anno  149°
Nuova Antologia
Rivista  di  lettere,  scienze  ed  arti
Serie  trimestrale  fondata da
Giovanni  Spadolini
Aprile-Giugno 2014
Vol.  612°  -  Fasc.  2270
Le  Monnier  –  Firenze
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La rivista è edita dalla «Fondazione Spadolini Nuova Antologia» – costituita con decreto 
del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, il 23 luglio 1980, erede universale di Gio‑
vanni Spadolini, fondatore e presidente a vita – al fine di «garantire attraverso la conti‑ 
nuità della testata, senza fine di lucro, la pubblicazione della rivista Nuova Antologia, che 
nel suo arco di vita più che secolare riassume la nascita, l’evoluzione, le conquiste, il tra‑ 
vaglio, le sconfitte e le riprese della nazione italiana, nel suo inscindibile nesso coi liberi 
ordinamenti» (ex art. 2 dello Statuto della Fondazione).
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S O M M A R IO
Spadolini «notista radiofonico», a cura di Gabriele Paolini . . . . . . . . . . . . . . . . Autori Vari, Giovanni Spadolini: la questione ebraica e lo Stato d’Israele. . . . . Enzo Cheli, La «dottrina Pertini» e la nomina di Giovanni Spadolini a Senatore
a vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ugo La Malfa, Caro Spadolini, ecco il PRI, a cura di Cosimo Ceccuti . . . . . . . . Adolfo Battaglia, Liberalismo e democrazia in Giuseppe Galasso . . . . . . . . . . . Andrea Manzella, Antonio Maccanico: pensiero e azione . . . . . . . . . . . . . . . . . Michele Bagella, Unione Bancaria Europea. Mercato interbancario e titoli sovrani.
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1. Unione bancaria ed EMU, p. 47; 2. Rischio sistemico contagio e mercato interbancario,
p. 49; 3. Fiducia e mercato interbancario, p. 50; 4. Il Resolution Fund (Fondo «salva ban‑
che») e mercato interbancario, p. 52; 5. Sviluppi della unione bancaria, p. 55; Conclusioni
di Italico Santoro, p. 56.
Arturo Colombo, Il carteggio fra Magris e Marin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
Sergio Lepri, L’armistizio dell’8 settembre: un disastro. Perché? . . . . . . . . . . . . 66
Antonio Zanfarino, Economia e morale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
1. La creatività sociale, p. 81; 2. Economicismo e azione economica, p. 83; 3. Rispetto e diritti,  
p. 85; 4. Etica della finitezza, p. 86; 5. Le garanzie culturali, p. 87; 6. Valori e competizioni, p. 87.
Ermanno Paccagnini, Scrittori tra evoluzione e fedeltà a sé stessi. . . . . . . . . . . . 89
Filippo de Pisis scrive a Nello Baccetti: un’anima commossa avvolta
nell’ombra, a cura di Maurizio Sessa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108
Lettere di Filippo de Pisis a Nello Baccetti, p. 119; Appendice 1. Brani di poesie di Nello
Baccetti, p. 129; Appendice 2. I complimenti di Eugenio Montale a Nello Baccetti, p. 132;
Appedice 3. Gli amici ricordano Giorgio Baccetti, p. 132.
Stefano Folli, Diario politico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
Chiara Gamberale, Per chi non resiste al cambiamento, intervista a cura
di Caterina Ceccuti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 148
Giuseppe Pennisi, Musica e politica: la Grande Guerra. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
Premessa, p. 153; Festival musicali e Grande Guerra, p. 155; La Grande Guerra in esecuzio‑
ni recenti di lavori di Mahler e Zemlinsky, p. 156; Leoš Janáček, paradigma del cambiamento
nell’Europa della Grande Guerra, p. 158; Le opere precedenti o contemporanee alla Grande
Guerra, p. 162; Le opere successive alla Grande Guerra, p. 164; Conclusione, p. 169.
Fulvio Janovitz, La vita intellettuale, politica, religiosa e affettiva di Benedetto
Croce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170
Paolo Bonetti, Croce e la vita come opera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177
Tito Lucrezio Rizzo, Il pareggio di bilancio da V. E. Orlando alla riforma
della Costituzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182
Adelfio Elio Cardinale, Mesmer e i bagni magnetici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192
Eugenio Guccione, Fra’ Gerolamo Savonarola: la rivalsa di uno scomunicato . 198
Verso il totale recupero, p. 198; Un modello per i cristiano-sociali, p. 199; Simbolo della
libertà, p. 203.
Paolo Bonetti, Democrazia rappresentativa e leadership . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205
La separazione fra il popolo e gli dèi e la crisi dei partiti, p. 205; Alla ricerca di un leader
in una democrazia ibrida, p. 211.
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Gian Luigi Rondi, Da Natale a Pasqua ancora successi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217
Maurizio Naldini, Universo donna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239
Pasquale Baldocci, Per un rilancio d’Europa nell’era globale. . . . . . . . . . . . . . . 248
Cosimo Risi, Maturità della Primavera araba . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252
Consiglio europeo del 7-8 febbraio 2013, p. 255; Consiglio europeo del 14 e 15 marzo 2013,
p. 256; Consiglio europeo del 14 maggio 2013, p. 256; Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre
2013, p. 256; Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013, p. 257; Conclusioni, p. 257.
Alice Martini e Luca Spataro, Giuseppe Toniolo: all’origine del principio
di sussidiarietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259
1. Il principio di sussidiarietà: cenni sui fondamenti, p. 259; 2. L’antropologia di Tonio‑
lo: un personalismo «sussidiario», p. 261; 3. Lo Stato sussidiario nel pensiero di Toniolo,  
p. 263; 4. Toniolo e la Rerum novarum, p. 270; 5. Il fattore etico nel pensiero di Giuseppe
Toniolo, p. 274; 6. L’eredità di Toniolo, p. 276; 7. Conclusioni, p. 280.
Ennio Grassi e Mariangela Lando, Il liceale Panzini e le prime prove narrative . 281
Giorgio Giovannetti, Sergio Lepri, una vita dentro le notizie. . . . . . . . . . . . . . . 292
Vincenzo G. Pacifici, Una circolare del ministro dell’Interno Natoli
sulle elezioni del 1865, didascalica ieri e oggi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 299
Antonio Castronuovo, Rámon Gómez de la Serna: alle origini dell’avanguardia
spagnola. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 310
Alle tertulias del «Pombo», p. 312; Una vita di case e di parole, p. 314; Il Rastro e le greguerías, p. 318; Moribundia a Baires, p. 320.
Carmen Scocozza, La Questione Meridionale nell’azione politica e intellettuale
della colonia russa a Capri agli inizi del Novecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323
Introduzione, p. 323; Un impegno concreto per il Mezzogiorno: Maksim Gor’kij, p. 325;
Gli esuli russi nell’impegno meridionalistico di Zanotti Bianco, p. 331.
Francesco Melendez, La contrattazione nel pubblico impiego ed il povero Keynes.337
1. Differenze tra pubblico e privato nella gestione delle relazioni sindacali, p. 337; 2. Le re‑
lazioni sindacali: tra sociologia ed antropologia culturale, p. 338; 3. Un po’ di storia, p. 339;
4. Dopo la Seconda guerra mondiale, p. 340; 5. La filosofia del d.lgs. 29/1993, p. 342; 6. Il
problema della rappresentatività sindacale nel pubblico impiego, p. 344; 7. Le RSU, p. 345;
8. L’Istituzione dell’ARAN, p. 346; 9. Comparti ed aree di contrattazione, p. 347; 10. Qualità
del sistema di contrattazione pubblico italiano, p. 348; 11. Il futuro prossimo venturo, p. 350.
Pierluigi Pellini, Verga e le forme della novella moderna (II). . . . . . . . . . . . . . . 351
Cosimo Ceccuti, Giovanni Spadolini: la storia contemporanea fra politica e cultura. 361
Rassegne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 376
Ada Rita Cutrino, Rinascita di un «Rinnegato»: edite le opere complete di Giuseppe Brancale, romanziere del Sud, marinaio e maestro tra la Basilicata, l’Atlantico e Firenze, p. 376;
Francesco Pistoia, Viaggio in Calabria, p. 378; Sabino Caronia, Il poeta e la farfalla. La
«grammatica dell’amore» in Dante Maffia, p. 379.
Recensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 383
L. d’Eramo, Ignazio Silone, a cura di Y. Saito, di Arturo Colombo, p. 383; L. Rossi, Ideale
nazionale e democrazia in Italia. Da Foscolo a Garibaldi, di Paolo Bagnoli, p. 385; The
Letters of T. S. Eliot, Volume 4: 1928-1929, Edited by V. Eliot and J. Haffenden, di Aridea
Fezzi Price, p. 386; M. Nacci, Strade per la felicità. Il pensiero politico di Bertrand Russell,
di Alberto Castelli, p. 387; I. Visintini, Pagine di letteratura e di vita giuliana, introduzione
di L. de Savorgnani Zanmarchi, di Marina Torossi Tevini, p. 390; A. Lattanzi, Prima che tu
mi tradisca, di Leandro Piantini, p. 391.
L’avvisatore librario, di Aglaia Paoletti Langé . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 394
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FRA’ GEROLAMO SAVONAROLA:
LA RIVALSA DI UNO SCOMUNICATO
Verso il totale recupero
Nessuno, come fra’ Gerolamo Savonarola, colpito da anatema da Alessandro VI e condannato a morte perché ritenuto «eretico e scismatico», ha
avuto mai, nel Medioevo e dopo, tanta rivalsa sulle autorità ecclesiastiche
da essere rivendicato dagli stessi cattolici quale «campione di ortodossia»,
«maestro di vita» e «antesignano della democrazia cristiana», e da essere
addirittura introdotto per la causa di beatificazione. Si può dire che ci troviamo di fronte al totale recupero di uno scomunicato e, in termini di diritto canonico, di fronte a un clamoroso errore giudiziario.
Dal 1498, anno della sua impiccagione, sino ai nostri giorni, è stata una
sempre crescente riabilitazione. E, nonostante taluni non riescano a perdonargli l’atto di disubbidienza al Papa, tuttavia Savonarola è assurto a simbolo
della Cristianità in campo teologico-morale e, ora, in quello politico-sociale.
Egli è diventato di più che non la semplice espressione di un’esigenza del suo
tempo, quale la riforma della Chiesa o il rinnovamento dei costumi.
Tra la fine del secolo XIX e l’inizio del secolo XX, l’impegno di rivendicare l’ortodossia del frate ferrarese e di presentarlo nella veste di «riformatore democratico», operante nello spirito del Vangelo, fu preso da quella prima schiera di democratici cristiani, che, a seguito della promulgazione
dell’enciclica Rerum novarum (1891) di Leone XIII, ebbe come maggiori
e qualificati esponenti Giuseppe Toniolo, Romolo Murri, Filippo Meda,
Vincenzo Mangano, Luigi Sturzo. L’occasione si offerse loro propizia nel
1898, in ricorrenza del quarto centenario dell’uccisione di Savonarola.
Da quell’anno e per molto tempo dopo, corrispondente al periodo di
preparazione dei cattolici alla vita politica, l’interesse per Savonarola toccò
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Fra’ Gerolamo Savonarola: la rivalsa di uno scomunicato
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le più alte punte e si tradusse in una ricca fioritura di saggi, di conferenze,
di articoli che, lungi dalle comuni e vane forme retoriche, proprie delle
circostanze commemorative, mise in evidenza gli aspetti ancora attuali
della figura morale e politica del frate domenicano.
Anche durante il Risorgimento il culto per Savonarola era stato assai vivo:
molti studiosi e politici, richiamandosi alla nota intransigenza del frate, avrebbero voluto proporre sul suo esempio una radicale riforma morale e religiosa 1.
E, alla fine del secolo, si risvegliò e si incrementò sulla base di aspirazioni più
squisitamente sociali e, per taluni aspetti contingenti, anche politiche. La
questione sociale continuava a essere più di prima al centro dei problemi del
Paese. E la stessa Chiesa, con la divulgazione dell’enciclica Rerum novarum,
aveva dato precise indicazioni per sollevare, nello spirito della cristiana solidarietà, il tenore di vita dei nullatenenti e per regolare i rapporti tra datori di
lavoro e lavoratori. Erano gli anni in cui, tra polemiche e difficoltà, cominciava a costituirsi in seno al mondo cattolico il movimento cristiano-sociale, deciso a provocare una svolta radicale nella condotta della Chiesa 2.
I democratici «leoniani», consapevoli della necessità di recuperare a sé
stessi e alla storia il patrimonio ideologico-sociale dei pensatori politici
cristiani di ogni tempo e di fermentare con esso la nuova società, non solo
approdarono alla patristica e alla scolastica 3, ma si preoccuparono anche
di mettere in luce le istanze popolari savonaroliane 4, che, se alla fine del
XV secolo, non avevano trovato spazio nei programmi di un Papato corrotto, erano state, invece, perfettamente conformi allo spirito del Cristianesimo
e tali sarebbero state prevalentemente giudicate per i secoli futuri.
Un modello per i cristiano-sociali
Dal frate i primi democratici cristiani, organizzati allora in movimento
di opinione e non in partito, attinsero il coraggio morale di contestare certe incrostazioni del passato o peggio certe posizioni egoistiche e autoritarie
che, sotto la parvenza di una vita cristianamente vissuta, seppure con mi1
Cfr. R. Ciampini, Il Savonarola visto dal Tommaseo, in «La Rinascita», maggio 1942, pp. 273-289;
L. Salvatorelli, Pensiero e Azione del Risorgimento, Einaudi, Torino, 1972, pp. 31-32 e 43; G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Editori Riuniti, Roma, 1972, p. 123.
2
Sul problema del cattolicesimo di fronte alla questione sociale, come si è posta nel mondo moderno, cfr. G. Spadolini, Il papato socialista, Longanesi e & C., Milano, 1965.
3
Cfr. E. Guccione, Cristianesimo sociale in Giuseppe Toniolo, Ila-Palma, Palermo-São Paulo, 1972,
pp. 27-28.
4
Cfr. R. De Mattei, Istanze politiche e sociali nel Savonarola, in Problemi di storia del pensiero
politico, Edizioni ricerche, Roma, 1965, pp. 139-176; e, anche, R. Marsala, Gerolamo Savonarola nella
interpretazione di Rodolfo De Mattei, in Storia e critica della politica. Studi in memoria di Luciano
Russi, a cura di G. Carletti, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2012, pp. 49-62.
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200 Eugenio Guccione
nore complicità da parte della Chiesa ufficiale, certamente diversa da quella espressa dalla Curia di Alessandro VI, continuavano a resistere nel mondo cattolico in pieno secolo XIX e si proiettavano verso il secolo XX.
La denuncia di molti soprusi è fatta nell’imitazione dello spirito savonaroliano, anche se si avverte la mancanza di un rivoluzionario come il
domenicano di Ferrara, capace di scuotere gli animi e di spingerli alla realizzazione di una cristiana giustizia sociale: mancanza che sarà fatta notare
a Giuseppe Toniolo da Romolo Murri 5, il quale, se da un lato lascerà comprendere di sentirsi addosso la responsabilità del momento, dall’altro tradirà anche l’intenzione (in seguito realizzata) di essere disposto a svolgere
egli stesso il ruolo del «ribelle».
«A questi tempi occorrono dei Savonarola» scrive il 2 luglio 1903
Murri a Toniolo. L’evidente proposito del prete marchigiano è quello di
sollecitare il beneplacito delle alte sfere ecclesiastiche per l’attuazione di
una maggiore giustizia sociale attraverso un «determinato programma
politico» d’ispirazione veramente cristiana. Il Toniolo è d’accordo sul
fatto che i tempi richiedano dei Savonarola 6, ma egli, a differenza di
Murri, li accetterebbe solo come riformatori dei costumi, come rivoluzionari sociali, nelle vesti di un Cristo scomodo per i ricchi, ma mai come
contestatori della suprema autorità ecclesiastica. Leone XIII, infatti, non
è Alessandro VI. E Murri, a sua volta, ne è consapevole, ma egli vuole
andare oltre l’atteggiamento moderato di Toniolo.
In questa distinzione si delineano le personalità e i ruoli dei due influenti esponenti cattolici: l’uno, laico, sottomesso alla gerarchia, l’altro, sacerdote, insofferente all’indecisa (e pur prudente) linea di condotta del Papa
sull’opportunità o meno di dare una fisionomia politica e partitica alla prima Democrazia cristiana. Ma, al di fuori e al di sopra di questo travaglio
che darà un corso contraddittorio alle future vicende del movimento cattolico, scisso in intransigenti e progressisti, la figura di Savonarola è presa a
simbolo dall’una e dall’altra parte, quasi insopprimibile e autorevole radice
politico-sociale cui poter fare riferimento per una legittima paternità ideologica. Di qui la forza morale e il coraggio che i cattolici sociali ritengono
di potere ricevere da una maggiore conoscenza e da una più dettagliata ricerca sulla figura e l’opera del priore di San Marco.
In tale ripresa di studi e di interessi savonaroliani la tesi più originale
è, appunto, quella di presentare il frate come l’antesignano della Democra5
Su Murri e, anche, su Sturzo, di cui si farà riferimento più avanti, si vedano in quel contesto gli
interessanti profili di G. Spadolini, Gli uomini che fecero l’Italia, vol. II, Il Novecento, Longanesi & C.,
Milano, 1972, pp. 161-171 e 241-249.
6
G. Toniolo, Lettere (1896-1903), vol. II, Opera omnia, serie VI, vol. 2°, Città del Vaticano, 1953,
pp. 354-356.
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Fra’ Gerolamo Savonarola: la rivalsa di uno scomunicato
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zia cristiana. È esplicitamente sostenuta da Filippo Meda, che, in certo
senso, compendia le motivazioni di tutta una corrente sulla necessità di
appropriarsi del religioso domenicano e, nel frattempo, evidenzia le esigenze culturali e socio-politiche di creare con lui uno stabile aggancio dottrinale. Egli, credendo ormai superata la vecchia valutazione illuministica del
Medioevo, giudicato come l’epoca dei secoli bui, rivela la tendenza degli
studiosi a rivedere e a correggere talune opinioni su quella età, che, al vaglio
di nuove ricerche, offre spunti e aspetti positivi. Ed è in questa serena e
documentata revisione storica che emergono agli occhi di Meda la figura e
l’opera di Savonarola.
«Oggi che – scrive l’esponente della Democrazia cristiana – l’indirizzo
prevalente degli studi sociali cattolici, appoggiato alle risultanze d’una critica e d’una filosofia della storia, le quali hanno dissipato un cumulo di
pregiudizi e di falsi apprezzamenti lasciatici in eredità dai padri nostri,
tende a riabilitare il Medioevo come incarnazione pratica, non nelle sue
forme esteriori, ma nei suoi istituti politici e sociali, nel suo organismo
dottrinale, nelle sue forti ispirazioni artistiche, nel suo vivo sentimento
morale, dello spirito cristiano, ed a denunciare nella rinascita una malefica
interruzione del corso logico della civiltà scaturita dal Vangelo, la figura del
Savonarola merita tra noi un posto d’onore...» 7.
L’opinione di Meda è largamente diffusa 8, tanto che Vincenzo Mangano, esponente del movimento cattolico siciliano, ribadendo che l’ideale del
frate è «cristiano, essenzialmente democratico, fondato sulla giustizia, coronato dalla carità, attuato negli ordinamenti sociali, completato negli ordinamenti politici», afferma: «Fra Gerolamo Savonarola è nostro!» 9. Sicché
questi giunge a scrivere che non sente affatto il bisogno di «giustificare» il
frate ferrarese, bensì è piuttosto consapevole di doverlo indicare come modello da «imitare».
Mangano, apprezzando il contributo dato da Savonarola alla politica,
«una delle funzioni più delicate della comunanza civile», ritiene che sia
«ingiustizia somma accusarlo di avere suscitato in Firenze accanite fazioni».
Il religioso domenicano altro non fece che schierarsi dalla parte della verità e le conseguenze di questa sua scelta «per quanto dolorose, non potranno mai consigliare il sacerdote di Dio, a tacere quella verità che egli deve
7
F. Meda, Nella storia e nella vita – Saggi storici, religiosi e letterari, Liberia Editrice Fiorentina,
Firenze, 1903, p. 220. Per un maggiore approfondimento cfr. E. Guccione, Girolamo Savonarola nel
pensiero politico-sociale dei cattolici italiani tra il XIX e il XX secolo, in «Accademia di Scienze Lettere
Arti di Palermo»,, vol XXXVI, 1976-1977, pp. 253-305.
8
Cfr. DEM, La stampa e il centenario savonaroliano, in Quarto centenario della morte, II, febbraio, 1898, p. 5.
9
Forward (pseudonimo di Vincenzo Mangano), Fra Gerolamo Savonarola, puntata I, in «La Sicilia
cattolica», 16-17 maggio 1898.
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202 Eugenio Guccione
bandire». Nessuno scandalo, nessuna imprudenza, se egli, servendosi del
suo stato sacerdotale, tuonò contro la signoria dei Medici, poiché vide e
sentì il dovere di denunciare in questa istituzione la più grossa minaccia
alla libertà, alla fede e ai costumi di Firenze 10.
Il pubblicista cattolico, procedendo verso una più approfondita ricerca,
rileva che fra’ Gerolamo, a differenza del verdetto pronunciato su di lui
dalla Curia romana, espressione di Alessandro VI, rimase nell’ortodossia e,
per giunta, non si distaccò mai dalla dottrina tomista, di cui la Chiesa sin
d’allora si faceva sostenitrice. Egli aggiunge, fra l’altro, che il pensiero politico del priore di San Marco non va desunto soltanto dall’aureo Trattato
circa il reggimento e governo della città di Firenze – richiestogli dai fiorentini per una migliore sistemazione dei pubblici poteri e per il definitivo
ordinamento della Repubblica e scritto nel 1498, circa quattro mesi prima
dell’esecuzione della sua condanna a morte – , «ma eziandio dalle prediche
e dal Triumphus Crucis» 11.
Il Trattato, tuttavia, secondo Mangano, qualora ci fosse bisogno, è un’ulteriore prova a dimostrazione della coerenza dottrinale di Savonarola, il quale, tranne per le poche differenze ambientali e per le «peculiari condizioni di
Firenze», si rifà al De regimine principum di Tommaso d’Aquino (1225-1274).
Nei due scritti si riscontrano una piena condivisione di princìpi e di valori,
un’evidente analogia di argomentazioni e un’affine struttura di esposizione 12.
Anche Luigi Sturzo esprime un giudizio favorevole sul frate ferrarese,
tanto da considerarlo, come gli altri, un anticipatore del concetto cristiano
di democrazia. Secondo il prete calatino, al di là della «protesta contro un
papa del tipo di Alessandro VI» e della «resurrezione della repubblica di
Firenze e la difesa delle libertà cittadine e del sistema democratico contro
la tirannide dei Medici», esiste in Savonarola un impegno globale sublimato sul «piano di un’affermazione spirituale e appassionata del cristianesimo
contro il paganesimo della rinascenza, la valorizzazione dell’ascetismo
sull’edonismo teorico e pratico che dalle corti arrivava al popolo e invadeva il santuario, la rivendicazione di una politica, di un’economia e di un’arte vivificate dall’etica religiosa» 13.
Sturzo ha grande venerazione per Savonarola, che appare ai suoi occhi:
come l’ultimo rappresentante del Medioevo, l’erede dello spirito di Dante e di
Forward, Fra Gerolamo Savonarola, puntata VI, in «La Sicilia cattolica», 24-25 maggio 1898.
Ibidem.
12
Ibidem. Per una più profonda conoscenza della preparazione filosofica del frate si veda G. A.
Scaltriti, Il tomismo di Savonarola, in «Aquinas», n. 3 (1964), pp. 345-385; lo stesso autore ha inviato
un’ampia relazione su S. Tommaso d’Aquino e il Savonarola al Congresso mondiale per il centenario
della morte dell’Aquinate (Roma-Napoli, 1974) che figura agli Atti.
13
L. Sturzo, Chiesa e Stato, Zanichelli, Bologna, 1958, vol. I, pp. 160-161.
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Fra’ Gerolamo Savonarola: la rivalsa di uno scomunicato
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santa Caterina da Siena 14. Fu soprattutto «colui che tentò di risolvere il problema della rinascenza in senso cristiano, non negando ma subordinando alla
concezione della vita religiosa quel che andava acquistando nella cultura, nell’arte e nell’attività sociale, nuova esperienza del classicismo greco-romano» 15. E
così tutta la sua attività si concentrò su un proposito ben preciso: «fare dell’etica cristiana l’ispiratrice della politica» e, in pari tempo, «elevare la chiesa al di
fuori delle passioni terrene non distaccata né estranea al mondo, ma quale
spirito vivificatore di tutta la vita umana» 16. Un impegno così alto, secondo
Sturzo, non poteva essere compreso dal contemporaneo Niccolò Machiavelli
che giudicò Savonarola «un esaltato» 17 e lo collocò tra i profeti disarmati.
Simbolo della libertà
Ad affascinare i cristiano-sociali, operanti tra la fine dell’Ottocento e
l’inizio del Novecento, fu, altresì, il Savonarola teorico e politico della libertà. Questi è visto come il «simbolo della libertà», tanto che Murri giunge a scrivere che assieme a lui viene impiccata, «cade anche – consorzio
significativo – la libertà fiorentina» 18. E, in effetti, quanto e come Savonarola si preoccupi di educare i cristiani al buon uso della libertà è possibile
dedurlo da una delle sue più importanti prediche, quella del 28 luglio 1495.
In questa predica il frate fa tre precise raccomandazioni al cittadino
chiamato a eleggere i propri governanti: «… primo che tu volti l’occhio a
l’onore di Dio e che colui che tu nomini sia buono; secondo che tu abbi
rispetto al ben commune e non particulare; terzio al buono e costumato
vivere e allo onore della tua città». E, poi, con tutta franchezza, aggiunge:
«Se tu vedi che quel tale sia secondo queste tre cose, eleggilo e dàgli la fava
nera; ma se egli è uno sciocco, benché e’ sia buono, non lo fare, perché
manca qui l’onore di Dio, manca il bene commune e l’onore e la reputazione della tua città, la quale tu togli eleggendo uno che non sia atto» 19.
Nel pensiero e nell’azione di Savonarola è possibile cogliere la convinzione che la sorte del «governo civile», ossia della democrazia, è segnata
Ibidem.
Ibidem.
Ibidem.
17
Ivi, pp. 161-162.
18
R. Murri, L’idea universale di Roma: dalle origini al fascismo, Bompiani, Milano, 1937, p. 204;
Idem, Democrazia cristiana, Ed. Gentile-Cosmopolita, Milano-Roma, 1945, pp. 50-51, in cui l’autore,
fra l’altro, scrive: «Savonarola, che voleva instaurare a Firenze le libertà pubbliche nel nome di Cristo,
incominciando da una severa eroica riforma del costume morale dei fiorentini, pagò con la vita l’audacia».
19
G. Savonarola, Prediche italiane ai fiorentini, Giorni festivi del 1495, a cura di F. Cognasso, La
Nuova Italia, Perugia-Venezia, 1930, pp. 389-390.
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dall’uso che i cittadini sapranno fare della loro libertà. È indispensabile,
innanzitutto, che costoro tengano sempre e ovunque presente il bene comune e che, nella scelta dei cittadini cui affidare le redini dello Stato, sappiano eleggere uomini dotati di onestà e di capacità, qualità queste che,
come un binomio, debbono essere sempre congiunte e costantemente praticate nella gestione della cosa pubblica. Qui si inserisce anche il principio
secondo il quale non esiste una doppia morale: una per chi opera privatamente e un’altra per chi opera nel sociale o nel politico.
Ai cristiano-sociali non sfugge che la libertà, sia quella individuale, sia
quella politica, è intesa da Savonarola nell’accezione tomistica, nel senso
che l’uomo, fornito di libero arbitrio, pur potendo orientarsi verso il male,
deve sapere scegliere il bene nel grado e nella situazione in cui esso, di
volta in volta, si presenta. È questa la garanzia più valida che possa esser
data dal Cristianesimo a una forma di governo, la quale è essenzialmente o
diventa democratica proprio in virtù del fatto che tutti i cittadini o la maggior parte di essi partecipano alla vita pubblica mettendo al servizio della
società la loro effettiva, consapevole e bene orientata facoltà di scelta.
Non c’è spazio nella concezione savonaroliana per il determinismo
storico, che afferma il porsi e l’imporsi dell’ineluttabile nelle vicende umane. E ogni intenzione o attività del cittadino si riduce, alla fine, a pura illusione di pensare e di agire. Il priore di San Marco, invece, è convinto che
l’uomo è responsabile delle sue azioni ed è artefice della storia. Ciò, ovviamente, non cozza con il ruolo di profeta, riconosciutogli dai contemporanei
e dallo stesso Machiavelli, poiché il realizzarsi o meno delle sue previsioni
è sempre legato alla condotta morale dei fiorentini.
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