Inquadramento dei
dipendenti pubblici e
disciplina delle
mansioni
Il rapporto fra l’art. 2095 cod. civ. e la disciplina
“speciale” sull’inquadramento del personale pubblico
dopo la riforma
“La riforma comunemente denominata di
"privatizzazione", con le norme ora raccolte nel
D.Lgs. n. 165 del 2001 ha affidato allo speciale
sistema di contrattazione collettiva nel settore
pubblico la materia degli inquadramenti”.
“La disciplina legale della classificazione dei
lavoratori pubblici "contrattualizzati" ha carattere
speciale rispetto a quella dettata dal codice civile
e il sistema di inquadramento per aree sostituisce
quello per categorie, di cui all'art. 2095 cod. civ.”
(Cass. 2 settembre 2008, 22055; 5 luglio
2005, n. 14193).
In verità, il d. lgs. n. 165/01, rinvia,
sul punto, alla contrattazione collettiva
Il vecchio testo dell’art. 52, 1° comma, d. lgs.
n. 165/2001:
“Il prestatore di lavoro deve essere
adibito alle mansioni per le quali è
stato assunto o alle mansioni
considerate equivalenti nell’ambito
della classificazione professionale
prevista dai contratti collettivi……”
La nuova disciplina introdotta dal d.
lgs. n. 150/09
Il nuovo testo dell’art. 52, commi 1 e 1bis, d. lgs. n. 165/2001:
“Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle
mansioni per le quali e' stato assunto o alle
mansioni equivalenti nell'ambito dell'area di
inquadramento …….”
“I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e
del personale docente della scuola, delle
accademie, conservatori e istituti assimilati, sono
inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali”.
Il CCNL comparto Ministeri 2006-2009: il
sistema di classificazione professionale
•
Articolazione in:
1)Prima area
2)Seconda
area
3)Terza area
• All’interno delle tre aree
di inquadramento, si
articolano le cc.dd.
posizioni economiche,
oggi definite “fasce
retributive”
- Prima area: da F1 a
F3;
- Seconda area: da F1
a F6
- Terza area: da F1 a
F7
I profili professionali interni alle
aree
“Le aree sono individuate mediante le declaratorie che descrivono
l’insieme dei requisiti indispensabili per l’inquadramento nell’area
medesima. Le stesse corrispondono a livelli omogenei di competenze,
conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e
diversificata gamma di attività lavorative”
“All’interno di ogni singola area, sono collocati i profili professionali che,
in quanto riconducibili ad un medesimo settore di attività o ad una
medesima tipologia lavorativa o professionale, possono essere tra loro
omogenei o affini”.
“I profili professionali, secondo i settori di attività, definiscono i contenuti
tecnici della prestazione lavorativa e le attribuzioni proprie del
dipendente, attraverso una descrizione sintetica ed esaustiva delle
mansioni svolte, dei requisiti e del livello di professionalità richiesto”.
(A) Le progressioni orizzontali nella
legge (dopo la Riforma Brunetta)….
Art. 52, comma 1-bis:
“Le progressioni all'interno della stessa
area avvengono secondo principi di
selettività, in funzione delle qualità
culturali e professionali, dell'attività
svolta e dei risultati conseguiti,
attraverso l'attribuzione di fasce di
merito”.
(segue) …..e nel CCNL Ministeri
2006-09
“Fermo restando l’inquadramento del dipendente nella
posizione di accesso del profilo, lo sviluppo economico si
realizza mediante la previsione, dopo il trattamento
economico iniziale, di successive fasce retributive”.
“I passaggi alle fasce retributive successive a quella iniziale
avvengono sulla base dei seguenti criteri e principi di
meritocrazia:
• esperienza professionale maturata;
• titoli di studio, culturali e pubblicazioni, tutti coerenti con la
attività del profilo, nonché ulteriori titoli culturali e professionali
non altrimenti valutabili;
• percorsi formativi con esame finale qualificati quanto alla
durata ed ai contenuti che devono essere correlati all'attività
lavorativa affidata”.
(B) Le progressioni di carriera nella
legge (dopo la Riforma Brunetta)….
Art. 52, comma 1-bis:
“Le progressioni fra le aree avvengono
tramite concorso pubblico, ferma restando
la possibilità per l'amministrazione di
destinare al personale interno, in possesso
dei titoli di studio richiesti per l'accesso
dall'esterno, una riserva di posti comunque
non superiore al 50 per cento di quelli messi
a concorso”.
(A-B) La rilevanza della valutazione positiva
del dipendente ai fini delle progressioni
Art. 52, comma 1-bis:
“La valutazione positiva conseguita dal
dipendente per almeno tre anni costituisce
titolo rilevante ai fini della progressione
economica e dell'attribuzione dei posti
riservati nei concorsi per l'accesso all'area
superiore”.
La giurisdizione nei casi di
controversie sulle progressioni
La Corte di Cassazione ha riconosciuto la
giurisdizione del G.A., purché si abbia
“passaggio ad un’area superiore”
(progressioni verticali).
Rimane invece del G.O. quando si tratta di
passaggio di qualifica all’interno dell’area
di appartenenza (progressione orizzontale)
(per es. Cass. sez. un. ord. n. 10419/2006;
sez. un. sent. n. 10374/2007).
La conferma del Consiglio di
Stato
Per questo riparto di giurisdizione si è
pronunziato anche il Consiglio di Stato (per
es. CdS 5 ottobre 2006, n. 9675), che ha
ritenuto carente di giurisdizione il G.A. per
una controversia su fattispecie di
progressione “orizzontale”, in quanto
trattasi di atto di gestione del rapporto di
lavoro, senza alcuna novazione oggettiva
dello stesso, contrariamente a quanto
accade in caso di progressione verticale (o
di carriera).
Il “complicato” rapporto con l’art. 63
d. lgs. n. 165/2001
Riserva al G.A. le “controversie in materia di
procedure concorsuali per l’assunzione dei
dipendenti delle p.a.”: secondo l’opinione
giurisprudenziale dominante – ora confermata
dalla Riforma Brunetta - tale disposto “fa
riferimento non solo alle procedure concorsuali
strumentali alla costituzione per la prima volta del
rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive
dirette a permettere l’accesso del personale già
assunto ad una area superiore” (nozione ampia di
procedura concorsuale, implicante qualsiasi
utilizzo di una procedura “selettiva”).
Adibizione alle mansioni di assunzione, esercizio dello “ius
variandi” del datore di lavoro e relativi limiti
(nel settore privato)
L’art. 2103 cod. civ. (come novellato
dall’art. 13 dello Statuto dei
Lavoratori):
Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le
quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria
superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a
mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza
alcuna diminuzione della retribuzione.
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha
diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e
l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non
abbia avuto luogo per sostituzione del lavoratore assente con
diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato
dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi.
Ogni patto contrario è nullo.
Lo ius variandi verticale
Prima ipotesi: spostamento “temporaneo” alla
mansione che appartiene ad una categoria superiore:
attribuisce solamente il diritto al trattamento
retributivo più elevato.
Seconda ipotesi: spostamento per fronteggiare una
esigenza di lungo periodo, con conseguente
acquisizione del diritto alla promozione automatica.
Ciò avviene quando il periodo supera i tre mesi o il
minor periodo previsto dal contratto collettivo.
Tale seconda ipotesi è sottoposta ad una deroga,
relativa al caso in cui lo spostamento è finalizzato a
sostituire un lavoratore / una lavoratrice assente con
diritto alla conservazione del posto di lavoro (per es.
il/la lavoratore/trice in malattia; la lavoratrice in
gravidanza e maternità)
Lo ius variandi orizzontale
L’art. 2103 cod. civ. fa lapidariamente riferimento
all’adibizione alle “mansioni equivalenti alle
ultime effettivamente svolte, senza alcuna
diminuzione della retribuzione”.
Problema: l’equivalenza va riferita a parametri
diversi e ulteriori rispetto al mero profilo del
trattamento economico?
E’ acquisito da tempo, in giurisprudenza, che lo ius
variandi è lecito nel caso in cui si registri anche la
“equivalenza professionale”, cioè non si
pregiudichi il bagaglio di perizie ed esperienze che
rappresentano il patrimonio professionale del
lavoratore.
Il divieto di ius variandi in peius
Il secondo comma dell’art. 2103 cod.
civ., che prevede la nullità di “ogni
patto contrario”, introduce il tratto
della inderogabilità della disciplina.
Ciò significa, in particolare, che sia
l’autonomia individuale che collettiva
non possono, in linea di principio,
disporre una modificazione
peggiorativa della mansione.
Come la giurisprudenza e la legge hanno reso
“relativa” l’inderogabilità in peius
Una parte della
giurisprudenza
“allenta” la rigidità
del divieto di patto in
deroga, ammettendo
il mutamento in peius
come alternativa al
licenziamento per
giustificato motivo
oggettivo o
impossibilità
sopravvenuta della
prestazione, specie
quando vi sia il
consenso del
lavoratore.
Le eccezioni al divieto introdotte
dalla legge (nei primi tre
casi, si mantiene il diritto
alla retribuzione pregressa):
1) Lavoratrici in stato di gravidanza
(art. 7, d. lgs. n. 151 del 2001);
2) Lavoratore esposto ad agenti di
rischio (fisici, chimici, biologici:
art. 8, l. n. 277 del 1991)
3) Lavoratore divenuto inabile a
seguito di infortunio o malattia,
(art. 4, comma 4, l. n. 68 del
1999)
4) In situazione di crisi d’azienda,
come alternativa alla messa in
mobilità e licenziamento
collettivo, nel caso in cui la
deroga sia oggetto di accordo
sindacale (art. 4, comma 11, l.
n. 223 del 1991)
La tutela giudiziale contro il
demansionamento
• Diritto del lavoratore ad essere riassegnato
alla mansione (e alla qualifica)
antecedente;
• Diritto al risarcimento del c.d. “danno alla
professionalità”;
• Diritto del lavoratore al risarcimento dei
danni maturati ad altro titolo, in alcuni casi
anche in ragione del configurarsi del c.d.
mobbing (biologico, esistenziale, alla vita
di relazione, etc.)
Lo ius variandi nelle pubbliche
amministrazioni
Si applica l’art. 52, d. lgs. n. 165 del
2001, nel testo riformulato dal d.
lgs. n. 150/09 e, in via residuale,
l’art. 2103 cod. civ.
- Si ammette l’adibizione a mansione
equivalente e superiore.
- Nel silenzio del legislatore, si ritiene
non ammissibile l’adibizione a
mansione inferiore, trovando
applicazione la “nullità” di cui
all’art. 2103 cod. civ.
(1) Lo spostamento del dipendente
pubblico a mansioni equivalenti
Il vecchio testo dell’art. 52, 1° comma, d. lgs.
n. 165/2001:
“Il prestatore di lavoro deve essere adibito
alle mansioni per le quali è stato assunto o
alle mansioni considerate equivalenti
nell’ambito della classificazione
professionale prevista dai contratti
collettivi”.
(segue) Il CCNL Ministeri 2006-2009
“ogni dipendente è tenuto a
svolgere le mansioni
considerate professionalmente
equivalenti all’interno dell’area,
fatte salve quelle per il cui
espletamento siano richieste
specifiche abilitazioni
professionali”.
(segue) La giurisprudenza di merito
Tribunale di Vicenza del 21-08-2001:
“dalla disposizione del Ccnl di comparto,
secondo cui tutte le mansioni ascrivibili a
ciascuna categoria, in quanto
professionalmente equivalenti, sono
esigibili - non si ricava senz’altro
l’equivalenza e, perciò, l’esigibilità di tutte le
mansioni della stessa categoria, ma,
piuttosto, l’esigibilità di tutte le mansioni
della categoria in quanto professionalmente
equivalenti”.
(segue) La giurisprudenza di merito
Tribunale di Trieste dell’8-02-2002.
“L’esercizio dello ius variandi del datore di
lavoro pubblico può essere esercitato
nell’ambito di mansioni equivalenti, cioè che
salvaguardino il bagaglio professionale
acquisito dal lavoratore nella fase pregressa
del rapporto di lavoro”.
La giurisprudenza di legittimità smentisce la
giurisprudenza di merito
Cassazione 21 maggio 2009, n. 11835:
“In materia di pubblico impiego privatizzato,
l'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001,
n. 165, che sancisce il diritto alla adibizione
alle mansioni per le quali il dipendente è
stato assunto o ad altre equivalenti, ha
recepito un concetto di equivalenza
"formale", ancorato alle previsioni della
contrattazione collettiva (indipendentemente
dalla professionalità acquisita) e non
sindacabile dal giudice”.
Il legislatore recepisce la posizione della
giurisprudenza di legittimità: il nuovo testo
dell’art. 52, comma 1, d. lgs. n. 165/2001
“Il prestatore di lavoro deve
essere adibito alle mansioni per
le quali e' stato assunto o alle
mansioni equivalenti nell'ambito
dell'area di inquadramento”.
(2) L’adibizione del dipendente pubblico a mansioni
superiori (art. 52, commi 2 e 5, d. lgs. n. 165/2001)
Il presupposto è rappresentato
dalle “obiettive esigenze di
Nel caso di assegnazione
servizio”;
del lavoratore pubblico a
a) Nel caso di vacanza di posto
mansione superiore al di
in organico, per non più di sei
fuori dei casi elencati, il
mesi, prorogabili sino a dodici
lavoratore ha diritto alla
se avviate le procedure per
“differenza di trattamento
coprire i posti vacanti;
economico con la
b) Nel caso di sostituzione di
qualifica superiore”.
dipendente assente con diritto
alla conservazione del posto. Il dirigente che ha proceduto
In questi casi, per il periodo della
all’assegnazione, con
prestazione, il lavoratore ha
dolo o colpa grave,
diritto al trattamento
incorre in responsabilità
economico per la qualifica
amministrativo-contabile.
superiore.
Ancora sull’art. 52, comma 1, d. lgs. n.
165/2001: esercizio di fatto di mansioni
superiori
“L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti
alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai
fini dell’inquadramento del lavoratore o
dell’assegnazione di incarichi di direzione”.
Non si applica la previsione di garanzia dell’art.
2103 cod. civ., circa il diritto alla promozione
automatica in caso di svolgimento di mansioni
superiori per un periodo eccedente i tre mesi:
- sarebbe in contrasto con l’art. 97 Cost.;
- nonché con il limite di competenza della fonte
eteronoma in materia di programmazione del
fabbisogno di personale e dotazione organica
(atto di macro-organizzazione).
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slide 5 - inquadramento, progressioni e ius variandi