ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE DI UDINE Quaderni di Teologia CORPORE ET ANIMA UNUS SAGGI DI ANTROPOLOGIA a cura di GIOVANNI DEL MISSIER – MARINO QUALIZZA INDICE 7 PRESENTAZIONE DEL VOLUME Marino Qualizza 21 ANTROPOLOGIA NEI VANGELI SINOTTICI Rinaldo Fabris 45 NOTE DI ANTROPOLOGIA CRISTIANA DELLE ORIGINI: DA ATENE A GERUSALEMME E DA GERUSALEMME AD ATENE Alessio Persic 86 I FONDAMENTI DELL’ANTROPOLOGIA DI S. TOMMASO D’AQUINO Giovanni Del Missier 114 LA RIVOLUZIONE ANTROPOLOGICA DI MARTIN LUTERO Antonella De Bortoli 124 L’ANTROPOLOGIA NELLA “DEUS CARITAS EST” Ettore Malnati 138 COORDINATE ANTROPOLOGICHE PER LA RIFLESSIONE BIOETICA Giovanni Del Missier 146 RIPENSARE L’UOMO DOPO LA SHOÀ: IL CONTRIBUTO DI EMIL L. FACKENHEIM Marco Grusovin 158 IL CONCETTO DI ALTERITÀ NEL PENSIERO DI EMMANUEL LÉVINAS Fausta Germano Indice 6 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ 173 ANTROPOLOGIA SOCIOLOGICA E DIALETTICA PRODUTTIVA IN P.L. BERGER Fernando Tirelli 188 PEDAGOGIA DEL CORPO: ALCUNE RIFLESSIONI SULL’IMPORTANZA DEL CORPO IN EDUCAZIONE Sabrina Candussio PRESENTAZIONE DEL VOLUME MARINO QUALIZZA Questo numero dei Quaderni di Teologia è dedicato all’analisi e all’ap‐ profondimento dell’antropologia nei diversi settori dello scibile umano. Partiamo dall’antropologia nei vangeli sinottici per continuare con quella dei Padri apostolici. Due contributi vengono riservati per il pen‐ siero di S. Tommaso d’Aquino e per la rivoluzione antropologica di Lutero. Seguono altre due riflessioni, una come analisi dell’enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est, e l’altra come fondamento antropologico per la riflessione bioetica. Concludono il quaderno quattro apporti sui contributi di autori moderni su alcuni capitoli specifici di antropologia. Si parte con Emil L. Fackenheim, per continuare con il concetto di alte‐ rità nel pensiero di Lévinas, con le implicanze sociologiche e dialettiche in P.L. Berger e si conclude con una serie di riflessioni sulla pedagogia del corpo. Lo studio dell’antropologia nei Vangeli sinottici è stato condotto da Rinaldo Fabris ed è da lui sintetizzato in due momenti: le azioni di Gesù e le parole di Gesù. Questa distinzione oltre che avere il suo fon‐ damento nei testi evangelici, richiama immediatamente una nozione teologica fondamentale, quella dei sacramenti. Essi infatti hanno questa duplice componente, che li rende singolari nella loro identità. A questa caratteristica sacramentale viene collegata anche la Rivelazione nel no‐ tissimo passaggio della Costituzione conciliare Dei Verbum, n. 2 in cui si descrive la rivelazione come composta indissolubilmente di azioni e parole, che si richiamano a vicenda. Le parole infatti illustrano le azioni e queste danno consistenza alle parole. L’attività di Gesù ha dunque questa valenza sacramentale; essa è chiaramente una conclusione teologica, implicitamente contenuta nelle sue azioni e parole. Questa valenza ci permette di considerare le azioni di Gesù, come suggerisce Fabris, in un triplice orizzonte. Il primo è quello della risurrezione, come piena vittoria sul male e sulla morte. È evidente che questo orizzonte può essere visto e contemplato solo in una dimensione teologica. Ma leggere le azioni taumaturgiche di Gesù in questa prospettiva significa aprire una luce che colloca l’agire di Cri‐ sto nel mondo di Dio. Di un Dio però inserito nella storia dell’umanità, la quale trova il suo punto d’arrivo e la sua piena realizzazione oltre Marino Qualizza 8 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ questo spazio e questo tempo, ma senza dimenticarli, anzi inserendoli nella storia realizzata, frutto della resurrezione. Inoltre, la vittoria di cui si parla è quella sul male e sulla morte. Ora gran parte delle azioni di Gesù riguardano le malattie che sono triste accompagnamento della nostra vita, ma con la loro guarigione si apre uno spiraglio sull’origine stessa delle malattie e delle infermità umane; in altre parole sulla loro causa nascosta e rivelata solo parzialmente dalla morte. Tuttavia, in alcuni momenti significativi – come l’analisi in questione mostra – viene chiaramente indicata l’origine dei limiti uma‐ ni come legata al peccato e convalidata dalla morte. In tal senso la risur‐ rezione di Gesù è contemporaneamente compimento della sua esisten‐ za umana e causa efficiente della salute universale della nostra umani‐ tà. Si conferma nuovamente la valenza unica delle azioni di Gesù, me‐ diante le quali questa nostra esistenza viene elevata alla partecipazione della vita divina di Gesù Cristo nostro fratello. Dal mondo divino, dun‐ que, viene a noi anche la salvezza nel tempo. Il secondo orizzonte è quello della creazione o Regno di Dio. È signi‐ ficativo questo secondo aspetto perché mette in stretto rapporto crea‐ zione e redenzione. È evidente in ciò il riferimento ad una lunga di‐ sputa teologica, protrattasi nei secoli ed esplosa tra il 1946 e il 1948 per opera di H. de Lubac, e finalmente risolta nei testi del Concilio Vatica‐ no II. L’affermazione del rapporto unitario tra creazione e redenzione porta all’unità della storia della salvezza, con tutti i vantaggi positivi per l’intero ordinamento teologico. Il Verbo incarnato, mediante il qua‐ le tutte le cose sono state create, è lo stesso che le guarisce, una volta ammalate, orientandole verso il mondo di Dio. Viene adoperata nel testo la formula “Regno di Dio”. Essa indica come l’azione di Dio che giunge a noi mediante il Cristo, ha cura di tutte le cose create. Le gua‐ rigioni operate da Gesù diventano allora il segno anticipatore della rea‐ lizzazione finale. Il terzo orizzonte è quello delle relazioni umane nella linea dell’amo‐ re fedele e solidale. Questa affermazione viene presentata ed è realmen‐ te la logica conseguenza delle prime due. La guarigione umana e l’inte‐ grità che ne consegue, in quanto risultato dell’amore benefico di Dio, si esprimono nella solidarietà umana, non come semplice regola di buone maniere, ma come risultato e rivelazione dell’agire salvifico di Dio. È facile vedere in questa ricuperata integrità umana la base e l’ispirazione di un comportamento che trova le sue esplicitazioni nei trattati di teo‐ logia morale. Non può dunque sfuggire il rapporto tra l’azione di Dio in Cristo e la sua risposta consapevole ed impegnata nell’agire umano. L’analisi di Fabris, come abbiamo sopra ricordato, riguarda in secon‐ do luogo le parole di Gesù. «Nei detti e nelle parabole di Gesù si coglie Presentazione del volume 9 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ un progetto di essere umano che si colloca nell’orizzonte della fede in Dio Padre, creatore del mondo e Signore della storia» (p. 44). Questa conclusione mette in luce la valenza rivelatrice delle parole di Gesù che hanno un triplice obiettivo. Esso riguarda l’identità progettuale dell’es‐ sere umano, precisato e realizzato nella fede che ha come contenuto Dio Padre, creatore e Signore del mondo. È noto in teologia l’assioma secondo il quale l’essere umano scopre la sua identità e compie il suo progetto specchiandosi in Cristo, uomo e Dio, per questo principio di riferimento e punto di arrivo delle aspirazioni umane. In altre parole, il Cristo Signore è il modello realizzato della nostra umanità e anche la forza trainante per questa realizzazione. Si dice che questo progetto si compie nella fede in Dio. In questa bre‐ ve affermazione troviamo la sintesi di un altro lungo cammino teolo‐ gico, più volte tentato di comprendere la fede come elenco di verità da credere o, al contrario, come piena e cieca fiducia in un Dio che dispone le cose a nostra insaputa. La corretta visione teologica ha sempre colle‐ gato due aspetti coessenziali nella fede: quello oggettivo delle verità da credere e quello soggettivo della Persona a cui credere. In questa sintesi abbiamo la ricchezza e la pienezza della fede, che è in grado di operare prodigi, il primo dei quali è la scoperta dell’identità di Dio, accolto come Padre. Riservando per altri contesti l’approfondimento di questa paternità, mettiamo in luce il fatto che questo Dio è creatore e Signore del mondo e della storia. Anche qui non si tratta di una affermazione astratta, ma di una realtà colta nella esperienza vissuta e vivente di chi appunto cre‐ de. Affermare che Dio è creatore del mondo significa dargli garanzie si‐ cure e stabili, sapendo che l’atto creatore non è perduto nel passato, ma è vivo e operante nel presente, nonché proiettato nel futuro. Che questo Dio sia inoltre Signore della storia offre ad essa la certezza di un ac‐ compagnamento che ha nella Signoria impareggiabile di Dio il suo con‐ forto e la sua stabilità. Da questa breve sintesi ricaviamo la felice impressione della attualità e presenza tanto delle azioni come delle parole di Gesù. Non va dimen‐ ticato in questo contesto un doveroso riferimento alla liturgia. In essa, secondo le indicazioni conciliari della Costituzione Sacrosanctum Conci‐ lium si ha l’attualizzazione più ricca e feconda di tutta la vita di Gesù, perché tutto questo è fondato sulla sua mistica e reale presenza. Il contributo di Alessio Persic è rivolto alla antropologia cristiana delle origini, con un sottotitolo evocativo: da Atene a Gerusalemme e viceversa. Lo studio è lungo ed articolato e non privo di novità, almeno per il grande pubblico. È nota infatti la tendenza greca, soprattutto di Marino Qualizza 10 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ impronta platonica, a privilegiare l’anima nei riguardi del corpo, ma non mancano interessanti apporti anche nei riguardi del corpo, soprat‐ tutto in riferimento agli ideali olimpici, cantati da Pindaro. È questi as‐ sieme a Saffo ad esaltare la bellezza trasfigurata del corpo, proiettato nelle sfide atletiche o vagheggiato nell’estasi dell’amore che lo trasfor‐ ma nel suo impeto. Queste indicazioni offrono anche lo spunto per un confronto con la descrizione affascinata del corpo dell’amato e del‐ l’amata che leggiamo nel Cantico dei cantici. È degno di attenzione il fat‐ to che l’ispirazione poetica e l’attrazione dell’amore, lungi dal cadere in basso profilo morale, siano capaci di una valutazione che dà soffio “spi‐ rituale” alla realtà umana nel suo aspetto più appariscente, ma rivelato‐ re di profondità che il poeta e l’innamorato vedono come d’incanto. Il passaggio dal mondo ellenico classico a quello cristiano offre degli agganci notevoli, pur nella profonda diversità d’ispirazione. Senza ri‐ percorrere tutta la lunga e vertiginosa strada di Persic – che è possibile gustare direttamente nella lettura del suo saggio – è utile notare come nel mondo cristiano siano state almeno due le scuole che hanno per‐ corso altrettante strade nella valutazione e considerazione della realtà umana. Ed è interessante notare come nella protologia in riferimento a Gen 1,26 si siano notate le differenze nella esegesi e nella elaborazione teologica, mirate ad una considerazione che si aggancia direttamente al Logos eterno per Origene, e al Logos incarnato per Ireneo. La stessa os‐ servazione va fatta anche per l’escatologia, data la correlazione teologi‐ ca fra i due momenti salvifici. Le ripercussioni e gli echi di queste impostazioni sono avvertiti an‐ che ad Aquileia con le originali e forti sottolineature della resurrezione di questa carne. Questo realismo, che vuole salvaguardare l’unità del‐ l’essere umano nella duplicità della sua composizione e che è fortemen‐ te marcato da Tertulliano, mostra in tutta evidenza che la fede, collega‐ ta alla Pasqua di Cristo, è salvezza dell’uomo nella sua integrità. Certo, come risulta dalla documentazione di Persic, le concezioni teo‐ logiche sulla vita ultraterrena erano ancora incerte e debitrici di nozioni dell’Antico Testamento non sufficientemente elaborate. Ma questo di‐ pendeva anche dal fatto di voler pensare e conservare la dualità di anima e corpo nell’essere umano. Il tema del millenarismo, invece, non ha avuto continuazione nella teologia ecclesiale, nonostante il nome di Ireneo; anzi, questo fatto non gli ha giovato nell’antichità, finché non si è trovata una formula e una interpretazione più allegorica che reale. Ma non si può negare la fedeltà di Ireneo a un’antropologia e alle sue pre‐ messe profetiche dell’Antico Testamento, che gli suggerirono la pro‐ spettiva di una concretizzazione anche terrena del regno di Cristo. Presentazione del volume 11 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ In conclusione, ciò che Persic mette chiaramente in luce è la prospet‐ tiva di una continuità ideale tra Atene e Gerusalemme, non per passare sopra le grandi differenze che caratterizzano le due città, ma per ricor‐ dare che uno stesso Spirito guida la storia dell’umanità: coglierne la presenza e seguirne l’ispirazione è la sapienza di cui abbiamo sempre bisogno. Un capitolo importante è dedicato da Giovanni Del Missier ai fon‐ damenti dell’antropologia di S. Tommaso d’Aquino con uno studio ap‐ profondito sull’anima. Il tema ha una lunga storia nel pensiero filoso‐ fico, così come è stato sviluppato a partire da Aristotele per giungere fino a Tommaso, attraverso le interpretazioni intermedie di Alessandro di Afrodisia e quelle più vicine di Averroè. La soluzione di Tommaso si raccomanda per il suo equilibrio e la sua profondità e può essere sinte‐ tizzata con queste parole: «è il possesso dell’essere, proprio della sua anima sussistente, immateriale e incorruttibile, che consente all’essere umano di trascendere la realtà concreta di cui fa parte» (pp. 112‐113). Due sono i punti su cui è opportuno concentrare la nostra attenzione: l’unità sostanziale dell’essere umano come risultato dell’unione metafi‐ sica di anima e corpo, o di materia e spirito, come precisa l’Aquinate nelle sue considerazioni sulla realtà umana; e l’affermazione che l’ani‐ ma è forma sostanziale del corpo, con il vantaggio unico che questa considerazione esprime, come ben evidenzia Del Missier nel suo stu‐ dio. L’attenzione da lui posta ha privilegiato l’investigazione sull’ani‐ ma; tuttavia la completezza dell’analisi antropologica comporta un esa‐ me altrettanto rigoroso della realtà materiale che compone la persona concreta. Non si apprezzerà comunque mai abbastanza la pertinenza dell’im‐ postazione di S. Tommaso, forse il primo fra i filosofi e teologi, senz’al‐ tro il più profondo, ad aver sostenuto l’unità sostanziale della persona umana, superando agevolmente il dualismo di origine platonica, anco‐ ra presente nella riflessione cristiana, e ancor più l’aver eliminato ogni tentazione monistica, sia nel privilegiare la materia o solo lo spirito. L’equilibrio e la ricchezza della soluzione di Tommaso, gli permette di essere in sintonia con l’antropologia biblica, benché questa non abbia in prima linea una preoccupazione filosofica. È facile tuttavia notare al‐ meno due punti di convergenza oltremodo importanti. Da una parte la sottolineatura della concretezza dell’essere umano, aperto per questo alla dimensione sociale e politica in genere. Non può sfuggire infatti che il rilievo dato al corpo, rende possibile anche un discorso di tipo politico ed ecclesiale, dove i rapporti interpersonali sono mediati dalla corporeità. Ne discende anche una conferma della Chiesa come “cor‐ Marino Qualizza 12 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ po” e quindi come realtà visibile. Non si può tacere neanche l’aspetto di solidarietà fraterna che ne consegue e che si esprime proprio nel‐ l’aiuto concreto dove le famose opere di misericordia corporale trovano giusto spazio e possibilità di realizzazione. Il secondo punto è dato dall’anima sussistente in cui si esprime e si manifesta l’identità trascendente della persona umana. È proprio que‐ sta trascendenza che rende possibile l’apertura dell’essere umano al‐ l’infinito, nella sfera del quale diventa reale l’incontro con Dio. Ci vor‐ ranno senz’altro delle ulteriori precisazioni al riguardo, ma quanto as‐ seriva Karl Rahner in Uditori della Parola è possibile e anche realizzabile proprio per l’apertura alla trascendenza. Quanto sia ulteriormente ricca questa visione lo conferma la Rivelazione biblica, in quanto azione e parola di Dio, individuabile e percepibile dallo spirito umano, reso vi‐ gile dallo Spirito di Dio. Un punto ancora è degno di considerazione nell’analisi di Del Mis‐ sier, questa volta come conclusione: «Per Tommaso esiste una stretta relazione tra l’anima e la vita: riconoscere che qualcosa è vivo implica “intercettare” la sua anima, non come entità occulta e misteriosa, ma come principio vivificante che appunto anima la materia» (p. 113). Questa annotazione mette nuovamente in luce due aspetti: la vita come suscitata dall’anima e – questa è una nuova sottolineatura – l’eviden‐ ziarsi della vita nella materia concreta. Sicché è questa materia a ren‐ dere visibile la vita. Senza anticipare ciò che dirà la filosofia nel XX sec., troviamo qui un accenno significativo agli sviluppi ulteriori, il primo dei quali sarà la fenomenologia di E. Husserl e il secondo l’applicazio‐ ne che ne ha fatto K. Rahner nella sua teologia sui sacramenti e sul sog‐ getto umano quando descrive il corpo come “sacramento dell’anima”. Questi brevi richiami sono in linea con quanto dice ancora Del Mis‐ sier nella sua conclusione: «Il discorso di Tommaso non può essere tra‐ sferito senza mediazione nella cultura del terzo millennio» (p. 113). I fuggenti richiami che sono stati fatti mostrano come ci sia una continui‐ tà diacronica nella ricerca filosofica e teologica, oggi aperta anche a quella psicologica, che rende possibile la continuazione del discorso senza interruzioni o sbarramenti di sorta. È proprio l’individuazione di questi passaggi nel pensiero e del loro aggancio nelle diverse epoche a rendere possibile uno sviluppo che valorizza il passato e lo proietta verso nuovi orizzonti. Di tono e contenuto assai diverso è il contributo di Antonella De Bortoli su La rivoluzione antropologica di Martin Lutero. Possiamo con‐ cordare con la scelta del titolo che mette in luce la rivoluzione operata da Lutero nella prima metà del XVI sec. Forse il suo pensiero antropo‐ Presentazione del volume 13 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ logico non si inserisce armonicamente nel discorso fin qui fatto, perché ne costituisce piuttosto una interruzione e una rottura. Tutto questo, però, fa parte della storia europea sia civile che religiosa e per questo motivo va preso in seria considerazione, anche in vista di un supera‐ mento delle contrapposizioni e del proseguimento del dialogo ecume‐ nico. Intanto una cosa va osservata in prima istanza, cioè che Lutero non è un pensatore solitario, ma affonda le radici delle sue posizioni nel con‐ testo culturale che l’ha preparato nei due secoli a lui antecedenti. Si do‐ vrà giustamente porre l’accento sulla eredità occamistica che ha influito in modo deciso sul suo pensiero e che è all’origine delle affermazioni più controverse, soprattutto quelle sulla mancanza della libertà sotto l’onnipotenza di Dio. Senz’altro più positivo è l’influsso della teologia mistica renana che dà la possibilità a Lutero di scrivere alcune delle pa‐ gine più significative forse non solo della sua teologia. Quando ci parla e descrive la sua esperienza di fede, lo fa con una vivacità e una profon‐ dità non solo originali, ma anche in linea con la tradizione cristiana an‐ tecedente. Peccato che l’aver messo da parte il vocabolario abituale della teologia, gli faccia dire cose non conciliabili fra di loro e tipiche di un pensiero tumultuante e non facilmente controllabile. Ancora l’evi‐ dente ancoraggio al pensiero agostiniano, con le sue ambivalenze forte‐ mente evidenziate, lo fanno ondeggiare tra una sponda e l’altra dell’or‐ todossia ecclesiale, senza permettergli un approdo stabile e sicuro. Accanto alle pagine potenti e suggestive sulla maestà di Dio e sulla forza della grazia, troviamo quelle decisamente problematiche e in‐ quietanti sulla libertà umana, da lui più volte presentata come titulus sine re. È questo il contributo pesante che egli paga alla teologia occa‐ mistica e nominalistica. In parte lo possiamo anche scusare, perché quasi sempre lo fa per mettere in luce il primato della grazia di Cristo. Tuttavia non è una buona scelta quella di considerare il rapporto Dio‐ uomo nel senso di un aut aut, o Dio o l’uomo, e non invece nel senso dell’Alleanza di Dio con gli uomini, dove appunto si mette in luce non la contrapposizione, ma la comunione. Il dialogo ecumenico sembra aver taciuto abbastanza il tema della li‐ bertà e conseguentemente non ha ben posizionato i temi portanti del‐ l’antropologia. Ciò che Lutero presenta come dramma e illustra in mo‐ do potente, forse richiede una drammatizzazione minore proprio per dare la possibilità di apprezzare l’armonia dell’incontro di Dio con gli uomini. Passi notevoli sono stati compiuti anche per la scelta sapiente dei punti meno distanti. Ciò va positivamente valutato, ma in futuro bi‐ sognerà affrontare anche i nodi più scabrosi per ricomporre in unità Marino Qualizza 14 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ dinamica e aperta al futuro le intuizioni luterane e le acquisizioni cattoliche. Ettore Malnati evidenzia nel suo saggio, l’antropologia sottesa nella prima enciclica di Benedetto XVI: Deus caritas est. Il testo papale si pre‐ senta come un vasto affresco, nel quale Malnati legge tre punti signi‐ ficativi. Due sono acquisizione pacifica della teologia cattolica, e cioè l’uni‐dualità dell’essere umano e la cristologia come fondamento del‐ l’antropologia. Il terzo costituisce una sorpresa, perché non sembra che prima di lui un Papa abbia trattato con tale profondità e libertà, non tanto il tema dell’amore, quanto quello dell’eros. Sta qui, senz’altro, la novità dell’impostazione papale, unita ad una presentazione soffusa di poesia e a un approfondimento che giustamente si chiede ad un teo‐ logo. In altri contesti già Pio XII aveva fatte sue le acquisizioni dei teologi; si pensi all’enciclica Mystici Corporis del 1943, come primo coronamento di una rinnovata ecclesiologia e alla contemporanea Divino afflante Spiritu, sulla convalida degli studi biblici. Si pensi ancora a come il Concilio Vaticano II ha accolto le migliori elaborazioni di mezzo secolo di teologia; così Benedetto XVI ha tradotto in termini teologici il grande lavoro e i notevoli contributi che ci sono stati offerti dalla filosofia e so‐ prattutto dalla psicologia nei suoi vari aspetti. Ciò che l’enciclica propone costituisce un arricchimento prezioso per la comprensione dell’amore contemporaneamente divino e umano e l’indicazione di una strada per la realizzazione umana nella famiglia, nella società e nella Chiesa. L’esperienza vissuta dell’amore di Dio nella sua dimensione di dono e gioia intima, sta alla base di un’esistenza umana che ne imita le caratteristiche e diventa pure la premessa di una umanità che può guardare con fiducia al suo futuro. È l’amore oblativo e gioioso il futuro dell’umanità! C’è un secondo contributo significativo di Giovanni Del Missier che cerca di proporre alcune coordinate antropologiche per la riflessione bioetica. Lo studio è fondato quasi unicamente sul tema della persona e a buon motivo. Una rapida rassegna dello sviluppo concettuale, tanto in filosofia che in teologia, dell’uomo come persona, è la chiara dimo‐ strazione dell’importanza unica di questo sviluppo e della sua colloca‐ zione al centro dell’antropologia cristiana. Non si dovrà dimenticare, a questo punto, che il termine ha una valenza che attraversa tutta la teo‐ logia e che il principio di questa autentica rivoluzione culturale si ha nella teologia trinitaria. Presentazione del volume 15 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ L’indispensabile ripresa della centralità di questa teologia è la spie‐ gazione agevole dell’applicazione del termine “persona” nei diversi ambiti della teologia fino alla nuovissima investigazione della bioetica. L’aspetto più significativo di questa prospettiva è dato dalla relaziona‐ lità sottintesa ed espressa nella riflessione sulla persona, come chiara‐ mente sottolineato dal Personalismo. Possiamo considerare questa di‐ mensione come la svolta più significativa nel pensiero filosofico e teo‐ logico del XX sec., rintracciabile anche in coloro che non si riconoscono esplicitamente in questa corrente di pensiero. I vantaggi che questa felice svolta ha portato a tutta la costruzione teologica non è facilmente valutabile né apprezzabile. Tuttavia, non bi‐ sogna dimenticare che non è qualcosa di assolutamente nuovo, se è vero che da san Tommaso in poi, pur con le numerose pause ed inter‐ ruzioni, ha accompagnato la vita della Chiesa, con l’aiuto appunto della riflessione teologica. Gli apporti di R. Guardini, di E. Mounier, di J. Maritain, per citare solo i più noti, hanno dato un contributo decisivo per operare il superamento del solipsismo, dell’individualismo ideali‐ stico ed esistenzialistico e fondare quell’attenzione all’altro, che costi‐ tuisce la base di ogni valido sviluppo umano. Quali siano stati i vantaggi legati alla persona, teologicamente intesa, lo dimostrano, fra le altre, le due Costituzioni conciliari Lumen Gentium e Gaudium et Spes. Nella prima è delineata una nuova e, nello stesso tempo, antica immagine della Chiesa, fondata nella Chiesa apostolica e caratterizzata proprio dalla comunione dei credenti, convocati come Popolo di Dio e impegnati come fratelli nella solidarietà reciproca. In quanto tali, essi sono chiamati ad essere sacramento, cioè segno vivente ed efficace della presenza di Dio. Nella seconda, invece, vengono deli‐ neati tutti i rapporti che le persone sono chiamate a realizzare nel campo della politica, della cultura, della famiglia e, ovviamente, della bioetica. Queste brevi indicazioni ci mostrano quanto l’apporto fondamentale del Vangelo, su questo punto, tradotto in elaborazione teologica, abbia contribuito e continui a contribuire ad un influsso positivo sulla nostra società. Ne consegue anche la necessità di una più ampia ed efficace diffusione nella cultura attuale. È anche un modo per evidenziare il valore e l’attualità della teologia nel nostro tempo. Marco Grusovin nel suo contributo presenta il pensiero del filosofo ebreo E.L. Fackenheim sulla necessità di ripensare l’uomo dopo la shoà. La tragedia, unica nel suo genere, è uno scacco anche per il pensiero umano, che si trova a considerare non problemi astratti, magari da ri‐ solvere col metodo della geometria, alla maniera dello Spinoza, ma Marino Qualizza 16 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ drammi tremendamente concreti, dove addirittura è in gioco l’identità stessa del genere umano sotto il profilo morale. In realtà, lo sterminio degli Ebrei pone in modo del tutto nuovo ed inverosimile il problema del male, come distruzione dell’altro pensato come intruso da eliminare. La storia ci ha messo troppe volte dinanzi al male e ce lo ha presentato nella sua assurdità, ma con la shoà esso ha assunto una dimensione inedita, perché frutto di una elaborazione ideo logica affidata alla macchina della tecnologia cieca e inflessibile. È del tutto comprensibile che i pensatori ebrei insistano sulla eccezionalità del fatto, ma il problema riguarda tutti, e in specie l’essere morale del‐ l’uomo. Restano aperti diversi problemi al riguardo… Ne ricordiamo uno in particolare, che si presenta con una duplice facciata: quale resistenza si può attuare nel mondo contro le degenerazioni ideologiche, portatrici di morte, senza chiudere gli occhi di fronte alla diffusione del male e della sua assurdità, che minacciano l’umanità nella sua stessa soprav‐ vivenza? Il permanere tenace del male richiede una costante vigilanza che vinca un certo fatalismo ed eviti anche quelle forme di esasperato fondamentalismo, che non è in grado di contrastare alcunché e tende a peggiorare la situazione. Una rinnovata attenzione alla vita, un vero amore verso di essa po‐ tranno suggerire tanto adeguate forme di pensiero, quanto una prassi degna della vita e della sua identità. Che in essa poi si possano trovare le radici profonde della sua dignità, in quanto aperta alla trascendenza, sarà un motivo ulteriore per una cultura che diventi autentica “coltiva‐ zione” della vita stessa, nel superamento di ogni ideologia criminale e nell’apertura alla civiltà dell’amore. Fausta Germano presenta il concetto di alterità nel pensiero di Lévi‐ nas. Questo saggio si collega bene con il precedente di Grusovin, per‐ ché anche qui viene toccato il tema della shoà, anche se marginalmente, e perché si tratta di un altro pensatore ebreo, tanto per non dimenticare il contributo culturale di questo popolo. Il tema dell’alterità è quello che ha avuto maggiori sviluppi nel pensiero contemporaneo e, come già abbiamo visto, ha influito in modo positivo sulla teologia. Nel voca‐ bolario corrente si parla più comunemente di relazione, rapporto, in‐ contro, dialogo, ma forse Lévinas ha voluto privilegiare “l’altro” per superare anche quel tipo di diffidenza che storicamente ha portato “l’altro” all’emarginazione piuttosto che all’accoglienza. La ricca elaborazione del suo pensiero scandisce anche la serie dei rapporti da evidenziare e da valorizzare. In primo luogo valga la pena di notare come il rapporto anima‐corpo costituisca un contributo note‐ Presentazione del volume 17 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ vole, atto a mettere in luce ciò che anche l’antropologia cattolica ha evi‐ denziato nei secoli, e cioè l’unità sostanziale di anima e corpo nella realtà della persona. Sono qui richiamati gli aspetti principali tanto della realtà antropologica, come dei problemi morali che ne conseguo‐ no, ivi inclusi anche quelli escatologici sulla definitiva identità dell’es‐ sere umano. Dal rapporto che si costruisce nell’identità umana ci si apre alla vera e propria alterità, cioè al rapporto interpersonale. Entrano in gioco altri fattori importanti come la società politica, religiosa e prima ancora fa‐ miliare, ma con una chiara apertura all’umanità intera, perché nessuno va escluso. Qui trova la sua giusta collocazione anche la libertà, intesa concretamente come l’intreccio delle relazioni umane in vista del rico‐ noscimento reciproco, come pure della crescita reciproca. L’apertura al‐ l’altro è ad un tempo la ricchezza della persona e la garanzia della pace in prospettiva mondiale. È l’esatto rovescio – ma anche di più – della tragedia della shoà. E come punto di arrivo sublime e ideale, dalla positiva affermazione dell’interpersonalità ci si apre alla trascendenza, al rapporto con il di‐ vino, alla fine con il Dio della rivelazione. In questa apertura alla tra‐ scendenza la persona umana vive il suo momento più bello, perché si incontra con la fonte stessa del suo essere interpersonale e giunge an‐ che al compimento agognato delle sue aspirazioni. Così si evidenzia concretamente come la dimensione relazionale della persona si apre alla spiritualità, dove è possibile l’incontro con Dio e dove la gioia della vita viene davvero condivisa, quando «Dio sarà tutto in tutti», come ci ricorda san Paolo in 1Cor 15,23‐24. Concludono il nostro quaderno di studi teologici due saggi, uno de‐ dicato alla antropologia sociologica, che si esprime nella dimensione religiosa e l’altro dedicato alla pedagogia del corpo nel processo edu‐ cativo. Fernando Tirelli presenta la dialettica produttiva in ambito so‐ ciologico di P.L. Berger. Ciò che è da segnalare maggiormente è il rap‐ porto società e religione. Nella complessità delle relazioni sociali e nella loro dialettica, la religione ha un compito fondamentale, da viversi in due momenti tra loro contrapposti: la secolarizzazione e il pluralismo. Su questi due punti fermiamo la nostra attenzione, perché sono feno‐ meni che hanno interessato la sfera religiosa negli ultimi decenni del XX sec. e ormai hanno trovato stabile dimora nelle nostre società. La secolarizzazione è frutto della modernità, che Berger riassume nella ri‐ voluzione tecnologica, nella quale convergono fattori molteplici ed ete‐ rogenei, ma che possono convivere con la religione. Marino Qualizza 18 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Infatti, la modernità si pone, almeno in teoria, non come eliminazio‐ ne del passato, ma come suo cambiamento dinamico e come purifica‐ zione stessa anche del mondo religioso, sebbene spesso le manchino i criteri stessi per comprenderlo. Tuttavia la secolarizzazione può essere vista come fattore positivo nell’aiutare la religione ad uscire da ambiti che non le erano propri e che finivano col soffocarla. Che la religione sia liberata da interessi e spazi che non le sono specifici e che, nello stesso tempo, essa rivendichi la sua autonomia accanto a quella di altre attività umane è un vantaggio per tutti, purché da parte di coloro che rivendicano la loro autonomia ci sia la disponibilità a riconoscerla an‐ che alla religione, in vista del bene della società stessa. A ben guardare le cose è nella natura della religione cristiana riconoscere la reciproca autonomia delle diverse attività umane, anche se non sempre i suoi re‐ sponsabili ne sono stati consapevoli. Il pluralismo religioso viene visto, invece, come contaminazione co‐ gnitiva, atta a sgretolare la visione unitaria del mondo. Per la nostra so‐ cietà è una esperienza nuova che richiede una attenzione e una prepa‐ razione specifica. Eravamo abituati a convivere e a contrastare l’atei‐ smo e l’indifferenza religiosa, dopo il trauma della divisione fra cri‐ stiani in Europa. Ma ora il confronto avviene in situazioni nuove, spes‐ so con rivendicazioni aggressive. Tutto questo ci costringe come a sve‐ gliarci da un sonno troppo lungo e tranquillo, e a riconsiderare le cose nei due aspetti che caratterizzano fondamentalmente un sapere opera‐ tivo e dinamico: teoria e prassi. Un tema degno di particolare attenzione è l’apertura alla trascen‐ denza. Berger la presenta e la vive come esperienza che dall’empirico va verso l’infinito. È significativa questa idea, perché non pone l’aper‐ tura alla trascendenza come fuga dalla realtà, ma come il senso profon‐ do della realtà, che solo nell’apertura all’infinito, cioè con il Dio cristia‐ no, raggiunge la propria verità e può proclamare la sua consistenza. E nell’ambito di questa esperienza si colloca anche la fede nell’epoca del pluralismo. Si tratta di una fede che il credente vive come scelta perso‐ nale, seppure in contesto comunitario. Questa fede poi si vive nella modernità e nel pluralismo, cioè in un contesto che richiede impegno e ricerca, altrettanti vantaggi per la fede stessa. Questo confronto con la realtà di oggi, nella mediazione sociologica, apporta un contributo notevole per quel confronto interdisciplinare di cui sentiamo sempre più urgente la messa in pratica. I risultati del con‐ fronto sono a loro volta costruttivi, perché indicano con motivazioni documentate ciò che da sempre si è ritenuto vero, cioè che la fede è più forte di tutte le avversità e di tutti i contrasti. Ma il passaggio dal sen‐ Presentazione del volume 19 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ tire all’averne consapevolezza è un vantaggio a cui non possiamo ri‐ nunciare. Conclude la nostra rassegna il saggio di Sabrina Candussio sulla pe‐ dagogia del corpo in ambito educativo. Siamo corpo, non solo abbiamo un corpo. Ciò mette in luce la complessità del nostro essere, a comin‐ ciare dalla sua comprensione filosofica, appunto nel rapporto con l’ani‐ ma, come abbiamo già ricordato. Tutto questo ha una importanza spe‐ ciale nel campo educativo, dove l’inizio del conoscere e il suo sviluppo non può prescindere dal corpo. L’assioma filosofico che non c’è cono‐ scenza intellettuale che prima non sia stata sensibile, che cioè non sia stata veicolata dal corpo e dai suoi sensi, trova la sua applicazione im‐ portante proprio in educazione. Queste elementari osservazioni mettono nel giusto rilievo la dualità dell’essere umano, ma senza cadere nel dualismo che pure ha contras‐ segnato il pensiero in molti settori della conoscenza, con negativi con‐ traccolpi nella considerazione del corpo, sia quando era considerato in termini di monismo come di esclusione dettata dal pessimismo. Un punto importante in questo processo è dato dalla considerazione che il corpo è tramite, relazione, rapporto tra noi e gli altri. Dunque il fatto importante e decisivo della relazione è il fondamento stesso della società, che esiste e ha consistenza proprio perché ci sono i rapporti fra le persone, e questi sono basati ed espressi dalla visibilità, prima fonte della conoscenza reciproca. Dal corpo abbiamo anche le emozioni e le percezioni originate dalle nostre esperienze, che si vivono in quanto ci incontriamo con gli altri, tanto nel confronto positivo come negli scontri che mai mancano nella nostra vita. A proposito delle emozioni, basterà ricordare che per trop‐ po lungo tempo ci si è limitati a dare ascolto solo alla ragione e a tra‐ scurare i sentimenti e le passioni che tanta influenza hanno nel nostro conoscere globale. Ne consegue anche la consapevolezza dell’unicità e irripetibilità del nostro essere. Quanto sia importante il riferimento e la giusta valuta‐ zione della nostra “materialità” data dal corpo, lo dice ancora l’assioma filosofico della “materia segnata dalla quantità” come principio di indi‐ viduazione e dunque di unicità. Sulla base di queste essenziali osserva‐ zioni si sviluppano e hanno coerente consequenzialità le osservazioni ulteriori sulla educazione che non perde mai di vista il corpo e, nello stesso tempo, non si dimentica dell’anima nell’unità sostanziale della persona umana. Il tutto si concentra nella duplice e contemporanea attenzione all’al‐ tro nella continua riflessione e ascolto di se stessi, della propria identi‐ Marino Qualizza 20 _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ tà. È la strada delle nuove scoperte e della valorizzazione dell’alterità, come conclude giustamente Candussio. Questa dunque la sintetica e ragionata presentazione del nostro qua‐ derno. La varietà dei contributi, non riducibile ad unità sistematica, è un valido apporto per aprire e dilatare gli orizzonti del nostro sapere biblico‐teologico, come auspica Del Missier nel suo primo saggio. È del resto, anche una buona presentazione e valorizzazione dell’Istituto Su‐ periore di Scienze Religiose di Udine, giustamente inserito nell’ambito della Facoltà Teologica del Triveneto.