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N.82 - 25 giugno 2014
FeedJournal
6/24/2014 at 7:43:27 AM - 6/25/2014 at 7:26:13 AM
feedjournal.com
Il capro espiatorio della giovane Italietta
(Oliviero Beha).
by Il Fatto Quotidiano
25/6/2014 (il Chiosco)
Submitted at 6/25/2014 1:07:47 AM
E adesso, povera Italia? Non solo
l’Italia di Prandelli, ma quella di
Napolitano e quella di Renzi così
identificate nella Nazionale dopo la
battaglia vinta di Manaus, quella dei
tifosi e quella degli esperti e degli
inviati mediatici nel “Mondiale dei
Mondiali”? Quella per cui tutto era o
magnifico o tragico con pochi, troppo
pochi accenti comici? È vero, è stato
almeno in parte compiuto un furto
arbitrale, giacché va pesata, dopo un
rigore non dato all’Uruguay che fa il
paio con quello non dato alla Costa
Rica sempre a favore nostro,
un’espulsione forse esagerata di
Marchisio e invece una mancata
cacciata di Suarez, colto (dalle
telecamere) a mordere Chiellini.
MERITAVA anche lui il rosso
diretto per aver emulato Hannibal
Lecter e se stesso, chiaro esempio di
fuoriclasse fuori di testa. Rimane il
fatto che con ci siamo negati nulla: in
un Mondiale di tanti gol e di
spettacolo offensivo, abbiamo
preparato scientemente la nostra
disfatta giocando per il pari e
dimostrando che l’avere due risultati
su tre ha svolto un ruolo pessimo
sulla psiche, sui muscoli e sulla testa
di Prandelli e di chi ha
sciaguratamente mandato in campo,
dall’inizio e a partita in corsa. Fa
paura pensare che dopo uno
spettacolo obbrobrioso, da reti
bianche che potevano effettivamente
restare tali fino alla fine senza
l’espulsione e un gol sufficientemente
casuale, di spalla, l’Italia di Prandelli,
monca e confusa, lontanissima
parente di quella “normale” vista
contro l’Inghilterra e invece fotocopia
preoccupata di quella perdente con la
Costa Rica, nell’ultimo spezzone
abbia trovato un briciolo di identità.
Ma sì, se il tempo di una partita è per
gli Azzurri quello che un certo lasso
di tempo è per una nazione e per un
popolo, ecco in filigrana l’accaduto:
solo la disperazione di essere ormai
fuori da tutto, per giunta per la
seconda volta consecutiva come non
avveniva dagli anni ’60 quando a
colpi di cazzotti, di oriundi, di arbitri
e di squadra di casa, uscimmo subito
in Cile, o quando in Inghilterra ci
pensò la Corea del Nord di un
dentista che poi non era tale…, solo
la disperazione ci ha spinto sotto a
cercare un pareggio improbabile ma
non impossibile, perché l’Uruguay
era in preda alla sua personale lotta
alla stitichezza. Chissà che l’Italia
Paese debba ancora arrivare agli
ultimi dieci minuti e per questo la
reazioni latiti… E comunque l’unica
forma di identità dell’Italia di
Prandelli, dopo l’illusione ragionata
della prima partita, si è vista nella
reazione subrisorgimentale del finale.
Peccato che non ce la facessero più di
gambe e di testa dopo una partita
corsa sempre sul filo del tatticismo,
della paura, del tendenziale
vittimismo (oddio, ora che ci
faranno?), del non-gioco: era questa
la formula magica per riuscire
indenni? Quella di schierare
comunque il sopravvalutatissimo
Balotelli, sempre a disagio e
lontanissimo dalla statura di
campione che gli è stata riconosciuta
prima che la barattasse con quella di
star della mondanità?
QUELLA DI sostituirlo con Parolo
cogitando astutamente che l’Uruguay
avrebbe attaccato e sarebbe stato
meglio avere davanti solo Immobile,
perché tanto “bastava il pareggio”?
Quella di sostituire, una volta in dieci,
l’unico contropiedista, appunto
Immobile (è un cognome…), con un
fantasista stizzoso invece che con
Cerci, che avrebbe dilatato il fronte
avversario? Insomma, Prandelli è
stato l’autentico “faber” della sua e
nostra sfortuna, ma è “solo” il
responsabile di una sonora disfatta sul
campo, alla fine strameritata e
straspiegabile. Non è invece
colpevole di tutta quell’altra Italia che
Morsi e rimorsi (Massimo
Gramellini).
by La Stampa 25/6/2014 (il
Chiosco)
Submitted at 6/25/2014 12:58:17 AM
Speriamo che la Nazionale non sia lo
specchio della Nazione, altrimenti
dovremmo tutti imitare Prandelli &
Abete e dimetterci irrevocabilmente
da noi stessi. Ieri l’immagine
dell’Italia nel mondo era una
combriccola di abulici che faticavano
a mettere insieme tre passaggi di fila,
figuriamoci un tiro in porta. Quattro
anni fa avevano perso i vecchi e si
invocò il ricambio generazionale. Ma
quattro anni dopo hanno perso
soprattutto i giovani, il cui simbolo è
l’indisponente Balotelli, un eterno
incompiuto spacciato per fuoriclasse
da un sistema mediatico che ha
smarrito il senso delle proporzioni.
Persino il mio Immobile, che in Italia
si era aggirato per le aree di rigore
come un lupo mannaro, sembrava un
barboncino al guinzaglio della difesa
uruguagia.
Certo, l’arbitro dal cognome recidivo
(Moreno), l’espulsione esagerata di
Marchisio e il comportamento da
roditore di Suarez, che ha affondato i
suoi incisivi nella pellaccia di
Chiellini. Ma il lamento è un diritto
che va meritato. E questa Italia
depressa e deprimente, senza talento
né carattere, merita soltanto di
tornarsene a casa e ricominciare
daccapo, con meno squadre e meno
stranieri, come accadde dopo la Corea
del 1966. Quando fummo eliminati al
primo turno per la seconda volta
consecutiva, proprio come adesso, e
Gianni Brera scrisse: «La difesa
sballata, il centrocampo
endemicamente fioco, l’attacco
composto di gente molto sollecita a
impaurirsi. E dove credevamo di
andare?». Più che un’analisi, una
profezia.
Da La Stampa del 25/06/2014.
gli è andata appresso, non delle
telecronache di Caressa da
neurodeliri, non dell’imbonimento di
tutto il sistema dei mercanti
mediatici, non del patriottismo da
toilette che è tornato fuori stavolta
ancora più prepotentemente del solito
per un Paese “ggiovane” nella
squadra di governo che avrebbe
voluto specchiarsi in una Nazionale
“ggiovane” in grado di ben figurare
come ambasciatrice sul pianeta.
Niente di tutto questo, contraddizioni
in serie, e una spesa generale,
materiale e immateriale, di gran lunga
superiore all’impresa: che non c’è
stata. E adesso via con le lamentele
sull’arbitro troppo severo e troppo
incapace, via con l’inevitabile
“arresto” non in flagranza di Suarez,
via per tre giorni con la disamina del
deserto socioeconomico della nostra
Rotondolandia. Prima di ricominciare
nello stesso modo al quarto giorno,
con gli stessi dirigenti, lo stesso
gossip di quart’ordine, la stessa idea
di professionalità sotto le scarpe
perché in fondo, specie quando
conviene in un Paese che sembra non
avere nient’altro (forse il cibo, sì…),
“si tratta pur sempre di un gioco”. Dal
balcone di Piazza Venezia tempo fa
qualcuno non la pensava esattamente
così. E non parlo di Hans Fallada, con
l’interrogativo parafrasato del quale
ho iniziato questo articolo.
Da Il Fatto Quotidiano del 25/06/
2014.
Mose, summit in hotel
per bloccare l’indagine
“Attenti a quella pm”
(FABIO TONACCI).
by La Repubblica 25/6/2014 (il
Chiosco)
Submitted at 6/25/2014 1:45:15 AM
Il finanziere Meneguzzo accusa
Spaziante e Milanese E l’inchiesta
sulle soffiate ora si sposta a Milano.
VENEZIA - Un pezzo dell’inchiesta
sul Mose lascia Venezia. I filoni che
riguardano l’ex generale della
Finanza Emilio Spaziante, ancora in
MOSE, page 2
2
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Renzi, dall’anti-casta all’impunità. Metamorfosi
di un leader (Peter Gomez)
by www.ilfattoquotidiano.it (il
Chiosco)
Submitted at 6/24/2014 7:43:27 AM
La legge sull’immunità parlamentare
da concedere anche ai fortunati
sindaci e consiglieri regionali che
siederanno nel nuovo Senato
minaccia di far finire in anticipo sul
previsto la luna di miele tra Matteo
Renzi e il suo 40 per cento di elettori.
Tre giorni di goffo scaricabarile tra
gli esponenti del Pd sulla paternità del
provvedimento, amplificati
dall’eloquente e imbarazzato silenzio
del premier, bastano (e forse
avanzano) per riportare alla mente le
molte dichiarazioni in materia di
privilegi della casta che tanto
avevano reso popolare Renzi quando
ancora era sindaco di Firenze. Frasi
forti e ricche di buon senso che oggi
paiono essere state pronunciate da
una persona diversa dall’attuale
inquilino di Palazzo Chigi: “Se
dobbiamo parlare degli articoli della
costituzione che parlano dei
parlamentari bisognerebbe avere il
coraggio di dire che i parlamentari
andrebbero dimezzati e che andrebbe
dimezzata anche la loro
indennità”.“L’immunità aveva un
valore in un altro momento, in un
altro contesto”. E ancora: “Non
abbiamo bisogno di dare altre
garanzie ai parlamentari, ma di farli
diventare sempre più normali”.
Intendiamoci, non è una novità che le
bugie vadano di moda tra chi fa
politica. Due secoli fa il barone Otto
Von Bismark, avvertiva: “Non si
mente mai così tanto prima delle
elezioni, durante la guerra e dopo la
caccia”. Stupisce però che, passate le
Europee, Renzi non si ponga più il
problema del consenso.
Solo chi non si cura del parere dei
cittadini, quasi fosse certo di essere
destinato a non dover più subire
nell’urna il loro giudizio, può davvero
credere che, in Paese rapinato e
offeso dalle malefatte della propria
classe dirigente, sia popolare l’idea di
permettere in futuro a 95 fortunati
nuovi senatori di rubare in casa
propria (regioni e comuni) per poi
salvarsi a Palazzo Madama.
Eppure il premier tace. Segno che
per lui le questioni più importanti da
risolvere sono altre. In sua vece
parlano però i renziani secondo i
quali “non è il caso di di mettere a
rischio la riforma della Costituzione
per un solo articolo” ( Ivan
Scalfarotto) visto che la “questione
non è centrale” ( Maria Elena Boschi,
ministro per le Riforme).
Ovviamente non è vero. Far eleggere
95 senatori da mille consiglieri
regionali, un terzo dei quali sono
attualmente indagati, imputati o
condannati, significa popolare
l’assemblea di palazzo Madama di
personaggi il cui principale obbiettivo
sarà quello di entrare in Senato per
difendersi dai processi e regolare i
propri conti con la giustizia.
Per esorcizzare il dubbio di molti (a
questo punto, perfettamente
legittimo) che l’emendamento
sull’immunità non sia frutto di
cialtroneria, ma di calcolo, il ministro
Boschi ha tentato di levarsi
d’impaccio accusando il presidente
della commissione affari
costituzionali, Anna Finocchiaro, di
essersi mossa all’insaputa del
governo. Poi quando documenti alla
mano la compagna di partito le ha
dimostrato che il governo sapeva(e
condivideva) ecco che il ministro ha
cambiato registro. E ha spiegato che
tutti i gruppi, tranne il Nuovo centro
destra, avevano presentato
emendamenti per garantire il
privilegio pure ai nuovi senatori non
eletti dai cittadini.
Ora, anche a voler sorvolare sui
distinguo ( i 5 stelle ricordano di aver
presentato pure due emendamenti per
rendere perquisibili e intercettabili i
parlamentari senza autorizzazione
delle Camere), il così fan tutti della
Boschi, è utile forse per ripulirsi la
coscienza, ma non certo per
tranquillizzare gli elettori. Mentre a
Venezia l’ex sindaco Orsoni dice ai
magistrati di aver incassato
finanziamenti illeciti per ordine del
partito(lo avrebbe mai fatto se scelto
come senatore?) e gli investigatori
sono sulle tracce di personaggi
sospettati di aver creato fondi neri
“per esponenti milanesi di Forza
Italia”, un fatto è chiaro: l’ impunità
torna prepotentemente di moda.
A poco a poco il combinato disposto
tra la nuova legge elettorale e riforma
del Senato appare per quello che è: un
sistema per espropriare
definitivamente i cittadini dalla
possibilità di scegliere i propri
rappresentanti (a Montecitorio le liste
saranno bloccate) e consegnare in
toto la nomina delle due Camere alle
segreterie dei partiti. Che in qualche
caso, come monarchi illuminati,
concederanno al di fuori di ogni
controllo e regola il divertissement
delle primarie. Povera Italia e poveri
italiani. Votando Renzi pensavano di
abbattere la casta. Ma se continua
così molti di loro si convinceranno
che l’unica rottamazione in corso è
quella della speranza.
i 400 milioni del Cipe. Il braccio
destro di Tremonti, si scopre ora, fece
anche di più, con il provvedimento
con cui il governo Berlusconi decise
di dirottare su poche opere pubbliche
tutti i fondi a disposizione. «La legge
prevedeva che non potessero essere
destinati in una singola area più del
15 per cento dei fondi — spiega
Meneguzzo — Mazzacurati con
Milanese lavorava per fare in modo
che si superasse questo collo di
bottiglia e che quindi i finanziamenti
potessero arrivare al Mose». Come
poi avvenne.
I pm gli chiedono perché
Mazzacurati e il braccio destro di
Tremonti comunicassero sempre
attraverso di lui: «Per Milanese era
più semplice così, i due si sono visti
10-15 volte… regolarmente il lunedì
mattina, quasi mensilmente ci si
vedeva a tre… li lasciavo soli perché
erano talmente lunghi… io facevo la
segretaria ». Consulti che si
svolgevano a volte nella hall
dell’hotel Principe di Savoia a Milano
dove, non a caso, sono stati arrestati il
4 giugno scorso Meneguzzo e
Spaziante.
L’INCONTRO DEL 5 LUGLIO
Uno di questi appuntamenti, però, è
più importante degli altri. Lo
organizza Milanese il 5 luglio 2011, a
Roma. Ci sono anche Spaziante e
Mazzacurati. È il momento in cui
l’allora generale della Finanza
diventa talpa: «Spaziante lo informa
dettagliatamente della verifica fiscale
in corso (sul Consorzio, ndr) e che c’è
anche una indagine penale». Di quel
procedimento, Spaziante, dimostra di sapere tutto,
contenuti e promotori: «Dice che ci
sono dei fondi neri che sono stati
costituti con delle “cose” estere…
c’era un problema che riguardava una
fattura o un gruppo di fatture che la
Mantovani aveva fatto al Consorzio o
viceversa. Ha detto anche che c’era
una pm molto determinata che stava
seguendo le indagini (Paola Tonini,
ndr) ».
Meneguzzo, il cui fascicolo è finito a
Milano insieme agli altri, giura di non
sapere niente delle mazzette ammesse
dallo Mazzacurati: «Non l’ho mai
visto dare soldi a Milanese, posso
pensare che sia accaduto, ma solo
perché la mia immagine di lui è
notevolmente cambiata dopo che ho
letto gli atti».
L’ENTURAGE DI TREMONTI
Tutto questo affaccendarsi trova
posto anche un altro teatro: i locali
della segreteria del dicastero
dell’Economia. «Spaziante me lo
presentano lì, come comandante
interregionale del Lazio — rivela
Meneguzzo — faceva parte
dell’enturage di Tremonti». A gestire
le danze dell’“enturage”, però, è
sempre Milanese: «Conosceva tutti
alla guardia di Finanza, nell’ufficio
del ministro tutti i finanzieri, amici e
nemici, andavano da lui a baciare la
pantofola perché tutti avevano
bisogno… così sembrava l’ufficio di
grazia ricevuta».
L’amministratore della Palladio è
anche l’uomo che procura a
Mazzacurati almeno un paio di
appuntamenti con Tremonti, «intorno
al 2008 e 2009», con Tremonti.
«Inizialmente lui aveva un
atteggiamento abbastanza scettico nei
confronti del Mose». Poi, scoppia
l’amore. «Tra i due si è creato un
buon feeling — mette a verbale
Meneguzzo — dopo questi due
incontri, anche in Consiglio dei
ministri l’atteggiamento di Tremonti
(sul Mose, ndr) divenne diverso ».
Da La Repubblica del 25/06/2014.
MOSE,
continued from page 1
carcere, e Marco Milanese, indagato,
finiscono per competenza territoriale
alla procura di Milano. Nella città
dove sarebbero state pagate le
presunte mazzette da 500mila euro
ciascuna. Sono stati trasmessi tutti i
18 faldoni dell’indagine, 110mila
pagine più le 118 dell’interrogatorio
fiume di Roberto Meneguzzo,
amministratore delegato della
Palladio. Verbale depositato al
Riesame e giudicato «di notevole
interesse » dagli inquirenti. Perché
Meneguzzo, ai domiciliari dopo un
tentativo di suicidio nel penitenziario
di La Spezia, ha confermato
l’intensissima frequentazione del
burattinaio del Consorzio Venezia
Nuova Giovanni Mazzacurati con
Milanese, Spaziante e Giulio
Tremonti.
“FACEVO LA SEGRETARIA”
«Mazzacurati lo conosco nel 2006,
per la richiesta di intervento di
assistenza finanziaria rivolta alla
Palladio», racconta ai pubblici
ministeri il 16 giugno scorso,
«Tremonti invece da 35 anni, da
quando era commercialista della
Palladio Leasing. Milanese lo
conobbi 7,8,10 anni fa, faceva parte
del team del ministro». Mazzacurati
ha bisogno di Milanese per sbloccare
FeedJournal
3
I sessantottini (Marco Travaglio).
by Il Fatto Quotidiano
25/6/2014 (il Chiosco)
Submitted at 6/25/2014 12:40:20 AM
Scherzi della numerologia: il 68, da
simbolo della contestazione, diventa
emblema della restaurazione. I nuovi
sessantottini infatti sono gli scudi
umani dell’articolo 68 della
Costituzione: quello che, dopo la
riforma del 1993 che abolì
l’autorizzazione a procedere delle
Camere per le indagini sui
parlamentari, la prevede ancora per
gli arresti, le intercettazioni e le
perquisizioni. Abbiamo già spiegato
che la cosiddetta immunità
parlamentarefuprevistaperleCamereel
ettive,titolari entrambe del potere
legislativo: dunque non ha più alcun
senso per un Senato non elettivo,
composto da consiglieri regionali e
sindaci, cioè da figure pubbliche
sprovviste di qualsiasi scudo, e per
giunta espropriate del potere
legislativo (non saranno più chiamate
a legiferare, salvo in materia
costituzionale, ma solo a esprimere
pareri non vincolanti sulle leggi
uscite dalla Camera).
L’idea di un sindaco o di un
consigliere regionale nominato
senatore che, a fine settimana, emigra
a Roma per fare atto di presenza
gratuito a Palazzo Madama e, durante
il tragitto, viene irradiato
dall’immunità come Fantozzi bagnato
dalla pioggia della sua nuvoletta
personale, è roba da cinepanettone.
Infatti, a parole, il governo e tutti i
partiti (tranne Ncd, acronimo di Noi
Condannati Detenuti) si son detti
fieramente avversi all’impunità
senatoriale, lasciandola senza padri
né madri. Ma la grande balla è durata
un paio di giorni. La bella
addormentata nei Boschi, che
domenica aveva giurato a Repubblica
“io ero contraria”, è stata sbugiardata
prima dalla relatrice Finocchiaro e
ora dalle due email inviate dal suo
ministero per approvare gli
emendamenti immunitari. Infatti la
Pravdina del Pd, detta anche Unità,
non trova di meglio che prendersela
con i 5Stelle: “Anche i grillini erano
per reintrodurre le tutele ai nuovi
senatori”. Sta’ a vedere che il
governo con la maggioranza più
plebiscitaria dai tempi della Bulgaria
comunista si fa dettare la linea
dall’unica forza di opposizione.
Naturalmente è una balla
sesquipedale: i 5Stelle fanno tante
cazzate, ma stavolta si sono limitati a
chiedere un Senato elettivo, più o
meno come l’attuale, che dunque
manterrebbe le guarentigie
costituzionali (senz’alcun bisogno di
“reintrodurle”). Sono i partiti che
vogliono il Senato non più elettivo,
ma nominato, cioè Pd, Ncd, Lega, FI
e centrini vari che hanno imposto
l’impunità. E il governo Renzi l’ha
avallata. Poi, presi con il sorcio in
bocca, hanno fatto gli gnorri. Ma si
sono ben guardati dal cancellarla dal
testo in votazione dal 3 luglio. Anzi,
terrorizzati dalla vox populi che dice
“se siete contro l’immunità e non
volete creare disparità fra deputati e
senatori, perché non la abolite anche
alla Camera?”, si sono inventati una
supercazzola per gettarci un altro po’
di fumo negli occhi: l’autorizzazione
a procedere non la voterà più la
Camera di appartenenza del
parlamentare da arrestare o
intercettare o perquisire, ma la Corte
costituzionale in quanto “organo
terzo”. Da un simile riformatorio di
analfabeti c’è da attendersi di tutto,
ma questo forse è troppo anche per
loro: la Consulta giudica la legittimità
delle leggi e i conflitti fra poteri dello
Stato. Non può certamente
trasformarsi in un quarto grado di
giudizio per i parlamentari, anche
perché due terzi dei suoi membri sono
nominati dal Parlamento e dal capo
dello Stato eletto dal Parlamento: in
palese conflitto d’interessi, meno
“terzi” dell’Arcicaccia. E poi, finché
ad accertare (anzi inventare) il fumus
persecutionis di un’indagine è una
Camera con un verdetto politico, i
magistrati se ne infischiano e tirano
diritto. Figurarsi che accadrebbe se a
bollarli di persecutori politici fosse il
“giudice delle leggi”: i pm che han
chiesto l’arresto o la perquisizione o
l’intercettazione e il gip che li ha
disposti sarebbero talmente
delegittimati da dover chiudere
l’inchiesta senza vincitori né vinti e
poi dimettersi dalla magistratura. Una
follia assoluta, oltreché una
bestemmia giuridica. Cari
sessantottini del governo e della
maggioranza: abbiate, per una volta,
il coraggio delle vostre azioni. Se
volete l’impunità, prendetevela senza
tante storie. Altrimenti abolitela. Ma
piantatela di fare i paraculi, tanto
ormai vi abbiamo sgamati.
Da Il Fatto Quotidiano del 25/06/
2014.
Renzi usa l’alibi Bruxelles per rinviare il Jobs
Act (Stefano Feltri).
by Il Fatto Quotidiano
25/6/2014 (il Chiosco)
Submitted at 6/25/2014 1:34:04 AM
DISCORSO ALLE CAMERE: LA
RIFORMA DEL LAVORO CI
SARÀ SOLO ALLA FINE DEL
SEMESTRE EUROPEO. INTANTO
PROMETTE DI GOVERNARE
“MILLE GIORNI” ARRIVANDO A
FINE LEGISLATURA.
Bisogna sforzarsi per cogliere
qualcosa di concreto nel duplice
discorso europeo di Matteo Renzi
davanti a Camera e Senato. Il premier
non parla alle aule semivuote, ma al
pubblico che da casa vedrà la sintesi
nei telegiornali e quindi è tutto un
“tenetevi la vostra moneta ma
lasciateci i nostri valori” e “L’Europa
non può impedirti di saldare i debiti
della pubblica amministrazione
perché violi il patto di stabilità e poi
sanzionarti perché non li hai pagati”.
E così via. Spazio anche per qualche
citazione, tipo la necessità di
“civilizzare la globalizzazione”
(Edgar Morin).
LA SOSTANZA POLITICA dietro
gli slogan è da decodificare. Primo
punto: Renzi trasforma il lancio del
semestre europeo a presidenza
italiana (180 giorni circa)
nell’occasione per evocare un
programma di legislatura (“1000
giorni, dal primo settembre 2014 al
28 maggio 2017). Messaggio a uso
interno: per ora niente elezioni
anticipate. Ma c’è anche un uso
europeo: tranquilli che le riforme che
vi prometto le farò io. Comprensibile
che debba rassicurare, visto che la
cancelliera tedesca Angela Merkel, da
quando è al potere, ha avuto a che
fare con cinque diversi presidenti del
Consiglio italiani, ognuno con la sua
agenda di riforme, sempre meno
credibile.
Il secondo punto concreto che
emerge dal discorso di Renzi riguarda
la riforma del lavoro: finora si è visto
soltanto un decreto legge dalle
ambizioni limitate, la cosiddetta
“riforma Poletti” che liberalizza i
contratti a termine, prima o poi
arriverà un disegno di legge delega.
Più poi che prima: Renzi annuncia
che il vertice europeo (convocato
dalla presidenza italiana) dedicato al
tema della disoccupazione non si
terrà più l’11 luglio, cioè all’inizio
del semestre, ma verso la fine. Così
da avere il tempo di approvare anche
la legge delega (che richiede diversi
mesi).
Anche qui c’è un doppio livello di
lettura: non si ha traccia alcuna che il
governo abbia le idee chiare su cosa
vuole fare sul mercato del lavoro e
sugli ammortizzatori sociali, già la
riforma della pubblica
amministrazione sta causando più
problemi del previsto, anche con i
sindacati. Meglio non offrire adesso
altri spunti polemici. Poi c’è un piano
europeo: Renzi – come Mario Monti
RENZI page 4
4
FeedJournal
Governo Renzi, le 4 ‘i’: inutilità,
inciucio, immunità e incompetenza
(Andrea Scanzi)
by www.ilfattoquotidiano.it (il
Chiosco)
Submitted at 6/24/2014 7:58:03 AM
La riforma del Senato voluta da
Matteo Renzi è caratterizzata da
quattro “i”: Inutilità, Inciucio,
Immunità, Incapacità. E’ una riforma
scritta male e concepita peggio, che
serve solo a soddisfare il sogno di
Renzi: poter dire a familiari ed amici
che “io ho abolito il Senato”.
1)”Inutilità”. E’ una riforma che non
serve a niente. Il Senato non viene
abolito, ma solo reso pressoché
inutile. Il risparmio è minimo e il
rischio di “assolutismo” massimo.
Non esistono contrappesi democratici
e la legge elettorale amplifica le
preoccupazioni. Non è abolito il
Senato, ma le elezioni per eleggerlo;
il “nuovo” Senato sarà nominato dai
partiti, fatto perlopiù da inquisiti
(garantiti da immunità), non potrà
sfiduciare il governo e verrà
espropriato del potere legislativo (a
parte le leggi costituzionali).
2)”Inciucio”. Per quanto ora il Pd
possa dialogare con il Movimento 5
Stelle, la via maestra resta Verdini. Il
Pd, che continua a volersi chiamare
“Democratico”, preferisce dunque
condannati e piduisti a forze odiabili
quanto si vuole ma certo oneste. La
larga intesa, ovviamente, non
riguarda solo Pd e Forza Italia ma
anche tutte le altre frattaglie
parlamentari, da Sciolta Civica ai due
o tre alfaniani avvistati sul Pianeta
Terra. Un Parlamento di nominati,
eletto con una legge incostituzionale,
si diverte allegramente a sventrare la
Costituzione italiana: da Calamandrei
a Gasparri, con buona pace di Darwin
e dell’evoluzionismo. Di buona parte
della cosiddetta “opposizione” non
v’è traccia. Sel è troppo impegnata a
frignare per la Spinelli che ha rubato
lo scranno europarlamentare a tal
Furfaro (chi?) e a correre in soccorso
del vincitore capeggiata da
Migliore(il cui cognome è
un’ulteriore prova di incoerenza). C’è
poi la Fronda Don Abbondio,
costituita dai Mineo e dalle Puppato,
che “si costerna si indigna si impegna
e poi getta la spugna con gran
dignità” (cit). L’unica opposizione
reale, volenti o nolenti, sono i 5
Stelle. Siam sempre lì.
3)”Immunità”(ma anche“Impunità”).
Il teatrino di queste ore sulla
immunità “a loro insaputa” è
sconfortante. Nessuno la voleva, però
c’è. Non la voleva il Pacioccone
Mannaro Renzi, non la voleva Karina
Huff Boschi, non la voleva Milady
Finocchiaro. Però c’è. Il “nuovo”
Senato concepito da Renzi sarebbe
composto da 21 sindaci, 74
consiglieri regionali e 5 nominati dal
Capo dello Stato. Ridotto a
dopolavoro per inquisiti (17 Consigli
Regionali sono sotto inchiesta), il
“nuovo” Senato alla francese – ma
più che altro ad minchiam – vedrebbe
sfilare neanche troppo ipoteticamente
figuri ameni tipo Fiorito e Minetti,
Barracciu e Ippazio Stefano, Cota e
Formigoni, Del Basso De Caro e
Submitted at 6/25/2014 1:20:15 AM
Poi Marianna vi dirà tutto”. Anzi, di
più: “Con il ministro Madia entrerete
nei dettagli, fatemi spiegare solo
quelle quattro o cinque cose che
credo vi servano…”. Quel
grandissimo caporedattore che è
PROMESSE page 5
SANATORIA page 5
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Herman Van Rompuy, che Angela
Merkel hanno parlato di “flessibilità”
nel rigore. “Viola i trattati chi parla
soltanto di rigore dimenticandosi la
crescita”, dice Renzi, che si riferisce
al fatto che il famoso “patto di
stabilità” in realtà si chiama “patto di
stabilità e crescita”. Complice la
fumosità dei contenuti, il doppio
discorso di ieri di Renzi sarà però
ricordato soprattutto per il problema
partita. Il premier arriva al Senato e
consegna il testo scritto per la
Camera, “sarò breve, visti gli
appuntamenti del pomeriggio”. Poi,
tra primo e scondo tempo, dice ai
cronisti: “Ho un impegno
istituzionale da seguire”. Il suo tifo
non basta a Mario Balotelli e
compagni.
Da Il Fatto Quotidiano del 25/06/
2014.
by La Repubblica 25/6/2014 (il
Chiosco)
Il provvedimento sul rientro dei
capitali all’estero regolarizzerà la
posizione di chi ha nascosto capitali
in Italia La maggioranza: non è un
condono. Le imposte e gli interessi si
pagano per intero, ma le sanzioni
sono ridotte.
ROMA - Sanare, oltre al rientro dei
capitali dall’estero, anche le
posizioni, indirettamente connesse
all’operazione, di chi ha evaso
esclusivamente redditi in Italia. E’
questa l’ultima novità del disegno di
legge sul rientro dei capitali, prevista
da un accordo della maggioranza,
contestato da grillini e Sel, pronta
oggi alla ripresa dell’iter del
provvedimento in Commissione
Finanze della Camera. Il meccanismo
farà perno sul nuovo istituto del
«ravvedimento speciale»: si tratterà di
una norma ad hoc che utilizza lo
schema del «ravvedimento operoso»,
già in vigore nel nostro ordinamento e
in base al quale ci si può ravvedere
con sanzioni ridotte entro un anno
dall’evasione. Il «ravvedimento
speciale», che consentirà di sanare le
posizioni dei contribuenti che hanno
evaso esclusivamente redditi prodotti
in Italia, avrà invece un arco
temporale più ampio e consentirà di
regolarizzare più annualità.
Un varco per un nuovo condono?
Dalla maggioranza si assicura di no.
L’emersione non sarà anonima e per
sanare si pagherà l’intera imposta
anche se con sanzioni fortemente
ridotte. Inoltre la regolarizzazione
dell’evasione, i cui proventi
sono rimasti in Italia, dovrà avere un
collegamento indiretto con
l’esportazione di capitali. La misura,
del resto, è stata pensata per non
creare disparità tra i contribuenti e
favorire l’adesione. In molti casi, i
vari soci di aziende o componenti di
una stessa famiglia, dopo la
costituzione della provvista di denaro
evaso, potrebbero aver fatto scelte
diverse: dirottare le risorse all’estero
o mantenerle in patria. In questa
ipotesi chi denuncia l’estero denuncia
anche il partner che ha mantenuto il
denaro in Italia, che si troverebbe
senza protezione.
L’arrivo della volontary disclosure è
imminente e si dà per certa
l’approvazione entro i primi giorni di
luglio. Non è un condono perché le
imposte evase si pagano interamente,
ma certo di sanatoria si tratta. Anche
se i paletti sono rigidi: le imposte non
versate e gli interessi si pagano per
intero, le sanzioni invece vengono
ridotte (e l’atteso emendamento del
governo dovrebbe alleggerirne ancora
di più il peso). Naturalmente, per
consentire l’emersione, le sanzioni
penali vengono o cancellate o
alleggerite. Viene stabilita la non
Lombardo. Tutta gente che nei
Consigli Regionali c’è o c’è stata. Il
fior fiore della politica italiana.
Vamos.
4) “Incompetenza”. Di questa
Armata Brancaleone renziana
colpisce – e fa paura – l’ambizione
direttamente proporzionale
all’incapacità quasi sempre smisurata.
Pur di soddisfare il loro Dio Renzi,
sarebbero perfino disposti a credersi
politici per davvero. Ne è prova più
evidente il ministro (chiedo scusa se
la chiamo ministro) Karina Huff
Boschi, che di fronte alla grana
immunità ha provato a dire che lei
non ne sapeva nulla. Peccato che
Calderoli e Finocchiaro l’abbiano
pubblicamente sbugiardata: la sua
bozza era un colabrodo (toh, che
strano) e loro l’hanno riempita –
immunità compresa – d’intesa con gli
altri partiti della maggioranza. Il
governo l’ha letta e approvata due
volte. La Boschi, di questa Riforma,
dovrebbe essere titolare (poveri
noi). In questi giorni, e una volta di
più, ha denotato se va bene
inadeguatezza titanica e se va male
una assai poco gradevole propensione
alla bugia. Non è in grado di fare il
Ministro, non ne ha competenze e
capacità: si dimetta. Per il bene degli
italiani, ma anche per il bene della
povera Maria Elena, che
oggettivamente non merita una tale
gogna continua e sistematica.
P.S. Volendo ci starebbe anche una
quinta “i”,“Indecenza”, ma oggi mi
sento buono.
RENZI
ed Enrico Letta prima di lui – sa che
l’unico modo per strappare qualcosa
alla Germania è fare leva sulle
politiche contro la disoccupazione.
Funzionava quando la Cdu della
Merkel era al governo con i liberali,
ancora meglio ora che è in coalizione
con i socialisti. Finché Renzi tiene
aperta la riforma, può sperare di
approfittare del nuovo clima europeo
per ottenere qualche margine di
manovra sul bilancio. sarebbe stupido
chiudere subito la riforma e chiedere
poi a Bruxelles e Berlino di
aumentare la spesa corrente, il
diniego sarebbe garantito.
LA DISOCCUPAZIONE elevata è
servita anche a Renzi e al suo
ministro del Tesoro Pier Carlo
Padoan a giustificare il rinvio di un
anno, dal 2015 al 2015, il pareggio di
bilancio strutturale. In teoria per
questo l’Italia rischia una procedura
d’infrazione per debito eccessivo, ma
ora il premier è convinto di poter
stare tranquillo, dopo che sia il
presidente uscente del Consiglio Ue,
Sanatoria in arrivo per
gli evasori (ROBERTO
PETRINI).
Promesse vane:
“Marianna vi dirà tutto”
(Antonello Caporale).
by Il Fatto Quotidiano
25/6/2014 (il Chiosco)
Submitted at 6/25/2014 1:58:13 AM
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PROMESSE
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Matteo Renzi dieci giorni fa impostò i
giornali (come sempre più spesso gli
succede) e indicò ai giornalisti titoli e
sommari per l’ultima rivoluzione di
casa Italia, quella grandiosa riforma
della pubblica amministrazione che
tutti aspettiamo, e, per non perdere
tempo che l’ora delle rotative era
prossima, puntò lo sguardo su
Marianna e affidò a lei le curiosità di
rito: quanti articoli contiene la legge,
di quante pagine, e con che corpo è
scritta. Dettagli utili ma non
fondamentali. Chi avesse voluto
avrebbe comunque potuto farci una
chiacchierata: “Domattina credo che
il ministro vi convocherà”.
IL MINISTRO alla Curiosità è una
donna di trentatrè anni che nel 2008
fu impiccata alla più bella, soave e
giusta considerazione che la gioventù
possa autorizzare.
“Porto in dote la mia inesperienza”,
disse quando dovette spiegare con
quale spirito sarebbe entrata nella
Camera dei deputati dove Walter
Veltroni l’aveva condotta in trionfo,
nominandola sul campo capolista del
Pd nel Lazio. Inesperienza non vuol
dire incompetenza né ingenuità. E
Marianna, mamma di un bimbo di
due anni e una bambina praticamente
partorita al ministero (era all’ottavo
mese di gravidanza quando Renzi la
chiamò al governo), ha dimostrato di
saperci fare. Amica di Veltroni per
via di papà (giornalista e consigliere
comunale prematuramente
scomparso), e di Giovanni Minoli per
la stessa via. Amica di Enrico Letta
per via di Veltroni, amica di Bersani
per via di Letta, e amica di Renzi per
via di Bersani. Come se non bastasse
anche simpatica a Massimo D’Alema,
al quale ha dato una mano alla
Fondazione Italianieuropei, Marianna
è l’unica che ha mostrato di navigare
tra le correnti senza guastarsi mai.
Pulita è entrata in politica con la sua
figura botticelliana, il viso incoronato
da lunghi capelli intrecciati, la vocina
sempre stupita, come se scendesse dal
pero ogni volta che c’è chiasso, e
pulita è rimasta. Felice in amore, e
anche un pochino fortunata,
diciamolo. Prima una love story con
Giulio Napolitano (“Ma al tempo di
quel flirt il papà era solo un illustre ex
dirigente del Pci”, precisò), poi un
legame coronato dal matrimonio con
Mario Gianani, produttore
cinematografico e socio – guarda un
po’ tu – di Fausto Brizzi, il regista
della Leopolda, la cupola renziana.
Insomma, Marianna è un crocevia di
conoscenze e un deposito di
opportunità. Che ha saputo mettere a
frutto come una formichina.
SI È SPECIALIZZATA nelle
materie del lavoro, affinate durante
SANATORIA
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punibilità per omessa dichiarazione e
il dimezzamento della pena per frode
fiscale: l’emendamento del governo
potrebbe estendere la non punibilità
anche ai casi di omesso versamento
Iva e alle ritenute non operate come
sostituto d’imposta. Per incoraggiare
gli imprenditori, ci saranno anche
benefici fiscali per chi impiega i
capitali rientrati nell’azienda
collegando le misure alla nuova
tassazione Ace sugli utili reinvestiti.
Come si sanerà? Coloro che non
hanno dichiarato nel quadro RW della
dichiarazione dei redditi la somma
esportata, ma sulla quale sono state
già pagate le tasse in Italia, potranno
limitarsi ad una sanzione. Un secondo
caso è quello dei capitali detenuti
all’estero dove non si sono pagate le
tasse sui rendimenti: in questo
frangente si calcola un rendimento
presuntivo del 5% dell’investimento
finanziario all’estero e una aliquota
forfettaria del 20% che un
emendamento del Pd porterà al 27.
Infine il caso dell’evasione e del
trasferimento all’estero di fondi più
clamoroso: risorse prodotte
dall’evasione e trasferite all’estero.
Se il contribuente non è in grado di
dimostrare che provengono da un
attività già tassata in Italia si presume
che siano frutto di evasione e dunque
ci si dovranno pagare tutte le tasse,
più interessi e sanzioni.
Da La Repubblica del 25/06/2014.
un’esperienza all’Arel, il centro studi
di Letta, che ha poi sfruttato in
Parlamento, quando ha presentato la
legge sul contratto unico del lavoro.
Sgobbona anche. Si è diplomata col
massimo dei voti alla scuola francese
di Roma, laureata con lode in Scienze
politiche, master in economia del
lavoro all’Imt di Lucca. Vogliosa di
mostrarsi, espandere amicizie, e fare
carriera. Si è fatta largo sgommando
un po’, si è fatta sentire quando si
accorse che il partito la stava
consegnando all’oblio: “Esistono in
questo partito tante piccole
associazioni a delinquere”. Ma
guarda un po’. Si è poi guadagnata la
ricandidatura con un buon successo
alle primarie. Poi è giunto Matteo.
Che (ariguarda un po’ tu), l’ha subito
convocata al governo. “Stavo
guardando con mio figlio Peppa Pig”,
esclamò stupita.
Invece… E certo non finisce qua la
storia di Marianna. Promettente,
coccolata, ambiziosa e previdente.
Da Il Fatto Quotidiano del 25/06/
2014.
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Il capro espiatorio della giovane Italietta (Oliviero