PARROCCHIA S.GIOVANNI EVANGELISTA GAVIRATE in cammino... Natale 2008 Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia... I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.... Gherardo delle Notti, Adorazione dei Pastori Solo lasciandoci coinvolgere anche noi, fino a metterci in cammino, scopriremo che la notizia” è vera.. e ne sperimenteremo la forza sconvolgente... due eventi da non perdere... Sabato 20 dicembre ore 21.00 in Chiesa rappresentazione di: In nome della Madre di Erri de Luca Regia U. Zanoletti Ingresso libero 6 gennaio 2009 ore 14.30 Sacra Rappresentazione: “il Quarto Re” Inizio da piazza del Municipio In cammino... editoriale Editoriale Spettatori ... o protagonisti? Si misero in cammino... L’ unico modo per cogliere la Verità della Buona Notizia che ci è data è metterci in cammino! Il cammino è condizione scomoda e ci fa paura. Viviamo in un mondo in cui si parla molto, ma difficilmente si prende la decisione di incominciare a fare... Ma il cammino è anche condizione affascinante: camminando, il cuore si riscalda, l’intelligenza si illumina, si ravviva la speranza, si percepisce la prossimità del mistero... Che il Natale che viviamo insieme, sia per noi l’occasione di rimetterci in cammino, di scendere di nuovo in campo! Èssere soltanto spettatori! È spesso la condizione dell’uomo di fronte alla sua vita, alla sua storia. Tutto ci passa davanti, ma dov’è davvero lo spazio dalla nostra decisione, della nostra libertà, del nostro coinvolgimento? Lo spettatore è altro rispetto a ciò che gli passa davanti. E questa estraneità è spesso la sensazione dell’uomo nei confronti della sua vita. Essere spettatori e a volte tutto ciò che ci è lasciato dalla violenza delle situazioni e dai giochi e dalle dinamiche che ci sfuggono e sono più grandi di noi. Spesso essere spettatori è invece il ruolo che ci ritagliamo noi stessi, spinti dalle nostre paure e dall’amore di quella comodità, che sembra difenderci dall’eccessiva complessità, che rende ingovernabili le situazioni. Ma essere spettatori ci estranea dalla storia e dalla verità delle cose. Tutto ci passa davanti come cosa di altri, come altro rispetto a noi e alla nostra vita. E alla fine tutto si riduce ad un sogno irreale, ad un gioco più o meno affascinante. E noi chi siamo? Dio non ha scelto questo ruolo per sè nei confronti del mondo e della storia dell’uomo. Si è coinvolto, si è messo in cammino ed è venuto. In questa decisione della sua libertà e del suo amore il mondo è diventato per lui reale e la sua presenza nel mondo verità. Dunque mettersi in cammino, andare verso, scendere in campo è il principio da cui nasce una storia vera, nascono esperienze cariche di concretezza e di realtà, capaci di riempire la vita e di fare emergere la sua originale e irripetibile verità. Una storia vera non tollera spettatori! Essere spettatori e stare a vedere significa rifiutare la bellezza dell’opera di Dio, sottrarci all’invito di quel volto, il volto di Gesù, in cui Dio è definitivamente e realmente presente. Proprio questo volto ci interpella e ci affascina, si chiama cioè a vivere con lui la ventura di quel “faccia faccia”, che cambia la vita. C’è un unico modo di rispondere alla verità di questa venuta, di questo cammino che si 2 L.Vernansal, Adorazione dei pastori conclude con una presenza reale, ed è quello di metterci a nostra volta in cammino, di decidere di esserci, di rispondere all’invito, al fascino di questa presenza, di andare a vedere che cosa c’è dentro a questo mistero per noi e per la nostra vita. Accanto alla culla di Gesù ci sono persone che decidono di partire e di andare a vedere. Ci sono i pastori e i magi, ma ci sono anche persone che rimangono arroccate nella loro città e mandano altri a vedere per loro. Questi ultimi, così, scelgono in concreto la strada del rifiuto, del rimanere per sempre prigionieri delle loro tenebre. Uscire e mettersi in cammino è l’unico modo per incontrare l’altro, per fare esperienza della verità di quella presenza, che ci è annunciata e che ci invita. E’ l’unico modo di costatare di persona che questa presenza non è una favola, ma realtà, che può essere vista, toccata con mano, che concretamente è in grado di riempire la vita di gioia. Ma anche l’unico modo di scoprire che anche noi ci siamo, che le nostre decisioni sono esperienze reali e non solo un gioco, che lascia le cose come prima. Ma che cosa può spingerci a metterci in cammino, a rompere l’assedio di quella paura di quella comodità, che condannano la vita e progressivamente la spengono? L’esperienza esemplare dei magi e dei pastori ci risponde che il cammino è innanzitutto suscitato dal desiderio e dall’attesa del cuore. Per poter metterci in cammino occorre essere uomini che vegliano nella notte o persone che hanno il coraggio di vivere scrutando il cielo. Solo così, ravvivando continuamente il desiderio del cuore, ascoltando la domanda che è in noi, domanda di pienezza e di eternità, possiamo essere aperti, ed essere disponibili ad uscire In cammino... da noi stessi per metterci in cammino. Collegata al desiderio e all’attesa sta l’ attenzione ai segni. Ci sono segni, che indicano con chiarezza che non è qui, ma altrove la pienezza della vita, che l’incontro che salva non è mai alle spalle, come cosa già avvenuta, ma davanti, come cosa che ci attira. Infine, ma e la cosa che sorregge anche le prime due e sta prima di ogni altra cosa, c’è la grazia del mistero. È la forza misteriosa ma reale di quella presenza che attira anche da molto lontano, anche chi è apparentemente più chiuso e lontano dalla verità. Attira non con la paura ma con la bellezza. Dicono i pastori: “andiamo a vedere questa cosa bella che ci è annunciata”. Certo il cammino è sempre una condizione scomoda e difficile. Noi sappiamo che nella parola di Dio, il cammino è sempre accompagnato da molti lamenti, da molti rimpianti e da molte tentazioni. È la difficoltà del cammino! Non basta mettersi in cammino, bisogna saper rinnovare continuamente la decisione di camminare, perché altrimenti ci si ferma o si ritorna al punto da cui si è partiti. Ma nello stesso tempo il cammino è esperienza affascinante. C’è la percezione di qualcosa che attira e che porta. La parola di Dio usa un’espressione molto bella: “ricordati - dice Dio al suo popolo - di quando io ti ho portato come su ali di aquila”. C’è qualcosa dunque che sorregge il piede gonfiato, qualcosa che impedisce all’abito di logorarsi del tutto. C’è un’acqua che scaturisce dalla roccia, ci sono le quaglie e la manna che arrivano al momento giusto, c’è qualcosa di non conosciuto che diventa il cibo, che alimenta la nostra vita. Sono i miracoli belli che accompagnano il cammino e aiutano a superare la fatica, e trasformano la fatica in occasione provvidenziale di crescita e di scoperta del Signore. Proprio nella fatica l’uomo si lamenta e il lamento apre la all’interporta vento di Dio e alla manifestazione del suo amore. Così dunque, nel camino, Dio continua a venire, ma anche noi continuiamo ad andare verso di lui. Nel cammino avviene l’incontro. Senza mai essere arrivati, ci si accorge ad un certo punto di camminare insieme, Dio e l’uomo, si sperimenta che non si è più soli, che ad un certo punto c’’è un viaggiatore dapprima sconosciuto e forse un po’ importuno, che diventa però sempre più necessario per il cammino, sempre più desiderabile per il cuore e per le sue domande. Nel cammino nasce la comunione, che salva e riempie la vita. Noi facciamo l’esperienza che davvero Dio è presente, che la sua presenza la si può vedere, la si può toccare con mano, è cosa reale e vera: è verità! Nel cammino l’uomo fa le esperienze più belle della sua vita. Innanzitutto l’esperienza della libertà. Il cammino smaschera l’idolo, la verità che è diventata idolo. L’idolo non ama il cammino, rinchiude si di sè, come il vitello d’oro nel deserto. Il Dio vero pone in cammino, invita continuamente a camminare, l’idolo invece accondiscende alla richieste della nostra comodità e così impone il suo potere e uccide la vita. Non c’è libertà se non nel camino, nella continua uscita da quelle sicurezze e da quelle verità il cui senso è rimandare oltre. Il cammino ci libera dall’abbraccio mortale di un Dio diventato idolo, di una verità diventata schema opprimente per la vita. E ancora il cammino libera la 3 editoriale J. de Ribera, Adorazione dei pastori vita da ogni banalità e da ogni rassegnazione. La vita in cammino è capace di leggere, di appassionarsi ai segni, di trasformare anche le piccole esperienze quotidiane in segni, che rivelano qualcosa di grande. E cosi una stella può diventare il segno della presenza di un Re straordinario, così come l’acqua o la manna nel deserto erano il segno della presenza di Dio per il suo popolo. Non c’è nulla di banale, tutto diventa grande, carico di significato. E ci si accorge che pur non potendo stringere nulla definitivamente nelle mani, perché siamo ancora in cammino, tutto diventa veramente grande e nostro, entra nella nostra storia e ci fa crescere, porta a quel mistero che noi cerchiamo, ci permette già di vivere non solo alla presenza, ma dentro il mistero stesso. È il Natale che vogliamo vivere insieme! Metterci in cammino, andare anche noi alla ricerca di quella presenza che ci è annunciata, perché soltanto così possiamo scoprire, toccare con mano che Dio è veramente il “Dio con noi” ed, ancor di più, sentire che noi siamo con lui, che già la nostra è condivisione della vita di Dio. Buon Natale! Don Piero in cammino... Natale Beati i poveri in spirito Natale: L’amore del Padre che fa di suo figlio uno di noi Aggrappati alle tue vesti Chi si mette in cammino accetta di lasciarsi condurre. Ha vinto delle resistenze che però, nel viaggio, ritorneranno, e dovrà imparare a lasciarsi plasmare un’altra volta, come cosa nuova. Chi si mette in cammino non ha nulla da perdere, ha toccato la propria nudità spirituale, la propria miseria, e chiede di essere colmato. Gli si domanda di lasciare da parte la propria volontà, di farsi condurre dove Lui vuole. Palestra difficile, se la grazia non intervenisse a muoverci internamente con un anelito. Mi piace pensare la stella come il fuoco dell’intuizione, della sorpresa, della passione che spinge al viaggio. Essa guida come la nube nel lungo attraversare il deserto di Mosè e degli Israeliti. Ha una delicatezza materna di attenzioni, conduce il passo lungo i sentieri, ricorda la voce certa del Pastore che conosce una per una le pecore. Il Salvatore cantato dai profeti è un bambino. E’ fragile, rispettoso, non impone. E’ disarmato, nasce in una notte qualunque, accorrono ad adorarlo i pastori, i poveri in spirito. Per adorarlo davvero dobbiamo essere poveri in spirito. Essere stati sconfitti. Essere aperti ad ascoltarlo. Fare ciò che Lui chiede. Essere come l’emorroissa che si aggrappa alle Sue vesti, invocando salvezza. Che Lui nasca davvero in noi. Che ci riporti l’incanto degli inizi. La libertà fiduciosa di dire: “Sia fatta la Tua volontà”. Roberta Lentà Narra una leggenda che appena i pastori ricevettero dagli angeli la notizia della nascita di Gesù, si affrettarono ad andare a trovarlo. Tutti portavano un dono: lana, latte, agnelli, capretti, … Si stavano incamminando, ma Shamir, 16 anni, non voleva unirsi al folto gruppo poiché non aveva nulla fa offrire come regalo. Tutti si fecero avanti per dargli qualche dono da portare. Ma Shamir si rifiutò. Così il dono non sarebbe stato veramente suo. La nonna del villaggio lo persuase ad unirsi agli altri. Shamir le obbedì. Arrivati alla grotta i pastori volevano consegnare nelle mani di Maria i loro doni, ma lei aveva in braccio Gesù e Giuseppe dava il fieno all’asino. Allora Maria si Dalla parte dell’Angelo Certo negli ultimi tempi, la figura dell’Angelo è stata un bel po’ bistrattata. In anni non troppo lontani quando si pretendeva di dover razionalizzare tutto, di passare ogni cosa sotto la lente dell’indagine minuziosa, critica e scientifica, per l’Angelo non c’era più posto. Si diceva gli Angeli che sono realtà del mito, rappresentazioni simboliche, non certo esseri viventi. Alcuni biblisti, facendo appello alla psicologia e alla psicoanalisi, liquidavano gli Angeli come “rappresentazioni antropomorfe” di Dio (in altre parole, per non compromettere il mistero di Dio, la sua trascendenza, la Bibbia parlerebbe al suo posto di Angeli). In anni più recenti, invece, c’è stata un’esplosione dell’immagine dell’Angelo, proprio al di fuori del cristianesimo ecclesiale. Nella letteratura, nei film, nelle canzoni, nella pubblicità tutti fanno ricorso all’Angelo, perché piace, vende, è di moda. Varrebbe la pena, allora, che noi cristiani dicessimo: giù le mani dall’Angelo, cercando di riscoprire (almeno noi) il mistero dell’Angelo, il messaggero di Dio, colui che è di casa nel cielo di Dio, l’Angelo custode. Nei racconti evangelici gli Angeli accompagnano il dipanarsi della esistenza del Signore Gesù, entrando sulla scena nei momenti più significativi. L'Arcangelo Gabriele annuncia a Zaccaria nel tempio il miracoloso concepimento di Giovanni Battista, il precursore di Gesù. Sei mesi dopo lo stesso Arcangelo si reca a Nazaret nella casa di Maria e le preannuncia la nascita dell’Emmanuele dal suo grembo. Lo straordinario evento viene annunciato al mondo a dei poveri pastori: «Non temete! Vi porto una bella notizia che procurerà grande gioia a tutto il popolo. Oggi per voi nella città di Davide è nato il Salvatore, il Cristo, il Signore. Lo riconoscerete così: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia» (Lc 2, 10-12). Gli Angeli sono ancora presenti nel momento della Resurrezione di Gesù. A Maria Maddalena e a Maria di Giacomo, accorse di buon mattino alla tomba di Gesù, l'Angelo disse: «Non abbiate paura. So che cercate Gesù, quello che hanno crocifisso. Non è qui perché è risuscitato come aveva detto. Venite a vedere dove era il suo corpo. Ora andate, presto! Andate a dire ai suoi discepoli: "È risuscitato dai morti e vi aspetta in Galilea"» (Mt 28, 5-7). Sia chiaro, per riconoscere l’Angelo occorre essere disposti alla “sorpresa”, saper fuoriuscire dai pregiudizi, dalla routine che generano incredulità, cosi da “mettersi in cammino” e vedere il Signore e le sue meraviglie. Marco Vergottini 4 in cammino... Natale accorse di Samir che non aveva nulla in mano, e gli disse: “Shamir, prendi Gesù in braccio e portalo a tutti”. Così avviene anche a noi, se sappiamo svuotarci di noi stessi per riempirci di Gesù. Sta a noi accoglierlo coi suoi doni e rivelare la bellezza della sua presenza viva in noi. Ma come renderlo visibile con la nostra vita? Ci risponde Benedetto XVI: “L’autenticità della nostra adesione a Cristo si verifica specialmente nell’amore e nella sollecitudine per i più deboli e per i più poveri, per chi si trova in maggior pericolo e in più grave difficoltà”. La chiesa in Italia ha una grande tradizione di vicinanza, aiuto e solidarietà verso i bisognosi, gli ammalati, gli emarginati, che trova la sua espressione più alta in una serie meravigliosa di “Santi della Carità”. Questa tradizione continua anche oggi e si fa carico delle molte forme di nuove povertà morali e materiali. È importante che tutte le testimonianze di Carità conservino sempre alto e luminoso il loro profilo specifico: nutrendosi di umiltà e di fiducia nel Signore; mantenendosi libere da suggestioni ideologiche e da simpatie partitiche; e sopratutto misurando il proprio sguardo sullo sguardo del Cristo. È importante l’azione pratica, ma conta ancora di più la partecipazione personale ai bisogni e alle sofferenze del prossimo. Così la carità della chiesa rende visibile l’amore di Dio e rende così convincente la nostra fede nel Dio incarnato, crocifisso e risorto. Qui troviamo tutta la nostra vocazione di operatori della Caritas, qui troviamo il vero Natale di Gesù che ancor oggi incontra e cambia la nostra vita. Questo è il santo Natale che siamo chiamati ad annunciare e così augurare: Caravaggio, Adorazione dei pastori Non c’è comunità senza solidarietà (da un’intervista a Caterina) Spesso nelle nostre preghiere comunitarie si prega per i poveri, gli ammalati e gli afflitti, Ma bastano le parole? A tutti è evidente che alle preghiere devono seguire i fatti. Proprio per questo motivo nella parrocchia opera da alcuni anni la Caritas, che stabilisce un ponte tra chi è nel bisogno e la comunità. Alcuni volontari prestano gratuitamente e con entusiasmo parte del loro tempo. Ma i bisogni sono tanti. Occorrono altre persone generose per cercare di soddisfare le numerose necessità. Alla Caritas si rivolgono persone di tutte le provenienze e di tutti i tipi, regolari ed irregolari, di Gavirate e da fuori. A tutti fa sentire la sua amicizia. Ma le esigenze sono tante e diversificate. Si va dalla emergenza degli irregolari a cui si può dare soltanto l’aiuto per sopravvivere, a quelli regolari coi quali si cerca di stabilire un cammino per uscire dall’indigenza.Ormai anche tra i gaviratesi è sempre più diffusa la disoccupazione, soprattutto a causa della crisi in atto che porta alla chiusura di alcune attività. Sono soprattutto le persone più anziane senza qualifiche particolari, che hanno maggiore difficoltà a trovare un nuovo posto di lavoro. Da qui sono frequenti le cadute in stati depressivi o nell’alcolismo creando disastri in famiglia. La Caritas, col supporto della Caritas Diocesana, ascolta, affianca chi è nel bisogno ed indirizza anche agli altri enti che operano nel territorio: altre Caritas territoriali, i servizi sociali delle Signore Gesù in questo Natale voglio accendere una stella Una stella per guardare a quelli a cui nessuno presta attenzione, per portare un po’ di luce nel loro cuore Una stella per ascoltare quelli a cui nessuno offre un po’ di tempo, per riscaldare il loro cuore Una stella per parlare e procurare un po’ di gioia con semplici parole di comprensione e di tenerezza Una stella per servire i fratelli che sperimentano l’abbandono, la malattia e la solitudine Una stella per profumare la vita con tanti piccoli, umili gesti di carità. Auguri di santo Natale Caterina Facciamo l’occhiolino a Dio (Jean-Marie Lustiger) Andate a cercare nella vostra giornata i momenti fissi e associate una preghiera, anche solo per un breve istante. Fatevi una preghiera come questa: “Signore, ti prego fai che sorrida a tutte quelle persone che oggi incontrerò. Anche se non ne avrò la forza. 5 in cammino... Cose di questo mondo I bisogni Si va dai bisogni primari: alimenti, vestiti, lavoro, abitazioni e bollette, a quelle di disagio personale come la violenza in famiglia e le malattie. Per i bambini, specie delle scuole medie, c’è anche la necessità di supporto scolastico.Quando si tratta di stranieri si aggiungono anche i problemi di lingua e di collegamento con le strutture esistenti. Come fornire il proprio aiuto Si va dalle donazioni di vestiti, biancheria, attrezzature casalinghe e giocattoli in buono stato, all’offerta di lavoro o di un po’ del proprio tempo. Particolarmente utile è la consultazione della bacheca posta all’inizio della navata di destra, dove sono indicati i bisogni più urgenti.Si può fornire la propria disponibilità a chiamata, o sistematicamente con qualche ora durante la settimana. Anche i professionisti possono fornire gratuitamente la loro competenza professionale, particolarmente nel campo legale, medico e sociale. I tipi di servizio presso la Caritas che possono essere prestati sono: gestione del magazzino, ripetizioni scolastiche, segreteria e centro di ascolto. Un buon modo per essere utili per i giovani pensionati. Giotto, Adorazione dei Magi varie amministrazioni comunali e il Banco Alimentare, che forniscono alcuni tipi particolari di aiuto.La Caritas non da mai denaro ma solo cose e informazioni, tra cui la segnalazione di badanti dotate di permesso di soggiorno. Per informazioni telefonare a Caterina 340.905.4173 Cose di questo mondo Immigrati, solidarietà senza slogan I numeri I cittadini stranieri ufficialmente residenti in Italia al 1° gennaio 2008 sono 3.432.651, di cui 767 mila minorenni ed il 62,5% risiede al nord, oltre ai 45.485 che hanno già acquisito la cittadinanza Italiana. Nell’ultimo anno sono aumentati di 493.729 unità (+16,8%) di cui 283.078 (+82,7%) rumeni. I maschi sono 1.701.817 e femmine 1.730.834. Gli stranieri hanno raggiunto il 5,8 % delle popolazione residente in linea con quella degli altri grandi paesi europei, che però sono di più antica immigrazione. Le principali origini dei cittadini stranieri sono: Romania Albania Marocco Cina Ucraina Filippine Tunisia Polonia 625.278 401.949 365.908 156.519 132.718 105.675 93.601 90.218 Macedonia India Ecuador Perù Egitto Moldova Serbia Senegal 78.090 77.432 73.235 70.755 69.572 68.591 68.542 62.620 400.000 Romeni, e sono concentrati specialmente al nord. Nella provincia di Varese, si stima che siano circa 7.000. La posizione della chiesa È espressa dalle associazioni caritative tra cui hanno una posizione di rilievo le Missioni e la Caritas, che opera secondo la dottrina sociale della chiesa che indica la pari dignità di tutte le persone senza distinzione alcuna. Questo significa che quando si trova davanti ad un uomo, anche se clandestino, che ha fame e freddo, lo soccorre o, se è ammalato, cerca di procuragli le prime cure. Questo non si- In Lombardia sono 815.335 e rappresentano 8,5 % della popolazione, mentre a Varese sono 56.521 pari al 6.5% della popolazione con prevalenza di Albanesi (9.685). Per quanto riguarda i clandestini non possono esistere dati certi ma al cune stime ipotizzano che siano oltre 600.000, di cui 6 In cammino... Cose di questo mondo e rispettavano le leggi dei paesi che li ospitavano. Le soluzioni gnifica che vada contro le leggi dello stato ma che non fa mai mancare quella solidarietà, prevista anche dalla nostra costituzione, a chi si trova in uno stato di necessità. Ma l’attività principale è rivolta a chi è residente ed ha la necessità di migliorare la sua situazione e abbia bisogno di assistenza per trovare il suo percorso, vuoi per mancanza di mezzi, o di conoscenze o per difficoltà di comunicazione. A chi è clandestino cerca di indicare scelte rispettose delle nostre leggi. Immigrati e delinquenza I carcerati in Italia sono 55.000 il 31% dei quali sono stranieri, prevalentemente per reati collegati alla droga (55%). Le condanne che subiscono di norma sono tra 3 e 5 anni. La presenza nelle carceri degli stranieri è determinata anche dall’impossibilità per molti di loro di avere gli arresti domiciliari, non avendo fissa dimora (basti citare che a Milano nel carcere di san Vittore, dove stanno i detenuti in attesa di giudizio, il 70% dei detenuti è straniero). I problemi Chi è a favore di minori limiti all’immigrazione sostiene: gli stranieri sono necessari perché ci sono lavori che gli italiani non vogliono più fare; non si fanno più figli e ci sono troppi pensionati da mantenere; siamo stati anche noi immigrati e quindi sappiamo cosa vuol dire emigrare; l’arrivo dei nuovi può arricchire la nostra cultura come già nella nostra storia è avvenuto. Chi è contro ad una maggior apertura delle frontiere obietta: il flusso di cittadini stranieri sembra inarrestabile e sta diventando un’invasione; ci sono italiani che perdono il lavoro perché arrivano persone che accettano retribuzioni più basse e lavoro nero, aumentando così i disoccupati e i poveri tra i gli italiani; molti di loro, che non trovano o non vogliono il lavoro, delinquono, e così ci riempiono le carceri; ci sono molti che li assistono o fanno loro elemosine e così li incoraggiano a non lavorare; stanno distruggendo la nostra cultura ed il nostro sistema sociale; invece quando gli italiani andavano all’estero, lavoravano sodo 7 In realtà tutti hanno un po’ di ragione, poiché possono citare fatti e situazioni che possono dare loro ragione. Difficile è la loro valutazione complessiva. Ma per i problemi complessi non ci sono risposte semplici. Non si può rispondere con slogan od accuse generiche ai problemi reali. Occorre andare a fondo ai problemi, distinguere le diverse situazioni, non nascondere la testa sotto la sabbia, ma studiare le situazioni e fornire la propria collaborazione. Necessitano accordi internazionali, leggi efficaci, strutture adeguate ed impegno di tutti. Occorre che sia rinforzata la nostra identità per poter raccogliere gli stimoli delle altre culture e poterci realmente arricchire e non accettare il principio di una società così detta multiculturale senza un progetto basato su valori comuni per un’adeguata e pacifica integrazione, altrimenti si pongono le basi della distruzione della società. Ma di una cosa tutti ci dobbiamo rendere conto: la globalizzazione dei mercati porta un maggior numero di paesi a competere tra loro per una maggiore ridistribuzione delle ricchezze a livello mondiale, con un impoverimento delle nazioni più ricche, che possono difendersi solo specializzandosi nella produzione di prodotti e servizi più sofisticati. Per fare questo occorre che aumenti il grado di istruzione dei lavoratori e si abbandoni il sovvenzionamento delle attività poco redditizie che possono essere svolte più convenientemente dai paesi da cui vengono gli immigrati. Ma siccome questo non si può fare in un tempo breve, bisogna che i consumatori siano disposti a pagare un po’ di più alcune merci privilegiando i prodotti e i servizi nazionali, rinunciando a scelte più esotiche. Ma gli ostacoli su questa via sono tanti: le guerre, il terrorismo, il fanatismo, i preconcetti, l’egoismo di molti. Noi tutti dobbiamo reagire con senso di responsabilità nell’aiuto e nel sostegno a quanti si impegnano a trovare le soluzioni e nell’educare i giovani ad uscire dalle utopie, impegnarsi ed assumere le loro responsabilità. Solo quando si sarà stabilita una maggior giustizia internazionale non dovremo più assistere alle migrazioni di massa come oggi stanno avvenendo. (da una ricerca di Luciano Folpini) in cammino... Cose di questo mondo Perché dobbiamo esser contenti quando gli islamici pregano La presenza dei non-europei, i cosiddetti extra-comunitari (islamici, in particolare) crea fondate preoccupazioni e allarmismi esagerati. L’incontro tra culture diverse è un momento delicato. Ma il tempo passa e medica: le generazioni imparano a conoscersi e a intendersi. Alla fine non vince il gruppo più numeroso, non perde la compagine meno intraprendente. Perdono tutti e due i gruppi se si fanno la guerra, vincono tutti insieme se percorrono la via complessa e accidentata della integrazione: questo insegna la storia. Eppure si registrano quotidianamente atti di intolleranza e più spesso fatti razzisti e criminali che condanniamo senza attenuanti, ma che dicono che alcuni tra noi ritengono più utile prendere scorciatoie che non vanno da nessuna parte e, in più, fanno solo perdere tempo. Per come rendere operante l’integrazione tutto è discutibile, tutto è perfettibile. Tuttavia c’è un aspetto che non dovrebbe essere opinabile: quando un uomo, di qualsiasi religione, chiede un luogo pubblico per poter pregare dovrebbe trovare in una società civile ponti d’oro. Quando un uomo invoca il suo Dio, tutti dovrebbero gioirne perché un uomo che si relaziona alla divinità è un essere umile, che riconosce la sua fragilità, che sente prepotente il desiderio di guardare in alto, che non intende soccombere alle proprie debolezze, che guarda al vicino come a un fratello, che non sa da dove viene, ma intuisce la meta del suo viaggio, oltre la terra. Dunque l’uomo che si inginocchia in preghiera si riconosce parte di un comune destino, dentro un giro immortale. Quando un uomo prega Dio si intenerisce, perché sente l’anelito profondo della sua creatura, perché lo vede camminare a fatica, ma nella giusta direzione, perché rinviene una flebile, ma sicura ragione di speranza per un mondo di pace. La controprova? Te lo immagini Dio che si sfrega le mani perché quei suoi figli che si dicono vicini a lui spianano le costole degli “infedeli”? Quando un uomo prega, non importa come prega, non conta sapere perché prega, non ci preme scoprire con chi si unisce in preghiera, non è poi così decisivo neppure individuare il suo Dio. Quando un uomo prega, a chiunque si rivolga, entra nel Mistero. E allora? Allora sospendiamo il giudizio, rispettiamo il suo credo, favoriamo il suo raccoglimento, manteniamo il silenzio, uniamoci nella preghiera, se possibile. Davanti al Mistero non si discute, è insensato dare corda ai pregiudizi. Dio, l’unico Dio, è un Dio geloso, è un Dio esigente e – ammonisce la Bibbia – ha dimostrato di poter essere anche un Dio terribile. Perché quando saremo davanti all’Eterno dovremo rendere conto della qualità della nostra vita spirituale e potremo contare solo sulla Sua misericordia. Ma alla domanda: “Hai forse ostacolato la preghiera di qualche tuo fratello? L’hai magari impedita o boicottata? Te l’ho forse insegnato io?” come potremmo difenderci e giustificarci se non siamo innocenti? Angela Lischetti Sul caso Englaro un clamore assordante, da stadio (Giovanni Ucci - 22 Novembre 2008) Pubblichiamo per gentile concessione del settimanale diocesano di Pavia,“Il Ticino”, un intervento del prof. Giovanni Ucci (Direttore della UO di Oncologia - Ospedale A. Manzoni di Lecco) relativamente all’acceso dibattito intervenuto a margine del “caso Englaro”. Non si tratta – come traspare dalle stesse parole del medico – di una riflessione conclusa e definitiva su questa vicenda che chiama in gioco aspetti medici, bioetici e morali di grande complessità. L’invito è quello di non abbandonarsi a sentenze facili, Con le cure palliative l’eutanasia dogmatiche e perentorie, ma non sfonda di lasciarsi proNessuno oggi chiede di staccare la vocare dai spina, se viene accompagnato con dubbi, dalle softerapie di sostegno e con umanità ferenze e dalle (Marco Pierotti, direttore scientifico incertezze che Istituto dei Tumori di Milano) accompagnano questa triste vicenda. Nessuno può ritenere di possedere la soluzione in tasca non i parenti, non gli scienziati, non i politici e neppure gli stessi credenti. Su questa esperienza che chiama in causa il limite e la finitezza umana occorre mettersi in stato di ricerca. Una ricerca, sincera, appassionata, critica, ma anche misericordiosa. Senza dimenticare che la vita piena, per Eluana e per ciascuno di noi, sarà quella che si dischiuderà nella comunione con il Padre, amante della vita. 8 in cammino... Cose di questo mondo Sono medico e faccio l’oncologo. La mia professione mi porta spesso a parlare della morte, degli altri, agli altri. Molti mi compatiscono perché considerano il mio lavoro pesante e troppo coinvolgente. Io penso di essere privilegiato anche perché la mia professione mi offre un punto di osservazione speciale e mi permette, anzi mi impone, riflessioni che altrimenti non mi sarebbero concesse. Il “caso Englaro”, che nelle scorse settimane era diventato un brusio di attesa della “sentenza della Cassazione, si è trasformato negli ultimi giorni in un clamore assordante, da stadio. Ognuno prende posizione, chi in nome della civiltà e del progresso, chi in nome della “vita” (come se la Vita avesse bisogno di essere difesa da noi). Di quale vita non si sa: sempre quella di Eluana, suppongo. Il papà ha combattuto una battaglia in nome della libertà di morire. Avrebbe potuto combatterla in silenzio, tra le mura di casa ed invece ha scelto di affrontare il clamore della cronaca per affermare un principio. Una battaglia estenuante: chissà che un giorno non ci tocchi ringraziarlo! Altri si sono arroccati a difesa della vita, hanno parlato di eutanasia, di assassinio come se ci fosse un solo modo di morire e come se avessimo realmente, noi uomini, la possibilità, di determinare ciò che ci accade. Eluana è viva per un puro caso: se lo stesso incidente fosse avvenuto qualche anno prima, se l’urto fosse stato appena un po’ più violento, se l’ambulanza avesse tardato qualche minuto, se il rianimatore fosse stato meno determinato, se fosse mancata una fiala di adrenalina, se l’infermiere avesse dimenticato di caricare l’ossigeno, se..., se..., se..., Eluana sarebbe morta 17 anni fa e oggi non avremmo nessun caso Englaro. Ma una, serie di coincidenze (coincidenze?) hanno voluto che Eluana sia lì, nella clinica di Lecco a vivere una vita che non avrebbe voluto vivere, almeno pare. Gli amici e le persone a lei più vicine. hanno testimoniato che Eluana non avrebbe mai voluto sopravvivere in questo stato. Si obietta, giustamente, che una ragazza di 16 anni, nel pieno del vigore della giovinezza non può immaginare cosa voglia dire sopravvivere in stato vegetativo: se potessimo: chiederglielo, oggi forse direbbe che ha cambiato opinione. Ma non possiamo, e allora? La parola ai medici che dovrebbero decidere infischiandosene del parere liberamente espresso in precedenza da una persona nel pieno delle sue facoltà, mentali ed avvertita delle conseguenze che la sua decisione può avere sul suo futuro. Un amico mi ha detto: ”Guarda, se capita a me non staccare nessuna spina; piuttosto prendine qualcuna di riserva”. Un altro invece: “Ti raccomando, se toccasse a me non lasciarmi in quelle condizioni”. Aiuto! Nelle tavole rotonde a cui ho partecipato, nei dibattiti la domanda ricorrente era: ma dopo 17 anni di coma secondo lei sarebbe possibile che Eluana si risvegli. La mia risposta, sempre: penso di no e comunque è improbabile; la mia riflessione: ma è rilevante? È veramente importante, allo stato delle cose, per decidere se “staccare la spina”, se sfilare il sondino con cui viene alimentata, sapere se esiste ancora una vaga possibilità, dopo 17 anni, che Eluana possa riprendere coscienza e come Lazzaro, alzarsi e tornare ad una vita di relazione normale? Ma la stessa domanda la si può rigirare nel verso opposto: per mantenere il sondino e proseguire l’alimentazione artificiale è cosi importante sapere che Eluana ha una sia pur minima possibilità di risveglio? Mi sorprende e mi crea disagio il fatto che ci si appelli a requisiti tecnici per giustificare la vita: la morte cerebrale non è più vita e quindi, a chi è in questo stato si possono espiantare organi: una vita di serie B. La vita di serie A invece, quella di Eluana, quella in cui il respiro è autonomo e alcune funzioni cerebrali sono mantenute, ma è necessario alimentare artificialmente l’organismo, pulire gli escrementi, curare le infezioni, questa è una vita che merita di essere “difesa”. Mi pare di sentire le discussioni sull’aborto dove alcuni cercano di individuare il momento in cui un embrione possa essere veramente definito un individuo: una cellula, 10 cellule, cento cellule...? O forse l’embrione andrebbe difeso ancor prima del concepimento insegnando alla gente il rispetto per se stessi e per gli altri, incitandola ad affrontare la vita senza timori, con apertura e disponibilità, nel bene e nel male, a trovare un senso in tutto ciò che accade. E quanti in questi giorni hanno considerato le molte vite che i denari spesi per alimentare e curare Eluana avrebbero potuto salvare in paesi falcidiati dalla piaga della fame, delle malattie infettive e dell’AIDS. Grande attenzione alla vita del corpo e nessuna ricerca di quello che c’è oltre il corpo, della Forza che muove il mondo, dell’Amore che muove le montagne. Perché la battaglia di Beppino Englaro non potrebbe essere considerata una battaglia d’amore, verso Eluana certo, ma anche verso tutti noi, verso la società, un amore collettivo. Ma c’è anche l’amore, sincero e disinteressato, la tenerezza delle suorine che vorrebbero adottare Eluana e curarla ed accudirla fino al traguardo naturale (naturale?) del suo cammino terreno. Di amore si muore e questo è ciò che probabilmente capiterà ad Eluana. Ho molte domande, nessuna risposta e poche idee, confuse. Non dubito che una legge sia necessaria e mi auguro che venga concordata quanto prima, ma sia chiaro: sarà comunque una legge fatta da uomini per gli uomini. 9 In cammino... Cose di questo mondo Le nostre famiglie Importanza dei piccoli gesti... Le cronache di questi giorni sono zeppe di atti di violenza tra uomini e donne. Non solo nelle famiglie ma anche nelle unioni di qualunque tipo. Prevale la passione: il prendere, sull’amore: il dare. Ci sono casi di giovani che dopo un matrimonio, preceduto da un lungo fidanzamento e magari anche da periodi di convivenza, si separano dopo pochi mesi e a volte in modo drammatico. Allora non è poi così vero che i giovani che hanno una “storia d’amore” debbano avere un’esperienza di vita in comune per provare se impegnarsi nel matrimonio. Come per pretendere di avere un coniuge in affitto. Questi fallimenti dimostrano che il male non sta nel matrimonio ma in qualcosa di più profondo. Io ho avuto occasione di incontrare un bel libretto: “Il pensiero del Cardinale tra uomo e futuro”, di Ersilio Tonini, edito dalla Banca dei Progetti. Una raccolta delle sue risposte ai lettori di Epoca. A tali risposte mi sono riferito nel cercare di mettere a fuoco alcuni temi relativi alla vita matrimoniale. Il divorzio e il matrimonio religioso Ai tanti che si chiedono se la chiesa debba rendere più difficili i matrimoni, il cardinale risponde: “Quando due si consegnano l’uno all’altro in libertà, la chiesa, che è solo testimone, non può limitare questa l i b e r t à .” Questo non esclude che la comunità cristiana, per la sua lunga esperienza, debba comunque col suo consiglio dare il giusto senso al patto matrimoniale, alle responsabilità che ne deri- vano e descrivere il vero amore, prima come espressione della mente e poi del cuore, per non ridurre gli affetti solo ad emozioni, per loro natura instabili e transitorie. Solo così può nascere un rapporto duraturo basato sulla stima reciproca. Solo chi è educato ad amare può sperare di rendere la vita matrimoniale un esaltante progetto di vita. Spesso: “Va dove ti porta il cuore”, non è altro che un illusorio slogan. La vita matrimoniale La vita tra gli sposi è una corsa ad ostacoli da superare grazie ai piccoli g e s t i quotidiani ispirati dalla pazienza e dalla stima reciproca. Non esiste chi non sbaglia. La bibbia dice: “Il giusto cade sette volte al giorno 10 (Pv.24,16)”. L’importante è non andare alla continua ricerca di chi ha la colpa. Ma sapere sempre chiedere scusa anche quando si pensa di avere ragione. Essere sempre pronti a dare il vero perdono. Quello che viene dal cuore. I piccoli bisticci e i piccoli difetti, se radicalizzati, possono portare allo sfascio. Se uno è troppo insistente su una cosa, l’altro lo diventa su un’altra, poiché è inevitabile uno scontro di personalità che si supera solo se si sa sopportare, tollerare, usare ironia, ma soprattutto se si vuole voler bene. E così certi comportamenti, che possono irritare, passano in secondo piano. Così, quando si è in due ed uno cade, l’altro lo rialza. Un progetto antico La chiesa non ha inventato il matrimonio religioso ma ripete l’insegnamento di Gesù che lo ha voluto indissolubile come era all’origine, perché sapeva che solo un impegno esclusivo mette al riparo dalle illusioni e dalla sofferenza. L’uomo e la donna sono diversi, complementari e fatti per vivere uno scambio non di merce ma di vita. Uno scambio totale alla pari, segno dell’alta dignità di figli di Dio. Una ricetta che se vissuta secondo i suoi insegnamenti ha sempre mostrato la sua superiorità ri- in cammino... Cose di questo mondo spetto altre soluzioni. Noi troviamo scritto: malvagi. Le prime vittime del male sono i più deboli, con “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che infanzia sbalestrata, tra liti famigliari, umiliazioni, e disono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vosprezzo di chi dovrebbe amarli. Fanno così come per stre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico legprendersi una rivincita. Ma ci sono anche tanti giovani gero" (Mt.11,28-30) che cadono vittima della depressione e ricorrono ai far" per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i maci o alla droghe. In modo particolare a questi ragazzi, due saranno una carne sola. Sicché non sono più gli uomini di fede devono annunciare che Dio ha due, ma una sola carne. L'uomo dunque non un progetto su di loro. Dio chiede di più a separi ciò che Dio ha congiunto". (Mc. chi più ama. 10,2-9) La fede e la presenza di Dio Chiunque ripudia la propria moglie Riscoprire il significato Tutto nella famiglia è più facile se e ne sposa un'altra, commette alto della famiglia senza lasi pratica la fede. Ma tanti si adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette sciarci irrigidire dalle nostre chiedono: come mai se Dio c’è non si fa vedere? È una doadulterio.(Mc.10,11-12). paure... manda antica che posero “chiunque guarda una donna anche a Gesù che rispose: il per desiderarla, ha già comricco …, il segno di messo adulterio nel suo cuore” ...e ricordarci sempre che Dio è Gionaepulone …, chi conosce me … (Mt.5,28) con noi, perchè con noi si è imNoi non abbiamo la capacità di “ la moglie non si separi dal mavedere Dio. Per vedere Dio, rito - e qualora si separi, rimanga pegnato nel nostro matrimoanche se presente, dobbiamo senza sposarsi o si riconcili con il nio... uscire dalla condizione presente. marito - e il marito non ripudi la moPer questo egli ci mandò suo Figlio. glie. (I Cor. 1-11) Tuttavia se siamo attenti possiamo ricoOggi queste parole sono ritenute superate noscerlo dentro di noi nella vera carità, mentre, se fossero ben comprese e vissute, si espressione d’una vita divina, e in molti segni: nel scoprirebbe che indicano la migliore scelta per la reacreato, nella storia e nella vostra vita. Quanta meraviglia lizzazione di un progetto di vita con una famiglia unita ci circonda ed è dentro di noi! Quante decisioni e azioni nell’affrontare le prove e condividere le gioie. apparentemente inspiegabili abbiamo preso spinti da una Lo scopo della famiglia forza misteriosa? Quante opportunità di fare del bene si presentano inaspettatamente nella nostra vita? Quante Nel progetto di vita i figli hanno un posto importante, volte si è accesa in noi la speranza? Quante volte lo absenza per questo rendere inutili i matrimoni che non biamo pregato? Coraggio, Dio c’è. hanno la fortuna di averli. Anzi questi sono forse più liPer Kairòs una recensione di Luciano Folpini beri di allargare i confini della propria famiglia e rendere l’amore per il prossimo una realtà viva. Ma comunque la famiglia è scuola di vita per sperimentare il vivere con l’impegno e l’umiltà di tutti i suoi partecipanti per raggiungere una vita serena, senza correre dietro agli onori e alle ricchezze. L’educazione dei figli I figli sono i primi spettatori di quello che fanno i genitori. Essi devono valutare l’effetto che ogni loro comportamento può avere su di loro. Mai costringerli ed assistere a liti che portano a schierasi e dividere la famiglia. Se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi. I ragazzi hanno il bisogno di sentire di valere, che esprimono con un insaziabile richiesta di attenzione, di ascolto, di scambio, di senso di appartenenza. Vogliono sentirsi insostituibili. Ogni giovane deve cercare di essere migliore davanti agli uomini superando la tentazione di essere il più forte, più celebre, più importante, più ricco. Questo è possibile solo se i genitori non hanno la testa, e a volte anche il cuore, altrove. A loro non servono i regali di valore ma di scarso significato. Oggi i giovani cercano in primo luogo la realizzazione di se stessi e danno poco al senso del dovere e alle buone maniere. Pretendono che i genitori non ritengano di avere sempre ragione, ma sappiano mostrarsi degni di fiducia, ossia sappiano avere autorevolezza e non autorità. I giovani ed il male Quanti giovani sono vittime ed assumono comportamenti 11 In cammino... Vita della Comunità La comunità vive... C’è un oratorio... e c’è chi ci crede! Attirati da un sogno Se vuoi costruire una nave non cominciare a predisporre progetti, a cercare il legname, a trovare lavoratori, a suddividere i compiti. Prima di tutto ispira negli uomini il desiderio del mare.Non ricordo né dove né quando ho letto questa frase, ma ricordo bene l’impressione che ha suscitato, e che tuttora suscita, in me. Vi sono racchiusi tutto il senso di smarrimento che si prova davanti a un grande lavoro da fare e insieme tutta la poesia dell’inseguire un sogno, tutta l’energia che questo dispiega. Cosi dovrebbe essere ogni cammino ecclesiale: proteso con fiducia verso quel Signore Gesù che attira a sé i nostri cuori incerti. Così è chiamato ad essere il cammino del nostro oratorio! Dopo un’ estate ricca di iniziative con il mese di ottobre sono ricomiciati i cammini più ordinari, tra i quali la catechesi dei preadolescenti e degli adolescenti, che si tengono sabato pomeriggio rispettivamente alle 17.30 e alle 18. Questi due cammini sono particolarmente importanti perché intervengono in un momento fondamentale della vita: quando i nostri ragazzi sono chiamati a delineare la propria identità, spesso senza rendersene conto. Ciò che sta alla base è la convinzione che il Signore Gesù abbia qualcosa da dire alla nostra vita in ogni momento, e che l’ascolto della sua Parola ci possa aiutare a costruire bene la no- stra vita e la nostra personalità. Va ricordata anche l’animazione della domenica pomeriggio in oratorio, in particolare quella dell’Avvento, che nasce dal desiderio di far vivere bene il giorno del Signore (questo infatti è il significato di domenica), dal desiderio di costruire un ambiente in cui sia bello trovarsi per giocare insieme, far merenda, pregare. Si potrebbero poi ricordare l’attenzione alla Messa domenicale, i tanti ritiri d’Avvento, il gruppo chierichetti, i cammini del decanino: tante iniziative e tanti appuntamenti davanti ai quali possiamo farci prendere dall’ansia, dallo sconforto, dalla fatica oppure dall’entusiasmo di chi sa di seguire il Signore Gesù. Il sogno che ci guida e ci attrae è quello In oratorio dopo la Cresima… l’avventura continua! Dopo la Cresima ci sentiamo più maturi, pronti per affrontare scelte sempre più importanti e pensiamo che il catechismo ora ci voglia aiutare anche in questo e a maturare, approfondire il rapporto con Cristo. Prima della Cresima il catechismo era più concentrato sulla storia cristiana e sulla scelta della Confermazione. Ora ci sentiamo più coinvolti considerati più adulti per questo ora ci viene anche chiesto cosa ne pensiamo riguardo a ciò di cui si parla, si discute delle cose di tutti i giorni e di come dovremmo vivere davvero la vita cristiana, il rapporto tra noi e gli altri e nella comunità. Partecipiamo di più anche agli incontri in oratorio, che è diventato un punto di riferimento, e alle domeniche in Chiesa dove ci sentiamo sempre ben accolti e "utili", anche grazie al coretto. Quindi cogliamo l'occasione per invitare bambini e ragazzi a partecipare al coretto della chiesa, ci troviamo la domenica alle 10.00 le prove per la Messa. E’ un modo più bello per partecipare. E alla domenica pomeriggio dalle 14.30 tutti in oratorio... Si gioca, si ride, si sta insieme! Alice, Chiara, Benedetta, Eleonora, Lucia e Pierandrea 12 in cammino... Vita della Comunità di costruire in oratorio una vera casa: una casa al cui centro vi sia il Signore Gesù e nessun altro, una casa dove ciascuno possa sentirsi accolto e non rifiutato, una casa dove ciascuno possa mettere a disposizione i propri talenti, una casa in cui le molte attività convergano in un unico cammino, una casa dove i più grandi accompagnino il cammino dei più piccoli, una casa viva, vivace, gioiosa, dove le stanchezze e le fatiche si portano insieme, dove le gioie e gli entusiasmi si mettono a disposizione di tutti. Qualcuno ci dirà che il cammino è troppo lungo, gli ostacoli troppo numerosi, le forze troppo poche, le persone non adatte: eppure Gesù in compagnia di dodici timorosi, titubanti e traditori ha sognato per noi un mondo governato dalla legge dell’amore. Ma costruire un oratorio così non può essere l’impegno di qualcuno: tutti noi dobbiamo sentirci chiamati dal Signore Gesù a questo impegno, dobbiamo sapere che c’è qualcuno che attende il nostro aiuto, il nostro impegno o talvolta anche solo una parola buona e la nostra preghiera. Matteo Se sapeste quanto vi amo piangereste di gioia credibilità: “Se fosse qualcosa di umano - ha dichiarato - si sarebbero stancati. Invece sono ragazzi: bravi, puliti, normali. Non si sono mai contraddetti. Gli esperimenti scientifici hanno dimostrato che effettivamente non mentono.” Dopo la testimonianza di Gigi Leva è intervenuta Emma Antognazza, collabora trice anche di Radio Maria, la quale si è soffermata sui messaggi che la Madonna ha dato e continua a dare ai ragazzi. I messaggi che la Vergine Maria ha consegnato in questi 27 anni ai veggenti (che dal 25 gennaio 1987 sono diventati mensili) e tramite la veggente Marija a tutto il mondo, possono essere raggruppati in cinque aree tematiche: conversione, fede, preghiera, confessione ed eucaristia, digiuno e penitenza. Emma ha spiegato che la Madonna vuole comunicarci che l’uomo non ha pace perché è senza Dio. Il cammino spirituale inizia dentro di noi, poi si trasmette nella nostra famiglia e poi nel mondo dove viviamo. Emma ha letto alcuni dei numerosissimi messaggi che la Vergine Maria ha dato ai veggenti. Il primo quello del 25 giugno 1981: “Io sono la Beata Vergine Maria. Pace. Pace. Pace. Riconciliatevi. Riconciliatevi con Dio e tra di voi. E per fare questo è necessario credere, pregare, digiunare e confessarsi!” “Sono tanti - ha poi proseguito Emma - i messaggi. Il più importante è sicuramente l’appello alla conversione. La Vergine ha detto: -Affrettatevi a convertirvi. Quando si manifesterà sulla collina il segno promesso sarà troppo tardi - (2 settembre 1982). Oppure: -Sono venuta a chiamare il mondo alla conversione per l’ultima volta. In seguito non apparirò più sulla terra.” Per quanto riguarda la preghiera Emma ha affermato che la Madonna ad ogni messaggio ringrazia per aver risposto alla sua chiamata, anche solo per aver iniziato a pregare, se non sappiamo pregare. Come l’aria, l’acqua e il cibo sono necessari per la vita fisica, la preghiera è necessaria per la vita spirituale. Nel suo messaggio del 12 giugno 1986 ha detto: “Cari figli, oggi vi invito a cominciare a dire il Rosario con fede viva, così io potrò aiutarvi. Voi, cari figli, desiderate ricevere grazie, ma non pregate. Io non vi posso aiutare dato che voi non desiderate muovervi. Cari figli, vi invito a pregare il Rosario. Il Rosario sia per voi un impegno da eseguire con gioia, così comprenderete perché sono da così tanto tempo con voi: desidero insegnarvi a pregare. Grazie per aver risposto alla mia chiamata! - (25 aprile 2001) Cari figli, anche oggi vi invito alla preghiera. Figlioli, la preghiera opera miracoli. Quando siete stanchi e malati e non sapete il senso della vostra vita, prendete il rosario e pregate; pregate finché la preghiera diventi un'incontro gioioso con il vostro Salvatore. Sono con voi e intercedo e prego per voi, figlioli. Grazie per aver risposto alla mia chiamata“. Al termine dell’incontro c’è stato un dibattito sorto da alcune domande relative ai segreti donati ai veggenti e alla durata delle apparizioni. Qualcuno si è chiesto se 27 anni non fossero un po’ troppi. Sia Emma, sia Gigi hanno risposto che non spetta a noi giudicare le azioni della Madonna. E poi è bene ricordare che a Laus in Francia, nel Seicento, Maria è apparsa ad una contadina per 54 anni di seguito e quell’apparizione è stata riconosciuta. Giacomo Moretti La realtà ed il mistero della Vergine Maria a Medjugorje Si è svolto sabato 25 ottobre scorso presso l’oratorio San Luigi Gonzaga di Gavirate un incontro-testimonianza sulla realtà di Medjugorje, un piccolo paese della Bosnia-Erzegovina dove dal giugno 1981 sei ragazzi dichiarano di vedere la Vergine Maria, la Regina della Pace come lei stessa si è definita. Ora gli ex ragazzi sono diventati adulti, hanno formato una famiglia e vivono ormai in paesi diversi, continuano tuttavia ad avere le visioni ovunque si trovino. Questo incontro è nato dal desiderio di alcuni di noi di compiere un pellegrinaggio a Medjugorie, nel mese di ottobre che non è stato possibile realizzare. Nel colloquio con Emma Antognazza dell’Associazione amici di Medjugorje”, è emerso che prima di andare a Medjugorje sarebbe stato auspicabile sapere cos’è veramente questo singolare luogo. Provocati da questa semplice constatazione insieme a Carlo Sommaruga e Massimo Mastrorilli si è voluta organizzare una serata di approfondimento. Il mediatore dell’incontro è stato Carlo Sommaruga. Sono intervenuti come relatori Gigi Leva e Emma Antognazza dell’Associazione e gruppo di preghiera Amici di Medjugorje di Varese. Gigi Leva ha parlato della sua personale esperienza di conversione. Invitato ad andare a Medjugorje da alcuni suoi amici, aveva accettato soltanto per aiutarli nell’organizzazione del viaggio. Ma una volta giunti si è sentito accolto dalla Vergine Maria. Infatti, di fronte ad alcune difficoltà molto pratiche, il frate che era lì con lui lo ha invitato a pregare. Dopo un’iniziale esitazione si è inginocchiato ed ha iniziato a recitare l’Ave Maria; in quel momento si è sentito abbracciato dall’amore della Madonna. Potrebbe sembrare un’esperienza sentimentale, ma non lo è. Sono molti quelli che, andando a Medjugorje, hanno la grazia di percepire la presenza di Maria. In quel luogo la Madonna appare viva e gloriosa, parla, converte, guarisce. Nella sua testimonianza Gigi Leva ha raccontato anche della personale amicizia che, in tutti questi anni, ha stabilito con i veggenti, sempre disponibili a parlare con i pellegrini. Ricordiamo che i vescovi hanno dato un giudizio attendista che lascia aperti ulteriori sviluppi. La Chiesa non può pronunciarsi finché le apparizioni continuano. Durante l’incontro sono stati proiettati alcuni filmati realizzati durante le prime apparizioni. “Infatti - ha spiegato Gigi Leva - per la prima volta nella storia si è in grado di avere una chiara e dettagliata risposta dalla scienza alla domanda relativa a cosa accade quando i sei ragazzi di Medjugorje dicono di vedere la Madonna. Si potrebbe dire - ha continuato Gigi Leva – che questo sia l’unico caso che ha potuto essere davvero indagato approfonditamente dagli studiosi nelle condizioni ottimali” Tutti i sei veggenti sono stati sottoposti a numerosi esperimenti. In particolare con l’ausilio dei filmati Gigi Leva si è intrattenuto sulla reazione degli occhi dei veggenti durante le apparizioni. Infatti, da uno studio sulle pupille di Marja Pavlovic, si è scoperto che poco prima dell’estasi essa si presentava con un diametro pari a 36% del diametro totale dell’iride. Durante l’estasi, invece, la pupilla appariva dilatata con un diametro pari al 55% del diametro totale dell’iride. Subito dopo l’estasi la pupillometria si riduceva al 32% rispetto al diametro dell’iride. Tutto questo a condizioni invariate di luce. Gigi Leva ha poi affrontato il punto riguardante la credibilità dei veggenti. Egli ha affermato che nella durata del fenomeno è ravvisabile un chiaro indizio di 13 in cammino... Vita della Comunità Ancora sul natale... Rappresentazione teatrale sul libro di Erri De Luca: ”In nome della madre” È il titolo dell’ultimo romanzo di Erri De Luca ed è uscito nell’autunno scorso con Feltrinelli. La storia è quella di Maria, una ragazza come tante, promessa sposa di Giuseppe, alla quale appare un angelo che sconvolge tutta la sua esistenza: dopo quell’incontro nulla sarebbe tornato come prima. Aveva in grembo un figlio, figlio suo ma anche di Dio. Troviamo in queste pagine l’amore smisurato di Giuseppe per la sua sposa che lo porta ad affrontare con lei la gravidanza e quello che essa comporta, le male voci del paese, il viaggi. Maria resta donna, viene raccontata nella sua umanità, con le sue paure, le sue domande davanti al Mistero che stava nascendo in lei. Così i due legati da una grande armonia e dalla stessa fede in Dio travolgono ogni costume, ogni legge per permettere la nascita del bambino che Maria portava in grembo. L’adolescenza di Maria smette da un’ora all’altra ed è proprio lei a narrarlo in prima persona. Straordinario il modo in cui l’autore sia riuscito rendere il pensiero di Maria: mentre leggevo mi sentivo coinvolta al punto quasi di vedere davanti agli occhi quello che veniva man mano narrato, riuscivo a immaginare e vivere le sensazioni, i pensieri di Maria. La rappresentazione del libro sarà sabato 20 dicembre alle ore 21 in Chiesa. Se avete occasione di leggere il libro non esitate: ne vale davvero la pena! 2 notizie sull’autore… Erri De Luca è nato a Napoli nel 1950, ha esercitato diversi mestieri manuali in Africa, Francia, Italia: camionista, operaio, muratore, attualmente, giornalista politicamente impegnato, vive a Roma ed è opinionista de "Il Manifesto". Studia da autodidatta l'ebraico e ha tradotto alcuni libri della Bibbia Anche quest’anno insieme ai Magi per le vie di Gavirate Lo scorso anno la rappresentazione dei Magi è stata bella, ha coinvolto diverse persone della comunità, associazioni e gruppi del paese. Perché non farlo anche quest’anno e riunirci ancora nell’organizzazione di un evento simile? Ci siamo già trovati con i responsabili dei lavori, con gli amici di Fignano, con la nostra Pro Loco e con alcuni parrocchiani volonterosi che hanno a cuore il perfezionamento e la buona riuscita di questo momento. A guidarci una storia particolare che non tutti forse conoscono: La leggenda del QUARTO RE. Un piccolo riassunto per chi fosse proprio a digiuno. Artabano, il Quarto Re, parte con gli altri Re Magi e aveva con sé delle pietre preziose da portare al bambino insieme all’oro, all’incenso e alla mirra, ma durante la strada si ferma per aiutare alcuni personaggi che incontra e per i quali spende le pietre che avrebbe dovuto portare alla capanna. Arrivato, in ritardo, davanti al bambino e a mani vuote non sa che dare al suo Signore ed è triste per questo… ma gli viene detto che il fatto di non aver esitato a donare le sue pietre e il suo tempo per i fratelli bisognosi che aveva incontrato sulla era il dono più gradito. Così saremo tutti impegnati ad animare al meglio questa storia che quest’anno si svolgerà per le vie del centro, dalla piazza del Comune alla Chiesa. Speriamo che i personaggi coinvolti siano sempre di più, nel coretto, nelle coreografie, nella rappresentazione. Ci auguriamo anche di essere in molti a sentire il richiamo e ad essere semplicemente presenti a questo momento di ritrovo e di festa della comunità, perché è anche intorno a questo che ci riconosciamo “famiglia nel Signore”.Vi aspettiamo numerosi, c’è davvero spazio per tutti e attività di ogni tipo(insomma non ci sono scuse!) e per chi non ha occasione di venire prima l’appuntamento per vivere insieme la Sacra Rappresentazione è: Martedì 6 Gennaio alle 14.30 in piazza del comune 14 Disegnaci Disegnaci nel fiato l’orchestra della cometa, perché anelito sia cosa inscritta, libertà segreta di risurrezione dai giorni sterili. Combacia la forma delle braccia alla Tua forma, insegnaci il riposo di essere in Te solo cosa compiuta. Sii la sinfonia nuda che irraggia il mattino dai boccioli di giglio, l’inizio come attesa interna, dello spiegare il giorno nel Tuo respiro. Roberta Lentà In cammino... Vita della Comunità Le festività nel mondo La curiosità è da ritenere una dimensione positiva che, se non deformata, incoraggia l’indagine e la scoperta dei fenomeni naturali, scientifici e sociali. Ho acquistato proprio in questi giorni un’agenda tipo famiglia del prossimo 2009 e, da subito, ho voluto sfogliare alcune pagine iniziali. Queste solitamente non si guardano e si aspetta ad utilizzare l’agenda ai primi del nuovo anno quando già si è presi dagli impegni quotidiani. In anticipo quindi ho sfogliato queste pagine, soffermandomi ad osservare, con particolare attenzione, il quadro delle “Festività del mondo”. In esso sono indicate, mese per mese, e per tutte le Nazioni i giorni di festività previsti dal rispettivo calendario. La mia attenzione si è rivolta a verificare Madre della Grazia Madre d’ogni grazia la grazia tua, tentata, del trino candore il giglio; tu che l’impura argilla, da palmi oscuri offerta, non cogliesti a lenire il tuo dolore. E dell’uomo misero che sono, nel cuore impuro, fai crogiolo che questo orrore muta: in oro; e non è mio, questo tesoro. So le tue lacrime lo strazio sopra la cenere e gli impuri sputi che il mondo getta, anche su me: ferocia, sdegno, curiosità; ma più profondo il tuo dolore al ricadere, questo mio cedere incessante, a risalire il monte: lama più aguzza nel tuo cuore, Madre delle madri, Madre di lei, così addolorata... al non poter baciare le ferite, come di Lui, cui solo dopo la morte, il Tuo materno labbro, poserà. Oltre le grazie, fulgide, d’ogni Veronica, il bacio, Tuo di Madre, è il solo issopo a dilavare aceto e fiele, che un poco, ho assaporati anch’io. Più alta di un’alta preghiera se come il Figlio Prediletto, che amando non trattieni, un poco m’abbandono e perdo il viver mio, che piango, nell’alito che soffia il nome Tuo, di Madre! Noi, figli, di un unico”Ecco Tuo Figlio“; mistica doglia, il parto di noi; è nostra vita il tuo dolore, Madre mia, Madre di lei, Madre di me. la data del Natale. Che cosa ho scoperto ? Che nel mese di dicembre Israele registra una festività il 12 e non il 25 dicembre e ciò sembra ovvio. Il Giappone il 23/12 perché in questo stato vige la religione scintoista e buddista. Quello però che stupisce di più è che né in Russia né in Turchia, a dicembre, figuri alcuna festività. Devo pensare che in realtà non sia proprio così perché, ad esempio, in Russia, essendo presente la Chiesa Ortodossa, il Natale sia festeggiato e forse pure in Turchia. Ma si deve rilevare che in questi due stati non figurano festività ufficiali: si andrà anche al lavoro il giorno di Natale? Non lo so, però il 25 non è annoverato nelle festività ufficiali. Questa rilevazione mi ha fatto pensare G. De la Tour a molti risvolti politici, sociali e religiosi che potrebbero essere chiamati in causa al fine di porre in luce queste differenze che poquanto è Dio è onnisciente; riscontriamo la notrebbero essere definite separazioni del mondo stra debolezza fisica e morale, ma Lui è la perfein due grandi settori. Ma ciò non mi stupisce zione, l’Assoluto; constatiamo per noi i limiti perché devo considerare che ben altri aspetti nel tempo, nello spazio, nelle forze, i limiti nelcontribuiscano a differenziare il mondo sopratl’affrontare la sofferenza, ma Lui è oltre il tempo tutto sotto la dimensione religiosa rilevabili alla e lo spazio, è pure onnipotente e onnipresente. luce della effettiva adesione o non adesione al Ecco qui un punto nel quale dovremmo davvero credo religioso ufficialmente riconosciuto. riflettere: Dio non conosce le sofferenze e il patire? La constatazione mi ha portato a due riflessioni: a) la prima riguarda la Russia e mi fa ricordare Il nostro Dio non ha voluto rimanere estraneo quando il defunto Papa Giovanni Paolo II° alla nostra vita e soprattutto alle nostre soffetanto si adoperò per andare a Mosca a celebrare renze. Non è un dio dell’Olimpo come lo imcon i “fratelli Ortodossi” il Natale o altra festimaginavano gli antichi al di fuori delle nostre vità religiosa comune. Più volte il Papa cercò di necessità e del nostro patire. Dio non può essere ottenere il “Visto” per questo incontro, ma non altro che Amore: ”Deus caritas est”. In quanto fu mai soddisfatto. Per Lui, così “paolino” (non amore personificato ci ha creati e ci ha redenti e, per nulla aveva assunto anche il nome di Paolo) per redimerci, ha dovuto assumere la nostra era ardente il desiderio di andare, come del resto stessa natura. Il mistero di Dio si svela agli uoriuscì a fare anche per regioni ben lontane e immini ai quali l’unica sostanza divina si manifesta pervie del mondo, per incontrare i “Fratelli in nelle tre distinte Persone della divina Trinità. Il Cristo”, Padre nei suoi disegni di misericordia e di amore b) la seconda riflessione si può considerare una per gli uomini che hanno avuto l’insensatezza di conseguenza della “sete” di Giovanni Paolo II° credere di poter fare a meno di Lui, invia il Fidi portare nel mondo la luce del Figlio di Dio di glio, Gesù, che assume la natura umana per cui avvertiva la grave responsabilità di incargioire e soffrire come noi, anzi soffrire più di noi. narne il ruolo di Successore sulla terra. La apAccanto a tutte le sofferenze del mondo Egli, che profondita riflessione su questo aspetto ci porta pure non meritava, simbolo e personificazione ad affrontare questa domanda: ma perché tanti dell’ innocenza, ha immolato se stesso e così fauomini non vogliono sentire parlare di Dio, percendo ha superato qualsiasi altro umano sacrifiché credono di poter fare senza di Lui? Ma cio. Noi, essendo peccatori per aver tradito siamo davvero sicuri che questa posizione sia l’amore di Dio, abbiamo mille motivi per sofquella giusta e soddisfi appieno le ragioni del frire quasi a tentare di ripagare i nostri torti e il nostro vivere? E’ questo un punto molto serio: nostro male senza peraltro riuscirci perché il divivere con o senza Dio? La risposta possiamo vario tra il Creatore e le Creature è incolmabile. cercarla dentro di noi e assai spesso ci viene sugCristo invece, fatto uomo unico nella storia delgerito di percorrere questa strada. Tuttavia in l’umanità, ha accettato, pur innocente, di sacriquesta particolare circostanza mi è sorta l’esificarsi e questa era la condizione indispensabile genza di rivolgere l’attenzione a Dio stesso. Ma per il nostro riscatto. Il nostro è un Dio-Amore chi è Dio? Non è che solitamente Lo vediamo che si presenta a noi con la grandezza e lo splencosì lontano da noi da non sentirlo, da non vedore della luce che sprigiona da una capanna, da derlo, da non potergli parlare: un oracolo al di un’umile capanna dove Egli si è incarnato: ha asfuori della nostra esperienza esistenziale nella sunto la nostra stessa natura umana per dimoquale riscontriamo l’ignoranza, ma Lui, in strarci, nei fatti, che l’amore è vero quando dona tutto se stesso agli altri. Il “Natale” dovrebbe essere sicuramente conosciuto da tutti e da tutti celebrato e rivissuto ogni giorno della vita. Enrico Marchi Collegati in rete Se vuoi ricevere le notizie e i documenti della tua comunità sulla tua posta elettronica collegati a: www.decanati.it ed iscriviti. Se tu mi chiedi, non posso trattenere la vita mia che piango; e giorni assolva e il canto resti, di noi, ipocriti fratellli, il grido mio, di Madre. Gli articoli sui problemi di attualità rappresentano l’opinione personale degli autori Andrea Sempiana 15 CELEBRAZIONE DEL NATALE in cammino... Celebrazioni di Natale la preparazione: NOVEN A da mercoledi 17 a martedi 23 ore 17.00 in Chiesa CELEBRAZIONI COMUNITARIE DELLA RICONCILIAZIONE Giovedi 18 Dicembre ore 20.30: per i giovani e gli adulti Venerdi 19 dicembre ore 14.30: per i ragazzi e le persone impossibilitate ad uscire alla sera CONFESSIONI INDIVIDUALI Mercoledi 24 dalle 15.00 alle 18.30 don Elia e don Piero saranno presenti in Chiesa per le confessioni individuali la celebrazione: NATALE ore 23.30: Veglia in preparazione al Natale e Messa di mezzanotte ore 08.00: Messa ad Armino SS.Messe secondo l'orario festivo attuale in parrocchia e alla Casa di riposo S.STEFANO Messe secondo l’orario festivo S.GIOVANNI EVANGELISTA Patrono della Parrocchia ore 10.30: S.Messa solenne presieduta da Mons. Luigi Stucchi. vicario di Varese MESSA DI RINGRAZIAMENTO: 31 dicembre ore 18.00: messa e canto del "Te Deum" di ringraziamento. EPIFANIA Alle ore 14.30: Sacra Rappresentazione sul Cammino dei Magi. Ritrovo in Piazza del Municipio e conclusione sulla piazza della Chiesa con il Bacio del Bambino. 16