G It Diabetol Metab 2012;32:20-30
Rassegna
Interventi sullo stile di vita
nel diabete – A che punto siamo?
RIASSUNTO
L’epidemia di diabete di tipo 2 nel mondo non più solo occidentale trova le sue origini anche dalla combinazione di comportamenti non salutari e potrebbe largamente essere corretta da
un’educazione a uno stile di vita più sano. Terminata la stagione
dei grandi trial di prevenzione, si sta affermando la stagione dell’intervento nella popolazione con diabete, con tutte le difficoltà
prevedibili considerando il numero delle persone sulle quali intervenire e le difficoltà nelle quali operano già le strutture diabetologiche. Così come in altri Paesi, anche dalla realtà italiana sono
state pubblicate esperienze positive sia attraverso programmi
specifici sia attraverso l’utilizzazione di sussidi che favoriscono la
motivazione al cambiamento. Analogamente a quanto dimostrato nella terapia dell’obesità, la dieta prescrittiva può essere ormai
considerata una metodologia obsoleta, non garantendo alcuna
aderenza e risultato nel lungo termine. Occorre oggi ripensare
l’organizzazione dei servizi di diabetologia e dei team diabetologici per fornire ai pazienti una cura più efficace. In questo lavoro
vengono passate in rassegna le principali esperienze pubblicate, documentandone gli effetti favorevoli e le difficoltà che ancora si frappongono alla loro diffusione.
S. Moscatiello, A.S. Sasdelli, R. Di Luzio,
G. Forlani, G. Marchesini
SUMMARY
Key words: type 2 diabetes, lifestyle, diet,
physical activity, cognitive-behavior therapy
Lifestyle interventions in diabetes – where are we now?
The epidemics of type 2 diabetes, no longer involving exclusively
western countries, is largely due to a combination of unhealthy
lifestyles and might be corrected by healthy diet and physical
activity. Following the results of the large intervention trials on
diabetes prevention, the focus is now on diabetes treatment.
Here, the very large number of cases to be treated and the paucity of resources may be an insurmountable limit for most diabetes unit. As well as in different Countries, also in Italy we do have
successful experiences published in the literature. They have
been carried out either by in-house developed programs or by
the use of tools favoring behavior changes. The use of prescriptive diet, as also observed in the treatment of obesity, does not
guarantee long-term adherence and weight loss maintenance.
We need to reconsider the organization of the diabetes Unit and
SSD Malattie del Metabolismo e Dietetica Clinica, “Alma
Mater Studiorum” Università di Bologna, Bologna
Corrispondenza: dott.ssa Simona Moscatiello,
Università degli Studi di Bologna “Alma Mater
Studiorum”, SSD Malattie del Metabolismo
e Dietetica Clinica, via Massarenti 9, 40138 Bologna
e-mail: [email protected]
G It Diabetol Metab 2012;32:20-30
Pervenuto in Redazione il 02-01-2012
Accettato per la pubblicazione il 03-02-2012
Parole chiave: diabete di tipo 2, stile di vita,
alimentazione, attività fisica,
terapia cognitivo-comportamentale
Interventi sullo stile di vita nel diabete – A che punto siamo?
diabetes team, in order to provide more effective treatment. We
review the most important experiences in the behavior treatment
of diabetes, underlining the favorable effects and the limits to
their full implementation.
Introduzione
L’epidemia di diabete di tipo 2 (DM2) nel mondo non più solo
occidentale trova le sue origini anche dalla combinazione di
un’alimentazione eccessiva e spesso non salutare con la
drastica diminuzione dei livelli di attività fisica, conseguenti
allo sviluppo scientifico e tecnologico.
Nonostante i progressi ottenuti negli ultimi anni nel trattamento farmacologico del paziente diabetico, modificazioni
salutari dello stile di vita rimangono l’approccio principale sia
per la prevenzione sia per la cura del DM2. Non sempre gli
interventi proposti nei più importanti trial randomizzati e controllati sullo stile di vita sono facilmente riproducibili nella realtà delle strutture diabetologiche, e questa difficoltà ha fatto
nascere un certo scetticismo sulla reale efficacia di questi
interventi e sulla loro praticabilità clinica. Il processo di cambiamento non deve riguardare soltanto le persone con diabete; per rendere efficaci gli interventi sullo stile di vita il cambiamento deve interessare profondamente i diabetologi e le
strutture diabetologiche che devono impegnarsi a realizzare
interventi secondo strategie ormai ben codificate e che presuppongono la volontà di una nuova medicina basata sull’educazione terapeutica.
Non è più tempo per diete prescrittive. Non vi sono dubbi
sulla loro efficacia nel breve termine sul compenso glicemico
e sul controllo del peso, in popolazioni numericamente piccole e soprattutto a breve termine, indipendentemente dalla
loro composizione. Così, Heilbronn et al. dimostravano che
la restrizione calorica e il conseguente calo ponderale (1600
kcal al giorno per un anno in 35 diabetici obesi) miglioravano
il compenso glicemico e pressorio indipendentemente dalla
composizione della dieta1. Le diete somministrate differivano
infatti per contenuto dei macronutrienti: alto contenuto di
carboidrati; alto contenuto in grassi monoinsaturi (monounsaturated fatty acid, MUFA) o alto contenuto in grassi saturi
(saturated fatty acid, SFA). Risultati similari arrivano da un
trial randomizzato e controllato che ha confrontato gli effetti
di una dieta a basso indice glicemico (IG) e della dieta proposta dall’American Diabetes Association (ADA) sull’A1c in
quaranta soggetti con DM2 scarsamente controllato2. Le
due tipologie differenti di dieta venivano proposte attraverso
un intervento educativo di 8 sessioni di gruppo (mensili per i
primi sei mesi, poi all’ottavo e al decimo mese) guidato dalla
dietista e nel programma intensivo erano utilizzate strategie
comportamentali, quali l’automonitoraggio, la pianificazione
di obiettivi e il problem solving. Entrambe le diete davano i
medesimi risultati in termini di riduzione dell’A1c e sul profilo
lipidico, ma non portavano a modificazioni significative del
peso. Si può quindi ipotizzare che l’efficacia degli interventi
atti a modificare la condotta alimentare non sia tanto correlata a ciò che viene proposto quanto piuttosto alla modalità
con cui viene proposto. Purtroppo, se perdere peso è facile,
21
altrettanto facile è la ripresa del peso quando la dieta non è
accompagnata da un adeguato intervento educativo e motivazionale3.
In questo lavoro abbiamo inteso ripercorrere la storia del trattamento del diabete basato su interventi sullo stile di vita, per
verificare l’efficacia delle diverse strategie terapeutiche anche
nella comune pratica assistenziale al di fuori degli studi randomizzati. La ricerca della letteratura si è basata su PubMed
ai termini “lifestyle, diabetes, behavior”, sulla bibliografia degli
studi e sulle conoscenze personali.
Interventi sullo stile di vita
nella prevenzione del diabete di tipo 2
Gli interventi sullo stile di vita hanno ampiamente dimostrato
la loro efficacia nel prevenire o ritardare l’insorgenza di diabete in soggetti a rischio (Tab. 1). La tipologia di intervento che
ha determinato i migliori risultati è senza dubbio l’approccio
comportamentale o cognitivo-comportamentale. Con questi
termini si intende un intervento condotto da un terapeuta
che assume il ruolo di consigliere esperto per aiutare le persone a modificare i propri comportamenti (in questo caso
comportamenti non salutari riguardanti alimentazione e attività fisica), mettendo in luce le percezioni errate degli eventi
e intervenendo sulle modalità di pensiero (cognitive) che
impediscono di aderire ai programmi di perdita di peso.
Con i primi dati pubblicati da oltre 10 anni, il Finnish diabetes prevention study (DPS) ha dimostrato che un intervento
che preveda sane abitudini alimentari ed esercizio fisico
(almeno 30 minuti al giorno di esercizio fisico di intensità
moderata-elevata) dimezzava il rischio di passare da ridotta
tolleranza al glucosio (impaired glucose tolerance, IGT) a
DM24. La significatività tra i due gruppi di trattamento si rendeva evidente fin dall’inizio dello studio, con un raggiungimento dei target terapeutici di modificazioni della dieta e attività fisica legate a un intenso programma cognitivo-comportamentale5.
Quasi contemporaneamente, un gruppo di ricercatori statunitensi riportava i risultati del diabetes prevention program
(DPP)6. Gli oltre tremila soggetti con IGT e obesità dello studio
erano stati assegnati a tre tipi di trattamento: a) intervento
intensivo sullo stile di vita (con l’obiettivo di raggiungere e mantenere un calo ponderale almeno del 7% del peso corporeo
iniziale mediante l’adozione di una dieta salutare e
l’effettuazione di un minimo di 150 minuti a settimana di esercizio fisico di moderata intensità); b) trattamento con metformina a dosi terapeutiche; c) placebo. Anche i soggetti arruolati nei gruppi metformina e placebo ricevevano comunque
informazioni generali in merito a dieta ed esercizio fisico, ma
non un programma di educazione e supporto intensivo e
strutturato. Alla conclusione del periodo di osservazione, si
dimostrava che l’intervento intensivo sullo stile di vita riduceva
l’insorgenza di diabete del 58%, mentre nel gruppo trattato
con metformina e informazioni standard la riduzione del rischio
era solo del 31%6. Questi risultati sono stati ottenuti grazie
all’utilizzo di metodologie strutturate e standardizzate che pre-
22
S. Moscatiello et al.
Tabella 1 Interventi sullo stile di vita nella prevenzione del diabete di tipo 2.
Studio,
anno (ref.)
n pazienti
e durata
terapia
Bracci di
intervento
Obiettivi
dell’intervento
Caratteristiche
dell’intervento
Risultati su
sviluppo
di DM2
Tuomilehto
et al. 20014 (DPS)
n = 522
3,2 anni
• Intensivo
• Controllo
•
•
•
•
•
• Consigli nutrizionali sulla base
di un diario di 3 gg, 4 vv/anno
• 7 incontri individuali con
il nutrizionista nel primo anno
• 1 incontro ogni 3 mesi
durante il periodo successivo
• Programma personalizzato di AF
• –58% (p < 0,001)
Lindstrom et al.
2003 e 20065,10
(DPS)
n = 522
7 anni
• Intensivo
• Controllo
• Vedi DPS4
• Incontro annuale senza ulteriori
sessioni di rinforzo
• –43% in totale
(p < 0,0001)
• –36% (p = 0,0401)
nei 3 anni
di estensione
Knowler et al.
20026 (DPP)
n = 3234
3,2 anni
• Intensivo
• MET
• Placebo
• Calo ponderale ≥ 7%
• AF di moderata intensità
per 150 min/sett
• 16 incontri individuali a cadenza
mensile con il case-manager
• Sessioni di gruppo di rinforzo
• –58% (intensivo)
• –31% (metformina)
Pan et al. 19977
(Da Qing IGT and
Diabetes Study)
n = 577
6 anni
•
•
•
•
Solo dieta
Solo AF
Dieta + AF
Controllo
Se BMI < 25 kg/m2:
• Consigli nutrizionali personalizzati
• 25-30 kcal/kg
• Incontri per piccoli gruppi a cadenza
• Aumento della verdura
settimanale (1° mese),
• Riduzione alcol e CHO
mensili (2°-4° mese),
Se BMI ≥ 25 kg/m2:
poi 3 mesi per verificare e stimolare
• Calo ponderale di 0,5-1,0 kg/mese, aderenza alla dieta e all’attività
aumento AF > 1-2 U/die
fisica in dieta
(1 U = 30 min AF lieve, 20 min
AF moderata, 10 min AF intensa,
5 min AF molto intensa)
• –31% (p < 0,03)
• –46% (p < 0,0005)
in AF
• –42% (p < 0,005)
nel gruppo dieta
+ AF
Li et al. 20089
(Da Qing IGT and
Diabetes Study)
n = 577
20 anni
•
•
•
•
Solo dieta
Solo AF
Dieta + AF
Controllo
Vedi Pan et al.7
• Nessuna sessione di rinforzo
Effetto combinato
nei 3 gruppi
di intervento:
• –51% nel periodo
di intervento;
–43% a 20 anni
Ramachandran
et al. 20068 (DPP-I)
n = 531
30 mesi
•
•
•
•
Stile di vita (LSM) • Riduzione calorie totali
MET
• Riduzione introito
LSM + MET
di CHO raffinati e di grassi
Controllo
• Eliminazione zucchero
• Aumento della fibra
• AF moderata > 30 min/die
• Contatto telefonico mensile
• Incontri individuali
a cadenza semestrale
• –28,5% LSM)
(p = 0,018
• –26,4% MET
(p = 0,029)
• –28,2% LSM+MET
(p = 0,022)
Absetz et al. 2007
e 200913,14 (GOAL)
n = 352
3 anni
• Intensivo
•
•
•
•
•
Calo ponderale ≥ 5%
Totale grassi < 30%
Grassi saturi < 10%
Fibra ≥ 15% per 1000 kcal
AF moderata-intensa
per almeno 30 min/die
• Incontri di gruppo a cadenza
quindicinale con il nutrizionista
• Un incontro a 8 mesi dall’inizio
• Sessioni di allenamento
supervisionato
• Dei 193 participanti
con glicemia nei limiti:
10,9% con IGT e
1,6% con DM2
• Dei 65 participanti
con IGT: 12%
con DM2 e 43% con
glicemia normale
Kilkkinen et
al. 200715
e Laatikainen
et al. 200716
(GGT-DPP)
n = 311
3 e 12 mesi
• Intensivo in
primary care
•
•
•
•
•
Calo ponderale ≥ 5%
Totale grassi < 30%
Grassi saturi < 10%
Fibra ≥ 15% per 1000 kcal
AF moderata-intensa
per almeno 30 min/die
• 6 sessioni di gruppo
di 90 min in 8 mesi
• 3 mesi: BMI,
–2,5%, p < 0,001
• 12 mesi: miglioramento
significativo
dei parametri
clinici e biochimici
Calo ponderale ≥ 5%
Totale grassi < 30%
Grassi saturi < 10%
Fibra ≥ 15% per 1000 kcal
AF moderata-intensa
per almeno 30 min/die
AF: attività fisica; BMI: body mass index; CHO: carboidrati; DM2: diabete di tipo 2; DPP: US diabetes prevention program; DPP-I: Indian diabetes prevention program; DPS: Finnish diabetes prevention study; GGT-DPP: greater green triangle-diabetes prevention project; IGT: impaired glucose tolerance; LSM: lifestyle modification; MET: metformina.
Interventi sullo stile di vita nel diabete – A che punto siamo?
vedevano: a) l’individuazione dei lifestyle coach, personale
specializzato che seguiva individualmente i partecipanti allo
studio; b) intervento motivazionale strutturato per garantire
l’adesione al programma; c) sessioni di attività fisica supervisionate da esperti del settore; d) incontri individuali e di gruppo per facilitare il mantenimento a lungo termine del programma (sessioni di rinforzo) (Tab. 2).
Il DPS e il DPP avevano un precedente nello studio cinese Da
Qing7, che era passato largamente inosservato nella letteratura scientifica. In questo studio, 577 soggetti con IGT sia normopeso sia obesi erano stati randomizzati in quattro gruppi: tre
di intervento attivo (solo dieta, solo esercizio fisico, dieta + esercizio fisico) e uno di controllo, valutati per l’insorgenza di DM2
in un follow-up di sei anni. Nei gruppi di intervento, la riduzione
del rischio di sviluppare la malattia era risultata pari a 31%, 46%
e 42% rispettivamente, indipendentemente dall’obesità7.
Successivamente, i risultati dell’efficacia dell’approccio comportamentale alla prevenzione del DM2 hanno avuto conferma nello studio IDPP-1 (Indian diabetes prevention programme), che ha valutato l’effetto di modifiche dello stile di vita in
soggetti con IGT appartenenti alla popolazione nativa di
Indiani asiatici. L’importanza dello studio, al di là della conferma dell’efficacia dell’approccio, risiede nel fatto che rispetto
alle popolazioni precedentemente studiate, questa popolazione presentava caratteristiche sostanzialmente differenti: si
trattava infatti di soggetti più giovani, in condizione di minore eccesso ponderale, ma maggiormente insulino-resistenti8.
I risultati riportati nel follow-up a lungo termine di alcuni di
questi studi dimostrano che i benefici degli interventi sullo
stile di vita permangono nel tempo e che pertanto una modificazione salutare del comportamento può mantenersi anche
a distanza di anni da un intervento di counseling senza la
necessità di incontri di rinforzo e continua a generare benefici anche dopo la sospensione del trattamento9,10. Sotto
questo profilo, gli interventi di prevenzione sembrano ancora
23
più efficaci degli interventi educativi in pazienti già portatori di
diabete di tipo 211, ove si assiste a una progressiva perdita
dei comportamenti salutari in assenza di interventi di richiamo, in particolare quando si passa dal disease management
al case management12.
Nel “mondo reale” i dati relativi all’efficacia degli interventi
sullo stile di vita nella prevenzione del DM2 sono decisamente più scarsi ma comunque interessanti. La validità del counseling di gruppo strutturato su più incontri e opportunamente guidato da personale adeguatamente formato è stata
documentata dallo studio GOAL (good ageing in Lathi
region) condotto su 352 pazienti di mezza età con elevato
rischio di sviluppare DM213. L’approccio cognitivo-comportamentale e gli obiettivi su cui è stata posta l’attenzione
durante le sessioni di lavoro sono stati gli stessi del DPS4 e
la capacità di successo nella realizzazione degli obiettivi è
stata associata con la comparsa di IGT o DM2. A distanza di
12 mesi il 20% dei partecipanti aveva raggiunto 4 dei
5 obiettivi prefissati con risultati comparabili al DPS: l’83%
non aveva sviluppato DM2, l’11% aveva un’IGT e il 6% aveva
sviluppato il diabete, mentre per coloro che avevano raggiunto solo 3 o meno di 3 obiettivi le percentuali erano rispettivamente 73, 25 e 3% (p < 0,005)13. La popolazione in studio è stata rivalutata a 36 mesi e si è osservato un mantenimento della riduzione del rischio di sviluppare diabete dimostrando il potenziale di efficacia degli interventi sullo stile di
vita intrapresi nel “mondo reale” non solo nel breve termine14.
Una versione parzialmente modificata del programma dello
studio GOAL ha dato risultati a breve termine incoraggianti
anche sulla popolazione australiana. Qui, 237 individui di età
compresa tra 40 e 75 anni e con rischio moderato/elevato di
sviluppare DM2 hanno seguito un programma strutturato con
6 sessioni di lavoro di 90 minuti condotte nell’arco di 8 mesi
da personale addestrato e incentrate sulla promozione di sani
stili di vita relativi a una corretta alimentazione e a un incremen-
Tabella 2 Struttura del programma e strategie impiegate per raggiungere gli obiettivi nel diabetes prevention
program.
Strategie
Struttura del programma
cognitivo-comportamentali
• Case manager, personale specializzato per seguire
• Automonitoraggio
individualmente i partecipanti allo studio
• Pianificazione di obiettivi
• Frequenti incontri da parte del gruppo di studio
• Problem solving per situazioni a rischio
con i partecipanti (almeno 16 incontri nelle prime
• Sostegno dell’autostima
24 settimane e poi almeno un incontro ogni 2 mesi
• Supporto sociale
per il resto del programma)
• Empowerment
• Intervento motivazionale strutturato per garantire
• Tool box personalizzata per favorire
l’adesione al programma
la partecipazione
• Sessioni di attività fisica (due sessioni a settimana)
supervisionate da esperti del settore
e se necessario personalizzate
• Incontri individuali e di gruppo per facilitare il
mantenimento a lungo termine del programma
(sessioni di rinforzo)
24
S. Moscatiello et al.
to dell’attività fisica15. Dopo 12 mesi sono stati registrati risultati statisticamente significativi in termini di riduzione dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di diabete e in generale di
patologie cardiovascolari, con riduzione del peso e della circonferenza vita, della glicemia a digiuno media, del colesterolo totale e della pressione arteriosa diastolica16.
Interventi sullo stile di vita
nella gestione del diabete di tipo 2
I dati relativi all’efficacia degli interventi sullo stile di vita in
soggetti già affetti da DM2 sono limitati11, soprattutto sul
lungo termine, ma rimane comunque vincente l’approccio
cognitivo-comportamentale (Tab. 3).
La dimostrazione più convincente, in particolare per la
numerosità del campione studiato, arriva dallo studio Look
AHEAD (action for health in diabetes), giunto ormai alla conclusione del quarto anno di follow-up17. Si tratta di uno studio multicentrico randomizzato e controllato su oltre 5000
soggetti diabetici sovrappeso od obesi con l’obiettivo primario di esaminare gli effetti sul lungo periodo di un programma
intensivo sullo stile di vita, volto a raggiungere e mantenere
un calo ponderale del 7% attraverso la dieta e l’incremento
dell’attività fisica (175 minuti/settimana). Nel programma
intensivo erano utilizzate strategie comportamentali, quali
l’automonitoraggio, la pianificazione di obiettivi e il problem
Tabella 3 Interventi sullo stile di vita nel trattamento del diabete di tipo 2.
Studio,
anno (ref.)
n pazienti Bracci di Obiettivi dell’intervento
e durata intervento comportamentale
terapia
Caratteristiche
dell’intervento
Risultati
Di Loreto et al. n = 182
2003 e 200520,21 2 anni
• TCC
• Aumento > 10 MET/h/set
• Incontro iniziale di 30 minuti
• Controllo
del livello di AF di partenza
(colloquio motivazionale
• Dieta (55% CHO, 30% grassi, con check-list)
15% proteine)
• Contatto telefonico
• –300 kcal/die se
dopo un mese
BMI > 25 kg/m2
• 7 incontri individuali di 15 min
ogni 3 mesi per diario AF
Raggiungimento
target
• 69% gruppo
sperimentale;
18% controllo
(p < 0,001)
• Differenze
significative
nel BMI, PA,
A1c e costi
Wing et al.
n = 5145
2010 e 201117,18 4 anni
(Look AHEAD)
• ILI
• DSE
• Calo ponderale:
–6,15 ILI % vs
–0,88 DSE %
(p < 0,001)
• Fitness: 12,74%
vs 1,96%
(p < 0,001)
• A1c: –0,36 ILI %
vs –0,09% DSE
(p < 0,001)
• Miglioramento
PA e dislipidemia
in ILI
Balducci et al.
201019 (IDES)
• EXE
• AF (aerobica e di resistenza) • Colloquio individuale
• Controllo
di 150 min/settimana
motivazionale strutturato
in 2 sessioni
• Incontro di rinforzo ogni 3 mesi
• Dieta (55% CHO, 30% grassi, • Esercizio fisico supervisionato
15% proteine)
da istruttore
• –500 kcal/die
se BMI > 25 kg/m2
n = 606
1 anno
• Calo ponderale ≥ 7%
a 1 anno poi mantenimento
• 1200-1800 kcal in base
al peso iniziale
• Totale grassi < 30%
• Grassi saturi < 10%
• Proteine ≥ 15%
• AF di moderata intensità
per 175 min/sett
Trattamento intensivo
• Incontri settimanali (primi 6 mesi,
poi ogni 10 gg per i 6 mesi
successivi), poi incontro mensile
e contatti telefonici o via e-mail
• Strategie comportamentali
sessioni di rinforzo
aggiuntive in gruppo
• Supporto ed educazione
• Informazioni standardizzate
su dieta e AF
• 3 sessioni di gruppo ogni anno
• A1c: –0,49% in
EXE vs –0,10%
in C (p < 0,001)
• Miglioramento
pressione arteriosa
e dislipidemia
in EXE
AF: attività fisica; AHEAD: action for health in diabetes; BMI: body mass index; CHO: carboidrati; DSE: diabetes support and education; EXE:
esercizio; GOAL: good ageing in Lathi region; IDES: Italian diabetes and exercise study; ILI: intensive lifestyle intervention; PA: pressione arteriosa; TCC: terapia cognitivo-comportamentale;.
Interventi sullo stile di vita nel diabete – A che punto siamo?
solving e i partecipanti sono stati seguiti periodicamente da
un’equipe multidisciplinare (medico, dietista, esperto in attività fisica, psicologo), con grande frequenza nel primo anno
(ogni settimana per i primi sei mesi e tre volte al mese per i
successivi sei mesi) con incontri individuali e di gruppo mantenendo, anche negli anni successivi, contatti periodici con
visite individuali, richiami telefonici o via e-mail e con gruppi
ausiliari.
Il gruppo di controllo era costituito da soggetti ai quali veniva fornito supporto clinico ed educazionale standard.
L’endpoint principale dello studio era un outcome composito costituito dall’incidenza di vari eventi cardiovascolari da
valutare solo al termine del follow-up previsto dopo 13,5 anni
dall’arruolamento. I dati al momento pubblicati si riferiscono
all’analisi dopo 48 mesi, destinata a valutare gli effetti dell’intervento su peso, forma fisica, parametri relativi al compenso glicemico e ai fattori di rischio cardiovascolare17. In tale
ambito, gli autori hanno registrato un vantaggio significativo
in termini di calo ponderale (–6,15 vs –0,88%), di resistenza
al cicloergometro, di riduzione dei livelli di emoglobina glicata (–0,36 vs –0,09%), di pressione sistolica e diastolica, e un
miglioramento dei livelli di colesterolo HDL e trigliceridi
(p < 0,001 per tutti i confronti, rispetto ai soggetti del gruppo di controllo).
Sui partecipanti allo studio Look AHEAD è stata condotta
un’analisi osservazionale per esaminare l’associazione tra
l’entità della perdita di peso, le modifiche dei fattori di rischio
cardiovascolare a un anno e le probabilità di soddisfare i criteri predefiniti per ottenere miglioramenti clinicamente significativi nei fattori di rischio in individui con diabete di tipo 218. I
dati hanno dimostrato che l’entità della perdita di peso dopo
un anno era fortemente (p < 0,0001) associata a miglioramenti della glicemia, della pressione arteriosa, dei trigliceridi
e del colesterolo HDL già con un calo ponderale del 5-10%
rispetto al peso iniziale, anche se la probabilità di miglioramenti clinicamente significativi era ancora maggiore in quanti riducevano maggiormente il peso corporeo18.
Di recente uno studio randomizzato e controllato italiano,
l’IDES (Italian diabetes and exercise study) ha valutato
l’efficacia di una strategia d’intervento intensivo basato principalmente sulla promozione dell’attività fisica, ma senza trascurare il regime alimentare19. I 606 soggetti, reclutati in 22
centri diabetologici, sedentari, con DM2 e con sindrome
metabolica, erano seguiti con due differenti approcci: un programma intensivo di 150 minuti alla settimana divisi in due
sessioni di esercizi – aerobici e di resistenza – con la supervisione di uno specialista abbinato a un counseling dedicato
alla promozione dell’attività fisica, o il trattamento convenzionale di solo counseling dall’altra. La strategia che abbinava
l’esercizio al counseling produceva benefici maggiori rispetto al solo counseling, anche in termini di promozione dell’attività fisica al di fuori delle sedute in palestra. L’esercizio fisico supervisionato in aggiunta al trattamento convenzionale
migliorava in maniera dose-dipendente, rispetto al solo trattamento convenzionale, il controllo glicemico (A1c), i fattori di
rischio cardiovascolare e il rischio cardiovascolare globale, il
benessere psico-fisico delle persone con diabete e i costi
economici per il SSN. È giusto precisare che, essendo tutti
25
pazienti in eccesso di peso, anche il regime alimentare era
stato modificato riducendone l’apporto calorico di circa 500
kcal al giorno (55% carboidrati complessi, 30% grassi, 15%
proteine)19.
Lo studio IDES è stato un’autorevole conferma di ciò che nel
“mondo reale” hanno dimostrato alcuni studi di intervento
incentrati prevalentemente sul ruolo dell’attività fisica nei
soggetti con DM2. L’esperienza di Perugia aveva già dimostrato come l’aspetto motivazionale sia fondamentale sull’efficacia degli interventi sullo stile di vita al punto di elaborare
una rigorosa check-list per guidare il diabetologo nel primo
colloquio motivazionale con il proprio paziente diabetico11.
L’attività fisica regolare e continuata nel tempo (l’obiettivo
dell’intervento era il raggiungimento di un dispendio energetico aggiuntivo rispetto a quello di partenza di 10 METs/
h/settimana, corrispondente a una camminata di almeno
30 minuti al giorno, tutti i giorni della settimana, oltre all’attività fisica già praticata all’inizio dello studio) si traduceva in
benefici sui parametri antropometrici, metabolici, clinici e
sulla qualità di vita dei pazienti diabetici con un’adesione al
trattamento proposto di gran lunga superiore alle aspettative
degli sperimentatori20. Sempre a Perugia sono state inoltre
gettate le prime basi per chiarire il rapporto dose-risposta
che intercorre tra attività fisica e parametri metabolici. È stato
infatti valutato l’effetto di diversi livelli di dispendio energetico
da attività fisica aerobica volontaria mediante una analisi post
hoc. Nei soggetti con DM2 seguiti per due anni si assisteva
a un aumento progressivamente crescente dei benefici sui
parametri metabolici al crescere del dispendio energetico (in
METs/h/sett). La pratica abituale di attività fisica migliorava in
modo dose-dipendente A1c, peso corporeo, circonferenza
addominale, frequenza cardiaca, glicemia basale, assetto
lipidico e rischio coronarico a 10 anni21.
Sarà interessante verificare questi risultati con i risultati del
follow-up dello studio IDES.
Modalità con cui proporre gli interventi
sullo stile di vita
Sull’efficacia del modello comportamentale sembra esserci
ormai evidenza consolidata dalla letteratura; per questo
anche la modalità con cui proporlo al paziente assume una
grande importanza.
Diverse revisioni sistematiche della letteratura hanno cercato
di capire quale possa essere il migliore modo di proporre
interventi educazionali confrontando l’approccio individuale
rispetto al lavoro per gruppi di pazienti o alla formazione a
distanza per via telematica. A causa della scarsa qualità dei
disegni degli studi, spesso di breve durata e con definizioni
poco chiare circa l’adesione dei pazienti ai percorsi formativi
proposti, mancano conclusioni generali chiare e definite e
sono necessari studi di intervento ben disegnati per indagare gli effetti dei diversi approcci formativi in relazione alle raccomandazioni di trattamento22,23.
Nonostante la rassegna sistematica di Deakin et al. descriva
l’approccio per gruppi di pazienti diabetici come il metodo
più efficace per la gestione clinica, le modifiche dello stile di
26
S. Moscatiello et al.
vita e i risvolti psicosociali nei soggetti diabetici, diversi studi
sperimentali lasciano aperta la questione su quale tipologia
di approccio terapeutico nei pazienti con DM2 possa risultare maggiormente vincente24.
Nell’ambito del programma DESMOND (diabetes education
and self management for ongoing and newly diagnosed),
dedicato all’educazione strutturata di gruppo per pazienti
con una diagnosi recente di diabete di tipo 2, Davies et al.
hanno realizzato un programma di educazione terapeutica
rivolto ai servizi territoriali di base di Scozia e Inghilterra, per
pazienti con una nuova diagnosi di malattia. I risultati del programma rimangono interlocutori: a distanza di 12 mesi non
si osservava alcuna differenza nei livelli di A1c e di altri parametri metabolici tra i due gruppi di trattamento; si osservava
invece un effetto favorevole dell’educazione di gruppo in termini di riduzione del peso e nei comportamenti. Secondo gli
autori, i risultati del programma sarebbero riproducibili e
generalizzabili presso altri contesti, mentre i deludenti effetti
in termini di outcome metabolici deriverebbero dagli elevati
standard assistenziali raggiunti dal sistema sanitario britannico nella popolazione generale dei soggetti diabetici25. Anche
negli USA uno studio ha documentato un’assenza di benefici della terapia di gruppo in termini di miglioramento del compenso glicemico in soggetti con DM2 e ipertensione. Mentre
l’educazione migliorava il controllo pressorio, nessun vantaggio emergeva per l’emoglobina glicata26. Infine, in Australia lo
studio LOADD ha dimostrato che anche un semplice intervento nutrizionale era in grado nel breve termine di migliorare il compenso metabolico e portare a diminuzione del peso
in soggetti con trattamento farmacologico ipoglicemizzante
ottimizzato27.
In Italia, recentemente il Gruppo di Studio Diabete e
Aterosclerosi della Società Italiana di Diabetologia si è fatto
promotore di uno studio multifattoriale, multicentrico, randomizzato: MIND-IT (multifactorial intervention in type-2 diabetes-Italy). Un dato importante emerso dallo studio è la difficoltà per il diabetologo di utilizzare strategie comportamentali per mancanza di tempo da dedicare al paziente e per
mancanza di personale formato che lo possa affiancare per
aiutarlo nella gestione e nella motivazione del paziente. Tale
criticità pone l’attenzione sulla necessità di migliorare
l’approccio educazionale sulla dieta e sull’attività fisica nella
maggior parte delle strutture diabetologiche italiane28,29.
Da diversi anni in varie realtà diabetologiche si è cominciato
a sperimentare e proporre un modello di approccio clinicopedagogico basato su un’educazione terapeutica strutturata per gruppi in alternativa alla tradizionale visita diabetologica individuale, non solo per valutarne l’efficacia terapeutica,
ma anche al fine di ottimizzare le risorse di personale e il
tempo da dedicare al paziente (Tab. 4). Interventi di prevenzione sono stati portati nella primary care15,16, mentre gli
interventi sulla popolazione con diabete stanno cercando di
definire il ruolo dell’approccio allo stile di vita nella realtà al di
fuori degli studi controllati30.
A Torino è nato il metodo della Group Care basato su un programma educativo dettagliato che prevede la definizione di
materiali, strumenti e tecniche per condurre le sessioni di
gruppo31. I risultati di una sperimentazione clinica randomiz-
zata e controllata hanno dimostrato che, dopo 4 anni di
osservazione, nei pazienti seguiti in gruppo il BMI era significativamente diminuito e il valore di colesterolo HDL aumentato. Il compenso metabolico peggiorava nei controlli rimanendo stabile nei pazienti seguiti per sessioni di gruppo.
L’analisi multivariata mostrava che il differente andamento
dell’emoglobina glicata nei pazienti seguiti mediante Group
Care rispetto ai controlli era indipendente da età, durata di
diabete e scolarità del paziente e, seppur correlato con il
calo ponderale, rimaneva significativo anche dopo correzione per il BMI32. Nei pazienti seguiti con la Group Care miglioravano le conoscenze, le condotte di salute e la qualità di
vita, elementi che lasciano supporre una migliore capacità di
problem solving del paziente seguito in gruppo rispetto al
paziente visto individualmente33.
Alla luce di questi risultati, lo studio ROMEO (ripensare
l’organizzazione per migliorare l’educazione e gli outcome)
ha cercato di valutare se il modello della Group Care potesse essere trasferito in altre realtà diabetologiche ottenendo i
medesimi esiti34. In 13 centri diabetologici italiani sono stati
arruolati 815 pazienti di età inferiore a 80 anni, durata di DM2
superiore a un anno e non insulino-trattati. I pazienti, in ogni
centro, sono stati randomizzati a incontri individuali o a sessioni di gruppo. Dopo 4 anni, i pazienti in terapia di gruppo
avevano ottenuto un miglioramento significativo dei parametri clinici (BMI) e metabolici (A1c, assetto lipidico, pressione
arteriosa sistolica e diastolica, creatinina sierica) rispetto ai
soggetti di controllo che ricevevano assistenza individuale,
nonostante simili prescrizioni farmacologiche. Comportamenti di salute, qualità della vita e le conoscenze relative al
diabete erano migliori nei pazienti trattati per gruppi rispetto
ai soggetti di controllo35. Il modello di cura della Group Care
potrebbe quindi essere efficacemente trasferito in diversi
contesti clinici.
Sempre riguardo all’approccio terapeutico per gruppi, dall’inizio del 2009, in Italia, è in atto un progetto nazionale denominato Diabetes Conversations. Si tratta di un programma
educativo di conversazioni sul diabete incentrato sul paziente e finalizzato a migliorare la comprensione e l’autogestione
della patologia, oltre che a favorire l’interazione del malato
con gli operatori sanitari. Questo programma prevede
l’utilizzo di uno strumento didattico-interattivo, le conversation maps, che serve a guidare il confronto tra gli operatori e
i gruppi di pazienti su diversi temi, tra i quali la gestione della
dieta e dell’attività fisica in rapporto alla malattia diabetica.
L’esperienza della diabetologia di Carpi rispetto a questa
metodologia di lavoro si è dimostrata molto positiva36. Nei 63
partecipanti valutati dopo almeno tre mesi dalla fine del percorso si osservava una riduzione significativa della glicemia,
dell’A1c e del BMI, ma forse il dato più interessante era
l’elevata soddisfazione dei pazienti verso i contenuti e il
materiale didattico utilizzato36.
Il campione studiato è senza dubbio numericamente ridotto,
ma l’esperienza dell’utilizzo delle conversation maps dovrebbe essere tenuta in considerazione nei centri diabetologici
come un possibile orientamento organizzativo positivo sia
per i pazienti che hanno la possibilità di confrontarsi attivamente su problematiche che li accomunano, traendo van-
Interventi sullo stile di vita nel diabete – A che punto siamo?
27
Tabella 4 Strategie di gruppo per il miglioramento dello stile di vita nel diabete di tipo 2.
Studio,
anno (ref.)
n pazienti
e durata
terapia
Bracci di intervento
Caratteristiche
dell’intervento
comportamentale
Davies et
al. 200825
n = 824
12 mesi
• Gruppo di intervento (IG)
• Controllo (UC)
• Intervento educazionale di 6 ore
suddiviso in 2 giornate moderato
da un educatore
• Approccio non didattico
• Obiettivi dell’intervento educativo:
vantaggi della dieta e della AF,
conoscenza dei fattori di rischio CV,
self-management
Forlani et al.
200938
n = 822
4 anni
• Dieta
• ENE
• TCC
Obiettivi:
a) deficit di 500 kcal/die,
b) AF moderata di 30 min
× 5 vv/sett
• ENE: 4 incontri di gruppo della
• Maggiore perdita di peso e
durata di 90 minuti a cadenza
mantenimento del peso
settimanale
perduto in funzione della
• TCC: 12-15 incontri di gruppo della
durata dell’intervento (TCC)
durata di 120 min a cadenza
• Maggiore probabilità di
settimanale (tecniche comportamentali)
A1c < 7% (ENE e TCC)
• Dieta prescrittiva (controllo)
• Minore ricorso all’insulina
(ENE e TCC)
Risultati
• A1c: –1,49% in IG vs –1,21%
in US (p = 0,52)
• Peso: –2,98 kg in IG vs
–1,86 kg in UC (p = 0,027)
Kramer et al. n = 93
• Intervento educativo a di
200930
6-12 mesi
supporto come il DPP6
post-terapia
• Intervento in più fasi per mettere in
pratica il DPP nella popolazione
attraverso 12 sessioni di gruppo
• Miglioramenti del peso e dei
parametri clinico-metabolici
mantenuti a 6 mesi
post-intervento
Trento et al.
201035
• Terapia di gruppo (GC)
• Terapia individuale (TI)
• Incontri sistematici di gruppo (GC)
ogni 3 mesi (7 incontri in due anni)
+ visita annuale
• Strategie comportamentali (problem
solving, role playing, simulazioni,
esercitazioni)
• A1c: 7,3 GC vs 8,8% TI
(p < 0,001)
• Miglioramento di BMI,
dislipidemia e pressione
Edelman
n = 239
et al. 201026 12,8 mesi
• Terapia di gruppo (GMCs)
• Controllo (UC)
• Incontri di gruppo moderati
da un educatore
• Team di cura (medico, farmacista,
infermiere, educatore)
• PAS: –13,7 mmHg in GMCs
vs –6,4 mmHg in US
(p = 0,011)
• A1c: –0,8% in GMCs vs –0,5%
in UC (p = 0,159)
Sperl-Hillen n = 623
et al. 201137 6,8 mesi
• Terapia di gruppo (CM)
• Terapia individuale (TI)
• Controllo (UC)
• CM: 4 incontri di gruppo di due ore, • A1c: –0,51% in TI vs –0,27%
a cadenza settimanale
in CM (p = 0,01) vs –0,24%
• TI: 3 incontri individuali di un’ora
in UC (p = 0,01)
a cadenza mensile
• Obiettivi dell’intervento educativo:
migliorare la dieta e l’AF, monitoraggio
del peso, dei comportamenti,
problem solving, fissare target in linea
con gli standard AADE7
n = 815
4 anni
AADE7: American Association of Diabetes Educators Seven; AF: attività fisica; CM: conversation maps; CV: cardiovascolari; DPP: diabetes
prevention program; ENE: educazione nutrizionale elementare; GC: Group Care; GMCs: group medical clinics; IG: gruppo di intervento;
PA: pressione arteriosa sistolica; TCC: terapia cognitivo-comportamentale; TI: terapia individuale; UC: usual care.
taggio dallo scambio di esperienze, sia per gli operatori che
hanno la possibilità di aggiornarsi continuamente nel confronto con la persona malata e non solo con la malattia.
Anche in Italia la questione su quale sia l’approccio migliore
nei pazienti con DM2 rimane aperta. Del tutto recentemente
è stato pubblicato uno studio dove sono stati messi a con-
28
S. Moscatiello et al.
fronto diversi interventi terapeutici in 623 pazienti adulti con
DM2 in scarso compenso glicemico (A1c ≥ 7%). I pazienti
erano randomizzati in tre gruppi: 1) un gruppo educazionale
che utilizzava le conversation maps come strumento educativo; 2) un’educazione individuale; 3) la cura standard (senza
un’educazione mirata). L’obiettivo primario era valutare i
cambiamenti del compenso glicemico, accanto al cambiamento percepito dello stato di salute, indagato con una serie
di questionari riguardanti, tra l’altro, l’ambito nutrizionale e
l’attività fisica37. La concentrazione media dell’A1c si riduceva
in tutti i gruppi, ma maggiormente nel gruppo in cui veniva
fatta un’educazione individuale (–0,51%) rispetto al gruppo
in cui venivano utilizzate le conversation maps (–0,27%;
p = 0,01) e quello senza una terapia educazionale mirata
(–0,24%; p = 0,01). La proporzione di pazienti che raggiungeva il valore target del 7% era maggiore nel gruppo trattato
con un programma educativo individuale (21,2%) rispetto al
gruppo trattato con le conversation maps (13,9%) e quello
senza terapia (12,8%; p = 0,03). Rispetto al gruppo senza
terapia educazionale mirata, l’educazione individuale, ma
non quella di gruppo, ha dimostrato attraverso l’analisi dei
questionari somministrati, una tendenza verso un miglioramento della sfera psicosociale e comportamentale. Secondo
questi autori quindi l’educazione individuale, almeno in
pazienti con scarso controllo glicemico, rimarrebbe il trattamento di prima scelta37.
A sostegno di un approccio educativo, in questo caso di
gruppo, sono anche i dati pubblicati nel 2009 riferiti al nostro
setting assistenziale. In uno studio prospettico di coorte
abbiamo valutato l’efficacia sulla perdita di peso, sul controllo metabolico e sull’uso di insulina, di diversi interventi sullo
stile di vita in 822 soggetti con DM2 per un periodo di
4 anni38. I soggetti sono stati trattati o con una dieta prescrittiva o hanno ricevuto un breve ciclo di educazione nutrizionale elementare (4-5 incontri di gruppo-ENE) o un corso
intensivo di terapia cognitivo-comportamentale (12-15 sedute di gruppo-TCC. I risultati sono stati aggiustati per il propensity score per assegnazione ai diversi trattamenti, derivato dalla regressione logistica sulla base di età, sesso, BMI,
A1c, durata del diabete e uso di insulina al basale. Gli outcome principali erano la perdita di peso e il mantenimento del
peso perduto, il controllo metabolico e il fallimento secondario da ipoglicemizzanti orali. Entrambi i programmi strutturati
di gruppo producevano una perdita di peso maggiore rispetto alla dieta prescrittiva e la probabilità di raggiungere
l’obiettivo del calo ponderale del 7% era aumentata. Si
osservava, sia per ENE sia per TCC, un miglioramento del
controllo metabolico, indipendentemente dall’uso di insulina.
Dopo aggiustamento per propensity score, sia ENE (hazard
ratio, 0,48, IC al 95% 0,27-0,84) sia TCC (hazard ratio, 0,36,
IC al 95% 0,16-0,83) erano associati a un ridotto rischio di
iniziare una terapia insulinica de novo. Il nostro studio ha pertanto confermato la fattibilità di interventi volti al cambiamento dello stile di vita nella realtà diabetologica e la maggior efficacia di un approccio di lavoro per gruppi38.
I percorsi di gruppo sono inoltre interventi terapeutici largamente costo-efficaci. Nello stesso tempo in cui una dietista
spiega a un singolo paziente una dieta prescrittiva è possibi-
le, attraverso l’approccio per gruppi, educare più pazienti
con il valore aggiunto della dinamica di gruppo che permette agli stessi partecipanti di confrontarsi e di condividere
esperienze32,38. Risparmiare il tempo dedicato ai singoli
pazienti permette al team di cura di poter programmare contatti più frequenti e prolungati nel tempo e, soprattutto relativamente alla problematica dell’eccesso ponderale, mantenere nel lungo termine il contatto terapista-paziente facilita la
perdita di peso e il mantenimento del peso perduto3. Parlare
di una figura professionale specifica (educatore certificato sul
diabete) da affiancare al team di cura è forse prematuro sulla
base dei dati raccolti39, ma certamente la terapia di gruppo
offre spunti interessanti sotto il profilo economico e di disease management.
Un aspetto sicuramente interessante e consolidato è quello
relativo all’influenza che la famiglia di un soggetto diabetico
può avere nella gestione della malattia. La revisione sistematica della letteratura ha confermato che gli interventi sui conviventi delle persone con diabete sono efficaci nel migliorare
gli outcome correlati al diabete40. La famiglia gioca un ruolo
importante non solo per i bambini e gli adolescenti ma anche
per gli adulti, soprattutto se disabili, data l’interazione non
solo emozionale ma anche cognitiva e comportamentale che
esiste tra i membri di una stessa famiglia. Per contro, non va
trascurato anche il vantaggio che l’intera famiglia può avere
dall’educazione terapeutica, dal momento che gli stili di vita
salutari appresi durante la terapia educazionale si trasmettono all’intera famiglia41.
Conclusioni
I risultati dei grandi studi clinici e di singole realtà locali dimostrano in modo indiscutibile l’efficacia di interventi sullo stile
di vita nei soggetti diabetici con DM2.
Gli interventi sullo stile di vita sono inoltre per sé estremamente costo-efficaci42, poiché permettono il risparmio dei
farmaci e il costo della terapia21. La strutturazione dei programmi per gruppi di lavoro risulta vantaggiosa per le strutture diabetologiche, spesso affollate di pazienti, liberando
tempo al medico e coinvolgendo altre figure professionali.
Le criticità legate a un approccio comportamentale sono
legate sia all’evidenza che le modifiche dello stile di vita non
possono essere prescrivibili con la stessa facilità con cui si
prescrive una terapia farmacologica43 sia alla crescente scarsità di risorse presenti nelle strutture sanitarie e al tempo che
i pazienti possono dedicare alla cura di se stessi. In tale direzione nuove frontiere basate sull’educazione via-web cominciano ad affacciarsi nel panorama per la cura del DM244, per
un’educazione terapeutica modernamente intesa, avente
come obiettivo non solo conoscenze, ma intesa anche a
favorire la motivazione al cambiamento45.
Conflitto di interessi
Nessuno.
Interventi sullo stile di vita nel diabete – A che punto siamo?
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Interventi sullo stile di vita nel diabete – A che punto siamo?