I due codici vaticani del Canzoniere (RVF)
3196 o “codice degli
abbozzi”
autografo; contiene
anche frammenti di altri
testi, per es. lettere.
1336 -> 1374
20 cc., alcune
originariamente
piegate, spesso lacerate
3195
copia calligrafica apografa (di G. Malpaghini)
con correzioni e aggiunte
autografe
1366/68 -> 1374
cc. III + 73; le prime
lettere di I e CCLXIV sono
miniate
Le forme principali di RVF [1]
la forma Correggio
Databile al 1356-58, dedicata ad Azzo da
Correggio e ricostruibile sulla base delle
annotazioni del Vat. Lat. 3196.
Conteneva probabilmente 171 componimenti,
corrispondenti ai nn. 1-142 (ma nella posizione
121 c’era una ballata che è stata poi espunta:
Donna mi vène) e 264-292. Si può ipotizzare con
una certa sicurezza che non fosse suddivisa in
due parti.
Le forme principali di RVF [2]
la forma Chigi
1359-63: È la prima raccolta materialmente
pervenuta, conservata da una copia ms. del XIV
secolo, il codice Vat. Chig. L.V. 176, riconosciuto come
autografo di Giovanni Boccaccio (il quale aveva
consultato il Canzoniere quando aveva incontrato
Petrarca a Venezia, nel 1363. Si compone di 204 testi
divisi in due parti (163 + 141), come indica la c. 71
lasciata quasi tutta bianca. L’intestazione recita Viri
illustris atque poete celeberrimi francisci petrarce de
Florentia rome nuper laureati fragmentorum liber
incipit feliciter.
Le forme principali di RVF [3]
la forma di Giovanni
1366-67: Prende il nome da Giovanni Malpaghini,
copista al servizio del Petrarca, e corrisponde al
manoscritto definitivo Vat. Lat. 3195 nella parte da
lui trascritta. Comprende gli attuali testi 1-120,
Donna mi vène, 122-178, 180-190 nella I parte +
264-318 nella II. Sulla prima carta del manoscritto
si legge il titolo del Canzoniere che oggi
conosciamo: Francisci Petrarche laureati poete
Rerum vulgarium fragmenta.
Le forme principali di RVF [4]
la forma Malatesta
Allestita fra il 1371 o 1372 e il gennaio1373.
Documentata da un manoscritto del tardo sec.
XV (Laurenziano 41, 17), è dedicata a Pandolfo
Malatesta, cui Petrarca la indirizzò con una
lettera datata 4 gennaio 1373. Contiene alcuni
componimenti in più rispetto alla forma di
Giovanni e presenta varie alterazioni nell’ordine
dei testi, probabilmente volute da Petrarca
stesso: per esempio l’inversione degli attuali
sonetti 3 e 2.
Le forme principali di RVF [5]
la forma Queriniana
1373 È testimoniata dal manoscritto D II 21
della Biblioteca Queriniana di Brescia per una
parte, e per le carte mancanti da due diretti
discendenti. Presenta gli stessi componimenti
della forma Malatesta, ma a questa altezza
vengono espunti la ballata Donna mi vène e gli
attuali numeri 359, 341, 343, 356. Vari
cambiamenti si riscontrano nella successione
dei testi.
Le forme principali di RVF [6]
la redazione Vaticana
Indica l’assetto finale del testo. Gli
interventi (sul Vat. Lat. 3195) furono
effettuati in due periodi tra il 1373 e gli
ultimi giorni di vita del poeta. L’ultimo «è
rappresentato da una numerazione
ausiliaria, introdotta a fianco degli ultimi
trentuno componimenti allo scopo di
indicare una diversa successione di questi
testi».
Forme metriche nel Canzoniere
ricorda: 366 componimenti divisi in due parti
I. In vita di madonna Laura = 1-263
II. In morte di madonna Laura = 264-366
317 sonetti
29 canzoni
9 sestine liriche
7 ballate
4 madrigali
I 4 madrigali in RVF
Il madrigale è un componimento breve, sempre
più breve del sonetto, composto per lo più di
endecasillabi e settenari, chiuso di solito (ma non
sempre) da 2 o più versi a rima baciata
Componimento nr.
Schema rimico
52
ABA BCB CC
54
ABA CBC DE DE
106
ABC ABC DD
121
ABB ACC CDD
Un sonetto ‘siciliano’ (Giacomo da Lentini)
A
B
A
B
Amor è uno desio che ven da core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l’amore
e lo core li dà nutricamento.
A
B
A
B
Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so ‘namoramento,
ma quell’amor che stringe con furore
da la vista de li occhi à nascimento.
A
C
D
Che li occhi rapresentan a lo core
d’onni cosa che veden bono e rio,
com'è formata naturalemente;
A
C
D
e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.
5
10
… ma la forma ‘regolare’ del sonetto,
consolidata da Dante e Petrarca, prevede
• due quartine di endecasillabi a
rima incrociata ABBA + ABBA
• due terzine di endecasillabi rimati
più liberamente, giocando su
altre 2 (C e D), ma più spesso 3
(C, D, E) terminazioni
Sezione proemiale del Canzoniere
• 1 = proemio vero e proprio, da cui si
ricava la chiave di lettura per l’intero
libro di rime
• 2 e 3 = loci a re: si dichiarano i modi
e il tempo dell’innamoramento
• 4 e 5 = loci a persona: si dichiarano il
luogo di nascita e nome di Laura
Forme speciali della canzone
Sestina lirica: canzone di sei stanze indivisibili, dove nessun
verso trova rima all’interno della stanza, ma tutti trovano
corrispondenza rimica nelle altre stanze. Le rime sono
parole-rima, che tornano da una stanza all’altra cambiando
posizione in base ad uno schema detto retrogradatio
cruciata. Il congedo è di 3 versi e ha in rima 3 delle 6 parole
rima, mentre le altre 3 ricorrono all’interno del verso.
Ode-canzonetta: forma contraddistinta da strofe brevi di versi
brevi, concepita spessoper essere musicata, di argomento per
lo più lieve, amoroso o giocoso.
Ballata: canzone contraddistinta dalla presenza di una ripresa
(ritornello), che precede il testo e viene ripetuto dopo ogni
strofa e, in genere, alla fine. Quasi sempre l’ultima rima della
stanza riprende la rima finale del ritornello.
Stanza di canzone (PETRARCA, Rvf. 129) 1
I piede
II piede
sirma
A
B
C
A
B
C
c
D
E
e
D
F
F
Di pensier in pensier, di monte in mONTE
mi guida Amor, ch’ogni segnato cALLE
provo contrario a la tranquilla vITA.
Se ’n solitaria piaggia, rivo o fONTE,
se ’nfra duo poggi siede ombrosa vALLE,
5
ivi s’acqueta l’alma sbigottITA;
et come Amor l’envITA,
or ride, or piange, or teme, or s’assecURA;
e ’l volto che lei segue ov’ella mENA
si turba et rasserENA,
10
et in un esser picciol tempo dURA;
onde a la vista huom di tal vita expERTO
diria: Questo arde, et di suo stato è incERTO.
Stanza di canzone (PETRARCA, Rvf. 129) 2
I pi.
II pi.
sirma
A
B
C
A
B
C
c
D
E
e
D
F
F
Per alti monti et per selve aspre trOVO
qualche riposo: ogni habitato lOCO
15
è nemico mortal degli occhi miEI.
A ciascun passo nasce un penser nOVO
de la mia donna, che sovente in giOCO
gira ’l tormento ch’i’ porto per lEI;
et a pena vorrEI
20
cangiar questo mio viver dolce amARO,
ch’i’ dico: Forse anchor ti serva AmORE
ad un tempo migliORE;
forse, a te stesso vile, altrui se’ cARO.
Et in questa trapasso sospirANDO:
25
Or porrebbe esser vero? or come? or quANDO?
Stanza di canzone (PETRARCA, Rvf. 129) 3
congedo
a
B
C
c
B
D
D
Canzone, oltra quell’alpe,
là dove il ciel è più sereno et liETO,
mi rivedrai sovr’un ruscel corrENTE,
ove l’aura si sENTE
d’un fresco et odorifero laurETO.
70
Ivi è ’l mio cor, et quella che ’l m’invOLA;
qui veder pôi l’imagine mia sola.
ATTENZIONE: tra i due piedi può anche non esserci un’identità dello schema
rimico, purché [1] non ci siano, nel complesso, rime irrelate; [2] lo schema
metrico sia fisso.
I piede A
b
C
II piede B
a
C
Italia mia, benché ’l parlar sia indARNO
a le piaghe mortALI
che nel bel corpo tuo sì spesse vEGGIO,
piacemi almen che’ miei sospir sian quALI
spera ’l Tevero et l’ARNO,
e ’l Po, dove doglioso et grave or sEGGIO.
I piede
A
B
C
A
B
C
II piede
Di pensier in pensier, di monte in mONTE
mi guida Amor, ch’ogni segnato cALLE
provo contrario a la tranquilla vITA.
Se ’n solitaria piaggia, rivo o fONTE,
se ’nfra duo poggi siede ombrosa vALLE
ivi s’acqueta l’alma sbigottITA.
Nel dolce tempo de la prima etade,
che nascer vide et anchor quasi in herba
la fera voglia che per mio mal crebbe,
A
B
C
I piede
perché cantando il duol si disacerba,
canterò com' io vissi in libertade,
mentre Amor nel mio albergo a sdegno s'ebbe.
B
A
C
II piede
Poi seguirò sí come a lui ne 'ncrebbe
troppo altamente, e che di ciò m' avenne,
di ch' io son facto a molta gente exempio:
benché 'l mio duro scempio
sia scripto altrove, sí che mille penne
ne son già stanche, et quasi in ogni valle
rimbombi il suon de' miei gravi sospiri,
ch' acquistan fede a la penosa vita.
E se qui la memoria non m' aita
come suol fare, iscúsilla i martiri,
et un penser che solo angoscia dàlle,
tal ch' ad ogni altro fa voltar le spalle,
e mi face oblïar me stesso a forza:
ché tèn di me quel d' entro, et io la scorza.
C*
D
E
e
D
F
G
H
H
G
F
F
I
I
*chiave di volta
sirma
Ipotesi di datazione della canzone XXIII
(“delle metamorfosi”)
Nel VL 3196 (il ‘codice degli abbozzi’), alla fine della
canzone si legge la data 28 aprile 1351 e una nota
recita: est de primis inventionibus nostris.
I primi versi (1-40 = le prime 2 strofe) sono stati
trascritti sul VL 3196 all’altezza della I “raccolta di
riferimento”, che conteneva 25 componimenti (23 di P.,
due in risposta), databile agli anni 1335 -’38 [forse
1336-’37].
Viene ‘copiata in bella’ solo nel 1356, quando entra
nella ‘forma Correggio’ [v. slide 2], databile al 13561358 = vent’anni circa dopo una prima stesura.
Nel dolce tempo de la prima etade,
che nascer vide et anchor quasi in herba
la fera voglia che per mio mal crebbe,
perché cantando il duol si disacerba,
canterò com' io vissi in libertade,
mentre Amor nel mio albergo a sdegno s'ebbe.
Poi seguirò sí come a lui ne 'ncrebbe
troppo altamente, e che di ciò m' avenne,
di ch' io son facto a molta gente exempio:
benché 'l mio duro scempio
sia scripto altrove, sí che mille penne
ne son già stanche, et quasi in ogni valle
rimbombi il suon de' miei gravi sospiri,
ch' acquistan fede a la penosa vita.
E se qui la memoria non m' aita
come suol fare, iscúsilla i martiri,
et un penser che solo angoscia dàlle,
tal ch' ad ogni altro fa voltar le spalle,
e mi face oblïar me stesso a forza:
ché tèn di me quel d' entro, et io la scorza.
La I strofa di RVF XXIII riprende
dalla sezione proemiale
diversi motivi:
• La contrapposizione tra il
periodo che precede e quello
che segue l’innamoramento
• La vendetta di Amore
• L’essere ‘favola’, esempio
negativo, per il mondo
• La negatività, l’angoscia
dell’esperienza amorosa (i
sospiri)
• L’esperienza dello
‘spossessamento’, della
perdita di sé
[str.]
Nucleo argomentativo
peccato
[metam.]
1
Riprende i motivi proemiali [v. slide precedente]
2e3
Amore oggetto di sdegno (non coltivato) si vendica
prendendo in sua scorta una ‘possente donna’
omissione
LAURO
(Dafne)
3e4
La speranza – il pensiero di Laura, il desiderio amoroso –
vola troppo in alto (come Fetonte), e viene frustrato
pensiero
CIGNO
(Cycno)
4e5
L’io lirico vuole parlare, ma trasformato com’è in cigno
canta sempre; e allora per farlo tacere lo si muta in sasso
parola
PIETRA
(Batto)
5
La speranza di essere ‘spetrato’, e il tentativo di
riprendere la parola, e dichiararsi ‘privo di sé’
______
______
6
L’umiltà non ha addolcito la donna-petra, così l’io si lascia parola
di nuovo andare a dire il proprio dolore
FONTANA
(Biblide)
7
La momentanea pietà della donna viene di nuovo meno
quando l’io amante ricomincia a parlare di sé
parola
SELCE/ECO
(Eco)
8
La donna lungamente inseguita viene infine contemplata
mentre si bagna in una fonte; sdegnata, si vendica
opera
CERVO
(Atteone)
cong. L’io non si è mai trasformato in pioggia d’oro, ma in fiamma e in aquila
sì [tutte metamorfosi di Giove], ma senza mai davvero staccarsi dal ->
LAURO
La vita el fin, e ’l dì loda la sera
[Santagata] -> coniuga due detti di larga
diffusione:
1. Ante mortem ne laudes hominem
quemquam (di matrice biblica)
2. Vespere laudari debet amoena dies
n.b. è il doppio rovesciato del più popolare
‘il buon giorno si vede dal mattino’
Carattere polisemico della metamorfosi in lauro
• perdita della libertà: è una pianta ancorata al
terreno
• perennità: la condizione di amante non amato
è bloccata, non muta col mutare delle stagioni
• identificazione con l’oggetto amato (lauro =
Laura)
• oggettivazione del desiderio di gloria poetica.
E si veda per questo il sonetto XXIV, I quartina
=> il lauro gli ha negato la corona = la poesia
d’amore è incompatibile con la gloria poetica
La ‘frottola’ nella definizione di P.G. Beltrami
Componimento in versi di varia misura,
per lo più brevi con rime baciate o
ulteriormente reiterate (la regola
fondamentale vuole che le rime procedano
in gruppi regolari, per esempio a coppie o a
terne), o in endecasillabi con rima al mezzo,
caratterizzato da un modo prossimo al
‘nonsenso’ nell’aggancio fra le diverse frasi.
Petrarca RVF CV (1)
Mai non vo' piú cantar
com'io soleva,
ch'altri no m'intendeva,
ond'ebbi scorno;
et puossi in bel soggiorno
esser molesto.
Il sempre sospirar
nulla releva;
già su per l'Alpi neva
d'ogn' 'ntorno;
et è già presso al giorno:
ond'io son desto.
Un acto dolce honesto
è gentil cosa;
et in donna amorosa
anchor m'aggrada,
che 'n vista vada
altera et disdegnosa,
non superba et ritrosa:
Amor regge suo imperio senza spada.
Chi smarrita à la strada,
torni indietro;
chi non à albergo, posisi in sul verde;
chi non à l'auro, o 'l perde,
spenga la sete sua con un bel vetro.
5
10
15
Petrarca RVF CV (2)
I'die' in guarda a san Pietro; or non piú, no:
intendami chi pò,
ch'i' m'intend'io.
Grave soma è un mal fio
a mantenerlo:
quando posso mi spetro,
et sol mi sto.
Fetonte odo che 'n Po
cadde, et morío;
et già di là dal rio
passato è 'l merlo:
deh, venite a vederlo.
Or i' non voglio:
non è gioco uno scoglio
in mezzo l'onde,
e 'ntra le fronde
il visco. Assai mi doglio
quando un soverchio orgoglio
molte vertuti in bella donna asconde.
Alcun è che risponde
a chi nol chiama;
altri, chi 'il prega, si delegua et fugge;
altri al ghiaccio si strugge;
altri dí et notte la sua morte brama.
20
25
30
I’ die’ in guarda a san Pietro
ipotesi interpretative (alternative)
[posto che il significato è ‘mi sono dedicato
completamente a Laura; ho amato solo lei’]
• allude all’uso di collocare i propri beni sotto il
patrocinio della Chiesa, pagando un canone
• Pietro è il custode delle chiavi del cielo come
Laura è la custode delle chiavi del cuore di P.
• Pietro si era addormentato nell’orto del
Getsemani e aveva poi tradito Cristo = affidarsi
a Pietro non è una buona scelta
et già di là dal rio passato è 'l merlo
ipotesi interpretativa corrente
Il merlo si è sottratto al cacciatore
oltrepassando il fiume; allo stesso
modo l’amante si è sottratto
finalmente alla sudditanza
amorosa nei confronti di Laura
Petrarca RVF CV (3)
Proverbio “ama chi t’ama” è fatto antico.
I’ so ben quel ch’io dico:
or lass’andare,
ché conven ch’altri impare a le sue spese.
Un’ humil donna grama
un dolce amico.
Mal si conosce il fico.
A me pur pare
senno a non cominciar
tropp’alte imprese;
et per ogni paese
è bona stanza.
L'infinita speranza occide altrui;
et anch’io fui alcuna volta in danza.
Quel poco che m’avanza
fia chi nol schifi, s’i’ ’l vo’ dare a lui.
I’ mi fido in Colui
che ‘l mondo regge,
et che’ seguaci Suoi nel boscho alberga,
che con pietosa verga
mi meni a passo omai tra le Sue gregge.
35
40
45
Petrarca RVF CV (4)
Forse ch'ogni uom che legge
non s'intende;
et la rete tal tende che non piglia;
et chi troppo assotiglia
si scavezza.
Non fia zoppa la legge
ov'altri attende.
Per bene star si scende
molte miglia.
Tal par gran meraviglia,
et poi si sprezza.
Una chiusa bellezza
è piú soave.
Benedetta la chiave che s'avvolse
al cor, et sciolse
l'alma, et scossa l'ave
di catena sí grave,
e 'nfiniti sospir' del mio sen tolse!
Là dove piú mi dolse,
altri si dole,
et dolendo adolcisse il mio dolore:
ond'io ringratio Amore
che piú nol sento, et è non men che suole.
50
55
60
Petrarca RVF CV (5)
In silentio parole
accorte et sagge,
e 'l suon che mi sottragge
ogni altra cura,
et la pregione oscura ov'è 'l bel lume;
le nocturne vïole
per le piagge,
et le le fere selvagge entr'a le mura,
et la dolce paura,
e 'l bel costume,
et di duo fonti un fiume
in pace vòlto
dov'io bramo, et raccolto
ove che sia:
Amor et Gelosia
m'ànno il cor tolto,
e i segni del bel volto
che mi conducon per piú piana via
a la speranza mia,
al fin degli affanni.
O riposto mio bene, et quel che segue,
or pace or guerra or triegue,
mai non m'abbandonate in questi panni.
65
70
75
Petrarca RVF CV (6)
De' passati miei danni
piango et rido,
perché molto mi fido in quel ch'i' odo.
Del presente mi godo,
et meglio aspetto,
et vo contando gli anni,
et taccio et grido.
E 'n bel ramo m'annido,
et in tal modo
ch'i' ne ringratio et lodo
il gran disdetto
che l'indurato affecto alfine à vinto,
et ne l'alma depinto "I sare' udito,
et mostratone a dito",
et ànne extinto
(tanto inanzi son pinto,
ch'i' 'l pur dirò) "Non fostú tant'ardito":
chi m'à 'l fianco ferito,
et chi 'l risalda,
per cui nel cor via piú che 'n carta scrivo;
chi mi fa morto et vivo,
chi 'n un punto m'agghiaccia et mi riscalda.
80
85
90
Petrarca RVF CV (7)
In silentio parole accorte et sagge,
La saggezza e la prudenza [di L.] espresse
senza parole,
e 'l suon che mi sottragge ogni altra cura, e il suono della sua voce, che non mi lascia
pensare ad altro,
et la pregione oscura ov' è 'l bel lume;
e il suo corpo, che imprigiona la luce
dell’anima;
le nocturne vïole per le piagge,
il viola scuro nel verde [sono forse i colori
della veste di L.],
et le fere selvagge entr' a le mura,
la severità feroce dell’animo nel corpo,
et la dolce paura, e 'l bel costume,
la dolce timidezza e il contegno dignitoso,
et di duo fonti un fiume in pace vòlto
e il fiume della passione (che viene da due
fonti = Amore e Gelosia) e va a sfociare
dov' io bramo, et raccolto ove che sia:
dove io desidero, e si riversa in L. o in Dio:
Amor et Gelosia m'ànno il cor tolto,
Amore e Gelosia mi hanno rubato il cuore,
e i segni del bel volto
e i suoi occhi che mi fanno da guida
che mi conducon per piú piana via
e mi conducono ora per una via più semplice
a la speranza mia, al fin degli affanni.
alla mia speranza, alla fine degli affanni.
O riposto mio bene, et quel che segue,
O mio amore segreto, e quel che comporta,
or pace or guerra or triegue,
[cioè] pace, guerra e momenti di tregua,
mai non m' abbandonate in questi panni. fin che sono vivo non mi abbandonate *.
* Imperativo o indicativo?
Petrarca RVF CV (8)
De' passati miei danni piango et rido,
perché molto mi fido in quel ch' i' odo.
Dai miei problemi di prima ora rido e piango,
perché ho molta fiducia in quel che sento dire
[cioè che Dio è misericordioso].
Del presente mi godo, et meglio aspetto, Mi godo il momento presente e aspetto di
meglio [la vita eterna],
et vo contando gli anni, et taccio et grido. e conto gli anni che passano, e non canto più
[non scrivo più poesie] e invoco il Signore.
E 'n bel ramo m' annido, et in tal modo
Mi rifugio tra i rami del lauro, ma nel senso
ch' i' ne ringratio et lodo il gran disdetto
che [non spero più nell’amore e ] ringrazio e
benedico il suo grande rifiuto,
che l' indurato affecto alfine à vinto,
perché finalmente ha sconfitto la mia passione
ostinata e [mi ha fatto capire per sempre ->]
et ne l' alma depinto «I' sarei udito,
mi ha scolpito nell’anima: “io sarei ascoltato
et mostratone a dito», et ànne extinto
e mostrato a dito”; e così ha cancellato
(tanto inanzi son pinto,
(poiché mi ero spinto fino a quel punto,
ch' i' 'l pur dirò) «Non fostú tant' ardito»: e lo confesso) il pensiero che con lei avrei
potuto osare di più: [per cui ringrazio ->]
chi m' à 'l fianco ferito, et chi 'l risalda,
*chi mi ha ferito il cuore e mi fa guarire,
per cui nel cor via piú che ' carta scrivo;
per cui scrivo dentro di me più che sulla carta;
chi mi fa morto et vivo,
chi mi fa morire e rinascere
chi 'n un punto m' agghiaccia et mi
chi nello stesso tempo mi gela e mi riscalda.
riscalda. *[e quindi ringrazio e lodo]
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