In marcia con i vescovi Cavina e Negri
Le ventate africane non hanno potuto fermare l’iniziativa della “camminata-trekking” dalla collina
bolognese di San Luca a Monte Venere: mentre l’aria sfiorava i 40 gradi, il pastore della diocesi di Carpi
accompagnava con alcuni seminaristi i pellegrini che hanno preso parte al gesto in memoria di Rolando
Rivi e José Sanchez del Rio. A loro si è unito pure il presule di Ferrara
di Albachiara Cristiani – La Croce, martedì 7 luglio 2015
Perché nelle due giornate definite le più calde dell’anno, per poter partecipare quindi sotto 40 gradi a un trekkingcamminata, un medico cambia il turno di guardia, una dottoressa chiude lo studio il sabato, un negozio aperto al
pubblico (in tempo di crisi) abbassa la saracinesca, una ragazzina di 23 anni invece di andare in discoteca si riposa
andando a letto presto il venerdì sera e ragazze belle senza marito invece di andare alla notte rosa mettono a
disposizione le loro macchine per raggiungere san Luca e poi ancora l’imprenditore, il pompiere, il papà con il
bambino?
Perché abbiamo capito perché siamo al mondo, per qualcosa di più grande, abbiamo capito che ci si salva solo dentro
la Chiesa, non esiste altra possibilità di salvezza e la chiesa è un Mistero di cui noi facciamo parte e che dobbiamo
difendere proprio perché ne siamo parte viva. E questa vivacità è la stessa per cui due bambini beati martiri, Rolando
Rivi e José Sanchez del Rio, hanno donato le loro vite per questa Bellezza volendoci dimostrare che possiamo viverla
solo con i sacerdoti. Rolando è morto per difendere l’identità sacerdotale, la talare e Josè per difendere i sacerdoti.
Abbiamo voluto offrire le nostre fatiche per le nostra Chiesa certi che, come ci ha insegnato mons. Francesco Cavina
vescovo di Carpi, il Signore le avrebbe trasformate in grazie come si verifica alla marcia per le vocazioni da Lui
indetta nella sua diocesi una volta al mese.
Partenza San Luca. La prima salita sono i gradini per arrivare sotto al quadro della vergine e affidarci a Lei, non ci
possiamo sbagliare ce lo conferma il Suo sguardo e noi ci sentiamo continuamente ripetere “se avete detto sì a questi
due giorni di sacrificio è perché mio Figlio si fida ancora di voi, cavoli non si è ancora stancato di me!
Prima conferma: la presenza di Cavina e sette seminaristi. Siamo sereni pur consapevoli di ciò che ci aspetta, una
serenità dettata dalla presenza del vescovo Cavina e dai seminaristi che durante il cammino faticoso, con le magliette
fradicie di sudore, i loro occhi incrociavano i nostri a cui rispondevamo solo con un sorriso perché lo sforzo di alcune
salite non ci permettevano neanche più di parlare. Ha guidato la preghiera solo il vescovo, unico che si può motivare
solo per Grazia di Dio, ne aveva le forze.
Seconda conferma: Pietro Sarubbi. Li definirei i due giorni di sguardi, confermati dall’attore Pietro Sarubbi che nel
darci testimonianza al pranzo della domenica, ospiti del direttore generale di Emilbanca,Daniele Ravaglia, ha
sottolineato di vedere nei nostri occhi lo sguardo di Dio che lo folgorò nel suo primo incontro con il Signore. Pietro
domenica aveva davanti lo sguardo dell’imprenditore di Sassuolo, della mammina vedova che invece di riposarsi
questo weekend ha portato la piccola bimba di 8 anni a faticare. Da questi sguardi nasce la fede cioè l’incontro con
Dio.
Mi ha commosso più volte lo sguardo di un seminarista che vedendomi sudare cosi, mi si avvicinava e in meridionale
mi diceva “non te scoraggia’”. E io: “Non mi scoraggio caro perché oggi ho te di fianco, giovane coraggioso che hai
detto sì e con questa camminata ti stai preparando a darmi l’eucaristia, che solo tu mi potrai dare, voi cari seminaristi
siete lo scandalo più grande, voi state rischiando x me e tutti quelli che in contrate ogni giorno, spero che vi siate resi
conto dell’importanza che è stato avervi con noi, era la forza nelle nostre gambe”.
Lo sguardo del vescovo ha sciolto i cuori di chi aveva preso la camminata come una sfida lanciata al Signore ed ecco
che non sono mancate confessioni e direzioni spirituali. Cavina instancabilmente con generosità gioiosa li ha
incontrati uno ad uno.
Un vescovo che cammina con il popolo, fatica e suda con il popolo, scherza e prega con il popolo dall’inizio alla fine,
devo sottolineare dall’inizio alla fine perché è proprio quando ormai eravamo giunti alla meta prefissata che mi sono
sentita abbracciata dall’amore sacerdotale di questo sacerdote nel momento in cui le guide ci hanno vietato di
percorrere a piedi l’ultimo tratto ritenuto troppo pericoloso per il caldo io mi sono rivolta a lui proponendo di salire a
piedi solo io lui e pochi altri che se la sentivano, cavoli ero venuta fino qui tanta fatica e poi ci mollo all’ultimo,
proprio gli ultimi 4 km prima della croce? “Eccellenza” - gli ho detto - “io la Croce la porto fino alla fine, noi
andiamo a piedi l’importante che facciamo salire i pellegrini sui pullmini”. Lui con una tranquillità quasi fuori
dall’umano mi ha risposto: “Siamo stati in comunione fino ad ora, abbiamo condiviso tutto nel Signore, saliamo tutti
insieme sui pullmini e il Signore che legge nel tuo cuore trasformerà in grazia anche questo tuo sacrificio di rinuncia”.
Non potevo rispondere male a un vescovo allora con una scusa mi sono girata e ho cominciato a piangere, stupita però
del fatto che non erano lacrime di rabbia ma di chi si era sentito smontato e poi rimontato dall’Amore di Dio Padre,
completamente svestita dalla presunzione di potercela fare con le mie forze e rivestita dalla Sua Grazia. Il mio
incontro con il vescovo Cavina è iniziato 3 anni fa con una carezza da Lui ricevuta ed oggi continua con questo
abbraccio in comunione agli altri pellegrini consapevoli che la vita è un dono prezioso e che la più alta espressione del
dono è il martirio come lui ha scritto nel libretto che ci ha consegnato sulla vocazione, a conclusione della camminata.
Grazie monsignore di averci fatto comprendere che la più alta espressione del dono di sé è il martirio ma che
possiamo ugualmente viverlo quotidianamente nelle nostre fatiche quotidiane.
A conclusione dei due giorni siamo stati arricchiti dalla celebrazione della santa Messa in ricordo di don Dario Zanini,
che pose la croce a Monte Venere nel 1956 come segno di pace, presieduta dalla preziosa presenza di Mons. Luigi
Negri che, arrivato da Ferrara, non è salito alla croce in macchina ma si è fatto scaricare cinquecento metri prima
percorrendoli a piedi in salita pur non godendo di ottima salute: piccolo gesto anche questo in comunione a noi
pellegrini e, parlando del martirio, ha ribadito che “la vita è vera e bella, bella perché è vera e vera perché si esprime
nella bellezza”. E questa bellezza vera l’abbiamo vissuta insieme nel trekking in comunione sostenendoci a vicenda,
alla presenza del sindaco di Monzuno e sindaco di Monghidoro abbiamo innalzato il colletto clergy di don Dario sulla
sua croce come segno di fedeltà sacerdotale. Grazie cari Vescovi e seminaristi.
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