio Generale, Consiglio speciale, Consoli ) gli elementi portanti di tale costruzione, come si evince dai tre codici statutari sammarinesi della prima metà del Trecento, nonché dai Libri del Comune risalenti agli ultimi decenni dello stesso secolo1. Questi ultimi rivestono particolare importanza poiché, anche se scarsamente analizzati dagli studiosi, forniscono una rappresentazione concreta e realistica del sistema politico effettivamente vigente all’interno della Comunità, specie laddove fanno giustizia di molti miti inerenti un sistema di perfetta democrazia che si vuole attribuire a tale fase di sviluppo della organizzazione comunitaria, a cominciare dall’asserito e mai dimostrato egualitarismo economico e politico2. Con il compimento del processo involutivo dal sec. XV al XVI, che porta alla introduzione delle linee tipiche dello stato d’antico regime, formalizzato nello Statuto tardocinquecentesco, promulgato nell’anno 1600, si opera una semplificazione nella organizzazione del potere in quanto gli organi fondamentali della costituzione materiale della Comunità nella sostanza divengono due: il Consiglio Principe e Sovrano; i Capitani Reggenti. Per questioni particolari il Consiglio può delegare a organismi ristretti composti di consiglieri, il disbrigo di affari richiedenti tempestività nelle decisioni e facilmente convocabili, Le parti precedenti di questi Appunti sono pubblicate negli Annuari del Ginnasio Liceo della Rep. di San Marino, n. XIV a.s. 1978 -1979, e n. XV a.s. 1979 – 1980. 1 - C. MALAGOLA, L’Archivio governativo della Rep. di S. Marino riordinato e descritto, Bologna 1891 (San Marino 1981); Gli statuti di San Marino del 1352-1353 con aggiunte le riforme dal 1356 al 1488, a cura di F. Balsimelli, San Marino 1943; C. BUSCARINI, Osservazioni sugli statuti sammarinesi del trecento, “Romagna arte e storia”, n. 33 1991; Condempnationes 1365-1371, a cura di M. Conti, San Marino 2004. 2 - F. V. LOMBARDI, Rapporti giuridici e patrimoniali di una famiglia nobile di San Marino del duecento, in Momenti e temi di storia sammarinese, San Marino 1996. Montefeltro e Malatesti nelle carte sammarinesi 1410-1482, a c. di C. Buscarini, (in c. di st.)., San Marino 1996. 259 260 denominati Congregazioni o Congressi. Fu formata così, nel sec. XVIII, la Congregazione generale dei nobili, nel 1797 il Congresso per gli affari relativi ai francesi (era il periodo in cui il gen. Bonaparte era sceso nella penisola), e poi il Congresso per gli affari esteri nel sec. XIX, per non dire di altri minori organismi. Solo nel 1830 si istituì un organismo consiliare permanente, la Congregazione Economica o Congresso di stato, con attribuzioni in materia di gestione del bilancio entro limiti di competenza piuttosto ristretti, in sostanza con poteri prima attribuiti alla Reggenza. L’organismo fondamentale della costituzione comunale, l’Arengo dei capifamiglia, già nel sec. XVI risulta soppresso. La singolare esperienza tendenzialmente democratica, realizzata nel 1560 per volontà del duca d’Urbino, basata sulla riesumazione dell’Arengo ai fini della formazione del Consiglio e quindi in un ruolo quanto mai limitato anche se fondamentale, fu estremamente effimera poiché nel giro di meno di dieci anni il Consiglio si sbarazzò dell’Arengo3. La stessa convocazione dell’Arengo il 25 marzo 1906, essendo accadimento episodico ed eccezionale, non può definirsi ripristino di tale organo nella pienezza de suoi poteri poiché non costituì una restituzione dei poteri permanenti ed ordinari allo stesso4. Infatti non fu riformata la rubr. III libr. I dello Statuto che cancellava l’Arengo ed attribuiva poteri assoluti al Consiglio. Si sostiene da taluno che con la riforma del 1906 l’organo Arengo si sia sostanziato nel corpo elettorale che periodicamente elegge il Consiglio o si pronuncia su quesiti sottopostigli mediante referendum. L’asserzione è suggestiva quanto inesatta. Esaminando l’Arengo nella sua concreta esperienza storica, si ricava che Arengo e corpo elettorale differiscono profondamente sia quanto a composizione dell’organo, sia quanto a poteri attribuiti allo stesso. In questa sede non è dato approfondire un tema peraltro di grande interesse, non solo sul piano dottrinale. Del resto a togliere ogni dubbio circa la non assimilabilità di Arengo e corpo elettorale è lo stesso legislatore costituzionale, il quale all’art. 2, secondo comma, della legge 8 luglio 1974 n 59 (ora Decreto 8 luglio 2002 n. 79), operando una riserva di legge, richiama l’Arengo come organo dello stato, e quindi distinto dal corpo elettorale, anche se omette di fissare i criteri fondamentali a cui il legislatore dovrà attenersi, se mai vorrà farlo, nel ridar vita a tale organo, vero pilastro dell’ordinamento sammarinese. Non è dato qui prospettare un’ipotesi di riorganizzazione dell’Arengo nell’ordinamento nella fase attuale in quanto il tema può sembrare squisitamente politico. Sembra invece di qualche utilità richiamare a fini conoscitivi il percorso e la trasformazione ai quali il deliberato del 25 marzo 3 - Fonti per lo studio dei rapporti fra il ducato d’Urbino e la Comunità di S. Marino (1560 – 1571), a c. di C. Buscarini, “Studi Sammarinesi”, (VII) 1990, pp. 58 – 66. 4 - G. GOZI, L’Arengo generale dei capifamiglia istituto fondamentale della costituzione sammarinese, San Marino 1964. Sulla funzione parlamentare vd. la voce Parlamento nel Nuovissimo Digesto Italiano, XII , pp. 440 – 447. C. GHISALBERTI, Storia costituzionale d’Italia 1849-1948, Bari 1974; M.S. PIRETTI, Le elezioni politiche in Italia dal 1848 a oggi, Bari 1995. 1906 è stato assoggettato nel mezzo secolo successivo a tale evento. Occorre dunque richiamare il testo dei due quesiti sottoposti al voto dei capifamiglia nel 19065. Il primo quesito recitava: “Nel rinnovare per intero il Consiglio dei LX, vuole l’Arringo nominarlo con le norme e con tutti i diritti e con tutte le prerogative che il patrio Statuto attribuisce al Consiglio stesso ?”. In sede di Arengo a tale quesito fu aggiunta, dopo breve dibattito, la seguente declaratoria: “Qualora la maggioranza dell’Arringo risponda NO al 1° dei proposti quesiti, s’intenderà che, eletto il nuovo Consiglio, in seguito debba questo rinnovarsi una terza parte ogni tre anni, mediante sorteggio, e con diritto di rieleggibilità, ferme restando tutte le altre norme statutarie”. Il secondo aveva la seguente formulazione: “Vuole l’Arringo che i consiglieri siano nominati proporzionalmente al numero degli abitanti originari e naturalizzati di ciascuna Parrocchia della Repubblica, lasciando però piena libertà di sceglierli ovunque si trovino maggiormente adatti ?”. Non ci si soffermerà in questa circostanza ad analizzare la fondamentale rilevanza della integrazione introdotta nel testo del primo quesito sotto parvenza di rendere di immediata intelleggibilità tale quesito, ma con l’intento evidente di introdurre una sorta di norma di sbarramento rispetto a successive più radicali riforme, materializzata nella clausola che suona “ferme restando tutte le altre norme statutarie”, in quanto l’esperienza storica successiva dimostra l’illusorietà di tale obiettivo, facilmente aggirato con l’ardito sillogismo per cui il Consiglio, in quanto portatore di una delega piena da parte del corpo elettorale, può operare qualunque intervento in ogni ambito, senza limiti derivanti da norme sovraordinate, come sono appunto quelle dell’Arengo. In sostanza, si tornò ad invocare il dettato dello Statuto d’antico regime. Interessa piuttosto il disposto del secondo quesito in quanto detta norme precettive in materia di elezione del Consiglio dei LX. In primo luogo il deliberato dell’Arengo individua un sistema di elezione del Consiglio imperniato su collegi elettorali plurimi corrispondenti al numero delle parrocchie (inizialmente nove, quindi dieci), ciascuno dei quali avrebbe dovuto eleggere un numero di consiglieri proporzionale al numero di abitanti di ciascuna di esse. Il secondo criterio posto dal deliberato, riguarda la eleggibilità degli aspiranti all’ufficio consiliare: in forza di tale disposto sono eleggibili anche coloro che non risiedono nel collegio i cui elettori conferiscono loro il mandato. Il disposto dell’Arengo contiene però con ogni evidenza un criterio ancora più penetrante che si può riassumere nella espressione: ogni elettore è al tempo stesso candidato a ricoprire il seggio consiliare, senza alcuna formalità o limitazione intermedia. Questi due principi giuridici costituiscono criteri di enorme portata democratica in quanto attribuiscono all’elettore la più ampia possibilità di scelta, senza le limitazioni insite nelle procedure di presentazione di candidature e senza il filtro della realizzazione preventiva 5 - Verbale dell’adunanza dell’Arringo generale dei capifamiglia, in Supplemento alla Raccolta delle leggi e decreti della Repubblica di San Marino, a c. di G. Ramoino e M. Bonelli, Città di Castello 1915, pp. 11 – 17. 261 262 di liste, per giunta senza vincolo di elezioni primarie, come avverrà dal 1920 in poi. Non è ozioso ricordare che il mandato consiliare o parlamentare ha natura di delega individuale che gli elettori attribuiscono al singolo delegato. Ciò almeno nella tradizione del moderno stato di democrazia liberale. Si ricordi che nel Regno Unito, culla del sistema democratico e precursore nella realizzazione di esso, la elezione della Camera dei comuni è avvenuta sempre mediante collegi uninominali, nei quali quindi la personalità del candidato, non meno che l’appartenenza partitica, ha determinato le scelte degli elettori. Così almeno alle origini di tale sistema elettorale, peraltro oggi alquanto appannato nella sostanza. La stessa Costituzione Italiana del 1947, pur presupponendo implicitamente un sistema elettorale proporzionale, all’art. 67 (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”) ha posto alcuni concetti basilari del parlamentarismo liberale. In primo luogo il costituente ha rimarcato che la rappresentanza del corpo elettorale risiede nel singolo parlamentare e non nelle formazioni nelle quali, per esigenze organizzative e funzionali, il parlamentare può essere tenuto ad aderire. In secondo luogo la Costituzione garantisce al parlamentare piena ed assoluta libertà nell’esercizio del mandato poiché questo trova l’unica forma di sindacabilità nel giudizio del corpo elettorale in sede di rinnovo dell’assemblea a fine legislatura. Il “mandato imperativo”, cioè un sistema di limitazioni della libertà dell’eletto esteso fino all’estremo della sua revoca, trova riscontro solo negli ordinamenti di alcuni stati totalitari. La seconda parte del deliberato dell’Arengo del 1906 ci pare assuma il modello dello stato democratico, rafforzandolo con l’adozione di un sistema elettorale a collegi plurimi senza formalità di presentazione di candidature. Infatti la legge elettorale che ne conseguì, esattamente la legge 5 maggio 1906, diede attuazione puntuale al disposto dell’Arengo6. All’art. 7 la legge ripartiva il territorio in nove collegi elettorali ciascuno dei quali eleggeva un numero di Consiglieri proporzionale al numero degli abitanti, e cioè: Parrocchia della Pieve (San Marino e Borgo Maggiore) 22 Consiglieri; Serravalle 12; Faetano 6; Montegiardino 4; Fiorentino 2; Chiesanuova 4; Acquaviva 4; Domagnano 4; San Giovanni 2. Gli artt. 13 e 14 dettano le procedure di voto. Dispone l’art. 14: “L’elettore può votare per un numero di tanti nomi non superiore al numero dei Consiglieri da eleggersi nella parrocchia a cui egli appartiene, e nella scheda indicherà solo il cognome e nome di ciascun candidato per cui intenda votare”. L’art. 20 impone il dovere di opzione in capo all’eletto che abbia ottenuto l’elezione in più di un collegio. L’art. 22 stabilisce le condizioni di eleggibilità, individuate in cinque punti: la cittadinanza sammarinese e “non avere assunto qualsiasi altra cittadinanza”; saper leggere e scrivere; aver compiuto i venticinque anni di età; “non rivestire qualità ecclesiastiche”; non aver subito condanne per misfatti. 6 - Ibid., pp. 18 – 21. Appare evidente che il sistema elettorale sammarinese approntato nel 1906 poneva al centro della vita politica le singole individualità proponendosi il coinvolgimento nell’attività pubblica dei cittadini più preparati e moralmente retti, al di fuori da schematismi di carattere partitico. E’ palese che nel 1906 anche a San Marino esistevano rari movimenti politici, strutturati più come movimenti d’opinione che come partiti, i quali però nell’ambito di tale sistema elettorale non potevano andare oltre la sollecitazione nei confronti degli elettori, a favore di candidati di propria fiducia e perciò “raccomandati” agli elettori. E’ significativo che dopo le prime elezioni celebrate nel 1906 la stampa si affannasse inutilmente ad inquadrare gli eletti in aree politiche, giacchè il computo era problematico per la presenza in Consiglio di personalità di prestigio del tutto autonome sul piano politico. La prima legge elettorale del 1906 fu perfezionata e modificata in parte dalla nuova legge 6 maggio 19097. L’innovazione più rilevante era costituita dalla realizzazione del suffragio universale maschile. Infatti l’art. 1 stabiliva: “Sono elettori tutti i cittadini sammarinesi maggiorenni originari e naturalizzati”, continuandosi ad escludere dal voto le donne, oltre a interdetti e inabilitati e condannati all’interdizione e a pene criminali per reati e per corruzioni elettorali (art. 2). Rimane immutato il principio portante della legge del 1906, conforme al deliberato dell’Arengo, cioè l’elezione basata su di una pluralità di collegi elettorali. Stabiliva infatti l’art. 9: “Ogni parrocchia ha diritto di eleggere un numero di consiglieri proporzionale al numero dei suoi abitanti”, e poi portava a 10 il numero dei collegi in seguito del distacco della parrocchia di Borgo Maggiore da quella della Pieve, cioè San Marino capoluogo, con la seguente ripartizione: Pieve, 12 Consiglieri; Borgo 10; Serravalle 12; Faetano 6; Montegiardino 4; Chiesanuova 4; Acquaviva 4; Domagnano 4; Fiorentino 2; S. Giovanni 2. La residenza in una parrocchia non determinava la ineleggibilità dell’elettore nelle altre parrocchie (art. 10). Il procedimento elettorale veniva sottoposto ad una più dettagliata disciplina agli artt. 11 – 28. Restava ferma la colonna portante del sistema elettorale stabilito nell’Arengo del 1906, consistente nella possibilità dell’elettore di attribuire il proprio voto a qualunque cittadino elettore, senza limitazioni di sorta, senza cioè il discrimine della appartenenza a liste di candidati formate in funzione di una tornata elettorale. Affermava infatti l’art. 26: “ L’elettore può votare per un numero di tanti nomi quanti sono i consiglieri da eleggersi nella parrocchia a cui egli appartiene, ed aggiungere, ove crede, anche la paternità, i titoli accademici e gentilizi di ogni candidato”, al fine evidentemente di una esatta identificazione dello stesso. Le condizioni di eleggibilità sono fissate agli artt. 37 e 38: oltre naturalmente alla cittadinanza8, ai Consiglieri è richiesto 7 - Ibid., pp. 38 – 44. 8 - Il possesso della cittadinanza sammarinese, nello Statuto e nelle leggi successive, almeno fino alla metà dell’ottocento, risulta inderogabile per quanto riguarda i componenti di tutti gli organismi politici 263 264 il saper leggere e scrivere, aver compiuto 25 anni di età, non rivestire qualità ecclesiastiche, essere domiciliato nella Repubblica. La legge ribadisce poi il deliberato dell’Arengo in forza del quale “il Consiglio si rinnova per una terza parte ogni tre anni” (art. 39). Il sistema delineato dalla legge determinava in via ordinaria il ricorso alle urne ogni tre anni per il rinnovo di un terzo del Consiglio, ma rendeva necessarie anche elezioni suppletive nel caso in cui divenissero vacanti per qualsiasi ragione uno o più seggi consiliari, a meno che il Consiglio non venisse a perdere la metà più uno dei Consiglieri, nel qual caso doveva essere rinnovato per intero (artt. 39 – 42). Parziali modifiche alla legge elettorale del 1909 furono introdotte con la legge 15 maggio 1915 n. 7, che tuttavia non alterò i caratteri specifici delle due leggi precedenti (sistema elettorale basato su di una pluralità di collegi, attribuzione ad ogni collegio un numero di seggi consiliari proporzionale al numero degli abitanti, voto non vincolato a candidature o liste presentate preventivamente, ecc. ) che davano coerente attuazione al deliberato dell’Arengo del 1906. In concreto nell’arco di tempo che va dal 1906 al 1920 San Marino visse una vita politica estremamente vivace e partecipata anche in virtù del frequente ricorso alle urne per elezioni suppletive, nella quale i pochi partiti politici (più movimenti d’opinione che veri partiti rigidamente strutturati) svolgevano una funzione di indirizzo anche attraverso una vivace stampa periodica9, ma senza accentrare in sé il sistema, nel quale emergevano anche personalità rilevanti non aderenti ad apparati organizzati. Si tratta insomma di un periodo della vita politica sammarinese che merita molta attenzione e che attende ancora di essere analizzato in quanto suscettibile di fornire non pochi ammaestramenti. La svolta netta nel sistema elettorale fu realizzata con l’approvazione della legge elettorale 15 ottobre 1920 n. 1810. Se è vero infatti che ogni legge elettorale è lex legum in quanto determina la scelta della classe politica e il ruolo delle aggregazioni intermedie fra cittadino e stato, nel caso della legge sammarinese del 1920 si può affermare, alla luce anche dei decenni della sua applicazione, pur con la parentesi del ventennio 1924 – 1943, cioè fino al 1959, che essa concretizzò nei fatti la più penetrante riforma della costituzione materiale del microstato attuata nel sec. XX. L’innovazione fondamentale di tale legge risiede nell’art. 9, il quale stabilisce: “L’elezione dei Consiglieri è fatta in forma di collegio unico a scrutinio di lista con rappresentanza dello stato, compresi quelli giurisdizionali, cioè le magistrature duumvirali dei Capitani (libr. II rubr.I) e dei Giudici d’Appello (libr: IV rubr. I), essendo, per lo Statuto, il Commissario della Legge giudice straordinario e temporaneo( libr. I rubr. XXXI). Tale norma appare ispirata a grande prudenza oltre che ad un postulato giuridico di straordinaria attualità, nonostante sia stata disattesa in relazione alla formazione dell’organo tecnico–politico di cui all’art. 16 della Dichiarazione dei diritti dei cittadini (decreto 8 luglio 2002 n. 79). 9 - C. BUSCARINI, Il giornalismo politico a San Marino nella prima metà del novecento, Soc. di Studi Rom., Convegno del 2001 ( in c. di s.) 10 - Secondo supplemento alla Raccolta delle leggi e dei decreti della Repubblica di San Marino, a c. di G. Ramoino e G. Gozi, San Marino 1926, pp. 10 – 17. proporzionale”. Viene cioè a cadere la suddivisione del territorio in dieci collegi e si realizza un unico collegio per l’elezione dell’intero Consiglio per una legislatura della durata di quattro anni. Per conseguenza viene introdotto lo “scrutinio di lista”, cioè un sistema elettorale nel quale l’elettore è chiamato innanzi tutto ad esprimere una scelta fra le liste in competizione cioè un “voto di lista”, al quale in via subordinata può far seguire un voto di preferenza nell’ambito dei candidati presentati dalla lista prescelta, con diritto di aggiunta se ha votato una lista con un numero di candidature inferiore ai seggi consiliari da ricoprire (art. 36). Tale procedura elettorale postula infatti la presentazione di liste di candidati vincolando così il voto dell’elettore ad una scelta fra liste di candidati precostituite (artt. 13 – 17). E’ evidente che l’innovazione non ha un’incidenza di natura meramente tecnica e pone rilevanti interrogativi circa la sua conformità rispetto al deliberato dell’Arengo del 1906, che aveva sancito il più ampio diritto di scelta dei Consiglieri in capo agli elettori. Con la riforma elettorale del 1920, confliggente con il disposto dell’Arengo, gli elettori possono operare una scelta limitata fra i candidati presenti nelle liste in competizione, tanto più che la presentazione di liste è anche scoraggiata con l’introduzione dell’onere di accompagnare la lista da parte di almeno trenta elettori con una procedura certo non snella né facile in una realtà esigua come San Marino con rischio di condizionamenti (art. 13). L’attribuzione dei seggi a ciascuna lista in competizione (identificata da un contrassegno da imprimersi sulla scheda della lista stessa, non prevedendosi una scheda di stato) avveniva con il sistema dei quozienti successivi (art. 39). La profonda trasformazione del sistema elettorale non fu evento casuale in quanto fu conseguenza del mutato clima politico interno al paese. Mentre infatti nel primo ventennio del secolo la vita politica a San Marino aveva avuto un carattere spontaneo e poco organizzato tanto che non si registrava la presenza di veri e propri partiti politici, ma piuttosto di movimenti d’opinione, nel primo dopoguerra il modello organizzativo del partito venne introdotto a San Marino con riferimento all’esperienza italiana e senza tener conto della specificità del microstato, la cui dimensione non esigeva apparati centralizzati. Con tale riforma infatti si attribuì, in via di fatto, ai partiti politici il ruolo determinante di selezionare la classe politica e formare il personale di governo con le conseguenze che si possono analizzare sulla scorta dell’esperienza storica, mentre il corpo elettorale vedeva largamente ristretta la propria possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Innescata tale tendenza, la trasformazione divenne irreversibile, introducendo nelle leggi successive ulteriori espedienti per limitare la partecipazione alle competizioni elettorali, come l’aumento del numero di elettori sottoscrittori di una lista. Resta a far cenno della legge elettorale 11 novembre 1926 n. 31, adottata in una stagione particolare della vita politica a San Marino, formalmente utilizzata nelle elezioni del Consiglio svoltesi nel 1926, 1932 e 1938, quindi abrogata nel 1943 richiamandosi in vigore la legge elettorale del 1920. La legge del 1926 pretendeva di ripristinare una forma di Arengo dei capifamiglia attribuendo 265 266 l’elettorato attivo a questi soli con l’aggiunta di categorie particolari di cittadini (art. 4), e con la possibilità di sostituzione del capofamiglia escluso dal voto, con altro membro della famiglia (art. 5) La legislatura aveva durata di sei anni (art. 11). Il sistema elettorale adottato manteneva il collegio elettorale unico a scrutinio di lista, ma adottava il sistema maggioritario, con rappresentanza proporzionale per la quota di minoranza (art. 12). Le elezioni erano celebrate per la copertura di 58 seggi consiliari poiché i Reggenti in carica non partecipavano alla competizione godendo di conferma ope legis del mandato rappresentativo. Determinata la cifra elettorale di ciascuna lista, venivano attribuiti 46 seggi alla lista che aveva ottenuto la maggioranza relativa, mentre gli altri 12 seggi erano ripartiti proporzionalmente fra tutte le liste concorrenti (art. 38). Veniva confermato il requisito della sottoscrizione di ciascuna lista da parte di trenta elettori (art. 16). Inoltre veniva introdotto il metodo della cooptazione per la copertura dei seggi rimasti vacanti durante la legislatura (art. 13). E’ superfluo ricordare che il procedimento elettorale disegnato dalla legge del 1926 ebbe parziale attuazione poiché le tre tornate elettorale celebrate nella vigenza della stessa si svolsero a lista unica con risultati necessariamente plebiscitari11. Come si è accennato, con la fine del regime, il 28 luglio 1943, fu richiamata in vigore la legge elettorale del 1920, con i limiti e le carenze in essa insiti, a cominciare dalla mancata predisposizione di certificati elettorali. Ormai il sistema elettorale che aveva posto le fondamenta dello “stato dei partiti”, era saldamente radicato. 11 - Tali elezioni in effetti si svolsero a lista unica: nelle elezione del 1926 la lista PFS ottenne voti 2.444 su 2.445 votanti; nel 1932 la stessa conseguì voti 2.573 su 2.573 votanti; nel 1938 ricevette voti 2.916 su 2.916 votanti. La vicenda politica interna a San Marino va comunque collocata nell’ambito di quella italiana poiché ad essa fa riferimento pur con qualche peculiarità, altrove già evidenziata nella pubblicistica. Sul quadro politico italiano vd. F. MANZOTTI, Partiti e gruppi politici dal risorgimento al fascismo, Firenze 1973; S. COLARIZZI, Storia dei partiti nell’Italia repubblicana, Bari 1996. Notizie relative ai partiti e movimenti a San Marino si leggono in C. Buscarini, Il giornalismo politico, cit.. UNA STRANA VISITA DI INIZIO SETTECENTO di Marino Cecchetti Come la intellighenzia sammarinese blocca un supposto progetto di Roma di insediare sul Titano un presidio militare per fronteggiare la incombente minaccia asburgica sullo Stato della Chiesa. Il contesto Agli inizi del Settecento l’espansionismo asburgico nella penisola italiana diventa via via più pressante. Non disponendo di una flotta e di porti importanti, dovendo perciò rinunciare ad acquisire terre oltre gli oceani, come invece stanno facendo le altre potenze (Inghilterra, Francia, Spagna, Olanda), gli Asburgo, ogni qual volta riescono a tamponare l’avanzata turca a oriente, rivolgono gli occhi sui vicini d’occidente, in primo luogo sugli staterelli della penisola italiana: les provinces de l’Italie sont les Indes de la Cour de Vienne.1 Gli Asburgo hanno una chance in più rispetto ai Borboni ed altre famiglie dominanti: sono titolari della corona imperiale. Come tali, si arrogano i diritti che una volta erano propri degli imperatori dell’epoca medioevale. Rivendicano l’alta sovranità su tutti i feudi comunque sorti su investitura imperiale, ovunque questi feudi siano finiti a seguito delle successive vicende della storia e le conseguenti mutazioni della geografia politica. Quando in uno di questi feudi si estingue la famiglia feudataria, gli Asburgo ne rivendicano la devoluzione, cioè ne riacquistano la piena disponibilità. Già l’11 giugno 1697 Leopoldo I aveva fatto affiggere nel suo palazzo a Vienna due editti imperiali, i quali dicevano che ognuno il quale possedesse in Italia un feudo dell’imperatore, dovesse presentare entro tre mesi, pena la devoluzione, i relativi documenti.2 Gli Asburgo arrivano a considerare la penisola italiana nel suo complesso il più prezioso feudo del Sacro Romano Impero.3 E supportano quella loro singolare interpretazione del diritto e della storia con una smaccata esibizione di muscoli. Se tutta la penisola italiana deve sentirsi in pericolo con l’arrivo degli Asburgo, a maggior ragione deve temerli lo Stato della Chiesa. Gli Asburgo senza mezzi termini avvisano Roma ad’havere più rispetto, e riguardo all’Imperatore.4 E 1 - G. QUAZZA, Il problema italiano e l’equilibrio europeo 1720-1738, in N. VALERI (a cura di), Storia d’Italia, Torino 1965, vol. 2, p. 30. 2 - L.Von PASTOR, Storia dei Papi…, volume XIV, p. 492. Si legge inoltre: di fronte alle energiche rimostranze del papa e del nunzio, Leopoldo I comprese di essere andato troppo avanti e revocò i decreti che del resto avevano incontrato la generale disapprovazione. Ma nell’anno seguente il conflitto si rinnovò, benché il papa sostenesse con tutte le forze l’imperatore nella guerra turca. 3- ASV, Fondo Carpegna, n. 57, Il dominio dell’Imperatore sull’Italia. 4 - ASV, Fondo Carpegna…, ms. cit. 267 affermano con aperta strafottenza: lo Stato Ecclesiastico sorge e risulta da due indubitati, ed inalterabili Fondamenti, e Principj: o dalle Donazioni fatte alla Chiesa da gl’Imperatori, o dalle usurpazioni fatte all’imperatore dalla Chiesa. 268 1705: accelerazione dell’espansionimo asburgico A Vienna nel 1705 cambia l’imperatore. Il 5 maggio muore Leopoldo I. Gli succede il figlio, Giuseppe I. Un ventiseienne. Si sapeva già prima dell’insediamento che questi sarebbe stato ancor più duro del padre verso il papato. Se ne ebbe subito la conferma. Alla sua ascesa al trono il nuovo imperatore omise di compiere il tradizionale atto di sottomissione al papa, ed i suoi consiglieri tracciarono una ben chiara distinzione tra Roma come suprema autorità spirituale e come stato italiano.5 E continuò col ribadire il diniego sostenuto da vari giuristi delle università tedesche, a riconoscere i diritti del pontefice ... sull’amministrazione di feudi che fossero in qualsiasi epoca precedente appartenuti all’impero. A Roma il pensiero deve essere corso immediatamente alle zone calde. Vale a dire le zone già in precedenza oggetto di contestazione con gli imperatori. Soprattutto Comacchio e Montefeltro. Nel 1598 la Santa Sede aveva acquisito al dominio diretto, per devoluzione, il ducato di Ferrara, appena estintasi la famiglia d’Este che governava quel territorio su investitura papale. Ed aveva acquisito pure Comacchio, luogo interno a quel ducato. Secondo Vienna il territorio di Comacchio sarebbe dovuto restare fuori perché a governarlo era sì la stessa famiglia d’Este, ma in base a una investitura imperiale ricevuta assai prima di quella papale relativa al ducato. Il caso Comacchio ha la sua fotocopia nel Montefeltro. Il papa, nel 1631, ha acquisito al dominio diretto il ducato d’Urbino a seguito dell’estinzione della famiglia dei Della Rovere (succeduta ai Montefeltro) che lo governava su investitura papale. Dentro il ducato d’Urbino, fin da quando il ducato sorse, c’era il Montefeltro, una sua ‘provincia’, antico feudo di origine imperiale. I Della Rovere, succedendo ai Montefeltro, avevano ereditato da questi un doppio titolo: duchi di Urbino su investitura papale e conti di Montefeltro su investitura imperiale. Ora l’impero, come già nel caso di Comacchio, potrebbe rivendicare la sovranità sul Montefeltro in quanto, appunto, in origine, feudo imperiale.6 Sopralluogo nel Montefeltro Il Montefeltro riceve, nel 1705, una strana visita dopo meno di un mese 5 - J.W. STOYE, Gli Asburgo d’Austria, in ‘Storia del Mondo Moderno’, Vol. VI, nell’edizione: Garzanti- Cambridge University Press, pag. 712. 6 - In effetti la rivendicazione dell’impero sul Montefeltro nel Settecento rimane, per così dire, sospesa: dall’insediamento a Vienna del nuovo imperatore. Viene in zona, ai primi di giugno, addirittura il nipote del papa, l’abate Annibale Albani. Viene al seguito del card. Tanara, Legato di Urbino. Con tanti altri ecclesiastici ed un numero considerevole di laici, tutti con importanti incarichi militari. Le ragioni del viaggio7 non sono certamente quelle che si leggono nel brillante resoconto di mons. Lancisi, un letterato prestigioso che fa parte del gruppo a mo’ di ‘giornalista al seguito’. La comitiva, secondo Lancisi, si sarebbe mossa da Urbino per respirare un’aria purissima e godere dell’amena vista delle campagne e del mare.8 Come turisti sono decisamente sfortunati. Passano una intera settimana tutta sotto la pioggia o in pranzi luculliani per ritemprarsi dalle fatiche della strada, anzi de’ dirupi, de’ fossi, de’ greppi, e catapecchie. Fa da guida ininterrottamente già dalla partenza da Urbino alle ore 9 di lunedì 15 giugno fino al ritorno alle ore 19 di sabato, il vescovo feretrano mons. Valerio Martorelli. Al card. legato (e al nipote del papa) i sammarinesi - ultima tappa del tour - riservano una accoglienza che - a parte la politica - potremmo definire dignitosa. Però non strafanno, come gli altri. D’altra parte, anche se volessero, non potrebbero mostrare un palazzo paragonabile a quello dei conti di Carpegna-Castellaccia, nuovissimo, imponente, voluto fermamente dal card. Gaspare Carpegna per celebrare anche con le pietre il successo della famiglia.9 Nemmeno si mettono a gareggiare coi conti di Scavolino-Gattara, l’altro ramo dei Carpegna, nell’arte della cucina avendo loro offerto un pranzo alla francese ricco di cibi esotici raffinatissimi, di delicatissimi vini serviti in fiaschi di grosso vetro detto ‘bottiglie’ , allietato dall’irruzione di ninfe delle selve Scavoline ... vestite con abito pastorale (vale a dire alquanto discinte?). Nemmeno ripropongono lo stravagante vezzo di sostituire il ‘prosit’ con una scarica di fucileria o un colpo di cannone ogni qual volta il cardinal legato porta il bicchiere alle labbra. I sammarinesi fanno una diversa mostra della loro confidenza con le armi. Da subito. Già sui confini. Accoglie i visitatori sui confini il Sig. Capitano Belluzzi fratello di monsig. è rivendicata non in modo formale e comunque non con la forza come avviene invece per Comacchio (cfr. Riviera-Firrao, 30 ottobre, in V. E. PIZZULIN-M. CECCHETTI, Antologia di documentazione alberoniana in “Annuario della Scuola Secondaria Superiore” n. XXIV, anno scolastico 1996-97, San Marino, p. 208). 7 - Innocenzo XII, il predecessore di Clemente XI, nel 1692, aveva introdotto la figura del Segretario di Stato, al posto di quella del card. Nipote. In effetti il card. Nipote continuerà ad esercitare, sotto molti papi, un ruolo di preminenza anche nella conduzione dello Stato della Chiesa (Cfr. J. GELMI, I Papi, Milano, 1993, pag. 195). L’abate Annibale Albani verrà creato cardinale nel 1711. 8 - Il rapporto del viaggio sotto forma di lettere venne pubblicato solo nel secolo successivo: G. LANCISI, Lettere inedite nelle quali descrive un viaggio da Urbino a Montefeltro, e alla Repubblica di San Marino, tratte da un manoscritto della Biblioteca Albani, Roma, 1841. Vengono visitati i tre luoghi di libera giurisdizione, come li chiama il Lancisi, Carpegna, Scavolino e San Marino, nonché due fortezze militari, Sasso Simone (in mano al Granduca di Toscana) e San Leo. 9 - Il nostro Sig. Cardinal Carpegna, cioè Gaspare, vi ha speso sopra cento venti mila scudi (Ibidem, pag. 11). Secondo Zucchi Travagli gli scudi spesi sono stati 150.000. 269 270 Vescovo di Camerino (cioè Bernardino Belluzzi), e capo generale delle milizie della repubblica, accompagnato da dodici altri gentiluomini a cavallo. Come ci si addentra in territorio, ecco una osservazione che non è solo una annotazione di colore: nel salire l’erta montagna - dice il ‘giornalista’ - incontravamo sovente uomini suburbani, ne’ quali si scorgeva una certa confidente libertà, che va respirando chi vive in quell’aria. Poi il ‘benvenuto ufficiale’: lo porgono due ambasciatori della Repubblica con ventidue cittadini, tutti coi loro cavalli, ben guarniti di selle, e di armi. Quindi il corteo prese ad incamminarsi verso la capitale mentre che la fortezza non cessava lo sparo del suo cannone. Ma la sorprendente esibizione militaresca non finisce qui: poco meno di un miglio lontano da S. Marino stavano in ordinanza le milizie del luogo, che a due ale continuavano fino alla porta. Lancisi non si trattiene: vedendo noi così bella e ben armata gente in numero di sopra mille fanti, alzammo alquanto più l’idea di questa repubblica, la quale per difendere se stessa da un’improvvisa incursione non ha bisogno di soccorsi stranieri. Ecco il punto. Ecco cosa premeva ai sammarinesi far capire agli illustri visitatori, nel caso che fossero venuti con qualche grillo per la testa. In precedenza i visitatori avevano trovato schierati al loro passaggio negli altri luoghi non più di duecento uomini per volta. Chi a Roma leggerà il resoconto del Lancisi certamente sarà colpito più da quei mille fanti, che dai vini francesi di Scavolino, dallo storione - pur enorme - servito a San Leo o dal pranzo carne-pesce di Carpegna. Nel resoconto il tema della capacità di difesa dei sammarinesi ricorre più volte: la Repubblica tien bensì sempre mille e più soldati arrolati ... con frequenti rassegne ... così non manca ... di forze bastanti o a reprimere l’insolenze intestine, o a difendersi dalle aggressioni straniere in luogo per altro tanto ben munito dalla natura. Si precisa che questa non è una villa, o picciol castello... Vi è una rocca ben munita, e vi sono alcune torri ... poste verso quel fianco per cui sarebbe meno difficile la sorpresa, la quale per altro non potrebbe riuscire, che a soldati di Alessandro Magno. A parte il paragone, risulta ormai chiara la contraddizione, come ci svela lo stesso Lancisi, fra la realtà che i ‘visitatori’ si sono trovati davanti e la descrizione che a loro era stata fatta da qualcuno in precedenza: una capanna di pastori. Il giornalista-relatore si dilunga ancora sulla difficoltà a prendere il luogo.10 Tralascia i particolari e fa un riferimento d’insieme: così dura ed aspra è la salita di questo monte particolarmente dalla parte di Rimini; onde a gran ragione nel dizionario geografico vien chiamato monte aspro. E’ totalmente isolato, ed alla difesa, che gli vien dalla natura, si è aggiunto dall’arte tutto ciò, che nella cotanto sublime elevazione del sito si è stimato necessario fare. 10 - Anzi il Lancisi insiste tanto e così a lungo che viene il sospetto che voglia far apparire ancor più difficoltoso di quanto lo sia effettivamente un assalto alla rocca di San Marino. Ad esempio non vede (o comunque non riporta nella sua relazione) che in certi tratti le mura non sono in buono stato. Eppure in genere mons. Lancisi è molto attento. Non gli sfugge ad esempio che nelle case dei sammarinesi non ci sono grate alle finestre. Insomma, secondo Lancisi, San Marino è luogo ben difeso: dalla natura, dalle fortificazioni, da quei mille soldati. Quindi, in sostanza, non occorre collocarvi un distaccamento esterno per la sua difesa. Il che era quello che i sammarinesi volevano ottenere con la messa in scena di quei mille armati, lo sfoggio di tanti cavalli, gli spari del cannone. I sammarinesi avevano bisogno di far sapere a tutti che, all’occorrenza, sarebbero stati in grado di difendersi da soli, per evitare che in un eventuale piano militare di difesa del Montefeltro, venisse previsto il distaccamento di un presidio militare pontificio sul Titano. Insomma San Marino non è San Leo o Sasso Simone, cioè gli altri due luoghi fortificati al centro delle attenzioni della singolare ‘compagnia’. Storia e politica Mentre il card. legato ed altri del seguito godono ancora una volta in casa Belluzzi dei piaceri della tavola, il Lancisi si defila per poter ... osservare le cose più sostanziali del luogo, avendo come cicerone il Sig. Abbate Annibale Gozzi Vicario generale di Rimini. Scriverà nel rapporto: con lui tenni lunga conferenza, e da cui restai favorito di compagnia nell’andare in giro per il paese. Il Gozi gli parla di questo paese, della sua storia, della origine della sua autonomia: di Felicissima, libera padrona di quel monte, della donazione del monte al Santo, del concorso di popolo tratto dalla divozione verso il Santo, per cui se ne cominciò a formare la repubblica, la quale ancor di presente crede e stima dover la sua origine, e la sua conservazione a S. Marino, e perciò ne venera con atti di somma pietà le reliquie. In pratica viene raccontata al Lancisi la Vita del Santo così come l’avevano descritta Belluzzi e Manenti e poi, di seguito, la storia. A Carpegna invece non si era parlato di santi, e nemmeno di storia e nemmeno - questo è veramente singolare - di diplomi di investitura. Non c’è un accenno nel resoconto del Lancisi che faccia trapelare qualcosa circa l’origine delle due contee e nemmeno circa l’origine della famiglia Carpegna. Si sarebbe dovuto tirare in ballo l’impero. L’impero è tabù. Non se ne parla mai né a Carpegna né a Scavolino né altrove. Ad esempio non si spiega perché il Signore di Carpegna-Castellaccia è ‘conte’, mentre quello di ScavolinoGattara è ‘principe’. Bisognerebbe precisare che quest’ultimo titolo è stato conferito a quel ramo dei Carpegna da una ventina d’anni dall’imperatore. Una precisazione imbarazzante. Meglio evitare. Si presume che tanto a Carpegna che a Scavolino il libro del Guerrieri, lo scrittore della famiglia, sia stato tolto dagli scaffali.11 Il Gozi non parla al Lancisi solo della storia di San Marino. Gli descrive anche 11 - In effetti nel tour di libri se ne vedono pochi. La scena è sempre occupata dalle tavole imbandite. Solo entro l’abitazione per verità meschina di Monsg. Vescovo in pratica se ne trovano: lì la miglior stanza è quella di una sceltissima libreria (Ibidem). 271 la situazione attuale. Gli illustra le istituzioni. E lo fa con dovizia di particolari. Lancisi ne rimane molto preso. Passa anch’egli fra gli ammiratori di questa repubblica per la quale non esita a fare un’apologia contro chi ha troppo ardito di avvilirla. Si dice d’accordo col Boccalini: i cittadini sammarinesi essendo nati in patria libera vanno paragonati, ciascuno, ai re ..., potendosi quelli soli dir veramente principi, che non ubbediscono ad alcuno. 272 Ancora una nebbia provvidenziale Gli ospiti alloggiarono in casa Belluzzi. Il Lancisi parla del trattamento che fece la casa Belluzzi ad una così copiosa foresteria. Già perché non è la Repubblica ad ospitare il card. legato. E’ stato un Belluzzi ad accoglierlo sia pure non proprio come privato cittadino ma nella sua qualità di capo delle milizie della repubblica. I visitatori, giunti in paese giovedì sera, vanno subito in casa Belluzzi e lì alloggiano. Il giorno dopo, venerdì, brutta giornata: incessante pioggia, nebbia, e vento. Quella nebbia ... resiste ... all’impeto del vento, non è dilavata da un diluvio d’acqua. Il Lancisi ci scherza su e la definisce una nebbia republichista, perché dal vento è solo agitata in forma di vortici, tutti concentrici con la repubblica di S. Marino. In effetti la Repubblica aveva, quel giorno, molto bisogno di protezione. Quella nebbia è stata, forse, provvidenziale come l’altra che nel giugno del 1543 ha fatto smarrire la strada alle milizie di Fabiano da Monte. Unitamente alla pioggia ed al vento costringe tutti a stare in casa. Così rende meno evidente l’imbarazzo di entrambe le parti: i Capitani non si muovono per andare a salutare e riverire il card. legato; il card. legato non si muove per andare a salutare e riverire i Capitani. Ben diversamente si erano comportate le autorità degli altri luoghi. Il conte di Carpegna-Castellaccia era andato incontro di persona ai visitatori prima che arrivassero in paese. Il Principe di Scavolino addirittura si è premurato di andare a riverirli la sera prima quando ancora erano a Carpegna. Anche gli intrattenimenti in onore degli ospiti sono assai diversi: ninfe Scavoline e componimenti del Sig. Dottor Torre famoso poeta a Scavolino, sinfonia con mottetto delle suore a Macerata, e, a Pennabilli, concione del Sig. Canonico Magnani .. . sul tema, che N. Signore era il maggiore fra i Principi, ed il migliore fra i Papi. Se fosse stato bel tempo i sammarinesi, per intrattenere i visitatori, avrebbero, a mo’ di gioco , mostrato la loro valentia nel tirare con alcuni balestroni a segno ... nella piazza pensile ... dinanzi .. il Palazzo del Pubblico. Alla fine anche il card. legato e i Capitani si incontrano: al mattino del sabato, un attimo prima della partenza dei visitatori: vanno i Capitani a casa Belluzzi. Il Lancisi accenna appena all’incontro: pochissime parole in un inciso collocato in un brano tra parentesi dentro un lunghissimo periodo in cui si parla ancora di tavole imbandite, di panorama, di strade scivolose, di casa Belluzzi ed altro.12 Non ci sono soldati schierati alla partenza. Non si sente sparare il cannone. Delle tre ‘libere giurisdizioni’, Carpegna-Castellaccia, Scavolino-Gattara e San Marino, solo quest’ultima sembra essersi opposta alla riaffermazione dell’alta sovranità della Santa Sede, che costituiva lo scopo vero del tour,13 unitamente ad una ricognizione della zona per predisporre un piano di difesa militare. Il filing Gozi-Lancisi In effetti, nonostante la tensione di quei giorni, i sammarinesi non hanno perso l’occasione per trasformare l’evenienza in una opportunità. L’abate Annibale Gozi ottiene che mons. Lancisi si esprima nel suo rapporto in termini molto lusinghieri su San Marino e sui sammarinesi. Vi si leggerà ad esempio che San Marino ha una costituzione migliore di quella di Venezia. Venezia è governata da soli nobili, cioè da una aristocrazia. A San Marino invece si ha un reggimento, misto di nobili e di plebei, che perciò si accosta al democratico. Come dire che San Marino è una vera repubblica. San Marino, a giudizio di Lancisi, è una repubblica saggiamente guidata: abbonda di buone leggi, e si governa con maniere molto prudenti. Anche sotto l’aspetto socio-morale è degna di attenzione: non vi è alcuna donna cattiva, e la gioventù prende il consiglio di S. Paolo, qual’ora non può persistere nel celibato. E’ non solo una impressione: Mons. Vescovo Martorelli ... assicurò in S. Marino viversi senza scandalo, e con molta religione ... Ogni particolare, cioè privato cittadino, possiede qualche cosa ... Non si trova ... un povero poverissimo. Inoltre non manca l’istruzione: c’è un seminario ... 12 - La visita dei Capitani al card. legato ed al nipote del papa è minimizzata sino al punto da farla quasi sparire. Si legge nel resoconto. Più sorprendente, perché meno aspettato mi comparve il preparamento, che il Sig. Capitano Belluzzi avea fatto fare a piè del monte in mezzo al borgo di S. Marino la mattina del sabato, giorno in cui ci partimmo per ritornarcene ad Urbino; poiché (ricevuta da S. E. la visita de’ due Signori Capitani rappresentanti la stessa repubblica, e data un’occhiata da noi a quella bellissima veduta dalle penne per cui si va a perdere il vedere ne’ monti, ne’ piani, e nello stesso mare Adriatico) ne scendemmo a piedi adagio adagio per la scoscesa e rovinosa strada del monte, e giunti al piano del suddetto luogo, trovammo sotto un grand’albero, ch’io meco dicevo, esser simile alla noce di Benevento, perché fu una cosa d’incanto, trovammo, dico, imbandita una lunga tavola ad oggetto di dare un rinfresco a tuta la nostra compagnia (Ibidem, pag. 54). 13 - Il tour non poteva costituire comunque una minaccia diretta all’autonomia sammarinese, cioè creare le condizioni per un colpo di mano: la presenza fra i visitatori di due Bonaventura e di uno Staccoli, le cui famiglie erano imparentate rispettivamente coi Gozi e coi Maggio esclude questa ipotesi, anche se il comportamento dei sammarinesi, per certi aspetti, lo farebbe pensare. I Bonaventura sono: il Capitano Emiliano, Castellano di San Leo e Monsignore Alessandro. Lo Staccoli è un Capitano di nome Camillo. Altro Capitano presente nella Compagnia è Girolamo Altieri, imparentato coi Carpegna. E nemmeno è ipotizzabile un colpo di mano nei confronti delle contee dei Carpegna. Il card. legato di Urbino era il Cardinale Sebastiano Antonio Tanara Bolognese ... figliuolo della Contessa Laura del già Conte Francesco Maria Carpegna della linea Scavolino, e per conseguenza Cugino del Principe Ulderico Carpegna (A. M. ZUCCHI TRAVAGLI, Annali della Provincia del Montefeltro, Gubbio MDCCXLV, letto nella copia dattiloscritta presso la Biblioteca della Scuola Secondaria Superiore, RSM, Anno 1703). Poco dopo un Tanara viene aggregato alla cittadinanza sammarinese. 273 274 dove si educano nelle lettere e nella pietà molti giovani, anzi vi si tiene aperta pubblica scuola per insegnamento degli altri fanciulli. Guadagnata l’attenzione e la simpatia di Lancisi, Gozi spinge il rapporto di fiducia instauratosi fino alla confidenza amicale. Gozi rivela che, sotto i convenevoli della ufficialità, c’è uno stato di difficoltà nei rapporti con le autorità pontificie. Da qualche tempo la Repubblica deve subire gli attacchi dei ministri camerali, che ora vengono a cavillare sopra ogni particola delle bolle forti del ritardo nella conferma de’ privilegi. E confessa che lui stesso e tutti i suoi concittadini non riescono a capacitarsi di questo ritardo nella conferma dei privilegi. Non riescono a farsene una ragione. Per loro il fatto è inspiegabile. Tanto più che viene da parte di un S. Pontefice, da cui per altro si era giustamente speranzati di poterne ottenere de’ nuovi, derivando Sua Santità da un padre il quale onorò questa republica col ricevere la cittadinanza della medesima. Lancisi non rimane insensibile alla richiesta di un suo personale intervento nella vicenda della conferma dei privilegi. Si lascia coinvolgere. Si fa carico della questione. Inserisce la questione già nella relazione, richiamando su di essa esplicitamente l’attenzione del destinatario, mons. Curzio Origo, segretario dei memoriali, rivolgendosi a lui direttamente: se V. E. Ill.ma può interporre qualche ossequiosa supplica con Sua Santità per S. Marino, lo faccia di cuore, e ne la prego efficacemente, sapendo per altro che N. Signore conserva precisa memoria della confidenza, che aveva quel pubblico nella protezione della sua casa. E’ troppo connaturale alla famiglia Albani la clemenza, e la generosità per non averne ognuno a godere in questo tempo. Lancisi farà di più. Ne parlerà lui stesso direttamente al papa al momento della consegna della relazione. Il papa sembra che abbia affermato nell’occasione di non essere stato a conoscenza, in precedenza, del problema dei privilegi e incarica lo stesso Lancisi di informare i sammarinesi della sua buona predisposizione 14 in merito. Il vero scopo del viaggio Mons. Lancisi nel suo resoconto sulla visita nel Montefeltro finisce per lasciar trapelare il vero scopo del viaggio, sia pure in un modo piuttosto sibillino, dicendo di Martorelli: io vorrei che fosse sempre un suddito della S. Sede, cioè non dell’impero. Insomma quella visita è stato un sopralluogo in una zona di per sé di alta instabilità politica, che potrebbe finire da un momento all’altro nell’occhio del ciclone per il contrasto in atto fra papato ed impero che si avvia a divenire guerra. Forse già durante il viaggio si sono fissate delle cose da fare. Forse era stato steso un piano di difesa militare. Comunque sia, mancherà il tempo per mettere in cantiere una qualunque iniziativa che fosse 14 - S. TONOLLI, Un arcade a San Marino, brevi note su alcune lettere di Mons. Gianmaria Lancisi, in ‘Annuario della Scuola Secondaria Superiore’, San Marino, n. XXII, 1994-95. La lettera è indirizzata a Francesco Maria Belluzzi ed è datata 29 luglio 1705. stata programmata nell’occasione. Importantissimo è il riconoscimento, per così dire, della ‘indipendenza’ di San Marino: La giurisdizione di S. Marino è tutta circondata dallo stato Ecclesiastico, cioè per due lati dal ducato d’Urbino, e pe’l rimanente dalla Romagna, quindi è che si studia quel popolo di star sempre bene con i Signori Cardinali Legati di quelle provincie.15 Dopo una trentina d’anni un cardinal legato, Giulio Alberoni, verrà spedito sul Titano per anticipare una eventuale mossa degli Asburgo che, già intallatisi in Toscana attraverso il ramo dei Lorena, avevano invaso le due contee dei Carpegna. San Marino una repubblica in viridi Interessante il giudizio su San Marino di Lancisi in rapporto alle altre repubbliche. Alcune cose - scrive Lancisi - non si possono immaginare con la dovuta proporzione, se non si vedono...La repubblica di S. Marino è una di queste, il di cui concetto, portato da varj scrittori in diverse guise, fa, che non se ne possa formare la giusta idea, se non da quelli, che condotti dalla curiosità, o dal bisogno vanno a vederla da presso. Egli si scaglia contro Antonio Malegonelle che in una ‘orazione‘ aveva fatto della Repubblica del Titano una descrizione puramente di maniera, senza nulla che ricordi le tradizioni locali,16 quasi fosse un mero oggetto da vagheggiare, appartenente a una remota età dell’oro: aveva dipinto questo luogo, come fosse un aggregato di soli pastori. Dice il Lancisi: io dopo aver osservato questa picciola repubblica con tutta la possibile attenta ricerca, sono in obbligo di confessare, che si farebbe grandissima ingiuria al vero se di lei si tacessero alcune particolarità. Ne precisa subito una: non essendomi riuscito di andare a Venezia per attentamente riflettere sopra una repubblica trattata da nobili, che aristocrazia appelliamo, mi è molto piaciuto di osservare un reggimento, misto di nobili e di plebei, che perciò si accosta al democratico, qual’è questo.17 Ecco cosa distingue questa dalle tante repubbliche (non solo Venezia) di origine medioevale che ancora sopravvivono in Italia e in Europa. Qui ‘repubblica’ oltre al consueto significato di luogo libero, ha quello di reggimento ... che si accosta al democratico. Insomma il Lancisi avalla in un certo qual modo e dopo un sopralluogo il mito di un San Marino luogo di democrazia. 15 - G. LANCISI, Lettere..., pag.50. 16 - A . GAROSCI, San Marino, Mito e storiografia tra i libertini e il Carducci, Milano, 1967, pag. 67. 17 - G. LANCISI, Lettere..., pag. 40. Probabilmente nel giudizio negativo su Venezia influisce la neutralità o, meglio, la passività di Venezia nella guerra di successione spagnola in atto. Venezia “essendo più gelosa della salute che avida di ingrandimento, abbracciò il più sicuro consiglio di starsene oziosa rimirando i conflitti delle parti con animo di non aderire a veruna di loro, se non se il tempo e la varietà degli eventi l’avessero chiamata a farlo” (M. FOSCARINI, Dalla ‘Lettera a Mons. Passionei’, in ‘Letteratura italiana, storia e testi, Ed. Ricciardi, Roma-Napoli, vol. 44, tomo V, pag. 225). 275 Altra singolarità messa in evidenza dal Lancisi. Le altre repubbliche in genere sono realtà politiche mummificate, prugne secche rimaste ad avvizzire sull’albero nel clima stagnante della storia degli ultimi secoli.18 San Marino invece si è mantenuto eziandio in viridi. E questo a lui sembra più rimarchevole del fatto che San Marino abbia saputo mantenersi in piedi, che abbia superato, pur così piccolo, il lungo e duro corso di sopra 13 secoli. Lo sorprende insomma la vitalità riscontrata sul Titano a fronte del cadere e inaridirsi che han fatto tante vaste e floride repubbliche, le quali nell’Africa, nell’Asia, e nell’Europa un dì furono spavento a tutto il mondo.19 276 18 - Tali repubbiche sono destinate a cadere appena l’aria riprenderà a smuoversi ai primi venti del rinnovamento. 19 - In effetti “queste repubbliche hanno perduto molto del loro splendore e della loro potenza, per diverse ragioni la cui convergenza ricorda quelle che provocarono il declino del feudalesimo”, battute “dall’evoluzione dell’economia, della società e degli spiriti” (R. RÉMOND, Introduzione alla storia contemporanea, L’antico regime e la rivoluzione francese, Traduzione italiana di S.VIGEZZI, Milano, 1974, pag. 85). Venezia “non sapeva più farsi temere né proteggere i suoi sudditi, né per mare né per terra ; i suoi debiti, anche in tempo di pace, andavano sempre crescendo, le manifatture erano in decadenza, le campagne infestate di briganti ; ogni città era divisa da fazioni che il senato aizzava l’una contro l’altra per indebolire i sudditi ; il suo governo sospettoso e crudele si manteneva soltanto grazie allo spionaggio; ... un simile governo era diventato l’orrore di tutti i sudditi ; macchiava il nome della repubblica lasciandolo legato alla più odiosa tirannia” (J.C.L.SIMONDE DE SISMONDI, Storia delle Repubbliche italiane, Edizione italiana Bollati Boringhieri,Torino 1996, pag. 359). LA REPUBBLICA DI SAN MARINO VISTA DA UN VIAGGIATORE NELL’ANNO 18001 Edizione e traduzione a cura di Michele Conti Die Republick S. Marino im I. 1800. Von einem Reisenden Der Wunsch eine der ältesten und zugleich kleinsten Republiken der Welt kennen zu lernen, führte mich im August 1800 nach S. Marino. Dieser kleine Staat giebt nicht den Anblick des Paradieses; im Gegentheil sieht man hier nichts als schroffe Felsen und fürchterliche Abgründe, die dennoch durch die Industrie freier Menschen benutzt, und urbar gemacht wurden. Diese Menschen sind fleissig und arbeiten mit Vergnügen, weil sie mit Sicherheit ärndten2. Der Gipfel eines meistentheits in Wolken gehüllten Berges enthält hier das, was die alten Griechen eine Nation würden gennant haben. Man kommt auf einen sehr schwierigen Weg nach St. Marino. Da nur ein einziger Gasthof auf dem Gebiet der Republick ist, und dieser sich ausserhalb der Stadt befindet, so werden die Fremden gewöhnlich eingeladen, den Privat Personen, oder in Klöstern ihren Auffenthalt zu nehmen. Der Gardian der Capuciner, ein ehrwürdiger Greis, aus einer der ältesten Familien dieser Republick, empfieng mich mit patriarchalicher Gastfreiheit, und führte mich in die angesehensten Häuser von S. Marino ein. Schon am ersten Tage hatte ich Gelegenheit, die vornehmsten Männer dieses Staats zu sehen, und durch viele Fragen über die Geschichte und den jetzigen Zustand der Republick, meine Neugier zu befriedigen. Ich laas das, was Addison in seinem interessanten, von den meisten Reisenden wörtlich wiederholten, Reise Abschnitt von S. Marino sagt, und ich fand bald, dass dieser trefliche Schriftsteller sich oft durch den ersten Schein hatte täuschen lassen. Der Stifter und Gesetzgeber von S. Marino war ein Baumeister aus Dalmatien, Namens Marino, der im fünften Iahrhundert, nachdem er geholfen hatte, Rimini aus seinen Ruinen wieder herzustellen, sich auf diesen Berg zurückzog, und hier in Gesellschaft einer kleinen Zahl von Anhängern, mit der Strenge eines Eremiten lebte, eine Kirche baute, und endlich eine Stadt anlegte, die der Ruf seiner Heiligkeit bald mit Menschen füllte. Nie hatte wohl ein Staat einen 1 - Ringrazio Angelo Pruccoli per avermi fatto conoscere questo inedito e per averne autorizzata la pubblicazione. Ringrazio altresì Maria Pia Casadei, prof.ssa di tedesco, che è venuta in mio soccorso con competenza e generosità. Sull’argomento esiste una ricca bibliografia. A titolo esemplificativo, si veda: A. Garosci, San Marino, mito e storiografia tra i libertini e il Carducci, Milano, 1967; J. Addison, The Republick of St. Marino, in “Studi Sammarinesi”, 1987, pp. 239-242; A. Brilli con la casa editrice Minerva e col finanziamento della Fondazione San Marino ha curato recentemente la pubblicazione di quattro volumi contenenti testi e racconti di viaggiatori e corrispondenti esteri: San Marino, i viaggiatori stranieri raccontano, s.l., 2002; (con un intervento di M.A. Monelli) San Marino nello specchio del mondo, s.l. 2003; (con un intervento di M.A. Monelli) San Marino narrata, Argelato, 2004; (a cura di A. Barilli e M.A. Monelli), L’immagine di San Marino nella stampa internazionale fra Ottocento e Novecento, Argelato, 2005. 2 - Presumibilmente per ernten: raccogliere, mietere. 277 278 ehrwürdigern Ursprung. Das Gebiet dieser Republick hat 25 italienische Meilen im Umfange. Die Form desselben ist oval, dabey aber nicht regelmässig, daher man den Durchmesser nur ungefähr fünf Meilen rechnen kann. Der gebirgichte, sehr wenig fruchtbare Boden, ernährt dennoch 7000 bis 8000 Menschen; er ist mit Maulbeerbäumen, Weinstöcken und Oliven Bäumen bedeckt, durch deren Producte, vorzüglich mit der Seide, die Einwonher einen vortheilhaften Handel mit Rom, Florenz und andern Städten Italiens treiben. Wenn man die Geschichte des alten Griechenlands genau kennt, so wird man nie einen Staat wegen dem geringen Umfang seines Gebiets verachten; wobey ich bemerke, dass so unbeträchtlich auch das von S. Marino ist, es dennoch einen grössern Umfang hat, als mehrere Alt: Griechische Republiken, z. B. Platea, Aegina, und Megara, die dem ungeachtet grosse Dinge thaten, und sich einen unsterblichen Namen erwarben. Die Regierung von S. Marino ist democratisch. Die Suveränität ist in dem Arengo, einer aus lauter Einwohnern zusammen gesetzten National Versammlung, wobey aus jeder Familie ohne Unterschied eine Person genommen wird. Der Arengo versammelt sich jedoch nur bey besondern Gelegenheiten, da in der Zwischenzeit die Regierung dem Rath der Sechziger anvertraut ist, der, ohngeachtet seines Namens, zu Addisons Zeiten nur aus vierzig Gliedern bestand. In diesem Rath sitzen nie zwey Personen von der nämlichen Familie; auch kann man nur allein durch die Wahl eine Stelle bekommen. Den Vorsitz in diesem Rath haben zwey Capitani, oder Consuln, die alle sechs Monate gewechselt werden. Die bürgerliche und criminal Iustiz Pflege wird von einem ausländischen Rechtsgelehrten, mit Zuziehung der beyden Consuln verwaltet; er führt den Titel Commissarius, und dauert sein Amt nur drey Iahre. Addison sagt, dass der Arzt und der Schulmeister zu den vornehmsten Männern des Staats gehören. Ich erkundigte mich nach diesem Umstand bey einer Rathsperson, dessen Antwort war: „Sie haben gar keinen Vorzug, und werden, so wie in mehrern Städten Italiens, auf öffentliche Kosten unterhalten. Auch ist hier bey ihren Stande nichts besonderes zu bemerken, ausser dass der Schulmeister viel mehr, und der Arzt viel weniger, wie anderswo zu thun haben, da wir viel Kinder und wenig Kranke zählen“. Es befindet sich in der Republick zwanzig bis dreyssig adliche Familien, aus welchen man immer die Hälfte der Räthe nimmt. Man sagt, dass diese Familien den democratischen Geist gemässigt machen; indess sind sie allein die Ursache der einzigen Revolution gewesen, die man in der Republick erlebt hat. Sie hatten allmählig eine Art Oligarchie eingeführt, und nur bloss den Schein der Freiheit übrig gelassen. Die Bürger von S. Marino sahen kein ander Mittel sich von ihrer Tirannei zu befreien, als sich der Herrschaft des Pabstes, Protectors der Republick, zu unterwerfen. Sie wandten sich deshalb an den Cardinal Alberoni, der damals Legat von Romagna war. Der römische Hof trug dem Cardinal auf, die Klagen der Einwohner von S. Marino zu untersuchen, und sich zu überzeugen, ob es wirklich der Wunsch der Mehrheit sei, Unterthaten des päbstlichen Stuhls zu werden. Der Cardinal aber hatte den Ehrgeitz hier die Rolle eines Eroberers zu spielen. Anstatt die Befehle seines Hofes zu befolgen, versammelte er eine kleine Armee von Sbirren,3 nahm S. Marino in Besitz, und gebrauchte die gewaltsamsten Mittel, um die Einwohner zu zwingen, dem Pabst den Huldigungseid zu schwören. Dies tirannische Verfahren vereinigte alle Partheien. Man sandte nun Klagen andrer Art nach Rom, und Clemens XII. war so grossmüthig alles zu annulliren, was Alberoni gethan hatte, und die Einwohner wieder in ihre alten Rechte einzusetzen. Nun wurden Reformen gemackt, die neuen Revolutionen vorgebeugt haben. Obgleich die adlichen Familien Ansprüche auf Vorzug machen, so giebt es doch nach der Constitution von S. Marino nur zwey Classen von Einwohnern: die Bürger und die Besoldeten. Aus Hochachtung gegen den heiligen Stuhl, unter dessen Schutz die Republick so lange ruhig und glüchlich gewesen ist, hat man mehrere vornehme Männer aus den päbstlichen Staaten, besonders aus Bologna und Rimini, zu Ehrenbürgern von S. Marino ernannt. Selbst einige venetianische Nobili, so stolz sie auch auf ihren alten Adel und als Theilhaber der Souveränität ihres Landes waren, haben es doch nicht unter ihrer Würde gehalten, Bürger dieser kleinen Republick zu werden. Weit entfernt, dass man diese Staats Verbindung mit vornehmen Ausländern als der Freiheit gefährlich betrachten könnte, wird sie vielmehr in einem so kleinen Staat als nützlich für die National Sicherheit gehalten. Man sieht zu S. Marino allenthalben den Einfluss der Freiheit. Die Stadt hat in ihren Gebäuden nichts prächtiges; die Gleichheit der Häuser zeigt eine glückliche Mittelmässigkeit des Vermögens. Die Sitten der Einwohner sind einfach und rein; dabey zeichnen sich diese Menschen durch ihren guten natürlichen Verstand und durch ihr Wissen aus. Selten findet man hier einen Bürger, der ohne Kenntnisse ist, und die Geschichte nicht mit einigem Nutzen gelesen hat. Immer nahmen die Einwohner von S. Marino, obgleich bloss als unthätige Beobachter, an den politischen Begebenheiten in Europa grossen Antheil. Die Hofnung und die Furcht, in Betref der Sicherheit ihres kleinen Staats, reitzte ihre Neugierde, und stimmte sie zu Nachforschungen. Natürlich musste die französische Revolution, besonders seit der Invasion von Italien, diese Stimmumg noch vermehren. Indessen sind di Mariner ohne Besorgniss, da sie sich als die einzigen Democraten in Italien, und desshalb die Franzosen als ihre natürlichen Bundsgenossen betrachten. Uebrigens zeigt die seit so viel Iarhunderten mitten in einer Weltgegend, die beständig Revolutionen erfahren, immerfort bestehende Republick S. Marino, ein politisches Phenomen, das die Aufmerksamkeit der Philosophen verdient. 3 - Dies sind Häscher der verworfensten Art, die selbst von dem niedrigsten Pöbel in Italien für ehrloss gehalten werden. V. A. 279 Die vornehmsten Ursachen ihrer Dauer, sind, meiner Meinung nach, ihre Lage auf einem fast unzugänglichen Berge, ihre Armuth, und ihre Entsagung aller ehrgeitzigen Entwürfe ihr Gebiet zu vergrössern. Sie hatte nichts, was die Länder jener grosser Mächte zu einer Eroberung reitzen konnte, und war dabey stark genug, sich gegen die Angriffe, oder Ueberrumpelungen der kleinen sie umgebenden Tirannen zu vertheidigen. La Repubblica di San Marino nel 1800. Vista da un viaggiatore. 280 Il desiderio di conoscere una delle più antiche e piccole repubbliche del mondo mi ha guidato verso San Marino nell’agosto del 1800. Questo piccolo Stato non offre una vista di paradiso; al contrario qui non si vedono che ripide rupi e tremendi precipizi che tuttavia, attraverso l’intraprendenza di uomini liberi, divennero utilizzabili e coltivabili. Questi uomini sono solerti e lavorano con soddisfazione, perché con sicurezza raccolgono [i loro frutti]. La cima di una montagna, che per lo più è avvolta dalle nuvole, comprende ciò che gli antichi Greci avrebbero chiamato una nazione. Si arriva a San Marino per una strada molto malagevole. Poiché c’è un solo albergo (locanda) nel territorio della Repubblica e questo si trova fuori città, così i forestieri solitamente sono invitati a stabilirsi presso persone private o chiostri. Il guardiano dei Cappuccini, un venerando vecchio proveniente da una delle più antiche famiglie di questa Repubblica, mi accolse con patriarcale ospitalità e mi introdusse nelle più stimate case di San Marino. Già dal primo giorno ebbi l’opportunità di vedere gli uomini più ragguardevoli di questo Stato e di soddisfare la mia curiosità con molte domande sulla storia e sull’attuale stato della Repubblica. Ho letto quello che dice Addison nell’interessante sezione relativa al viaggio a San Marino e ripetuta letteralmente dalla maggior parte dei viaggiatori, e presto ho scoperto che questo ottimo scrittore spesso si è lasciato ingannare dalla prima impressione. Il fondatore e legislatore di San Marino era un costruttore edile proveniente dalla Dalmazia, di nome Marino, che nel quinto secolo, dopo aver contribuito a riedificare Rimini dalle sue rovine, si ritirò su questa montagna e qui, in compagnia di un piccolo numero di seguaci, visse col rigore di un eremita, costruì una chiesa e quindi gettò le basi di una città che presto il richiamo della sua santità riempì di persone. Giammai uno Stato ebbe tanta veneranda origine. Il perimetro di questa Repubblica è di 25 miglia italiane. La sua forma è ovale, ma non regolare, il suo diametro si può calcolare in circa cinque miglia. Il terreno montagnoso e poco fertile nutre comunque da 7000 a 8000 persone; è coperto di piante di gelsi, viti e olivi e con i loro prodotti, principalmente con la seta, gli abitanti praticano un proficuo commercio con Roma, Firenze e altre città dell’Italia. Se si conosce bene la storia dell’antica Grecia, non si disprezzerà mai uno Stato per la sua ridotta dimensione; e dicendo ciò io noto che per quanto quella di San Marino sia trascurabile, tuttavia è un’estensione più grande di molte antiche repubbliche greche, come per esempio Platea, Egina e Megara, che malgrado ciò fecero grandi cose e si conquistarono un nome immortale. Il governo di San Marino è democratico. La sovranità risiede nell’Arengo, un’assemblea nazionale di rumorosi abitanti convocati insieme, per il quale da ogni famiglia senza distinzione si prende una persona. L’Arengo però si riunisce solo in particolari occasioni, giacché nel frattempo il governo è affidato al Consiglio dei Sessanta che, nonostante il suo nome, ai tempi dell’Addison era composto di quaranta membri. In questo consiglio non siedono mai due persone della stessa famiglia; inoltre si può ottenere il posto solo con un voto. La presidenza in questo Consiglio l’hanno due capitani o consoli, che vengono cambiati ogni sei mesi. La giustizia civile e penale è amministrata da un giureconsulto esterno con il concorso dei due consoli; egli porta il titolo di commissario e il suo ufficio dura solo tre anni. Addison dice che il medico e il maestro di scuola sono tra i più ragguardevoli uomini dello Stato. Io chiesi informazione su questo aspetto a un membro del Consiglio, il quale rispose: “Essi non hanno nessun privilegio e sono, come in parecchie città d’Italia, mantenuti col denaro pubblico. Sulla loro condizione non c’è nulla di particolare da notare se non che il maestro di scuola ha da fare molto più e il medico molto meno che altrove, perché abbiamo più bambini e meno malati”. Nella Repubblica si trovano da venti a trenta famiglie nobili, dalle quali si designa sempre la metà dei consiglieri. Si dice che queste famiglie rendano moderato lo spirito democratico, in quanto esse sole sono state la causa dell’unica rivoluzione che si è veduta nella Repubblica. Un po’ alla volta avevano introdotto una specie di oligarchia e fatto sopravvivere solo una parvenza di libertà. I cittadini di San Marino non videro altro mezzo per liberarsi dalla loro tirannia che sottomettersi alla signoria del papa, protettore della Repubblica. Perciò si rivolsero al cardinale Alberoni, che allora era legato di Romagna. La corte romana affidò al cardinale di esaminare le lamentele degli abitanti di San Marino e di convincerli, se effettivamente fosse il desiderio della maggioranza, a diventare sudditi del soglio pontificio. Ma il cardinale ebbe l’ambizione di giocare qui il ruolo di un conquistatore. Invece di seguire gli ordini della curia, radunò una piccolo esercito di sbirri4, si impossessò di San Marino e adoperò i mezzi più violenti per costringere gli abitanti a giurare fedeltà al papa. Questo modo di agire tirannico unificò tutte le fazioni. Quindi furono inviate lamentele a Roma, ma di diversa natura, e Clemente XII fu così magnanimo da annullare tutto ciò che aveva fatto Alberoni e reintegrò gli abitanti nei loro antichi diritti. Da allora si sono fatte delle riforme che hanno prevenuto nuove rivoluzioni. 4 - Accanto alla parola Sbirren c’è la seguente nota: Questi sbirri sono della più abbietta specie e in Italia sono ritenuti infami anche dai ceti più umili. 281 282 Sebbene le famiglie nobili avanzino pretese di superiorità, tuttavia secondo la costituzione di San Marino ci sono solo due classi di abitanti: i cittadini e i salariati. In stima verso il santo soglio, sotto la cui protezione la Repubblica è stata per tanto tempo felice e in pace, sono stati nominati cittadini onorari di San Marino diversi ragguardevoli uomini dello Stato del papa, in particolare di Bologna e Rimini. Perfino alcuni nobili veneziani, seppure fossero tanto orgogliosi della loro antica nobiltà e della loro partecipazione alla sovranità del loro Paese, non hanno tuttavia disdegnato di diventare cittadini di questa piccola Repubblica. Lungi dal fatto che si possa considerare pericoloso per la libertà questa relazione dello Stato con eminenti stranieri, tanto più in un così piccolo Stato, li si ritiene utili per la sicurezza nazionale. Dappertutto si vede a San Marino l’influsso della libertà. La città non ha niente di grandioso nei suoi edifici; l’uguaglianza delle case indica una conveniente mediocrità delle disponibilità. I costumi degli abitanti sono semplici e schietti; perciò si distinguono le persone per il loro naturale ingegno e la loro conoscenza. Raramente si trova qui un cittadino che sia privo di cognizione e che non abbia letto la storia con qualche vantaggio. Gli abitanti di San Marino si interessano sempre molto, anche se solamente come passivi osservatori, agli avvenimenti d’Europa. La speranza e il timore riguardo alla sicurezza del loro piccolo Stato ha stimolato la loro curiosità e li predispose ad indagare. E naturalmente la rivoluzione francese dovette accrescere questa attitudine, soprattutto dopo l’invasione dell’Italia; essendo i sammarinesi senza apprensione, giacché essi si considerano gli unici democratici d’Italia e quindi i Francesi loro naturali alleati. D’altronde, la Repubblica di San Marino, che ininterrottamente si è mantenuta da così tanti secoli nel mezzo di un contesto continuamente provato dalle rivoluzioni, esprime un fenomeno politico che merita l’attenzione dei filosofi. Secondo la mia opinione, le cause principali della sua durata sono: la sua posizione su un monte quasi inaccessibile, la povertà e la sua rinuncia a ogni progetto ambizioso di ingrandire il territorio. Essa non aveva nulla di che stimolare la conquista da parte dei Paesi con una grande potenza, e pur tuttavia era abbastanza forte da difendersi contro gli attacchi e gli assalti di sorpresa dei piccoli vicini tiranni. 283 284 285 CULTURA SAMMARINESE di Giuseppe Macina I . LA TRADIZIONE CLASSICHEGGIANTE I più antichi documenti dellla storia sammarinese trovano espressione nella lingua latina: il Placito Feretrano e la Vita Sancti Marini. Il primo è un documento dell’anno 885, che non ci è giunto in originale ma in una copia del secolo XI: un testo di grande importanza sotto l’aspetto linguistico in cui si avverte l’incombenza del parlato e che costituisce quindi un’ antica testimonianza del passaggio dal latino al volgare. Il secondo è un testo agiografico riferibile alla prima metà del X secolo, nel quale una tradizione locale trova espressione in una stesura di formazione colta: è scritto infatti in un latino corretto e non privo di una certa eleganza. Ancora in latino sono gli Statuti dei quali i primi a noi giunti sono quelli collocabili fra il 1295-1302 e così pure quelli dei secoli seguenti; ed in latino è la produzione notarile, tanto quella pubblica che concerneva gli Strumenti siglati per mano del notaio pubblico e cioè gli atti della Comunità, quanto quella privata che si occupava di contratti e cause fra privati. Ad un’epoca in cui anche a livello scritto si è ormai imposto il volgare è riferibile l’impegnativa impresa di Giovanni Bertoldi “ Translatio et Commentum totius libri Dantis aldigherii”1: opera, com’è noto, nata in ambito eccclesiastico e destinata con scopi divulgativi ad altri eccclesiastici. E’ stata scritta -come lo stesso Bertoldi confessa- in una forma latina rudis incompta, inepta, cioè lontana dalla perfezione e dall’eleganza dei classici, secondo i modi della lingua volgare e del parlato in generale, anche per l’ esigenza che lo stesso autore si proponeva di essere inteso dai prelati italiani e di altri paesi, presenti al Concilio di Costanza, al fine di potere contribuire nel modo più efficace a diffondere la conoscenza del poema dantesco. E’ nel corso del Cinquecento che si afferma, via via si diffonde e poi s’ impone l’idea di una lingua comune per tutti i letterati, insomma la lingua nazionale. Di riflesso anche per San Marino possiamo notare che verso la metà del Cinquecento cessa la stesura degli Atti del Consiglio e poco più tardi quella degli Estimi nella lingua latina, ma , nonostante l’affermarsi dell’italiano, il latino rimane ancora la forma linguistica in cui si esplica la produzione scritta dell’attività pubbblica a livello ufficiale. Così avviene per gli Statuti del Seicento2 in cui il governo oligarchico codificò 1 - Fratris Iohannis de Serravalle ord. Min. Episcopi et Principis Firmani Translatio et Commentun totius libri Dantis Aldigherii, Prato 1891 Giovanni Bertoldi da Serravalle, Traduzione e Commento dellla Divina Commedia di Dante Alighieri, San Marino 1986 L.Nicolini, La vita e le opere di Giovanni da Serravalle commentatore dellla «Divina Commedia», San Marino 1923 2 - Leges Statutae Reipublicae Sancti Marini, Florentiae, MDCCCXV, ed.an. 287 288 l’assetto istituzionale del paese e decretò la propria legittimità al potere. Il latino è considerato la forma linguistica più consona in occasione di ambascerie e di discorsi ufficiali in situazioni cui la dirigenza del tempo intendeva dar buona prova di sè e far bella presenza all’esterno. Ricordiamo al proposito l’orazione latina “ Ad Christinam Flaminiae fines ingressam Oratio Antonii de Malagonelllis nunc de Amadoris sub persona Legatorum Reipublicae Sancti Marini”3 . In tale orazione, correva l’annno 1688, Antonio Malagonelle si rivolgeva a Cristina di Svezia, pellegrina a Roma, per invitarla, a nome degli ambasciatori sammarinesi, a salire sul Titano. Così il forbito oratore presentava la terrra del Titano: - Mons assurgit omnium, qui Flaminiam exasperant, editissimus; verticem huius nobilitat arx vetustissima, quae omnium finitimarum gentium visus amabili terrore fatigat. Nam perpetuis voraginum munita periculis, velut invidiam servantis Italiae immistum pene Coelo supercilium libertatis ostentat. A fronte Adriaticum aestuat mare: inferiora laterum ambiunt laeti, cultique collles, qui pari spatio per amoenas umbras, et opaca nemorum, in fertiles campos, et florida prata desinentes, Tempe altera intrantibus aperiunt. Supra clementiam aeris augent loci gratiam salubres fontium venae, perennes rivi, concentus avium, et pastoralibus tibiis personae valles4. In questo secolo il latino, oltre che nei numerosi latinismi presenti nei testi in lingua italiana, per la medesima vocazione letteraria intesa ad un tono linguisticamente alto rivive nellla rievocazione di un mondo classicheggiante ormai defunto: così nella «favola pastorale» di Giacomo Bonetti, scritta per accompagnare una rappresentazione teatrale tenutasi nel 1626. Nei suoi intermezzi il Bonetti ci dice dei preparativi che Titano, attorniato da Driadi e Amadriadi e coadiuvato da Zefiro e Flora, compie per accogliere Giove che discende dal cielo. Componimenti in latino compaiono in una raccolta di versi, scritta in età giovanile da Alessandro Belluzzi, presente nella Biblioteca Gambalunga di Rimini. Nel Settecento si può certamente affermare che la normalizzazione linguistica si è da tempo consolidata, nondimeno il latino rimane la lingua privilegiata nelle solenni occasioni. 3 - Malagonelle Antonio(1688), Ad Christinam Flaminiae fines ingressam sub persona legatorum Reipublicae Sancti Marini, Romae 1695 4 - P. Franciosi, Orazione latina del secolo XVII pronunciata al cospetto di Cristina di Svezia a nome della Repubbblica di San Marino dall’abate Antonio Malagonelli, San Marino 1895. Il Franciosi così traduce:-Fra tutti i monti onde è resa aspra la Flaminia altissimo s’eleva il nostro, la cui cima è adorna d’una antichissima rocca la quale col suo bell’orrido attira per largo spazio le viste di tutti i circonvicini: imperocchè cinta all’ intorno da pericolose voragini, quasi ad invidia della serva Italia, estolle fino al Cielo le libere cime. Di fronte infuria l’Adriatico, ma alle falde è il monte circondato da lieti ed ameni colli i quali gradatamente fra dolci ombre e folti boschi in fertili campi e floridi prati terminando aprono a quanti entrano un’altra Tempe. Oltre alla mitezza dell’aria accrescono grazia al luogo salubri vene di fonti, perenni rivi, gorgheggio d’augelli e le valli risonanti di pastorali armonie-. La vicenda alberoniana è motivo l’anno seguente per una raccolta di sonetti, scritti parte in latino, parte in italiano, edita a Pesaro nel 17405. L’espressione in latino rimane preferita nei discorsi da tenersi nelle feste ufficiali, come quella per l’ingresso dei Capitani Reggenti. Possiamo al riguardo far riferimento ai manoscritti delll’abate Melchiorre Martelli fra i quali è dato rinvenire una ventina di discorsi, tenuti in occasione dellla cerimonia d’investitura dei Capitani Reggenti, che si conservano nellla Biblioteca di Stato, dei quali solo due sono scritti in italiano e gli altri in latino6. Un forte impulso alla rievocazione classicheggiante lo esercitò il gusto settecentesco assai diffuso intonato ai modi dell’Arcadia, e, diversamente, l’interesse pure assai diffuso per le dissertazioni erudite. Com’è noto il letterato sammarinese più significativo di questo secolo è Giovannni Mengozzi,7 che nei suoi versi in lingua italiana, contrapponendosi agli eccessi del marinismo propose il ritorno al buon gusto, avvicinandosi ai toni dell’Arcadia. Di lui in lingua latina ricordiamo: la vita delll’illustre fulginate Sigismondo Conti, l’orazione funebre per mons. Maffei, replicata anche in italiano, ed anche alcune lettere, parte in latino, parte in italiano. Pure fra i componimenti in versi sono da ricordare alcuni in latino, fra i quali il carme De Terremotu, assai lodato da Cesare Montalti. Anche per l’Ottocento il modello di riferimento è quello di una cultura consapevole della tradizione classica, che a livello linguistico predilige il tono elevato. Esemplare in tal senso l’opericciola di Domenico Mengozzi “Il Contratto Agrario” del 1818 in cui la minuta ed un poco uggiosa precettistica agraria è alleviata da brani di poesia georgica i cui autori vanno da Virgilio all’Alemanni. Sul piano più strettamente linguistico ricordiamo la querelle che vide protagonista padre Niccoli, milanese, che nella sua “Prolusione di Studi” moveva frecciate alla cultura accademica del tempo, basata, a suo dire, sulla memorizzazione e su un eccessivo studio lel latino, in favore della lingua italiana e di scienze più utili sul piano pratico per lo studente. Gli insegnanti della scuola sammarinese del tempo, primo il Belzoppi, si pronunceranno per una visione più moderata, e sostanzialmente riconfermavano l’importanza della lingua e della cultura dei classici. Non va nemmmeno per la prima metà del secolo taciuto l’apporto dato da letterati italiani che per motivi politici, come già il Borghesi, trovarono in San Marino l’ospitale rifugio. 5 - Raccolta di composizioni poetiche in occasione del Triduo che si solennizza nella Repubblica di San Marino dedicata all’ Em.mo Cardinal Rivera, Pesaro 1740. 6 - G. Macina, Melchiorre Martelli, in «Scuola Secondaria Superiore»,Annuario XVII,an.sc. 19992000, p. 281. 7 - G. Macina, Giovannni Mengozzi, in «Scuola Secondaria Superiore», Annuario XVII, an. sc. 19992000, p. 297 289 290 Facciamo riferimeno a Cesare Montalti e ad Antonio Papi, che s’inserirono come insegnanti nella scuola sammarinese e trovarono più tardi un epigono in Marino Fattori. Per la seconda metà del secolo non si possono ignorare i nomi del Tommaseo e del Carducci, che con i loro scritti furono di lustro alla Repubblica e che contribuirono a trasmettere anche ai Sammarinesi un concetto alto della funzione della cultura e della letteratura. E su questi nomi non possiamo esimerci di soffermarci un qualche po’. Ignazio Belzoppi fu, generalmente parlando, poeta di stampo classicheggiante: a ciò lo volgeva nella sua prima produzione poetica l’ammirazione per i modi dell’Arcadia e, nella successiva la suggestione per la musa nontiana. Ma fu un tradizionalista non in senso pedantesco, chè anzi, nel Bertuccino non disprezzò nemmeno la possibilità dellla commistione dei toni del linguaggio: il classico ed il popolareggiante. Certo fu letterato di solida cultura classica e buon coscitore dellla lingua dei classici, che egli amò e tradusse. Per chi conosce il fondo Belzoppi, giacente presso la Biblioteca di Stato, non sarà difficile riconoscere i segni di questa inclinazione. Come insegnante ebbe a rivolgersi ai giovani studenti in latino almeno in un paio d’occasioni: nel discorso “Floreant gentes vitiis virtute repulsis” ed in un’orazione tenuta nel seminario di Rimini di cui fu rettore per l’apertura delll’anno scolastico (1820), dei quali se ne conserva stesura manoscritta. Come insegnante delle scuole sammarinesi non si sottrasse, come d’altra parte gli Statuti prescrivevano, all’obbligo di pronunciare un discorso per la cerimonia d’investitura dei Capitani Reggenti. Di lui manoscritti abbbiamo cinque discorsi in lingua latina, tenuti fra il 1616-18. Sono così titolati: -De studiis cum Reipublicae administratione coniunctis-,- De agricoltura promovenda-, -De Maiorum sobrietate revocanda-,-De Concordia civium servanda-, -De magistratibus elegendis-. Il Belzoppi fu buon conoscitore della cultura e della lingua dei classici: non può quindi stupirci il suo impegno nell’ambito della traduzione delle opere degli autori latini. Possiamo qui di seguito elencare le traduzioni in forma manoscritta dei cinque libri delle Satire d’Orazio, del proemio contro Verre di Cicerone, di alcune elegie di Properzio, come pure di un brano dellle Storie di Tito Livio.8 La morte del Belzoppi venne compianta dal Montalti in una sua ode “In funere Ignatii Belzoppi Rhetoris, Oratoris, Poetae,ac Civis Sammarinensis” (in f.o, Pesaro1828). Gli successero sulla cattedra da lui detenuta al Collegio Belluzzi Cesare Montalti e Antonio Papi. 8 - P. Franciosi, Un poema eroicomico del letterato sammarinese don Ignazio Belzoppi con aggiunto il catalogo dei documenti e manoscritti, Bologna 1915: v. fasc.V e VI Qui brevemente accenniamo al Papi di cui ricordiamo l ‘ “Inno a San Marino”, che, per quanto scritto in italiano, rivela un chiaro impianto classicheggiante nell’enfasi oratoria e nella scelta di un linguaggio aulico9. Tutto lo spazio che merita è da riservarsi a Cesare Montalti di Bocciolino di Cesena che, sospinto dallla persecuzione del card. Rivarola contro i liberali, giunse a San Marino nel Novembre del 1826 e vi rimase fino a tuttto il Giugno del 1831. Del primo periodo del suo soggiorno a San Marino è la lettera in cui il Montalti ringrazia i Capitani Reggenti per la cittadinanza accordatagli -quod quidem, ni falllor, facile per vos ipsi vel ex eo conjicetis, quod nihil iucundius, nihil opportunius obvenire nunquam potuisset-10. Un momento molto importante per la produzione del Montalti è la collana dei sei sonetti, scritti prima in italiano e poi volti in latino, in occasione della morte di tale Marino Bruschi, un sarto sammarinese, rimasto uccciso in una rissa nel 1827 in Città per mano di un facinoroso romagnolo, profugo a San Marino. Vennero pubblicati molto più tardi per i tipi Montanari e Marabini a Faenza nel 1883. Certo l’orribile misfatto dovette colpire come altri lo stesso Montalti, ma non poco dovettero spingerlo allla commiserazione le lacrime dellla vedovella che a lui si rivolse per riceverne conforto. E per tale donnna, tale Barbara Casali di Borgo, don Cesare nutrì un affetto che dovette andar oltre l’obbligo pastorale. Ritornato poi a Cesena, a lei dedicava l’epigramma “Ad Barbaram Casaliam sammarinensem foeminam venustissimam”11che dice: 9 - A. Papi, Inno a San Marino, Rimino Marsonner e Grandi 1835.Così conclude: Sull’erta cima del Titan felice Fa che culto perenne abbia l’altare, Che tu drizzasti a Libertà. Benigno Lo riguarda dal cielo, e come all’urto Saldo resiste degli irati flutti Marpesio scoglio , esso resista all’onte Dei nemici, del tempo, e dei tiranni. 10 - Lettera latina di Cesare Montalti per le nozze Tonini-Amati, tr. Marino Fattori, San Marino 1815. 11 - P. Franciosi, Ricordi in Repubblica delll’abate Cesare Montalti, Imola 1924, p.7 G. Maroni, Cesare Montalti, Storia e poesia di un prete irrequieto fra Rivoluzione e Restaurazione, Cesena 2000, che così traduce: Mi chiamo Barbara, ma barbara di nome, non di fatto: dico il vero, tu mi sei testimone, o Cesare. Ecco, sei qui, o Cesare: a lungo hai gioito intimamente del mio tenero affetto. Se perdura riconoscenza memore nell’animo di chi mi ha fatto sua amica, fa’ che il tempo futuro per sempre i nostri nomi, a chiare lettere scritti nei tuoi carmi, insieme congiunti legga sfogliando le carte di antiche armonie. 291 Ipsa loquitur Barbara dicor ego; sed Barbara nomine, non re: vera loquor: testis tu mihi, Caesar, ades. Caesar ades, teneroque diu gavisus amore, si qua potiti animo gratia stat memori, haud numeris indicta tuis fac nostra perenne aevum juncta simul nomina persolvat. Così di questo periodo l’epigrammma “In funere Antonii Onufrii Patris Patriae”12 292 Te moriente, imo suspiria pectore ducens Libertas tales edidit ore modos: vindice quae tanto steteram inconcussa, licet me gens peteret saevis insidiosa minis, vulnificisve iterum fortunae obnoxia telis exscindar, Latio grata rapina Iovi? Scilicet id metuo, nigris nam deseris actam undique difficili tempore turbinibus. Unus consilio regere, auxilioque labantem tu potes: praesidii, qui nunc superest? E di questo medesimo periodo è la versione in esametri latini che il Montalti fece di un bel sonettto di Ignazio Belzoppi nel quale l’ormai vecchio poeta sammarinese piangeva la morte del fedele domestico Bonifacio Stacchini, pubblicata per i tipi di Marsonner e Grandi a Rimini nel 1826. Del 1826 è un’elegia latina “De se ipso ad Sammarinenses cummigrante” in cui parla del suo arrivo a San Marino, e l’altra “Ad sodales Sammarinenses” in cui li invita, superati i rigori delll’inverno, a gioire del ritorno della bella stagione.13 Del 1827 è l’ “Hjmnus in divum Marinum auctorem et vindicem Libertatis sammarinensis”14, che così inizia: 12 - P. Franciosi, Ricordi in repubblica di C. Montalti cit., p.7 G. Maroni Cesare Montalti, Storia e poesia cit, p.22, che così traduce: Tu morivi, e la libertà, traendo gemiti dal profondo del cuore, tali accenti fece uscire dalla bocca: -Io so che salda e inconcussa ero stata con te protettore, sebbene un popolo insidioso mi assalisse con crudeli minacce, potrei essere distrutta di nuovo, esposta ai colpi mortali della sorte, rapina ben gradita al Giove romano. E’ questo che temo: tu mi abbandoni, travolta da ogni parte da neri turbini in tempo difficile. Tu solo avresti potuto reggere colei che vacilla con l’aiuto del tuo senno: ora, qual presidio mi rimane-? 13 - G. Maroni, Storia e poesia cit., p. 248 e pp.330-331. 14 - P. Bernabò Silorata, Inni per la Repubbblica di San Marino con l’aggiunta di altri inni latini, Marini sumus in fide Puellae et pueri integri, Marinum, pueri integri Puellae canamus. Del 1828 ricordiamo l’ode a Sant’Agata, patrona della Repubblica “Ad D. Agathen Reipublicae sammarinensis patronam opiferam praestantissimam”, pubblicata nel 1828 a Rimini da Marsonner e Grandi.15 Sempre del 1828 l’ode “De nive Sammarinum obruente”, in cui descrive il Titano coperto di neve, e del medesimo anno l’alcaica in morte di Ignazio Belzoppi. E non dimenticava mai San Marino: quasi un commiato la lettera indirizzata ai Capitani Reggenti scritta l’anno prima della morte avvenuta nel 1859. In essa incoraggia i due rappresentanti della Repubblica a sostenere con ogni loro forza i buoni studi, perchè su questi poggia la dignità e la longevità della Repubblica. In essa ricorda gli anni passati in Repubblica come insegnante, dove -fere integro quinquennio dies penes Vos beatissimos exegi-16. Un riferimento d’obbligo in relazione all’argomento trattato è quello relativo a Niccolò Tommaseo17. Il Tommaseo ebbe in diverse occasioni rapporti con la Repubblica di San Marino. In pegno di gratitudine per essere stato ascritto alla cittadinanza sammarinese, avvenuta per decreto consigliare nel 1859, scriveva l’ “Inno a San Marino”: Patrem salutat Itala Tellus Marinum Dalmatam Serunt per astera pauperis Nomen volantes Angeli E come traduce Guido Mazzoni: Te padre acclama l’Itala Terra, o Marino Dalmata. Il nome di lui povero Spargan per gli astri gli Angeli.18 Firenze 1870,pp25-27. La traduzione: In tutela viviam di Marino, Giovenil vaga schiera innocente; Su, godiam al Tutore divino Garzonetti e fanciulle, inneggiar. 15 - O. Fatttori, Della vita e degli scritti di don Cesare Montalti, p.48. 16 - Lettera latina di Cesare Montalti per le nozze Belluzzi-Scarponi tr. C. Fattori, San Marino 1888 17 - O. Fattori, Niccolò Tommaseo e la Dalmazia, San Marino 1942, pp. 8-13. 18 - Libertas Perpetua (Museum) a.VI Ott. 1937-Apr. 1938,pp.1-2. 293 Ringraziava in tale occasione da Torino:- Mi tengo onorato del titolo di vostro concittadino più di qualsiasi ordine cavalleresco o carica cortigiana-. E quando la Repubblica volle gratificarlo della medaglia al merito di prima classse, il 31 Gennaio 1872 da Firenze mandò in ringraziamento un’ode composta da cinque distici latini dedicata alla Repubblica: Imperia et sonti maculatae sanguine gentes Ecce ruunt: puro in vertice conspicuam Servat Libertas te pauperis ara Marini. Et non incautae simplicitatis honos. Nel 1873 inviava tre epigrammmi; in uno di questi così si esprime: Sis, Titane sacer, Capitolia libera nobis, Sis iuga Parnassi, sis mage templa Dei. 294 Non possiamo chiudere queste note sulla vocazione classicheggiante dei letterati senza far riferimento ad un tardivo epigono dellla scuola classica romagnola: Marino Fattori, uomo di scuola e delle istituzioni e più in generale dignitoso rapppresentante del languente mondo dell’oligarchia al governo. E’ l’autore dei Ricordi Storici e dei Discorsi Storici e Politici.19 Nutrito di studi classici, amò l’eleganza dello stile e l’espressione non di rado solenne in nome del suo paese, a prò del quale amò presentarsi in veste di letterato civilmente impegnato e di eloquente cantore delle glorie patrie. Il mondo dei classici fu per lui tranquillo porto e sicuro punto di riferimento. Maria Franciosi, che ha trascorso l’archivio di casa Fattori, ci informa di traduzioni dal greco e dal latino: sono contenute nel libro di «Miscellanea»grosso volume rilegato con carte numerate fino alla cifra 693-. La studiosa così si esprime: -Noi siamo d’avviso che le taduzioni greche del nostro sono prive di pregio artistico e le riteniamo di molto inferiori alle traduzioni latine in cui appare abile maneggiatore del verso e interprete fedele dell’anima dei latini-. Abbiamo saggi di traduzione delle Epistole e Satire d’ Orazio, la traduzione della Catilinaria di Crispo Sallustio -ritratta nella nuova lingua con originalità ed efficacia-. -Di guisa che noi concluderemo col dire che la scuola classsica sammarinese che procede da quella romagnola, ebe in lui un illuminato fautore, un saldo e appassionato sostenitore-20 19 - M. Franciosi, Marino Fattori e la scuola classica romagnola, San Marino 1919 G. Fanti, Marino Fattori, in San Marino, Leggende e Sroria, San Marino 1926 G. Crocioni, Marino Fattori educatore nello studio sammarinese, San Marino 1940 20 - M. Franciosi, Marino Fattori cit., p.50. Fra le sue fatiche che ebbero l’onore della stampa ricordiamo innanzitutto: Disticha, distici in latino, pubblicati in folio per i tipi di G. Nobile a Rimini nel 1885, la traduzione in lingua italiana degli Statuti del Seicento, la traduzione della lettera di Cesare Montalti, indirizzata ai Capitani Reggenti, la traduzione dell’ode latina «Agathae Sanctae et M Patronae salutari» di Chrisostomus Ferrucius del 1875 in folio, la traduzione dell’elegia di Diego Vetrioli «Un Cretese in Pompei nell’ultima giornata», Rimini 1874.21 Nonchè alcune epigrafi in latino in onore di alcuni benemeriti sammarinesi. Per quanto riguarda il primo Novecento fra i letterati che hannno reso omaggio alla Repubblica non si può dimenticare il nome di Giovanni Pascoli. Come per l’inaugurazione del Palazzo nel 1894 era stato il Carducci a rendere con la sua orazione solenne la giornata, alla morte del Carducci nel 1907, per meglio onorarne la memoria, il governo sammarinese, avendo deciso di erigergli un ‘erma nel Palazzo Pubblico, chiamò il Pascoli, che tenne l’acclamato discorso “Alla gloria di Giosuè Carducci e Giuseppe Garibaldi”. Giovanni Pascoli aveva compiuto una breve visita a San Marino già nel 1871. Solo diverso tempo dopo “l’azzurra vision di San Marino” attirò l’attenzione del poeta romagnolo. Nel 1894, oltre il Carducci, altri letterati erano stati invitati a dare il loro contributo per l’ inaugurazione del Palazzo Pubblico. Il Pascoli non mancò di rispondere alll’invito ed inviò per l’occasione l’alcaica latina, intitolata “Mons Titan”. Te campus discolor oppidis velisque late candidus Hadria Titana mirantur sereno tergeminum vigilare coelo. E come traduce A.Gandiglio22 Te il pian di bianche castella vario tra il verde e l’Adria di vele candido vegliar dai tre picchi , o Titano, mirano nell’azzurro cielo. 21 - M. Fattori, Disticha, 18885, in f.o e le trad: Leges Rei publicae Reipublicae Sancti Marini, Florentiae MDCCCXV Lettera di C. Montalti, In lode della Repubblica per le nozze Tonini-Amati, San Marino 1887 Ode latina «Agathae Sanctae et M. Patronae salutari scrittta da Chrjsostomus Ferruccius,1875, in f.o Elegia latina di Diego Vitrioli «Un cretese in Pompei nell’ultima giornata», Rimini 1874. 22 - Libertas Perpetua (Museum), a. VI(XX), n. 1 Ott. MCMXXXVII-Apr. MCMXXXVIII G. Pascoli, Tutte le poesie, Grandi Economici Newton, Roma 20001, trad. N.Calzolaio,p. 214 N. Matteini, La Repubblica di San Marino nella storia e nell’arte, San Marino 1988, tr. G. Mastella, pp. 476-477. 295 Ma a noi qui piace ricordare un componimento meno noto: gli esametri “Ad Fridericum Balsimelli”. Sono i versi scritti sopra una copia del poemetto Veianus, mandata in dono a Federico Balsimelli, cittadino sammarinese, allora parroco a San Mauro, amico della famiglia Pascoli e padrino di battesimo di Giovannino. Fu lui che nella triste occasione dell’uccisione del padre venne incaricato di andare a prendere il figlioccio al Collegio degli Scolopi a Urbino dove studiava per ricondurlo a casa. Rusticus extremas stipulas succiderat umber montibus aereis cum puer, heu longis aveo dum visere nidum laetus ab exiliis, et patris amplexus animus mastrisque recenset oscula multa memor, graminaque et ripas Rubiconis arundine laetas caerulumque mare, 296 te, patrii antistes, te veste decorum anxius intueor atra. -Cur tecum(numquid pater?) ibimus hospes? quid pater, eia?-. Taces. Sic erat: orbatos lacrimans ad muta trahebas limina filiolos, ut si forte sacris fumantia taedis exequere pius.23 Concludiamo queste note ricordando un poeta nostrano ma di solida formazione classicista: Giuseppe Mastella. Giuseppe Mastella nacque a Firenze nel 1868 e morì a San Marino nel 1957. Sinceramente affezionato al paese che lo ospitava, nel 1909 venne ascritto alla 23 - G. Pascoli, Tutte le poesie cit., p.1214 tr. N. Calzolaio: Il contadino umbro aveva appena finito di falciare le ultime spighe sulle cime dei colli e io, bambino, ero felice e non vedevo l’ora di rivedere il mio nido dopo il lungo esilio; avevo il cuore pieno di ricordi, e ripensavo agli abbracci di mio padre, ai molti baci di mia madre, ai prati e alle rive del Rubicone coperte di canne e al mare azzurro; ed ecco che mi vedo davanti te, parroco della chiesetta del mio paese, nel tuo abito nero, e comincio ad essere in ansia:-Perchè sei venuto tu, perchè dobbiamo venir via con te? E mio padre?- Tu resti in silenzio. Così era: piangendo, conducevi alla casa immersa nel silenzio i figlioletti ormai orfani, come se tu stessi seguendo devotamente un funerale accompagnato dal fumo delle torce sacre. cittadinanza sammarinese: per più di quarant’anni insegnò nel patrio Liceo, per cui possiamo dire che dedicò la sua vita alla scuola ed alla letteratura. Come letterato si dedicò soprattutto alla composizione di versi in lingua italiana e si espresse in quella forma compositiva d’antica tradizione che è il sonetto. Per quanto riguarda la sua formazione professionale fu noto come abile grecista. Ricorda Francesco Balsimelli che fra le tragedie commentate da Giusepppe Mastella ci furono le Trachinie, (ed. Lapi, del 1914) e fra le traduzioni poetiche l’ Ifigenia in Aulide, l’Alcesti di Euripide e l’Aiace di Sofocle.24 In prosieguo di tempo si occupò di studi di filologia classica e, come esperto conoscitore della lingua greca e da fine cultore della poesia,diede diversi saggi di traduzione di componimenti di autori greci nella lingua italiana.25 EDITI ED INEDITI Qui di seguito proponiamo alcuni inediti: un componimento di Alessandro Belluzzi, tratto dalla raccolta “Varie composizioni del S.re Auditore Alessandro Belluzzi”, presente nella Biblioteca Gambalunga di Rimini, il Carmen “De Terremotu” presente nella Biblioteca di Stato di San Marino nel fondo ms del Mengozzi, nonchè due versioni: una di Ignazio Belzoppi, presente nel fondo Belzoppi ed altra versione di Domenico Belzoppi tratta dal fascicolo manoscritto, intitolato “Versione di alcune satire d’Orazio”, presso la medesima Biblioteca. Si è ritenuto altresì utile riproporre due componimenti dell’abate Cesare Montalti, che, rimasti per vari decenni manoscritti presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena, solo di recente (Cesena 2000) sono stati pubblicati da Giovanni Maroni. 24 - F. Balsimelli, Giuseppe Mastella, in Annuario Liceo Ginnasio Scuola Media, a sc. 1961- 62, p. 147, nota 1. 25 - Euripidae Quaestiunculae, Museum,a.X, N°1-4, p.60 Nota glottologica, Museum, a. I, N° 2, p. 78 Saggio di versioni dal greco, Museum, a. IX N°1-4, p.62 Da Sofocle, Euripide, Teocrito, Saffo, Libertas Perpetua, a. IX, N° I, p.21. 297 A. BELLUZZI Urbem in nubibus Argenteo Berlanus calamo Fecit Serenissimam Sancti Marini Rempublicam Atque secunda aeris regione Pennnis columbi deargentavit Asportavit in tertiam, Et coelo fecit conterminam Pomonam, Cererem, Dulcem, ac gelidum In celllarijs Bromium Et luculleas delitias suas omnes Paulo Mariae Berlano Argentario Grato animo monumentum Voveant Sammarinenses. 298 La Repubblica di San Marino, Città fra le nuvole, Berlano con la penna d’argento Fece Serenissima. Nella seconda zona dell’aria Con penne di colombo l’inargentò. Trasferì nella terza Che fece vicina al cielo Pomona, Cerere, Il dolce, e rinfrescante Nelle cantine Bromio E ogni sua luculliana delizia. A Paolo Maria Berlano Argentiere Per gratitudine i Sammarinesi Dedichino un monumento. (tr. G. Macina) G. MENGOZZI De Terremotu Carmen Qui tanti veniant terrarum in proelia motus Ut divulsa caput moveant a pedibus imis Saepe ruantque solo montana cacumina, et altum In caput attonito redeant trepidantia fluctu Flumina, et inde alio convertant plurima cursus, Et quandoque agris late improvisa vorago Faucibus infandis hiet, et conterrita telllus Terrorem ingeminet populj cecinisse iuvabit. Si nostra nobis laetam sorte licebit, Queis dederint Superi tantos vitare labores Fasque erit externos tantum perpendere casus. In modo, Diva, tuo faveas placidissima Vati Urania; tibi namque dedit Divum Pater uni Longe secretas rerum dignoscere causas. Principio librata suo quae pondere Tellus Aethere in ingenti pendet circumdata ponto, Visceribus vacuis secreta incendia pascit; Hinc ubi tristis hiems glacialibus omnia ventis Asperat, et rigido contristat frigore Coelum, Fontibus una tepet, ruptisque immane caminis, Intonat horrrificum haetera, globosque flammarum Coelo attolit, liquefactaque late Saxa, et fumiferas eructat ad haetera nubes. Ila etiam tenuem ab caecis aera claudit Visceribus, quo saepe sonant mugitibus antra Vicinasque raris implent terroribus urbes. Interea ut Coelo largum ruit agmen aquarum, Illa in se recepit, totumque trahente remittit Sole, iterumque vocat venis sitientibus undas; Humentes animas hinc evomit, atque vaporem. Spirat agens fluidum, volucres seu suscitat auras; Spiritus inde acer, pronusque in praelia surgit; Imas ille celer gaudet penetrare cavernas, Inclususque iterum fremit atrox rumpere, urgens Viribus horrjsonis ingentia claustra fatigat, Exploratque aditus late, expirare potestas Si qua sit, et vacuo rursum se credere coelo; 299 300 Ceu si forte gravi impediente dolore tenetur Spiritus, intus agit singultibus ilia pulsans, Extremisque micans tremor ossibus occupat artus. Ergo omnis tremit ngentem subitura ruinam Terra et succusso circum veneranda Deorum Templa solo nutant,sternuntur funditus arces, Ingentesque ruunt, coelo et capita alta ferentes. Cum domibus turres, latis cum moenibus urbes, Excidium ut timeat longe semotus Oljmpus. Interea ruptis furiata meatibus aura Ubi sibi sternit iter, resonant mugitibus antra, Subsultant valllesque imae, collesque vacillant, Turbatosque vomunt putei super ora liquores Saepe igitur multus cum cecidit imber aquarum, Et cava cum sonitu minitantur flumina ripis, Quae Pater Oceanus jam pleno non capit alveo, Cum gelido sua castra movet furibundus sub arcto, Nubilaque alta fugat Boreas jam victor ab axe. Hinc tellus nimio validarum pondere aquarum Intus pressa gemit, Borea et perflante, ab inerti Contraxit concreta gelu per membra rigorem, Unde nec occlusis potis expirare cavernis Spiritus illle furit, totasque immitior Urbes Opprimit, et miseris vix est, minitante ruina, Effugium populis, durae se tollere morti. Vos testesCalii, testes vos atque Metauri Flumina qui bibitis, quoties capta moveri Silvarum, visaeque canes ululare per Urbes. Ille etiam interdum furit in fornacibus ignis, Insolitoque fremens saevit sub pondere et altos Concusso attolit nutantes vertice colles; Atque ubi forte datur superas evadere auras, Tum subito caeca immixatus caligine nubes Spargit fumiferas tremefacta per oppida victor. Hinc fluvios absorbet hians inopina vorago Aut iter intorquent alio quaeque arida tellus Nuper erat, subito ingentem facit hausta paludem. Nunc videas fluitare urbes, aut verbere subter Quassari dubio, et rursum cum pondere ferri, Et mugire solum, atque aura tremere antra sonanti. Contemplator item cum se tristisssima Coelo Caligo attolet, nullique per aethera venti Certabunt, longoque axem nubecula tractu Dividet aequalis: puteis cum turbida in imis Unda sonat, lentoque strepunt iam murmure colles, Cum liquido circum fumant loca sulphure, et omnis In silvis trepidat volucris, timidaeqe columbae Incertae Coelo volitant sua tecta perosae, Signa tibi fuerint venientis ab aethere motus; Ast ubi ab aequoreis consurgit clarior undis Phoebus, vel medias Coeli tenet arduus arces, Et tellus tremit, et vacuas se victor in auras Spiritus attolit caeco se carcere condi Indignans etenim tum spiramenta retundit Phoebus ab axe furens, retro et compellit inertes Tum fumos, prohibetque antris erumpere. Causae Tam variae vario quatiunt discrimine terras. Carme Il terremoto Sarà utile l‘ aver trattato quali tanto grandi movimenti delle terre vengano in contrasto dimodochè muovano il capo dalle profonde radici e spesso rotolino al suolo le cime dei monti ed all‘alto vertice con il flutto sbigottito ritornino trepidanti i fiumi, e poi parecchi per altro luogo torcano i corsi; e di tanto in tanto qua e là per i campi un‘improvvisa voragine si apra con le gole infauste, e l‘atterrita terra susciti lo sgomento del popolo. Se per nostra sorte a noi toccherà quella fortunata, a quelli ai quali gli dei avranno concesso di evitare tanto grandi affanni sarà possibile anche valutare casi tanto esterni. Almeno un poco, tu divina Urania, molto benigna favorisci il tuo vate; infatti a te sola il padre degli dei concesse di ampiamente conoscere le segrete cause delle cose. Dall‘ inizio la Terra che ponderatamente nell‘immenso Etere è sospesa circondata dal mare richiama dalle vuote ciscere nascosti incendi. Quando poi il triste inverno con glaciali venti rincrudisce tutto e di rigido freddo rattrista il Cielo, fra le fonti una sola riscalda e rotti i camini rintrona l‘immenso spaventevole Etere, e globi di fiamme solleva al Cielo, e per ampio spazio erutta all‘ Etere sassi liquefatti e nuvole piene di fumo. La terra poi chiude l‘aria leggera sotto le cieche viscere dove spesso risuonano di muggiti gli antri e riempiono di nuovi terrori le città vicine. Frattanto come dal cielo irrompe il rovescio delle acque, essa lo raccoglie insè e tutto lo rimanda, attraendolo a sè il sole, e di nuovo richiama le onde con le vene sitibonde, poi vomita le umide anime ed agitando il fluido vapore suscita le alate aure, poi sialza un vento acre ed incline ai combattimenti; egli rapido 301 302 ama penetrare le profonde grotte, e rinchiuso di nuovo terribile freme bramoso di uscire e spingendo con forze di orribile suono mette sotto sopra immensi chiostri, esplora poi per il largo i passaggi se c‘è una qualche possibilità di uscire e di nuovo affidarsi al vuoto cielo; ma se per caso fosse trattenuto si agita dentro come per un dolore che lo impedisce facendo risuonare i fianchi di singulti ed un tremore occupa gli arti guizzando fin nel profondo delle ossa. Perciò tutta la terra trema come sul punto di subire un‘immane rovina e all‘intorno i templi degli dei vacillano a causa del suolo sommosso, rovinano dalle fondamenta le rocche, e crollano poderose, erigendo il capo verso il cielo, le torri con le case, le città con le ampie mura, come se il lontano Olimpo temesse la fine. Frattanto un‘aria infuriata, rotti i passaggi, si spiana il cammino, risuonano di muggiti gli antri, sussultano le profonde valli e i colli vacillano, i pozzi vomitano sopra le aperture torbidi liquami. Spesso perciò quando è caduta grande abbondanza di acque ed i profondi fiumi con il rumoreggiare minacciano le rive, che il padre Oceano non riesce a raccogliere con l‘alveo già pieno, allora muove i suoi alloggi il gelido Nord e già vincitore mette in fuga dal polo le alte nuvole. Allora la terra compressa dall‘eccessivo peso di forti acque geme dentro e, spirando Borea, si è tirata dentro dal torpido gelo attraverso le membra irrigidite il freddo; per cui incapace di uscire fuori dalle chiuse caverne quello Spirito infuria e troppo freddo opprime tutte le città, e minacciando rovina per i miseri popoli a stento è possibibile scampo sottrarsi alla dura morte. Ne siete voi testimoni abitanti di Cagli, voi che bevete le acque del Metauro quante volte si siano mossi i fianchi delle selve e quante volte furono viste le cagne ululare per le città. Talora quel fuoco infuria nelle fornaci e fremendo sotto l‘insolito peso infierisce e con l‘agitato vertice solleva gli alti ondeggianti colli. Quando per caso gli è concesso scappare alle superne aure, allora non mescolato con una cieca caligine sparge le fumose nubi da vincitore per le città tremebonde. A questo punto spalancandosi un‘improvvisa voragine risucchia i fiumi oppure essi torcono il corso altrove e la terra che prima era arida assorbita l‘acqua forma un‘immensa palude. Ora potresti vedere galleggiare le città e come sotto un‘incerta sferza venir squassate e di nuovo venir sospinte con il peso, muggire il suolo e tremare gli antri per un vento rimbombante. Trovandoti nella condizione di osservatore, mentre da una parte una tristissima caligine si solleverà al cielo, nessun vento contrasterà per l‘aria, una nuvolaglia per lungo tratto dividerà uguale per lungo tratto l‘asse; da un‘altra parte una torbida onda risuona nei pozzi profondi e con un lento murmure già strepitano i colli, da un‘altra parte i luoghi fumano d‘intorno per zolfo liquefatto, ed ogni uccello trepida nelle selve e le timide colombe volano incerte nel cielo detestando i propri tetti. Questi avrebbero potuto essere per te i segnali del sopraggiungente sconvolgimento. Ma quando più splendido sorge Febo dalle equoree onde, o ardito regge il punto più alto in mezzo al Cielo, anche la terra trema e vincitore uno Spirito si solleva nel vuoto aere disdegnando di nascondersi in un oscuro carcere; allora smussa il suo effluvio Febo e furibondo dal carro caccia dietro i fumi infingardi e loro vieta di uscire fuori dagli antri. Tanto varie cagioni sconvolgono con diverso pericolo le terre. (tr. G. Macina) I. BELZOPPI Versione Era questo il mio voto; un poderetto Con ivi un orticello; una sorgente D‘acqua perenne al picciol tetto accanto, Un po‘ di selva. Assai di più, e di meglio Mi diedono gli Dei: ne son contento, O figliuolo di Maia, e sol domando, Che tai doni del Ciel sempre a me serbi. S‘io dunque il capital mio non accrebbi Con arti infami, e se per vizio, o colpa Io nol sperderò; se per il capo Come a uno stolto avaro a me non passa Il disio d‘esclamar -Oh se al mio campo Quel vicin si aggiungesse angol di terra Che or simetria gli toglie! Oh se fortuna Piena d‘argento mi additasse un‘ urna, Come a colui che ritrovò un gemmaio D‘ Ercole per favore, e il campo istesso Che prezzolato coltivar solea Già ricco si comprò! S‘io son felice Con quel poco, che tengo, io sol ti prego Che il gregge, e ‚l resto a me pingue tu renda, Non mai però l‘ ingegno, e che mi sii Siccome fosti difensor possente. Ora però, ch‘io son su questi colli E in villa solo, e ch‘altro scriver debbo Se non satire, e versi in basso stile? Qui prava ambizion non mi corrompe Nè l‘ Austro grave, nè il maligno Autunno, 303 304 Che caro è a Libitina mi danneggia. O Mattutino Padre, e se anco Giano Godi d‘esser chiamato, onde incomincia L‘uomo l‘opre del giorno, e della vita, Giacchè è questo il voler de‘ sommi Numi, Tu il principio sarai de‘ versi miei. Quando in Roma son io tu mi trascini A far fila per forza, e guarda bene Allor mi dici, che nessun ti vinca In cortesia: non v‘ha ragione, è d‘uopo Girsene senza meno ossia che agghiadi Borea la terra, o con più corto giro Il verno terminar faccia più presto Le nevose giornate. Di lì a poco Dopo ben bene, e chiaro aver promessa Una cosa, che in mio danno ridonda, Di contrastar col popolo mi è forza, Ed in coloro urtar, che lenti sono. Indi avvien che qualche uomo villano Inasprito mi adonta. E che pretendi Pazzo mi dice? Qual sì gran faccenda Or tu devi compir? Forse dovrai Dar del pie‘ contro in tutto, che d‘ avante A te si fa, solo perchè ti venne In pensier di andarne a Mecenate? Tai complimenti, a dir il ver più cari, E soavi mi son del mele istesso. Ma tantosto che io son giunto alla cima Dell‘orrido Esquilin, mille negozi, E tutti d‘altri, a me vengon pel capo, E molta gente mi si fa all‘ intorno. Talun mi dice, alll‘indoman due ore Prima di mezzodì, Roscio ti prega Del Pretore recarti al tribunale. Tal altro poi aggiunge: oggi i Notai Ti scongiurano, Orazio, a ricordarti Di tornartene a lor per una cosa Di comun bene, d‘importanza, e nuova. Quest‘altro poi che vien dice: procura Che Mecenate di suggel munisca Questa suppplica mia. Se poi io rispondo: Mi proverò. Tu puoi sol che a te piaccia, Egli ripete, e prosegue a darmi noia. Son già sett‘anni ed è vicin l‘ottavo da che scrisse fra gli amici suoi Mecenate ancor me, sol per condurmi Seco nel cocchio allor ch‘egli viaggia, E per chiedermi, e dir cose da nulla. Che ora è? domanda. Han forze equali Siro e Gallina, gladiator di Tracia? Mi dirà poi. Egli è dannoso assai Il freddo innanzi giorno a chi ben bene Non se ne guarda, ed altre coserelle, Ch‘entran per un orecchio escon per l‘altro. Per tutto questo tempo io fui supposto Ogni dì più all‘ invidia a tal che ognuno Così di me bisbiglia: Il nostro Orazio Ai spettacoli fu di Mecenate, E nel campo di Marte insiem con Lui Egli giocò. Bisogna dir ch‘Ei sia Veramente figliuol della Fortuna. Se poi per le contrade infausta nuova dai Rostri si divulga, ognun, che incontro Me ne domanda: O Galant‘Uom, mi dice, Tu dei saperlo, perchè ognor vicino Ai grandi te ne stai novella alcuna Ascoltasti dei Daci? Io no di certo. Possibile che tu sempre mai debba Fallirci. Il diavolo pur vengami addosso Se io ne so nulla. E che? sieguono dinne, Augusto dove darà le già promesse campagne ai militari? Qui in Italia, O in Sicilia? A giurar torno, che alcuna Cosa non so, ma ognun si meraviglia, E per un Uomo mi tien che sia capace Di osservare un geloso alto silenzio. Fra queste bagatelle io così spreco Miseramente il dì, non però senza Questi voti formar: Mia cara Villa Quando ti rivedrò? Quando permesso Di seppellir sarammi in dolce oblio Della vita gli affanni: ora gli antichi Libri leggendo, ora col prender sonno, E l’ore consumar senza far nulla? E quando mi saran poste d’avanti Su la mensa le fave accette tanto 305 306 a Pitagora, e insiem l’erbe condite Con assai grasso lardo? Oh notti, oh cene Veramente da Numi, ove me stesso Sazio, e gli amici innanzi al Lare, e nutro Con quel che già è rimaso i petulanti Servi di casa! Là come più quadra Tracanna il commensal tazze inequali Dalle insane del ber leggi disciolto, Ossia, che alcuno di cervel più forte Nei calici più grandi il vin si beva, O per ber con gioia Egli si serva De’ più piccoli nappi. Indi si parla Di poderi non già, nè d’altrui case, Nè se con grazia, o no Lepore danzi: Ma quel, ch’utile è più, che ancor sarebbe Assai male ignorar, noi ricerchiamo Se opulenza, o virtù possa felice Render pur l’ Uom: se all’amicizia indurne L’utile debba, o il giusto, e infin qual sia La Natura del Bene , e il sommo Bene. In questo il mio vicin Cervio racconta Fole graziose a Concio, e se alcun loda Intanto quel danar, che Arello angustia, Comincia a dir così: V’era una volta...... (“Dallla VI satira d’Orazio, Libro secondo”) D. BELZOPPI Versione della IX satira di Orazio del libro primo, nella quale si descrive dal vivo il carattere di un ciarlone Men giva a caso per la Sacra Via Siccome è mio costume, a non so quali Baje pensando, e tutto in quelle io era; Quando un cert’ Uom da me solo per nome Conosciuto incontrai. Ei per la mano Presomi, così disse: Oh degli amici Il più caro, che fai? Risposi Bene Me la spasso per ora, ed a te pure Bramo ogni ben; ma intanto egli seguia Meco il cammin. Gli domandai: Vuoi nulla? Sol che tu mi conosca, Egli soggiunse: Io son persona dotta; e tu per questo Più stimato da me, dissi, sarai. E mentre io cozzo in fretta, ed or mi fermo, E un non inteso mormorio sussurro All’orecchio del servo, onde costui Da me si parta, di sudor per rabbia Dal capo insino al pie’ tutto io grondava, E in mio pensier dicea: Bolan felice Ch’hai buona testa! Intanto egli garrisce Ciò che in bocca gli vien, e loda ai borghi, E alla città diffonde, ed io sto cheto. Fu allor ch’egli mi disse: io ben conosco, che di lasciarmi sol desio ti strugge, Ma perdi tempo, e l’opra: Io vo seguirti Dovunque andrai verrò. Non è mestieri Che un così lungo giro ora tu faccia, Rispuosi a lui, poichè convien ch’io vada A far visita a un che non conosci, Egli abita a Trastevere vicino Di Cesare ai giardini. Ad ogni modo Io non fo nulla, e ho buone gambe, il sai, Costui riprese, io ti sarò compagno. Allor chinai le orecchie appunto come Un giumento che mal soffre la soma, Che sul tergo gli grava. Egli comincia: S’io non m’inganno, e Vario, e Visco in pregio Di me più non avrai. Chi scriver versi Sa più di me? Chi in maggior copia e presto? Chi danzar con più grazia? E’ poi sì dolce Il mio cantar, che gelosia n’avrebbe Ermogene medesmo. Era il momento d’interromperlo questo; ond’io gli chiesi: Hai più viva la madre, ed i congiunti cui tua salvezza importi? Io son rimaso Solo rispose, li ho tutti sepulti. Felici loro, e me tapin che or vivo. Termina l’opra, perocchè serbato Sin da da fanciullo una Sabina vecchia Allor che scosse la fatidic’ urna Disse, ch’io era a una fatal ventura. Nè ferro ostil, nè micidial veneno, Nè plusirìa, nè tosse, nè podagra Inerte questo bambolo dal mondo, 307 308 Ella dicea torran: ma d’un ciarliero Ei vittima cadrà. S’Egli avrà senno Giunto alla matura età fugga i loquaci. Giunti eravam di Vesta al tempio, e scorsa La quarta parte era del dì. Costui Rispondere dovea per sorte ad uno, che avealo in giustizia domandato, E s’ei comparso non fosse, avrebbe La sua lite perduta. Se tu m’ami Dadovvero, egli mi disse, un sol momento Vieni meco in giudizio. Allor soggiunsi: Ch’io moja se indugiar posso un istante, Se di Dritto Civil punto m’intendo; E poi colà m’affretto dove tu sai. Or che farmi non so, colui riprese, Se te, o la lite lasciar debba. Amico, Lascia di grazia me. Non mai rispose. E andarmi innanzi cominciò. Lo sieguo Pur mio malgrado, poichè so, che duro Con chi vince cozzar.Quindi Ei ripiglia Il suo discorso: Mo dimmi tu, come Con Mecenate te la passi? Pochi Uomini di tal fatta ora si contano, E ch’abbian sì gran mente! Della sorte, Onde fartelo amico, alcun non seppe Usar meglio di te: quindi se vuoi Presentargli quest’uom, in me tu avrai Un gran sostenitor, che pur potrebbe Dopo di te fare la seconda parte. Poss’io morir, se allor tu non scavalchi Tutti gli altri. Colà no, non si vive come tu credi, e più specchiata casa Di quella non si dà, nè che più sia Di tai vizi nemica.Nè il più ricco Nè il più dotto attravesami.Ciascuno Sta il luogo suo. Mi dici una gran cosa E’ credibile appena! Io ti assicuro, Che così è. Desio sempre maggiore Nascer mi fai di di divenirgli amico: Sol che a te piaccia con le tue virtudi Indurvelo potrai, Egli è poi tale Che si lascia piegar, ed è per questo Che difficil si rende esser ammesso Sulle prime da Lui. Per parte mia Tutto farò: saran per me corrotti Co’ doni i servi, e s’oggi avrò ripulsa Non mi sgomenterò. Tempo opportuno Attenderò. Per ogni trivio ad esso Mi farò incontro, nè giammai dal fianco Di lui fia che mi stacchi. In questa vita Nulla certo si ottien senza fatica. Questi conti Ei faceva quando il mio caro Fusco Aristio scontrai che ben sapea Chi quel Ciarlon si fosse. Ci fermammo: Donde vieni, mi disse, dove vai? Rispondo, ed a me pur egli risponde, Che di ciò lo domando. A pizzicarlo Allora incominciai, e le cedenti Braccia a stringergli forte, e a fargli cenno Con lo storcer degli occhi, onde di pena Mi togliesse una volta. Ma ridendo Malignamente il cattivel fingea Di non capirmi, e intanto mi sentia Divorar dalla bile. Indi soggiunsi: Un non so quale arcan mi dicesti Di volermi affidar. Ben mi ricordo, Ma ne discorremo a miglior tempo. Oggi è la Pasqua degli Ebrei: vorresti Tu forse profanar de’ circoncisi, La gran solennità? Scrupul, gli dissi Certamente io non ho. Ma l’ho ben io, Egli rispose, e sono il sol fra molti, Che un po’ sia scrupoloso. Or mi perdona, Un’altra volta io parlerò. Cotanto Dunque fatal tal dì! Ma quel maligno intanto Parte correndo, e m’abbandona al colpo Del coltello. Per sorte intanto venne A quel ciarlone un Avversario, e ad alta Voce sclamando: O infame dove vai? A me rivolto, In testimone, o Flacco, Poss’io chiamarti? Egli mi disse. Allora L’orecchio gli presento. Ei lo trascina In tribunal: dall’ una, e dall’altra parte Si fa grande schiamazzo, e d’ogni intorno Gente s’affolta. In tal maniera alfine Da quella noja liberommi Apollo. 309 C. MONTALTI De se ipso ad Sammarinenses cummigrante tranquillitatis causa Quis o relictis (volvere sic Deos), Quis me paterni collibus oppidi raptum putasset nunc ad urbem finibus Aemiliae revulsam? Arcere montes altius ardui, amnesque pieno flumine vagique flexus, ambitusque difficiles poterant viarum. Praerupta fortes vincimus, et procul spectanda celsis verticibus juga post terga linquentes potimur propositas regionis oras. 310 Iam nebulosae moenia scandimus urbis: vetustibus turribus ut caput attolit effultum! Ut decora coronat! aedibus indigetum renidet! Fas olli avitis fulgere honoribus; Queis jure frontem conspicuam queat sublime Olimpo inferre, priscis atque novis redimita sertis. Inauspicatos saepius impetus Proterviorum contudit hostium: stetitque libertas probrosis altior Italiae ruinis. Longe sed uno nomine pulcrior intaminato quod tulerit sinu viros trecentis hinc ab annnis moribus ingenioque claros. Marinus inter quos gravis eminet albis revinctus tempora floribus, fulgentior stellas ut inter luna micat rutilans minores. Tanto ingruentis vindice iam vices Contemnit aevi, nec pavit acrium timore Quidquid sibi tendit mutorum Undique grex hominum dolosus. Sjdus supernis tractibus addite, Marine salve! Te latio canam Marino, Plectro, remotis te nec aetas Postera temporibus silebit. Salve! Quadrigas urgeat igneas dum sol, frequenti sollicitans prece, urbs te faticabit nec aris thuricemi deerunt honores. A me pellegrino con altri presso gli amici sammarinesi per trovare la pace Chi mai avrebbe immaginato (così hanno voluto gli dei) che io, lasciate le colline del paese paterno, fossi quasi rapito fino alla città che s’innalza staccandoci dai confini dell’ Emilia? La proteggono ardui monti a picco, turgidi fiumi e torrenti che scrosciano gonfi, errando, avrebbero potuto bloccare il reticolo delle strade. Ma i dirupi scoscesi vinciamo con forza, e le cime, da lungi visibili nelle punte eccelse, conquistiamo, alle spalle lasciando i distesi lidi di Romagna. Ormai siamo ascesi alle mura nelle nubi, della città: come erge il capo di torri vetuste! Come bella risplende dei palazzi edificati dal suo popolo antico! A lei diede il fato di rifulgere degli onori aviti: dei quali superba, 311 l’Olimpo pareggia levando in alto la fronte cinta il capo di antiche e nuove corone. Più e più volte respinse gli assalti improvvisi di nemici protervi: la Libertà stette impavida più in alto dellle catastrofi vergognose d’Italia. Ma più bella ancora perchè, come è fama, accolse nel suo grembo inviolato, or son trascorsi duecento annni, uomini illustri per virtù e ingegno. Fra essi Marino si eleva per autorità cinte le tempie di candidi fiori, più splendente, come fra le stelle minori la luna splende bianca nel cielo. 312 Con difensore sì grande ormai la vicenda del tempo timore non genera, neppure le minacce che scaglia d’ogni parte nell’ombra la schiera innumerevole di uomini pieni d’ inganni. O stella aggiunta ai cieli di Paradiso, Marino salve! Te canterò con la cetra latina: neppure l’età futura tacerà di te, persino nei tempi remoti. Salve! Finchè il sole affretti le fiammanti quadrighe, senza tregua incalzando i cavalli di continuo, la città ti farà suppliche, e agli altari non mancherà l’onor dell’incenso. (tr. G. Maroni) Ad amicos Sammarinenses hiemis tempore Jam ter noctifera fugavit unbras Phoebus aequoreis redux ab undis, curru nubibus undique obvoluto; adhuc et nivium perennis imber cadens aedibus obsidet misellos Hoc, hercle, est miserum, grave et molestum, nobis jam solitis semel puellam noctu invisere, et adlocutione solari facili suos amores, quibus sollicitas abire noctes. Heu! maeret vacua domo otiosa. Quare carminibus dies terentes eam mittimus omnibus salutem vobis candidulis bonisque amicis, invidae prohibent nives puellae quam nos dicere posse, gestienti nobiscum ingenuo illitas lepore nocturnas terere, ut solebat, horas. Agli amici Sammarinesi nella stagione invernale Ormai per la terza volta il Sole reduce dalle onde del mare ha messo in fuga le tenebre notturne col suo carro tutto coperto di nuvole compatte; ancora una neve eterna scende continua e cadendo sulle case vi serra i miseri come un assedio. Per Ercole, questa è la vera e grave disgrazia: io al bel tempo ero solito visitare di notte una volta la mia ragazza e vegliare con lei in amoroso colloquio, e ora mi tocca trascorrere i giorni in affanno e trascorrere le notti in tormento. Ahimè, che tristezza per lei nella casa vuota! Perciò trascorro tutti i giorni a far poesie e a tutti voi amici buoni e sinceri, mando i saluti e auguro salute; ma a me che vorrei di persona salutare la ragazza, le nevi eterne e invidiose lo impediscono, e lo vietano a lei, desiderosa di trascorrere in veglia amorosa le ore dolci della notte con me, come era solita. (tr. G. Maroni) 313 314 II . DIALETTO ED ESPRESSIONE POPOLAREGGIANTE Non sparuta la schiera dei verseggiatori sammarinesi: Giovanni Crocioni affermava: -Se ne possono annoverare una buona decina di merito molto diverso, e ripartibili in tre gruppi distinti: dei veramenti popolari, continuatori della tradizione, di quelli che si dettero aria di imitarne le forme, e di quelli più propriamenti letterati e di scuola-.26 La tradizione popolare è direi meglio rappresentata dai verseggiatori dell’ Ottocento: e qui possiamo citare i nomi di G.F., soprannominato “Pedrella”, di Eugenio Stolfi, di Angelo Mattei, e, prima di tutti, di Pietro Rossi che, anche in relazione ad una letteratura colta d’ impianto prevalentemente realistico, si ispirarono ai fatti della vita quotidiana oppure di polemica politica e sociale. Autodidatti, o comunque persone di scarsa istruzione scolastica, si espressero nel dialetto come forma linguistica di cui avevano piena padronanza e più congeniale a coloro che avrebbero potuto prestare benevolo orecchio ai loro componimenti. Il Rossi è il più interessante ed il più prolifico di costoro: poeta-contadino, stampava i suoi componimenti su fogli volanti per verificarne la buona accoglienza, ed in seguito in raccolte che vendeva, non diversamente dai cantastorie del tempo, sulle fiere e mercati. Qui ricordiamo la “Vita dell’autore”27, scritta in una lingua italiana densa di dialettismi, che costituisce una scherzosa ma anche realistica narrazione della sua vita di agricoltore, non diversa da quella di tanti altri contadini di metà Ottocento, se non per quella singolare vocazione al verseggiare. La sua opera più significativa è il “ Ceccone ossiano dialoghi storici, politici e religiosi”, pubblicata a a Rimini nel 1876. Il Ceccone è composizione dialogata con più personaggi: il conte-padrone, il tenente liberale che si esprimono in italiano, la lingua dei signori, nonostante la differenza ideologica, e Ceccone che si esprime nel natio dialetto, la lingua dei poveri. Non di rado Ceccone si trova a difendere la parte del padrone, in nome della tradizione, del conformismo politico e religioso; entrambi in aperto contrasto con il tenente liberale che guardava al nuovo in nome di una visione laica che rompeva col passato, ma in rappresentanza di una classe, quella borghese, che Ceccone avvertiva ancor più estranea al mondo contadino. Una visione passatista quella del Rossi, come quella del suo alter ego Ceccone, ma significativa per intendere la mentalità contadina del tempo, a cui il Rossi per condizione sociale, per comunanza d’intendimenti apparteneva. L’espressione dialettale del primo Novecento, in concomitanza con la letteratura colta che affrontava le problematiche dell’io e volgeva a intonazioni intimistiche, abbandonerà i temi della cronaca e della polemica sociale per esprimere situazioni di tipo personale e spesso i sentimenti di una sofferta umanità. Come per la poesia nazionale il punto di riferimento è il Pascoli, per quella dialettale romagnola è Aldo Spallicci ad orientare i cultori della poesia. 26 - G. Crocioni, Bibliografia delle tradizioni popolari di San Marino, San Marino 1947, p.75. 27 - P. Rossi, Raccolta di poesie serie giocose ed altre sacre(con la vita dell’autore), Rimini 1854. Più che di poesia dialettale si parlerà piuttosto di “poesia in dialetto”, in quanto che il dialetto non verrà più avvertito come il linguaggio della povera gente, ma come forma d’espressione lontana dalla convenzionalità della lingua ufficiale, più vicina all’ambito famigliare, più adatta insomma ad esprimere i moti della propria interiorità. Com’è noto, fra i verseggiatori sammarinesi il più significativo è Nino Lombardi, che, soprattutto nella raccolta di sonetti “ Un quadrett d’ pieda” del 1924 raggiunge i risultati migliori di un’espressione poetica, che, nel solco dell’influenza spallicciana, dava forma a delicate impressioni paesaggistiche e, diversamente, ad intensi sentimenti umani, non di rado soffusi da una sottile vena di malinconia. Dicreta anche la rappresentanza di verseggiatori d’ ispirazione popolareggiante; e qui possiamo fare i nomi di Giacomo Martelli per la metà dell’Ottocento, e di Gino Zani, Gino Giacomini, Marino Nicolini, che, nei primi decenni del Novecento, in parallelo al nascere dei partiti, ripresero i temi della satira sociale e poltica, nonchè,a parte, quello di Francesco Balsimelli.28 INEDITI Proponiamo qui la letttura della scena X ed ultima dell’opera “Cicognone sindaco-ossia la fine di un Congresso” di Giacomo Martelli, di cui abbiamo copia dattiloscritta presso la Biblioteca di Stato, tratta dal manoscritto “Poesie di me Giacomo Martelli di ///San Marino” conservato nella raccolta Piancastelli, ora presso la Biblioteca di Forlì, ed altresì il I° canto de “La Nuova Comedia” di Francesco Balsimelli, di cui abbiamo copia fotostatica del manoscritto presso la Bibliotecadi Stato. Sono due rappresentanti del filone popolareggiante, addottorati e uomini di indubbia cultura che non dispregiarono di esprimersi nel natio dialetto. A differenza di Ceccone, difensore dell’ assetto politico e religioso dominante del tempo, Cicognone è un polano, figlio di un’epoca che aveva visto rifugiarsi in Repubblica i profughi della Repubblica Romana ed anche alcuni Sammarinesi tornare a parlare d’Arengo. Cicognone è invitato a presenziare ad una seduta del Congresso ed ascolta i Congressisti, rappresentanti della vecchia oligarchia: il giudice Baffino, Sacripante, Trapppolino, Pampalughetto, il capitan Gradasso, il dottor Florindo. Inorridisce alle idee reazionarie e vessatorie di questi signori; non esita, richiesto, ad esprimere le sue opinioni di netta contrapposizione e non può esultare all’anuncio della rivolta popolare. Una composizione d’ispirazione comica, la cui destinazione doveva essere quella teatrale, che non nasconde le sue finalità satiriche, cioè quelle di deridere la veccchia oligarchia in nome di una visione di tipo democratico.29 28 - G. Macina, Letteratura dialettale sammarinese, in “Studi Sammarinesi” 1986, pp.75-89; pp. 201-223. G. Quondamatteo-G. Bellosi, Cento anni di poesia dialettale romagnola, Imola 1976: su Nino Lombardi, v. I, pp.273-287, su P.Rossi, v II, pp. 659-662. 29 - F. Balsimelli, Letteratura drammatica, Urbania 1966. 315 Francesco Balsimelli è l’autore de “La Nuova Comedia”, scritta negli annni 1910-11, un’operetta in cui l’autore immagina,come già capitò a Dante, di compiere un viaggio nell’ inferno. In questo scherzo goliardico letteratura e gioco si mescolano ed evidente è l’ intento di divertire; d’altra parte l’autore sa fare un bello sfoggio di fantasia e l’espressione linguistica è arguta e colorita. Per il resto ci si muove nel solco dei Viaggi all’inferno che Giustiniano Villa declamava davanti a gruppi di popolani curiosi e divertiti. Un’opera minore questa del Balsimelli, autore, com’è noto, di saggi letterari, storici, giuridici, prevalentemente d’argomento sammarinese, dalla quale traspare nondimeno il carattere bonariamente arguto delll’autore. G. MARTELLI Cicognone Scena X ed ultima Piazza. E’ quasi oscuro. Cicognone solo, il quale vede sortire uno per volta in modo circospetto quelli che componevano la conversazione in casa del Giudice Baffino. Dopo averli attentamente osservati, esclama: 316 Guerda guerda com ch’j scapa! J ha magned d’ la gran scialapa. U v’el geva Cicugnon, Che a t’e scoppie de canon L’andria pr’eria i buraten A s’el trapuli d’ Bafen. La pavura l’aj camena Sa dli cacul dri d’la schena Rubba, rubba, com vliv fè! Magna, magna, j ha da crepè! S’ la calunnia, e s l’ impostura La baraca a vlid c’la dura? Fala og, e fala dmen J s’è stof enca i vilen. A voj cerchè d’avrì la bocca, Perchè e popul un i tocca, Un è già ch’in s’ mertaria D’fei un servizie qua di dria! Cosa vliv! A j ho opinion Che tutt quent sti gagiuton I condusgia una giurneda Tenta iniqua, e tenta zpreda, Acsè piena d’ disunor, E d’sè stess d’essa l’orror, Ch l’è mej ch’i staga a qua Ch’ne chi vaga a t’e mond d’ là. Um per già vedie a patì, A no’ campé, e ne a murì; Um per veda i citaden A no’ fei gnenca un inchen, Um per veda tutt j artest D’ sbufungej, com i fec am Crest, Um per veda enca i vilen A vultei e dereten. Se per ches i entrarà T’un cafè, t’na società, O in qualunqv’eltra alegria, I vedrà ognun a scapè via. A sa tutt sti cumpliment Com a vliv fè a es cuntent. L’è e su fen, al torn’a di’ D’no’ campé, e d’no’ murì.(cala il sipario) F.BALSIMELLI La Nuova Comedia Canto I U s’alzeva alora e sol quand da st’ mond a ciap e vol e a m’avei te regn d’ la morta senza guida e senza scorta tent l’è vera, che a vulèva senza vdè du’ ch’a m’andeva. Finalment dop gnenca un’ora am so trov a la su d’sora t’una streda fra du mur ndù ch’u iera ancora e scur. Vot scumett ch’a so tl’inferna e a guardeva s’na lanterna se qualcosa a vdess arlusg tra cli frondi e tra chi busg. Tut’ na volta da una cova a sent’ na vosgia ch’ an me nova e l’am disg: -Dov’è che vai per il mondo delle guai? Tu non sai che a dura croce questa strada mette foce? Torna al mondo tuo paterno che quassù non c’è che inferno-. A t l’ ho dett, porca miseria ch’am so mess t’na cosa seria! 317 318 mo di su chi sit ch’um per da la vosgia cnoscte in cer? Se desideri sapere il mio nome, per piacere, son del Borgo, son Beccani, starò qui fino a domani-. Guerda, guerda! Giustranen!!! enca me a so d’ San Maren! dam la mena, patriota, e fam lum, perchè l’è nota e pu dim, porca mastlena, ndù vett quant l’è dmateina! Io vado in Paradiso, mi rispose con sorriso, perchè per quanto abbia peccato troppo in terra ho già espiato, ma tu, dimmi, perchè giri qua nel mondo dei sospiri? Cos’hai fatto a San Marino per aver questo destino?Me, Beccani, a n’ho fat gnint, ch’ l’era ben am so cunvint ed fe un gir te firmament, mo un gir d divertiment! -Tu sei vivo- allora um gitt mentre a stemie tutt du strett, Tun t’ne si ancora incort che a so viv e ch’an so mort? Um guardò cum meraveia, l’era credie d’ long un meia! T’ugni cred cumpatriota? sent i pid che i fa la bota! e a principie a fe di pas sa la tera e sora i sas. Quant’e vdett che a feva i busg a tla tera pina d’ brusg -or ci credo- um gett Beccani, che i tuoi piè non sono vanie pù un ciapa per ‘na mena e um condusg drenta t’na tena. BARTOLOMEO BORGHESI “BUON AMMINISTRATORE DELLE COSE SUE” di Gian Lodovico Masetti Zannini Se tanto sappiamo degli studi e della vita pubblica a Savignano ed a San Marino, ben poco è noto di una altra attività di Bartolomeo Borghesi, quella cioè che gli permise di condurre una vita disinteressatamente dedita, oltre naturalmente alle sue ricerche, agli uffici politici ed amministrativi, con missioni a Roma ed in altre città dello Stato Pontificio e con la partecipazione al governo della Repubblica essendo membro del Congresso economico, Camerlengo (ossia depositario), Cassiere dei Tabacchi esercitando queste mansioni con un impegno non inferiore a quello che egli metteva in tutte le sue cose. Augusto Campana nel suo fondamentale saggio biografico del Borghesi afferma che questi, “possessore di una fortuna forse considerevole” fu anche “buon amministratore delle cose sue”1. Alcuni documenti conservati tra gli Atti civili di Sant’Arcangelo ci permettono di osservare marginalmente, ma in concreto, un aspetto della sua cura per i propri interessi e per quelli affidati alla sua tutela. Si tratta di pochissime cose e che, naturalmente, non possono dare altro che una pallida idea dei suoi investimenti mobiliari, ma non ci sono sembrati privi di interesse, non fosse altro che per lo spirito conciliante del personaggio, il quale, pur facendo valere i propri diritti e quelli della persona da lui rappresentata non volle infierire su di un povero debitore, per giunta analfabeta, concedendogli facilitazioni di pagamento. Quale erede di Pietro Borghesi, il figlio vantava un credito di poco più di dodici scudi romani, ragguagliati alla moneta degli occupanti in lire 88,70, quali frutto non corrisposto da un paio d’anni, del capitale di cento scudi dati a censo. E così il Borghesi, di propria mano si rivolse al giudice conciliatore dottor Giacinto Marini: Regno d’Italia. Alla Conciliazione di Sant’Arcangelo. Bartolomeo Borghesi di Savignano qual figlio ed erede del signor Pietro Borghesi di detta Commune va creditore di Domenico Tornani di Montalbano qual erede di Vittoria Biagetti della somma di lire 88, soldi 7 di Milano, o siano 1 - A. CAMPANA, Borghesi Bartolomeo (Bartolino), in Dizionario biografico degli Italiani, XII, Roma 1970, p. 636. In questa sua opera il Campana ci ha dato una completa bibliografia del personaggio, ibid. pp. 624 - 643. Dello stesso A., tra l’altro, Duecento anni di fama del Borghesi, in AA.VV. Bartolomeo Borghesi, scienza e libertà. Colloquio internazionale AIEGL Association Internationale d’Epigraphie Grecque et Latine con il concorso del Governo della Repubblica di San Marino, della Università di Bologna della Società di Studi Romagnoli, Bologna 1982, pp. 7 - 46.. 319 scudi 12 e baj 62. moneta romana per frutti d’un censo in sorte di scudi 100 alla ragione del 6 per cento imposto sotto li 4 semmbre 1752, rogo sig. Francesco Fabbri notaro di Sant’Arcangelo in favore del fu sig. conte Michele Baldini e venduto al detto sig. Pietro Borghesi padre dell’attore fin sotto li 26 agosto 1774, rogo sig. Pasquale Amati notaro di Savignano come da instrumento che si esibisce. Domanda perciò che spedite le solite schede di citazione sia chiamato alla citazione verbale il reo convenuto a brevissimo termine e condannato in via sommarissima al pagamenti di detta somma, rifuse le spese. B. Borghesi figlio ed erede di Pietro Borghesi L’Uffizio di Conciliazione di Sant’Arcangelo in data 5 dicembre 1806, a firma del giudice Marini e dell’attuario Michele Bazzocchi fissò l’udienza per il giorno 9 dello stesso mese alle ore 10 antemeridiane ed il Borghesi, che poi ebbe i fogli in restituzione come egli attesta, fu convocato in quanto cessionario del conte Antonio Baldini. Il giorno dell’udienza fu redatto il verbale dal quale risulta che “l’attore sig. Bartolomeo Borghesi si riporta alla sua petizione”, cioè al documento sopra citato, mentre 320 Il reo convenuto Domenico Tornani dice essere vero il credito richiesto dall’attore, ma di non essere in caso di effettuarne ora il pagamento, quando dall’attore non gli si accordi un discreto termine. Repplica l’attore, e dice di non esser lontano dall’accordargli un congruo termine, semprecchè dal reo convenuto si paghino le spese occorse nel presente appunto. Interpostisi dal sig. Conciliatore i di lui uffizi, le parti convennero nel seguente modo: che il reo convenuto Domenico Tornani paghi al suddetto signor attore Bartolomeo Borghesi la somma di lire 88,70, ossia scudi 12,62 nel tempo e termine di un mese da oggi unitamente per le spese occorse per il presente appunto in somma di lire 5,07 passato il qual termine senza aver effettuato il suddetto pagamento, acconsente alla spedizione dell’ordine di ordine di appignorazione unitamente alle spese. La convenzione venne firmata dal Borghesi mentre il Tornani “si dichiarò illetterato”, si sottoscrissero infine i testi don Lorenzo Nicoletti e Leonardo Marcosanti2. Il 4 dicembre dello stesso anno Giacoma Bolognesi di Savignano rilasciò una procura al Borghesi per recuperare i suoi crediti sempre nei confronti del 2 - ARCHIVIO DI STATO DI RIMINI, Atti civili di Sant’Arcangelo mazzo 94, n.181., 5, 9 dicembre 1806. Tornani. Qualificandosi nella sua petizione al giudice di pace, dottor Giacinto Marini quale mandatario della Bolognesi, il Borghesi fece presente che il Tornani restava debitore in quanto erede di suo padre Giulio, “della somma di lire 39 e soldi 11 o siano scudi 5,65 moneta romana per frutto d’un censo in sorte lire 175 imposto dal suddetto Giulio in di lei favore alla ragione del 6 per cento fino dal dì 9 gennaio 1797 per rogo del sig. Giuseppe Casalini notaio in Savignano.” Il Borghesi chiedeva pertanto che il convenuto venisse verbalmente citato < a brevissimo termine e condannato in via sommarissima > sia al pagamento che alle spese. Ancora a Sant’Arcangelo dove si era decisa nello stesso giorno la causa precedente, il giudice Marini fece accettare dalle due parti che non opposero difficoltà, un “congruo termine” chiesto dal Borghesi per il pagamento, ovvero “un discreto termine” invocato dal convenuto, e lo fissò in un mese. Quanto all’entità dell’esborso che il Tornani doveva effettuare per il credito della Bolognesi, si convenne in lire 39 e soldi 10, da sommarsi alle lire 5,10, e cioè baj 75,63. Attento anche alle piccole cifre il grande archeologo non si sarebbe mai abbassato a compiere per avarizia quel tal scempio che un pronipote, il conte Bartolomeo Manzoni Borghesi gli attribuì scherzando, con pessimo gusto, su un affare che, vandalicamente avrebbe fatto affidando al crogiolo dell’argentiere un vero e proprio tesoro di monete romane. Così ne riferisce Enrico Panzacchi, il quale negli ultimi anni dell’Ottocento, e prima comunque della vendita della collezione numismatica di Bartolomeo Borghesi,4 era salito sul Titano per assistere alla cerimonia dell’insediamento dei Capitani Reggenti. Il poeta bolognese, era stato invitato a pranzo dal Manzoni Borghesi, ma, prima di mettersi a tavola, fu accompagnato alla visita del medagliere ancora in famiglia. “La casa dove il nostro ospite ci accoglie è posta in uno dei luoghi più eminenti della città - scrive il Panzacchi - non ha nulla da invidiare ad un palazzo”5 Se la era praticamente costruita lo stesso Borghesi poco dopo il suo arrivo sul Titano quando cioè, come scrive Cristoforo Buscarini, maturò “il proposito di eleggere San Marino a propria dimora stabile. Acquistò, nella parte superiore dell’abitato a fianco dell’antica Pieve, le case 3 - Ibid., n. 182., 5, 9 dicembre 1806. 4 - Catalogo del Museo Bartolomeo Borghesi. Monete romane consolari e imperiali in vendita al pubblico incanto, Firenze 1893. cfr. F. PANVINI ROSATI, L’opera del Borghesi nel quadro della letteratura numismatica della prima metà dell’Ottocento, in Bartolomeo Borghesi scienza e libertà, pp. 181 - 189. 5 - E: PANZACCHI, I miei racconti, Milano 1906, p. 328. 321 322 Clini con i vasti orti che, giungendo sul ciglio del monte, consentono allo sguardo di spaziare sulla pianura e sulla costa adriatica”6. Dato lo stato in cui si trovavano quegli edifici non confacenti alle condizioni sociali del Borghesi, il 24 luglio 1825 egli si rivolse al generale Consiglio Principe della Repubblica per essere autorizzato a compiere certi lavori. E fece osservare, “che la facciata della casa ch’egli ha comprata dalla famiglia Clini, presenta un falso rientrante in dentro, che se per una parte deforma due delle sue stanze, per l’altra fa di se bruttissima mostra alla pubblica vista. Egli si offre di togliere questa sconcezza quando l’Eccellenze Vostre gli permettessero in quel luogo di avvanzare la sua fronte, prolungando la linea del resto della casa parallelamente al murello Mercuri nella direzione dell’angolo che conduce alla casa Bonelli. I pochi palmi di terreno che con ciò verrebbe a rinchiudere nella sua fabbrica sono i privato diritto del petente, come si dimostra dall’essere occupati dai tre scalini della sia porta, e dal restare al di fuori della cordonata che segue il limite della pubblica strada.” Dopo aver risposto a ciascuna possibile obiezione, e dopo essersi offerto ad eseguire i lavori per rendere più agevole il passo alla Rocca, il Borghesi faceva presente i vantaggi dell’operazione, “non risultando da questo progetto alcun danno al pubblico, anzi venendone piuttosto a risentire qualche vantaggio. Perciò egli confidava nella approvazione7 che in effetti e prontamente ottenne8. Ma torniamo al Panzacchi il quale scrive: “Visitiamo anzitutto il celebre medagliere di Borghesi: quarantamila circa tra monete e medaglie consolari, imperiali, medievali e del Rinascimento, di cui moltissime in oro e argento.” E, dopo aver detto del pranzo offertogli e del discorso conviviale che si aggirava naturalmente intorno al “vero genius loci”, il Panzacchi tratteggia un ritratto un pò inedito del grande archeologo. E così ne parla: “Gli studi austerissimi non gli turbarono mai l’indole piacevole e l’elegante urbanità della vita. Convitava assai volentieri alla sua mensa, e là, al tramonto del sole, dopo essersi tutto il giorno stillato il cervello sopra una lapide osca o sannita, lasciava volentieri il freno all’umor gaio (...) sedebat et bibebat, più contento d’un re, autorevole e modesto come un patriarca.” Il conte Bartolomeo Manzoni Borghesi raccontò un aneddoto del suo grande prozio che, avvisato del rinvenimento di un tesoro <in una montagna presso Ancona>, si sarebbe recato sul posto per acquistare tutte quelle monete consolari d’argento, e scegliere quelle <che servivano ad empire i vuoti della 6 - C. BUSCARINI, Borghesi nella vita pubblica sammarinese in Bartolomeo Borghesi scienza e libertà, p. 246. 7 - Ibid., p. 264. 8 - Ibid., p. 247. sua collezione>. E fin qui nulla di strano, anzi, assai verosimile. Ma sentiamo il seguito:”- O che fece delle altre?”, chiese il Panzacchi, ed il conte Manzoni di rimando:”Le mise in un crogiuolo e coll’argento fuso diede a fabbricare le posate di cui ora ci serviamo mangiando”. Segue il commento: “Non si può negare che eravamo in pieno ambiente archeologico!”9. Ma non si può nemmeno negare che il racconto sia del genere di quelli che circolano intorno ai personaggi, grandi o piccoli che siano e sappiano o meno amministrare il proprio denaro ed, in un caso del genere, conoscano, come il Borghesi conosceva, il valore del metallo e quello dei reperti archeologici. Nè, solito a far scambi per completare la propria raccolta, un collezionista intelligente e buon amministratore che poteva diversamente procurarsi servizi d’argento (come quello dello scrittoio)10, avrebbe mai compiuto un atto così incivile e ripugnante. 323 9 - PANZACCHI, I miei racconti, pp. 328 - 330. 10 - Nella minuta d’una lettera del 23 novembre 1856 il Borghesi scriveva: “Insieme colle stampe provenienti da Napoli ho ricevuto dalla diligenza la scrivania d’argente che riesce di mia pienissima soddisfazione” (si tratta di un servizio da scrittoio), BUSCARINI, Borghesi nella vita pubblica sammarinese, p. 240. “SOVVERSIONE E MEMORIA”. LETTERA APERTA AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE PER LA CONSERVAZIONE DEI MONUMENTI PER UN CONFRONTO SUI TEMI DEL RESTAURO. di Luca Morganti Come amare altrimenti che in questa finitezza? J. Derrida Al carattere distruttivo non importa affatto essere compreso. W. Benjamiin Noi abbiamo bisogno della storia, ma ne abbiamo bisogno altrimenti che il fannullone viziato nei giardini del sapere. F. Nietzsche 324 Premessa L’occasione di questo testo mi è offerta, sia dall’aver ricevuto la nomina quale rappresentante dell’Ordine degli Ingegneri ed Architetti della Repubblica di San Marino all’interno della Commissione per la Conservazione dei Monumenti degli Oggetti di Antichità ed Arte, mandato giunto ormai alla sua scadenza, sia dalla presentazione dell’elenco dei manufatti o immobili con valore di monumento di cui al Capo VII, Sezione I (perfezionamento dell’esercizio della tutela sui monumenti di cui alle leggi 10/06/1919 n.17 e 11/12/1980 n. 98) della legge 19 luglio 1995 n. 87 (Testo unico delle leggi urbanistiche ed edilizie). Uno scritto d’occasione, quindi, che è motivo di chiarimento anche di alcune mie riflessioni intorno ai temi del restauro. L’intento da cui muovo, è quello di un confronto aperto con gli altri membri della Commissione. La complessità dei temi trattati ha richiesto una loro stesura in forma scritta, forma che consente la ripetizione della lettura per una migliore fissazione dei concetti, senza, per questo, impedire una discussione di questi temi, che, al contrario, proprio da qui dovrebbe nascere. Far saltare, almeno in parte, l’alienante routine della pratica burocratica che continua ad avvilire i lavori di questa Commissione unilateralmente sui problemi dell’edilizia speculativa, per riportarla su un terreno di discussione più vivace intorno a quei temi per cui è nata, è ciò che, con queste parole, vorrei sollecitare. La necessità intrinseca di questo interrogare, nasce, invece, dalla ormai raggiunta consapevolezza circa la strumentalizzazione politica della Commissione dei Monumenti ad opera dei partiti, che utilizzano tale organismo come macchina di supporto alla ben più importante Commissione Urbanistica. Questo breve elaborato però non avrà per oggetto le istituzioni appena ricordate, sulle quali, per altro, già altre autorevoli voci1 hanno avuto 1 - Mi riferisco in particolare ai molti articoli dell’ingegner Gilberto Rossini, ma anche alle voci degli architetti Leo Marino Morganti, Gino Zani, e poi ancora dell’architetto Ezio Bollini, dell’ingegner l’opportunità di scrivere, fino nei dettagli, smascherando, nei testi più riusciti, quella “microfisica del potere” che ormai eccede il sistema amministrativo producendo un vero e proprio sapere. Stanco della liceità con cui si è soliti affrontare i problemi legati all’edilizia e all’urbanistica, secondo procedure volte soltanto all’indagine polemica sul mancato funzionamento di leggi ed istituzioni, e dove l’insistere per una loro perfettibilità, fa precipitare il valore del prender dimora ad un affare da capaci giuristi, mi piacerebbe se la critica si dirigesse su alcuni concetti base che possano orientare le scelte in materia di restauro dei monumenti. In questa prospettiva, un insieme di problemi di difficile definizione, alcuni dei quali toccano dall’interno il tema scottante del progetto di architettura nella sua globalità, scuotono le fondamenta di una cultura che nell’imperativo di recuperare tutto, nasconde la consapevolezza che del suo patrimonio storico, “non sa che farsene”. L’azione stessa del “ricordare”, è già successo a San Marino, è fatta ricadere all’interno di quella logica dell’accumulo quantitativo che ha dissolto il progetto, costringendolo a ritirarsi in quegli stessi ambiti metafisici ed istituzionali che ne hanno decretato la fine2. Il consumo sembra oggi coagulare in un’unica forma magmatica, le culture identitarie e tradizionali, legate all’imperativo della verità e all’esperienza dell’autenticità, recentemente riaffiorate sulla scena riminese al grido del “dov’era, com’era”3, con i teoreti di un mercato sempre lucido e sorridente. Il culto dell’origine si risolve così nel suo contraccolpo, sfidando il grottesco ed il contraddittorio della copia d’infinite copie, simulacro d’invenzioni storiche. E’ questo, molto sinteticamente, l’orizzonte entro cui si muove ogni discorso intorno ai temi che qui si vorrebbero trattare. Questa nuova alleanza è l’ultimo grande attacco al progetto del Moderno, alla possibilità stessa di un qualsiasi recupero. Domandarsi, oggi, come restaurare, perde di qualsiasi significato se non è Maurizio Grassi, del direttore del “Sottobosco” Augusto Michelotti. Troppo lungo sarebbe l’elenco delle pagine scritte da questi ed altri professionisti, valgano, allora, gli atti del forum sull’ambiente svoltosi il 26 aprile 2003 a San Marino, promosso da Alleanza Popolare, pubblicati nel volume “Uso e Abuso del Territorio”, a cura del gruppo sul territorio ed ambiente di Alleanza Popolare. 2 - Su queste tematiche si vedano i numerosi interventi di Massimo Ilardi apparsi sulla rivista Gomorra ed in particolare due recenti sue pubblicazioni: Massimo Ilardi, In nome della strada, libertà e violenza, Meltemi, Roma 2002; e id., Nei territori del consumo totale, il disobbediente e l’architetto, DeriveApprodi, Roma 2004. 3 - Mi riferisco alla vicenda del Teatro Galli, che trovo paradigmatica, rispetto alle preoccupazioni che qui cerco di affrontare. E’ di poco tempo fa, la decisione, da parte del Comune, di chiudere la lunga vicenda del progetto del Teatro, affidando allo studio dell’architetto Pier Luigi Cervellati la realizzazione di un edificio esattamente uguale all’originale. E’ fin troppo facile attaccare una posizione di questa natura. Prendo atto del fatto che resistere all’impossibilità del ritorno con l’illusione del duraturo sia la reazione più facile, più semplice e più largamente condivisa. Mai, come in questi casi, i termini usati sulla stampa, per descrivere l’operazione, “conservare”, “conservazione”, possono completamente sostituirsi a quelli più consoni di “conservatore”, “conservatorismo”, nell’accezione politico-sociale che gli appartiene, ossia a quel tentativo di fermare il mondo, mortificando ogni libero fluire della vita. Il progetto è politico, investe direttamente il rapporto fra governanti e governati, tocca il livello del potere. 325 326 supportato da una critica radicale del nostro presente, rigettando i termini stessi del restauro - recuperare, riqualificare, restaurare, conservare, tutelare - nel tentativo autoritario di unificare istituzioni e società. Al come fare, dovremo sostituire il perché lo facciamo, arrivando a preferire la restituzione all’azione del tempo di tutto ciò che non ha più la capacità di stare, cioè di produrre un sapere stabile, incontrovertibile, avendo dissolta la propria epistéme, di vivere, in fine, oltre la propria epoca4. L’unica origine alla quale mi sentirei di fare ritorno, è quella puramente lessicale sui termini utilizzati nel dibattito culturale riferiti ai possibili interventi sul costruito, termini spesso usati impropriamente o in modo volutamente non curante delle rispettive differenze. Procederò per brevi cenni e veloci soluzioni, caso mai ve ne fossero, il che resta improbabile, nell’economia di una lettura che spero non annoi. I suggerimenti che raccolgo dalla lettura del nuovo progetto di legge vanno in due direzioni: da una parte la volontà di ordinare le competenze professionali in materia di restauro, dall’altro la messa a nudo di una legislazione carente fin dal suo nascere, che si è sempre caratterizzata per il suo aspetto descrittivo, al più tassonomico, mai volto comunque ad un’azione concreta finalizzata al recupero. Di qui, la chance, aperta dal vuoto legislativo, di rimanere in perenne attesa della “conservazione”, soggiornando nello spazio aperto dalla sua domanda (“Quid tum?”). Insinuarsi nella falla per ridefinire i concetti con i quali ci rapportiamo al già costruito, diventa, così, una possibilità di tutti. Ma, conquistando il dominio pubblico, la conservazione dei monumenti e, potremmo aggiungere, dei documenti, sulla scorta dell’Ecole des Annales, si fa eminentemente politica. Tutto questo è facilmente sperimentabile, e massimamente in tempi di guerra, qualora si provasse a ridefinire il concetto di “patrimonio culturale”. Ripensare la conservazione a partire dal concetto benjaminiano di “distruzione”, dovebbre essere, allora, il primo dei tentativi per collocare i nostri gesti, le nostre attenzioni, su un operare dialettico intorno alle rovine della storia, che non sia più mortifero per tutte quelle forme di vita inorganiche, ugualmente soggette al divenire niente. “Come amare altrimenti che in questa finitezza?” Tutto questo purtroppo, non sarà possibile affrontarlo in una lettera, perché la routin quotidiana del lavoratore autonomo, avvolge, ovviamente, anche il mio stile di vita, eliminando, all’origine, la possibilità stessa di trasformare un tecnico in uno studioso, attingendo, oltre tutto, unicamente al proprio portafoglio. Nella speranza che questi temi possano conquistare il dibattito all’interno della futura Commissione, queste pagine, sono il mio personale punto di vista. 4 - Si veda per esempio quello che è capitato alla Villa Malagola, alla casa Fattori appoggiata sulle mura della Porta del Paese, ed a tanti altri edifici con caratteristiche storiche. Non era forse meglio, com’è toccato in sorte alla fortunata villa a Fiorina, che anche questi “restauri”, fossero delle vere e proprie distruzioni per far posto al nuovo progetto? Un nuovo progetto di legge Una nuova legge, che individua mediante documentata schedatura e catalogazione l’elenco dei manufatti o immobili dello Stato con valore di monumento, oggi tenta, in parte, di arginare le lacune in merito alla redazione degli elenchi previsti dalla prima “legge di tutela dei monumenti, dei musei, degli scavi e degli oggetti di antichità ed arte”, ovvero del patrimonio archeologico, architettonico, storico e artistico della Repubblica, approvata il 10 giugno 1919. Nella relazione allegata, si legge nelle conclusioni: “La legge così come articolata costituisce certamente un notevole passo in avanti nella valorizzazione delle nostre ricchezze storico-artistico-architettoniche. Con la sua approvazione la CCM potrà essere messa in condizione di esercitare le funzioni che le sono proprie con maggiore tranquillità e con maggiore efficienza nell’interesse dello Stato che, tutelando il proprio patrimonio, conserva un bene collettivo insostituibile, e anche nell’interesse dei privati cittadini che potranno vedere tutelate con maggiore garanzia, celerità e più precise modalità le loro proprietà immobiliari ricadenti nell’elenco dei manufatti o immobili con valore di monumento”. Una legge che si pone, a sua volta, come consolidamento e restauro delle precedenti normative esistenti sul recupero dei monumenti. Una legge, alla quale il legislatore ha affidato l’unico onere della “tutela”, ossia la capacità di protezione che un atto giuridico può garantire come ricaduta sull’oggetto e sul bene collettivo. Resta per il momento un’attività immateriale di carattere preventivo, che al più vincola l’uso e la disponibilità del bene artistico. Non si possiede, cioè, il dettaglio delle prescrizioni d’intervento materiale sull’oggetto in esame, come, per altro, è rilevato dalla stessa relazione allegata alla legge. Certo fa sorridere, dopo lo scempio protratto al patrimonio storico ed al territorio, proporre a San Marino, in assenza di qualsiasi tradizione in materia, un seppur minimo riferimento ad una qualsivoglia Carta del restauro. L’arretratezza culturale si scontra qui con i privilegi assunti da una categoria professionale, che è riuscita a guadagnare competenze sul campo, che non trovano riscontro in nessun altro paese del mondo. La maggior parte delle richieste inoltrate alla CCM, proviene da studi di professionisti diplomati che non possiedono nessuna nozione circa il recupero dei manufatti storici, e, tanto meno, conoscenze di storia dell’arte, storia dell’architettura e progettazione architettonica. Questa distorsione tutta sammarinese del mercato edilizio, una sorta di incentivo legalizzato alla speculazione e alla cattiva qualità, è ciò che, aggirando l’ostacolo di una revisione della legge sulle professioni, tenta di correggere questa legge quando, all’articolo 13, che prescrive la procedura per la presentazione dei progetti, recita: “I progetti di restauro, risanamento, modifica e adeguamento nonché di demolizione e demolizione e ricostruzione sui manufatti o immobili con valore di monumento, di cui al presente elenco, dovranno essere redatti secondo le prescrizioni, definite tramite appositi regolamenti, impartite dalla Commissione per la Conservazione dei Monumenti e degli Oggetti d’Antichità 327 ed Arte, e dovranno essere sottoscritti da un architetto con laurea specialistica abilitato all’esercizio della professione secondo quanto stabilito dalla legge, o da professionista in possesso di titolo di studio e abilitazione all’esercizio della professione equipollenti. Per quanto attiene alla tipologia e) manufatti archeologici, i progetti dovranno essere sottoscritti anche da un dottore in archeologia o da professionista con titolo di studio equipollente”. Mi sembra chiaro che, non essendoci nessuna prescrizione sull’intervento da farsi, il valore della qualità è interamente demandato all’abilità del progettista ed alla competenza del giudizio di questa Commissione. L’alta responsabilità che questa legge ripone nel lavoro della CCM, è una sfida interessante che credo abbia il merito di restituire l’importanza che a questa istituzione già riponeva il legislatore quando, dopo lunghe vicissitudini, dovute in parte all’”amarezza di avere perduto un ricco capitale, soprattutto con la dispersione del famoso “tesoro di Domagnano” avvenuta sul finire del XIX secolo (1892-1893)”5, approvò la legge nel 1919. Qual è, allora, il ruolo della Commissione che, non possedendo al suo interno, per sua stessa composizione, figure professionali legate alla storia ed al restauro, è investita da questa responsabilità? Non si tratta di calare dall’alto una serie di prescrizioni tecniche, o di creare una carta del buon restauratore, quanto nel ritornare a ripensare i presupposti che reggono l’intera struttura del nostro sapere su ciò che ancora chiamiamo storia, attraverso la sensibilità che a tutti è data dimostrare. 328 Uno strano carattere Così definiti, i problemi che si affrontano nella Commissione, sono alla portata di tutti, ma richiedono il massimo impegno e presentano le maggiori difficoltà: l’impegno a soprassedere alle acriticità dei nostri pregiudizi, maturati all’interno di coscienze comuni generaliste, che offuscano la polarità passatopresente; la difficoltà di saper sospendere le opinioni precostituite, traslate, spostate in un contesto che non appartiene più al soggetto determinante il giudizio; l’inevitabile ricaduta verso l’impossibilità a valutare attentamente le qualità peculiari della situazione presente. L’esatto contrario della posizione preconcetta, ci obbliga a prendere in considerazione, invece, un carattere sperimentale, “tentativo”, da adottare come forma etica per questa Commissione. Si getteranno, allora, sempre e di nuovo, le reti delle ipotesi, non avendo fretta di giungere a definizione, si farà riferimento ad un atteggiamento “fluido” e “dissolvente”6, ormai consapevole di non poter contare su tutti i risultati precedenti, si deciderà per un capovolgimento di prospettiva, dove sarà la dialettica sensoriale (la sensibilità che a tutti è data dimostrare) ad 5 - Le citazioni fanno riferimento alla relazione allegata al progetto di legge che stiamo studiando. 6 - Gli stessi termini sono ripresi da Fabrizio Desideri in “Apocalissi profana: figure della verità in Walter Benjamin”, postfazione a W. Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad. it. Einaudi, Torino, 1995, pag. 312. aprire lo scenario in cui dispiegare l’azione. Questa situazione ci colloca tutti in una dimensione di regressione, cui è possibile rispondere, appunto, capovolgendo l’iniziale punto di vista. Ricominciare da capo, sarà allora una sorta d’imperativo anche per coloro che, avendo funzione di supporto, studiano da anni la materia. “Cominciare da capo”, l’etica del distruttore negli scritti di Walter Benjamin, così come mi ero riproposto di analizzare, ispira, sommessamente, un atteggiamento che “costruisce a partire dal Poco”. Ri-cominciare, quindi, più propriamente: dalla “povertà di esperienza”. Far “piazza pulita” dell’esperienza stessa, in primo luogo7. Un atteggiamento che non chiede una “sistematizzazione” dell’esistente, poiché non fa del concetto di “progresso” il proprio feticcio, ma che vuole, al contrario, presentarsi attingendo all’indole liberatoria della rivoluzione che annuncia, nel bene o nel male, o al di là di essi, qualcosa di nuovo. Il nuovo di cui qui si fa questione, ripone le sue basi laddove sembra ormai scongiurarsi ogni capacità di azione8. Mi riferisco a quella sorta di contrazione dei nervi che connette individuo e contesto storico-sociale, ma anche all’incapacità di comprensione degli eventi (Ereignis) e degli stimoli che provengono dal fuori, alla difficoltà di affrancamento da quell’attuale stato di cose che impone all’infinito modelli di omologazione. Benjamin, all’interno della sua produzione forse più oracolare, si fa carico dell’ingrato compito di esporre il suo lettore di fronte all’odierno depotenziamento di esistenza, la cui rendita è la passività dell’individuo dinnanzi i processi in corso, e la sua causa dovuta alla dinamica alleanza tra sviluppo tecnico-scientifico e affermazione delle strutture dei processi produttivi delle società capitaliste. Ma è proprio da tali premesse che è possibile costruire il nuovo: a partire dalla povertà del nostro presente. Nel porre il nesso tra povertà e tecnica, Benjamin disvela un tratto caratteristico del tempo storico del quale ancora siamo prigionieri: “una miseria del tutto nuova ha colpito gli uomini”, dice, la miseria di esperienza. “Siamo diventati poveri. Abbiamo ceduto un pezzo dopo l’altro dell’eredità umana, spesso abbiamo dovuto depositarlo al Monte di pietà ad un centesimo del valore per riceverne in anticipo la monetina dell’”attuale”. (…) Talvolta, il singolo può però cedere un po’ di umanità a quella massa, che un giorno gliela renderà con interessi e interessi raddoppiati”. Non v’è, però, in questi accenti, alcuna vicinanza con la dimensione del più basso psicologismo, le affezioni dell’anima che prospettano sulla falsa ricchezza dell’Erfahrung individuale 7 - Queste citazioni, quando non contrassegnate da ulteriori note, fanno riferimento a due testi brevi di Walter Benjamin, che io ritengo essere fondamentali per chiunque voglia accostarsi allo studio della storia e dei suoi oggetti, monumenti o documenti che siano. I due scritti sono: “Il carattere distruttivo” ed “Esperienza e povertà”, entrambi tradotti in italiano nella rivista “Millepiani” n°4, Il carattere distruttivo. L’orrore del quotidiano, Mimesis, Milano , marzo1995. 8 - Per le analisi qui contenute, la bibliografia sarebbe molto lunga, fondamentale però, oltre ai numerosi scritti di Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, è stato l’apporto di Fabrizio Desideri, Walter Benjamin il tempo e le forme, Editori Riuniti, Roma, 1980, testo dal quale mi sono permesso di fare libero riferimento. 329 330 troveranno respiro nell’”accordo” con la tempesta che lascia affiorare le tensioni dinamiche dell’inumano. Con la disumanizzazione, l’accento è lasciato cadere sulla dimensione collettiva dell’inarrestabile impoverimento. E’ così che la povertà diventa in prima istanza quella dell’esperienza storica. Ma se ciò che interessa non è la sfera d’afflizione privata del soggetto, ne tanto meno il soggetto stesso, l’ambito esperienziale “dell’umanità in generale”, a cui invece si guarda, potrà guadagnare la ri-appropriazione del suo significato in quella centellinata cessione, dove, ormai, sarà “il potere del proletariato” la traccia del “risanamento” dello “straziato corpo” dell’umanità9. Perché tutto ciò accada, occorre avere un bel carattere, simile a quello di “colui che banchetta con la mascella d’acciaio” svuotando la casa del mondo10. E’ in questa cornice che Benjamin introduce l’idea di un carattere distruttivo: “Mentre alcuni tramandano le cose rendendole intangibili e conservandole, altri tramandano le situazioni rendendole maneggevoli e liquidandole. Questi vengono chiamati i distruttivi”. A questi, e non ai primi, occorre, paradossalmente, fare riferimento. La contraddizione è talmente evidente, che va, quanto meno, spiegata. Qual è la natura ed il valore della distruttività benjaminiana in rapporto ai problemi che interessano ad una Commissione per la conservazione? Come possiamo provare filia per ciò che, in prima istanza, concerne il nostro contrario? Tuttavia, così come è pronunciabile in più modi la formula “creare spazio”, che compare, in qualità di “parola d’ordine”, nelle prime righe dello scritto di Benjamin sul carattere distruttivo, così, credo, la distruttività sappia dirci qualcosa, anzi, qualcosa di più, sui nostri comuni atteggiamenti, con i quali comodamente guardiamo alla catastrofe della storia “che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai nostri piedi”11. Se conservare significa reiterazione dell’osservazione del cum-servatum, riconoscendo la temporalità della forma come proprietà intrinseca di ciò che si sta osservando, e cioè attenzione non solo, agli effetti del tempo sulla forma, ma alla vitalità della forma stessa, allora il vero conservatore è colui che sa rompere, sa distruggere 9 - In realtà le cose sono molto più complesse, ma sciogliere questo nodo tematico mi porterebbe troppo lontano dall’obiettivo del mio discorso. Per chi volesse approfondire, il suggerimento è la rilettura della chiosa finale di quel saggio che pare abbia sgombrato la strada ad un approccio estetizzante dell’opera di Benjamin: “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”. C’è da credere che quanti abbiano letto questo testo, e poi tutti gli altri lavori fino all’ultimo sui “Passage”, pensando che l’autore di “Avanguardia e rivoluzione”, fosse un vagabondo in cerca di emozioni da raccogliere attraverso futili “passeggiatine” in giro per le metropoli del XX secolo, Berlino e più segnatamente Parigi, si siano dimenticati di terminare la loro lettura con la “Postilla” finale di quel testo, alla quale, dunque, si rinvia. Per le citazioni: W. Benjamin, Strada a senso unico. Scritti 1926-1927, trad. it. Einaudi, Torino, 1983. Si veda la conclusione del testo sotto il titolo di “al Planetario”, pag. 68 e 69. 10 - W. Benjamin, “Commenti ad alcune liriche di Brecht”, in, Id., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, trad. it. Einaudi, Torino, 1991, pag. 149. 11 - W. Benjamin, “Tesi di filosofia della storia”, in: Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad. it. Einaudi, Torino, 1995, pag. 80. Seguendo l’ordine del mio discorso ho dovuto sostituire “suoi” (dell’Angelo, nella citazione originaria) con “nostri”, per una migliore leggibilità del testo. la connessione deterministica-effettuale del corso della storia, per costruire l’oggetto storico materiale nella sua complessità stratificata ed eterogenea. “Per il materialista storico è importante distinguere con estremo rigore la costruzione di un fatto storico da ciò che abitualmente viene definita la sua ricostruzione. La ricostruzione implica il solo piano dell’immedesimazione. La costruzione presuppone la distruzione”12. E’ per questo che Benjamin può chiudere il suo frammento affermando che “il carattere distruttivo ha la coscienza dell’uomo storico”, il cui sentimento, però, “è un’insormontabile diffidenza nel corso delle cose”, nonché, “la prontezza con la quale prende nota del fatto che tutto può andare storto”. Non un pessimismo di maniera, ma consapevolezza che in ciò, risiede la nostra fiducia: “il carattere distruttivo è la fiducia stessa”. Fiducia nel fatto incontrovertibile che non può darsi continuum nella storia, e che è quantomeno vano, appellarsi ad una sua presunta omogeneità. Una strana fiducia che “non vede niente di durevole”, “ma proprio per questo vede dappertutto delle vie”. “Creare spazio” è si “sgombrare la strada”, ma anche stare ad un “incrocio”, come i prefissi che chiamiamo a raccolta nei termini del restauro, nei “ri-” e nei “pre-”, sui quali si forma l’intera cultura del progetto (riqualificare, restaurare, rispettare, progettare, prevenire…). Se il tempo non si desse più come tempo della ragione, ma eterno differire, potremmo leggere la continua riformulazione dei concetti, nell’eterna attesa del loro compimento, in quel supplemento che li definisce, nello stesso momento, fra il non ancora e l’ancora una volta. Il patrimonio storico culturale Trovarsi ad un incrocio è l’immagine di un’apertura ad un futuro che mantiene vivo un passato, e bene rappresenta la facoltà che non si limita a rispettare l’oggetto ereditato, ma a costruire tale oggetto nel momento in cui si distrugge, torno a ripetere, l’illusoria continuità con il suo passato e si riconoscono le fratture, l’intreccio di sopravvissuto e dimenticato, di “civiltà” e di “barbarie”, rendendolo disponibile alla nostra attualità. C’è un diritto delle generazioni passate su quelle presenti che conferisce a quest’ultime una “debole forza messianica”, per le quali “il passato è citabile in ognuno dei suoi momenti”13. Ma l’idea di una umanità redenta va compresa nella sua radicale immanenza, perché possa diventare un criterio di conoscenza storica. Nel presente ogni attimo ha la sua criticità che permette di rovesciare lo stato delle cose nel disvelamento della sua falsità. Sarà sufficiente citare per intero la settima delle Tesi di filosofia della storia, per rendersi conto di quanto sia urgente una nuova coscienza con la quale osservare ciò che si staglia sullo sfondo della nostra quotidianità con la fisionomia monumentale del patrimonio storico culturale: 12 - W. Benjamin, Parigi capitale del XIX secolo (1927-1940), trad. it. Einaudi Torino, 1986, pag. 609. 13 - W. Benjamin, “Tesi di filosofia della storia”, in: Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad. it. Einaudi, Torino, 1995, pag. 76. 331 332 “Fustel de Coulanges raccomanda allo storico che voglia rivivere un’epoca di cacciarsi di mente tutto ciò che sa del corso successivo della storia. Non si potrebbe definire meglio il procedimento con cui il materialismo storico ha rotto i ponti. E’ un procedimento di immedesimazione. La sua origine è la pigrizia del cuore, l’acedia, che dispera di impadronirsi dell’immagine storica autentica, balenante per un attimo. Essa era considerata, dai teologi del Medioevo, come il fondamento ultimo della tristezza. Flaubert, che ne aveva fatto la conoscenza, scriveva: “Peu de gens devineront combien il a fallu etre triste pour ressusciter Carthage”. La natura di questa tristezza si chiarisce se ci si chiede in chi propriamente “si immedesima” lo storico dello storicismo. La risposta suona inevitabilmente: nel vincitore. Ma i padroni di ogni volta sono gli eredi di tutti quelli che hanno vinto. L’immedesimazione nel vincitore torna quindi ogni volta a vantaggio ai padroni del momento. Con ciò si è detto abbastanza per il materialista storico. Chiunque ha riportato fino ad oggi la vittoria, partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi passano sopra quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si è sempre usato, è trascinata nel trionfo. Essa è designata con l’espressione “patrimonio culturale” (corsivo nostro). Esso dovrà avere, nel materialista storico, un osservatore distaccato. Poiché tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia con lo sguardo ha immancabilmente un’origine a cui non potrà pensare senza orrore. Esso deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo hanno creato, ma anche alla schiavitù senza nome dei suoi contemporanei. Non è mai documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di barbarie (c.n.). E come, in sé, non è immune dalla barbarie, non lo è nemmeno il processo della tradizione per cui è passato dall’uno all’altro. Il materialista storico si distanzia quindi da essa nella misura del possibile. Egli considera come suo compito passare a contrappelo la storia”14. Due piani concettuali s’intrecciano circolarmente all’interno delle Thesen. Nel primo, l’istanza epistemologica evidenzia l’aporia, nello strutturare il “concetto di storia”, fra continuum degli oppressori e discontinuum degli oppressi. Grumo nevralgico è la reificazione della continuità storica, attraverso la coscienza borghese intenta a far valere l’apparente continuità di una “tradizione” stabile, epistemica appunto. Ciò che ne risulta è una definizione di tempo storico, in una sua ascendenza “materialista”, a partire dall’idea di Jetztzeit (tempo-ora). Nel secondo, il dato politico cerca una modalità di attraversamento delle pratiche dello storicismo, cogliendo il passato come movimento critico dell’esperienza presente. Qua, il rapporto che il soggetto storico, la classe degli oppressi colta in azione nel tentativo politico di rottura 14 - W. Benjamin, “Tesi di filosofia della storia”, in: Angelus Novus. Saggi e frammenti, trad.it. Einaudi, Torino, 1995, pag. 78. del continuum, intrattiene con il suo passato, forma un’unica “costellazione”, con la coscienza critica del materialista storico che indaga gli eventi passati a partire dal presente. Ed ancora, se nel primo piano è posto l’accento sulla capacità d’intervento all’interno del processo, nel secondo assistiamo realmente alle rotture della storia nei processi rivoluzionari. Di questa stessa capacità d’intervento dovrebbe comporsi l’azione conservativa, se non vuole opporre alla costruzione-distruzione, la mera addizione o catalogazione dei fatti, il banale attardarsi sulle tecniche del recupero, quando, oltre tutto, per l’uomo moderno, fare un intonaco non è mai stato un problema. Il mio invito è quello a permanere sul significato dei nostri concetti e delle nostre azioni. Una Commissione è fatta di soggetti che pensano e che offrono un contributo personale, dettato dalle singole esperienze, per quanto povere possano essere. Qualsiasi prospettiva di miglioramento in senso legislativo e di attribuzione di competenze a qualsivoglia organismo preposto alla tutela, anche cioè, nell’abbracciare la già paventata ipotesi di creazione di una vera e propria Soprintendenza delle belle arti, che agisca come struttura autonoma e non diretta dalla compagine politica, al di là dei problemi che una tale istituzione potrebbe comportare, non può fare a meno di considerare questa semplice evidenza. Nell’attesa, considerato il fatto che la conservazione ci obbliga proprio ad attendere, essendo ciò, che per sua natura, è sempre di là da venire, nell’attesa, su questi temi possiamo già confrontarci, perché non è mai troppo tardi, perché il tempo, anzi la durata, non è più un valido parametro, nella quasi completa sparizione degli oggetti del ricordo. Conclusioni La panoramica che ho tracciato, per quanto teorica nello stile, dovrà avere necessariamente una ricaduta effettuale sulle singole decisioni da prendersi all’interno della Commissione. Non intendo sovrapporre i discorsi, cosa per altro impossibile. Non cercherò, cioè, di far derivare direttamente una pratica da una teoria, attraverso un passaggio lineare che possa ricomporre un tutto compiuto, riallacciando i fili di un’ideale corrispondenza. Si tratta, semmai, di trovare un modus operandi che possa valere come criterio di discernimento ed analisi dei progetti che per legge giaceranno sul “tavolo delle trattative”15, cercando negli interstizi microscopici delle possibilità decisionali della Commissione. Per essere capace di svolgere questo compito, devo, però, osservare da vicino il lavoro svolto dalla Commissione, e calarmi nella mensilità delle azioni, delle discussioni e, perché no, delle incazzature, di cui mi sono reso 15 - Così si esprimeva Manfredo Tafuri interrogato sui temi del restauro da Chiara Baglione e Bruno Pedretti, aggiungendo, in quella intervista, di non ignorare, una volta seduti a quel tavolo, il peso impresso dall’immedesimazione,nei termini benjaminiani, che comporta, come ricaduta sul monumento da parte della comunità, l’inevitabile “invenzione della tradizione”. M. Tafuri, Storia, conservazione, restauro, Intervista a cura di C. Baglione e B. Pedretti, Casabella, n. 580, giugno 1991. 333 334 testimone. La prima complicazione è da rilevare nel numero dei progetti che, direttamente dalla Commissione Urbanistica, sono sottoposti all’attenzione della Commissione dei Monumenti. Questi progetti costituiscono un corpus unico che ingessa per intero le discussioni nelle riunioni. Tutto il resto viene fatto passare in secondo piano. Si deve scremare questa mole: gran parte degli edifici che compongono questo plico, che viene recapitato dal funzionario della CU, dopo averlo copiato dall’originale, già da tempo, non possiede più quelle caratteristiche storico documentali, per cui è necessaria una valutazione da parte delle Commissione. All’interno di questo materiale vi sono, poi, in prevalenza, casi di “demolizione e ricostruzione”, dove il parere viene richiesto a cose fatte, cioè, una volta demolito l’edificio che presumibilmente si vorrebbe salvare. Se sulla “ricostruzione” credo di aver già lungamente espresso il mio parere, io penso che, facendo valere un minimo di ragione, senza accedere alle facoltà intellettive di tecnico della materia, questa Commissione dovrebbe esprimersi sulla necessità o meno della “demolizione”, lasciando ad altri organismi l’assunzione delle responsabilità sulle nuove costruzioni. Non giudicare, non significa che il giudizio sia negativo, ma che si può rispedire il tutto al mittente. Si provvederà, allora, a rilasciare una nota, dove si daranno esplicitamente le motivazioni dell’impossibilità a giudicare. Impossibilità che, se da un lato si riferisce al disinteresse per ciò che già è compromesso, e quindi ormai privo di ogni valore, tanto da poter approvare d’ufficio quelle pratiche, dall’altro, si estrinseca nella sottrazione totale dell’oggetto del giudizio. In questo caso, a meno che non si voglia, come è già successo in passato, che l’”originale” imponga necrofilicamente la sua legge, bisognerebbe bloccare la pratica resistendo dall’effettuare un giudizio. So per certo che, così facendo, si creerebbe un corto circuito nelle approvazioni delle pratiche che per legge prevedono la possibilità di demolire un edificio per poi ricostruirlo. La voce “demolizione e ricostruzione” si riferisce tanto ad un manufatto realizzato l’altro ieri, che ad edifici che potrebbero presentare caratteristiche interessanti dal punto di vista storico. Solo quest’ultimi dovranno essere oggetto di giudizio della CCM. In genere non si formulano domande a chi non può fornire delle risposte, ecco perché in questi casi, la responsabilità dovrebbe essere fatta ricadere sui professionisti, i quali, conoscendo bene il loro lavoro, sapranno certamente quali sono gli edifici di valore reale o presunto (magari anche al di là della semplice normativa, se non fosse troppo utopisticamente ingenuo) sui quali è doveroso chiedere anticipatamente un parere, per non vedersi in futuro non rispondere nulla16. Perché ciò si realizzi occorre riallacciare una relazione diretta con i progettisti, 16 - In ottemperanza, fra l’altro, a quanto prescrive L’articolo 15 della Legge del 10 Giugno 1919 n. 17: “Le cose previste nell’Art. 1 non potranno essere demolite, rimosse, modificate né restaurate senza l’autorizzazione della Commissione. Contro il rifiuto all’autorizzazione è dato ricorso all’autorità giudiziaria”. che la legge stessa prevede, che vada al di là della telefonata di cortesia per trovare una mediazione. Quando la conservazione del manufatto si rende indispensabile, il restauro deve scaturire come un esito terminale di un processo conflittuale fra le varie opinioni. Un conflitto non lo si realizza per corrispondenza, necessita, invece, di una parola patica e tagliente. Occorre, inizialmente, mettere appunto un sistema di presentazione dei progetti, studiato appositamente per la Commissione dei Monumenti, cosa che per altro si è cominciato a fare nella passata legislatura. Definire e correggere quella base di documento, dovrebbe essere il primo dei compiti per il nuovo mandato. Non aver paura di invitare il progettista (laureato, s’intende!), per ascoltare direttamente dalle sue parole, quali sono gli intenti progettuali e le scelte adottate, di volta in volta, nella redazione del suo progetto. Questa cosa è possibile anche quando il progettista è di chiara fama internazionale, cosa sempre più frequente a San Marino17. Avremmo in tal modo decurtato della metà i lavori della Commissione, e reso più facile la facoltà di giudizio sui progetti di valore, grazie ad una documentazione più efficace, ma soprattutto, si sarà imparato qualcosa. Vi sono due punti specifici della legge del 1919 sui quali si è animato il dibattito all’interno della scorsa Commissione. Il primo riguarda l’inserimento all’interno della normativa di tutela, degli edifici con più di cinquant’anni, il secondo, la facoltà di poter esprimere una valutazione sul giacimento, sull’intorno dell’edificio storico. Ad una legalizzazione della continuità storica, attraverso il parametro, retrivo ed inconsistente, dell’anzianità, individuata oltretutto in appena cinquant’anni, fa da contro altare l’immobilismo delle ricostruzioni storiche, almeno nelle interpretazioni che dell’ultimo punto citato si è dato in questi anni18. Scardinare l’automatismo di questi dispositivi, 17 - Si pensi a quello che è successo con il restauro del Palazzo Pubblico (e non del Governo come sono abituati a chiamarlo i sammarinesi), ad opera dell’Architetto Gae (Gaetana) Aulenti, o quello che succederà con la vecchia scuola di Faetano nel progetto di Paolo Portoghesi. Questi architetti sono esseri umani, neppure troppo speciali, con i quali è possibile parlare e confrontarsi anche solo per amor di conoscenza. Soprattutto, prima ancora di essere grandi costruttori, sono espressione del potere che li ha convocati a corte. Non lo dico polemicamente, faccio notare che è sempre stato cosi: se nella chiesa di San Sebastiano di Leon Battista Alberti, risiede il primo tentativo di trasformazione in senso rinascimentale, della città di Mantova, voluto da Ludovico III Gonzaga, allo stesso modo dovrà esserci una simile e nobile prospettiva, a me del tutto sconosciuta, da parte di qualche eminente personaggio (chi?), nel futuro progetto caratterizzato dall’enormevolta a botte dell’ex scuola a Faetano di Portoghesi. Sono questioni di poco conto in fondo, un materialista storico, vero o presunto che sia, non si attarda davvero sulle vite dei Principi. 18 - Interpretazione per nulla autorizzata dalla legge, la quale, con precisione, dice all’Art. 17: “Quando si trovino cose immobili soggette alle disposizioni delle presente legge, possono essere prescritte, nei casi di nuove costruzioni, ricostruzioni, piani regolatori, le distanze, le misure e altre norme necessarie, allo scopo che le nuove opere non danneggino la prospettiva o la luce richiesta dai monumenti stessi”. Il legislatore sapeva che se il monumento intrattiene un rapporto singolare con la dimensione temporale, nella misura in cui vi è una tensione ad annullare il tempo stesso nella perennità dell’ammonimento del ricordo, ciò è reso possibile perché inserito nella pura visibilità della storia, dove per storia bisogna intendere quel vocabolo che ha la sua etimologia in un vedere alla luce, cioè rendere visibile come modo della rappresentazione (M. Heidegger, “Scienza e meditazione”, in Id., Saggi e discorsi, 335 336 servendosene, invece, per far fronte ai vuoti legislativi individuando con precisione i casi in cui ciò può essere utile, potrà essere una buona regola. L’atteggiamento dovrà essere quello di sfruttare come scialuppa di salvataggio, queste prescrizioni che, altrimenti, galleggerebbero nell’indeterminatezza del mare delle interpretazioni. La legge n. 17 del ‘19 recita fin dal titolo che “tutela e conservazione” anticipando lessicalmente, ciò che sarebbe diventato, coscienza condivisa soltanto dopo la pubblicazione della carta di Atene del 193119, ed ancor più, comune sentire a partire dalla carta di Venezia degli anni sessanta20 - sono azioni dirette all’intero patrimonio storico, definito come quelle “cose immobili e mobili che abbiano interesse storico, archeologico, paletnologico e artistico”. La traslazione avvenuta, negli anni successivi, al preferenziale interesse verso le sole “cose immobili”, è l’indice delle politiche economiche messe in atto in questo arco di tempo. L’edilizia a San Marino ha funzionato come veicolo di trasmissione fra desiderio ed economia, oggi attraverso il suo controllo si organizza il potere. Tutto il resto è vano nella misura in cui non riesce ad arrestare il flusso libidinale che costituisce questo meccanismo. In confronto, il carattere d’attrazione della chincaglieria storico-archeologica, è solo segno di un’altra traslazione lessicali , quella prodotta fra antico e vecchio. Credo che non occorra aggiungere altro, a meno che non si voglia risvegliare la compassione verso chi utilizza l’argomento facendone il centro della propria lamentazione. L’ultima osservazione riguarda l’attività di denuncia o di carattere preventivo, che può svolgere questa Commissione. Si è cominciato a fare qualcosa, ma non basta. Non si tratta, anche qui, di esercitare una pressione poliziesca, quanto, semmai, di trovare una visibilità esterna, promulgatrice d’idee, per mantenere vivo un dibattito nella società e non lasciarsi sottrarre il piacere dello scontro o dell’invettiva, da chi strumentalmente lo utilizza per fare polemica. Il patrimonio storico-culturale della Repubblica di San Marino è oggi costituito da poche opere architettoniche, riassunte e descritte nella Legge che più sopra si è presa in considerazione, ed è formato da ancor meno opere artistiche ed oggetti di varia natura. Queste cose hanno valore per la comunità dei sammarinesi, e forse soltanto per questa. La loro salvaguardia non comporta in realtà grandi problemi, se non per il fatto, per nulla secondario, che pur essendo un patrimonio dei sammarinesi, a loro non appartiene. Non vi appartiene nella trad. it. Mursia, Milano, 1985, pag. 40), garantito, nell’opera edificata, da una visibilità prospettica nella luce della città. Per contro, abbiamo assistito, in questi anni, alla cecità delle ricostruzioni. 19 - “Carta internazionale del restauro di Atene 1931”, votata dalla “Conferenza internazionale di esperti per la protezione e la conservazione dei monumenti di arte e di storia”, svoltasi ad Atene dal 21 al 30 ottobre 1931. 20 - “Carta di Venezia sulla conservazione e il restauro dei monumenti 1964”, approvata dal “II Congresso internazionale degli architetti e dei tecnici dei monumenti storici”, svoltasi a Venezia dal 25 al 31 maggio 1964. misura in cui questo genere di cose non ha padroni o legittimi proprietari, ma soprattutto perché queste cose non sono delle cose, a meno che non si voglia credere, e di conseguenza far valere, così come fino ad oggi si è fatto valere, nella feticistica apparenza di una cultura reificata in oggetto di possesso o bene di consumo. Occorre allora chiederci, come mai, date le premesse, ci si attarda ancora nei dintorni di ciò che, se non ci appartiene, sembra almeno presentarci per somiglianza? E quale vivacità intorno alla storia patria anche in un piccolo stato come il nostro. Di fatto, gli unici studi che si pubblicano riguardano la nostra storia. Un sapere ad appannaggio di tutti21. Questi appunti, invece, hanno la presunzione - una presunzione sussunta dalla paradossale qualità di una proprietà impropria - di essere dei propositi, modesti e del tutto preliminari a qualsiasi azione conservativa. Io credo che se esisterà, in un immediato futuro, la possibilità di salvaguardare, quel poco che rimane, di quel mostro che chiamiamo patrimonio storico culturale, attraverso i deboli mezzi che l’anomala situazione sammarinese ci mette a disposizione, questo sarà attuabile nella misura in cui avremo cominciato, appena cominciato, a servirci della storia diversamente dal “fannullone viziato nei giardini del sapere”. 337 21 - La precisione scientifica spesso nidifica fra coloro che puntigliosamente verificano la verità prima di abbandonarsi ad una sua credenza, come se questa verità esistesse. Ricordo, ma è semplicemente un esempio fra mille, il velato tono polemico di quello studioso che scrivendo un libro su Chiesanuova (Pietro Suzzi Valli, Il castello di Chiesanuova nella repubblica di San Marino, San Marino, 2001) evidenziava gli errori, contenuti nel mio libro sui mulini della Valmarecchia (Luca Morganti, Mirco Semprini, “I mulini della Valmarecchia”, La Mandragora Editore, Imola, 1999). Erano errori di attribuzione amministrativa di due mulini ricadenti, in verità, nel castello di Chiesanuova e non già in quello di Città come invece, io e Mirco, sbagliando, affermavamo. Dopo 166 attribuzioni di quel genere, sbagliare proprio sui mulini di San Marino, ammesso che quella sia l’unica imprecisione, è uno di quegli errori da valutare attentamente in sede psicanalitica sdraiati sul lettino dell’analisi, piuttosto che passare il vaglio della verifica storica. INDICE INTRODUZIONE PRESENTAZIONE SEGRETARIO DI STATO PER L’ISTRUZIONE E LA CULTURA On.le Francesca Michelotti Pagina 3 PREFAZIONE PRESIDE SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE Maria Luisa Rondelli Pagina 5 DEDICATO A… FEDERICA di Meris Monti Pagina 9 PARTE PRIMA - ORGANIZZAZIONE SCOLASTICA IL SISTEMA SCOLASTICO SAMMARINESE. QUADRI RIASSUNTIVI a cura di Franco Santi Pagina 13 ORGANIZZAZIONE, CALENDARIO, ATTIVITÀ SVOLTE a cura dell’Ufficio di Segreteria Pagina 23 CENTRO DOCUMENTAZIONE. PROGETTI ED ATTIVITÀ SVOLTE di Marinella Benedettini, Enrico Grassi, Claudio Mancini, Laura Rossi Pagina 47 PARTE SECONDA - EDUCAZIONE E DIDATTICA VIAGGIO IN SICILIA a cura della Classe Quarta del Liceo Classico Pagina 63 IL CASO CINA NEL CONTESTO LOCALE ED INTERNAZIONALE: COME L’IMPRESA LOCALE REAGISCE ALLA SFIDA a cura delle Classi Quinte sezioni A e B del Liceo Economico Aziendale Pagina 69 CORSI DI POTENZIAMENTO E RECUPERO a cura di Franco Santi Pagina 74 339 L’AZIONE DEL DIPARTIMENTO DELLA FORMAZIONE NEL CAMPO DELL’INNOVAZIONE EDUCATIVA di Laura Gobbi Pagina 78 UNIVERSITÀ SAMMARINESE DELL’ETÀ LIBERA “IL SORRISO” di Itala Cenci Malpeli Pagina 81 OLIMPIADI DELLA MATEMATICA di Claudio Mancini Pagina 101 “BUSINESS PLAN DELLA DITTA CERAMICHE SAF S.A.“. PROGETTO DIDATTICO DELLA CLASSE QUINTA SEZ. A DEL LICEO ECONOMICO AZIENDALE di Egiziana Mancini Pagina 103 IL PRIMO ANNO DEL CORSO DI LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE DI SAN MARINO Pagina 117 di Gaddo Morpurgo QUEL LAVORO INCOMPIUTO di Rosanna Sciutti 340 Pagina 123 PARTE TERZA - ALLIEVI DI OGGI… 25 MARZO 1906. RINASCITA DELLA DEMOCRAZIA SAMMARINESE di Lorenzo Forcellini Reffi Pagina 130 UN ANNO DOPO BESLAN: COME LE DIVERSITÀ ETNICHE INFLUISCONO SULL’INTEGRAZIONE EUROPEA E QUALE INFLUENZA PUÒ AVERE LA SCUOLA di Angelica Bezziccari Pagina 164 … E DI IERI UN POETA …SRADICATO di Augusto Stacchini Pagina 167 PARTE QUARTA - SAGGISTICA QUALCHE PENSIERO A MARGINE DEL CASO GRASS di Luciano Canfora Pagina 193 L’ELITE ECONOMICA NELL’ITALIA CONTEMPORANEA di Roberto Giulianelli e Ercole Sori Pagina 195 BEN EDUCATI. APPUNTI SU POTERE E SOGGETTIVITÀ NELLA CRISI DELLA PEDAGOGIA MODERNA Pagina 215 di Alessandro Simoncini PARTE QUINTA - STUDI SAMMARINESI IL “GRUZZOLO” DI PADERNA ATTRAVERSO IL CARTEGGIO “MARTORELLI –GIANPAOLI”. NOTE SU UN RITROVAMENTO ARCHEOLOGICO FORTUITO NELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO. di Paola Bigi Pagina 247 APPUNTI DI DIRITTO COSTITUZIONALE SAMMARINESE. III-L’ARENGO DEL 1906 E LE LEGGI ELETTORALI SUSSEGUENTI. di Cristoforo Buscarini Pagina 259 UNA STRANA VISITA DI INIZIO SETTECENTO di Marino Cecchetti Pagina 267 LA REPUBBLICA DI SAN MARINO VISTA DA UN VIAGGIATORE NELL’ ANNO 1800 di Michele Conti Pagina 277 CULTURA SAMMARINESE: LA TRADIZIONE CLASSICHEGGIANTE. DIALETTO ED ESPRESSIONE POPOLAREGGIANTE di Giuseppe Macina Pagina 287 BARTOLOMEO BORGHESI “BUON AMMINISTRATORE DELLE COSE SUE” di Gian Lodovico Masetti Zannini Pagina 319 “SOVVERSIONE E MEMORIA”. LETTERA APERTA AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE PER LA CONSERVAZIONE DEI MONUMENTI PER UN CONFRONTO SUI TEMI DEL RESTAURO. di Luca Morganti Pagina 324 341 342 Edizione a cura della Scuola Secondaria Superiore Contrada Santa Croce, 48 - San Marino - RSM Grafica e Impaginazione: 3 Studio - Via Cantù, 51 - Dogana - RSM Stampa: Arti Grafiche Della Balda - Via della Tana, 37 - San Marino - RSM Finito di stampare nel dicembre 2006