Testi: indicazioni ed esempi
SONETTO : nella sua forma tipica, è composto da quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine e
in due terzine
Chi sceglie di fare un sonetto deve sapere che le due quartine rimano fra loro con le stesse rime (non
diverse tra prima e seconda strofa); possono essere rime alternate (A B A B) (A B A B) oppure incrociate
(A B B A) (A B B A), come in questa poesia di Umberto Saba (“Zaccaria”): le terzine possono avere una
rima varia
La vacca, l'asinello, la manzetta
al bimbo avvolto in scompagnati panni
erano stufa nell'inverno; i danni
ristorava dei morbi una capretta.
La sua mamma, che pace in cielo aspetta,
sei gli dava nel giro di dieci anni,
sei fratellini; pur, fra pianti e affanni,
due volte il dì fumava la casetta.
Là crebbe; e come sognava bambino,
poco ai campi lo vide il paesello.
Volle d'agricoltor farsi operaio.
Or – tra gli altri feriti – il tempo gaio
della pace ricorda; sul cappello
ha una penna: l'orgoglio dell'alpino.
HAIKU: è un componimento poetico nato in Giappone, composto da tre versi per complessive diciassette
sillabe (5 – 7 – 5)
Zampe bagnate:
il passero saltella
sulla veranda
Masaoka Shiki (1867-1902)
LARGO
Bastan tre grilli
per far grande una notte
di mezza estate.
VECCHIO CORTILE
Colonne ed archi,
e, fra colonne ed archi,
luna e silenzio.
Mario Chini
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tel. 02.48.30.11.45 / fax 02.41.54.91.96
FILASTROCCHE: sono un componimento breve, giocoso, di versi e parole, non sempre definito
correttamente, che seguono un ritmo scandito da allitterazioni, assonanze e rime. Esistono diversi tipi di
filastrocche con una funzione molto precisa: filastrocche narrative libere (sui mesi, i mestieri, le stagioni, le
feste, animali, cose, …), filastrocche per giocare con le parole e per divertirsi, filastrocche per fare
addormentare i bambini (le ninne-nanne), e filastrocche per decidere a chi tocca iniziare per primo un gioco
di bambini (conte).
Fuori cade, cade la pioggia:
Maga pioggia che passeggia.
Fuori tira, tira vento:
Mago vento in movimento.
Qui non cade, qui non piove
qui il vento non si muove,
niente gocce sui capelli,
niente vento a mulinelli.
Fuori pioggia, casa asciutta,
fuori scrosci, cassa zitta,
fuori vento scatenato,
qui il suono del tuo fiato,
fuori l’acqua sopra il tetto,
qui il sonno dentro il letto,
fuori vento che va in giro,
qui la pace del respiro.
R. Piumini, Ninne nanne di parole, Fabbri, Milano 1999
Canzoni: indicazioni ed esempi
Una canzone con forma ABC comprende Strofa - Ritornello - Ponte
STROFA: Segna l'inizio del canto e viene spesso ripetuta due volte in apertura e una o più volte dopo il
ritornello. E' la parte nella quale viene annunciata e sviluppata la storia contenuta nella canzone.
RITORNELLO o INCISO: E' in un certo senso il "cuore” della canzone. Spesso è la parte più orecchiabile e
riconoscibile dell'intero brano,quella che si canta con maggior facilità e che si ricorda meglio. Normalmente
nel ritornello il testo indica il momento più importante della storia e si ripete più volte. Questa parte
orecchiabile di testo e musica è ciò che attira l'attenzione di chi ascolta e che fa ripensare in seguito alla
canzone.
PONTE: Il suo compito è quello di collegare la strofa al ritornello. Può essere una variazione della strofa o
una vera e propria parte autonoma di collegamento sia vocale che strumentale, può aggiungere due o più
battute come piccolo stacco tra i ritornelli. Questo ponte è sempre più breve della strofa, e a volte è seguito
da un cambio di tonalità o di tempo.
Esempi:
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Girl, Ob-la-di ob-la -da, Here comes the sun, Eleanor Rigby (Beatles).
If I ever lose my faith in you (Sting).
I'm with you (Avril Lavigne)
Mas Que Nada (Jorge Ben)
Ricette
SVOLGIMENTO DEL LAVORO
Ho copiato il disegno da una fotografia dell'acquedotto romano di Segovia (Spagna) presa da Internet e stampata
su un foglio A2.
Ho riempito il muretto in alto con del gesso acrilico morbido, che in seguito ho colorato di grigio. Ho usato solo
colori acrilici.
Ho dato una prima mano allo sfondo, con l'intenzione di ridefinirlo.
Ho tagliato con le forbici tanti pezzetti da un leggero foglio di polistirolo e li ho incollati seguendo il disegno
dell'acquedotto.
Ho colorato "le pietre" cercando varie sfumature di colore (grigio chiaro, grigio scuro, nero, bianco, Terra di Siena).
Poi ho dipinto le ombre con del grigio scuro.
Ho ripassato il cielo e, sulla parte in fondo del disegno, ho messo della colla, dove in seguito ho incollato della
terra.
Per rendere le pietre più lucenti ho passato una mano di vernice all'acqua.
Maria Francesca Begossi
Prendete un giornale.
Prendete delle forbici.
Scegliete da questo giornale un articolo avente la lunghezza che desiderate dare alla vostra poesia.
Ritagliate l’articolo.
Ritagliate poi con cura ciascuna delle parole che formano l'articolo e mettetele in un sacchetto.
Agitate dolcemente.
Tirate fuori ciascun ritaglio uno dopo l’altro disponendoli nell’ordine in cui sono usciti dal sacchetto.
Copiate scrupolosamente.
La poesia vi rassomiglierà.
Ed eccovi diventato uno scrittore infinitamente originale e di una sensibilità incantevole, benché
incompreso dal volgo.
TristanTzara, Per fare una poesia dadaista (Trad. G. Soriano)
Essendo stato così determinato il suono del refrain fu necessario scegliere una parola che avesse questo
suono e nello stesso tempo si adattasse il più pienamente possibile a quella malinconia che avevo già
deciso dovesse essere il tono della poesia.
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In questa ricerca sarebbe stato assolutamente impossibile trascurare la parola Nevermore [Mai più]. Essa fu
infatti proprio la prima che mi si presentò alla mente. Il successivo desideratum fu un pretesto per il
continuo uso della sola parola Nevermore. Considerando la difficoltà che subito trovai nell'inventare una
ragione sufficientemente plausibile per la sua continua ripetizione, non mancai di accorgermi ch'essa
nasceva unicamente dal preconcetto che la parola dovesse essere così continuamente o monotonamente
ripetuta da un essere umano, non mancai di accorgermi, in breve, che la difficoltà consisteva nel conciliare
questa monotonia con l'uso della ragione da parte della creatura che ripeteva la parola. A questo punto, mi
nacque immediatamente l'idea di una creatura non razionale e tuttavia capace di parlare; e dapprima,
molto naturalmente, pensai a un pappagallo; ma subito lo sostituii con un Corvo, come ugualmente capace
di parlare e infinitamente più adatto per mantenere il tono stabilito.
Ero così arrivato al punto di concepire un Corvo – l'uccello di cattivo presagio – che ripete monotonamente
una sola parola, Nevermore, alla conclusione di ogni stanza di una poesia di tono malinconico e della
lunghezza di circa cento versi. Ora, mi chiesi: "Fra tutti gli argomenti malinconici, qual è, secondo il
concetto universale dell'umanità, il più malinconico?" La Morte, fu l'ovvia risposta. "E quando" mi dissi "è
più poetico questo argomento, fra tutti il più malinconico?" Dopo quanto ho già abbastanza ampiamente
spiegato, la risposta, anche qui, è ovvia: "Quando è più strettamente congiunto alla Bellezza: dunque la
morte di una bella donna è, indiscutibilmente, l'argomento più poetico del mondo, ed è ugualmente fuor di
dubbio che le labbra più adatte a tale argomento sono quelle di un amante privato dell'amata".
Dovevo ora unire le due idee di un amante che piange la sua donna morta e di un Corvo che continuamente
ripete la parola Nevermore. E dovendo unirle senza mai dimenticare l'idea di variare, ogni volta,
l'applicazione della parola ripetuta, pensai che l'unico modo intelligibile per una tale unione fosse quella di
immaginare che il Corvo usi la parola come risposta alle domande dell'amante.
Il punto che dovette essere esaminato subito dopo fu il modo di mettere insieme l'amante e il Corvo: e la
prima parte di questo studio fu l'ambiente. L'idea più naturale per questo potrebbe sembrare una foresta, o
dei campi; ma mi è sempre sembrato che una precisa circoscrizione dello spazio sia assolutamente
necessaria all'effetto di un avvenimento isolato: essa ha l'efficacia di una cornice per un quadro. Essa
possiede un indiscutibile potere morale nel mantenere concentrata l'attenzione, e, naturalmente, non deve
essere confusa con la semplice unità di luogo.
Decisi quindi di porre l'amante nella sua stanza, una stanza resagli sacra dai ricordi di colei che l'aveva
frequentata. La stanza è descritta come riccamente arredata: e ciò semplicemente per realizzare quelle
idee che ho già spiegato parlando della Bellezza come dell'unico argomento veramente poetico. L'ambiente
essendo così determinato, dovevo quindi introdurre l'uccello: e il pensiero di farlo entrare dalla finestra era
inevitabile. L'idea di far sì che in un primo momento l'amante supponga che lo sbattere delle ali dell'uccello
contro l'imposta sia un bussare alla porta, nacque dal desiderio di accrescere la curiosità del lettore col
prolungarla e dal desiderio di sfruttare l'effetto incidentale che si ha quando l'amante spalanca la porta,
trova tutto buio e allora fantastica che sia stato lo spirito dell'amata a battere alla porta. Feci la notte
tempestosa, anzitutto per giustificare il fatto che il corvo cerca d'entrare, e, in secondo luogo, per ottenere
un effetto di contrasto con la serenità (materiale) che c'è dentro la stanza.
Una volta in una fosca mezzanotte, mentre io meditavo, debole e stanco,
sopra alcuni bizzarri e strani volumi d'una scienza dimenticata;
mentre io chinavo la testa, quasi sonnecchiando - d'un tratto, sentii un colpo leggero,
come di qualcuno che leggermente picchiasse - pichiasse alla porta della mia camera.
-- « È qualche visitatore - mormorai - che batte alla porta della mia camera » -Questo soltanto, e nulla più.
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……….
Scrutando in quella profonda oscurità, rimasi a lungo, stupito impaurito
sospettoso, sognando sogni, che nessun mortale mai ha osato sognare;
ma il silenzio rimase intatto, e l'oscurità non diede nessun segno di vita;
e l'unica parola detta colà fu la sussurrata parola «Eleonora!»
Soltanto questo, e nulla più.
VI.
Ritornando nella camera, con tutta la mia anima in fiamme;
ben presto udii di nuovo battere, un poco più forte di prima.
« Certamente - dissi - certamente è qualche cosa al graticcio della mia finestra ».
Io debbo vedere, perciò, cosa sia, e esplorare questo mistero.
È certo il vento, e nulla più.
VII.
Quindi io spalancai l'imposta; e con molta civetteria, agitando le ali,
si avanzò un maestoso corvo dei santi giorni d'altri tempi;
egli non fece la menoma riverenza; non esitò, né ristette un istante
ma con aria di Lord o di Lady, si appollaiò sulla porta della mia camera,
s'appollaiò, e s'installò - e nulla più.
VIII.
Allora, quest'uccello d'ebano, inducendo la mia triste fantasia a sorridere,
con la grave e severa dignità del suo aspetto:
« Sebbene il tuo ciuffo sia tagliato e raso - io dissi - tu non sei certo un vile,
« orrido, torvo e antico corvo errante lontanto dalle spiagge della Notte
« dimmi qual'è il tuo nome signorile sulle spiagge avernali della Notte! »
Disse il corvo: « Mai più ». (1)
Orfano, di Giovanni Pascoli
Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana dondola piano piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
Canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: intorno al tuo lettino
C'è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nei bel giardino il bimbo si addormenta
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
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Come è stata costruita questa poesia.
1. che cos’è la zana? È una culla a dondolo, che quando si muove fa zanzanandando
da una parte all’altra e tornando indietro, come un pendolo.
2. Questa poesia è come il pendolo
Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana dondola piano piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
Canta una vecchia, il mento sulla mano.
––––––––––––––––––––––
La vecchia canta: intorno al tuo lettino
C'è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nei bel giardino il bimbo si addormenta
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
Perché rime, sequenza delle parole, versi interi vanno, ciascuno nel suo ordine, avanti e
indietro. La linea che divide il testo in due parti è il punto centrale del pendolo.
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A Zacinto, di Ugo Foscolo
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Com’è stata costruita questa poesia?
1. Bisogna sapere che Zacinto è un’isola in mezzo al mare e che il poeta ha dovuto
abbandonarla
2. Questa poesia è fatta di due parti: le due quartine “sono” il ricordo dell’isola, le due
terzine “sono” l’esilio.
3. Le due quartine “sono” l’isola perché le rime sono tutte di onde e di acque
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
il resto … scopritelo voi.
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