HEGEL
IL SISTEMA DEL SAPERE
ASSOLUTO: la filosofia dello
spirito
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1
La filosofia dello spirito
• Dopo essersi alienata nella natura, l’idea torna
in sé e diventa SPIRITO. Lo spirito è il
corrispettivo filosofico di ciò che nella religione
cristiana è DIO, dunque il punto più alto nella
sfera dell’essere e la meta più alta dal punto di
vista sia conoscitivo sia morale. Differenziandosi
dalla tradizione cristiana, si tratta però di un Dio
che si fa, che si autorealizza e si autoconosce
dinamicamente secondo i momenti dialettici
dello SPIRITO SOGGETTIVO, dello SPIRITO
OGGETTIVO e dello SPIRITO ASSOLUTO.
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2
L’Enciclopedia delle scienze
filosofiche in compendio
La trattazione più avanzata della filosofia dello
spirito si trova nell’ Enciclopedia delle scienze
filosofiche in compendio, il testo del 1817 in
viene condensato a scopo didattico tutto il
sistema hegeliano della realtà, sviluppando
anche un suo approfondimento assai complesso
in cui vengono riassunti e rivisti i risultati delle
ricerche
precedenti
(principalmente
la
Fenomenologia dello Spirito del 1907 e la
Scienza della logica del 1812).
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3
Lo spirito soggettivo
La filosofia dello spirito esordisce con la elaborazione
di una teoresi dello spirito soggettivo.
Quest’ultimo è lo spirito in quanto attraversato ancora
da un momento finito e individuale. In questo
frangente Hegel tratta dall’uomo in quanto singolo,
cioè dello Spirito che si manifesta soggettivamente,
nelle più alte facoltà umane, quelle che appunto
potremmo chiamare “spirituali”, escludendo dal
proprio orizzonte l’intersoggettività. I tre momento
dello spirito soggettivo sono: antropologia,
fenomenologia, psicologia.
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4
Antropologia, fenomenologia,
psicologia
• L’antropologia studia la coscienza nella sua fase
aurorale: diremmo l’anima umana in quanto
impara a gestire i bisogni immediati del corpo; la
fenomenologia l’anima in quanto diventa
cosciente di se stessa attraverso il pensiero,
teoretico e pratico, che scopre via via
coincidente con tutta la realtà; la psicologia
studia l’anima umano nelle sue facoltà di
intelligenza, memoria e volontà, nei suoi
sentimenti e nella capacità di determinare se
stessa a partire dalle sue inclinazioni.
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5
Antropologia
Antropologia: studia lo sviluppo dell’anima, dai
suoi inizi legati alla gestione dei bisogni
biologici primari fino al completo dominio sul
corpo e la trasformazione del corpo in
elemento attraverso cui si manifesta una
vita interiore. Il corpo diventa segno
dell’anima. Questa è però ancora un fase
aurorale della coscienza vera e propria che
si svilupperà nel momento fenomenologico.
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6
La fenomenologia
•
•
La trattazione del momento fenomenologico riprende
l’analogo argomento affrontato nella Fenomenologia dello
spirito. Qui si ripercorrono le tappe dell’anima come
coscienza finita che progressivamente si riappropria della
realtà diventando autocoscienza e ragione, cioè pensiero che
sa di essere coincidente con la realtà e che ha la piena
certezza di sé.
Hegel pensa che in questa fase lo spirito assoluto si
manifesti attraverso il cammino della coscienza umana
nello sviluppo della civiltà, laddove ad ogni tappa del
processo di liberazione della coscienza umana corrisponde
una tappa dell’arricchirsi della totalità spirituale della realtà.
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7
Spirito e coscienza umana
• In sostanza qui Hegel continua a trattare dello Spirito, ma
sotto il profilo di quella sua PARTICOLARIZZAZIONE che è la
coscienza dell’uomo. Infatti lo Spirito è la realtà che si
sviluppa. Ma la realtà - che dalle sue minime espressioni in
una materia inerte cresce fino al vivente, e dal vivente fino
all’animale razionale che è l’uomo - prende forme sempre più
complesse e alte. Quando la realtà è giunta a esprimere dal
suo seno un ente come quello umano, il suo cammino
continua. La realtà-Spirito si sviluppa ORA ATTRAVERSO lo
sviluppo della coscienza umana con cui lo spirito giunge a
conoscere il mondo cioè se stesso. Più la coscienza
progredisce nella conoscenza del mondo, più lo spirito stesso
progredisce nello sviluppo e nella conoscenza di sé.
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8
Le tappe e le figure della
Fenomenologia
• Come detto, i momenti e le figure della F. sono trattati nella
Fenomenologia dello spirito (1807) e ripresi nell’ Enciclopedia
delle scienze filosofiche (1817). Qui si affronteranno solo le
prime: coscienza, autocoscienza e ragione, essendo quelle
finali, spirito, religione e sapere assoluto, già parte della
filosofia dello spirito oggettivo e assoluto.
• Il punto di partenza è l’umana coscienza. Questa è lo Spirito
in quanto appare, si determina e si particolarizza in un
individuo-tipo (l’uomo), diventando membro della coppia
soggetto-oggetto nel rapporto che l’individuo intrattiene con la
realtà: la prima esperienza della coscienza umana è infatti
quella di trovarsi come soggetto di fronte ad un oggetto. La
fenomenologia intende descrivere le tappe attraverso cui
questa iniziale contrapposizione viene tolta e superata e lo
spirito riprende se stesso nella sua piena compiutezza.
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9
Identità idealistica di soggetto e
oggetto
Lo Spirito,
che è pensiero e natura al tempo stesso, cioè è pensiero e
natura innervati l’uno nell’altro e l’uno per l’altro,
giungerà a tale risultato quando la coscienza umana – che
è la forma embrionale e iniziale dello spirito stesso –
sarà giunta a pieno sviluppo, cioè a capire che tra sé, tra
il pensiero soggetto di conoscenza e la cosa-oggetto che
le stava di fronte, non c’è nessuno alterità, ma totale
identità. Dimodoché la realtà diventerà veramente il
sistema del conoscere del soggetto e il soggetto si
allargherà fino a diventare tutta la realtà.
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Dalla coscienza al sapere assoluto
La fenomenologia è la via che la coscienza finita (l’uomo) percorre per giungere
all’assoluto infinito, la quale coincide con la via che l’assoluto percorre per giungere a
sé medesimo, cioè per rientrare in sé dall’essere altro.
religione
spirito
SPIRITO
Sapere assoluto
Coscienza
umana
ragione
autocoscienza
Ogni tappa- momento trapassa nell’altra. In ognuna vi sono differenti figure la cui
unilateralità
è via via risolta nelle successive
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11
Il passaggio
La
molla che determina il progressivo
superamento delle figure è il dislivello fra
soggetto e oggetto, è lo slancio verso il suo
superamento. Il tentativo della coscienza
che ha di fronte a sé un oggetto esterno è
infatti quello di superare questa estraneità e
fare proprio compiutamente l’oggetto, fino a
sapere che lo spirito – soggetto è tutta la
realtà.
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La COSCIENZA
(momento teoretico)
Il momento iniziale della coscienza si sviluppa attraverso le seguenti
figure
•
La certezza sensibile – in cui si ha la pretesa di conoscere
l’oggetto esterno immediatamente nella sua particolarità, senza
ulteriori interventi del pensiero che si metterebbero in mezzo tra il
soggetto e la cosa come subito gli si offre nella sua verità sensibile.
Ma l’oggetto in questa singolarità sensibile appare inafferrabile:
non appena viene indicato, esso ha bisogno di un termine
universale come “questo, quello etc.” che lo definisca. Dunque,
quando voglio “dire” qualcosa di singolare, devo subito usare un
termine universale e passo ad un’altra fase della conoscenza. Con
la sensibilità le cose non mi si danno immediatamente perché sono
costretto ad operare una mediazione linguistica che mi porta su un
piano diverso, quello di un pensiero che utilizza universale.
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La coscienza 2: la percezione
La percezione – superando la certezza sensibile l’oggetto
esterno non appare alla coscienza più un semplice questo,
ma una “cosa dalle molte proprietà” (un oggetto che ha un
essenza propria – cioè che lo fa essere proprio quella cosa lì e si distingue dalle sue proprietà accidentali – ciò che
cambiando non cambia l’identità fondamentale dell’oggetto).
• Il problema è distinguere la stabilità della cosa dalla
mutevolezza delle proprietà: infatti appare contraddittorio
che la cosa sia una stessa cosa eppure essa sia molteplice in
quanto appare nelle diverse qualità che essa porta con sé.
Ecco che allora si cerca una stabilità, una sostanza che non
muti al variare degli accidenti.
• Ciò è pienamente realizzabile solo se si passa alla fase
successiva, che permetta di superare il caos delle cose e dei
loro molteplici aspetti.
•
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Coscienza 3: l’intelletto
• L’intelletto – Qui la conoscenza si eleva oltre
il sensibile e va alla ricerca dell’essenza
stabile e definitiva dei fenomeni. Tale stabilità
è raggiunta quando l’oggetto/fenomeno è
visto come il prodotto di forze e di leggi, che
sono opera dell’intelletto: l’oggetto dunque
dipende da qualcos’altro, e questo è l’io.
L’oggetto si risolve nel soggetto e la
coscienza dell’oggetto diventa coscienza di
sé, cioè pienamente autocoscienza.
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L’autocoscienza dipendente e indipendente
Al momento teoretico della coscienza segue il momento pratico
dell’autocoscienza. L’autocoscienza è la coscienza che sa di sé
e si vuole affermare contro l’oggetto esterno, vuole toglierne
l’alterità e farlo interamente proprio a partire da ciò che essa
decide. In tale contesto essa si coglie come appetito e
desiderio che vuol far dipendere tutto da sé. Ma esso è
condannato nella sua forma animale a rimanere insoddisfatto e
a produrre dipendenza dall’oggetto desiderato.
Tale fase viene superata quando l’autocoscienza, uscendo
dall’isolamento, incontra un’altra autocoscienza da cui deve
essere riconosciuta. L’autocoscienza è tale solo quando è per un
altro. Ma tale incontro assume inizialmente la forma del
conflitto e della lotta per la vita. Di qui la dialettica servopadrone.
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L’autocoscienza dipendente e indipendente (2). La
dialettica servo-padrone
•
•
•
•
•
•
Nella lotta vince chi ha messo in gioco la propria vita (e diventa padrone), perde chi
non ha voluto rischiarla (e diventa servo).
Il servo diventa una “cosa” nelle mani del padrone e il padrone gode delle cose che
il servo fa per lui.
Ma così il padrone disimpara a fare le cose mentre il servo impara attraverso il
lavoro. Il servo, lavorando, conduce un’attività spirituale di riplasmazione della
materia che richiede di dominare le cose non restando schiavo del desiderio animale
di esse, mentre il padrone diventa via via schiavo delle cose che gli fornisce il
servo.
Inoltre il padrone non può riconoscersi nel servo (in quanto cosa) mentre il servo si
riconosce nel padrone (riconoscendolo come potenza estranea da superare)
Dunque nel lavoro la coscienza servile ritrova se stessa, mentre quella padronale nel
non-lavoro perde se stessa: il servo prende coscienza che è il signore a dipendere da
lui, mentre il padrone non ritrova più se stesso in quella realtà che lui non
contribuisce più a costruire.
Ciò dà luogo ad un progressivo rapporto di rovesciamento delle parti e di
liberazione dell’autocoscienza servile.
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L’autocoscienza SI LIBERA
• Il processo di liberazione avviene attraverso il
pensiero nelle tre seguenti fasi:
1) Stoicismo (indipendenza dal mondo) – la coscienza
si riconosce come pensiero al di sopra di signoria e
servitù. Lo stoico è libero sia come signore (Marco
Aurelio) sia come schiavo (Epitteto). Ma tale sua
libertà è conseguita tramite la rinuncia alle
passioni. L’uomo a-patico è isolato dalla vita e la
sua libertà è astratta, giacché le inclinazioni naturali,
pur considerate indifferenti, permangono nella loro
cogenza.
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L’autocoscienza si libera (2)
• Scetticismo (negazione del mondo) – la libertà
astratta degli stoici, da distacco dal mondo,
diventa negazione del mondo: l’alterità che gli
stoici non sono riusciti a superare, viene
recisamente negata. Di conseguenza si dice
nulla è vero e nulla è conoscibile. Ciò genera
una scissione della coscienza perché essa nega
ciò che è implicitamente costretta a fare: 1) nega
la validità della percezione e percepisce, 2)
nega la validità della conoscenza e conosce, 3)
nega la validità del pensiero e pensa.
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L’autocoscienza si libera (3)
3) Coscienza infelice (negazione radicale del mondo in
funzione di un ALTRO MONDO nel quale la coscienza
trova il suo più autentico dover-essere e la sua verità) –
La coscienza nega il mondo ancor più chiaramente e
PERÒ
lo fa in funzione di ciò che ritiene essere una verità esterna
alla coscienza stessa e in generale TRASCENDENTE.
Ciò accade soprattutto nel medioevo e si risolve solo
quando la coscienza scopre che la vera realtà non sta
sopra di lei ma dentro di lei. Solo così essa pacifica se
stessa nella consapevolezza di essere soggetto e
ragione assoluta e infinita.
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La Ragione
E’ l’autocoscienza che acquisisce la
certezza di essere ogni realtà, cioè unità
teoretico pratica di di pensiero ed essere.
Ciò avviene secondo tre tappe che
ripetono ad un livello più alto quelle
dell’autocoscienza.
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Ragione 1 (momento teoretico)
• La ragione che osserva la natura – nelle scienza
naturali, la ragione cerca se stessa (non più qualcosa
di altro da sé). Ma, dopo avere frugato nelle viscere
delle cose, passando dall’analisi del mondo esterno
della natura a quello interno della psicologia, dopo aver
cercato, invano, corrispondenze tra il carattere umano e
la fisionomia del viso (Lavater, la fisognomica) o la
conformazione del cranio (Gall, la frenologia), non
riuscirà pienamente a trovarsi nel mondo e giungerà alla
consapevolezza che non riuscirà mai a ritrovarsi se non
avrà imparato a farsi , ossia a realizzarsi nel mondo,
trasformandolo.
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Ragione 2 (momento pratico)
2) La ragione che agisce, cercando di
realizzare se stessa nel mondo, a partire
dalla consapevolezza che l’unità di Io e
mondo non è qualcosa di DATO e di
contemplabile, ma qualcosa che deve
venire REALIZZATO.
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Ragion pratica 2.1 – edonismo
La ragion pratica governa l’agire umano facendogli
via via assumere tre diversi criteri nella
determinazione del suo comportamento:
-il primo è quello in cui la singola autocoscienza
agisce in vista del PIACERE: l’uomo ricerca la
felicità e la realizzazione nel godimento, ma il
piacere mondano e l’affermazione di sé sono
destinate al fallimento perché in fondo al
piacere non si trova nulla (Faust). SI TRATTA
DI UN’ ETICA EDONISTICA
-
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Ragion pratica 2.2 –
«emozionalismo»
È data dalla singola autocoscienza e dalla
sua immediatezza sentimentale che,
agendo, si scontra con l’indipendenza
delle altre autocoscienze (LEGGE DEL
CUORE – Rousseau, Schiller).
SI TRATTA DI UN’ETICA EMOZIONALE che
rimane
confinata
nell’esperienza
individuale.
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Ragion pratica 2.3 – virtù contro il
mondo
È data dalla singola autocoscienza che, per agire, riconosce la
necessità della propria unità con le altre autocoscienze, nel
senso di elaborare un approccio che vada oltre il sentimento e
le inclinazioni soggettive. Tuttavia con ciò arriva solo ad un
concetto astratto di virtù, di umanità, di come dovrebbero
andare le cose nel mondo (come è accaduto nei circoli dei
philosophes francesi). Così essa si pone l’obiettivo di
moralizzare un mondo a lei totalmente refrattario ponendo la
propria virtù in contrasto radicale con l’ordine esistente come
letterariamente avviene con Don Chisciotte, e in modo più
tragicamente storico con Robespierre. QUESTA E’ UN’ ETICA
DEL DOVERE INDIVIDUALISTICAMENTE INTESO CON LA
PRETESA SOLO SOGGETTIVA CHE VALGA PER TUTTI.
Ciò che emerge in questa momento è l’insufficienza di ogni
individualismo e il fallimento della coscienza individuale di farsi
essa stessa come tale il centro del mondo.
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Ragione 3
È ragione autocosciente che supera il suo
individualismo e la sua opposizione rispetto
agli altri e al corso del mondo, cioè che si
rende conto che ogni sua espressione deve
comprendere l’universalità degli uomini e
riguardare tutti, cercando piuttosto la
razionalità del mondo che non una
contrapposizione ad esso.
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Il regno animale nello spirito
• Il primo momento di questa fase della ragione è quello in
cui essa suggerisce all’uomo di votarsi completamente
alla sua opera nel mondo. L’uomo crede di realizzarsi
nel fare come il borghese tutto votato all’impresa, come
l’uomo che trova nel lavoro l’unica fonte della sua
realizzazione sociale.
• Si tratta per Hegel ancora di una dimensione che egli
chiama animale, pur dentro un mondo spirituale (regno
animale nello spirito) poiché l’uomo qui annulla se
stesso, come un animale laborioso, dentro le cose,
senza cogliere il valore universale di ciò che fa.
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La ragione che esamina le leggi
• Quando invece l’uomo coglie l’importanza di dare al suo agire un
senso universale, egli non si limita a fare, ma pretende che il suo
fare sia guidato da criteri validi oggettivamente e universalmente.
Egli dunque va alla ricerca di leggi razionali, oggettive, e sempre
valide in base alle quali stabilire la giustizia di ogni sua azione. Ma
questa oggettività assoluta e formale (come lo è l’imperativo
categorico kantiano) dipende dal vaglio che ne fa la ragione stessa.
Dunque le leggi oggettive sono sempre commisurate alla ragione
individuale e il loro essere-per-sé viene considerato come qualcosa
che potrebbe in linea di massima non essere vero se il soggetto non
vi vedesse verità. La legge, dovendosi legittimare allo sguardo
del soggetto umano, perde la sua assolutezza oggettiva e l’uomo
fallisce il suo obiettivo.
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L’ethos del popolo e dello Stato
Nella ragione che esamina le leggi vi è un’universalità ancora
soggettiva e astratta che però è la base per il passaggio verso
l’universalità concreta del NOI sociale.
L’etica non deve soggettivamente presupporre la sua universalità,
ma incontrarla effettivamente negli altri. Il contenuto universale
di ogni agire, cioè il criterio assoluto dell’azione,
non solo individuale, ma valevole per tutti e non solo giusto e
buono nella sua enunciazione, ma in grado di modificare il corso
della realtà,
non è quindi dato dal formalismo etico kantiano, ma dall’ethos
della società, del popolo e delle concrete istituzioni statuali in
cui si vive. Questo è l’autentico universale concreto.
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30
Psicologia
Questa è la fase in cui si studia lo spirito soggettivo che è sintesi
dell’anima che gestisce la dimensione biologica e coscienza che
gestisce la libertà teoretica e pratica. La psiche è per Hegel
unità di intelligenza e volontà.
L’intelligenza intuisce i dati sensibili, li immagazzina nel ricordo e dalla
memoria come da un pozzo tenebroso li riprende dando loro nomi. Così
nasce il linguaggio come un evento spirituale e sganciato dagli
immediati dati sensibili. Sulla base del linguaggio si sviluppano i
ragionamenti e i sillogismi che risultano così indipendenti dai
condizionamenti sensibili.
Ma, consapevole della sua libertà la coscienza teoretica, diventa coscienza
pratica, e manifesta la capacita di agire a partire dai suoi sentimenti –
impulsi, inclinazioni, passioni – in cui la volontà si manifesta come
ARBITRIO e capacità di scegliere qualcosa o qualcos’altro. Tuttavia
questa libertà non può realizzarsi veramente se non incontra altri
soggetti e non si realizza compiutamente nel mondo.
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31
LO SPIRITO OGGETTIVO
• Se lo spirito soggettivo corrispondeva all’uomo
in quanto individuo, quello oggettivo riguarda
una soggettività che è ormai uscita dalla propria
solitudine e ha guadagnato concreti rapporti
sociali, istituzionali, storici. Dunque lo spirito
oggettivo è “quel quid universale che nella
cultura, nei costumi, nella lingua, nelle forme
di pensiero, nei pregiudizi e nelle valutazioni
predominanti conosciamo come potenza
superindividuale” e concretamente storica che
rappresenta il luogo in cui la libertà si realizza in
un ordine intersoggettivo.
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32
Lo spirito oggettivo: DIRITTO
E’ il primo modo in cui una volontà libera si volge verso
l’esterno e si dà un’esistenza tra gli altri.
Essa assume la forma iniziale della proprietà che
necessita di una regolamentazione contrattuale, la
quale fa nascere il diritto privato con i suoi
corollari di
legge
e sanzione.
Questi ultimi divengono il più generale sistema di
regolazione dei rapporti sociali esterni.
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33
Moralità
• Ma tutto ciò è ancora esterno e immediato. Quando le
regole vengono interiorizzate nasce propriamente una
moralità che esige l’adesione del cuore e che si esprime
in una forma universale dell’agire.
• E’ il momento dell’imperativo categorico kantiano la cui
cogenza non dipende dalle sanzioni esterne ma dal
riconoscimento da parte della coscienza della sua
universale giustizia. Tuttavia tale moralità rimane rinchiusa
nell’interno soggettivo e formale, così come avviene nella
ragion pratica kantiana. Insomma se qui si è trasformata la
regola puramente esteriore in imperativo universale
riguardante l’intenzione, ciò comporta il rischio di un
regresso alla dimensione soggettiva del dovere.
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34
Eticità
• Quando il soggetto interiore si realizza nella società
volendo fini concreti con una sostanziale fiducia del
singolo nella comunità in cui è inserito e nelle sue leggi
non più viste come semplici coercizioni esterne, si
realizza l’eticità. Qui il singolo viene progressivamente
inserito in comunità sempre più universali, in cui il egli
impara via via a dare un valore universale e spirituale
alla propria esistenza.
• Il soggetto realizza tale immersione nella concreta
comunità degli uomini dapprima imparando a convivere
nella famiglia, poi nella più vasta società civile, poi nelle
istituzioni universali dello Stato.
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35
Famiglia, società civile, Stato
•
•
•
La famiglia non è fondata su un contratto, ma sul sentimento e sul
rapporto tra i sessi trasfigurato nell’amore. E’ il primo momento in cui
l’individuo esce dalla sua personalità chiusa e si ritrova in una totalità etica
più ampia. Ma questo momento è anche il più naturale e immediato
Nella società civile la compattezza etica della famiglia si frantuma in una
miriade di interessi individuali in conflitto fra loro. L’unità della famiglia è
disgregata nella più ampia dimensione sociale fatta di individui autonomi
che perseguono interessi divergenti. Ciononostante qui nascono forme di
solidarietà e di organizzazione sempre più cogenti - i ceti e le corporazioni che preludono ad una organizzazione dal significato etico pienamente
universale cioè lo Stato.
Nello Stato l’eticità si realizza pienamente e l’io individuale diviene un noi
universale. Esso non sorge da un contratto ma è un’istituzione delle
istituzioni, cioè la forma più alta di organizzazione e solidarietà tra gli
individui che integra in modo esaustivo le loro esistenze, facendo della loro
volontà qualcosa che ha valore universale e dunque realizzando nel modo
più pieno la loro libertà.
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36
La Stato hegeliano
• Nello Stato la volontà soggettiva, sottraendosi
all’arbitrio dei bisogni particolari, diventa volontà
universale. Noi possiamo cioè liberamente
volere i nostri fini solo quando questi siano
insieme con-voluti dalla totalità degli uomini
appartenenti alla nostra comunità.
• Così lo Stato può essere pensato da Hegel
come lo Spirito, il pensiero-soggetto che si è
fatto storia entrando nel mondo.
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37
Nascita dello Stato: stato di natura?
•
•
•
Lo Stato è per Hegel luogo di integrazione delle volontà individuali. Esso
non nasce da un contratto, ma da una vocazione.
Viceversa l’esistenza di uno stato di natura è quell’ipotesi secondo cui prima
delle nascita delle istituzioni vi sarebbe stato un’originaria condizione
(chiamata “stato di natura”) in cui gli uomini avrebbero vissuto secondo
natura senza un’organizzazione civile. Tale ipotesi era servita a filosofi
come Hobbes, Locke, Spinoza, Rousseau, per spiegare la nascita dello
Stato come effetto di un contratto tra gli uomini, un patto che avrebbe
sancito l’uscita dallo stato di natura e l’entrata nello stato civile, con
vantaggi o svantaggi a seconda della visione del singolo filosofo. Per
esempio in Locke lo Stato (cioè le istituzioni dello stato civile) serve a
preservare efficacemente quei diritti (vita, libertà, proprietà) già
razionalmente regolati che si esercitano nello stato di natura; per Hobbes
invece lo Stato nasce per limitare la sfrenata libertà su tutto esistente nello
stato di natura che porterebbe gli uomini a combattersi a vicenda e a
sterminarsi.
L’ipotesi dello stato di natura implica che gli uomini non siano per natura
animali politici (Aristotele), ma che lo Stato sia il prodotto di una decisione,
quindi un artificio umano.
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Per Hegel…
• …dallo stato di natura si è da sempre usciti nella misura
in cui l’individuo è sempre in mutua relazione con gli altri.
Tale relazione assume la sua forma compiuta nello
Stato, che comprende in sé ogni momento della
progressiva universalizzazione della volontà individuale.
Se la volontà utilizzasse lo Stato per i suoi fini e lo
concepisse sul modello liberale solo come un mezzo di
convivenza, allora ci vorrebbe un contratto per mettere
assieme gli uomini. Ma in Hegel la volontà individuale
non utilizza lo Stato, bensì si realizza nello Stato. L’uomo
diventa pienamente uomo non quando vuole per sé
come individuo, ma in quanto vuole per tutti come
Spirito, quando la sua libertà coincide con la libertà del
Tutto e partecipa alla costruzione, attraverso lo Stato,
della storia come storia universale.
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Lo Stato organico
• Lo Stato è descritto attraaverso la metafora
dell’organismo:
non è cioè un meccanismo i cui componenti hanno vita a
sé e sono semplicemente assemblati
bensì
un’entità più simile ad un essere vivente le cui parti hanno
senso solo in funzione del tutto e sono strettamente
compenetrate le une nelle altre svolgendo ciascuna, a
vari livelli, il suo ruolo per la vita dell’intero.
La funzione direttiva è svolta dal monarca, che però
governa tramite leggi e costituzione (Stato di diritto).
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STORIA: la razionalità nel tempo
Con
lo Stato la razionalità fa il suo ingresso nel
mondo.
La dialettica del rapporto tra gli Stati non è altro che lo
sviluppo della razionalità secondo le tappe che
coincidono con la storia universale e specialmente
europea (dal mondo orientale a quello grecoromano a quello europeo-germanico, culmine del
suo sviluppo). La storia è dunque il dispiegarsi dello
spirito nel tempo, uno spirito che è razionale.
Dunque la storia è manifestazione della razionalità
dello spirito. Quindi tutto ciò che è accaduto è
accaduto secondo ragione e con la medesima
necessità che hanno le dinamiche razionali.
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41
Storia: gli individui cosmicostorici e l’astuzia della ragione
In alcuni uomini lo spirito ha manifestato se stesso in modo
particolare, nel senso che tali uomini sono diventati strumenti
particolarmente importanti dello sviluppo della storia e la loro
volontà ha avuto un carattere radicalmente universale: sono
gli individui cosmico-storici, cioè i grandi eroi in grado di
cogliere il momento, cioè l’esatto significato storico-universale
delle molteplici circostanze in cui sono stati inseriti, e di
portare tali circostanze a compimento, costruendo nuove
epoche della storia (e dunque dello spirito).
Nella storia lo spirito, cioè la razionalità che gli è propria, fa in
modo che dal conflitto di innumerevoli e molteplici volontà,
talora di per sé irrazionali e particolari, emerga un complesso
ragionevole e uno sviluppo sensato. Questo fenomeno è
chiamato da Hegel astuzia della ragione.
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42
LO SPIRITO ASSOLUTO
Dopo essersi realizzato nella storia lo spirito si
autoconosce in modo assoluto e compie
definitivamente il suo percorso, sintetizzando i
un’unità superiore i suoi momenti soggettivi e
oggettivi.
Ma
tale
autoconoscenza
che
compie
definitivamente la consapevolezza di sé, non è
data da una mistica intuizione, ma avviene in tre
discipline o campi fondamentali: l’arte la
religione, la filosofia. Sono questi i tre regni dello
spirito assoluto.
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43
Lo spirito assoluto nella sua
figurazione sensibile: l’arte
• L’arte coglie l’assoluto nella sensibilità, è la
verità presentata alla coscienza nella forma
della immediatezza sensibile. Qui non si tratta
dell’arte
intesa
come
abbellimento
o
decorazione di qualsiasi elemento, anche
estraneo, ma di un’assoluta identità del più alto
contenuto con la più alta forma (per es. il divino).
Ma essa, in quanto forma sensibile, al suo acme
rimanda a qualcosa di ulteriore a sé, che
soddisfi un’esigenza spirituale ancora più alta.
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44
La religione
E’ innato nello spirito il bisogno di una soddisfazione
che parta dal proprio interno. Di qui la religione
come
raffigurazione
o
rappresentazione
interiorizzata dello spirito. Non c’è più un elemento
sensibile in cui lo spirito si manifesta, ma esso è
pensato, fatto presente, cioè rappresentato nella
stessa interiorità della coscienza.
La religione trasferisce l’assoluto dall’oggettività
dell’arte
all’interiorità
del
soggetto.
Alla
contemplazione estetica dell’assoluto qui si
aggiunge la devozione interiore scaturita
dall’intimità del sentimento.
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45
La filosofia
L’interiorità della rappresentazione non è la forma più alta
dell’interiorità. Nel libero pensiero va riconosciuta la
forma purissima del sapere, che razionalizza
speculativamente il più alto sapere dogmatico religioso
(quello relativo alla Trinità) scoprendovi una struttura
concettuale che è la medesima dell’assoluto stesso.
La concettualità filosofica compie sia l’oggettività
dell’arte nell’assoluta oggettiva verità del concetto, sia
la soggettività della religione nell’assoluta pura
certezza del pensiero, in modo che nella filosofia
l’assoluto conosce pienamente se stesso, è posto in
grado di ripercorrere le tappe del suo sviluppo, ed è
vita, creatività, sviluppo che conosce di sé l’alfa e
l’omega, l’inizio e la fine.
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46
La storia della filosofia
• Essa coincide con le tappe di autoconoscenza
dell’idea. Ogni filosofia è coscienza parziale che
l’idea ha di sé. E’ una tappa nello sviluppo del
pensiero che si integra con le altre fino ad
arrivare al punto in cui il pensiero diventa
idealismo, cioè si sviluppa pienamente. Tale fase
culmina con la filosofia hegeliana. Dunque nella
storia non c’è propriamente una molteplicità di
filosofie ma una solo filosofia che si sviluppa
tramite le sue contraddizioni fine a giungere alla
sintesi idealistica.
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47
La filosofia conosce solo ciò che è
avvenuto
• La filosofia è presa di coscienza del suo
sviluppo quando tale sviluppo è già
avvenuto. Quando la realtà-pensiero
giunge ad un dato livello, interviene la
filosofia
che
retrospettivamente
la
comprende e ne prende teoreticamente
possesso.
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48
SCHEMA(cfr. M. De Bartolomeo-V. Magni, I sentieri della
ragione, Atlas, Bergamo, 2003, vol. 2A, p. 442)
.
riflessione sull’anima: ANTROPOLOGIA
1) soggettivo
sviluppo della coscienza: FENOMENOLOGIA
analisi dello Spirito: PSICOLOGIA
intelletto-spirito
teorico
volontà-spirito pratico
unione dei due-spirito
libero
Lo SPIRITO
ossia l’Idea che,
dopo essersi
negata nella
Natura, ritorna
in sé
si articola
nei
suoi momenti
1) diritto
2) oggettivo
2) moralità
3) eticità
1) Arte:
l’Assoluto nella sua dimensione oggettiva ed esterna
3) assoluto
famiglia
3) FILOSOFIA:L’Assoluto
2) Religione:
soggettiva ed interna
pienamente autoconsapevolel e dispiegato
L’Assoluto nella sua dimensione
Società civile
Stato
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La filosofia dello spirito