PARROCCHIA S.GIOVANNI EVANGELISTA
GAVIRATE
in cammino...
Natale 2008
Appena gli angeli si furono allontanati
per tornare al cielo, i pastori dicevano
fra loro: «Andiamo fino a Betlemme,
vediamo questo avvenimento che il
Signore ci ha fatto conoscere».
Andarono senz'indugio e trovarono
Maria e Giuseppe e il bambino,
che giaceva nella mangiatoia...
I pastori poi se ne tornarono,
glorificando e lodando Dio
per tutto quello che avevano udito e
visto, com'era stato detto loro....
Gherardo delle Notti, Adorazione dei Pastori
Solo lasciandoci coinvolgere anche
noi, fino a metterci in cammino,
scopriremo che la notizia” è vera..
e ne sperimenteremo la forza
sconvolgente...
due eventi da non perdere...
Sabato 20 dicembre
ore 21.00 in Chiesa
rappresentazione di:
In nome
della
Madre
di Erri de Luca
Regia U. Zanoletti
Ingresso libero
6 gennaio 2009 ore 14.30
Sacra Rappresentazione:
“il Quarto Re”
Inizio da piazza del Municipio
In cammino...
editoriale
Editoriale
Spettatori ... o protagonisti?
Si misero in cammino...
L’ unico modo
per cogliere la Verità
della Buona Notizia
che ci è data
è metterci
in cammino!
Il cammino
è condizione scomoda
e ci fa paura.
Viviamo in un mondo
in cui si parla molto,
ma difficilmente
si prende la decisione
di incominciare
a fare...
Ma il cammino
è anche condizione
affascinante:
camminando,
il cuore si riscalda,
l’intelligenza si illumina,
si ravviva la speranza,
si percepisce
la prossimità
del mistero...
Che il Natale
che viviamo insieme,
sia per noi l’occasione
di rimetterci
in cammino,
di scendere di nuovo
in campo!
Èssere soltanto spettatori! È spesso la
condizione dell’uomo di fronte alla
sua vita, alla sua storia. Tutto ci
passa davanti, ma dov’è davvero lo
spazio dalla nostra decisione, della
nostra libertà, del nostro coinvolgimento? Lo spettatore è altro rispetto
a ciò che gli passa davanti. E questa
estraneità è spesso la sensazione dell’uomo nei confronti della sua vita.
Essere spettatori e a volte tutto ciò
che ci è lasciato dalla violenza delle situazioni e dai giochi e dalle dinamiche
che ci sfuggono e sono più grandi di
noi. Spesso essere spettatori è invece il
ruolo che ci ritagliamo noi stessi, spinti
dalle nostre paure e dall’amore di
quella comodità, che sembra difenderci dall’eccessiva complessità, che
rende ingovernabili le situazioni.
Ma essere spettatori ci estranea dalla
storia e dalla verità delle cose. Tutto ci
passa davanti come cosa di altri, come
altro rispetto a noi e alla nostra vita. E
alla fine tutto si riduce ad un sogno irreale, ad un gioco più o meno affascinante. E noi chi siamo?
Dio non ha scelto questo ruolo per sè
nei confronti del mondo e della storia
dell’uomo. Si è coinvolto, si è messo in
cammino ed è venuto. In questa decisione della sua libertà e del suo amore
il mondo è diventato per lui reale e la
sua presenza nel mondo verità.
Dunque mettersi in cammino, andare
verso, scendere in campo è il principio
da cui nasce una storia vera, nascono
esperienze cariche di concretezza e di
realtà, capaci di riempire la vita e di
fare emergere la sua originale e irripetibile verità.
Una storia vera non tollera spettatori!
Essere spettatori e stare a vedere significa rifiutare la bellezza dell’opera di Dio, sottrarci
all’invito di quel volto, il
volto di Gesù, in cui Dio è
definitivamente e realmente presente. Proprio
questo volto ci interpella
e ci affascina, si chiama
cioè a vivere con lui la
ventura di quel “faccia
faccia”, che cambia la vita.
C’è un unico modo di rispondere alla verità di questa venuta, di questo cammino che si
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L.Vernansal, Adorazione dei pastori
conclude con una presenza reale, ed è
quello di metterci a nostra volta in
cammino, di decidere di esserci, di rispondere all’invito, al fascino di questa presenza, di andare a vedere che
cosa c’è dentro a questo mistero per
noi e per la nostra vita.
Accanto alla culla di Gesù ci sono persone che decidono di partire e di andare a vedere. Ci sono i pastori e i
magi, ma ci sono anche persone che rimangono arroccate nella loro città e
mandano altri a vedere per loro. Questi ultimi, così, scelgono in concreto la
strada del rifiuto, del rimanere per
sempre prigionieri delle loro tenebre.
Uscire e mettersi in cammino è l’unico
modo per incontrare l’altro, per fare
esperienza della verità di quella presenza, che ci è annunciata e che ci invita. E’ l’unico modo di costatare di
persona che questa presenza non è una
favola, ma realtà, che può essere vista,
toccata con mano, che concretamente è
in grado di riempire la vita di gioia.
Ma anche l’unico modo di scoprire che
anche noi ci siamo, che le nostre decisioni sono esperienze reali e non solo
un gioco, che lascia le cose come
prima.
Ma che cosa può spingerci a metterci
in cammino, a rompere l’assedio di
quella paura di quella comodità, che
condannano la vita e progressivamente la spengono? L’esperienza
esemplare dei magi e dei pastori ci risponde che il cammino è innanzitutto
suscitato dal desiderio e dall’attesa del
cuore. Per poter metterci in cammino
occorre essere uomini che vegliano
nella notte o persone che hanno il coraggio di vivere scrutando il cielo. Solo
così, ravvivando continuamente il desiderio del cuore, ascoltando la domanda che è in noi, domanda di
pienezza e di eternità, possiamo essere
aperti, ed essere disponibili ad uscire
In cammino...
da noi stessi per metterci in cammino. Collegata al desiderio e all’attesa sta l’ attenzione ai segni. Ci sono
segni, che indicano con chiarezza
che non è qui, ma altrove la pienezza
della vita, che l’incontro che salva
non è mai alle spalle, come cosa già
avvenuta, ma davanti, come cosa
che ci attira. Infine, ma e la cosa che
sorregge anche le prime due e sta
prima di ogni altra cosa, c’è la grazia
del mistero. È la forza misteriosa ma
reale di quella presenza che attira
anche da molto lontano, anche chi è
apparentemente più chiuso e lontano dalla verità. Attira non con la
paura ma con la bellezza. Dicono i
pastori: “andiamo a vedere questa
cosa bella che ci è annunciata”.
Certo il cammino è sempre una condizione scomoda e difficile. Noi sappiamo che nella parola di Dio, il
cammino è sempre accompagnato
da molti lamenti, da molti rimpianti
e da molte tentazioni. È la difficoltà
del cammino! Non basta mettersi in
cammino, bisogna saper rinnovare
continuamente la decisione di camminare, perché altrimenti ci si ferma
o si ritorna al punto da cui si è partiti. Ma nello stesso tempo il cammino è esperienza affascinante. C’è
la percezione di qualcosa che attira e
che porta. La parola di Dio usa
un’espressione molto bella: “ricordati - dice Dio al suo popolo - di
quando io ti ho portato come su ali
di aquila”. C’è qualcosa dunque che
sorregge il piede gonfiato, qualcosa
che impedisce all’abito di logorarsi
del tutto. C’è un’acqua che scaturisce dalla roccia, ci sono le quaglie e la manna che
arrivano al momento
giusto, c’è qualcosa di
non conosciuto che
diventa il cibo,
che alimenta
la nostra
vita. Sono
i miracoli
belli che
accompagnano
il
cammino e
aiutano a superare la fatica,
e
trasformano
la fatica in occasione provvidenziale di
crescita e di scoperta del Signore.
Proprio nella fatica
l’uomo si lamenta
e il lamento apre la
all’interporta
vento di Dio e alla
manifestazione del
suo amore.
Così dunque, nel
camino, Dio continua a venire, ma
anche noi continuiamo ad andare
verso di lui. Nel
cammino avviene
l’incontro. Senza
mai essere arrivati,
ci si accorge ad un
certo punto di
camminare
insieme,
Dio
e
l’uomo, si sperimenta che non si è
più soli, che ad un
certo punto c’’è un
viaggiatore dapprima sconosciuto
e forse un po’ importuno, che diventa però sempre
più necessario per il cammino, sempre più desiderabile per il cuore e
per le sue domande. Nel cammino
nasce la comunione, che salva e
riempie la vita. Noi facciamo l’esperienza che davvero Dio è presente,
che la sua presenza la si può vedere,
la si può toccare con mano, è cosa
reale e vera: è verità!
Nel cammino l’uomo fa le esperienze più belle della sua vita. Innanzitutto l’esperienza della libertà.
Il cammino smaschera l’idolo, la
verità che è diventata idolo.
L’idolo non ama il cammino,
rinchiude si di sè, come il vitello d’oro nel deserto. Il Dio
vero pone in cammino, invita
continuamente a camminare,
l’idolo invece accondiscende alla richieste della
nostra comodità e così
impone il suo potere e
uccide la vita. Non c’è
libertà se non nel camino, nella continua
uscita da quelle sicurezze
e da quelle verità il cui
senso è rimandare oltre. Il
cammino ci libera dall’abbraccio mortale di un Dio
diventato idolo, di una verità diventata schema opprimente per la vita.
E ancora il cammino libera la
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editoriale
J. de Ribera, Adorazione dei pastori
vita da ogni banalità e da ogni rassegnazione. La vita in cammino è
capace di leggere, di appassionarsi
ai segni, di trasformare anche le piccole esperienze quotidiane in segni,
che rivelano qualcosa di grande. E
cosi una stella può diventare il
segno della presenza di un Re straordinario, così come l’acqua o la
manna nel deserto erano il segno
della presenza di Dio per il suo popolo. Non c’è nulla di banale, tutto
diventa grande, carico di significato.
E ci si accorge che pur non potendo
stringere nulla definitivamente nelle
mani, perché siamo ancora in cammino, tutto diventa veramente
grande e nostro, entra nella nostra
storia e ci fa crescere, porta a quel
mistero che noi cerchiamo, ci permette già di vivere non solo alla presenza, ma dentro il mistero stesso.
È il Natale che vogliamo vivere insieme! Metterci in cammino, andare
anche noi alla ricerca di quella presenza che ci è annunciata, perché
soltanto così possiamo scoprire, toccare con mano che Dio è veramente
il “Dio con noi” ed, ancor di più,
sentire che noi siamo con lui, che già
la nostra è condivisione della vita di
Dio.
Buon Natale!
Don Piero
in cammino...
Natale
Beati i poveri in spirito
Natale:
L’amore del Padre che fa
di suo figlio uno di noi
Aggrappati alle tue vesti
Chi si mette in cammino accetta di lasciarsi condurre. Ha
vinto delle resistenze che però, nel viaggio, ritorneranno,
e dovrà imparare a lasciarsi plasmare un’altra volta, come
cosa nuova. Chi si mette in cammino non ha nulla da
perdere, ha toccato la propria nudità spirituale, la propria
miseria, e chiede di essere colmato. Gli si domanda di lasciare da parte la propria volontà, di farsi condurre dove
Lui vuole. Palestra difficile, se la grazia non intervenisse
a muoverci internamente con un anelito. Mi piace pensare la stella come il fuoco dell’intuizione, della sorpresa,
della passione che spinge al viaggio. Essa guida come
la nube nel lungo attraversare il deserto di Mosè e degli
Israeliti. Ha una delicatezza materna di attenzioni, conduce il passo lungo i sentieri, ricorda la
voce certa del Pastore che conosce una per una
le pecore. Il Salvatore cantato dai profeti è un
bambino. E’ fragile, rispettoso, non impone. E’ disarmato, nasce in una notte qualunque, accorrono ad adorarlo i pastori, i poveri in spirito. Per
adorarlo davvero dobbiamo essere poveri in spirito. Essere stati sconfitti. Essere aperti ad ascoltarlo. Fare ciò che Lui chiede. Essere come
l’emorroissa che si aggrappa alle Sue vesti, invocando salvezza. Che Lui nasca davvero in noi.
Che ci riporti l’incanto degli inizi. La libertà fiduciosa di dire: “Sia fatta la Tua volontà”.
Roberta Lentà
Narra una leggenda che appena i pastori ricevettero dagli
angeli la notizia della nascita di Gesù, si affrettarono ad
andare a trovarlo. Tutti portavano un dono: lana, latte,
agnelli, capretti, … Si stavano incamminando, ma Shamir,
16 anni, non voleva unirsi al folto gruppo poiché non
aveva nulla fa offrire come regalo. Tutti si fecero avanti
per dargli qualche dono da portare. Ma Shamir si rifiutò.
Così il dono non sarebbe stato veramente suo. La nonna
del villaggio lo persuase ad unirsi agli altri. Shamir le obbedì. Arrivati alla grotta i pastori volevano consegnare
nelle mani di Maria i loro doni, ma lei aveva in braccio
Gesù e Giuseppe dava il fieno all’asino. Allora Maria si
Dalla parte
dell’Angelo
Certo negli ultimi tempi, la figura dell’Angelo è stata
un bel po’ bistrattata. In anni non troppo lontani
quando si pretendeva di dover razionalizzare tutto, di
passare ogni cosa sotto la lente dell’indagine minuziosa, critica e scientifica, per l’Angelo non c’era più posto. Si diceva gli Angeli che
sono realtà del mito, rappresentazioni simboliche, non certo esseri viventi. Alcuni biblisti, facendo appello alla psicologia e alla psicoanalisi, liquidavano gli Angeli come “rappresentazioni antropomorfe” di Dio (in altre parole, per non compromettere il mistero di
Dio, la sua trascendenza, la Bibbia parlerebbe al suo posto di Angeli). In anni più recenti, invece, c’è stata un’esplosione dell’immagine dell’Angelo, proprio al di fuori del cristianesimo ecclesiale. Nella letteratura, nei film, nelle canzoni, nella pubblicità tutti fanno
ricorso all’Angelo, perché piace, vende, è di moda. Varrebbe la pena, allora, che noi cristiani dicessimo: giù le mani dall’Angelo, cercando di riscoprire (almeno noi) il mistero dell’Angelo, il messaggero di Dio, colui che è di casa nel cielo di Dio, l’Angelo custode. Nei
racconti evangelici gli Angeli accompagnano il dipanarsi della esistenza del Signore Gesù, entrando sulla scena nei momenti più significativi. L'Arcangelo Gabriele annuncia a Zaccaria nel tempio il miracoloso concepimento di Giovanni Battista, il precursore di
Gesù. Sei mesi dopo lo stesso Arcangelo si reca a Nazaret nella casa di Maria e le preannuncia la nascita dell’Emmanuele dal suo
grembo. Lo straordinario evento viene annunciato al mondo a dei poveri pastori: «Non temete! Vi porto una bella notizia che procurerà grande gioia a tutto il popolo. Oggi per voi nella città di Davide è nato il Salvatore, il Cristo, il Signore. Lo riconoscerete così:
troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia» (Lc 2, 10-12). Gli Angeli sono ancora presenti nel momento della
Resurrezione di Gesù. A Maria Maddalena e a Maria di Giacomo, accorse di buon mattino alla tomba di Gesù, l'Angelo disse:
«Non abbiate paura. So che cercate Gesù, quello che hanno crocifisso. Non è qui perché è risuscitato come aveva detto. Venite a vedere dove era il suo corpo. Ora andate, presto! Andate a dire ai suoi discepoli: "È risuscitato dai morti e vi aspetta in Galilea"» (Mt
28, 5-7). Sia chiaro, per riconoscere l’Angelo occorre essere disposti alla “sorpresa”, saper fuoriuscire dai pregiudizi, dalla routine che
generano incredulità, cosi da “mettersi in cammino” e vedere il Signore e le sue meraviglie.
Marco Vergottini
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in cammino...
Natale
accorse di Samir che non aveva nulla in
mano, e gli disse: “Shamir, prendi Gesù in
braccio e portalo a tutti”.
Così avviene anche a noi, se sappiamo
svuotarci di noi stessi per riempirci di Gesù.
Sta a noi accoglierlo coi suoi doni e rivelare
la bellezza della sua presenza viva in noi.
Ma come renderlo visibile con la nostra vita?
Ci risponde Benedetto XVI: “L’autenticità
della nostra adesione a Cristo si verifica
specialmente nell’amore e nella sollecitudine per i più deboli e per i più poveri, per
chi si trova in maggior pericolo e in più grave
difficoltà”. La chiesa in Italia ha una grande
tradizione di vicinanza, aiuto e solidarietà
verso i bisognosi, gli ammalati, gli emarginati, che trova la sua espressione più alta in
una serie meravigliosa di “Santi della Carità”. Questa tradizione continua anche oggi
e si fa carico delle molte forme di nuove povertà morali e materiali. È importante che
tutte le testimonianze di Carità conservino
sempre alto e luminoso il loro profilo specifico: nutrendosi di umiltà e di fiducia nel Signore; mantenendosi libere da suggestioni
ideologiche e da simpatie partitiche; e sopratutto misurando il proprio sguardo sullo
sguardo del Cristo. È importante l’azione
pratica, ma conta ancora di più la partecipazione personale ai bisogni e alle sofferenze del prossimo. Così la carità della
chiesa rende visibile l’amore di Dio e rende
così convincente la nostra fede nel Dio incarnato, crocifisso e risorto.
Qui troviamo tutta la nostra vocazione di operatori della
Caritas, qui troviamo il vero Natale di Gesù che ancor oggi
incontra e cambia la nostra vita. Questo è il santo Natale
che siamo chiamati ad annunciare e così augurare:
Caravaggio, Adorazione dei pastori
Non c’è comunità
senza solidarietà
(da un’intervista a Caterina)
Spesso nelle nostre preghiere comunitarie si prega per i
poveri, gli ammalati e gli afflitti, Ma bastano le parole? A
tutti è evidente che alle preghiere devono seguire i fatti.
Proprio per questo motivo nella parrocchia opera da alcuni anni la Caritas, che stabilisce un ponte tra chi è nel
bisogno e la comunità. Alcuni volontari prestano gratuitamente e con entusiasmo parte del loro tempo. Ma i bisogni sono tanti. Occorrono altre persone generose per
cercare di soddisfare le numerose necessità. Alla Caritas
si rivolgono persone di tutte le provenienze e di tutti i tipi,
regolari ed irregolari, di Gavirate e da fuori. A tutti fa sentire la sua amicizia. Ma le esigenze sono tante e diversificate. Si va dalla emergenza degli irregolari a cui si può
dare soltanto l’aiuto per sopravvivere, a quelli regolari coi
quali si cerca di stabilire un cammino per uscire dall’indigenza.Ormai anche tra i gaviratesi è sempre più diffusa
la disoccupazione, soprattutto a causa della crisi in atto
che porta alla chiusura di alcune attività. Sono soprattutto
le persone più anziane senza qualifiche particolari, che
hanno maggiore difficoltà a trovare un nuovo posto di lavoro. Da qui sono frequenti le cadute in stati depressivi o
nell’alcolismo creando disastri in famiglia. La Caritas, col
supporto della Caritas Diocesana, ascolta, affianca chi è
nel bisogno ed indirizza anche agli altri enti che operano
nel territorio: altre Caritas territoriali, i servizi sociali delle
Signore Gesù in questo Natale
voglio accendere una stella
Una stella per guardare a quelli
a cui nessuno presta attenzione,
per portare un po’ di luce nel loro cuore
Una stella per ascoltare quelli
a cui nessuno offre un po’ di tempo,
per riscaldare il loro cuore
Una stella per parlare e procurare un po’ di gioia
con semplici parole di comprensione e di tenerezza
Una stella per servire i fratelli
che sperimentano l’abbandono,
la malattia e la solitudine
Una stella per profumare la vita con tanti piccoli,
umili gesti di carità.
Auguri di santo Natale
Caterina
Facciamo l’occhiolino a Dio
(Jean-Marie Lustiger)
Andate a cercare nella vostra giornata i momenti fissi
e associate una preghiera, anche solo per un breve
istante. Fatevi una preghiera come questa: “Signore, ti
prego fai che sorrida a tutte quelle persone che oggi
incontrerò. Anche se non ne avrò la forza.
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in cammino...
Cose di questo mondo
I bisogni
Si va dai bisogni primari: alimenti, vestiti, lavoro, abitazioni e bollette, a quelle di disagio personale come la violenza in famiglia e le malattie. Per i bambini, specie delle
scuole medie, c’è anche la necessità di supporto scolastico.Quando si tratta di stranieri si aggiungono anche i
problemi di lingua e di collegamento con le strutture esistenti.
Come fornire il proprio aiuto
Si va dalle donazioni di vestiti, biancheria, attrezzature
casalinghe e giocattoli in buono stato, all’offerta di lavoro
o di un po’ del proprio tempo. Particolarmente utile è la
consultazione della bacheca posta all’inizio della navata
di destra, dove sono indicati i bisogni più urgenti.Si può
fornire la propria disponibilità a chiamata, o sistematicamente con qualche ora durante la settimana. Anche i professionisti possono fornire gratuitamente la loro
competenza professionale, particolarmente nel campo
legale, medico e sociale.
I tipi di servizio presso la Caritas che possono essere
prestati sono: gestione del magazzino, ripetizioni scolastiche, segreteria e centro di ascolto. Un buon modo per
essere utili per i giovani pensionati.
Giotto, Adorazione dei Magi
varie amministrazioni comunali e il Banco Alimentare, che
forniscono alcuni tipi particolari di aiuto.La Caritas non da
mai denaro ma solo cose e informazioni, tra cui la segnalazione di badanti dotate di permesso di soggiorno.
Per informazioni telefonare a Caterina
340.905.4173
Cose di questo mondo
Immigrati, solidarietà
senza slogan
I numeri
I cittadini stranieri ufficialmente residenti in Italia al 1°
gennaio 2008 sono 3.432.651, di cui 767 mila minorenni
ed il 62,5% risiede al nord, oltre ai 45.485 che hanno già
acquisito la cittadinanza Italiana. Nell’ultimo anno sono
aumentati di 493.729 unità (+16,8%) di cui 283.078
(+82,7%) rumeni. I maschi sono 1.701.817 e femmine
1.730.834. Gli stranieri hanno raggiunto il 5,8 % delle popolazione residente in linea con quella degli altri grandi
paesi europei, che però sono di più antica immigrazione.
Le principali origini dei cittadini stranieri sono:
Romania
Albania
Marocco
Cina
Ucraina
Filippine
Tunisia
Polonia
625.278
401.949
365.908
156.519
132.718
105.675
93.601
90.218
Macedonia
India
Ecuador
Perù
Egitto
Moldova
Serbia
Senegal
78.090
77.432
73.235
70.755
69.572
68.591
68.542
62.620
400.000 Romeni, e sono concentrati specialmente al nord.
Nella provincia di Varese, si stima che siano circa 7.000.
La posizione della chiesa
È espressa dalle associazioni caritative tra cui hanno una
posizione di rilievo le Missioni e la Caritas, che opera secondo la dottrina sociale della chiesa che indica la pari dignità di tutte le persone senza distinzione alcuna. Questo
significa che quando si trova davanti ad un uomo, anche se
clandestino, che ha fame e freddo, lo soccorre o, se è ammalato, cerca di procuragli le prime cure. Questo non si-
In Lombardia sono 815.335 e rappresentano 8,5 % della popolazione, mentre a Varese sono 56.521 pari al 6.5% della
popolazione con prevalenza di Albanesi (9.685). Per quanto
riguarda i clandestini non possono esistere dati certi ma al
cune stime ipotizzano che siano oltre 600.000, di cui
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In cammino...
Cose di questo mondo
e rispettavano le leggi dei paesi che
li ospitavano.
Le soluzioni
gnifica che vada contro le leggi dello
stato ma che non fa mai mancare
quella solidarietà, prevista anche
dalla nostra costituzione, a chi si
trova in uno stato di necessità. Ma
l’attività principale è rivolta a chi è residente ed ha la necessità di migliorare la sua situazione e abbia
bisogno di assistenza per trovare il
suo percorso, vuoi per mancanza di
mezzi, o di conoscenze o per difficoltà di comunicazione. A chi è clandestino cerca di indicare scelte
rispettose delle nostre leggi.
Immigrati e delinquenza
I carcerati in Italia sono 55.000 il 31%
dei quali sono stranieri, prevalentemente per reati collegati alla droga
(55%). Le condanne che subiscono
di norma sono tra 3 e 5 anni. La presenza nelle carceri degli stranieri è
determinata anche dall’impossibilità
per molti di loro di avere gli arresti domiciliari, non avendo fissa dimora
(basti citare che a Milano nel carcere
di san Vittore, dove stanno i detenuti
in attesa di giudizio, il 70% dei detenuti è straniero).
I problemi
Chi è a favore di minori limiti all’immigrazione sostiene: gli stranieri
sono necessari perché ci sono lavori
che gli italiani non vogliono più fare;
non si fanno più figli e ci sono troppi
pensionati da mantenere; siamo
stati anche noi immigrati e quindi
sappiamo cosa vuol dire emigrare;
l’arrivo dei nuovi può arricchire la
nostra cultura come già nella nostra
storia è avvenuto.
Chi è contro ad una maggior apertura delle frontiere obietta: il flusso
di cittadini stranieri sembra inarrestabile e sta diventando un’invasione; ci sono italiani che perdono il
lavoro perché arrivano persone che
accettano retribuzioni più basse e
lavoro nero, aumentando così i disoccupati e i poveri tra i gli italiani;
molti di loro, che non trovano o non
vogliono il lavoro, delinquono, e così
ci riempiono le carceri; ci sono molti
che li assistono o fanno loro elemosine e così li incoraggiano a non lavorare; stanno distruggendo la
nostra cultura ed il nostro sistema
sociale; invece quando gli italiani andavano all’estero, lavoravano sodo
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In realtà tutti hanno un po’ di ragione, poiché possono citare fatti e
situazioni che possono dare loro ragione. Difficile è la loro valutazione
complessiva. Ma per i problemi complessi non ci sono risposte semplici.
Non si può rispondere con slogan
od accuse generiche ai problemi
reali. Occorre andare a fondo ai problemi, distinguere le diverse situazioni, non nascondere la testa sotto
la sabbia, ma studiare le situazioni
e fornire la propria collaborazione.
Necessitano accordi internazionali,
leggi efficaci, strutture adeguate ed
impegno di tutti. Occorre che sia rinforzata la nostra identità per poter
raccogliere gli stimoli delle altre culture e poterci realmente arricchire e
non accettare il principio di una società così detta multiculturale senza
un progetto basato su valori comuni
per un’adeguata e pacifica integrazione, altrimenti si pongono le basi
della distruzione della società. Ma di
una cosa tutti ci dobbiamo rendere
conto: la globalizzazione dei mercati
porta un maggior numero di paesi a
competere tra loro per una maggiore
ridistribuzione delle ricchezze a livello mondiale, con un impoverimento delle nazioni più ricche, che
possono difendersi solo specializzandosi nella produzione di prodotti
e servizi più sofisticati. Per fare questo occorre che aumenti il grado di
istruzione dei lavoratori e si abbandoni il sovvenzionamento delle attività poco redditizie che possono
essere svolte più convenientemente
dai paesi da cui vengono gli immigrati. Ma siccome questo non si può
fare in un tempo breve, bisogna che
i consumatori siano disposti a pagare un po’ di più alcune merci privilegiando i prodotti e i servizi
nazionali, rinunciando a scelte più
esotiche. Ma gli ostacoli su questa
via sono tanti: le guerre, il terrorismo, il fanatismo, i preconcetti,
l’egoismo di molti. Noi tutti dobbiamo
reagire con senso di responsabilità
nell’aiuto e nel sostegno a quanti si
impegnano a trovare le soluzioni e
nell’educare i giovani ad uscire dalle
utopie, impegnarsi ed assumere le
loro responsabilità. Solo quando si
sarà stabilita una maggior giustizia
internazionale non dovremo più assistere alle migrazioni di massa
come oggi stanno avvenendo.
(da una ricerca di Luciano Folpini)
in cammino...
Cose di questo mondo
Perché dobbiamo esser contenti
quando gli islamici pregano
La presenza dei non-europei, i cosiddetti
extra-comunitari (islamici, in particolare)
crea fondate preoccupazioni e allarmismi
esagerati. L’incontro tra culture diverse è un
momento delicato. Ma il tempo passa e medica: le generazioni imparano a conoscersi
e a intendersi. Alla fine non vince il gruppo
più numeroso, non perde la compagine
meno intraprendente. Perdono tutti e due i
gruppi se si fanno la guerra, vincono tutti insieme se percorrono la via complessa e accidentata della integrazione: questo insegna
la storia. Eppure si registrano quotidianamente atti di intolleranza e più spesso fatti
razzisti e criminali che condanniamo senza
attenuanti, ma che dicono che alcuni tra noi
ritengono più utile prendere scorciatoie che
non vanno da nessuna parte e, in più, fanno
solo perdere tempo. Per come rendere operante l’integrazione tutto è discutibile, tutto è perfettibile. Tuttavia c’è un
aspetto che non dovrebbe essere opinabile: quando un
uomo, di qualsiasi religione, chiede un luogo pubblico per
poter pregare dovrebbe trovare in una società civile ponti
d’oro. Quando un uomo invoca il suo Dio, tutti dovrebbero
gioirne perché un uomo che si relaziona alla divinità è un
essere umile, che riconosce la sua fragilità, che sente prepotente il desiderio di guardare in alto, che non intende
soccombere alle proprie debolezze, che guarda al vicino
come a un fratello, che non sa da dove viene, ma intuisce
la meta del suo viaggio, oltre la terra. Dunque l’uomo che
si inginocchia in preghiera si riconosce parte di un comune
destino, dentro un giro immortale. Quando un uomo prega
Dio si intenerisce, perché sente l’anelito profondo della sua
creatura, perché lo vede camminare a fatica, ma nella giusta direzione, perché rinviene una flebile, ma sicura ragione di speranza per un mondo di pace. La controprova?
Te lo immagini Dio che si sfrega le mani perché quei suoi
figli che si dicono vicini a lui spianano le costole degli “infedeli”? Quando un uomo prega, non importa come prega,
non conta sapere perché prega, non ci preme scoprire con
chi si unisce in preghiera, non è poi così decisivo neppure
individuare il suo Dio. Quando un uomo prega, a chiunque
si rivolga, entra nel Mistero. E allora? Allora sospendiamo
il giudizio, rispettiamo il suo credo, favoriamo il suo raccoglimento, manteniamo il silenzio, uniamoci nella preghiera,
se possibile. Davanti al Mistero non si discute, è insensato
dare corda ai pregiudizi. Dio, l’unico Dio, è un Dio geloso,
è un Dio esigente e – ammonisce la Bibbia – ha dimostrato
di poter essere anche un Dio terribile. Perché quando saremo davanti all’Eterno dovremo rendere conto della qualità della nostra vita spirituale e potremo contare solo sulla
Sua misericordia. Ma alla domanda: “Hai forse ostacolato
la preghiera di qualche tuo fratello? L’hai magari impedita
o boicottata? Te l’ho forse insegnato io?” come potremmo
difenderci e giustificarci se non siamo innocenti?
Angela Lischetti
Sul caso Englaro
un clamore assordante,
da stadio
(Giovanni Ucci - 22 Novembre 2008)
Pubblichiamo per gentile concessione del settimanale diocesano di Pavia,“Il Ticino”, un intervento del prof. Giovanni
Ucci (Direttore della UO di Oncologia - Ospedale A. Manzoni di Lecco) relativamente all’acceso dibattito intervenuto a margine del “caso Englaro”. Non si tratta – come
traspare dalle stesse parole del medico – di una riflessione
conclusa e definitiva su questa vicenda che chiama in
gioco aspetti medici, bioetici e morali di grande complessità. L’invito è
quello di non
abbandonarsi a
sentenze facili,
Con le cure palliative l’eutanasia
dogmatiche e
perentorie, ma
non sfonda
di
lasciarsi proNessuno oggi chiede di staccare la
vocare
dai
spina, se viene accompagnato con
dubbi, dalle softerapie di sostegno e con umanità
ferenze e dalle
(Marco Pierotti, direttore scientifico
incertezze che
Istituto dei Tumori di Milano)
accompagnano
questa triste vicenda.
Nessuno
può
ritenere di possedere la soluzione in tasca non i parenti,
non gli scienziati, non i politici e neppure gli stessi credenti.
Su questa esperienza che chiama in causa il limite e la finitezza umana occorre mettersi in stato di ricerca. Una ricerca, sincera, appassionata, critica, ma anche
misericordiosa. Senza dimenticare che la vita piena, per
Eluana e per ciascuno di noi, sarà quella che si dischiuderà nella comunione con il Padre, amante della vita.
8
in cammino...
Cose di questo mondo
Sono medico e faccio l’oncologo. La mia professione mi
porta spesso a parlare della morte, degli altri, agli altri.
Molti mi compatiscono perché considerano il mio lavoro
pesante e troppo coinvolgente. Io penso di essere privilegiato anche perché la mia professione mi offre un punto
di osservazione speciale e mi permette, anzi mi impone,
riflessioni che altrimenti non mi sarebbero concesse. Il
“caso Englaro”, che nelle scorse settimane era diventato
un brusio di attesa della “sentenza della Cassazione, si è
trasformato negli ultimi giorni in un clamore assordante,
da stadio. Ognuno prende posizione, chi in nome della
civiltà e del progresso, chi in nome della “vita” (come se
la Vita avesse bisogno di essere difesa da noi). Di quale
vita non si sa: sempre quella di Eluana, suppongo. Il
papà ha combattuto una battaglia in nome della libertà di
morire. Avrebbe potuto combatterla in silenzio, tra le
mura di casa ed invece ha scelto di affrontare il clamore
della cronaca per affermare un principio. Una battaglia
estenuante: chissà che un giorno non ci tocchi ringraziarlo!
Altri si sono arroccati a difesa della vita, hanno parlato di
eutanasia, di assassinio come se ci fosse un solo modo di
morire e come se avessimo realmente, noi uomini, la possibilità, di determinare ciò che ci accade. Eluana è viva
per un puro caso: se lo stesso incidente fosse avvenuto
qualche anno prima, se l’urto fosse stato appena un po’
più violento, se l’ambulanza avesse tardato qualche minuto, se il rianimatore fosse stato meno determinato, se
fosse mancata una fiala di adrenalina, se l’infermiere
avesse dimenticato di caricare l’ossigeno, se..., se..., se...,
Eluana sarebbe morta 17 anni fa e oggi non avremmo
nessun caso Englaro. Ma una, serie di coincidenze (coincidenze?) hanno voluto che Eluana sia lì, nella clinica di
Lecco a vivere una vita che non avrebbe voluto vivere,
almeno pare. Gli amici e le persone a lei più vicine.
hanno testimoniato che Eluana non avrebbe mai voluto
sopravvivere in questo stato. Si obietta, giustamente, che
una ragazza di 16 anni, nel pieno del vigore della giovinezza non può immaginare cosa voglia dire sopravvivere in stato vegetativo: se potessimo: chiederglielo, oggi
forse direbbe che ha cambiato opinione. Ma non possiamo, e allora? La parola ai medici che dovrebbero decidere infischiandosene del parere liberamente espresso
in precedenza da una persona nel pieno delle sue facoltà,
mentali ed avvertita delle conseguenze che la sua decisione può avere sul suo futuro. Un amico mi ha detto:
”Guarda, se capita a me non staccare nessuna spina; piuttosto prendine qualcuna di riserva”. Un altro invece: “Ti
raccomando, se toccasse a me non lasciarmi in quelle
condizioni”. Aiuto! Nelle tavole rotonde a cui ho partecipato, nei dibattiti la domanda ricorrente era: ma dopo
17 anni di coma secondo lei sarebbe possibile che Eluana
si risvegli. La mia risposta, sempre: penso di no e comunque è improbabile; la mia riflessione: ma è rilevante?
È veramente importante, allo stato delle cose, per decidere se “staccare la spina”, se sfilare il sondino con cui
viene alimentata, sapere se esiste ancora una vaga possibilità, dopo 17 anni, che Eluana possa riprendere coscienza e come Lazzaro, alzarsi e tornare ad una vita di
relazione normale? Ma la stessa domanda la si può rigirare nel verso opposto: per mantenere il sondino e proseguire l’alimentazione artificiale è cosi importante
sapere che Eluana ha una sia pur minima possibilità di risveglio? Mi sorprende e mi crea disagio il fatto che ci si
appelli a requisiti tecnici per giustificare la vita: la morte
cerebrale non è più vita e quindi, a chi è in questo stato
si possono espiantare organi: una vita di serie B. La vita
di serie A invece, quella di Eluana, quella in cui il respiro
è autonomo e alcune funzioni cerebrali sono mantenute,
ma è necessario alimentare artificialmente l’organismo,
pulire gli escrementi, curare le infezioni, questa è una
vita che merita di essere “difesa”.
Mi pare di sentire le discussioni sull’aborto dove alcuni
cercano di individuare il momento in cui un embrione
possa essere veramente definito un individuo: una cellula,
10 cellule, cento cellule...? O forse l’embrione andrebbe difeso ancor prima del concepimento insegnando alla gente
il rispetto per se stessi e per gli altri, incitandola ad affrontare la vita senza timori, con apertura e disponibilità,
nel bene e nel male, a trovare un senso in tutto ciò che accade. E quanti in questi giorni hanno considerato le molte
vite che i denari spesi per alimentare e curare Eluana
avrebbero potuto salvare in paesi falcidiati dalla piaga
della fame, delle malattie infettive e dell’AIDS. Grande attenzione alla vita del corpo e nessuna ricerca di quello che
c’è oltre il corpo, della Forza che muove il mondo, dell’Amore che muove le montagne. Perché la battaglia di
Beppino Englaro non potrebbe
essere considerata una battaglia d’amore, verso Eluana
certo, ma anche verso tutti noi,
verso la società, un amore collettivo. Ma c’è anche l’amore,
sincero e disinteressato, la tenerezza delle suorine che vorrebbero adottare Eluana e
curarla ed accudirla fino al traguardo naturale (naturale?) del
suo cammino terreno.
Di amore si muore e questo è
ciò che probabilmente capiterà
ad Eluana. Ho molte domande, nessuna risposta e
poche idee, confuse. Non dubito che una legge sia necessaria e mi auguro che venga
concordata quanto prima, ma
sia chiaro: sarà comunque una
legge fatta da uomini per gli
uomini.
9
In cammino...
Cose di questo mondo
Le nostre famiglie
Importanza dei piccoli gesti...
Le cronache di questi giorni sono
zeppe di atti di violenza tra uomini e
donne. Non solo nelle famiglie ma
anche nelle unioni di qualunque tipo.
Prevale la passione: il prendere, sull’amore: il dare. Ci sono casi di giovani che dopo un matrimonio,
preceduto da un lungo fidanzamento
e magari anche da periodi di convivenza, si separano dopo pochi mesi
e a volte in modo drammatico. Allora
non è poi così vero che i giovani che
hanno una “storia d’amore” debbano
avere un’esperienza di vita in comune per provare se impegnarsi nel
matrimonio. Come per pretendere di
avere un coniuge in affitto. Questi
fallimenti dimostrano che il male non
sta nel matrimonio ma in qualcosa di
più profondo. Io ho avuto occasione
di incontrare un bel libretto: “Il pensiero del Cardinale tra uomo e futuro”, di Ersilio Tonini, edito dalla
Banca dei Progetti. Una raccolta
delle sue risposte ai lettori di Epoca.
A tali risposte mi sono riferito nel cercare di mettere a fuoco alcuni temi
relativi alla vita matrimoniale.
Il divorzio e il matrimonio
religioso
Ai tanti che si chiedono se la chiesa
debba rendere più difficili i matrimoni, il cardinale risponde:
“Quando due si consegnano l’uno all’altro
in
libertà,
la
chiesa, che è
solo testimone,
non può limitare questa
l i b e r t à .”
Questo non
esclude
che la comunità cristiana, per
la sua lunga
esperienza,
debba comunque col suo
consiglio dare il
giusto senso al
patto matrimoniale, alle
responsabilità che ne deri-
vano e descrivere il vero amore,
prima come espressione della
mente e poi del cuore, per non ridurre gli affetti solo ad emozioni, per
loro natura instabili e transitorie.
Solo così può nascere un rapporto
duraturo basato sulla stima reciproca. Solo chi è educato ad amare
può sperare di rendere la vita matrimoniale un esaltante progetto di
vita. Spesso: “Va dove ti porta il
cuore”, non è altro che un illusorio
slogan.
La vita
matrimoniale
La vita tra gli
sposi è una
corsa ad
ostacoli
da superare grazie
ai
piccoli
g e s t i
quotidiani ispirati dalla
pazienza e
dalla stima
reciproca.
Non esiste chi
non sbaglia. La
bibbia dice: “Il giusto
cade sette volte al giorno
10
(Pv.24,16)”. L’importante è non andare alla continua ricerca di chi ha
la colpa. Ma sapere sempre chiedere scusa anche quando si pensa
di avere ragione. Essere sempre
pronti a dare il vero perdono. Quello
che viene dal cuore. I piccoli bisticci
e i piccoli difetti, se radicalizzati,
possono portare allo sfascio. Se uno
è troppo insistente su una cosa, l’altro lo diventa su un’altra, poiché è
inevitabile uno scontro di personalità che si supera solo se si sa sopportare, tollerare, usare ironia, ma
soprattutto se si vuole voler bene. E
così certi comportamenti, che possono irritare, passano in secondo
piano. Così, quando si è in due ed
uno cade, l’altro lo rialza.
Un progetto antico
La chiesa non ha inventato il matrimonio religioso ma ripete l’insegnamento di Gesù che lo ha voluto
indissolubile come era all’origine,
perché sapeva che solo un impegno
esclusivo mette al riparo dalle illusioni e dalla sofferenza. L’uomo e la
donna sono diversi, complementari
e fatti per vivere uno scambio non di
merce ma di vita. Uno scambio totale alla pari, segno dell’alta dignità
di figli di Dio. Una ricetta che se vissuta secondo i suoi insegnamenti ha
sempre mostrato la sua superiorità
ri-
in cammino...
Cose di questo mondo
spetto altre soluzioni. Noi troviamo scritto:
malvagi. Le prime vittime del male sono i più deboli, con
“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che
infanzia sbalestrata, tra liti famigliari, umiliazioni, e disono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vosprezzo di chi dovrebbe amarli. Fanno così come per
stre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico legprendersi una rivincita. Ma ci sono anche tanti giovani
gero" (Mt.11,28-30)
che cadono vittima della depressione e ricorrono ai far" per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i
maci o alla droghe. In modo particolare a questi ragazzi,
due saranno una carne sola. Sicché non sono più
gli uomini di fede devono annunciare che Dio ha
due, ma una sola carne. L'uomo dunque non
un progetto su di loro. Dio chiede di più a
separi ciò che Dio ha congiunto". (Mc.
chi più ama.
10,2-9)
La fede e la presenza di Dio
Chiunque ripudia la propria moglie
Riscoprire il significato
Tutto nella famiglia è più facile se
e ne sposa un'altra, commette
alto
della
famiglia
senza
lasi pratica la fede. Ma tanti si
adulterio; chi sposa una donna
ripudiata dal marito, commette
sciarci irrigidire dalle nostre chiedono: come mai se Dio c’è
non si fa vedere? È una doadulterio.(Mc.10,11-12).
paure...
manda antica che posero
“chiunque guarda una donna
anche a Gesù che rispose: il
per desiderarla, ha già comricco
…, il segno di
messo adulterio nel suo cuore”
...e ricordarci sempre che Dio è Gionaepulone
…,
chi
conosce
me …
(Mt.5,28)
con
noi,
perchè
con
noi
si
è
imNoi
non
abbiamo
la
capacità
di
“ la moglie non si separi dal mavedere
Dio.
Per
vedere
Dio,
rito - e qualora si separi, rimanga
pegnato nel nostro matrimoanche se presente, dobbiamo
senza sposarsi o si riconcili con il
nio...
uscire
dalla condizione presente.
marito - e il marito non ripudi la moPer
questo
egli ci mandò suo Figlio.
glie. (I Cor. 1-11)
Tuttavia
se
siamo
attenti possiamo ricoOggi queste parole sono ritenute superate
noscerlo
dentro
di
noi
nella vera carità,
mentre, se fossero ben comprese e vissute, si
espressione
d’una
vita
divina,
e
in molti segni: nel
scoprirebbe che indicano la migliore scelta per la reacreato,
nella
storia
e
nella
vostra
vita.
Quanta
meraviglia
lizzazione di un progetto di vita con una famiglia unita
ci
circonda
ed
è
dentro
di
noi!
Quante
decisioni
e azioni
nell’affrontare le prove e condividere le gioie.
apparentemente inspiegabili abbiamo preso spinti da una
Lo scopo della famiglia
forza misteriosa? Quante opportunità di fare del bene si
presentano inaspettatamente nella nostra vita? Quante
Nel progetto di vita i figli hanno un posto importante,
volte si è accesa in noi la speranza? Quante volte lo absenza per questo rendere inutili i matrimoni che non
biamo pregato? Coraggio, Dio c’è.
hanno la fortuna di averli. Anzi questi sono forse più liPer Kairòs una recensione di Luciano Folpini
beri di allargare i confini della propria famiglia e rendere
l’amore per il prossimo una realtà viva. Ma comunque la
famiglia è scuola di vita per sperimentare il vivere con
l’impegno e l’umiltà di tutti i suoi partecipanti per raggiungere una vita serena, senza correre dietro agli onori
e alle ricchezze.
L’educazione dei figli
I figli sono i primi spettatori di quello che fanno i genitori.
Essi devono valutare l’effetto che ogni loro comportamento può avere su di loro. Mai costringerli ed assistere
a liti che portano a schierasi e dividere la famiglia. Se una
casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi.
I ragazzi hanno il bisogno di sentire di valere, che esprimono con un insaziabile richiesta di attenzione, di
ascolto, di scambio, di senso di appartenenza. Vogliono
sentirsi insostituibili. Ogni giovane deve cercare di essere
migliore davanti agli uomini superando la tentazione di
essere il più forte, più celebre, più importante, più ricco.
Questo è possibile solo se i genitori non hanno la testa,
e a volte anche il cuore, altrove. A loro non servono i regali di valore ma di scarso significato. Oggi i giovani cercano in primo luogo la realizzazione di se stessi e danno
poco al senso del dovere e alle buone maniere. Pretendono che i genitori non ritengano di avere sempre ragione, ma sappiano mostrarsi degni di fiducia, ossia
sappiano avere autorevolezza e non autorità.
I giovani ed il male
Quanti giovani sono vittime ed assumono comportamenti
11
In cammino...
Vita della Comunità
La comunità vive...
C’è un oratorio...
e c’è chi ci crede!
Attirati da un sogno
Se vuoi costruire una nave non cominciare a predisporre progetti, a cercare il
legname, a trovare lavoratori, a suddividere i compiti. Prima di tutto ispira
negli uomini il desiderio del mare.Non
ricordo né dove né quando ho letto
questa frase, ma ricordo bene l’impressione che ha suscitato, e che tuttora suscita, in me. Vi sono racchiusi tutto il
senso di smarrimento che si prova davanti a un grande lavoro da fare e insieme tutta la poesia dell’inseguire un
sogno, tutta l’energia che questo dispiega. Cosi dovrebbe essere ogni cammino ecclesiale: proteso con fiducia
verso quel Signore Gesù che attira a sé
i nostri cuori incerti. Così è chiamato
ad essere il cammino del nostro
oratorio! Dopo
un’ estate ricca
di iniziative con
il mese di ottobre
sono ricomiciati
i cammini più ordinari, tra i quali
la catechesi dei
preadolescenti e
degli adolescenti, che si tengono sabato
pomeriggio rispettivamente alle 17.30 e
alle 18. Questi due cammini sono particolarmente importanti perché intervengono in un momento fondamentale
della vita: quando i nostri ragazzi sono
chiamati a delineare la propria identità,
spesso senza rendersene conto. Ciò
che sta alla base è
la convinzione che
il Signore Gesù
abbia qualcosa da
dire alla nostra vita
in ogni momento,
e che l’ascolto
della sua Parola ci
possa aiutare a costruire bene la no-
stra vita e la nostra personalità. Va ricordata anche l’animazione della domenica pomeriggio in oratorio, in
particolare quella dell’Avvento, che
nasce dal desiderio di far vivere bene il
giorno del Signore (questo infatti è il significato di domenica), dal desiderio di
costruire un ambiente in cui sia bello
trovarsi per giocare insieme, far merenda, pregare. Si potrebbero poi ricordare l’attenzione alla Messa domenicale,
i tanti ritiri d’Avvento, il gruppo chierichetti, i cammini del decanino: tante
iniziative e tanti appuntamenti davanti
ai quali possiamo farci prendere dall’ansia, dallo sconforto, dalla fatica oppure
dall’entusiasmo di chi sa di seguire il Signore Gesù.
Il sogno che ci guida e ci attrae è quello
In oratorio dopo la Cresima…
l’avventura continua!
Dopo la Cresima ci sentiamo più maturi, pronti per
affrontare scelte sempre più importanti e pensiamo
che il catechismo ora ci voglia aiutare anche in questo e a maturare, approfondire il rapporto con Cristo.
Prima della Cresima il catechismo era più concentrato sulla storia cristiana e sulla scelta della Confermazione. Ora ci sentiamo più coinvolti considerati più adulti per questo ora ci viene anche chiesto cosa ne
pensiamo riguardo a ciò di cui si parla, si discute delle cose di tutti i giorni e di come dovremmo vivere davvero la vita cristiana, il rapporto tra noi e gli altri e nella comunità. Partecipiamo di più anche agli incontri
in oratorio, che è diventato un punto di riferimento, e alle domeniche in Chiesa dove ci sentiamo sempre
ben accolti e "utili", anche grazie al coretto. Quindi cogliamo l'occasione per invitare bambini e ragazzi a
partecipare al coretto della chiesa, ci troviamo la domenica alle 10.00 le prove per la Messa. E’ un modo più
bello per partecipare. E alla domenica pomeriggio dalle 14.30 tutti in oratorio... Si gioca, si ride, si sta insieme!
Alice, Chiara, Benedetta, Eleonora, Lucia e Pierandrea
12
in cammino...
Vita della Comunità
di costruire in oratorio una vera casa: una casa al cui centro vi
sia il Signore Gesù e nessun altro, una casa dove ciascuno possa
sentirsi accolto e non rifiutato, una casa dove ciascuno possa
mettere a disposizione i propri talenti, una casa in cui le molte
attività convergano in un unico cammino, una casa dove i più
grandi accompagnino il cammino dei più piccoli, una casa
viva, vivace, gioiosa, dove le stanchezze e le fatiche si portano
insieme, dove le gioie e gli entusiasmi si mettono a disposizione di tutti. Qualcuno ci dirà che il cammino è troppo lungo,
gli ostacoli troppo numerosi, le forze troppo poche, le persone
non adatte: eppure Gesù in compagnia di dodici timorosi, titubanti e traditori ha sognato per noi un mondo governato
dalla legge dell’amore. Ma costruire un oratorio così non può
essere l’impegno di qualcuno: tutti noi dobbiamo sentirci chiamati dal Signore Gesù a questo impegno, dobbiamo sapere che
c’è qualcuno che attende il nostro aiuto, il nostro impegno o
talvolta anche solo una parola buona e la nostra preghiera.
Matteo
Se sapeste quanto vi amo
piangereste di gioia
credibilità: “Se fosse qualcosa di umano - ha dichiarato - si sarebbero
stancati. Invece sono ragazzi: bravi, puliti, normali. Non si sono mai
contraddetti. Gli esperimenti scientifici hanno dimostrato che effettivamente non mentono.” Dopo la
testimonianza di
Gigi Leva è intervenuta Emma Antognazza, collabora trice anche di
Radio Maria, la
quale si è soffermata sui messaggi
che la Madonna ha
dato e continua a
dare ai ragazzi. I
messaggi che la Vergine Maria ha consegnato in questi 27 anni ai veggenti (che dal 25 gennaio 1987 sono
diventati mensili) e tramite la veggente Marija a tutto il mondo, possono essere raggruppati in cinque aree tematiche: conversione, fede, preghiera, confessione ed eucaristia, digiuno e penitenza. Emma ha spiegato
che la Madonna vuole comunicarci che l’uomo non ha pace perché è senza
Dio. Il cammino spirituale inizia dentro di noi, poi si trasmette nella
nostra famiglia e poi nel mondo dove viviamo. Emma ha letto alcuni dei
numerosissimi messaggi che la Vergine Maria ha dato ai veggenti. Il
primo quello del 25 giugno 1981: “Io sono la Beata Vergine Maria.
Pace. Pace. Pace. Riconciliatevi. Riconciliatevi con Dio e tra di voi. E per
fare questo è necessario credere, pregare, digiunare e confessarsi!” “Sono
tanti - ha poi proseguito Emma - i messaggi. Il più importante è sicuramente l’appello alla conversione. La Vergine ha detto: -Affrettatevi a
convertirvi. Quando si manifesterà sulla collina il segno promesso sarà
troppo tardi - (2 settembre 1982). Oppure: -Sono venuta a chiamare il
mondo alla conversione per l’ultima volta. In seguito non apparirò più
sulla terra.” Per quanto riguarda la preghiera Emma ha affermato che
la Madonna ad ogni messaggio ringrazia per aver risposto alla sua chiamata, anche solo per aver iniziato a pregare, se non sappiamo pregare.
Come l’aria, l’acqua e il cibo sono necessari per la vita fisica, la preghiera
è necessaria per la vita spirituale. Nel suo messaggio del 12 giugno 1986
ha detto: “Cari figli, oggi vi invito a cominciare a dire il Rosario con
fede viva, così io potrò aiutarvi. Voi, cari figli, desiderate ricevere grazie,
ma non pregate. Io non vi posso aiutare dato che voi non desiderate
muovervi. Cari figli, vi invito a pregare il Rosario. Il Rosario sia per voi
un impegno da eseguire con gioia, così comprenderete perché sono da così
tanto tempo con voi: desidero insegnarvi a pregare. Grazie per aver risposto alla mia chiamata! - (25 aprile 2001) Cari figli, anche oggi vi
invito alla preghiera. Figlioli, la preghiera opera miracoli. Quando siete
stanchi e malati e non sapete il senso della vostra vita, prendete il rosario e pregate; pregate finché la preghiera diventi un'incontro gioioso con
il vostro Salvatore. Sono con voi e intercedo e prego per voi, figlioli. Grazie per aver risposto alla mia chiamata“. Al termine dell’incontro c’è stato
un dibattito sorto da alcune domande relative ai segreti donati ai veggenti e alla durata delle apparizioni. Qualcuno si è chiesto se 27 anni non
fossero un po’ troppi. Sia Emma, sia Gigi hanno risposto che non spetta
a noi giudicare le azioni della Madonna. E poi è bene ricordare che a
Laus in Francia, nel Seicento, Maria è apparsa ad una contadina per 54
anni di seguito e quell’apparizione è stata riconosciuta.
Giacomo Moretti
La realtà ed il mistero della Vergine Maria
a Medjugorje
Si è svolto sabato 25 ottobre scorso presso l’oratorio San Luigi Gonzaga
di Gavirate un incontro-testimonianza sulla realtà di Medjugorje, un
piccolo paese della Bosnia-Erzegovina dove dal giugno 1981 sei ragazzi
dichiarano di vedere la Vergine Maria, la Regina della Pace come lei
stessa si è definita. Ora gli ex ragazzi sono diventati adulti, hanno formato una famiglia e vivono ormai in paesi diversi, continuano tuttavia
ad avere le visioni ovunque si trovino. Questo incontro è nato dal desiderio di alcuni di noi di compiere un pellegrinaggio a Medjugorie, nel
mese di ottobre che non è stato possibile realizzare. Nel colloquio con
Emma Antognazza dell’Associazione amici di Medjugorje”, è emerso che
prima di andare a Medjugorje sarebbe stato auspicabile sapere cos’è veramente questo singolare luogo. Provocati da questa semplice constatazione insieme a Carlo Sommaruga e Massimo Mastrorilli si è voluta
organizzare una serata di approfondimento. Il mediatore dell’incontro è
stato Carlo Sommaruga. Sono intervenuti come relatori Gigi Leva e
Emma Antognazza dell’Associazione e gruppo di preghiera Amici di
Medjugorje di Varese. Gigi Leva ha parlato della sua personale esperienza
di conversione. Invitato ad andare a Medjugorje da alcuni suoi amici,
aveva accettato soltanto per aiutarli nell’organizzazione del viaggio. Ma
una volta giunti si è sentito accolto dalla Vergine Maria. Infatti, di fronte
ad alcune difficoltà molto pratiche, il frate che era lì con lui lo ha invitato a pregare. Dopo un’iniziale esitazione si è inginocchiato ed ha iniziato a recitare l’Ave Maria; in quel momento si è sentito abbracciato
dall’amore della Madonna. Potrebbe sembrare un’esperienza sentimentale, ma non lo è. Sono molti quelli che, andando a Medjugorje, hanno
la grazia di percepire la presenza di Maria. In quel luogo la Madonna
appare viva e gloriosa, parla, converte, guarisce. Nella sua testimonianza
Gigi Leva ha raccontato anche della personale amicizia che, in tutti questi anni, ha stabilito con i veggenti, sempre disponibili a parlare con i pellegrini. Ricordiamo che i vescovi hanno dato un giudizio attendista che
lascia aperti ulteriori sviluppi. La Chiesa non può pronunciarsi finché le
apparizioni continuano. Durante l’incontro sono stati proiettati alcuni
filmati realizzati durante le prime apparizioni. “Infatti - ha spiegato
Gigi Leva - per la prima volta nella storia si è in grado di avere una
chiara e dettagliata risposta dalla scienza alla domanda relativa a cosa
accade quando i sei ragazzi di Medjugorje dicono di vedere la Madonna.
Si potrebbe dire - ha continuato Gigi Leva – che questo sia l’unico caso
che ha potuto essere davvero indagato approfonditamente dagli studiosi
nelle condizioni ottimali” Tutti i sei veggenti sono stati sottoposti a numerosi esperimenti. In particolare con l’ausilio dei filmati Gigi Leva si è
intrattenuto sulla reazione degli occhi dei veggenti durante le apparizioni. Infatti, da uno studio sulle pupille di Marja Pavlovic, si è scoperto
che poco prima dell’estasi essa si presentava con un diametro pari a 36%
del diametro totale dell’iride. Durante l’estasi, invece, la pupilla appariva
dilatata con un diametro pari al 55% del diametro totale dell’iride. Subito dopo l’estasi la pupillometria si riduceva al 32% rispetto al diametro dell’iride. Tutto questo a condizioni invariate di luce. Gigi Leva ha
poi affrontato il punto riguardante la credibilità dei veggenti. Egli ha affermato che nella durata del fenomeno è ravvisabile un chiaro indizio di
13
in cammino...
Vita della Comunità
Ancora sul natale...
Rappresentazione teatrale sul libro di Erri De
Luca: ”In nome della madre”
È il titolo dell’ultimo romanzo di Erri De Luca ed è uscito nell’autunno
scorso con Feltrinelli. La storia è quella di Maria, una ragazza come tante,
promessa sposa di Giuseppe, alla quale appare un angelo che sconvolge
tutta la sua esistenza: dopo quell’incontro nulla sarebbe tornato come
prima. Aveva in grembo un figlio, figlio suo ma anche di Dio. Troviamo in
queste pagine l’amore smisurato di Giuseppe per la sua sposa che lo porta
ad affrontare con lei la gravidanza e quello che essa comporta, le male voci
del paese, il viaggi. Maria resta donna, viene raccontata nella sua umanità,
con le sue paure, le sue domande davanti al Mistero che stava nascendo
in lei. Così i due legati da una grande armonia e dalla stessa fede in Dio travolgono ogni costume, ogni legge per permettere la nascita del bambino
che Maria portava in grembo. L’adolescenza di Maria smette da un’ora all’altra ed è proprio lei a narrarlo in prima persona. Straordinario il modo in
cui l’autore sia riuscito rendere il pensiero di Maria: mentre leggevo mi
sentivo coinvolta al punto quasi di vedere davanti agli occhi quello che veniva man mano narrato, riuscivo a immaginare e vivere le sensazioni, i pensieri di Maria.
La rappresentazione del libro sarà
sabato 20 dicembre alle ore 21 in Chiesa.
Se avete occasione di leggere il libro non esitate: ne vale davvero la pena!
2 notizie sull’autore…
Erri De Luca è nato a Napoli nel 1950, ha esercitato diversi mestieri manuali
in Africa, Francia, Italia: camionista, operaio, muratore, attualmente, giornalista politicamente impegnato, vive a Roma ed è opinionista de "Il Manifesto". Studia da autodidatta l'ebraico e ha tradotto alcuni libri della Bibbia
Anche quest’anno insieme ai
Magi per le vie di Gavirate
Lo scorso anno la rappresentazione dei Magi è stata bella, ha coinvolto diverse persone della comunità, associazioni e gruppi del
paese. Perché non farlo anche quest’anno e riunirci ancora nell’organizzazione di un evento simile? Ci siamo già trovati con i responsabili dei lavori, con gli amici di Fignano, con la nostra Pro
Loco e con alcuni parrocchiani volonterosi che hanno a cuore il
perfezionamento e la buona riuscita di questo momento. A guidarci una storia particolare che non tutti forse conoscono: La leggenda del QUARTO RE. Un piccolo riassunto per chi fosse
proprio a digiuno. Artabano, il Quarto Re, parte con gli altri Re
Magi e aveva con sé delle pietre preziose da portare al bambino insieme all’oro, all’incenso e alla mirra, ma durante la strada si ferma
per aiutare alcuni personaggi che incontra e per i quali spende le
pietre che avrebbe dovuto portare alla capanna. Arrivato, in ritardo, davanti al bambino e a mani vuote non sa che dare al suo
Signore ed è triste per questo… ma gli viene detto che il fatto di
non aver esitato a donare le sue pietre e il suo tempo per i fratelli
bisognosi che aveva incontrato sulla era il dono più gradito. Così
saremo tutti impegnati ad animare al meglio questa storia che
quest’anno si svolgerà per le vie del centro, dalla piazza del Comune alla Chiesa. Speriamo che i personaggi coinvolti siano sempre di più, nel coretto, nelle coreografie, nella rappresentazione.
Ci auguriamo anche di essere in molti a sentire il richiamo e ad
essere semplicemente presenti a questo momento di ritrovo e di
festa della comunità, perché è anche intorno a questo che ci riconosciamo “famiglia nel Signore”.Vi aspettiamo numerosi, c’è
davvero spazio per tutti e attività di ogni tipo(insomma non ci
sono scuse!) e per chi non ha occasione di venire prima l’appuntamento per vivere insieme la Sacra Rappresentazione è:
Martedì 6 Gennaio alle 14.30
in piazza del comune
14
Disegnaci
Disegnaci nel fiato
l’orchestra della cometa,
perché anelito
sia cosa inscritta,
libertà segreta
di risurrezione
dai giorni sterili.
Combacia la forma
delle braccia
alla Tua forma,
insegnaci il riposo
di essere in Te solo
cosa compiuta.
Sii la sinfonia nuda
che irraggia il mattino
dai boccioli di giglio,
l’inizio come attesa interna,
dello spiegare il giorno
nel Tuo respiro.
Roberta Lentà
In cammino...
Vita della Comunità
Le festività nel mondo
La curiosità è da ritenere una dimensione positiva che, se non deformata, incoraggia l’indagine e la scoperta dei fenomeni naturali,
scientifici e sociali. Ho acquistato proprio in
questi giorni un’agenda tipo famiglia del prossimo 2009 e, da subito, ho voluto sfogliare alcune pagine iniziali. Queste solitamente non si
guardano e si aspetta ad utilizzare l’agenda ai
primi del nuovo anno quando già si è presi
dagli impegni quotidiani. In anticipo quindi
ho sfogliato queste pagine, soffermandomi ad
osservare, con particolare attenzione, il quadro
delle “Festività del mondo”. In esso sono indicate, mese per mese, e per tutte le Nazioni i
giorni di festività previsti dal rispettivo calendario. La mia attenzione si è rivolta a verificare
Madre della Grazia
Madre d’ogni grazia
la grazia tua, tentata,
del trino candore il giglio;
tu che l’impura argilla,
da palmi oscuri offerta,
non cogliesti a lenire il tuo dolore.
E dell’uomo misero che sono,
nel cuore impuro, fai crogiolo
che questo orrore muta: in oro;
e non è mio, questo tesoro.
So le tue lacrime lo strazio
sopra la cenere e gli impuri sputi
che il mondo getta, anche su me:
ferocia, sdegno, curiosità;
ma più profondo il tuo dolore al ricadere,
questo mio cedere incessante,
a risalire il monte:
lama più aguzza nel tuo cuore,
Madre delle madri, Madre di lei,
così addolorata...
al non poter baciare le ferite,
come di Lui, cui solo dopo la morte,
il Tuo materno labbro, poserà.
Oltre le grazie, fulgide, d’ogni Veronica,
il bacio, Tuo di Madre, è il solo issopo
a dilavare aceto e fiele,
che un poco, ho assaporati anch’io.
Più alta di un’alta preghiera
se come il Figlio Prediletto,
che amando non trattieni,
un poco m’abbandono
e perdo il viver mio,
che piango, nell’alito che soffia
il nome Tuo, di Madre!
Noi, figli, di un unico”Ecco Tuo Figlio“;
mistica doglia, il parto di noi;
è nostra vita il tuo dolore,
Madre mia, Madre di lei,
Madre di me.
la data del Natale. Che cosa ho scoperto ?
Che nel mese di dicembre Israele registra
una festività il 12 e non il 25 dicembre e
ciò sembra ovvio. Il Giappone il 23/12
perché in questo stato vige la religione scintoista e buddista. Quello però che stupisce
di più è che né in Russia né in Turchia, a
dicembre, figuri alcuna festività. Devo pensare che in realtà non sia proprio così perché, ad esempio, in Russia, essendo
presente la Chiesa Ortodossa, il Natale sia
festeggiato e forse pure in Turchia. Ma si
deve rilevare che in questi due stati non figurano festività ufficiali: si andrà anche al
lavoro il giorno di Natale? Non lo so, però
il 25 non è annoverato nelle festività ufficiali. Questa rilevazione mi ha fatto pensare
G. De la Tour
a molti risvolti politici, sociali e religiosi che
potrebbero essere chiamati in causa al fine
di porre in luce queste differenze che poquanto è Dio è onnisciente; riscontriamo la notrebbero essere definite separazioni del mondo
stra debolezza fisica e morale, ma Lui è la perfein due grandi settori. Ma ciò non mi stupisce
zione, l’Assoluto; constatiamo per noi i limiti
perché devo considerare che ben altri aspetti
nel tempo, nello spazio, nelle forze, i limiti nelcontribuiscano a differenziare il mondo sopratl’affrontare la sofferenza, ma Lui è oltre il tempo
tutto sotto la dimensione religiosa rilevabili alla
e lo spazio, è pure onnipotente e onnipresente.
luce della effettiva adesione o non adesione al
Ecco qui un punto nel quale dovremmo davvero
credo religioso ufficialmente riconosciuto.
riflettere: Dio non conosce le sofferenze e il patire?
La constatazione mi ha portato a due riflessioni:
a) la prima riguarda la Russia e mi fa ricordare
Il nostro Dio non ha voluto rimanere estraneo
quando il defunto Papa Giovanni Paolo II°
alla nostra vita e soprattutto alle nostre soffetanto si adoperò per andare a Mosca a celebrare
renze. Non è un dio dell’Olimpo come lo imcon i “fratelli Ortodossi” il Natale o altra festimaginavano gli antichi al di fuori delle nostre
vità religiosa comune. Più volte il Papa cercò di
necessità e del nostro patire. Dio non può essere
ottenere il “Visto” per questo incontro, ma non
altro che Amore: ”Deus caritas est”. In quanto
fu mai soddisfatto. Per Lui, così “paolino” (non
amore personificato ci ha creati e ci ha redenti e,
per nulla aveva assunto anche il nome di Paolo)
per redimerci, ha dovuto assumere la nostra
era ardente il desiderio di andare, come del resto
stessa natura. Il mistero di Dio si svela agli uoriuscì a fare anche per regioni ben lontane e immini ai quali l’unica sostanza divina si manifesta
pervie del mondo, per incontrare i “Fratelli in
nelle tre distinte Persone della divina Trinità. Il
Cristo”,
Padre nei suoi disegni di misericordia e di amore
b) la seconda riflessione si può considerare una
per gli uomini che hanno avuto l’insensatezza di
conseguenza della “sete” di Giovanni Paolo II°
credere di poter fare a meno di Lui, invia il Fidi portare nel mondo la luce del Figlio di Dio di
glio, Gesù, che assume la natura umana per
cui avvertiva la grave responsabilità di incargioire e soffrire come noi, anzi soffrire più di noi.
narne il ruolo di Successore sulla terra. La apAccanto a tutte le sofferenze del mondo Egli, che
profondita riflessione su questo aspetto ci porta
pure non meritava, simbolo e personificazione
ad affrontare questa domanda: ma perché tanti
dell’ innocenza, ha immolato se stesso e così fauomini non vogliono sentire parlare di Dio, percendo ha superato qualsiasi altro umano sacrifiché credono di poter fare senza di Lui? Ma
cio. Noi, essendo peccatori per aver tradito
siamo davvero sicuri che questa posizione sia
l’amore di Dio, abbiamo mille motivi per sofquella giusta e soddisfi appieno le ragioni del
frire quasi a tentare di ripagare i nostri torti e il
nostro vivere? E’ questo un punto molto serio:
nostro male senza peraltro riuscirci perché il divivere con o senza Dio? La risposta possiamo
vario tra il Creatore e le Creature è incolmabile.
cercarla dentro di noi e assai spesso ci viene sugCristo invece, fatto uomo unico nella storia delgerito di percorrere questa strada. Tuttavia in
l’umanità, ha accettato, pur innocente, di sacriquesta particolare circostanza mi è sorta l’esificarsi e questa era la condizione indispensabile
genza di rivolgere l’attenzione a Dio stesso. Ma
per il nostro riscatto. Il nostro è un Dio-Amore
chi è Dio? Non è che solitamente Lo vediamo
che si presenta a noi con la grandezza e lo splencosì lontano da noi da non sentirlo, da non vedore della luce che sprigiona da una capanna, da
derlo, da non potergli parlare: un oracolo al di
un’umile capanna dove Egli si è incarnato: ha asfuori della nostra esperienza esistenziale nella
sunto la nostra stessa natura umana per dimoquale riscontriamo l’ignoranza, ma Lui, in
strarci, nei fatti, che l’amore è vero quando dona
tutto se stesso agli altri. Il “Natale” dovrebbe essere sicuramente conosciuto
da tutti e da tutti celebrato e rivissuto
ogni giorno della vita.
Enrico Marchi
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Se tu mi chiedi, non posso trattenere
la vita mia che piango;
e giorni assolva e il canto resti,
di noi, ipocriti fratellli,
il grido mio, di Madre.
Gli articoli sui problemi di attualità rappresentano l’opinione personale degli autori
Andrea Sempiana
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CELEBRAZIONE DEL NATALE
in cammino...
Celebrazioni di Natale
la preparazione:
NOVEN A
da mercoledi 17 a martedi 23 ore 17.00 in Chiesa
CELEBRAZIONI
COMUNITARIE DELLA
RICONCILIAZIONE
Giovedi 18 Dicembre
ore 20.30: per i giovani e gli adulti
Venerdi 19 dicembre
ore 14.30: per i ragazzi e le persone impossibilitate ad uscire alla sera
CONFESSIONI INDIVIDUALI
Mercoledi 24 dalle 15.00 alle 18.30 don Elia
e don Piero saranno presenti in Chiesa
per le confessioni individuali
la celebrazione:
NATALE
ore 23.30: Veglia in preparazione al Natale e Messa di mezzanotte
ore 08.00: Messa ad Armino
SS.Messe secondo l'orario festivo attuale
in parrocchia e alla Casa di riposo
S.STEFANO
Messe secondo l’orario festivo
S.GIOVANNI EVANGELISTA
Patrono della Parrocchia
ore 10.30: S.Messa solenne presieduta
da Mons. Luigi Stucchi. vicario di Varese
MESSA DI RINGRAZIAMENTO:
31 dicembre
ore 18.00: messa e canto
del "Te Deum" di ringraziamento.
EPIFANIA
Alle ore 14.30: Sacra Rappresentazione sul Cammino dei
Magi. Ritrovo in Piazza del Municipio e conclusione sulla
piazza della Chiesa con il Bacio del Bambino.
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Natale 2008 - Decanato di Besozzo