Progetto Igea
Studio di Ricerca sulla Qualità della Vita
delle persone stomizzate in Italia
F.A.I.S. onlus
Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati
con la collaborazione di A.I.O.S.S.
Associazione Italiana Operatori Sanitari Stomaterapia
Con il supporto di Hollister S.p.A. Italia
Progetto Igea
Studio di Ricerca sulla Qualità della Vita:
risultati e riflessioni
Italia, 2010-2011
A cura di
Giuseppe Sciacca
Presidente F.A.I.S. onlus
Fernando Vitale
Presidente Onorario F.A.I.S. onlus
Roberto Aloesio
Segretario Nazionale F.A.I.S. onlus
Gabriele Rastelli
Presidente A.I.O.S.S.
Carla Saracco
Responsabile del Comitato Educativo A.I.O.S.S.
F.A.I.S. onlus
Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati
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Progetto Igea
La salute è un diritto inalienabile
Giuseppe Sciacca
Presidente FAIS-Onlus
Per una società in continua evoluzione, il miglioramento della qualità di vita del cittadino è percepito
non solo come dovere etico ma anche sociale.
Lo stomizzato, che una volta era abbandonato a se stesso, oggi, con una appropriata riabilitazione è
messo nelle condizioni di poter riacquistare una dignitosa qualità della vita, un pieno reinserimento sociale e tornare ad essere un cittadino attivo.
Purtroppo in quest'ultimo decennio continui tagli della spesa sanitaria a livello nazionale, hanno rimesso
in discussione il miglioramento della qualità della vita raggiunto faticosamente nel corso degli anni precedenti.
Per sopperire a questi pericoli, l'obiettivo della FAIS è quello di rappresentare gratuitamente di fronte
alle Istituzioni e agli Organi competenti, il paziente nella sua globalità e di difenderne i diritti quale cittadino portatore di necessità particolari relative alla salute.
A tal fine, tra le varie iniziative, ricordo che la FAIS, negli anni recenti, ha intrapreso un'azione legale
giungendo sino al Consiglio di Stato per difendere un diritto inalienabile quale la LIBERA SCELTA dei dispositivi medici.
La FAIS, sempre a sostegno delle persone stomizzate, ha dato vita a vari progetti mirati:
• progetto Diamante: per la promozione di delibere regionali che definiscano i livelli di assistenza per
le persone stomizzate e per l’istituzione di centri per la cura della stomia in ogni ASL;
• progetto Faro: formazione di rappresentanti regionali per relazionarsi in modo adeguato con le
Istituzioni;
• progetto Aristotele: per l’aggiornamento medico-legale degli operatori sanitari stomaterapisti e
medici;
• progetto Simona (campagna televisiva di promozione sociale): spot della FAIS andato in onda sulle
reti Rai, Mediaset e Satellitari;
• progetto Recitare se stessi: corso di teatroterapia per il miglioramento della vita dei portatori
di stomia;
• progetto Visiting Program: corso di formazione al ruolo di “visitatore” di persone stomizzate.
Inoltre la FAIS, insieme all'AIOSS (Associazione Italiana degli Operatori Sanitari in Stomaterapia), nel
corso del 2010-2011, ha dato vita ad uno studio, statisticamente e scientificamente rigoroso, denominato
Progetto Igea, che consente una visione puntuale e aggiornata sul grado di soddisfazione di qualità
della vita della persona stomizzata e sulle aree di criticità che più la condizionano.
La realizzazione del progetto, che nella sua specificità risulta essere il primo in Italia, fornirà agli operatori
sanitari, dedicati alla stomaterapia, elementi imprescindibili per una riabilitazione più mirata.
Fornirà inoltre uno strumento scientifico tale da consentire alla FAIS di confrontarsi, in maniera strutturata
e documentata, con le Istituzioni Nazionali, con le diverse Autorità sanitarie territoriali e con le altre associazioni europee sulle necessità specifiche dei portatori di stomia.
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Progetto Igea
Per la partecipazione al progetto abbiamo richiesto alle persone stomizzate la compilazione di un
questionario anonimo composto da 120 domande; questionario che è stato fatto pervenire agli
interessati attraverso la nostra rivista Ritrovarci con una lettera d'accompagnamento ed una busta
preaffrancata per la restituzione.
Nell’esprimere tutta la mia soddisfazione per l’eccellente risultato, desidero ringraziare in modo particolare
le persone stomizzate che hanno risposto al questionario e quanti hanno creduto nel progetto e contribuito alla sua realizzazione.
Come presidente concludo sottolineando l'importanza della mission della FAIS che la vede costantemente
impegnata a diffondere e promuovere la cultura della stomia, affinchè la persona stomizzata rimanga
sempre al centro dell'attenzione.
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Progetto Igea
L’indagine si è conclusa:
ora cominciano i lavori
Fernando Vitale
Presidente Onorario F.A.I.S. onlus
Circa due anni fa, l’idea di dare avvio in Italia ad uno studio di ricerca sulla qualità della vita delle persone
che hanno una stomia, in cui la FAIS sarebbe stato uno dei soggetti protagonisti per la sua concretizzazione, poteva essere percepita come un’iniziativa molto difficile da realizzare, e perché no, un’attività
parecchio diversa da quelle usualmente esercitate fino ad allora dalla nostra Associazione.
L’idea era comunque entusiasmante e, a seguito dei ragionamenti fatti sul valore intrinseco dei risultati:
possibilità di conoscere gli standard della qualità di vita di coloro che hanno una stomia ed i fattori che
possono aver contribuito o limitato il loro raggiungimento, si è deciso che era una “avventura” da prendere in considerazione.
Altro aspetto di stimolo alla decisione intrapresa deriva dalla considerazione che il benessere e la qualità
della vita delle persone stomizzate è per la FAIS un obiettivo morale e sociale da perseguire e tutte le
azioni, che possono costituire elemento che concorre al suo raggiungimento, vanno sicuramente ponderate in termini di fattibilità e affrontate.
E così si è dato avvio alla progettualità ed alle azioni per la realizzazione di un risultato che desse garanzie
da un punto di vista della validità statistica e del rigore metodologico di conduzione dello studio, lavoro
che per essere concretizzato ha previsto la collaborazione tra diversi soggetti:
• il prof. Thom R. Nichols, statistico responsabile del Servizio di Ricerca Clinica presso Hollister Inc.,
per la redazione del questionario e il consolidamento dei dati risultanti dai questionari;
• l’Associazione Italiana degli Operatori Sanitari in Stomaterapia che, attraverso i propri associati, ha
contribuito alla sensibilizzazione dei destinatari dello studio, affinchè aderissero all’iniziativa ed ha
perfezionato l’analisi dei dati consolidati in una prospettiva volta ad indicare i punti forti e i punti
deboli in merito a quelle variabili che influiscono sulla qualità di vita di chi ha una stomia;
• l’Azienda Hollister Italia, che ha fornito il supporto organizzativo in tutte le fasi di lavoro di attuazione
dello studio.
Logicamente il tutto è stato reso possibile dalle circa 500 persone stomizzate che, con grande disponibilità
e responsabilità, hanno aderito allo studio compilando e restituendo il questionario; dando “voce” ai loro
pensieri ed alle loro opinioni anche su argomenti che riguardano la sfera strettamente personale ed intima. A loro va il mio personale ringraziamento per l’apporto che ognuno ha dato individualmente per
ottenere un risultato che potrà essere strumento di confronto proattivo e propositivo e arrecare beneficio
a tutti coloro che nella loro vita hanno o avranno una stomia e, quindi, la necessità di ricevere cure sanitarie, sociali e psicologiche mirate.
E allora, se da una parte si conclude un periodo di impegnativo lavoro per la realizzazione dello studio
di ricerca, si apre ora un’altra fase di intensa attività, anche se non è ancora possibile quantificarne nel
dettaglio azioni, modalità e tempi.
Peraltro, ben si sa che da un punto di vista concettuale uno studio di ricerca non si conclude con il rag5
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giungimento dei risultati prefissati. I dati che derivano dall’analisi del contesto indagato costituiscono il
patrimonio su cui fare ragionamenti, approfondire le ipotesi dedotte, condividerle con i soggetti che non
si esaurisce mai con il termine dello studio implementato; quando tutto può far pensare che finalmente
“abbiamo finito” ci si accorge che “iniziano i lavori”.
Desidero concludere questo prologo alla presentazione dei risultati dello studio, che costituiscono un
prezioso arricchimento di conoscenza e di esperienza e auspico che nelle iniziative future, che si riterrà
opportuno intraprendere, continui ad esserci una adesione abbondante degli stomizzati che la FAIS rappresenta, in termini di sostegno, confronto propositivo, collaborazione e partecipazione attiva.
Sulla divulgazione di questi risultati all’interno del difficile mondo che si interessa della “stomia” e sulle
future progettualità insieme alla FAIS e all’AIOSS mi ritengo personalmente impegnato per dare concretezza a tutto ciò che promuove la tutela dei diritti delle persone stomizzate e la loro qualità della vita.
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Progetto Igea
La Qualità della Vita
Roberto Aloesio
Segretario Nazionale F.A.I.S. onlus
Il concetto di “qualità della vita” occupa un posto rilevante nel dibattito bioetico contemporaneo, sia per
la sua attualità, sia perché esso funge da solco tra diverse impostazioni teoriche e contribuisce a indicare
diversamente la soluzione di una molteplicità di questioni pratiche (1). Si tratta, però, di un concetto
che ha in sé un certo grado di ambiguità, soprattutto a causa delle diverse chiavi di lettura che sono utilizzate.
Le riflessioni sulla “qualità della vita” si consolidano dalla seconda metà del secolo scorso, quando le
condizioni generali di vita sono tali per cui la maggior parte delle persone (nel mondo sviluppato) può
ritenersi sollevata dalle necessità più impellenti e ci si pone il problema di un miglioramento complessivo
dello stato di “benessere” da molti punti di vista. Lo sviluppo, al tempo stesso, delle conoscenze dal
punto di vista scientifico, specialmente in campo biomedico, oltre a creare interrogativi che porteranno
alla nascita della stessa bioetica come disciplina specifica, consente cure e interventi un tempo impensabili. Le società, al fine di garantire ai propri componenti un sempre maggiore “benessere”, si ristrutturano creando ciò che è stato definito “welfare state” e “welfare society”; per individuare gli spazi di
benessere (e quelli di miglioramento) il metodo è proprio quello della valutazione della “qualità della
vita” (1).
Quando si parla di “qualità della vita”, s’intendono tutta una serie di fattori che concorrono a determinarla, ma per operare direttamente sulla “qualità della vita”, anche per cercare di migliorarla è necessario
fare riferimento a una serie di “indicatori” attribuibili ai diversi ambiti la cui “qualità” può migliorare o
peggiorare.
Oltre alla vastità dei campi di applicazione esiste anche un’ambiguità di questo concetto che dipende
dalle diverse visioni teoriche (etico-filosofiche). È evidente come il punto focale di questa corrente di
pensiero sia quello dei principi per definire un grado di “qualità della vita” che possa essere definito “accettabile” e quindi creare una sorta di diritto alla tutela della persona (2).
Quando si parla di “qualità della vita”, gli indicatori possono essere di natura economica, politica o sociale;
gli indici economici sono abbastanza facilmente misurabili, invece, quelli sociali, quali ad esempio la sicurezza dal crimine, la disuguaglianza sociale, la libertà politica, la salute fisica, l'accesso all'istruzione,
l'inquinamento e altri simili, sono più difficili da misurare. Questo fatto ha creato uno squilibrio tra le
due categorie d’indicatori, con il risultato che gli specialisti hanno elaborato criteri standard di quantificazione per gli aspetti economici, ma hanno avuto difficoltà ad accordarsi su come misurare gli altri e a
stabilirne la percentuale d’importanza reciproca.
Anche se è intuitivo comprendere il termine “qualità della vita”, questo si presta a diverse possibili definizioni, e anche se ci si focalizza solo in ambito medico/sanitario - dove da qualche tempo vi è un notevole interesse su questo tema - esiste un enorme numero di definizioni, termini e acronimi che creano
una certa confusione ai non addetti ai lavori. Le cause di questa situazione sono molte, ma le più importanti sono da ricercare nell'elevato livello di astrazione e complessità dell'attributo “qualitativo” della
vita e dal coinvolgimento di discipline diverse nel tentativo di definire e misurare la “qualità della vita”
di cittadini, pazienti, clienti nei vari settori della nostra società. Tra le tante definizioni disponibili, quella
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di Campbell del 1976 ha il pregio di far notare che la “qualità della vita” è un qualcosa di soggettivo, legato al benessere di un individuo, dove sono presi in considerazione molti fattori, tra cui uno solo dei
tanti ha a che fare con la salute, un “valore” che invece è il solo oggetto d’interesse della medicina (3).
Infatti, per quanto la definizione di salute offerta dall’OMS nel 1948 ci ricorda come la salute sia un qualcosa che va al di là della presenza o assenza di malattia, comunque, la medicina nel tentativo di misurare
“quantitativamente” gli aspetti “qualitativi” della vita ha correlato il termine “qualità della vita” con quello
di salute, prendendo in considerazione solo quegli aspetti della vita che sono collegati alla salute e quindi
attinenti alla sua missione e modificabili dai suoi interventi.
Ecco quindi spuntare, negli ultimi 20-25 anni, molti strumenti, soprattutto questionari, che hanno il compito di dimostrare l’effetto degli interventi medico-sanitari in termini di salute percepita, nell’ambito di
stime che coinvolgono l'uso di molte altre misure diverse di “outcomes” (esiti), di tipo clinico, umanistico
ed economico. Tra i molti questionari disponibili, alcuni (come SF-36 e SF-12, PGWBI) si fanno notare
per la notevole disponibilità di dati sulla loro validità, affidabilità e valore aggiunto. La ricerca clinica utilizza questo tipo di misure in diversi studi per misurare l’efficacia d’interventi medico-sanitari (come i
farmaci), la qualità delle cure fornite da diversi ospedali (come il tipo e l'appropriatezza d’interventi chirurgici), i costi degli interventi applicati (soprattutto quelli di tipo indiretto) e il livello di salute (e i bisogni)
della popolazione generale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la “qualità della vita” come la percezione individuale
all’interno di un complesso di valori e cultura nel quale i singoli individui vivono in relazione ai loro obiettivi, alle loro aspettative e alle loro problematiche. Questo è un concetto molto ampio che comprende la
salute fisica della persona, il suo stato psicologico, il livello d’indipendenza, le relazioni sociali, le opinioni
personali e le relazioni con i vari aspetti dell’ambiente esterno (Sartorius, 1990).
L’uso di un appropriato strumento di misura della “qualità della vita” è importante nella valutazione dei
risultati e dei punti di forza significativi per l’individuo e i suoi famigliari, affinché possano essere dimostrati gli effetti nascosti di una malattia e di uno stato di disagio fisico. Oggi molte evidenze scientifiche
dimostrano che la valutazione della “qualità della vita” nel campo della salute deve includere:
• l’impatto e l’evoluzione di una malattia (per es. della presenza di una stomia),
• l’efficacia di un trattamento,
• la necessità di un supporto psicologico,
• l’analisi di costi-benefici.
Tutto ciò significa identificare delle variabili capaci di influenzare le risposte e i risultati dell’assistenza.
La tendenza attuale a evidenziare gli studi sulla “qualità della vita” come alcuni dei momenti più importanti di un trattamento ha indotto la FAIS e l’AIOSS a intraprendere specifiche ricerche per identificare
le differenti dimensioni della “qualità della vita” e le modalità effettive per migliorarla.
BIBLIOGRAFIA
(1) A. Porcarelli: Quale qualità della vità? – portaledibioetica.it – 2011
(2) G. Russo: Bioetica fondamentale e generale – 1995
(3) Qualità della vita e stato di salute – Ist. Ricerche Farmacologiche M. Negri – 2005
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Progetto Igea
La Qualità di Vita delle persone stomizzate in Italia: indagine conoscitiva
Gabriele Rastelli – Presidente A.I.O.S.S.
Carla Saracco – Responsabile del Comitato Educativo A.I.O.S.S.
Premessa metodologica
Rilevare il grado di benessere di chi è stato operato ed ha una stomia è l’obiettivo generale dello studio
“IGEA” che è stato condotto sul territorio italiano dalla Federazione delle Associazioni Incontinenti e Stomizzati (FAIS), dalla Associazione Italiana degli Operatori Sanitari in Stomaterapia (AIOSS) e con il supporto organizzativo per la sua realizzazione di Hollister S.p.A. Italia. Come si può supporre, per poter
quantificare il livello di “ben-essere”, ovvero, la qualità della vita delle persone che hanno una stomia,
presuppone che siano definite le variabili significative che lo configurano, variabili che hanno costituito
il riferimento per la predisposizione degli item del questionario utilizzato per l’indagine.
Il questionario è stato predisposto dal prof. Thom R. Nichols, statistico responsabile del Servizio di Ricerca
Clinica presso Hollister Inc.; è uno strumento formato da 120 domande, precedentemente validato e
già utilizzato negli Stati Uniti d’America ed in Gran Bretagna per la conduzione di studi di ricerca similari
in quei Paesi. La decisione di non modificarlo per lo studio di ricerca italiano è correlata alla possibilità
di effettuare, in una fase successiva di approfondimento dei dati raccolti, un confronto tra gli aspetti significativi che incidono sulla qualità di vita delle persone stomizzate che risiedono in paesi diversi, come
ad esempio quelli correlati alle cure ricevute, che potrebbero contribuire agli esiti terapeutici. L’analisi
dei dati raccolti permette così una riflessione più ampia sulle variabili che incidono sullo stato di benessere, trarne spunti ai fini delle possibili azioni da intraprendere nel nostro paese, per promuovere e migliorare la qualità di vita dello stomizzato. Va sottolineata positivamente la grande disponibilità delle
persone che hanno aderito allo studio nel compilare il questionario. L’impegno di rispondere a 120 domande si sommava alla richiesta di fornire alcune opinioni personali sul proprio vissuto di malattia, che
poteva riacutizzare sentimenti ed emozioni riportando alla mente momenti di vita difficili, personali e
della famiglia. Da un punto di vista metodologico lo studio di ricerca realizzato in Italia è da considerarsi
di tipo prospettico osservazionale. L’indagine è stata condotta a livello nazionale, nel periodo compreso
tra aprile 2010 e maggio 2011. Il questionario è stato distribuito dalla FAIS ai propri associati, attraverso
un inserto collocato nella rivista Ritrovarci edita dall’Associazione. La sua restituzione dopo la compilazione, è avvenuta, in forma anonima, tramite l’invio ad una casella postale all’uopo attivata.
Le persone che hanno aderito all’indagine sono 466, fra queste vi sono soggetti con i diversi tipi di stomia: colostomia, ileostomia, urostomia. Il campione di studio raggruppa tutte le variabili cliniche che
secondo i criteri della statistica conferiscono un valore di rappresentatività della popolazione degli stomizzati e in questo modo i risultati dello studio forniscono una dimensione generale degli standard della
qualità di vita di chi ha una derivazione, sia essa enterica o urinaria. I risultati dell’indagine descritti successivamente, riportano le prime riflessioni che derivano dall’analisi dei dati estrapolati dai 466 questionari ricevuti. Va precisato che dopo questa fase sarà necessario approfondire ulteriormente molti di
questi aspetti con l’intento di trarre spunti e focalizzare gli ambiti che richiedono l’adozione di azioni
volte a migliorare la qualità di vita del cittadino stomizzato rispetto allo standard rilevato.
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I risultati dell’indagine
Modalità di presentazione dei risultati: premessa metodologica
Premesso che quanto di seguito descritto è il frutto di una prima macro analisi dei dati raccolti: al fine
di facilitare la condivisione degli aspetti importanti, si è optato per organizzare i dati risultanti dalle 120
domande contenute nel questionario, in aree omogenee. Il criterio utilizzato deriva dagli indicatori definiti
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per misurare la qualità della vita.
Le aree definite, riportano i primi risultati che riguardano:
• la salute percepita: prima dell’intervento e successivamente al confezionamento della stomia
• l’impatto generato dalla malattia e dalla presenza dello stoma sulla sfera psico – emozionale
• i bisogni soggettivi relativi all’informazione sul proprio stato di salute e sugli esiti delle cure
• i cambiamenti nelle relazioni sociali, affettive, e con il proprio partner
• l’autocura della stomia
• l’assistenza ricevuta
• l’impatto determinato dalla malattia e dalla stomia in merito a lavoro stile di vita
L’esposizione dei risultati descrive gli aspetti principali dedotti dall’analisi di quanto segnalato dai rispondenti, pur privi di rappresentazioni grafiche per ogni singola domanda, perchè ciò richiederebbe la pubblicazione di un più ampio documento, senza apportare significati aggiuntivi a quanto esaminato fino ad ora.
La popolazione d’indagine
Come già scritto precedentemente, le persone con stomia ( che a seguire potranno essere indicate anche
come popolazione e/o unità d’indagine e/o unità campione e/o rispondenti) che hanno compilato e restituito il questionario, sono 466. Il loro range di età è compreso tra i 28 e i 94 anni, che corrisponde ad
un’età media di 64,1 anni, fra i rispondenti 271 sono maschi e 195 sono femmine.
I tipi di stoma di cui sono portatori, fa emergere che coloro che hanno una colostomia sono la maggioranza (61,56%) con un età media di 67,9 anni (range 33-94 anni). Il 19,56% è rappresentato dagli ileostomizzati con un’età media di 61,4 anni (range 28-85 anni) e, il 15,78%, da urostomizzati con un’età
media di 70,9 anni (range 41-88 anni). Questi dati attestano che non vi sono sostanziali differenze di
età fra coloro che hanno necessitato di intervento chirurgico e confezionamento di stomia, per patologie
di tipo diverse ancorchè manifestatesi in distretti e apparati differenti.
Altro elemento riguarda il numero delle stomie definitive rispetto a quelle temporanee (88%); questo riscontro porta ad una prima riflessione sul fatto che, nonostante il miglioramento delle tecniche chirurgiche avvenuto in questi anni, la realizzazione di una stomia per tutta la vita è ancora molto elevata. A
seguire, viene spontaneo pensare che uno degli aspetti su cui indirizzare l’attenzione dei cittadini e delle
Istituzioni Sanitarie è relativo alla necessità di incoraggiare le attività di prevenzione primaria attraverso
azioni di sensibilizzazione e di educazione alla salute. Proseguendo sulle analisi relative alle caratteristiche
distintive della popolazione, risulta che le patologie, che hanno implicato il confezionamento di stomia,
sono di natura:
• neoplastica: 72,22%,
• infiammatoria: diverticoliti 4,63% e IBD (Morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa) 14,35%,
• traumatica: 0,46%,
• congenita: 1,16%.
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Una piccola percentuale di pazienti (7,64%) ha risposto di non essere a conoscenza della malattia che
ha richiesto il trattamento chirurgico.
G raf ico N° 1: Tipi di stomia rilevati
Grafico N° 2: Patologie che hanno richiesto il
confezionamento della stomia
non so 3,10
congenita 1,16
trauma 0,46
non so
7,64
urostomia
15,78
ileostomia
19,56
IBD
14,35
diverticolite
4,63
colostomia
61,56
neoplasia
72,22
Il tempo medio trascorso dall’intervento chirurgico è di 70 mesi (range da un mese a 56 anni).
Le persone seguite da uno stomaterapista sono circa il 76%.
La distribuzione regionale del campione ricopre tutto il territorio nazionale, ma percentualmente vi sono
sostanziali differenze tra il Nord Italia in particolare, rispetto al Sud ma anche al Centro (Tabella n. 1).
Tabella N° 1: Provenienza geografica della popolazione
!
Distribuzione Geografica
Regione
Occorrenza
%
ABRUZZO
39
8,53%
CALABRIA
11
2,41%
CAMPANIA
6
1,31%
EMILIA-ROMAGNA
38
8,32%
FRIULI-VENEZIA GIULIA
34
7,44%
LAZIO
3
0,66%
LIGURIA
15
3,28%
LOMBARDIA
124
27,13%
MARCHE
8
1,75%
PIEMONTE
57
12,47%
PUGLIA
14
3,06%
SARDEGNA
9
1,97%
SICILIA
4
0,88%
TOSCANA
40
8,75%
TRENTINO-ALTO ADIGE
8
1,75%
UMBRIA
12
2,63%
VENETO
35
7,66%
PROVENIENZA NON
Provenienza
PERVENUTA non pervenuta
8
0!
34!
124!
57!
35!
38!
15!
40!
8!
12!
3!
39!
0!
9!
6!
14!
0!
11!
4!
9
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Da un punto di vista della validità dello studio, questo dato non compromette la rappresentatività statistica della popolazione, ma induce l’esigenza di conoscerne le cause. Fra queste si può già escludere
che il fatto si correli ad una diversa presenza numerica di stomizzati su quei territori. Tra le ipotesi, che
vanno confermate, in questi territori vi può essere una minore presenza di servizi dedicati alla assistenza
e riabilitazione dei pazienti stomizzati. L’assenza di riferimenti può incidere sulla sensibilizzazione dei pazienti ad essere attivi e partecipativi alla vita associativa di associazioni come la FAIS, sorta per tutelare
i diritti sociali e sanitari di chi ha una stomia.
È anche presumibile che l’assenza di riferimenti sanitari e associativi possa essere uno dei fattori che
ostacola il raggiungimento di una qualità della vita soddisfacente rispetto alle proprie aspettative.
Stomia e salute percepita prima e dopo l’intervento chirurgico
In questa area vengono considerati i dati risultanti da più quesiti che hanno una significatività rispetto
al livello di benessere percepito dai soggetti rispondenti.
Alla domanda che richiede di descrivere lo stato di salute precedente l’intervento, 183 pazienti indicano
le risposte “stavo bene/abbastanza bene”. Il numero di coloro che segnalano gli stessi item per delineare
il proprio stato di salute dopo l’intervento, aumenta a 356.
Il primo dato, se rapportato alle patologie di base che hanno richiesto il trattamento chirurgico, siano
esse di natura neoplastica piuttosto che infiammatoria, fa presumere che lo stato di salute prima dell’intervento fosse decisamente compromesso.
Dal secondo dato, lo stato di salute sembra decisamente migliorato dopo le cure, anche se 195 persone
in risposte successive affermano che la presenza della stomia ha ingenerato effetti negativi e modificato
in peggio il proprio stato di salute.
Fra i problemi secondari all’essere stomizzato, l’85% collega l’alterazione dello stato emozionale come
l’aspetto più rilevante; mentre il 50% dei pazienti ritiene che la stomia non abbia modificato negativamente il proprio aspetto fisico, anche se sono più del 60% quelli che affermano “di non piacersi più”.
La variabile da considerarsi positiva riguarda invece “l’adattamento” alla presenza della derivazione, che
risulta essere stato raggiunto nel 94% di coloro che hanno risposto alla domanda.
Stomia, alterazione delle emozioni e risorse di supporto
In questa parte vengono illustrati gli aspetti principali dei risultati inerenti le difficoltà e le alterazioni relative alle emozioni susseguenti alla malattia e alla stomia.
Oltre il 50% dei pazienti dichiara di aver vissuto momenti di intensa tristezza nel mese antecedente la
compilazione del questionario e, altrettanti, affermano di avere difficoltà a mantenere le relazioni sociali
pre-esistenti all’intervento.
Queste opinioni se confrontate con altre risposte risultano in alcuni aspetti un po’ contradditorie, infatti,
alla domanda che riguarda la percezione d’isolamento in occasioni di incontri o nelle relazioni con gli
altri, il 70% afferma di non averle mai provate.
In merito alla domanda inerente il supporto emozionale ricevuto, esplosa in diverse variabili, emerge
che meno del 50% del campione, quando ha bisogno di esprimere emozioni, paure e sentimenti, ha
qualcuno disponibile ad ascoltarlo ed al quale può confidare il proprio vissuto.
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Anche per ciò che attiene la condivisione di preoccupazioni o pensieri intimi, circa il 40% asserisce di
avere questa possibilità e ritiene che le persone a cui si rivolge possano capirlo.
Indubbiamente la situazione emotiva conseguente alla malattia ed ai cambiamenti fisici e funzionali presuppone che vi sia sostegno da coloro che hanno relazioni affettive con la persona stomizzata, ma in
particolare questa è una funzione che deve essere considerata e svolta dagli operatori sanitari che l’assistono. Affinchè la relazione d’aiuto divenga una concreta azione nella prassi assistenziale, si riafferma
la necessità di consolidare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale una rete di servizi ambulatoriali dedicati, in cui operatori sanitari esperti e all’uopo preparati, possano dedicare il tempo necessario
anche ad attività di counselling.
Stomia, affettività e sessualità
L’aspetto delle relazioni affettive e della sessualità riveste, nell’ambito dei bisogni dell’uomo, un rilievo importante per mantenere in equilibrio lo stato di benessere e avere una qualità di vita soddisfacente.
Partendo dalla considerazione che malattia e stomia potrebbero avere conseguenze negative nel mantenimento delle relazioni sociali e di quelle affettive, compromettendo talvolta anche gli aspetti della
sessualità, il questionario non poteva esimersi dal prendere in considerazione anche questi elementi.
L’intento dell’indagine non era invadere una sfera personale molto intima, ma capire se il progetto di
cura e l’assistenza ricevuta è stata appropriata anche per dare risposta a questi bisogni. Parlare con altri
di queste complicazioni, che peraltro si possono verificare dopo l‘intervento chirurgico, non è facile neanche per gli operatori sanitari e lo è forse ancor meno per il cittadino – paziente, anche quando si manifestano.
Questo concetto trova conferma dall’analisi delle risposte alle domande sulla sfera sessuale: circa il 12%
dell’unità d’indagine non fornisce opinioni in merito, differentemente agli altri quesiti in cui il valore di
non rispondenza si attesta su una media di circa il 4%.
I pareri espressi dimostrano che le relazioni affettive con il proprio partner non si sono modificate significativamente dopo l’intervento chirurgico e la stomia, ma il desiderio d’intimità sessuale si riduce notevolmente in oltre il 50% dei rispondenti, che asserisce di non avere più rapporti “perché la stomia crea
disagio” o perché gli esiti secondari all’intervento chirurgico “non li rendono possibili”.
Oltre l’80% parla con il partner, più o meno frequentemente, del vissuto percepito, delle emozioni e dei
disagi che prova per la presenza della stomia, e riferisce di avere ancora una vita soddisfacente con il
proprio coniuge.
Vita sociale e di relazione con gli altri, risulta essere soddisfacente per oltre il 70% della popolazione,
così come quella familiare.
Questo fa dedurre che la stomia non costituisca un limite alle relazioni affettive, mentre per ciò che attiene la sessualità, dice di essere soddisfatto della propria situazione solo il 26% del campione, un terzo
afferma di non essere più interessato ad avere rapporti sessuali e, ancora, 55 persone non rispondono
alla domanda.
La sintesi su quanto emerso, sottolinea che relazioni e sessualità costituiscono un’area dei bisogni dello
stomizzato difficile da condividere con altri, ma anche un’area complessa dell’assistenza che non trova
ancora il giusto approccio al problema nella comunicazione tra operatori e utente.
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Progetto Igea
Stomia, autocura e gestione dei dispositivi di raccolta
Premesso che i principi e gli obiettivi dell’assistenza riabilitativa, volta alla persona con stomia, riguardano
l’acquisizione delle conoscenze e delle capacità necessarie per prendersi cura di sé, per ciò che attiene
lo stoma care, il questionario doveva necessariamente contenere anche quei quesiti che consentono di
stimare il livello percepito di appropriatezza delle cure ricevute ed i loro esiti.
Al momento dell’indagine, ovvero alla data di compilazione del questionario, risulta che oltre il 30% delle
persone richiede aiuto per la gestione e la cura della propria stomia e, più dell’80%, è preoccupato di
non essere sufficientemente pulito a causa della sua presenza.
Il timore che il dispositivo di raccolta indossato possa essere notato dagli altri è un sentimento che prova
oltre il 60% dei pazienti, che scrive di sentirsi imbarazzato a causa dello stoma. Alla domanda inerente
a “quando incomincia a preoccuparsi per l’igiene dopo il cambio del sistema di raccolta”, solo il 19% afferma di non esserlo affatto. Oltre il 40% teme di emanare odori sgradevoli o di essere sporco anche
subito dopo la sua sostituzione e/o dopo meno di un giorno dalla sua applicazione.
Se questo risultato viene rapportato alla frequenza di cambio del sistema di raccolta, risulta che un terzo
del campione lo effettua quando “pensa” che ci possano essere problemi: questo fa riflettere sul fatto
che la sua sostituzione non sia eseguita su presupposti di necessità/opportunità, come stabiliscono le
buone prassi, ma sulla base di percezioni soggettive determinate dalla sola preoccupazione.
Va rimarcato che la sostituzione del dispositivo con tempi ravvicinati e non necessari, è uno dei fattori
causali delle alterazioni cutanee peristomali che, dalle risposte date dal campione d’indagine in altre domande, risultano essersi manifestate in oltre il 55% dei rispondenti. All’ultima sostituzione del sistema
di raccolta prima della compilazione del questionario, il 46% degli stomizzati afferma di aver osservato
la presenza di tali complicanze.
Altro elemento rilevante che emerge con l’analisi dei dati, riguarda il sistema di raccolta utilizzato al momento dell’indagine. Nel 56% dei casi quello in uso è un dispositivo differente da quello utilizzato al momento della dimissione dell’ospedale. Le motivazioni di questa varianza meritano un approfondimento
in quanto, se la decisione non è correlabile ad un’esigenza clinica ma ad una scelta immotivata rispetto
alla situazione, potrebbe anch’essa essere un altro fattore che ha contribuito all’elevata incidenza di problemi alla cute precedentemente descritta.
Circa due terzi degli stomizzati scrive che, subito dopo l’intervento chirurgico, ha dovuto richiedere, ed
ha ricevuto, l’aiuto di un parente o di un amico nella gestione dello stoma care: anche questo fatto deve
orientare la riflessione degli operatori sanitari circa la necessità di coinvolgere nei processi finalizzati all’educazione del paziente all’autocura, anche un care giver/persona di supporto, per far si che questa
potenziale risorsa per il paziente non diventi la causa di complicanze secondarie all’inadeguatezza delle
procedure di igiene e apparecchiatura della stomia per mancanza di conoscenza.
Stomia, assistenza e informazione: necessità percepite e loro soddisfazione
In questa area gli elementi oggetto della ricerca sono finalizzati all’esplorazione dell’assistenza ricevuta
prima e dopo l’intervento chirurgico, per stimare il livello di rispondenza ai bisogni ed alle aspettative
del paziente ed agli attuali orientamenti di buone prassi. I risultati desunti dall’analisi dei dati possono
così raffigurare gli elementi che, FAIS e AIOSS, potranno adoperare per la promozione di riflessioni nel
contesto associativo e per definire ed intraprendere azioni ai vari livelli di governo delle Istituzioni Sanitarie e della comunità professionale, allo scopo di promuovere il superamento delle criticità percepite.
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Progetto Igea
Entrando nel merito di quanto emerso dalle risposte fornite nei questionari, un primo fatto rilevante riguarda l’assistenza preoperatoria, da cui risulta che oltre due terzi del campione d’indagine non è stato
assistito in questa fase dall’infermiere stomaterapista.
Tutti coloro che invece hanno avuto questa possibilità, asseriscono che gli/le è stata effettuata la segnatura del punto addominale in cui confezionare lo stoma.
Nel post-operatorio la percentuale di chi viene assistito da un infermiere esperto in stomaterapia, si
eleva all’81% dei casi.
Il confronto fra questi dati fa riflettere su quali possano essere le motivazioni per cui non sia stato coinvolto l’infermiere esperto in tutte le situazioni del processo di cura, ovvero, ancor prima dell’intervento
chirurgico per il posizionamento della stomia; azione indicata nella letteratura internazionale per la prevenzione di complicanze secondarie a mal posizionamento della derivazione e per realizzare le condizioni
di praticabilità favorevoli all’autonomia dell’assistito nelle procedure di stoma care.
Il paradosso è che in molte realtà esiste ancora un divario tra funzioni e competenze dell’infermiere per
ciò che attiene l’assistenza generalizzante e specialistica, definite da leggi e ordinamenti didattici e la
loro contestualizzazione nella prassi.
L’educazione del paziente all’autocura risulta effettuata in oltre il 50% della popolazione dall’infermiere
stomaterapista e in circa il 20% dall’infermiere. L’aspetto da approfondire ci riporta alle considerazioni
già fatte sulle modalità di autogestione delle procedure di stoma care da cui emerge che, dopo la dimissione, la maggior parte dei pazienti richiede l’aiuto di un care giver per svolgere tali procedure; il quale,
in base a risposte date in altri quesiti, nel 50% non è stato coinvolto nel processo di addestramento.
Va precisato però, che se da una parte questi risultati possono far supporre l’esistenza di alcune criticità
nell’erogazione dei processi assistenziali di educazione ed informazione, circa il 90% degli stomizzati
considera di essere ben informato sulla sua stomia. Approfondendo l’analisi dei dati, si rileva tuttavia
che tali conoscenze vengono fornite dallo stomaterapista solo in circa il 40% dei casi, gli altri rispondenti
le reperiscono attraverso riviste e materiali a Stampa, Internet, Associazione dei Pazienti, o da altri professionisti sanitari e, circa il 30%, non ha riferimenti informativi.
Il quesito che richiedeva “quale era la cosa più importante che realmente si voleva sapere nei primi
giorni dopo l’intervento chirurgico”, è stato molto ricco di indicazioni in merito anche se, 90 persone non
hanno dato risposte e altre 27 danno indicazioni non pertinenti alla domanda.
Nella Tabella N° 2 sono descritte le informazioni che i pazienti avrebbero voluto ricevere, raggruppate
per affinità. Come si può osservare, le variabili con una rispondenza maggiore riguardano la gestione
dalla stomia, gli esiti funzionali secondari all’intervento chirurgico e le aspettative di vita futura. Sono
inoltre riportati i dati quantitativi per quanto riguarda l’esaustività delle informazioni ricevute rispetto
alle aspettative elencate: il 90% afferma di averle avute. Fra coloro che desideravano riceverle, ma non
sono state loro date (il 10% del campione), i maggiori aspetti non illustrati riguardano la gestione della
stomia, la vita futura e la sessualità.
Pur essendo un numero ridotto, appare evidente quanto tali informazioni siano una componente essenziale dei bisogni impliciti che la persona stomizzata ha, informazioni quindi da presidiare e dare, anche
in funzione all’obiettivo di recupero della “qualità di vita” dell’individuo.
In un altro quesito che prevede risposte aperte si prende in considerazione quali sono i bisogni di informazione che i rispondenti avvertono nella attuale fase di vita, ovvero, in concomitanza al momento di
compilazione del questionario.
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Progetto Igea
Dalla prima analisi effettuata, si rileva un notevole numero di quesiti a cui non sono state date risposte;
fra le indicazioni, organizzate in macro-variabili risultano importanti quelle riportate nella Tabella N° 3.
Da quanto risulta dai dati, circa il 20% del campione ritiene di non aver bisogno di ulteriori informazioni
rispetto a quelle che già possiede e, dato curioso, è il notevole interesse ad essere informati sugli sviluppi
che riguardano l’evoluzione dei dispositivi di raccolta e degli accessori reperibili sul mercato.
Questo bisogno può essere indicatore di consapevolezza e responsabilità nella gestione della propria salute e, nello specifico, della propria stomia da parte di coloro che hanno acquisito un buon livello di riabilitazione.
Anche in questa fase, le aspettative prevalenti riguardano le informazioni sulla stomia e sulla propria salute, a cui segue la normativa sui diritti sanitari e sociali dello stomizzato, la conoscenza dei servizi
sanitari a cui è possibile rivolgersi, l’associazionismo e la ricerca scientifica in questo settore.
Tabella N° 2: Informazioni che si desiderava ricevere nei primi giorni dopo l’intervento chirurgico
TIPo dI INfoRMAzIoNI
I.R.
I.R.I.
I.N.R.
N.S.
Gestione stomia
77
45
9
1
Esiti dell’intervento chirurgico
31
15
13
1
Aspettative di vita futura
30
12
10
0
Informazioni sulla stomia e sua gestione
7
4
5
1
Come convivere con la stomia
2
5
7
0
Non ricorda
6
1
0
5
Alimentazione
4
3
1
0
Strutture sanitarie a cui rivolgersi dopo la dimissione
2
1
4
0
Sessualità
1
0
6
0
Possibilità di perdite e/o distacco della sacca
1
3
2
0
Se la stomia era visibile dagli altri
1
3
2
0
Informazioni esaustive ricevute prima dell’intervento
1
1
2
1
Possibilità di assistenza dell’infermiere stomaterapista
nel preoperatorio
0
1
1
1
Informazioni (non specificate)
0
1
1
1
Possibilità di mantenere rapporti e le relazioni con gli altri
2
0
0
0
Modalità di approvvigionamento dei dispositivi di raccolta
0
1
0
0
Legenda
I.R.: Informazioni Ricevute
I.R.I.: Informazioni Ricevute ma Insufficienti
I.N.R.: Informazioni Non Ricevute
N.S.: Non Sa
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Progetto Igea
Tabella N° 3: Necessità attuale di ricevere informazioni
Aggiornamento sui dispositivi di raccolta
Modalità di gestione dello stoma care
La verità sul proprio stato di salute e sui trattamenti terapeutici
Informazioni sulle possibili attività di vita: attuale e futura
Modifiche sulla normativa inerente il mantenimento della gratuità dei dispositivi e dei diritti
sociali e sanitari dello stomizzato
Alimentazione da seguire
Servizi sanitari a cui potersi rivolgere in caso di bisogno
Progressi della ricerca scientifica
Esistenza di Associazioni
Non sa
Gli ultimi quesiti che riguardano la sfera delle informazioni prendono in considerazione questa necessità
non più dal punto di vista dello stomizzato ma del coniuge/partner dove presente.
Le risposte a queste domande si riducono a circa la metà del campione totale, in correlazione probabilmente alla non presenza di questo tipo di familiare, che alcuni esplicitano nel riscontro al quesito.
Dall’analisi delle risposte segnate i bisogni sono pressoché sovrapponibili a quelli enunciati dallo stomizzato e descritti nei paragrafi precedenti, sia per ciò che attiene il tipo di informazioni sia per ciò che riguarda il fatto di averle ricevute.
Un primo riscontro sulle risposte non date o non pertinenti alla domanda, che riducono il campione dei
rispondenti di circa il 50%, fa però riflettere sulla possibilità che il quesito fosse poco comprensibile nella
sua formulazione.
Tabella N° 4: Informazioni ritenute importanti dal partner nei primi giorni dopo l’intervento chirurgico del familiare
Informazioni su aspettative di vita ed esiti delle terapie
Procedure di gestione della Stomia/Conoscenze per poterlo/a aiutare
Nessuna
Informazioni sugli aspetti della sessualità e amore
Strategie per gestire le emozioni e le relazioni con il partner
Servizi sanitari a cui rivolgersi in caso di bisogno
Tempi di ripresa dalla malattia/attività
Nessuna informazione perchè sapeva già tutto
Informazioni sul tipo di alimentazione
Tutto
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Progetto Igea
Stomia, lavoro e stile di vita
Premesso che al momento della compilazione del questionario più del 40% dei rispondenti sta ancora effettuando trattamenti terapeutici per la malattia che ha richiesto il confezionamento della stomia, solo un
terzo della popolazione afferma di aver cambiato la propria occupazione lavorativa.
In generale, sia l’attività occupazionale che il mantenimento degli impegni correlati viene ritenuta soddisfacente dai rispondenti, pur in presenza dei cambiamenti indotti dalla patologia e dagli esiti delle cure.
Il livello di appagamento risulta essere ancora maggiore per quanto riguarda il tempo libero.
La modifica dell’abbigliamento in relazione alla presenza della stomia e del dispositivo di raccolta è stata
adottata da oltre il 45% della popolazione: per rendere meno percepibile agli altri la loro presenza.
Lo stile di vita sociale riferito a viaggi e vacanze non risulta essere un’area problematica in quanto, 249
persone, affermano che le attività occupazionali del tempo libero continuano ad essere praticate e soddisfacenti.
In merito a viaggi e pernottamenti fuori casa, i comportamenti si suddividono quasi equamente, ovvero
tra chi non lo fa mai e coloro che lo fanno spesso, anche per più notti.
Correlare però questi atteggiamenti esclusivamente all’avere una stomia o alla malattia sarebbe un po’
troppo semplicistico, in quanto il questionario non prevede una domanda che consenta il confronto con
le abitudini precedenti.
Conclusioni
Prima di proseguire con la sintesi conclusiva, come per tutti gli studi di ricerca è opportuno citare quali
sono stati i limiti dell’indagine.
Uno, allo stato attuale di analisi di dati, riguarda certamente il fatto di non aver ancora analizzato i dati
suddividendo i rispondenti in gruppi omogenei rispetto al tempo trascorso dall’intervento chirurgico. Questo frazionamento permette di valutare uguaglianze e differenze dello stato di benessere percepito e la
ripresa delle abitudini di vita preesistenti, che fisiologicamente può assumere connotazioni diverse in base
al tempo intercorso.
Un altro limite riguarda la traduzione letterale delle domande del questionario dall’inglese all’italiano che
in alcuni casi le ha rese difficilmente adattabili al nostro modo di esprimersi rendendone più difficoltosa
la comprensione. Ancora va sottolineato che le specifiche di alcuni quesiti possono essere state percepite
dal compilatore poco rilevanti e quindi omessi: ad esempio, alcune domande che richiedevano opinioni
sulle caratteristiche dei dispositivi di raccolta.
Fatte queste precisazioni, i punti che forniscono spunti di riflessione che meritano di essere riconsiderati
ed approfonditi ulteriormente riguardano:
• le cause che determinano prestazioni assistenziali non sempre rispondenti alle aspettative ed ai bisogni
percepiti dell’utente / famiglia
• le motivazioni che implicano una inadeguatezza sostanziale delle informazioni che vengono date dagli
operatori sanitari in ambito istituzionale, bisogno che in molti casi induce alla consultazione di altre fonti
che potrebbero riportare informazioni non coerenti con quanto ritenuto pertinente nell’ambito scientifico.
Questo potrebbe essere un fattore negativo in termini di acquisizione di false sicurezze e di comportamenti
inappropriati.
Nella comunità scientifica è condivisa l’opinione che la presa in carico del paziente già prima dell’intervento
chirurgico da infermieri stomaterapisti è la condizione essenziale per creare i presupposti favorevoli all’autonomia e alla ripresa del ruolo preesistente l’intervento, nonché per prevenire una serie di complicanze
fisiche e psicosociali.
18
Progetto Igea
L’alta presenza di complicanze della cute peristomale risultante dallo studio e la necessità di ricorrere all’aiuto di un care giver nella gestione del self care, sono due situazioni che se incrociate con le diverse
variabili riconducibili all’assistenza ricevuta, possono dare un ulteriore significato di criticità al fatto che
solo un terzo dei rispondenti è stato assistito da un infermiere stomaterapista prima dell’intervento, anche
se poi quasi tutti hanno la possibilità di avvalersene dopo l’intervento chirurgico. A questo proposito, bisognerà capire se l’Istituzione Sanitaria in cui è stato effettuato l’intervento è diversa da quella in cui il
paziente si reca dopo la dimissione; se così non fosse è necessario giustificare perché tutto ciò non avvenga prima dell’operazione.
Quanto sopra descritto assume ulteriormente una veste problematica se lo si approccia nell’ottica che
esamina le ripetute riorganizzazioni dei servizi sanitari, gli attuali protocolli di gestione del ricovero ospedaliero dopo l’intervento chirurgico (fast track) che, abbattendo il tempo di degenza, incide sulle concrete
possibilità di implementare e realizzare un processo di educazione all’autocura, funzionale a raggiungere
gli obiettivi minimi di sicurezza.
Con queste riflessioni non si intende mettere in discussione gli attuali orientamenti relativi alla brevità del
periodo di degenza, ma si ribadisce con forza che i bisogni di assistenza alla persona stomizzata non si
esauriscono con la dimissione, ma trattamenti adiuvanti, malattia di base e non solo, li possono indubbiamente modificare ed in alcuni casi aumentare.
Per questo i responsabili della riorganizzazione dei servizi sanitari non possono “scordarsi” che, a fronte
della riduzione dei tempi di degenza, vanno attivati servizi ambulatoriali dedicati che diano continuità al
progetto terapeutico riabilitativo per il tempo necessario ai bisogni di salute della persona.
E allora, FAIS e AIOSS, quale ruolo e quali azioni possono e devono intraprendere per contribuire alla
realizzazione di queste condizioni?
Come è possibile promuovere una cultura politica e professionale che realmente si attivi per organizzare
servizi e professionalità partendo dai bisogni del cittadino e non solo dal bisogno di contenimento dei costi?
Come è possibile rimuovere gli ostacoli che pur in presenza della “cultura” limitano la realizzazione di servizi a misura d’uomo?
Quali azioni intraprendere per realizzare condizioni che consentano ai professionisti di contestualizzare
nella realtà quotidiana del loro lavoro, quei principi etici e deontologici che contraddistinguono funzioni e
responsabilità di coloro che si occupano di “salute”?
E su quanto emerge dai risultati di questa indagine cosa ne pensano gli stomizzati, loro che sono i soggetti
protagonisti della realizzazione dello studio di ricerca?
Coloro che già hanno sperimentato personalmente cosa significa in termini di qualità della vita essere
malato e stomizzato, quali iniziative ritengono importanti avviare per tutelare il diritto alla salute personale
e di quei cittadini che oggi, piuttosto che domani, devono affrontare gli stessi problemi di malattia e gli
esiti secondari alla terapia chirurgica?
Su queste riflessioni e per dare risposte a queste domande sarà necessario prevedere l’organizzazione di
momenti di approfondimento, incontri, riflessioni, collaborazioni e sinergie. Le conseguenze della crisi
economica che ha investito anche il nostro Paese non costituisce certamente un momento favorevole, in
quanto richiede ai responsabili della Governance dei Servizi Sanitari e Sociali scelte delicate e coraggiose.
In questo contesto però il diritto alla tutela della salute dei cittadini è indiscutibile e, quanto espresso precedentemente in merito alle azioni da intraprendere, può raffigurare le condizioni essenziali per garantirli.
Quando il pensiero di “uno” si traduce nel convincimento di molti, la trasposizione dell’idea in azione acquisisce una forza diversa nel confronto con le Istituzioni e le comunità professionali ai vari livelli, così
come recita un antico detto popolare “È L’UNIONE CHE FA LA FORZA”.
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Questa pubblicazione è una prima fotografia che anticipa
una serie di approfondimenti in via di definizione,
che saranno successivamente pubblicati e diffusi.
Tutti i dati raccolti sono ancora in fase di elaborazione
scientifica.
Se vuoi contribuire a questo progetto ti invitiamo
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Finito di stampare
il 3 settembre 2011
presso Arti Grafiche Torri srl
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