Incontro del Gruppo di lettura del 20 novembre “Trilogia del Ritorno” di Fred Uhlman (1971) Fred Uhlman nasce a Stoccarda nel 1901, in un famiglia di origini ebree, nel 1933 per le persecuzioni naziste deve fuggire a Parigi, dove si dedica alla pittura. Da lì nel 1938 emigra in Inghilterra, dove nel 1971 pubblica il suo primo romanzo: “Reunion”, il racconto paradigmatico dell’amicizia tra il giovanissimo conte Konradin von Hoenfels e l’adolescente ebreo e tedesco Hans Schwarz. Il romanzo passa inosservato, ed è solo dopo la traduzione francese e la pubblicazione nel 1979 in Italia da Longanesi - col titolo “L’amico ritrovato” - che la storia dell’affinità elettiva tra i due studenti del "Karl Alexander Gymnasium" agli inizi degli anni ’30 diventa un caso letterario, incipit di una trilogia – che comprende anche “Un’anima non vile” e “Niente resurrezioni, per favore” – cui l’autore volle dare il nome di “Trilogia del ritorno”. Nei primi due libri, la parabola dell’amicizia tra i due compagni di scuola, il nobile nazista e l’ebreo costretto ad emigrare dall’instaurarsi della dittatura nazista e dal “tradimento” dell’amico, si compie con un “ritorno” possibile per Hans nella comprensione delle ragioni di Konradin, nell’abbracciarne con pietas la lucida ritrattazione che “salva” il valore simbolico e fondante della reciproca amicizia, nel segno dell’amore un tempo condiviso per la Germania e la sua cultura. Protagonista del terzo romanzo della trilogia è Simon Elsas, pittore ebreo emigrato in America per fuggire le persecuzioni razziali, che nel dopoguerra quasi per caso si ritrova a Stoccarda, dove l’incontro con la donna un tempo amata, Charlotte, e con alcuni compagni di scuola gli rivela l’impossibilità di un “ritorno”. Tra lui e loro, ci sono i sei milioni di morti della follia hitleriana. Cui nessuno di loro si è rifiutato di partecipare, su cui hanno forse chiuso gli occhi. Ne nascono domande difficili: “Perché Haber non aveva detto una parola su quello che aveva fatto durante la guerra? E lui, perché non glielo aveva chiesto?”. E difficili risposte: mentre sta per tornare in America, il suo ex compagno di scuola Von Muntz si presenta all’imbarco, per affermare: “Sono innocente. Io non ho colpe. Ho solo obbedito agli ordini, come tutti. Tutti hanno solo obbedito agli ordini.” Ma sarà una lettera di Charlotte a guarirlo dalla nostalgia, stigma del voltarsi indietro verso le ragioni del passato, impoverendo il presente: “Ho pianto a lungo quando te ne sei andato. Avevi un’aria tanto severa, eri tanto strano e freddo, sembravi un giudice più che il mio vecchio amico. Se tu mi avessi dato tempo, se tu avessi sorriso, anche solo una volta, avrei potuto spiegarti un mucchio di cose. E sono sicura che avresti capito e, forse, mi avresti perdonata. Ora non è rimasto nulla. Perché sei tornato? E perché, tornando, non hai cercato di capire? Ormai non ho più speranze, mi auguro soltanto che questa vita sia l’unica da vivere, indubitabilmente. Niente resurrezioni, per favore. D’inferni ne basta uno.” Fred Uhlman ha raccontato le sue vicende, quelle che in filigrana animano i tre romanzi, nella sua autobiografia, quella “Storia di un uomo” in cui tira le somme della sua 1 esistenza, rammaricandosi di aver fallito nel suo intento di diventare un grande artista, all’oscuro del grande successo che aspettava le sue opere. Dal Gruppo, tracce di lettura *_L’ho trovato molto semplice da leggere e mi è piaciuto molto, Konradin sembrava freddo e si rivela diverso, attraverso le sue parole si capisce molto bene cos’è stata la seconda guerra mondiale, la presa di coscienza progressiva della follia di Hitler. Nel resoconto finale di “L’amico ritrovato” attraverso l’elenco dei compagni caduti si evidenzia l’orrore della guerra come perdita di una generazione di persone giovani. *_La parte che mi è più piaciuta è la seconda, quella in cui il punto di vista di Konradin cambia rispetto all’esperienza. Questo personaggio avvolto da un’aura di magnificenza, attraverso una presa di coscienza dovuta alla riflessione trova il coraggio di chiedere perdono, è “non vile”, anche se avrebbe dovuto trovare il coraggio di schierarsi e lui era in grado di scegliere, nonostante il contesto difficile e i condizionamenti familiari. *_Avevo letto “l’amico ritrovato” vent’anni fa ne conservavo il ricordo di un bel libro. Mi è piaciuto come scrittura, semplice di facile lettura ma denso e profondo e nello stesso tempo con un ritmo emozionante che ti porta a continuare. Molto bello il finale del primo romanzo, e interessante il ribaltamento del punto di vista del terzo romanzo, con lo sguardo del professore che torna dall’America. Il sentimento dell’amicizia apre il libro, nel sentimento dell’amicizia si chiude la trilogia, nel segno di una separazione emotiva irreparabile, tra persone che non hanno più nulla da dirsi. *_In generale non mi ha preso molto, mi ha colpito la terza parte, quasi un pretesto per descrivere il dopoguerra in Germania, come è stata metabolizzata la sconfitta: e l’arrivo del Professore è come una scintilla che provoca le reazioni altrui, un catalizzatore delle negatività che sono state rimosse. La sua presenza provoca reazioni in cui non sembra entrare in prima persona. *_L’ultima parte della trilogia sembra essere un percorso per dimenticare la patria. E perdonare aiuta a dimenticare. *_Di “l’amico ritrovato” mi sono quasi innamorata. C’è un nostos, un ritorno nel segno di un’amicizia che è continuata. Konradin in qualche modo è innamorato della madre, da lei suggestionato. Hans comprende il momento storico, gli obblighi della nobiltà: non arriva a giustificare l’amico ma lo comprende. Nel rientro del Professore si celebra il distacco definitivo, non si fida più dei tedeschi. *_I primi due libri non mi sono troppo piaciuti, li ho trovati un po’ scolastici con tutte le tematiche esposte per esteso, in cui l’argomento più sentito è la letteratura, l’ho trovato un po’ pesante, mi è piaciuta la terza parte perché sembra che Hans cresciuto faccia il punto 2 sulla situazione del paese, sulla domanda su quanta parte abbia il libero arbitrio nelle grandi contingenze storiche, sul senso di colpa della Germania, sul perché la gente non si sia ribellata. *_Nella terza parte il professore afferma che ogni volta che incontra un tedesco non può fare a meno di chiedersi cosa possa aver fatto durante la guerra. Non c’è più l’idealismo dell’adolescenza, le tematiche sono più profonde. E’ la parte che mi è più piaciuta, per quest’ottica diversa. *_C’è un profondo senso di malinconia nei primi due romanzi, per qualcosa che si è perso con uno stile che cerca di salvarlo almeno nel linguaggio, nel culto per la cultura classica. Un elenco di autori e opere che almeno sulla carta cerca di salvare i valori di un’epoca. Il terzo libro è stato scritto negli anni ’70, in cui c’era una generale rimozione rispetto alla Shoa, è un atto di accusa forte, duro contro la Germania tesa al benessere economico. Come se la nazione fosse alimentata dalla volontà di dimenticare quello che era accaduto, attraverso la riconquista di agio, normalità. Da qui la distanza tra il Professore e le persone che incontra. La lontananza gli permette di ragionare in altro modo, di giudicare. Lui non vuole incolpare nessuno, ma resta la questione centrale della responsabilità dell’uomo, del perché non ci si ribella. Dopo la lettura di “perché leggere i classici” di Calvino abbiamo tracciato la nostra biblioteca dei classici che il gruppo vorrebbe leggere. F. Dostoevskij Delitto e castigo F. De Roberto I Vicerè M. De Cervantes Don Chisciotte M. Proust Alla ricerca del tempo perduto L. Tolstoj Guerra e pace; Anna Karenina H. Melville Moby Dick B. Pasternak Dottor Zivago A. Manzoni I promessi sposi G.G.Marquez Cent’anni di solitudine J. Joyce I Dublinesi V. Woolf Le onde Per il prossimo incontro del gruppo di lettura di sabato 18 dicembre è stato scelto “Revolutionary road” di Richard Yates (minimum fax) 3