L’oggetto e il luogo della
prestazione di lavoro:
-mansioni e qualifiche
- inquadramento nelle
“categorie”
-esercizio dello ius variandi
- trasferimento geografico
La prestazione di lavoro come oggetto
dell’obbligazione del lavoratore: la
“deduzione” nel contratto di lavoro
Ciò avviene facendo riferimento a tre
concetti giuridici che, come si vedrà,
si pongono in stretta e reciproca
connessione:
1) Le mansioni
2) La qualifica
3) L’inquadramento nella categoria
L’assunzione del lavoratore e gli
obblighi di comunicazione
Il d. lgs. n. 152 del 1997
Il datore di lavoro pubblico e privato è tenuto a
fornire al lavoratore una serie di informazioni
relative al rapporto di lavoro:
a) Tipo di rapporto, durata, data di inizio e luogo
di lavoro
b) Inquadramento, livello e qualifica del
lavoratore
c) Importo della retribuzione e periodo di
pagamento
d) Orario di lavoro e periodo feriale
In particolare, sull’attribuzione di
mansioni e qualifiche e
sull’inquadramento
• Art. 96, comma 2,
disposizioni di
attuazione del cod.
civ.:
L’imprenditore deve fare
conoscere al
prestatore di lavoro, al
momento
dell’assunzione, la
categoria e la qualifica
che gli sono assegnate
in relazione alle
mansioni per cui è
stato assunto.
• Art. 2103: il
prestatore di
lavoro deve
essere adibito alle
mansioni per le
quali è stato
assunto…………..
Il primo “cerchio concentrico”: la
mansione
La mansione identifica i compiti in
concreto espletati dal lavoratore,
costituendo in senso proprio
“l’oggetto dell’obbligazione di
lavoro”
Il secondo “cerchio concentrico”
(più ampio): la qualifica
Costituisce la “sintesi” concettuale di un
complesso di mansioni: l’insieme delle
mansioni svolte determina il
riconoscimento di una specifica
qualifica del lavoratore (per es.
saldatore, elettricista; oppure
archivista, fattorino)
Il terzo “cerchio concentrico”:
l’inquadramento nella
categoria
Costituisce il criterio “superiore” di
classificazione, tale da inglobare al suo
interno i precedenti sotto-insiemi:
a seconda delle mansioni svolte e,
dunque, della qualifica attribuita, il
lavoratore viene inquadrato in una
delle categorie previste dalla legge o, in
qualche caso, dalla contrattazione
collettiva.
Le categorie legali: l’art. 2095
cod. civ.
• Operai
• Impiegati
• Quadri (introdotti dalla
legge n. 190 del 1985)
• Dirigenti
E le categorie introdotte dalla
contrattazione collettiva
Esempio tipico: la figura del
funzionario nel settore creditizioassicurativo, come categoria
contrattuale intermedia fra
l’impiegato e il dirigente e
prossima, per certi versi, al
quadro.
Le definizioni di “operaio” ed
“impiegato”
La legge sull’”impiego
privato” (n. 1825 del
1924) stabilisce che
l’impiegato si caratterizza
per: 1) continuità del
rapporto; 2)
professionalità
dell’attività svolta; 3)
collaborazione di
concetto/ordine, esclusa
ogni prestazione che sia
semplicemente di
manodopera.
Implicitamente, ne
deriva che l’operaio
è colui le cui
prestazioni si
caratterizzano per
la prevalente
manualità.
La distinzione nella giurisprudenza e il
suo superamento nella realtà
normativa
1) L’impiegato svolge
Bisogna dire che la distinzione fra
operaio e impiegato è ormai
attività di
rilevante (oltre che nella
collaborazione
vulgata corrente), unicamente
“all’impresa” (dandosi
sotto il profilo
rilevanza al criterio
dell’inquadramento (v. anche
della collaborazione,
infra), mentre dal punto di
anche ai sensi dell’art.
vista normativo le differenze,
2094 cod. civ.)…..
un tempo rilevanti, si sono
2) …..mentre l’operaio
assottigliate.
collabora “nell’impresa”, Restano delle diverse discipline,
assumendo rilievo il
nei CCNL, sul periodo di
preavviso e sulla durata dei
contributo alla
periodi di prova (di solito più
produzione della
brevi per gli operai)
medesima.
La categoria dei “quadri”
Origine storica della categoria: esigenza di
differenziazione del ceto impiegatizio “alto” che
però non poteva aspirare alla categoria
dirigenziale.
La legge n. 190 del 1985 li definisce: “prestatori di
lavoro subordinato che, pur non appartenendo alla
categoria dei dirigenti, svolgono funzioni con
carattere continuativo di rilevante importanza ai
fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi
dell’impresa”.
La legge rinvia la definizione dei requisiti di
appartenenza alla categoria ai contratti collettivi.
Gli scarsi benefici
I contratti collettivi hanno
prevalentemente favorito l’accesso
alla nuova categoria degli impiegati
di grado più elevato, con
l’attribuzione di benefici non
particolarmente rilevanti, specie di
natura economica.
Il dirigente nelle definizioni legali
e giurisprudenziali
Legge n. 1825 del 1924:
Definisce dirigenti “i
direttori tecnici ed
amministrativi e gli
altri capi di ufficio, di
servizi con funzioni
analoghe”.
La giurisprudenza
(definizione tradizionale):
È l’alter ego
dell’imprenditore, colui
cioè che esercita le proprie
funzioni con ampiezza e
discrezionalità di poteri su
tutta l’impresa ed essendo
sottoposto esclusivamente
alle direttive generali del
datore di lavoro.
Il nuovo approccio
giurisprudenziale (alla luce della
contrattazione collettiva)
L’evoluzione più recente è caratterizzata da
una operazione tendente ad allargare
“verso il basso” la figura del dirigente,
mediante una proliferazione di figure che,
pur apicali, sono prive di poteri così ampi
quali quelli implicati dalla nozione di
alter-ego dell’imprenditore. Da qui
dunque l’individuazione di diversi “gradi”
della stessa unitaria categoria.
Ambiti di specialità della
categoria dirigenziale
1) Organizzazioni sindacali “separate”;
2) Regimi previdenziali con carattere di
specialità;
3) Non applicazione della disciplina
limitativa e di tutela in materia di
licenziamenti individuali (a causa della
natura fiduciaria del rapporto di lavoro)
4) Non applicazione di una parte della
disciplina in materia di orario di lavoro
Tecniche utilizzate dalla contrattazione
collettiva ai fini dell’inquadramento dei
lavoratori all’interno delle categorie
A partire dagli anni ’70:
Fino agli anni ’60:
Al sistema
Si è affermata una
dell’inquadramento nelle
distinzione netta,
categorie legali si è
all’interno dei
sostituito il c.d.
contratti collettivi, di
“inquadramento unico”,
singole “Parti”
fondato su una serie di
dedicate a disciplinare
livelli contrattuali (dei veri
il trattamento
e propri contenitori)
all’interno dei quali
economico-normativo
convergono posizioni di
degli appartenenti
lavoro (cioè qualifiche) sia
alle diverse categorie
operaie che impiegatizie.
legali
Il potere datoriale di modifica delle
mansioni (c.d. ius variandi)
Due interessi (talvolta) contrapposti:
a) Quello del creditore di lavoro ad un impiego
“elastico” della prestazione, in relazione alle
mutevoli esigenze dell’organizzazione
produttiva;
b) Quello del lavoratore alla conformità della
prestazione alle mansioni convenute al
momento dell’assunzione o comunque
compatibili con la qualifica di appartenenza.
Il punto di mediazione individuato
dall’ordinamento: l’esercizio dello “ius variandi”
del datore di lavoro e i relativi limiti
• Art. 2103 cod. civ. (vecchio
testo): il datore di lavoro ha il
potere di adibire il prestatore di
lavoro ad una mansione diversa
da quella per la quale è stato
assunto, purché ciò non
comporti una diminuzione della
retribuzione o un mutamento
sostanziale della sua posizione.
• Interpretazione “non rigorosa”
della giurisprudenza, che
generalmente ammetteva: 1)
tutte le modificazioni
consensuali (anche
peggiorative) della mansione; 2)
le modificazioni unilaterali che
non recassero un evidente e
grave vulnus alla dignità del
lavoratore e alla sua
collocazione nell’ambiente di
lavoro
•
Il nuovo art. 2103 cod. civ., a
seguito della riforma introdotta
dall’art. 13 dello Statuto dei
lavoratori:
E’ ammessa la modifica unilaterale
della mansione, da parte del
datore di lavoro, nel contesto di
una serie di limiti posti a garanzia
del lavoratore:
1) Modifiche migliorative (o in senso
verticale): sono ammesse e danno
diritto, in presenza di talune
condizioni, alla promozione;
2) Modifiche dirette ad attribuire
mansioni equivalenti (o in senso
orizzontale): sono ammesse;
3) Modifiche peggiorative (o “verso il
basso”): sono, in linea di
principio, implicitamente vietate.
Il testo dell’art. 2103 cod. civ.
Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni
per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla
categoria superiore che abbia successivamente acquisito
ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente
svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione.
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore
ha diritto al trattamento corrispondente all’attività
svolta e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la
medesima non abbia avuto luogo per sostituzione del
lavoratore assente con diritto alla conservazione del
posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e
comunque non superiore a tre mesi.
Ogni patto contrario è nullo.
Lo ius variandi verticale
Prima ipotesi: spostamento “temporaneo” alla
mansione che appartiene ad una categoria superiore:
conferisce solamente il diritto al trattamento
retributivo più elevato.
Seconda ipotesi: spostamento per fronteggiare una
esigenza di lungo periodo: quando il periodo supera i
tre mesi o il minor periodo previsto dal contratto
collettivo si verifica la d.c. promozione automatica.
Tale seconda ipotesi è sottoposta ad una deroga,
relativa al caso in cui lo spostamento è finalizzato a
sostituire un lavoratore / una lavoratrice assenti con
diritto alla conservazione del posto di lavoro (per es. il
lavoratore in malattia; la lavoratrice in stato di
gravidanza; ma anche, secondo parte della
giurisprudenza, il lavoratore in ferie)
Lo ius variandi orizzontale
L’art. 2103 cod. civ. fa lapidariamente
riferimento all’adibizione alle “mansioni
equivalenti alle ultime effettivamente svolte,
senza alcuna diminuzione della retribuzione”.
Problema: l’equivalenza va riferita a
parametri diversi e ulteriori rispetto
al mero profilo del trattamento
economico? Lo spostamento “interno”
al livello di inquadramento garantisce
equivalenza?
La giurisprudenza sulla equivalenza
professionale “soggettiva”
Secondo la restrittiva tesi
Possibili obiezioni datoriali
giurisprudenziale
all’individuazione
prevalente, lo
giudiziale di una ipotesi di
spostamento determina
“demansionamento”:
“demansionamento”
nel caso in cui
pregiudica la possibilità 1) l’esistenza di una c.d.
clausola di fungibilità fra
del lavoratore di fruire
mansioni ricomprese
del bagaglio
all’interno del medesimo
professionale già
livello di inquadramento
contrattuale;
acquisito, nonché della
capacità professionale 2) Il vantaggio derivante al
lavoratore dall’adibizione a
potenziale.
mansioni “eterogenee”
(accrescimento delle capacità
professionali)
Il divieto di ius variandi in peius
Il secondo comma dell’art. 2103 cod.
civ., che prevede la nullità di “ogni
patto contrario”, introduce il tratto
della inderogabilità della disciplina.
Ciò significa, in particolare, che sia
l’autonomia individuale che collettiva
non possono, in linea di principio,
disporre una modificazione
peggiorativa della mansione.
Come legge e giurisprudenza hanno reso “relativa”
l’inderogabilità (per ragioni di tutela della salute o
dell’occupazione)
Le eccezioni al divieto introdotte
Una parte della
dalla legge (nei primi tre
giurisprudenza
casi, mantengono il diritto
“allenta” la rigidità
alla retribuzione pregressa):
del divieto di patto in 1) Lavoratrici in stato di gravidanza
(art. 7, d. lgs. n. 151 del 2001);
deroga, legittimando
forme di consenso fra 2) Lavoratore esposto ad agenti di
rischio (fisici, chimici, biologici:
le parti sul
art. 8, l. n. 277 del 1991)
mutamento in peius
3) Lavoratore divenuto inabile a
come alternativa al
seguito di infortunio o malattia,
(art. 4, comma 4, l. n. 68 del
licenziamento per
1999)
giustificato motivo
4) In situazione di crisi d’azienda,
oggettivo o
come alternativa alla messa in
impossibilità
mobilità e licenziamento
collettivo, nel caso in cui la
sopravvenuta della
deroga sia oggetto di accordo
prestazione
sindacale (art. 4, comma 11, l.
n. 223 del 1991)
La tutela giudiziale contro il
demansionamento
•
•
•
Diritto del lavoratore ad essere riassegnato alla
mansione (e alla qualifica) antecedente;
Diritto al risarcimento del c.d. “danno alla
professionalità” (danno non patrimoniale, che va
comunque provato, essendo esclusa la
risarcibilità in re ipsa: Cass. sez. un. n. 6572 del
2006);
Diritto del lavoratore al risarcimento dei danni
maturati ad altro titolo, in alcuni casi anche in
ragione del configurarsi del c.d. mobbing (danno
biologico, esistenziale, alla vita di relazione,
etc.)
Lo ius variandi nel pubblico impiego
Si applica l’art. 52, d. lgs. n. 165 del 2001:
1) Nel silenzio della disposizione legale, non è
ammesso lo ius variandi in peius.
2) E’ invece ammessa l’adibizione del prestatore
di lavoro “alle mansioni per le quali è stato
assunto o alle mansioni equivalenti
nell'ambito dell'area di inquadramento”
3) E’ ammesso lo spostamento a mansioni
superiori quando si ha “l’attribuzione in modo
prevalente, sotto il profilo qualitativo,
quantitativo e temporale, dei compiti propri di
dette mansioni”.
Adibizione del dipendente pubblico a
mansioni superiori
Il presupposto generale è
rappresentato dalle “obiettive
esigenze di servizio”.
I casi in cui è possibile attribuire
mansioni superiori sono:
•
La vacanza di posto in organico,
con spostamento per non più di
sei mesi, prorogabili sino a dodici
se avviate le procedure per
coprire i posti vacanti;
•
La sostituzione di dipendente
assente con diritto alla
conservazione del posto.
In questi casi, per il periodo della
prestazione, il lavoratore ha
diritto al trattamento economico
per la qualifica superiore.
Nel caso di assegnazione del
lavoratore pubblico a
mansione superiore al di
fuori dei casi elencati, il
lavoratore ha diritto alla
“differenza di trattamento
economico con la qualifica
superiore”.
Il dirigente che ha proceduto
all’assegnazione, con dolo o
colpa grave, incorre nella c.d.
responsabilità
amministrativo-contabile.
Il tratto di ulteriore “specialità”
dell’art. 52 d. lgs. n. 165/2001
“L’esercizio di fatto di mansioni non
corrispondenti alla qualifica di
appartenenza non ha effetto ai fini
dell’inquadramento del lavoratore o
dell’assegnazione di incarichi di direzione”.
Dunque, non si applica la previsione di
garanzia dell’art. 2103 cod. civ., circa il
diritto alla promozione automatica in caso
di svolgimento di mansioni superiori per un
periodo superiore a tre mesi.
Il trasferimento geografico
La rilevanza del
provvedimento
Ai sensi dell’art.
datoriale che dispone il
2103, primo
trasferimento dal
comma, ult. parte,
punto di vista del
il lavoratore “non
lavoratore (talvolta
può essere
percepito come simile
trasferito da una
al licenziamento):
unità produttiva ad
un’altra se non per la ratio della disposizione
comprovate ragioni è di rendere
tecniche,
esercitabile il potere di
organizzativa e
trasferimento, salvo
produttive”.
evitarne l’uso
arbitrario
Il controllo giudiziale
A) Controllo sulla veridicità e attendibilità
delle ragioni addotte dal datore di lavoro;
B) Esistenza del nesso di causalità fra tali
ragioni e il disposto trasferimento;
C) Il controllo giudiziale non può estendersi
sino a sindacare il merito della scelta
operata dall’imprenditore (ostandovi l’art.
41, co. 1, Cost.)
Presupposti di legittimità
1) Il presupposto di origine legale è l’esistenza di
una motivazione (comprovate ragioni….), che
deve essere portata a conoscenza del
lavoratore, ma solo se richiesto (Cass. Sez. un.
15 luglio 1986, n. 4572);
2) Ulteriori vincoli posti dalla contrattazione
collettiva possono essere: a) comunicazione
redatta per iscritto; b) obblighi di
comunicazione alle rsa o rsu; c) divieto di
trasferire particolari categorie di lavoratori; d)
indennizzi economici per i lavoratori trasferiti.
Applicabilità dell’art. 2103 c.c.: il
trasferimento deve essere
“geografico”
• “Da una unità
produttiva ad
un’altra”: s’intende
sicuramente il
trasferimento che
determina un
mutamento di
residenza o dimora,
ma non si esclude
anche lo spostamento
ad unità produttiva
contigua.
Restano fuori
con certezza, in
definitiva,
solamente gli
spostamenti
interni all’unità
produttiva.
Il trasferimento dietro
prestazione di consenso
Il caso dell’art. 22, st. lav.: i
dirigenti sindacali possono
essere trasferiti previo
nulla osta delle OO.SS.
Differenza tra trasferimento e
trasferta
• Trasferta: il
• Trasferimento:
mutamento è legato
comporta uno
ad una esigenza
stabile mutamento
organizzativa
del luogo di
circoscritta nel tempo
esecuzione della
ab initio. I CCNL
prestazione di
dispongono le
lavoro
modalità di rimborso
e/o specifico
compenso per le
trasferte
Scarica

lezione 10 - Inquadramento, mansioni, trasferimento del lavoratore