SEZIONE SCIENTIFICA - L’angolo della statistica COS’È UN INTERVALLO DI CONFIDENZA? C. Limoni, O. Petrini La statistica può essere suddivisa in tre rami principali. La statistica descrittiva si occupa di rappresentare i dati in forma riassuntiva per descrivere le caratteristiche di un campione, la statistica matematica studia le distribuzioni teoriche, mentre la statistica inferenziale permette di trarre delle conclusioni sulle caratteristiche di una popolazione utilizzando dei risultati campionari. Quest’ultima comprende due metodologie, diverse e nello stesso tempo complementari: da un lato la verifica di ipotesi - quali l’efficacia di una terapia, basata sul p-valore; dall’altro la stima di parametri - durata media di un sintomo, proporzione di ricadute - basata sugli intervalli di confidenza (IC). La prima è stata per decenni la pietra miliare dell’analisi statistica per il confronto delle terapie. Da una decina d’anni, però, in quasi tutte le pubblicazioni scientifiche di tipo biomedico, i risultati sono descritti utilizzando anche gli intervalli di confidenza (IC al 95%). Nel 19981, l’International Committee of Medical Journal editors propose per la prima volta delle linee guida da applicare nella redazione delle pubblicazioni scientifiche, adattate in seguito periodicamente. Esse postulano tra l’altro, la quantificazione dei risultati, presentati con misure di incer- tezza appropriate, quali gli intervalli di confidenza, e suggeriscono di evitare di affidarsi, nella misura del possibile, unicamente alla citazione dei p-valori, poiché questi, da soli, non sono in grado di fornire informazioni sull’importanza degli effetti. P-valore, intervalli di confidenza e quantificazione dell’effetto di una terapia Immaginiamo uno studio clinico il cui scopo sia di confrontare l’efficacia di due prodotti e il cui parametro principale sia la durata media di un sintomo. Se gli effetti di questi due prodotti sono simili, la differenza tra le durate medie è per definizione nulla e gli scostamenti che si osserveranno alla fine dello studio saranno dovuti unicamente alla variabilità campionaria. Il calcolo delle probabilità permette di quantificare in modo probabilistico questi scostamenti: si può immaginare che se l’efficacia dei due prodotti è simile - statisticamente si parla di ipotesi di ‘non differenza’ -, la probabilità di osservare grandi scostamenti tra gli effetti è bassa. Di conseguenza, se lo studio clinico fa apparire uno scostamento che ha poche probabilità di essere osservato sulla base dell’ipotesi di ‘non differenza’, si concluderà che ciò non è dovuto alla variabilità campionaria, ma alla differenza di efficacia dei due prodotti. Il p-valore rappresenta la probabilità di osservare una certa differenza tra gli effetti se l’efficacia dei due prodotti è simile. Delle piccole differenze avranno un’elevata probabilità di essere osservate, mentre delle differenze più congrue saranno poco probabili. Più il p-valore associato a questa differenza è piccolo, più saremo quindi sicuri che essa non è dovuta alla sola variabilità campionaria. È però necessario stabilire una ‘frontiera’ probabilistica che funga da criterio per accettare o rifiutare l’ipotesi di ‘non differenza’: in altre parole, cosa significa un p-valore piccolo? Questa 74 FEBBRAIO 2009 frontiera è rappresentata dal livello di significatività del test, generalmente pari al 5%: se p<0.05, la differenza osservata tra gli effetti ha al massimo una probabilità del 5% di essere dovuta alla sola variabilità campionaria. Nel confrontare gli effetti di due terapie, un p-valore inferiore al 5% è quindi sinonimo di differenza statisticamente significativa. L’uso del p-valore, da solo, può però indurre il lettore a confondere significatività statistica con significatività clinica o biologica. Differenze tra terapie, clinicamente non rilevanti poiché minime, possono infatti essere statisticamente significative solo grazie a un’elevata numerosità dei campioni. L’uso del p-valore, in questo caso, rappresenta quindi in un certo senso una semplificazione dei risultati non priva di insidie. L’intervallo di confidenza2,3 è invece una misura dell’effetto dovuto alla terapia e serve a ‘stimare’ l’effetto ‘vero’: per definizione, l’effetto nell’intera popolazione è definito come il ‘vero effetto’ e può solo essere stimato, poiché non si ha accesso all’intera popolazione. Esso descrive un insieme di valori all’interno del quale molto probabilmente si situa l’effetto ‘vero’ ed è calcolato utilizzando il risultato osservato nel campione, più o meno un certo errore di stima. Perché molto probabilmente? Qual è in altre parole il significato della “confidenza”? Prima di rispondere è necessario ricordare che gli intervalli di confidenza, come del resto la verifica delle ipotesi tramite il p-valore, hanno un senso in quanto gli studi clinici sono effettuati su campioni di pazienti, e non sull’intera popolazione. Se si potessero studiare direttamente popolazioni intere − com’è il caso nei censimenti – non ci sarebbe bisogno di utilizzarli, poiché sarebbe possibile conoscere il ‘vero’ effetto, visto che lo studio includerebbe tutti i pazienti. L’intervallo di confidenza è basato sul TRIBUNA MEDICA TICINESE 73 SEZIONE SCIENTIFICA - L’angolo della statistica fatto che l’effetto in un campione, come la proporzione di pazienti guariti o il livello medio della pressione sistolica dopo una certa terapia, non sarà mai lo stesso qualora lo studio fosse ripetuto utilizzando un secondo, un terzo o un quarto campione. L’effetto della terapia è cioè soggetto alla variabilità campionaria, la quale comporta una certa imprecisione nella stima dell’effetto ‘vero’. Se il campione è casuale, questa imprecisione è però gestibile in modo probabilistico. Esempio Immaginiamo uno studio il cui obiettivo principale consista nel verificare l’efficacia di un nuovo prodotto nella terapia del dolore, confrontando la durata del sintomo dopo trattamento con il nuovo prodotto e il prodotto di riferimento. Immaginiamo inoltre che la durata utilizzando il prodotto di riferimento sia mediamente pari a 20 minuti. L’approccio basato sul p-valore è fondato sull’idea seguente, chiamata anche “ipotesi nulla”: si ipotizza che il nuovo prodotto non sia migliore e che di conseguenza la scomparsa del sintomo dovrebbe intervenire pure dopo 20 minuti. Con questa premessa, un eventuale scostamento tra le durate medie sarebbe dovuto unicamente alla variabilità campionaria. Supponiamo ora che i ricercatori osservino con il nuovo prodotto una durata media di 15 minuti: se la probabilità di osservare questo scostamento dalla media del prodotto di riferimento è inferiore al livello di significatività (p<0.05), si concluderà che il risultato non è dovuto alla variabilità campionaria ma è imputabile alla magggiore efficacia del nuovo prodotto. I risultati dello studio saranno presentati nel modo seguente: il nuovo medicinale è più efficace, poiché la scomparsa dei sintomi avviene più rapidamente rispetto al prodotto di riferimento (p<0.05). Purtroppo però la sola significatività statistica non permette al 74 TRIBUNA MEDICA TICINESE medico di quantificare clinicamente questa migliore efficacia. Cosa significa infatti ‘più rapidamente’? L’uso degli intervalli di confidenza consente questa quantificazione. Se immaginiamo che in questo studio l’errore di stima sia di 3 minuti in più o in meno, l’informazione statistica potrebbe essere presentata nel modo seguente: il nuovo medicinale è più efficace del prodotto di riferimento (p<0.05) e l’effetto è compreso in un intervallo di confidenza al 95% pari a un minimo di 12 minuti e a un massimo di 18 minuti (IC al 95%: 15 ± 3minuti). L’intervallo di confidenza è quindi una misura di precisione dell’effetto del prodotto. Significato della confidenza Veniamo quindi alla confidenza, cioè all’interpretazione del carattere probabilistico dell’intervallo di valori. Abbiamo visto che l’utilizzazione di campioni non permette di essere certi al 100% che il risultato osservato corrisponda al ‘vero’ effetto nella popolazione. Cosa significa quindi avere una confidenza del 95%? Ciò significa che, se avessimo la possibilità di ripetere 100 volte lo stesso studio, utilizzando cioè 100 campioni diversi, l’intervallo di confidenza conterrà il ‘vero’ effetto nel 95% dei casi. Ci si può quindi sbagliare 5 volte su 100 nell’enunciare il risultato della stima. È questo il significato del ‘molto probabilmente’ di cui si è parlato in precedenza. Generalmente si utilizza una confidenza del 95% e a volte, in casi particolari, del 90 o 99%. Significato dell’intervallo Se il ‘vero’ effetto del prodotto non può essere espresso usando unicamente la media osservata nello studio, cioè 15 minuti, è importante conoscere i limiti entro i quali esso si può trovare. Sempre usando l’esempio precedente, se immaginiamo che l’IC al 95% vada da un minimo di 12 a un 74 FEBBRAIO 2009 massimo di 18 minuti, il ‘vero’ valore si troverà in un qualsiasi punto dell’intervallo, non necessariamente nel punto medio e di conseguenza non sarà praticamente mai la media osservata nel campione (15 minuti). Se in questo studio consideriamo come vera una media di 18 minuti tra tutte quelle contenute nell’intervallo, rispetto ai 20 del prodotto di riferimento, la differenza di efficacia, pari a 2 minuti, benché significativa, potrebbe anche non essere clinicamente importante. L’intervallo di confidenza facilita quindi le decisioni cliniche, e fornisce un’informazione essenziale da usare per interpretare correttamente il p-valore. La precisione della stima, cioè l’ampiezza dell’intervallo, dipende fortemente dalla numerosità dei campioni: come ci si può logicamente attendere, più la numerosità è alta, più grande sarà la precisione della stima. L’intervallo di confidenza può d’altra parte anche essere usato per verificare un’ipotesi di lavoro, proprio come il pvalore: sapendo che l’IC al 95% va da 12 a 18 minuti, possiamo escludere la durata ipotizzata di 20 – e in maniera generale qualsiasi durata superiore a 18 minuti – poiché esse si situano all’esterno dell’intervallo4,5. Conclusioni Le tecniche statistiche del p-valore e degli intervalli di confidenza sono strumenti complementari. Il p-valore è da sconsigliare se usato da solo, poiché non è in grado di quantificare gli effetti studiati. Gli intervalli di confidenza, generalmente al 95%, permettono invece una miglior comprensione dei risultati e possono essere costruiti per le statistiche quali le medie, le proporzioni, il rischio relativo, gli odds ratio, la pendenza di una retta di regressione, ecc. Idealmente, dunque, la presentazione di risultati di studi clinici dovrebbe includere anche gli intervalli di confidenza. Qualora la variabile in esame sia di SEZIONE SCIENTIFICA - L’angolo della statistica tipo continuo, si indicheranno anche la media, la deviazione standard, la mediana, il valore minimo e massimo, senza dimenticare, per tutti i tipi di variabili, la numerosità del campione (Tabella 2). Per una spiegazione approfondita dei metodi di calcolo si rinvia alla bibliografia, in special modo al libro pubblicato dal BMJ, che si avvale anche di un programma di facile utilizzazione, così come dell’ausilio didattico di esempi risolti3. Costanzo Limoni, Alpha 5-Biometrics, Riva San Vitale Orlando Petrini, Istituto cantonale di microbiologia, Bellinzona Bibliografia 1 BMJ 1988 ; 296 :401-405, Uniform requirements for manuscripts submitted to biomedical journals. 2 D.G. Altman, Use of confidence intervals to indicate uncertainty in research findings, Evidence-Based medicine, 1996. 3 D.G. Altman et al., Statistics with confidence, BMJ Book, 2002. 4 D.G. Altman, Why we need confidence intervals, World J. Surg. 29, 554–556 (2005). 5 Huw T O Davies, What are confidence intervals?, Evidence based medicine, Vol. 3, number 1. Definizioni • p-valore: probabilità di osservare un certo risultato se è vera l’ipotesi statistica di non differenza. Per convenzione, se il pvalore è <0,05 si considera che il risultato è significativo, cioè non dovuto alla variabilità campionaria. • La significatività statistica (p<0.05) significa che l’effetto della terapia è statisticamente, ma non necessariamente clinicamente rilevante. • Intervallo di confidenza: misura dell’effetto della terapia; mostra un intervallo di valori nel quale si trova probabilmente l’effetto ‘vero’. • Se l’intervallo di confidenza contiene il valore che rappresenta la non differenza (nel caso della differenza tra due percentuali o due medie quando si confrontano due terapie questo valore è 0), le due terapie non danno risultati diversi. • La confidenza è la probabilità che l’intervallo di valori contenga l’effetto ‘vero’. Se essa è del 95% significa che ci sbaglieremo nel 5% dei casi (degli studi) affermando che il vero valore è compreso nell’intervallo enunciato. Tab. 2: Esempio di presentazione di dati clinici Tabella: Dati demografici dei pazienti N Media Deviazione standard 95% IC Mediana Minimo Massimo Età (anni) 1766 52,67 18,57 51,8 – 53,5 53 18 95 Altezza (cm) 1751 168,21 8,27 167,8 – 168,6 168 143 199 Peso (kg) 1750 71,29 14,43 70,6 – 71,9 70 40 184 Indice della massa 1739 25,13 4,51 24,9 – 25,3 24,8 13,2 62,20 corporea (BMI) 74 FEBBRAIO 2009 TRIBUNA MEDICA TICINESE 75 TACCUINO La goccia che ha fatto traboccare il vaso Si levano gli scudi contro l’ennesima decisione arbitraria del Consigliere Federale Pascal Couchepin. In una nota stampa pubblicata sulla “NZZ am Sonntag” del 22 febbraio 2009, la FMH ha chiesto le dimissioni di Couchepin. Le decisioni del Ministro della sanità mettono in ginocchio la qualità e la sicurezza del nostro sistema sanitario e ormai nella medicina di famiglia, ma non solo, si è arrivati a raschiare il fondo del barile. La critica del corpo medico è dura: i medici non hanno nessuna intenzione di piegarsi a decisioni politiche prive di argomenti, specialmente quando a rimetterci non sono solo i medici, ma l’intera popolazione. Giungono intanto numerose le voci che si aggiungono alla protesta dei medici, che evidentemente riconoscono in questa decisione un errore politico irrimediabile per il nostro sistema sanitario. La rabbia del corpo medico è alimentata da ragioni e argomenti che l’Ufficio della sanità pubblica conosce in modo dettagliato, ma che ha volutamente ignorare, ripetendo l’errore che nel 2006 ha portato 12'000 camici bianchi e simpatizzanti a manifestare il proprio dissenso in Piazza Federale. Anche questa revisione ha visto un iter abbastanza tormentato, considerate le numerose lacune e le carenze della proposta. Una delegazione della FMH, composta da alcuni esperti in materia, ha invitato ripetutamente l’Ufficio federale della sanità pubblica a rivedere le proprie basi di calcolo e ritirare di conseguenza una revisione dalle prospettive miopi e dalle conseguenze pericolose per la presa a carico dei pazienti. Nulla è servito il dissenso della Commissione consultiva che ha invitato il Consigliere federale a ridiscutere il suo intento, considerati i validi argomenti portati dalla classe medica. Anche gli interventi dei parlamentari di diversi partiti, tra questi i ticinesi Ignazio Cassis e Marina Carobbio, hanno ricevuto delle risposte vaghe e imprecise da parte dell’onorevole Couchepin. La FMH si è allora spinta oltre e, in collaborazione con numerosi esperti in materia, ha reso attento il Consigliere Federale delle gravi conseguenze che avrebbe portato con sé questa revisione, dei pacchiani errori di calcolo (es.: per determinare il tasso di glicemia nel sangue – HbA1c – le nuove tariffe prevedono la centrifugazione della provetta, cosa che rende il test inutilizzabile) mettendo a disposizione dell’Ufficio federale della sanità pubblica un valido modello di calcolo (modello Point-of-care) capace di rispondere alla necessità di una revisione, il quale principio è riconosciuto anche dal corpo medico. La FMH, insieme a diverse associazioni socio-sanitarie in cui vi sono rappresentati anche i pazienti, il giorno seguente la decisione di Pascal Couchepin ha ribadito in una conferenza stampa la gravità di quanto deciso, annunciando battaglia a questo diktat. Oggi il dissenso è tale da spingere i medici a chiedere un intervento duro contro l’arroganza di decisioni unilaterali. L’assemblea dei delegati della FMH ha pertanto discusso nelle scorse settimane una serie di azioni da intraprendere e tra queste vi è inevitabilmente anche la possibile chiusura dello studio medico accompagnata da una manifestazione in piazza. In questa occasione l’assemblea ha istituito un Comitato di azione, al quale partecipa anche l’OMCT, responsabile per la decisione e il coordinamento degli interventi da adottare contro la decisione del Consigliere Federale. Da una prima discussione emerge la necessità di contestare queste imposizioni con provvedimenti a medio-lungo termine capaci sì di criticare i tagli nell’ambito delle analisi di laboratorio, ma anche di mettere in discussione in modo più ampio e generale la politica sanitaria messa in atto dal Consigliere federale Couchepin e l’intero Ufficio della sanità pubblica. La FMH si è detta solidale nei confronti di azioni cantonali e regionali, in quanto questa decisione implica delle ripercussioni pesanti sul sistema sanitario, ciò non toglie che alla protesta devono seguire misure capaci di garantire una pressione continua sulle autorità federali, sufficiente da mantenere i temi prioritari all’ordine del giorno dell’agenda politica. medicina generale SSMG/SGAM ha intanto promosso una giornata di azione e il 1. aprile invita le società cantonali a manifestare il proprio dissenso nei rispettivi capoluoghi. E se da un lato verranno discusse e messe in atto misure di protesta pubbliche, dall’altro lato vi sono interventi politici che meritano sicuramente di essere ricordati e che aiutano a mettere in discussione la lobby delle casse malati in Parlamento. L’iniziativa di Jacqueline Fehr, sostenuta dalla FMH, vuole per esempio introdurre l’incompatibilità dei mandati per i deputati alle Camere, deputati presenti contemporaneamente ai vertici della casse malati e/o di santésuisse. I rappresentanti di imprese che dipendono fortemente dalla Confederazione non dovrebbero poter essere eletti in Parlamento, alla stregua degli impiegati nell’amministrazione federale; una conclusione che si basa su una perizia giuridica elaborata dalla Prof.ssa Regula Kägi-Diener dell’Università di San Gallo. E nonostante questa iniziativa abbia nel frattempo già riscontrato critiche dai diretti interessati, ci si attende una discussione animata in Parlamento. All’uscita di questo numero di Tribuna Medica Ticinese, l’OMCT avrà già effettuato l’assemblea straordinaria in data 12 marzo 2009 e avrà deciso le misure da adottare quale Ordine cantonale. Vi è comunque la convinzione che una messa in discussione della presa a carico del paziente dovuta ai tagli nelle analisi di laboratorio, sia dovutamente una causa che interessa non solo l’intera classe medica, ma tutta la popolazione svizzera. L’OMCT, come ribadito in occasione della conferenza stampa tenutasi il 21 novembre scorso, reputa che una decisione così sconsiderata non può restare taciuta e qualora l’assemblea dovesse confermare in tempi maturi la proposta della manifestazione pubblica e/o dello sciopero, ci tiene a ribadire che la popolazione non dovrà temere l’assenza di un intervento medico che verrà in ogni caso garantito. In termini di protesta va allora ricordato che a fine gennaio la società cantonale del Canton Ginevra ha deciso di scioperare il 24 marzo, decisione seguita anche dai colleghi vodesi. La Società svizzera di 74 MARZO 2009 Franco Denti Presidente OMCT TRIBUNA MEDICA TICINESE 93 SEZIONE SCIENTIFICA SOSTENIBILITÀ DELLA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DI CARDIOLOGIA E. Picano rischio aumenta di oltre il 35% nella donna adulta (1 cancro su 500), si dimezza nell’ottantenne (1 su 1500) e aumenta di 4 volte nel bambino di <1 anno (1 su 100 nella bambina, 1 su 200 nel bambino). Un tale rischio è accettabile per un gruppo di soggetti opportunamente selezionati per esami appropriati e mirati, ma diventa meno accettabile quando quella stessa procedura viene proposta come esame a tappeto senza valutare il rischio assieme al beneficio. Parole-chiave: Giustificazione; ottimizzazione; responsabilità; sostenibilità; sicurezza Riassunto Ogni anno in tutto il mondo vengono eseguiti 5 miliardi di test di immagine, e circa la metà sono esami cardiovascolari. Le recenti Direttive della Commissione Europea sull’Imaging Medico del 2001 e le linee guida nazionali di riferimento dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali e dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicate nel 2004 hanno come scopo primario la riduzione degli esami di immagine inappropriatamente richiesti ed eseguiti (oggi dal 30 al 50% di tutti gli esami). Questi esami “comportano spreco di risorse, allungamento dei tempi di attesa e, se eseguiti con radiazioni ionizzanti, una indebita irradiazione del paziente, con un aumento della dose collettiva della popolazione” e quindi dei rischi a lungo termine. Comuni esami cardiologici come la scintigrafia cardiaca con Sestamibi, la coronaro-CT e la coronarografia con stent coronarico corrispondono a un equivalente di dose – rispettivamente – di circa 500, 750 e 1000 radiografie del torace. Sebbene non sia possibile una valutazione diretta dell’incidenza di cancro nei singoli pazienti sottoposti a queste procedure, il rischio stimato, ad esempio di una coronaro-CT , per un uomo di 50 anni è di circa 1 cancro su 750 pazienti. Questo Viviamo in cardiologia in una vera età dell’oro della diagnosi, un Rinascimento tecnologico dove molte tecniche di immagine coesistono e virtuosamente competono in un’incessante corsa alla diagnosi perfetta – senza rischi e senza errori. Le metodiche di immagine sono basate su energia ionizzante (e quindi con biorischi per il paziente e l’operatore, come radiologia e medicina nucleare) o non ionizzante (e quindi generalmente ritenute innocue per il paziente e l’operatore, come l’ecografia e la risonanza magnetica). Potremmo chiamarle “rosse” (ionizzanti) o “verdi” (non ionizzanti). Le quattro sorelle dell’immagine – radiologia, medicina nucleare, ecografia, risonanza magnetica – si spartiscono un mercato planetario che si stima oggi attorno ai 5 miliardi di esami/anno ed è in continua, inarrestabile crescita per tutte le metodiche cardiologiche almeno per i prossimi 15 anni, con una aspettativa di aumento di esami proiettata all’anno 2020 che oscilla, ad esempio nel Regno Unito, tra il +340% della scintigrafia cardiaca da stress fino al +4.800% della coronaro-CT1. I costi sociali dell’inappropriatezza Lo spettacolare progresso delle tecnologie nel campo della diagnostica per immagini ha messo a disposizione del 74 MARZO 2009 clinico un armamentario diagnostico sempre più diversificato ma ciò non è stato accompagnato da una crescita di qualità e razionalità nel suo utilizzo. L’utilizzazione impropria, senza adeguata percezione di limiti e controindicazioni di ciascuna metodica, ha portato a incrementi di spesa senza paralleli incrementi di qualità della cura. L’impiego permissivo comporta benefici sempre più marginali a fronte di costi sempre più esorbitanti, e rappresenta un lusso che neanche le economie più floride sembrano potersi permettere2. Appare ormai molto ben chiaro che se le nuove tecnologie vengono adoperate indiscriminatamente, l’impatto può essere minimo per molti pazienti, deleterio per altri, e inaccettabilmente costoso per la società2. Le recenti Direttive della Commissione Europea sull’Imaging Medico del 20013 e le linee guida nazionali di riferimento dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali e dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicate nel 20044 hanno infatti come scopo primario la riduzione degli esami di immagine inappropriatamente richiesti ed eseguiti (oggi dal 30 al 50% di tutti gli esami). Questi esami – scrive il Direttore dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali, Laura Pellegrini, nella presentazione delle linee guida nazionali – “comportano spreco di risorse, allungamento dei tempi di attesa e, se eseguiti con radiazioni ionizzanti, una indebita irradiazione del paziente, con un aumento della dose collettiva della popolazione” e quindi dei rischi a lungo termine4. Anche negli Stati Uniti è stato recentemente divulgato5 il Libro Bianco dell’American College of Radiology, che mette in guardia sui rischi a lungo termine e sui costi dell’inappropriatezza radiologica, il cui uso di oggi - pari ad irradiazione pro-capite di oltre 160 radiografie del torace per anno (Figura 1) - è alla base del 510% dei cancri di domani6, osservati anche decenni dopo l’esame diagnostico7,8. TRIBUNA MEDICA TICINESE 95 SEZIONE SCIENTIFICA I costi economici della diagnostica per immaginI Il costo dei vari esami di immagine in cardiologia è rappresentato in Figura 2 – parametrato al costo di riferimento dell’esame più economico, l’ecocardiografia. Questi valori, medi per la realtà europea9, già stabiliscono una ovvia cornice economica all’uso delle risorse comuni. Gli esami più costosi andrebbero utilizzati solo quando l’informazione fornita da esami più economici è insoddisfacente. Così, invece, non è, e la penetrazione delle nuove tecnologie è dettata da forze di mercato oltre che dalla necessità del paziente. L’ imaging medico è la voce di spesa in più ripida ascesa negli ultimi dieci anni negli Stati Uniti, e contribuisce in maniera importante a quel decollo fuori controllo della spesa sanitaria (il 16% del prodotto Nazionale lordo degli Stati Uniti nel 2015) ormai collocata su una traiettoria che lo stesso ex-Presidente della Federal Reserve Alan Greenspan ha definito insostenibile10. La pandemia di inappropriatezza e obesità diagnostica colpisce tutti gli esami, anche quelli a più alta specializzazione11 e gravati dai maggiore carico radiologico, in Europa come negli Stati Uniti, e non sembra facile porre rimedio a questa piaga di ovvio interesse generale11 se non si pone mano ad un sistema che – anche nel pubblico – paga e premia i volumi, non l’ appropriatezza12. I costi biologici nel singolo paziente Nella spesso convulsa pratica medica quotidiana, i rischi a lungo termine non vengono sempre pesati contro il beneficio diagnostico immediato. Il rischio oncogeno è linearmente correlato alla dose, che per comuni esami è riportata in Tabella 1, ed espressa anche in multipli di radiografie del torace. I valori riportati in tabella sono derivati dalle linee guida europee3 e italiane4 sull’imaging, o dalla letteratura più recente per gli esami di ultima ge- 96 TRIBUNA MEDICA TICINESE nerazione13,14,15. Si vede che in molti casi – come la scintigrafia, la TC o la radiologia interventistica – l’esposizione per singolo esame è tutt’altro che trascurabile, e nell’ordine di centinaia o migliaia di radiografie del torace. L’esposizione radiologica di un’angio-TC coronarica è, ad esempio, di 750 radiografie del torace14. Quella di una angioplastica con impianto di stent è di circa 1000 radiografie del torace15,16. Non sorprende che nei nostri pazienti la dose radiologica media cumulativa raggiunga i 60 mSv (3000 ra- Fig. 1: La dote radiologica del cittadino medio. Già 10 anni fa, l’esposizione media da soli test diagnostici del cittadino medico delle società opulente ammontava a circa 100 radiografie del torace per anno, pari all’intera dose ricevuta da fonti naturali. Da ref. 2, aggiornata (per i dati 2006) nella ref. 32 sulla base dei dati di Mettler F, National Council of Radiation Protection Fig. 2: Il costo relativo delle varie tecniche di immagine in cardiologia. Il costo è espresso in multipli dell’esame più economico (l’ecografia) posto uguale a 1. Modificata da ref 9, Pennell et al, linee guida dell’imaging con risonanza magnetica cardiovascolare della Società Europea di Cardiologia. 74 MARZO 2009 SEZIONE SCIENTIFICA Procedura diagnostica (mSv) Dose efficace a numero Equivalente di rx torace Radiologia convenzionale Torace (singola proiezione, posteroanteriore) 0.02 1 3.1-10.6 6.9-28.9 17-25 29.3 150-500 340-1445 850-1250 1450 TC CT torace CT-addome 64-slice cardioTC *** 64-slice cardioTC (no aorta e con modulazione ECG)*** 64-slice cardioTC (sì aorta e senza modulazione ECG)*** 8 10 14.5 9 29 400 500 740 450 1450 Medicina nucleare Ventricolografia dinamica cardiaca (99mTc) Tc-99m tetrafosmin rest-stress (10mCi+30mCi)* * Tc-99m sestamibi 1-day rest-stress (10 mCi+30 mCi)* * Tc-99m sestamibi 2-day stress-rest (30 mCi+30mCi)* * Tl-201 cardiac stress and reinjection (3.0 mCi+1.0 mCi)* * Doppio isotopo (3.0 mCi Tl-201+30 mCi Tc-99m) ** 6.0 10.6 12 17.5 25 27 300 500 600 875 1500 1600 Radiologia interventistica Angiografia cardiaca * PTCA* Ablazione a radiofrequenza* Valvuloplastica* From ref. 3, 4*, 13**,14 ***. La dose di riferimento per la radiografia del torace corrispondente a 0.02 mSv è proposta dalle linee guida di riferimento della Commissione Europea e recepita dalle linee guida nazionali Tab. 1: Dosi radiologiche di riferimento di comuni esami in cardiologia Fig. 3: Dose cumulativa e fonti di esposizione nel paziente cardiologico adulto contemporaneo. La radiologia interventistica, TC e medicina nucleare rappresentano circa il 20% di tutti gli esami ionizzanti ma quasi il 90% della dose globale. Modificato da ref. 17 . 74 MARZO 2009 diografie del torace), in gran parte derivanti dalle tre sorelle più “pesanti” dal punto di vista radioprotezionistico: CT, radiologia invasiva e medicina nucleare (Figura 3)17. Il risparmio di dose è un atto concreto e importante, di prevenzione oncologica. La Figura 4 esprime infatti la relazione lineare, senza soglia, tra dose (in multipli di radiografie del torace) e danno (in rischio di cancro, fatale e non-fatale). La “retta del rischio” è poi in realtà una semplificazione idealizzata su un paziente medio: per ogni data dose, il rischio varia molto in funzione dell’età (minore nell’anziano rispetto all’adulto) e del sesso (maggiore nella donna rispetto all’uomo, a tutte le età della vita). I bambini sono a rischio molto più alto rispetto agli adulti perché hanno cellule in divisione rapida e hanno una maggiore aspettativa di vita al momento dell’esposizione. Per una stessa esposizione radiologica, il bambino di 1 anno ha una probabilità 3-4 volte maggiore rispetto all’adulto di 50 anni di sviluppare un cancro18. Queste stime di rischio sono state di recente corroborate da studi di citogenetica umana, che hanno mostrato un raddoppio del numero di micronuclei (un indice di danno al DNA somatico, biomarcatore intermedio di cancerogenesi e predittore di cancro a lungo termine) nei linfociti circolanti di pazienti e di medici esposti19,20,21. Si vede bene nella Figura 4 che il rischio nel singolo esame può essere tutt’altro che trascurabile, specialmente alla luce della natura cumulativa del danno: esame si aggiunge ad esame, dose a dose, rischio a rischio. Con una dose cumulativa di 5000 radiografie del torace, si sviluppa 1 cancro su 100 esposti: di questi 100, 42 avranno comunque il cancro indipendentemente dall’esposizione12: Figura 5. La totale e spensierata dipendenza dall’immagine dei nostri percorsi diagnostici, anche incoraggiata da linee-guida specialistiche che non hanno finora incorporato i rischi a lungo termine nella valutazione di rischio-be- TRIBUNA MEDICA TICINESE 97 SEZIONE SCIENTIFICA neficio comparativo di varie metodiche, può portare ad esempio a ripetere in maniera seriata l’esame (TC o scintigrafia) in pazienti con una malattia benigna, come una coronaropatia cronica stabile, con dosi cumulative che arrivano fino a 5.000-15.000 radiografie del torace, per singolo paziente, per singola patologia, e a volte per singolo ricovero22. 98 Fig. 4: Il rischio di cancro (fatale e non fatale) legato all’esposizione a radiazioni diagnostiche, stratificato in funzione dell’età e del sesso. L’esposizione di una angio-TAC coronarica (750 radiografie del torace) dà il rischio di un cancro su 750 esposti nell’adulto e 1 su 100 nella bambina <1 anno. Modificato dalla ref. 16, aggiornata dalla ref. 32 sulla base dei dati originali della Commissione BEIR VII, 2006 (ref .18). Fig. 5: Rischio di cancro (fatale e non fatale) di 100 soggetti, tutti esposti a una dose di 100 mSv (corrispondente a 5.000 radiografie del torace). Questa dose può essere ottenuta ad esempio cumulando 4 scintigrafie al Tallio, oppure 10 CT addome, oppure 8 procedure di stent coronarico), e darà il rischio di un cancro aggiuntivo (fatale o non fatale) su 100 esposti (stella rossa in figura). Di questi 100 pazienti esposti, 42 svilupperanno comunque, nel corso della loro vita, un cancro (pallini gialli). I 42 cancri che si verificano spontaneamente e quello radioindotto sono indistinguibili. Modificato dalla ref. 18, rapporto BEIR (Biological Effects of Ionizing Radiation) VII del 2006. TRIBUNA MEDICA TICINESE 74 MARZO 2009 La consapevolezza dell’esposizione alle radiazioni mediche Ancora pochi medici conoscono l’esposizione radiologica dell’esame che pure prescrivono – o addirittura eseguono – al loro paziente23-26. Non lo sanno i medici di medicina generale che nel 20% dei casi ritengono che la Risonanza Magnetica adoperi radiazioni ionizzanti24; non lo sanno i cardiologi, che nel 70% dei casi sottostimano da 300 a 1000 volte la dose di una scintigrafia cardiaca25; e non sempre lo sanno i radiologi, che nella stragrande maggioranza dei casi sottostimano di 50-500 volte dosi e rischi di una comune TC26. Una ragione di questa sorprendente e sistematica sottostima è che l’informazione radiologica essenziale sulle dosi è spesso difficile da trovare e – una volta trovata – non facile da capire, sommersa com’è in un infernale “velame de li versi strani” dove tutto si legge di misure largamente esoteriche (milliAmpere e MegaBecquerel, millicurie e rad, dose-area product e centigray), e niente si capisce in termini di dose e rischio16. Diventa assai difficile per i medici comprendere dosi e trasferire correttamente l’informazione ai pazienti- che infatti tutto ignorano di dosi e rischi27,28. Eppure basterebbe dover esprimere, sempre, la dose radiologica dei test in termini di multipli di radiografie del torace, come suggerito dalla Comunità Europea3 e dalle linee guida nazionali di riferimento4, per costringere ogni medico ad essere più cauto in ciò che prescrive, il paziente più consapevole di quello SEZIONE SCIENTIFICA che spesso egli stesso richiede e a volte pretende, ed entrambi più informati di quello che fanno in una visione anche culturalmente e anche legalmente più sostenibile del rapporto medico-paziente28. Prescrizione dei test di immagine: tempo di cambiare Per ridurre i rischi connessi alle esposizione in campo medico è necessario valutare con attenzione la necessità di effettuare l’esame diagnostico (principio di giustificazione, articolo 3 del Decreto Legislativo 187 del 26 Maggio 2000) ed avviare l’indagine in modo da assicurare che le informazioni prodotte siano ottenute con la dose più bassa possibile compatibilmente con le esigenze diagnostiche (principio di ottimizzazione, articolo 4). Applicare le esistenti linee guida europee3 e italiane4 sulla diagnostica per immagini, e mettere in pratica le leggi vigenti29.30 vuol dire perseguire un obiettivo in teoria semplice, ma in pratica ambiziosissimo: “una riduzione del numero di esami inappropriatamente richiesti ed eseguiti”. Gli esami sono ritenuti inappropriati “in quanto non aggiungono valore al sospetto diagnostico del clinico, né lo correggono; non sono utili a modificare la gestione clinica del paziente. L’inappropriatezza di tali esami conduce pertanto ad un’assenza di beneficio rispetto al danno che l’esposizione a radiazioni potrebbe causare alla persona”4. Il modo più efficace per fare prevenzione oncologica primaria nel laboratorio di diagnostica per immagini si concretizza in tre semplici atti: evitare esami ionizzanti inutili; sostituirli quando possibile con esami non-ionizzanti ugualmente informativi; ottimizzare le dosi degli esami realmente necessari. Nei soli Stati Uniti, gli oltre 60 milioni di CT l’anno (di cui almeno 4 milioni nei bambini) producono almeno il 2% di tutti i cancri nei decenni a venire31. Le vecchie abitudini di spensieratezza diagnostica erano alimentate da un rassicurante presupposto: quello che si ignora è, per definizione, poco importante, e quello che non si paga di tasca propria non costa. La nostra generazione è forse l’ ultima che ha potuto permettersi il lusso di prescrivere in assoluta libertà, nell’ assenza totale di verifiche e controlli di appropriatezza, senza conoscere le dosi, negando i rischi, e trascurando i costi32. Questo è un lusso, economico e intellettuale, che probabilmente oggi non ci possiamo più concedere33. Eugenio Picano Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, Fondazione Gabriele Monasterio, Pisa Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Eugenio Picano Istituto di Fisiologia Clinica, CNR Via Moruzzi, 1 56124 Pisa Tel. 050-3152400 Fax: 050-3152374 Email: [email protected] 2 3 4 Amis ES Jr, Butler PF, Applegate KE, et al; American College of Radiology. American College of Radiology white paper on radiation dose in medicine. J Am Coll Radiol. 2007;4:272-84 6 Rabin RC. With Rise in Radiation Exposure, Experts Urge Caution on Tests. New York Times. June 19, 2007 7 Berrington de Gonzalez A, Darby S. Risk of cancer from diagnostic X-rays: estimates for the UK and 14 other countries. Lancet. 2004;363:345-51 8 Picano E. Risk of cancer from diagnostic Xrays. (Letter) Lancet 5 June 2004; 363: 1909-1910 9 Pennell DJ, Sechtem UP, Higgins CB, et al; Society for Cardiovascular Magnetic Resonance; Working Group on Cardiovascular Magnetic Resonance of the European Society of Cardiology. Clinical indications for cardiovascular magnetic resonance (CMR): Consensus Panel report. Eur Heart J. 2004;25:1940-65. 10 Redberg RF. The appropriateness imperative. Am Heart J. 2007;154:201-2 11 Picano E, Pasanisi E, Brown J, Marwick TH. A gatekeeper for the gatekeeper: inappropriate referrals to stress echocardiography. Am Heart J. 2007;154:285-90 12 Gibbons RJ. Leading the elephant out of the corner: the future of health care: presidential address at the American Heart Association 2006 scientific sessions. Circulation. 2007;115:2221-30. Bibliografia 1 5 Gershlick AH, de Belder M, Chambers J, et al. Role of non-invasive imaging in the management of coronary artery disease: an assessment of likely change over the next 10 years. A report from the British Cardiovascular Society Working Group. Heart. 2007;93:423-31. Picano E. Sustainability of medical imaging. Education and debate. BMJ 2004; 328: 578 -580 European Commission. Radiation protection 118: referral guidelines for imaging. http://europa.eu.int/comm/environment/ra dprot/118/rp-118-en.pdf. Bonomo L, Del Favero C, Pesce B, Tamburrini O, Scotti G, Salvatore M, et al. Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali. La diagnostica per immagini. Linee guida. http://www.sirm.org/professione/pdf_lineeguida/linee_diag_x_img.pdf 74 MARZO 2009 13 Thompson RC, Cullom SJ. Issues regarding radiation dosage of cardiac nuclear and radiography procedures. J Nucl Cardiol. 2006;13:19-23 14 Einstein AJ, Moser KW, Thompson RC, Cerqueira MD, Henzlova MJ. Radiation dose to patients from cardiac diagnostic imaging. Circulation 2007; 116: 1290-1305 15 Kocinaj D, Cioppa A, Ambrosini G, et al. Radiation dose exposure during cardiac and peripheral arteries catheterisation. Int J Cardiol. 2006;113:283-4 16 Picano E. Informed consent and communication of risk from radiological and nuclear medicine examinations: how to escape from a communication inferno. Education and debate. BMJ 2004;329:849-51 TRIBUNA MEDICA TICINESE 99 SEZIONE SCIENTIFICA 17 Bedetti G, Botto N, Andreassi, Traino C, Vano E, Picano E. Cumulative patient effective dose in cardiology. Br J Radiol 2008, 82: 195-201. 18 Committee to Assess Health Risks from Exposure to Low Levels of Ionizing Radiation, National Research Council, Health risks from exposure to low levels of ionizing radiation BEIR VII phase 2, The National Academies Press, Washington, DC (2006). 19 Andreassi MG, Ait-Ali L, Botto N, Manfredi S, Mottola G, Picano E. Cardiac catheterization and long-term chromosomal damage in children with congenital heart disease. Eur Heart J. 2006;27:2703-8 29 Council Directive 97/43/Euratom of 30 June 1997 on health protection of individuals against the dangers of ionising radiation in relation to medical exposure, and repealing Directive 84/466/Euratom. Official Journal of the European Communities L 180 1997 Jul 9:0022-7. 30 Decreto Legislativo 26 maggio 2000, n. 187, Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse a esposizioni mediche. 31 Brenner DJ, Hall EJ. Computed tomography--an increasing source of radiation exposure. N Engl J Med. 2007;357:227784 20 Andreassi MG, Cioppa A, Botto N, et al. Somatic DNA damage in interventional cardiologists: a case-control study. FASEB J. 2005;19:998-9 21 Andreassi MG, Cioppa A, Manfredi S, Palmieri C, Botto N, Picano E. Acute chromosomal DNA damage in human lymphocytes after radiation exposure in invasive cardiovascular procedures. Eur Heart J. 2007; 28:2195-9 22 Martin DR, Semelka RC. Health effects of ionising radiation from diagnostic CT. Lancet 2006; 367: 1712-1713. 23 Watson RM. Radiation exposure: clueless in the cath lab, or sayonara ALARA. Cathet Cardiovasc Diagn. 1997;42:126-7 24 Shiralkar S, Rennie A, Snow M, Galland RB, Lewis MH, Gower-Thomas K. Doctors’ knowledge of radiation exposure: questionnaire study. BMJ 2003;327:371-2. 25 Correia MJ, Hellies A, Andreassi MG, Ghelarducci B, Picano E. Lack of radiological awareness among physicians working in a tertiary care cardiological centre. Int J Cardiol. 2005;103:307-11 26 Lee CI, Haims AH, Monico EP, Brink JA, Forman HP. Diagnostic CT scans: assessment of patient, physician, and radiologist awareness of radiation dose and possible risks. Radiology. 2004; 231:393-8. 27 Thomas KE, Parnell-Parmley JE, Haidar S, et al. Assessment of radiation dose awareness among pediatricians. Pediatr Radiol. 2006;36:823-32 28 Bedetti G, Pizzi C, Gavaruzzi G, Lugaresi F, Cicognani A, Picano E. Sub-optimal awareness of radiological dose among patients undergoing cardiac stress scintigraphy. J Am Coll Radiol 2008;5:126-131 100 TRIBUNA MEDICA TICINESE 74 MARZO 2009 32 Picano E, Vano E, Semelka R, Regulla D. The American College of Radiology White Paper on Radiation Dose in Medicine: Deep Impact on the Practice of Cardiovascular Imaging. Cardiovasc Ultrasound. 2007; 5:37 33 Bonow RO. Is Appropriateness Appropriate? J Am Coll Cardiol 2008; 51:1290-1291 SEZIONE SCIENTIFICA SOSTENIBILITÀ DELLA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DI CARDIOLOGIA. COMMENTO ALL’ARTICOLO DEL DR. E. PICANO F. Faletra Non si può essere che d’accordo con il dr. Picano quando afferma che fino al 50% degli esami di imaging richiesti sono inappropriati, soprattutto se questi comportano una indebita irradiazione del paziente con rischi a lungo termine di avere una neoplasia. Nè si può dissentire da Lui quando afferma che il costo di questa “non appropriatezza” è difficilmente sostenibile anche dall’economie più floride come può essere l’economia Svizzera. Infine siamo assolutamente d’accordo quando sostiene la “non consapevolezza” (un termine secondo me più appropriato potrebbe essere “ignoranza”) della maggior parte medici riguardo la dose di radiazioni di un singolo esame, o di più esami radianti e degli eventuali rischi ai quali viene sottoposto il paziente. Una migliore informazione ai medici che prescrivono gli esami ed ai pazienti che li “subiscono” è quindi essenziale (un consenso informato esplicativo). Infine, sarebbe un buona regola che nella risposta ad un qualunque esame che espone a radiazioni venisse indicata la dose radiante utilizzata. Certamente il linguaggio con il quale si calcola l’entità della esposizione alle radiazioni mediche è complesso e non aiuta. La raccomandazione di tradurla assolu- tamente in “radiografia-equivalente” mi trova d’accordo. Qualche precisazione tecnica: la dose assorbita rappresenta la quantità di energia rilasciata dalla radiazione ad un tessuto organico. L’unità di misura della dose assorbita è il gray (Gy) dove 1 Gy rappresenta 1 joule di energia radiante assorbita da 1 Kg di massa. Tale definizione si riferisce solamente alla quantità di energia rilasciata dalla fonte radiante. La dose equivalente, a differenza della dose assorbita, considera i diversi effetti che i vari tipi di radiazione (i raggi x o i raggi per esempio) possono causare su un determinato organo o tessuto. Questa grandezza si ottiene moltiplicando la dose assorbita da un organo o da un particolare tessuto per un fattore numerico wr. Questo valore, chiamato fattore di ponderazione nel caso della coro-TAC, che utilizza raggi x, è 1. La dose equivalente si misura in sievert (Sv). Un sievert produce quindi gli stessi effetti biologici indipendentemente dal tipo di radiazione considerata. Nella radiologia medica l’ordine di grandezza è il milli-Sievert (mSv). Per tradurre la dose equivalente in termini di “radiografia-equivalente”, il lettore sappia che ogni radiografia del torace corrisponde a 0,02 mSv, quindi 50 radiografie ad 1 mSv. Il problema delle radiazioni in coro-TAC La coro-TC è diventata una metodica di vasto impiego clinico solamente da circa 5 anni da quanto cioè e stata possibile la commercializzazione delle nuove TAC 64 detettori. Il problema della esposizioni a radiazioni ha assunto da allora, e giustamente, una rilevanza importante, nell’ambiente cardiologico. Ma c’è da dire che questo problema esisteva già prima della coroTC quando venivano prescritti esami di medicina nucleare (magari più di uno 74 MARZO 2009 all’anno) con l’allora Tallio-201 cloruro che esponeva il paziente ad una dose di radiazioni ragguardevole di circa 2025 mSv (l’equivalente di 1000 radiografie) ed il paziente stesso diventava “radiattivo” per diverse ore mentre la permanenza nella sue vicinanze di un’altra persona esponeva quest’ultima ad una dose di 0,001 mSv/ora (1/20 di una radiografia per intenderci). Eppure allora, esclusa qualche voce nel deserto, (debbo dare atto che quella voce era del dr. Picano che allora si fece non pochi nemici) nessuno aveva sollevato il problema radiazioni in maniera così evidente. Meglio tardi che mai! Oggigiorno la tecnologia consente di eseguire una TC con un dosaggio di radiazioni “contenuto”. La tecnica di acquisizione prospettica ECG-guidata assiale espone un paziente ad una dose media di radiazioni di circa 3 mSv con un “range” che va da 1 a 5 mSv1-6, in altre parole nello scenario più favorevole all’equivalente di 50 radiografie del torace nel caso più sfavorevole di 250. Ovviamente la dose sarà maggiore se il paziente ha subito un intervento di by-pass aorto-coronarico (in questi casi la dose media si aggira intorno ai 6 mSv. Non c’è dubbio che il rischio di cancro di un paziente che si sottopone alla CT con questi nuovi algoritmi di acquisizione è molto minore oggi di quanto lo fosse solo 3 anni fa. La nuova generazione di CT (per esempio la “dual source” con 128 x 2 detettori, che esegue la scansione del cuore in meno di un secondo) consentirà una ulteriore riduzione della dose radiante fino ad una dose media < 1 mSv. Come si calcola il rischio La valutazione del rischio legato ad un esame con tecnica radiante è difficile da quantificare perché esiste un rischio cancerogeno dovuto al “rumore di fondo” dell’irradiazione naturale (circa 3 mSv/anno) che è complesso eliminare. Nell’esempio di Picano se con una TRIBUNA MEDICA TICINESE 101 SEZIONE SCIENTIFICA dose cumulativa di 5000 radiografie del torace (ogni radiografia del torace corrisponde a 0,02 mSv, quindi 50 radiografie ad 1 mSv, 5000 a 100 mSv) si sviluppa un cancro su 100 esposti, è anche vero che di questi 100, 42 avranno comunque un cancro indipendentemente dall’esposizione. Inoltre, dal momento che il rischio è proporzionale alla dose, per valutare il rischio di dosi relativamente basse (< 50 mSv) è necessaria una popolazione molto numerosa. Per esempio, se per quantificare l’effetto di una dose pari a 1000 mSv abbiamo bisogno di una popolazione di 500 persone, per quantificare gli effetti di una dose di 100 msv il numero di individui esposti deve essere di 50.000 e di circa 5 milioni per una dose di 10 mSv7. In altre parole occorrono degli studi che includono un numero estremamente elevato di persone esposte per quantificare con precisione il rischio di basse dosi di radiazioni. Quindi, almeno dal punto di vista statistico-epidemiologico, valutare il rischio di cancro diciamo per una dose di 10 mSv è estremamente difficile (il che non vuol dire che il rischio non esiste ma che noi non siamo in grado di calcolarlo a meno di non includere un numero estremamente alto di persone esposte a quelle dosi). Tuttavia se accettiamo la relazione lineare rischio/dose (vale a dire il rischio aumenta proporzionalmente alla dose) questo rischio può essere estrapolato con sufficiente precisione. Al momento si fa riferimento al documento della Academies’ Biological Effects of Ionizing Radiation (BEIR VII fase 2) pubblicato nel 20068. Questo documento si basa su di una revisione di tutti i dati disponibili riguardo l’esposizione a basse dosi di radiazioni includendo non solo gli studi sui sopravvissuti dalla bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki, ma anche i molteplici studi sui lavoratori esposti a radiazioni (per esempio i lavoratori delle centrali nucleari). Da una ricerca eseguita presso il Car- 102 TRIBUNA MEDICA TICINESE diocentro Lugano con la collaborazione dell’Istituto di Fisica sanitaria dell’Università di Pavia in un grosso numero di pazienti che in questi ultimi due anni hanno eseguito una coro-TAC ed utilizzando le stime del BEIR VII fase 2, si evince che nello scenario migliore in una donna di 50 anni (l’età media della nostra popolazione) la possibilità di sviluppare il cancro al seno nel corso della sua vita a causa della esposizione alla coro TAC era dello 0,007% (un caso ogni 14.000), mentre nello scenario peggiore dello 0,018% (un caso ogni 5000). Quindi sebbene il rischio non sia nullo è con i dosaggi attuali decisamente ridimensionato. Appropriatezza dell’esame La riduzione del rischio non vuole tuttavia dire un allargamento indiscriminato delle indicazioni alla coro-TAC. Al momento la coro-TAC è appropriata per quelle persone con rischio basso o intermedio di avere una malattia coronarica, che hanno un test ergometrico non dirimente9. La maggior parte di questi pazienti dopo un lungo percorso diagnostico che comporta altri test funzionali (fra i quali anche la scintigrafia miocardica) vengono sottoposti comunque alla coronarografia. Non è un caso che dal 10 al 20% delle coronarografia risultino normali. In questi pazienti la coro-TAC dimostrando un albero coronarico normale evita ogni ulteriore procedura diagnostica invasiva e non invasiva con una riduzione oggettiva dei costi10. F. Faletra, Cardiocentro, Lugano Bibliografia 1 2 Earls JP, Berman EL, Urban BA, et al. Prospectively Gated Transverse Coronary CT Angiography versus Retrospectively Gated Helical Technique: Improved Image Quality and Reduced Radiation Dose. Radiology 2008;256:742-753. Husmann L, Valenta I, Gaemperli O, et al. 74 MARZO 2009 Feasibility of low-dose coronary CT angiography: first experience with prospective ECG-gating. Eur Heart Journal 2008; 29, 191–197 3 Hirai N, Horiguchi J, Fujioka C, et al. Prospective versus retrospective ECG-gated 64detector Coronary CT angiography: assessment of image quality,stenosis, and radiation dose. Radiology 2008;248:424-430 4 Shurman WP, Branch KR, May JM, et al. Prospective versus retrospective ECG gating for 64-detector CT of coronary arteries: comparison of image quality and patient radiation dose. Radiology 2008; 248:431-437 5 Herzog BA, Husmann L, Burkhard Net al. Accuracy of low-dose computed tomography coronary angiography using prospective electrocardiogram-triggering:first clinical experience. 6 Maruyama T, Takada M, Hasuike T, Yoshikawa A, Namimatsu E, Yoshizumi T. Radiation dose reduction and coronary assessibility of prospective electrocardiogram-gated computed tomography coronary angiography J Am Coll cardiol 2008;52:1450-1455 7 Land C. E. Estimating cancer risks from low doses of ionizing radiation. Science 209, 1197-1203 8 Committee to Assess Health Risks from Exposure to Low Levels of Ionizing Radiation; Nuclear and Radiation Studies Board, Division on Earth and Life,Studies, National Research Council of the National Academies. Health Risks From Exposure to Low Levels of Ionizing Radiation: BEIR VII Phase 2. Washington, DC: The National Academies Press; 2006. 9 ACCF/ACR/SCCT/SCMR/ASNC/NASCI/ SCAISIR 2006 appropriateness criteria for cardiac computed tomography and cardiac magnetic resonance imaging. A report of the American College of Cardiology Foundation Quality Strategic Directions Committee Appropriateness Criteria Working Group. J Am Coll Radiol 2006; 3: 751-771 10 Henneman MM, Schuijf JD, van Werkhoven JM et al. Multi-slice computed tomography coronary angiography for ruling out suspected coronary artery disease: what is the prevalence of a normal study in general clinical population? Eur heart J 2008; 29:20062013. SEZIONE SCIENTIFICA PREVALENZA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS METICILLINO-RESISTENTE (MRSA) NEGLI ISTITUTI A LUNGA DEGENZA IN CANTON TICINO: STUDIO MULTICENTRICO 2008 V. Gaia, A. De Benedetti, C. Valsangiacomo, C. Poloni Introduzione I batteri del genere Staphylococcus sono comunemente presenti nella microflora cutanea e nelle mucose di esseri umani e animali. In determinate situazioni possono causare importanti infezioni invasive. Gli stafilococchi coagulasi positivi sono particolarmente importanti nella pratica clinica. Lo S. aureus meticillino-resistente (MRSA) rappresenta un problema importante di salute pubblica, in particolare in ambienti circoscritti quali gli istituti di cura6,9. La sorveglianza degli MRSA in ospedale è generalmente eseguita secondo le linee guida di Swiss-NOSO3,14, mentre negli istituti di cura a lunga degenza questa sorveglianza è impostata tenendo conto del diverso contesto. Studi svizzeri hanno riportato prevalenze di MRSA in ospedale fino a valori del 20%7, mentre rilevazioni simili svolte in case per anziani hanno evidenziato valori più bassi: in particolare nel Canton Ginevra, Vallese e Vaud sono state riscontrate prevalenze tra il 5 e il 10%5,10,13. Per il Ticino non esistono dati sulla distribuzione e sulla prevalenza di MRSA negli istituti a lunga degenza, ad eccezione di un lavoro effettuato nel 200111. La proposta di aggiornare i dati di prevalenza negli istituti a lunga degenza ti- cinesi è stata avanzata nel corso della primavera 2007 da parte di operatori sanitari di istituti a lunga degenza all’Ufficio del medico cantonale. Grazie a una collaborazione tra l’Istituto cantonale di microbiologia, l’Ufficio del medico cantonale, un pediatra operante in una struttura per disabili e un esperto di prevenzione delle infezioni, è stato allestito uno studio ad hoc con lo scopo di conoscere la prevalenza della colonizzazione da MRSA negli ospiti di questi istituti in Ticino (case per anziani e istituti per disabili), di caratterizzare geneticamente i ceppi isolati, di valutare l’efficacia delle misure di prevenzione e di contenimento attualmente praticate, nonché di identificare particolari fattori di rischio correlati con le infezioni da MRSA3. Materiale e metodi In questo studio multicentrico e aperto la randomizzazione è stata solo parziaCentro no. Residenti le, in quanto solo l’inclusione degli istituti di cura a lunga degenza è stata casuale. Al momento dello studio la popolazione residente in case per anziani ammontava a 4'158 unità con una media di 62 posti letto per istituto (dati Ufficio anziani). La scelta dei centri reclutati nello studio è stata effettuata sulla base di criteri di rappresentatività geografica e di dimensione dell’istituto e di tipologia dello stesso (case anziani e istituti per invalidi). Abbiamo selezionato casualmente all’interno delle varie categorie (dimensione, regione e tipo) 7 istituti per disabili (152 partecipanti) e 12 case per anziani (748 partecipanti) per un totale di 900 individui, vale a dire il 20% della popolazione totale residente in istituti a lunga degenza in Ticino (Tabella 1). Lo studio è stato approvato dal Comitato etico cantonale il 17 novembre 2007. La partecipazione dei probandi allo studio è stata vincolata alla sotto- Regione Tipo di struttura 1 49 Luganese Casa per anziani 2 101 Mendrisiotto Casa per anziani 3 84 Mendrisiotto Casa per anziani 4 130 Luganese Casa per anziani 5 63 Luganese Casa per anziani 6 18 Luganese Casa per anziani 7 26 Locarnese Istituto per invalidi 8 54 Locarnese Casa per anziani 9 64 Bellinzona e Valli Casa per anziani 10 65 Bellinzona e Valli Casa per anziani 11 55 Bellinzona e Valli Casa per anziani 12 51 Bellinzona e Valli Casa per anziani 13 69 Mendrisiotto Istituto per invalidi 14 12 Luganese Istituto per invalidi 15 13 Bellinzona e Valli Istituto per invalidi 16 10 Locarnese Istituto per invalidi 17 14 Bellinzona e Valli Casa per anziani 18 12 Bellinzona e Valli Istituto per invalidi 10 Locarnese Istituto per invalidi 19 Totale Tab. 1: 900 Numero di probandi inclusi nello studio. 74 MARZO 2009 TRIBUNA MEDICA TICINESE 103 SEZIONE SCIENTIFICA scrizione del consenso informato. Per i probandi con incapacità a discernere il consenso informato è stato sottoscritto dal rappresentante legale o, in difetto, dai parenti. L’informazione ai probandi ed ai loro eventuali rappresentanti legali è stata fornita dal personale curante degli istituti a seguito di una formazione specifica fornita dai promotori dello studio. Tutti i residenti degli istituti selezionati sono stati considerati eleggibili. I campioni (strisci nasali, inguinali ed eventualmente piaghe o ferite) sono stati raccolti dal personale infermieristico e di seguito inviati all’Istituto cantonale di microbiologia (ICM) e messi in coltura su terreno selettivo contenente oxacillina entro 24 ore dal prelievo. Le analisi volte a identificare i ceppi MRSA e a determinarne fenotipo e antibiogramma sono state eseguite seguendo le procedure operative standard in uso presso ICM. L’analisi genetica di tutti i ceppi MRSA è stata effettuata mediante spa-typing8. In parallelo sono stati raccolti i formulari con i dati anagrafici (sesso, età) e le informazioni sullo stato di salute e i fattori di rischio di ogni partecipante (storia clinica precedente relativa a MRSA, presenza di ferite, utilizzo di catetere vescicale, contatto con animali e uso di antibiotici). I dati raccolti sono stati analizzati con metodi statistici non parametrici per verificare l’omogeneità delle frequenze. Analisi univariate sono state effettuate utilizzando i test del chi quadrato e di Fisher. I quozienti di rischio sono stati assegnati utilizzando il Farrington-Manning score. Per le variabili continue incluse nei dati demografici sono stati calcolati la media, la mediana, e gli intervalli di confidenza al 95% (95% CI). Una regressione logistica ha permesso di determinare i fattori di rischio (rapporto crociato o odds ratio) per un probando di essere portatore di MRSA utilizzando il gene- 104 TRIBUNA MEDICA TICINESE re (sesso), la storia clinica precedente relativa a MRSA, la presenza di ferite, l’utilizzo di catetere vescicale, il contatto con animali e l’uso di antibiotici come covariate. Risultati L’analisi dei dati della popolazione complessiva studiata mostra che il 72.4% (n=652) dei probandi è di sesso femminile; l’età media è di 80.9 anni (mediana 86; 95% CI: 79.7 – 82.1); i residenti con età inferiore a 70 anni rappresentano 15.9% (n=143) del campione (Figura 1). Considerando i due gruppi distinti, la media per gli istituti per invalidi è di 48.5 anni (mediana 44; 95% CI: 44.2 – 52.8), mentre per le case per anziani è di 86.8 anni (mediana 87; 95% CI: 86.2 – 87.4). Dall’analisi dei dati globali emerge che il 41.4% (n=373) degli ospiti sono stati ammessi in istituto dal loro domicilio privato, il 24.6% (n=221) in seguito ad un ricovero ospedaliero, e il 32.6% (n=293) sono stati trasferiti da un altro istituto (altra casa per anziani, ospedale privato, ecc.). In generale, il Fig. 1: Età media dei residenti. 74 MARZO 2009 40.8% (n=367) della popolazione studiata ha soggiornato in un altro istituto di cura nei 2 anni precedenti all’indagine. Di questi, il 74.1% (n= 272) è stato ricoverato in ospedale. Tra i soggetti che si sono rivelati portatori di MRSA al momento dello studio, il 4.2% (n=38) era già conosciuto; dei soggetti precedentemente noti agli istituti come portatori, solo un terzo (n=11) è stato riconfermato positivo nel corso di questo studio. Dal punto di vista dello stato di salute, il 5.8% (n= 52) dei residenti sono affetti da diabete; il 10.9% (n= 98) soffrono di altre patologie; il 10.2% (n= 92) presentano ferite (decubiti o altro); il 3.7% (n= 33) sono portatori di catetere urinario e il 5.1% (n=46) di un altro presidio (principalmente stoma). Il 3.4% (n=31) dei soggetti aveva in corso un trattamento antibiotico e il 3.2% (n= 29) una terapia immunosoppressiva. Il 21.4% (n=193) dei soggetti ha avuto contatti con animali. Tra i 900 residenti 55 sono portatori di MRSA, per una prevalenza totale del 6.1% (95% CI: 4.5 ; 7.7). Un’analisi SEZIONE SCIENTIFICA isolati appartiene ai profili t515 (23/55: 41.8%) e t1251 (10/55: 18.2%). Questi due tipi si ritrovano pure frequentemente negli MRSA isolati negli ospedali ticinesi. Vista l’elevata prevalenza di questi due profili, la possibilità che vi siano dei cluster all’interno degli istituti non può essere esclusa, ma i dati raccolti non permettono di suffragare questa ipotesi. Fig. 2: Prevalenza media di MRSA. differenziata dei portatori di MRSA nei due tipi di istituti rivela che in media 8.6% degli istituti per disabili sono portatori di MRSA, contro il 5.6% negli altri istituti. Questa differenza non è statisticamente significativa ed è causata principalmente dalla grossa differenza nel numero medio di ospiti dei due tipi di stabilimenti, nettamente più bassa negli istituti per disabili. I dati di prevalenza per ogni istituto sono rappresentati nella Figura 2. Dall’analisi univariata risulta che i fattori di rischio associati allo stato di portatore di MRSA includono il sesso maschile (p=0.014), un’anamnesi positiva per MRSA (p<0.001), nessun contatto con animali (p=0.009), presenza di ferite (p<0.001), presenza di catetere urinario (p<0.001) trattamento antibiotico in corso (p=0.01). È stata quindi eseguita una regressione logistica binaria usando lo stato di portatore MRSA come variabile dipendente e sesso, anamnesi precedente di MRSA, contatto con animali, presenza di ferite, catetere urinario e trattamento antibiotico come covariate. Di queste solo due (presenza di ferite e di catetere urinario) sono statisticamente significative. I risultati sono rappresentati nella Figura 3. Dal punto di vista microbiologico, il 98% dei ceppi erano resistenti alla ciprofloxacina, il 42% ad eritromicina e clindamicina. Solo il 2% dei ceppi era resistente alla tetraciclina e il 100% degli isolati era sensibile alla gentamicina. La tipizzazione molecolare dei ceppi evidenzia che la maggior parte degli Fig. 3: Discussione Questo studio, che ha coinvolto il 20% della popolazione residente negli istituti a lunga degenza in Ticino, ha evidenziato risultati di prevalenza simili a quelli rilevati nella Svizzera romanda5,10,13. La prevalenza media riscontrata (6.1%) è inferiore a quella rilevata nei vari ospedali svizzeri (fino al 20%)7. L’analisi statistica conferma che la presenza di cateteri urinari e di ferite costituisce un fattore di rischio potenziale come descritto in letteratura2, 4, 12. Nessuna associazione statisticamente rilevante tra lo stato di portatore e l’uso di antibiotici è stata evidenziata nel corso di questo studio. Questo potrebbe essere in parte spiegato dal fatto che al momento del rilevamento solo il 3.4% degli ospiti risultavano sotto trattamento antibiotico. Riveste particolare interesse l’osservazione relativa al contatto con gli animali. Dai dati rilevati sembrerebbe che Odds ratios (± 95% CI) per i fattori di rischio esaminati. 74 MARZO 2009 TRIBUNA MEDICA TICINESE 105 SEZIONE SCIENTIFICA il contatto con animali abbia addirittura un effetto protettivo sulla colonizzazione MRSA. Le ragioni razionali che stanno alla base di questa osservazione non sono ancora chiare e meritano senza dubbio un approfondimento; vari fattori, come lo stato di salute passato e attuale degli ospiti, potrebbero confondere i risultati e spiegare in parte l’osservazione. Delle indagini supplementari, volte a chiarire il ruolo degli effetti confondenti sarebbero utili per confermare o rifiutare l’ipotesi di lavoro. La caratterizzazione molecolare ha rivelato un numero ridotto di genotipi rilevanti conosciuti per essere particolarmente diffusi sul territorio ticinese anche a livello ospedaliero [V. Gaia, dati non pubblicati]. Questo sembra confermare l’ipotesi della letteratura specialistica secondo la quale gli ospiti di istituti a lunga degenza sarebbero colonizzati in seguito ad un soggiorno in ambiente ospedaliero1. I nostri dati non confermano però questa ipotesi dal momento che solo il 20% dei portatori di MRSA era stato precedentemente ricoverato e il soggiorno in ospedale non costituirebbe secondo i nostri dati un fattore di rischio per lo stato di portatore MRSA. Il presente studio presenta alcune limitazioni che devono essere considerate nell’interpretazione dei risultati. La scelta del campione non è stata effettuata con criteri strettamente statistici, ma considerando solo la posizione geografica e il numero di residenti per ogni istituto/centro. I risultati potrebbero quindi non riflettere fedelmente la situazione su tutto il territorio cantonale. È tuttavia ragionevole pensare che l’influsso della scelta metodologica del campione non abbia influenzato i risultati in modo rilevante. Da oltre un decennio la prassi di presa a carico di ospiti colonizzati da MRSA è codificata in specifiche raccomandazioni emanate dall’Ufficio del medico cantonale. Queste nel loro insieme non vincolano in modo importante la 106 TRIBUNA MEDICA TICINESE libertà di movimento e la qualità di vita dei residenti, ma raccomandano le opportune misure preventive da parte del personale curante. Questo studio, pur nelle sue limitazioni, ha il pregio di fornire il dato di prevalenza degli MRSA negli istituti a lunga degenza in Ticino, dove non esiste una sorveglianza sistematica delle resistenze, bensì una sorveglianza dell’applicazione delle raccomandazioni. Valeria Gaia1, Anna De Benedetti2, Claudio Valsangiacomo1, Cristina Poloni1 1 Istituto cantonale di microbiologia via Mirasole 22A, 6500 Bellinzona 2 Ufficio del medico cantonale via Dogana 16, 6500 Bellinzona Ringraziamenti Ringraziamo le direzioni, il personale e i residenti degli istituti che hanno aderito allo studio per la loro disponibilità e collaborazione. Ringraziamo il Dr. med. Vincenzo D’Apuzzo, il Dr. med Carlo Balmelli e il Dr. Orlando Petrini per l’apporto fornito nel disegno dello studio. Un ringraziamento va anche a tutto il personale dell’Istituto cantonale di microbiologia che ci ha aiutato nella fase di preparazione e durante i prelievi. Un grazie particolare a Simona Casati per il suo prezioso apporto durante l’analisi dei campioni e per la revisione del manoscritto. 5 Girard, M., S. Hugonnet, and N. Liassine. 2005. Prevalenza e fattori di rischio di colonizzazione da Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) nelle case per anziani a Ginevra. Swiss-NOSO 12. 6 Grundmann, H., M. Aires-de-Sousa, J. Boyce, and E. Tiemersma. 2006. Emergence and resurgence of meticillin-resistant Staphylococcus aureus as a public-health threat. Lancet 368:874-85. 7 Harbarth, S., J. Romand, R. Frei, R. Auckenthaler, and D. Pittet. 1997. Transmission inter- et intrahospitalière de Staphylocoques dorés résistants à la méticilline. Schw Med Wochen 127:471-8. 8 Harmsen, D., H. Claus, W. Witte, J. Rothganger, H. Claus, D. Turnwald, and U. Vogel. 2003. Typing of methicillin-resistant Staphylococcus aureus in a university hospital setting by using novel software for spa repeat determination and database management. J Clin Microbiol 41:5442-8. 9 Mulligan, M. E., K. A. Murray-Leisure, B. S. Ribner, H. C. Standiford, J. F. John, J. A. Korvick, C. A. Kauffman, and V. L. Yu. 1993. Methicillin-resistant Staphylococcus aureus: a consensus review of the microbiology, pathogenesis, and epidemiology with implications for prevention and management. Am J Med 94:313-28. 10 Petignat, C., and M. Attinger. 2004. Enquête de prevalence des residents porteurs de MRSA dans le Canton de Vaud. Forum Hygiène Septembre 2004. Bibliografia 1 Bradley, S. F. 1997. Methicillin-resistant Staphylococcus aureus in nursing homes. Epidemiology, prevention and management. Drugs Aging 10:185-98. 2 Coello, R., J. R. Glynn, C. Gaspar, J. J. Picazo, and J. Fereres. 1997. Risk factors for developing clinical infection with methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA) amongst hospital patients initially only colonized with MRSA. J Hosp Infect 37:39-46. 3 Droz, M., H. Sax, and D. Pittet. 1999. Controllo e prevenzione delle infezioni negli stabilimenti di lunga degenza. Swiss-NOSO 6. 4 Edgeworth, J. D., G. Yadegarfar, S. Pathak, R. Batra, J. D. Cockfield, D. Wyncoll, R. Beale, and J. A. Lindsay. 2007. An outbreak in an intensive care unit of a strain of methicillin-resistant Staphylococcus aureus sequence type 239 associated with an increased rate of vascular access device-related bacteremia. Clin Infect Dis 44:493-501. 74 MARZO 2009 11 Poloni, C. 2001. Studio non pubblicato. Inhouse report, Istituto cantonale di microbiologia, Bellinzona, Svizzera. 12 Thiruchelvam, N., S. L. Yeoh, and S. R. Keoghane. 2006. MRSA in urology: a UK hospital experience. Eur Urol 49:896-9. 13 Troillet, N., M.-C. Eisenring, and G. Praz. 2005. Prevalenza dei portatori di MRSA nelle case anziani vallesane nel 1996-1997. Swiss-NOSO 12. 14 Ufficio del medico cantonale. 2006. Raccomandazioni per la prevenzione e il trattamento di infezioni da MRSA negli istituti per anziani. Info Istituti di cura No 2005/06. SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB Il Journal Club di questo mese è stato curato dall’Istituto Cantonale di Microbiologia, Bellinzona IL GIARDINAGGIO PUÒ NUOCERE ALLA SALUTE LA MALATTIA DEL LEGIONARIO E IL GIARDINAGGIO den Boer JW, Yzerman EPY, Jansen R, Bruin JP, Verhoef LPB, Neve G, Van der Zwaluw K. Legionnaires’ disease and gardening. CMI 2007; 13(1): 86-108. Riassunto/Adattamento: Dr. Valeria Gaia Centro nazionale di referenza Legionella Istituto cantonale di microbiologia Bellinzona Introduzione La malattia del legionario (LD) è una forma di polmonite provocata da diverse specie di Legionella. Più del 90% dei casi sono causati da Legionella pneumophila, la seconda specie più frequentemente isolata è Legionella longbeachae che in Australia, è responsabile del 30% dei casi di LD notificati. In Australia e negli USA, la trasmissione di questo patogeno è stata più volte associata alla manipolazione di terricci per il giardinaggio, ma finora nessun caso era stato dichiarato in Europa. Risultati Legionella longbeachae è stata isolata dall’espettorato di un paziente affetto da malattia del legionario. L’identificazione della fonte infettiva, che ha incluso l’analisi di campioni di terric- cio provenienti dal giardino del paziente, ha permesso di isolare un ceppo di L. longbeachae geneticamente non distinguibile da quello del paziente. In dicembre 2004, il programma nazionale olandese per l’identificazione di epidemie da Legionella (Dutch National Legionella Outbreak Detection Programme: NLODP) è stato informato di un paziente fumatore di 67 anni, dal cui espettorato era stata isolata L. longbeachae e deceduto 2 settimane dopo l’ospedalizzazione. Nel periodo precedente la malattia aveva lavorato con dei terricci. Tutti i campioni di acqua e biofilm prelevati dalla casa del paziente erano negativi ma Legionella era presente nel terriccio da lui usato. Uno studio retrospettivo ha permesso di ritrovare 5 casi di L. longbeachae, tra i quali un paziente del 2000 che durante il periodo di incubazione della malattia aveva visitato un centro di giardinaggio nello stesso comune dove il paziente indice aveva acquistato il terriccio. Questo paziente, un non fumatore di 81 anni, con diabete mellito di tipo 2, non aveva però lavorato in giardino o con il terriccio. Anche il profilo molecolare del ceppo di L. longbeachae isolato dall’espettorato di questo secondo paziente era indistinguibile dai ceppi isolati dal paziente indice e dal terriccio. Un altro ceppo di L. longbeachae, pure indistinguibile dagli altri, è stato isolato dall’espettorato di un paziente colpito da legionellosi nell’agosto 2000, che aveva lavorato con del terriccio nel suo giardino durante il periodo d’incubazione della malattia. Questo paziente, un non fumatore di 69 anni, che soffriva da 5 anni di leucemia linfocitica cronica viveva però a 65 km dal paziente indice, quindi la probabilità che abbia usato del terriccio proveniente dallo stesso centro è bassa. Il quarto e il quinto ceppo di L. longbeachae avevano dei profili molecolari diversi. L’aspirazione di piccole particelle di 74 MARZO 2009 terriccio potrebbe spiegare la trasmissione di L. longbeachae, ma la diffusione di aerosol e l’evaporazione dell’acqua nel terreno sembrano spiegazioni più probabili e più simili alla diffusione idrica. Nel corso degli ultimi 3 anni, sei dei 37 cluster di LD identificati dal NLODP in Olanda sono stati associati a dei centri di giardinaggio. Anche se in Australia tutti i composti analizzati e provenienti dai grandi produttori contenevano L. pneumophila, ulteriori dati sono necessari per valutare la rilevanza di questa fonte di trasmissione in Europa. Due campagne di sorveglianza effettuate in Europa per L. longbeachae e L. pneumophila hanno dato risultati negativi, ma questo studio contraddice l’ipotesi che i terricci in Europa sono esenti da Legionella spp. Commento personale In Svizzera non sono finora stati descritti casi di legionellosi correlati a esposizioni a terricci o ad attività di giardinaggio. Uno studio effettuato dal Centro Nazionale di Referenza (CNR) per Legionella ha evidenziato per la prima volta in Svizzera la presenza di Legionella nel 46% (21/46) dei terricci analizzati a delle concentrazioni comprese tra 103 e 105 unità formanti colonia per grammo di terriccio. La specie isolata più frequentemente (26%) era L. bozemanii, mentre L. pneumophila era presente nel 19.5% e L. pneumophila sierogruppo 1 nel 6.5% dei campioni analizzati. Questi dati hanno convinto l’UFSP a inserire la manipolazione di terricci da giardino tra i fattori di rischio nella dichiarazione complementare della legionellosi in Svizzera. Il CNR sta attualmente conducendo uno studio sulle stazioni di compostaggio, e la presenza di L. pneumophila sierogruppo 1 è già stata confermata anche nel prodotto finito. Sebbene l’incidenza di LD in Ticino sia la più elevata in Svizzera, i casi non sembrano avere, almeno apparentemente, un carattere epidemico. Identi- TRIBUNA MEDICA TICINESE 107 SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB ficare la fonte di casi sporadici di legionellosi è sempre molto difficile. Le informazioni raccolte mediante il formulario di dichiarazione complementare sono dunque di cruciale importanza per comprendere la trasmissione di questa malattia. Secondo una ventina di inchieste epidemiologiche effettuate dal CNR Legionella su casi di legionellosi diagnosticati tra il 2005 e il 2008 solo un terzo dei prelievi effettuati dai circuiti idrici delle abitazioni di questi pazienti erano positive e solo il 15% lo erano in modo significativo. Questi dati ci suggeriscono che l’origine della malattia del legionario in Ticino non può sempre essere spiegato attraverso una fonte domestica. La presenza di cosiddette fonti comunitarie (quali torri di raffreddamento di industrie e palazzi) non è da trascurare. Alla luce dei dati raccolti dal CNR nel corso della campagna terricci e da diversi articoli in letteratura, anche l’uso di terricci da giardino e compostaggi dovrebbe essere presa in considerazione come fattore di rischio d’esposizione. L’investigazione di un caso di legionellosi comunitaria dovrebbe quindi sempre considerare non solo sistemi idrici e fonti classiche di aerosol (idromassaggi, apparecchi respiratori, lavaggi auto, fontane ornamentali, nebulizzazione di acqua per raffrescamento di ambienti esterni per esempio di ristoranti, irrigazione di giardini e aiuole, ecc) ma anche fonti alternative. In modo particolare una frequente attività di giardinaggio, delle soste prolungate in centri commerciali o in zone industriali oppure in campi e giardini pubblici irrigati con apporto di terreno fresco potrebbe costituire un fattore di rischio. 108 TRIBUNA MEDICA TICINESE 74 MARZO 2009 SEZIONE SCIENTIFICA - Flash di medicina d’urgenza ANAFILASSI: PRESA A CARICO INIZIALE R. Sieber, GL. Vanini più lungo (2 ore, raramente >). In generale, più la reazione è tardiva, meno è severa. Una reazione bifasica, definita come una recidiva della sintomatologia dopo un’evoluzione favorevole, può presentarsi nel 5-20% dei casi, generalmente nelle prime 24h dopo l’inizio della reazione.1 I fattori predittivi di una reazione severa sono riassunti nella Tabella 2 e devono essere ricercati al momento dell’anamnesi. Eziologia Le cause dell’anafilassi sono esposte in maniera non esaustiva nella Tabella 3. Un’eziologia è messa in evidenza solo in circa il 60% dei casi. La reazione anafilattica può essere scatena- Introduzione L’anafilassi è una reazione sistemica immediata provocata da uno stimolo esogeno. Si tratta di una reazione IgEmediata. La presa a carico iniziale dipende dalla gravità della reazione e la valutazione dell’“A B C D E”. In caso di reazione benigna o moderata (stadio I-II, vedi oltre), un trattamento con antistaminici e corticosteroidi è sufficiente a controllare i sintomi, e la presa a carico ulteriore potrà essere effettuata ambulatoriamente. In caso di reazione severa (stadio III-IV), il pronostico vitale è in gioco e la somministrazione di adrenalina i.m. è imperativa! Una sorveglianza in ambito ospedaliero si impone così come la prescrizione di adrenalina autoiniettabile. Un consulto allergologico sarà raccomandato per confermare l’eziologia dell’anafilassi e porre l’indicazione a delle misure preventive generali e specifiche. Manifestazioni cliniche La Tabella 1 riassume le differenti manifestazioni cliniche dell’anafilassi e la loro frequenza. I sintomi debuttano generalmente nei secondi o minuti (massimo 1h) che seguono l’esposizione allo stimolo esogeno. Nel contesto delle allergie alimentari o medicamentose questo lasso di tempo può essere ta per via orale, parenterale, per contatto o inalazione. L’anamnesi è determinante per definirne l’eziologia. Una reazione IgE-mediata potrà essere confermata con dei test cutanei e/o in vitro tramite il dosaggio delle IgE specifiche. Un test di provocazione permetterà in circostanze particolari di orientare la diagnosi eziologica. Diagnosi La diagnosi di anafilassi è clinica e la presenza di segni e sintomi tipici di un fattore scatenante precedente la reazione, permette in generale di porre la diagnosi. Il dosaggio della triptasi sierica (marcatore della degranulazione mastocitaria) è utile in due situazioni: Segni e sintomi Frequenza Prodromi • Prurito predominante a livello delle mani, dei piedi e del perineo • Ansia / sensazione di morte imminente ND° 9% / 0.6% Cutanei • Urticaria e angioedemi • Flush (arrossamento) • Prurito senza rash cutaneo • Sudorazione 90% 85-90% 45-55% 2-5% ND° Respiratori • Dispnea, sibili • Angioedema delle vie aeree superiori (raucedine, stridore, sensazione di soffocamento, disfagia, edema della laringe • Rinite (starnuti, rinorree, congestione nasale, gusto metallico) • Cianosi 40-60% 45-50% 50-60% Cardiovascolari • Ipotensione, vertigini, sincope • Tachicardia, bradicardia, aritmie, arresto cardiaco ND° 30-35% ND° Digestivi • Nausea, vomito • Dolori addominali, meteorismo, diarrea 25-30% Altri • Cefalea • Dolori retrosternali • Convulsioni • Contrazione uterina • Incontinenza 15-20% ND° 5.8% 4-6% 1-2% ND° 0,4% (°ND = dati non disponibili in letteratura) Tab. 1: Manifestazioni cliniche dell’anafilassi con la loro frequenza 74 MARZO 2009 TRIBUNA MEDICA TICINESE 109 SEZIONE SCIENTIFICA - Flash di medicina d’urgenza • • • • • • • • Trattamento betabloccante Presenza di un’asma Antecedenti di anafilassi severa Sintomi di apparizione rapida o di gravità crescente Somministrazione di un allergene intravenoso Trattamento di inibitori dell’enzima di conversione Pneumopatia o cardiopatia severa Età avanzata Tab. 2: Fattori predittivi di una reazione anafilattica severa Cause frequenti di anafilassi • Alimenti (i più frequenti sono le arachidi, nocciole, mandorle, noci del Brasile, pesci, frutti di mare, uova, latte) • Punture d’api e di vespe • Medicamenti: (i più frequenti sono gli antibiotici, anestetici generali, Aspirina, AINS/FANS, mezzi di contrasto iodati, oppiacei) • Latex Cause rare di anafilassi • Esercizio fisico • Vaccini • Sperma • Estratti degli allergeni (desensibilizzazione) Tab. 3: Fig. 1: 110 Cause dell’anafilassi Reazione anafilattica secondo la classificazione di H.U. Mueller TRIBUNA MEDICA TICINESE 74 MARZO 2009 in caso di dubbio diagnostico e in caso di reazione anafilattica severa. Il tasso sierico raggiunge il suo picco dopo circa 6 ore dall’inizio dei sintomi. In caso di dubbio diagnostico, un valore elevato in questo intervallo permette di confermare la diagnosi. Tuttavia un valore normale di triptasi non esclude una possibile reazione anafilattica. In effetti la sensibilità di questo esame è del 50-90%. Inoltre, tutte le reazioni anafilattiche severe necessitano di un dosaggio supplementare della triptasi basale (a distanza almeno di una settimana dal contesto della reazione anafilattica stessa) allo scopo di depistare una possibile mastocitosi sistemica. Presa a carico iniziale Attualmente, non esiste un consenso per la presa a carico dell’anafilassi. L’attitudine nel nostro Istituto si basa sull’esperienza degli ospedali universitari di Ginevra (HUG) e delle raccomandazioni del “Resuscitation Council (UK)”2-9. Seguendo la classificazione di Müller (Figura 1) si determina rapidamente la severità dell’anafilassi.10 Il trattamento dipenderà dallo stadio della reazione. Vi proponiamo un algoritmo terapeutico da seguire di fronte a ogni sospetto d’anafilassi (Figura 2). La presa a carico dell’arresto cardio-respiratorio nell’ambito di una reazione di stadio IV segue i protocolli di rianimazione abituale. Durata dell’osservazione e orientamento del paziente Generalmente, una sorveglianza di 34 ore è richiesta per le reazioni di stadio I-II. In caso di reazione severa, un’osservazione minima di 24 ore in ambiente ospedaliero è indicata, vista la prevalenza elevata di reazioni bifasiche durante questo periodo. Alla dimissione il paziente deve essere sensibilizzato sui fattori scatenanti e munito quindi di un passaporto d’allergie e di un set di urgenza comprendente un antistaminico ad azione rapida (per es. SEZIONE SCIENTIFICA - Flash di medicina d’urgenza ➞ REAZIONE ALLERGICA Valutazione dell’A B C D E * FR, Sat., stridor, dispnea PA, FC, segni di centralizzazione GCS / stato di coscienza cute / pelle / bocca / addome REAZIONE DA MODERATA A SEVERA (STADIO III - IV) 1. Antistaminico H1 per os o i.v ** 1. Ossigeno a alto flusso (10-12 L/min) (valutare l’indicazione all’intubazione) 2. via venosa: NaCL 0.9% (solo se stadio II) 2. Adrenalina 0.5 mg im. (da ripetere al bisogno 1x/5 min) evoluzione favorevole ➞ Osservazione di 3-4 h 1. Antistaminico H1 per os (stadio I - IV), 3-5 gg 2. Corticosteroidi per os (stadio II - IV), 3-5 gg 3. Set d’urgenza (cf testo) 4. Informazioni per evitare l’allergene 5. Visita da un allergologo 5. Antistaminici H1 i.v 7. Vasopressori al bisogno (Noradrenalina) 8. Glucagone se trattamento con ß-bloccante ➞ Alle dimensioni: 4. ß-2 agonisti in inalazione 6. Corticosteroidi i.v ➞ si no 3. Posizionamento di 2 grosse vie venose (21G) Riempimento veloce: NaCl 0.9% (20ml/kg/h) e posizione di Trendelenburg ➞ Sorveglianza 24 h in reparto si ➞ evoluzione favorevole ➞ ➞ 3. Corticosteroidi (se stadio II) per os o i.v ** ➞ ➞ REAZIONE DA BENIGNA A MODERATA (STADIO I - II) ➞ Allontanare il fattore scatenante perfusioni, iniezione, pungiglione no Rianimazione cardio-vascolare Fig. 2: Schema decisionale in caso di sospetta anafilassi Esempi di molecole e dosaggi - Antistaminico H1 i.v: Clemastine (Tavegyl®), 2mg i.v, ogni 6 ore se necessario. (bambini 0.05mg/kg) - Antistaminico H1 per os: Levocetirizina (Xyzal®), 1 cp/die (stadio I e II), 2 cp/die (stadio III e IV). (bambini <6 anni= Zyrtec® 5mg, 6-12 anni= Zyrtec® 10mg) - Corticosteroidi i.v: Methylprednisolone (Solu-Medrol®), 1-2mg/kg i.v ogni 6 ore. (bambini 1mg/kg) - Corticosteroidi per os: Prednisone Streuli®) 1/2-1mg/kg/die. - Adrenalina 0.5mg i.m. (bambini 0,01mg/kg max. 0,3mg) (> 12 anni 0,5mg) - Glucagone (GlucaGen Novo Nordisk®): da 1 a 5mg i.v, poi i.v in continuo da 5 a 15 µg/min. - ß-2 Agonisti: Salbutamolo (Ventolin® 0,5mg%), 10 gtt in 2-3 ml di NaCl 0.9%. * A: airway B: breathing/ventilation C: circulation D: defibrillation/disability/GCS E: exposure/skin **La scelta della via di somministrazione (os o iv) negli stadi I e II dipende dalla gravità e dall’evoluzione dei sintomi. 74 MARZO 2009 TRIBUNA MEDICA TICINESE 111 SEZIONE SCIENTIFICA - Flash di medicina d’urgenza le reazioni da moderate a severe (stadio II-IV) per prevenire tutte le reazioni bifasiche. Una consultazione allergologica è raccomandata per tutti i pazienti che hanno presentato una reazione anafilattica. Alcuni allergeni “nascosti” non possono che essere identificati dall’esperienza dell’allergologo. Inoltre a seconda dell’eziologia, si potrà proporre un’attitudine specifica: immunoterapia (per es. al veleno di imenotteri), induzione di tolleranza (per es. allergia alle penicilline o intolleranza all’Aspirina). Bibliografia 1 Ellis AK, Day JH. Incidence and characteristics of biphasic anaphylaxis: a prospective evaluation of 103 patients. Ann Allergy Asthma Immunol. 2007 Jan;98(1):64-9 2 Morel V., Sarasin F.P., Hauser C. Anaphylaxie: prise en charge initiale. Rev med Suisse 2005;1:1896-901 3 Working group Resuscitation Council United Kingdom. Emergency treatment of anaphylactic reactions. Soar J, Pumphrey R, Cant A et al. January 2008. www.resus.org.uk/pages/AtoZindx.htm 4 Roger JF,. Stokes Peebles R. Jr. www.emedicine.com 5 Simons FE, Camargo Ca Jr. www.uptodateonline.com 6 Andrew PCl. Adrenalin in the treatment of anaphylaxis. BMJ 2003;327:1332-5 7 Johnston LJ, Unsworth J, Gompels MM. Adrenalin given outside the context of life threatening allergic reaction. BMJ 2003; 326:589-90 8 Tang AW. A practical guide to anaphylaxis. Am Fam Physician 2003. 68:1325-32 9 Elllis AK Day JH. Diagnosis and management of anaphylaxis. CMAJ 2003; 169: 307-11 R. Sieber 1, GL. Vanini 2 1 Fig. 3: Utilizzo di adrenalina auto-iniettabile A. Togliere il tappo di sicurezza grigio B. Posizionale l’estremità near dell’autoiniettore contro la parte esterna della coscia (perpendicolarmente ad essa). C. Premere con forza fino allo scatto del meccanismo d’iniezione (si sente lo scatto). Mantenere per 10 secondi in questa posizione D. Ritirare l’autoiniettore Pronto Soccorso Ospedale Regionale di Lugano Via Tessererte 46, 6903 Lugano 091 811 60 13 [email protected] 2. Dipartimento Medicina Servizio di Immunologia clinica e Allergologia, Ospedale Regionale di Lugano, Via Tessererte 46, 6903 Lugano 091 811 63 88 [email protected] Nessun conflitto d’interesse 10 Reimers A, U. Müller. Biene- und Wespengiftallergie. Schweiz Med Forum 2004; 4 661-5 Levocitirizina 2 cps da 5 mg) e steroidi (per es. Prednisone 2 cps da 50 mg). L’adrenalina autoiniettabile (per es. EpiPen®) è indicata in caso di reazioni severe (stadio III-IV). Il paziente e i suoi familiari saranno istruiti in maniera corretta al modo d’uso (Figura 3). Anche se la letteratura non è chiara a questo proposito, la nostra abitudine è di prescrivere un trattamento per 35 giorni con antistaminici orali per le reazioni benigne (stadio I) e antistaminici associati a corticosteroidi orali per 112 TRIBUNA MEDICA TICINESE 74 MARZO 2009 SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole PATOLOGIA IN PILLOLE Nr. 36 L. Mazzucchelli Storia clinica Un uomo di 39 anni consulta il medico dopo aver ripetutamente notato delle tracce di sangue nella saliva. Non lamenta dolori ma riferisce una sensazione di disagio alla deglutizione presente da alcune settimane. L’anamnesi remota e famigliare è blanda. Il paziente pratica sport regolarmente, non fuma e non abusa di alcol. All’ispezione del cavo orale si nota una lesione grigiastra in parte ulcerata della tonsilla palatina destra. La faringe non è arrossata né ricoperta da membrane. La temperatura corporea è di 36.5°C. I linfonodi cervicali non sono ingranditi. Si procede a biopsia il cui risultato è illustrato nelle figure seguenti. In particolare la Figura 1A mostra il bordo della lesione mentre la Figura 1B ne illustra a più forte ingrandimento gli aspetti profondi. 1A 1B Indica la diagnosi corretta: a Carcinoma squamocellulare della tonsilla palatina b Tonsillo-faringite batterica c Papilloma squamoso invertito della tonsilla palatina d Carcinoma indifferenziato della tonsilla palatina e Iperplasia pseudoepiteliomatosa su ulcera cronica 74 MARZO 2009 TRIBUNA MEDICA TICINESE 113 SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole Diagnosi Carcinoma squamocellulare della tonsilla palatina Commento Più del 90% delle neoplasie maligne del cavo orale e della faringe è costituito da carcinomi squamocellulari. Oltre che nella tonsilla palatina tumori di questo tipo insorgono nella mucosa buccale, nel pavimento orale, sui bordi linguali, nella gengiva, nel palato e nella parete faringea. Durante gli ultimi decenni l’incidenza mondiale del carcinoma squamocellulare orofaringeo è aumentata sensibilmente riflettendo una maggiore diffusione di alcuni fattori di rischio ben conosciuti quali l’abuso di alcol e nicotina oppure, soprattutto in paesi asiatici, l’abitudine di masticare tabacco. Da alcuni anni è anche provato che l’infezione del cavo orale con virus papilloma umano (HPV) ha un ruolo nella patogenesi di questo carcinoma, in particolare se insorge nelle tonsille palatine o linguali. I virus HPV, di cui ne sono stati isolati circa 120 tipi diversi, sono caratterizzati da un tropismo selettivo per epiteli squamosi, soprattutto nella zona di transizione con epiteli ghiandolari o di tipo respiratorio come ad esempio nella cervice uterina, in sede anale, nelle logge tonsillari o i prossimità delle corde vocali. HPV a basso rischio quali HPV-6 e -11 inducono verruche benigne oppure papillomi squamosi. Per contro HPV del tipo 16, 18, 31, 33 e 35 vengono definiti ad alto rischio per il loro potere oncogenico, dimostrato in maniera esaustiva in studi epidemiologici concernenti il carcinoma del collo uterino. La capacità del HPV ad alto rischio di trasformare epiteli squamosi in carcinoma risulta dalle proprietà di due proteine virali fortemente oncogene, E6 e E7, che hanno la capacità di inattivare il prodotto proteico di due importanti geni umani oncosoppressori quali p53 e 114 TRIBUNA MEDICA TICINESE Rb (retinoblastoma). L’espressione di E6 e E7 induce quindi proliferazione cellulare, alterazioni del ciclo cellulare, aumento della frequenza di mutazioni spontanee oppure indotte nonché instabilità cromosomica. La presenza di HPV in carcinomi squamocellulari orofaringei è documentata in numerosi studi; può variare a seconda dell’area geografica in esame e, utilizzando test ad alta sensibilità, si attesta globalmente intorno al 26% dei casi e addirittura a circa il 50% dei pazienti se si considerano solo carcinomi insorti nelle tonsille palatine oppure linguali. In tutti gli studi, HPV16 è stato evidenziato nel 90-95% dei pazienti mentre HPV-31, -33 e -35 sono coinvolti nei rimanenti casi. Un’associazione con HPV-18 è per contro praticamente assente. Nei carcinomi orofaringei, il DNA virale è evidenziabile nei nuclei delle cellule neoplastiche di carcinomi squamocellulari in situ ed invasivi nonché in metastasi linfonodali mentre è assente in mucosa normale adiacente al tessuto neoplastico. Esistono numerosi metodi per evidenziare il DNA virale in tessuto neoplastico tra i quali l’ibridazione in situ oppure tecniche di biologia molecolare basate su PCR. Inoltre, la presenza di un’infezione da HPV ad alto rischio induce nelle cellule neoplastiche sovraespressione di p16, una proteina coinvolta nella regolazione del ciclo cellulare facilmente evidenziabile con tecniche di immunoistochimica e che può quindi servire come marcatore indiretto di infezione virale. Vi sono in letteratura un numero sempre maggiore di studi quali indicano che carcinomi squamocellulari orofaringei HPV-positivi si differenziano da carcinomi HPV-negativi sia per alterazioni molecolari che per caratteristiche morfologiche, epidemiologiche e cliniche. Ad esempio a livello 74 MARZO 2009 molecolare, nei carcinomi HPV-positivi l’inattivazione degli oncosoppressori p53 e Rb è mediata dalle oncoproteine virali E6 ed E7 mentre nei carcinomi HPV-negativi p53 e Rb non sono funzionanti a seguito di altri meccanismi che comprendono tra l’altro mutazioni geniche. Clinicamente i carcinomi orofaringei HPV-positivi vengono spesso osservati in pazienti non fumatori, senza abuso etilico e più giovani rispetto ai carcinomi HPV-negativi. Per contro i carcinomi HPV-positivi possono essere associati a particolari fattori di rischio quali una storia di verruche anali e genitali, inizio dell’attività sessuale in giovane età, numerosi partner e pratiche sessuali con rapporti orali o contatti oro-anali. In questo contesto va citato che la presenza di infezione da HPV nel cavo orale rappresenta un importante fattore di rischio per carcinoma squamocellulare, secondo uno studio norvegese 14 volte maggiore rispetto alla popolazione HPV-negativa. Numerosi studi hanno dimostrato che la prognosi di carcinomi orofaringei HPV positivi è migliore della prognosi dei carcinomi HPV-negativi, senza tuttavia individuarne i motivi. Tra le varie ipotesi si ritiene che la degradazione di p53 mediata dall’ oncoproteina virale E6 non corrisponda a livello funzionale a inattivazione genica dovuta a mutazione di p53 oppure che l’esposizione ad antigeni virali stimoli la risposta immunitaria antitumorale. Inoltre carcinomi HPV positivi sono caratterizzati da maggiore radiosensibilità rispetto ai carcinomi HPV-negativi (Figura 2) e da minore tendenza a sviluppare secondi tumori nel tratto aereodigestivo superiore. Quest’ultima particolarità è verosimilmente dovuta all’assenza di un effetto di campo cancerogeno nella mucosa orale infettata da HPV contrariamente a quanto si osserva nella stessa mucosa a seguito di abuso nicotinico oppure etilico. SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole Bibliografia Licitra L, Perrone F et al. High risk human papillomavirus affects prognosis in patients with surgically treated oropharyngeal squamous cell carcinoma. J Clin Oncol 2006, 24:5630-5636 Fakhry C, Gillison ML. Clinical implications of human papillomavirus in head and neck cancers. J Clin Oncol 2006, 24:2606-2611 Mork J, Lie AK et al. Human papilloma virus as a risk factor for squamous-cell carcinoma of the head and neck. N Engl J Med 2001, 344:11251131 D’Souza G, Kreimer AR et al. Case-control study of human papillomavirus and oropharyngeal cancer. N Engl J Med 2007, 356:1944-56 Gillison ML, Chaturvedi AK, Lowy DR. HPV prophylactic vaccines and the prevention of noncervical cancers in both men and women. Cancer 2008, 113(10 Suppl):3036-46 Fig. 2: Sopravvivenza globale di pazienti con carcinoma orofaringeo HPV-positivo e HPV-negativo con o senza trattamento radioterapico (Da Licitra et al. J Clin Oncol 2006) Implicazioni cliniche e conclusioni La diagnosi di carcinoma HPV-positivo deve essere considerata in tutti i carcinomi squamocellulari orofaringei ed in particolare in carcinomi delle tonsille palatine e linguali. Il sospetto dovrebbe essere particolarmente forte in pazienti giovani, non fumatori e non bevitori. Esistono numerosi test per confermare la diagnosi tra i quali l’ibridazione in situ per DNA virale oppure esami immunoistochimici per p16. La presenza di HPV in tessuto neoplastico ha un chiaro significato prognostico. In questo senso sono attualmente in corso studi prospettici per determinare se carcinomi orofaringei HPV-positivi possano essere trattati chirurgicamente in maniera più conservativa rispetto carcinomi HPV-negativi. Non è per contro chiaro se la diagnosi di infezione da HPV nel cavo orale possa rappresentare un valido sistema di screening per carcinoma squamocellulare orofaringeo in popolazioni a rischio. Segnaliamo infine che l’introduzione del vaccino anti-HPV, che protegge tra l’altro da infezione con HPV-16, porterà verosimilmente ad una diminuzione dei carcinomi orofaringei HPV-positivi ed è pertanto destinata a modificare sensibilmente l’epidemiologia di questo tipo di carcinoma nei paesi industrializzati che hanno adottato o adotteranno questo tipo di profilassi. L. Mazzucchelli Istituto cantonale di patologia, Locarno 74 MARZO 2009 TRIBUNA MEDICA TICINESE 115 TARMED INFO Infotarmed 1/09 15.0285 15.0286 Misurazione del monossido di azoto presente nell’espirato + Supplemento per bambini ed adolescenti fino a 16 anni a cura di Vincenzo Liguori TARMED Versione 1.06 dal 1. marzo 2009 è entrata in vigore la nuova versione Tarmed 1.06. Riassumiamo brevemente le principali modifiche intervenute. Il sito internet www.tarmedsuisse.ch riporta in dettaglio tutti i cambiamenti rispetto al tariffario precedente 1.05 (documento pdf “verbale dei cambiamenti”). Dal sito è anche possibile scaricare il browser Tarmed 1.06 originale. 39.0410 Artrografia delle articolazioni come prestazione supplementare per gli esami RMN o TAC delle articolazioni 39.1306 Mammografia / screening bilaterale, terza valutazione, come singolo procedimento di formazione di immagine MODIFICHE DEL VALORE DEL PUNTO Nuove Posizioni 00.0065 Forfait per incomodo visite domiciliari dal lunedì al venerdì ore 07-19, sabato ore 07-12 Si tratta di una nuova posizione applicabile per le visite a domicilio, con esclusione delle visite pianificate, come ad esempio quelle in casa anziani ed in istituti dove vengono visti più pazienti, oppure i controlli di routine senza impiego di tempo speciale come accertamenti diagnostici o trattamenti. Applicabile al massimo 1 volta per seduta. 00.0460 Controllo successivo del donatore vivente d’organo, quale prestazione singola 00.0525 Terapia psicosomatica individuale, ogni 5 minuti 03.0135 Esame dello sviluppo del bambino, dell’adolescente e dell’adulto fino a 18 anni da parte dello specialista in pediatria, ogni 5 minuti 24.3245 24.3246 24.3265 24.3266 24.3267 Si tratta di posizioni che riguardano interventi di aponevrectomia in caso di sindrome di Dupuytren con relativi supplementi. 122 TRIBUNA MEDICA TICINESE 74 MARZO 2009 Sono stati aumentati i supplementi per Forfait B e C, riportandoli a valori vicini a quelli in vigore prima della riduzione avvenuta nell’ultima versione. 00.2520 Forfait B per l’incomodo-urgenza, dal lunedì alla domenica (tutti i giorni) ore 19-22, sabato ore 12-19, domenica ore 07-19 Aumento PM a 110 Pt 00.2540 Forfait C per l’incomodo-urgenza, dal lunedì alla domenica (tutti i giorni) ore 22-07 Aumento PM a 180 Pt Sono stati aumentati i Punti per due esami ecografici 39.3430 Esame ecografico della mammella, completo, bilaterale Aumento PM a 70 Pt 39.3445 Ecografia dell’ascella, per lato Aumento PM a 22.50 Pt Adattato da Vincenzo Liguori