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Nicola Aporti
www.hfgip.com
Stretta sulla food safety
LA COMPLESSA NORMATIVA CINESE INTRODUCE NUOVE MISURE PER ELEVARE GLI STANDARD
DI SICUREZZA SUI PRODOTTI ALIMENTARI. IL PRINCIPIO DELLA TRACCIABILITÀ DIVENTA CENTRALE
a scoprire che i loro prodotti non sono a norma,
ovvero presentano gravi rischi per la salute.
Vengono fortemente inasprite le sanzioni, che
possono arrivare a massimi edittali di 20 o 30
volte il valore dei prodotti non conformi a seconda delle specifiche fattispecie, fermo restando
possibili conseguenze penali.
Quale impatto
per i prodotti importati
I
l 2015 vedrà importanti modifiche al sistema
normativo dell’industria alimentare cinese:
dalla nuova legge di sicurezza alimentare (in
vigore dal 1 ottobre 2015), alla nuova legge sulla pubblicità (in vigore dal 1 settembre 2015),
dal nuovo regolamento attuativo in materia di
richiami alimentari (in vigore dal 1 settembre
2015) a molti nuovi standard sia verticali che
orizzontali. La Cfda (China Food and Drug
Administration) diventa a tutti gli effetti l’ente
centrale di riferimento per tutta la materia di
sicurezza alimentare, coordinata da vari altri ministeri tra cui in primis il Aqsiq – l’autorità che
vigila sulla sicurezza alimentare che ha particolare
competenza in materia di alimenti importati – e
il Nhpfc (ex ministero della salute) che cura la
fase di risk assessment.
Diventano centrali i principi della tracciabilità del
prodotto – che tuttavia dovrà essere implementata per non restare solo sulla carta e in una filiera
come quella cinese è la sfida forse piu difficile – e
del whole society approach, l’approccio olistico
di tutti i player (produttori, distributori, somministratori, istituzioni, associazioni di categoria,
media, società civile) verso il raggiungimento
della sicurezza nel mercato alimentare. Viene
introdotto un chiaro obbligo di richiamo alimentare per produttori e distributori, se vengono
44 FOOD Luglio-Agosto 2015
Per i prodotti importati senza standard di riferimento (situazione non così rara) si potrà ora
chiedere alle autorità di approvare ad hoc l’importazione di quel tipo di prodotto sottoponendo i relativi standard di sicurezza alimentare stranieri o internazionali. L’esportazione di prodotti
di carne, ittici o lattiero caseari continua a essere
condizionata all’approvazione – previo audit –
del singolo stabilimento di produzione straniero.
Cadono alcune delle barriere all’ingresso per i
nutraceutici: verrà redatto un catalogo di ingredienti ammessi e un altro dei claim ammessi (a
oggi solo 28). Per gli integratori e gli altri nutraceutici che utilizzino gli ingredienti sul catalogo
non sarà più necessaria la lunga procedura di
approvazione con il Cfda (fino a due anni, con
costi di decine di migliaia di euro per ogni sku),
ma solo una più rapida (e meno onerosa) registrazione.
Alti livelli di guardia
per il baby food
Per la tipologia dei prodotti per l’infanzia, certamente la più sensibile socialmente, sono previste
indicazioni precise: viene vietata espressamente la
pratica di importarla e re-impacchettarla in minime confezioni di vendita. E necessario quindi
che l’importazione avvenga già nella minima
confezione di vendita – con etichetta cinese già
stampata direttamente (requisito peraltro che,
sebbene formalmente richiesto solo per il baby
food, in pratica è ormai applicato anche al latte
uht) e con shelf life di almeno tre mesi al momento dello sdoganamento. Il divieto per ogni
produttore di commercializzare più brand di
baby food con la stessa formula di fatto colpi-
sce esclusivamente i produttori cinesi (fino a 30
brand per produttore!) che quelli stranieri; anche
la necessità di registrare con il Cfda ogni prodotto
baby food immesso sul mercato pare destinato
unicamente ai produttori locali cinesi, sebbene
l’articolo della nuova legge allo stato risulti non
chiaro sul punto.
Forse la maggiore novità – sebbene annunciata
da più di due anni – riguarda i claim: con l’entrata in vigore (il 1 luglio 2015) del Gb 134322013, nessun claim di contenuto o comparativo
è ammesso per baby food zero-6 mesi. Per altri
tipi di alimenti a uso dietetico speciale, claim di
contenuto e di funzione sono ammessi, ma in
maniera molto più limitata rispetto agli alimenti
ordinari. Un’interessante apertura riguarda quei
claim nutrizionali ammissibili, ma non definiti
nel loro wording dalla normativa cinese: possono
finalmente essere utilizzati, a patto che siano supportati da regolamenti di enti ufficiali stranieri o
internazionali.
E-commerce, controlli
elevati in rete
Gran parte del commercio retail in Cina gira ormai in via elettronica. La nuova normativa tiene
conto di questo enorme fenomeno e obbliga le
piattaforme a: implementare un sistema di registrazione con vere generalità degli operatori
alimentari; selezionare all’ingresso tali operatori
previa verifica delle loro licenze e credenziali;
collaborare in maniera proattiva al take down in
caso di violazioni di legge.
sumatore va protetto anche quando compra in
mala fede.
Altre misure degne di interesse in questo senso
sono quelle che puniscono – anche in ambito penale – media, consumatori e in generale
chiunque diffonda false notizie in materia di
sicurezza alimentare o incidenti alimentari
causando turbative dell’ordine pubblico. Sarà
interessante vedere se e come questa norma
verrà applicata per esempio in caso di tam-tam
mediatico su social network per problemi che si
rivelino infondati.
Uno sguardo infine alla nuova disciplina in materia di pubblicità: risaltano le norme relative
alla pubblicità elettronica (per esempio, occorre
dichiarare le vere generalità di chi invia questo
tipo di comunicazioni), al limite all’uso di testimonial (vietato se più giovani di dieci anni e
devono aver realmente provato il prodotto), ai
nutraceutici (obbligatoria la pre-approvazione
alla pubblicità da parte del Cfda) e ai prodotti per
infanti (per i quali il claim di ‘prodotto totalmente o parzialmente sostitutivo del latte materno’ è
tout court vietato).
Anche qui, l’inasprimento delle sanzioni porta
alla responsabilità solidale – in caso di pubblicità ingannevole – dell’agenzia pubblicitaria e
dell’editore, oltre a quella del produttore e del
distributore.
Claim, protezione anche
per le food company
La nuova legge di sicurezza alimentare alza i danni punitivi (sino a 10 volte il prezzo speso, o 3
volte il danno patito, ma in ogni caso non meno
di 1.000 Rmb) qualora il consumatore si imbatta
in prodotti non conformi.
La buona/ottima notizia per le food company
riguarda l’espressa esclusione del danno punitivo
in caso di errori o problemi in etichetta che non
hanno un impatto sulla sicurezza del prodotto
nè sulla fede del consumatore: questione non da
poco se si pensa che a oggi un semplice errore
di battitura, spaziatura, allineamento espone di
fatto le food companies ai ricatti dei professional
consumers (che ormai assomigliano sempre più
a gruppi di acquisto che ricercano il profitto da
prodotti non conformi sul mercato sfruttando
le sanzioni di legge). Si parla di migliaia di casi
all’anno. Il problema già esistente era poi esploso quando a dicembre 2013 la Suprema Corte
cinese aveva chiaramente enunciato che il conFOOD Luglio-Agosto 2015 45
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