Collegio IP.AS.VI. Trento “Professionisti di domani, una responsabilità etica ed intellettuale” BACKGROUND: La nostra è un’epoca che non conosce tragitti lineari e che vive di conflitti acutissimi sotto il peso della drammatica crisi economica internazionale e dei tagli trasversali imposti da una politica di spending review che rischia di mettere in discussione quell’idea di uguaglianza e di solidarietà intra e inter-generazionale su cui si fonda anche la nostra democrazia costituzionale. Senza uguaglianza e senza solidarietà la democrazia finisce con l’essere tradita, anche se questo impone di non distogliere l’attenzione dalla condizione reale delle persone e di promuovere quel catalogo dei diritti umani che non possiamo interpretare come un fardello da cui liberarsi né per esigenze di mercato né, tanto meno, per il contenimento dell’enorme deficit pubblico (oltre 2.000 miliardi di Euro) contratto da una classe politica molto attenta a badare agli interessi personali e molto poco a quelli delle persone più fragili. La difesa della democrazia impone ai professionisti della salute di prendere una posizione riguardo la complessità dei nostri tempi per caratterizzare i problemi e per indicare quelle soluzioni tecniche che la sfera politica deve avere il coraggio di portare a compimento: guardando alla dimensione dei diritti non già come un vincolo ma come una forte e concreta possibilità di esercizio del quel diritto di cittadinanza che continua a essere l’anima del nostro sistema di welfare: sistema che è oggi messo in forte tensione dalla transizione epidemiologica (invecchiamento della popolazione, dalla cronicità, dall’indebolimento della nostra struttura familiare che è sempre stata il fulcro del sistema di welfare italiano (dimostrata dall’incremento del numero delle persone occupate nell’assistenza privata domestica stimato in 840 mila unità) ed dall’esistenze di forti difformità regionali per la mancanza di un modello unico di assistenza agli anziani non autosufficienti. Difformità che sono all’origine di una forte disuguaglianza nel grado di copertura del bisogno da parte dei servizi pubblici e che si ripercuotono, purtroppo, sull’equità di quel sistema di sicurezza sociale cui hanno pensato i nostri Padri costituenti nel 1948, all’indomani della seconda guerra mondiale. L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno che interessa tutti i Paesi industrializzati anche se la mortalità infantile continua ad essere un grande problema dei Paesi più poveri. Il nostro Istituto centrale di statistica (ISTAT) stima che la popolazione sulla quale si concentra il maggior fabbisogno assistenziale - quella degli over-80enni - passerà nel 2030 dagli attuali 2,9 a 7,7 milioni di unità con un incremento delle persone non autosufficienti: queste passeranno da 2 milioni a 3,5 milioni di unità. Sempre l’ISTAT, con un’indagine Multiscopo effettuata alcuni anni fa ed aggiornata nel 2011, ha stimato l’esistenza, nel nostro Paese, di 2,6 milioni di disabili ai quali vanno aggiunte le 161.000 persone non autosufficienti ricoverate a tempo pieno in struttura residenziale (RSA); un’altra fonte informativa (CENSIS) stima invece l’esistenza nel nostro Paese di 4,1 milioni di persone non autosufficienti la prevalenza delle quali (3,5 milioni) sono over-65enni. Questi dati statistici ci dicono, dunque, che in Italia esisterebbero tra 2,9 e 4,1 milioni di persone non autosufficienti e che esse rappresentano una percentuale non trascurabile della nostra popolazione pur evidenziando l’ampiezza del range stimato che è in parte il frutto di proiezioni desunte con lo strumento dell’intervista telefonica: intervista che non consente certo di avere dati oggettivi e che ha grandissimi limiti non avendo, ad esempio, considerato i bambini disabili in età prescolare. Le conseguenze di questa vera e propria transizione epidemiologica e il loro impatto sull’incidenza delle malattie neurodegenerative sono, purtroppo, conosciuti. Il numero di questi malati è destinato a crescere progressivamente in tutte le nazioni occidentali avanzate: il numero delle persone dementi (stimato in 35,6 milioni) è destinato, dunque, a raddoppiare ogni 20 anni cosicchè, nel 2050, questi malati saranno 115,4 milioni. Guardando all’Italia le persone dementi, che si stimavano essere circa 800 mila alcuni anni fa, diventeranno 113 mila nel 2020 se si considera che questa malattia colpisce il 20% circa delle persone over-85enni con una percentuale che sale oltre il 30% negli over-90enni. Parallelamente a ciò incrementeranno i costi sociali per la cura e l’accudimento di queste persone che, a livello mondiale, è stimato in 600 miliardi di dollari pur con la precisazione che quasi il 90% di questa cifra è sostenuta dai Paesi occidentali industrializzati dove però si trova solo il 46% dei pazienti dementi: per questi costi si stima un incremento dell’85% entro il 2030 anche se è da dire che nel nostro Paese il 71,4% della spesa, stimata per persona in 60 mila Euro all’anno, gravano sulle famiglie e solo il restante sul Servizio sanitario nazionale (CENSIS, 2007). Questi costi sociali non tengono peraltro conto dei costi dell’accudimento familiare in termini di perdita di salute perché si stima che una percentuale variabile tra il 40 ed il 75% dei caregivers soffrono di significativi disagi psicologici e che il 1532% di essi sviluppino disturbi depressivi gravi: nel Regno Unito si stima che la spesa complessiva per le demenze sia superiore a quella per le malattie oncologiche benché la ricerca in quel settore riceva finanziamenti pari ad un dodicesimo di quelli destinati a queste ultime. In questo scenario generale le scelte di politica sanitaria non sono più differibili e la comunità professionale è tenuta ad intervenire nel dibattito pubblico per sollecitare il decisore politico a fare le scelte necessarie e ad orientarle tenuto conto che i diritti della persona umana richiedono effettiva esigibilità. In questo scenario, gli infermieri sono impegnati a riflettere criticamente sul proprio ruolo, non in maniera inconsapevole e sotto la pressione delle tendenze culturali del momento o delle forze sociali dominanti, ma riuscendo ad affrontare le problematiche in maniera obiettiva. Questo per addivenire a definire un’identità e una “coscienza” consolidata o consapevolezza di ciò che è, può e deve essere il suo ruolo all’interno dei nuovi scenari di salute e di welfare. Scenari dove diventa fondamentale per un professionista “qualificato”, la capacità di leggere e conoscere quelli che sono i bisogni di cui i cittadini ed il territorio sono portatori. Capacità di lettura che permette di agire in maniera integrata e sinergica con istituzioni e professionisti (interdisciplinarietà) proprio perché consapevole delle abilità / capacità esclusive di cui è portatore: l’assistenza infermieristica. Per i professionisti della salute, è oggi un impegno e dovere, acquisire e dimostrare: - Capacità di operare con una vision muldimensionale e interprofessionale - Capacità di agire e gestire in autonoma il proprio lavoro, - Capacità decisionale - Capacità di qualificarsi su risultati misurabili in termini di salute e benessere per le persone assistite (intese come singoli utenti, famigliari, collettività, contesti organizzativi e decisori politici) - Capacità di misurare la propria abilità e competenza con l’assunzione piena di responsabilità. È quindi necessario, aver chiaro il quadro di riferimento fatto di saperi, regole, norme deontologiche, disponibilità di risorse umane, tecnologiche ed economiche (sostenibilità vera del sistema di welfare intesa come interventi e servizi possibili perché qualificati e di dimostrata efficacia), di criteri e metodi per agire e governare il sistema con una consapevolezza ben orientata ma nello stesso tempo critica e capace di proporre soluzioni, azioni, strategie innovative perché capaci di garantire una vera presa in carico dei bisogni delle persone, proponendo interventi ed azioni mirate e personalizzate, definite in relazione al contesto sistema generale di welfare. Ci troviamo di fronte ad un nuovo scenario, con aspetti problematici, ma anche ricco di possibilità per tutti e, in particolare per la professione infermieristica perché capace di offrire risposte in tutti i contesti dove si realizza “salute” per i cittadini e la collettività ed anche perché capace di integrarsi e operare avendo sempre chiaro il focus del suo mandato: la persona. PREMESSA : Per provare a dare una prima risposta a questo nuovo contesto, il Collegio IPASVI di Trento, ha pensato ad un momento culturale di sensibilizzazione e consapevolezza, ove riflettere criticamente assieme sul nuovo scenario, soprattutto rispetto: Ai principi e valori che entrano in gioco nell’assistenza quotidiana alla persona Al nuovo contesto sociale ed economico , ed ai mutati bisogni di salute dei cittadini Ai nuovi scenari sanitari Ai cambiamenti generali che avvengono nel mondo del lavoro Alla definizione di competenze professionali evolute su ambiti e contesti nuovi e diversificati come richiesto da un welfare nuovo. Questo dibattito è finalizzato quindi per individuare, nelle dimensioni etico deontologiche e di contesto socio politico ed economico, criteri di riferimento per ripensare e quindi proporre un approccio od un modello di riferimento per l’esercizio professionale infermieristico. OBIETTIVO GENERALE: Permettere alla comunità professionale di intervenire, in maniera consapevole ed informata, nel dibattito pubblico per sollecitare i decisori politici a fare le scelte necessarie e ad orientarle, tenuto conto che i diritti della persona umana richiedono effettiva eleggibilità. Individuare inoltre, quelli che sono gli elementi fondanti di un modello professionale infermieristico per un’assistenza infermieristica che sia garante di una presa in carico appropriata, di valorizzare l’apporto che ogni infermiere può / deve garantire e valorizzare e riconoscerne la professionalità e capacità. OBIETTIVI SPECIFICI: presentare i riferimenti che connotano e caratterizzano il contesto socio culturale economico normativo attuale approfondire le conoscenze rispetto al cambiamento sociale, economico in essere e cogliere le possibili ricadute per l’assistenza infermieristica. riconoscere il codice deontologico quale strumento fondamentale per l’esercizio professionale migliorato e rispettoso dei valori della comunità nella quale è chiamato a garantire la propria opera fornire elementi per orientare i professionisti della salute verso comportamenti professionali coerenti con i bisogni assistenziali della collettività.