Antropologia - Lezione 15^ Momento sistematico 1 La creazione: la relazione uomo-”creato” «Se le ali dell’uccello restano chiuse rifiutando il semplice segno della croce, l’aria, da parte sua, lo rifiuterà fino a che le sue ali non confessino la croce. Dappertutto, Signore, sono i tuoi simboli, Tu sei dunque nascosto dovunque! Il tuo simbolo è nelle altezze che ignorano la tua esistenza. Il tuo simbolo è nell’abisso che non sa che tu sei. Il tuo simbolo è nel mare per il quale tu rimani nascosto. Il tuo simbolo è nella terra che non ha coscienza di Te! Benedetto sei Tu, il nascosto che splende!» (Efrem il Siro, Inni sul Paradiso) Momento sistematico I Ri-fare il discorso a partire da: (= strutture della libertà creata) L’uomo: libertà creata La relazione uomo-creazione Tesi fondamentale della Predestinazione: Figli nel Figlio per grazia SIAMO QUI La riflessione biblica sulla creazione La fede nella creazione nell’Antico Testamento Genesi inizia «materialmente» coi racconti delle origini ma storicamente la fede nella creazione non è il punto di partenza della fede di Israele non appare neppure nelle più antiche formulazioni di fede: il contenuto è la liberazione dalla schiavitù, l’uscita dall’Egitto e l’entrata nella Terra Promessa (cfr. il piccolo credo storico: Dt 26,5-9; Gs 24, 16-18; Es 20,2; 1Sam 12,6). Due linee interpretative: La creazione come presupposto dell’Alleanza (K. Barth – G. von Rad) la fede nella creazione è nata in seguito e come estensione della fede nell’Alleanza, ossia dopo l’esperienza della salvezza in un primo momento Israele ha scoperto il «Dio salvatore», in un momento successivo, è risalito al suo ruolo sul cosmo, riconoscendolo anche come il «Dio creatore» Dio è stato scoperto nel suo agire salvifico (= l’Esodo) partendo dall’Alleanza storica si è risaliti alla creazione: Da dove viene la potenza di Dio sul cosmo e sulle forze della natura? Il Dio potente, che ha manifestato la sua forza nella liberazione dall’Egitto, deve essere necessariamente il Dio di tutto ciò che esiste: “il Dio d’Israele è l’unico Dio vero del mondo”. Dio ha dovuto creare per poter realizzare l’alleanza: la creazione è il presupposto estrinseco di dell’alleanza ma la creazione non ha senso se non in funzione dell’alleanza, perciò quest’ultima è il presupposto intrinseco della creazione: priorità (non solo cronologica, ma anche logica) dell’alleanza rispetto alla creazione, la quale è interamente relativa e funzionale a questa il contenuto teologico della creazione: è una verità salvifica e non cosmologica: riguarda il rapporto tra Dio e l’uomo e non le origini del mondo La fede nella creazione come appartenente al patrimonio comune dei popoli dell’AVO (Claus Westermann) difficile pensare che solo a partire dalla nozione dell’Alleanza la creazione abbia giocato un ruolo nella visione religiosa di Israele la fede nella creazione era già parte della convinzione del popolo, anche indipendentemente dalla nozione di Alleanza, a motivo delle credenze ereditate dagli antenati e nel confronto coi miti dei popoli vicini Claus Westermann: La recezione critica delle tradizioni mitico-religiose (racconti e inni di creazione) dei popoli dell’AVO da parte di Israele significa che il discorso della creazione nella Bibbia spinge le sue radici molto lontano nella storia dell’umanità. Con esso è affidato alla Chiesa qualcosa che va molto al di là dell’Antico e del Nuovo Testamento e che appartiene ai valori religiosi e nello stesso tempo ai valori culturali dell’umanità. La chiesa li ha per lungo tempo trascurati e misconosciuti, ma oggi essi sono di nuovo sentiti come qualcosa di necessario per il futuro dell’umanità… (Teologia dell’Antico Testamento, 115) non compare esplicitamente tra gli articoli di fede del credo storico «perché era un presupposto pacifico» e collegato in seguito alla fede jahvistica Lunga preistoria degli attuali testi della creazione: * compimento nel momento esilico e postesilico (VI sec. a.C.) * in particolare con la speculazione del deuteroisaia giunge a chiarezza la coincidenza tra il Dio salvatore e il Dio creatore Creazione e Benedizione: Gen 1-3 nella riflessione biblica Come vanno letti i testi? non isolare i passi tradizionali sulla creazione dall’insieme del documento biblico: cogliere Gen 1-3 nel contesto più ampio di Gen 1-11 la struttura letteraria data dall’intreccio delle genealogie/generazioni (o toladot: P: 2,4; 5,1; 6,8; 10,1; 11,10; 11,27) costituisce l’ossatura organica della sezione, ottenendo un duplice effetto: • non isola il racconto della creazione, inteso solo come spiegazione dell’origine del mondo e dell’umanità • ma collega la storia delle origini (Gen 1-11) col diluvio e persino con la successiva storia dei patriarchi (Gen 12: vocazione di Abramo) che è a sua volta il preludio dell’esodo. questa architettura letteraria è una confessione di fede nell’agire di Dio che produce la storia: la storia è un succedersi di toladot di cui la creazione del cielo e della terra è la prima tappa. correttivo di una visione pessimistica = alla maledizione segue la benedizione: tutta la storia è data dall’intreccio di entrambe la conclusione che si impone anche da questo punto di vista è il legame originario tra la creazione e la salvezza: • non è possibile parlare della creazione se non all’interno dell’agire salvifico di Dio • e all’interno della storia dei popoli, estendendola sino alla creazione, conservazione e benedizione nell’orizzonte del cosmo. Il genere letterario: storia o mito? C’è un legame tra la dottrina di Israele e lo sfondo culturale dei popoli dell’Antico Vicino Oriente: • la scoperta delle narrazioni sumeriche, babilonesi ed assire relative ai miti delle origini • sorprendente affinità (e persino anteriorità) coi racconti biblici = qual è la loro specificità? quale valore dargli? Non vi è un solo motivo del racconto della creazione dell’Antico Testamento che sia assolutamente nuovo; tutti hanno dei paralleli più o meno vicini o lontani (Claus Westermann, Teologia dell’Antico Testamento, 115) Possibili reazioni: una reazione apologetica, volta ad affermare la superiorità dei testi biblici rivelati la risposta classica distingue tra rivestimento letterario e insegnamento religioso, quasi tra forma e contenuto: «i racconti biblici indicherebbero il senso (il perché) del mondo mentre lascerebbero alla scienza la determinazione del come». Oggi rivalutazione “razionale” del mito: Anche sul piano filosofico e su quello della storia delle religioni, oggi il mito non viene più considerato come un livello primitivo, ingenuo, pre-scientifico e finalmente superato dalla conoscenza umana. In modo molto più libero rispetto ai pregiudizi del passato, il mito è visto ora come un modello esperienziale e interpretativo del mondo, un modello che ha una sua consistenza, dotato di una sua razionalità (M Kelh, p.108). • La differenza tra la razionalità antica e quella moderna è enorme. - Il mito nella forma di narrazione di racconti (la parola mythos significa ‘parola’ o ‘racconto’) cerca i fondamenti ultimi (archai) del mondo, ma anche di ogni evento-comportamento nell’ambito degli dèi e del numinoso e non nelle cause di carattere storico – biologico o fisico – psicologico o sociologico, come accade oggi. - La forma razionale mitica era in grado di elaborare una visione complessiva della realtà, che integrava la sfera della vita individuale e di quella collettiva, dando un forte contributo alla creazione della cultura. Per noi oggi rivalutare il mito non dev’essere una fuga nostalgica, ma l’occasione per non squalificare la visione mitica del mondo e cercare di cogliere il contenuto veritativo dei racconti di creazione dell’AT. Quale senso dare ai miti/inni di creazione dell’AVO? - Nascono all’interno della percezione vissuta che la realtà è ambivalente, c’è alternanza tra ordine e disordine, salvezza e rovina, morte e vita - es. la natura coi suoi ritmi regolari e con le sue catastrofi; l’ambito sociale con i suoi costumi e istituzioni stabiliti e le sue guerre/crisi - I miti di creazione si riferiscono primariamente a queste esperienze universali. Non parlano affatto di una realtà fantastica (fittizia e irreale) ma in maniera cifrata descrivono questo mondo effettivamente sperimentato (res tua agitur!). Quando il mito di creazione attribuisce agli dei/ Dio il fondamento ultimo di ciò esiste (che è dunque un senso religioso) intende rispondere alla domanda esistenziale circa il senso della realtà: La domanda sull’inizio è per lo più la domanda sul senso vero di un’opera , di una cosa o di un evento. La domanda sull’inizio del mondo e dell’uomo è la domanda sull’origine e sul fondamento originario. Come tale essa non è una domanda sull’istante temporale o sul modo dell’inizio, ma sulla qualità dell’inizio: la domanda sull’origine è la domanda sulla coerenza e sullo scopo di tutta la realtà, dunque se sia stato un inizio buono o cattivo, un incidente o un caso (E. Zenger) Se una potenza divina ordina il caos, o da forma a una materia originaria, o genera/ fa nascere il mondo, ciò significa che si può esprimere una fiducia fondamentale nel fatto che tutta la realtà sia dotata di senso. Nella misura in cui provengono da una opera di fondazione divina potente e buona, il mondo e l’uomo poggiano – pur in mezzo a tante minacce – su un fondamento affidabile, da cui ricevono stabilità e protezione. Il mito è addirittura la rivendicazione di un ordine cosmico di fronte agli dèi che vengono venerati come divinità creatrici. Il mito svela per via narrativa e trattiene per via evocativa l’inizio buono con lo scopo di conservare e di ordinare il mondo come luogo della vita (e non della morte) corrispondendo così a questo ordine originario nascosto (E. Zenger) Questa speranza mitica degli inizi fa pendant coi miti di compimento finale e giustifica una visione del mondo realistica e ragionevole. Questa visione ha permesso a quei popoli di assumere comportamenti generatori di senso e di costruire dei mondo socio-culturali dotati di un senso coerente a servizio della convivenza. La fede ebraico-cristiana nella creazione, attraverso Gn, esprime una fiducia originaria nel fatto che la realtà possegga un senso fondamentale, un senso immesso dentro i fondamenti del mondo. Cfr. il giudizio di Dio sulla bontà della creazione: “vide che era buona”. Quali miti possono aver influenzato la fede di Israele nella creazione? L’influsso letterario dei miti cosmogonici su Israele, secondo M. Kelh, fu ridotto alla tradizione religiosa di Canaan. Costituì l’ambiente più vicino e più influente sulla fede di Israele (cfr. alcuni salmi tra i più antichi) Per i miti cananaici la creazione originaria non sta in primo piano, è presupposta. Ciò che interessa di più è la conservazione della terra, la continua rigenerazione della sua fecondità che permette la vita. Il dio principale El è definito il “creatore degli dei”, “creatore delle creature”, “padre degli uomini”, che riveste una importanza per la creazione originaria. Ma per la sussitenza della creazione è più importante il dio della pioggia e della vegetazione, cioè Baal che insieme a Anat, sua sorella e consorte, lotta contro gli altri dèi e li vince (la “teomoachia” è il presupposto della creazione), così da garantire la conservazione della terra attraverso il ciclo stabile e fertile della vita vegetale. Non interessa chi abbia creato il mondo, ma chi ha su di esso il dominio. Il retroterra comune coi miti dell’AVO pone il problema dell’uso del mito nella Scrittura: anche in essa dobbiamo riconoscere «elementi» mitici. La singolarità (la differenza dai miti AVO) è, però, evidente in due peculiarità bibliche: la demitologizzazione dei racconti a motivo del monoteismo teoretico (non solo “monolatria pratica”): poiché esiste un solo Dio (Javhé) solo lui è creatore; da qui la differenza rispetto agli altri miti: eliminazione del politeismo; dei personaggi mitici; del dualismo originario; delle teogonie e delle teomachie; il Dio di Israele è trascendente e non è identificato con fenomeni intramondani. La creazione deve la sua esistenza alla benevolenza disinteressata di Jahvé Creatore: • non ha bisogno né del cosmo né degli uomini per soddisfare le sue esigenze • la trascendenza di Dio rispetto alla sua opera è garanzia della dignità dell’essere umano: gli uomini non sono creati per risarcire gli dèi spodestati e per essere al loro servizio (cfr. il mito babilonese Atramhasis) L’eziologia della creazione dell’AT non intende legittimare delle strutture di potere (re) dando loro una investitura divina; l’uomo è immagine di Dio, vicario della crezione Gli astri che venivano venerati come dèi nei miti dell’AVO (che governano i destini degli uomini) sono “degradati” a creature come tutte le altre, pur conservando ad essi un’importante funzione di orientamento degli uomini (es. nella elaborazione di un calendario). Visione profana del mondo ma non profanazione del mondo! La coscienza mitica nell’AT subisce un processo di storicizzazione: - la creazione non è tanto il racconto delle origini delle cose da Dio, ma gli inizi della storia della salvezza. Sono «la prima settimana» della storia della salvezza. - Mentre tutti i racconti mitici chiedono di recitare e rappresentare l’evento delle origini come dramma nel culto, in modo da conservare la forza di orientamento del mito nel presente e nel futuro - Israele spezza questa risalita all’era mitica, in quanto – specie coi profeti – interpreta la presenza attuale di Dio nella storia. - L’autocoscienza di Israele non si ferma più solo al racconto delle origini, ma prosegue nella memoria della sua esperienza di fede: la liberazione dall’Egitto, il dono della Torà che fonda il diritto di alleanza, l’esperienza recente della liberazione dall’esilio Così Israele sperimenta che il potere divino originario è ancora oggi e in piena libertà attivo come potere creatore, come crei realmente qualcosa di nuovo nella storia del popolo e la conduca verso un compimento inteso come “nuova creazione” che recupera la bontà dell’origine e la supera. Per questo il momento primo e originario della creazione non ha più il valore di luogo privilegiato dell’esperienza di Dio, che ha invece la storia del popolo dentro la quale Dio si rivela Perciò assume più valore la contemporaneità che va interpretata alla ricerca dei segni dell’azione di Dio. Non solo l’oggi, ma anche il futuro è uno spazio aperto di possibilità in cui si possono fare nuove esperienze dell’agire di Dio. Ma in Israele e nella Chiesa il pensiero mitico non viene esautorato, piuttosto è re-vocato e insieme conservato in quanto esse celebrano nel loro culto gli eventi storici originari (l’esodo, l’alleanza sinaitica, l’incarnazione di Gesù, la sua Passione e risurrezione, la Pentecoste) È l’idea del memoriale che unisce il tempo storico (l’oggi) al tempo sacro (evento fondatore). Il tempo sacro (tempo originario o del fondamento) è considerato qualitativamente altro rispetto al tempo seguente della contemporaneità Il tempo successivo è una partecipazione memoriale (“sacramentale”) del credente a questo evento originario e salvifico. Però il ritorno all’origine non rappresenta una paralisi dell’oggi, anzi ne assicura la vitalità come fede e speranza nell’agire di Dio dentro la storia. In definitiva: L’uso del mito nella Bibbia va colto nel suo senso positivo, come forma del linguaggio simbolico: non è una invenzione fantastica, ma una forma intuitiva di conoscenza della realtà M. Eliade: «il mito esprime plasticamente e drammaticamente ciò che la metafisica e la teologia definiscono dialetticamente». Si precisa, così, la definizione del genere letterario dei racconti delle origini: si tratta di «una lettura sapienziale della storia o di una teologia della storia rappresentata in linguaggio simbolico» K. Rahner parla di eziologia o eziologia storica: l’autore cioè risalirebbe dalla concreta condizione umana del suo tempo a una passata che ne sarebbe la causa (eziologia viene dalla parola greca aitia: causa-origine). Il presente, in tutti i suoi aspetti, non si spiega a partire solo dalle cause storiche verificabili (per altro poco fruibili per i popoli antichi, solo attraverso la via della tradizione orale), ma richiamando l’evento primordiale (“l’in quel tempo”), le sue ultime origini divine. Il mito di creazione spiega ad esempio: • il mondo naturale, il clima, i fenomeni stagionali (es. il mito egiziano del Nilo) • ma anche l’uomo: perché debba lavorare, perché muore; e la società: perché la monarchia (maggiori e minori), la supremazia del dio nazionale sugli altri dei… Le motivazioni eziologiche contengono spesso un elemento normativo: • Il collegamento con un evento paradigmatico iniziale deve dimostrare il carattere immutabile delle forme di vita attualmente esistenti (l’elemento di tradizione) • L’ordine stabilito in principio dalla divinità creatrice è iscritto come un modello originario perenne, in maniera incancellabile nelle strutture dell’ambiente vitale del popolo • Ecco perché questo ordine viene continuamente riattualizzato nel culto: l’in principio fissato dagli dei rimane valido per sempre. L’eziologia di creazione contiene però anche un elemento critico-utopico: • È uno stimolo per raggiungere un ordine ed un ambiente ideale di vita per gli uomini • In forte contrasto col mondo disordinato e sofferente che incontrano oggi, collocano nel tempo delle origini un mondo alternativo, perfetto e santo, dando a questa visione il valore di guida per le massime etiche del comportamento umano del presente e del futuro (vedi le rappresentazioni del pardes: giardino originario, cfr. anche l’islamismo) eziologia del reale = i racconti intendono indicare una causa reale di questo nostro mondo e non solo una sua illustrazione narrativa non aldilà o al di fuori della storia indica il senso preciso della storia, pur in un linguaggio diverso: ne indica la genesi, il fondamento, cioè quel senso che è implicato in ogni momento della storia per questo mantiene un valore universale: in questo modo si vede come le preoccupazioni scientifiche o storicistiche vengono evitate, in quanto il racconto si interroga sul senso della esistenza dell’uomo e non sull’origine del mondo. I SALMI: la Signoria di Dio su tutta la terra Perché questa partenza? Perché in alcuni di essi si trovano i testi più antichi, risalenti al periodo pre-esilico, che attestano come Israele ha attinto dalle credenze cananaiche ma integrandole nella fede jahvista e trasformandole. Interesse maggiore è per la conservazione in essere della creazione, da cui dipende anche la creazione “in principio”. Idee maggiori dei salmi: 1) La terra appartiene a Dio, è sua proprietà e lui la protegge dai pericoli provenienti dalle potenze del caos primordiale Sal 24,1: “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti; è lui che l’ha fondato sui mari e sui fiumi l’ha stabilito” Motivo per cui la terra appartiene a Dio? Dio ha ottenuto la signoria sulla terra vincendo il caos che viene rappresentato come il mare che minaccia la vita. Cfr. anche i salmi 93; 74,12-17; 98,9-15; 78, 69. Da comprendere nel confronto con la mitologia dei Baal: più importante della domanda su chi ha creato il mondo è l’altra: chi continua a donargli fecondità e vita. Il confronto non fu tra il Dio della storia di Israele e il dio della creazione di Canaan, ma tra Jahvé e Baal come fonti della vita. La domanda vera è: verso chi deve essere riconoscente Israele di ciò che raccoglie ogni anno per rimanere in vita? I salmi celebrano la superiorità di Jahvé che dal tempio di Gerusalemme vince sulle potenze minacciose del caos e perciò prevale sugli dei stranieri. Per la teologia della creazione i salmi sono importanti anche a motivo della forma letteraria molto evoluta, quella di inno di lode a Dio, creatore e salvatore, celebrato nelle sue meraviglie. DEUTERO-ISAIA (Is 40-55) Siamo alla fine dell’esilio babilonese: viene dato molto rilievo all’agire creatore di Dio “in principio”. Basti pensare al racconto sacerdotale di Gn 1, redatto in questo periodo, posto a inizio della Scrittura Motivi della crisi di fede dovuta all’esilio: la perdita delle garanzie visibili dell’elezione - Distruzione del tempio - Fine della monarchia - Perdita della terra promessa Crisi: “dov’è finito il regno universale di Jahvé?”. Il Deutero-Isaia e anche il Trito-Isaia (Is 56-66) si spingono in una profonda e più ampia fede nella creazione: • l’agire salvifico di Dio abbraccia tutti i tempi e gli avvenimenti: passato – presente e futuro, quindi l’eternità (gli esegeti parlano dell’ “entusiasmo escatologico del Deutero Isaia”) • dunque, andando contro tutte le apparenze (tutto sembra parlare contro il regno universalistico di Jahvé), Israele si affida incondizionatamente al suo potere salvifico • Dal primo inizio sino alla fine, tutto, l’intera creazione, la natura e la storia, sono nelle mani di Dio; tutto ha in lui il suo inizio, la sua sussistenza e il suo compimento Già all’inizio del libro delle consolazioni (Is 40, 12-31) si coglie il valore programmatico di Isaia: incoraggiare il popolo confuso e rassegnato di fronte alla liberazione imminente. Punto di forza del testo: il potere illimitato di Jahvé Creatore. In un momento di caos politico e religioso, nella creazione originaria e nella conservazione ordinata del mondo si manifesta il potere creativo di Dio che può e vuole salvare il suo popolo dalla situazione di necessità: v. 12 Chi ha misurato con il cavo della mano le acque del mare e ha calcolato l'estensione dei cieli con il palmo? Chi ha misurato con il moggio la polvere della terra, ha pesato con la stadera le montagne e i colli con la bilancia? 13 Chi ha diretto lo spirito del Signore e come suo consigliere gli ha dato suggerimenti? 26 Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato quegli astri? Egli fa uscire in numero preciso il loro esercito e li chiama tutti per nome; per la sua onnipotenza e il vigore della sua forza non ne manca alcuno. 27 Perché dici, Giacobbe, e tu, Israele, ripeti: «La mia sorte è nascosta al Signore e il mio diritto è trascurato dal mio Dio?». 28 Non lo sai forse? Non lo hai udito? Dio eterno è il Signore, creatore di tutta la terra. Egli non si affatica né si stanca, la sua intelligenza è inscrutabile. 29 Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Genesi 1,1-2,4a: DIO TRASFORMA IL CAOS IN DIMORA DI VITA Gn 1: redazione sacerdotale (P), originata in ambiente sacerdotale verso la fine del VI sec. inizia con la creazione del mondo e finisce (più o meno) con la morte di Mosé (Dt 34) Stile: linguaggio dotto, ripetizioni numerose, struttura schematica, indicazioni temporali precise, enumerazione di leggi, genealogie e elenchi di popoli (cfr. Gn 5 e Gn 10). opere della creazione divina suddivise in 7 giorni, ciascuno segue uno schema fisso Recitazione liturgica: • “Dio disse”: parola creatrice di Dio • L’azione con cui Dio fa nascere la sua opera: dividere, fare, far nascere • La constatazione di ciò che si è realizzato: e così avvenne • Il ritornello conclusivo: e fu sera e fu mattina, primo giorno…ecc. Già il modo letterario del componimento didattico dice l’intenzione: Dio crea con ordine Perciò non si parla di tempo-storico ma di tempooriginario mitico: le strutture fondamentali che determinano il tempo storico fin dal principio e che vale sempre. Il racconto sacerdotale mette in luce gli ordinamenti eterni: creazione, alleanza con Noé, con Abramo e alleanza al Sinai sono i decreti di Dio che valgono eternamente e assicurano la sussistenza stabile del cosmo. Dopo le catastrofi del diluvio Dio crea con Abramo un nuovo inizio: per lo scrittore sacerdotale è questo il vero senso della creazione IL SETTENARIO In Gen 1 c’è un intreccio perfetto tra la dimensione spaziale (la totalità del creato: cielo e terra) e la dimensione temporale descritta dalla successione dei giorni lo schema comando/parola: “Dio disse…e accadde” significa non la generazione, né la lotta tipica di una cosmogonia o teogonia primitiva per cui la creazione sarebbe un frammento della lotta degli dei o degli elementi primordiali (soggiace l’idea che la creazione è sempre in parte divina: emanazione, frammento, ombra) emerge il senso della creazione analizzando i giorni I, IV, VII La confessione di fede nel Dio creatore (v 1): In principio Dio creò il cielo e la terra Variante Come principio Dio creò il cielo e la terra Qui principio non è indicazione di un inizio cronologico ma quel principio che qualifica tutto ciò che segue, il segno positivo che Dio mette fin dall’inizio su tutta la storia del mondo e che la determina in modo permanente. viene sottolineato che con la creazione del cielo e della terra ha inizio la storia tecnica del merismo: i due poli opposti per indicare la totalità, cielo e terra = tutta la realtà l’inizio libero della storia è indicato dal verbo specifico bâra' che ricorre 48x nell’AT e non indica il materiale con cui Dio fa bâra‘ secondo alcuni significherebbe tagliare,fare separando, fare-facendo separato, far piazza pulita (= ordinare): non fece e poi separò, né separò da una realtà preesistente creare è fare differenziando: la creazione è voluta “altra”: la separazione è cosa buona bâra' è associato a meraviglia – prodigio (berî’âh) Il non ancora della creazione (v 2): Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. il «non ancora esistente» della creazione («quando non ancora»: comune a molte opere dell’AVO) non va interpretato nel senso della materia preesistente, ma come situazione antitetica alla condizione attuale, percepita dal narratore come un «ordine integro» perciò «quando ancora non era così» = “creato separato”, viene espresso con la raffigurazione del «caos» (“covato” dallo spirito) In ebraico caos è reso con tohuwabohu: tohu = terra desolata e deserta, che non era adatta alla vita, tenebra totale, come l’abisso e le acque wabohu = vuoto (cfr. mito babilonese di Enuma elish: commistione caotica-indistinta di acqua salata e dolce) L’idea del caos corrisponde bene alla risalita all’origine a partire dall’uomo e dalla sua esperienza attuale (eziologia) nonostante possibili accenni mitologici, nelle tre frasi del v. 2 l’accenno all’oceano/abisso e all’acqua come elemento primordiale, a cui si aggiunge anche il «vento fortissimo», descrive abbastanza bene il «non ancora» di una “creazione separata”, cioè ordinata non si può equiparare ciò che qui si dice al concetto più tardivo di «creatio ex nihilo», né pensare ad una materia preesistente. Non si tratta di un caos creato da Dio. Sulla sua consistenza reale non c’è nessuna riflessione Non si vuole affermare una consistenza reale di questo caos primordiale; lo si lascia in un alone di mistero (come in molti altri miti). Ciò che si vuol dire è che Dio crea con la sua parola. E Dio inizia a creare la luce per separazione dalle tenebre: ogni volta è la trasformazione del caos in cosmo. Dio tiene il potere su tutto (“cielo e terra”) e anche il caos che contrasta la vita si ritira di fronte alla sua parola. Dio è l’unico principio creatore: anche il caos gli è sottomesso. La contrapposizione non è tra Dio e caos, ma tra caos e cosmo; su entrambi regna il Creatore. Ma attenzione all’idea ingenua: c’era un caos originario a partire dal quale Dio ha ordinato il cosmo. Perché Dio avrebbe dovuto creare prima un caos per poi ordinarlo? Assurdo che si tratti di un primo tentativo uscito male. Anche il testo esclude questa ermeneutica: solo dal v. 3 si parla di ciò che è fatto il primo giorno; prima viene ciò che non appartiene alla creazione ed è la separazione della luce dalle tenebre. Questa luce (da non identificare con il sole) è simbolo del potere e della bontà vivificatrice del Creatore. Dio delimita la tenebra (simbolo del caos precedente) addomesticandola, sotto forma di “notte”, cioè mettendola al servizio dell’uomo e dei suoi ritmi di vita. Così vale anche per il cielo e la terra asciutta: si riferiscono ai primi due versetti in cui non si parla di una creazione antecedente a quella dei sette giorni (quasi una forma provvisoria). I vv. 1-2 sono la situazione di partenza dell’azione creatrice di Dio. Sempre al v. 2 si dice che lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque. Ruah elohim? Ruah è per lo più femminile in ebraico e significa vento, respiro, alito, spirito, vita Rahap: aleggiare, vibrare, tremare (anche “covare”). Significa che il respiro di Dio si diffonde sul caos diventando nell’atto creatore, “voce” che allontana il caos (cfr. la metafora dell’uovo in cova). Spirito “creator”, “vivificans”, datore di vita (Simbolo di fede) si appoggia sulla dottrina biblica della creazione Scansione intenzionale della settenario per la suddivisione del TEMPO come categoria fondamentale per ordinare la vita: • Primo giorno: inizio = la luce separa il giorno dalla notte • Quarto giorno: centro = crea gli astri, in base al quale il tempo può essere disposto sotto forma di calendario, con giorni e mesi, per stabilire il ritmo delle stagioni, l’ordine delle feste • Settimo giorno: fine dell’opera creatrice = Dio suddivide il tempo settimanale secondo i due ritmi di lavoro e riposo Il primo giorno (vv 3-5): PRINCIPIO 3 Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre 5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno. Dio disse: parlare e creare, parlare è creare La parola che chiama le cose all’esistenza è efficace: una volta proferita diventa realtà Gli eventi hanno il loro fondamento nella parola sovrana di Dio (cfr. l’invio di Mosé al faraone, la presa di possesso della terra promessa) la creazione della luce: di qui l’importanza del tempo, come ritmo ordinato e successione di giorno e notte la sequenza giorno/notte è il fondamento della «settimana» e del «calendario»: per l’autore (P) in primo piano è la categoria temporale, più che quella spaziale, poiché la creazione inizia con la separazione di luce e tenebre e non di terra e cielo vedi anche alla fine con la successione sera/mattino, visti come le due parti del giorno, ancora per indicare la regolarità di questo ritmo. La luce è presentata nella sua creaturalità, a differenza che nelle cosmogonie mesopotamiche ed egiziane (luce è emanazione divina) è qualificata dal vedere di Dio che è già un giudizio ed una lode: «era buona/bella» (tôb: detto solo della luce) indica la bellezza estetica e la bontà etica riconosciuta dallo sguardo del creatore e motivo della lode Dio dà il nome (sia “la luce”) = è segno di signoria sulla cosa nominata, ma qui il nome indica la destinazione dell’opera nella creazione e la signoria assoluta di Dio nel porre confini invalicabili al regno delle tenebre. Il quarto giorno (vv 14-19): CENTRO 14 Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni 15 e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne: 16 Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. 17 Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra 18 e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. 19 E fu sera e fu mattina: quarto giorno. La creazione dei «luminari» (sole e luna = degradati al ruolo di lampade, perdono il carattere divino che avevano nelle cosmogonie dell’AVO La loro creazione è orientata a stabilire i loro compiti: 1° = è quello di «separare» (14.17) il giorno dalla notte; la notte è qui posticipata rispet-to alla generazione della luce, forse per sdivinizzare queste sorgenti 2° = «illuminare» (15.17) la terra 3° = «governare» (16.17), che può essere considerato parallelo a «segnalare» (14) «per essere come segni di feste, giorni e anni» preposti a determinare il calendario delle feste. triplice compito che spiega la strana posizione della creazione dei luminari nel IV giorno: non solo perché è il giorno centrale del settenario, ma forse per una preoccupazione di calendario. Si tratta del calendario testimoniato nel Libro dei Giubilei: le grandi feste annuali ebraiche cadevano sempre il IV giorno la fondazione del calendario cultuale, fatto risalire fino alla settimana creazionale, sarebbe dunque la preoccupazione presente nell’ordine della settimana della creazione. Il settimo giorno (2,2-3): FINE 2 Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. 3 Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. Il numero 7 è caratteristico di tutta la letteratura dell’AVO: indica pienezza e sta alla base della struttura della settimana (forse legata alle fasi lunari): una decosmologizzazione della settimana, inserendo la settimana della creazione come prima settimana del tempo il senso del «settimo giorno» è nella connessione tra settimana della creazione e settimana dell’uomo: il parallelo tra comandamento del sabato e settimo giorno (cf Es 20,8-11) mostra che P ha introdotto nel settimo giorno della creazione un’allusione al comandamento del sabato Per questo il senso del settimo giorno (6+1) separa la ferialità lavorativa dall’appartenenza a Dio e indica la mèta dei sei giorni nel settimo. Il «settimo» giorno, in quanto giorno di Dio: è il fine dell’uomo ma anche il fine ultimo della creazione La creazione è ritmata (“ordinata”) dalla distinzione tra lavoro e risposo, che è posta dalla relazione con Dio non è solo interruzione dell’attività, ma fecondità connessa con il riposo di Dio, di cui l’anticipo è la benedizione concessa da Dio nella festa e nel culto l’uomo come immagine di Dio e rappresentante di Dio deve seguire Dio sia lavorando nella creazione sia godendo di essa: il senso della creatività del lavoro è godere della creazione Il riposo non è assenza di lavoro, ma luogo della «presenza» di Dio (cf il tema della gloria di Dio in Es 24 e 39-40), del dialogo con lui, da cui si riceve la fecondità per essere nel tempo e così, attraverso il culto, il nostro tempo sporge su Dio Il culto e la festa danno senso alla temporalità dell’uomo; per lo scrittore sacerdotale c’è qui l’archetipo dello Shabbat che non viene istituito dalla Torà ma appartiene già all’ordine della creazione. perciò il senso della temporalità è la nostra comunione con Dio È vero che la creazione è per l’uomo: Nei giorni che si trovano tra queste tre colonne (1° - 4° - 7° giorno come inizio – centro – fine), Dio stabilisce la terra come spazio e dimora della vita. 2° e 3° giorno: crea la terra come suolo separato dal mare, asciutto e fertile; le piante sono parte della terra fertile (non esseri viventi separati): è imabandita “la tavola per la vita” 5° e 6° giorno: creazione degli esseri viventi: animali e uomini che popolano questo spazio vitale si moltiplicheranno ma in modo tale che la terra offra spazio e cibo sufficiente per tutti gli esseri viventi x 4 volte si parla di esseri viventi: esseri desiderosi di vita e capaci di vita, però non autosufficienti ma che ricevono la vita dall’interno della creazione Ma il fine ultimo della creazione è: Dio che abita insieme agli uomini (la loro relazione) la creazione è lo spazio abitabile per l’uomo, ma il suo fine ultimo è che deve diventare anche lo spazio abitabile per Dio: la dimora di Dio con le sue creature il racconto (P) è intenzionalmente collegato con il ciclo narrativo del Sinai (Es 19,1-40,38) è al Sinai, precisamente nella costruzione del santuario che viene alla luce il vero senso della creazione questo è il vero Sabato della creazione Gn 2,2: Dio si riposa dono sei giorni di lavoro Es 24,16: sul Sinai, dopo che la sua gloria ha coperto la montagna per sei giorni, Dio chiama Mosé solo al settimo giorno per incontrarlo nel fuoco Qui Mosé riceve l’incarico di costruire il santuario, la tenda del convegno (o della rivelazione) per l’incontro del popolo con Jahvé (Es 29,43-46) “Nella visione di P., la costruzione comune del santuario continua l’opera della creazione portandola al suo fine: Dio crea la terra per essere presente in essa – come il Dio liberatore di Israele, anzi della creazione intera” (E. Zenger) Parallelismo con Apocalisse: • Nei due capitoli finali di Ap si riprende il significato della creazione e lo si supera in proiezione escatologica: il principio si collega alla fine • I “nuovi cieli e la terra nuova” sono il momento in cui tutta la terrà diventerà la tenda di Dio con gli uomini e le mediazioni cultuali della presenza di Dio saranno superate perché le promesse saranno compiute. • Ap 21,3: Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro • Alla luce della promessa di una creazione che alla fine sarà pienamente rinnovata prende senso una creazione in principio. La benedizione e il comando (vv 26.28-29) 26 E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 28 Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». 29 Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. L’uomo immagine: vicerè, rappresentante, vicario, economo… di Dio Custodisce gli altri esseri viventi e la terra affinché l’intenzione originaria di Dio sulla creazione venga perseguita e tutelata: la terra resti lo spazio vitale abitabile e abbondante per gli esseri viventi la benedizione espressa nella forma di un imperativo (siate fecondi, moltiplicatevi), cui segue il comando sul dominio da esercitare sulla terra (e assoggettatela: verbo discusso) si aggiunge la concessione del sostentamento e del cibo per l’uomo, che è però limitato all’alimentazione vegetale Due gli aspetti qui indicati: 1) la benedizione è data sia agli uomini che agli animali, ed è intesa come la forza procreatrice, che si esprime non solo nella capacità di generare, ma in tutto il processo che va dalla nascita alla crescita la benedizione vincola l’uomo al suo contesto naturale, proprio in quanto essere creato l’uomo appare solidale con la realtà del suo mondo «naturale» (gli animali, i vegetali) a ciò appartiene anche la cura di Dio nel procurare e fornire il sostentamento dell’uomo in tal modo la forza della fecondità viene sdivinizzata, non è una conquista «magica» dell’uomo, ma è inserita nella benedizione genesiaca. Solo Jhwh appare il signore della vita e della fecondità. 2) la creazione dell’uomo è una novità assoluta nel rapporto dell’uomo con il resto della realtà creata, presentato come un dominio: questa è la qualità dell’intervento dell’uomo sulla natura confronto con i racconti mesopotamici = la finalità della creazione è diversa: là l’uomo era creato in vista del servizio degli dei o per sostituirli nella fatica del lavoro; nel Gen lo scopo della creazione dell’uomo è orientato verso il mondo: l’uomo è creato per l’attività civilizzatrice, nell’orizzonte della storia dell’umanità. Come si esercita questo «dominio»? Contesto di riferimento è il «dominio» regale (cf 1 Re 5,4; Sal 110,2; Is 14,6; Num 24,19; Ez 34,4), derivato dal linguaggio di corte di Babilonia e d’Egitto: il re non solo rappresenta tutto il popolo e la terra in quanto personalità corporativa, ma è anche il depositario e il mediatore della benedizione per il suo regno e per il popolo a lui affidato l’uomo è «re» del creato per il compito regale di assicurare pace e benessere, di mediare la benedizione divina, di conservare la salute del mondo che gli è affidato il dominio sulla terra è un aspetto della benedizione concessa da Dio alle creature, anzi è il modo con cui l’uomo diventa mediatore e mandatario di questa benedizione nello spazio del mondo. questo il criterio del progredire della scienza e della tecnica che viene fornito dal testo genesiaco. Soggiogare la terra: non lascia nel contesto di Gn 1 nessuno spazio per l’idea di uno sfruttamento dispotico della terra da parte dell’uomo. Invece: * È promessa incoraggiante: nella lotta della vita contro le potenze caotiche ostili (cataclismi) l’uomo può superare le difficoltà * Inoltre: l’uomo esercita un dominio amministrativo sulla terra solo in qualità di luogotenente di Dio, dal quale dipende e al quale rende conto del proprio operato. L’idea di un avvallo della cosificazione e strumentalizzazione della creazione da parte dell’uomo è una lettura frutto della cultura moderna europea, staccata dalle radici bibliche. Creazione e diluvio (Gen 6-9) Un’altra variante del racconto della creazione Molti motivi simili a Gen 1: • La benedizione dell’essere umano • L’arca (in analogia con la terra) come dimora della vita protetta dal caos • L’uomo come immagine di Dio, pastore e custode della creazione, qui inverato da Noé come modello esemplare • L’approfondimento rispetto a Gen 1: di fronte alla paura di una catastrofe cosmica come punizione inflitta dal Creatore per il peccato, già nel tempo mitico c’è un intervento di Dio (diluvio) che promette che non distruggerà mai la sua creazione • Egli rafforza il suo impegno di una alleanza eterna con tutta la creazione, che sigilla con il segno dell’arcobaleno nel cielo (Gn 9,8-17). • Viene in piena luce il significato teologico di creazione: il Dio che crea ha una relazione di amore e di fedeltà con la terra, il suo radicale “sì” alla terra e all’uomo è irrevocabile. LIBRI SAPIENZIALI (ultimi 5 sec. prima di Cristo) • Esempi del dialogo interculturale di Israele con la cultura dell’AVO e ellenistica • Il tema della sapienza: “l’opera più preziosa del Creatore, inizio della sua attività, prima di ogni sua opera” (Pr 8,22-26) • La sapienza è personificata: compagna e mediatrice del creatore, sua proprietà • Per l’uomo è “albero di vita”, guida per giungere allo shalom (pace, benessere e felicità: Pr 3,18) • Lo aiuta a vivere in modo conforme al senso che Dio ha dato alla creazione (l’ordine “buono” iscritto da Dio nelle cose) Interesse pratico-sociale della Sapienza: • sul piano etico: il Creatore unico garantisce la fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini (Pr 22,2;29,13); al Creatore sta a cuore la buona sorte e la dignità del povero, chi lo opprime offende il Creatore (Pr 14,31) • sul piano esistenziale: la questione della teodicea • cfr. Giobbe di fronte alla sofferenza ingiustificata rivendica l’ordine giusto posto da Dio nel mondo che sembra oscurato • Incomprensibilità della maestà di Dio e impotenza e limitatezza della creatura umana che non può disputare con Dio • Giobbe dubita della giustizia di Dio nella creazione: siamo in balia del malfattore (9,24) • Risoluzione nella disputa (i discorsi di Jahvé: Gb 38-41) in cui Dio risponde alla protesta di Giobbe ponendogli 40 domande retoriche: “Quando ponevo le fondamenta della terra, tu dov’eri?... Chi ha fissato le sue dimensioni”. Dio rivendica la sua sapienza onnipotente, si presenta come “Signore degli animali” (del Leviatan: coccodrillo, che rappresenta le forze caotiche cfr. Sal 104,26 ) Giobbe revoca le sue accuse: ora non conosce Dio solo per sentito dire, ma per “aver visto” il Creatore (42,1-6) e può ancora respirare (v. 6). Nel libro della SAPIENZA (I sec. a.C.) Dio è presentato come l’Essere perfetto (così LXX: Es 3,14) Lo si può conoscere a partire dalle cose create, dalla sua bellezza e grandezza, che la ragione umana di tutti gli uomini può comprendere (Sap 13,1-9) Argomento per condannare gli adoratori degli elementi cosmici (fuoco, vento, astri) e gli idoli fabbricati dalle mani dell’uomo. Rm 1,18-25 cita Sapienza. Storia degli effetti molto significativa nella teologia filosofica della chiesa successiva. per avere aggancio universale della fede all’unico Dio. Osservazioni conclusive sull’AT L’azione creatrice di Dio: il mondo non poggia sulla sua stessa armonia, ma sulla volontà creatrice-ordinatrice di Dio (cfr. anche Giobbe) la dottrina della creazione è una verità salvifica non cosmologica che integra però al suo interno anche un potere cosmologico di Dio sempre più chiarito in termini salvifici Nel quadro della storia della salvezza la dottrina della creazione ha caratteristiche precipue: 1) il rapporto fra creazione e parola (come sviluppo della concezione profetica) Il dabar, la parola creatrice-separatrice, afferma da un lato che Dio crea senza riferimento ad altro (anche senza lotta) dice che la creazione è aperta alla parola: dunque, incamminata verso l’alleanza. 2) la bontà della creazione: tob ha un intento apologetico, poiché scagiona Dio dalla responsabilità del male anche ne dice il senso: «poiché è buono il creato rimanda a Dio»…nonostante l’ambivalenza che il peccato dell’uomo vi ha introdotto. la tesi della creazione ha un risvolto antropologico, poiché mette a tema il rapporto uomo-mondo: è inserito in questa realtà creata è superiore ad esso, poiché come immagine di Dio, ne diviene signore contemporaneamente la dignità della persona e l’impegno in esso (civilizzazione, arte, tecnica sono espressione dell’uomo immagine di Dio) dice la relazionalità intrinseca dell’uomo anche con il suo ambiente, che non è solo il “contenitore” della sua vita, ma gli è legato intrinsecamente, al punto tale che è l’uomo a determinare la sensatezza del cosmo (è microcosmo e microdio) Il riposo o il tempo: vertice della creazione il compimento dell’opera = non sprofonderà mai più nel caos un intento eziologico: la fondazione dell’istituto religioso del sabato soprattutto, dice il senso dalla creazione, è il simbolo del significato del mondo creato: proclama che il mondo e l’uomo non hanno altra finalità che quella della comunione d’alleanza è un altro modo per dire che il senso del creato è la salvezza. Il fattore tempo: la storicità del creato negativamente = la creazione è una realtà storica e che, dunque, non è co-eterna a Dio più profondamente = essa viene colta nei suoi albori ma rimanda immediatamente al futuro lontano in cui il progetto iniziato troverà pieno e definitivo compimento. La protologia rimanda in questo senso all’escatologia (“la pienezza dei tempi”: Gal 4,4). I due momenti sono dinamicamente collegati. La creazione è l’inizio del tempo, della storia, ma nel contempo ne dice il senso: la creazione è ordinato al sabato alla comunione piena, all’eschaton non è fine a se stessa, ma culmina in questa alleanza ed ha senso a partire da essa La fede nella creazione nel Nuovo testamento La novità decisiva = il rapporto della creazione con il mistero di Cristo: 1) Gesù rappresenta la pienezza dell’opera di Dio iniziata nella creazione 2) Gesù stesso è il mediatore sin dal principio dell’opera creatrice Sinottici La creazione da parte di Dio è un presupposto pacifico, mai esplicitamente messo a tema: Mt 11,25 «Ti benedico, Padre, signore del cielo e della terra» nei richiami al progetto originario di Dio (Mc 10,6: all’inizio della creazione Dio li creò...) il valore antropologico della creazione: per Gesù Cristo tutte le cose sono create buone (Mc 7,14-23), anzi, la creazione è manifestazione della bontà di Dio (Mc 10,29; Mc 12,24-27) ma anche l’ambiguità dell’attuale ordine storico, per cui può divenire fonte di pericolo (Mc 10,28-31). Ciò evidenzia il legame intrinseco del mondo con la libertà dell’uomo: non solo si esercita in esso, ma lo determina oltretutto, in contrapposizione all’azione primitiva di Dio. La stessa malattia psico-fisica che disturba la bontà del creato è vista da Gesù come un segno del male che non coincide con la volontà di Dio creatore (cfr. miracoli-esorcismi) Gesù, nella sua lotta col male, tende ad attuare l’intenzione originaria di Dio: lui è il sabato vero, ossia il compimento autentico dell’intenzione creatrice di Dio. Giovanni Prologo è il testo più cristologico: la creazione in Cristo trova la sua maggior esplicitazione = “In principio” «Logos» richiama il retroterra della dabar di Gen 1 (ossia la potenza della parola creatrice di Dio stesso) e la hokma, la Sapienza (Sap 9,4-10; Pr 8,22-30). Novità è l’incarnazione: logos = carne. Questo fa intuire di per se stesso l’identità tra creazione e salvezza della realtà creata. Nell’episodio del Battista. Il duplice riferimento allo Spirito e all’acqua rievoca gli esordi della Bibbia (lo spirito di Dio che aleggia sulle acque) e può venir interpretato come «attuazione definitiva della creazione» Il richiamo al mondo, inteso non in senso cosmico, bensì come realtà antropologica. A dimostrazione dello stretto legame uomo-mondo, che diventa capace di determinarne la stessa sensatezza.