Numero II
Novembre 2013
Vox Kantis
Speciale!
Elezioni
Disegno di Alessia Stefanori, IVAL
CONTENUTI
01 · SPECIALE!
interviste ai candidati
06 · Un assaggio di comenius
07 · Progetto “cortometraggio spagnolo”
07 · Raise your voice
08 · Stay tuned
09 · Recensione “the dreamers”
11 · La venezia del nord & la città di mattoni
12 · Il no del kant al femminicidio
13 · Once a scout, always a scout
14 · Recensione “razza bastarda”
15 · Morire di omofobia
16 · La battaglia di canne
17 · Oggi a pranzo: pasta e orrore
18 · Spazio scacchi
20 · Il carnevale della ruggine
1
EDITORIALE
Rieccoci con il secondo numero di
Vox Kantis! Inizio con l’annunciarvi
che, grazie alla bravura e alla pazienza della nostra impaginatrice
Giuditta, il Giornalino ha assunto
una struttura molto più dinamica
e piacevole alla vista; novità, questa, non da poco, poiché permette
di concentrare maggiori notizie e
informazioni in un unico numero,
rendendo la lettura più scorrevole
e il giornalino ancora più interessante. Passando alle notizie un
po’ meno piacevoli, vi informo che
sfortunatamente abbiamo dovuto
procrastinare l’uscita del Giornalino, a causa di problemi tecnici.
Questo ha presentato un problema, poiché nel numero erano presenti le interviste ai candidati alla
rappresentanza d’isituto; tuttavia,
come forse vi sarete accorti, abbiamo cercato di far circolare le interviste in altri modi, sperando che
siate riusciti a leggerle comunque.
Come di consueto, sono presenti
articoli riguardanti le varie iniziative e progetti della nostra scuola;
lo rammento perché, a mio parere,
è importante avere almeno un’idea di tutte le attività che, come
studenti del Kant, abbiamo la possibilità di svolgere. In particolare,
mi sta molto a cuore il nostro coro;
la sua attuale situazione è spiegata in uno degli articoli di Giulia
Di Censi. Come ho detto parecchie
volte e come penso tutti sappiano,
Vox Kantis è il nostro giornalino
d’istituto ma non tratta unicamente questioni interne alla scuola; ad esempio, in questo numero
troviamo un articolo sullo scoutismo, come ne troviamo uno sugli
scacchi o sul cinema. Le tematiche
che vengono trattate sono tante e
differenti tra loro, e non necessariamente ricollegabili alla scuola;
vorrei quindi rammentarvi che lo
scopo principale del Giornalino è
dare una voce a chiunque abbia voglia di farsi sentire. Ognuno di noi
ha una passione, un hobby, e sono
sicura che ognuno di noi vorrebbe
anche avere voce in capitolo riguardo a determinati argomenti. Vox
Kantis non censura né tantomeno
proibisce; v’invito, quindi, a prendere parte a una delle nostre riunioni, che oltre ad essere brevi non
obbligano in alcun modo chi partecipa a dare immediatamente la
disponibilità a scrivere mensilmente. Le date delle riunioni verranno
postate di volta in volta sul gruppo
di Facebook del nostro liceo. Finisco
dunque ringraziando tutti i ragazzi
e le ragazze della redazione e tutti
quelli che si sono presentati alle riunioni, sperando di vedere sempre
più volti nuovi.
La Direttrice,
Jessica Andracchio
Direttrice
Jessica Andracchio, IVCL
Redazione
Giuditta Migiani, IIIAL
Arianna Antonelli, IIIA
Marta Dibitonto, IA
Chiara Innocenzi, IA
Michelangelo Conserva, IC
Giulia Di Censi, IIID
Valeria Paris, IIID
Gabriele Ghenda, IIFL
Michela Sabani, IIIGL
Valentina Midolo, IA
Virginia Cenciarelli, IVAL
Daniela Movileanu, IA
Federica Sasso, IIIC
Professore referente
Salvatore Alessi
2
SPECIALE!
Lista n°1:
Alessia Stefanori
(IVAL) & Federico
Sacco (IVAL)
P
erché avete deciso di
candidarvi?
Alessia: Ci candidiamo
perché ci sembra che la scuola stia cambiando nel senso
sbagliato e noi vogliamo dare il
nostro apporto personale perché questo
non avvenga.
Federico: Sì, infatti
crediamo che abbia
tante potenzialità e
che possa cambiare in
meglio e noi vogliamo dare
il nostro contributo.
Lista n°2:
Giuseppe
Mastrantonio (IIC)
& Giulia Di Censi
(IIID)
P
erché vi siete candidati e quanto a lungo ci
avete pensato, prima
di farlo?
Giulia: Io ho deciso di candidarmi fin da quando frequentavo
il terzo anno. Sono passati due
3
SPECIALE!
In che modo il vostro programma potrebbe rivelarsi
utile per la scuola?
Federico: Il punto fondamentale della nostra campagna è
incentrato sulla cultura
perché ci siamo resi
conto che stiamo
ritornando a un
popolo di analfabeti, non conosciamo
la storia, non conosciamo i nostri diritti in
quanto cittadini, quindi
alla fine ciò che veramente conta sarebbe
questo, l’informazione
e la cultura.
Alessia: E in particolare
il problema di oggi non
è tanto il non conoscere, ma il
non avere voglia di conoscere e
anni durante i quali ho cercato di acquisire una maggiore
competenza riguardo il sistema
scolastico, e ho deciso di candidarmi insieme a Mastrantonio
poiché abbiamo parecchie idee
in comune, ma anche differenze che risultano costruttive
nella stesura del nostro programma, che è di una certa
originalità. Ho voluto candidarmi poiché mi sento molto
coinvolta nelle attività organizzate dalla scuola e voglio offrire
il mio contributo concreto.
Giuseppe: Uno dei risultati che
a noi, invece, è stato insegnato
che questo desiderio di sapere,
chiedere, fare domande è la
cosa più importante della vita,
è la base per vivere e non
lasciarsi dominare.
Avete pensato a un
motto, una frase
che possa convincere gli studenti a
votarvi?
Federico - Alessia: Sì,
avevamo pensato ad “aiutiamoci ad essere liberi!” e potremo esserlo, come abbiamo
detto, solo con la cultura.
— di Arianna Antonelli, IIIA
vorremmo ottenere è la partecipazione attiva di tutti.
Sono
determinato a
conciliare
il mio
impegno nella
Consulta con l’impegno che
metterò come rappresentante,
per coinvolgere maggiormente
l’istituto a livello provinciale.
Quali miglioramenti pensate
di apportare alla scuola?
Giulia: I miglioramenti influiranno proprio nel modo
in cui si vive la scuola; essa
dev’essere un luogo nel quale
ci sia maggiore gratificazione, soprattutto per le diverse
individualità. Vorremmo poter
riuscire a premiare i vari talenti
in qualsiasi ambito, scolastico e
non.
Lista n°3:
Federico Pizzo (IIIA)
& Giuditta Migiani
(IIIAL)
il proprio
potenziale
a vantaggio di tutti,
attraverso la
creazione e
l’allestimento
di locali sempre
a disposizione degli studenti
come spazio di incontro, colloquio e dibattito!
P
erché avete deciso di
candidarvi?
Giuditta: Anche se
inizialmente ho
avuto qualche
titubanza
perché non
mi sentivo
pienamente
all’altezza,
più ci pensavo più venivo
coinvolta dalla
forza delle nostre
idee e dalla consapevolezza di
avere la possibilità concreta di
apportare dei miglioramenti
alla realtà scolastica.
Federico: Vogliamo riuscire a
generare un’atmosfera che stimoli gli studenti a far emergere
Convincetemi,
con una breve
frase, a votarvi.
Siate originali.
Questa domanda ha mandato i nostri candidati nel panico. Si
In che modo il vostro programma potrebbe rivelarsi utile per la scuola?
Federico: Riteniamo
realmente valido il corpo
studentesco e soprattutto
le idee che ne possono
emergere. Vogliamo migliorare il dialogo tra gli studenti,
valorizzando i mezzi di comunicazione e informazione,
e istituendo dei referendum
interni alle classi per decidere i
temi centrali delle assemblee.
Giuditta: Sì, ci riproponiamo
di potenziare e migliorare i
sono dovuti prendere
diversi minuti, poiché
Di Censi, come sappiamo, non conosce il
concetto di “brevità”.
Saremo quello che
non vi aspettate, e vi
piacerà.
— di Jessica Andracchio, IV CL
progetti interni alla scuola
come il giornalino, il progetto Camerun, la SKCO,
il “Se non ora quando”
e di organizzare, grazie
alla collaborazione con gli
studenti, assemblee coinvolgenti, dibattiti con esperti
e giornate (come quella del 27
novembre, ad esempio) volte
a proiettare la scuola verso
l’esterno e portare l’esterno
dentro la scuola.
Avete pensato a un motto,
una frase che possa convincere gli studenti a votarvi?
Il nostro motto è “Le idee che
hanno enormi conseguenze
sono idee semplici”, una citazione tratta da Guerra e pace,
di Tolstoj, che esprime in poche
parole l’importanza che attribuiamo all’opinione di ciascuno e la nostra linea ideologica.
— di Valeria Paris, IIID
4
SPECIALE!
Lista n°4:
Francesco Martella
(IIA), Jacopo
Campone (IIA) &
Eva Arcangeletti
(IIIB)
P
erché avete deciso di
candidarvi e quanto a
lungo ci avete pensato
prima di farlo?
Pensavamo già dall’anno
scorso di candidarci, dopo
l’esperienza maturata durante i
collettivi. Ci siamo formati con i
vecchi rappresentanti e vogliamo prendere parte più attivamente alla vita scolastica per
portare l’esperienza del collettivo in consiglio di istituto.
CRONACA INTERNA
Quali miglioramenti sperate
di apportare alla scuola?
Abbiamo tanti progetti che
abbiamo presentato durante l’assemblea d’istituto dell’
11 novembre. Nel frattempo
possiamo dire che uno degli
obiettivi principali è il miglioramento del rapporto tra studenti e consiglio di istituto, dando
la possibilità a tutta la componente studentesca di prendere
parte ai consigli.
Convincetemi con una breve
frase a votarvi. Siate fantasiosi!
Dopo una breve pausa di riflessione
La scuola è nostra! Riprendiamocela!
— di Marta Dibitonto &
Chiara Innocenzi, IA
COMUNICAZIONE
Ricordiamo che le votazioni avranno luogo:
• Per i genitori e gli studenti, domenica 17 presso l’istituto scolastico dalle ore 8:00 alle ore 12:00. I genitori sono invitati a partecipare al seggio
per la votazione dei rappresentanti dei genitori in Consiglio di Istituto.
• Per i genitori e gli studenti, lunedì 18 . Per gli studenti: durante la
prima ora di lezione, nelle classi, sarà distribuito il materiale che verrà
ritirato entro e NON OLTRE le 9:30.
Per i genitori: dalle ore 8:00 alle ore 13:30 presso l’istituto scolastico.
5
Un assaggio
di Comenius
Il Comenius è un progetto
internazionale
che unisce i laboratori teatrali di tre diverse scuole di tre diversi
paesi: Italia, Germania
e Inghilterra. Tutto ciò
serve a favorire scambi
culturali tra gli studenti
che partecipano tramite i “workshop” , ovvero i progetti ispirati a
temi sempre differenti
in ogni Comenius che i
ragazzi creano, e la reciproca ospitalità poiché
gli alunni che si recano
all’ estero per il progetto
sono ospitati dai ragazzi
del luogo.
Vi abbiamo proposto
le opinioni di alcuni dei
ragazzi che hanno partecipato al progetto Comenius.
— di Michelangelo
Conserva, IC
<<I was
involved in
Comenius in
both Berlin
and Rochester. Both
experiences have given me the
chance to meet new people.
We have also all been able to
work on communicating with
a variety of people and overcoming the language barrier.
The projects have given us a
chance to be creative which
isn’t always available in school.
Visiting schools in other countries has given us an insight
into the way schools are run in
other countries>>.
Charlotte Easdown
Ho partecipato al progetto
Comenius sia a Berlino che a Rochester. Entrambe le esperienze
mi hanno dato la possibilità
di conoscere nuove persone.
Siamo anche stati in grado di
comunicare con diverse persone sorpassando le barriere
linguistiche. Il progetto ci ha
anche dato l’opportunità di
mostrare la nostra creatività,
cosa che spesso a scuola non è
possibile. Inoltre visitare scuole
in altri paesi ci ha offerto una
visione interna di come funzionano le scuole lì.
<<I though
Comenius
was a great
program, I
have made so
many connections which will benefit
me in the future and friendships which will last forever,
I recommend anyone to join
the Comenius program if they
want to meet new people and
have fun>>.
Voy Formela
Io penso che il progetto Comenius sia grandioso, ho
fatto molte conoscenze che mi
gioveranno in futuro e amicizie
che dureranno per sempre,
raccomando a chiunque voglia
incontrare persone nuove e
divertirsi di partecipare al progetto.
<<I thought
it was the
best fun!
It brought
people
together to
create lasting friendships. I will always remember
the Comenius project for as
long as I live>>.
Isabella Taylor
Penso sia stata la cosa più divertente! Ha messo insieme persone per creare amicizie durature.
Ricorderò fino a quando sarò in
vita il progetto Comenius.
6
CRONACA INTERNA
Progetto
“Cortometraggio
spagnolo”
Q
uest’anno
nella nostra
scuola è stato
organizzato un progetto che consiste nel
realizzare un cortometraggio in lingua
spagnola,
organizzato
da alcuni professori, i cui i
fondi saranno
devoluti all’associazione ONLUS “Isla ng
bata” (l’isola dei bambini) e verranno usati
per costruire nei paesi
poveri delle Filippine
e dell’India alcune
scuole.
Raise your
voice!
O
ramai sono
delle professioniste :
qualche vocalizzo,
completino nero e
grande grinta. E’ cosi
che il coro polifonico
del nostro Istituto ha
7
CRONACA INTERNA
certo, non sono bravo
a recitare ma ho modo
di scoprire anche
questo.
sarò una brava attrice
solo alla fine di questo
originale progetto.
1) Cosa ti ha convinto
a partecipare a questo
progetto?
2) Hai l’occasione di
imparare meglio la
lingua?
3) Sei bravo\a a recitare?
- Mi sono decisa a partecipare perché so che
sarà una bella esperienza, soprattutto, da
condividere con miei
amici e anche perché imparerò meglio
questa lingua. Non so,
però ci metterò tutto
l’impegno possibile.
- Mi ha convinto il
fatto che mi è sempre
piaciuto il mondo del
cinema ed ho la possibilità di scoprire cosa
c’è dietro. Sì, perché
durante i nostri incontri, parliamo per due
ore in spagnolo, e so
che mi aiuta molto...
- Con questa opportunità posso unire le
mie passioni che sono
lo spagnolo e il cinema, migliorerò sicuramente il mio livello
nella lingua perché il
nostro professore è di
madrelingua. Beh.. ti
dirò se sono stata e se
Quindi, sappiamo sicuramente che questi
ragazzi si divertiranno,
e nel farlo daranno
anche una mano a
questa associazione.
Se anche voi volete
aiutare questa associazione, siete invitati
a partecipare il giorno
della proiezione, dando un
piccolo contributo. Ricordiamoci che,
anche i bambini
dell’India, delle Filippine e di tutto il resto
del mondo devono
e hanno il diritto di
imparare.
ottenuto ancora una
volta una meravigliosa
soddisfazione. Lo
scorso 25 ottobre
infatti nello splendido
palazzo seicentesco
dell’Accademia d’Ungheria, accompagnate
dai fedelissimi professori Giannetti e
Forconi , dirette
dall’insostituibile
maestro Mauro Mar-
chetti, le coriste
kantiane si sono
esibite in un concerto
serale dedicato ai
giovani pianisti emergenti nel panorama
musicale capitolino,
che non hanno esitato a complimentarsi
con le nostre beniamine, applaudendo
calorosamente insieme al pubblico pre-
Ecco qui le domande
che sono state poste
ad alcuni ragazzi e
ragazze, partecipanti a
questa iniziativa.
— di Gabriele Ghenda,
IIFL
sente in sala. Un’
esperienza che è
ennesima prova
dell’impegno costante
e della sincera passione con le quali le
nostre intraprendenti
e talentuose ragazze si
dedicano al coro
polifonico. Ma non
basta, come non
bastano i traguardi
raggiunti, il lavoro, la
fatica spesi in un progetto che
paga lo scotto della degenerazione dell’istruzione pubblica
abbandonata a sé stessa,
costretta progressivamente a
rinunciare a iniziative e attività
che non concernono il canonico percorso didattico ma si
propongono di offrire forme
alternative di formazione che
possano completare, arricchire,
raffinare la crescita e la maturazione dello studente. Questo
nuovo anno, dunque , oltre
che con un altro grandioso
successo si apre per il coro
kantiano, con la triste prospettiva della mancanza di finanze
scolastiche che possano sostenere il progetto. L’autofinanziamento sembra l’unica concreta
e al contempo complessa,
soluzione al problema. “E’ una
sconfitta per lo spirito con cui
era stato fondato il coro del
nostro istituto” spiega in proposito Valerio Giannetti ,
professore referente del progetto, attivatosi , affiancato
dalla professoressa Forconi,
nella ricerca di altre ancore di
salvezza che sembrano, purtroppo, non esserci. Rischia di
morire nell’indifferenza generale un iniziativa che ha raggiunto grandi traguardi e si ritrova a
dover rinunciare agli obiettivi
che con grande volontà e
ambizione erano stati prefissati. Inoltre molte sono le nuove
iscritte al progetto che purtroppo nonostante sia stato da
loro espresso il desiderio di
prenderne parte , si ritrovano
escluse e deluse: sono emblema di una generazione studentesca verso cui si prospetta un
futuro tutt’ altro che roseo.
Sebbene, infatti, ora sia il coro
polifonico a subire le dirette
conseguenze delle difficoltà
economiche del nostro Istituto,
nei prossimi anni senza alcun
dubbio ogni altra attività che
potrà rappresentare un’ opportunità di risparmio sarà necessariamente eliminata. Non è un
previsione catastrofica dettata
da un superficiale pessimismo
, ma è semplicemente la logica
deduzione dell’invitabile avvenire che attende la scuola
pubblica se il popolo studentesco persevera nella sua passività. Rendere poliedrica e trasversale la formazione
scolastica dello studente ,
offrendo attività e progetti che
permettano di congiungere e
completare il proprio percorso
di studio con discipline e
iniziative alternative e la contempo integrative, ai canonici
percorsi didattici è sintomo di
sviluppo e progresso che il
popolo di studenti ha il diritto
e insieme il dovere di difendere: ciò che con molta determinazione, consapevoli degli
ostacoli da affrontare, le nostre
coriste tentano di compiere,
sperando di non agire nell’indifferenza dei propri compagni.
— di Giulia Di Censi, IIID
Stay Tuned
M
edaglia d’argento
nella classifica di tappa per il programma
kantiano Random, nella competizione radiofonica “High
school radio” che ricordiamo
coinvolge 15 istituti superiori
della capitale ed è coordinata
da “elleradio” , stazione sulle
frequenze 88.100.
Dunque un inizio certamente
positivo che non delude le
aspettative degli studenti partecipanti al concorso che però,
nonostante il buon risultato,
ambiscono senza alcun dubbio
alla vittoria, pronti a far tesoro
di tutte le “dritte” e consigli
del professionista e giornalista
free-lance Mario Stefanelli, tutor del nostro gruppo di lavoro.
“Dobbiamo migliorare nell’organizzazione della scaletta,
ma abbiamo sicuramente fatto
un bel lavoro in questo mese”
riferisce Arnold Koka, fantasioso autore e insieme ironico e
spigliato speaker del programma affiancato dalla sottoscritta
con cui è nata una piacevole
e divertente intesa, grazie alla
reciproca autoironia e al pungente sarcasmo.
Nella gestione del progetto
fondamentale è la diligente
e meticolosa Agnese Tittoni,
la quale ha anche dimostrato
ottime capacità come conduttrice, come la vivace Giorgia
Iacopino che, oltre ad aver
prestato la sua squillante voce
ai microfoni di “high school radio”, ha dedicato tempo, fatica
e grande impegno alla realizzazione di ogni singola punta8
CRONACA INTERNA
ta. E se di impegno si parla non possiamo certo
non nominare Marco Soro, lo “smanettone“ del
nostro gruppo di lavoro, come è solito definirlo
scherzosamente il nostro tutor, ovvero colui che
ricopre i ruoli di fonico e regista, responsabilità
che cura con grande senso del dovere e che
riguardano l’aspetto tecnico della produzione, la
selezione dei brani musicali, poi proposti in puntata, insieme alla gestione della regia durante la
diretta. A collaborare con il nostro “smanettone”
è Andrea Di Pietro che si occupa principalmente della montatura delle diverse registrazioni
contenenti interviste, rubriche, “stacchetti” poi
mandati in onda. Un ringraziamento va anche
alla bravissima Veronica Abate, giovane speaker in erba che ha collaborato nella conduzione di una delle puntate di questo mese e sarà
pronta a rimettersi in gioco nelle prossime già
in produzione. Importante e prezioso è stato
il contributo di Edoardo Capatano, Adriana
Ciampiglia, Laura Cocco, Giulia Gramigna e
Dario Scarpato, senza dimenticare la simpatia
del neo-speaker Giacomo Spinucci, conduttore dell’ultima puntata, che ha dato prova di
grandi qualità: spassoso, brillante e dalla battuta sempre
pronta. E questa è solo una
minima parte
degli intraprendenti studenti
che si stanno
dedicando alla
competizione
aspirando a raggiungere e conquistare il primo
posto, consapevoli non solo delle grandi risorse
e dei numerosi talenti che possono contribuire al successo del programma, ma anche delle
problematiche che, perfezionando e raffinando
le loro competenze in ambito radiofonico con
il tempo, i nostri compagni potranno risolvere
permettendo il raggiungimento dell’obiettivo
prefissato: la vittoria.
Non resta che continuare a seguire sulle frequenze di elle radio 88 100 le prossime puntate
di Random e continuare a sostenere assiduamente il nostro programma, votando sul sito
www.highschoolradio.it . Stay tuned!
- Di Giulia Di Censi, IIID
9
RECENSIONE
The Dreamers
S
iamo a Parigi nel 1968, proprio all’inizio
della grande contestazione giovanile.
Matthew (Michael Pitt) è un ragazzo
americano giunto a Parigi per motivi di
studio. Frequentando la Cinematheque di Parigi,
conosce Theo (Louis Garrel) e Isabell (Eva Green),
fratello e sorella, studenti di cinema, parigini.
I monologhi del protagonista descrivono il grande appartamento con stanze disordinate dei
due ragazzi francesi, i quali invitano Matthew a
trasferirsi da loro nel momento in cui i genitori partono
per affari. Un grande appartamento parigino, antico, e
sconclusionato. Bizzarre appaiono a Matthew le abitudini
dei due fratelli, come quella
di dormire nudi abbracciati. Mentre fuori si odono gli
slogan delle manifestazioni,
i tre ragazzi intraprenderanno un percorso di reciproca
conoscenza, intellettuale, ma anche carnale, che
li condurrà ad una presa di coscienza, interiore
e politica che, inevitabilmente, dividerà le loro
strade che avevano camminato sovrapponendosi una sull’altra per quattro settimane.
Si scambiano i ruoli, ora punitori ora penitenti
(atmosfera resa magistralmente nella scena in
cui i tre ragazzi fanno il bagno assieme: in un
complesso gioco di specchi le tre figure si trovano opposte alle loro posizioni). Il loro è un
gioco, ribadito dai continui quiz sul cinema che
i tre si pongono senza tregua, i quali ci danno
la possibilità di udire deliziose citazioni cinematografiche dei film ammirati dai tre ragazzi e,
naturalmente, da Bertolucci. Il loro è anche un
gioco d’amore. Un malizioso rapporto a tre dove
i legami si stringono in un nodo di corpi.
Bertolucci trae il suo film dal romanzo “The Holy
Innocents” di Gilbert Adair al quale ha chiesto di
scrivere anche l’adattamento cinematografico.
—di Michela Sabani, IIIGL
CULTURA & SOCIETÀ
Cucina in TV,
la nuova arte
dello spreco
A
quanto pare il detto
“mangiare per vivere, non vivere per
mangiare” trova una decisa
smentita ai giorni d’oggi. Eh
sì, ormai sta divampando una
nuova moda, quella culinaria,
diventata per molti un’arte
realizzata con mestoli e fornelli.
Lo dimostrano films, usciti in
questi ultimi anni (Julie & Julia,
Sapori e dissapori, Soul kitchen
ecc.), libri di ricette che scalano
le classifiche, ma soprattutto
programmi tv come Masterchef, Cuochi e fiamme, Cotto
e mangiato (per non parlare di
quelli in onda su Real Time, di
cui si perde il conto) che lo zapping ci mostra ad ogni canale
e che registra ascolti presi per
gola, a volte da record.
gna mettere in luce un piccolo
dettaglio. Una volta le trasmissioni di cucina si rivolgevano
a un pubblico di “massaie” e
casalinghe, proponendo piatti
regionali tipici della cucina
tradizionale senza le pose da
divi che assumono invece gli
chef di oggi.
Ora sta quasi diventando una
mania, quella di sfoggiare piatti
insoliti con belle decorazioni
e nomi esotici, con ingredienti
che, in certi casi, spingono a
mangiare solo con gli occhi.
Il punto però non è questo.
Mentre noi ci dilettiamo davanti al televisore pendendo
dalle labbra di sedicenti cuochi
e chef che, sfoggiando sorrisi e battutine ammiccanti, ci
persuadono a provare le loro
ricette, ogni giorno muoiono
di fame circa 24.000 persone,
di cui tre quarti sono bambini al di sotto dei cinque anni.
Piatti non riusciti o esteticamente non perfetti, oggetti di
prese in giro e offese da parte
nel mondo ci sono più di 870
milioni di persone che soffrono
per fame e 1,20 miliardi che
risultano malnutrite, come riportano le statistiche della FAO.
Sono cifre, queste, che aumentano ogni anno facendo cadere
ogni speranza di assottigliare il
muro di discriminazione tra ricchi e poveri. E intanto nei paesi
industrializzati si continuano
a sprecare 300 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, una
quantità che sarebbe sufficiente a sfamare l’intero continente
africano.
Le trasmissioni culinarie, quindi, non aiutano a far calare le
stime delle statistiche, anzi,
contribuiscono ad aumentarle il più delle volte. Ma la loro
popolarità resta vastissima.
Forse sono solo l’indice di una
società che ha fame, una fame
che però non è di conoscenza.
— di Arianna Antonelli, IIIA
Qualcuno potrebbe ribattere
dicendo che sono sempre esistiti. Giustissimo. Tuttavia biso-
di rinomati chef (evitiamo di
fare nomi), vengono gettati
via nella spazzatura, mentre
10
RUBRICA: LE VAGAMONDO
CRONACA INTERNA
La Venezia del Nord
D
olce, romantica, suggestiva, Bruges è
un vero e proprio “museo all’aperto”, un
intreccio di storia e cultura fiamminga
senza eguali. Situata in Belgio e capoluogo della regione delle Fiandre Occidentali, è una meta
classica per i turisti amanti dell’arte e della cultura medievale o per chi ama semplicemente immergersi in una cittadina che ha preservato, immutata nel tempo, tutta la sua architettura. Non
a caso il centro storico di Bruges è, dal 2000, Patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’UNESCO.
Ma perché è chiamata “la Venezia del Nord”?
Naturalmente per i suoi canali, i Reien secondo
la tradizione locale, oggi utilizzati per soli fini
turistici… Il fascino dell’Italia ha colpito ancora!
E tra canali e stradine acciottolate ci si immerge
nelle attrazioni principali; il centro storico ospita
la famosa Chiesa della Nostra Signora, con il suo
stile gotico e uno dei più alti campanili del mondo,
al cui interno è conservata la scultura della “Madonna col Bambino” di Michelangelo, conosciuta anche come la “Madonna di Bruges”, e la “Beffroi” o Torre civica, vero simbolo della città, che
ospita un carillon costituito da ben 47 campane.
Ma la vera attrazione
per chi è in cerca di
novità e curiosità è
il Choco Story, il museo del cioccolato
situato nella St Jansplein che immerge il turista nella
storia del cioccolato dai Maya alle
odierne golosità.
Da ricordare è
che Bruges ospita ogni anno numerosi
festival:
Festival del Cioccolato di Bruges, Festival Musica Antiqua, F. della birra di Bruges, F. delle sculture di sabbia,
F. delle sculture di ghiaccio, Natale a Bruges.
— di Chiara Innocenzi, IA
11
La città di mattoni
A
Come arrivare:
ttraverso
q u e s t o in auto (260 km da Roma):
n o s t r o •autostrada A1 – E35 – E45 fino
incontro men- Orte
sile vi dimo- •proseguire per E45 – Ss3 bis fino
strerò che, per a Umbertide
vedere
posti •continua per Ss3 direzione
meravigliosi e Roma/Urbino
•proseguire E78 – Ss73 bis per
per passare un
Urbino
week-end diverso o un ponte in treno:
fuori porta, non non esiste un collegamento disarà necessario retto ferroviario, provenendo da
superare i con- Roma si può raggiungere Ancona e poi Pesaro oppure scendere
fini del nostro
alla Stazione di Fossato di Vipaese ma baco-Gubbio e proseguire per Urbisterà solamente
guardarsi un po’ no in autobus.
intorno.
Per altre info: www.comuneurNon tutti forse
bino.it
sanno che il nostro paese, con
i suoi 47 “luoghi protetti”, è il paese con più siti
ritenuti patrimonio dell’ umanità UNESCO.
Passeggiando tra le ripide e strette stradine della piccola cittadina è possibile visitare la casa
in cui nacque Raffaello, oggi casa-museo dove
sono esposte diverse sue opere. Tappe obbligatorie per i turisti sono il Duomo di Urbino, chiesa principale e cattedrale neoclassica, e il Palazzo
ducale, uno dei più magnifici
esempi architettonici del Rinascimento italiano, oggi sede
della Galleria Nazionale delle
Marche. Chi, invece del tour
culturale, preferisse andare
in cerca di divertimento, può
provare a cimentarsi nelle diverse escursioni in montagna
e nei boschi o praticare diverse attività quali arrampicata e trekking. Per gli amanti delle piante
e dei fiori, da non perdere l’orto botanico “Pierina Scaramella” e per i romantici… non perdetevi
tramonti mozzafiato dalla fortezza Albornoz!
— di Marta Dibitonto, I A
Il no del Kant al
femminicidio
P
artire dall’antica maschera comica Colombina per affrontare un
argomento tragico e quanto
mai attuale come il femminicidio: questa è stata la sfida del
Liceo Immanuel Kant.
L’evento, svoltosi nel teatro
del nostro istituto, si è posto
a chiusura della XXIII Settimana della Cultura Scientifica e
Tecnologica che, organizzata
dal CNR e promossa dal MIUR,
dal 21 al 25 ottobre si è articola
in più tappe all’interno di vari
istituti della Capitale.
Quest’anno le maschere della
Commedia dell’Arte sono state
il ponte di collegamento tra
scienza e cultura: Pantalone,
Arlecchino, Pulcinella, Flaminia
e Balanzone hanno fatto incontrare studenti e ricercatori per
un confronto attivo e multidisciplinare.
Ospite della giornata conclusiva dedicata a Colombina è
stata Maura Misiti, ricercatrice
del CNR presso l’Istituto di
Ricerche sulla Popolazione e le
Politiche Sociali.
La figura di Colombina, servetta vanitosa che riesce a imporsi
grazie alla sua indole
furba e maliziosa, rappresenta un universo
femminile abituato a destreggiarsi abilmente nei
rapporti con gli uomini.
Ma ora che le donne
moderne non si riconoscono più in modelli e
stereotipi ormai superati,
il conflitto col mondo
maschile è inevitabile e
troppo spesso degenera
in
una
ritorsione
violenta!
Decisa a
denunciare
un’inaccettabile
piaga sociale, la
Dott.ssa
Misiti,
autrice insieme a Serena
Dandini del libro “Ferite a
morte”, ha illustrato le cause
e le dinamiche del femminicidio, dando luogo ad un
partecipato dibattito che,
siamo certi, interesserà la
nostra scuola in molte altre
occasioni.
Grazie anche ai progetti, i
dibattiti e le giornate organizzate dal gruppo “Se non
ora, quando?”, fondato lo
scorso anno dalla rappresentante d’Istituto Giulia Massimini, ma che continua ad essere
impegnato e operativo, avremo
ancora modo di raccontarvi la
storia comune a molte donne,
italiane e non, che vivono una
situazione drammatica, spesso
insostenibile, che sfocia nell’irreparabile!
— IIIA
12
CULTURA & SOCIETÀ
Once a scout,
always a scout
N
ato nei primi di agosto del 1907 con un
campo sperimentale
nell’isola di Brownsea, nel
Sud-est della Gran Bretagna, lo scoutismo oggi è un
movimento diffuso in 216
Paesi e territori del mondo e
di cui fanno parte 38 milioni
di bambini, ragazzi, giovani,
adulti, uomini e donne.
Spesso quando si pensa agli
scout li si identifica come
ragazzi o ragazze perennemente in calzoncini corti, sempre
pronti ad aiutare la prima vecchietta che si trova in difficoltà
ad attraversare la strada o talvolta negativamente, come ad
esempio li identificava il critico
letterario del ‘900 Shaw George
Bernard, di famiglia protestante
di origine inglese, che nel 1925
ha vinto il premio Nobel (“Gli
scout sono dei bambini vestiti
da cretini, guidati da cretini
vestiti da bambini”).
Ma che cos’è in realtà lo scoutismo e cosa ha permesso il
mantenimento e il perseguimento degli ideali scout in così
tanti decenni?
Sicuramente la risposta va ricercata all’interno dell’organizzazione stessa del movimento,
nella fedeltà alla cosiddetta
“promessa scout”, che sancisce
l’entrata nel gruppo, nella solidarietà e rispetto reciproco…
13
RUBRICA CINEMATOGRAFICA
Lo scoutismo non è una scienza astrusa o difficile; se lo vediamo nella
giusta luce, è un gioco pieno di allegria. Allo stesso tempo ha un valore
educativo e, come la bontà, è utile a chi lo dà come a chi lo riceve. Il
termine “Scoutismo” è venuto a significare un sistema di educazione
alla vita sociale per mezzo di giochi, sia per i ragazzi che per le ragazze.
Baden Power, fondatore del movimento (1857-1941).
• Spirito di fraternità e pace
internazionale (“Più che mai
ho adesso la sensazione che
per mezzo dello spirito di
fratellanza degli scout, estesosi
in tutto il mondo, potremo fare
un primo passo verso una pace
internazionale riportando un
concreto risultato. Tale pace non
può ottenersi con leggi, ma solo
essere fondata su un reciproco
sentimento di fratellanza tra
popoli”, B.P.)
• Conseguimento della felicità
(“Il vero modo di essere felici è
quello di procurare la felicità agli
altri”, “La felicità non viene stando seduti ad aspettarla”).
• Attenzione verso i più bisognosi, disabili, carcerati, attraverso il servizio e la collaborazione con associazioni come la
Caritas (“Essere buoni è qualche
cosa, fare il bene è molto meglio”,
“E’ con lo sforzo che si diventa
forti”).
• Ubbidienza non cieca, incondizionata alla legge scout, ma
che implica una riflessione personale e razionale della realtà.
• Tutela e rispetto dell’ambiente
(“Cercate di lasciare il mondo
un po’ migliore di quanto non
l’avete trovato”; “L’uomo che è
cieco alle bellezze della natura
ha perduto metà del piacere di
vivere”, “Attraverso monti e valli,
con le bellezze del paesaggio che
mutano ad ogni passo, ti senti un
uomo libero. Non c’è piacere che
si avvicini a quello di prepararsi il
proprio pasto alla fine del giorno su un piccolo fuoco di braci
ardenti; nessun profumo vale
l’odore di quel fuoco...”).
• Ideale di solidarietà e rispetto
reciproci, purezza di pensieri,
parole, azioni.
• Superamento delle difficoltà
(“Una difficoltà non è più tale
una volta che ne abbiate riso e
l’abbiate affrontata”, “Il Sorriso è
una chiave che apre molti cuori”,
“Un sorriso fa fare il doppio di
strada di un brontolio”. “Un colpetto sulla spalla è uno stimolo
più efficace di una puntura di
spillo”)
• Mantenimento della promessa data, lealtà, fedeltà, responsabilità.
• Ottimismo (“Sforzati sempre di
vedere ciò che splende dietro le
nuvole più nere”, “Vedi il peggio
ma guarda il meglio”)
Come è scritto anche nel “Patto
Associativo”, adottato nella sua
prima versione quando l’Asso-
ciazione Scout Cattolici Italiani
(ASCI) si è fusa con l’Associazione Guide Italiane (AGI)
formando l’AGESCI nel 1974, e
successivamente rielaborato
fino alla stesura attuale risalente al Consiglio Generale del
1999,” La nostra azione educativa cerca di rendere liberi, nel
pensare e nell’agire, da quei
modelli culturali, economici e
politici che condizionano ed
opprimono, da ogni accettazione passiva di proposte e di
ideologie e da ogni ostacolo
che all’interno della persona ne
impedisca la crescita”.
Lo scoutismo insegna infatti
ad essere cittadini onesti, leali
e attivi all’interno della società
(“Guida da te la tua canoa”),
senza seguire le regole del consumismo dettate dalla globalizzazione, attraverso il perseguimento dei propri ideali per
tutta la propria vita.
Razza Bastarda
GENERE: Drammatico
REGIA: Alessandro Gassman
SCENEGGIATURA: Alessandro
Gassman, Vittorio Moroni
CAST: Alessandro Gassman,
Giovanni Anzaldo, Manrico
Gammarota, Matteo Taranto,
Madalina Ghenea, Michele
Placido
NOTE: Adattamento della
pièce teatrale “Cuba and his
teddy bear”
Roman è un emigrante rumeno cocainomane e spacciatore che vive in una baracca abusiva nella periferia
di Latina: l’unica cosa che
conta nella sua vita è Nicu,
il figlio diciottenne, il suo
“cucciolo”. Roman vorrebbe
che suo figlio crescesse in
maniera diversa, “è per lui
che vorrebbe smettere con
la droga, è per lui che non
ha mai smesso”: per assicurargli un avvenire, una vita
“normale”, una buona istruzione. Ma può un ragazzo
che è stato alla luce in questo ambiente desiderare di
vivere un’esistenza diversa?
Razza Bastarda è il tentativo di mettere in risalto le problematiche di un ragazzo italiano di seconda generazione, di suo padre e
della sempre più presente criminalità ai margini delle metropoli
italiane, causa del disagio sociale ed economico vissuto dalle minoranze.
Ottima è la scelta da parte del regista dell’utilizzo di un bianco e
— di Valentina Midolo, IA
nero “sporco” che evidenzia ancor di più l’illegalità e l’immoralità del mondo nel quale vivono i nostri protagonisti. Nonostante
ciò, il tentativo da parte del padre Roman di voler cambiare definitivamente vita sembra farci vedere uno spiraAnche quest’anno, continuando una prestigiosa tradiglio di luce per un finale da “e vissero tutti felici
zione del nostro liceo, dieci alunni sono stati invitati a far
e contenti”, ipotesi che viene presto oscurata
parte della Giuria Giovani del Premio David di Donatello.
Gli studenti parteciperanno alla proiezione di venti proda un ultimo atto criminale per fare soldi, che
duzioni cinematografiche italiane candidate al premio,
non va come previsto, ma che costringe padre
incontreranno, registi , attori e operatori cinematografici.
e figlio a dover lottare insieme per uscirne.
Scriveranno recensioni, sceglieranno i film da premiare, e
Il finale, invece, sembra farci rassegnare al fatto
due di loro che presenteranno le recensioni migliori sache le cose non cambieranno mai, che se un raranno ammessi a far parte della Giuria Giovani presso la
gazzo nasce in un ambiente sfortunato, a conmostra cinematografica di Venezia e di Roma nel 2014.
tatto con persone del tutto prive di morale, non
Nel frattempo vi offriranno una selezione delle loro recensioni in modo da guidarvi nella scelta dei film da anpotrà mai avere una vita fortunata, ma neanche
dare a vedere.
dare una svolta alla sua esistenza che sarà semUna vera e proprio rubrica di critica cinematografica che
pre legata a questo mondo, pieno di ipocrisie e
mi auguro possa arricchire la qualità della rivista del noche dà poco valore alla vita, ma forse non così
stro liceo e appassionare voi lettori alla scoperta critica e
distante dal nostro.
ragionata della grande magia del cinema.
Prof.ssa Maria Letizia Parretti
— di Virginia Cenciarelli, IVAL
14
RUBRICA: DIVERSO DA CHI?
Morire di
omofobia
I
l suicidio di un ragazzo
di 21 anni, che decide
di farla finita perché
omosessuale in un Paese omofobo come il nostro, può dar
corso a due tipi di reazioni.
La prima è la rassegnazione. E’
la posizione di chi pensa che,
in fondo, di morti e di suicidi ce
ne sono tanti e che l’omofobia
esiste in ogni Paese, anche nei
più avanzati, e che quindi vi è
sempre una vittima del sistema. Chi la pensa così non ha
difficoltà ad ammettere che
il bullismo esiste e che è difficile contrastarlo, che la legge
rappresenta sempre un’arma
spuntata e che ciò che è necessario cambiare è la cultura. E
farlo è estremamente difficile.
La seconda reazione la rabbia,
ed è il genuino sentimento di
chi è intimamente convinto
che sia possibile cambiare, anche se chi è arrabbiato solitamente fa fatica ad individuare
con lucidità gli strumenti per
affrontare il problema.
La questione è in verità molto
semplice, e la sua soluzione sta
in una terza via: queste morti
vanno evitate.
L’unico modo per evitare di
vedere adolescenti morire è
diffondere e difendere una cultura più inclusiva, una cultura
che prevenga e combatta le
discriminazioni e garantisca la
piena parità dei diritti.
L’art. 31 della nostra Costituzione dice che la Repubblica
“tutela [...] l’infanzia e la gioven15
tù“; quindi, lo Stato ha l’obbligo
di provvedere a che un giovane
italiano non decida di morire e
non si butti nel vuoto perché
convinto di vivere in un Paese
omofobo. Se la famiglia non
riesce ad impedire tutto questo, deve farsene in qualche
modo carico la società civile,
e lo Stato. Quest’ultimo deve
anzitutto smettere di fornire
appoggio a gruppi, convegni
o conferenze che diffondono
messaggi sbagliati, discriminatori e violenti nei confronti
dell’omosessualità.
La scorsa settimana si è tenuto
a Milano il convegno dal titolo
“Ideologia del gender: quali
ricadute per la famiglia“; chi ha
potuto partecipare ha sentito
dire senza mezzi termini che gli
omosessuali sono pedofili, che
l’omosessualità è una devianza
da un comportamento ‘normale’ e che il leader da imitare
per affrontare la questione è
Vladimir Putin. Il tutto, apparentemente, sotto gli applausi
scroscianti degli spettatori. E’
stato invocato un intervento
del legislatore contro i comportamenti omosessuali, e l’omosessualità è stata paragonata
alle pulsioni sessuali verso i
morti, verso gli animali, verso
RUBRICA: BATTAGLIE
gli oggetti e verso i bambini.
Tu, omosessuale, sei un criminale e/o un malato!
Questo era il messaggio.
E’ triste vedere come dei cattolici, o comunque delle persone
con forte sentimento religioso,
non si rendano conto di come
questi loro messaggi brutali,
metodologicamente errati e
contenutisticamente aberranti
stritolino la vita delle persone,
impediscano loro di vivere la
loro condizione con serenità e,
molte volte, spingano dei giovani a togliersi la vita, e come
pure l’appoggio finanziario ottenuto dallo Stato rappresenti
davvero un attacco alla civiltà e
alla democrazia, quando ad essere presa di mira è una minoranza statisticamente rilevante
e attiva nell’agone politico.
Si dirà che il ragazzo che si è
suicidato a Roma, e gli altri due
prima di lui – e tutti quei giovani gay e quelle giovani lesbiche
che ogni volta che varcano
la soglia di casa o di scuola
stringono i pugni e i denti per
fare i conti con una situazione
che non hanno cercato, che
non hanno voluto – era emotivamente fragile, magari con
qualche altra motivazione, e via
dicendo.
La verità è che ogni morte per
omofobia è un j’accuse diretto
e senza appello non per chi,
pur impegnandosi, sente di
aver fatto poco per diffondere
e difendere una cultura più inclusiva, ma per chi, proclamandosi portatore di verità assolute e non negoziabili, ha perso
il contatto con la realtà, con il
prossimo, e con la sua missione
nel mondo, e non si smuove
di un millimetro dalle proprie
convinzioni neppure di fronte a
una morte atroce come quella
di un ragazzo di 21 anni che
non ce la faceva più.
Tutte queste persone hanno la
piena responsabilità di quella
parte dell’Italia di oggi, omofoba e razzista, che condanna a
morte un giovane perché gay.
— di Jessica Andracchio, IV CL
Battaglia di
Canne
IL PERIODO STORICO
Ci troviamo nel 216 a. C nel
Sud Italia, Annibale aveva già
sconfitto negli anni precedenti, ovvero nel 218 a.C. sulla
Trebbia e sul Ticino e nel 217
a.C. presso il lago Trasimeno, i
Romani e per loro la situazione
era piuttosto grave nonostante
Annibale non avesse deciso di
assediare Roma.
I PERSONAGGI
Annibale Barca , condottiero
cartaginese e astuto stratega,
scese in Italia per sconfiggere
i Romani verso cui covava un
odio profondissimo influenzato
grandemente dal padre Amilcare Barca.
Lucio Emilio Paolo, console
patrizio romano, e Gaio Terenzio Varrone, console plebeo
romano, quest’ultimo decise di
dare battaglia contro Annibale
essendo fiducioso nelle sue
legioni.
IL LUOGO
Vi è un lungo dibattito sul luogo dello scontro: secondi alcuni
studiosi, infatti, la battaglia fu
presso l’Ofanto secondo altri
presso il Fortore, entrambi sono
fiumi che scorrono all’incirca
vicino Barletta. Con sicurezza
possiamo dunque dire che si
svolse nella parte centrale della
Puglia.
LE FORZE IN CAMPO
Annibale poteva contare su un
esercito di circa 50,000 soldati
provenienti da Libia, Iberia e
Gallia di cui 40,000 appartenenti alla fanteria pesante e
leggera e 10,000 alla cavalleria
da tiro. Il problema maggiore
dell’esercito cartaginese era la
multietnicità, poiché non vi era
molta coesione tra i soldati che
non appartenevano alla stessa
nazione. Annibale, però, con il
suo carisma riuscì a mantenere
unito il suo esercito.
I Romani avevano schierato in
campo ben 80,000 soldati di cui
70,000 erano legionari sia reclute che veterani e il resto invece
era composto da velites (ovvero
giavellottisti) e cavalleria.
LO SCONTRO
Iniziò tutto con la tipica schermaglia tra i tiratori che, sollevando una gran quantità di
polvere, sarà determinante per
l’esito dello scontro. Quando
le rispettive fanterie vennero a
contatto, la superiorità romana,
per disciplina e organizzazione,
si dimostrò decisiva e furono
inflitte ingenti perdite all’esercito cartaginese. Di quest’ultimo
il centro dello schieramento
iniziò a retrocedere lentamente
-come aveva previsto Annibale- mentre le ali riuscivano
a mantenere la posizione.
Nel frattempo, le cavallerie si
scontrarono e prevalse quella
cartaginese, che, coperta dalla
polvere dopo aver inseguito e
massacrato i nemici in fuga, si
volse in direzione dello scontro
tra le fanterie e caricò violentemente quella romana che si
ritrovò accerchiata da ogni lato
e così venne massacrata.
COMMENTO PERSONALE
Questa battaglia fu di grande
importanza nella storia poiché
grazie ad essa i Romani vinsero la Seconda Guerra Punica.
Infatti il giovane Publio Cornelio Scipione apprese le tattiche
del condottiero cartaginese e
le usò contro di lui, al contrario
dei suoi coevi, nella fatidica
battaglia di Zama (202 a.C.).
Nonostante la grande vittoria,
Annibale non riuscì a compiere
l’impresa di vincere la guerra
contro i Romani poiché non
aveva l’appoggio dei suoi concittadini ed egli stesso, come
disse il suo caro amico Marbale,
sapeva benissimo come ottenere la vittoria, ma non come
sfruttarla.
— di Michelangelo Conserva, IC
16
RUBRICA: GREEN(H)EART(H)
Oggi a pranzo:
pasta e orrore
C
osa spinge le persone
ad apportare un cambiamento alla propria vita, è sempre un evento
particolare, il cui solo assistervi
comporta già di per sé un cambiamento. Ci si dice che “così
non può continuare”, ci si rende
conto che fino a poco prima ci
si trovava immersi nell’ignoranza, talvolta nell’indifferenza, e
allora si cerca di emergere.
Questo fatidico “evento”, però,
non deve essere necessariamente qualcosa di scandaloso,
che per una settimana infuoca
gli animi della massa e il giorno
dopo viene immancabilmente
dimenticato. Viene diffuso un
video su youtube sul maltrattamento di una mucca in un
allevamento
e la gente
smette di
mangiare la
bistecca per
una settimana perché
“fa senso”,
ma passato
quel primo
momento
torna tutto alla
normalità.
Allora, forse,
sarebbe bene
parlare dell’orrore quotidiano, quello che,
silenziosamente, ci tocca da
vicino.
17
SPAZIO SCACCHI
Ad esempio, vi siete mai chiesti
quali siano i veri ingredienti di
un fumante e profumato piatto
della nostra cara pasta alla
carbonara?
noi non vogliamo che accada,
quindi, molto semplicemente,
gli strappiamo via i denti con
le tenaglie, e gli blocchiamo le
zampe a quelle quattro mura
che sono e sempre saranno il
Con allevamento intensivo si intende una suo unico
forma di allevamento che utilizza tecniche panorama.
industriali e scientifiche per ottenere la E si anmassima quantità di prodotto al minimo drà avanti
costo e utilizzando il minimo spazio, tipi- così, fino al
camente con l’uso di appositi macchinari giorno del
e farmaci veterinari.
giudizio.
Pancetta:
inizialmente
si trattava di
un maialino.
Nato da una
madre immobilizzata a
catena corta
e vista non più di poche ore, è
stato nutrito con latte artificiale in un box che è stato la sua
vita, ma che non è cresciuto
di certo insieme a lui. Appena
25 giorni dopo è stato castrato
senza il lusso dell’anestesia. Il
suo unico pasto è stato a base
di farine di carne, probabilmente la stessa carne che lo aveva
dato alla luce, e altri scarti
industriali, condito ovviamente
di svariati
farmaci e
antibiotici
per impedire alle
patologie
da avvelenamento di
scatenarsi.
Quando la
mancanza
di aria, di luce
e di movimento ha
cominciato a
manifestarsi
in malessere
e disturbi psico-fisici, il nostro maialino
potrebbe aver
voluto farsi
del male. Ma
www.wikipedia.com
Uova: Inizialmente si trattava
di una gallina. Cresciuta in un
capanno di pochi m² con migliaia di altre sue compagne e
una superficie calpestabile pari
a quella di un foglio A4, il suo
compito è stato solo ed esclusivamente quello di produrre
uova a iosa. Se per caso qualcuna di esse fosse stata fecondata, non sarebbe stato un problema: le macchine trita-carne
esistono proprio per evitare il
sovraffollamento da pulcini,
che vi vengono gettati dentro
vivi senza pensarci una volta di
più. Anzi, tanto di guadagnato:
materia prima per il nutrimento degli altri polli. Crescendo in
uno spazio tanto ristretto può
accadere di scontrarsi con altre
galline: succede, quando non si
ha la libertà di camminare. Ma
c’è una soluzione anche a questo, più semplice di quanto si
pensi: debeccaggio (taglio del
becco) e, se necessario, occhiali
di plastica per evitare il cannibalismo tra polli. E avanti così,
fino al giorno del giudizio.
Parmigiano: Inizialmente si
trattava di una mucca da latte.
Come risaputo, perché la mucca produca latte deve prima
partorire un vitello. Si procede,
dunque, all’inseminazione
artificiale -procedura non indolore- circa una volta all’anno.
Ogni volta, il cucciolo le è stato
strappato 2 giorni dopo la nascita, e il latte che per natura gli
sarebbe spettato di diritto è finito invece nelle nostre pance.
Il piccolo è stato poi cresciuto
con un latte in polvere chimicamente prodotto e impoverito
delle sostanze nutritive al fine
di rendere la sua carne bianca
e poco nutriente (la ricercatissima “fettina”) come richiesto
dal mercato. La nostra amata
mucca è stata invece identificata con un numero di serie e
trattata come una macchina,
munta con bracci meccanici
che non si sono fermati finché,
oltre all’ultima goccia di latte,
non hanno spremuto via anche
l’ultima goccia di vita.
Questi sono solo alcuni esempi di quella che è la “vita” -e ci
vuole coraggio a definirla talenegli allevamenti intensivi.
Una condizione che stabiliamo
tutti noi soltanto scegliendo
cosa mettere nel nostro carrello quando andiamo a fare
la spesa, e di cui noi siamo, in
modo più o meno diretto, i
responsabili.
Ditemi, ora: condito di un’abbondante spolverata di verità e
accompagnato da una discreta
dose d’informazione, il piatto
di carbonara riesce comunque
a conservare lo squisito sapore
inziale?
— di Giuditta Migiani, IIIAL
Gli scacchi:
attrazione
fatale?
L’
origine degli scacchi
è avvolta nel mistero.
Ritrovamenti archeologici fanno ipotizzare che la
culla del nobil giuoco siano
state India e Cina, ma l’unica
cosa certa è che ha avuto
origine in Oriente ed è stato
poi importato in Occidente
grazie alla mediazione dei
Persiani e degli Arabi attorno
all’anno 1000. Proprio in
Occidente, fra il XVI e il XVII
sec, sono nati i primi giocatori che hanno dato un contributo importante allo sviluppo del gioco come lo
conosciamo oggi: Ruy Lopez
in Spagna e Giocacchino
Greco in Italia.
Più importante della loro storia,
però, ritengo sia capire cosa
sono veramente gli scacchi.
Molti avranno sentito parlare
di Garry Kasparov –più per la
politica che per gli scacchi- e
di Bobby Fischer, il misterioso
e affascinante protagonista del
match mondiale del ’72, che
ha ridato vigore al gioco entusiasmando il mondo intero e
facendo avvicinare agli scacchi
anche chi, prima di allora, non
conosceva neppure il movimento dei pezzi.
Chi non conosce il gioco tende
a considerare il lato umano
di questi giocatori anziché il
genio degli scacchi e non di
rado si sente l’affermazione
“gli scacchisti sono pazzi”. A tal
proposito, bisogna distinguere
fra chi è preso così tanto dal
gioco da farne l’unica ragione
di vita e chi, pur giocando a
livello agonistico, riesce in una
certa misura a separarlo dalla
vita reale. Tuttavia anche la seconda categoria tende a vivere
la ‘vita reale’ dal punto di vista
scacchistico, tanta è l’attrazione
magica e, per così dire, fatale
di questo gioco. Quasi tutti
gli scacchisti di élite, fortunatamente, hanno anche altri
interessi, fra cui il tennis sembra
quello prediletto, ma anche la
corsa (Boris Spasskij, campione del mondo e avversario di
Fischer nel ’72, era anche un
grande atleta), il ping-pong (è
il caso di Judit Polgar, entrata
nella storia per essersi inserita
con successo nelle graduatorie
maschili), il calcio (ottimi giocatori di calcio sono Kasparov
e Carlsen che, proprio in questi
giorni, a soli 22 anni, sta disputando il campionato mondiale),
il nuoto (Fischer era un grande
nuotatore), il bridge, la dama, il
poker, nonché la matematica, la
filosofia, la fisica e altre scienze.
Il secondo campione del mondo Emanuel Lasker, per esempio, era anche matematico e
filosofo amico di Einstein, con il
quale discusse vari aspetti della
teoria della relatività. Per quale
motivo allora prediligere gli
scacchi a questi altri interessi?
Lasker risponde così: “Io vorrei
lasciare gli scacchi, ma sono
loro che non lasciano me”.
E’ difficile spiegare in che misura si è coinvolti nel gioco e
il significato che esso assume
per un giocatore. Io perlomeno
18
SPAZIO SCACCHI
non sono riuscita a trovare una
buona risposta alla domanda
“Perché ti piace giocare a scacchi?”. E’ come dover spiegare
perché si ama una persona;
non esiste una risposta, è un
sentimento così forte che non
si trovano parole per definirlo.
Come nasce questo sentimento? Neppure a questo so
rispondere. Io gioco a scacchi
per ironia della sorte: il gioco
non mi piaceva affatto prima di
partecipare a un corso a scuola; ho fatto quel corso perché,
essendo appena arrivata dalla
Romania, non conoscevo il
significato della parola ‘scacchi’
e m’incuriosiva; quando ho
scoperto di cosa si trattava, era
troppo tardi per tornare indietro. Credo sia stata la voglia di
vincere a legarmi agli scacchi.
Vittoria dopo vittoria, sconfitta
dopo sconfitta ero sempre più
assorta nel gioco. Il sentimento
è nato dunque a poco a poco
senza che me ne rendessi
conto e se ho avuto la possibilità di viaggiare, di conoscere
l’inglese, la geografia, la logica, di entrare in contatto con
persone importanti da cui ho
imparato molto e di formare il
mio carattere, devo tutto agli
scacchi.
Il consiglio degli psicologi è
quello di incoraggiare i bambini alla scacchiera, poiché le
capacità propedeutiche degli
scacchi sono indiscutibili, ma
senza negare loro le attività di
svago. E se qualcuno considera
gli scacchi una ‘malattia’, sappia
che è una malattia piacevole.
— di Daniela Movileanu, IA
19
RACCONTO
CONCORSO
Chi volesse divertirsi a risolvere qualche posizione di scacchi troverà in ogni numero due diagrammi, uno medio e
uno facile. Facendomi avere le soluzioni (mi trovate in IA o
su facebook), sarà possibile creare una classifica e premiare i primi tre con materiale scacchistico o interessanti libri
sull’argomento!
Medio: il bianco muove e dà scacco
matto in tre mosse
Facile: il bianco dà scacco matto con
una mossa - questa posizione è nota
come ‘matto del barbiere’
Il carnevale della ruggine
U
n tempo piccoli uomini venivano partoriti nella terra fresca di un mondo nuovo e nutrendosi di essa prendevano forma, e crescevano. E crescendo si accorgevano che erano deboli
e la loro debolezza li portava velocemente alla morte: essa infatti non risiedeva nel corpo
ma nell’animo. Per cui, ancor prima di inventare lo scudo, gli uomini credettero più utile creare la
maschera. Un uomo prese dalla terra della creta e modellò con le sue mani qualcosa di molto simile
al suo viso, senza espressione, senza colore, e lo indossò: e così fecero altri uomini come lui, vedendo
che il primo uomo era diventato più forte. La stirpe degli uomini dunque proseguì, sopravvivendo, e
nascondendo la sua vera natura dietro un’apparente immagine di sé. Col tempo dalla creta si passava
alla terracotta, e dalla terracotta al ferro, e così l’uomo migliorava le proprie tecniche. Nel frattempo
i piccoli uomini morivano, ma, mentre il loro corpo si disfaceva nel tempo, la loro maschera restava
integra nelle profondità della terra, e lì giaceva indisturbata. Dai piccoli uomini ne nascevano altrettanti, alcuni destinati a rimanere piccoli e a seguire lo stesso corso di chi li aveva preceduti, altri nati
per la grandezza e per dare qualcosa di nuovo al mondo che ancora era giovane ed inesplorato. Gli
uomini, quindi, cominciarono a pensare oltre la loro maschera. Si chiedevano a come fosse il resto di
ciò che li circondava, al di là dello strato sottile di ferro, che limitava la loro visuale e il loro pensare.
Ma molti temevano quali potessero essere le risposte: per cui semplicemente smettevano di pensare,
dimenticavano il motivo delle loro preoccupazioni e continuavano a vivere come avevano sempre
fatto. Oppure chi davvero era desideroso di sapere e di cambiamento, decideva di fare qualcosa di
diverso, e si toglieva la maschera. Ma privarsene significava lasciare allo scoperto una parte troppo
delicata di sé: essi giravano a viso nudo e subivano lo scherno e il rifiuto degli altri uomini per la loro
sfrontatezza: il coraggio di mostrarsi per come erano realmente li elevava e, inconsapevolmente, da
piccoli diventavano grandi uomini. E dunque iniziavano ad utilizzare la maschera in un’insolita maniera: la osservavano a lungo, ed iniziavano ad inciderla, a tagliarla, a darle una forma diversa, a colorarla, e traevano ispirazione dalle meraviglie che solo loro riuscivano a vedere. Ma sfogare le passioni
suscitate dalla grandezza del mondo in questo modo non bastava, perché non c’era nessuno con cui
condividerle: infatti bisogna dire che l’uomo vede se stesso solo nell’opinione che gli altri hanno di lui:
non essendo accettati, dunque, i grandi uomini si indebolivano e non vivevano abbastanza a lungo
per raggiungere il loro scopo, cioè cambiare il mondo. Le loro maschere giacevano, abbandonate,
incustodite, e talvolta altri individui, notandole e vedendo che erano molto più colorate e particolari
delle proprie, le raccoglievano e se ne impossessavano. Le vedevano infatti molto più gradevoli di
quelle che avevano. E per rabbia e per invidia sostituivano la propria con una di quelle trovate e, sia
perché ancora troppo legati alla precedente, sia per cupidigia, tenevano con sé una o più maschere.
Così l’umanità progressivamente iniziò a fare lo stesso e, con l’assumere quello che era stato il volto
apparente di altri, iniziava a fingere di aver avuto il coraggio di scoprire il mondo come avevano fatto
gli uomini grandi. Ognuno si vantava della propria maschera, che aveva con molta fatica trovato e
raccolto dal terreno, suscitando la rivalità di chi lo ascoltava. Un giorno però agli uomini non bastò
più trovare le maschere, loro desideravano anche quelle degli altri. Ed iniziarono a contendersele, ad
uccidere per esse, a spezzarle e a ridurle in tanti frammenti, che si dispersero velocemente nel mondo.
Ognuno allora componeva la sua maschera a proprio piacimento, chi raccogliendo un frammento di
qua, chi di là, e mettevano insieme maschere uniche nel proprio genere e di incomparabile bellezza.
L’unico inconveniente era che col tempo sulle maschere di ferro si era andata a formare come una
patina che ne copriva i colori, e gli uomini cercavano in tutti i modi di eliminarla: chi provava a lavarla,
20
RACCONTO
a grattarla via, a strofinarla, ma nessuno riusciva nel suo intento. Così gli uomini impararono a non
farci più caso: tutti sapevano che in realtà quegli oggetti non erano completamente frutto del proprio
lavoro, tutti sapevano che quelle maschere non sarebbero mai state totalmente loro, e quella ruggine
era lì a ricordarglielo. Nessuno però lo diceva apertamente e tutti vivevano con serenità.
E così il tempo passò, gli uomini non cambiarono, alcuni fecero la storia, altri assistettero solamente,
alcuni morirono giovani, altri vissero a lungo. Le loro maschere o parti di esse ora sono indosso a
qualche giovane, che ne possiede innumerevoli altre, e le cambia a seconda del suo umore. Oggi c’è
una grande festa: uomini e donne scendono in strada, indossano vesti bianche, abiti di luminosità
sgargiante, insieme alle maschere che hanno ritenuto più opportune all’evento. Sfilano in una grande
parata, ballano al ritmo della banda e si scatenano, ricordando i giorni passati e gli uomini piccoli che
colsero per primi da terra le maschere ora considerati grandi, sorridono, vengono fotografati: ma nessuno vedrà mai il loro sorriso, perché nascosto da un sottile strato di ruggine.
(Titolo tratto dalla canzone “Carnival of Rust” dei Poets of The Fall)
— di Federica Sasso, IIIC
21
Scarica

Visualizza il II num. di "Vox Kantis"