Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 1 al n. 4 Aprile 2010 di Regioni&Ambiente - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DGB Ancona
N. 4 APRILE 2010 - ANNO VI
NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
periodico
Omologato
SOMMARIO
BENE IL SETTORE, MA SERVE PIÙ SOSTEGNO…..............5
LOGIMA
L’AUTODEMOLIZIONE SI ORGANIZZA… ...........................8
ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2008/68/CE,
RELATIVA AL TRASPORTO INTERNO
DI MERCI PERICOLOSE ...................................................9
ENERGIA: QUANTO MI COSTERAI? ................................18
QUANDO LA MORTE CORRE SU STRADA .......................21
NUOVI STANDARD EPA PER I BIOCARBURANTI:
L’AMERICA APRE UNA NUOVA ERA ..............................23
EMERGENZA RIFIUTI: SI CERCANO
NUOVE STRADE PER ARGINARE IL PROBLEMA .............26
RICICLARE PNEUMATICI? UN GIOCO DA BAMBINI! ........28
CONSUMATORI E IMPRESE CONTRO
IL CARTELLO DEI PETROLIERI.........................................30
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Mercato del riciclo
BENE IL SETTORE,
MA SERVE PIÙ SOSTEGNO
A chiederlo sono state le imprese italiane che, a Bruxelles, hanno presentato il Rapporto
“Il riciclo ecoefficiente, performance e scenari economici, ambientali ed energetici”.
a cura di Alberto Piastrellini
Più sostegno alle industrie del riciclo!
A chiederlo sono stati rappresentanti del settore italiano riuniti
nel gruppo di lavoro “Recupero e Riciclo” nell’ambito del Kyoto
Club, che, nella giornata di lunedì 1° marzo, hanno presentato
al Parlamento Europeo il Rapporto: “Il riciclo ecoefficiente, performance e scenari economici, ambientali ed
energetici”.
Il documento, a cura del Dott. Duccio Bianchi dell’Istituto di
ricerche Ambiente Italia è stato promosso da CIAL, COBAT,
COMIECO, COOU, CNA, COREPLA, FEDERAMBIENTE, FISE UNIRE, e MP AMBIENTE, che rappresentano i
principali stakeholders, nonché artefici dello sviluppo del riciclo
in Italia degli ultimi lustri.
Ad aprire i lavori della giornata è stato Carlo Montalbetti, Presidente Comieco che ha sottolineato come il sistema
del riciclo e del recupero, tanto in Europa, quanto in Italia, ha
evidenziato un ritmo di crescita superiore a settori produttivi
tradizionali e ha altresì rimarcato la necessità di esplorare misure adottabili a livello UE per sostenere ed incentivare tale
sistema industriale.
Successivamente, durante la giornata, l’Autore della ricerca ha
presentato una sintesi della stessa che è servita da “innesco” del
Forum a seguire, cui sono intervenuti Jakub Wejchert, rap-
presentante della Direzione Generale Ambiente della Commissione
Europea; Cesare Spreafico, Presidente EPRO (Associazione
europea delle organizzazioni del recupero e riciclo della plastica);
gli europarlamentari Vittorio Prodi e Salvatore Tatarella,
membri della Commissione Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza
alimentare del PE.
Presenti in sala anche rappresentanti di organizzazioni europee
delle industrie cartarie, dell’alluminio e della plastica (CEPI,
FEFCO, EAA, EuPC, EuPR, NOVAMONT).
Durante il dibattito, i rappresentanti del mondo politico e delle
istituzioni europee hanno sostanzialmente confermato l’ipotesi
di forme incentivanti da destinare al settore, soprattutto in virtù
dei benefici che questo porta nel processo di riduzione delle
emissioni climalteranti.
Ulteriore attenzione è stata ribadita alla necessità di implementare l’efficienza del recupero e del riciclo a fronte dell’auspicabile
riduzione del ricorso all’estrazione di materie prime di origine
naturale. Una necessità, questa che se da un lato rappresenta un piccolo costo iniziale, dall’altro offre la possibilità di far
fare all’Europa un notevole salto di qualità nella direzione del
contenimento degli effetti del Global Warming e inoltre va
nella direzione di un rilancio economico e occupazionale in
chiave green.
5
NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
L’esigenza di riorientare la base della società verso le logiche del
recupero e del riciclo è stata ugualmente ribadita, così come la
necessità di assicurare alle imprese la trasparenza e la semplificazione delle norme di riferimento e l’impegno istituzionale per
un rafforzamento del mercato delle materie prime seconde.
In questo senso sono state sottolineate positivamente le iniziative intraprese a seguito della recente crisi economica che
ha, se non altro, portato all’attenzione pubblica, le possibilità
di risparmio energetico insite nel recupero e nel riciclo dei
materiali.
In generale, sia i rappresentanti della Commissione che i
parlamentari hanno manifestato disponibilità a considerare
meccanismi di premialità dei minori carichi ambientali derivanti
dalla produzione di materie provenienti dai sistemi di riciclo
e recupero.
L’importanza e l’attualità degli argomenti trattati ha suscitato
l’interesse anche di Maria Gafo-Gomez, rappresentante della
Direzione Generale Imprese e Industria della Commissione Europea
che ha manifestato l’interesse della Direzione ad approfondire
le tematiche e i dati contenuti nello studio.
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Dal Rapporto è emerso che l’industria del riciclo è una vera
e propria “industria nell’industria”, in quanto componente del
sistema industriale ed economico nazionale, caratterizzata da
una forte innovazione tecnologica e una salda dimensione di
industria di servizi e di generazione di prodotti e di energia.
Si può facilmente intuire come attraverso il recupero e il riciclo
dei materiali, si contribuisce in maniera sostanziale all’ecoefficienza generale del sistema-Paese grazie alle importanti
performance economiche, ambientali ed energetiche che caratterizzano tale comparto.
Sull’utilità e importanza del riciclo nessuno ha più dubbi: molto
meno sappiamo del sistema industriale e del ruolo che gioca
nella nostra economia.
L’ecosostenibilità è ormai una condizione irrinunciabile per lo
sviluppo industriale, che coinvolge tutti i comparti produttivi,
da quelli più tradizionali a quelli più innovativi. Oggi però, nella
risposta alla crisi economica globale, l’ambiente è visto non più
solo come un “bene collettivo” da tutelare ponendo limiti che
regolano gli impatti dei normali processi produttivi, ma anche
come opportunità per una nuova fase dello sviluppo.
L’interesse si focalizza allora su quei settori che rappresentano
una vera e propria riconversione in chiave ambientale di una
parte significativa dell’economia e del sistema produttivo, andando ad investire anche l’organizzazione sociale e gli stili di vita
dei cittadini: energie alternative, nuova mobilità, bioarchitettura,
riciclo e recupero dei rifiuti.
In particolare, l’industria del riciclo in Italia nel 2007 è cresciuta a
un ritmo pari al 17,2%, in netta controtendenza rispetto agli altri
comparti, e tra il 2000 e il 2005 ha visto aumentare le imprese
del 13% (sono circa 2.500 in totale) e gli occupati del 47%
(nel 2005 erano circa 13.000).
Le attività di recupero e riciclo costituiscono oggi una risorsa
fondamentale del sistema industriale, a livello italiano e internazionale. Negli ultimi anni si è assistito a un vero e proprio
boom della commercializzazione delle materie prime secondarie
e, grazie agli effetti della globalizzazione dei mercati, alla nascita
di un flusso di esportazione di queste ultime verso i Paesi
emergenti (Cina e India fra tutti).
La vitalità e le potenzialità del settore per l’economia italiana
(ma anche per la qualità dell’ambiente) sono confermate dalle
performance produttive: nel corso del 2007 sono state avviate a recupero e riciclo circa 52 milioni di tonnellate di
rifiuti (una cifra pari al doppio della quantità di rifiuti urbani
prodotti nel nostro Paese ogni anno), con evidenti vantaggi per
l’ambiente derivanti dalla riduzione dell’uso di risorse (rinnovabili e non rinnovabili), dalla riduzione dei consumi energetici
e idrici, e dalla riduzione delle emissioni atmosferiche legate
direttamente o indirettamente ai cicli produttivi.
Basti pensare che per la produzione di acciaio, alluminio, piombo
e carta, oltre il 50% degli input produttivi è costituito da scarti
o rifiuti avviati a riciclo, mentre per alcuni tipi di vetro si può
raggiungere anche il 95%.
Il traguardo da porsi per un ulteriore scatto in avanti di
questo comparto, ed è forse questa la tesi più significativa
sottesa alla ricerca e al libro, può quindi essere come possa essere valorizzato il contributo dell’industria del riciclo al
raggiungimento degli obiettivi posti all’Italia di riduzione delle emissioni climalteranti, il fatidico “20-20-20” dell’Unione
Europea, dal momento che la filiera di recupero e riciclo permette già oggi un minor consumo di energia per 15 milioni
di TEP (tonnellata equivalente di petrolio), minori emissioni
di CO2 per un totale di 55 milioni di tonnellate equivalenti.
Una situazione molto interessante per chi ha a cuore il rispetto
dei parametri di Kyoto, quindi, resa ancor più significativa dalla
proiezione al 2020 fatta nello studio, in cui si prevede un ulteriore sviluppo dell’industria del riciclo e dei suoi volumi, con una
crescita del 15% rispetto ai livelli attuali, che permetterebbe di
raggiungere un doppio risultato:
ridurre i consumi energetici di 5 ulteriori milioni di tep, (tonnellate equivalenti di petrolio), pari al 32% dell’obiettivo nazionale
di efficienza energetica al 2020;
ridurre le emissioni di CO2 di oltre 17 milioni di tonnellate,
pari al 18% dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni,
sempre al 2020.
Tuttavia, a fronte di queste proiezioni lusinghiere sappiamo
bene come il settore dell’Autodemolizione soffra di incertezze
(normative, economiche, di rapporti spesso concorrenziali con
gli stakeholders della filiera) che ne minano continuamente la
sopravvivenza, mettendone in discussione o, in taluni casi, vanificandone la portata nella filiera.
Eppure, anche gli Autodemolitori, nel loro specifico, rappresentano un anello importante nella catena del riciclo di una
particolare tipologia di rifiuto che riunisce in sé componenti
preziose, tanto per l’industria del riciclo, quanto per quella del
recupero: ferro, metalli non ferrosi, vetro, plastiche, gomme, senza
contare le frazioni non diversamente riciclabili che, qualora fosse
realizzata una tecnologia in grado di offrire le più ottimali garanzie di tutela della salute e dell’ambiente, potrebbero essere
utilizzate come combustibile alternativo nei termovalorizzatori
invece di finire in discarica.
Invece è proprio in questo segmento del settore industriale
che si registrano anomalie: sforamento dei limiti di materiali
in deposito; scarso sbocco dei materiali nel mercato; stratificazioni normative e interpretazioni sovrapposte delle stesse;
impossibilità di accesso al credito, regimi autorizzativi diversi
e farraginosi.
Eppure una parte del riciclo passa anche dai loro impianti.
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
LogiMa s.r.l.
L’AUTODEMOLIZIONE
SI ORGANIZZA…
Efficacia, efficienza e razionalizzazione delle risorse. Sono queste, secondo Luigi Bantiromo dell’omonimo
Centro di autodemolizione a Bagno di Gavorrano (GR), le nuove parole chiave dell’autodemolizione che cambia
di Silvia Barchiesi
Cambiano le normative di riferimento, la
competitività diventa un imperativo e l’autodemolizione si organizza...
La spinta viene proprio dal nuovo quadro
normativo con la Direttiva 2000/53/CE,
recepita successivamente in Italia con D.
Lgs. 209/2003 e successive disposizioni
correttive ed integrative contenute nel
D. Lgs. N.86 del 12 aprile, che disciplina i
nuovi standard per i centri di raccolta, tra
cui l’adeguato stoccaggio dei pezzi smontati,
nonché fra criteri di gestione, regole precise
circa la sovrapposizione massima consentita
dei veicoli messi in sicurezza e non ancora
sottoposti a trattamento, fatte salve le condizioni di stabilità e la valutazione dei rischi
per la sicurezza dei lavoratori.
Oltre che con la legge, c’è poi da fare i
conti con il mercato. Efficacia, efficienza e
razionalizzazione delle risorse entrano così
di diritto tra gli imperativi dell’autodemolizione che si “rinnova”.
Se l’autodemolizione si organizza, lo fa anche in termini di spazio, optando per una
logistica funzionale ed efficiente e un’intelligente razionalizzazione degli spazi.
Parola di Luigi Bantiromo, titolare
dell’omonimo Centro di autodemolizione
a Bagno di Gavorrano (GR), che con i suoi
2.800 m2 di piazzale da oltre 25 anni opera
nell’ambito dell’autodemolizione e che ora
ha scelto di “rivoluzionare” l’organizzazione
del suo Centro grazie all’acquisto, lo scorso
ottobre, di ben 19 cantilever targati LogiMa S.r.l., Società di Porto d’Ascoli, leader
nella progettazione, consulenza e vendita
di soluzioni per la logistica e la gestione
del magazzino.
Grazie a queste apposite scaffalature, in grado di contenere un totale di 60 auto, lo
stoccaggio delle autovetture da rottamare
è più sicuro, ordinato e anche conveniente,
in quanto evitando il deterioramento delle
auto stoccate aumenta la possibilità di re-
cupero dei materiali.
“L’organizzazione razionale dello spazio e del
lavoro è il vantaggio più eclatante che ho
potuto constatare - ha commentato soddisfatto il Sig. Bantiromo - I cantilever ci hanno,
infatti, permesso un notevole risparmio in termini di spazio e manodopera. Sono rimasto
talmente soddisfatto del prodotto acquistato
da LogiMa che ne ho consigliato l’acquisto
anche ai miei colleghi”.
Scegliere LogiMa, insomma conviene, oltre
che in termini logistici, anche in termini
economici.
Ne è convinto anche il Sig. Batiromo, che
conclude: “Prima di effettuare l’acquisto avevo
valutato anche altre soluzioni offerte da altre
due o tre ditte. Alla fine ho però scelto LogiMa,
in quanto i suoi prodotti sono il giusto risultato
tra qualità e prezzo”.
PER CONTATTI:
Giovanni Paolini 348 3034493
Giovanni Del Moro 393 9609502
8
D. Lgs. 27 gennaio 2010, n. 35
ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2008/68/CE, RELATIVA
AL TRASPORTO INTERNO DI MERCI PERICOLOSE
G.U. n. 58 del 11-3-2010 - Entrata in vigore del provvedimento: 12/03/2010
a cura di Alberto Piastrellini
È stato pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n.
58 dell’11 marzo 2010, il Decreto Legislativo
n. 35 del 27 gennaio 2001 che attua, nell’ordinamento nazionale la Direttiva 2008/68/
CE, che disciplina il trasporto di merci pericolose su strada, ferrovia e sulle vie navigabili
interne.
Il D. Lgs, autorizza il trasporto di merci pericolose a condizione che siano rispettate le
condizioni stabilite:
- negli Allegati A e B dell’Accordo Europeo
relativo al trasporto internazionale delle
merci pericoose su strada (ADR, Gineva, 30
settembre 1957 e successive modifiche);
- nell’allegato del Regolamento relativo al
trasporto internazionale delle merci pericolose per ferrovia (RID), che figura come
appendice C della Convenzione sul trasporto internazionale per ferrovia (Vilnius,
3 giugno 1999);
- nell’Accordo europeo relativo al trasporto
internazionale delle merci pericolose per le
vie navigabili interne (ADN - Ginevra, 26
maggio 2000).
Il D. Lgs. Non si applica al trasporto di merci
pericolose effettuato tramite:
- veicoli, vagoni e unità navali delle Forze
Armate o in servizio governativo non commerciale;
- unità navali operanti su vie marittime che
si estendono nelle vie navigabili interne;
- traghetti che attraversano solo un porto o
una via navigabile interna;
- interamente all’interno del perimetro di
un’area. chiusa.
Per meglio fornire al Lettore una comunicazione puntuale, pubblichiamo nelle pagine
seguenti il testo completo del D. Lgs. n. 35
(ndr: Si avverte che il testo del Decreto inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste
carattere di ufficialità e non è sostitutivo in
alcun modo della pubblicazione ufficiale cartacea).
Il Presidente della Repubblica
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24
settembre 2008, relativa al trasporto in-
terno di merci pericolose;
Vista la legge 7 luglio 2009, n. 88, legge comunitaria 2008, ed, in particolare, l’articolo
1, commi 1 e 3, l’articolo 2 e l’Allegato B;
Visto il decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285, e successive modificazioni, recante
il nuovo codice della strada;
Visto il decreto del Ministro dei trasporti e
della navigazione in data 4 settembre 1996,
pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 282 del 2 dicembre
1992, di recepimento della direttiva 94/55/
CE, in materia di trasporto di merci pericolose per ferrovia;
Visto il decreto legislativo 13 gennaio 1999,
n. 41, e successive modificazioni, di attuazione delle direttive 96/49/CE e 96/87/CE
relative al trasporto di merci pericolose
per ferrovia;
Visto il decreto legislativo 4 febbraio 2000,
n. 40, di attuazione della direttiva 96/35/CE
relativa alla designazione e alla qualificazione
professionale dei consulenti per la sicurezza
dei trasporti su strada, per ferrovia o per
via navigabile di merci pericolose;
Visto il decreto del Ministro dei trasporti
e della navigazione in data 6 giugno 2000,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del
22 giugno 2000, e successive modificazioni,
di attuazione della direttiva 2000/18/CE
relativa alle prescrizioni minime applicabili
all’esame di consulente per la sicurezza dei
trasporti su strada, per ferrovia e per via
navigabile di merci pericolose, con il quale
sono state emanate le norme attuative del
decreto legislativo 4 febbraio 2000, n. 40;
Visto il decreto legislativo 24 febbraio 2009,
n. 22, di attuazione della direttiva 2006/87/
CE, che fissa i requisiti tecnici per le navi
della navigazione interna;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
15 ottobre 2009;
Acquisito il parere della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati;
Considerato che le competenti Commissioni del Senato della Repubblica non si sono
espresse nel previsto termine;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 gennaio
2010;
Sulla proposta dei Ministri per le politiche europee e delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con i Ministri degli
affari esteri, della giustizia, dell’economia
e delle finanze, dell’interno, dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare e
della salute.
Emana il seguente decreto legislativo:
Art. 1: Ambito di applicazione
1. Il presente decreto si applica al trasporto
di merci pericolose effettuato su strada,
per ferrovia o per via navigabile interna,
sia all’interno dello Stato nazionale che tra
gli Stati della Comunità europea, alle operazioni di carico e scarico, al trasferimento
da un modo di trasporto ad un altro ed
alle soste rese necessarie dalle condizioni
di trasporto.
2. Il presente decreto non si applica al trasporto di merci pericolose effettuato:
a) mediante veicoli, vagoni o unità navali
che appartengono alle forze armate o che
si trovano sotto la responsabilità di queste
ultime ovvero mediante navi in servizio
governativo non commerciale;
b) mediante unità navali adibite alla navigazione marittima su vie navigabili marittime
che si estendono nelle vie navigabili interne;
c) mediante traghetti che effettuano soltanto l’attraversamento di una via navigabile
interna o di un porto;
oppure
d) interamente all’interno del perimetro di
un’area chiusa.
Art. 2: Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende
per:
a) ADR: l’accordo europeo relativo al trasporto internazionale delle merci pericolose
su strada, concluso a Ginevra il 30 settembre 1957, e successive modificazioni;
b) RID: il regolamento relativo al trasporto
internazionale delle merci pericolose per
ferrovia, che figura come appendice C alla
convenzione sul trasporto internazionale
9
NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
per ferrovia (COTIF), conclusa a Vilnius il 3
giugno 1999, e successive modificazioni;
c) ADN: l’accordo europeo relativo al
trasporto internazionale delle merci pericolose per vie navigabili interne, concluso
a Ginevra il 26 maggio 2000, e successive
modificazioni;
d) veicolo: qualsiasi veicolo a motore destinato a circolare su strada, provvisto di
almeno quattro ruote ed avente una velocità massima per costruzione superiore
a 25 km/h, nonché i relativi rimorchi, eccettuati i veicoli che si muovono su rotaie,
le macchine mobili ed i trattori agricoli e
forestali, purché non viaggino ad una velocità superiore a 40 km/h quando trasportano
merci pericolose;
e) vagone: qualsiasi veicolo ferroviario privo
di mezzo di propulsione e dotato di ruote
che circola su binari ferroviari ed è utilizzato
per il trasporto di merci;
f) unità navale: qualsiasi nave o galleggiante
atta alla navigazione marittima o alla navigazione interna, ivi compreso il traghetto
quale definito dall’articolo 1, comma 1,
numero 34), del decreto del Presidente
della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435,
recante approvazione del regolamento per
la sicurezza della navigazione e della vita
umana in mare;
g) Amministrazione: il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Art. 3: Disposizioni generali
1. Fatte salve le norme generali relative
all’accesso al mercato o le norme applicabili
in maniera generale al trasporto di merci
pericolose, il trasporto di merci pericolose
è autorizzato a condizione che siano rispettate le disposizioni stabilite negli allegati di
cui alle lettere a), b) e c) del comma 2.
2. Fatte salve le eventuali deroghe adottate
ai sensi dell’articolo 168 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e dell’articolo
35, commi 5 e 7, del decreto del Presidente
della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, come modificati rispettivamente dagli articoli
6, comma 1, lettere c) e d), e 7 del presente decreto, nonché ai sensi dell’articolo 8,
commi 5 e 7, le merci pericolose non sono
oggetto di trasporto nella misura in cui ne
è fatto divieto:
10
a) negli allegati A e B dell’ADR, come applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2009,
restando inteso che i termini: «parte contraente» sono sostituiti dai seguenti: «Stato
membro», come opportuno;
b) nell’allegato del RID che figura come
appendice C della COTIF, applicabile con
effetto dal 1° gennaio 2009;
c) nei regolamenti allegati all’ADN, applicabili con effetto a decorrere dal 1° luglio
2011, così come l’articolo 3, lettere f) ed
h), l’articolo 8, paragrafi 1 e 3, dell’ADN,
nei quali i termini: «parte contraente» sono sostituiti dai seguenti: «Stato membro»,
come opportuno.
Art. 4: Paesi terzi
1. Il trasporto di merci pericolose tra lo
Stato nazionale ed i Paesi terzi rispetto alla Comunità europea è autorizzato
a condizione che esso sia conforme alle
disposizioni stabilite nell’ADR, nel RID e
nell’ADN, qualora non venga diversamente
autorizzato con le modalità previste dagli
articoli 6, 7 e 8.
Art. 5: Recepimento modifiche
all’ADR, al RID ed all’ADN
1. Con provvedimento dell’amministrazione, sono recepite le direttive comunitarie
concernenti adeguamento al progresso
scientifico e tecnico della materia del trasporto di merci pericolose su strada, per
ferrovia o per via navigabile interna recanti
modifiche:
a) degli allegati A e B dell’ADR;
b) dell’allegato del RID, che figura come
appendice C della COTIF; e
c) dei regolamenti allegati all’ADN.
Art. 6: Modifiche all’articolo 168
del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285, e successive modificazioni, in materia di disciplina
del trasporto su strada dei materiali pericolosi
1. All’articolo 168 del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni sono apportate le seguenti
modifiche:
a) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2.
La circolazione dei veicoli che trasporta-
no merci pericolose ammesse al trasporto
su strada, nonché le prescrizioni relative
all’etichettaggio, all’imballaggio, al carico, allo
scarico ed allo stivaggio sui veicoli stradali
è regolata dagli allegati all’accordo di cui
al comma 1 recepiti nell’ordinamento in
conformità alle norme vigenti.»;
b) il comma 4 è sostituito dal seguente: «4.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’interno,
dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare e dello sviluppo economico,
con decreti previamente notificati alla commissione europea ai fini dell’autorizzazione,
può prescrivere, esclusivamente per motivi
inerenti alla sicurezza durante il trasporto,
disposizioni più rigorose per la disciplina
del trasporto nazionale di merci pericolose
effettuato da veicoli, purché non relative
alla costruzione degli stessi. Con decreti del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
di concerto con i Ministri dell’interno, dello
sviluppo economico e della salute, possono
essere altresì classificate merci pericolose,
ai fini del trasporto su strada, materie ed
oggetti non compresi tra quelli di cui al
comma 1, ma che siano ad essi assimilabili.
Negli stessi decreti sono indicate le condizioni nel rispetto delle quali le singole
merci elencate possono essere ammesse
al trasporto; per le merci assimilabili può
altresì essere imposto l’obbligo della autorizzazione del singolo trasporto, precisando
l’autorità competente, nonché i criteri e le
modalità da seguire.»;
c) dopo il comma 4 è inserito il seguente: «4-bis. A condizione che non sia
pregiudicata la sicurezza, il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, di concerto
con i Ministeri dell’interno, della salute e
dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare, rilascia autorizzazioni individuali
per operazioni di trasporto di merci pericolose sul territorio nazionale che sono
proibite o effettuate in condizioni diverse
da quelle stabilite dalle disposizioni di cui
al comma 2. Le autorizzazioni sono definite e limitate nel tempo e possono essere
concesse solo quando ricorrono particolari
esigenze di ordine tecnico ovvero di tutela
della sicurezza pubblica.»;
d) il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. A condizione che non sia pregiudicata
la sicurezza e previa notifica alla Commissione europea, ai fini dell’autorizzazione, il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministeri dell’interno,
della salute, dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e dello sviluppo economico, può derogare le condizioni poste
dalle norme di cui al comma 2 per:
a) il trasporto nazionale di piccole quantità
di merce, purché non relative a materie a
media o alta radioattività;
b) merci pericolose destinate al trasporto
locale su brevi distanze.»;
e) ai commi 9, 9-bis e 9-ter le parole:
«Chiunque viola le prescrizioni fissate o
recepite con i decreti ministeriali di cui al
comma 2» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «Chiunque viola le
prescrizioni fissate dal comma 2»;
f) al comma 9, l’ultimo periodo è sostituito
dai seguenti: «A tali violazioni, qualora riconducibili alle responsabilità del trasportatore,
così come definite nell’accordo di cui al
comma 1, ovvero del conducente, consegue la sanzione amministrativa accessoria
della sospensione della patente di guida del
conducente e della carta di circolazione del
veicolo con il quale è stata commessa la
violazione per un periodo da due a sei mesi,
a norma del capo I, sezione II, del titolo VI.
A chiunque violi le disposizioni del comma
4, primo periodo, si applicano la sanzione
amministrativa pecuniaria di cui al comma
8, nonché le disposizioni del periodo precedente.».
2. All’espletamento delle attività autorizzative
di cui all’articolo 168 del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, comma 4-bis, quale introdotto
dal comma 1, si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie
previste a legislazione vigente.
Art. 7: Modifiche all’articolo 35
del decreto del Presidente della
Repubblica 11 luglio 1980, n. 753,
recante nuove norme in materia
di polizia, sicurezza e regolarità
dell’esercizio delle ferrovie e di
altri servizi di trasporto
1. L’articolo 35 del decreto del Presiden-
te della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753,
recante nuove norme in materia di polizia,
sicurezza e regolarità dell’esercizio delle
ferrovie e di altri servizi di trasporto è sostituito dal seguente: «Art. 35 - 1. Ai fini
del trasporto su ferrovia sono considerati
materiali pericolosi quelli appartenenti alle
classi indicate nel regolamento concernente
il trasporto internazionale di merci pericolose per ferrovia (RID) di cui all’allegato I
dell’appendice C della convenzione sui trasporti internazionali per ferrovia (COTIF),
in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2005,
e successive modificazioni.
2. La circolazione dei veicoli che trasportano merci pericolose ammesse al trasporto
su ferrovia, nonché le prescrizioni relative
all’etichettaggio, all’imballaggio, al carico, allo
scarico ed allo stivaggio sui veicoli ferroviari
sono regolate dagli allegati all’accordo di cui
al comma 1, recepiti nell’ordinamento in
conformità alle normative vigenti.
3. Le merci pericolose, il cui trasporto internazionale su ferrovia è ammesso dagli
accordi internazionali, possono essere trasportate su strada rotabile, all’interno dello
Stato, alle medesime condizioni stabilite
per i predetti trasporti internazionali. Per
le merci che presentino pericolo di esplosione e per i gas tossici resta salvo l’obbligo
per gli interessati di munirsi delle licenze e
dei permessi di trasporto qualora previsti
dalle vigenti disposizioni.
4. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’interno,
dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare e dello sviluppo economico, con
decreti previamente notificati alla Commissione europea ai fini dell’autorizzazione,
può prescrivere, esclusivamente per motivi
inerenti alla sicurezza durante il trasporto,
disposizioni più rigorose per la disciplina
del trasporto nazionale di merci pericolose
effettuato da veicoli ferroviari, purché non
relative alla costruzione degli stessi. Con
decreti del Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti, di concerto con i Ministri
dell’interno, dello sviluppo economico e
della salute, possono altresì essere classificate merci pericolose, ai fini del trasporto su
ferrovia, materia ed oggetti non compresi
tra quelli di cui al comma 1 ma che siano
ad essi assimilabili. Negli stessi decreti sono
indicate le condizioni nel rispetto delle quali
le singole merci elencate possono essere
ammesse al trasporto; per le merci assimilabili può altresì essere imposto l’obbligo
dell’autorizzazione del singolo trasporto,
precisando l’autorità competente, nonché
i criteri e le modalità da seguire.
5. A condizione che non sia pregiudicata la
sicurezza, il Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, di concerto con i Ministeri
dell’interno, della salute e dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, rilascia
autorizzazioni individuali per operazioni di
trasporto di merci pericolose sul territorio
nazionale che sono proibite o effettuate in
condizioni diverse da quelle stabilite dalle
disposizioni di cui al comma 2. Le autorizzazioni sono definite e limitate nel tempo
e possono essere concesse solo quando
ricorrono particolari esigenze di ordine
tecnico ovvero di tutela della sicurezza
pubblica.
6. Per il trasporto delle materie fissili o radioattive si applicano le norme dell’articolo
5 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860,
sostituito dall’articolo 2 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 dicembre
1965, n. 1704, e dell’articolo 21 del decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni.
7. A condizione che non sia pregiudicata
la sicurezza e previa notifica alla Commissione europea, ai fini dell’autorizzazione, il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministeri dell’interno,
della salute e dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, può derogare
le condizioni poste dalle norme di cui al
comma 2 per:
a) il trasporto nazionale di piccole quantità
di merce, purché non relative a materie a
media o alta radioattività;
b) merci pericolose destinate al trasporto
locale su tragitti debitamente designati del
territorio nazionale, facenti parte di un processo industriale definito di carattere locale
e rigorosamente controllato in condizioni
chiaramente definite.
8. Chiunque senza regolare autorizzazione,
quando sia prescritta, trasporta o presenta
al trasporto merci pericolose, ovvero non
11
NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
rispetta le condizioni imposte, a tutela della
sicurezza, negli stessi provvedimenti di autorizzazione è punito con l’ammenda da
5.000 euro a 15.000 euro e l’arresto fino
a sei mesi.
9. Il vettore che viola le prescrizioni fissate dal comma 2, ovvero le condizioni di
trasporto di cui ai commi 3 e 4, relative
all’idoneità tecnica dei veicoli, delle cisterne o contenitori che trasportano merci
pericolose, alla presenza o alla corretta
sistemazione dei pannelli di segnalazione
e alle etichette di pericolo collocate sui
veicoli, sulle cisterne, sui contenitori e sui
colli che contengono merci pericolose,
ovvero che le hanno contenute se non
ancora bonificati, alla sosta dei veicoli, alle
operazioni di carico, scarico e trasporto in
comune delle merci pericolose, è soggetto
alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.000 euro a 15.000
euro. Alle stesse sanzioni amministrative
è soggetto chi non rispetta le disposizioni
del comma 4 che impongono disposizioni
più rigorose per la disciplina del trasporto
nazionale di merci pericolose.
10. Il vettore che viola le prescrizioni fissate dal comma 2, ovvero le condizioni di
trasporto di cui ai commi 3 e 4, relative
ai dispositivi di equipaggiamento e protezione dei conducenti o dell’equipaggio, alla
compilazione e tenuta dei documenti di
trasporto o delle istruzioni di sicurezza, è
soggetto alla sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da 3.000 euro
a 9.000 euro.
11. Fuori dai casi previsti dai commi 9 e
10, il vettore che viola le altre prescrizioni
fissate dal comma 2, ovvero le condizioni di trasporto di cui ai commi 3 e 4, è
soggetto alla sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da 1.500 euro
a 4.500 euro.
12. Lo speditore o il trasportare che violano gli obblighi di sicurezza in capo agli stessi
posti rispettivamente dal capitolo 1.4.2.1 e
1.4.2.2 del RID sono puniti con la sanzione
amministrativa pecuniaria del pagamento di
una somma da 1.500 euro a 4.500 euro.
13. Le sanzioni amministrative sono applicate secondo la disciplina del Capo I della
legge 24 novembre 1981, n. 689. L’autorità
12
amministrativa competente è il Prefetto del
luogo ove la violazione è accertata.».
2. All’espletamento delle attività autorizzative di cui al comma 5 dell’articolo 35 del
decreto del Presidente della Repubblica
11 luglio 1980, n. 753, come modificato
dal comma 1, si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie
previste a legislazione vigente.
3. I proventi delle ammende irrogate ai sensi
dei commi 8, 9, 10, 11 e 12 dell’articolo 35
del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, come modificato
dal comma 1, sono versati all’entrata del
bilancio dello Stato.
Art. 8: Disciplina del trasporto
per via navigabile interna delle
merci pericolose
1. Ai fini del trasporto per via navigabile
interna sono considerate merci pericolose quelle appartenenti alle classi indicate
dall’accordo europeo relativo al trasporto
internazionale delle merci pericolose per vie
navigabili interne, concluso a Ginevra il 26
maggio 2000, e successive modificazioni.
2. La circolazione delle unità navali che
trasportano merci pericolose ammesse
al trasporto su via navigabile interna, nonché le prescrizioni relative all’etichettaggio,
all’imballaggio, al carico, allo scarico ed allo
stivaggio su unità navali sono regolate dagli
allegati all’accordo di cui al comma 1.
3. Le merci pericolose, il cui trasporto internazionale su vie di navigazione marittima è
ammesso dagli accordi internazionali, possono essere trasportate su via navigabile
interna, all’interno dello Stato, alle medesime condizioni stabilite per i predetti
trasporti internazionali. Per le merci che
presentino pericolo di esplosione e per
i gas tossici resta salvo l’obbligo per gli
interessati di munirsi delle licenze e dei
permessi di trasporto qualora previsti dalle
vigenti disposizioni.
4. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’interno,
dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare e dello sviluppo economico, con
decreti previamente notificati alla Commissione europea ai fini dell’autorizzazione,
può prescrivere, esclusivamente per motivi
inerenti alla sicurezza durante il trasporto,
disposizioni più rigorose per la disciplina
del trasporto nazionale di merci pericolose
effettuato su via navigabile interna mediante
unità navali, purché non relative alla costruzione delle stesse. Con decreti del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
di concerto con i Ministri dell’interno, dello
sviluppo economico e della salute, possono
altresì essere classificate merci pericolose, ai
fini del trasporto su via navigabile interna,
merci ed oggetti non compresi tra quelli di
cui al comma 1, ma che siano ad essi assimilabili. Negli stessi decreti sono indicate le
condizioni nel rispetto delle quali le singole
merci elencate possono essere ammesse
al trasporto; per le merci assimilabili può
altresì essere imposto l’obbligo dell’autorizzazione del singolo trasporto, precisando
l’autorità competente, nonché i criteri e le
modalità da seguire.
5. A condizione che non sia pregiudicata
la sicurezza, il Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti, di concerto con i Ministeri
dell’interno, della salute e dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, rilascia
autorizzazioni individuali per operazioni di
trasporto di merci pericolose sul territorio
nazionale che sono proibite o effettuate in
condizioni diverse da quelle stabilite dalle
disposizioni di cui al comma 2. Le autorizzazioni sono definite e limitate nel tempo e
possono essere concesse solo quando ricorrono particolari esigenze di ordine tecnico
ovvero di tutela della sicurezza pubblica.
6. Per il trasporto delle materie fissili o radioattive si applicano le norme dell’articolo
5 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860,
sostituito dall’articolo 2 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 dicembre
1965, n. 1704, e dell’articolo 21 del decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni.
7. A condizione che non sia pregiudicata
la sicurezza e previa notifica alla Commissione europea ai fini dell’autorizzazione, il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministeri dell’interno,
della salute e dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, può derogare
le condizioni poste dalle norme di cui al
comma 2 per:
a) il trasporto nazionale di piccole quantità
di merce, purché non relative a materie a
media o alta radioattività;
b) merci pericolose destinate al trasporto
locale su brevi distanze.
8. Chiunque senza regolare autorizzazione,
quando sia prescritta, trasporta o presenta
al trasporto merci pericolose, ovvero non
rispetta le condizioni imposte, a tutela della
sicurezza, negli stessi provvedimenti di autorizzazione è punito con l’ammenda da
5.000 euro a 15.000 euro e l’arresto fino
a sei mesi.
9. Il vettore che viola le prescrizioni fissate dal comma 2, ovvero le condizioni di
trasporto di cui ai commi 3 e 4, relative
all’idoneità tecnica delle unità navali, delle
cisterne o contenitori che trasportano merci pericolose, alla presenza o alla corretta
sistemazione dei pannelli di segnalazione
e alle etichette di pericolo collocate sulle
unità navali, sulle cisterne, sui contenitori e
sui colli che contengono merci pericolose,
ovvero che le hanno contenute se non
ancora bonificati, alla sosta dei veicoli, alle
operazioni di carico, scarico e trasporto in
comune delle merci pericolose, è soggetto
alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.000 euro a 15.000
euro. Alle stesse sanzioni amministrative
è soggetto chi non rispetta le disposizioni
del comma 4 che impongono disposizioni
più rigorose per la disciplina del trasporto
nazionale di merci pericolose.
10. Il vettore che viola le prescrizioni fissate dal comma 2, ovvero le condizioni di
trasporto di cui ai commi 3 e 4, relative
ai dispositivi di equipaggiamento e protezione dei conducenti o dell’equipaggio, alla
compilazione e tenuta dei documenti di
trasporto o delle istruzioni di sicurezza, è
soggetto alla sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da 3.000 euro
a 9.000 euro.
11. Fuori dai casi previsti dai commi 9 e
10, il vettore che viola le altre prescrizioni
fissate dal comma 2, ovvero le condizioni di trasporto di cui ai commi 3 e 4, è
soggetto alla sanzione amministrativa del
pagamento di una somma da 1.500 euro
a 4.500 euro.
13. Lo speditore o il trasportatore che
violano gli obblighi di sicurezza in capo agli
stessi posti rispettivamente dal capitolo
1.4.2.1 e 1.4.2.2 del ADN sono puniti con
la sanzione amministrativa pecuniaria del
pagamento di una somma da 1.500 euro
a 4.500 euro.
14. Le sanzioni amministrative sono applicate secondo la disciplina del capo I della
legge 24 novembre 1981, n. 689. L’autorità
amministrativa competente è il prefetto del
luogo ove la violazione è accertata.
15. All’espletamento delle attività autorizzative di cui al comma 5 si provvede
nell’ambito delle risorse umane, strumentali
e finanziarie previste a legislazione vigente.
16. I proventi delle sanzioni irrogate ai sensi
dei commi 8, 9, 10, 11, 12 e 13, sono versati
all’ entrata del bilancio dello Stato.
17. Le disposizioni del presente articolo si
applicano a decorrere dal 1° luglio 2011.
Art. 9: Ulteriori limitazioni in caso di incidente
1. Qualora a seguito di un incidente le disposizioni in materia di sicurezza si siano
dimostrate insufficienti a limitare i rischi
inerenti alle operazioni di trasporto, e sussistano ragioni di urgenza, limitazioni ulteriori
possono essere adottate con provvedimento dell’amministrazione, di concerto con i
Ministeri dell’interno, dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare ed eventuali
altri Ministeri interessati, ciascuna secondo i
profili di specifica competenza, previa mera
notifica alla commissione.
Art. 10: Disposizioni transitorie
aggiuntive
1. Le norme concernenti disposizioni transitorie aggiuntive, di interesse nazionale,
di cui agli allegati I, II e III della direttiva
2008/68/CE, sono adottate con provvedimenti del Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti.
2. Le disposizioni contenute negli allegati
all’ADR, RID, ADN e successive modificazioni, in merito all’uso delle lingue straniere
nella marcatura o nella documentazione
pertinente non si applicano alle operazioni
di trasporto limitatamente al territorio nazionale; tuttavia, per dette operazioni, con
motivato parere può essere autorizzato, in
aggiunta alla lingua italiana, l’uso di lingue
diverse da quelle contemplate nei sopra
citati allegati.
Art. 11: Consulente alla sicurezza
per il trasporto di merci pericolose
1. Le disposizioni concernenti il consulente
alla sicurezza per il trasporto delle merci
pericolose sono quelle previste dall’ADR,
RID, ADN.
2. Il legale rappresentante dell’impresa la cui
attività comporta trasporti di merci pericolose, oppure operazioni di imballaggio,
di carico, di riempimento o di scarico, connesse a tali trasporti, nomina un consulente
per la sicurezza.
3. Entro quindici giorni dalla nomina di cui al
comma 2, il legale rappresentante comunica
le complete generalità del consulente nominato all’ufficio periferico del Dipartimento
per il trasporto, la navigazione ed i sistemi
informativi e statistici del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti competente in
relazione al luogo in cui ha sede l’impresa.
4. Con provvedimento dell’amministrazione
sono individuate le condizioni alle quali le
imprese esercenti l’attività di cui al comma
2 possono essere esonerate dal campo di
applicazione delle disposizioni del presente
articolo, ai sensi e nei limiti di cui al capitolo
1.8, dell’ADR, del RID e dell’ADN.
5. Entro sessanta giorni dalla nomina di
cui al comma 2, il consulente verificate le
prassi e le procedure concernenti l’attività
dell’impresa presso la quale opera, redige
una relazione nella quale, per ciascuna operazione relativa all’attività di impresa, indica
le eventuali modifiche procedurali ovvero
strutturali necessarie per l’osservanza delle norme in materia di trasporto, carico e
scarico di merci pericolose, nonché per lo
svolgimento dell’attività dell’impresa in condizioni ottimali di sicurezza. La relazione è
successivamente redatta annualmente e, comunque, ogni qualvolta intervengano eventi
modificativi delle prassi e procedure poste
alla base della relazione stessa, ovvero delle
norme in materia di trasporto, carico e scarico di merci pericolose, ed è consegnata al
legale rappresentante dell’impresa.
13
NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
6. Il legale rappresentante conserva le relazioni di cui al comma 5 per cinque anni.
7. La relazione di incidente redatta dal
consulente ai sensi dell’ADR, RID, ADN è
trasmessa entro quarantacinque giorni dal
verificarsi dell’incidente medesimo al legale
rappresentante dell’impresa e per il tramite degli uffici periferici del Dipartimento
per il trasporto, la navigazione ed i sistemi
informativi e statistici del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti al medesimo
Dipartimento ed al Ministero dell’interno
- Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
8. Il certificato di formazione professionale
di cui all’ADR, RID, ADN è rilasciato dal
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
- Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici, a
seguito del superamento dell’esame di cui
al comma 9.
9. L’esame per il conseguimento del certificato di formazione professionale di
consulente per la sicurezza del trasporto si
svolge secondo le modalità previste dal capitolo 1.8 dell’ADR, del RID e dell’ ADN.
10. Con provvedimento dell’amministrazione sono dettate le disposizioni applicative
relative agli esami di cui al comma 9, con
particolare riferimento a quelli relativi ai
consulenti di imprese specializzate nel
trasporto di determinati tipi di merci pericolose, ai sensi del capitolo 1.8 dell’ADR,
del RID e dell’ADN.
11. Con provvedimento dell’amministrazione è individuato il numero e la
composizione delle commissioni di esame,
nonché i requisiti e le modalità di nomina
dei relativi componenti e la durata della
nomina stessa.
12. Per la determinazione della misura dei
compensi a favore dei componenti delle
commissioni, si applicano le disposizioni
del decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri in data 23 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 134 del 10
giugno 1995.
13. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze, da
adottarsi entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto,
14
sono stabiliti gli importi delle tariffe posti
a carico dei candidati all’esame di primo
rilascio, aggiornamento per l’integrazione
ed aggiornamento quinquennale, nonché
per il rilascio del relativo certificato di formazione professionale, per il funzionamento
delle commissioni di cui al comma 11 e
per i compensi di cui al comma 12, sulla
base della copertura dei costi effettivi del
servizio prestato. L’importo delle tariffe di
cui al presente comma è rideterminato con
decreto del Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze ogni due anni.
I proventi derivanti dalle tariffe di cui al
primo periodo sono versati all’entrata del
bilancio dello Stato, per essere successivamente riassegnati ai pertinenti capitoli
dello stato di previsione del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti per il finanziamento delle attività previste dal presente
articolo.
Nelle more dell’adozione del decreto tariffe di cui al primo periodo, si applicano le
disposizioni del decreto del Ministro dei
trasporti e della navigazione 27 settembre
2000, n. 129, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 244 del 18 ottobre 2000.
14. Fino all’adozione dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 10, si applicano le
disposizioni attuative del decreto legislativo 4 febbraio 2000, n. 40, quando non in
contrasto con le disposizioni del presente
decreto.
15. Le disposizioni del presente articolo
relative al trasporto delle merci pericolose per vie navigabili interne si applicano a
decorrere dal 1° luglio 2011.
Art. 12: Sanzioni relative al consulente alla sicurezza
1. Il legale rappresentante dell’impresa che
viola le disposizioni dell’articolo 11, comma
2, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 6.000 euro a 36.000 euro.
2. Il legale rappresentante dell’impresa che
viola le disposizioni di cui all’articolo 11,
commi 3 e 6, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 2.000 euro
a 12.000 euro.
3. Il consulente che non redige le relazioni
di cui all’articolo 11, commi 5 e 7, è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria
da 4.000 euro a 24.000 euro.
4. Il consulente che non ottempera agli
obblighi di cui all’articolo 11, commi 5 e 7,
relativi alla trasmissione delle relazioni di cui
agli stessi commi, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a
12.000 euro.
5. La vigilanza sull’osservanza delle disposizioni relative ai consulenti per la sicurezza
è affidata agli Uffici periferici del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i
sistemi informativi e statistici territorialmente competenti.
6. Le sanzioni di cui ai commi 1, 2, 3 e
4, sono irrogate dal prefetto ed i relativi
proventi sono versati all’entrata del bilancio
dello Stato.
Art. 13: Qualificazione di figure
professionali previste dalla normativa ADR, RID e ADN
1. Le attività di riconoscimento degli esperti
per l’esecuzione delle prove sulle cisterne
previste dalla normativa ADR, RID e ADN
è effettuata da una commissione nominata con decreto dell’amministrazione, di
concerto con il Ministero dell’interno - Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso
pubblico e della difesa civile.
2. Le attività relative alla classificazione di
prodotti pericolosi di competenza dell’autorità competente, secondo quanto stabilito
dagli allegati ADR, RID e ADN, è effettuata
da una commissione, nominata con provvedimento dell’amministrazione, di concerto
con il Ministero dell’interno - Dipartimento
dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e
della difesa civile.
3. Le attività di approvazione e monitoraggio
di organismi di controllo per la valutazione
di conformità, i controlli periodici, i controlli
eccezionali e la supervisione del servizio interno di controllo, secondo quanto stabilito
dall’ ADR, RID e ADN, sono effettuate da
una commissione nominata con provvedimento dell’amministrazione, di concerto
con il Ministero dell’interno - Dipartimento
dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e
della difesa civile.
4. Gli importi delle tariffe per l’espletamento delle attività di verifica di cui ai commi
1, 2 e 3, nonché per il funzionamento delle
commissioni di cui ai medesimi commi, sono a carico dei soggetti richiedenti e sono
stabiliti con decreto dell’amministrazione,
di concerto con il Ministero dell’economia
e delle finanze sulla base della copertura
dei costi effettivi del servizio prestato, da
adottarsi entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto. L’importo delle tariffe di cui al presente comma
è rideterminato con decreto del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, ogni due anni. I proventi derivanti
dalle tariffe di cui al primo periodo sono
versati all’entrata del bilancio dello Stato,
per essere successivamente riassegnati ai
pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti per il finanziamento delle attività
previste dal presente articolo.
5. Le disposizioni del presente articolo relative al trasporto delle merci pericolose
per le vie navigabili interne si applicano a
decorrere dal 1° luglio 2011.
Art. 14: Abrogazione di norme
precedentemente in vigore
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono abrogate le norme
derivanti dal recepimento delle direttive
94/55/CE, 96/49/CE, 96/35/CE e 2000/18/
CE trasposte nell’ordinamento interno con
i sotto elencati decreti:
a) decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione in data 4 settembre 1996,
pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 282 del 2 dicembre
1996, di recepimento della direttiva 94/55/
CE relativa al trasporto di merci pericolose
su strada, e successive modificazioni, per
quanto in esso predisposto è incompatibile
con le disposizioni del presente decreto;
b) decreto legislativo 13 gennaio 1999, n.
41, di attuazione delle direttive 96/49/CE
e 96/87/CE relative al trasporto di merci
pericolose per ferrovia, e successive modificazioni, per quanto in esso predisposto
è incompatibile con le disposizioni del presente decreto e, comunque, ad esclusione
degli articoli 1, comma 1, lettera d), e 2,
comma 5;
c) decreto legislativo 4 febbraio 2000, n.
40, di attuazione della direttiva 96/35/CE
relativa alla designazione ed alla qualificazione professionale dei consulenti per la
sicurezza dei trasporti su strada, per ferrovia o per via navigabile di merci pericolose,
e successive modificazioni, per quanto in
esso predisposto è incompatibile con le
disposizioni del presente decreto.
2. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo
11, comma 13, sono inoltre abrogate tutte le disposizioni comunque contrarie o
incompatibili con le norme del presente
decreto.
Prestigiacomo, Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare;
Fazio, Ministro della salute
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Art. 15: Disposizioni finanziarie
1. Dal presente decreto non devono derivare nuovi oneri o maggiori oneri, a carico
della finanza pubblica.
2. I proventi delle ammende e delle sanzioni
versate all’entrata del bilancio dello Stato
ai sensi dell’articolo 7, comma 3, e dell’articolo 8, comma 16, sono riassegnati, entro
i limiti previsti dalla legislazione vigente, con
decreti del Ministro dell’economia e delle
finanze, alle amministrazioni competenti
all’irrogazione delle stesse.
Art. 16: Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il
giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. Il presente decreto,
munito del sigillo di Stato, sarà inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi
della Repubblica italiana. È fatto obbligo
a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addì 27 gennaio 2010
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Ronchi, Ministro per le politiche europee;
Matteoli, Ministro delle infrastrutture e
trasporti;
Frattini, Ministro degli affari esteri;
Alfano, Ministro della giustizia;
Tremonti, Ministro dell’economia e delle
finanze;
Maroni, Ministro dell’interno;
15
NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
ENERGIA: QUANTO MI COSTERAI?
Scenari foschi per consumatori ed imprese, aumenti fino al 10%, al 2013 per pagare le emissioni di CO2
di Alberto Piastrellini
“Uno spettro si aggira per l’Europa…”; ma non è più quello del
Comunismo (NdR: il corsivo di cui sopra si riferisce alla celebre
frase di apertura del Manifesto del Partito Comunista a firma di
Friedrich Engels e Karl Marx, redatto a Londra nel 1847), bensì
quello del “pagherò”, che ancor più della filosofia marxista, incute
terrore nelle sacre cattedrali del capitalismo occidentale malato
di profitto e nella perenne ricerca di uno Sviluppo da conseguire
eternamente.
Quel “pagherò” non è altro, in termini ambientali, della “cambiale”
che fino ad oggi è stata concessa alle imprese per poter continuare
a lavorare emettendo gas-serra (in particolare CO2) ampiamente
responsabile del Global Warming (effetto che si ripercuote su tutte
le forme viventi del Pianeta).
Ebbene, in un sistema economico globale ancora gravato dagli
effetti della crisi finanziaria del 2008 e vieppiù messo all’angolo
dalla necessità di garantire adeguati approvvigionamenti energetici
allo sviluppo del mercato, a fronte dell’aumento dei costi per le
fonti energetiche carbon free e delle dinamiche di abbandono delle
tecnologie tradizionali per favorire l’implementazione dell’utilizzo di
migliori tecnologie atte ad una mitigazione degli impatti antropici sul
clima, la corsa delle imprese vede avvicinarsi all’orizzonte l’ostacolo
del 1° gennaio 2013, anno in cui, secondo l’UE, le aziende (ed
in particolar modo quelle che producono elettricità), saranno
obbligate a pagare in denaro sonante 1/3 delle loro emissioni.
Il meccanismo che per ora prevede una batosta stimata finora in
2 miliardi di euro per il solo comparto elettrico italiano, è contenuto nel sistema per lo scambio di quote di emissioni del gas ad
effetto serra nella Comunità europea – Direttiva “Emission Trading”
(2003/87/CE del Consiglio e del Parlamento Europeo).
Tale Direttiva, in Italia, è stata recepita con D. Lgs. n. 216 del 4 aprile
2006 che prevede, tra le altre cose che:
Dal 1° gennaio 2005 nessun impianto che ricade nel campo di applicazione della stessa, possa emettere CO2, ossia possa continuare
ad operare, in assenza di apposita autorizzazione;
I gestori degli impianti che ricadono nel campo di applicazione della
norma restituiscano annualmente all’Autorità Nazionale Competente, quote di emissioni di CO2 in numero pari alle emissioni di
CO2 effettivamente rilasciate in atmosfera;
L’assegnazione delle quote di emissioni di CO2 ai gestori degli
impianti regolati dalla Direttiva è effettuata dall’Autorità Nazionale
Competente sulla base della Decisione di assegnazione,
La Decisione di assegnazione è elaborata per ciascuno dei periodi
di riferimento previsti dal D. Lgs. n. 216/2006. Specificatamente,
il primo periodo di riferimento riguarda il triennio 2005-2007. I
periodi di riferimento successivi riguardano i quinquenni 20082012; 2013-2018, ecc. Attualmente è in vigore la Decisione di
assegnazione per il periodo 2008-2012.
Le emissioni di CO2 effettivamente rilasciate in atmosfera sono
monitorate secondo le disposizioni di monitoraggio impartite
dall’Autorità Nazionale Competente, comunicate alle stessa secondo le disposizioni di cui al DEC/RAS/115/2006 e sono certificate
da un verificatore accreditato dall’ANC.
18
Quindi, in presenza di un “pacchetto di misure UE sul clima” approvato dal Parlamento Europeo, accade che i maggiori produttori di
energia elettrica e le altre utilities, in virtù del fatto che per produrre
inquinano (utilizzando per lo più fonti non rinnovabili), dovranno
pagare per avere i permessi sufficienti a coprire le emissioni di
anidride carbonica.
Ovviamente la cosa avrà una ripercussione anche sui consumatori,
dal momento che le Aziende interessate, per far fronte all’aumento dei costi, opteranno per un rincaro delle tariffe di fornitura e
consumo, spalmando i costi di emissione sui consumatori pubblici
e privati.
Le stime ipotizzano un aumento medio del 10% che per una
famiglia-tipo significa circa 600 euro l’anno!
In un articolo apparso sul Notiziario per l’Ambiente Urbano, on-line,
Eco dalle Città, si legge che la exit strategy che stanno perseguendo
le aziende energetiche prevede due direzioni:
tentare il gioco di squadra per fare pressione su Bruxelles affinché
si rivedano, prima del 2013, gli obiettivi di riduzione di gas serra;
puntare sulla ricerca di tecnologie per la cattura dell’ossido di
carbonio e, contemporaneamente, promuovere investimenti in
Paesi in via di sviluppo, onde beneficiare di sconti sulle emissioni
così come stabilito dal “pacchetto clima”.
Nel lungo periodo, infatti, sarà strategico, per il nostro Paese, cercare di abbattere le sue emissioni a partire proprio dal settore
energetico, nel quale, però, gli investimenti in ricerca ed utilizzo di
tecnologie carbon capture ed energie rinnovabili stentano a partire
a favore di utopistiche e vagheggiate soluzioni “atomiche”.
Nel breve periodo, tuttavia, una boccata d’aria (letteralmente)
potrebbe arrivare dai settori: trasporti ed edile, i quali possono
concorrere ampiamente ad una positiva riduzione delle emissioni
sfruttando tecnologie già ampiamente reperibili sul mercato.
È di pochi giorni fa la notizia che il 15 marzo si è svolto a Bruxelles
il primo Consiglio dei Ministri dell’Ambiente europei. A
rappresentare la Commissione UE erano presenti il neo-Commissario per l’Ambiente Janez Poto nik e la neo-Commissaria per
l’Azione sul Clima Connie Hedegaard; mentre per l’Italia c’era il
Ministro per l’Ambiente e la Tutela del Territorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo.
Tra i numerosi temi affrontati, (Protezione dei Suoli; Biodiversità;
Strategia “Europa 2020”; Cambiamenti Climatici) un ampio spazio
è stato dedicato alle Emissioni di CO2 nei veicoli Commerciali leggeri.
In particolare è stata discussa la proposta di Regolamento della
Commissione UE di limitare le emissioni di CO2 nei
nuovi veicoli commerciali leggeri (furgoni).
La Commissione UE propone di ridurre le emissioni di CO2 dei
nuovi furgoni gradualmente a 175g/km di CO2 per il 75% delle flotte
entro il 2014 e al 2016 per il restante, fino a raggiungere i 135g/Km
entro il 2020, fatta salva la conferma della sua fattibilità nel 2013.
Insieme ai limiti sulle emissioni per le nuove auto adottati l’anno
scorso, la Commissione ritiene che la proposta di limitazione per
i furgoni sia un tassello importante delle iniziative intraprese per
la decarbonizzazione del settore dei trasporti prevista dalla strategia
“Europa 2020”.
La Presidenza spagnola aveva sostanzialmente ridotto il problema
a due questioni:
se l’obiettivo al 2020 fosse adeguato;
se i meccanismi di flessibilità e le sanzioni previsti nella proposta fossero
adeguati ad assicurare un bilanciamento tra la necessità di ridurre le
emissioni di CO2 e la fattibilità degli obiettivi previsti dal Regolamento.
In merito, la relazione della Presidenza afferma che c’è stato un
ampio sostegno sull’obiettivo a lungo termine, mentre le posizioni
si sono diversificate su tempi di riduzione e sulle sanzioni a carico
delle Case automobilistiche inadempienti che sarebbero, a giudizio
di alcune delegazioni, troppo elevate.
Da quanto affermato su EuropeanVoice.com a firma di Jennifer
Rankin risulterebbe che a contrastare l’obiettivo intermedio di riduzione del 13% delle emissioni di furgoni entro il 2016 rispetto
alle emissioni del 2007 (pari a 203g/Km) sono stati quattro Paesi:
Germania, Italia, Polonia e Regno Unito che hanno chiesto un rinvio
alla proposta.
A guidare le critiche, guarda un po’, sarebbe stata l’Italia che avrebbe
sostenuto che le limitate probabilità di miglioramento per ridurre le
emissioni dei veicoli commerciali da parte delle Case automobilistiche avrebbero bisogno di altri 3-4 anni per raggiungere l’obiettivo,
tanto che secondo Friends of Europe “l’Italia avrebbe ribadito la sua
opposizione all’obiettivo del 2020”.
Intervenendo nel dibattito, il Commissario per la Lotta ai Cambiamenti climatici, Connie Hedegaard, avrebbe ribadito che
l’obiettivo al 2014 è fattibile e che il progresso è stato finora molto
scarso e che l’industria automobilistica non fa alcuno sforzo per
ridurre le emissioni se non le viene imposto.
Osservando, poi, che il dibattito sui furgoni sta assomigliando a
quello verificatosi nel 2008 per le auto, ha dichiarato di non esser
stata sorpresa dagli inviti ad allungare i tempi.
Ha poi aggiunto che la Commissione UE valuterà quanto scaturito
dal dibattito, ma ha ammonito che “quanto più ritardo l’Unione
europea accumulerà in questo settore tante più accelerazioni dovrà
imprimere su altri per poter raggiungere gli obiettivi prefissati... dobbiamo essere realistici, ma non troppo esitanti”.
Ancora una volta, ci sembra, che l’Italia è pronta a proclami
ambientalmente rilevanti quantunque continuamente smentiti e
ridimensionati.
Il problema appare sia di ordine eminentemente “ottico” ovvero
si guarda all’ambiente e alle sue ricadute socio-economiche solo
dal punto di vista dei costi, e i costi, si sa, meglio spalmarli sulla
comunità piuttosto che caricarli su grandi, possibili finanziatori.
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QUANDO LA MORTE CORRE SU STRADA
L’OMS stima 1,2 milioni di decessi annui per incidenti stradali
a cura di Alberto Piastrellini
Malgrado l’aggravarsi di fenomeni metereologici estremi, causa di inondazioni,
smottamenti, frane; malgrado il rischio di
pandemie globali esca dalle pagine della
letteratura fantastica e dalle sceneggiature
dei disaster movies per turbare sonni e coscienze di politici e capi di Stato; malgrado
l’inquinamento e gli stili di vita poco virtuosi continuino ad essere causa di patologie
estremamente lesive, sono comunque gli
incidenti stradali ad avere il triste primato
della causa di morte, nel mondo, per le persone di età compresa fra i 5 e i 29 anni.
Imputati, ovviamente: moto e automezzi o,
più precisamente, i conducenti e le condizioni dei supporti stradali.
A dirlo è l’Organizzazione Mondiale
della Sanità, che nell’ultimo Rapporto
dedicato, squaderna cifre apocalittiche: 1,2
milioni di decessi l’anno e oltre 50.000.000 di feriti.
A farne le spese, ovviamente, i cosiddetti
“anelli deboli” della catena globale: giovani
e giovanissimi (soprattutto) e per di più abitanti di Paesi in via di sviluppo (quest’ultimo
dato è stimato nella cifra del 90%).
Se a livello locale, soprattutto nei Paesi
del Nord del mondo (Europa e Stati Uniti d’America), l’allarme era già scattato da
tempo e l’attenzione nei confronti di questa
problematica aveva già prodotto normative
e campagne di sensibilizzazione/informazione mirate alla riduzione del massacro,
l’OMS registra con preoccupazione il ritardo
e la disattenzione che perdurano proprio
in quei Paesi dove si registrano i dati più
allarmanti.
Dal punto di vista della veridicità statistica,
poi, il Rapporto va salutato come evento
eccezionale, infatti, per la prima volta si è
realizzato un computo basato sui dati standardizzati del 2008 raccolti in 178 Paesi.
L’OMS valuta con preoccupazione non solo
il numero dei decessi direttamente imputabili agli incidenti stradali, ma anche il fatto
che nel totale dei 50 milioni di feriti figurano persone che hanno riportato lesioni
permanenti.
A questo punto è facilmente intuibile come
il fenomeno degli incidenti stradali produca
non solo danni sociali a breve termine, ma
anche e soprattutto danni e costi che si
riversano nel lungo periodo e a fronte dei
quali spesso è la Sanità pubblica (quando
c’è) a sostenerne gli oneri.
Ovviamente, strategie d’uscita dalla situazione non mancano, a sentire le parole che
il Direttore del Dipartimento della Prevenzione della violenza e dei traumi, Etienne
Krug che ha rilasciato alla stampa in occasione della presentazione del Rapporto:
“Abbiamo un piano d’Azione – ha detto la
Dott.ssa Krug – e sappiamo quello che deve essere fatto per lottare contro gli incidenti
stradali”.
Il riferimento è alle tante campagne di comunicazione che vari Paesi hanno realizzato o sono
in procinto di approntare in materia di prevenzione e formazione degli automobilisti.
Tuttavia, negli uffici dell’OMS ci si chiede con
preoccupazione quanti Governi, soprattutto
quelli gravati da problemi sociali ed economici molto pressanti, avranno la forza di
destinare risorse finanziarie per la riduzione
degli incidenti stradali?
In effetti, è stato calcolato che solo intervenendo efficacemente nei Paesi in via di
sviluppo, ovverosia, applicando all’interno
degli stessi, le medesime strategie messe in
atto negli Stati Uniti d’America e nell’Europa unita, sarebbe possibile ridurre del 50%,
corrispondente a 5.000.000 di vite umane
(nel decennio a venire) il numero dei morti
causati da incidenti.
A questo punto, risulta evidente come
l’impegno dei Paesi più sviluppati ed industrializzati deve essere sempre più indirizzato
verso politiche di sostegno allo sviluppo
degli altri Paesi, affinché non vengano vanificate, globalmente, quelle stesse politiche
che nei Paesi del Nord del Mondo hanno
permesso, nel tempo, il conseguimento dello
sviluppo economico e di una aspettativa di
vita molto più ampia.
Ovviamente, riteniamo, che ciò debba valere
non solo per quanto riguarda la riduzione
degli incidenti stradali, oggetto principale
di questa riflessione, ma anche, per tutti gli
altri settori dell’economia e della società che
determinano degli effetti sull’intero sistema
Pianeta.
Si consideri, infatti, quale sia l’incidenza sul
livello di emissioni di gas climalteranti, dei
Paesi in via di sviluppo ai quali mancano le
possibilità di accesso a tecnologie più pulite e meno impattanti, pur nella invidiabile
posizione di detenere materie prime e ricchezze geologiche e minerarie contese dalla
minoranza dei Paesi più ricchi.
È mai possibile, ci chiediamo, che debbano essere sempre i più poveri a pagare per tutti?
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NUOVI STANDARD EPA PER I BIOCARBURANTI:
L’AMERICA APRE UNA NUOVA ERA
Mentre in Italia siamo fermi al palo, all’estero si fanno passi da gigante
a cura di Valentina Bellucci
Mentre all’estero, Ricerca & Sviluppo di nuove tecnologie vanno
anche nella direzione dei nuovi carburanti sostenibili di origine
organica, l’Italia, come spesso accade quando si guarda al settore
ambientale, rimane a guardare.
Perché non è ancora sviluppato l’utilizzo dei biocarburanti nel Bel
Paese?
Cerchiamo di scoprirlo insieme andando ad analizzare alcune
notizie che sono circolate nelle ultime settimane.
Innanzi tutto, qualche informazione: i biocarburanti sono prodotti di origine agricola in grado di sostituire i vettori tradizionali
(benzina e diesel). La loro origine naturale li rende più facilmente
riassorbibili dalla natura, e consente di ridurre del 70% le emissioni
di gas serra del trasporto privato e diminuire l’importazione di
petrolio dall’estero.
I biocarburanti sono quindi un’importante risorsa per il futuro
soprattutto in considerazione della minimizzazione degli impatti
antropici sull’ambiente e nell’ottica ulteriore di un sostegno al
comparto agricolo.
Ma il vantaggio del loro utilizzo non si esaurisce qui; si consideri,
inoltre, il potenziale impatto sui prezzi nel loro utilizzo che è stimato nell’ordine di 1-2 centesimi al litro alla pompa.
Le fonti da cui ricavare biocarburanti sono molteplici; la prima,
quella maggiormente utilizzata, è costituita dalle colture commestibili (mais, soia, girasole, bietole, patate ecc.), che, tuttavia,
per coprire il fabbisogno di carburante tradizionale abbisognano
di enormi produzioni con evidente consumo di suolo e di risorse
idriche. L’ultima scoperta in ordine di tempo è quella relativa alla
sintesi di biofuel dagli scarti di lievito della birra.
Una società produttrice della popolare bevanda a Chico (California), ha inventato un nuovo sistema di adeguamento della propria
fabbrica, che renderà gli scarti di birra un combustibile a base di
etanolo di alta qualità.
Ma i biocarburanti possono anche essere ricavati dalle alghe, dai
noccioli di olive e persino dai rifiuti.
Uno studio di poco tempo fa, da titolo: “I biocarburanti in Italia.
Opportunità e costi”, commissionato dall’Unione Petrolifera e
presentato da Nomisma Energia ha analizzato le peculiarità dei
biocarburanti cercando anche di evidenziare i problemi riscontrati
nel nostro Paese circa il loro scarso utilizzo.
Da questo studio si evince come consumi di biocarburanti attualmente contano per il 2,3% dei consumi mondiali di carburanti.
Nella migliore delle ipotesi al 2020 potranno arrivare a coprire il
6% del totale. Le esperienze di maggiore successo si sono attuate
in Brasile e Stati Uniti che insieme coprono circa il 92% della produzione mondiale di bioetanolo e l’11% di biodiesel. Tali risultati
sono stati raggiunti dal momento che in quei Paesi si sono verificate
condizioni particolarmente favorevoli all’implementazione di tali
esperienze, come forti eccedenze agricole da smaltire e politiche
di incentivazione pubbliche.
Negli Stati Uniti, nel 2008 circa un terzo della produzione di mais
(oltre 100 milioni di tonnellate) è stato destinato a produrre bioetanolo (il doppio rispetto al 2006).
In Europa, invece, si è proceduto in modo diverso rispetto a questi
Paesi, preferendo porre degli obiettivi di miscelazione che entro la fine del 2010 dovranno essere indicativamente del 5,75%.
Un valore che difficile sarà raggiunto anche se la Commissione
europea si è posta un obiettivo del 10% al 2020. Quel che è
certo è che si rende necessaria una più stretta collaborazione
con l’industria automobilistica in quanto l’evoluzione dei motori
ha imposto paramenti sempre più stringenti che limitano fortemente, a differenza del passato, la miscelazione con combustibili
diversi dagli idrocarburi.
In termini di costi economici associati al maggior consumo di
biocarburanti, appare oggi più conveniente l’utilizzo del biodiesel
rispetto al bioetanolo che presenta costi maggiori dal lato infrastrutturale. Il bioetanolo si renderà comunque necessario per
raggiungere obiettivi di miscelazione più alti.
Supponendo una miscelazione equilibrata tra i due biocarburanti, si
stima un impatto complessivo sui prezzi finali al 2020 intorno a 2
centesimi euro/litro. Ciò tiene conto degli investimenti (400 milioni
di euro tra il 2007 e il 2010), dei maggiori costi di produzione e
delle mancate entrate per l’Erario (pari a 119 milioni di euro per
il 2008, fino ai 492 milioni del 2020).
Il vantaggio ambientale, ovvero la riduzione delle emissioni di CO2,
tenendo conto dell’intero ciclo di vita dei biocarburanti, diviene
negativo nel caso di materia prima importata, come accaduto sino
ad oggi in Italia, ed un risparmio di emissioni si ha solo nel caso di
trasporto limitato dal posto di produzione delle biomasse. Il costo
evitato della CO2 da biocarburanti è stimato in 150-200 euro/
tonnellata rispetto a prezzi di mercato internazionale attualmente
intorno ai 25 euro. L’obiettivo di Kyoto è un traguardo importante
di cui bisogna tenere presente e anche i biocarburanti, in questo
senso, potrebbero svolgere un ruolo importante. Sino ad oggi i
biocarburanti sono stati prodotti da produzioni agricole alimentari. La necessità di non incidere sui prezzi delle materie prime
alimentari impone lo sviluppo di biocarburanti di seconda e terza
generazione attraverso l’utilizzo diretto di cellulosa delle piante o
il tessuto oleoso delle alghe.
La difficoltà dell’Italia sui biocarburanti consiste nell’aver messo in
piedi un sistema di regole molto articolato e complesso che non dà
molte garanzie di efficienza rispetto alle esperienze degli altri Paesi
europei che tuttavia faranno fatica a centrare l’obiettivo indicativo
del 5,75% per questo anno con le superfici disponibili.
Entro il 2010 infatti la Commissione Europea si era posta come
obiettivo quello di raggiungere appunto una miscelazione di benzina
e diesel con biocarburanti pari al 5,75%. Un target che tuttavia
si ritiene verrà spostato al 2015, per raggiungere l’obiettivo del
10% al 2020. Anche dal punto di vista della produzione, in Italia,
i problemi non mancano, a cominciare dai terreni necessari per
garantire le forniture: in Italia servirebbero oltre 2,1 milioni di
ettari di superficie coltivabile aggiuntiva rispetto a quella attuale,
a fronte di potenziale teorico di soli 0,6 milioni di ettari.
In Europa i numeri migliorano: si stima una copertura fino al
2010 del 50-55%, vale a dire solo 9 milioni di ettari sui 17
23
NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
necessari. Poi c’è il problema dei costi. Proprio la necessità di
non incidere sui prezzi impone uno sviluppo tecnologico verso
biocarburanti di seconda e terza generazione derivati dalla cellulosa e dalle alghe. Gli scienziati tedeschi hanno scoperto che
grazie al nuovo biolig, un nuovo processo per produrre a basso
costo biocarburanti,, si potrà risparmiare 0,50 €/L a partire dal
2012. Ma a monte di tutto, almeno per quanto concerne l’Italia,
c’è l’inadeguatezza delle regole che creano incertezze negli investimenti. Il meccanismo dei certificati introdotti nel 2007 con
le Direttive europee e non ancora funzionante a metà 2008, fa
capo al Ministero della Politiche Agricole e a quello dello Sviluppo
economico (per le sanzioni), e a quello dell’Economia (per i contingenti defiscalizzati); un frazionamento che burocratizza e rallenta
il processo. Quello che è certo è che mentre nel mondo gli
investimenti in produzione di biofuel stanno diventando sempre
più consistenti, in Italia siamo immobili.
All’estero si sperimenta e si cerca di superare anche i problemi
derivanti dall’aumento dei prezzi delle materie prime alimentari, che
taluni sostengono essere stati parte di una campagna diffamatoria.
Quattro associazioni ambientaliste (ClientEarth, Transport and Environment, The European enviromental bureau e BirdLife International)
hanno accusato, infatti, la Commissione Europea di nascondere
alcuni documenti che dimostrerebbero l’esistenza di forti implicazioni negative, dal punto di vista ambientale ed economico, dell’uso
dei biofuel. Gli ambientalisti hanno cosi depositato pochi giorni fa
un ricorso davanti alla Corte di Giustizia europea del Lussemburgo
in quanto non avevano ricevuto l’accesso a tutti i documenti in
tempi legali. Secondo il portavoce della Commissione, Mark Gray,
quei documenti assommavano a 8.844 pagine e l’esecutivo stava
valutando se consegnare il resto.
Gray, inoltre, considera prematura l’azione della Corte. Gli attivisti
continuano la loro battaglia, visto che secondo loro, c’era già stato
un precedente. Sul banco degli imputati c’è l’obiettivo comunitario
di sostituire il 10% dei combustibili fossili con biocarburanti entro
il 2020. Obiettivo attaccato con forza dai petrolieri.
In Italia, dunque, siamo fermi al palo mentre in America si cammina
spediti e si fanno passi da gigante. Il 3 febbraio l’Environmental
protection agency Usa (Epa) ha presentato la revisione del
National renewable fuel standard program (Rfs). “Questo regolamento apporta modifiche al renewable fuel standard program - spiega
una nota dell’Epa - come richiesto dall’Energy independence and
security act (Eisa) del 2007. I requisiti di legge rivisti stabiliscono
nuovi standard specifici del volume annuo per biocarburanti cellulosici,
diesel basati sulle biomasse, biocombustibile avanzati e il totale di
combustibile rinnovabile che deve essere utilizzato nei carburanti per
autotrazione. I nuovi standard includono anche nuove definizioni e
criteri sia per i carburanti rinnovabili che per le materie prime utilizzate per la loro produzione, comprese le nuove soglie di emissioni di
gas serra, così come determinate mediante l’analisi del ciclo di vita.
I requisiti normativi per il Rfs si applicano ai produttori nazionali ed
esteri ed agli importatori di combustibili rinnovabili utilizzati negli Usa”.
I nuovi standard dell’Epa si occupano quindi dell’intera catena di
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produzione-distribuzione dei biocarburanti, ma si estendono anche
alla controversa tecnica del carbon capture and storage (Ccs).
L’Epa vuole così gettare le basi per realizzare una significativa riduzione delle emissioni di gas serra causate dai combustibili fossili,
diminuire le importazioni di petrolio e sviluppare ulteriormente
il settore dei carburanti rinnovabili. L’Agenzia ambientale Usa ha
anche definito il 2010 Rfs volume standard dei biocarburanti, portandolo a 12,95 miliardi di galloni. Inoltre, per la prima volta, ha
fissato standard quantitativi per specifiche categorie di combustibili
rinnovabili, comprese quelli a base cellulosica (6,5 milioni di galloni),
diesel a base di biomasse (1,15 miliardi di galloni per il 2009/2010),
biocombustibili avanzati. Per beneficiare di queste nuove misure i
biocarburanti devono dimostrare di rispettare determinati criteri
minimi di riduzione dei gas serra, basati su una valutazione del ciclo
di vita e in confronto ai carburanti petroliferi che sostituiscono.
I nuovi standard dell’Epa si basano su: nuovi dati scientifici significativi a disposizione dell’Agenzia, peer review rigorosa ed
indipendente ed una estesa raccolta di osservazioni pubbliche.
Per rispettare gli standard di riduzione di gas serra i biocarburanti
devono soddisfare alcuni requisiti minimi e rientrare in alcune
categorie: biodiesel prodotto a partire dal grasso da rifiuti, olio e
grassi; etanolo a base di canna da zucchero. I combustibili derivati
da materiali cellulosici generalmente superano già in modo significativo gli standard minimi di riduzione dei gas serra; gli impianti
basati sull’etanolo da mais devono utilizzare nuove tecnologie di
efficienza energetica, biodiesel a base di soia.
Per quanto riguarda la revisione annuale dei fuelstandards (Rfs2)
che applica le modifiche necessarie al programma come stabilito
nell’Eisa, presenta modifiche di notevole portata. «In primo luogo
nell’Rfs2 il volume delle richieste di combustibile rinnovabile aumenta, raggiungendo il 36 miliardi di galloni entro il 2022», circa il
7% del consumo annuale di benzina e diesel previsto e con una
diminuzione delle importazioni di petrolio per 41,5 miliardi dollari
e benefici supplementari in termini di sicurezza energetica di energia pari a 2,6 miliardi di dollari ed una diminuzione dei costi della
benzina di 2,4 centesimi al gallone e del diesel di 12,1 centesimi.
L’Energy independence and security act ha esteso il programma Rfs
oltre la sola benzina per coprire tutti i tipi di combustibili utilizzati
per i trasporti ed ora include la benzina e il diesel per auto ed
altri veicoli, motori non stradali, locomotive e motori marini. Per il
2010, l’Eisa fissa il renewable fuel standard totale a 12,95 miliardi
di galloni ed impone che una percentuale del volume della benzina
o del gasolio raffinati importati sia da combustibili rinnovabili.
L’Eisa sta puntando concretamente allo sviluppo dei carburanti
cellulosici che potrebbero risolvere il problema dalla dipendenza
da coltivazioni alimentari come il mais. Per quanto riguarda la
conformità con gli standard di riduzione di gas serra l’Epa ha
fornito alcune indicazioni precise: L’etanolo prodotto a partire dal
mais, con le nuove potenzialità di utilizzo del gas naturale e delle
più avanzate ed efficienti tecnologie, potrà più facilmente essere
prodotto rispettando una riduzione del 20% dei gas serra; il biobutanolo da amido di mais è conforme al limite del 20%; l’etanolo
da canna da zucchero è conforme ai vigenti limiti del 50% di
riduzione dei gas serra per l’advanced fuel category; il biodiesel da
olio di soia e il gasolio rinnovabile da oli usati e grassi é conforme
al limite del 50% di gas serra per la biomass-based diesel category;
il diesel prodotto a partire da oli di alghe è conforme al 50% della
soglia dei gas serra per la biomass-based diesel category; l’etanolo
cellulosico e I diesel cellulosici sono conformi al 60% di riduzione
dei gas serra applicabile ai cellulosic biofuels.
Entro il 2022 l’uso massiccio di biocombustibili dovrebbe ridurre le
emissioni di gas serra Usa di 138 milioni di tonnellate, equivalenti
all’eliminazione di 27 milioni di veicoli dalle strade. Però, secondo
i dati Epa, il maggiore uso di biocarburanti avrà un impatto per
alcune emissioni: «Idrocarburi, ossidi di azoto (NOx), acetaldeide ed
etanolo dovrebbero aumentare ed altri, come il monossido di carbonio (CO) e benzene dovrebbe diminuire. Tuttavia, l’impatto di queste
emissioni sui criteri degli inquinanti atmosferici sono molto variabili
da regione a regione».
La crescita dei biocombustibili dovrebbe portare entro il 2022
ad un’espansione della produzione di mais e soia negli Usa ed
all’apertura di nuovi mercati per gli advanced biofuels.
Se l’Italia riuscisse a fare pianificazioni simili, si risolverebbero molti
problemi e chissà riusciremmo a migliorare numerosi aspetti e
anche il clima ne potrebbe beneficiare.
L’ unico spiraglio di luce è arrivato infatti dall’italianissimo Gruppo
M&G Mossi e Ghisolfi, il gruppo chimico secondo produttore al
mondo di PET, che ha annunciato la costruzione entro la fine del
2010 in Italia di un impianto semi-industriale per la produzione
di bioetanolo di seconda generazione, che sarà alimentato da
biomasse agro-energetiche. Il Gruppo M&G lo ha annunciato in
occasione del convegno internazionale “Etanolo di seconda generazione: una realtà possibile”, organizzato a Milano in collaborazione
con la GBEP, Global Bionergy Partnership. Ma quali sono
le differenze tra i biocarburanti di prima e seconda generazione?
Rispetto ai biocarburanti di prima generazione, che sono generati
da materie prime agroalimentari., i biocarburanti di seconda
generazione vengono ricavati da materie prime non alimentari
e con uno scarso impatto sull’utilizzo del fattore terra (alghe,
biomasse ecc). Il bioetanolo è un carburante simile alla benzina
e prodotto da vegetali come la canna da zucchero o il mais, che
ha un impatto di circa il 30% in meno di emissioni di gas serra
rispetto alla rispettiva quantità di benzina tradizionale. Inoltre la
seconda generazione permette di eliminare problematiche legate
alla prima generazione che vanno dalle perdite di energia al netto
delle emissioni di gas serra, ad un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. “La tecnologia di seconda generazione – affermano
dall’M&G - permette la produzione di bioetanolo da biomassa lignocellulosica, evitando quindi l’utilizzo di colture destinate anche a fini
alimentari e consentendo benefici in termini di riduzione di emissioni
di gas ad effetto serra nell’ordine di oltre l’80%”. Le biomasse lignocellulosiche che saranno utilizzate nel progetto del Gruppo sono
quindi a tutti gli effetti biocarburanti di seconda generazione. Non
impattano sulla filiera alimentare e non influenzano eccessivamente
la destinazione del fattore terra da parte delle aziende agroalimentari. Per il resto, anche i biocarburanti di seconda generazione
conservano il vantaggio ambientale in termini di minore emissione
dei gas serra rispetto ai carburanti tradizionali a combustione fossile. A confermare la validità e l’importanza del progetto di ricerca
sull’etanolo da biomassa sono giunte le approvazioni da parte delle
istituzioni nazionali ed europee. Il programma (Pro.E.Sa.) è stato
infatti selezionato come titolare del più grande progetto di ricerca
italiano sul tema del bioetanolo da lignocellulosico nell’ambito del
Programma Quadro della Comunità Europea e uno dei più grandi
di Industria 2015. Una strategia di innovazione aziendale, quella del
Gruppo M&G Mossi e Ghisolfi, che è perfettamente in sintonia
con gli obiettivi prefissati dal pacchetto energia-clima approvato
dal Parlamento Europeo lo scorso dicembre. I biocombustibili
possono infatti svolgere un ruolo di primaria importanza per far
fronte alla crescente domanda globale di energia.
Nel frattempo, proprio mentre questo numero del Notiziario stava
per essere chiuso in Redazione, sulle pagine del noto quotidiano
ambientale on-line, Greenreport, è apparsa la notizia che l’Epa e
il Dipartimento dei Trasporti USA, hanno approvato, in data 1°
aprile due importanti standard combinati (riferiti agli anni 2012
e 2016) aventi come indirizzi di intervento il Global Warming e il
risparmio di carburante per autotrazione.
Le nuove norme prevedono uno consumo di carburante di un
“gallone” per 35,5 miglia e una riduzione delle emissioni di CO2
pari a 250 g/Km.
In questo modo si stima che il guadagno di efficienza per le auto
vendute sarà pari ad un risparmio di 1,8 miliardi di barili di petrolio estratti.
“Queste norme sono un grande slam”, ha commentato Michael
Brune, direttore esecutivo di Sierra Club, l’organizzazione che solo
poche settimane prima aveva espresso forti critiche all’Amministrazione Obama per aver concesso ai petrolieri il permesso di
attingere da nuove perforazioni offshore nei mari protetti dell’Alaska
e dell’Atlantico.
“Miliardi di dollari di risparmio alla pompa per i consumatori, - ha
continuato - una riduzione enorme del consumo di petrolio, significativi tagli all’inquinamento, e questo aiuterà l’industria automobilistica
nazionale a diventare più sostenibile”.
“Le nuove norme sulle emissioni, promulgate grazie al Clean Air Act –
ha proseguito il Dirigente di Sierra Club – dimostrano la forza della
legge per stimolare l’innovazione, la crescita del combustibile economico,
per proteggere la nostra aria, per rendere l’America energeticamente
indipendente e per combattere il riscaldamento globale”.
E in Italia, ancora, manca un Piano Energetico Nazionale ed una
apposita exit strategy per affrancarsi dai combustibili fossili. Se si
riuscisse a dare un po’ di continuità e molta concretezza a progetti
validi, forse ci si accorgerebbe di come non è mai troppo tardi per
non perdere certi treni…
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
EMERGENZA RIFIUTI: SI CERCANO NUOVE
STRADE PER ARGINARE IL PROBLEMA
L’UE vuole più controlli sui trasporti dei rifiuti ma non ci sono ancora le giuste stutture
a cura di Valentina Bellucci
La Commissione Europea ha pubblicato il 1° febbraio
2010 uno Studio commissionato a Milieu Ltd, AmbienteDura
e FFACT, inteso a verificare la possibilità di ipotizzare, a livello
Comunitario, “l’istituzione di un organismo europeo specifico
incaricato di sorvegliare l’attuazione e l’applicazione della normativa UE sui rifiuti”.
L’iniziativa è solo una delle tante che, a livello UE si stanno
perseguendo per risolvere le complesse dinamiche legate alla
cattiva gestione dei rifiuti, la cui produzione europea si aggira
attorno ai 2,6 milioni di tonnellate, 90 milioni delle quali, circa,
sono classificate come “rifiuti pericolosi”.
Né la mole della produzione sembra essere l’unico problema
da risolvere, dal momento che, pur nella civilissima Europa,
l’empia pratica dello smaltimento illegale appare ancora ampiamente utilizzata, soprattutto in Italia.
Nello specifico del settore dell’autodemolizione, ad esempio,
l’UE ha pubblicato nei mesi scorsi la seconda relazione che
fa il punto sullo stato di attuazione della Direttiva 2000/53/
CE, prendendo in esame il triennio 2005-2008 (la precedente
COM/2007/0618 prendeva in esame il periodo 2002-2005).
Ebbene, come la prima, anche quest’ultima presenta una fotografia in chiaroscuro, evidenziando che: “Alcune disposizioni
della direttiva non sono state ancora recepite completamente
o correttamente, come dimostra il numero di procedimenti d’infrazione”.
(Ndr: per maggiori informazioni sulla Relazione specifica, si veda
l’art. Pubblicato a pag 5 del numero di Marzo del Notiziario)
Negli ultimi anni, il problema dei rifiuti e della loro corretta destinazione si è aggravato notevolmente con l’aumento
della produzione e dei trasferimenti dei rifiuti nell’Unione
allargata, al punto che, già nel 2008 il Parlamento Europeo
aveva adottato una risoluzione che invitava la Commissione
a riferire sulla fattibilità della creazione di una “forza ispettiva
ambientale comunitaria”. Nello Studio di cui sopra, si legge
che “le attuali carenze nell’attuazione e nell’applicazione della
normativa sono all’origine dello scarico illegale di rifiuti praticato
su larga scala e del gran numero di discariche e di altri siti e infrastrutture che non rispettano le norme Ue. In alcuni stati membri
le infrastrutture per il trattamento dei rifiuti sono inadeguate o
inesistenti. L’elevato numero di casi di spedizioni illegali di rifiuti
suscita inoltre preoccupazione crescente”.
“Lo scarico illegale di rifiuti continua ad essere una pratica diffusa - sottolinea la Commissione - numerose discariche non
soddisfano le norme e in alcuni Stati membri mancano ancora le
infrastrutture di base per il trattamento dei rifiuti. Le spedizioni
illegali rappresentano un’altra fonte di preoccupazione”.
L’allora Commissario Europeo per l’Ambiente Stavros Dimas
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(ora sostituiro da Janez Potočnic) ha commentato sottolineando che “il rispetto della normativa Ue è fondamentale se
vogliamo conseguire l’obiettivo principale della legislazione sui
rifiuti, ossia proteggere la salute dei cittadini europei e preservare
l’ambiente. Dobbiamo esaminare tutte le possibilità, compresa
l’istituzione di un’agenzia o di un organismo a livello europeo che
consentirebbe ai cittadini, all’ambiente e all’economia dell’Unione
Europea di trarre i massimi benefici dalla normativa UE”.
Il documento della Commissione spiega che l’Agenzia proposta dovrebbe svolgere diversi compiti: “Esami dei sistemi di
applicazione delle norme negli stati membri, controlli coordinati
e attività di ispezione. Ad essa sarebbe associato uno specifico
organismo europeo responsabile delle ispezioni e dei controlli
diretti di infrastrutture e siti in casi di inadempienza grave. Una
rete europea di Stati membri sosterrebbe l’agenzia di una serie di
attività. Le raccomandazioni sono basate sulle risposte fornite da
funzionari degli Stati membri e da soggetti interessati in questionari e nel corso di colloqui e seminari informali. Il costo annuale
è stimato di poco superiore ai 16 milioni di euro. Oltre ad altri
benefici derivanti dal trattamento dei rifiuti, la piena attuazione
della legislazione Ue sui rifiuti ridurrebbe la emissioni di gas a
effetto serra, compreso il metano prodotto dalle discariche, di
quasi 200 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, con un risparmio
annuo di 2,5 miliardi di euro al prezzo attuale del carbonio di
circa 13 EUR/ tonnellata.
Un rafforzamento dell’attuazione della normativa produrrebbe altri benefici economici significativi, quali eque condizioni di
concorrenza per le imprese europee, migliori opportunità per
l’innovazione e un accesso più agevole a preziose materie prime
secondarie. Un’analisi approfondita dei costi e benefici verrà
effettuata quest’anno e fasi successive potranno essere proposte
nel corso del 2011”.
La Commissione Europea ha individuato nella mancanza di
ispezioni e di controlli sul posto due fattori importanti e
ha cercato di dare una risposta a questa preoccupante situazione sostenendo una serie di ispezioni coordinate , controlli
sul posto e controlli di spedizioni dei rifiuti negli stati membri
in collaborazione con Impel (The European Union Network for
the Implementation and Enforcement of Environmental Law),
la rete UE di funzionari delle amministrazioni competenti in
materia di ambiente negli Stati membri.
Inoltre è state resa nota una Relazione congiunta da cui si
evince che “sono state effettuate oltre 10.000 ispezioni su trasporti e svariate in imprese. In totale hanno partecipato alle azioni
congiunte di controllo dell’applicazione 22 stati membri e molti
paesi confinanti. Nel 19% dei casi di trasporti contenenti rifiuti gli
ispettori hanno riscontrato che le spedizioni erano illegali.
La maggior parte dei casi riguardava esportazioni illegali dai
paesi dell’UE verso l’Africa e l’Asia in violazione del divieto di
esportazione dei rifiuti pericolosi o degli obblighi di informazione
per l’esportazione di rifiuti “verdi” non pericolosi.
La rete IMPEL continua ad effettuare ispezioni congiunte di spedizioni di rifiuti e intende estenderle a tutti gli Stati membri. La
Commissione ha inoltre affrontato il problema proponendo il rafforzamento della normativa. La revisione proposta della direttiva
sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)
comprende norme aggiuntive intese ad evitare le spedizioni illegali
di rifiuti elettrici ed elettronici, soprattutto quando sono falsamente
dichiarati come prodotti usati. La Commissione sta inoltre valutando la fattibilità di rafforzare i requisiti in materia di ispezioni
nell’ambito della normativa UE sulle spedizioni di rifiuti”.
Il problema dei rifiuti è serio e necessita di una soluzione a
breve termine. In Italia, ad esempio, non si è ancora trovata una
linea che sia da guida per un intero Paese. Ci sono luoghi che
rischiano di essere letteralmente sommersi dai rifiuti (Napoli
docet) e ce ne sono altri perennemente a rischio.
L’introduzione del sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI),
rappresenta un notevole passo avanti in questo senso, ma sta
già trovando, a pochissimi giorni dalla sua introduzione, vari
ostacoli da parte degli operatori obbligati ad iscriversi.
Dunque: servono controlli, si richiede tracciabilità anche al
fine di evitare traffici illeciti che inquinerebbero non solo
l’ambiente ma anche il mercato, ma poi, nei fatti, nessuno
vuole sentirsi controllato.
Maggiore controllo e ispezioni severe potrebbero por tare
più rigore e beneficio in Italia e negli altri Stati membri, ma
occorre, la collaborazione di tutti.
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
RICICLARE PNEUMATICI?
UN GIOCO DA BAMBINI!
A Tokyo, da settembre 2009 ha aperto i battenti il primo parco pubblico
cittadino in cui arredi e attrazioni sono realizzati con pneumatici dismessi.
a cura di Alberto Piastrellini
Accade sempre di più che riciclo e riutilizzo
siano associati ad attività ludico-didattiche
pensate per informare e formare i cittadini
di domani.
Del resto non è difficile immaginare come proprio dai bambini arrivino i risultati
migliori in termini di apprendimento laddove, viceversa, gli adulti, a causa di nozioni
e comportamenti acquisiti faticano a rimettere in discussione norme comportamentali
e civiche date per scontate.
Né sarà sfuggito all’attenzione dei più come,
negli ultimi anni, notizie futili quali sfilate di
moda con vestiti ottenuti da materiali di
scarto abbiamo guadagnato le prime pagine
dei quotidiani, mentre la cosiddetta Trash Art
si è via via affrancata dalle provocazioni dei
ghetti sub-urbani di venti e più anni fa per
assurgere alle celebrazioni dei vernissages.
É con un pizzico di sfacciata ironia, pertanto,
che gli amministratori della città di Tokyo
(oltre 8.000.000 di abitanti con una densità
media che supera le 5.800 persone per
Km2) devono aver pensato ad una precisa
tipologia di rifiuto quando hanno deciso
di realizzare un parco pubblico a tema: gli
pneumatici.
Una tipologia di rifiuto piuttosto complicata
da gestire e che presenta caratteristiche
intrinseche tali da rendere impossibile il
recupero delle sue componenti a meno di
non ricorrere alla valorizzazione energetica,
all’utilizzo del granulato nei manti stradali
di nuova concezione o allo stoccaggio in
discarica.
Invece, a Tokyo, per la prima volta nel mondo, si è data “dignità” ai pneumatici esausti
destinandone una cospicua parte ad un’attività che altrove, da sempre riscontra il
favore dei più piccoli: il gioco.
Chi, infatti, non ha mai utilizzato, in campagna, così come in periferia, vecchi
copertoni abbandonati o pneumatici interi,
per giochi o intrattenimenti ludici?
Ebbene, mercè un po’ di fantasia, e qualche
doveroso accorgimento per garantire la
sicurezza e la salute dei piccoli portatori
di interesse ed ecco nato il Tire Park,
all’interno del Nishi Rokugo Koe, un tipico
giardinetto pubblico di periferia.
Mettiamo subito le mani avanti, non si tratta
della declinazione post-moderna del tipico
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giardino tradizionale giapponese con alberi
modellati, pietre decorative, ponticelli, lanterne e profusione di ciliegi; in questo caso
il contesto urbano e la tipicità dei materiali
utilizzati ha imposto un disegno molto più
ingenuo e pop nella sua ideazione.
Infatti su un letto di sabbia ecco spuntare
sculture gigantesche che rimandano all’immaginario fantasy anime o di certo cinema
d’antan (Godzilla e Anguilas dei vecchi film
giapponesi; il robot Robby de “Il pianeta proibito”) e, tra queste, castelli, scivoli, tunnel,
altalene, giostre, ponti sospesi e tutto l’armamentario tipico di un parco giochi.
Il tutto realizzato con oltre 3.000 pneumatici tolti alle discariche e “resuscitati” a vita
nuova per la gioia di grandi e piccini.
Certo, va detto che l’iniziativa dell’amministrazione di Tokyo, per quanto meritoria
e gradevole dal punto di vista della co-
municazione, non offre il vantaggio della
risoluzione di un problema annoso, quello
del riciclo di PFU, soprattutto commisurato
al potenziale di produzione di una megalopoli che nel suo complesso arriva a contare
oltre 26 milioni di abitanti!
Né, la possibile replica dell’allestimento influirà in termini apprezzabili sul quantitativo
di PFU tolti alle discariche o ai cementifici;
tuttavia si apprezza sicuramente il messaggio sotteso: giocare al riciclo per crescere nel
rispetto dell’ambiente.
E in Italia?
Ancora si attende il Decreto Legislativo
che dovrebbe istituire una filiera nazionale
di gestione dei PFU, malgrado da tempo
siano note le disponibilità di Aziende ed
Imprese.
I pneumatici esausti, quando va bene finiscono come vettore ad alto gradiente
termico negli altoforni per la produzione
di cemento oppure nei trituratori per la
preparazione di granulato da avviare a
produzioni quali stampaggio di materiale
isolante o particolari pavimentazioni.
Quando va male, invece, si bruciano nei
terreni incolti o si abbandonano lungo il
corso dei fiumi (ma la natura impiega più
di 100 anni per smaltirne uno e neanche
tanto completamente...).
Così, mentre in Giappone si impara sin da
piccoli il valore del riciclo e del riutilizzo,
da noi si trasmettono altri valori: quello di
arrangiarsi, quello di dilazionare le responsabilità nel tempo, quello della proroga e
del “chi vivrà, vedrà” con buona pace dei
nostri piccoli che veramente, un domani,
potrebbero giocare fra i rifiuti.
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
Caro carburanti
CONSUMATORI E IMPRESE CONTRO
IL CARTELLO DEI PETROLIERI
Dopo l’impennata del week end di Pasqua il Governo ipotizza la via del Decreto Legge
di Alberto Piastrellini
Una gran brutta sorpresa nell’uovo di Pasqua hanno trovato gli
italiani quest’anno!
Dopo la tregua di un anno sul prezzo dei carburanti alla pompa,
con una puntualità che rasenta la beffa, proprio mentre stava per
“decollare” il week end pasquale, sono iniziati a risalire i prezzi di
benzina e diesel per un aumento al pieno che supera i 10 euro al
confronto con lo stesso periodo dello scorso anno.
Pronta la levata di scudi da parte delle Associazioni di consumatori
(Adusbef e Fecerconsumatori) che hanno evidenziato la discrepanza
fra l’aumentato prezzo del carburante alla pompa e il prezzo del
petrolio (che sostanzialmente è rimasto invariato da gennaio).
Sul banco degli imputati l’Unione Petrolifera accusata di speculare
sulle tasche dei cittadini, che ha preventivamente risposto stigmatizzando come “palesemente infondate e finalizzate esclusivamente
ad un facile consenso dell’opinione pubblica soprattutto nell’imminenza
di periodi festivi” le accuse rivoltele.
Intanto, sul fronte istituzionale, dopo la pausa elettorale s’è riaperto
il dibattito sulle “liberalizzazioni” da varare nei prossimi mesi e una,
guarda caso, riguarda proprio la ristrutturazione della rete dei
carburanti che giace da tempo in un limbo molto comodo per
alcuni e molto poco per altri.
Ebbene, proprio l’emergenza rincari delle ultime settimane ha
offerto l’occasione al Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo
Economico con delega all’Energia, Stefano Saglia, per ipotizzare
il ricorso ad un apposito Decreto Legge
“L’obiettivo del Governo - ha dichiarato Saglia - è di azzerare entro
la fine della legislatura lo stacco speculativo sul prezzo industriale
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della benzina esistente tra l’Italia e la media dei Paesi dell’Unione
europea”.
In questo senso, ha proseguito affermando che: “La riforma, dunque,
intende armonizzare gli interessi delle imprese e dei consumatori
rilanciando il tema delle liberalizzazioni. I prezzi potranno scendere
anche incrementando self e iperself fino all’80%”.
In effetti è da tempo che con i petrolieri il Governo è impegnato
in attività di consultazione e confronti informali che, tuttavia, non
hanno superato il “mistero” della maggior velocità con la quale
salgono i prezzi dei carburanti alla pompa, rispetto alla velocità
della loro discesa, al variare delle quotazioni del barile.
“Lo stacco speculativo - continua Saglia - è strutturale. Occorre tempo
però affinché una riforma dia i propri effetti. Il Governo quindi sta
lavorando con tutte le categorie
interessate e terrà presenti anche le indicazioni che sono state date
dalle Associazioni dei consumatori”.
E tuttavia la strada del Decreto Legge non è così diritta e semplice come si vorrebbe, al punto che lo stesso Sottosegretario
ha dovuto chiarire in merito: “Occorre una riforma per superare il
divario del prezzo della benzina tra Italia e i Paesi UE. Quale sarà lo
strumento per la riforma si deciderà successivamente. Non abbiamo
mai escluso la possibilità di un Decreto Legge che finora non è stato
possibile assumere anche perché è necessario discuterne con i neoeletti
Presidenti delle Regioni”.
A questo punto la “palla” passa passa di nuovo al centro; consumatori e piccole imprese, dalla curva, fanno il tifo per la “rete”
risolutiva.
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N. 4 APRILE 2010 - ANNO VI