Settimana degli studi storici
Armenia: la tragedia di un popolo
ISIS Via Idroscalo – sez. “Zappa”
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EUROPA E MEDIORIENTE:
CONFLITTI E GENOCIDI TRA
POLITICA E RELIGIONE
Testi e impaginazione
a cura della classe 5ª A t.s.t.
Coordinamento
a cura del prof. Rintallo
L’Armenia occupa una superficie di
140.000 km² divisa tra la Russia e la
Turchia: un altopiano attraversato dai
corsi superiori del Tigri e dell’Eufrate e
dove si trova il Lago di Evan.
Il primo genocidio del sec. XX
• Cenni storici sugli
Armeni
• Le tappe del genocidio
armeno
• Il riconoscimento
internazionale del
genocidio
• Due film sul genocidio
armeno
• Gli Armeni e l’Italia
Complesso monastico di Hagbat, sec. X
Cenni storici sugli Armeni
Davide l’invincibile, miniatura del 1280
Provenienti dalla Frisia, gli Armeni si stanziano in
Anatolia nel I millennio a.C. Il loro nucleo
originario si situa nella regione del monte Ararat.
Nei confronti delle altre nazioni hanno sempre
mantenuto un atteggiamento pacifico ed hanno
sopportato pazientemente il giogo delle potenze
straniere, tra le quali ricordiamo quelle romana,
bizantina, persiana e infine turco-ottomana.
All’inizio del sec. IV d.C., San Gregorio battezzò il
re armeno Tiridate III e da allora gli Armeni
aderiscono al Cristianesimo. La spiccata identità
nazionale degli Armeni, testimoniata anche da un
loro alfabeto di 36 lettere inventato nel 405 dal
monaco Mesrob Masdotz, trae forza da una
cultura ricca di elementi peculiari rispetto a quelle
dei popoli confinanti. Nel periodo che va dalle
Crociate al 1375, il popolo armeno gode di
autonomia politica: prima con il Regno d'Armenia
e, dopo l’invasione dei Turchi segulcidi, con quello
di Cilicia. Nel sec. XVI il regno armeno è
sottomesso dall’Impero Ottomano (da Otman il
fondatore della dinastia).
Le tappe del genocidio armeno
• Il trattato di Berlino
(1878)
• I “giovani turchi” al
potere
• Lo sterminio del 1915
• Il processo di
Costantinopoli (1919)
• Reazioni e
testimonianze
Il trattato di Berlino (1878)
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Nel XIX secolo gli Armeni dell'Impero Ottomano versano in una condizione di sottomissione, che
riescono tuttavia a sopportare grazie alla loro buona integrazione nel tessuto economico e
amministrativo dello Stato. Inoltre vengono trattati come dhimni ("infedeli protetti" ) e seppur
privi di autonomia politica preservano la loro identità culturale e religiosa. Nel 1863 il Sultano li
dichiara millet, cioè nazione in senso religioso.
La "Questione armena“ viene affrontata nel Trattato di Berlino del 1878 che vincola il
governo ottomano ad attuare delle riforme nelle province abitate dagli Armeni, in modo tale che
essi siano tutelati. L’attenzione delle grandi potenze (Francia, Inghilterra e Russia) verso gli
Armeni si deve principalmente al loro interesse nel tenere sotto controllo la situazione interna di
uno Stato così barcollante. Tuttavia gli Armeni pensano che l'atteggiamento degli occidentali
verso l’Impero Ottomano possa essere sfruttato per ottenere l’indipendenza dall'Impero.
Il sultano Abdul Hamid II decide di mettere alla prova le titubanti potenze straniere,
perseguitando con ferocia l’attivismo dei nazionalisti armeni: ad alcune manifestazioni armene
per le riforme, avvenute tra il 1894 e il 1896, il regime risponde con una sanguinosa
repressione. I morti sono migliaia e migliaia: c'è chi dice trentamila, chi dieci volte tanti.
Contro gli Armeni, il governo ottomano scatena pure l'etnia dei pastori Curdi, da sempre in
contrasto coi “contadini” armeni. Per loro sono stati studiati reparti speciali di cavalleria, i
cosiddetti hamidjies. Altri scontri si hanno nel 1904 a Sassun, con circa tremila morti.
Gruppi di Armeni si organizzano nella Federazione Rivoluzionaria Armena, detta anche
Dachnak, che intraprende la guerriglia.
I “giovani turchi” al potere
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Alla fine del secolo XIX, il potere imperiale è prossimo al collasso e prende sempre più forza il
movimento rivoluzionario dei Giovani Turchi, caratterizzato da un forte nazionalismo. Essi
propongono la federazione di tutti i popoli inclusi nell’Impero: una prospettiva che spinge il
variegato schieramento politico armeno a guardare con simpatia al nuovo movimento, guidato dal
partito Comitato Unione e Progresso (CUP). Ma è un tragico errore: nella sua politica non c’è posto
per i cristiani armeni.
Il nazionalismo dei Giovani Turchi promuove il Turanismo. Una ideologia, con punte di purezza
razziale, basata sulla convinzione che, quando tutti i popoli di lingua turca saranno uniti in una
stessa entità nazionale estesa dall'Asia Centrale al Mediterraneo, ritornerà l'età dell'oro in cui il
mitico Turan, l'antenato dei Turchi, lottava contro Ario, l'antenato degli ariani.
L'unione tra indipendenza nazionale e purezza razziale fu la premessa per la conquista dell'allora
provincia russa dell'Azerbaigian. Tra essa e la Turchia vi erano però proprio le terre armene.
Questa nuova campagna di conquista fornisce ai Giovani Turchi la giustificazione per
l’eliminazione del “pericolo armeno”. Nel 1909 iniziano i primi massacri: in Cilicia sono uccisi 30
mila armeni.
Nel 1914 inizia la tragedia. La Turchia entra in guerra a fianco dei tedeschi per conquistare i
territori azeri "irredenti", ma il suo esercito è sconfitto dalle forze russe (gennaio 1915). Il CUP,
guidato dai medici Nazim e Chakir, accusa gli Armeni di essere responsabili della sconfitta, per
non aver cooperato nella guerra ai russi. Nel febbraio 1915 battaglioni irregolari di ex detenuti
(tchété), con poteri pressoché assoluti, iniziarono l’eliminazione sistematica del popolo armeno.
Lo sterminio del 1915
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Lo sterminio del popolo armeno ha inizio nei primi mesi del 1915, per volontà del
triumvirato che guida il CUP, il partito dei Giovani Turchi allora al potere, e che è
composto dal capo del governo e ministro dell’Interno Talaat; dal ministro della Guerra
Enver e dal ministro della Marina Jemal.
Il 24 aprile 1915 scompaiono dalla nutrita comunità armena di Costantinopoli, capitale
ottomana, circa trecento persone. Essi appartengono alla classe dirigente della loro nazione,
che così si ritrova decapitata. La retata è portata a termine dalla gendarmeria del governo
ottomano il quale di lì a poco, con poche ma mirate disposizioni, pianificherà attentamente
l'eliminazione degli Armeni che, almeno in un primo momento, verrà camuffata sotto il
nome di “evacuazione militarmente necessaria delle zone di guerra”.
Nelle città viene diffuso un bando che intima alla popolazione armena di prepararsi per
essere deportata; si formano così grandi colonne nelle quali gli uomini validi vengono
portati al di fuori delle città e qui sterminati. Il resto della popolazione è indirizzato verso
Aleppo, ma la città sarà raggiunta solo da pochi superstiti: i nomadi curdi, l'ostilità della
popolazione turca, i tchété e le inumane condizioni a cui sono sottoposti fanno sì che i
deportati periscano in gran numero lungo il cammino.
Nel settembre 1915 il grosso del genocidio può considerarsi finito: durante la deportazione
e nei campi di sterminio del deserto siriano, hanno perso la vita circa un milione e mezzo di
Armeni.
Il processo di Costantinopoli
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La disfatta ottomana nella I guerra mondiale spinge i principali responsabili del genocidio a
fuggire in Germania. A loro carico è intentato un processo svoltosi nel 1919 a
Costantinopoli.
Più che rendere giustizia al popolo armeno, il fine era quello di addossare le colpe
dell'accaduto solo sui Giovani Turchi, discolpando la nazione turca in quanto tale.
Il processo non ha effetti pratici, perché non saranno mai presentate richieste di
estradizione e successivamente i verdetti della corte furono annullati. Tuttavia, il
procedimento contribuisce a raccogliere molte testimonianze sulle varie fasi del genocidio.
Si tengono anche altri processi riguardo a specifiche situazioni: in quello per i massacri del
convoglio di Yozgat è condannato il vice-governatore Kemal; mentre nel processo di
Trebisonda è riconosciuta la responsabilità del governatore e si descrive il modo in cui si
perpetrarono gli annegamenti di donne e bambini. Nel processo per il massacro nella città
di Karput è giudicato in contumacia Chakir, rivelando nel dettaglio il ruolo
dell'Organizzazione Speciale.
Poiché le autorità turche mancano di eseguire le sentenze emesse, il partito armeno
Dachnak organizzò dei giustizieri che elimineranno alcuni tra i principali responsabili del
genocidio. Sia Chakir che Azmi (il boia di Trebisonda), sono uccisi. E stessa sorte tocca a
Talaat (componente del triumvirato a capo del CUP): il 15 marzo 1921 l’attentatore
Solomon Tehlirian gli spara per le vie di Berlino. Le colpe a carico dell’ex ministro emerse
durante il processo, sono talmente terrificanti da far assolvere l’omicida.
Reazioni e testimonianze
Qui di seguito sono riportate le frasi pronunciate da esponenti politici turchi ed
europei sullo sterminio contro il popolo armeno.
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“E’ dovere di noi tutti effettuare nelle sue linee più ampie la realizzazione del nobile progetto
di cancellare l’esistenza degli armeni che per secoli hanno costituito una barriera al progresso
e alla civiltà dell’Impero…” ( Talaat, ministro turco - 18 novembre 1915)
“La Jemiet (Assemblea) ha deciso di salvare la madrepatria dalle ambizioni di questa razza
maledetta e … ha deciso di annientare tutti gli armeni viventi in Turchia, senza lasciarne vivo
nemmeno uno e a questo riguardo è stato dato al governo ampia libertà d’azione…”
(Comitato Unione e Progresso - 25 marzo 1915)
“Gli Armeni furono sospettati e sorvegliati dovunque, essi subirono una vera strage, peggiore
del massacro… Fu una strage e carneficina d'innocenti, cosa inaudita, una pagina nera, con la
violazione fragrante dei più sacrosanti diritti di umanità, di cristianità e di nazionalità…”
(Giacomo Gorrini - Console d'Italia in Trebisonda)
“Non vi è alcun dubbio che questo crimine sia stato pianificato ed eseguito per ragioni
politiche” (Sir Winston Churchill)
“Il governo turco si è reso colpevole di un massacro la cui atrocità eguaglia e supera qualsiasi
altro che la storia abbia mai registrato.” (George Cleménceau, Primo Ministro di
Francia)
Il riconoscimento internazionale del genocidio
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La Convenzione ONU sulla Prevenzione e
Punizione del Crimine di Genocidio,
descrive il genocidio come "atti commessi
con intenzione per distruggere, in intero
o in parte, un gruppo nazionale, etnico,
razziale o religioso”. Chiaramente questa
definizione si applica nel caso delle
atrocità commesse contro gli Armeni.
Poiché la Convenzione ONU fu adottata
nel 1948, trent’anni dopo il Genocidio
armeno, gli Armeni sparsi nel mondo
hanno cercato dai loro rispettivi governi il
riconoscimento formale dei crimini
commessi.
Paesi come Francia, Argentina, Grecia, e
la Russia, dove vivono gli Armeni
superstiti ed i loro discendenti, hanno
riconosciuto ufficialmente il Genocidio.
Tuttavia, l’attuale Repubblica di Turchia
nega platealmente che ci fu un
genocidio, facendo ostruzionismo agli
sforzi
per
un
riconoscimento
internazionale.
Due film sul genocidio armeno
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Nel 1992 il regista francese Claude
Verneuil ha realizzato un bellissimo film
che ha per sfondo la tragedia degli
Armeni: Quella strada chiamata
Paradiso, con Claudia Cardinale.
A dieci anni di distanza, nel maggio 2002,
usce il film Ararat, del canadese –
d’origine armena – Atom Egoyan. La
trama prende spunto dal genocidio
armeno avvenuto durante la I guerra
mondiale e suscita grandi polemiche,
perché la Turchia si oppone alla sua
presentazione in Festival internazionali.
Gli Armeni e l’Italia
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I rapporti degli Armeni con l’Italia risalgono ai tempi dei Romani:
Nerone incoronò re Tiridate I nel Foro di Roma nel 66 d.C.
Nel Medioevo, vi sono state relazioni commerciali con Venezia,
Livorno, Bari e Taranto: città marittime, dove ancor oggi si trovano
interessanti presenze armene. Famose inoltre le chiese di San
Gregorio Illuminatore a Napoli e di San Biagio della Pagnotta a
Roma, dove tutt’oggi si celebrano messe di rito armeno.
Alla fine del ‘300, caduto il regno di Cilicia, Padre Mekhitar giunse a
Venezia: qui fondò una comunità di monaci benedettini nell’isola di
S. Lazzaro, creando così un un centro di attività culturale e religiosa
ove nel 1512 fu stampato il primo libro in armeno.
Dopo la I guerra mondiale, si ha la diaspora degli Armeni e molti di
loro emigrarono in Italia. Al poeta Hrand Nazariantz si deve la
fondazione, negli anni ’20, del villaggio Nor Arax presso Bari, dove i
rifugiati fecero rinascere l’arte della confezione dei celebri tappeti
armeni. E sempre a quell’epoca risale l’esodo in Italia di 400 orfane
che le Suore Armene dell'Immacolata Concezione accolsero con l'
aiuto di papa Pio XI, il quale dapprima le fece ospitare nel Palazzo
Pontificio di Castelgandolfo dove rimasero fino al settembre del '23
quando si trasferirono a Torino.
A Milano si trova la principale comunità armena, i cui componenti
sono circa un migliaio. Il luogo di ritrovo è situato in Piazza Velasca
dove ha sede la Casa Armena, in cui vi è una biblioteca con un
migliaio di volumi e pubblicazioni dall'Armenia e dai membri della
diaspora. Il luogo di culto è costituito invece dalla chiesa dei Santi
Quaranta Martiri, consacrata dal Patriarca Armeno di Costantinopoli
nel 1958.
Roma: stele in memoria del 24
aprile 1915, data d’inizio delle
persecuzioni contro gli Armeni
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