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L’ADOLESCENZA:
VERSO LA FORMAZIONE DEL SE’
Di Franco Pastore
* Verso la form.del sé
* Lo sapevate che…
* I telefonini
* Foscolo
* G. D’Annunzio
* Sofocle: Il Filottete
* Ciomma
* Detti e modi di dire
* La donna nella letter.
* La donna nella storia
* Giocando con i class
* Nicodemo: Bioetica
* Il mito: Zeus
* Sesso nel mondo ant.
* Giochi antropologici
* Salerno Cultura
* Vizzini
* Piatti tipici
* Onomastica e topon.
* La verginità
* il sonno
* Sul pianeta terra
* Il gallismo a Salerno
Anno IV- n.14
del 30/09/09
L’evento critico che spinge l’adolescente ad avviare i processi di
esplorazione è la serie di cambiamenti, che caratterizzano l’avvio del
periodo adolescenziale e che obbligano il giovane a ricercare nuovi
equilibri, per costruirne di più avanzati.
La presenza “dell’altro”, nella costruzione di sé, è un dato
fondamentale in ogni società ed in ogni cultura. Infatti, il processo di
costruzione del sé può essere descritto come un prodotto sociale e
culturale, che si realizza nelle situazioni interattive alle quali il bambino è
introdotto fin dalla nascita.
La costruzione dell’identità risulta dunque essere un percorso particolarmente difficile nell’attuale società, per via della mancanza dei punti
di riferimento che, mai come nella fase adolescenziale, si rivelano di
così grande importanza. Nell’attuale contesto sociale diventa sempre più
difficile sviluppare un’identità che si mantenga stabile e, al tempo stesso, coerente. Infatti, la fase in cui ci troviamo ora, definibile come era
postmoderna, è caratterizzata da diversi cambiamenti riconducibili, a:
- profonda crisi di fiducia nella scienza e nel progresso, che porta alla
necessità di porre dei limiti allo sviluppo, per evitarne le deviazioni e gli
eccessi; disimpegno dalle ideologie o attenuarsi delle tradizionali
opposizioni ideologiche;
- senso del vuoto e del disorientamento, che in adolescenza è particolarmente evidente, perché si ha l’assenza quasi totale di obiettivi e
valori verso cui tendere, che sono invece essenziali punti di riferimento
per lo sviluppo, soprattutto in questo periodo di vita;
- ripiegamento e chiusura in sé, nel presente e nei bisogni immediati. Le
ripercussioni di tali cambiamenti portano all’emergere di perso-nalità
narcisistiche, legate più che altro all’assenza d’impegno, all’apa-tia,
all’appagamento nel presente dei bisogni. Tali caratteristiche, evi-denti
anche negli adolescenti di oggi, mostrano personalità caratterizzate o
da profonde insicurezze ed ansia, o da grande superficialità, che
conducono ad un edonismo frivolo e futile. Possono anche emergere
personalità non autentiche, in cui si ha il prevalere dell’omologazione e
dell’uniformità oppure, personalità opposte. Si possono sviluppare
anco-ra personalità frammentate: l’individuo non si realizza più all’interno di un unico ruolo, ma si trova a vivere contemporaneamente più
identità.
La formazione dell’“idea di Sé” non inizia e si esaurisce con l’adolescenza, ma è un processo che ha inizio nei primi anni di vita e, pur
raggiungendo una fase di relativa stabilità (l’età adulta), non termina mai
e vede momenti di rielaborazione lenta (invecchiamento), che talvolta
rappresenta un radicale cambiamento nello status lavorativo o sociale.
È un processo che vede un graduale mutamento del peso specifico ed
assume, come componenti dell’“idea di sé”, la rappresentazione del
1
passato e quella del futuro: mentre un adolescente è proiettato verso il futuro, vive soprattutto
se stesso come è e come vorrà divenire, una persona anziana è più rivolta verso il passato, a
ciò che è riuscita ad essere e a fare. Sebbene questo processo ha inizio durante l’infanzia,
subisce nell’adolescenza una notevole accelerazione, vede ormai in gioco tutte le componenti
dell’idea di sé e può essere caratterizzato da forti tensioni emotive.
Per capire meglio che influenza ha l’idea di Sé nel periodo adolescenziale è necessario
descrivere brevemente le fasi di questo lungo processo che ha origine nell’infanzia. 2
Il primo periodo è circoscritto ai primi 12 anni di vita che Peter lo definisce come un
“identità vissuta”, in questa fase che vede già l’apparire di alcune componenti fondamentali
dell’idea di sé. Intorno ai 2 anni il bambino giunge a prendere coscienza di essere un’individualità a sé stante, separata da quella della madre, con una volontà propria, con proprie
capacità di autonomia.
Fra i 3 e i 6 anni i bambini diventano consapevoli della propria identità sessuale e di avere un
corpo che, benché simile per molti aspetti a quello degli altri, è tuttavia diverso, riconoscibile
per qualità tipiche: la voce ed il colore dei capelli.
Durante il periodo della scuola primaria, grazie al continuo confronto con i coetanei, emerge
nel bambino la consapevolezza di possedere delle abilità di tipo fisico e psicologico. Un
bambino può porsi come “il più veloce di altri nella corsa”, “il più bravo nel disegnare”, ma
essere timido ed impacciato con le persone sconosciute.
Il fatto che la presa di coscienza di queste varie componenti dell’idea di sé è dovuta al
carattere prevalentemente “vissuto” dell’esperienza che di esse compie il bambino. Nel
periodo della scuola primaria, la presa di coscienza di queste “capacità” è il risultato di situazioni in cui il bambino si viene a trovare indipendentemente dalla sua volontà. Ad esempio,
viene organizzata nel cortile della scuola una gara di corsa e lui scopre di essere il più veloce
del gruppo; gli viene insegnato a leggere, e si accorge di riuscire a farlo con più facilità di altri.3
Un secondo periodo, definito come “identità cercata, che copre la fase della preadolescenza, avvengono sostanzialmente due progressi essenziali. Con la marginalità psicologica
volontaria vi è una ricerca sempre più attiva, da parte di un ragazzo, di situazioni nuove in cui
“provare se stesso”, saggiando le proprie capacità fisiche e psicologiche e confrontandole con
quelle degli altri. In secondo luogo, egli giunge a prendere coscienza di tali abilità, ed anche a
metterle consapevolmente in rapporto fra loro, sviluppando così dei tentativi di sintesi, che
sono certo ancora limitati alle richieste poste dalle situazioni specifiche, ma che permettono di
superare la fase dell’esperienza di sé “per qualità sparse”. Per esempio “ per uscire da questa
situazione di difficoltà, ci vorrebbe una certa forza fisica, e io non ce l’ho, però posso supplire
con l’intelligenza, trovando una via più indiretta, o con spirito di iniziativa, andando a cercare
qualcuno che mi aiuti, aspettando che arrivi qualcuno” e così via.
Il terzo periodo, chiamato “identità riflessa”, coincide con l’adolescenza ed è caratterizzato da una riflessione centrata sulla propria persona e da una ricerca attiva di sintesi, ovvero
di una immagine di sé unitaria. Continua ad esservi, come nei periodi precedenti, ricerca di
situazioni nuove in cui “provarsi”, ma trattasi non solo delle capacità fisiche o mentali, bensì
anche delle “capacità sociali” (la capacità di sapersi fare ascoltare), dei tratti di carattere
(giocosità, malinconia), delle qualità che entrano in gioco nei rapporti sentimentali e nella vita
sessuale (tenerezza, gelosia e fedeltà). Prova le sue “capacità sociali” (la capacità di sapersi
fare ascoltare), sperimentando tratti di carattere (giocosità, malinconia) e qualità che entrano in
gioco nei rapporti sentimentali e nella vita sessuale (tenerezza, gelosia e fedeltà). L’adolescente riflette più a lungo che in precedenza, cercando di metterle in rapporto fra loro e di
elaborare una complessiva immagine di Sé. In quest’immagine l’adolescente tenta di cogliere
in forma riflessa (e non più solo di vivere) le luci e le ombre. 4
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1.
2.
3.
4.
MEAD G.H.; “MENTE, SE’ E SOCIETA’”; FIRENZE, GIUNTI BARBERA, 1966.
MEAD G.H.; “MENTE, SE’ E SOCIETA’”; FIRENZE, GIUNTI BARBERA, 1966.
D. MARCELLI, A. BRACONNER; “ PSICOPAROLOGIA DELL’ADOLESCENTE”; MASSON.
D. MARCELLI, A. BRACONNER; “ PSICOPAROLOGIA DELL’ADOLESCENTE”; MASSON.
2
LO SAPEVATE CHE
OCCORRE OSSERVARE DELLE REGOLE PER CONSERVARE CIBI ED ALIMENTI VEL FRIZER?
I primi piatti di pasta si congelano bene, in particolare quelli come le lasagne al forno o
altre preparazioni gratinate, mentre il riso tende a risultare poi un po’ scotto a meno che non se
ne scelga una qualità adatta.
Tutte le salse, si possono surgelare, per quelle a base di burro è consigliabile uno
scongelamento a bagno maria, così come per i ragù, per tutte comunque sempre meglio una
conservazione in dosi piccole e separate.
Le carni si conservano bene crude in sacchetti impermeabili ma scongelandole perdono
liquido e peso e se avevate conservato un pezzo per il bollito… meglio usarlo per il brodo. Il
pollame, d’allevamento o di cacciagione, va spennato e pulito e se vi piacciono fegatini,
rognoni ecc… conservateli a parte. Se vi è avanzato dell’arrosto o del brasato, benissimo ma
quando lo scongelate fatelo lentamente e poi riscaldate bene il tutto in pentole adatte, magari
di terracotta, che sono in grado di esaltarne nuovamente il sapore.
I pesci devono essere preventivamente lavati e puliti, i frutti di mare vanno lasciati nel loro
guscio dentro sacchetti impermeabili, così per i crostacei che volendo si possono congelare
sgusciati ma poi non friggeteli, usateli in zuppe o insalate. Le verdure si surgelano dopo pulizia
e lavaggio, tagliate o intere, da sole o mescolate, preferibilmente in sacchetti trasparenti e in
particolare: i pomodori interi o pelati, gli zucchini e le melanzane affettate, con o senza buccia
e si possono friggere ancora congelati. Anche gli asparagi si possono bollire congelati, meglio
legarli in mazzetti preventivamente lavati; tritate le erbette e gli aromi. I tuorli d’uova si possono
conservare bene già strapazzati, da soli o mescolati all’albume.
I formaggi sono alimenti subdoli e ruffiani, nulla a che vedere con la sincerità calorica di un
dolce, i formaggi si travestono da cose bianche (il colore della verginità, ma diffidate dalle
mozzarelle nelle diete) ci confondono i sensi con profumi che solo a sentirli il nostro stomaco
prende coscienza di se stesso ed urla in giro la sua presenza, come resistere all'aroma di un
Castelmagno o di una tomina tre latti?
Ora io vi do qualche idea di abbinamento con il tè... ma se comprate un grande
formaggio... vino per favore, redimiamo quel piccolo peccato di gola trasformandolo in un
'esperienza gustativa' VINO ...e che sia grande!
Personalmente trovo che il tè affumicato (ad esempio il Lapsang Souchong, tè nero cinese
fortemente affumicato dal legno di abete rosso) si adatti bene con formaggi come la fontina, il
taleggio, la toma piemontese, la ricotta affumicata; su formaggi abbastanza freschi e poco
impegnativi un Earl Grey (sempre lui) oppure un tè verde che con il suo profumo erbaceo si
sposa bene con i profumi d'alpeggio che rimangono invischiati nel latte.
Attenzione ai formaggi con un alto tasso di succulenza come le mozzarelle e il
mascarpone con cui il tè, a mio avviso, non si accorda affatto bene. Pericoloso anche il
Parmiggiano e tutti i formaggi di lunga stagionatura. Matrimonio quasi impossibile con gli
erborinati (tipo gorgonzola) caratteri troppo diversi, si rischia il litigio e non è piacevole vedere
certe scene nel bel mezzo di un rilassante tè del pomeriggio.
Piuttosto provate un gorgonzola serio (ma serio sul serio) con una marsala Vecchio
Samperi di De Bartoli (il vino deve essere fresco, guai se a temperatura ambiente) con i suoi
sinuosi profumi di nocciola, magari con un velo sottilissimo di miele di castagno o provate una
tomina tre latti con un vin santo di nosiola... e che ne dite di un Castelmagno con una malvasia
delle Lipari di Houner che con quel profumo di rosmarino e macchia mediterranea... è già
estate!
Divertiamoci con il tè, usiamolo se abbiamo organizzato una cena apposta per stupire un
poco... ma per farvi amare dai vostri ospiti organizzate una cena solo di formaggi e grandi vini
(ricordate però che la mozzarella di bufala ha un carattere solitario).
3
LA PILLOLA ABORTIVA RU486 SOTTO I RIFLETTORI DEI MEDIA
Da settembre, salvo sorprese, le donne che decideranno di sottoporsi ad aborto potranno quindi scegliere attraverso quale
metodo farlo; se attraverso la via chirurgica o per mezzo dell'RU486. Di fatto questa pillola, a cui se ne associa un'altra, antiulcera,
che provoca l'espulsione del feto-figlio, sembra contrastare nettamente con la legge 194 sull'aborto che prevede il ricovero della
donna. Nel caso dell'RU486, infatti, non si sa con certezza quando si verificherà l'aborto, se in tre o più giorni. Se la donna decide
di lasciare l'ospedale prima dell'aborto nessuno può obbligarla a restare. Ecco quindi aggirata la legge 194 ed ecco riportato
l'aborto in una dimensione, privata, di estrema solitudine e di rischio sia fisico che psicologico. Ma va detto anche che nel nome
della terapia, l'RU 486 porta davanti agli occhi di tutti un elemento, peraltro poco o nulla rilevato, come una specie di lettera
rubata, a nostro avviso terrificante: per la prima volta constatiamo la messa a punto di un farmaco il cui obiettivo non è di curare
una malattia, bensì di porre fine ad una vita umana. O, meglio, sembrerebbe che la gravidanza venga annoverata, più o meno
esplicitamente nel sentire comune, come una patologia, nella misura in cui una donna, non scegliendola, è costretta a subirla.
L'aborto, allora, potrebbe configurarsi, secondo questa visione, come la liberazione da una malattia o, più propriamente, da un
male di vivere. Un farmaco è, tuttavia, per definizione un mezzo che viene utilizzato per lenire, se non per debellare, una
malattia.L'altra parola magica che si lega a questo concetto è sperimentazione. E, nel caso specifico dell'RU 486, da decenni si
sperimentano sulle donne farmaci tossici di cui non si conoscono o non si percepiscono fino in fondo i rischi a breve, medio e
lungo termine. Di norma, si può agire così, quando non vi siano ragionevoli alternative, quando cioè non usare una terapia
sperimentale avrebbe come unica alternativa la morte della persona. Ma in questo caso - non trattandosi di malattia - il termine
"sperimentale" cade per definizione. Un altro motivo che ci porta a raccontarvi qualcosa sull'RU 486 consiste in un secondo
elemento, anch'esso storico e inedito: a consentire ricerche e sperimentazioni, a decretare la necessità che occorresse investire
su questa molecola, è stata l'azione tempestiva e anticipatrice dei mezzi di comunicazione. Senza la stampa, l'RU 486 sarebbe
rimasta nei cassetti dei ricercatori. Senza i media non avremmo assistito ad alcuna sperimentazione. Senza la stampa i Governi
(specie quello americano e quello francese) non sarebbero mai intervenuti nella vicenda. Senza i titoli a nove colonne, che
andavano annunciando una rivoluzione farmacologica senza pari in seguito all'invenzione degli anticoncezionali, i ricercatori che
posero mano all'RU 486 non avrebbero probabilmente avuto credito per proseguire nelle proprie ricerche.
Sono stati i media in generale, infatti - prima ancora che vi fossero evidenze scientifiche ragguardevoli, che si sapesse a cosa
mirasse la nuova pillola, e che gli stessi ricercatori si entusiasmassero per le proprie scoperte -, a proporre qualcosa che non
conoscevano, e che nessuno conosceva, come una rivoluzione positiva della quale la società avrebbe avuto bisogno e presto
avrebbe fruito.Una ragione ulteriore a fondamento della riflessione risiede nel panorama in certo modo "sconsolante" dei media,
soprattutto italiani, che sui rischi legati agli effetti collaterali di questa sostanza hanno quasi sempre taciuto o tirato via. Ecco
perché l'analisi parte dai media italiani, i quali avrebbero dovuto ricostruire la storia di questo farmaco, metterne in evidenza pregi
e difetti e non sposare tesi precostituite senza, peraltro, degnarsi di vagliare appropriatamente una materia così complessa e
delicata, riguardante non solo la salute delle donne ma anche i cambiamenti a cui la nostra società viene sottoposta attraverso il
controllo della generazione umana. In Italia, con l'eccezione dei quotidiani Il Foglio e Avvenire, era ed è impossibile far arrivare
all'opinione pubblica un'informazione corretta e articolata sull'RU 486. Infine, un ultimo motivo. Il destino dell'RU 486 non è affatto
compiuto. E questo sia nel caso essa sparisca dalla faccia della terra sia che venga adottata da tutte le donne del mondo. La
ragione è semplice, anche se non immediatamente percepibile: il suo obiettivo primario non era, forse non è mai stato, quello di
favorire un aborto farmacologico, considerato meno invasivo; al contrario, fin dalle prime ricerche sugli ormoni, era addirittura, ed
è tuttora, quello di giungere alla messa a punto di una pillola che agisca prima della contraccezione e prima di un aborto, in
sostanza permettendo alle donne di inibire il ciclo mestruale e di riprenderlo solo nel momento in cui scelgano di avere un figlio.
Sarebbe interessante e auspicabile, oltre che necessario, che qualcuno, prima o poi, decidesse di scrivere una storia della
contraccezione, guidata, nella sua compilazione, da interessi esclusivamente scientifici. Ne uscirebbe un quadro inedito, e
rattristante, in cui le donne si accorgerebbero, forse, di quale tipo di sperimentazione è stata condotta sulla loro pelle. Allo stesso
modo sarebbe interessante rendersi conto di come e quanto i media hanno fatto da grancassa ad una divulgazione di notizie
riguardo alla contraccezione. Notizie che hanno avuto il "merito" non di informare correttamente le donne, bensì di propagandare
ciò che un certo sistema industriale farmaceutico, in un dato momento, voleva che venisse propagandato.
Tuttavia, in attesa che qualcuno trovi inchiostro "non sponsorizzato" per mettersi all'opera, ci sembra altrettanto interessante
delineare fatti, pareri e notizie sull'RU 486, che fino ad oggi sono stati esenti da polemiche e dibattiti sulla pillola abortiva. C'è un
convitato di pietra nella storia di questa pillola, un protagonista senza memoria del quale non si capisce per quale motivo conduca
ogni sforzo nel favorire la commercializzazione e l'uso della stessa. Il convitato di pietra è la stampa. L'RU 486, mentre negli Stati
Uniti e in Europa, dove è in uso, continua a far parlare di sé quasi unica mente per le potenti controindicazioni e le morti che ha
provocato, in Italia è invece al centro di un dibattito scientifico e politico, dal momento che non è ancora in vendita e che dal 2002,
dopo varie traversie, è stata oggetto di una sperimentazione. Per chi conosce, seppur per grandi linee, la storia di questo farmaco,
la cui denominazione tecnica è mifepristone, tutta la disputa italiana può apparire come un deja-vu dai contorni anacronistici. Per
chi, invece, ignora le diatribe del passato a livello internazionale che lo hanno visto protagonista, la discussione su di esso può
apparire come un'innovazione, se non una rivoluzione, a cui tendere per modificare lo sguardo della società italiana in relazione
all'aborto. L'obiettivo dei sostenitori dell'RU 486 è, ed è sempre stato, quello di introdurre un'alternativa all'aborto chirurgico. O
almeno: questo è ciò che essi, per anni, hanno ripetuto in una monocorde litania "scientifica" e in un'ampia e articolata opera di
convincimento socio-politico-culturale. Questo è ciò che i media hanno sempre messo in evidenza: bisognava, cioè, sostituire
l'aborto chirurgico svincolando la donna dalla costrizione di un potere medico di tipo paternali stico, nonché dalla crudezza e dalla
pericolosità - così veniva detto - dell'aborto chirurgico stesso. Quantomeno, l'auspicio di un'ampia rappresentanza di media,
scienza e politica era di mettere le donne in condizione di poter scegliere. Ecco, il criterio della scelta aiuta a capire meglio la
piega che la storia dell'RU 486 ha preso nel corso del tempo. Scegliere cioè se, come e quando avere una gravidanza. Mai come
in questo caso la parola planning ("pianificazione") diventa calzante: pianificare la propria vita e decidere il momento in cui mettere
al mondo un figlio. In realtà l'obiettivo dei soste nitori dell'RU 486 era ed è quello di demedicalizzare, togliere il più possibile dalla
competenza e dall'influenza del medico l'aborto volontario, per trasformarlo in un fatto del tutto privato e personale; magari senza
più essere costretti a chiamarlo "aborto", appunto, cioè senza più esprimere il concetto utilizzando la parola corrispondente, foriera
solo di dolore e di tristezza, perché quell'esperienza veniva considerata sì un diritto, sì una scelta, ma talmente dura che il solo
nominarla generava sgomento. Si capisce in questo senso la locuzione the early option pill ("la pillola dell'opzione precoce").
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( da cattolici.it )
* Cesare Cavoni, giornalista professionista per l'emittente televisiva della Conferenza Episcopale Italiana SAT2000, dove conduce da anni
trasmissioni di scienza e bioetica, è Laureato in Letterature Comparate alla Sapienza di Roma, master in Bioetica presso l'Istituto Giovanni Paolo II
dell'Università Lateranense, Perfezionato in Bioetica presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
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NOV IT A ’ DA L MONDO
La sagra del peperoncino - Non poteva che essere in Calabria, la manifestazione in onore di
questo Re della tavola, con chef provenienti da tutta Europa, che ha onorato degnamente le
innumerevoli specie del piccolo ortaggio. Intorno al "bollente " fulcro della sagra, con oltre 150
stand dedicati, sono stati apprezzati numerosi eventi culturali, da mostre a proiezioni, fino a
convegni e spettacoli di teatro...tutto gratis! Provare per credere! A qualcuno è capitato di
provare il terribile Habanero messicano, considerato 500 volte più piccante del peperoncino
nostrano.
Il festival delle passioni - Il piccante, la carne, il ghiaccio, il fritto e le bollicine hanno fatto da
filo conduttore per performance artistiche ed enogastronomiche organizzate nella stupenda
cornice della città lombarda. Il festival si è presentato come progetto fusione tra sapori e suoni
ed ha ospitato personaggi e performance, legati alla musica e al cibo. Hanno presenziato: la
rivelazione del Festival di Sanremo Arisa e veri e propri "miti" come Teresa De Sio e Mario
Venuti. E poi rappresentanti del mondo enogastronomico, della musica d'autore, dello
spettacolo ed anche dell'arte hanno permesso interessanti degustazioni tematiche, dai
concerti, alle presentazioni di libri e spettacoli e tanto altro.
Gourmet Reise Festival in Austria - La città, una fra le più classiche, che ha da qualche
anno aperto all’innovazione e alla modernità riqualificandosi con idee innovative e soluzioni
architettoniche d’avanguardia, proporrà itinerari eno-cultural-gastronomici nell’affascinante
contrasto tra classico e moderno con anche percorsi regionali, sia nella parte occidentale,
vocata ai vini e a i formaggi, sia in quella orientale dove si producono le materie alla base della
cucina tradizionale, dal cioccolato al prosciutto, dalle conserve di frutta ai distillati ed altro
ancora. Il festival invece vedrà alternarsi ai fornelli chef di grido, da giovani promettenti, come
Mario Kotaska, Ralf Zacherl e Stefan Marquard ad affermate colonne pluristellate della cucina
internazionale. Tra le differenti proposte, in grado di soddisfare i palati più esigenti, si potranno
degustare per esempio, contaminazioni asiatiche con la tradizione classica europea (Martin
Baudrexel, ristorante Rubico di Monaco), aromi e profumi del Sud Africa integrati in una cucina
internazionale (Jochen Riedel, chef del Relis & Châteaux Grande Roche di Western Cape),
piatti presentati come opere d’arte (Karlheinz Hauser, del ristorante Süllberg di Amburgo);
mentre Vivek Singh del Cinnamon Club di Londra proporrà la tradizione indiana, Gabriel
Kreuther la French-American Cuisine, Thomas Rode Andersen del Kong Hans Kælder di
Copenhagen il matrimonio tra lo spirito francese e la concretezza danese e poi ancora
l’Oriente interpretato da Heinz von Holzen del Bambu Bali e da Wai Look Chow del
Fisherman’s Cove di Kuala Lumpur. Nel mezzo della manifestazione saranno di scena Pasquo
King, capo chef dell’hotel Burj al Arab di Dubai, il più famoso “sette stelle” del mondo e di
Mario Lohninger del Cocoon Club di Francoforte che condisce i piatti con humor, style ed un
pizzico di “sexy”, mentre Dieter Müller del ristorante tedesco Schloss Lerbach, gestirà la “cena
delle sorprese”. Insomma mille ed una ragione per prendersi una vacanza stiriana!
E' Online la versione 2.0 di DoceboLMS - la piattaforma Open Source per l'e-learning nata
in italia e ora considerata tra i 5 progetti di LMS Open Source più diffusi al mondo. Il progetto,
chiamato inizialmente spaghettilearning, arrivato al terzo anno di vita, è stato riscritto completamente e grazie a collaborazioni tra università italiane e straniere, include funzioni particolari
non presenti in nessuna altra piattaforma Open Source (Ad esempio l'utilizzo di marcatori
semantici e la personalizzazione delle funzioni da includere nell'ambiente di lavoro).
DoceboLMS include anche funzioni per la gestione della formazione in ambito aziendale, in
particolare sistemi per l'autoapprendimento, report sintetici per il management e molto altro,
per questi elementi si differenzia da tutte le altre piattaforme Open Source che sono
focalizzate solo sulla formazione in ambito Universitario. Tra le esperienze d'uso più
significative si può citare quella fatta dalle ASL della Romagna che hanno avviato una
sperimentazione di e-learning su 1.000 medici .
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OMAGGIO AD UN GRANDE POETA
Gabriele D’Annunzio
D'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo del 1863. Figlio di Francesco Paolo Rapagnetta d'Annunzio e di Luisa
de Benedictis, all'anagrafe fu registrato col solo cognome d'Annunzio, che il padre aveva aggiunto, per adozione da
parte dello zio materno Antonio (marito della zia Anna Lolli), nel 1851. Terzo di cinque fratelli, visse un'infanzia
felice, distinguendosi per intelligenza e vivacità. Della madre erediterà la fine sensibilità, del padre il temperamento
sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel contrarre debiti, cosa che segnò il tracollo economico della
famiglia. Nel 1879 il padre finanziò la pubblicazione della prima opera del giovane studente, Primo vere, una
raccolta di poesie che ebbe presto successo. Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista
romana Il Fanfulla della Domenica, il successo del libro venne aumentato dallo stesso D'Annunzio con un
espediente: fece diffondere la falsa notizia della propria morte per una caduta da cavallo. Dopo aver concluso gli
studi liceali presso il Real Ginnasio-Liceo "G.B.Vico" di Chieti, giunse a Roma nel 1881, con una notorietà che
andava sempre più crescendo. Il primo grande successo letterario arrivò con la pubblicazione del suo primo
romanzo, Il piacere nel 1889. Venne presto a crearsi un vero e proprio "pubblico dannunziano", condizionato non
tanto dai contenuti, quanto dalla forma divistica, un vero e proprio star system ante litteram, che lo scrittore costruì
attorno alla propria immagine. Egli inventò uno stile immaginoso ed estremamente “appariscente”, che gli permise
di creare intorno a lui una efficace atmosfera di mistero. L'ascendente regime fascista lo celebrò come uno dei
massimi e più fecondi letterati d'Italia. Quando però i rapporti tra D'Annunzio e Mussolini si ruppero, fu scontro
aperto. Uno di questi scontri si ebbe con la marcia su Roma, che D'Annunzio non sostenne e dalla quale si
distanziò. Morì nella sua villa il 1º marzo 1938 per un'emorragia cerebrale. Il regime fascista fece celebrare in suo
onore i funerali di stato.
DA ALCYONE: LA PIOGGIA NEL PINETO
\
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole
e foglie lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri, su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri t'illuse, che oggi
m'illude, o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria verdura
su la solitaria verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi noi siam
nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Per ascoltarla recitata da G.De Nava
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto
è come pesca intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude novella,
su la favola bella
che ieri m'illuse, che oggi
t'illude,
o Ermione.
http://www.youtube.com/watch?v=L5t1XwNfpcA&feature=related
6
I TRAGICI GRECI
A cura di Franco Pastore
ll teatro tragico per i Greci era una rappresentazione drammatica dell'esistenza, ma soprattutto la
"realtà poetica" della polis. Sommi artefici della straordinaria produzione tragica furono Eschilo,
Sofocle ed Euripide, che in modo differente interpretarono la coscienza religiosa e la gloria di cui
viveva Atene, mettendo a nudo le ansie e le miserie, del popolo greco e rappresentando tutta l'anima e
lo spirito di una civiltà. Il motivo della tragedia greca è lo stesso dell'epica, cioè il mito, ma dal punto di
vista della comu-nicazione essa sviluppa mezzi del tutto nuovi: il mythos (µύθος, racconto) si fonde con
l'azione, cioè con la rappresentazione diretta (δρᾶµα, dramma, deriva da δρὰω, agire), in cui il pubblico
vede con i propri occhi i personaggi che compaiono come entità distinte che agiscono autonomamente
sulla scena (σκηνή, in origine il tendone dei banchetti), provvisti ciascuno di una propria dimensione
psicologica. Rimangono però molti punti oscuri sull'origine della tragedia, a partire dall'etimologia stessa
della parola trago(i)día (τραγῳδία): si distinguono in essa le radici di τράγος "capro" e ᾄδω "cantare",
quindi il "canto del capro", forse in riferimento al capretto consegnato in premio al vincitore della
competizione tragica.
SOFOCLE (Σοφοκλῆς)
Nacque nel 495 o nel 496 a.C. nel demo di Colono, vicino ad Atene. Figlio di Sophilos,
ricco ateniese proprietario di schiavi, ricevette la migliore formazione culturale e sportiva,
cosa che gli permise a 15 anni di cantare da solista il coro per la vittoria di Salamina. La
sua carriera d’autore tragico è coronata dal successo: a 27 anni conquista i suo primo
trionfo gareggiando con Eschilo. Plutarco, nella Vita di Cimone, racconta il primo trionfo
del giovane Sofocle contro il celebre ed incontrastato Eschilo. Sofocle abolì l'obbligo della
"trilogia legata", introdusse nella tragedia il terzo attore, portò da dodici a quindici i coreuti e perfezionò
l'uso di scenografie. Ha scritto: l’Aiace, l’Antigone, Le Trachinie, l’Edipo re, l’Elettra, il Filottete e L’Edipo
a Colono.
L’EDIPO A COLONO (Oἰδίπoυς ἐπὶ Κολωνῷ,)
rappresentata postuma, nel 401 a.C.
Ambientazione: Sobborghi di Atene.
Protagonista: Edipo
Antagonista: Creonte
Personaggi d'aiuto: Antigone, Teseo
.
Edipo, allontanatosi volontariamente da Tebe per non contaminarla con la sua colpa, vaga
di città in città, accompagnato dalla figlia Antigone, finché giunge nel demo attico di Colono,
alle porte di Atene. Gli abitanti della città, in un primo tempo, vogliono scacciarlo per paura
della contaminazione, poi, impietositi dal racconto della sua vicenda, si rivolgono al loro re
Teseo.
Intanto, giunge da Tebe Ismene, sorella di Antigone e figlia di Edipo, la quale comunica al
padre il pericoloso litigio, per il possesso del regno, che pone i due fratelli Eteocle e Polinice
l’uno contro l’altro e gli trasmette il responso dell'oracolo, in base al quale la città che avesse
offerto la sepoltura a Edipo sarebbe stata inviolabile.
Arriva poi Teseo che, dopo aver parlato con Edipo, gli garantisce assoluta protezione nel
suo territorio. Il vecchio deve comunque affrontare Creonte e Polinice, giunti entrambi per
ricondurre in patria il vecchio re. Edipo, fortemente, si oppone al cognato, che addirittura
rapisce, per conseguire il suo scopo, Antigone e Ismene. Teseo, però, riesce a recuperare le
ragazze e costringe Creonte a tornarsene a Tebe. Per intercessione delle sorelle e di Teseo,
Polinice ottiene dal padre un colloquio , che si conclude con la predizione da parte di Edipo
della morte dei due fratelli.
S’ode un tuono sulla scena, Edipo si avvia, seguito da Teseo, verso il bosco sacro alle
Eumenidi e, dopo aver svelato al re i segreti necessari a garantire la buona sorte di Atene,
Edipo prodigiosamente scompare. La tragedia si conclude con il ritorno di Antigone e di
Ismene a Tebe, nel tentativo di migliorare la sorte dei fratelli.
7
Sinossi - La vicenda umana di Edipo, un re che aveva conosciuto grandi glorie e ancor più grandi
sventure, si conclude. Aveva ottenuto il trono grazie ad un’impresa mai riuscita ad altro: aveva risposto
correttamente all’indovinello posto dalla Sfinge. Edipo era dunque un re carismatico, illuminato e
rispettato, ma, senza sua colpa, perse tutto quanto aveva ottenuto, perché si seppe che, sia pure senza
saperlo, aveva ucciso il proprio padre Laio, per poi giacere con Giocasta, sua madre, dalla quale aveva
avuto alcuni figli. Edipo, in breve, divenne un mendicante in esilio, cieco e disprezzato da tutti. Alla fine,
viene riabilitato, poiché la sua sparizione nel boschetto di Colono, significa che si trasforma in un un
eroe protettore della città. Sofocle, che era nativo proprio di Colono, scrisse questa tragedia quando
aveva novant’anni, pochi mesi prima di morire. Non può essere quindi un caso che l’autore ormai
anziano abbia scelto di trattare proprio il tema della morte di Edipo, intrecciando quindi il mito con
aspetti chiaramente autobiografici. Un esempio è il primo stasimo dell’opera, un commosso inno alle
bellezze di Colono, alle sue piante, ai suoi cavalli e al mare, che nasconde probabilmente il nostalgico
ricordo della giovinezza dell’autore nel suo paese natale. Verso la fine dell’opera, poi, quando Edipo è
prossimo a recarsi nel boschetto dove incontrerà il suo destino, il coro si lancia in una riflessione sulla
morte che indubbiamente riflette le convinzioni degli antichi greci sul punto, nonché, forse, dello stesso
autore. La vita umana è lago di sofferenze ed apparentemente insensato, su cui infine si distende la
morte come una forma di liberazione.
L’ANGOLO DELLA TENEREZZA
Rituale
Sognando
E’ nei momenti teneri‚
che attivi il tuo ricordo‚
e vai coi rimproveri
e aggiungi:
- Non lo scordo! E come un rituale‚
ti lasci poi andare:
prima‚ mi metti il broncio
e poi mi lasci fare.
Le ultime parole
le porto scritte in cuore‚
con gli occhi seri seri‚
dicendo a tu per tu:
-Ti giuro‚ se mi offendi‚
non ti perdono più! Poi‚ tutto si fa tenero‚
vorresti dare il mondo‚
comprendi che la vita
è un attimo fuggente‚
un battere di ciglia‚
che vale un’eternità.
Mille volte
ho violato
la tua bocca,
nutrendomi
d’arcane carezze;
ed altrettante
il tuo profumo,
m’appagava
ottenebrandomi
Nel caldo ascoso
degl’intimi tesori,
la chiave
d’un piacere infinito,
coi miei sensi
giocando,
muoveva l’altalena
dell’amore.
Solo il dolore
dei miei anni andati,
allo svanir del sogno,
mi restava.
(Da “LE TUE LABBRA” di F.Pastore)
8
IL RACCONTO DEL MESE:
Di FRANCO PASTORE (andropos)
LILYA
Si narra che un genio buono, per sfamare il suo popolo, si strappò tutti i denti e li gettò in aria, trasformandoli
in riso. È una leggenda delle isole Filippine, che hanno una superficie pressappoco come quella dell’Italia, ma con
un clima piuttosto umido e piovoso, largamente influenzato da tachisismi, tifoni e vulcani. Del resto, per quelle
latitudini, le eruzioni costituiscono un fenomeno naturale consueto: isolotti di lava appaiono improvvisamente in
mezzo al mare, poi scompaiono, dopo qualche tempo. Nell’eruzione del 1991, il Pinatubo, il più grande tra i vulcani
filippini, lasciò in aria una tale quantità di cenere da modificare, per alcuni anni, il clima di tutto il mondo.
Il mare, straordinariamente pescoso, ospita circa duemila varietà di pesci e più di 10.000 specie di conchiglie.
Fu tra esse che, nelle acque di Mindanao, fu pescata “ la Perla di Allah” la conchiglia più preziosa del mondo,
valutata tre milioni e mezzo di dollari. Tipico delle Filippine è un sistema di pesca chiamato “muro-ami”, con
centinaia di ragazzi che si dispongono a cerchio, con una cordicella legata al piede. Ogni cordicella ha attaccato
delle striscioline di plastica, che spaventano i pesci e li spingono verso una grande rete, ove rimangono impigliati.
Più della metà delle Filippine e soprattutto la parte montuosa è ricoperta da una fittissima foresta tropicale
dove crescono 10.000 tipi diversi di piante e 1000 specie di orchidee. Negli ultimi vent’anni, purtroppo, quasi la
metà di questa magnifica foresta è stata distrutta per ricavarne terre e legname. Polli, maiali, capre si incontrano
ovunque nei villaggi, insieme ad animali particolari, come l’aquila mangiascimmie, la più grande del mondo, la più
piccola varietà di cervo ed il galeopiteco, con la sua membrana di pelle, che apre a mo’ di ali e vola da un albero
all’altro della foresta tropicale. Importanza particolare ha il carabo o bufalo delle campagne, per il quale, a metà
maggio, si organizza una grande festa.
Manila, situata sulla costa est della baia omonima, sulla grande isola di Luzòn, è la capitale delle Filippine.
Cosmopolita e centro economico-culturale del paese, ha un milione e mezzo di abitanti; la criminalità e la povertà
avviluppa la maggior parte della popolazione, abbassando il livello della qualità della vita. Furono i morsi della fame,
infatti, che mi spinsero lontana dalla mia famiglia in una terra che non era la mia, ma dove ho trovato lavoro e quella
dignità che merita ogni essere umano.
Il ristorante ove lavoro è uno dei più rinomati della città, situato com’è in una delle tante traverse di via
Posidonia, nella parte più commerciale e nuova di Salerno. Lavoro otto ore al giorno, occupandomi di cucina
italiana, così diversa da quella della mia terra, ma molto più varia, con i suoi timballi e le sue salse. Anche mia figlia
Elsa, quando è libera dalla scuola, viene ad aiutarmi, così impara a lavorare ed a vivere. L’appartamentino ove
abito guarda il mare, come quello della signora Angela, un’amica di Pastena, che aiuto nelle faccende di casa, nel
mio giorno libero. Solo l’amore, pare fugga da me, per una sorta di sventura. Mio marito, a Manila, mi percuoteva,
incurante del mio fisico esile e della mia giovane età, eppure ero bellina, poteva fare con me mille altre cose. Mia
figlia gli somiglia molto, taciturna e grassoccia com’è. Nemmeno a Salerno ho avuto fortuna, ho riprovato col
fratello della mia datrice di lavoro, ma ha preferito sposare un’altra, dopo di avermi resa gravida. Ora ho un figlio
salernitano, che il padre ha legalmente riconosciuto, non avendo avuto altri figli, dalla moglie. Antonio è un
imprenditore ed è suo l’appartamento dove abitiamo; un piccolo appartamento di tre stanze, ove viviamo
comodamente, io Mario ed Aidi.
A Manila siamo sempre vissuti nella nostra casa di legno, come tante, nel nostro povero quartiere. Una sola
stanza, che fungeva da salone, da camera da pranzo e da dormitorio, quando a sera ognuno stendeva la propria
stuoia, per riposarsi dalla stanchezza del giorno. A ciascuno il suo posto, sotto gli occhi vigili di mamma, sempre
attenta alla salute di tutti. Povera donna, quante volte ha detto che non aveva fame, per non farci mancare quel
poco di cibo che riusciva a guadagnare. Faceva la lavandaia a tempo pieno e l’unica sua gioia erano gli sguardi di
mio padre, pieni di amore e di comprensione. L’aiutavo come potevo, giù al fiume, con le grosse ceste di panni da
lavare. Erano per lo più panni di sacerdoti, che si rivolgevano a lei di frequente, perché, dicevano, funzionava bene.
Da noi, si usa andare dalle lavandaie, come, in Europa, vanno nelle lavanderie, con la stessa frequenza, ma
soprattutto con lo stesso spirito, come se non vi fosse alcuna differenza tra le macchine e gli esseri umani.
- Cora! – chiamava con tenerezza mio padre, e mamma correva con una energia , che non so dove prendesse. Il
loro amore era grande come la miseria ed irriducibile come il dolore. Come quando morì mio fratello Sito,
Avevamo fatto un bel bagno e stavamo giocando, quando Sito disse di sentirsi male e si accasciò al suolo
senza più forze. Ricordo che mamma chiamò mia nonna, che èra una una guaritrice piuttosto famosa in tutto il
quartiere di Balinggasa, una “mangagamot”, come si dice nel nostro dialetto. Non potè farci nulla, la povera
vecchia, non vedeva alcuna malattia: la vita di mio fratello serviva agli spiriti degli alberi, così disse e tutti ce ne
facemmo una ragione. Lo seppellimmo nel piccolo cimitero vicino al mare e fu il mio primo fratello a conficcare una
piccola croce di legno nella terra nera. Quando mio padre ritornò, lo chiamò, ma Sito non poteva più rispondergli, né
correre da lui. Vidi il dolore straziargli i lineamenti, non avrebbe mai creduto che, in due giorni di pesca, avrebbe
perso uno dei suoi figlioli, forse per lui il più caro. Tutto riprese col ritmo di sempre, nella strana altalena dei giorni,
industriandoci per mangiare e per continuare a vivere. Quando anche Carlito, il mio primo fratello, lavorava,
avevamo di che mettere in tavola, ma quando mancava il lavoro, difficilmente riuscivamo a calmare i morsi della
fame. Tuttavia, la povertà non impedì a mia madre di adottare nostra sorella Teresa.
9
- Non posso tenere questa creatura, ho già sei figli, come potrei metterne al mondo un altro? Mi capisci Cora?- le
confidò la sua amica Rosita, mentre sciorinavano insieme.
- Non abortire, ti prego, vuol dire che prenderò io la tua creatura!- Ma come farai? Tu sei più povera di me! Perché togliere ai tuoi figli quel poco che hanno?- Vuol dire che ci aiuterà il buon Dio!- concluse mia madre. Uno sguardo corse tra le donne e l’accordo fu fatto.
Teresa aveva circa undici mesi, quando entrò in casa e da allora son trascorsi ben 14 anni. Oggi, nessuno
ricorda più che nostra sorella è stata adottata e credo che nemmeno lei ci pensi, anche quando sua madre naturale
viene a trovarla e le pettina i capelli, che le scendono fin sul fondoschiena. Sposai Luisito, per alleggerire le
responsabilità di mio padre Federico, anche perché era un giovane che prometteva bene e sembrava un onesto
lavoratore. Tuttavia, dopo la nascita di Aidi, egli si rivelò uno scansafatiche e, con tre bocche in più da sfamare, la
situazione precipitò. Quando, poi, ubriaco, mi colpì perché la piccola aveva fame e non c’era nulla da mangiare, lo
cacciai via con l’aiuto dei miei fratelli e presi la decisione di partire.
Fu nell’ aprile del 2002, che vidi Salerno per la prima volta e me ne innamorai per la dolcezza del suo clima. Andai
ad abitare con altre due mie connazionali, che erano arrivate dalle Filippine già da qualche anno. La casa non era
molto distante dal ristorante dove trovai lavoro come cuoca e dove conobbi la signora Antonietta, un pezzo di donna,
energica e buona, che mi prese subito a benvolere. Mi sentii in famiglia e, per di più, avevo di che vivere. Iniziai a
guadagnare seicento euro al mese e mi sembravano tanti. Nelle Filippine, nemmeno lavorando tutti e dodici in
famiglia, avremmo guadagnato tanto. La nascita di Mario non ha mutato la mia situazione, anzi, la mia padrona mi è
stata vicina ed Aidi ha avuto un fratellino, che le fa compagnia, nella nostra casetta in via Galoppa.
Sono 10 anni che vivo a Salerno e Mario è un giovanotto allegro e sicuro di sé, che va perfettamente d’accordo
con sua sorella. Non ho dimenticato, però, le mie radici, anche perché sono talmente radicate in me che mi sembra di
vivere contemporaneamente in due mondi diversi, che , a volte, interagiscono lasciandomi esterrefatta.
Il sette gennaio di quest’anno, dopo una giornata e parte della notte di lavoro, ritornai a casa distrutta. Mario ed
Aidi dormivano profondamente ed io non vedevo l’ora di mettermi a letto. Indossai il pigiama e mi misi sotto le coperte,
pensando che non sarei stata più capace di dormire sopra una stuoia, come facevo a casa di mio padre. Chiusi gli
occhi in un curioso dor-miveglia, quando vidi uno strano bagliore che, dalla porta della cucina proiettava strane ombre
sul muro del corridoio. Pensai subito ad uno dei miei figlioli, ma poiché il bagliore persisteva, mi alzai con sacrificio ed
andai a vedere.
Con mia grande meraviglia, mamma era seduta al tavolo e mi guardava senza l’ombra di sorriso. Quando sei
arrivata?- le chiesi nel nostro dialetto.
È da stamani che ti sto aspettando, ma tu non venivi mai dal lavoro!Ma non ti ho vista, quando sono venuta!-.
Io ero qua, me eri troppo presa dai tuoi figli per vedermi!Scusami!- e mi avvicinai per abbracciarla.
Non puoi!- mi fermò, con profonda tristezza.
Ma cosa dici!... Perché non posso?Mamma tua non è più di questo mondo! –
Iniziai a piangere e mi inginocchiai ai suoi piedi, maledicendo la miseria, che mi aveva costretto a partire. Il
dolore maggiore era il non poterla toccare e stringere, come facevo da bambina, quando l’aiutavo a lavare e quando
la fame era un gioco che terminava quando voleva Dio, affogando in una grossa scodella di riso i patimenti di giorni.
Guardai i suoi capelli, grigi, ma ancora lunghi, come quando la pettinavo, nei giorni di festa, prima di uscire, o
prima di andare a messa. Li portava sciolti i suoi capelli, nei giorni speciali, come fosse un segnale di
qualcosa, o semplicemente per la gioia di essere ancora tutti insieme. I tuoi capelli…sono sciolti - le dissi
dolcemente, come a chiederne il motivo.
È per la gioia di rivederti prima del viaggio! –
Compresi e rabbrividii.
Quando è successo, mamma? – le chiesi sommessamente, tra le lacrime. Mi guardò con tenerezza e
continuò:
Erano le prime luci dell’alba, quando ho salutato tuo padre Federico. Poi, il mio cuore stanco ha cessato di
battere ed io mi sono liberata dal corpo, oramai troppo vecchio per continuare a vivere…- . Singhiozzai.
Se non fossi venuta, non ti avrei più rivista…che dolore …madre mia!Mi guardò come quando da bambina cadevo, giocando davanti casa con i miei fratelli, poi, riprese:
Non potevo non venire a salutarti e poi… hanno bisogno dei tuoi soldi
per seppellirmi…perdonami figlia mia se devi lavorare pure per i miei
funerali, fai già tanto per la tua famiglia, da anni. Ma nulla va perduto,
ddio lo vede il tuo cuore, grande quanto il mare…Scomparve all’improvviso, senza che potessi dirle quanto le volevo bene
ma era sempre stata di poche parole: solo lavoro e silenzio, perché i fatti, diceva, raccontavano l’amore.
La stanchezza vinse il dolore e mi addormentai in cucina, con la testa sul tavolo ed i pugni stretti, come a
stringere i ricordi di un passato morto per sempre.
Fu Aidi a svegliarmi alle otto, avevo tra le dita i miei capelli. L’abbracciai e le dissi di non andare a scuola, perché
dovevamo parlare e fu in quel momento che squillò il telefono. Era mio fratello Carlito, che mi comunicava la morte di
mamma, richiedendomi i soldi per il suo funerale.
Lo so! – risposi ed abbassai la cornetta per non morire.
( DA “ NOVELLE SALERNITANE” )
10
DAGLI APPUNTI DI DORA: DETTI ANTICHI E MODI DI DIRE
- A vita non è vita si n’avvita ‘o giravite.
- Na botta di contr’ora dà forza e calore.
- Allu sfrìe siénte l’addòra.
- Nisciùne è nate ‘mbaràte.
Traduzione e commento: Per vivere si ha bisogno di incentivi,
Dora Sirica
tanto che una dose d’affetto nel primo pomeriggio ti rinsalda
nel corpo e nello spirito, comunque, solo alla fine si può
valutare l’effettiva valenza di ogni nostra azione. Tuttavia, non
bisogna essere troppo severi con sé stessi e con gli altri:
nessuno eccelle senza aver prima conquistato, attraverso
l’esperienza, le abilità necessarie per ben condurre ogni cosa.
Note semantiche ed altro:
Antonio della
Rocca
I TAMBURANOVA
______
Ermanno Pastore
voce e tammorra
Nuccia Paolillo
voce e ballo
Cristiana Cesarano
voce e ballo
Michele Barbato e
Giovanni del Sorbo
chitarre
A. Benincasa
Bassoacustico
Pasquale Benincasa
percussioni
Enrico Battaglia
mandolino e violino.
Un
UN INCONTRO
FELICE
CON LA MUSICA
DELLA NOSTRA
TERRA
B
Blluuee TTeeaam
m
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GIRAVITE: nome composto; etim. : dal greco ( γιρό
γιρόσ ) giròs (in latino
gyrus) + vite: torcere, girare in tondo. Derivati dalla stessa radice:
girino, girella, gironi, girovagare, gironzolare, girottolare, girare,
gironzare, girotta e ghirigoro.
SFRÌE: da sfrijere, transitivo di seconda coniugazione, per friggere,
dal rumore dell’olio bollente in padella. Etimologia: ex (intensiva) + il
latino frìgere, con caduta di g tra vocali e suono di transizione ” j “.
Derivati: sfritto, fritttùre, frittèlle, frittàte.
ADDÓRA: addòre, sostantivo maschile: odore, profumo. Etimologia:
dall’accusativo latino adore-m, con raddoppio istintivo della d, per
l’errata considerazione di a come ad. Derivati: addirùso, addurà,
adduràta
NISCIÙNE: nisciuno per nessuno. Aggettivo e pronome indefinito.
Etimologia: dall’accusativo latino: ne ipsu-m unu-m : lett. neppure
uno. In poesia: E 'a luna rossa mme parla 'e te,
Io lle domando si aspiette a me,
e mme risponne: "Si 'o vvuó' sapé,
ccá nun ce sta nisciuna..."
E i' chiammo 'o nomme pe' te vedé,
ma, tutt''a gente ca parla 'e te,
risponne: "E' tarde che vuó' sapé?!
Ccá nun ce sta nisciuna!..."
(di V.De Crescenzo / Vian)
MPARÁTE: ‘mparate, participio passato da ‘mparà, imparare, apprendere; verbo transitivo di prima coniugazione, Etimologia: dal latino parāre, preceduto da in (illativo). Derivati: ‘mparatùra.
SENTE: da sentì, volgarizzaz. di sentire. Etimologia: dal verbo latino
sentire pronominale da sensus = meditare, sentire, avvertire,
dirigere i sensi, il pensiero, avere una impressione, percepire.
Derivati: sentenza, senso, sentimento, sentore, senziénte. In
napoletano: sentimiénte, sentènze. Parole composte: presentìre, consentìre, dissentire, risentire e presentire. Modi di dire: siénte a me !;
siénteme bbuòne!; siénte bell’’o frate
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DEGLI AUTORI
EMERGENTI
Prof. B.Bruno
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NELLA CITTA’
DI
MARIANO
ABIGNENTE,
RISTORANTE
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“SAPORI D’ALTRI TEMPI”
IMPULSEART
[email protected]
Circolo Culturale
Mario Luzi
Boccheggiano(Gr)
[email protected]
di Franco Pastore (Andropos)
ERMINIA
Erminia è una bella principessa pagana innamorata di Tancredi, del quale è stata prigioniera, disposta a misurarsi anche sul piano dell'impegno eroico. Disperatamente passionale, s’inserisce,suo malgrado,come terza in un triangogolo erotico senza via d’uscita: ella ama Tancredi, che ama, non riamato, Clorinda. Travestendosi con le armi di
Clorinda, Erminia fa in modo di eludere la sorveglianza delle
sentinelle cittadine ma anche diviene, in apparenza colei che
Tancredi ama. Inseguendola, Tancredi crede di inseguire la donna
amata, mentre in verità insegue un'altra, che, a sua volta, è costretta
a scappare proprio da colui che ama. Il gioco degli equivoci, così
frequente nell'Orlando furioso dell’Ariosto, ritorna qui a mostrare la
forza dell’ amore, che, invece di condurre alla felicità, approda sulle
spiagge della tragica fatalità, quella che caratterizza il mondo
tassesco. Infatti,Tancredi, che ora insegue un'altra perchè indossa le
armi di Clorinda, non riconoscerà l'amata, celata sotto armi diverse e
la sfiderà uccidendola. L'avventura audace e ingenua di Erminia
innesca e sorregge anche questi parallelismi strutturali, dando risalto
alla prospettiva pessimistica che coinvolge tanta parte della Gerusalemme Liberata.
Intanto Erminia fra le ombrose piante
di un antico bosco dal cavallo è portata,
né più governa le briglie la mano tremante,
e sembra quasi metà tra viva e morta.
Per tanti e tanti luoghi cammina senza meta
il cavallo che in suo potere la porta,
che infine anche dagli occhi altrui si dilegua,
ed è inutile ormai che qualcuno la insegua.
(T.Tasso - La Gerusalemme liberata - CANTO VII, 1)
CONCORSO INTERNAZIONALE DI POESIA
“CITTA’ DI VIGNOLA 2009”
http://www.partecipiamo.it
PARTECIPIAMO.IT
ALTRA MUSA
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http://www.altramusa.com/
Con il Patrocinio del Comune di Vignola, dell’Unione
Terre di Castelli, della Fondazione e della Cassa di
Risparmio di Vignola, nell’ambito di “POESIA FESTIVAL
‘09”, IL CENTRO STUDI VIGNOLA, organizza il 5° CONCORSO
INTERNAZIONALE DI POESIA “CITTA’ DI VIGNOLA 2009”, alla
memoria di Luigi Bozzoli . Cerimonia di Premiazione avrà
luogo a Vignola (MO), nell’Aprile 2010, in data e luogo da
stabilirsi, in occasione della 41 Festa dei Ciliegi in Fiore.
Previsti premi in danaro, targhe e diplomi.
Per informazioni: [email protected] - www.centrostudivignola.it
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UNA DONNA NELLA STORIA
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Blloonnddeell
Enrichetta nacque nel 1791 a Castrate D’Adda. Il padre era proprietario di filande a Bergamo e Banchiere a Milano, nel palazzo cedutogli dal conte Carlo
Imbonati. Come era di carattere? La ritroviamo nel personaggio di Lucia MonDella. I l cognome, Mondella allude, infatti, neppur troppo nascostamente, a
Blondel, casata di nascita della prima moglie di Manzoni, Enrichetta, considerata universalmente esempio di pudore e bontà. Lo stesso innamoratissimo
marito scrisse di lei “Enrichetta! Nome soave, sacro, benedetto nome che significa fede, purità,
senno, amor dei suoi, benevolenza per tutti, sacrifizio, umiltà, tutto ciò che è santo, tutto ciò
che è amabile”.Quando Manzoni cercava, con scarso successo, tra la piccola nobiltà
lombarda, una consorte a lui adatta, ne descriveva così gli imprescindibili requisiti: voglio
un’anima retta, dolce, sensibile, che possegga la virtù che le comprende tutte, la bontà, che
sia fornita di un criterio giusto e adorno, che abbia abitudini semplici, un carattere calmo e
uguale, che non sia portata affatto ai divertimenti rumorosi e che abbia invece molta
inclinazione per la campagna, per le cure e i veri piaceri della casa”.Non fu, come si crede, la
onnipotente madre Giulia Beccaria a scegliere Enrichetta per il figlio: se è vero che i Blondel
acquistarono una villa da Carlo Imbonati e che quindi i rapporti tra le due famiglie furono
improntate alla massima liberalità, fu Alessandro che, conosciuta Enrichetta, si innamorò dei
suoi modi dolci e del suo fare accomodante. Il matrimonio fu contrastato: si vociferava in
paese sul passato scandaloso di Giulia e sulla fede calvinista della famiglia Blondel.
Abbracciato il cristianesimo, la Blondel si preoccupò di convertire la sua famiglia, pur tra
contestazioni e raffreddamenti; Lucia dimostrerà uno zelo religioso maggiore di Agnese, approssimativa nella sua fede e traffichina negli affari di chiesa. E lo sbiancare e il piangere di
Lucia? Quel fastidioso inattivismo che disturba tanto la sensibilità contemporanea? Anche
quello affonda le sue radici nelle precarie
++ condizioni di salute d’Enrichetta, stremata tra gravidanze e spesso allettata, sempre pallida,
eppure costantemente presente e buona. Era Enrichetta a calmare Alessandro nelle sue
frequenti crisi di nervi, scena, che si ritrova in più parti dei I promessi sposi, dove, un Renzo
sempre agitato si acquieta solo nella dolcezza della sua Lucia. Manzoni.Nel dicembre
1833,mentre Enrichetta era in fin di vita, Manzoni, radunò i figli, presente anche il genero, per
pregare per la moglie. Enrichetta non si illudeva nemmeno nei momenti di tregua delle
sofferenze. Sapeva di dover morire,era rassegnata e andava preparandosi alla dipartita con il
suo fervore religioso.
Molti vedono nel fatto che Enrichetta morì la notte di Natale un segno,quasi una prova del
suo sacrificio di donna cristiana,sacrificatasi per la salvezza di una famiglia ancora non del
tutto fuori dai pericoli. Al capezzale della moglie Manzoni era prosternato tanto che il prete,
quando Enrichetta spirò,si dovette inginocchiare al suo fianco per confortarlo. Enrichetta potrebbe dirsi la redentrice del Manzoni e non è fuori luogo paragonare Enrichetta a Beatrice. In
Enrichetta, Manzoni scoprì i lineamenti ammirevoli della sua eroina:l’innocenza capace d'
ispirare rispetto anche agli empi, quell’intransigenza morale che Enrichetta, cattolica convertita,serbava dalla sua educazione calvinista.
Quando, Enrichetta Blondel lasciò questa vita, si spense, con lei, si spense la luce nella
vita del Manzoni e con essa la creatività. Nel 1835, cioè a distanza di un anno dalla morte della moglie si accinse a scrivere l’inno Natale, ma il dolore non gli permise di portarlo a termine.
13
GIOCANDO CON I CLASSICI
A cura di andropos
Αἴσωπος visse nel VI secolo a.C., nell'epoca di Creso e Pisistrato. Le sue opere ebbero una
grandissima influenza sulla cultura occidentale. Ancora oggi, le sue favole sono attualissime
e piuttosto note. Della sua vita si conosce pochissimo, e alcuni studiosi hanno persino messo
in dubbio che il corpus di favole che gli viene attribuito sia opera di un solo autore.
FABULA
LIBRO III– Pullus et gallinaceus - pullus gallinaceus dum qaerit escam margaritam repperit "IaceIn
sterculino s indigno quanta res" inquit "loco!Hoc si quis pretii cupidus uidisset tui, olim redisses
ad splendorem pristinum. Ego quod te inueni, potior cui multo est cibus,nec tibi prodesse nec mihi
quicquam potest." Hoc illis narro qui me non intellegunt .
Libera riduzione della favola in napoletano
ddii FFrraannccoo PPaassttoorree ((**))
‘A gallina e la perla
Traduzione
Mentre cercava il cibo
ndà schifezza,
un pollo che razzolava
nel letamaio,
truvàje ‘na perla
in mezzo alla munnézza,
che soffocava per la grande puzza.
- Bella perlina, dicètte alla gallina,
s’io desiàssi
un po’ del tuo valore
t’avrei già riportato
al tuo splendore,
ma, pe’ natura,
sule ‘o cibo m’interessa
e te schiàffe dìnte ‘a panza,
ambrèsse, ambrèsse ! -.
Mentre cercava il cibo
Nella immondizia,
un pollo che razzolava
nel letamaio,
trovò una perla
in mezzo al putridume.
che soffocava per la grande puzza,
- Bella perlina, disse la gallina,
s’io desiderassi alquanto
il tuo valore
t’avrei già riportato
al tuo splendore,
ma, per natura,
solo il cibo m’interessa
e ti metto nello stomaco,
rapidamente! -.
______________
*) F.Pastore, "Fedro ed Esopo in napoletano”
Vesuvioweb.com
cultura, arte, ricerche di sapore antropologico, sulla vasta area tra il vulcano ed il mare - La porta
di Capotorre – Villa Angelica – Le torri aragonesi – Vico Equense -Sorrento e Capri - I Funari – La
villanella – Diz.rio torrese.
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14
GLI STUPIDI
Si dice che Dio deve proprio amare gli stupidi per crearne tanti. Ne deriva che nei
Regimi democratici, dove conta il numero, anzi è l’unico riterio di verità, gli stupidi
sono molto preziosi.
Longanesi scrisse in proposito che se un stupido è un stupido e due stupidi sono due stupidi, in
democrazia centomila stupidi sono una forza democratica e popolare e contro di essi, si sa, , gli stessi
déi lottano invano!
Vi sono poi degli stupidi che sono così stupidi da non riuscire nemmeno a vincere una gara di
stupidità!
Per alcuni poi la stupidità è una vera professione; vedi ad esempio i tanti comici televisivi.
Lo storico-economista C.M. Cipolla (1) dopo seri e approfonditi studi scientifici ha individuato ben
cinque leggi fondamentali della stupidità umana che riporto nella sola formulazione:
I^: Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero degli individui stupidi in circolazione.
II^: La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della
stessa persona.
III^: Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o un gruppo di
persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita.
IV^: Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In
particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque
circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo
errore.
V^: La persona stupida è il tipo di persona più pericolosa che esiste. Corollario: Lo stupido è più
pericoloso del bandito.
Per concludere vorrei ricordare con Flaiano che non mancano gli stupidi pieni di idee e osservare
che, in fondo, il mondo sarebbe tedioso senza gli stupidi e se hai la pazienza di sopportarli ti potresti
divertire anche scrivere, come Flaubert, un’enciclopedia della stupidità umana.
____________
(1) C.M. Cipolla, Allegro ma non troppo, Bologna 1988.
Renato Nicodemo – Nato a Laurito (Sa), risiede a Nocera Inferiore. Laureato in Pedagogia, è Dirigente scolastico in pensione.
Abilitato per l’insegnamento delle lettere negli istituti superiori, è autore di articoli pedagogico-didattici, di legisla-zione scolastica e
noterelle. Appassionato di studi mariani, cura la pagina mariana di alcune riviste cattoliche. Ha al suo attivo numerose
pubblicazioni, tra le quali ricordiamo: La Vergine nel Corano, La Vergine nella Divina Commedia, Antologia mariana, Umile ed
Alta, Il bel paese, I nuovi programmi della Scuola elementare, Verso i nuovi Orientamenti ed altro. Osservatore attento e sagace
dei fatti umani, il Nicodemo riesce a cogliere, nella dinamica della vita, quelle peculiarità che di solito sfuggono alla maggior parte
degli uomini. Lo stile, semplice ed immediato, è perfettamente adeguato alla vivacità ed all’arguzia del suo pensiero.
ORFEO ED EURIDICE ALLE GROTTE DI CASTELCIVITA
Con la sua personalissima cifra stilistica, il regista Domenico Maria Corrado, dopo aver creato
“L’Inferno di Dante nelle grotte a Pertosa" (120.000 spettatori in 220 recite, ancora in scena fino al
giugno 2011) “L’Ultima notte di Ercolano ovvero il mito di Enea” si è lanciato in questa nuova
entusiasmante ed adrenalinica aventura teatral -letteraria, adattando allo straordinario, unico ed ipnotico
scenario delle grotte di Castelcivita una favola mitologica senza tempo. L’intero spettacolo, si snoda
lungo un percorso di circa un chilometro, caratterizzato dal succedersi di ampie cavità adorne di
imponenti gruppi stalatto-stalagmitici e da straordinarie morfologie di concrezionamento che quasi
completamente coprono il suolo.La struggente storia d’amore di Orfeo sarà in scena dal prossimo 2
ottobre. Ulteriori notizie sono reperibili all’indirizzo www.tappetovolante.org .
ACCADEMIA LETTERARIA ITALO_AUSTRALIANA SCRITTORI
A.L.I.A.S –Melbourne - Australia
La serata culturale per la premiazione dei vincitori del Concorso Letterario
Internazionale A.L.I.A.S. per l’anno 2009, si terrà nei locali del 501 Reception, Barkly
St. Footscray alle ore 18.00 di venerdì 9 ottobre.
15
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)
MITOLOGIA, DAL GRECO MITHOS E LOGOS ( DISCORSO SUL MITO )
NARRA DEGLI ANTICHI DEI E MITI DEL MONDO ANTICO .
A cura di Andropos
Ebe nella mitologia greca è la divinità della gioventù, figlia di Zeus e di Era. La sua figura
appare più volte nei poemi omerici e viene citata anche da Esiodo. Nel monte Olimpo Ebe era
ancella delle divinità, a cui serviva nettare e ambrosia (nell'Iliade, libro IV). Il suo successore fu
il giovane principe troiano Ganimede. Nel libro V dell'Iliade è anche colei che immerge il
fratello Ares nell'acqua, dopo la battaglia con Diomede. Nell'Odissea (libro XI) è la sposa di
Eracle (anche se l'autenticità del brano non è certa). Euripide comunque la cita nelle Eraclidi.
Non sono sopravvissuti miti relativi a Ebe e l'unico santuario a lei attribuito è quello di Flio.
Ebe è da considerare, fin dalle origini del suo mito, una personificazione allegorica, un ‘nome
parlante’ più che un personaggio con una storia e un'esistenza autonome nella mitologia (vedi
Scheda mitologica e iconografica). Durante le ricerche e gli studi svolti per realizzare una
galleria di immagini che, partendo dall'antichità, accompagnasse visivamente il percorso
iconografico della figura allegorico-mitologica di Ebe, è subito apparso evidente il grande lasso
di tempo che separa l'ultima raffigurazione antica a noi nota di Juventas e il primo disegno
rinascimentale di Ebe eseguito dal Parmigianino nel 1535.
Gli attributi caratterizzanti la dea della giovinezza – l'ampolla, il calice e a volte l'aquila
(simbolo di Zeus) – riemergono immutati dall'Antichità al Rinascimento, ma durante il
Medioevo le raffigurazioni di Ebe e di Juventas sembrano essere completamente dimenticate.
È ragionevole pensare che questo personaggio mitologico, considerato in antico
semplicemente come una figura di accompagnamento che affiancava divinità maggiori, abbia
per molti secoli subìto il disinteresse di artisti e committenti che preferivano fare riferimento a
divinità cariche di maggiore significato, sia nell'arte che nella letteratura. Per altro Ebe, che
non entra con un ruolo di rilevo in narrazioni o cicli astrologici, in età medievale non si prestava
in generale, a essere oggetto di di risemantizzazioni cristiane.
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Nacida en San Miguel Pcia, la gran artista argentina interpreta la ansiedad del
nuevo milenio, caracterizada por un tipo de extravío generacional, que arriba
en la incertidumbre y en la ansiedad del vivir. Los valores se deslíen en el
caos y nada queda entre las cuerdas del alma que él spaura, mientras el
amor se disuelve en una materialidad confusa, dónde la mujer se vuelve la
única luz y guía del mundo.
Franco Pastore
16
IL SESSO NEL MONDO ANTICO
a cura di Franco Pastore
“ È possibile immaginare un mondo senza sesso? Erano poi tanto scocchi gli antichi a considerare l’amore un
dio? Lo scopo della ricerca è l’analisi dei comportamenti in tema di sessualità degli antichi romani e greci, ed
evidenziare, attraverso documenti scritti degli autori antichi, il “sovramondo” culturale nel quale la società di
allora proiettava la sua idea del reale. Comunque, non dimentichiamo la celebre frase, che è
nell’Eautòntimorumenos di Terenzio, che traduceva Menandro: “homo sum, humani nihil a me alienum
puto”, sono un uomo ed in quanto tale, ritengo che nulla di umano mi debba essere estraneo.”
LUCREZIO (*)
Dal “De rerum natura”
“…E a quelli cui pei canali adolescenti la prima volta s'insinua il
seme, quel giorno stesso della maturazione che l'ha prodotto
nelle membra, arrivano di fuori simulacri emessi da vari corpi,
nunzi di uno splendido volto e di un bel colorito, che stimola ed
eccita le parti turgide di molto seme, sì che spesso, come se
tutto avessero compiuto, spandono larghi fiotti di liquido e
imbrattano la veste. Si agita ‹in› noi questo seme, di cui ho
parlato prima, appena l'adolescenza rafforza le membra.
Giacché diverse cause eccitano e provocano diversi oggetti:
dall'uomo, solo l'attrattiva dell'uomo fa scaturire il seme
umano. E appena questo, emesso dalle sue sedi, esce,
attraverso le membra e le giunture si ritira da tutto il corpo,
raccogliendosi in determinate regioni nervose, e immediatamente eccita proprio gli organi genitali. Le parti stimolate
inturgidiscono di seme e nasce la voglia di emetterlo là verso
dove è protesa la furente brama, e il corpo cerca quello da cui
la mente è ferita d'amore. Così, dunque, chi riceve i colpi dai
dardi di Venere, lo trafigga un fanciullo di membra femminee o
una donna che da tutto il corpo irraggi amore, tende verso là
donde è ferito, e anela a congiungersi, e in quel corpo
spandere l'umore tratto dal corpo. Ché il muto desiderio
presagisce il piacere. Questa è Venere per noi; e di qui viene il
nome di amore, di qui quella goccia della dolcezza di Venere
stillò prima nel cuore, e le susseguì il gelido affanno. Né dei
frutti di Venere è privo colui che evita l'amore, ma piuttosto coglie le gioie che sono senza pena. Giacché certo agli assenna-
ti ne viene un piacere più puro che ai malati d’amore…
Infatti nel momento stesso del possedere fluttua ed erra
incerto l'ardore degli amanti, né sanno che cosa debbano prima godere con gli occhi e le mani. Quel che
hanno desiderato, lo premono strettamente, e fanno
male al corpo, e spesso infiggono i denti nelle labbra, e
urtano bocca con bocca nei baci, perché non è puro il
piacere e assilli occulti li stimolano a ferire l'oggetto
stesso, quale che sia, da cui sorgono quei germi di
furore. Ma lievemente attenua le pene Venere nell'atto
di amore e il carezzevole piacere, commisto, raffrena i
morsi. Giacché in ciò è la speranza: che dallo stesso
corpo da cui è nato l'ardore, possa anche essere
estinta la fiamma. E quando, alfine, congiunte le
membra, si godono il fiore di giovinezza, quando il
corpo già presagisce il piacere, e Venere è sul punto di
effondere il seme nel femmineo campo, s'avvinghiano
avidamente al corpo e mischiano le salive bocca a
bocca, e ansano, premendo coi denti le labbra; ma
invano; perché non possono strapparne nulla, né
penetrare e perdersi nell'altro corpo con tutto il corpo;
infatti sembra talora che vogliano farlo e che per questo
lotti-no: tanto ardentemente si tengono avvinti nelle
strette di Venere, finché le membra si sciolgono, sfinite
dalla forza del piacere…” (dal libro IV)
Incipit - “…tum quibus aetatis freta primitus insinuatur semen, ubi ipsa dies membris matura creavit, conveniunt simulacra foris e corpore
quoque, nuntia praeclari voltus pulchrique coloris, qui ciet inritans loca turgida semine multo, ut quasi transactis saepe omnibus rebus
profundant fluminis ingentis fluctus vestemque cruentent. Sollicitatur id [in] nobis, quod diximus ante, semen, adulta aetas cum primum
roborat artus. namque alias aliud res commovet atque lacessit; ex homine humanum semen ciet una hominis vis. …”
Lucrezio: Elio Donato (IV d.C.), maestro di San Gerolamo, scrive che Lucrezio sarebbe morto quando Virgilio (nato nel 70 a.C.)
indossò, a 15 anni, la toga virile, nell'anno in cui erano consoli per la seconda volta Crasso e Pompeo. Questo dato ha fatto
propendere a credere che Lucrezio nacque nel 98 a.C. per poi morire nel 55 a.C., all'età di quarantaquattro anni. è stato un
personaggio scomodo: gli ideali epicurei di cui era profondamente intriso corrodevano le basi del potere di una Roma alla vigilia
della congiura di Catilina. In un'epoca di tensioni repubblicane, infatti, isolarsi dalla realtà politica nell'hortus epicureo significava
estraniarsi dal mondo della polis e uscire di conseguenza anche dalla sfera d'influenza del potere.
La dimensione della solidarietà nella società globale
un libro di Natale Ammaturo (Ed. F. Angeli)
“L'uomo è una espressione culturale. Dunque è lecito interrogarsi sulla dimensione della solidarietà nella società contemporanea, sulla possibilità di un suo riconoscimento nella pluralità dei sistemi socio-politici, sull' opportunità di un suo
svincolamento da principi radicali derivati da una qualsiasi religione”.
17
GIOCHI ANTROPOLOGICI
MBUTONZONE
A cura di Andropos
LE CALZE – Da "calcea" una forma del latino tardo settentrionale, derivata
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EDITRICE
ANTITESI
Roma
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dal latino "calceus" (la scarpetta di cuoio fine che si indossava nelle case o
sulla scena) che a sua volta deriva da "calx", tallone. Tuttavia, fin dall'antichità i cinesi, ritenendo molto sconveniente mostrare i piedi nudi in pubblico, fasciavano accuratamente le proprie estremità. I pastori e i contadini
nell'antica Grecia, invece, pensavano a tenere caldi i piedi indossando, prima dei sandali, una specie di fodera. Nel Medioevo, in Europa si diffuse il
costume di coprire non solo i piedi, ma anche le gambe con le calcia,
lunghe calze di sottile pelle o di tessuto, molto aderenti, che sostituivano i
calzoni. Dopo il 1300 le donne incominciarono a indossare, sotto la veste,
calze di panno e di seta, lunghe fino al ginocchio e quasi sempre di colore
rosso. Solo intorno al 1400 le dame veneziane diffusero la moda delle calze
lunghe. Fu l'inglese William Lee ad ideare, nel 1589, il primo telaio per produrre le calze in serie. Nel 1938, si assiste ad una vera rivoluzione: DuPont
de Nemours, una piccola azienda a gestione familiare con sede a Wilmington negli Stati Uniti, mette a punto il nylon, la prima fibra sintetica definita
“resistente come l’acciaio e delicata come una ragnatela”. Negli anni Cinquanta i progressi tecnologici rendono il nylon meno costoso e più utilizzato. Negli anni Sessanta, DuPont lancia sul mercato il suo Elastan Lycra e
nasce il collant, un nuovo argomento di moda.
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GELO
Nu ggelo
me trase 'int''e ccarne
passanno p''e vvie
addò so' nnato
addò ogne sfraveca 'e mure
arape 'a ferita
d''o tiempo passato.
Addò steve 'o puosto e zi' 'Ntuono
ce sta n'automobbile 'e lusso
e nun ce stà cchiù a funtanella
vicino 'a carretta d''o <russo>.
Me pareno nove sti strade
e pure 'o palazzo, 'o purtone,
me pare 'e vedè nu guaglione
cu''a faccia 'e nu viecchio, signata...
Me fisso guardanno 'o puntone
penzanno a nu suonno luntano
sperduto 'int'a notte d''o tiempo
spezzato tra iere e dimane...
Me sento sciogliere 'o ggelo
vedenno a n'amico scurdato
n'abbraccio, po' n'ato, po' n'ato,
che dice? Che fai? Addò si' stato?
Me pare 'e turnà comme aiere
trasenno 'int''o vascio lustrato
'a tazza 'e cafè dint''e mmane
me giro e m'avoto stunato.
Parlammo d''e ccose 'e ogne juorno
d''a ggente ch'è viva o ch'è morta
d''e figlie, 'a mugliera, d''e frate,
d''o tiempo che passa, d''a sciorta...
'O ggelo me trase 'int''e ccarne
vedenno 'int''a n'angulo 'e muro
na vecchia assettata che tremma
cu' ll'uocchie affunnate 'int''o scuro...
Comm'erano belle na vota
quann'io m''e ssunnavo guaglione
sperano chisà mai che cosa...
che scherze che fà l'illusione...
N'abbraccio, nu breve saluto,
nun lasso sultanto nu vico,
nun lasso nu surzo 'e passato
ma tutto nu munno, già antico...
Luciano Somma
18
A cura di Rosa Maria Pastore
La Pinacoteca provinciale
Andrea da Salerno
Salerno,
“La perla
del Tirreno”
CONCERTI e
SPETTACOLI
di
MIMI’ PALMIERO
http://it.youtube.com/profile
_videos?user=mimipalmiero
it&p=r
*
Le melodie di
NAPOLI
nel mondo
POESIE E
RACCONTI.IT
http://www.poesieeracconti.it
NAONISART
http://www.naonisart.it/
In via dei Mercanti 63, nel centro storico, ospitata dal Palazzo
Pinto, troviamo la Pinacoteca Provinciale.
Quando nel 1927 fu istituto il Museo Provinciale di Salerno, il
primo direttore, Antonio Marzullo, si dedicò al recupero non solo di
materiali archeologici, ma anche di ceramiche e dipinti, che hanno
costituito poi la base per altri musei.
Furono recuperate opere databili dal XV al XVIII secolo, alle
quali si aggiunsero gruppi del Novecento - acquistati dalla
Provincia. Successivamente al nucleo storico della Pinacoteca, si
aggiunse la Collezione Pinto che rientrava nella donazione del primo
piano dell'omonimo palazzo naturalmente destinato a divenire sede
della Pinacoteca stessa.
Nel 1999, con l'acquisizione di un gruppo di opere dell'au-striaco
Peter Wilburger, nasce la sezione dedicata agli artisti stranieri che
hanno voluto immortalare nei loro dipinti i paesag-gi della splendida
costiera amalfitana. Questa sezione si è poi ampliata
grazie a
moltissime donazioni.
I dipinti esposti nei saloni del prestigioso palazzo gentilizio
vanno dal Rinascimento alla prima metà del ‘900; pregevoli sono le
tavole di Andrea Sabatini da Salerno, il miglior pittore
rinascimentale del meridione italiano, che lavorò con Raffaello nelle
opere d'arte delle stanze del Vaticano, e del Maestro della
Incoronazione di Eboli.
Estremamente interessanti le preziose tele seicentesche di
Giovanni Battista Caracciolo, Andrea De Lioni, Carlo Rosa. Del
Settecento sono le tele di Francesco Solimena e della sua
Accademia. Tra le opere moderne troviamo dipinti di noti pittori
salernitani, come Pasquale Avallone, e costaioli come Luigi Paolillo
ed Antonio Ferrigno .
La Pinacoteca è aperta ai visitatori dal martedì al sabato, dalle 9 di
mattina e dalle 16, nelle ore pomeridiane. Di domenica, invece, dalle
9 alle tredici.
NEOTTO, UN ARTISTA ALLA RICERCA DEL SUBLIME
Nicola Russo, in arte Neotto, nasce a Castellammare di Stabia nel
1949. Dal 1970, vive a Boscotrecase (Na), alle falde del Vesuvio,
terra della poesia e del mito, dai forti contrasti e dai delicati equilibri,
che l’artista, attraverso la pietra, il sacco, il legno, il marmo e i colori,
trasferisce nelle sue opere d’arte. Dal 1971 inizia ad esporre in
mostre collettive, riscuotendo notevoli successi.
19
CALVINO A ROVESCIO
Di Eugenio Scalfari
Sulla "Stampa" del 23 agosto ho letto un bell'articolo di Antonio Scurati intitolato Calvino
aveva previsto tutto e sbagliato tutto. La previsione, al tempo stesso tempestiva ma sbagliata, Scurati la ravvisa nelle Lezioni americane che furono pubblicate nel 1988, tre anni
dopo la morte prematura di quel grande scrittore e che sono rapidamente diventate un
classico.
Scurati ha ragione e la sua analisi è fine e convincente. Calvino aveva previsto che la
letteratura del nuovo secolo e del nuovo millennio sarebbe stata caratterizzata da sei requisiti: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, consistenza. Questi sei requisiti da lui indicati e
da lui stesso utilizzati in molte delle sue opere tra le quali segnalo Gli antenati, Le città invisibili e
Palomar, facevano parte della visione moderna che Calvino aveva non soltanto della letteratura ma
anche dell'etica, della politica e della conoscenza. Insomma della vita: quella visione che ha rappresentato la modernità della quale Calvino è stato uno degli ultimi rappresentanti. Dov'è lo sbaglio
di questa previsione calviniana? Nel fatto che quei sei requisiti hanno avuto negli ultimi vent'anni
un'interpretazione e un'attuazione del tutto diversa ed anzi opposta a quella prevista da Calvino. La
leggerezza si è trasformata in superficialità, la rapidità in pressappochismo, l'esattezza in arida pedanteria, la visibilità in esibizione, la molteplicità in trasformismo. E questa è purtroppo la realtà con
la quale ci stiamo confrontando. Le parole e i valori indicati da Calvino sono stati letti a rovescio.
L'eleganza intellettuale da lui auspicata e rappresentata è diventata trivialità, volgarità, pesantezza.
Come è potuto accadere un capovolgimento così drammatico nello spazio breve di vent'anni?
Scurati lascia in sospeso la risposta, forse perché per poterla dare occorre allargare il quadro entro
il quale va collocata. La modernità è stata un'opera ricca di accrescimenti conoscitivi, di novità, di
contraddizioni ed è cominciata nientemeno che quattrocento anni fa. Calvino conosceva benissimo
quella storia, la sua vita intellettuale e letteraria è stata un viaggio ininterrotto dentro quell'epoca
attraverso le idee e gli autori che l'hanno scandita. Ne parlammo insieme infinite volte, da ragazzi
sui banchi del liceo e poi negli ultimi anni della sua vita, quando collaborò con noi a "Repubblica"
proprio mentre le Lezioni americane prendevano forma nella sua mente. Nel suo itinerario intellettuale gli Essais di Montaigne costituirono il punto di partenza di quel percorso e l'Illuminismo la
fase di maggiore pienezza. La fase romantica, che pure fa parte integrante della cultura moderna,
portò con sé alcuni elementi difformi e distorsivi e alcune laceranti contraddizioni. Non è questa la
sede per recuperare questo tracciato durato quattro secoli che arriva fino a noi in forme già
largamente debilitate e con noi, intendo con la generazione alla quale appartengo, s'interrompe. Si
può dire che la modernità entra in crisi con la 'decadence' segnalata da Nietzsche. Dopo di allora la
sua storia non è che una lunga e drammatica agonia. Come spesso accade agli agonizzanti, un
soprassalto di vitalità si verifica nella seconda metà del Novecento. Poi sopravviene la fine.
Italo Calvino e in altri modi Umberto Eco sono stati in Italia gli ultimi rappresentanti. Forse non
si sono accorti che i 'posteri' erano già arrivati tra noi e che la loro 'posterità' era completamente
diversa da come noi avevamo immaginato. Ormai non sono più posteri ma contemporanei. Usano
ancora, almeno in parte, le nostre stesse parole ma ne stanno rapidamente inventando altre.
Ricordate una trasmissione di Celentano di qualche anno fa dove la parola rock fu usata per
significare vitalità, rapidità, inventiva, mentre la parola 'lento' stava a significare la pesantezza, la
noia, il vecchiume tradizionale? Ebbe successo quell'invenzione lessicale. Probabilmente per Celentano rock avrebbe dovuto essere la traduzione della leggerezza calviniana, ma era un equivoco. Mi azzardo a dire un terribile equivoco. Nella realtà della società contemporanea 'rock' è
diventato infatti lo pseudonimo del 'velinismo' e dell'apparenza: non è leggerezza ma futilità.
Caro Scurati, la modernità che Calvino ha amato e rappresentato è ormai dietro di noi.
Un'epoca è finita, un'altra è cominciata, ma la comunicazione tra loro è molto difficile. Viviamo un
momento di passaggio nel quale le ombre soverchiano la luce. È sempre accaduto così, ma la storia continua e prima o poi da questo passaggio buio e pericoloso si uscirà. Almeno così speriamo.
(Da: l’espresso.repubblica.it )
20
Il SALERNITANO, UNA PROVINCIA DA SCOPRIRE
SIETI
Sorse, con gli altri casali ed il capoluogo, all'epoca della sconfitta
dei Romani sui Picentini, quando gli abitanti della distrutta Picenza abbandonarono la pianura, ritirandosi sulle pendici delle montagne. Qui formarono un nucleo abitativo intorno al tempio eretto
a Giove da Silla, al fianco del quale furono poste le teste delle
statue di Giano e Giunone, mozzate, in segno di spregio, dai legionari romani. E dalla
effige di Giano (Caput Jani) sembra aver preso il nome il casale di Capitignano.
Conosciuto come Sieti Paese Albergo, il paese ha vocazione turistica nel campo
eno-gastronomico, agrituristico e naturalistico; grazie anche a recenti interventi [3] e
ristrutturazioni mirati ad incentivarne la ricettività in questo campo, già favorita dal
contesto ambientale in cui si trova l'abitato. L'abitato di Sieti è composto da due
borgate pressoché contigue, Sieti Alto (440 m s.l.m.) e Sieti Basso (400 m s.l.m.),
che componevano gli originali "Sei Casali" giffonesi ma che rappresentano oggi
un'unica frazione. Sieti Basso è costituito prevalentemente da abitazioni moderne ed
esercizi commerciali mentre la maggior parte delle strutture del borgo antico si trovano
a Sieti Alto.
La frazione è situtata su una strada che, fra Prepezzano (a 3 km) e Capitignano (a
2,5 km), si diparte dalla strada provinciale Castiglione del Genovesi-Giffoni Valle
Piana e termine a Sieti Alto a ridosso dei Monti Picentini. Collegata tramite sentiero
alla zona del Monte Mai, fra i comuni di Calvanico e Fisciano, si trova in linea d'aria
piuttosto vicina a Curti, frazione di Giffoni Valle Piana. Da quest'ultima dista 8 km, 15
da Pontecagnano e circa 20 da Salerno. L'origine del nome deriverebbe dal termine latino "segetum", riferito alle coltivazioni a terrazzamenti.
M. Bottiglieri
CONCERTO DEL BARITONO ERMANNO PASTORE
NELLA CITTADINA DI SAN MARZANO SUL SARNO
Martedì 15 settembre, in occasione dei festeggiamenti in onore di San
Biagio, il noto baritono Ermanno Pastore ha deliziato il folto pubblico con
brani del repertorio classico napoletano. La sua voce, potente ed accattivante, ha invaso la gran de piazza del centro cittadino, accolta da un
pubblico generoso e festante, che ha accompagnato col battito del mani
la bella canzone de “ ‘O Surdate ‘nnammuràte “, testo di Aniello Califano,
musicato da da Enrico Cannio nel 1915.
Per chi vuole ascoltare le canzoni
http://www.andropos.eu/PERFORMANCE.html
21
PIATTI TIPICI DELLA CAMPANIA
A cura di Rosa Maria Pastore
Cenni storici - Terra degli Ausoni (Aurunci) e degli Opici, verso l'VIII sec. a.C., fu invasa, sulle coste dai Greci, che fondarono
la città di Cuma e Partenope ( rifondata poi come Neapolis tra la fine del VI e l'inizio del V secolo a.C) . Ma nel VI sec., le zone
interne della regione furono occupate dagli Etruschi, che diedero vita ad una lega di dodici città con a capo Capua. Nella seconda
metà del V sec. a.C., iniziò l'invasione dei Sanniti, che conquistarono Capua (nel 440 circa) e Cuma (425 circa). Gli invasori
imposero il loro dominio e la loro lingua, diventando così un solo popolo: gli Osci. Quando una seconda ondata scese dalle
montagne per invadere la Campania, Capua si rivolse a Roma per essere difesa (343 a.C.). Iniziarono allora le guerre sannitiche
(343-290 a.C.), il cui esito fu l'occupazione romana di tutta la regione, sia interna che costiera, con la fondazione di numerose
colonie. Con la discesa di Annibale, a nulla valse organizzarsi contro Roma, durante la seconda guerra punica, la regione subì un
profondo processo di romanizzazione, e solo Napoli e Pompei conservarono le loro radici elleniche. Dopo aver fatto parte, con il
Lazio, della prima regione d'Italia, la Campania divenne sotto Diocleziano una provincia a sé, mantenendo la sua unità anche
sotto gli Ostrogoti e i Bizantini. Con l'occupazione longobarda di Benevento (570 circa), la regione fu divisa tra il ducato di
Benevento, comprendente Capua e Salerno e Napoli e la regione costiera centrale. Amalfi, invece, arricchitasi coi traffici marittimi,
riuscì nei sec. IX-XI a divenire un fiorente ducato indipendente. Dopo la definitiva conquista di Napoli, da parte dei Normanni, nel
1139, la Campania, nei sec. XII e XIII, fu compresa nel regno di Sicilia, divenendo prima un possedimento degli Angioini e poi
degli Aragonesi. Dal 1503 al 1707, fu dominio della Spagna e, subito dopo, degli Austriaci (dal 1707 al 1734). sotto. Con l'avvento
al trono di Napoli di Carlo VII di Borbone (1734), si ha il regno di Napoli e Sicilia, e poi del Regno delle Due Sicilie. Con l’unità
d'Italia (1860), iniziarono per Napoli enormi problemi economici e politici, che raggiunsero il culmine nel 1884, quando una grave
epidemia di colera decimò la popolazione. Nella Seconda Guerra Mondiale, gli Alleati effettuarono un sanguinoso sbarco a
Salerno (9 settembre 1943) e presero Napoli, quando ormai la città era stata già evacuata dai Tedeschi.
Questa fusione di radici culturali, di usi e costumi di popoli diversi, ha avuto una influenza benefica sulla bellezza delle donne
campane e sull’arte culinaria, che può contare sia sulle ricchezze di un mare pescoso, che sulle coltivazioni di frutta, ortaggi, delle
pianure.
PRANZIAMO A SALERNO
Salerno è una città italiana, capoluogo della provincia omonima e seconda città della Campania
per popolazione. È conosciuta soprattutto per la sua Scuola Medica Salernitana, che fu la prima e
più importante istituzione medica d'Europa ed antesignana delle moderne università, all'inizio del
Medioevo (IX secolo).
Un Primo piatto:
TUBETTI CON PESCATRICE
Ingredienti e preparazione ( per 4 persone):
In una casseruola con olio far dorare dell’aglio adagiando 1,5 Kg. pescatrice sviscerata
e a pezzi. Aggiungere 250 gr. di pomodorini salando a sufficienza. Far cuocere allungando con qualche mestolino d’acqua. A cottura ultimata porre il tutto nel passaverdura ottenendo una salsa densa e corposa. Scolare 320 gr. di tubetti a metà cottura e
metterli nel composto della pescatrice. Profumare con prezzemolo, peperoncino forte,
condendo con un filo a crudo di olio extravergine di oliva.
La pescatrice possiede forti profumi non pregnanti ed il grasso del pesce si avverte
appena al palato. Per tali motivi adotteremo un buon vino rosso, profumato e
leggermente speziato.
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Un secondo piatto:
FRITTURA MISTA DI PESCE
Ingredienti e preparazione :
Pulire, lavare ed asciugare ½ kg di triglie, 1 kg di calamari tagliati ad anelli e ½ kg di
gamberi, tutto freschissimo, cioè pescato in giornata. Infarinare il pesce (scuotendolo
per togliere la farina in eccesso) e friggerlo separatamente a fuoco vivace in
abbondante olio d’oliva. Sgocciolarlo su carta assorbente e servirlo con fettine di
limone, sale e pepe se piace.
Un contorno:
INSALATA VERDE
Secondo la bisogna e con le note modalità di preparazione.
Un dolce:
TORTA S. ROSA
Ingredienti e preparazione
Unire a 500 gr. ricotta lavorata col passaverdura 250 gr. zucchero, quattro rossi
d’uovo e raffinare. Aggiungere mezzo litro di crema pasticciera, 50 gr. di uva passa, 50
gr. di pinoli, 50 gr. di scorzette, buccia di un limone grattugiato, liquore Strega ed infine
le chiare d’uovo montate a neve. Rivestire lo stampo imburrato con 400 gr. pasta
frolla, versare il composto e richiudere con striscioline di pasta, spennellare col rosso
d’uovo. Mettere in forno per 40 minuti a 170 gradi. Prima di servire spolverare con
zucchero a velo.
VINO:.
Galluccio bianco
Asciutto, armonico, delicato Crostacei, frutti di mare, pesce in genere11%8-10°
Prodotto sulle colline dell’alto casertano, ha colore paglierino più o meno intenso con
riflessi dorati – L’odore è delicato, fruttato, caratteristico dell’uva falanchina; il sapore è
secco, fresco, armonico. I vitigni usati per la produzione sono: la falangina al 70% e
altri a bacca bianca max 30%. Ha una gradazione alcolica di min. 11% vol.
Temperatura ideale 8 – 10°
___________
ù
La cucina della Campania “I nostri chef”, Il Mattino - Gastronomia salernitana di A. Talarco, ed. Salernum - Cucina dalla A
alla Z di L. Carnacina, Fabbri Editori - Le mille e una… ricetta, S. Fraia Editore - Mille ricette, Garzanti - L’antica cucina
della Campania , Il Mattino - Giorni ricchi d’ una cucina povera, ricette…/M. F. Noce, Editore Galzerano .
CONVEGNO IN WEB della CULTURA della TERRA DEL VESUVIO
Un grande momento per celebrare tutto il fascino e la ricchezza culturale della
ARCHEOLOGIA VESUVIANA.Tutti gli iscritti al mailbox di Vesuvioweb possono
partecipare all’evento che si terrà in dicembre 2009. I lavori dovranno pervenire ad uno
dei seguenti indirizzi: [email protected] oppure [email protected], entro il
20 di novembre. I lavori saranno selezionati e impaginati per una pubblicazione in rete.
Partecipa anche tu con un tuo con-tributo a questo evento che vede protagonista la
TERRA DEL VESUVIO.
23
VERO O FALSO?
LA CAMPANIA PRODUCE ORTAGGI FRA I MIGLIORI D’ITALIA
Gli ortaggi e le verdure prodotte in sono da considerarsi una specialità
campana, tanto sono gustose e tenere. Vengono usate in una quantità
di ricette assai saporite, molto spesso farcite e passate poi nel forno.
Il primo posto spetta naturalmente ai pomodori maturati al sole, ricchi di polpa, che
consentono di preparare squisite salse di pomodoro e la famosa “conserva” napoletana, che è salsa di pomodoro cotta a lungo, fatta addensare, versata in grandi teglie
o vassoi e fatta asciugare perfettamente al sole, fino a che diventi di un rosso bruno
molto intenso. Questa conserva viene tenuta in vasi di terra verniciata, pronta per i
mesi in cui non vi sono pomodori freschi. A volte le massaie uniscono una cuc-chiaiata
di questa conserva alla salsa di pomodoro fresco, mentre cuoce, per renderla più
saporita.
I piselli sono piccolini e tenerissimi e cuociono in pochi minuti, conservando quindi il
loro aroma fresco e la loro dolcezza. Zucchini e peperoni si preparano, come le melanzane, quasi sempre farciti e farciti si cuociono anche i pomodori larghi e piatti, o
quelli grossi e rotondi.
Fra le verdure migliori bisogna ricordare il cavolfiore e i cavolini di Bruxelles, che non
vengono affatto dal Belgio, ma sono coltivati a Scafati, di cui sono una specialità. Gli
ortaggi migliori sono senza dubbio quelli di Nocera: peperoni gialli e rossi, pomodori,
carote, carciofi e melanzane. Ottimi ortaggi produce anche la zona di Capua.
Fra le insalate si fa grande consumo di scarola, che si prepara soprattutto farcita,
dopo averla lessata in acqua salata.
Con le verdure si preparano anche ottime minestre senza pasta, come quella di
cicoria che si mangia alla vigilia di Natale, quella di broccoli neri e la “minestra di
stagione”, una minestra di primavera ricca di tutte le verdure più squisite, dai pisellini
tenerissimi agli asparagi, dai carciofi ai fagiolini verdi spezzati. Tutte le minestre di
questo tipo sono preparate con il soffritto o col peperoncino, che accentua ed esalta il
sapore delle verdure.
____________
Da: Enciclopedia della donna – Fabbri Editori
PROCESSO: pro servizi igienici.
L’ANGOLO
DELLE
SCONCERTARE: un concerto sconcio.
BAGGIANATE
PERITARSI: il verbo del petomane.
MARITOZZO: un marito senza forma.
MELANINA: una nuova qualità di mela.
LIBERTA’: erta libera, una discesa senza ostacoli.
CONVOLARE: volare insieme a qualcuno…magari all’inferno.
SPECULARE: giocare con gli specchi.
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i Meridiani
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Battipaglia (Sa)
VETRINA DEL
BENESSERE
*
FARMASALUTE.IT
ONOMASTICA E
TOPONOMASTICA
_______________
CALAFATO: Il calafato o maestro calafato era un operaio specializzato
che si occupava periodicamente di calafatare le navi o, più genericamente,
le imbarcazioni in legno. Il calafato poteva essere imbarcato a bordo, insieme a un marinaio specializzato, come un maestro d'ascia sulle imbarcazioni di dimensioni maggiori, mentre le imbarcazioni di dimensioni
minori facevano riferimento a maestri d'ascia o maestri calafati, che operavano a terra. Il lavoro del calafato era un lavoro difficile e di precisione,
tanto che anticamente ci volevano 8 anni d’apprendistato per diventare
maestro calafato, mentre ne bastavano 5 per diventare maestro d'ascia.
PASTORE: L'uso del termine pastore deriva dalla Bibbia. La Bibbia
ebraica (o Antico Testamento, usa il termine ebraico ‫( הער‬ra'ah) che ricorre
173 volte nel senso di "pascere il gregge", ad es. in Genesi 29,7
("abbeverate le pecore e portatele al pascolo"). Esso viene pure usato, però
in riferimento ad esseri umani, come, per es. in Geremia 3:15: "Vi darò dei
pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con conoscenza e
intelligenza". Dio stesso è chiamato il "Pastore di Israele" e Israele "il
gregge del Signore" (Genesi 49:24; Salmo 23; 80:1; Geremia 31:10;
Ezechiele 34:11-21). Il termine pastore è applicato anche ai re ed ai capi
del popolo. Nel Nuovo Testamento si usa la parola greca ποιµην (poimēn)
ed essa viene normalmente tradotta "pastore". Questa parola è usata 18
volte. Gesù è pure chiamato "buon Pastore" in Giovanni 10,11 "Io sono il
buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore".I ministri
dell'Evangelo sono chiamati anziani o vescovi perché sono incaricati di
"pascere il gregge" (la Chiesa) in nome e per conto del solo e vero Pastore,
Gesù Cristo (Giovanni 21:25ss; Atti 20:28; 1 Pietro 5:2). Per es. in Efesini
4:11,12 "È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri
come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei
santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di
Cristo"ma questi ultimi non sono proposti al governo della chiesa ma solo
collaboratori spirituali. Secondo molti studiosi, la pratica di separare la
funzione di pastore da quella di vescovo inizia solo nel secondo secolo. È
allora che singoli vescovi (in sostituzione di un gruppo di vescovi, o
anziani, che ne chiese avevano nel primo secolo) comincia a sovrintendere
ai cristiani di un'intera città, anche se si incontrano in luoghi diversi.
NOCERA: Nuvkrinum (letteralmente la "nuova rocca").Il centro nacque,
quindi, come insediamento etrusco intorno alla fine del VII secolo a.C. entrando a far parte della dodecapoli (l'insieme delle dodici città più importanti) della colonizzazione etrusca in Campania, nata per bloccare l'espansione greca verso settentrione. Dopo la sconfitta del 474 a.C. nel mare di
Cuma, gli etruschi abbandonano la regione e Nuvkrinum passa ai Sanniti.
La città, nel V secolo a.C., cambia nome aggiungendo al toponimo Nuvkrinum quello di Alfaternum, dal nome della tribù sannitica degli Alfaterni. Fu
una delle più importanti città dell'antica Campania. Divenne capitale di
una confederazione (Lega nucerina) che comprendeva Pompei, Ercolano,
Stabia e Sorrento. Della città antica si conservano alcuni resti, oggi
collocati nel comune di Nocera Superiore.
25
A.L.I.A.S.
*
ACCADEMIA
LETTERARIA
ITALO-AUSTRALIANA
SCRITTORI
*
MELBOURNE
AUSTRALIA
*
http://www.alias.org.au/
A
L’oncologia nel contesto del Servizio
Sanitario Nazionale
Martedì 29 settembre 2009, ore 08.30 – 16.30, presso la
CAMERA DEI DEPUTATI, nella Sala delle Conferenze del Palazzo
Marini, si è tenuto il convegno “L’oncologia nel contesto del Servizio
Sanitario Nazionale “, con la finalità di fare il punto sulle carat-
teristiche delle Reti Oncologiche Regionali operanti, di confrontare i percorsi assistenziali e i modelli di “governance”, di
identificare le criticità e, infine, di elaborare un documento
programmatico condiviso di raccomandazioni generali. Hanno
aperto i lavori; Ombretta Fumagalli Carulli ( Presidente Associazione “G. Rossetti “) e Giampietro Gasparini ( Primario Divisione di
Oncologia San Filippo Neri di Roma).
Il cioccolato fa bene al cuore
T
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Il processo
__________________
Un eccezionale
ed artistico fumetto
di
Paolo Liguori
Ediz. “andropos
in the world”
__________________
40 PAGINE
DI STORIA,
DI AVVENIMENTI
TRAVOLGENTI,
SAPIENTEMENTE
ARRICCHITI
DI PATHOS
E DI MISTERO.
UNA NOVITA’
NAZIONALE
----PER ACQUISTARE
UNA COPIA:
[email protected]
----
IL GUSTO
DELLA VITA
di
Franco Pastore
Ed.Palladio - Sa 2006
Il cioccolato non è solo una delizia per il palato con la quale
consolarsi dai dispiaceri e dagli stress quotidiani ma è, da qualche
tempo, assurto agli onori della cronaca scientifica per le
sue proprietà antiossidanti.
Un recente studio svedese ha analizzato le virtù del
cioccolato prendendo in esame 1.169 uomini e donne non diabetici che erano stati colpiti da un attacco cardiaco. A tutti i pazienti è
stato chiesto di compilare un questionario finalizzato a fotografare la
loro dieta abituale, lo stile di vita e il consumo di cioccolato negli
ultimi dodici mesi. Nei tre mesi successivi alle dimissioni dall’ospedale i ricercatori hanno sottoposto a regolari controlli i pazienti e per
un periodo di otto anni hanno seguito le loro sorti attraverso i registri
nazionali di ricovero e morte. Ebbene, dopo aver preso in considerazione fattori rilevanti come età, sesso, obesità, sedentarietà, fumo e
livello di educazione, gli studiosi di Stoccolma hanno concluso che
chi consumava più cioccolato aveva maggiori probabilità di sopravvivere. Come spiegato dagli autori dello studio su The Journal of
Internal Medicine, il cioccolato potrebbe contribuire a ridurre il tasso
di mortalità grazie all’azione dei flavonoidi, i preziosi antiossidanti di
cui è ricco; gli studiosi, però, sottolineano che questi risultati sono il
frutto di uno studio osservazionale e non di una ricerca che dimostra
un rapporto di causa/effetto tra il cioccolato e il tasso di sopravvivenza. Il cioccolato è da sempre un alleato nel combattere e nel
prevenire una serie di disturbi quali l'ipertensione, la depressione,
le patologie cardiovascolari e perfino l'insonnia. Questo grazie alle
innumerevoli componenti che fanno dell’ alimento.
Una direttiva dell'UE in vigore dal 3 agosto 2003 obbliga i produttori
di cioccolato a specificare sull'etichetta la composizione del
cioccolato, in modo che si distinguano i tipi di cioccolato puro da
quello non puro e dai surrogati.
Redazionepaginemediche.it
26
PAGINA MEDICA
Esiste un legame tra apnee notturne e obesità - Il sonno, funzione fisiologica ritmica e vitale, permette un rapporto di armonia tra l’ambiente esterno e le esigenze biologiche interne. Nell’arco delle 24 ore
l’attitudine al sonno di un soggetto è caratterizzata da due picchi: la porta del sonno, che si manifesta
dopo un periodo di sonno sfavorevole (quindi a fine giornata), e l’inizio del pomeriggio cioè l’epoca della
siesta. Mediante l’utilizzo della polisonnografia è possibile l’individuazione dei cinque stadi del sonno:
sonno leggero non-REM che comprende lo stadio 1 e 2, sonno non-REM profondo costituito dagli stadi
3 e 4, e sonno REM che corrisponde al 5 stadio. Esiste un collegamento tra le apnee notturne e
l'aumento di peso. Lo rivela una ricerca presentata al ventitreesimo Annual Meeting of the Associated
Professional Sleep Societies.
Per Mark Brown, medico del dipartimento di Psichiatria dell'University of Arizona College of Medicine
di Tucson, e a capo della ricerca, "l'obesita' è già considerato un fattore a rischio per l'insorgenza delle
apnee notturne, tuttavia - ha sottolineato - siamo giunti alla conclusione che gli effetti delle stesse apnee
notturne possano portare a un aumento di peso".
Durante lo studio è stato analizzato l'indice AHI (un indice che misura il numero degli eventi di
apnee e ipopnea per ogni ora di sonno, e quindi la gravita' complessiva delle apnee notturne) di 3.000
persone. Gli individui che presentavano un indice AHI maggiore di 15 hanno registrato durante lo studio
un incremento dell'indice di massa corporea di 0,52 chilogrammi per metro quadrato. Gli individui con
un indice AHI tra 5 e 15, invece, hanno incrementato la loro massa corporea di 0,22 chilogrammi per
metro quadrato. "Le persone che soffrono di più problemi di apnea notturna hanno più probabilità di
aumentare di peso rispetto a quelli che hanno minori problemi, oppure non ne hanno affatto", ha aggiunto Brown.
Influenza ‘A’ - L’influenza ‘A’, comunemente definita ‘influenza suina’, è un’infezione virale acuta
dell’apparato respiratorio causata da un ceppo virale H1N1 che si trasmette dai maiali (per lo più quelli
da quelli di allevamento) all’uomo e che, una volta arrivato nell’organismo umano, muta e si trasmette
per via aerea. L’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di un virus potenzialmente pandemico che,
però, si può tenere sotto controllo.I sintomi sono quelli di una classica influenza: febbre alta, tosse,
emicrania, nausea, diarrea e vomito, stanchezza e inappetenza. L’influenza suina non si trasmette
mangiando la carne di maiale ma solo attraverso il contatto tra animale infetto e uomo e tra persona e
persona. Gli esperti consigliano di evitare contatti ravvicinati con le persone malate, di lavare
accuratamente le mani e di limitare il contatto delle mani sporche con occhi, bocca e naso.L’influenza
‘A’ è partita da un remoto borgo agricolo in Messico.
A La Gloria, paesello di poche anime, battezzato “il più grande allevamento suino del mondo” nel
mese di febbraio Edgar Hernandez di 4 anni si ammala. I sintomi sembrano quelli di una banale
influenza: febbre alta, tosse, nausea e mal di testa. Lui guarisce ma gli esperti ritengono di poter, con
ragionevole certezza, classificare lui come primo essere umano contagiato dal virus della febbre suina.
La paziente zero, cioè la prima vittima della malattia, è invece Adele Maria Cruz, morta il 13 aprile. Dal
piccolo Edgar, in poche settimane il virus è passato di persona in persona, mietendo centinaia di vittime
in Messico e superando confini e frontiere fino ad arrivare negli Stati Uniti e poi nel Vecchio Continente
e oltre. Il Ministero del Welfare ha chiesto ai cittadini italiani di non recarsi nelle zone più a rischio
(Messico e Stati Uniti) e il Ministero della Salute ha attivato il numero verde 1500 per offrire informazioni
ai cittadini. E’ al lavoro anche la rete di controllo Influnet, in collaborazione con l’Istituto Superiore di
Sanità e le altre strutture per la sorveglianza del virus sul territorio, per segnalare in tempo reale i casi di
influenza sospetti.
L'equipe della University of Wisconsin ha condotto i suoi test su furetti, scimmie e topi. Gli scienziati
hanno anche analizzato campioni estratti da persone sopravvissute alla pandemia del 1918 e hanno
scoperto che questi individui sembrano in qualche misura immunizzati al nuovo virus, il che suggerisce
delle somiglianze. Ciononostante, l'equipe del Wisconsin ribadisce che nella grande maggioranza dei
casi anche l'influenza suina produce sintomi lievi e reagisce ai farmaci antivirali. Commenta il Professor
Ian Jones, esperto della University of Reading: "Questo studio fornisce la più completa anlisi del virus
dell'influenza suina finora condotta. E' chiaro che il nuovo virus è più aggressivo di quello della normale
influenza stagionale, anche se nella maggior parte dei casi la malattia è blanda.
( Da pagine mediche.it)
27
DE RELIGIŌNE: (DOTTRINE, TRADIZIONI, SEMANTICA)
ENCICLICA
ATENEUM
---------
UN OSSERVATORIO
SUL MONDO
DELL’UNIVERSITA’
---------
http://www.andropos.e
u/PAGINAUNISA.html
L'enciclica, dal greco enkýklos, che significa "in giro", "in circolo", è una
lettera pastorale del Papa della Chiesa cattolica su materie dottrinali, morali
o sociali. Essa è indirizzata ai vescovi della Chiesa, e, attraverso di loro, ai
fedeli. Nella Chiesa cattolica, anticamente, era una lettera circolare che
veniva inviata a tutte le chiese di una certa area. E poteva essere utilizzata
per qualsiasi comunicazione di un singolo vescovo. Le prime parole
costituivano il titolo della enciclica.
In epoca più recente tale documento pontificio è stato ripristinato in uso da
papa Benedetto XIV. Il termine deriva dal latino encyclia che ha lo stesso
significato del termine greco d’origine che, tra l’altro ha determinato la
radice del termine "enciclopedia" e derivati.
andropos
LILIANA
LUCKI
*
ARTISTA
ARGENTINA
[email protected]
PAGINE
MEDICHE.IT
***
Medicina
Prevenzione
Informazione
C
Coom
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[email protected]
tel. 06.61790261
METEO.IT
http://www.ilmeteo.it/mete
o-video/
SUL PIANETA TERRA
PERCHE’ A NATALE SI MANGIA IL TACCHINO?
È tradizione che a Natale la famiglia si riunisca intorno ad una
tavola imbandita, dove tron eggia un bel tacchino arrosto. Ma
perché il tacchino? Forse per la sua carne morbida e saporita? Per
le sue dimensioni generose? Per il suo prezzo accessibile?
Le ragioni su menzionate hanno la loro importanza, ma il vero
motivo è un altro: Originario dell’america settentrionale, il tacchino
fu ad introdotto in Europa dagli spagnoli. Solitamente nasce in
primavera e raggiunge le dimensioni ideali nell’arco di 7/8 mesi,
appunto nel periodo delle festività natalizie.
Il tacchino comune (Meleagris gallopavo) maschio è colorato
sulle parti superiori di giallo-bruniccio con riflessi metallici, sulla
parte inferiore del dorso e sulle copritrici della coda è bruno-noce
con fasce verdi e nere, bruno-gialliccio sul petto, più scuro ai lati,
grigio-bruniccio sulle cosce e sull'addome, e nericcio sul sottocoda:
tutte le piume delle parti finora citate presentano ai margini una
colorazione nero-velluto.
Il tacchino pavonino (Meleagris ocellata) rappresenta la
specie affine nelle regioni centrali del continente americano: come si
rileva dal suo nome, è un uccello che alle forme del tacchino unisce
la bellezza del pavone.
A seconda della regione, il tacchino viene chiamato: pinto,
Paparu, Tacchinu, Dindi, Pulin,Pulì, Lucio, Lucia, Billo, Pàit, Paito,
Piton, Dindiot, Dìndio, Pìto e Pao.
andropos
ANNUNCI DI LAVORO
*Per ampliamento nostro organico, ricerchiamo N° 8 consulenti commerciali per la segreteria
di Salerno. I candidati:persone di ambosessi con esperienza nel ramo.
*Per ampliamento nostro organico, ricerchiamo operatori telefonici a Salerno. Ricerchiamo
persone di ambosessi anche prima esperienza che dovranno semplicemente informare
sulle caratteristiche dei corsi di formazione che la Scuola organizza in tutte le province del
sud Italia. (Per informazioni : http://www.inkontro.com/lavoro/ )
28
RIFLESSIONI SOCIO-ANTROPOLOGICHE
“ IL CASSONETTO FANTASMA “
di Sofia Gargano
Sempre più spesso, sui giornali della città, compaiono articoli piuttosto mortificanti sulle cattive abitudini dei salernitani e su quanto poco essi si interessino
all’ambiente. In effetti, ciò è dimostrato anche dalle le difficoltà che incontrano
alcune famiglie nel depositare i rifiuti nei giorni prestabiliti negli appositi
contenitori.
Ancora oggi, fonti attendibili raccontano di lanci notturni dai balconi di rifiuti di ogni
genere , di televisori e materassi abbandonati vicino alle campane per la raccolta del vetro e
chi più ne ha più ne metta. ( E’ vero, un po’ zozzoni lo siamo!).
Ma questa volta voglio spezzare una lancia a favore di quei “poveretti”, che tentano di
mantenere pulita la nostra città (tra questi ci sono anch’io!).
Come ogni buon cittadino dovrebbe fare, quando porto il mio cagnolino a fare i bisogni,
mi armo di busta e paletta, pulendo là dove il mio cucciolo ha sporcato…e poi ? Poi,
cominciano i problemi: dove la butto?
Mi giro e rigiro, ma non vedo cassonetti ed allora, armata di buona volontà e tanta
pazienza, li cerco sui marciapiedi e scopro che non sono l’unica; altri come me, tirando i
cani dall’aria smarrita e anche un po’ annoiata (loro volevano solo defecare), esplorano i
dintorni .
L’impresa è ardua in quanto i cassonetti che non mancano sui marciapiedi che
affacciano sulla nazionale, che porta verso il centro, sono assenti nelle zone adiacenti e nelle
traverse interne.
Non è mia intenzione entrare nel merito della operatività della nostra Amministrazione,
ma la domanda, anche se semplicistica, sorge spontanea: cosa costa impiantare qualche
cassonetto in più, diciamo, almeno uno per marciapiede!
Stando così le cose, è poi lecito multare chi non la raccoglie la pupù di Fido?
Sofia Gargano, giornalista salernitana, formatasi nell’Ateneo della città. Ha al suo attivo una buona esperienza, maturata
nella redazione di “Cronache del Mezzogiorno” e di altri giornali . Attenta alla dinamica sociale, è mossa da un grande amore
per il giornalismo e dall’idea che la stampa sia strumento di formazione e di evidenziazione delle problematiche socioambientali.
CONCESSO IL PATROCINIO DELLA PROVINCIA
AD “ANDROPOS IN THE WORLD”
Con provvedimento del 23 settembre 2009, firmato dal
Presidente On. Edmondo Cirielli, la Provincia di Salerno
ha concesso IL PATROCINIO alla Teleweb ed alla sua Rivista
“ ANDROPOS IN THE WORLD “. Lo Staff, con soddisfazione,
ne da pubblica notizia a tutti i lettori.
29
Cose dell’altro mondo
C'é un pomodoro piccolo e uno grande, quello grande vede che quello piccolo piange e gli
chiede:
- Perché piangi?E lui:
- Perché la mamma è passata! -
Quando il mondo è pazzo
Un vecchio arabo residente a Chicago da più o meno quarant'anni, vuole piantare delle patate nel suo
giardino, ma arare la terra è diventato un lavoro troppo pesante per la sua veneranda età. Il suo unico
figlio, Ahmed, sta studiando in Francia. Il vecchio manda una e-mail a suo figlio, spiegandogli il
problema:
- Caro Ahmed, sono molto triste perché non posso piantare patate nel mio giardino quest'anno, sono
troppo vecchio per arare la terra. Se tu fossi qui tutti i miei problemi sarebbero risolti. So che tu
dissoderesti la terra e scaveresti per me. Ti voglio bene. Tuo padre.
Il giorno dopo il vecchio riceve una e-mail di risposta da suo figlio:
- Caro papà, per tutto l'oro del mondo non toccare la terra del giardino! Lì è dove ho nascosto ciò che tu
sai... Ti voglio bene anch'io. Ahmed. Alle 4 del mattino seguente, a casa del vecchio arabo arrivano la polizia, gli agenti dell'FBI, della CIA, gli
SWAT, i RANGERS, i MARINES ed i massimi esponenti del Pentagono, che rivoltano il giardino come
un guanto, cercando antrace, materiale per costruire bombe o qualsiasi altra cosa pericolosa.
Non avendo trovato nulla, se ne vanno con le pive nel sacco... Lo stesso giorno l'uomo riceve una email da suo figlio:
- Caro papà, sicuramente la terra adesso è pronta per piantare le patate. Questo è il meglio che ho
potuto fare, date le circostanze. Ti voglio bene. Ahmed.
Sui nostri simpatici carabinieri
Due Carabinieri vicino alla ferrovia. Passa un Eurostar a 200 all'ora.
Uno dice all'altro:
- Ma hai visto che veloce quella locomotiva? E l'altro:
- Però anche i vagoni non scherzano!!! -
Ci fai, o ci sei?
Siamo in un ospedale. Parenti e familiari ansiosi in sala d'attesa, entra un medico stanco e desolato che
dice loro: mi dispiace, ma il vostro congiunto è grave, si puo' solo tentare un trapianto di cervello in via
sperimentale, intervento non di sicura riuscita e molto costoso. I familiari si guardano tutti in faccia,
sconvolti, uno di loro chiede: dottore quanto costa un cervello.il dottore risponde: dipende, un cervello di
uomo sui 5000 euro, uno di donna circa 200 euro. Risatine soffocate da parte degli uomini presenti in
sala. Un parente domanda: - Ma a cosa è dovuta questa differenza di prezzo?- È semplice, risponde il dottore, perche' quello degli uomini non è mai stato usato! -
Freddure
• La verginità è come un pezzo di pane... passa un uccello e te la porta via.
•
•
•
•
La BAT-TUTA? La tuta di Barman.
Cosa fa un cane in un parco da solo? Bobby Solo
Una cassaforte incontra l’amica: "Che combinazione!"
Appuntamento tra muri: "Ci vediamo all’angolo."
•
- Papà! papà! Perchè la mamma è così bianca?- - Zitto e scava! -
30
Ό χρεσµóσ
ανδρóπου
χρεσµ σ τού
το ‘ανδρ
_L’oroscopo di andropos per il mese di Ottobre _
_ Segno del mese La Bilancia .
:
Ariete –
Un incontro piacevole yi attende, nella seconda decade del mese. Non esitate a mettervi in dieta:
qualche chilo di troppo vi appesantisce, nascondendo la vostra pur naturale eleganza. Rifiutate di impegolarvi in
una situazione poco chiara, la tranquillità non ha prezzo. Cercate di amministrare le vostre risorse più saggiamente.
Toro –
Guardate al futuro con maggiore ottimismo e non curatevi affatto del giudizio dei saccenti. Intanto,
cercate di favorire situazioni di incontro: nuovi amici vi faranno sentire meglio. Non bastano i solti per tutti gli ac
quisti, non prendetevela, e procrastinate le cose non necessarie al momento.
Gemelli – La vostra correttezza merita il meglio. Scegliete nuovi amici e cercate di profittare delle belle giornate autunnali, riconsiderando seriamente l’amore. Ore felici vi ricompenseranno del tempo perduto. Lasciatevi
andare, in fondo, la vita è pur sempre bella.
Cancro – Diffidate delle promesse troppo facili ed occupatevi di più della vostra salute. Limitate le spese,
ultimamente avete esagerato con gli acquisti. Sarete invitati ad una festa, accettate, vi farà piacere rivedere amici
che non frequentavate da tempo.
Leone –
E’ un buon mese per il leone: avrete liete sorprese e spensierate ore in famiglia. Ma la prudenza non è
mai troppa! Evitate di esporvi in prima persona e di esprimere giudizi in pubblico. Moderare l’appetito ed evitate i
peccati di gola.
Vergine – Abbiate più fiducia nelle vostre capacità , avete già dimostrato quel che valete. Presto, un evento
inatteso ribalterà a vostro vantaggio una situazione che si trascinava da tempo. La salute va discretamente,
soprattutto se eviterete gli inviti a cena. Siate fiduciosi ottobre sarà per voi un mese bellissimo.
Bilancia – Avete taciuto a lungo, fatevi sentire.
Programmare lunghe passeggiate, vi farà bene alla salute.
Dedicate più attenzione a chi vi ama, un po’ di dolcezza non guasta mai. Cambiate il vostro modo di apparire, e
cercate di non aggredire, avrete più consensi. Questo è un buon mese per la Bilancia.
Scorpione – Le vostre capacità ed il vostro buon gusto vanno testati in altri campi. Dedicatevi di più agli
affetti vi daranno quella grinta necessaria per vincere la vostra battaglia.Bene lo stato di salute , ma cercate di non
sudare e di non esagerare con bibite gassate.
Sagittario – Superate i piccoli screzi di nessuna importanza, o non sfruttare a pieno situazioni veramente
vantaggiose. Curate di più gli affetti, potreste perderli irrimediabilmente. Attenti all’intestino: evitate salse piccanti
e fritture.
Capricorno - Certi doloretti scompariranno col tempo, non preoccupatevi troppo. Una sorpresa vi allieterà il
fine mese, aspettate fiduciosi gli eventi. Un po’ di ginnastica dolce non vi farà male; sarà il caso di ricorrere ad un
kirocenter. Vi verrà fatto un invito, non tiratevi indietro.
Acquario – Non rallentate l’impegno proprio ora che siete vicini alla meta. Riceverete l’aiuto insperato di una
persona, fidatevi, l’importante è rimanere calmi ed attendere fiduciosi tempi migliori. Attenti alle vie respiratorie: è
il vostro tallone d’Achille.
Pesci –
La buona salute non vi sosterrà, a parte i soliti fastidi di digestione. La situazione economica risente
delle ultime spese, ma è normale con la crisi che stiamo attraversando. Tuttavia, non soffrirete di solitudine: gli
amici di cui vi fidate vi saranno vicini. Comunque cauti nel c confidarvi, non tutti potrebbero comprendervi.
31
N.T.E.
Carminello
ALLA RIVISTA ED AL SITO WEB OMONIMO, IL PATROCINIO DELLA PROVINCIA, DEL COMUNE DI SALERNO, DI
PAGANI, DI SAN VALENTINO TORIO, DELL’ENTE CARMINELLO, DEL SS. CORPO DI CRISTO E DELL’ENTE N.T.E.
La teleweb ANDROPOS IN THE WORLD e la sua
rivista non hanno finalità lucrative, né sono esse
legate ad ideologie politiche. Perciò, agiscono nella totale libertà di pensiero, in nome di una cultura,
che ha a cuore i valori che rappresentano il cardine
della società civile e della vita,nel pieno rispetto per
la persona umana e contro ogni forma d’idiosincrasia. Pro pace, sempre contra bellum.
The teleweb “Andropos In The World “ and his
News don't have gainful finality, neither hey have
tied to political ideologies. Insofar they act in the
fuller liberty of thou-ght, in the name of a culture,
that has to heart the values that are at the base of
the society and of the life, in the full respect for the
cultural difference, physics and religious.
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Dal Dettato costituzionale: “Tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La
stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni
o censure…” ( Art. 21 ) - “La Costituzione italiana
assume la cultura come valore fondamentale e inserisce tra i principi fondamentali la disposizione
che impegna la Repubblica a promuoverne lo sviluppo. Il patrimonio culturale di un Paese rappresenta la testimonianza visibile e tangibile della storia di quella Nazione, nella sua evoluzione e nei
cambiamenti che in essa si sono susseguiti. (art.9)
From the Dictated constitutional: " All have the
right to freely manifest his own thought with the
word, the writing and an every other half of diffusion.
(Acquisto
Spazio/w eb del 26/04/06 - Aruba S.P.A.)
Rivista della tele-web omonima:
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Re n at o N ic o d em o
A lb er to Mi r a b el l a
S of i a G ar ga n o
Redazione di Pagani
Flaviano Calenda
Collaborazioni:
Na ta l e A m m at ur o ( Un i v - S a)
L uc ia n o S o mm a
Ma r i o B o tt i g li er i
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Grafica:
P ao l o L i gu or i
Consulente musicale
Ermanno Pastore
Webmaster
R.M. Pastore
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selezionate, eventuali errori saranno rapidamente corretti.
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Giornale del 30 settembre 09