Chiese Santuari, Santi …
… e castelli del Vallo di Lauro
STORIA DI UN PERCORSO TURISTICO
Introduzione
La Regione Campania, unitamente all’ente provinciale per il turismo, ha proposto alle scuole il progetto
“Turismo scolastico” al quale l’I.C. di Quindici aderisce al fine di far conoscere, rispettare e valorizzare risorse
culturali, paesaggistiche, storiche ed artistiche del comprensorio del Vallo di Lauro portando gli allievi a
prendere conoscenza delle ricchezze del proprio territorio e facendo maturare negli stessi la consapevolezza che
esso può e deve rivalutarsi.
Per tale progetto la scuola secondaria di I grado di Quindici, insieme alla sede distaccata di Moschiano,
avvalendosi degli archivi e delle biblioteche comunali e parrocchiali, si è impegnata in un articolato studio sul
territorio con indagini e rilievi fotografici sull’architettura, sui paesaggi naturali, sulla storia, sulle attività
artigianali, sulle tradizioni (per le quali sono state attivate interviste).
Il progetto ha richiesto un lavoro dettagliato ed impegnativo, ma al tempo stesso piacevole e colmo di curiosità
da parte degli alunni e degli stessi docenti.
Ne è scaturito un itinerario per una gita turistica da proporre agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado, ma
anche al turista ignaro, accompagnandoli quasi per mano alla scoperta di un grande patrimonio storico,
paesaggistico e culturale appartenente al comprensorio del Vallo di Lauro.
L’itinerario si svolge seguendo una legenda semplice e ben collaudata che si articola come di seguito indicato.
Notizie storiche
Musei, siti archeologici, beni culturali
Feste religiose, boschi e flora.
Ospitalità : a) ristorazione:
piatti tipici, tradizioni culinarie, prodotti alimentari.
Dove dormire: hotel, aziende turistiche, pensioni.
QUINDICI
Come raggiungere Quindici
Situato a circa 16 km dall’autostrada Napoli-Bari, uscita casello Nola, proseguendo sulla S.S. 403 in direzione
S. Paolo Belsito, attraversando la pianura del Vallo di Lauro, fino alle pendici dei M.te Pizzo di Alvano (1134)
e la Montagna (877), si trova il comune di Quindici con i suoi 2500 abitanti, servito inoltre da autobus sulla
linea Nola-Napoli-Avellino con varie corse sia d’estate che d’inverno.
Notizie Storiche
Un interessante percorso di indagine è, senza dubbio, quello che tiene conto delle caratteristiche comunali, della
collocazione di Quindici nel contesto geografico regionale, della tradizione letteraria sugli antichi popoli
esistenti a Quindici, delle fonti locali, delle scoperte archeologiche, dei beni ambientali, artistici e architettonici.
Una fascia di montagne incornicia la valle di Quindici: colorata di verde, in tratti spoglia, senza colori.
Paesello bagnato da una sorgente d’alta quota denominata “BOCCA DELL’ACQUA” ma tipicamente chiamata
in quindicese “A VOCCA È LL’ACCQUA”.
Quindici è separato da Sarno e dall’Irpinia grazie al pizzo d’Alvano, un tempo chiamato MONS SARUS.
Nei tempi antichi l’uomo aspirava a vivere in luoghi dove niente poteva mancare, e tra quei luoghi c’era anche
QUINDICI.
Le montagne di Quindici facevano da ponte per diversi spostamenti in Sarno, Bracigliano, Siano …
Il toponimo di Quindici
Non è dato conoscere il primitivo toponimo che i vari popoli pre-romani davano all’insediamento umano sorto
nel territorio dell’attuale Quindici.
Quello a noi noto è “QUINDECIM” ed è di chiara origine romana. Il toponimo latino “quindecim” dovrebbe
risalire alla fine della II guerra sannitica, precisamente verso il 321 a.c. quando il dittatore romano Caio Petelio
con Marco Folio, conquistò Nola circondario, sottraendo al forte dominio della gente del Sannio, i Sanniti, che,
pur vinti, non si sentirono piegati né mostrarono di volersi rassegnare alla perdita di un territorio così mite e
fertile nel cuore della “Campania felix”, onde i romani furono costretti a porre dei presìdi militari in zone
strategiche del territorio.
Uno dei territori in cui vennero insediati fu nella montagna di Quindici.
La zona non era disabitata ma vi erano situate aziende agricole, sparse un po’dovunque.
Resti di antichissime costruzioni con una ricchezza straordinaria di tegole, cocci e grandissimi vasi di terra cotta
“ANFORE” sono venute alla luce in un arco di spazio che va dalle falde del colle di Santa Lucia.
I suddetti frammenti, con altri materiali che testimoniano costumi di vita romana, sono esposti in bella mostra
nel museo parrocchiale di Quindici.
Successivamente è stata rinvenuta una villa rustica romana, con intonaci rossi e pavimentazione in coccio pesto:
senza dubbio un’azienda agricola dell’epoca.
Questa è ricoperta da tre strati di terra:
-Il primo strato è composta da da ceneri di origine vulcanica dall’eruzione del 79 d.C., che seppellì Pompei,
Ercolano e Stabia;
-il secondo strato è formato da materiali eruttivi che risale all’eruzione del 472 d.C.;
-il terzo, si è formato in seguito al continuo accumularsi di materiali vari.
Questa testimoniano inconfutabilmente il periodo di provenienza dei reperti e quindi l’origine del paese di
parecchio più antico rispetto a quello originato dal brigantaggio secondo una leggenda popolare.
Le origini di Quindici (Tra leggende e storia testimoniata)
Quindici, come Roma, non ha un’origine certa, così come incerta risulta l’origine del proprio nome: i romani
ricorsero alla leggenda di Romolo e Remo per spiegare le origini ed il toponimo d’origine; i quindicesi si
rifanno alla leggenda di “quindici” briganti che trovarono rifugio nelle montagne (l’attuale Monte Alvano) dove
fondarono e diedero il nome al paese.
Pare che i quindici briganti provenissero da Amalfi, al tempo in cui era una gloriosa repubblica marinara.
Tale leggenda trova fondamento nel cosiddetto “Diritto alla Varra” ossia il diritto di portare in spalla la statua di
Sant’Andrea di Amalfi nel giorno del suo festeggiamento, il 27 di giugno.
Tutto quanto esposto in precedenza costituisce la versione leggendaria, con i suoi fondamenti, le sue cattiverie e
le sue curiosità.
Capitolo a sé stante è, invece, la storia ricostruita tassello dopo tassello dagli scritti e testimonianze tramandate
da generazione in generazione, risalente, come già anticipato, in epoca romana e che si espone in 2
fasi:insediamenti umani a Quindici, il toponimo “Quindici”.
Insediamenti umani a Quindici
Per quanto riguarda gli insediamenti umani a Quindici si hanno notizie interessantinell’opera “IL PONTE” dei
quindicesi Umbert ed Andrea Santaniello.
Si apprende, infatti, che il territorio del vallo di Lauro, di cui Quindici è sito al centro della “Campania felix”,
per la mitezza del clima, la fertilità del suolo, l’abbondanza di sorgenti d’acquae la ricchezza della fauna, non
poteva non essere abitata fin dai tempi più remoti.
Questo territorio godeva di un’eterna primavera che garantiva desiderabili condizioni di vita.
Poco o nulla si sa di questi abitanti del Vallo di Lauro, ma è storicamente accertato che i primi popoli
conosciuti furono, in ordine, gli Musoni, gli Opici, gli Etruschi, i Greci e infine i Romani.
Questi conquistarono l’area nolana, di cui il Vallo di Lauro è da sempre espansione geografica di sud-est,
nell’anno 312 a.C., durante la seconda guerra sannitica.
Le varie etnie succedutesi nell’egemonia delle zone seppero fondersi e amalgamarsi, fino alla completa
romanizzazione con gli ultimi.
Il patrimonio artistico
Il turista che viene a Quindici in cerca di attrattiva non se ne ritorna a bocca asciutta.
Qui, oltre al museo parrocchiale, troverà il seguente patrimonio artistico:
-la Chiesa Madre in stile barocco, ricca di opere d’arte;
-la Chiesa di S.Aniello con un ciclo di affreschi bizantini;
-il Santuario di S.Teodoro, da dove si gode un immenso panorama;
-la Chiesa di S.Antonio Abate, con la colossale statua del Santo del 1606;
-le Chiese della Madonnella e di S.Michele;
-il Santuario della Madonna della Neve, con tombe marmoree di stile neoclassico;
-e le frazioni , le Chiese di S.Giovanni Battista e di S.Maria delle Grazie;
Le Chiese dell’Immacolata e di S.Lucia sono state portate via dall’evento franoso del 5 maggio 1998.
Inoltre, un discreto patrimonio di architettura civile come il Palazzo Santaniello, con artistico portale ed altro.
Ancora tanti violetti e cortine nel centro storico.
Infine il complesso dei Mulini ad acqua, le fresche sorgenti della “Bocca dell’Acqua” e della “Grotta”,
l’immenso altopiano di Prata ed il verde delle alte montagne che circondano Quindici da tre lati.
Centro storico e centro antico
I termini storico e antico solitamente vengono usati come sinonimi, anzi si manifesta una predilezione per il
primo, perché sembra attribuire maggiore prestigio culturale al discorso.
Considerando che
-ciò che è antico è storico, ma non tutto ciò che è storico è antico
-il concetto di antico esclude il nuovo ed il moderno
Si hanno le seguenti definizioni:
a) il centro storico è la città nel suo insieme, compresi gli agglomerati moderni, escluse le parti più recenti;
b) il centro antico è il nucleo primitivo della città, dalle origini fino al tardo medioevo, incluse le forme
rinascimentali, barocche e ottocentesche determinate dalle successive stratificazioni.
Il centro storico è il luogo in cui si è raccolto, in stratificazione temporale, non soltanto una sommatoria di
testimonianze materiali, ma il valore spirituale che ne connota l’individualità civile.
L’identità culturale del patrimonio storico urbano è un’eredità da salvaguardare in sé, superando la più
tradizionale impostazione “monumentale”, attenta esclusivamente al restauro ed al recupero delle emergenze
architettoniche più pregevoli.
Pertanto tutto il centro storico è un “MONUMENTUM” un bene culturale di insieme e cede il valore delle sue
singole diversificate componenti.
La città Storica
Si definisce città storica quella che con la stratificazione dei suoi monumenti e dell’intero tessuto urbano,
rispecchia esemplarmente il processo storico antropologico culturale e artistico di cui è stata protagonista.
Tipologie architettoniche
a) architettura sacra (es. cattedrale, chiesa, convento, santuario ecc.)
b) architettura civile (es. castello, palazzo, monumento, fontana ecc.)
c) architettura militare (es. castello, torre, cinta muraria ecc.)
d) architettura rurale (es. masseria, casale, ovile ecc.)
Beni archeologici
1- Il sito archeologico è una porzione di territorio considerabile come un’entità unitaria dal punto di vista
geografico (per la presenza di caratteristiche geomorfologiche e podologiche omogenee) e storico (per la
presenza di testimonianze materiali di una frequentazione umana avvenuta nel passato).
2- Il complesso archeologico è costituito dall’aggregazione (per motivi funzionali e/o ideologici) di più
monumenti cioè, di più unità edilizie distinguibili per caratteristiche architettoniche specifiche.
3- Il monumento archeologico è una singola unità edilizia dalle caratteristiche architettoniche specifiche,
oppure un insieme di unità edilizie collegate strutturalmente, funzionalmente e ideologicamente.
4- Il reperto archeologico è ogni oggetto portato alla luce nel corso di scavi e tali da costituire una
testimonianza del passato.
5- Per viabilità antica si intendono sia i percorsi naturali (sentieri, accessi, valichi, ecc. presenti in natura) sia le
strade vere e proprie (da quelle in semplice terra battuta a quelle lastricate), costruite nel passato dall’uomo
per i suoi spostamenti.
Beni architettonici
1- L’edificio architettonico è un bene immobile “singolo” o “individuo” che abbia una sua intrinseca
caratteristica di unitarietà e di individuabilità.
2- Il complesso architettonico è formato da un insieme di beni “individui” che possono essere della stessa
specie o di specie diverse che costituiscono un bene immobile di carattere “complesso”.
3- Si definisce monumento architettonico l’immobile individuo o il complesso architettonico che presenta
notevole interesse storico-artistico. La nozione di un “monumento” comprende sia la creazione
architettonica singola, sia l’ambiente urbano e paesistico testimonianza di una civiltà particolare, di una
evoluzione significativa o di un evento storico particolare. Questa nozio non si applica solo alle grandi
opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo, hanno acquistato un loro pregnante significato
culturale.
4- Il territorio comunale o l’aria di un centro storico possono comprendere parchi e giardini di interesse
monumentale relativi alle ville storiche, edifici pubblici e privati, spazi destinati a verde.
La tutela dei beni culturali obiettivi
Il bene culturale è oggetto di tutela giuridica. La funzione di tutela comprende tutte le prescrizioni, le misure, di
interventi volti a garantire al bene culturale un modo di essere conforme alla sua natura e quindi una condizione
di soddisfacimento dell’interesse della collettività alla sua integrale fruizione.
Gli obiettivi della tutela si riducono a due principi fondamentali: la conservazione e la valorizzazione.
Conservare
Il bene culturale significa la distribuzione o il deterioramento per qualsiasi causa lo smarrimento e la sottrazione
furtiva; far sì che esso non venga adibito ad usi non compatibili con la sua dignità o che fattori ambienti non né
diminuiscano il valore.
Valorizzare
Il bene culturale significa apprestare i mezzi diretti a consentire, accrescere o migliorare la possibilità di
accrescere conoscitivo ai beni culturali, così d a agevolare la percezione e l’apprendimento dei valori che ad
essi ineriscono.
Riflessione
Rispettare il passato mentre si crea il futuro
Riuscire ad operare una riqualifica urbana (rendere meglio abitabili i centri storici, procurando in essi la
presenza di infrastrutture e di spazi ricreativi) senza snaturare la stratificazione del tessuto urbano e di quello
umano.
Chiesa madre di S. Maria delle Grazie
La chiesa S. Maria delle Grazie di Quindici fu costruita in pieno periodo barocco allorquando venivano
abbandonate le forme rigide, contenute e organizzate in rigorose simmetrie compositive. Essa infatti presenta
forme libere, aperte e articolate. Ogni elemento viene reinventato ogni materiale viene forzato al limite delle
possibilità di resa, sia tecnica che espressiva.
Fu eretta su una vecchia chiesa quattrocentesca, di cui ancora oggi sono visibili alcuni muri perimetrali e alcuni
tratti di pavimento.
La maestosa facciata con il portale in piperno, la gradinata, anche questa in piperno e la svettante cupola creano
quell’atmosfera ieratica che accompagnano il fedele che si porta in chiesa.
Imponente è la configurazione spaziale interna ed esterna.
Lo spazio architettonico interno si sviluppa su una pianta a croce latina con transetto a cupola.
Dovunque domina una perfetta armonia fra rette, curve ed archi.
La luce attutita e diffusa, ma non localizzata, concilia l’evoluzione dell’anima.
Le cornici e le lesene ben proporzionate avvalorano ancora di più il pregio artistico del complesso sacro.
Costruita in posizione sopraelevata, ha 130 cm rispetto all’asse viario, si inserisce a perfezione nel tessuto di
Quindici.
Come autentica madre sovrasta tutte le altre costruzioni dell’abitato e nella penombra della notte somiglia ad
una chioccia che raduna sotto le ali i suoi pulcini.
La chiesa Madre di Quindici danneggiata dal sisma del 1980, è stata oggetto da parte del provveditorato alle
opere pubbliche di un massiccio e ben riuscito intervento di recupero e di consolidamento.
Anche l’evento franoso del 5 maggio 1998 ha arrecato danni all’edificio sacro, ma sono già stati riparati.
Il museo parrocchiale di Quindici
Iniziato come semplice collezione privata da parte del nostro parroco rev. Domenico Amelia, il museo oggi
testimonia il passato, sia dal punto di vista archeologico sia da quello sociale-culturale.Verso il 1985, durante i
lavori di ricostruzione della chiesa parrocchiale di Quindici, si prospettò la possibilità di utilizzare la cripta
della chiesa per un museo. Allora furono sensibilizzate le famiglie dei quindicese e del Vallo di Lauro, le quali
hanno fatto a gara nel portare oggetti “civiltà contadina”, di “Arti e Mestieri”, reperti archeologici, casalinghi,
vasellami, radio riceventi e quando avevano nelle loro case. Dalle chiese di Quindici sono stati portati alla luce
ex voto, libri e oggetti liturgici ed indumenti sacri.
Il 7 maggio 1996 il Vescovo di Nola, Mons. Umberto Tramma, diede al nostro museo il carisma giuridico con
la canonica “autorizzazione”.
Il nostro museo è stato visitato ed apprezzato da numerosi visitatori durante le manifestazioni di “Apriti
Sesamo”, durante i 4 giorni della festa patronale di Quindici e anche durante tutto il corso dell’anno.
Molte sono state le scolaresche che hanno effettuato visite guidate al nostro museo.
Il museo è aperto tutti i giorni dalle ore 17.00 alle ore 20.00 e l’ingresso è gratuito.
L’Archeologia
Studio dell’antichità compiuto attraverso manufatti superstiti.
Ambiti di ricerca archeologica, esempi:
archeologia
preistorica
“
pre – classica
“
classica (greca e romana)
“
cristiana
“
medioevale
“
egizia
“
orientale
“
pre - colombiana
Scienze collegate all’archeologia, utili per la ricostruzione della storia dell’uomo.
- Geologia: studio delle rocce che costituiscono la crosta terrestre.
- Paleontologia: studio dei resti dei fossili degli antichi esseri animali e vegetali.
- Antropologia: studio dei caratteri morfologici e fisiologici dell’uomo secondo le diverse razze.
- Pedologia: studio delle caratteristiche dei suoli e dei terreni.
- Papirologia: studio degli antichi papiri.
- Epigrafia: studio delle antiche iscrizioni tracciate su pietra, marmi, bronzo o su qualunque materiale solido
vetro, terracotta ecc.
- Paleografia: studio delle scritture antiche al fine di decifrare, leggerle, fissarne le caratteristiche.
- Numismatica: studio delle monete e delle medaglie antiche.
- Diplomatica: studio degli antichi documenti pubblici (diplomi), specialmente al fine di accertarne
l’autenticità.
Gli utensili di una volta
Le forme delle scarpe: servivano a produrre le scarpe.
Le spinarole: venivano usate per arrotondare l’angolo di un tavolo o qualsiasi altro oggetto.
Il singaturo: lo usavano i falegnami per avere una linea dritta.
La pialla: serviva a lisciare una superficie imperfetta.
Il chianazzole: veniva usato per lisciare una superficie di legno in modo che, se lo avessero dipinto, la legna
non lo assorbiva e non marciva.
La varda: proteggeva il dorso del cavallo, mulo o asino. Quando il proprietario dell’animale voleva caricarvi un
peso (legna, ecc.).
Le striglie e le brusche: sono spazzole per pulire il cavallo a secondo della quantità di sporcizia.
I tiroccioli: oggetti per tirare le funi.
I lumi per traini: davano luce alle persone che andavano in posti senza luce.
La mola per uso familiare: oggetto molto grande che serviva a molare le asce.
Lo strongone: era una sega ad arco.
I chiodi del 1800: erano chiodi fatti manualmente, erano tutti storti e di dimensione sia grande che piccola.
Il vivilo: era un bastone lungo che serviva a togliere i baccelli. Ad esempio se un contadino voleva togliere i
baccelli ai fagioli li metteva a terra e li batteva con il vivilo, poi li prendeva e li lanciava in un angolo in modo
che i baccelli, ormai frantumati si togliessero dai fagioli.
I Garofani: erano due anelli, in uno veniva messa la fune e l’altro, più grande, lo mettevano nel naso del toro,
della mucca. Se l’animale voleva opporsi al padrone la fune veniva tirata e l’animale si faceva male e stava zitto
e fermo.
Le vorpaie: erano oggetti assomiglianti agli uncini, questi venivano usati quando una bestia feroce (toro)
attaccava qualche persona.
Feste, fede e folklore
Quattro nel passato erano i giorni in cui i quindicese si portavano sul santuario di S.Teodoro per manifestare la
propria fede verso il Santo, scelto dai quindicese come protettore dei padri di famiglia. Al lunedì in ALBIS e al
primo venerdì di marzo, con grande affluenza di fedeli, al lunedì di Pentecoste e al lunedì dopo la domenica in
ALBIS, con pochi fedeli. Non risulta invece nessuna festa al 4 luglio, giorno indicato dalla “BIBLIOTHECA
SANCTORUM” come giorno sacro a S.Teodoro.
LUNEDI IN ALBIS
Per i quindicese il lunedì in albis è la festa solenne in onore di S.Teodoro, sia pure accompagnata dai
tradizionali riti della Pasquetta.
C’è sempre stato comitato di festa che, per il passato in diversi mesi, per il presente in pochi giorni, ha curato la
raccolta di offerte per solennizzare la festa.
Già di buon mattino, lo sparo dei mortaretti e del suono melodioso delle campane segnalano il giorno sacro a
S.Teodoro.
Il culmine della festa religiosa è costituito dalla processione che percorreva, come ancora oggi, il viale che dal
santuario va alla croce, circa 130 metri. Durante il percorso non sono mai mancate batterie di fuochi artificiali,
per gli adulti un modo di manifestare la propria fede al santo e pre noi ragazzi un segno di sfida inviato ai
moschianesi, che nella stessa giornata si portano al santuario della MADONNA DELLA CARITA’. Al ritorno
del percorso professionale, prima di entrare in chiesa, si sostava, e si sosta ancora, per qualche minuto per una
preghiera collettiva e per dare a S.Teodoro il tempo di benedire Quindici.
Una volta sistemata la statua in chiesa, si archivia la parte sacra e si inizia la Pasquetta.
Le origini dei cognomi
In origine i cognomi erano semplici “soprannomi”, che per altro venivano coniati non per offendere una
persona, ma per individuarla più facilmente.
Come il “soprannome” di una persona non necessariamente passa ai figli, e come una persona, nel corso della
sua vita, può cambiare soprannome, così è stata per il passato la sorte dei cognomi.
I greci non conoscevano l’uso del cognome; al nome proprio aggiungevano il nome del padre o del paese di
provenienza. I romani invece incominciarono ad usarlo nell’età repubblicana; il cognome però era solo per i
liberi cittadini e non per gli schiavi.
Il cognome moderno inizia a sorgere nel sec. IX e si diffuse nel periodo rinascimentale fino a diventare
obbligatorio.
Dapprima furono solo le persone di un certo rango ad avere il cognome e questo veniva dato dall’Imperatore,
dal Papa, da un marchese o da un conte.
Le origini dei cognomi sono diversissime.
Molti cognomi derivano dai mestieri; altri dal colore dei capelli o dalla pelle, da qualità o difetti fisici o morali,
da nomi di animali, di piante, di fiumi o di oggetti vari.
Il cognome Santaniello
Quando l’autorità locale impose l’obbligo del cognome, tutte quelle famiglie quindicesi che avevano a che fare
con la chiesa di S.Aniello furono denominate appunto SANTANIELLO.
Fra queste famiglie in primo luogo mettiamo i fondatori della chiesa di S.Aniello, poi seguono i benefattori,
coloro che abitavano presso la suddetta chiesa e quelli che lavoravano le terre appartenenti alla chiesa di
S.Aniello.
I Santaniello quindicesi, quindi, non derivano da un unico personaggio, ma da un numero indeterminato di
famiglie. Si spiega così l’alta percentuale dei Santaniello fra i quindicesi.
Il cognome Manzi
Il vocabolario italiano dice che “manso”, come aggettivo, significa “mansueto, mite, paziente” e manzo, come
nome, sarebbe il vitello, il bue giovane. Il cognome Manzi non ha niente a che vedere con tali significati.
Nel medioevo, i longobardi prima ed i monasteri dopo, divisero i territori di propria pertinenza in “mansi”. In
pratica era la quantità di terreno che una famiglia di coloni poteva coltivare annualmente.
I mansi venivano affidati a persona di fiducia alle quali, dietro la consegna di una parte del prodotto, veniva
assicurato autonomia e protezione.
Quelli che abitavano nei mansi furono appunto chiamati Manzi.
Concludendo i Manzi quindicesi erano quelle persone che ebbero un territorio dal monastero di S.Aniello. I
Manzi quindi, non derivano da un unico personaggio, ma da un numero indeterminato di famiglie.
Chiesa di S.Aniello e di S. Lucia
La chiesa di S. Aniello e di S. Lucia in Quindici ha acquistato una rinomanza notevole da quando è stato
scoperto in essa un ciclo di affreschi bizantini del sec. X.
La chiesa sorge un pò isolata rispetto all’attuale rete di area
quindicese; il visitatore, per potervi accedere, deve attraversare il
piccolo sagrato e, a sinistra di questo, un vialetto recintato lungo 25m.
Fondata prima del mille, è appartenuta prima ai monaci di S.Maria a
Cappella di Napoli, e poi, tramite una permuta, al Marchese di Lauro.
Ora è patrimonio parrocchiale. Architettonicamente essa offre pochi
spunti di riflessione: l’intemo (3.90x8.50metri), è costituito da un
unica navata; essa presenta sul fondo tre absidiole affrescate, di cui la
centrale di dimensione maggiore rispetto alle altre due. Lateralmente
alle absidiole si aprono nella morata originaria due piccole nicchie ad
arco, anch’esse affrescate.
Sono stati proprio questi affreschi a richiamare sul luogo l’attenzione degli studiosi e della Soprintendenza ai
beni curturali, che ne ha curato il restauro.
Il ciclo di affreschi che risale alla prima metà dell
sec. X, è giunto a noi assai lacunoso, tuttavia è
stato
definito
dalla
Soprintendezza
ai
B.A.A.A.S."di staordinario interesse ".
Gli affreschi sono distribuiti nelle tre absidi e
nelle due nicchiette laterali.
L’abside centrale, la più grande, ci offre nella
parte superiore, vistosi frammenti di quello che
doveva essere un maestoso Cristo in trono,
affiancato sulla destra da un angelo riccamente
abbigliato e nella parte inferiore da quattro di
sette medaglioni incatenati fra loro da una fascia
rosso scuro. I medaglioni residui recano le effigi
di S.Gennaro, S.Proculo e S.Festo.
Al centro dell’abside di destra è raffigurato un Cristo a mensa nell'atto di benedire con la mano destra, mentre
con la sinistra sorregge, inclinato verso l'osservatore, un libro aperto con la scritta, dall’alto in basso, "qui cre"
che sta per "qui creditin me, vitam eternam habebit".
Nella parte destra è raffigurato un santo, fondatore di ordine monastico, mentre l'affresco della parte sinistra è
andato completamente perduto. Le tre figure sono separate da una finta architettura costituita da colonne
scanalate e sormontate da un architrave finemente decorato.
Nell’absidiola di sinistra sono affrescate tre figure di santi: quello centrale con una aureola simile a quella del
Cristo dell’absidiola di destra, quello di destra ha il capo coperto da un cappuccio ed è vestito con un saio,
mentre quello di sinistra è molto lacunoso.
Le due nicchie laterali sono geometricamente delle losanghe dipinte in rosso su un fondo nero.
Il Santuario di S.Teodoro
Il Santuario di S. Teodoro si erge maestoso sulla collina omonima, a
circa 500 m sul livello del mare.
E’situato nel comune di Quindici, da cui dista 5 km.
Origini
Non conosciamo la data precisa della fondazione del Santuario di S.
Teodoro.
Da alcuni reperti archeologici rinvenuti si può affermare che questo
luogo sacro è sorto nel III secolo. Nella vecchia chiesa di S. Teodoro
(abbattuta ne1980) sono stati rinvenuti pezzi di tegole e pezzi di
dolium risalenti al tempo dell'impero Romano. Inoltre pezzi di
intonaco affrescato, simile agli affreschi della Chiesa di S.Agnello
mentre i pezzi di tegole sono simile a quelli rinvenuti nelle zone di
S.Lucia. Misurando lo spessore delle tegole e dei dolium si suppone
che a S. Teodoro non abitavano famiglie normali, ma o una
guarnigione dell’esercito romano o una grande comunità di monaci.
Il sito panoramico era il posto ideale per una guarnigione militare,
infatti dalla cresta di quella collinetta si teneva sotto controllo tutta la
valle circostante.
Quando l’esercito romano si sciolse, il complesso edilizio fu
abbandonato senza troppi rimpianti.
Dalla storia ecclesiastica apprendiamo che dal VII al IX secolo ci furono quattro invasioni di monaci basiliani
nell'Italia Meridionale, invasioni causate dall'avanzata dei popoli arabi nelle regioni di grande fioritura
monastica. La prima invasione provenne dalla Siria, nel VII secolo, la seconda dall'Egitto, VII, la terza dalla
costa mediterranea dell’Africa ed in particolare dalla Cirenaica, VIII, la quarta addirittura dalla Sicilia, IX.
Quando gli Arabi conquistarono la Cirenaica un gruppo di monaci dei monasteri basiliani scapparono nelle
nostre terre e trovarono rifugio presso il diroccato presidio dell’esercito romano esistente sulla collina
quindicese, che in seguito verrà denominata "collina di S.Teodoro", in onore del Santo vescovo di Cirene.
Fino a pochi anni fa, vi abitavano stabilmente uno o più eremiti laici. Ciò ci viene confermato dall’autorevole
P.Placido Caputo, archivista e bibliotecario dell’Abazia benedettina di Casamari.
La chiesa di S.Teodoro è molto antica, certamente precedente al 1527, tanto che una lapide posta sull’altare
porta appunto questa data.
Il santuario di S.Teodoro, fino a qualche anno fa, ha ospitato uno o più eremiti, ecco perche è chiamato anche
eremitaggio.
Gli eremiti erano uomini pii che vivevano all'ombra di S.Teodoro. Indossavano saio bianco e scendevano a
valle per la questua solo in determinati giorni.
Curavano la manutenzione della strada mulattiera. Suonavano la campana oltre che in occasione dei temporali,
tre volte al giorno: al mattino, a mezzogiorno e a sera.
Così i semplici contadini, sprovvisti di orologio, potevano regolare la loro giornata. Dai primi freddi autunnali
fino agli ultimi primaverili, a somiglianza delle antiche vestali, tenevano incessantemente il fuoco acceso.
Questi contadini, sorpresi dalla pioggia, si sono asciugati presso il fuoco di S. Teodoro e mentre compivano
questa operazione ricevevano anche un buon bicchiere di vino, qualche caldarrosta e parole evangeliche.
La "Bibbliotheca Sanctorum" assegna la festa di S.Teodoro al 4 luglio. Comunque i quindicesi hanno sempre
festeggiato S.Teodoro il lunedì in Albis, anche se, per il passato, si portavano sul santuario tre volte all’anno:
Il primo venerdì di Marzo;
Il lunedì in Albis.
Il lunedì successivo alla seconda domenica di Pasqua.
La fede che i quindicesi nutrono verso S. Teodoro è una fede sincera, è una fede fatta di opere.
Molte e genuine sono le frasi con cui ci si rivolge a S.Teodoro, ma la preghiera comune è la seguente:
"Illustre vescovo di Cirene, per il tuo felicissimo apostolato a pro della Chiesa, prega Gesù per Essa.
Insigne Martire per il sangue che versasti e sotto i colpi delle verghe, quando ti fu barbaramente tagliata la
lingua prega Gesù per il Papa. Per le tue sofferenze che eroicamente sopportasti, nelle prigioni della tua patria,
prega Gesù per i prelati della Chiesa Cattolica.
Tu che fosti proclamato protettore dei padri di famiglia, prega Gesù per le famiglie cristiane affinché, accese
dalle fiamme del Divino Amore, percorrano la via che mena al Cielo. Cosi sia ".
Vita di S.Teodoro
Di Santi che portano il nome di Teodoro ve ne sono ben 63, oltre a 10 che portano il nome di Teodora.
Il santo più importante è S. Teodoro soldato, patrono dell'esercito bizantino, che ebbe dedicate numerose chiese
e una ricca iconografia.
Il nostro S. Teodoro è il Vescovo di Cirene in Libia (Africa) poco o per niente conosciuto al di fuori di
Quindici.
Per quanto vescovo egli aveva conservato la sua vecchia attività di copista di manoscritti. Al tempo della
persecuzione di Diocleziano venne denunciato dal proprio figlio al governatore della città, perché nascondeva
libri cristiani. Arrestato fu condotto dinanzi all’alto funzionario. Dopo un lungo interrogatorio, durante il quale
rimase inflessibile nella sua fede, e dopo di aver rifiutato di sacrificare agli idoli, Teodoro venne assoggettato a
diverse torture e in particolare condannato ad avere strappata la lingua. Dopo queste barbarie fu rinchiuso in un
carcere ma una cristiana di nome Lucia, raccolse la lingua del proprio Vescovo e gliela portò nella prigione in
cui era stato rinchiuso. A S.Teodoro si riattacca miracolosamente la lingua, cosa che provoca l'immediata
conversione del carceriere Lucio. Dopo il miracolo, S. Teodoro vive solo poche ore e si addormenta nel
Signore.
Le Sanctuaire de Saint Theodore
Le Sanctuaire de Saint Theodore s'erige majesteux sur la colline homonyme, environs 500 mètres au dessus du
niveau de la mer .
Il est situee dans la commune de Quindici, d’où il est distant 5 kilomètres. La "Bibliothèque Sanctorum"
celèbre la fete de Saint Theodore le 4 Juillet.
De toute facon les "Quindicesi" ont toujours fete Saint Theodore le Lundi de Pàques, meme s'ils vont au
Sanctaure trois fois par an:
-Le premier vendredi du mois de mars
-Le Lundi de Pàques
-Le Lundi suivant la deuxième dimanche de Pàques.
La foi que les "Quindicesi" nourrissent envers Saint Theodore est une Poi sincère, c'est une Poi faite d'oeuvres.
The Sanctuary of Saint Teodoro
The sanctuary of Saint Teodoro is on the homonimous hill, at abaut 500 metres on the sea liveln.
It is situated in the comune of Quindici, and it is 5 Kilometres for from it.
The place is delightful.
From the large square in front of the church we have a hauge view.
Chiesa di S. Antonio Abate
L’attuale Chiesa di S. Antonio Abate, a paragone con le altre Chiese
di Quindici, è di recente costruzione. Infatti fu costruita nel secolo
scorso, ma la devozione al Santo è molto più antica. La devozione a
S. Antonio Abate da parte dei Quindicesi è certamente anteriore al
1600.
Quando nel 1625 fu ricostruita la Chiesa di S. Maria del Soccorso,
per venire incontro ai desideri del popolo, si dovette costruire in detta
Chiesa un altare dedicato a S. Antonio Abate. Si ha notizia di questo
altare nel 1640. Siamo alla terza visita pastorale di Mons. Gianbattista
Lancillotti, il quale aveva la sua residenza a Lauro e che nella sua
lunga attività pastorale visitò ben cinque volte le Chiese di Quindici.
Dai verbali apprendiamo che il Vescovo nel visitare la Chiesa di S.
Maria del Soccorso, visitò anche un altare dedicato a S. Antonio
Abate e lo trovò a posto, corredato del necessario per la celebrazione
delle Messe. Vi si celebrano su quell’altare "quinderdiebus" cioè ogni
15 giorni.
Nel 1642, in occasione di un’altra visita pastorale di Mons.
Lancillotti, viene messa ancora più in evidenzia la visita all'altare di
S. Antonio Abate, altare situato ancora nella Chiesa di S. Maria del
Soccorso.
Dal secolo XVIII in poi questa Chiesa non viene più chiamata Chiesa di S. Maria del Soccorso, ma Chiesa di S.
Antonio Abate.
La chiesa e le opere annesse
Le opere annesse all'attuale chiesa di S. Antonio Abate sono: il campanile, la sacrestia e due cortili.
L'attuale chiesa, costruita in data imprecisata del secolo scorso, è lunga m 14.60, larga 7.60 e alta m. 6.60. Lo
stile è neoclassico ed è orientata a sud e con i suoi cinque finestroni risulta molto illuminata.
Vi si accede attraverso due porte: la porta principale ha somiglianze alla porta santa della Basilica di S. Pietro,
viene aperta solo nel giorno della festa del Santo, ossia il 17 gennaio.
È di legno massiccio, si apre e si chiude solo dall'interno mediante una robusta sbarra di ferro. La porta laterale,
quella di servizio è leggermente più bassa, anch’essa è di legno massiccio. Sotto la porta principale, all’esterno,
sorride all’occhio passante una graziosa nicchietta con l'immagine paterna di S. Antonio Abate. Il giorno 17 del
mese di gennaio si festeggia questo santo. Si benedicono gli animali e le macchine, si fa infine una piccola festa
"Sagra dei morzetti e del vino".
The cours of S. Antonio Abate
The present church of S. Antonio Abate is a recently erected church. In fact it was built during the century but
the devotion to the saint is much olded, it is certainly preceding to 1600. In the course of time this church has
taken various names: S.Maria del Soccorso, Chiesa della Limmata, S. Antonio Eligio, S. Bernardino and finally
S. Antonio Abate. The origin of this church is lost in the dark of centuries.
Les origines de l'eglise de "S.Antonio Abate"
L’eglise de S.Antonio Abate a ete batie rècemment. En effet sa construction re monte au siècle dernier, mais la
devotion au saint est plus ancienne, elle est certainement anterieure au 1600. Au cours des ces siècles cette è gli
se a eu de diffèrentes dènominations "Santa Maria del Soccorso", eglise "della limmata" "S. Eligio", "S.
Bernardo" et enfin "S. Antonio Abate".
Santuario della Madonna Della Neve
Notizie storiche
Le colline del ridente Vallo di Lauro sono costellate da Santuari.
Se ne contano ben sette: Santuario della Madonna della Neve, sulla
collina Casapiana; San Romano in zona San Romano; San Teodoro sulla
collina omonima; Madonna della Carità, sulle colline di Moschiano;
Madonna dell’Arco, sulle colline di Taurano; San Michele, sulle colline
di Pignano; Santa Maria dell'Abbondanza, sulle colline di Marzano.
Il santuario dedicato alla Madonna della Neve, sulla collina di Casapiana,
è il più recente per costruzione. E’l'unico fondato in epoca ben precisa,
mentre la fondazione degli altri Santuari si perde nel buio dei secoli.
Esso fu voluto dal cavaliere Nicola Tortora verso i11840.
La costruzione del Santuario della Madonna della Neve iniziò nel 1840 e
terminò nel 1846.
Questo Santuario fu dedicato alla Madonna della Neve perché la
devozione verso la Vergine Santa, era molto sentita e diffusa nel Vallo di
Lauro e specialmente a Bosagro, Beato e Quindici. E’documentata
l'esistenza di un antica e gloriosa confraternita dedicata alla Madonna
della Neve operante nelle frazioni di Bosagro e di Beato. Questa
confraternita era ricca di beni che nel 1863 andarono ad impinguare la "Congrega di Carità" voluta, o meglio,
imposta dal Governo d'ltalia Unita.
E’anche documentata l'esistenza di un altare dedicato alla Madonna della Neve nella vecchia chiesa di San
Maria delle Grazie in Quindici. Su tale altare risulta che si celebravano due Messe settimanali secondo il legato
di Michele Vivenzio.
La Madonna della Neve si identifica con la titolare della Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, per cui la
festa della Madonna della Neve sulla collina di Casapiano si è sempre svolta il 5 agosto, giorno dedicato dal
calendario Universale della Chiesa alla "Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore".
Si racconta che al tempo del Papa Liberio (352-366) vivevano a Roma due Patrizi ricchi ma senza figli. Questi
avevano pensato di consumare il loro vasto patrimonio in un'opera pia e pregavano la Madonna affinche questa
facesse conoscere loro l'opera pia da realizzare.
Mentre si era in attesa di un segno premonitore, la Madonna, nella notte tra il 4 e il 5 agosto andò in sogno al
patrizio Giovanni e, sempre in sogno, gli mostrò la pianta dell'edificio sacro da costruire.
Al mattino, appena alzato, Giovanni racconta il sogno alla consorte e con grande meraviglia si sente rispondere
che la moglie aveva avuto lo stesso sogno. Senza perdere tempo entrambi vanno dal papa Liberio e, con
maggior meraviglia, apprendono che il papa aveva avuto lo stesso sogno. La piccola comitiva si porta sul colle
Esquilino e, con somma meraviglia, trovano la pianta della chiesa, così come l'avevano sognata, tracciata sulla
neve caduta durante la notte. La volontà della Madonna era chiara e perciò i due patrizi romani non perdettero
tempo nell'iniziare, a proprie spese, la costruzione di una Basilica, dedicata alla Madonna della Neve e che
successivamente, ampliata, fu chiamata "Santa Maria Maggiore".
Dall'epoca della costruzione del Santuario e fino agli anni sessanta del nostro secolo, presso il Santuario della
Madonna della Neve ha dimorato stabilmente un "eremita". Questi era un laico e oltre a custodire lo stabile del
Santuario, curava anche la devozione verso la Madonna della Neve. Due volte alla settimana, vestito con saio
bianco, scendeva a valle per la raccolta di offerte per la sua sussistenza e a tutti porgeva l'immagine della
Madonna della Neve per il tradizionale bacio devozionale.
A tempo opportuno curava anche la raccolta delle castagne, delle nocciole e di altri prodotti che si producevano
sulla collina di Casapiana.
Il numero dei pellegrini che ogni anno, il 5 agosto si porta sul Santuario della Madonna della Neve, è stato
sempre considerevole.
Fino a circa 20 anni fa un gruppo di devoti di Bosagro e di Quindici giravano per i rispettivi paesi per
raccogliere offerte per solennizzare la festa in onore della Vergine Santa.
Oggi sono le Suore di Carità di Lauro, proprietarie del Santuario, ad organizzare a proprie spese la festa, che
per altro, consiste nella Messa con panegirico e nella processione accompagnata dalla banda musicale e dallo
sparo di fuochi artificiali.
Notices historiques du Sanctuaire de la Vierge de la Neige
Le Sanctuaire dedié à la Vierge de la Neige sur la colline de Casapiana est le plus recent pour construction.
Voulu par le Chavalier Nicola Tortora sur la colline de Casapiana, il fut dedie à la Vierge de la Neige parce que
la devotion à la Sainte Vierge etait très repandue à Lauro.
Historical inrormation or Sanctuary or "Madonna della Neve"
The hills of Vallo di Lauro are surrounded by Sanctuaires. There are seven: Sanctuary of Madonna Della Neve
situatet on the hill of Casapiana, San Romano (in S. Romano zone); San Teodoro on the homonymus hill,
Madonna della Carità on the hills of Moschiano; Madonna Dell’Arco on the hills of Taurano; S. Michele on the
hills of Pignano; S. Maria Dell’Abbondanza on the hills ofMarzano.
The Sanctuary dedicated to Madonna’s Della Neve on the hill of Casapiana is the most recent building.
It is the only one built in a precise period, while the building of other Sanctuaires is lost in the dark of centuries.
Nicola Tortora required this building in 1840.
The Sanctuary of the Madonna Della Neve was built in 1840 and it was finished in 1846.
Santuario di S.Lucia
Il santuario di S. Lucia, anche se in pessime condizioni, è chiuso al culto da oltre 25 anni. Esso sorge maestoso
su un’altura a sud-est di Quindici da cui dista circa un chilometro. La strada è angusta e fiancheggiata dal
lagnetto di S .Lucia. Per il passato, la strada doveva essere molto più ampia, tanto è vero che per essa passava la
processione della grande statua della Madonna Assunta, oltre che della statua di S. Lucia, accompagnata dalla
numerosa banda musicale. La chiesa di S. Lucia ha dato il nome a tutta la zona circostante, che è detta "S.
Lucia", non solo dal popolo, ma anche dal catasto dei terreni. Questa è molto antica. Di essa però non
conosciamo ne l’anno di fondazione, ne il nome del fondatore. Sappiamo soltanto che già dal 1513 era l'unica
chiesa di Quindici NON DI DIRITTO PATRONATO. Se non conosciamo l’anno di fondazione della vecchia
chiesa di S. Lucia, conosciamo con documentazione l'anno di costruzione dell’attuale chiesa, che è il 1700, non
perché fosse cadente o pericolante, ma unicamente perché era troppo piccola per ospitare i numerosi fratelli
della CONFRATERNITA REGINA DEL CIELO. La chiesa è lunga m. 17, larga m. 7,70 e alta m. 10.
La chiesa di S. Lucia, come quella dell’Immacolata, in seguito all'evento franoso del 5 maggio 1998, è
scomparsa.
Vicende storiche della chiesa di S. Lucia
La chiesa di S. Lucia, fino al 1614, non ha avuto una storia gloriosa. Per lo meno non è giunta fino a noi l’eco
della sua gloria. Era una piccola chiesa di campagna, che poteva contenere poche decine di persone, ubicata a
sud - est di Quindici, lungo delle strade che portano alla montagna di Prata e, da lì, a Sarno. La strada che
fiancheggia la chiesa era una delle peggiori, forse neppure utilizzata dalla numerosa carovana dai vaticali
quindicesi. Certamente non è la famosa strada del Procaccia costruita dai Longobardi. All'inizio del secolo
diciassettesimo, quasi certamente nel 1614, proprio quando al centro di Quindici era iniziata la costituzione
della nuova chiesa S. Maria delle Grazie, sorse nella chiesa di S. Lucia una nuova confraternita intitolata alla
REGINA DEL CIELO.
The Sanctuary or Santa Lucia
The church of Santa Lucia has been closed to the worship for more than 25 years. It stands majestically on a hill
in the south - east of Quindici. The road that leads to the church is narrow and flanked with the homonymous
stream. The church has given the name to the whole neighbouring area which is called precisely "area of S.
Lucia". This church is the only one which does not belong to Patronal Low. It is 17 metres long, 7 metres
seventy wide and 10 metres high. It gives hospitality to the Confratemity Regina del Cielo.
Santuarie de Sainte Lucie
L’eglise de S. Lucie est fermèe au culte depuis 25 ans. Elle est sìtuèe majesteusement sur une hauteur au Sudest de Quindici.
La rue qui conduit à l'eglise est etroite et borde du "lagno" homonyme. L'eglise a donné le nom à tout le
territoire nomme zone de Sainte Lucie.
Cette egli se c’est la seule qui n’a pas de Droit Patronal.
Elle mesure m 17.00 de longueur, m 7.70 de largeur et m l0 de hauteur.
Musei e siti archeologici
Museo parrocchiale sito in alcuni locali della chiesa Madre SS. Maria che si trova in piazza Municipio,
costruita intorno al 1400, interessanti da vedere alcune tele del 1700 della Scuola Napoletana.
Antico borgo dove si trovano i resti di alcuni mulini ad
acqua in località Bocca dell’Acqua dal nome
dell’ominima sorgente conosciuta per la buona qualità
dell’acqua.
Feste Religiose
Festa di S. Antonio 17-20 gennaio
Festa di S. Teodoro Lunedì dopo Pasqua
Festa della Madonna delle Grazie 7-10 settembre
Festa di S. Aniello 14 dicembre
Boschi e foreste
Fastaldo (querceto), La Cannola (castagneto), Carpineto
(pineta).
Foreste e Bandite Demaniali
Inserto di Prata, Pozzo sfondato, Scolleprito, Castagnetiello boschi
di castagno, querceti e Pineta tutti raggiungibili dalla strada
interpoderale Quindici-Prata.
Flora
Piante medicinali: Malva silvestris, Cicorium intibus, Silybum
marianum (cardo), Urtica dioica (ortica), Origanum vulgare,
Paritaria officinalis, Rusaus oculeatus (pungitopo), Sanbucus nigra
(sambuco), Taraxacum officinale, Viscum album, fragaia vesca,
Orchidea selvatica, Viola mammola, solo per indicare le più
conosciute.
Fauna
Volpe, donnola, cinghiale, civetta, porcospino, poiena, picchio,
gazza, ghiandaia, nibbio che nidificano.
Industrie e artigianato
Forte produzione di nocciole, noci e castagne.
Lavorazione delle nocciole Azienda Santaniello U. via S.Antonio
Lavorazione selezione del legno varie aziende. Da vedere anche le operazioni di taglio del bosco ceduo
castagnile con trasporto del legno a valle tramite cavalli e selezione dello stesso per usi commerciali.
Dove mangiare
☺
Ø “Ristorante Graziano” via provinciale tel 081-5104379
☺☺☺
Ø Azienda agrituristica “Il fossato” via Fossato Marzano di Nola (AV) tel (081) 8255449/8255558 HTP/UTENTI.TRIPOD.IT/IL FOSSATO - Si possono gustare spaghetti alle nocciole, pasta alle
noci, affettati, formaggi, dolci alle noci, carni varie, vino e frutta, tutto prodotto dall’azienda.
(pranzo turistico 16 € circa).
☺☺☺
Ø Azienda agrituristica “Il Cerqueto” cucina tipica Marzano di Nola (pranzo turistico 15 € circa).
☺☺
Ø Ristorante Pizzeria “della Madonna” M. SS: Carità Moschiano (Alessandro Tel 3205592165)
(menù turistico € 14,00)
☺☺☺
Ø A’ ROSSA” Pizzeria Ristorante Pub via Lancellotti, 81 Lauro (AV) (Casilini Fiorella tel. 0818240081) (Menù: primo piatto “Orecchiette alla polpa di salsiccia” + secondo “Salsiccia e patate
al forno” + bibita + frutta di stagione € 11,00/12,00)
Dove dormire
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Hotel dei Pini S. 7 bis Nola (NA)
Albergo Belsito via Prov. Per Nola San Paolo Belsito (NA) tel. 081-5105024 fax 081-5105982
Albergo Hotel dei Platani via Naz. Puglie Nola (NA) tel. 081-5122522
Hotel Savoia via Cimitile 60 bis Nola (NA) tel. 081-8234626
MOSCHIANO
Come raggiungere Moschiano
Situato a circa 15 km dall’autostrada Napoli-Bari, uscita casello Nola, proseguendo sulla S.S. 403 in direzione
S. Paolo Belsito, attraversando la pianura del Vallo di Lauro, dopo il bivio per Quindici alle pendici dei M.te
Pizzone (1095), si trova il comune di Moschiano servito, inoltre, da autobus sulla linea Nola-Napoli-Avellino
con varie corse sia d’estate che d’inverno.
Notizie storiche
Il Santuario della Madonna Dalla Carità
Non si conosce né l’origine del santuario della Madonna della carità,
né l’epoca esatta della sua prima edificazione. La maggior parte dei
nostri santuari fanno risalire la loro origine a tradizione popolari
locali. Sarebbero sorti in seguito ad apparizioni di esseri divini che
chiedevano l’edificazione di un tempio sul luogo dove si erano
rivelati alle pastorelle.
Le scarse leggende antiche, sono senz’altro affascinanti, ma non
hanno a che vedere con la realtà. Partiamo, ora, dalla realtà e
facciamoci guidare da essa finché è possibile. Verso la fine del secolo
scorso, come ci hanno riferito alcune persone, un eremita della carità,
fortunato siringato, denominato Pagliettone, avrebbe eseguito degli
scavi molto profondi nelle vicinanze della chiesa della Madonna della
Carità, da questi scavi sarebbero emerse fondamenta di caseggiati,
utensili di cucina, anfore, cocci di terracotta e pavimenti rustici. Poco
lontano dalla chiesa, invece, nella zona detta Chiona, furono rivenute,
circa 80 anni fa, delle antiche sepolture in mattoni rossi incastonati tra
loro e perciò smontabili. Si ritiene senz’altro che si tratti di sepolture
di età pagana in quanto contenevano, oltre alle ossa dei defunti, anche
qualche tipico oggetto che costituiva il corredo funebre:
patere,lucerne,bicchieri,ecc…..
Queste sepolture furono scoperte da un operaio agricolo, un certo Ferdinando Santaniello. La presenza di questi
reperti, delle sorgenti d’acqua, la suggestiva visione del paesaggio, la posizione di un certo modo strategico,
naturale, difesa da eventuali attacchi, sono gli elementi che convalidano la presenza di un villaggio. È naturale
che i suoi abitanti fra tanti bisogni, sentissero anche quello della religione e vi edificassero, quindi, un tempietto
per adorarvi un idolo o una divinità.
I reperti riportati alla luce ci fanno credere che già in tempo di paganesimo vi fosse un abitato e che la prima
divinità di quel villaggio, sorto in collina, fosse stato proprio un idolo pagano adorato, in un rustico tempietto,
come nume della montagna.
In seguito questo villaggio fu abbandonato per ragioni di sicurezza o per avvenimenti tellurici e col tempo andò
in rovina fino a perderne il ricordo.
E’probabile che quelle stesse genti del monte si stanziassero più a valle dando origine ad un nuovo nucleo
abitato nella zona detta Cantero, dove sono state rivenute monete Romane risalenti all’Imperator Caesar
Vespasianus Augustus (9 – 79 d.c).
Passarono i secoli ed, ad una civiltà ormai scomparsa e sepolta, ne successe un’altra, nuova e con idee diverse:
il Cristianesimo, religione che aveva già sostituito agli idoli la sua divinità.
Il mondo continuava il suo cammino.
Si giunse nel Medioevo e il sentimento religioso, inculcato dal Cristianesimo, aveva messo radici profonde e in
qualche caso era degenerato in fanatismo e superstizioni.
Fiorivano ovunque leggende sacre e si credeva nelle apparizioni di esseri divini.
In questo clima di fede e di fantasia insieme va collocata “La leggenda della pastorella”.
La Leggenda della Pastorella
Un giorno molto lontano, una ragazza del paese, figlia di pastori, condusse le sue pecore al pascolo in collina.
Si fermò sulla piana del colle.
Ad una certa ora, dopo che le pecore ebbero pascolato abbastanza, la pastorella decise di radunare il gregge e di
tornare in paese.
Un agnello, chiamato ripetutamente dalla ragazza, andava saltellando di balzo in balzo come per far dispetto
alla sua padrona che prese a rincorrerlo col vincastro in mezzo ai cespugli.
Qui avvenne l’imprevisto. La pastorella arrestò improvvisamente la sua corsa. Qualcosa l’aveva attratta.
Vide comparire innanzi, nel folto del bosco, una donna amabile e bella sul cui volto c’era tanta dolcezza e carità
e tanta luce da impressionarla e sbalordirla non poco.
La signora cominciò a parlare e le disse di recarsi in paese e di riferire al parroco quanto aveva visto ed udito.
Aggiunse che là, in quel punto, si dovesse edificare un tempio e dedicarlo alla Madonna.
La ragazza, tremante, radunò il gregge e corse a Moschiano per eseguire l’eccezionale incarico.
Nulla, però, si vuole tralasciare e non a caso si fa riferimento, perciò, ad un’altra fonte popolare ricavata dalla
copia di una relazione redatta dal parroco Don Giuseppe Dalia il 3 maggio 1868.
Oltre la Leggenda
Oltre la leggenda vi è, tuttavia, un probabile elemento storico intorno al quale si è facilmente potuto interessare
la leggenda, e cioè il ritrovamento di un’immagine.
Tale rinvenimento fu ritenuto segno divino dalla buona e semplice gente dell’antica Moschiano, abitata, forse a
quel tempo, prevalentemente da pastori e contadini.
Lo storico Remondini, nella sua “ Nolana ed Ecclesiastica Storia”, pubblicata nel 1757, accennando al
Santuario non parla per niente di apparizioni ma nel ritrovamento di una statua.
Ci meraviglia, però, come il Remondini non ci abbia indicato né lo scrittore che prima di lui trattò queste cose
né l’opera da cui egli le attinse.
Altra lacuna consiste nel non aver indicato con una certa esattezza l’epoca del ritrovamento, si limita a dire che
ciò sarebbe accaduto “Al tempo dei Conti di Nola”, definizione piuttosto vaga, perché la Contea di Nola fu
costituita da Carlo d’Angiò nel secolo XIII ed ebbe fine nell’anno1529 con Enrico Orsini.
Stando sempre al suo racconto, sarebbe subito sorta una cappella sul luogo del ritrovamento “e perciò vi fu
subito eretta una cappella che ben presto, per miracoli che si compiacque di operativi (la Madonna), con la
quantità di voti che offerti le furono e delle limosine che si raccolsero, fu ridotta in “una chiesa ben adorna e
che fu poi di molte indulgenze arricchite.1
Sarà stata una rustica cappella costruita da qualche artigiano aiutato da contadini, i quali utilizzarono in parte
materiali riperiti in mezzo ai ruderi che lassù si trovavano.
Il culto cresceva sempre più e con esso gli ex voto e le offerte dei devoti che consentirono ai Moschianesi di
ampliare ed abbellire la cappella, di trasformarla in una chiesa sempre più decorosa e bella.
1
“Dalla Nolana Ecclesiastica Storia”. Alla santità di Nostro Signore, sommo regnante pontefice Benedetto XIV dedicata dal padre
Don Gian Stefano Remondini della Congregazione di Somasca.
All’epoca in cui Remondini pubblicava la sua opera (prima metà del 1700) sulla Carità c’era già una chiesa ma
la costruzione della cappella originaria andrebbe collocata poco dopo il rinvenimento del simulacro.
I primi documenti
Purtroppo non si sa quando sia stato rivenuto il simulacro. Non abbiamo reperito nessuno che ne parli, ne’esiste
alcuna lapide che ne faccia cenno.
Non possiamo, però, tacere un’opinione ormai secolare secondo la quale il santuario sarebbe sorto al tempo di
Gelasio, cioè’nel V secolo.
Si ha notizia in un opuscolo del 1886.2
Cassiodoro, ministro dapprima della corte di Teodoro, dettò la storia dei suoi tempi che fortunatamente e
arrivata fino a noi. In essa parla delle apparizioni di moltissimi santuari ai tempi di Odoacre, nella Campania,
tra i quali ne cita uno sorto, miracolosamente, su di un monte, in seguito all’apparizione della Vergine, situato
nell’estremita nord-est della contea di Nola.
Cassiodoro, senza dubbio intendeva parlare del santuario della Madonna della Carità.
Noi, pertanto, non possiamo escludere decisamente, ne ammettere con certezza l’esistenza del nostro santuario
ai tempi di Papa Gelasio ed Odoacre.
I primi documenti che accennarono esplicitamente alla carità, finora ritrovati, risalgono al 1500, sono le
citazioni che ricorrono spesso nelle relazioni di visite pastorali fatte alla parrocchia di S.Bartolomeo in
Moschiano.
Nella relazione di una visita pastorale si legge “Rector possidet simplicem cappellam S.Mariae caritatis sitam
indicto casuali ubi dictur caritas”.3
Più volte ripetuto nella suddetta relazione che l’appartenenza della chiesa della carità, alla parrocchia di
S.Bartolomeo è “Per antiquissima possessione” “alla parrocchia have annessa una cappella sub vacabulo, Santa
Maria della Carità sopra il Monte di Moschiano per antiquissima possessione”.4
Già nel XVI sec. La chiesa della carità possedeva degli immobili terreni tenuti in fitto da cittadini moschianesi
che in precedenza erano stati donati da altri al santuario.
Testimonianze nei secoli XVIII e XIX
In altri documenti troviamo stabilite le modalità con le quali venivano amministrati beni appartenenti al
Santuario.
Questa notizia ci dimostra come, oltre due secoli fa, il Santuario fosse molto frequentato, rispetto ad oggi tanto
che fu ritenuto necessario impegnare un sacerdote il quale vi si recasse periodicamente per le confessioni.
Nell’anno 1841, il 22 novembre, fu redatto un documento contenente un elenco di tutti gli immobili ereditari e
dei diritti spettanti al Santuario della Carità.
Fu sottoscritto dal sindaco Giambattista Sirignano, dal parroco San Bartolomeo, don Carmine Mazzocca e dal
barone Sossio Cimino,consigliere distrettuale.
Il documento riferisce anche che i descritti immobili vennero donati dall’Eremita Tommaso Bossone5, come
risulta dall'istrumento per gli altri atti del notaio Fortino del 5 febbraio 1841.
La chiesa di allora, rispetto a quella di oggi, era meno lunga. La sua facciata era parallela al campanile, vi
mancava l'attuale corpo avanzato rivestito di pietra bianca, non vi era la porta intagliata, nè la tela del soffitto .
L'altare era piuttosto modesto, la Madonna poggiava su di un muro con dietro una porta nuda e disadorna,
tinteggiata a calce.
Abbiamo però notizie di un restauro effettuato nel 1856 ad opera dei moschianesi che, come sempre sensibili in
queste circostanze, reperirono i fondi necessari per il restauro nel 1856. In quell’anno v’erano già le stanze del
piano terreno e quelle del piano superiore. Ci risulta, inoltre, dall'atto di morte di un eremita della Carità, nel
quale è detto "Sirignano Andrea, eremita morto all'età di 80 anni sulle Carità nella sua camera
superiore"6.Infine, verso gli ultimi anni del secolo, per rendere più accogliente ed estetico il complesso del
Santuario, fu edificato, al limite dello spazio contiguo al sagrato, un monumento con fontana.
2
S.A.P. la Madonna della Carità. Leggenda storica Napoli –Pé tipi di Salvatore Marchese –Vico de SS. Filippo e Giacomo –21 –
1886.
3
Archivio della Curia Vescovile di Nola “Sante Visite” vol VI 2 luglio 1586 p. 430 –Fabrizio Gallo, Vescovo di Nola dal 1585 al
1614.
4
Archivio della Curia Vescovile di Nola –vol. III“Sante Visite”, martedì 28 luglio 1625 p. 284 Giambattista Lancellotti, marchese di
Lauro il quale acquistò quel feudo, messo in vendita da parte dei Pignatelli, proprio dietro consiglio di suo zio vescovo.
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Archivio della parrocchia di San Bartolomeo liber mortuorum anno 1818 -Salvatore Tommaso Bossone "Eremita S.Mariae
Charitatis Huius oppidi animam Deo dedit annorum circiter, quinquaginta quatuor" Archivio dell'area di Nola registro dei Morti tra i
deceduti del Novembre 1816.
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Sepultus in cappelle in S. mea conception parochus Carmelus Mazzocchi.
Adesso, come quello demolito in paese, riporta una lepide dedicatoria a Domenico Dalia ove si legge: "Questa
fonte a maggior comodo del pubblico e dell'eremo Domenico Dalia frenetico restauratore dell'acquedotto
faceva costruire a sue spese, anno del Signore 1853".
Incoronazione della Madonna
Dopo la metà del secolo scorso il nostro Santuario diventava sempre più frequentato dai devoti di tutto il Vallo
di Lauro.
Non mancavano gli ex-voto che di solito consistevano in offerte di oro,donati per la massima parte dai
Moschianesi.
Questo accrescersi del culto indusse il paese a proporre la causa dell’incoronazione della Madonna che fu
senz’altro l’evento più importante della storia,del nostro Santuario della Carità.
Fu necessario per questo, istruire una pratica abbastanza lunga che contenesse le varie circostanze di grazie
ricevute dai devoti.
Il carteggio che testimonia tutto ciò è depositato presso l’archivio della Curia di Nola.
Inoltrata la pratica, esaminati i documenti, il capitolo vaticano approvava la richiesta d’incoronazione della
Madonna della Carità.
Il decreto di tale conferma è conservato in cornice presso il santuario.
Per l’occasione i Moschianesi offrirono alla loro Madonna una corona di artistica fattura tutta d’oro,incastonata
di perle e pietre preziose.
Il 14 giugno 1886, nel corso di una solennissima cerimonia alla quale presenziò Giuseppe Formisano, vescovo
di Nola già da 31 anni, la corona fu finalmente deposta sul capo della Statua.
Nel Santuario si conserva una lapide che commemora il solenne avvenimento.
Beni Archeologici
Chiesa del Corpo di Cristo con porta in legno di castagno del 1592,
scolpito con figure e decorazioni varie
Feste religiose
Madonna SS. Cerita 7 agosto
S,Biagio 3 febbraio
S.Lucia 13 dicembre
Carnevale preparazione balli: quadriglie e tarantelle
Boschi
S.Cristina fustaia di castagno da frutto lungo la S.S. 403 (170 ettari)
zona protetta di ripopolamento e cattura faun.
Cerreto ceduo di castagno e quercie servito sia dalla S.S. 403 che
dalla strada comunale Moschiano-Montepizzone.
Fauna
Volpe, donnola, cinghiale, civetta, porcospino, poiena, picchio, gazza,
ghiandaia, nibbio che nidificano.
Flora
Orchidea selvatica da vedere M.te Pizzone cima calva senza alberi
panoramica si osserva il golfo di Napoli e il Vesuvio ad ovest e la
provincia di Avellino fin quasi a Foggia ad Est e la provincia di Caserta a Nord-Ovest.
Inquadramento Geografico
Il Vallo di Lauro
Elementi di Geografia
Nel paleozoico, al posto dell’Italia, fluttuava un lungo mare mediterraneo: la Tetide. Alla fine del Cetaceo (60
milioni di anni fa) la piattaforma marina, alle nostre latitudini, emerse in massima parte costituendo un
paesaggio aspro con alternanze di dirupi, piani montani e versanti acclivi.
Nel Miocene,quando la pianura campana, fino al vallo di Lauro, fu sommersa fino alla quota di 600 m s.l.m le
valli di Quindici e Moschiano apparivano come microinsenature, ma l’opera delle onde tirreniche fu tanto
marcata ed energica da disegnare ispidi gradini sui pendii di S. Teodoro.
Nel Pliocene si ebbe la separazione dell’Adriatico dal Tirreno e conseguentemente la comparsa della trama
appenninica.
Nell’era quaternaria, segnata da sollevamenti del suolo, glaciazioni, attività vulcanica ed alluvioni, il vallo
assunse una fisionomia sovrapponibile all’attuale.
Nella seconda metà del quaternario il suolo smise di muoversi, la temperatura divenne
Tollerabile, fiumi e torrenti cominciarono a ritirarsi nei propri alvei: il vallo di Lauro, disseminato di fonti sui
monti, si avviava ai accogliere boschi, una nutrita popolazione faunistica e l’uomo.
I primi popoli
L’archeologia ha evidenziato l’esistenza ai insediamenti umani sin dal secolo IX; secondo le fonti storiche i
popoli che si avvicendavano nel territorio in epoca preromana, furono gli Musoni, gli Osci, gli Etruschi ed i
Sanniti. Questi ultimi, poi, stipularono un patto con i Romani per garantirsi la piena sovranità il cuore della
Campania. Quantunque la storia delle nostre origini romane non compaia in alcun testo classico, si può
affermare che Quindici accolse i veterani di Silla, coloni di Augusto ed altri romani tra il I e II secolo; come
attestato per Abellium, i vecchi ed i nuovi abitanti convivevano pacificamente.
Popolamento pre-romano e romano
I primi popoli stabilitisi sul terreno campano ci furono nel periodo pre-romano, e furono OSCI-AUSONIETRUSCHI E SANNITI. Ma anche se non ricordato in nessun testo scritto delle nostre origini romane, noi ci
dobbiamo credere per quei pochi dati disponibili ritrovati da racconti, feste religiose, rinvenimenti archeologici
ecc.
A Quindici sono state scoperte molte tombe pre-romane, da alcuni contadini, che poi sono state distrutte.
Le testimonianze romane si trovano anche dalla tradizione ai origine latina, vasi, muri, pietre simili a capitelli…
Nell’anno 1982 fu scoperta e ritrovata una moneta romana del II secolo D.C.
Esattamente fu ritrovata sotto il pavimento di una casa in via Casa Amelia durante una ristrutturazione.
La moneta è ai sicura epoca ADRIANEA
Sulla moneta si riescono a leggere le lettere …… HADRIANUS …. A …. COS III PP.
Da queste poche Lettere se ne può far nascere una traduzione: ADRIANO AUGUSTO AL SUO III
CONSOLATO, PADRE DELLA PATRIA.
In via Casa Amelia, via Roma e la Chiesa Madre di Quindici sono state ritrovate delle costruzioni romane.
La prima costruzione era fatta a terrazzi su diversi piani, la seconda circondava l’abside della vecchia Chiesa; la
terza si trovava a Casa Trione.
La grande porta della chiesa presenta schemi ispirati alle antiche concezioni della vita. Mentre sappiamo che il
segno del comune ai Quindici è un sole e una luna.
Quindici nei tempi antichi era la metà di tutto ciò che è oggi, infatti partiva da via Roma e terminava ai Mulini.
I Romani suddivisero Quindici in 3 parti in base al terreno:
1 - Terra di fondovalle per i più ricchi.
2 – Vigneti per la gente onesta.
3 - Pascoli e montagne per i pastori.
Quindici, dopo il 1000, ebbe un ospedale costruito, secondo i racconti, ai Mulini.
Questo ospedale fu costruito per ospitare i crociati di passaggio dal Tirreno all’Adriatico.
Tra il 380 ed il 355 A.C. Quindici ebbe una monetazione come quella degli abitanti di Veseri. Dopo il 335 A.C.
solo Nola rimase com la stessa moneta.
A Quindici, in via Fontana, si celebravano le feste riguardanti la Primavera.
In via Fontana (poco distante da piazza Municipio, dove era stabilito il tempio di Venere) fu ritrovato un ninfeo
(piccolo tempio o grotta consacrati per il culto delle ninfee).
A Quindici veniva dedicata un’unica grande festa Primaverle per Bacco, Proserpina e Venere ( rispettivamente
dio della vita, dea delle stagioni e dea della bellezza). Si dice che Quindici ebbe anche un teatro simile al teatro
grande di Pompei. Il teatro di Quindici aveva la cavea (semicerchio per far sedere gli spettatori) appoggiata tra
il pendio della Cupa e della Piazza.
In direzione via Forno seguivano l’orchestra e la scena.
Lo spazio allora occupato dall’orchestra, ora è occupato dall’abside della Chiesa Madre di Quindici; al posto
della scena, invece, ora c’è il fondo della Piazzetta.
Come raggiungere Lauro
Situato a circa 14 km dall’autostrada Napoli-Bari, uscita casello Nola, proseguendo sulla S.S. 403 in direzione
S. Paolo Belsito, attraversando la pianura del Vallo di Lauro, si trova il comune di Lauro, servito inoltre da
autobus sulla linea Nola-Napoli-Avellino con varie corse sia d’estate che d’inverno.
Chiesa dei Santi Patroni
La chiesa di S.Sebastiano o dei Santi Patroni nel rione Vigna, una
denominazione che risale al sec.600, dove la Vigna viene denominata
"centa"o meglio "cinta".
E’un sito che suscita grande emozione per la rilevanza di grandi
paesaggi e dei monumenti storici ed artistici che si offre alla vista del
visitatore. Con le spalle rivolta al castello e a partire dalla propria
sinistra lo sguardo incontra in lontananza ai margini di un bosco di
querce, la Torre colombaia.
In primo piano si vede l'imbocco della tortuosa ed irta via Rio da cui
proseguendo è possibile raggiungere la piazza parco Lancellotti.
Subito dopo, a destra, si nota la strada privata che tra ulivi secolari ed
una incantevole vista del castello conduce alla strada provinciale
Lauro-Taurano; una pregevole fontana in pietra con mascheroni; la
strada che conduce alla chiesa dei Santi Patroni che, seminascosta tra
gli ulivi, preziosa per il suo portale rinascimentale in tufo grigio
custodisce le statue lignee dei Santi Rocco e Sebastiano, patroni di
Lauro.
Non si conosce l'epoca della fondazione di detta Chiesa, ma per essere una chiesa laicale, sorta per volere di
una congregazione laicale, possiamo collocare l'epoca della sua fondazione tra l’inizio del 500 e i primi anni del
600.
Nel 1618 la chiesa già esisteva: infatti con l'atto del notaro Alfonso Trione da Lauro del 7 maggio del 1618, tal
Antonio di Ruocco lasciava, per testamento, alla chiesa di S.Sebastiano, l'oliveto che circondava la chiesa e la
confinante casa diruta.
Detta chiesa che dalle antiche carte talvolta è chiamata anche Congrega (o perchè in essa si congrega tutta la
popolazione del Circondario in occasione della festa del suddetto Santo tutelare dell'intero Circondario stesso, o
perchè in detta Chiesa venivano nelle domeniche e nei casi di bisogno a congregarsi i primi gentiluomini
lauretani per accrescere e mantenere il culto e la venerazione verso detto Santo Protettore.
In tempi antichi era governata da un amministratore che si eleggeva ogni anno dal popolo di Lauro. Nel 1806,
in tempo dell'occupazione militare detta Chiesa passò ad essere amministrata dalla Commissione
Amministrativa dei Stabilimenti di Beneficenza e dei Luoghi laicali del comune di Lauro, sotto la dipendenza
del Consiglio Generale degli Ospizi di Terra di Lauro.
Questa nuova amministrazione si mise in regola nel 1812.
Il Castello
L'attuale castello di Lauro, proprietà dei pricipi lancillotti, è, per la
maggior parte, una ricostruzione dell'antico maniero, avvenuto
intorno al 1870, con la quale furono apportate innovazione ed
aggiunte.
Se pur queste hanno conferito al monumento una nuova immagine
estetica, hanno, d'altro canto, gravato sulla sua originalità; sicché
scarse sono le testimonianze architettoniche antiche pervenute fino a
noi.
Fu saccheggiato ed incendiato da una truppa di soldati francesi, la
notte del 30 aprile 1799, in una spedizione punitiva contro gli insorgenti sanfedisti di Lauro per essersi
insubordinati alle leggi della Repubblica partenopea.
Ne fu ripresa la ricostruzione settant'anni dopo ad opera del prìncipe Filippo Massimo Lancillotti. Il 25 agosto
del 1872, in coincidenza con le celebrazioni festive dei Santi Padroni di Lauro, fu solennemente inaugurato il
ricostruito castello, aperto al pubblico. Come ai visitatori di allora, così oggi si presentano a noi.
Non è più il castello inteso come fortificazione dotata di difese militari; assume, invece, con la ricostruzione,
un’impostazione di elegante e piccola reggia. Non ponte levatoio, con il fiero mastio a pianta circolare, non
carceri oscure, nè sotterranee sale di tortura.
Il portone d’ingresso seicentesco immette nella grande prima corte, ampio spazio scoperto sul quale si affaccia
portici, scuderia, la guardiola col piccolo porticato, l’ingresso allo studio del principe con scala fiancheggiata da
rocchi di colonne e capitelli corinzi. Sul fondo il portone che introduce nella seconda carte, con vasca di
marmo, con aiole e viale, giardino con pozzetto infine la cappella, fiancheggiato dal campanile. Due panoramici
terrazzi da cui lo sguardo convoglia tutto il vallo e l’agro nolano. Il castello di Lauro, più che il Medioevo,
sembra rappresentare il Rinascimento. sorge su una roccia <<primo sasso di Lauro>> o <<sasso castello>>. Su
antiche vestigia romane venute alla luce nello scavo delle fondazioni delle torri; vero è, però, che il castello
rappresenta la continuità di un antenato monumento ma se ne ignora l'epoca e la funzione, nonostante
l'attribuzione di origine lombarde ad esso conferita da alcuni storici. Era infatti conpreso, il nostro territorio,
nella Lombardia minore, ma allorchè il principato di Benevento fu diviso, anche le nostre popolazioni ne
seguirono le sorti. Lauro dipese, allora, dal principato di Salerno (x sec.) ed ebbe per suoi signori i conti
lombardi.
Il dominio lombardo si dilunga, intanto, attraverso i secoli X e XI, durante i quali Lauro è soggetto all'autorità
dei Conti Sanseverino fino a quando, nel 1134.fu occupato dal normanno Re Ruggiero.
Con la venuta dei Normanni sul nostro feudo, la famiglia Sanseverino, seguita da altre nobili casate che si
stanziarono in Lauro, costruirono i loro palazzi lungo la costa rocciosa del castello. Un primo riferimento a
Castel Lauri, come palazzo del feudatario, penso possa desumersi da un documento dell’anno 1183.
Tutto ciò confermerebbe l'esistenza del Castello in quel periodo normanno.
Nel primo periodo del regno angioino il feudo fu sotto la guida di baroni francesi.
Successero nel 1278 i conti del Balzo di Avellino.
Agli Angioini seguirono gli Aragonesi. Nel feudo di Lauro ebbe inizio la signoria degli Orsini, durata più di
due secoli.
Fino ad Enrico, ultimo del casato, spodestato del Castello e di tutti i suoi beni da CarloV, per essersi schierato
dalla parte dei francesi.
Alla morte di Enrico, la moglie Maria Sanseverino chiese e ottenne il riscatto del Castello e delle terra di Lauro.
Ma per i disagi economici sofferti non le fu possibile intraprendere la ricostruzione del Castello che alienò a
Scipione Pignatelli. Un nuovo casato così esercitò la propria signoria dal 1541 al 1632. Scipione diede subito
inizio alla ricostruzione del Castello, lasciato dagli Orsini in condizioni piuttosto rovinose.
Fondò ai piedi del castello un parco con vasche, statue e giochi d'acqua.
Fece del castello un centro di cultura.
Da Scipione la successione passò al figlio Camillo, il quale, essendosi gravato di eccessive spese, fu costretto
nel 1632 a vendere feudo e Castello al Marchese Scipione Lancellotti per la somma di 150.000 ducati.
Anche i nuovi signori ebbero cura del Castello. Con la morte del principe Ottavio Maria, rimasto privo di
parole, si restrinse la famiglia Lancellotti, di cui fu erede don Filippo dei Principi Massimo, congiunto di
Giuseppina Massimo la moglie di Ottavio.
Il nuovo proprietario, oltre ad avere somma cura del Castello, fu molto prodigo verso la cittadina di Lauro, in
cui fondò un asilo infantile, istituì un concerto bandistico, provvide alla sistemazione del pubblico acquedotto.
All’epoca del principe Ottavio Maria crollava l’organizzazione feudale e per tale effetto cessò il ruolo politico e
dominante del Castello, per rimanere un monumento d'arte, documento di cultura, testimonianza di secolari
memorie storiche di Lauro e del suo Vallo.
Per visite al castello Lancellotti, al museo del castello e al museo U. Nobile rivolgersi alla Prolauro:
Pres. Avv. Pasquale Colucci
Tel. 3384619891 oppure www.prolauro.it
Altre Chiese e Santuari del Vallo di Lauro
Taurano
Santuario Madonna Dell’arco con Annesso Eremo (XVIII Secolo)
Località Arco. Incerte le origini. 500 m. s.l.m.
Dal piazzale si può spaziare con lo sguardo sulla valle di Lauro, Agro
Nolano e sui paesi vesuviani, dominati dal Vesuvio, sull'incanto del
mar Tirreno, così lontano, ma che ti par di toccare con mano.
Il luogo è la meta ideale per un picnic estivo. È raggiungibile in pochi
minuti con la comoda Taurano-Monteforte.
Da questo santuario gli appassionati delle belle camminate potranno
raggiungere località come Fraconia Palombaro, Montedovico, Balle,
Santa Croce; oasi naturali, avvolte in un "silenzio antico", rotto solo
dal brontolio dei trattori al lavoro e, ricche di suggestione, nicchie
naturali che custodiscono intatte polle d'acqua limpidissima, pregiate
essenze medicinali,di variegata fauna selvatica, di sorprese
archeologiche (resti di ville rustiche, tombe e frammenti vari) e di
succulente specialità (profumate fragoline, succulenti more, lamponi
e funghi pregiati).
Sanctuary Madonna dell’Arco
With its monastery from the square of the church you can see the
valley of Lauro, agro- nolano places and vesuvons little towns
owerlooked by the vesuvons and moreover you can see the tihrrheui
auSea, so far, but it scenis you can touch with your hans. The pIace is ideaI for summer pienies. You can reach
it in few minutes taking the Taurano-Monteforte road.
Sanctuaire "Madonna dell'Arco"
Avec hermitage annexé (di x - huitème siècle) ses origines sont incertes. Il est situé à 500 mètres au dessus du
niveau de la mero De l'espanade la vue peut s'étendre sur la vallée de Lauro, sur les campagnes de NoIa et sur
les pays vésuviens, dominés par le Vésuve, sur l'enchantement de la mer Tyrrhénienne, si loin, mais que nous
semble toucher du doigL C'est un lieu idéal pour un pic-nic estival. On y arrive commodément par le rue
Taurano - Monteforte Irpino.
Convento di San Giovanni Del Palco
Il vetusto Convento di San Giovanni del Palco in Taurano fu
fondato dal conte Nicolò Orsini e dedicato a San Giovanni
Evangelista. La costruzione ebbe inizio nel 1983 e fu portata a
compimento nel 1396.
Negli anni successivi chiese e convento furono arricchiti di
suppellettili, libri, e da quel meraviglioso capolavoro che è
l'altare maggiore, provenienti dai demoliti conventi di S. Croce
e Trinità di Palazzo di Napoli, demoliti nel 1774 per volontà di
Ferdinando IV di Borbone per far posto all'attuale Piazza
Plebiscito e a Palazzo Salerno.
Il Convento di S. del Palco per secoli è stato sede di Noviziato;
qui, nella pace delle selve e la quiete dello spirito, si sono
forgiati schiere di novizi sotto la guida di maestri e illuminati.
Non sempre, però, tutto è stato rose e fiori ad iniziare dalle
difficoltà dei secoli passati, nel secolo XIX si aggiungono anche le "Soppressioni" ; iniziarono i Francesi, nuovi
padroni di Napoli dal 1806 al 1815, con decreto di Murat del 9 agosto 1809. Quasi tutti i conventi del
napoletano furono soppressi e i lori beni incamerati dallo Stato. Tra i conventi soppressi vi fu anche quello di
Taurano. Questi anni di abbandono ridussero il convento ad un ammasso di macerie, tanto che l'Amministratore
comunale ne decise la demolizione e l'utilizzo del materiale per la costruzione del muro di cinta del cimitero. I
frati però, non volevano abbandonare il convento di S. Giovanni, neanche gli amministratori comunali di
Taurano erano disposti ad assistere a una fine così ingloriosa del loro S. Giovanni, per cui, il 22 ottobre 1880 il
comune lo acquistò dal Demanio dello Stato per la somma di £ 15.500.
Il 17 agosto del 1882 fu registrato e passato alle ipoteche di Avellino e così i Frati ritornarono in possesso
dell'amato convento nel 1885.
Col ritorno dei Frati la comunità rifiorì e il convento riprese vita.
The Monastery of san Giovanni del Palco
The ancient monastery of san Giovanni del Palco in Taurano was foundend by the Earl Nicolò Orsini and it was
dedicates to S.Giovanni Evangelista. For centuries it has been the seat of novitiate in the spirit; many novices
whe forged by holy and illuminated teachers.
In the nineteenth century many monasteries were abolished and their poperty went
in the hands of the state and among there olso the monastery of Taurano was abolished but the hands of the
state and among these olso the monastery of Taurano was abolished but the friars and the administrators didn it
want to leave it 50 on 22 October 1880 the "Comune bought it paying £ 15.500 on 17 August 1882.
Le Couvent de "San Giovanni del Palco"
Il appartint aux Moines Franciscains dès sa fondation par les soins de "Nicolò Orsini", Prince de NoIa et
Seigneur du "Vallo di Lauro". Il surgit partialement sur les ruines d'une villa romaine dont les thermes et une
partie des milieux de représentation sont encore aujourd'hui visibles dans le c1oitre.
L'église à nef unique est rendue précieuse par un monumental autel en bois en noyer et en cerisier exécuté vers
le 1650, par le moine "Giuseppe da Soleto", par le choeur inferieur en noyer (1753) avec au centre un très beau
pupitre pour le calendrier et par nombreuses toiles et des statues en bois d'une valeur artistique remarquable.
Très interessante la sacristie avec des meubles du 1770 delicieusement entailles et modeles dans le baroque
francais.
Abbadia di S. Angelo
(secoli VII- VIII-XI-XVI-XVIII)
Località S.Angelo. Uso attuale: "Casa Betania", luogo di
preghiera.
Appartenuta prima ai monaci Basiliani e poi ai
Benedettini, è stata nel medioevo caposaldo della
conservazione della cultura classica pagana e di quella
cristiana di tipo filosofico e mistico, centro mistico
indiscutibile di esercizio delle arti e di sperimentazioni
tecnico- pratica nel campo dell’agricoltura; è posizionata
su di uno sperone di nuda roccia calcarea a strapiombo
su1l’abitato di Lauro.
Molto interessante il portale esterno in tufo grigio,
proveniente da Freconia, caratterizzato dalla presenza di
maschere e rosoni (asportati da ignoti ladri, alcuni anni
fa), ed il piccolo portale della chiesa, sempre in tufo grigio impreziosito da un delicato affresco, raffigurante S.
Michele Arcangelo (secolo XVI), entrambi di gusto tardo rinascimentale e manierista, seppure datati
posteriormente. Appoggiati alla chiesa i locali a servizio dell’abate.
Abbady of S. Angelo
First belonged to Basiliau monks and them to Benedettini nonks it has been the centre of classical and pegan
culture and cristian one of mystical and pluilosoffical Kind indisputable centre of arts and techiniques of
agriculture it is on the spur of a calcareous rock overhang on the buildings of Lauro.
The autside portal in grey tufa is very important, coming from Franconia, charactenized ley the presence of
masks and rose-windows and the suall portal of the church become precions by a delicate fresco representing S.
Michele Arcangelo, louth late Renaissance and mannerist shaft.
Abbadye de "Sant'Angelo"
Appartenue autrefois aux moines Bosiliens etensuite aux benedictins, elle a ete au Moyen Age point al’appui de
la conservation de la culture classique poienne et de celle chretienne de type philosophique et mystique, centre
indiscutable d’exercise des arts et d’experimentation technique dans le domaine de l’agriculture. Elle est située
sur un eperon de rocher calcoire en surplomb sur l’agglo-meration de "Lauro".
Très interessant le portail exterieur en tuf gris, provenant de "Fraconia"caracterise par la presence de masques et
rosons et le petit portail de l’eglise, toujours en tuf gris rendu preciveux par une delicate frasque, figurante Saint
- Michel archange. Tous les deux de goùt de la Renaissance et manieriste.
Pago Vallo di Lauro
S. Maria di Costantinopoli
Brevi notizie leggendarie e storiche su Pago V. L.
Etimologicamente Pago deriva dal latino "Pagus" che significa villaggio e, siccome una tradizione o storia
vuole che presso Pago sia morto o passato Cesare Ottaviano Augusto, si può dedurre che Pago, al tempo
dell'Impero Romano, rappresentava un villaggio romano. Questa ipotesi viene suffragata ed ha quasi una
veridicità da un assaggio fatto tempo addietro da alcuni esperti di archeologia nella chiesa di Pernosano,
frazione del capoluogo, da cui sono venute fuori delle colonne romaniche e ciò fa pensare ad un tempio romano
su cui più tardi fu costruita l’attuale Chiesa intitolata alla Vergine del S.S. Rosario. Come tradizioni popolari e
folklore ve n'è ben poco o quasi niente, ad eccezione di qualche festività e processione in onore dei Santi
Patroni e Protettori del Comune.
Degna di essere ricordata è la cosidetta processione dei "bianchi vestiti" che si svolge puntualmente nel Venerdì
Santo di ogni anno. In tale giorno un gruppo di uomini abbastanza nutrito, per lo più formato da padri di
famiglia, vestiti di bianco, si snoda per quasi tutti i paesi del Vallo di Lauro, cantando delle strofette intonate
alla passione del Cristo sofferente, che se non si va errando, risalgono alle "Laude" del 1200, di cui si ricorda il
compositore più famoso nella persona di lacopone da Todi (Stabat mater dolorosa e Donna de Paradiso ).
Nella Chiesa madre del Comune di Pago V.L. si trova un affresco del Mozzillo risalente a11775, che raffigura
la Vergine S.S. di Costantinopoli ed una statua, sempre della Vergine, di origine francese tanto è vero che la
Chiesa, tuttora esistente, è intitolata proprio alla Vergine di Costantinopoli.
Una tradizione popolare, che si tramanda di padre in figlio, vuole che dei soldati francesi, che erano diretti
verso la cittadinanza di Lauro (siamo in pieno secolo della Rivoluzione francese 1795) per espugnare e
distruggere una fortezza incentrata nel Castello di origine feudale, che esiste tuttora, siano passati per Pago (via
obbligata per accedere a Lauro) e si siano fermati nel paese per distruggere e devastare tutto ciò che vi era di
sacro e importante. Si racconta ancora che nell’entrare nel sacro luogo, cioè nella chiesa, vedendo la statua della
Vergine di Costantinopoli, uno di loro, forse il capo, abbia così detto "Nobile, Nobile anche qui sei arrivata?",
presi così da gran rispetto risparmiarono la Chiesa, il paese e gli abitanti. Da allora i Paghesi (così si chiamano
gli abitanti di Pago) nutrono verso la sacra Immagine della Vergine S.S. di Costantinopoli, che li scampò da una
sicura morte e distruzione, una grande devozione ed ogni anno, propriamente il martedì dopo la festa della
Pentecoste, viene festeggiata con grande onore e solennità da tutto il paese.
The Childeres "S.Maria di Costantinopoli" Pago V .L.
The name Pago probably derives from Latin "Pagus" which means village.
In this village the visitor is impressed by the Church of Santa Maria di Costantinopoli. Here a Mozzillo's fresco
of XVII century.
Which represents the holy Virgin of Costantinople ,can be admired.
In this Church there is also a statue of the holy virgin of french origin.
During the french rule the Church was saved by the faith in the virgin which suddenly enlightened the french
soldiers.
L'eglise "S.Marie de Costantinopoli" Pago V.L.
Le mot Pago derive du latin Pagus qui signifie village. On croit que près de Pago est mort ou passe Cesar
Octavien Auguste.
Ce qui frappe le visiteur dans ce village c’est l’eglise de S .Marie de Constantinople. Icì on peut admirer une
fresque du XVIII siècle du peintre Mozzillo. Cette fresque represente la Vierge de Costantinopoli.
L’eglise fut sauvee par la foie qui avait frappe les soldats etranger qui dans cette periode exercaient leur
domination en Italie meridional.
Marzano
Maria SS. dell’Abbondanza
Il santuario si trova a Marzano di NoIa (AV), ridente paese di 1500 abitanti, nel Vallo di Lauro, ultimo lembo
della verde Irpinia.
Il suo passato risale ai romani (Marzano da Marte, Campo di guerra) ed è stato notevole nel Medioevo e nel
Rinascimento come punto di sosta e di passaggio per altri paesi verso l'interno e di avvistamento (vedi la Torre
Angioina), nel secolo scorso è appartenuto alla provincia di Terra di Lavoro.
Se poco sappiamo della storia civile di Marzano (prima menzione in Regi Neapolitani archivi pag.. 117 voI.
VI), molto, invece, conosciamo della sua storia religiosa, che quasi si identifica con esso.
I punti di riferimento sono la Chiesa parrocchiale San Trifone Martire ed il Santuario Maria SS.
dell'Abbondanza.
Il Santuario: "La storia"
Costruito su uno sperone di roccia, adagiato sulla collina, domina sul paese e lo vigila quasi come una vedetta.
E’certamente il punto più bello e rappresentativo del paese, nella sua quiete vi cantano gli angeli.
Una data è scolpita sul portale di pietra: 1453, a testimonianza dell'antico luogo del culto. Ma certamente allora
l'edificio sacro era costituito da una piccola cappella, forse l'attuale sagrestia, poi arricchita di altro ambiente
(dov'è il quadro), dalla cappella del trono e dalla grossa aula dell’attuale Santuario.
La data potrebbe essere stata riportata a testimonianza dell’antico luogo del culto.
L'inizio della storia di questo Santuario è incerta. Dopo quella data (1453?) bisogna risalire al 7 dicembre 1604,
quando il papa Clemente VII affilia la congrega Maria SS. dell'Abbondanza all'Arciconfraternita del SS. Nome
di Maria a colonna Traiana in Roma, con conferme scritte dai papi Innocenzo XI nel 1688 e Innocenzo XIII
ne1721.
Il vescovo di NoIa Filippo Lopez nel 1773 scrive al vaticano di "una chiesa grande, vetusta e magnifica", di
un'immagine "grandemente venerata dai paesani e dai forestieri", di una "antica Congrega laicale con 280
fratelli". L'immagine della Madonna fu incoronata il 29 luglio 1778, prima (delle immagini) nella diocesi di
NoIa dal Capitolo Vaticano, che donò anche le corone in oro.
Il Santuario conobbe l'onta di un devastante incendio il 6 febbraio 1830.
La fede dei Marzanesi lo fece risorgere più bello di prima e lo ha sempre mantenuto decoroso fino ai nostri
giorni.
L'immagine della Madonna "dell'Abbondanza"
Abbiamo due immagini della Madonna: una dipinta su tela, l'altra scolpita in legno. La prima immagine,
intorno alla quale si è sviluppato il culto, è quella su tela e si conserva nella cappella laterale. Lo stile artistico è
quello del XV secolo: la Madonna è assisa, col Bambino seduto sulle ginocchia e che prende il latte (segno
dell'abbondanza delle Grazie) incoronata da angeli e accompagnata da Sant'Antonio Apostolo e da
Sant'Antonio di Padova.
L’altra immagine, rilevata dalla tela, è in pesante legno scolpito: la Madonna è quasi in cammino offrendo il
suo latte; il Bimbo è sul braccio sinistro e benedice.
Cara ai devoti è anche la statua adornata per i giorni di festa, tutta vestita d'oro, segno della risposta dei fedeli
all’abbondanza delle Grazie.
Anche il principe Scipione Lancellotti di Lauro attribuì all'intercessione della Madonna la sua liberazione dalla
pena di morte, ne1799, dopo i fatti della Repubblica partenopea e donò al Santuario pedagna, pallio e pulpito.
Il titolo di Madonna dell 'Abbondanza, come quello della Carità e delle Grazie, è profondamente radicato nella
Bibbia. Vi sono ben 68 citazioni con la parola Abbondanza.
Questa è proprio una caratteristica di Dio: essere largo, generoso con i suoi figli. Ecco qualche citazioni:
"Mosè alzò la mano e percosse la roccia due volte, ne uscì acqua in abbondanza" Nm 20,11.
"Con quanta abbondanza ha manifestato la sua salvezza" Gb 26,3.
"Al suo passaggio stilla l'abbondanza" Sal 65,12.
"Il dono e la grazia di Dio, in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti gli
uomini" Rm 5,15.
The 8anctuary or Maria 8.8. Abbondanza
This Sanctuary is situated at Marzano di NoIa and it is built on a rock witch dominates the village . Its
construction dates probably back to 1453.
In 1830 the sanctuary was alnost totally burnt down but it was later rebuit.
There are two inages of Virgin Mary: one is painted on canvag the other one is a wood -carving .
The parting is in the XV century artistic style: Our Lady is sitting with the baby Jesus w ho sucks his nather's
breast on HER KNCES.
Domicella
Chiesa Madre S. Nicola di Bari
Domicella è un piccolo comune sito all’estremo lembo della provincia Irpina. Luogo di transito tra il Vallo di
Lauro e i collegamenti nord-sud con la via Soglia e poi via Rega, sin dall'antichità fu insediamento primo oscosannita e poi romano. Dalla edificazione della Domus Coeli, secondo Della Corte, deriverebbe il toponimo e
tale ipotesi è supportata dal rinvenimento di strutture del I secolo nella piazza centrale, ove è ubicata la chiesa
madre di S. Nicola di Bari che risale al XVII secolo, più volte restaurata (XVI-XVIII e XX sec.). Notevole
importanza rivestono gli affreschi e le tele che ricoprono il soffitto. Si possono ammirare le opere del Mozzillo.
I Coeli (famiglia di latifondisti romani la cui
presenza è attestata in età imperiale) si
insediarono con la spartizione sillana, dopo la
battaglia di Porta Collina, quando il territorio
fu assegnato ai membri del partito senatorio.
La villa rustica di Domicella dipendeva dalla
casa Madre in Pompei, casa del Cinghiale in
via dell’Abbondanza. La tradizione vuole che,
sempre in epoca romana, si sarebbero creati,
presso Domicella, gli Orti Virgiliani,
possedimento di Virgilio nell'agro nolano.
Nel Medioevo, a partire dall'XI secolo, è
presente una struttura religiosa benedettina
con
cospicuo
possedimento
agrario
dipendente dall’abbazia feudale di San
Lorenzo di Aversa.
Bibliografia
Il Santuario della Madonna della Carità, P.Moschiano, Piccola Opera della Redenzione, 1972
Castello Lancellotti, P.Moschiano, Lauro 2001
Le chiese di S.Aniello e di S.Lucia in Quindici, D.Amelia, 1986
Santuario di S.Teodoro e chiese delle frazioni minori di Quindici, D.Amelia, 2001
Museo parrocchiale S.Maria delle Grazie Quindici, D.Amelia, 2000
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