Malformazioni Congenite dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
Workbook
Malformazioni
dalla diagnosi prenatale
congenite
alla terapia postnatale
Volterra 30 novembre-1 dicembre 2009
VIII Corso Residenziale
3 0 n o v e m b r e‐1 d i c e m b r e 2 0 0 9
Centro Studi S.Maria Maddalena
Fondazione Cassa di Risparmio
di Volterra
RTDC
REGIONE
TOSCANA
VIII Corso Residenziale
Malformazioni
dalla diagnosi
prenatale
congenite
alla terapia
postnatale
Volterra
30 novembre - 1 dicembre 2009 Malformazioni congenite
dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
P r o g r a m m a
3 0
n o v e m b r e
14.00 Apertura del corso
F. Bianchi, A. Celandroni
Sessione I—LA DISABILITÀ INTELLETTIVA
Presiede R. Scarinci
14.30 La genetica della disabilità intellettiva
C. Romano
15.00 La disabilità intellettiva nel bambino: inquadramento clinico
G. Cioni
15.30 Nascere e crescere con la sindrome di Down
S. Bargagna
16.00 La Disabilità cognitiva tra ritardo e atipia di sviluppo
S. Vicari
16.30 Discussione
17.00 Pausa caffè
17.30 Il sito RTDC: questionario on-line e nuove funzionalità
A. Pierini, F. Pieroni
20.30 Cena
Malformazioni congenite
dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
P r o g r a m m a
1
D i c e m b r e
Sessione II—NOVITÀ DELLA DIAGNOSI PRENATALE
Presiede M. Srebot
9.00 Screening della sindrome di Down
E. Cariati
9.30 Diagnosi prenatale invasiva nelle gravidanze multiple e
interruzione selettiva della gravidanza
E. Periti
10.00 Screening delle malattie monogeniche
A. Renieri
10.30 Pausa caffè
11.00 Possibilità diagnostiche dell’ecografia morfologica
L. Pasquini
11.30 Uso di metodiche rapide per la diagnosi di aneuplodie fetali: il
punto di vista dell’ostetrico
F. Strigini
12.00 Tecniche molecolari di ultima generazione: vantaggi e svantaggi
nell’uso in diagnosi prenatale
F. Torricelli
12.30 Proposte sul ruolo della consulenza genetica nella diagnosi
prenatale
B. Toschi
13.00 Discussione
13.30 Colazione di lavoro Malformazioni congenite
dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
Relatori e Moderatori
Stefania Bargagna
Reparto Neuropsichiatria Infantile, ASL 6, Livorno
Fabrizio Bianchi
Sezione di Epidemiologia, Istituto di Fisiologia Clinica CNR, Fondazione Toscana “G.Monasterio”, Pisa
Ettore Cariati
Unità Multidisciplinare Difetti Congeniti AOU Meyer, Firenze
Amerigo Celandroni
UO Pediatria, Ospedale F. Lotti, ASL5, Pontedera
Giovanni Cioni
Divisione di Neuropsichiatria Infantile, Università di Pisa, IRCCS
Stella Maris
Lucia Pasquini
Servizio Diagnosi Prenatale, AOU Careggi, Firenze
Enrico Periti
Centro di diagnosi prenatale, Ospedale P.Palagi, ASL 10, Firenze
Anna Pierini
Sezione Epidemiologia, Istituto Fisiologia Clinica CNR, Fondazione Toscana “G.Monasterio”, Pisa
Federica Pieroni
Sezione Epidemiologia, Istituto Fisiologia Clinica CNR, Fondazione Toscana “G.Monasterio”, Pisa
Alessandra Renieri
Genetica Medica, AOU Siena
Corrado Romano
UOC di Pediatria e Genetica Medica
IRCCS Associazione Oasi Maria Santissima, Troina (EN)
Renato Scarinci
Unità Semplice Citogenetica Prenatale, Università di Siena
Massimo Srebot
Dipartimento Ostetricia e ginecologia, Ospedale F. Lotti, ASL5,
Pontedera
Francesca Strigini
Dipartimento Medicina della Procreazione e dell’Età Evolutiva,
Divisione di Ginecologia e Ostetricia, Università di Pisa
Francesca Torricelli
SOD Diagnostica Genetica, AOU Careggi, Firenze
Benedetta Toschi
UO Citogenetica e Genetica Molecolare Dipartimento Materno
Infantile AOU Pisana
Stefano Vicari
Neuropsichiatria Infantile, Ospedale Bambino Gesù, Roma
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Comitato scientifico
Segreteria del Registro Toscano Difetti Congeniti
Segreteria scientifica
Anna Pierini
Renato Scarinci
Francesca Strigini
Segreteria organizzativa
Maria Cristina Imiotti
IFC-CNR
Tel 050-3152110, fax 050-3152095
e-mail: [email protected]
Editing e grafica
Rosanna Panini
Malformazioni congenite
dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
INDICE
Lunedì 30 novembre
Sessione I—LA DISABILITÀ INTELLETTIVA
La genetica della disabilità intellettiva…….…………………………………………... 9
La disabilità intellettiva nel bambino: inquadramento clinico…..…. 23
Nascere e crescere con la sindrome di Down……………………………..….…… 27
La disabilità cognitiva tra ritardo e atipia di sviluppo…….……….....… 30
Il sito RTDC: questionario on-line e nuove funzionalità.……………..…..
Martedì 1 dicembre
Sessione II—NOVITÀ DELLA DIAGNOSI PRENATALE
Screening della sindrome di Down……………...………………………………………..… 32
Diagnosi prenatale invasiva nelle gravidanze multiple
e interruzione selettiva della gravidanza…….….....................................… 42
Screening delle malattie monogeniche……….…………………………………………. 80
Possibilità diagnostiche dell’ecografia morfologica….……………………….. 81
Uso di metodiche rapide per la diagnosi di aneuplodie fetali:
il punto di vista dell’ostetrico….…………………………………………………………..….. 83
Tecniche molecolari di ultima generazione: vantaggi e svantaggi
nell’uso in diagnosi prenatale….……………………………………………………………….. 84
Proposte sul ruolo della consulenza genetica nella diagnosi
prenatale….……………………………………………………………………………………………………….. 86
Malformazioni congenite
dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
La genetica della disabilità intellettiva
Corrado Romano
UOC di Pediatria e Genetica Medica, IRCCS Associazione Oasi Maria Santissima, Troina (EN)
[email protected]
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Indice
autori
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Malformazioni congenite
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La disabilità intellettiva nel bambino: inquadramento
clinico
Giovanni Cioni e Vincenzo Leuzzi*
Dipartimento di Neuroscienze dell’Età Evolutiva, IRCCS Stella Maris - Divisione di
Neuropsichiatria Infantile, Università di Pisa;
*Dipartimento di Scienze Neurologiche, Psichiatriche e Riabilitative dello Sviluppo,
Università di Roma “La Sapienza”.
L'espressione 'ritardo mentale' (RM) indica da alcuni decenni una categoria
diagnostica riportata nei principali sistemi classificatori neuro-psichiatrici. Questa
è definita dalla presenza di un quoziente di intelligenza (Q.I.) inferiore al minimo
della media (< 75-70 punti) della popolazione mondiale e da una condizione di
disadattamento alla maggior parte dei contesti normali di vita che, insorgendo
prima dei 18 anni, interferiscono con lo sviluppo della personalità.
La ricerca ha però accertato l'esistenza di molteplici forme di intelligenza e di
disadattamento e ha evidenziato che l'unica disabilità attribuibile direttamente
alla condizione di RM è l’apprendimento lento di nuove nozioni. Non si tratta
infatti di un ritardo in tutte le funzioni mentali, ma di una difficoltà a raggiungere
obiettivi che implicano l'utilizzo di quelle capacità intellettive che permettono di
apprendere rapidamente le cose, di eseguire ragionamenti logici, di fare calcoli
matematici ed altro.
In questa ottica l'espressione ritardo mentale è stata svuotata di significato e,
pertanto, è spesso sostituita da quella, semanticamente più aderente, di disabilità
intellettiva.
L’American Association on Mental Retardation ha continuato ad usare il termine
“mental retardation” fino al 2006. Nel giugno 2006 i suoi membri hanno votato di
cambiare il nome dell’associazione in "American Association on Intellectual and
Developmental Disabilities".
Nel 2008 la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza
(SINPIA) ha attivato un gruppo di lavoro per la definizione di "Linee Guida per la
salute mentale delle persone con Disabilità Intellettiva" che ha visto numerosi
incontri e consensus conference. I documenti finali sono in via di elaborazione,
Si anticipano qui alcune note del documento finale per i gruppi di lavoro, guidati
dal Prof. Leuzzi dell’Università di Roma “La Sapienza” e di cui hanno parte anche
colleghi dell’IRCCS Stella Maris, dedicati all’introduzione ed all’eziologia della
disabilità intellettiva, per facilità qui ancora indicata come ritardo mentale (RM).
In una overview sulla prevalenza del RM nei soggetti in età scolare negli anni 19602002, Leonard e Wen (1) rilevano una prevalenza, stabile negli anni considerati
(3-4/1000 per le forme gravi - IQ < 50 ; 5.4-10.6/1000 per quelle lievi - IQ 50-70),
che mostra un picco fra i 10 e i 14 anni, un lieve declino durante l’adolescenza ed
infine un marcato decremento nell’età adulta. Il maggiore interessamento dei
maschi (rapporto maschi/femmine 1.6-1.7) si mantiene stabile sino ai 15 anni e
tende ad annullarsi in seguito. Questi dati testimoniano l’intrinseca fragilità
dell’età evolutiva in presenza di fattori biologici o ambientali che possano
interferire con lo sviluppo mentale, la maggiore vulnerabilità dei bambini rispetto
alle bambine, il possibile ruolo della scolarizzazione nello svelare difficoltà
minori. E’ probabile che il declino della prevalenza in età adulta sia attribuibile
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all’emergenza di altri sintomi che monopolizzano la diagnosi (disturbi psichiatrici)
e/o ad un maggiore mimetismo consentito dalla società degli adulti rispetto alla
selettività della scuola, soprattutto per i casi più lievi. I dati riportati comunque
danno un’idea della consistenza clinica e del peso sociale di questo disturbo, che
nella grande maggioranza dei casi è permanente e non può avvalersi di un
trattamento causale.
Una meta-analisi di 219 lavori degli ultimi 35 anni sull’etiologia del RM in soggetti
con forme non immediatamente deducibile dall’obiettività clinica (ritardi mentali
non-sindromici), ha evidenziato aberrazioni cromosomiche, rivelate dall’ esame
citogenetico, nel 9,5% dei soggetti (13,3% nelle forme gravi, 4,1% nelle forme
lievi; maschi 8.3%, femmine 6,7%), e dalla ricerca dei riarrangiamenti
subtelomerici tramite indagine FISH, in un ulteriore 4.4% (F >M; 3.6% vs 2.5%). Il
7,4% dei pazienti era affetta da sindrome del X-fragile
(XFS) (diagnosi
citogenetica nel 5.4% e molecolare nel 2%). Dismorfismi venivano osservati nel 3891% dei soggetti, malattie metaboliche note nell’1%, alterazioni neurologiche nel
42,9%, alterazioni morfologiche alle neuroimmagini nel 30% (2).
Trattandosi di studi che coprono un arco di tempo relativamente ampio, quando si
consideri l’evoluzione delle tecniche diagnostiche, è probabile che una quota dei
soggetti appartenenti alle ultime categorie siano affetti da condizioni
geneticamente determinate. Ciò viene in parte confermato dagli studi su
popolazioni (3): in 30037 soggetti nati in Svezia negli anni 1980-1985, è stata
trovata una prevalenza del RM dello 0,59% (43% forme severe; 57% forme lievi).
Nel 35.3% di questi pazienti venivano individuate malattie genetiche specifiche,
mentre nel 19,1 % erano presenti quadri dismorfici aspecifici o malformazioni
cerebrali anche queste suggestive di un’ origine genetica.
Infine oltre 280 geni sono considerati causa di RM (4) e sul data base Online
Mendelian Inheritance in Man (OMIM) la voce MR evoca oltre 1000 riferimenti
differenti e quella X-linked MR oltre 300 (5).
In sintesi, il peso di determinanti genetiche nell’etiologia del RM appare elevata e
probabilmente ancora sottostimato, a causa dei limiti delle attuali conoscenze e
tecnologie diagnostiche.
Una serie di vantaggi giustifica il massimo sforzo per individuare la causa di un RM.
PER IL PAZIENTE:
1) la possibilità di un trattamento etiologico nelle forme derivanti da
un’alterazione metabolica (ipotiroidismo congenito, aminoacidopatie, aciduria
organiche, etc);
2) la possibilità di un trattamento sintomatico che tenga conto delle specificità
del fenotipo e degli elementi di fragilità inerenti ogni singola condizione (es.
sindrome di Rett, sindrome del X-fragile, possibile emergenza di patologie
extraneurologiche, etc);
3) la possibilità di usufruire di planning educativi mirati;
4) il vantaggio di evitare test e valutazioni non necessarie;
5) la possibilità di poter essere indirizzato, se necessario, presso strutture con
particolare competenza nella specifica patologia;
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PER I GENITORI:
l) la possibilità di un counselling genetico (allargato ad altri collaterali che lo
richiedessero) basato sulla valutazione del rischio di ricorrenza della malattia e la
scelta degli opportuni strumenti di prevenzione (valutazione dello stato di
portatore dei genitori, diagnosi prenatale, etc).
2) la possibilità di poter di poter usufruire di specifiche linee guida in campo
educativo e di poter contare su gruppi di supporto dedicati;
Per il MEDICO:
1) la possibilità di far riferimento a linee guida dedicate nel trattamento e nel
monitoraggio del paziente;
2) la possibilità di prevenire le problematiche medico-legali cui si va incontro
quando si effettua una diagnosi descrittiva là dove è tecnicamente possibile una
diagnosi etiologica.
Mentre il RM è un sintomo comune in neuropsichiatra infantile, le condizioni in
grado di causarlo possono essere estremamente eterogenee (e talora
eccezionalmente rare): non sempre la complessità etiologica è deducibile da
quella clinica, per quanto questa venga attentamente caratterizzata. Ciò implica
che nel work up diagnostico debba coesistere un approccio phenotype centered
on un approccio disorder centered. L’equilibrio è spostato a favore del primo nel
caso dei RM sindromici, che per definizione manifestano sintomi neurologici ed
extraneurologici tali da definire un pattern fenotipico ricorrente (es. trisomia 21)
ed a favore del secondo nei RM nonsindromici ove questo non è riconoscibile.
D’altra parte la netta distinzione fra forme sindromiche e nonsindromiche, a parte
la specifica sensibilità ed esperienza del clinico, può risultare talvolta
eccessivamente schematica: molti soggetti con la sindrome del X-fragile saranno
classificati fra i RM nonsindromici nel corso dei primi anni di vita e fra quelli
sindromici in seguito. Infine ancor non è disponibile una classificazione condivisa e
convenzionale dei tratti cognitivi e comportamentali così come avviene per i tratti
somatici (Merks et al., 2003), anche se alcuni fenotipi comportamentali
dimostrano la stessa consistenza di quelli somatici (per esempio nella sindrome di
Rett, nella sindrome di Angelman, nella sindrome di Williams, etc).
In assenza di segni clinici associati, la gravità del RM è scarsamente predittiva
dell’etiologia del disturbo. In alcune condizioni (esempio XFS) lo spettro fenotipico
espresso dal QI è così ampio da rendere questo parametro poso specifico. Inoltre,
in molti casi la valutazione della gravità RM è funzione dell’età del paziente, in
considerazione del dispiegarsi nel tempo dell’emergenza (o della mancata
emergenza) delle funzioni corticali superiori o per i tempi di espressione delle
alterazioni biologiche dovute alla malattia: un bambino fenilchetonurico non
trattato o inadeguatamente trattato può mostrare solo un lieve ritardo delle
acquisizioni psicomotorie a 12 mesi, ed essere poi gravemente ritardato a 6 anni.
Infine, il grado di RM può non essere stabile nel tempo a causa di fattori
ambientali (ipostimolazione, trattamento improprio), dell’emergenza di una
comorbidità neurologica o psichiatrica (epilessia, autismo), ma anche perché il
sintomo può essere espressione di una encefalopatia progressiva misconosciuta
(quindi diagnosi alternativa). In ogni caso, una imprevista variazione del quadro
clinico al follow-up richiede una rivalutazione della diagnosi, soprattutto se questa
è sindromico/descrittiva piuttosto che etiologica.
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Anche la comparsa di segni clinici associati può coprire un ampio arco temporale.
Per questa ragione, possibili deficit neurologici vanno accuratamente e
periodicamente ricercati (non un esame neurologico una volta per tutte). Spesso
può risultare particolarmente difficile individuare un deficit neurologico rispetto a
quanto atteso dal RM. Per esempio una disturbo espressivo verbale può essere
considerato parte della diagnosi di RM o alternativamente evocare un deficit
neurologico aggiuntivo nella forma di una disartria, disprassia o disfasia; o ancora
un disturbo di coordinazione può essere in alcuni casi (e da taluni) ascritto al RM
ed in altri (e da altri) considerato una forma di lieve atassia, orientamenti questi
con conseguenze diverse sul piano degli accertamenti diagnostici e che nel loro
complesso riflettono una frequente difficoltà nel valutare lo sviluppo neurologico
del bambino con RM.
Le considerazioni di cui sopra suggeriscono una serie di raccomandazioni, come
tentativo di uniformare le procedure diagnostiche nei bambini con RM, tenendo
conto anche di un principio di economia generale che includa in senso proprio il
costo della diagnosi ed i vantaggi che da questa derivano, ma anche più
sottilmente il costo psicologico che comporta per i genitori la rievocazione della
causa (ed implicitamente della responsabilità) della malattia del proprio bambino.
Esse possono servire anche a fornire una guida per il medico che si confronta nel
caso del RM con il più elevato livello di frustrazione diagnostica e di impotenza
terapeutica.
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Bibliografia
1) Leonard H, Wen X. The epidemiology of mental retardation: challenges and
opportunities in the new millennium. Ment Retard Dev Disab. Res Rev 2002,8:117-134.
2) Van Kaernebeek CD, Jansweijer MC, Leenders AG, Offringa M, Henne Kam RC,
Diagnostic investigations in individuals with mental retardation: a systematic literature
review of their usefulness, Eur J Hum Genet, 2005,13: 6-25.
3) Stromme P, Hagberg G. Aetiology in severe and mild mental retardation: a populationbased study of Norwegian children. Dev Med. Child Neurol, 2000,42:76-86.
4) Inlow K Restivo L. Molecular and comparative genetics of mental retardation, Genetics,
2004, 166: 835-881.
5) vedi su www.orphanet.org
6) vedi le indicazioni dell’Associazione dei Genetisti Europei sul sito www.eurogentest.org
Indice
autori
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Malformazioni congenite
dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
Nascere e crescere con la sindrome di Down
Stefania Bargagna
Reparto Neuropsichiatria Infantile, ASL 6, Livorno
PECULIARITÀ DELLA SINDROME DI DOWN
La sindrome di Down (SD) comporta numerose problematiche somatiche
(es.cardiache, oculari, otorino, tiroidee, celiachia) e psicomotorie che devono
essere precocemente individuate e trattate perché possono influire sul livello di
capacità funzionale e nel passaggio all’età adulta.
Il follow-up dei pazienti con SD è importante per le obiettive possibilità di
migliorarne le condizioni e le aspettative di vita.
Della SD sono caratteristiche la precocità della diagnosi che insieme al particolare
fenotipo evidente fin dalla nascita condizionano in modo significativo le relazioni
interpersonali intorno al bambino, a loro volta condizionanti lo sviluppo del
bambino. Come per ogni a rischio di ritardo o di atipie nell’evoluzione sarà
importante seguire da vicino bambino e famiglia; si tenga conto che nel
monitoraggio e lo sviluppo si deve fare una attenta valutazione, con memoria
scritta, prove quantificate scale psicometriche, scale ordinali, check list
comportamentali, questionari per i genitori, cercando di fare confluire più fonti
(es, scuola terapisti ect).
L’INTELLIGENZA
Nella SD è spesso deficitaria inquadrabile a livello di prestazioni cognitive di solito
nel ritardo lieve/medio, tendenza a rallentamenti e stasi profilo disarmonico per
peggiore caduta nel versante del linguaggio e in particolare del linguaggio
espressivo; esiste comunque una notevole variabilità individuale. Tutte le
componenti dell’intelligenza sono compromesse, quella quantitativa, quella
qualitativa e quella meta-cognitiva.
Nella motricità si rilevano, ipotonia generalizzata, iperlassità dei legamenti,
ritardo nell’acquisizione del controllo del tronco, della posizione eretta della
deambulazione, scarsa coordinazione, lentezza.
Il linguaggio mostra quadri di compromissione molto diversi, che prescindono da
competenze cognitive non verbali, competenze sociali, dalle opportunità di
apprendimento fornite dall’ambiente socio-culturale; i disturbi fono-articolatori
più o meno marcati sono quasi sempre presenti e sensibili a una terapia mirata.
L’alterazione del linguaggio investe però anche la grammatica sia in ricezione che
in espressione, secondo gradi diversi. Mentre la comprensione verbale nei primi
anni di vita segue una progressione molto simile a quella dei bambini normali in
linea con l’età mentale, da più grandi spesso le performances anche di
comprensione si abbassano di fronte a strutture grammaticali complesse; su
questo si ipotizza una influenza negativa della memoria verbale. Il lessico è di
solito migliore, anche effetto della stimolazione ambientale.
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Malformazioni congenite
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AFFETTIVITÀ
A nostro giudizio non c’è un solo temperamento del bambino Down che risentano
al pari degli altri figli delle tendenze caratteriali dei genitori e degli stili di
comportamento. La passività e l’oppositorietà non sono sempre presenti; si
rilevano però nelle interazioni sociali e modalità di affrontare un compito una
maggiore rigidità e tendenza alla perseverazione.
Gli adolescenti SD non differiscono sostanzialmente dagli altri né per l'età di inizio
della pubertà, né per l'anatomia degli organi sessuali. Provano desideri e hanno
fantasie come altri ragazzi. In età adulta può comparire depressione, soprattutto
se non c’è un buon adattamento sociale.
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ADATTAMENTO SOCIALE
Raggiungere una vita autonoma per le persone con SD è un traguardo sempre più
realizzabile e in genere le loro capacità di adattamento sono migliori che in altri
pazienti con ritardo mentale.
In un nostro studio il profilo rispetto alle scale principali della scala Vineland
risulta armonico, con prestazioni riferibili ad un’età equivalente tra i 7 e gli 8 anni
EQ in tutte le scale.
Nelle modalità di adattamento sociale oltre alla concordanza tra il deficit
linguistico e il dominio della comunicazione si deve segnalare come punto di forza
non solo l’area domestica, ma anche le strategie di coping.
Le persone che avevano fatto più anni di trattamento e scuola erano migliori
nell’adattamento e questo sembra di buon auspicio per un lavoro. Questo ultimo è
determinante per la qualità della vita, ha una ricaduta positiva su sviluppo
mentale su autostima, identità, riconoscimento del Sé, senso di competenza, di
partecipazione, controllo della propria emotività.
L’APPROCCIO RIABILITATIVO
L’approccio riabilitativo deve tenere conto di molti fattori che interagiscono tra di
loro fra cui quello neurobiologico (la patologia cromosomica con i suoi correlati a
livello del substrato nervoso può condizionare diversi processi mentali); quello
cognitivo e quello affettivo relazionale: le dinamiche familiari sono influenzate fin
dai primi momenti di vita del bambino; i pregiudizi culturali e l’accentuarsi delle
caratteristiche fisiche della sindrome con l’età condizionano ulteriormente il
rapporto con gli altri.
Inoltre un modello riabilitativo non può prescindere dalla relazione con l’ambiente
che deve considerare il bambino come un interlocutore capace di chiedere e
rispondere in modo che sia il protagonista del suo sviluppo. Il bambino deve essere
messo nella condizione di sviluppare la sua creatività e soggettività sulla base
della sua motivazione. Nelle caratteristiche generali un trattamento riabilitativo
secondo l’approccio deve essere globale: del bambino, della famiglia,
dell’ambiente sociale e si deve intervenire per facilitare al massimo le
potenzialità di un individuo Down significa lavorare intorno il trattamento deve
prevedere un approccio multidisciplinare: neuropsichiatra infantile, psicologo,
terapisti, scuola che devono cooperare tra loro. La Programmazione deve essere
individualizzata per quel bambino e in quel momento. L’approccio è sempre
finalizzato all’attivazione di potenzialità e non all’addestramento di
comportamenti. In particolare nel trattamento precoce gli interventi della
terapista della neuropsicomotricità quindi non sono da vedersi come stimolazione
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Malformazioni congenite
dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
motoria passiva ma stimolazione rivolta alla funzione, alle scelte funzionali, alla
facilitazione del compito attraverso attività, ausili, giochi e giocattoli. Il
trattamento del linguaggio deve essere fatto quasi sempre e in varie età con
obiettivi diversificati salvaguardando l’individualità dei bisogni e delle risposte.
Per i più piccini il trattamento dell’ipotonia orale va praticato il più precocemente
possibile nelle maniera più normale della vita infantile come la suzione o
l’alimentazione con semplici accorgimenti (che però vanno conosciuti….) in
attività motivanti e interessanti; obiettivi settoriali quali incremento del tono
muscolare o della riduzione della protrusione della lingua possono essere così
raggiunti in maniera ”attiva”, anziché “passiva “. Non si trascuri peraltro che il
nucleo del trattamento del ritardo mentale Down o non Down è il disturbo
cognitivo, che quindi deve essere curato in tutti i suoi aspetti prestazionali,
strategici e adattivi.
Indice
autori
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Malformazioni congenite
dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
La disabilità cognitiva tra ritardo e atipia di sviluppo
Stefano Vicari
Neuropsichiatria Infantile, Ospedale Bambino Gesù, Roma
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Negli ultimi anni la ricerca Neuropsicologica sul RM ha tentato di rispondere ad
alcuni quesiti di base e di fornire un modello interpretativo in grado di spiegare i
meccanismi di funzionamento del deficit cognitivo. Nel tempo sono andate
delineandosi due principali linee di pensiero contrapposte: una concezione di tipo
evolutivo ed una prettamente strutturale. Secondo la prima ipotesi, il profilo
cognitivo del RM sarebbe caratterizzato da una curva di sviluppo rallentata che
risulta sovrapponibile a quella di un bambino normale di età inferiore
(“developmental lag hypothesis”; Zigler e Balla, 1982). Nella seconda concezione,
invece, la differenza tra soggetti normali e con RM viene attribuita ad
un’organizzazione strutturale della cognizione qualitativamente differente i cui
principi generali assumono caratteristiche diverse per ciascuno dei due ambiti
(“structural lag hypothesis”; Ellis e Cavalier, 1982). Questa contrapposizione tra
aspetto evolutivo ed aspetto strutturale risulta attualmente superata in quanto si
ritiene che entrambe le componenti giochino un loro ruolo integrandosi all’interno
di questo processo; il RM viene quindi visto come un ritardo di sviluppo
caratterizzato anche da una serie di modificazioni strutturali. Secondo Anderson
(1986), il RM può essere considerato come “un deficit cognitivo generalizzato in
cui i soggetti ritardati tendono a mostrare difficoltà in tutti i processi cognitivi.”.
Sappiamo anche, però, che si tratta di persone che presentano spesso una grande
variabilità interindividuale, con livelli di prestazione mutevoli anche all’interno
dello stesso dominio, con aree di forza e di debolezza i cui profili cambiano
continuamente nelle diverse sindromi, nei diversi soggetti ed in momenti
differenti. L’impossibilità di tracciare un profilo cognitivo uniforme ha indotto a
considerare il RM come una condizione estremamente eterogenea e variabile
(Vicari, Albertini, Caltagirone, 1992) ponendo particolare attenzione alle
caratteristiche neuropsicologiche tipiche di ciascuna sindrome.
Queste considerazioni di carattere teorico trovano conferma nella comune
esperienza clinica: la presenza di una disomogeneità nell'anomalo sviluppo
intellettivo evidenzia non solo differenze quantitative nelle funzioni cognitive di
queste persone, ma soprattutto differenze qualitative che la cui conoscenza è
indispensabile ai fini di un corretto inquadramento diagnostico-funzionale,
premessa indispensabile per la realizzazione di progetti d’intervento educativo –
abilitativi che abbiano come scopo il raggiungimento del «massimo potenziale» di
ciascun bambino. Ne consegue che gli interventi per il trattamento devono essere
necessariamente individualizzati, in altre parole costruiti sulla base delle
specifiche caratteristiche che rendono ogni persona unica ed irripetibile. Parte
integrante del trattamento dovranno essere, così, l’osservazione e la valutazione
del bambino, non limitate alle sole competenze comunicative e linguistiche ma
riguarderà anche le altre abilità cognitive e lo stile emotivo ed affettivo. Se da un
lato è, infatti, importante capire quali siano le abilità maggiormente evolute (aree
di forza) e quali quelle più compromesse (aree di debolezza) è anche necessario
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Malformazioni congenite
dalla diagnosi prenatale alla terapia postnatale
evitare di «spezzettare» il bambino in mille funzioni separate, perdendo di vista
così la sua essenza più profonda.
In questa relazione, pertanto, verranno presentati i risultati delle più recenti
ricerche sul Ritardo Mentale, protocolli specifici di valutazione delle funzioni
cognitive e proposte di intervento individualizzato.
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autori
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Screening della sindrome di Down
Ettore Cariati
Unità Multidisciplinare Difetti Congeniti AOU Meyer, Firenze
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autori
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Diagnosi prenatale invasiva nelle gravidanze multiple e
interruzione selettiva della gravidanza
Enrico Periti
Centro di Diagnosi Prenatale, Ospedale P.Palagi, ASL 10, Firenze
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autori
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Screening delle malattie monogeniche
Alessandra Renieri
Professore Ordinario di Genetica Medica, Università di Siena
Direttore UOC Genetica Medica Azienda Ospedaliera Universitaria Senese
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La consulenza genetica prenatale è un complesso processo “non direttivo” che
consiste in due importanti fasi: i) momento di raccolta anamnestica e costruzione
dell’albero genealogico e ii) processo comunicativo delle informazioni affinché la
coppia adotti la scelta adeguata alle propria sensibilità, cultura, religione ecc.
Parte del processo informativo relativo all’erogazione delle informazioni comuni
(ad es. coppie con età materna avanzata) viene effettuata in alcuni centri in
sedute collettive. Tuttavia, la parte di raccolta anamnestica e di costruzione
dell’albero genealogico non può essere delegata a sedute collettive, così come la
parte informativa specifica dipendente dalla storia familiare della coppia. Non è
infrequente infatti trovare nell’albero genealogico un parente affetto da una
malattia monogenica rara. Le malattie monogeniche sono infatti rare se prese
singolarmente ma poiché esistono circa 6.000 malattie diverse è possibile che in
ogni albero genealogico, se esteso a sufficienza, vi sia un parente affetto da
malattia rara. Il genetista durante la consulenza deve pertanto valutare se il grado
di parentela è sufficientemente stretto da risultare in un rischio per la coppia e
comunicare se sono disponibili test prenatali specifici. Verrà presentata
l’esperienza del centro di Genetica Medica di Siena con esempi di consulenze in
cui l’iter procedurale ha permesso una corretta realizzazione di tutto il processo
ed altri esempi in cui per assenza di consulenza preconcezionale o assenza di
definizione diagnostica del parente affetto, preliminare alla consulenza prenatale,
l’iter ha dovuto seguire percorsi non ottimali. Attualmente, il progredire delle
conoscenze scientifiche ha permesso la disponibilità di un numero crescente di
test genetici per malattie monogeniche, effettuati attraverso metodiche di
genetica molecolare. Inoltre, lo sviluppo di tecniche innovative di citogenetica
molecolare, quali la array-CGH, porterà nel prossimo futuro una ulteriore
potenzialità diagnostica.
Indice
autori
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Possibilità diagnostiche dell’ecografia morfologica
Lucia Pasquini
Servizio Diagnosi prenatale, AOU Careggi, Firenze
L’ecografia morfologica (o ecografia del II trimestre) è una ecografia che
solitamente viene eseguita tra 19 e 21 settimane di gravidanza ed ha diverse
finalità:
1. valutazione della crescita fetale rispetto al primo trimestre
2. valutazione dell’anatomia fetale
La valutazione della crescita fetale nel secondo trimestre è importante per
riuscire a diagnosticare la eventuale presenza di un ritardo di crescita precoce.
La valutazione dell’anatomia è importante per escludere la presenza di eventuali
malformazioni maggiori, non è compito dell’ecografia la rilevazione delle
cosiddette anomalie minori. Purtroppo la morfogenesi fetale è un evento
complesso ed evolutivo che non può essere colto in maniera omnicomprensiva in
un unico esame. Per questi motivi è possibile che talune anomalie fetali possano
non essere rilevate
all’esame ecografico morfologico. L’esperienza finora
acquisita suggerisce che un esame ecografico routinario, non mirato, consente di
identificare dal 30 al 70% delle malformazioni maggiori. Una mancata diagnosi può
essere la conseguenza di vari fattori:
1) limite fisico della tecnologia attuale, per esempio difetti di piccole dimensioni
come i difetti del setto interventricolare o interatriale o i difetti inaccessibili agli
ultrasuoni come la palatoschisi isolata;
2) condizioni subottimali di visualizzazione del feto: in caso di cospicuo spessore
della parete addominale materna, scarsità di liquido amniotico, posizione
sfavorevole del feto, gravidanza multipla, epoca gestazionale avanzata, fibromi,
cicatrici addominali;
3) storia naturale della anomalia (difetti evolutivi e difetti a comparsa tardiva):
alcuni difetti si sviluppano o si manifestano solo tardivamente nel corso del III
trimestre o dopo la nascita a causa della storia naturale di quella determinata
patologia, quindi non sono individuabili in esami precoci e sono compatibili con
un’ecografia normale nel II trimestre. Queste anomalie comprendono alcune
malformazioni cerebrali (per esempio le anomalie della girazione corticale,
l’idrocefalia, la microcefalia), alcune anomalie scheletriche (per esempio
l’acondroplasia), alcune malformazioni cardiache (per esempio le stenosi valvolari
e la coartazione aortica di difficile diagnosi prenatale anche con un esame mirato
come l’ecocardiografia fetale), le patologie del tratto gastroenterico (per esempio
atresia duodenale o intestinale), alcune anomalie delle vie urinarie (per esempio
idronefrosi e alcune forme di patologia cistica), la patologia neoplastica (per
esempio teratomi e neuroblastomi) ed emorragica (per esempio emorragie
surrenali o cerebrali);
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4) difetti che si manifestano con segni ecografici indiretti: per esempio l’atresia
anale, l’atresia esofagea, l’ernia diaframmatica;
5) difetti che non si accompagnano ad alterazioni strutturali evidenziabili: per
esempio il ritardo mentale, le malattie metaboliche, alcune sindromi genetiche,
alcune anomalie cromosomiche come la sindrome di Down.
Indice
autori
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Uso di metodiche rapide per la diagnosi di aneuploidie
fetali: il punto di vista dell’ostetrico
Francesca Strigini
Dipartimento Medicina della Procreazione e dell’Età Evolutiva, Divisione di Ginecologia e
Ostetricia, Università di Pisa
L’ecografia consente oggi di sospettare diverse forme sindromiche del feto in
utero. Fra queste sono comprese le anomalie cromosomiche, che possono essere
diagnosticate con certezza utilizzando la biopsia coriale, l’amniocentesi o, più
raramente, la cordocentesi. L’amniocentesi o la biopsia coriale sono in genere
preferibili perché gravate da rischi minori per la prosecuzione della gravidanza;
d’altra parte, entrambe richiedono tempi di coltura in vitro piuttosto lunghi. I
motivi che invece suggeriscono l’opportunità di cercare di ottenere una risposta
rapida sono molteplici, e comprendono l’ansietà della paziente di fronte ad un
sospetto ecografico e, soprattutto nelle epoche più avanzate della gravidanza, la
necessità di offrire in breve tempo le opzioni più opportune per la gestione della
gravidanza stessa.
Le metodiche rapide per lo studio del cariotipo fetale, come la QF-PCR, forniscono
tuttavia meno informazioni rispetto allo studio completo del cariotipo, e non è
ancora noto quanto ciò possa essere rilevante in una popolazione di feti
selezionati in base ai reperti ecografici.
Indice
autori
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Malformazioni congenite
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Tecniche molecolari di ultima generazione: vantaggi e
svantaggi nell’uso in diagnosi prenatale
Francesca Torricelli
SOD Diagnostica Genetica, AOU Careggi, Firenze
I progressi tecnologici nel campo dell’ecografia, della biologia e della genetica
molecolare e l’ampliarsi delle conoscenze nel campo delle ricerche genomiche
hanno consentito l’affermazione della diagnosi prenatale come parte integrante
non solo dell’ostetricia moderna ma anche della medicina preventiva.
La rapida evoluzione delle tecniche di diagnosi molecolare deve però essere
attentamente valutata nella loro applicazione alla diagnosi prenatale al fine di
evitare interpretazioni errate di esami eseguiti senza una indicazione clinica
specifica.
A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, lo sviluppo di un approccio
pratico per l’analisi dei cromosomi umani ha portato alla comprensione del ruolo
svolto dalle anomalie cromosomiche nell’insorgenza o nello sviluppo di varie
sindromi trovando una rapida applicazione alla diagnosi prenatale del I e del II
trimestre.
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La citogenetica tradizionale, pur utilissima nell’individuare un gran numero di
anomalie cromosomiche, numeriche e strutturali, è necessariamente limitata nelle
sue possibilità diagnostiche dal potere di risoluzione del microscopio. Il maggiore
progresso degli ultimi anni, nel campo della citogenetica, è rappresentato dallo
sviluppo della tecnica FISH (Fluorescence In Situ Hybridation) e dalla più recente
metodica della CGH-Array. Quest’ultima, descritta per la prima volta nel 1997
(matrix-CGH), ha aperto la strada alla possibilità di una più alta e più ampia
risoluzione delle anomalie cromosomiche strutturali e delle sindromi da
microdelezione cromosomica.
La CGH-Array (Comparative genomic Hybridization) è una tecnologia genome-wide
in grado di caratterizzare ad alta risoluzione il genoma umano. Tale tecnica
consente di individuare alterazioni cromosomiche di dimensioni inferiori ai limiti
di risoluzioni delle tecniche di citogenetica classica e/o molecolare e permette
inoltre di definire in modo più preciso aberrazioni cromosomiche
precedentemente caratterizzate.
La CGH-Array si candida come tecnica di elezione per la caratterizzazione delle
anomalie cromosomiche, anche in diagnosi prenatale. È da utilizzare però in caso
di conferma e caratterizzazione di alterazioni citogenetiche complesse e in caso di
ricerca di alterazioni familiari, in quanto le tecniche citogenetiche classiche
rimangono fondamentali come primo approccio diagnostico. È significativo
ricordare che la CGH-Array non è in grado di evidenziare la presenza di alterazioni
cromosomiche bilanciate.
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Malformazioni congenite
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In questa prospettiva la CGH-Array può essere considerata una tecnica di grande
supporto alla citogenetica classica in diagnosi prenatale, sia per la
caratterizzazione di alterazioni cromosomiche, sia come tecnica di elezione per
un’analisi genome wide. Al fine di introdurre la tecnologia Array nella diagnostica
corrente e considerando una valutazione costi/beneficio, è necessaria una
selezione dei casi da studiare. È quindi opportuno sottolineare che l’utilizzo della
CGH-Array in diagnosi prenatale deve essere di supporto alle tecniche tradizionali
per la definizione dei breakPoint presenti e non come primo approccio
diagnostico.
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autori
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Proposte sul ruolo della consulenza genetica nella
diagnosi prenatale
Benedetta Toschi
UO Citogenetica e Genetica Molecolare Dipartimento Materno Infantile AOU Pisana
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Indice
autori
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INDICE DEGLI AUTORI
B
R
Bargagna S.......................... 27
Renieri A ............................ 80
Romano C ............................ 9
C
Cariati E ............................ 32
Cioni G .............................. 23
S
Strigini F ............................ 83
L
T
Leuzzi V ............................. 23
Torricelli F ......................... 84
Toschi B ............................. 86
96
P
Pasquini L .......................... 81
Periti E .............................. 42
V
Vicari S .............................. 30
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