COLLANA DI STORIA DELL’ARTE MODERNA Direttore Stefano Valeri Sapienza Università di Roma Comitato scientifico Maurizio Calvesi Sapienza Università di Roma Maria Concetta Di Natale Università degli Studi di Palermo Cristina Galassi Università degli Studi di Perugia Alessandro Rovetta Università Cattolica del Sacro Cuore Gianni Carlo Sciolla Università di Torino Victor I. Stoichita Université de Fribourg Caterina Volpi Sapienza Università di Roma Alessandro Zuccari Sapienza Università di Roma COLLANA DI STORIA DELL’ARTE MODERNA La collana si costituisce di una serie di volumi studi sull’arte moderna, suddivisi secondo quattro grandi tematiche cronologiche: Quattrocento; Cinquecento; Seicento; Settecento. I volumi sono frutto di studi condotti dai migliori specialisti del settore, italiani e internazionali, e comprendono monografie su artisti; su argomenti specifici della storia dell’arte tra XV e XVIII secolo legata all’ambiente storico, politico, religioso, laico, geografico ecc.; su edizioni critiche di letteratura artistica. In collaborazione con: Si ringraziano: Cristina Acidini, Bruno Bottai, Agostino Bureca, Luigi Ficacci, Edith Gabrielli, Giovanni Gentile, Mina Gregori, Isabelle Klinka–Ballesteros, Francesco Moschini, Paolo Portoghesi. Giorgio Vasari tra parola e immagine Atti delle giornate di studio Firenze, Palazzo Vecchio, novembre / Roma, Palazzo Carpegna — Palazzo Firenze, dicembre a cura di Alessandro Masi e Chiara Barbato Presentazioni di Bruno Bottai Paolo Portoghesi Contributi di Elisa Acanfora, Maria Giulia Aurigemma, Nicoletta Baldini Anna Bisceglia, Giorgio Ettore Careddu, Fulvio Cervini Claudia Conforti, Floriana Conte, Ricardo De Mambro Santos Francesca Funis, Enrico Mattioda, Marco Ruffini Claudio Strinati, Stefano Valeri, Antonio Vannugli Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: gennaio Indice Presentazione Bruno Bottai Presentazione Paolo Portoghesi Vasari: le parole delle pietre Claudia Conforti «L’inventione dun po’ di cappelle», un’aggiunta e qualche considerazione Maria Giulia Aurigemma Vasari a Bosco Marengo. Indagini diagnostiche e problematiche di restauro Giorgio Ettore Careddu Vasari e gli artisti spagnoli al Palazzo della Cancelleria a Roma Anna Bisceglia Vasari e la scrittura delle Vite Marco Ruffini Il medioevo fantastico. L’arte romanica secondo Vasari Fulvio Cervini La scultura lignea: Vasari e posizioni antivasariane tra Italia meridionale e Spagna Elisa Acanfora Indice Vasari e la scultura di Bartolomeo Ammannati Stefano Valeri Alfabeto in sogno. Il concetto di disegno in Giorgio Vasari e Karel van Mander Ricardo De Mambro Santos Giorgio Vasari e Pietro Aretino Enrico Mattioda Aggiornamenti sulla ricerca vasariana: tendenze attuali e ipotesi di lavoro Floriana Conte Le Nozze di Ester e Assuero come esemplificazione del sapere vasariano Claudio Strinati Jacopo Zucchi ritrattista e non Antonio Vannugli Il “modello” nelle Vite vasariane e nei documenti fiorentini del Cinquecento Claudia Conforti Nuovi documenti per la ricostituzione della raccolta di pitture e sculture di Giorgio Vasari Nicoletta Baldini Dirigere un cantiere a distanza: Giorgio Vasari e il campanile della chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri a Pisa Francesca Funis Giorgio Vasari tra parola e immagine ISBN 978-88-548-xxxx-x DOI 10.4399/97888548xxxxx1 pag. 9–10 (novembre 2013) Presentazione B B Sono lieto di introdurre i risultati, riuniti ora in un unico, prezioso volume, di due lunghe e intense giornate di studi dedicate a Giorgio Vasari, promosse dalla Sede Centrale della Società Dante Alighieri: la prima tenutasi a Firenze nell’ambito della prima edizione di ‘Florens’ presso il Salone dei Dugento in Palazzo Vecchio, il novembre , sotto la presidenza di Mina Gregori e Alina Payne; la seconda il dicembre , nata dalla proficua collaborazione tra la ‘Dante’ e l’Accademia Nazionale di San Luca e articolata fra le rispettive sedi romane di Palazzo Firenze e di Palazzo Carpegna. Le due manifestazioni, alla presenza di un nutrito tavolo di studiosi, hanno idealmente aperto e chiuso il , l’anno vasariano legato alla ricorrenza dei cinquecento anni dalla nascita del grande artista aretino (–). La Società Dante Alighieri ha ritenuto importante promuovere i due convegni per una ragione molto semplice. Giorgio Vasari, pittore e architetto, non è stato solo uno dei protagonisti della storia dell’arte moderna, tra coloro che nella città dei Medici e in tutto il Bel Paese portarono a vette eccelse la “maniera” italiana, ricevendone fama e onori. Come è noto a molti, Vasari è stato anche uno storiografo dell’arte, autore delle celebri Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, pubblicate in due fondamentali edizioni, per il tipografo Lorenzo Torrentino nel e per i Giunti nel . Attraverso questo testo capitale, egli ha saputo ricostruire per la prima volta una plausibile storia dell’arte italiana da Cimabue ai suoi giorni, ricordandone fatti e soprattutto protagonisti, studiando le opere, recandosi sul posto, creando addirittura una “rete di informatori” in grado di aggiornarlo sulle cronache artistiche del suo tempo. È veramente sorprendente come, a distanza di quasi mezzo millennio, quelle pagine siano ancora una fonte inesauribile di notizie, un imprescindibile punto di partenza Presentazione per chi si voglia avvicinare ad un artista, protagonista o comparsa che sia di questa lunga e affascinante storia. D’altra parte Vasari storico dell’arte va di pari passo con il Vasari scrittore: e la sua è una prosa a tratti colta ed elegante, altre volte più popolare e ricca di episodi aneddotici brillanti e divertenti, che hanno certo contribuito a ‘mitizzare’ molti dei pittori, scultori ed architetti rievocati nelle Vite. Senza voler nulla togliere all’entità e alla levatura della produzione artistica di Giorgio Vasari, si potrebbe dunque affermare che, proprio attraverso la scrittura, attraverso cioè la lingua italiana, egli abbia ha creato il suo più grande capolavoro. E la difesa e la diffusione della conoscenza della lingua italiana è il compito istituzionale della Società Dante Alighieri, fondata nel , oggi presente e attiva in Italia e in Paesi esteri. Bruno Bottai Ambasciatore Presidente della Società Dante Alighieri Giorgio Vasari tra parola e immagine ISBN 978-88-548-xxxx-x DOI 10.4399/97888548xxxxx2 pag. 11–12 (novembre 2013) Presentazione P P Rivolgendosi al giovane Vasari, Michelangelo lo esortava in una lettera ad orientarsi verso l’attività di architetto. Probabilmente perché aveva capito che le qualità specifiche di Giorgio, uomo di relazioni, molto attento ai problemi della rapidità e dei costi del lavoro artistico, erano di gran lungo più adatte a un architetto che a un pittore. E difatti se come pittore il Vasari merita di essere ricordato soprattutto per l’abilità oratoria con cui ha esaltato simbolicamente idee e azioni dei potenti, nella architettura si è dimostrato in più occasioni geniale e creativo. Nel campo della letteratura artistica, poi, gli spetta un primato per due ragioni: quella di averci lasciato un esauriente affresco della cultura artistica italiana a partire da Cimabue e quella di aver inaugurato un modo di ordinare le vicende descritte sulla base di un giudizio di qualità e di un modello evolutivo di tipo biologico; indirizzo certamente discutibile, ma tale da trasformare la accurata esposizione dei fatti da lui compiuta in un avvincente racconto che descrive una memorabile gara di qualità che attraversa il tempo e lo spazio. Gli studi vasariani hanno dato, negli ultimi decenni, importanti contributi alla approfondita conoscenza dei vari aspetti della attività dell’artista aretino, che ha avuto il merito e il privilegio di realizzare nella Galleria degli Uffizi un autentico capolavoro. È in questo edificio, infatti, di grande valore simbolico perché al suo interno si trova una parte cospicua del patrimonio artistico europeo, che il Vasari, partendo dalle proposte michelangiolesche, realizza uno spazio urbano tra i più significativi del rinascimento, modello altissimo di sapienza urbanistica e di consumata abilità nel proporzionamento e nella ripetizione delle parti. Con la solenne direttrice spaziale degli Uffizi che dalla piazza della Signoria raggiunge l’Arno, inquadrandone le acque in una splendida loggia, Vasari dà un esempio di ciò che l’architettura può Presentazione fare distinguendo e collegando spazi diversi dell’organismo urbano attraverso l’espressione del ritmo architettonico che accompagna il movimento degli osservatori: una lezione che l’architettura europea assorbirà in pieno nei due secoli successivi. Da Michelangelo Vasari eredita il rapporto critico e innovativo nei confronti del sistema degli ordini classici, usando la trabeazione non solo sopra colonne e pilastri ma anche per coronare frammenti di muro. Da questa esplorazione delle potenzialità nascoste dell’ordine, sperimentata con particolare rigore da Michelangelo in San Pietro, deriva quell’inedito pilastro scavato da una nicchia che costituisce l’enunciato più innovativo degli Uffizi. Si tratta di una porzione di muro liscio coronato da una trabeazione, racchiuso tra le due lesene laterali in cui il capitello è sostituito da una semplice fascia. Un cenno merita anche l’uso sistematico fatto nei loggiati degli Uffizi di un sistema di rinforzi metallici scoperto durante i restauri del dopoguerra, segno della aspirazione a superare i vincoli della struttura muraria realizzando quella muratura armata che consentirà, un secolo dopo, a Borromini di realizzare le cuspidi di Sant’Ivo e di Sant’Andrea delle Fratte. Il capolavoro degli Uffizi non sarebbe per altro comprensibile se non inquadrato tra le tante altre esperienze pittoriche e architettoniche che sono state oggetto di accurate indagini nel convegno vasariano che l’Accademia di San Luca ha avuto l’onore di ospitare e che ha visto la partecipazione dei più importanti studiosi dell’arte e dell’architettura rinascimentale in campo europeo. La storia dell’arte, del resto, molto prima che l’Europa diventasse una comunità politica, aveva raggiunto quella armoniosa comunità di intenti che le ha permesso di superare divisioni e conflitti nello spirito del dialogo e del reciproco rispetto. Paolo Portoghesi Presidente Accademia Nazionale di San Luca Giorgio Vasari tra parola e immagine ISBN 978-88-548-xxxx-x DOI 10.4399/97888548xxxxx3 pag. 13–18 (novembre 2013) Vasari: le parole delle pietre C C Le pietre sono loquaci: spetta all’artista renderle eloquenti. La premessa è utile per tracciare un percorso di lettura tra le pagine della prima parte del Proemio delle Vite degli artisti, quella che Giorgio Vasari consacra all’architettura, che dichiara essere “la più universale e più necessaria ed utile agli uomini” delle tre arti figlie del disegno . È noto che nella costruzione etica delle Vite vasariane l’imperativo della memoria si intreccia e si confonde con il tema delle origini. È Vasari stesso a dichiarare gli obbiettivi e le strategie della sua fatica storiografica: sconfiggere l’oblio, che divora la memoria degli artisti: (“. . . per difenderli [gli artisti] il più che io posso da questa seconda morte [l’oblio], e mantenerli più lungamente che sia possibile nelle memorie de’ vivi”), tramite la ricerca e il vaglio di molteplici fonti, su cui fondare la testimonianza storica (“avendo speso moltissimo tempo in cercar quelle, usato diligenza grandissima in ritrovare la patria, l’origine e le azioni degli artefici, e con fatica grande ritrattole dalle relazioni di molti uomini vecchi, e da diversi ricordi e scritti lasciati dagli eredi di quelli in preda della polvere e cibo de’ tarli. . . .”). L’attenzione alle origini è tutt’altro che innocente nella strategia storiografica vasariana: se ne comprendono a pieno il movente ideologico e la strumentalità politica quando Vasari argomenta e asserisce il primato di Firenze e della Toscana, incoronandole culle e matrici del travolgente empito che, rinnovando la lingua, la filosofia, la scienza e . Ringrazio Carla Trovini per il prezioso aiuto nella correzione delle bozze e Alina Payne per avermi fornito l’immagine che segue il frontespizio del volume di G. B B, Vasari on Tecnique, Dover Publications, New York, . G. V, Le opere di Giorgio Vasari, con nuove annotazioni e commenti di Gaetano Milanesi, voll., Firenze, G. C. Sansoni, ; rist. anast. Firenze, Sansoni Editore, (d’ora in poi citato come Vasari–Milanesi), I, p. . . Ivi, I, p. . Vasari: le parole delle pietre l’arte, ha donato al mondo una civiltà in grado di competere con le più splendide culture del passato . Un terzo tema si intreccia nell’ordito narrativo delle Vite: ed è quello delle tecniche e dei materiali, ai quali l’autore allude, significativamente, come ai “segreti” delle arti . Segreti a cui l’aretino consacra per intero il Proemio delle Vite e che da allora, come è ovvio, non avranno più nulla di segreto! Ora, se è vero che tecnica e materia, in quanto premesse concrete del manufatto artistico, appartengono in un certo senso al territorio misterioso delle origini della sua creazione (e dunque in quello che abbiamo indicato tra i temi fondativi delle Vite), è bene chiarire che le ragioni del largo spazio che ad esse dedica Vasari rivestono un carattere niente affatto teorico. La meticolosa descrizione dei materiali e delle tecniche che li sottomettono alla volontà di bellezza degli artefici, è in realtà in Vasari funzionale alla trasmissione di un bagaglio formalizzato di conoscenze, il cui apprendimento possa affrancare gli artisti dai lunghi apprendistati di bottega, lascito di una tradizione artigiana e manovale, che Vasari ritiene anacronistica. Quando egli afferma di scrivere “solamente per servizio de’ nostri artefici” e chiede scusa all’ipotetico lettore di avere “alle volte usato qualche voce non ben toscana. . . avendo avuto sempre più cura di usare le voci e i vocaboli particolari e propri delle nostre arti, che i leggiadri o scelti della delicatezza degli scrittori” , lascia affiorare il movente della sua fatica letteraria e l’umile giustificazione si rivela in realtà efficace figura retorica, da ribaltarsi nel suo contrario. L’artista rivendicando, come scrittore, l’orgogliosa autonomia del lessico tecnico (“siami lecito adunque usare nella propria lingua le proprie voci . Si veda in proposito il significato del ritratto nei cosiddetti Sei poeti toscani (), il quadro conservato all’Institute of Art di Minneapolis, in E. C–P, Introduction in Renaissances italiennes –, Paris , p. ; N. M, Sei poeti toscani , in Vasari, gli Uffizi e il Duca, cat. mostra Firenze –, a cura di C. Conforti, F. Funis, F. de Luca, Giunti Firenze , pp. con bibliografia. . V–Milanesi, I, p. . Sulla centralità di tecniche e materiali nell’ideologia vasariana delle arti si vedano G. B B, Vasari on Tecnique, Dover Publications, New York, , trad.it. Neri Pozza editore, Vicenza ; C. C, Le pietre dell’architettura, in Giorgio Vasari architetto, Electa Milano , pp. –. . Ivi, I, p. . Vasari: le parole delle pietre Figura . Le pietre di Giorgio Vasari nell’illustrazione di G. Baldwin Brown, Vasari on Tecnique, Dover Publications, New York, . dei nostri artefici” ), conclama la nuova dignità sociale che compete all’artista (proprio come da secoli è riconosciuta all’uomo di lettere). In definitiva, la puntuale trattazione dei “segreti” su cui si fonda il mestiere delle arti si rivela, in controluce, in piena sintonia con il progetto, tenacemente perseguito da Vasari, di fondare un’Accademia delle Arti del Disegno () che, ispirata all’Accademia Fiorentina delle lettere, sancisca e promuova il nuovo statuto sociale dell’artista, auspicato dall’aretino, che è sensibile interprete della temperie di corte . In architettura, la più materiale e pratica delle arti, ma anche la più astratta sotto il profilo delle forme, l’origine coincide con il dato di natura: e questo ci riporta alle pietre, che “son durissime e forti” e materializzano “quella graziata bellezza che si desidera”, sottolinea . Ibidem. . A quest’ultimo aspetto e alla sua incidenza nella tessitura delle Vite si veda M. R, Art without an author. Vasari’s lives and Michelangelo’s death, Fordham University Press, New York . Vasari: le parole delle pietre Giorgio . Anticipando e rovesciando la scala di Mohs, Vasari prende le mosse dalla più dura delle pietre e termina con la più malleabile, lumeggiando nella durezza il carattere distintivo della sequenza che enumera ben sedici tra pietre e gruppi di pietre, a partire dall’esotico porfido, la più dura e nobile, per concludere con la domestica pietraforte, il calcare arenaceo che si cava a Firenze sulla riva sinistra dell’Arno. Di ogni pietra Giorgio enuncia dapprima il colore e la grana, poi i luoghi di estrazione, quindi gli strumenti di lavorazione e, infine, conclude enumerando le opere più celebri nelle quali la pietra è impiegata. In queste descrizioni la tavolozza del pittore rincorre e persegue sfavillanti e perspicui riscontri lessicali: ne deriva uno stupefacente esercizio ecfrastico che fornisce la misura del mirabile talento linguistico di Vasari, che sa trasfondere la “naturale” loquacità delle pietre nell’eloquenza, squisitamente artificiale, delle arti. Soffermiamoci su una rapida campionatura della magistrale coniugazione di parole e figure, con cui Vasari sembra divinare il segno dell’artista che muterà la pietra da materia bruta a materia signata dell’opera d’arte . Il porfido “è una pietra rossa con minutissimi schizzi bianchi”; il serpentino “è pietra di color verde, scuretta alquanto, con alcune crocette dentro giallette e lunghe per tutta la pietra”; il cipollaccio “è di color verde acerbo e gialletto, ed ha dentro alcune macchie nere quadre, picciole e grandi, e così bianche, alquanto grossette”; i mischi sono così detti dalla “mescolanza di diverse pietre congelate insieme. . . ” e “se ne trova di tanti colori”. Se quello delle cave di San Giusto di Monterantoli (con cui Vasari ha modellato camini e porte di palazzo Vecchio) “trae in colore di paonazzo rossigno, macchiato di vene bianche e giallicce”, quello “ch’è nei monti di Verona. . . è rossiccia e tira in color ceciato”. Il granito si presenta in molte varianti, da quella “ruvida e picchiata di neri e bianchi e talvolta di rossi” a quella bigia che “trae più in verdiccio i neri ed i picchiati bianchi”. Vi è poi la “ pietra nera detta paragone, la quale ha questo nome perché, volendo saggiar l’oro, s’arruota su quella pietra e si conosce . V–Milanesi, I, p. . . Le successive descrizioni delle pietre sono tratte da ivi, Dell’Architettura, cap. , I, pp. –. Vasari: le parole delle pietre il colore, e per questo paragonandovi su vien detto paragone. Di questa è un’altra specie di grana e di un altro colore, perché non ha il nero morato affatto e non è gentile”, ma è assimilabile al nero di Prato che, se ben lavorato, è “così lustrante, che pare un raso di seta e non un sasso intagliato e lavorato”. Se per le numerose varietà di marmi apuani Vasari esibisce una sequenza scintillante di aggettivi, capaci di suscitarne visivamente allo stesso tempo la natura e l’aspetto ( i cipollini, i saligni, i campanini, o anche i “bianchissimi e lattati” perfetti per le figure, quelli che hanno “ in sé saldezze maggiori e più pastose e morbide”), al travertino, anzi al “trevertino”, che si cava dal “Teverone a Tigoli”, egli dedica fantasmagoriche figurazioni, a cominciare da quella con cui ne illustra la consistenza e l’aspetto, attraverso l’evocazione del processo genetico. Il travertino, scrive, è tutta specie di congelazione d’acque e di terra, che per la crudezza e freddezza sua non solo congela e petrifica la terra, ma i ceppi, i rami e le fronde degli alberi. E per l’acqua che riman dentro non si potendo finire di asciugare quando elle son sotto l’acqua, vi rimangono i pori della pietra cavati, che pare spugnosa e buccheraticcia egualmente di dentro e di fuori. La consuetudine, antica e moderna, di mettere in opera il travertino “non finito” e assettato “rusticamente” è fatta risalire da Vasari al “temperamento” di questa pietra che è talmente nobile e fiera, avendo “in sé una certa grandezza e superbia”, da porre in sottordine la lavorazione! Mi si consenta un ultimo esempio della facondia di Vasari che tramuta in folgorante eloquenza la naturale loquacità delle pietre: quando asserisce che la pietra d’Istria, di cui sono costruiti i maggiori edifici di Venezia, è “bianca livida”, cattura ed esprime i lucori cianotici e notturni degli inverni veneziani. Né può figurare con maggiore efficacia la lucente architettura laurenziana di Michelangelo se non evocandone la “pietra azzurigna, che si dimanda oggi la pietra del Fossato. . . gentile di grana. . . che d’argento non resterebbe sì bella”. Si riferisce evidentemente a una pregiata variante della pietra serena, che si cavava nella valle del Mensola . . Si veda F. R, Il capitolo sulle pietre nelle arti di Giorgio Vasari: opportunità di un commento particolare, in Studi Vasariani, atti del convegno internazionale (Firenze ), Firenze, Sansoni, , pp. –. Vasari: le parole delle pietre Il funambolico dispiegamento lessicale che impalca il capitolo sulle pietre testimonia la consapevolezza di Vasari che le pietre sono efficaci veicoli di metafore, capaci di esercitare una funzione psicologica, culturale, politica, votiva e perfino terapeutica. A quest’ultimo aspetto si riferisce un episodio autobiografico che Vasari innesta nella vita del pittore cortonese Luca Signorelli e che offre l’opportunità di entrare ancora di più nel merito della premessa sulla dialettica tra materia e arte, tra loquacità ed eloquenza. L’anziano Signorelli, legato ai Vasari da vincoli di parentela, per motivi di lavoro si reca ad Arezzo, dove è ospite in casa Vasari. Informato dei violenti episodi di epistassi che lasciavano come tramortito il piccolo Giorgio, del quale aveva apprezzato la precoce inclinazione al disegno, Signorelli gli “pose di sua mano un diaspro al collo con infinita amorevolezza” . Il gesto dell’anziano artista è evocato da Vasari con la solennità di un rito biblico: la pietra taumaturgica, posta al collo del fanciullo, ne presagisce non solo la pronta guarigione ma anche il luminoso futuro di artista. L’associazione del diaspro al sangue ricorre nella narrazione di Vasari e precisamente nella vita dell’intagliatore di pietre dure veronese Matteo del Nassaro, dove inscena la flagranza del passaggio dalla loquacità della pietra all’eloquenza dell’arte: . . . dunque . . . venuto [a Matteo] un bel pezzo di diaspro alle mani, verde e macchiato di gocciole rosse, come sono i buoni, v’intagliò dentro un Deposto di croce con tanta diligenza che fece venire le piaghe in quelle parti del diaspro che erano macchiate di sangue: il che fece essere quell’opera rarissima. . . . Claudia Conforti . V–Milanesi, III, p. . . Ivi, IV, p. . Giorgio Vasari tra parola e immagine ISBN 978-88-548-xxxx-x DOI 10.4399/97888548xxxxx4 pag. 19–34 (novembre 2013) «L’inventione dun po’ di cappelle», un’aggiunta e qualche considerazione M G A Between my finger and my thumb The squat pen rests. l’ll dig with it. Concepita come scala ovale monumentale ideata già nel da Ligorio per Pio IV nell’angolo tra palazzo, corridore di Belvedere, Cappella Magna e giardini vaticani, ma ancora non realizzata nel marzo , la «Fabbrica nova de Torre Pia» diviene dal con Pio V uno snodo al tempo stesso funzionale e peculiare del rinnovamento del palazzo, completato con tre cappelle (di cui due ellittiche ) sovrapposte, decorate da Vasari e aiuti entro il . Ho già fatto riferimento a questo complesso in un mio testo del – ; in un lungo saggio , . Il primo disegno di riferimento di chiesa ovale è quello di B. Peruzzi per San Giacomo in Augusta (GDSU A) con nicchie tonde tra aperture, e sempre di Peruzzi la cappella per il cardinale Carafa (GDSU A), oltre al disegno di Vignola (Parma, Archivio di Stato, Piante e Disegni, vol. / –) più vicino al contesto vaticano. Una chiesa ovale è disegnata anche da S. S, V libro Dei Tempij sacri, Paris (ed. cons. Roma, Dedalo, ), f.v, con nicchie colonnate multiple. . A proposito di Vasari, in atti convegno di studio La “Maniera” di Luca Cambiaso, Genova , a cura di L.G. M, G. R, Genova, San Giorgio, , pp. – : pp. –. Il primo studio in assoluto sull’argomento è di C C, Giorgio Vasari al servizio di Pio V: affermazione artistica o ostaggio diplomatico?, in L’immagine del rigore. Committenza artistica di e per Pio V a Roma e in Lombardia, Pavia, Ibis, , a cura di L. Giordano, G. Angelini, pp. – (testo del convegno di Pavia , consegnato nello stesso anno). . M. G. A, Torre Pia in Vaticano. Architettura, decorazione, committenza, trasformazioni di tre cappelle vasariane, «Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana», , /, pp. – (d’ora in poi citato come Torre Pia). Le cappelle sono dedicate, partendo dal basso, a Santo Stefano, San Pietro Martire e infine a San Michele e all’Assunta: ho già proposto un’interpretazione della trasformazione della scala in cappelle sovrapposte come scala mistica, ma il crescendo può anche evocare la scala come Golgota, il sacrificio «L’inventione dun po’ di cappelle», un’aggiunta e qualche considerazione cui rinvio per le questioni attributive e stilistiche, ho puntualizzato attraverso le note di pagamento, in parte inedite, le fasi dell’edificazione, il suo significato, la decorazione maestosa e complessa, visibile oggi per la parte a fresco nelle due cappelle sconsacrate, inglobate nel percorso dei Musei Vaticani e prive delle opere mobili, di cui ho ricostruito l’insieme, come pure della terza cappella, oggi sede degli uffici dell’Archivio Segreto Vaticano. Il presente contributo quindi non ripeterà quanto illustrato a Firenze nel novembre , sintesi e anticipazione (nel ristretto tempo concesso nell’incontro nella Sala de’ Dugento) delle novità del saggio uscito nel , ma integra quest’ultimo con un disegno e alcune osservazioni. . San Luca “disegnatore” Rivedendo le immagini dei quattro evangelisti della cappella superiore mi è apparsa la possibilità di interpretare diversamente la figura di San Luca, e riflettendo sulla posa dell’evangelista mi sembra di poter ora affermare che il santo, con la testa abbassata di profilo e l’espressione concentrata, quasi creativa (vicina al ben noto tipo melanconico) non sta davvero scrivendo il suo evangelo, ma piuttosto sta disegnando: accavallando le gambe in modo da avere un appoggio stabile, non ha in mano un vero libro , ma una tavoletta con un foglio, tiene nella mano sinistra in alto il calamaio, e il tutto coincide con altre figure confermato dal protomartire e dal domenicano per arrivare alla vittoria sul peccato nella cappella culminante (cfr. M. B, Il Golgota come simulacro, in Synergies in visual cultures. Bildkulturen im Dialog, Festschrift für Gerhard Wolf, a cura di M. De Giorgi, A. Hoffmann, N. Suthor, con L.Veneskey, München–Padeborn, Fink , pp. –). La pianta ellittica della cappella superiore interpreta la forma circolare consueta nelle chiese e cappelle mariane. . Torre Pia, pp. –. . Regge una tavoletta sulle ginocchia accavallate con la penna nalla parte bassa del foglio anche Zeusi mentre sceglie le cinque fanciulle più belle nel monocromo dipinto in Casa Vasari ad Arezzo: si veda A. C, Le case del Vasari ad Arezzo e Firenze, in Case di artisti in Toscana, a cura di R. P. Ciardi, Pizzi, Cinisello Balsamo, , pp. –: p. , fig. (ma cfr. anche la Poesia che scrive su un libro aperto, p. ). I laccetti pendenti, di cui uno visibile nella raffigurazione di San Luca, si usavano per cartelle con carte sciolte (per gli stampati in piccolo formato con le prime aldine) mentre le legature di manoscritti erano chiuse, per preservare da polvere e insetti, con fermagli come quelli visibili nei libri degli altri tre evangelisti. Ringrazio Elisa Acanfora per il prezioso scambio di idee.