ottobre 2012
COLLOQUIA
SERIES
L’ora delle streghe per l’economia statunitense
GROWTH
DEBATE TREND ECONOMY VIEWS
RESEARCH
MARKET
Il Fiscal Cliff: implicazioni per gli investimenti
Robert F. Wescott, Ph.D.
Keybridge Research LLC
Si rafforzano le preoccupazioni che accompagnano l’America
nell’affrontare il fiscal cliff: la combinazione di tagli della
spesa e aumenti delle imposte previsti da gennaio 2013
dovrebbe colpire il paese proprio quando, ancora una volta,
si avvicina al tetto di indebitamento federale.
Questo limite è già stato innalzato 11 volte dal 2001, ma ora
molti politici sono riluttanti a continuare su questa strada
senza un piano concreto per una futura riduzione del
disavanzo.
Sarebbero necessarie azioni per evitare la recessione, ma
l’impasse del Congresso sta paralizzando il processo
decisionale. In effetti la filosofia sulla gestione del deficit di
repubblicani e democratici è quanto mai diversa.
In questo scritto intendo analizzare le cause e le conseguenze
del Fiscal Cliff sull’economia statunitense, concentrandomi
sui possibili scenari politici per il 2013.
Michael Temple
Responsabile della Ricerca sul credito,
U.S.A.
Quando si affronta la questione del fiscal cliff, i timori
principali per l‘economia sono rappresentati dal tetto
dell‘indebitamento, dalla riduzione automatica delle spese,
dalla scadenza dei tagli fiscali voluti da Bush e dalle spese
obbligatorie. Ogni decisione su questi temi potrebbe avere
implicazioni significative per i mercati.
Noi riteniamo che un accordo politico su una riduzione della
spesa pubblica si porrebbe a sostegno dei titoli di Stato
statunitensi. Tuttavia, se l‘attuale spesa pubblica in disavanzo
dovesse in qualche momento futuro, imbattersi in una
maggiore e più rapida attività economica, i rendimenti dei
Treasury e i prezzi potrebbero subire pressioni sostanziali, con
possibili effetti anche il mercato delle obbligazioni societarie.
In generale, dal punto di vista degli investitori, è importante
ridurre l‘esposizione agli investimenti già interamente prezzati
dal mercato. Nello scenario economico corrente, caratterizzato
dall‘incertezza politica, la necessità di beneficiare di una
gestione attiva è più forte che mai.<<
Continua a pagina 06
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Fatta salva ogni diversa indicazione, tutte le valutazioni e le opinioni espresse in questo documento sono quelle di Pioneer
Investments e potrebbero essere modificate in qualunque momento in base al variare delle condizioni del mercato o del contesto
di riferimento. Non vi è garanzia che i paesi, i mercati o i settori citati manifestino i rendimenti attesi. Prima dell’adesione leggere il KIID, che il proponente l’investimento deve consegnare prima della sottoscrizione, o il Prospetto disponibile sul sito internet
www.pioneerinvestments.it, presso gli intermediari collocatori e gli uffici dei promotori finanziari autorizzati.
COLLOQUIA SERIES │ Il Fiscal Cliff: implicazioni per gli investimenti
ottobre 2012
I pericoli dello stallo politico
Introduzione
Ultimamente si sono evidenziati crescenti timori sul Fiscal
Cliff che l’America deve affrontare, una manovra che combina
tagli alla spesa e aumenti delle imposte per oltre 600 miliardi
di dollari in programma per gennaio 2015. Alcuni analisti
hanno iniziato a parlarne come di una “tripla ora delle
streghe”, in quanto tagli e incrementi delle imposte
coincideranno quasi perfettamente con l’imposizione di un
nuovo tetto all’indebitamento federale.
Tra le principali disposizioni che dovrebbero pesare di più
all’inizio del 2013 (con l’indicazione del livello di
consolidamento fiscale nell’anno solare 2013), ricordiamo:
→ Scadenza della riduzione del 2% dell’imposta per la
previdenza sociale (circa 120 miliardi di dollari);
Proiezioni del Congressional Budget Office sul disavanzo
Disavanzo (-) o avanzo federale
Le stime per il 2012 e il 2013 si basano sulla ipotesi base del CBO
$400
$200
$0
-$200
miliardi
In una recente relazione del Congressional Budget Office
(CBO) si legge “... questo inasprimento fiscale porterà a
condizioni economiche nel 2013 che saranno probabilmente
considerate come una recessione...” e il Fondo Monetario
Internazionale (FMI) ha chiesto agli Stati Uniti di ripensare i
propri piani fiscali e consentire una maggiore flessibilità. Nel
frattempo l’industria aerospaziale e la difesa americana hanno
lanciato un grido d’allarme, anzi in alcuni casi preannunciato,
una significativa riduzione dell’organico in risposta a una
potenziale drastica sforbiciata ai budget. E tra gli
amministratori di molte società, in una vasta gamma di settori,
il fiscal cliff viene ritenuto un nodo critico, che influenza le
decisioni di investimento e le assunzioni. In tutto ciò, i politici
mostrano scarsa volontà di occuparsi delle problematiche
fiscali prima della tornata elettorale del 6 novembre da cui
scaturirà la nuova compagine congressuale e presidenziale.
disavanzo di 1.100 miliardi per l’esercizio 2012. Tuttavia,
applicando l’attuale legislazione, come il CBO è tenuto a fare nei
propri calcoli, il disavanzo dovrebbe ridursi drasticamente a 641
miliardi di dollari nell’esercizio 2013, a seguito della decadenza
delle attuali agevolazioni fiscali e dei tagli automatici della spesa
a decorrere proprio dall’inizio del 2013.
Il contesto
Il disavanzo di bilancio negli Stati Uniti è rimasto costantemente
sopra la soglia di 1.000 miliardi di dollari dalla recessione del
2008-2009 e le ultime proiezioni del CBO indicano un
-$400
2000-01
surplus
-$600
-$800
-$1.000
-$1.200
-$1.400
-$1.600
2000
2003
2006
2009
2011
2013
Fonte: CBO, marzo 2012
Robert F. Wescott
Robert F. Wescott è fondatore e presidente di Keybridge Research LLC, società di analisi economica
basata a Washington, DC, che ha offerto servizi ai governi del G7, a principali istituzioni finanziarie e
ad aziende posizionate nella classifica Fortune 500 fin dal 2001. Wescott si occupa di analisi
macroeconomiche globali, rischi finanziari e politica economica. Fornisce consulenza sull’asset
allocation globale a società finanziarie riconosciute sul panorama internazionale. Wescott viene
anche consultato in qualità di esperto dalle commissioni del Congresso degli Stati Uniti in materia
di politica economica, finanziaria e sull’energia. Dal 1999 fino al 2001, Wescott è stato assistente
speciale del Presidente degli Stati Uniti per la politica economica.
2
Fatta salva ogni diversa indicazione, tutte le valutazioni e le opinioni espresse in questo documento sono quelle di Pioneer
Investments e potrebbero essere modificate in qualunque momento in base al variare delle condizioni del mercato o del contesto
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ottobre 2012
Consolidamento fiscale programmato per il 2013: 660 miliardi di dollari (4.1% del PIL)
Consolidamento fiscale programmato per l’anno solare 20131
Aumento dell’imposizione fiscale / Tagli alle spese
Data di scadenza
Importo del consolidamento ($ mld)
Political Prospects of Consolidation
31/12/2012
$120
Probabile scadenza
Aumento dell’imposizione
Payroll tax holiday
Benefit di emergenza per la diosoccupazione
2001/03/10 riduzione
tasse* & AMT patch**
Altre agevolazioni fiscali in scadenza2
02/01/2013
$44
Dipende dall’economia
*31/12/2012
** 31/12/2011
$309
Dipende dai risultati elettorali
Varie date
$105
Dipende dai risultati elettorali
Tagli alle spese
“Doc fixes“
31/12/2012
$22
Improbabile scadenza
Tagli automatici della spesa – per la Difesa
n.d.
$45
Possibile riduzione parziale
Tagli automatici della spesa – Altro (non per la Difesa)
n.d.
$45
Dipende dai risultati elettorali
Riduzione truppe in Afghanistan
n.d.
-$30
Probabile riduzione
-
$660 (4.1% del PIL)
-
Consolidamento fiscale programmato
Stime CBO e CRFB aggiustate per rappresentare l’intero anno fiscale.
2
Comprende circa 80 diversi tipi di agevolazioni fiscali.
Fonti: CBO Budget Update, Committee for a Responsible Federal Budget, Analysis of CBO‘s Budget & Projectors. Gennaio 2012.
1
→ Scadenza dei tagli fiscali del 2001/2003/2010 promossi da
Bush/Obama e dell’imposta minima alternativa (circa 309
miliardi di dollari);
→ Fine dei benefit di emergenza per la disoccupazione (circa
44 miliardi di dollari);
→ Tagli alla spesa per la difesa che rientrano nella riduzione
automatica delle spese varata a fine 2011 per 1.200 miliardi
di dollari (circa 45 miliardi di dollari).
→ Tagli alla spesa, esclusa la difesa, che rientrano nella
riduzione automatica delle spese varata a fine 2011 per 1.200
miliardi di dollari (circa 45 miliardi di dollari).
Nel frattempo il livello del debito lordo nazionale ha
raggiunto quota 16.000 miliardi di dollari nella prima
settimana di settembre, avvicinandosi nuovamente al tetto
del debito, ad oggi fissato a 16.400 miliardi di dollari.
Sebbene sia difficile stabilire una scadenza precisa, il
segretario del Dipartimento del Tesoro Geithner stima che
il paese toccherà tale limite nel primo trimestre del 2013,
se il Congresso non deciderà di aumentarlo. Questo tetto
del debito è già stato innalzato 11 volte dal 2001, ma ora
molti politici sono riluttanti a continuare su questa strada
senza un piano concreto per una futura riduzione del
disavanzo. Sfortunatamente l’impasse politica ha sinora
impedito di attuare un tale piano e gli Stati Uniti si trovano
prigionieri tra un muro fiscale e un tetto del debito.
Come hanno fatto gli Stati Uniti a trovarsi in una simile
situazione?
Il paese si trova ad affrontare il “fiscal cliff ” (letteralmente
“precipizio fiscale”) a causa dello stallo del Congresso.
3
La filosofia sulla gestione del deficit di repubblicani e
democratici è, infatti, molto diversa. La maggior parte dei
repubblicani rifiutano ogni aumento delle imposte ma
sostengono che la riduzione del disavanzo debba essere il
frutto di tagli della spesa; mentre i democratici premono
per un innalzamento delle aliquote fiscali per colmare
almeno un quarto del deficit. Con la Camera dei
Rappresentanti controllata dai repubblicani e il Senato
nelle mani dei democratici per una manciata di voti,
nessun partito è stato in grado di far approvare le proprie
misure fiscali e di spesa. Ciascun partito gode, tuttavia, del
potere di bloccare l’affermazione delle proposte dell’altro.
“I politici non sono stati capaci di accordarsi
sui principali aspetti della politica fiscale,
limitandosi a varare misure fiscali e di budget
temporanee per arrivare fino alle elezioni di
novembre”
I politici non sono stati capaci di accordarsi sui principali
aspetti della politica fiscale, limitandosi a varare misure
fiscali e di budget temporanee per arrivare fino alle
elezioni di novembre, da cui ciascun partito spera di uscire
rafforzato. Gran parte di questa inattività è dovuta a una
certa spettacolarizzazione della politica. Ad esempio, tutti
concordano sull’esigenza di prorogare i tagli fiscali voluti
da Bush per le famiglie con redditi inferiori a 250.000
dollari, mentre l’oggetto del contendere si concentra su chi
guadagna di più. I repubblicani si sono opposti all’ultima
proposta di Obama di una proroga limitata, riluttanti a
concedere una vittoria agli avversari su questo fronte.
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Lo stallo politico ha anche contribuito ai tagli drastici
previsti nel piano di riduzione automatica delle spese.
Questi tagli sono particolarmente dannosi per loro stessa
natura. Sono stati pensati come una “pillola avvelenata”,per
rappresentare l’opzione meno appetibile ai tagli, cosicché i
partiti siano costretti a creare un piano alternativo. Tuttavia,
vista l’impossibilità di raggiungere un compromesso,
sembra che questa pillola avvelenata dovrà davvero essere
inghiottita. Gli intrighi politici stanno raggiungendo i livelli
più alti man mano che si avvicinano le elezioni di novembre.
Quali sono i potenziali effetti economici?
Un consolidamento fiscale della portata prevista, pari a circa
600 miliardi di dollari nell’anno solare 2013, ossia attorno al
4% del PIL, avrebbe un effetto fortemente recessivo e
potrebbe avere molteplici effetti negativi anche sui redditi e
sull’occupazione. A inizio giugno, il Fondo Monetario
Internazionale ha sottolineato che il consolidamento fiscale
programmato potrebbe ridurre la crescita del PIL
statunitense ben al di sotto dell’1% nel 2013, provocando un
significativo effetto domino globale. Le nuove previsioni di
agosto 2012 del CBO, riferite al 2013, sono ancora meno rosee,
con una proiezione di una contrazione del PIL reale dello
0,3% nel 2013 (contro la stima precedente attestata su una
crescita dell’1%), un dato questo evidentemente recessivo,
mentre il tasso di disoccupazione potrebbe balzare attorno al
9% nel secondo semestre del 2013 qualora gli elementi
principali del fiscal cliff non fossero modificati. Altre
istituzioni, come ad esempio il Comitato per un Bilancio
Federale Responsabile, hanno stimato che il fiscal cliff
potrebbe portare ad un calo del PIL reale pari al 3,9% e al
1,9% rispettivamente nei primi due trimestri del 2013 qualora
non venissero promosse azioni correttive.
“L’obiettivo dovrebbe essere quello di
implementare misure fiscali in grado di creare
fiducia e di ridurre gradualmente il deficit nei
prossimi anni”.
Le raccomandazioni degli economisti sono tutte abbastanza
in linea e invitano a un consolidamento più moderato,
bilanciato e di medio termine che risolva le questioni di
fondo, come la riforma fiscale e dei diritti acquisiti.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di implementare misure
fiscali in grado di creare fiducia e di ridurre gradualmente il
deficit nei prossimi anni. Un consolidamento improvviso,
estremo e scarsamente pianificato rappresenta chiaramente
una via pericolosa da seguire.
4
ottobre 2012
Cosa accadrà probabilmente nei prossimi tre mesi?
Si prevede che nelle prossime settimane ciascun partito resti
alquanto passivo sul tema del fiscal cliff, accusando al
contempo i rivali di inattività. Dietro le quinte, tuttavia,
alcuni repubblicani e democratici al Senato hanno già
iniziato a negoziare un potenziale accordo sulla fiscalità e
sulle spese da sottoscrivere nella sessione ridotta, di 4 o 5
settimane, che seguirà le elezioni del 6 novembre e l’effettivo
insediamento presidenziale.. Nel gruppo troviamo i senatori
Tom Coburn (repubblicano-Oklahoma), Chris Coons
(democratico-Delaware), Robert Corker (repubblicanoTennessee) e Richard Durbin (democratico-Illinois),
probabilmente insieme a un’altra dozzina di membri.
L’obiettivo è di predisporre un pacchetto che possa essere
approvato rapidamente per evitare una decisa contrazione
fiscale. Ovviamente la Camera, guidata dai repubblicani,
dovrebbe concedere la propria approvazione e su questo
punto non vi sono garanzie. Eppure, considerato il pericolo
del fiscal cliff, , esiste una probabilità del 75% che le seguenti
misure siano approvate nel periodo di interregno:
→ Consentire la scadenza a fine 2012 della riduzione del
2% dell’imposta per la previdenza sociale ,
→ Prorogare per un anno i tagli fiscali promossi da Bush
per tutte le fasce di reddito (in questo stesso periodo un
comitato del Congresso verrebbe incaricato di avviare
una completa revisione della legislazione fiscale),
→ Cancellare il grosso dei tagli automatici alla spesa per la
difesa e, pur se in misura molto minore, dei tagli che
interessano gli altri capitoli di spesa.
Il risultato finale potrebbe essere un consolidamento fiscale
nel 2013 compreso tra l’1,25% e l’175% del PIL, non del 4%
attualmente in gioco. La crescita del PIL nel 2013 sarebbe
modestamente ridotta in questo caso, ma continuerebbe
permettendo agevolmente di evitare una recessione.
“La probabilità che il fiscal cliff inneschi una fase
recessiva è solo attorno al 5% per gennaio 2013,
in assenza di una risposta politica”.
Un’eccezione a questo scenario abbastanza cupo si avrebbe se
le elezioni si concludessero con un risultato univoco,
nettamente a favore di un partito, come se i repubblicani si
aggiudicassero la Casa Bianca, il Senato e la Camera, oppure
come se il Presidente Obama fosse rieletto con una solida
maggioranza e molti dei repubblicani alla Camera fossero
sconfitti. In entrambi questi casi estremi, il partito trionfatore
alle elezioni del 6 novembre potrebbe decidere di non
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accettare compromessi e accordi con l’altra parte, attendendo
fino a gennaio per poter imporre pienamente la propria
volontà. Le probabilità di un simile esito sono attorno al 25%.
Ma anche in questo caso il Congresso potrebbe varare una
proroga da 30 o 60 giorni dei tagli fiscali o ritardare l’entrata
in vigore delle riduzioni automatiche della spesa. Quando
anche non lo facesse, il fiscal cliff potrebbe non turbare i
mercati finanziari se il partito vittorioso dichiarasse
apertamente che il suo primo atto ufficiale, in gennaio, sarà di
approvare i tagli fiscali o cancellare i tagli alla spesa per la
difesa. Le tabelle delle ritenute fiscali resterebbero
artificialmente elevate per il primo mese dell’anno o poco
oltre, ma sarebbero cambiate entro febbraio. Nel complesso la
probabilità che il fiscal cliff inneschi una fase recessiva è solo
attorno al 5% per gennaio 2013, in assenza di una risposta
politica e con significativi aumenti delle imposte e tagli decisi
della spesa per la difesa destinati a permanere a lungo.
Cosa potrebbe accadere con il consolidamento fiscale nel 2013?
Gli scenari più probabili dopo l’insediamento del nuovo
Congresso e del Presidente nel gennaio 2013 sono
sostanzialmente tre.
Rielezione di Obama e (parziale) sconfitta del Tea Party
(probabilità del 30%)
Laddove il Presidente Obama fosse rieletto, i democratici
tenessero il Senato e un buon numero di repubblicani del Tea
Party non fosse riconfermato alla Camera, il portavoce della
Camera Boehner si sentirebbe probabilmente meno vincolato
dai membri della propria fazione, tra cui il Presidente della
commissione bilancio Paul Ryan ed Eric Cantor, leader della
maggioranza. In questo scenario sarebbe ragionevole
prevedere che Obama e Boehner rivedano il pacchetto di
riduzione del disavanzo da 4.000 miliardi di dollari su cui
avevano quasi trovato un accordo alla fine di luglio 2011,
prima che Ryan e Cantor, più conservatori, lo bocciassero
perché troppo incentrato sugli aumenti delle imposte (che
ammontano a circa un quarto dell’intero pacchetto). Obama
a malincuore accetterebbe alcune riforme fondamentali nei
programmi sui diritti acquisiti e i repubblicani, di
controvoglia, accetterebbero un modesto incremento della
pressione fiscale sulle fasce a più alto reddito. I tagli alla spesa
e l’aumento delle imposte sarebbero concentrati, con un
consolidamento fiscale relativamente ridotto nel 2013 e uno
più significativo a partire dall’anno successivo, dopo una
evidente ripresa economica. Il consolidamento fiscale
potrebbe essere legato comunque ad alcune specifiche
condizioni. Ad esempio alcuni tagli della spesa o incrementi
delle imposte potrebbero essere sospesi fintantoché il tasso di
disoccupazione non sia sceso sotto il 7%.
5
ottobre 2012
Vittoria di Romney e Ryan per i Repubblicani
(probabilità del 40%)
Se Romney fosse eletto presidente e i Repubblicani
conquistassero il Senato, mantenendo la Camera, il Paese
avrebbe scelto un’evidente svolta a destra. In questo caso, è
probabile che sia implementato un draconiano “budget alla
Ryan”, con una riduzione marcata della spesa per i diritti
acquisiti e, forse, anche per la difesa. Ci sarebbero inoltre
ulteriori tagli alle imposte, quasi certamente nell’ambito di
una piano di riforma fiscale di ampia portata che appunto
ridurrebbe il carico fiscale e consentirebbe minori deduzioni
e detrazioni. Anche in questo caso, tuttavia, è probabile che i
tagli siano simbolici nel 2013 e più pesanti a partire dal 2014.
Non è però ancora chiaro quali effetti recessivi possa avere
una simile politica fiscale in quanto i repubblicani hanno
dichiarato di voler promuovere una decisa riduzione delle
imposte unitamente ai tagli della spesa.
Status quo (probabilità del 30%)
In questo scenario Obama sarebbe rieletto con un margine
risicato, il Senato resterebbe sotto il controllo dei democratici
e la Camera sotto quello dei repubblicani, con gli esponenti
del Tea Party in posizione invariata. Se così fosse, è possibile
che il Tea Party assuma un atteggiamento più estremo,
attribuendo la mancata vittoria alle presidenziali alla scelta di
un candidato non sufficientemente conservatore. Ciò
provocherebbe il consolidamento fiscale più lieve nel breve
periodo e il minor fiscal cliff nel 2013, ma probabilmente
l’esito peggiore in termini di progresso a lungo termine sulla
strada della riduzione del deficit. Lo stallo continuerebbe, così
come i battibecchi tra i partiti e l’incapacità di raggiungere un
compromesso sulle politiche fiscali e di spesa. Possiamo
prevedere che in questo quadro i membri del Tea Party
facciano pressione sui Repubblicani per opporsi a qualsiasi
aumento del tetto del debito, minacciando di far cadere il
governo e così via.
Conclusioni
Il fiscal cliff è reale, ma potrebbe essere in larga misura evitato
sfruttando la sessione pro-tempore del Congresso dopo le
elezioni di novembre quando il Congresso si troverà ad un
passo dall’abisso e potrebbe varare una proroga di un anno
dei tagli fiscali implementati da Bush e cancellare gran parte
dei tagli automatici della spesa per la difesa. Una politica
fiscale ragionevole e un budget sostenibile sul medio periodo
richiedono la collaborazione degli esponenti di entrambi i
partiti. Un risultato elettorale che mantenesse lo status quo,
con poche modifiche nella compagine del Congresso,
potrebbe portare a un esito politico che comporterebbe scarsi
progressi per la riduzione del disavanzo nel medio termine.
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ottobre 2012
Il fiscal cliff: l’economia continua a reggere nonostante
qualche pressione sui titoli di Stato
Intervista a Michael Temple
Le elezioni si avvicinano e il dibattito fiscale inizierà
subito dopo. A suo parere quali sono i rischi concreti di un
fiscal cliff per l’economia statunitense?
Vi sono diverse componenti da considerare: in primo
luogo il tetto del debito. Sembra che sia stato raggiunto un
accordo, quanto meno tra i senatori e i rappresentanti di
spicco al Congresso, sul fatto che la soluzione della
questione debba essere rimandata a dopo le elezioni. La
Fed e il Dipartimento del Tesoro hanno dichiarato di non
avere intenzione di occuparsi del problema almeno fino al
primo trimestre del 2013. A fronte di questa posizione, il
dibattito fiscale sarà demandato ai senatori e
rappresentanti neoeletti, mentre ai politici in uscita sarà
risparmiata la necessità di discuterne e di assumere
posizioni estreme laddove intendessero ricandidarsi.
Un altro punto da considerare è quello relativo alla
riduzione automatica delle spese, per il quale non è mai
stato concretizzato un accordo. I tagli si
applicherannoindiscriminatamente in diversi ambiti del
budget per un importo di circa mille miliardi di dollari su
dieci anni, che equivale ad una cifra piuttosto ridotta su
base annuale. I tagli interesseranno in particolare la difesa
e, in subordine, le spese discrezionali. Ambedue i partiti
sono ansiosi di esprimersi su questa materia, poiché
entrambi scontenti degli effetti della manovra sui propri
specifici interessi. I tagli automatici peseranno sul PIL ma,
a nostro parere, non dovrebbero costituire la fonte
principale delle preoccupazioni per il mercato.
Un impatto potenzialmente più significativo potrebbe
arrivare con la scadenza dei tagli fiscali promossi
dall’amministrazione Bush. Questo porterebbe ad aliquote
fiscali più elevate, con ripercussioni su tutte le voci di
reddito, soprattutto dividendi e plusvalenze di capitale.
Crediamo che ciò si rifletterà in maniera evidente sui
mercati finanziari, in primis quelli azionari, in quanto gli
investitori hanno riallocato quote consistenti delle proprie
partecipazioni azionarie in titoli di società a grande
capitalizzazione, capaci di generare reddito. In sostanza,
pensiamo che l’incremento delle imposte sul capital gain
colpiranno tutti coloro che sono interessati all’acquisto di
attività rischiose. Prevediamo la possibilità che si
realizzino vendite significative a seguito della
reintroduzione del regime fiscale precedente ai tagli
introdotti da Bush e questo è, a nostro avviso, il rischio
principale per i mercati finanziari.
Quale pensa che sia l’esito più auspicabile di questa
tornata elettorale?
Crediamo che la vittoria dei repubblicani, la possibilità di un
atteggiamento più attento alle esigenze delle imprese e un
regime fiscale più favorevole agli investitori rappresentino
l’esito migliore. Le posizioni dei due partiti in materia di
politica fiscale, principalmente sui tagli delle tasse, sono
ormai chiaramente definite. Il Presidente in carica vorrebbe
che i tagli fiscali si applicassero solo a coloro che guadagnano
meno di 250.000 dollari l’anno. Sfortunatamente, una simile
ipotesi influenzerebbe negativamente la struttura delle fasce
di reddito da cui dipende in larga misura la crescita della
spesa al consumo e degli investimenti.
In caso di una vittoria di Romney, pur a fronte di una
ulteriore contrazione della spesa pubblica che inficerebbe il
PIL nel breve periodo, si creerebbe un quadro fiscale più
favorevole e la possibilità di un regime di spesa incoraggiante
Michael Temple
Michael Temple è Senior Vice President di Pioneer Investment Management, Inc., la divisione di
investimento statunitense di Pioneer Investments, ed è anche Direttore della Ricerca sul Credito
negli Stati Uniti, con responsabilità di sull’intero dipartimento di ricerca sulle obbligazioni
americane. E’ stato il gestore di portafoglio per la strategia istituzionale “Credit Opportunity” dal
2008 ed è anche un gestore del fondo Pioneer Absolute Return Credit. Prima di entrare in Pioneer
Investments nel 2002, è stato gestore di portafoglio in Boston Partners Asset Management, dove
ha contribuito alla gestione 1,5 miliardi di dollari in gestione in strategie istituzionali.
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a sostegno dei mercati azionari. Questo sarebbe ancora più
vero se la vittoria di Romney portasse ad una superiorità
assoluta del partito repubblicano con la maggioranza alla
Camera e al Senato.
Purtroppo i più recenti sondaggi suggeriscono il
mantenimento dello status quo e questo potrebbe essere
percepito come un segnale abbastanza negativo da parte
dei mercati dei capitali.
I mercati sono ora convinti che i tagli fiscali voluti da Bush
saranno in gran parte riconfermati, con la prospettiva di
una rinegoziazione favorevole, spostando ancora una volta
la soluzione del problema del disavanzo a un momento
futuro. In questo caso il contributo alla crescita del PIL
sarebbe negativo ma tra il -1% e il -1,5%; ben lontano dal
-4%, un dato potenzialmente recessivo, che si potrebbe
registrare in caso di un completo fiscal cliff ”. Quindi i
mercati si attendono un esito piuttosto favorevole, ma se
così non fosse, dobbiamo attenderci un’ondata di vendite
di titoli azionari e un marcato rally dei titoli di Stato.
I partiti politici si sono occupati della questione delle
spese obbligatorie nella rispettiva campagna?
Le spese obbligatorie per i programmi basati su spettanze
e diritti acquisiti, come i pagamenti dei sussidi di
disoccupazione, per la previdenza sociale, le pensioni e i
piani sanitari Medicare e Medicaid costituiscono il
principale capitolo della spesa pubblica. A queste voci si
deve altresì la crescita esplosiva dei rispettivi budget per il
futuro in risposta all’invecchiamento della popolazione. Il
candidato repubblicano alla vicepresidenza, Paul Ryan, ha
sviluppato un piano per gestire i problemi di budget legati
ai “diritti acquisiti”. Il sistema sanitario attuale e futuro è il
nodo di tutte le problematiche di budget e Ryan si propone
di risolverlo adottando alcuni regimi alternativi fondati su
una sorta di “privatizzazione” da realizzare mediante
voucher, tagli e mean test a carattere selettivo. Paul Ryan è
l’ideatore della politica fiscale del partito repubblicano,
quindi possiamo affermare che vi sia, quanto meno da
parte loro, la volontà di affrontare questa sfida.
Quello che propongono i democratici, di contro, è
sostanzialmente di ripartire i costi assicurativi nella
maniera più ampia possibile per ridurre l’onere
assicurativo complessivo e queste disposizioni
scaturiscono direttamente dalla riforma del sistema
sanitario (Obamacare). Riteniamo che questa proposta
non possa avere un gran successo, perché non modifica gli
incentivi insiti nel sistema sanitario.
7
ottobre 2012
Ritiene che vi sia un potenziale di rialzo per i rendimenti
dei titoli statunitensi a 10 anni se dovesse venir meno il
fascino del “porto sicuro”?
La crescita economica negli Stati Uniti è sotto la media, da
un punto di vista storico, ma un semplice calcolo
matematico applicato alle obbligazioni suggerisce che i
rendimenti decennali dovrebbero attestarsi attorno al 4%,
con un’inflazione e una crescita del PIL all’incirca sul 2%.
Quindi, in circostanze normali, il rendimento dei Treasury
a dieci anni dovrebbe aumentare considerevolmente.
Tuttavia, l’incertezza, i tassi a breve termine prossimi allo
zero, il programma di acquisto di obbligazioni di ampia
portata promosso dalla Fed e la fuga dei capitali
dall’Europa concorrono a mantenere bassi i rendimenti.
Riteniamo che un accordo politico su una riduzione della
spesa pubblica dovrebbe supportare i titoli di Stato nel
lungo termine per ragioni maggiormente basate sui
fondamentali, mostrando al mondo che il disavanzo di
bilancio statunitense non è destinato a crescere fuori
controllo. D’altro canto, se l’attuale spesa pubblica in
disavanzo dovesse, in qualche momento futuro, intersecarsi
con una maggiore e più rapida attività economica,
innescando preoccupazioni riguardo all’inflazione, i
rendimenti dei Treasury e i prezzi potrebbero subire
pressioni sostanziali. Lo scenario più probabile per i titoli
di Stato americani nei prossimi 12 – 18 mesi è di avere,
come nel 2011, un andamento altalenante, condizionato da
periodi di stallo politico che indisporranno gli investitori, a
cui seguiranno negoziati complessi, soluzioni di
compromesso, timori per un’attività economica sotto la
media e ancora timori sull’inflazione.
Ritiene che vi siano pericoli che un’ondata di vendite dei
titoli di Stato possa spingere al ribasso anche il mercato
delle obbligazioni societarie?
Penso proprio di sì. Con gli spread a livelli così bassi,
soprattutto nel segmento del credito investment grade, se si
registrasse un deciso incremento dei rendimenti a dieci
anni, in presenza di una modesta compressione degli spread
sulle obbligazioni societarie con il miglioramento
dell’economia, l’aumento dei rendimenti dei Treasury
americani potrebbe annullare questo movimento positivo
sugli spread.
Il segmento high-yield potrebbe, invece, essere relativamente
più protetto grazie alla sua duration più contenuta. Pur con
questa premessa attualmente vi sono obbligazioni high-yield
con rating BB emesse conrendimenti e spread davvero bassi.
Per minimizzare il rischio proveniente di un’ondata di
Fatta salva ogni diversa indicazione, tutte le valutazioni e le opinioni espresse in questo documento sono quelle di Pioneer
Investments e potrebbero essere modificate in qualunque momento in base al variare delle condizioni del mercato o del contesto
di riferimento. Non vi è garanzia che i paesi, i mercati o i settori citati manifestino i rendimenti attesi. Prima dell’adesione leggere il KIID, che il proponente l’investimento deve consegnare prima della sottoscrizione, o il Prospetto disponibile sul sito internet
www.pioneerinvestments.it, presso gli intermediari collocatori e gli uffici dei promotori finanziari autorizzati.
COLLOQUIA SERIES │ Il Fiscal Cliff: implicazioni per gli investimenti
vendita dei Treasury è necessario spostare l’attenzione sulla
parte più breve della curva dei rendimenti dove ancora c’è
spazio per una compressione degli spread, anche se partendo
da livelli piuttosto bassi.
Rendimenti sui titoli di Stato a 10 anni e crescita del PIL
15
%
10
5
0
-5
1962 1969
1976 1983 1990 1997 2004 2011
Crescita del PIL USA nominale anno su anno
Rendimento di un generico titolo di Stato amernicano a 10 anni
Quali sono, a suo parere, le prospettive per il dollaro
americano?
Supponendo che tutte le variabili si allineino
correttamente sul fronte politico, ritengo che si potranno
evidenziare segnali di una tendenza positiva a lungo
termine per il dollaro americano, per una serie di motivi.
Innanzitutto, il sistema manifatturiero statunitense è
molto più competitivo e questa modifica strutturale ha
rafforzato il vantaggio complessivo dell’economia
americana sulla concorrenza. Alla base di questo
cambiamento troviamo un costo contenuto dell’energia.
Quest’ultima è sostanzialmente meno cara negli Stati Uniti
rispetto al resto del mondo, soprattutto rispetto ai paesi
sviluppati (Europa e Giappone). La nostra infrastruttura
energetica nel suo complesso e le scoperte di nuovi
giacimenti di petrolio e gas naturale offrono agli stati uniti
un vantaggio concorrenziale su tutti gli altri Paesi e,
soprattutto, sull’Asia (verso cui sono state esternalizzate
molteplici attività manifatturiere negli ultimi due
decenni). Conseguentemente, il dollaro statunitense, a
fronte del miglioramento dello scenario economico
nazionale e del cambiamento descritto in precedenza,
potrebbe iniziare a terreno rafforzarsi su base secolare,
rispetto alle altre valute del mondo sviluppato.
La Fed dovrebbe iniziare una normalizzazione della
politica monetaria quando lo riterrà opportuno?
Non credo che la Fed rimarrà necessariamente legata
all’attuale politica estremamente accomodante, nonostante
8
ottobre 2012
abbia finora legato i cambiamenti della propria politica ai
dati di disoccupazione e inflazione.
La disoccupazione potrebbe iniziare a calare molto più
rapidamente a seguito di una possibile svolta drastica del
mercato immobiliare già dal prossimo anno. In effetti proprio
il mercato immobiliare, pur rappresentando una percentuale
ridotta del PIL complessivo, è di gran lunga uno dei principali
datori di lavoro. In aggiunta, le aziende che gravitano attorno
al comparto immobiliare potrebbero assumere migliaia di
disoccupati. Molti osservatori economici suggeriscono che
nel 2013 potrebbero essere realizzati tra 1,2 e 1,5 milioni di
nuove unità residenziali, quindi si potrebbe assistere alla
creazione di un numero considerevole di posti di lavoro con il
risveglio dell’attività edilizia
Se queste ipotesi dovessero verificarsi le pressioni per una
normalizzazione della politica della Fed potrebbero
presentarsi già a partire dal prossimo anno.
In una simile congiuntura cosa dovrebbero fare gli
investitori?
Naturalmente innanzitutto devono fare i conti con la
propria propensione al rischio e con il proprio orizzonte
temporale. La volatilità è probabilmente destinata a
perdurare a fronte dell’incertezza a livello politico e che
scaturisce da tutti gli altri fattori e dalle forze che ho
elencato. Pertanto, per chi avesse un orizzonte temporale
breve è importante ridurre l’esposizione agli investimenti
già interamente prezzati. Di contro, se nel prossimo paio
di anni il mondo si normalizzasse, il rischio maggiore è
che con tassi di interesse in crescita vengano messe sotto
pressione le emissioni obbligazionarie di elevata qualità. In
questa eventualità, i portafoglio concentrati su Treasury e
mutui ipotecari si troveranno in difficoltà. Al contrario,
saranno le attività più rischiose e i titoli azionari a subire
maggiori pressioni, se le difficoltà economiche mondiali
dovessero perdurare.
In sostanza, gli investitori dovrebbero cercare di evitare
questi due scenari estremi. Per questo abbiamo creato
strategie che ci aiutano a gestire la volatilità. Nel segmento
obbligazionario abbiamo la capacità di gestire il rischio al
ribasso operando sia sulla duration che sugli spread
creditizi. Nell’attuale contesto economico è sempre più
forte l’esigenza di beneficiare di una gestione attiva: le
strategie di investimento passive e le obbligazioni di alta
qualità non sembrano più una valida alternativa.
Fatta salva ogni diversa indicazione, tutte le valutazioni e le opinioni espresse in questo documento sono quelle di Pioneer
Investments e potrebbero essere modificate in qualunque momento in base al variare delle condizioni del mercato o del contesto
di riferimento. Non vi è garanzia che i paesi, i mercati o i settori citati manifestino i rendimenti attesi. Prima dell’adesione leggere il KIID, che il proponente l’investimento deve consegnare prima della sottoscrizione, o il Prospetto disponibile sul sito internet
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