Numero II Novembre 2013 Vox Kantis Speciale! Elezioni Disegno di Alessia Stefanori, IVAL CONTENUTI 01 · SPECIALE! interviste ai candidati 06 · Un assaggio di comenius 07 · Progetto “cortometraggio spagnolo” 07 · Raise your voice 08 · Stay tuned 09 · Recensione “the dreamers” 11 · La venezia del nord & la città di mattoni 12 · Il no del kant al femminicidio 13 · Once a scout, always a scout 14 · Recensione “razza bastarda” 15 · Morire di omofobia 16 · La battaglia di canne 17 · Oggi a pranzo: pasta e orrore 18 · Spazio scacchi 20 · Il carnevale della ruggine 1 EDITORIALE Rieccoci con il secondo numero di Vox Kantis! Inizio con l’annunciarvi che, grazie alla bravura e alla pazienza della nostra impaginatrice Giuditta, il Giornalino ha assunto una struttura molto più dinamica e piacevole alla vista; novità, questa, non da poco, poiché permette di concentrare maggiori notizie e informazioni in un unico numero, rendendo la lettura più scorrevole e il giornalino ancora più interessante. Passando alle notizie un po’ meno piacevoli, vi informo che sfortunatamente abbiamo dovuto procrastinare l’uscita del Giornalino, a causa di problemi tecnici. Questo ha presentato un problema, poiché nel numero erano presenti le interviste ai candidati alla rappresentanza d’isituto; tuttavia, come forse vi sarete accorti, abbiamo cercato di far circolare le interviste in altri modi, sperando che siate riusciti a leggerle comunque. Come di consueto, sono presenti articoli riguardanti le varie iniziative e progetti della nostra scuola; lo rammento perché, a mio parere, è importante avere almeno un’idea di tutte le attività che, come studenti del Kant, abbiamo la possibilità di svolgere. In particolare, mi sta molto a cuore il nostro coro; la sua attuale situazione è spiegata in uno degli articoli di Giulia Di Censi. Come ho detto parecchie volte e come penso tutti sappiano, Vox Kantis è il nostro giornalino d’istituto ma non tratta unicamente questioni interne alla scuola; ad esempio, in questo numero troviamo un articolo sullo scoutismo, come ne troviamo uno sugli scacchi o sul cinema. Le tematiche che vengono trattate sono tante e differenti tra loro, e non necessariamente ricollegabili alla scuola; vorrei quindi rammentarvi che lo scopo principale del Giornalino è dare una voce a chiunque abbia voglia di farsi sentire. Ognuno di noi ha una passione, un hobby, e sono sicura che ognuno di noi vorrebbe anche avere voce in capitolo riguardo a determinati argomenti. Vox Kantis non censura né tantomeno proibisce; v’invito, quindi, a prendere parte a una delle nostre riunioni, che oltre ad essere brevi non obbligano in alcun modo chi partecipa a dare immediatamente la disponibilità a scrivere mensilmente. Le date delle riunioni verranno postate di volta in volta sul gruppo di Facebook del nostro liceo. Finisco dunque ringraziando tutti i ragazzi e le ragazze della redazione e tutti quelli che si sono presentati alle riunioni, sperando di vedere sempre più volti nuovi. La Direttrice, Jessica Andracchio Direttrice Jessica Andracchio, IVCL Redazione Giuditta Migiani, IIIAL Arianna Antonelli, IIIA Marta Dibitonto, IA Chiara Innocenzi, IA Michelangelo Conserva, IC Giulia Di Censi, IIID Valeria Paris, IIID Gabriele Ghenda, IIFL Michela Sabani, IIIGL Valentina Midolo, IA Virginia Cenciarelli, IVAL Daniela Movileanu, IA Federica Sasso, IIIC Professore referente Salvatore Alessi 2 SPECIALE! Lista n°1: Alessia Stefanori (IVAL) & Federico Sacco (IVAL) P erché avete deciso di candidarvi? Alessia: Ci candidiamo perché ci sembra che la scuola stia cambiando nel senso sbagliato e noi vogliamo dare il nostro apporto personale perché questo non avvenga. Federico: Sì, infatti crediamo che abbia tante potenzialità e che possa cambiare in meglio e noi vogliamo dare il nostro contributo. Lista n°2: Giuseppe Mastrantonio (IIC) & Giulia Di Censi (IIID) P erché vi siete candidati e quanto a lungo ci avete pensato, prima di farlo? Giulia: Io ho deciso di candidarmi fin da quando frequentavo il terzo anno. Sono passati due 3 SPECIALE! In che modo il vostro programma potrebbe rivelarsi utile per la scuola? Federico: Il punto fondamentale della nostra campagna è incentrato sulla cultura perché ci siamo resi conto che stiamo ritornando a un popolo di analfabeti, non conosciamo la storia, non conosciamo i nostri diritti in quanto cittadini, quindi alla fine ciò che veramente conta sarebbe questo, l’informazione e la cultura. Alessia: E in particolare il problema di oggi non è tanto il non conoscere, ma il non avere voglia di conoscere e anni durante i quali ho cercato di acquisire una maggiore competenza riguardo il sistema scolastico, e ho deciso di candidarmi insieme a Mastrantonio poiché abbiamo parecchie idee in comune, ma anche differenze che risultano costruttive nella stesura del nostro programma, che è di una certa originalità. Ho voluto candidarmi poiché mi sento molto coinvolta nelle attività organizzate dalla scuola e voglio offrire il mio contributo concreto. Giuseppe: Uno dei risultati che a noi, invece, è stato insegnato che questo desiderio di sapere, chiedere, fare domande è la cosa più importante della vita, è la base per vivere e non lasciarsi dominare. Avete pensato a un motto, una frase che possa convincere gli studenti a votarvi? Federico - Alessia: Sì, avevamo pensato ad “aiutiamoci ad essere liberi!” e potremo esserlo, come abbiamo detto, solo con la cultura. — di Arianna Antonelli, IIIA vorremmo ottenere è la partecipazione attiva di tutti. Sono determinato a conciliare il mio impegno nella Consulta con l’impegno che metterò come rappresentante, per coinvolgere maggiormente l’istituto a livello provinciale. Quali miglioramenti pensate di apportare alla scuola? Giulia: I miglioramenti influiranno proprio nel modo in cui si vive la scuola; essa dev’essere un luogo nel quale ci sia maggiore gratificazione, soprattutto per le diverse individualità. Vorremmo poter riuscire a premiare i vari talenti in qualsiasi ambito, scolastico e non. Lista n°3: Federico Pizzo (IIIA) & Giuditta Migiani (IIIAL) il proprio potenziale a vantaggio di tutti, attraverso la creazione e l’allestimento di locali sempre a disposizione degli studenti come spazio di incontro, colloquio e dibattito! P erché avete deciso di candidarvi? Giuditta: Anche se inizialmente ho avuto qualche titubanza perché non mi sentivo pienamente all’altezza, più ci pensavo più venivo coinvolta dalla forza delle nostre idee e dalla consapevolezza di avere la possibilità concreta di apportare dei miglioramenti alla realtà scolastica. Federico: Vogliamo riuscire a generare un’atmosfera che stimoli gli studenti a far emergere Convincetemi, con una breve frase, a votarvi. Siate originali. Questa domanda ha mandato i nostri candidati nel panico. Si In che modo il vostro programma potrebbe rivelarsi utile per la scuola? Federico: Riteniamo realmente valido il corpo studentesco e soprattutto le idee che ne possono emergere. Vogliamo migliorare il dialogo tra gli studenti, valorizzando i mezzi di comunicazione e informazione, e istituendo dei referendum interni alle classi per decidere i temi centrali delle assemblee. Giuditta: Sì, ci riproponiamo di potenziare e migliorare i sono dovuti prendere diversi minuti, poiché Di Censi, come sappiamo, non conosce il concetto di “brevità”. Saremo quello che non vi aspettate, e vi piacerà. — di Jessica Andracchio, IV CL progetti interni alla scuola come il giornalino, il progetto Camerun, la SKCO, il “Se non ora quando” e di organizzare, grazie alla collaborazione con gli studenti, assemblee coinvolgenti, dibattiti con esperti e giornate (come quella del 27 novembre, ad esempio) volte a proiettare la scuola verso l’esterno e portare l’esterno dentro la scuola. Avete pensato a un motto, una frase che possa convincere gli studenti a votarvi? Il nostro motto è “Le idee che hanno enormi conseguenze sono idee semplici”, una citazione tratta da Guerra e pace, di Tolstoj, che esprime in poche parole l’importanza che attribuiamo all’opinione di ciascuno e la nostra linea ideologica. — di Valeria Paris, IIID 4 SPECIALE! Lista n°4: Francesco Martella (IIA), Jacopo Campone (IIA) & Eva Arcangeletti (IIIB) P erché avete deciso di candidarvi e quanto a lungo ci avete pensato prima di farlo? Pensavamo già dall’anno scorso di candidarci, dopo l’esperienza maturata durante i collettivi. Ci siamo formati con i vecchi rappresentanti e vogliamo prendere parte più attivamente alla vita scolastica per portare l’esperienza del collettivo in consiglio di istituto. CRONACA INTERNA Quali miglioramenti sperate di apportare alla scuola? Abbiamo tanti progetti che abbiamo presentato durante l’assemblea d’istituto dell’ 11 novembre. Nel frattempo possiamo dire che uno degli obiettivi principali è il miglioramento del rapporto tra studenti e consiglio di istituto, dando la possibilità a tutta la componente studentesca di prendere parte ai consigli. Convincetemi con una breve frase a votarvi. Siate fantasiosi! Dopo una breve pausa di riflessione La scuola è nostra! Riprendiamocela! — di Marta Dibitonto & Chiara Innocenzi, IA COMUNICAZIONE Ricordiamo che le votazioni avranno luogo: • Per i genitori e gli studenti, domenica 17 presso l’istituto scolastico dalle ore 8:00 alle ore 12:00. I genitori sono invitati a partecipare al seggio per la votazione dei rappresentanti dei genitori in Consiglio di Istituto. • Per i genitori e gli studenti, lunedì 18 . Per gli studenti: durante la prima ora di lezione, nelle classi, sarà distribuito il materiale che verrà ritirato entro e NON OLTRE le 9:30. Per i genitori: dalle ore 8:00 alle ore 13:30 presso l’istituto scolastico. 5 Un assaggio di Comenius Il Comenius è un progetto internazionale che unisce i laboratori teatrali di tre diverse scuole di tre diversi paesi: Italia, Germania e Inghilterra. Tutto ciò serve a favorire scambi culturali tra gli studenti che partecipano tramite i “workshop” , ovvero i progetti ispirati a temi sempre differenti in ogni Comenius che i ragazzi creano, e la reciproca ospitalità poiché gli alunni che si recano all’ estero per il progetto sono ospitati dai ragazzi del luogo. Vi abbiamo proposto le opinioni di alcuni dei ragazzi che hanno partecipato al progetto Comenius. — di Michelangelo Conserva, IC <<I was involved in Comenius in both Berlin and Rochester. Both experiences have given me the chance to meet new people. We have also all been able to work on communicating with a variety of people and overcoming the language barrier. The projects have given us a chance to be creative which isn’t always available in school. Visiting schools in other countries has given us an insight into the way schools are run in other countries>>. Charlotte Easdown Ho partecipato al progetto Comenius sia a Berlino che a Rochester. Entrambe le esperienze mi hanno dato la possibilità di conoscere nuove persone. Siamo anche stati in grado di comunicare con diverse persone sorpassando le barriere linguistiche. Il progetto ci ha anche dato l’opportunità di mostrare la nostra creatività, cosa che spesso a scuola non è possibile. Inoltre visitare scuole in altri paesi ci ha offerto una visione interna di come funzionano le scuole lì. <<I though Comenius was a great program, I have made so many connections which will benefit me in the future and friendships which will last forever, I recommend anyone to join the Comenius program if they want to meet new people and have fun>>. Voy Formela Io penso che il progetto Comenius sia grandioso, ho fatto molte conoscenze che mi gioveranno in futuro e amicizie che dureranno per sempre, raccomando a chiunque voglia incontrare persone nuove e divertirsi di partecipare al progetto. <<I thought it was the best fun! It brought people together to create lasting friendships. I will always remember the Comenius project for as long as I live>>. Isabella Taylor Penso sia stata la cosa più divertente! Ha messo insieme persone per creare amicizie durature. Ricorderò fino a quando sarò in vita il progetto Comenius. 6 CRONACA INTERNA Progetto “Cortometraggio spagnolo” Q uest’anno nella nostra scuola è stato organizzato un progetto che consiste nel realizzare un cortometraggio in lingua spagnola, organizzato da alcuni professori, i cui i fondi saranno devoluti all’associazione ONLUS “Isla ng bata” (l’isola dei bambini) e verranno usati per costruire nei paesi poveri delle Filippine e dell’India alcune scuole. Raise your voice! O ramai sono delle professioniste : qualche vocalizzo, completino nero e grande grinta. E’ cosi che il coro polifonico del nostro Istituto ha 7 CRONACA INTERNA certo, non sono bravo a recitare ma ho modo di scoprire anche questo. sarò una brava attrice solo alla fine di questo originale progetto. 1) Cosa ti ha convinto a partecipare a questo progetto? 2) Hai l’occasione di imparare meglio la lingua? 3) Sei bravo\a a recitare? - Mi sono decisa a partecipare perché so che sarà una bella esperienza, soprattutto, da condividere con miei amici e anche perché imparerò meglio questa lingua. Non so, però ci metterò tutto l’impegno possibile. - Mi ha convinto il fatto che mi è sempre piaciuto il mondo del cinema ed ho la possibilità di scoprire cosa c’è dietro. Sì, perché durante i nostri incontri, parliamo per due ore in spagnolo, e so che mi aiuta molto... - Con questa opportunità posso unire le mie passioni che sono lo spagnolo e il cinema, migliorerò sicuramente il mio livello nella lingua perché il nostro professore è di madrelingua. Beh.. ti dirò se sono stata e se Quindi, sappiamo sicuramente che questi ragazzi si divertiranno, e nel farlo daranno anche una mano a questa associazione. Se anche voi volete aiutare questa associazione, siete invitati a partecipare il giorno della proiezione, dando un piccolo contributo. Ricordiamoci che, anche i bambini dell’India, delle Filippine e di tutto il resto del mondo devono e hanno il diritto di imparare. ottenuto ancora una volta una meravigliosa soddisfazione. Lo scorso 25 ottobre infatti nello splendido palazzo seicentesco dell’Accademia d’Ungheria, accompagnate dai fedelissimi professori Giannetti e Forconi , dirette dall’insostituibile maestro Mauro Mar- chetti, le coriste kantiane si sono esibite in un concerto serale dedicato ai giovani pianisti emergenti nel panorama musicale capitolino, che non hanno esitato a complimentarsi con le nostre beniamine, applaudendo calorosamente insieme al pubblico pre- Ecco qui le domande che sono state poste ad alcuni ragazzi e ragazze, partecipanti a questa iniziativa. — di Gabriele Ghenda, IIFL sente in sala. Un’ esperienza che è ennesima prova dell’impegno costante e della sincera passione con le quali le nostre intraprendenti e talentuose ragazze si dedicano al coro polifonico. Ma non basta, come non bastano i traguardi raggiunti, il lavoro, la fatica spesi in un progetto che paga lo scotto della degenerazione dell’istruzione pubblica abbandonata a sé stessa, costretta progressivamente a rinunciare a iniziative e attività che non concernono il canonico percorso didattico ma si propongono di offrire forme alternative di formazione che possano completare, arricchire, raffinare la crescita e la maturazione dello studente. Questo nuovo anno, dunque , oltre che con un altro grandioso successo si apre per il coro kantiano, con la triste prospettiva della mancanza di finanze scolastiche che possano sostenere il progetto. L’autofinanziamento sembra l’unica concreta e al contempo complessa, soluzione al problema. “E’ una sconfitta per lo spirito con cui era stato fondato il coro del nostro istituto” spiega in proposito Valerio Giannetti , professore referente del progetto, attivatosi , affiancato dalla professoressa Forconi, nella ricerca di altre ancore di salvezza che sembrano, purtroppo, non esserci. Rischia di morire nell’indifferenza generale un iniziativa che ha raggiunto grandi traguardi e si ritrova a dover rinunciare agli obiettivi che con grande volontà e ambizione erano stati prefissati. Inoltre molte sono le nuove iscritte al progetto che purtroppo nonostante sia stato da loro espresso il desiderio di prenderne parte , si ritrovano escluse e deluse: sono emblema di una generazione studentesca verso cui si prospetta un futuro tutt’ altro che roseo. Sebbene, infatti, ora sia il coro polifonico a subire le dirette conseguenze delle difficoltà economiche del nostro Istituto, nei prossimi anni senza alcun dubbio ogni altra attività che potrà rappresentare un’ opportunità di risparmio sarà necessariamente eliminata. Non è un previsione catastrofica dettata da un superficiale pessimismo , ma è semplicemente la logica deduzione dell’invitabile avvenire che attende la scuola pubblica se il popolo studentesco persevera nella sua passività. Rendere poliedrica e trasversale la formazione scolastica dello studente , offrendo attività e progetti che permettano di congiungere e completare il proprio percorso di studio con discipline e iniziative alternative e la contempo integrative, ai canonici percorsi didattici è sintomo di sviluppo e progresso che il popolo di studenti ha il diritto e insieme il dovere di difendere: ciò che con molta determinazione, consapevoli degli ostacoli da affrontare, le nostre coriste tentano di compiere, sperando di non agire nell’indifferenza dei propri compagni. — di Giulia Di Censi, IIID Stay Tuned M edaglia d’argento nella classifica di tappa per il programma kantiano Random, nella competizione radiofonica “High school radio” che ricordiamo coinvolge 15 istituti superiori della capitale ed è coordinata da “elleradio” , stazione sulle frequenze 88.100. Dunque un inizio certamente positivo che non delude le aspettative degli studenti partecipanti al concorso che però, nonostante il buon risultato, ambiscono senza alcun dubbio alla vittoria, pronti a far tesoro di tutte le “dritte” e consigli del professionista e giornalista free-lance Mario Stefanelli, tutor del nostro gruppo di lavoro. “Dobbiamo migliorare nell’organizzazione della scaletta, ma abbiamo sicuramente fatto un bel lavoro in questo mese” riferisce Arnold Koka, fantasioso autore e insieme ironico e spigliato speaker del programma affiancato dalla sottoscritta con cui è nata una piacevole e divertente intesa, grazie alla reciproca autoironia e al pungente sarcasmo. Nella gestione del progetto fondamentale è la diligente e meticolosa Agnese Tittoni, la quale ha anche dimostrato ottime capacità come conduttrice, come la vivace Giorgia Iacopino che, oltre ad aver prestato la sua squillante voce ai microfoni di “high school radio”, ha dedicato tempo, fatica e grande impegno alla realizzazione di ogni singola punta8 CRONACA INTERNA ta. E se di impegno si parla non possiamo certo non nominare Marco Soro, lo “smanettone“ del nostro gruppo di lavoro, come è solito definirlo scherzosamente il nostro tutor, ovvero colui che ricopre i ruoli di fonico e regista, responsabilità che cura con grande senso del dovere e che riguardano l’aspetto tecnico della produzione, la selezione dei brani musicali, poi proposti in puntata, insieme alla gestione della regia durante la diretta. A collaborare con il nostro “smanettone” è Andrea Di Pietro che si occupa principalmente della montatura delle diverse registrazioni contenenti interviste, rubriche, “stacchetti” poi mandati in onda. Un ringraziamento va anche alla bravissima Veronica Abate, giovane speaker in erba che ha collaborato nella conduzione di una delle puntate di questo mese e sarà pronta a rimettersi in gioco nelle prossime già in produzione. Importante e prezioso è stato il contributo di Edoardo Capatano, Adriana Ciampiglia, Laura Cocco, Giulia Gramigna e Dario Scarpato, senza dimenticare la simpatia del neo-speaker Giacomo Spinucci, conduttore dell’ultima puntata, che ha dato prova di grandi qualità: spassoso, brillante e dalla battuta sempre pronta. E questa è solo una minima parte degli intraprendenti studenti che si stanno dedicando alla competizione aspirando a raggiungere e conquistare il primo posto, consapevoli non solo delle grandi risorse e dei numerosi talenti che possono contribuire al successo del programma, ma anche delle problematiche che, perfezionando e raffinando le loro competenze in ambito radiofonico con il tempo, i nostri compagni potranno risolvere permettendo il raggiungimento dell’obiettivo prefissato: la vittoria. Non resta che continuare a seguire sulle frequenze di elle radio 88 100 le prossime puntate di Random e continuare a sostenere assiduamente il nostro programma, votando sul sito www.highschoolradio.it . Stay tuned! - Di Giulia Di Censi, IIID 9 RECENSIONE The Dreamers S iamo a Parigi nel 1968, proprio all’inizio della grande contestazione giovanile. Matthew (Michael Pitt) è un ragazzo americano giunto a Parigi per motivi di studio. Frequentando la Cinematheque di Parigi, conosce Theo (Louis Garrel) e Isabell (Eva Green), fratello e sorella, studenti di cinema, parigini. I monologhi del protagonista descrivono il grande appartamento con stanze disordinate dei due ragazzi francesi, i quali invitano Matthew a trasferirsi da loro nel momento in cui i genitori partono per affari. Un grande appartamento parigino, antico, e sconclusionato. Bizzarre appaiono a Matthew le abitudini dei due fratelli, come quella di dormire nudi abbracciati. Mentre fuori si odono gli slogan delle manifestazioni, i tre ragazzi intraprenderanno un percorso di reciproca conoscenza, intellettuale, ma anche carnale, che li condurrà ad una presa di coscienza, interiore e politica che, inevitabilmente, dividerà le loro strade che avevano camminato sovrapponendosi una sull’altra per quattro settimane. Si scambiano i ruoli, ora punitori ora penitenti (atmosfera resa magistralmente nella scena in cui i tre ragazzi fanno il bagno assieme: in un complesso gioco di specchi le tre figure si trovano opposte alle loro posizioni). Il loro è un gioco, ribadito dai continui quiz sul cinema che i tre si pongono senza tregua, i quali ci danno la possibilità di udire deliziose citazioni cinematografiche dei film ammirati dai tre ragazzi e, naturalmente, da Bertolucci. Il loro è anche un gioco d’amore. Un malizioso rapporto a tre dove i legami si stringono in un nodo di corpi. Bertolucci trae il suo film dal romanzo “The Holy Innocents” di Gilbert Adair al quale ha chiesto di scrivere anche l’adattamento cinematografico. —di Michela Sabani, IIIGL CULTURA & SOCIETÀ Cucina in TV, la nuova arte dello spreco A quanto pare il detto “mangiare per vivere, non vivere per mangiare” trova una decisa smentita ai giorni d’oggi. Eh sì, ormai sta divampando una nuova moda, quella culinaria, diventata per molti un’arte realizzata con mestoli e fornelli. Lo dimostrano films, usciti in questi ultimi anni (Julie & Julia, Sapori e dissapori, Soul kitchen ecc.), libri di ricette che scalano le classifiche, ma soprattutto programmi tv come Masterchef, Cuochi e fiamme, Cotto e mangiato (per non parlare di quelli in onda su Real Time, di cui si perde il conto) che lo zapping ci mostra ad ogni canale e che registra ascolti presi per gola, a volte da record. gna mettere in luce un piccolo dettaglio. Una volta le trasmissioni di cucina si rivolgevano a un pubblico di “massaie” e casalinghe, proponendo piatti regionali tipici della cucina tradizionale senza le pose da divi che assumono invece gli chef di oggi. Ora sta quasi diventando una mania, quella di sfoggiare piatti insoliti con belle decorazioni e nomi esotici, con ingredienti che, in certi casi, spingono a mangiare solo con gli occhi. Il punto però non è questo. Mentre noi ci dilettiamo davanti al televisore pendendo dalle labbra di sedicenti cuochi e chef che, sfoggiando sorrisi e battutine ammiccanti, ci persuadono a provare le loro ricette, ogni giorno muoiono di fame circa 24.000 persone, di cui tre quarti sono bambini al di sotto dei cinque anni. Piatti non riusciti o esteticamente non perfetti, oggetti di prese in giro e offese da parte nel mondo ci sono più di 870 milioni di persone che soffrono per fame e 1,20 miliardi che risultano malnutrite, come riportano le statistiche della FAO. Sono cifre, queste, che aumentano ogni anno facendo cadere ogni speranza di assottigliare il muro di discriminazione tra ricchi e poveri. E intanto nei paesi industrializzati si continuano a sprecare 300 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, una quantità che sarebbe sufficiente a sfamare l’intero continente africano. Le trasmissioni culinarie, quindi, non aiutano a far calare le stime delle statistiche, anzi, contribuiscono ad aumentarle il più delle volte. Ma la loro popolarità resta vastissima. Forse sono solo l’indice di una società che ha fame, una fame che però non è di conoscenza. — di Arianna Antonelli, IIIA Qualcuno potrebbe ribattere dicendo che sono sempre esistiti. Giustissimo. Tuttavia biso- di rinomati chef (evitiamo di fare nomi), vengono gettati via nella spazzatura, mentre 10 RUBRICA: LE VAGAMONDO CRONACA INTERNA La Venezia del Nord D olce, romantica, suggestiva, Bruges è un vero e proprio “museo all’aperto”, un intreccio di storia e cultura fiamminga senza eguali. Situata in Belgio e capoluogo della regione delle Fiandre Occidentali, è una meta classica per i turisti amanti dell’arte e della cultura medievale o per chi ama semplicemente immergersi in una cittadina che ha preservato, immutata nel tempo, tutta la sua architettura. Non a caso il centro storico di Bruges è, dal 2000, Patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’UNESCO. Ma perché è chiamata “la Venezia del Nord”? Naturalmente per i suoi canali, i Reien secondo la tradizione locale, oggi utilizzati per soli fini turistici… Il fascino dell’Italia ha colpito ancora! E tra canali e stradine acciottolate ci si immerge nelle attrazioni principali; il centro storico ospita la famosa Chiesa della Nostra Signora, con il suo stile gotico e uno dei più alti campanili del mondo, al cui interno è conservata la scultura della “Madonna col Bambino” di Michelangelo, conosciuta anche come la “Madonna di Bruges”, e la “Beffroi” o Torre civica, vero simbolo della città, che ospita un carillon costituito da ben 47 campane. Ma la vera attrazione per chi è in cerca di novità e curiosità è il Choco Story, il museo del cioccolato situato nella St Jansplein che immerge il turista nella storia del cioccolato dai Maya alle odierne golosità. Da ricordare è che Bruges ospita ogni anno numerosi festival: Festival del Cioccolato di Bruges, Festival Musica Antiqua, F. della birra di Bruges, F. delle sculture di sabbia, F. delle sculture di ghiaccio, Natale a Bruges. — di Chiara Innocenzi, IA 11 La città di mattoni A Come arrivare: ttraverso q u e s t o in auto (260 km da Roma): n o s t r o •autostrada A1 – E35 – E45 fino incontro men- Orte sile vi dimo- •proseguire per E45 – Ss3 bis fino strerò che, per a Umbertide vedere posti •continua per Ss3 direzione meravigliosi e Roma/Urbino •proseguire E78 – Ss73 bis per per passare un Urbino week-end diverso o un ponte in treno: fuori porta, non non esiste un collegamento disarà necessario retto ferroviario, provenendo da superare i con- Roma si può raggiungere Ancona e poi Pesaro oppure scendere fini del nostro alla Stazione di Fossato di Vipaese ma baco-Gubbio e proseguire per Urbisterà solamente guardarsi un po’ no in autobus. intorno. Per altre info: www.comuneurNon tutti forse bino.it sanno che il nostro paese, con i suoi 47 “luoghi protetti”, è il paese con più siti ritenuti patrimonio dell’ umanità UNESCO. Passeggiando tra le ripide e strette stradine della piccola cittadina è possibile visitare la casa in cui nacque Raffaello, oggi casa-museo dove sono esposte diverse sue opere. Tappe obbligatorie per i turisti sono il Duomo di Urbino, chiesa principale e cattedrale neoclassica, e il Palazzo ducale, uno dei più magnifici esempi architettonici del Rinascimento italiano, oggi sede della Galleria Nazionale delle Marche. Chi, invece del tour culturale, preferisse andare in cerca di divertimento, può provare a cimentarsi nelle diverse escursioni in montagna e nei boschi o praticare diverse attività quali arrampicata e trekking. Per gli amanti delle piante e dei fiori, da non perdere l’orto botanico “Pierina Scaramella” e per i romantici… non perdetevi tramonti mozzafiato dalla fortezza Albornoz! — di Marta Dibitonto, I A Il no del Kant al femminicidio P artire dall’antica maschera comica Colombina per affrontare un argomento tragico e quanto mai attuale come il femminicidio: questa è stata la sfida del Liceo Immanuel Kant. L’evento, svoltosi nel teatro del nostro istituto, si è posto a chiusura della XXIII Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica che, organizzata dal CNR e promossa dal MIUR, dal 21 al 25 ottobre si è articola in più tappe all’interno di vari istituti della Capitale. Quest’anno le maschere della Commedia dell’Arte sono state il ponte di collegamento tra scienza e cultura: Pantalone, Arlecchino, Pulcinella, Flaminia e Balanzone hanno fatto incontrare studenti e ricercatori per un confronto attivo e multidisciplinare. Ospite della giornata conclusiva dedicata a Colombina è stata Maura Misiti, ricercatrice del CNR presso l’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali. La figura di Colombina, servetta vanitosa che riesce a imporsi grazie alla sua indole furba e maliziosa, rappresenta un universo femminile abituato a destreggiarsi abilmente nei rapporti con gli uomini. Ma ora che le donne moderne non si riconoscono più in modelli e stereotipi ormai superati, il conflitto col mondo maschile è inevitabile e troppo spesso degenera in una ritorsione violenta! Decisa a denunciare un’inaccettabile piaga sociale, la Dott.ssa Misiti, autrice insieme a Serena Dandini del libro “Ferite a morte”, ha illustrato le cause e le dinamiche del femminicidio, dando luogo ad un partecipato dibattito che, siamo certi, interesserà la nostra scuola in molte altre occasioni. Grazie anche ai progetti, i dibattiti e le giornate organizzate dal gruppo “Se non ora, quando?”, fondato lo scorso anno dalla rappresentante d’Istituto Giulia Massimini, ma che continua ad essere impegnato e operativo, avremo ancora modo di raccontarvi la storia comune a molte donne, italiane e non, che vivono una situazione drammatica, spesso insostenibile, che sfocia nell’irreparabile! — IIIA 12 CULTURA & SOCIETÀ Once a scout, always a scout N ato nei primi di agosto del 1907 con un campo sperimentale nell’isola di Brownsea, nel Sud-est della Gran Bretagna, lo scoutismo oggi è un movimento diffuso in 216 Paesi e territori del mondo e di cui fanno parte 38 milioni di bambini, ragazzi, giovani, adulti, uomini e donne. Spesso quando si pensa agli scout li si identifica come ragazzi o ragazze perennemente in calzoncini corti, sempre pronti ad aiutare la prima vecchietta che si trova in difficoltà ad attraversare la strada o talvolta negativamente, come ad esempio li identificava il critico letterario del ‘900 Shaw George Bernard, di famiglia protestante di origine inglese, che nel 1925 ha vinto il premio Nobel (“Gli scout sono dei bambini vestiti da cretini, guidati da cretini vestiti da bambini”). Ma che cos’è in realtà lo scoutismo e cosa ha permesso il mantenimento e il perseguimento degli ideali scout in così tanti decenni? Sicuramente la risposta va ricercata all’interno dell’organizzazione stessa del movimento, nella fedeltà alla cosiddetta “promessa scout”, che sancisce l’entrata nel gruppo, nella solidarietà e rispetto reciproco… 13 RUBRICA CINEMATOGRAFICA Lo scoutismo non è una scienza astrusa o difficile; se lo vediamo nella giusta luce, è un gioco pieno di allegria. Allo stesso tempo ha un valore educativo e, come la bontà, è utile a chi lo dà come a chi lo riceve. Il termine “Scoutismo” è venuto a significare un sistema di educazione alla vita sociale per mezzo di giochi, sia per i ragazzi che per le ragazze. Baden Power, fondatore del movimento (1857-1941). • Spirito di fraternità e pace internazionale (“Più che mai ho adesso la sensazione che per mezzo dello spirito di fratellanza degli scout, estesosi in tutto il mondo, potremo fare un primo passo verso una pace internazionale riportando un concreto risultato. Tale pace non può ottenersi con leggi, ma solo essere fondata su un reciproco sentimento di fratellanza tra popoli”, B.P.) • Conseguimento della felicità (“Il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri”, “La felicità non viene stando seduti ad aspettarla”). • Attenzione verso i più bisognosi, disabili, carcerati, attraverso il servizio e la collaborazione con associazioni come la Caritas (“Essere buoni è qualche cosa, fare il bene è molto meglio”, “E’ con lo sforzo che si diventa forti”). • Ubbidienza non cieca, incondizionata alla legge scout, ma che implica una riflessione personale e razionale della realtà. • Tutela e rispetto dell’ambiente (“Cercate di lasciare il mondo un po’ migliore di quanto non l’avete trovato”; “L’uomo che è cieco alle bellezze della natura ha perduto metà del piacere di vivere”, “Attraverso monti e valli, con le bellezze del paesaggio che mutano ad ogni passo, ti senti un uomo libero. Non c’è piacere che si avvicini a quello di prepararsi il proprio pasto alla fine del giorno su un piccolo fuoco di braci ardenti; nessun profumo vale l’odore di quel fuoco...”). • Ideale di solidarietà e rispetto reciproci, purezza di pensieri, parole, azioni. • Superamento delle difficoltà (“Una difficoltà non è più tale una volta che ne abbiate riso e l’abbiate affrontata”, “Il Sorriso è una chiave che apre molti cuori”, “Un sorriso fa fare il doppio di strada di un brontolio”. “Un colpetto sulla spalla è uno stimolo più efficace di una puntura di spillo”) • Mantenimento della promessa data, lealtà, fedeltà, responsabilità. • Ottimismo (“Sforzati sempre di vedere ciò che splende dietro le nuvole più nere”, “Vedi il peggio ma guarda il meglio”) Come è scritto anche nel “Patto Associativo”, adottato nella sua prima versione quando l’Asso- ciazione Scout Cattolici Italiani (ASCI) si è fusa con l’Associazione Guide Italiane (AGI) formando l’AGESCI nel 1974, e successivamente rielaborato fino alla stesura attuale risalente al Consiglio Generale del 1999,” La nostra azione educativa cerca di rendere liberi, nel pensare e nell’agire, da quei modelli culturali, economici e politici che condizionano ed opprimono, da ogni accettazione passiva di proposte e di ideologie e da ogni ostacolo che all’interno della persona ne impedisca la crescita”. Lo scoutismo insegna infatti ad essere cittadini onesti, leali e attivi all’interno della società (“Guida da te la tua canoa”), senza seguire le regole del consumismo dettate dalla globalizzazione, attraverso il perseguimento dei propri ideali per tutta la propria vita. Razza Bastarda GENERE: Drammatico REGIA: Alessandro Gassman SCENEGGIATURA: Alessandro Gassman, Vittorio Moroni CAST: Alessandro Gassman, Giovanni Anzaldo, Manrico Gammarota, Matteo Taranto, Madalina Ghenea, Michele Placido NOTE: Adattamento della pièce teatrale “Cuba and his teddy bear” Roman è un emigrante rumeno cocainomane e spacciatore che vive in una baracca abusiva nella periferia di Latina: l’unica cosa che conta nella sua vita è Nicu, il figlio diciottenne, il suo “cucciolo”. Roman vorrebbe che suo figlio crescesse in maniera diversa, “è per lui che vorrebbe smettere con la droga, è per lui che non ha mai smesso”: per assicurargli un avvenire, una vita “normale”, una buona istruzione. Ma può un ragazzo che è stato alla luce in questo ambiente desiderare di vivere un’esistenza diversa? Razza Bastarda è il tentativo di mettere in risalto le problematiche di un ragazzo italiano di seconda generazione, di suo padre e della sempre più presente criminalità ai margini delle metropoli italiane, causa del disagio sociale ed economico vissuto dalle minoranze. Ottima è la scelta da parte del regista dell’utilizzo di un bianco e — di Valentina Midolo, IA nero “sporco” che evidenzia ancor di più l’illegalità e l’immoralità del mondo nel quale vivono i nostri protagonisti. Nonostante ciò, il tentativo da parte del padre Roman di voler cambiare definitivamente vita sembra farci vedere uno spiraAnche quest’anno, continuando una prestigiosa tradiglio di luce per un finale da “e vissero tutti felici zione del nostro liceo, dieci alunni sono stati invitati a far e contenti”, ipotesi che viene presto oscurata parte della Giuria Giovani del Premio David di Donatello. Gli studenti parteciperanno alla proiezione di venti proda un ultimo atto criminale per fare soldi, che duzioni cinematografiche italiane candidate al premio, non va come previsto, ma che costringe padre incontreranno, registi , attori e operatori cinematografici. e figlio a dover lottare insieme per uscirne. Scriveranno recensioni, sceglieranno i film da premiare, e Il finale, invece, sembra farci rassegnare al fatto due di loro che presenteranno le recensioni migliori sache le cose non cambieranno mai, che se un raranno ammessi a far parte della Giuria Giovani presso la gazzo nasce in un ambiente sfortunato, a conmostra cinematografica di Venezia e di Roma nel 2014. tatto con persone del tutto prive di morale, non Nel frattempo vi offriranno una selezione delle loro recensioni in modo da guidarvi nella scelta dei film da anpotrà mai avere una vita fortunata, ma neanche dare a vedere. dare una svolta alla sua esistenza che sarà semUna vera e proprio rubrica di critica cinematografica che pre legata a questo mondo, pieno di ipocrisie e mi auguro possa arricchire la qualità della rivista del noche dà poco valore alla vita, ma forse non così stro liceo e appassionare voi lettori alla scoperta critica e distante dal nostro. ragionata della grande magia del cinema. Prof.ssa Maria Letizia Parretti — di Virginia Cenciarelli, IVAL 14 RUBRICA: DIVERSO DA CHI? Morire di omofobia I l suicidio di un ragazzo di 21 anni, che decide di farla finita perché omosessuale in un Paese omofobo come il nostro, può dar corso a due tipi di reazioni. La prima è la rassegnazione. E’ la posizione di chi pensa che, in fondo, di morti e di suicidi ce ne sono tanti e che l’omofobia esiste in ogni Paese, anche nei più avanzati, e che quindi vi è sempre una vittima del sistema. Chi la pensa così non ha difficoltà ad ammettere che il bullismo esiste e che è difficile contrastarlo, che la legge rappresenta sempre un’arma spuntata e che ciò che è necessario cambiare è la cultura. E farlo è estremamente difficile. La seconda reazione la rabbia, ed è il genuino sentimento di chi è intimamente convinto che sia possibile cambiare, anche se chi è arrabbiato solitamente fa fatica ad individuare con lucidità gli strumenti per affrontare il problema. La questione è in verità molto semplice, e la sua soluzione sta in una terza via: queste morti vanno evitate. L’unico modo per evitare di vedere adolescenti morire è diffondere e difendere una cultura più inclusiva, una cultura che prevenga e combatta le discriminazioni e garantisca la piena parità dei diritti. L’art. 31 della nostra Costituzione dice che la Repubblica “tutela [...] l’infanzia e la gioven15 tù“; quindi, lo Stato ha l’obbligo di provvedere a che un giovane italiano non decida di morire e non si butti nel vuoto perché convinto di vivere in un Paese omofobo. Se la famiglia non riesce ad impedire tutto questo, deve farsene in qualche modo carico la società civile, e lo Stato. Quest’ultimo deve anzitutto smettere di fornire appoggio a gruppi, convegni o conferenze che diffondono messaggi sbagliati, discriminatori e violenti nei confronti dell’omosessualità. La scorsa settimana si è tenuto a Milano il convegno dal titolo “Ideologia del gender: quali ricadute per la famiglia“; chi ha potuto partecipare ha sentito dire senza mezzi termini che gli omosessuali sono pedofili, che l’omosessualità è una devianza da un comportamento ‘normale’ e che il leader da imitare per affrontare la questione è Vladimir Putin. Il tutto, apparentemente, sotto gli applausi scroscianti degli spettatori. E’ stato invocato un intervento del legislatore contro i comportamenti omosessuali, e l’omosessualità è stata paragonata alle pulsioni sessuali verso i morti, verso gli animali, verso RUBRICA: BATTAGLIE gli oggetti e verso i bambini. Tu, omosessuale, sei un criminale e/o un malato! Questo era il messaggio. E’ triste vedere come dei cattolici, o comunque delle persone con forte sentimento religioso, non si rendano conto di come questi loro messaggi brutali, metodologicamente errati e contenutisticamente aberranti stritolino la vita delle persone, impediscano loro di vivere la loro condizione con serenità e, molte volte, spingano dei giovani a togliersi la vita, e come pure l’appoggio finanziario ottenuto dallo Stato rappresenti davvero un attacco alla civiltà e alla democrazia, quando ad essere presa di mira è una minoranza statisticamente rilevante e attiva nell’agone politico. Si dirà che il ragazzo che si è suicidato a Roma, e gli altri due prima di lui – e tutti quei giovani gay e quelle giovani lesbiche che ogni volta che varcano la soglia di casa o di scuola stringono i pugni e i denti per fare i conti con una situazione che non hanno cercato, che non hanno voluto – era emotivamente fragile, magari con qualche altra motivazione, e via dicendo. La verità è che ogni morte per omofobia è un j’accuse diretto e senza appello non per chi, pur impegnandosi, sente di aver fatto poco per diffondere e difendere una cultura più inclusiva, ma per chi, proclamandosi portatore di verità assolute e non negoziabili, ha perso il contatto con la realtà, con il prossimo, e con la sua missione nel mondo, e non si smuove di un millimetro dalle proprie convinzioni neppure di fronte a una morte atroce come quella di un ragazzo di 21 anni che non ce la faceva più. Tutte queste persone hanno la piena responsabilità di quella parte dell’Italia di oggi, omofoba e razzista, che condanna a morte un giovane perché gay. — di Jessica Andracchio, IV CL Battaglia di Canne IL PERIODO STORICO Ci troviamo nel 216 a. C nel Sud Italia, Annibale aveva già sconfitto negli anni precedenti, ovvero nel 218 a.C. sulla Trebbia e sul Ticino e nel 217 a.C. presso il lago Trasimeno, i Romani e per loro la situazione era piuttosto grave nonostante Annibale non avesse deciso di assediare Roma. I PERSONAGGI Annibale Barca , condottiero cartaginese e astuto stratega, scese in Italia per sconfiggere i Romani verso cui covava un odio profondissimo influenzato grandemente dal padre Amilcare Barca. Lucio Emilio Paolo, console patrizio romano, e Gaio Terenzio Varrone, console plebeo romano, quest’ultimo decise di dare battaglia contro Annibale essendo fiducioso nelle sue legioni. IL LUOGO Vi è un lungo dibattito sul luogo dello scontro: secondi alcuni studiosi, infatti, la battaglia fu presso l’Ofanto secondo altri presso il Fortore, entrambi sono fiumi che scorrono all’incirca vicino Barletta. Con sicurezza possiamo dunque dire che si svolse nella parte centrale della Puglia. LE FORZE IN CAMPO Annibale poteva contare su un esercito di circa 50,000 soldati provenienti da Libia, Iberia e Gallia di cui 40,000 appartenenti alla fanteria pesante e leggera e 10,000 alla cavalleria da tiro. Il problema maggiore dell’esercito cartaginese era la multietnicità, poiché non vi era molta coesione tra i soldati che non appartenevano alla stessa nazione. Annibale, però, con il suo carisma riuscì a mantenere unito il suo esercito. I Romani avevano schierato in campo ben 80,000 soldati di cui 70,000 erano legionari sia reclute che veterani e il resto invece era composto da velites (ovvero giavellottisti) e cavalleria. LO SCONTRO Iniziò tutto con la tipica schermaglia tra i tiratori che, sollevando una gran quantità di polvere, sarà determinante per l’esito dello scontro. Quando le rispettive fanterie vennero a contatto, la superiorità romana, per disciplina e organizzazione, si dimostrò decisiva e furono inflitte ingenti perdite all’esercito cartaginese. Di quest’ultimo il centro dello schieramento iniziò a retrocedere lentamente -come aveva previsto Annibale- mentre le ali riuscivano a mantenere la posizione. Nel frattempo, le cavallerie si scontrarono e prevalse quella cartaginese, che, coperta dalla polvere dopo aver inseguito e massacrato i nemici in fuga, si volse in direzione dello scontro tra le fanterie e caricò violentemente quella romana che si ritrovò accerchiata da ogni lato e così venne massacrata. COMMENTO PERSONALE Questa battaglia fu di grande importanza nella storia poiché grazie ad essa i Romani vinsero la Seconda Guerra Punica. Infatti il giovane Publio Cornelio Scipione apprese le tattiche del condottiero cartaginese e le usò contro di lui, al contrario dei suoi coevi, nella fatidica battaglia di Zama (202 a.C.). Nonostante la grande vittoria, Annibale non riuscì a compiere l’impresa di vincere la guerra contro i Romani poiché non aveva l’appoggio dei suoi concittadini ed egli stesso, come disse il suo caro amico Marbale, sapeva benissimo come ottenere la vittoria, ma non come sfruttarla. — di Michelangelo Conserva, IC 16 RUBRICA: GREEN(H)EART(H) Oggi a pranzo: pasta e orrore C osa spinge le persone ad apportare un cambiamento alla propria vita, è sempre un evento particolare, il cui solo assistervi comporta già di per sé un cambiamento. Ci si dice che “così non può continuare”, ci si rende conto che fino a poco prima ci si trovava immersi nell’ignoranza, talvolta nell’indifferenza, e allora si cerca di emergere. Questo fatidico “evento”, però, non deve essere necessariamente qualcosa di scandaloso, che per una settimana infuoca gli animi della massa e il giorno dopo viene immancabilmente dimenticato. Viene diffuso un video su youtube sul maltrattamento di una mucca in un allevamento e la gente smette di mangiare la bistecca per una settimana perché “fa senso”, ma passato quel primo momento torna tutto alla normalità. Allora, forse, sarebbe bene parlare dell’orrore quotidiano, quello che, silenziosamente, ci tocca da vicino. 17 SPAZIO SCACCHI Ad esempio, vi siete mai chiesti quali siano i veri ingredienti di un fumante e profumato piatto della nostra cara pasta alla carbonara? noi non vogliamo che accada, quindi, molto semplicemente, gli strappiamo via i denti con le tenaglie, e gli blocchiamo le zampe a quelle quattro mura che sono e sempre saranno il Con allevamento intensivo si intende una suo unico forma di allevamento che utilizza tecniche panorama. industriali e scientifiche per ottenere la E si anmassima quantità di prodotto al minimo drà avanti costo e utilizzando il minimo spazio, tipi- così, fino al camente con l’uso di appositi macchinari giorno del e farmaci veterinari. giudizio. Pancetta: inizialmente si trattava di un maialino. Nato da una madre immobilizzata a catena corta e vista non più di poche ore, è stato nutrito con latte artificiale in un box che è stato la sua vita, ma che non è cresciuto di certo insieme a lui. Appena 25 giorni dopo è stato castrato senza il lusso dell’anestesia. Il suo unico pasto è stato a base di farine di carne, probabilmente la stessa carne che lo aveva dato alla luce, e altri scarti industriali, condito ovviamente di svariati farmaci e antibiotici per impedire alle patologie da avvelenamento di scatenarsi. Quando la mancanza di aria, di luce e di movimento ha cominciato a manifestarsi in malessere e disturbi psico-fisici, il nostro maialino potrebbe aver voluto farsi del male. Ma www.wikipedia.com Uova: Inizialmente si trattava di una gallina. Cresciuta in un capanno di pochi m² con migliaia di altre sue compagne e una superficie calpestabile pari a quella di un foglio A4, il suo compito è stato solo ed esclusivamente quello di produrre uova a iosa. Se per caso qualcuna di esse fosse stata fecondata, non sarebbe stato un problema: le macchine trita-carne esistono proprio per evitare il sovraffollamento da pulcini, che vi vengono gettati dentro vivi senza pensarci una volta di più. Anzi, tanto di guadagnato: materia prima per il nutrimento degli altri polli. Crescendo in uno spazio tanto ristretto può accadere di scontrarsi con altre galline: succede, quando non si ha la libertà di camminare. Ma c’è una soluzione anche a questo, più semplice di quanto si pensi: debeccaggio (taglio del becco) e, se necessario, occhiali di plastica per evitare il cannibalismo tra polli. E avanti così, fino al giorno del giudizio. Parmigiano: Inizialmente si trattava di una mucca da latte. Come risaputo, perché la mucca produca latte deve prima partorire un vitello. Si procede, dunque, all’inseminazione artificiale -procedura non indolore- circa una volta all’anno. Ogni volta, il cucciolo le è stato strappato 2 giorni dopo la nascita, e il latte che per natura gli sarebbe spettato di diritto è finito invece nelle nostre pance. Il piccolo è stato poi cresciuto con un latte in polvere chimicamente prodotto e impoverito delle sostanze nutritive al fine di rendere la sua carne bianca e poco nutriente (la ricercatissima “fettina”) come richiesto dal mercato. La nostra amata mucca è stata invece identificata con un numero di serie e trattata come una macchina, munta con bracci meccanici che non si sono fermati finché, oltre all’ultima goccia di latte, non hanno spremuto via anche l’ultima goccia di vita. Questi sono solo alcuni esempi di quella che è la “vita” -e ci vuole coraggio a definirla talenegli allevamenti intensivi. Una condizione che stabiliamo tutti noi soltanto scegliendo cosa mettere nel nostro carrello quando andiamo a fare la spesa, e di cui noi siamo, in modo più o meno diretto, i responsabili. Ditemi, ora: condito di un’abbondante spolverata di verità e accompagnato da una discreta dose d’informazione, il piatto di carbonara riesce comunque a conservare lo squisito sapore inziale? — di Giuditta Migiani, IIIAL Gli scacchi: attrazione fatale? L’ origine degli scacchi è avvolta nel mistero. Ritrovamenti archeologici fanno ipotizzare che la culla del nobil giuoco siano state India e Cina, ma l’unica cosa certa è che ha avuto origine in Oriente ed è stato poi importato in Occidente grazie alla mediazione dei Persiani e degli Arabi attorno all’anno 1000. Proprio in Occidente, fra il XVI e il XVII sec, sono nati i primi giocatori che hanno dato un contributo importante allo sviluppo del gioco come lo conosciamo oggi: Ruy Lopez in Spagna e Giocacchino Greco in Italia. Più importante della loro storia, però, ritengo sia capire cosa sono veramente gli scacchi. Molti avranno sentito parlare di Garry Kasparov –più per la politica che per gli scacchi- e di Bobby Fischer, il misterioso e affascinante protagonista del match mondiale del ’72, che ha ridato vigore al gioco entusiasmando il mondo intero e facendo avvicinare agli scacchi anche chi, prima di allora, non conosceva neppure il movimento dei pezzi. Chi non conosce il gioco tende a considerare il lato umano di questi giocatori anziché il genio degli scacchi e non di rado si sente l’affermazione “gli scacchisti sono pazzi”. A tal proposito, bisogna distinguere fra chi è preso così tanto dal gioco da farne l’unica ragione di vita e chi, pur giocando a livello agonistico, riesce in una certa misura a separarlo dalla vita reale. Tuttavia anche la seconda categoria tende a vivere la ‘vita reale’ dal punto di vista scacchistico, tanta è l’attrazione magica e, per così dire, fatale di questo gioco. Quasi tutti gli scacchisti di élite, fortunatamente, hanno anche altri interessi, fra cui il tennis sembra quello prediletto, ma anche la corsa (Boris Spasskij, campione del mondo e avversario di Fischer nel ’72, era anche un grande atleta), il ping-pong (è il caso di Judit Polgar, entrata nella storia per essersi inserita con successo nelle graduatorie maschili), il calcio (ottimi giocatori di calcio sono Kasparov e Carlsen che, proprio in questi giorni, a soli 22 anni, sta disputando il campionato mondiale), il nuoto (Fischer era un grande nuotatore), il bridge, la dama, il poker, nonché la matematica, la filosofia, la fisica e altre scienze. Il secondo campione del mondo Emanuel Lasker, per esempio, era anche matematico e filosofo amico di Einstein, con il quale discusse vari aspetti della teoria della relatività. Per quale motivo allora prediligere gli scacchi a questi altri interessi? Lasker risponde così: “Io vorrei lasciare gli scacchi, ma sono loro che non lasciano me”. E’ difficile spiegare in che misura si è coinvolti nel gioco e il significato che esso assume per un giocatore. Io perlomeno 18 SPAZIO SCACCHI non sono riuscita a trovare una buona risposta alla domanda “Perché ti piace giocare a scacchi?”. E’ come dover spiegare perché si ama una persona; non esiste una risposta, è un sentimento così forte che non si trovano parole per definirlo. Come nasce questo sentimento? Neppure a questo so rispondere. Io gioco a scacchi per ironia della sorte: il gioco non mi piaceva affatto prima di partecipare a un corso a scuola; ho fatto quel corso perché, essendo appena arrivata dalla Romania, non conoscevo il significato della parola ‘scacchi’ e m’incuriosiva; quando ho scoperto di cosa si trattava, era troppo tardi per tornare indietro. Credo sia stata la voglia di vincere a legarmi agli scacchi. Vittoria dopo vittoria, sconfitta dopo sconfitta ero sempre più assorta nel gioco. Il sentimento è nato dunque a poco a poco senza che me ne rendessi conto e se ho avuto la possibilità di viaggiare, di conoscere l’inglese, la geografia, la logica, di entrare in contatto con persone importanti da cui ho imparato molto e di formare il mio carattere, devo tutto agli scacchi. Il consiglio degli psicologi è quello di incoraggiare i bambini alla scacchiera, poiché le capacità propedeutiche degli scacchi sono indiscutibili, ma senza negare loro le attività di svago. E se qualcuno considera gli scacchi una ‘malattia’, sappia che è una malattia piacevole. — di Daniela Movileanu, IA 19 RACCONTO CONCORSO Chi volesse divertirsi a risolvere qualche posizione di scacchi troverà in ogni numero due diagrammi, uno medio e uno facile. Facendomi avere le soluzioni (mi trovate in IA o su facebook), sarà possibile creare una classifica e premiare i primi tre con materiale scacchistico o interessanti libri sull’argomento! Medio: il bianco muove e dà scacco matto in tre mosse Facile: il bianco dà scacco matto con una mossa - questa posizione è nota come ‘matto del barbiere’ Il carnevale della ruggine U n tempo piccoli uomini venivano partoriti nella terra fresca di un mondo nuovo e nutrendosi di essa prendevano forma, e crescevano. E crescendo si accorgevano che erano deboli e la loro debolezza li portava velocemente alla morte: essa infatti non risiedeva nel corpo ma nell’animo. Per cui, ancor prima di inventare lo scudo, gli uomini credettero più utile creare la maschera. Un uomo prese dalla terra della creta e modellò con le sue mani qualcosa di molto simile al suo viso, senza espressione, senza colore, e lo indossò: e così fecero altri uomini come lui, vedendo che il primo uomo era diventato più forte. La stirpe degli uomini dunque proseguì, sopravvivendo, e nascondendo la sua vera natura dietro un’apparente immagine di sé. Col tempo dalla creta si passava alla terracotta, e dalla terracotta al ferro, e così l’uomo migliorava le proprie tecniche. Nel frattempo i piccoli uomini morivano, ma, mentre il loro corpo si disfaceva nel tempo, la loro maschera restava integra nelle profondità della terra, e lì giaceva indisturbata. Dai piccoli uomini ne nascevano altrettanti, alcuni destinati a rimanere piccoli e a seguire lo stesso corso di chi li aveva preceduti, altri nati per la grandezza e per dare qualcosa di nuovo al mondo che ancora era giovane ed inesplorato. Gli uomini, quindi, cominciarono a pensare oltre la loro maschera. Si chiedevano a come fosse il resto di ciò che li circondava, al di là dello strato sottile di ferro, che limitava la loro visuale e il loro pensare. Ma molti temevano quali potessero essere le risposte: per cui semplicemente smettevano di pensare, dimenticavano il motivo delle loro preoccupazioni e continuavano a vivere come avevano sempre fatto. Oppure chi davvero era desideroso di sapere e di cambiamento, decideva di fare qualcosa di diverso, e si toglieva la maschera. Ma privarsene significava lasciare allo scoperto una parte troppo delicata di sé: essi giravano a viso nudo e subivano lo scherno e il rifiuto degli altri uomini per la loro sfrontatezza: il coraggio di mostrarsi per come erano realmente li elevava e, inconsapevolmente, da piccoli diventavano grandi uomini. E dunque iniziavano ad utilizzare la maschera in un’insolita maniera: la osservavano a lungo, ed iniziavano ad inciderla, a tagliarla, a darle una forma diversa, a colorarla, e traevano ispirazione dalle meraviglie che solo loro riuscivano a vedere. Ma sfogare le passioni suscitate dalla grandezza del mondo in questo modo non bastava, perché non c’era nessuno con cui condividerle: infatti bisogna dire che l’uomo vede se stesso solo nell’opinione che gli altri hanno di lui: non essendo accettati, dunque, i grandi uomini si indebolivano e non vivevano abbastanza a lungo per raggiungere il loro scopo, cioè cambiare il mondo. Le loro maschere giacevano, abbandonate, incustodite, e talvolta altri individui, notandole e vedendo che erano molto più colorate e particolari delle proprie, le raccoglievano e se ne impossessavano. Le vedevano infatti molto più gradevoli di quelle che avevano. E per rabbia e per invidia sostituivano la propria con una di quelle trovate e, sia perché ancora troppo legati alla precedente, sia per cupidigia, tenevano con sé una o più maschere. Così l’umanità progressivamente iniziò a fare lo stesso e, con l’assumere quello che era stato il volto apparente di altri, iniziava a fingere di aver avuto il coraggio di scoprire il mondo come avevano fatto gli uomini grandi. Ognuno si vantava della propria maschera, che aveva con molta fatica trovato e raccolto dal terreno, suscitando la rivalità di chi lo ascoltava. Un giorno però agli uomini non bastò più trovare le maschere, loro desideravano anche quelle degli altri. Ed iniziarono a contendersele, ad uccidere per esse, a spezzarle e a ridurle in tanti frammenti, che si dispersero velocemente nel mondo. Ognuno allora componeva la sua maschera a proprio piacimento, chi raccogliendo un frammento di qua, chi di là, e mettevano insieme maschere uniche nel proprio genere e di incomparabile bellezza. L’unico inconveniente era che col tempo sulle maschere di ferro si era andata a formare come una patina che ne copriva i colori, e gli uomini cercavano in tutti i modi di eliminarla: chi provava a lavarla, 20 RACCONTO a grattarla via, a strofinarla, ma nessuno riusciva nel suo intento. Così gli uomini impararono a non farci più caso: tutti sapevano che in realtà quegli oggetti non erano completamente frutto del proprio lavoro, tutti sapevano che quelle maschere non sarebbero mai state totalmente loro, e quella ruggine era lì a ricordarglielo. Nessuno però lo diceva apertamente e tutti vivevano con serenità. E così il tempo passò, gli uomini non cambiarono, alcuni fecero la storia, altri assistettero solamente, alcuni morirono giovani, altri vissero a lungo. Le loro maschere o parti di esse ora sono indosso a qualche giovane, che ne possiede innumerevoli altre, e le cambia a seconda del suo umore. Oggi c’è una grande festa: uomini e donne scendono in strada, indossano vesti bianche, abiti di luminosità sgargiante, insieme alle maschere che hanno ritenuto più opportune all’evento. Sfilano in una grande parata, ballano al ritmo della banda e si scatenano, ricordando i giorni passati e gli uomini piccoli che colsero per primi da terra le maschere ora considerati grandi, sorridono, vengono fotografati: ma nessuno vedrà mai il loro sorriso, perché nascosto da un sottile strato di ruggine. (Titolo tratto dalla canzone “Carnival of Rust” dei Poets of The Fall) — di Federica Sasso, IIIC 21