Avvenire 11/04/2010 Page : A05 Copy Reduced to 49% from original to fit letter page GIOVEDÌ 4 NOVEMBRE 2010 la svolta BOEHNER LEADER ALLA CAMERA ohn Boehner, 60nne congressman dell’Ohio rieletto per la decima volta nel suo collegio, sarà il primo speaker (presidente) della Camera dei rappresentanti cattolico e repubblicano. Nel recente passato infatti altri quattro cattolici, ma tutti del partito democratico, avevano occupato la terza carica dello Stato federale. E cioè: John W. McCormack (1962-1971), Tip O’Neill (1977-1987), Tom Foley (1989-1995) e Nancy Pelosi, che occupa lo scranno dal 2007 e verrà sostituita da Boehner il prossimo gennaio. Ex allievo della Xavier University dei gesuiti di Cincinnati, secondo di 12 figli, Boenher è considerato un fervente pro-life, tanto che quest’anno è stato insignito dell’Henry J. Hyde Defender of Life Award, promosso dall’associazione Americans United for Life proprio per il J REID LEADER AL SENATO Dal voto esce un Congresso diviso e spinto verso gli estremi. La rimonta del Gop, accelerata dalle preoccupazioni economiche, è più cospicua nel Sud e nel Midwest. Profilo basso dei vincitori: «Molti americani sono scettici nei nostri confronti, non dobbiamo fare niente che li disturbi» Un cattolico «pro-life» scalza Nancy Pelosi suo impegno a impedire il finanziamento pubblico degli aborti. E in questo segna una rottura rispetto alla Pelosi, che per la sua attività parlamentare a favore del diritto d’aborto è stata più volte criticata da alti esponenti della Chiesa cattolica Usa. Il 18 febbraio 2009 dopo che la Pelosi incontrò «brevemente» Benedetto XVI al termine dell’udienza generale, un insolito Comunicato della Sala Stampa vaticana, interamente ripreso dall’Osservatore Romano, puntualizzò che il Papa nel colloquio aveva ricordato che la legge naturale e il costante insegnamento della Chiesa «impongono a tutti i cattolici, e specialmente ai legislatori» di cooperare «per promuovere un ordinamento giuridico giusto, inteso a proteggere la vita umana in ogni suo momento». Gianni Cardinale 5 Confermato l’artefice della riforma sanitaria eppur sconfitto nella maggior parte dei contesti, il presidente Obama ha almeno una ragione per cantar vittoria: l’affermazione in Nevada del capogruppo democratico in Senato Harry Reid. L’anziano senatore, vero artefice insieme alla speaker della Camera Nancy Pelosi del passaggio in Congresso della riforma sanitaria, ha combattuto fino all’ultimo voto contro la candidata del Tea Party Sharron Angle, ma alla l’ha spuntata. Per un soffio. Ha vinto col 50,2 per cento. «Siamo ovviamente soddisfatti del risultato, che non era affatto scontato - ha commentato Reid -. Ora contiamo di tornare in Congresso per lavorare fianco a fianco con i colleghi repubblicani. Ma sia chiaro un punto: siamo orgogliosi della riforma sanitaria, una legge che ha messo un freno S agli interessi speciali delle lobby delle assicurazioni». La mancata vittoria di Reid, 71 anni, in Senato dal 1987, sarebbe stata un duro colpo per l’amministrazione Obama. Il capo dei senatori democratici rappresenta infatti per il presidente il vero interlocutore che la Casa Bianca ha al Congresso. La sua mancata elezione avrebbe complicato in modo grave il cammino del governo. Non a caso il presidente si è speso personalmente in Nevada per la rielezione di Reid, e la stessa first Lady, Michelle, aveva riservato al Nevada la sua ultima uscita elettorale, organizzata proprio alla vigilia del voto. L’affermazione di Harry Reid in Nevada è fondamentale per Obama dal punto di vista strategico, in vista sia delle prossimo battaglie congressuali, sia delle elezioni presidenziali del 2012. L’ESITO DELLE URNE John Boehner (Ap) Harry Reid (Reuters) Ora ai democratici non rimane che il Senato I repubblicani conquistano 60 deputati alla Camera Ridotto al minimo il margine dei senatori di Obama I risultati CAMERA DEI RAPPRESENTANTI SENATO 218 Maggioranza Democratici 51 Maggioranza Repubblicani G TI I SEG I AL VOTO TUT 11 11 185 Democratici 37 SEGGI AL VOT 3 O 239 51 11 Repubblicani 46 23 435 100 Totale seggi Totale seggi I 37 NUOVI GOVERNATORI 9 1 4 23 Wisconsin Michigan Pennsylvania New York Oregon Minnesota Maine New Hampshire Idaho Wyoming Nevada Vermont S. Dakota Massachussetts Nebraska Utah Iowa Rhode Island Illinois Colorado California Ohio Connecticut Kansas Maryland New Mexico Arizona Oklahoma Texas Democratico Tennessee South Carolina Georgia Repubblicano Indipendente Scrutinio non ultimato Arkansas Alabama Florida Alaska Hawaii ANSA-CENTIMETRI intervista/1 «Un risultato diverso se la Casa Bianca non avesse cercato di fare così tanto» due anni, considerando inoltre che sono state proposte modifiche sostanziali alle politiche preceecondo Julian Zelizer – professore di Storia e denti come la riforma della regolamentazioni fiaffari pubblici all’università di Princeton, nonnanziarie. Questo ha dato modo all’opposizione di ché politologo e autore di numerosi libri sulapprofittarne, avrebbe avuto meno impatto politila politica Usa – sono tre i fattori che hanno contrico se i democratici non avessero cercato di fare cobuito al successo repubblicano. sì tanto... Come si è giunti ai risultati di ieri? Lo stesso errore, quindi, cercare di migliorare il siInnanzitutto, i democratici si sono trovati a dover stema sanitario? affrontare le urne senza buone notizie sul fronte eEsattamente. Non c’è alcun modo di affrontare uconomico e occupazionale, quena tale riforma senza creare un’estioni essenziali per l’elettorato che norme controversia. Lo storico Julian negli ultimi due anni si è mostrato Di cui l’opposizione si è avvantagZelizer: ora devono sempre più insoddisfatto. Il Gop ha giata... poi avuto modo di riprendersi dal repubblicani sono stati molto efrimanere fissi sulle loro Ificaci calo di consensi del 2008, riorganel diramare il proprio mesposizioni. I conservatori nizzandosi e traendo energia dal saggio attraverso i media e nello movimento conservatore del Tea scalfire quello democratico portannon riusciranno Party. Non si può però dimenticare do a riprova la mancanza di risultaa cambiare la sanità che l’Amministrazione Obama ha ti. Nonostante gli sforzi di Obama scelto di perseguire una difficile e riguardo una comunicazione a tapproblematica agenda, attaccando peto utilizzando canali non conad esempio uno dei problemi più polarizzanti quavenzionali quali Internet, il partito dell’asinello non le la riforma del sistema sanitario. ha avuto un grande successo sul fronte delle pubI problemi economici, però, non sono stati origibliche relazioni. nati dalle politiche di Obama, ma in parte erediQuale deve essere quindi ora la prossima mossa detati dal predecessore. mocratica? Più a lungo un presidente è in carica e più viene iRimanere fissi sulle proprie posizioni. I repubblicani dentificato con la situazione corrente. La crisi econon riusciranno ad abrogare la riforma del sistema nomica era già in atto quando Obama iniziò il prosanitario e Obama deve difenderla fino in fondo, prio mandato, ma non è stata risolta nei suoi primi perché accettare di modificarla sarebbe peggio. DA NEW YORK LORETTA BRICCHI LEE S Copyright (c) Avvenire DA NEW YORK ELENA MOLINARI n mare d’inchiostro rosso – il colore del partito repubblicano – si allarga sulla cartina degli Stati Uniti man mano che i risultati vengono annunciati. Le grandi macchie di blu dei democratici che due anni fa ricoprivano le due coste, tappezzavano buona parte del Sud e del Nord e si infiltravano nel centro sono sparite. Perse. Per quanto tempo? Basteranno due anni al partito di Barack Obama per riprendersi dalla sconfitta di ieri, come sono bastati ai conservatori non solo per risollevarsi dalla batosta del 2008, ma anche per portare l’orologio indietro a prima del movimento anti-Iraq del 2006, alla “rivoluzione repubblicana” del 1994 e, stando al numero di seggi vinti alla Camera, ancora prima, al 1948? È questa la questione aperta che resta quando tutte le domande preelettorali hanno ricevuto risposta, confermando la nuova tendenza a destra dell’elettorato americano. Sono allora i cortissimi cicli elettorali la nuova realtà politica americana? Rapide alternanze che non lasciano al Congresso tempo per lavorare, o lo costringono a maratone contro il tempo come quelle che hanno portato in 18 mesi al pacchetto di stimolo per l’economia, alla riforma della sanità e a quella della finanza? Di certo quello che esce dal voto di martedì – un voto che ha visto un’affluenza superiore alla media dei midterm, ma non eccezionale – non è solo un Congresso diviso, con la Camera ai repubblicani e il Senato per un pelo ai democratici, ma anche un Congresso più spinto verso gli estremi, dopo che i centristi del partito democratico sono stati purgati dagli elettori liberal in risposta all’ondata conservatrice, e dopo che il Tea party ha spinto a destra, o sostituito con propri rappresentanti, i candidati più moderati del Grand Old Party (Gop). La nuova cartina americana ha anche visto tornare “rossi” Stati che nel 2008 Obama aveva faticosamente vinto e che sono decisivi per arrivare alla presidenza, come l’Ohio, la Florida, la Pennsylvania. La rimonta alla Camera – dove tutte U Una seduta del Congresso L’Asinello resiste o avanza in alcuni Stati chiave come la California, il Connecticut e il Delaware Ma ne tornano “rossi” altri, come l’Ohio, la Florida e la Pennsylvania se perché c’erano in gioco solo 37 seggi su 100. I repubblicani hanno accaparrato almeno sei seggi senatoriali, arrivando a quota 46 con tre duelli ancora da decidere. I democratici sono però riusciti a rimanere attaccati, con le unghie e con i denti, ad alcuni Stati determinanti, anche questi in vista delle presidenziali del 2012, come la California, che ha ora un governatore democratico dopo sette anni di Schwarzenegger, il Connecticut e il Delaware. Il capogruppo dei democratici al Senato, Harry Raid, è riuscito a mantenere per un pelo la sua poltrona, risparmiando a se stesso e al suo partito una sconfitta simbolicamente scottante. Ma il dolore per l’asinello è arrivato sotto forma della perdita del seggio dell’Illinois al Senato che fu di Obama e che è passato al repubblicano Mark Kirk, che si è presentato con una piattaforma di tagli alla spesa pubblica. «Quando lo Stato del presidente respinge le sue scelte di politica fiscale, questo fa tremare violentemente la Casa Bianca», sottolineava ieri il presidente del Gop Michael Steele, rigirando il coltello nella piaga. Ma al di là delle scontate manifestazioni di rivincita sui rivali democratici (e il peggio deve ancora venire: i repubblicani hanno già annunciato una serie di indagini sull’operato dei primi due anni dell’Amministrazione Obama) i conservatori ieri mantenevano un tono sorprendentemente cauto. «Dobbiamo stare attenti a non farci trasportare», diceva Lamar Alexandre, il repubblicano numero tre al Senato. «Molti americani sono scettici nei nostri confronti, non possiamo fare niente che li disturbi troppo», ammoniva il numero due del Gop alla Camera, Eric Cantor, invitando i colleghi a fare passi piccoli per rosicchiare via le misure più odiose, ad esempio, della riforma sanitaria, piuttosto che tentare di farla abrogare. I repubblicani saranno anche presi in una scomoda morsa. Da una parte ci saranno i gruppi industriali che li spingeranno verso compromessi con i democratici per fare passi avanti per una solida ripresa (continuando a spendere in infrastrutture, agevolazioni fiscali per l’innovazione e la ricerca). Dall’altra i nuovi eletti del Tea party e i loro sostenitori che rifiuteranno ogni collaborazione con i democratici e metteranno al primo posti i tagli alla spesa pubblica, costi quel che costi. Abbastanza incertezza per dare ai democratici, mentre si leccavano le ferite, il coraggio di difendere le conquiste legislative degli ultimi due anni – anche se sono costate loro la maggioranza al Congresso. «Il risultato delle elezioni non sminuisce il lavoro che abbiamo fatto per gli americani», diceva ieri infatti Nancy Pelosi, mentre si preparava a cedere lo scranno di speaker a John A. Boehner. intervista/2 «È un’ondata di rabbia anti-politica: Per questo ha pagato chi è al potere» L’EUROPA «Prima prova il vertice Nato di Lisbona» Il «rallentamento» dell’azione riformista dei Obama, dopo il risultato delle elezioni, potrebbe avere un impatto anche sulle relazioni tra Europa e Usa. A sostenerlo sono diversi analisti europei, secondo i quali la prima prova sarà il vertice Nato del 19-20 novembre a Lisbona con la questione del disimpegno afghano. Due anni fa, «molti hanno creduto che con Obama ci sarebbero stati progressi su questioni chiave, ma nessuna di queste speranze è stata soddisfatta», ha spiegato Hugo Brady del Centro per le riforme europee. Che ha accusa però anche l’Ue: «Vuole essere un giocatore globale ma manca di volontà e di forza». le poltrone erano aperte e dove il Gop ha strappato alla maggioranza 60 seggi – sospinta dalle preoccupazioni per la precaria situazione economica del Paese e per l’alta disoccupazione, è stata più cospicua nel Sud e nel Midwest, vale a dire in Stati di centro-Ovest come Colorado, Wyoming, Idaho, Nevada. Al Senato l’avanzata è stata più contenuta, ma for- un problema per i repubblicani che devono trovare il modo di integrare il nuovo movimento conserruce Buchanan, professore di scienze povatore del Tea Party nel partito. Il movimento di per litiche all’università del Texas, prevede che sé non è molto ampio, ma è seguito da vicino dai nei prossimi due anni «ci sarà un clima media e si è dimostrato un fattore imprevedibile. completamente diverso al Congresso americano». La collaborazione, quindi, è fuori discussione? Le elezioni di metà mandato hanno segnato il Non completamente, in quanto i repubblicani successo dei repubblicani. Coincide questo con un “convenzionali” vogliono portare avanti la propria aumento del conservatorismo in America? agenda e hanno bisogno di lavorare con il Senato Non parlerei di un’ondata di conservatorismo. I a maggioranza democratica, ma la cooperazione risultati elettorali di martedì mosi rivelerà parziale e laboriosa; si strano però di sicuro la rabbia e la assisterà di certo a scontri bipartiIl politologo Bruce frustrazione degli statunitensi, sotici. Buchanan: per il Gop prattutto legate ai timori per il fuSi prevede comunque già qualche turo economico del Paese. È emercompromesso? la vera sfida è di saper sa quindi l’intenzione di punire lo Probabilmente si giungerà a una integrare i nuovi eletti status quo, i politici ritenuti resorta di accordo riguardo i tagli fisponsabili dei problemi che affligscali che, introdotti dall’Amminifra i populisti con gono l’America, in primo luogo strazione Bush, stanno per scadela vecchia Washington proprio la disoccupazione e la crire alla fine dell’anno. Sebbene Osi economica. A farne le spese, bama voglia limitare le facilitazioquindi, sono stati i senatori e i deni alle famiglie con reddito annuo putati in carica, per la maggior parte democratici, inferiore a 250mila dollari, è possibile che si arria vantaggio dell’opposizione e anche dei rapprevi all’estensione temporanea della riduzione fisentanti conservatori in seno al Gop. scale, per tutti i contribuenti. Un accordo è poi fatCome sarà quindi il prossimo Congresso? Harry tibile sul fronte della riduzione del deficit nazioReid, capogruppo della maggioranza democratinale, al cui proposito la Casa Bianca dovrebbe preca al Senato si è già detto pronto al compromessentare presto un rapporto. Non c’è invece molto so, ma molti volti nuovi sono stati eletti proprio spazio di manovra per questioni più controverse, come rifiuto della “vecchia” Washington. quali la riforma del sistema sanitario. Loretta Bricchi Lee Infatti questo potrebbe potenzialmente rivelarsi DA NEW YORK B November 4, 2010 1:45 pm / Powered by TECNAVIA / HIT