www.ilchioscodifrancescoimpala.wordpress.com N.82 - 25 giugno 2014 FeedJournal 6/24/2014 at 7:43:27 AM - 6/25/2014 at 7:26:13 AM feedjournal.com Il capro espiatorio della giovane Italietta (Oliviero Beha). by Il Fatto Quotidiano 25/6/2014 (il Chiosco) Submitted at 6/25/2014 1:07:47 AM E adesso, povera Italia? Non solo l’Italia di Prandelli, ma quella di Napolitano e quella di Renzi così identificate nella Nazionale dopo la battaglia vinta di Manaus, quella dei tifosi e quella degli esperti e degli inviati mediatici nel “Mondiale dei Mondiali”? Quella per cui tutto era o magnifico o tragico con pochi, troppo pochi accenti comici? È vero, è stato almeno in parte compiuto un furto arbitrale, giacché va pesata, dopo un rigore non dato all’Uruguay che fa il paio con quello non dato alla Costa Rica sempre a favore nostro, un’espulsione forse esagerata di Marchisio e invece una mancata cacciata di Suarez, colto (dalle telecamere) a mordere Chiellini. MERITAVA anche lui il rosso diretto per aver emulato Hannibal Lecter e se stesso, chiaro esempio di fuoriclasse fuori di testa. Rimane il fatto che con ci siamo negati nulla: in un Mondiale di tanti gol e di spettacolo offensivo, abbiamo preparato scientemente la nostra disfatta giocando per il pari e dimostrando che l’avere due risultati su tre ha svolto un ruolo pessimo sulla psiche, sui muscoli e sulla testa di Prandelli e di chi ha sciaguratamente mandato in campo, dall’inizio e a partita in corsa. Fa paura pensare che dopo uno spettacolo obbrobrioso, da reti bianche che potevano effettivamente restare tali fino alla fine senza l’espulsione e un gol sufficientemente casuale, di spalla, l’Italia di Prandelli, monca e confusa, lontanissima parente di quella “normale” vista contro l’Inghilterra e invece fotocopia preoccupata di quella perdente con la Costa Rica, nell’ultimo spezzone abbia trovato un briciolo di identità. Ma sì, se il tempo di una partita è per gli Azzurri quello che un certo lasso di tempo è per una nazione e per un popolo, ecco in filigrana l’accaduto: solo la disperazione di essere ormai fuori da tutto, per giunta per la seconda volta consecutiva come non avveniva dagli anni ’60 quando a colpi di cazzotti, di oriundi, di arbitri e di squadra di casa, uscimmo subito in Cile, o quando in Inghilterra ci pensò la Corea del Nord di un dentista che poi non era tale…, solo la disperazione ci ha spinto sotto a cercare un pareggio improbabile ma non impossibile, perché l’Uruguay era in preda alla sua personale lotta alla stitichezza. Chissà che l’Italia Paese debba ancora arrivare agli ultimi dieci minuti e per questo la reazioni latiti… E comunque l’unica forma di identità dell’Italia di Prandelli, dopo l’illusione ragionata della prima partita, si è vista nella reazione subrisorgimentale del finale. Peccato che non ce la facessero più di gambe e di testa dopo una partita corsa sempre sul filo del tatticismo, della paura, del tendenziale vittimismo (oddio, ora che ci faranno?), del non-gioco: era questa la formula magica per riuscire indenni? Quella di schierare comunque il sopravvalutatissimo Balotelli, sempre a disagio e lontanissimo dalla statura di campione che gli è stata riconosciuta prima che la barattasse con quella di star della mondanità? QUELLA DI sostituirlo con Parolo cogitando astutamente che l’Uruguay avrebbe attaccato e sarebbe stato meglio avere davanti solo Immobile, perché tanto “bastava il pareggio”? Quella di sostituire, una volta in dieci, l’unico contropiedista, appunto Immobile (è un cognome…), con un fantasista stizzoso invece che con Cerci, che avrebbe dilatato il fronte avversario? Insomma, Prandelli è stato l’autentico “faber” della sua e nostra sfortuna, ma è “solo” il responsabile di una sonora disfatta sul campo, alla fine strameritata e straspiegabile. Non è invece colpevole di tutta quell’altra Italia che Morsi e rimorsi (Massimo Gramellini). by La Stampa 25/6/2014 (il Chiosco) Submitted at 6/25/2014 12:58:17 AM Speriamo che la Nazionale non sia lo specchio della Nazione, altrimenti dovremmo tutti imitare Prandelli & Abete e dimetterci irrevocabilmente da noi stessi. Ieri l’immagine dell’Italia nel mondo era una combriccola di abulici che faticavano a mettere insieme tre passaggi di fila, figuriamoci un tiro in porta. Quattro anni fa avevano perso i vecchi e si invocò il ricambio generazionale. Ma quattro anni dopo hanno perso soprattutto i giovani, il cui simbolo è l’indisponente Balotelli, un eterno incompiuto spacciato per fuoriclasse da un sistema mediatico che ha smarrito il senso delle proporzioni. Persino il mio Immobile, che in Italia si era aggirato per le aree di rigore come un lupo mannaro, sembrava un barboncino al guinzaglio della difesa uruguagia. Certo, l’arbitro dal cognome recidivo (Moreno), l’espulsione esagerata di Marchisio e il comportamento da roditore di Suarez, che ha affondato i suoi incisivi nella pellaccia di Chiellini. Ma il lamento è un diritto che va meritato. E questa Italia depressa e deprimente, senza talento né carattere, merita soltanto di tornarsene a casa e ricominciare daccapo, con meno squadre e meno stranieri, come accadde dopo la Corea del 1966. Quando fummo eliminati al primo turno per la seconda volta consecutiva, proprio come adesso, e Gianni Brera scrisse: «La difesa sballata, il centrocampo endemicamente fioco, l’attacco composto di gente molto sollecita a impaurirsi. E dove credevamo di andare?». Più che un’analisi, una profezia. Da La Stampa del 25/06/2014. gli è andata appresso, non delle telecronache di Caressa da neurodeliri, non dell’imbonimento di tutto il sistema dei mercanti mediatici, non del patriottismo da toilette che è tornato fuori stavolta ancora più prepotentemente del solito per un Paese “ggiovane” nella squadra di governo che avrebbe voluto specchiarsi in una Nazionale “ggiovane” in grado di ben figurare come ambasciatrice sul pianeta. Niente di tutto questo, contraddizioni in serie, e una spesa generale, materiale e immateriale, di gran lunga superiore all’impresa: che non c’è stata. E adesso via con le lamentele sull’arbitro troppo severo e troppo incapace, via con l’inevitabile “arresto” non in flagranza di Suarez, via per tre giorni con la disamina del deserto socioeconomico della nostra Rotondolandia. Prima di ricominciare nello stesso modo al quarto giorno, con gli stessi dirigenti, lo stesso gossip di quart’ordine, la stessa idea di professionalità sotto le scarpe perché in fondo, specie quando conviene in un Paese che sembra non avere nient’altro (forse il cibo, sì…), “si tratta pur sempre di un gioco”. Dal balcone di Piazza Venezia tempo fa qualcuno non la pensava esattamente così. E non parlo di Hans Fallada, con l’interrogativo parafrasato del quale ho iniziato questo articolo. Da Il Fatto Quotidiano del 25/06/ 2014. Mose, summit in hotel per bloccare l’indagine “Attenti a quella pm” (FABIO TONACCI). by La Repubblica 25/6/2014 (il Chiosco) Submitted at 6/25/2014 1:45:15 AM Il finanziere Meneguzzo accusa Spaziante e Milanese E l’inchiesta sulle soffiate ora si sposta a Milano. VENEZIA - Un pezzo dell’inchiesta sul Mose lascia Venezia. I filoni che riguardano l’ex generale della Finanza Emilio Spaziante, ancora in MOSE, page 2 2 FeedJournal Renzi, dall’anti-casta all’impunità. Metamorfosi di un leader (Peter Gomez) by www.ilfattoquotidiano.it (il Chiosco) Submitted at 6/24/2014 7:43:27 AM La legge sull’immunità parlamentare da concedere anche ai fortunati sindaci e consiglieri regionali che siederanno nel nuovo Senato minaccia di far finire in anticipo sul previsto la luna di miele tra Matteo Renzi e il suo 40 per cento di elettori. Tre giorni di goffo scaricabarile tra gli esponenti del Pd sulla paternità del provvedimento, amplificati dall’eloquente e imbarazzato silenzio del premier, bastano (e forse avanzano) per riportare alla mente le molte dichiarazioni in materia di privilegi della casta che tanto avevano reso popolare Renzi quando ancora era sindaco di Firenze. Frasi forti e ricche di buon senso che oggi paiono essere state pronunciate da una persona diversa dall’attuale inquilino di Palazzo Chigi: “Se dobbiamo parlare degli articoli della costituzione che parlano dei parlamentari bisognerebbe avere il coraggio di dire che i parlamentari andrebbero dimezzati e che andrebbe dimezzata anche la loro indennità”.“L’immunità aveva un valore in un altro momento, in un altro contesto”. E ancora: “Non abbiamo bisogno di dare altre garanzie ai parlamentari, ma di farli diventare sempre più normali”. Intendiamoci, non è una novità che le bugie vadano di moda tra chi fa politica. Due secoli fa il barone Otto Von Bismark, avvertiva: “Non si mente mai così tanto prima delle elezioni, durante la guerra e dopo la caccia”. Stupisce però che, passate le Europee, Renzi non si ponga più il problema del consenso. Solo chi non si cura del parere dei cittadini, quasi fosse certo di essere destinato a non dover più subire nell’urna il loro giudizio, può davvero credere che, in Paese rapinato e offeso dalle malefatte della propria classe dirigente, sia popolare l’idea di permettere in futuro a 95 fortunati nuovi senatori di rubare in casa propria (regioni e comuni) per poi salvarsi a Palazzo Madama. Eppure il premier tace. Segno che per lui le questioni più importanti da risolvere sono altre. In sua vece parlano però i renziani secondo i quali “non è il caso di di mettere a rischio la riforma della Costituzione per un solo articolo” ( Ivan Scalfarotto) visto che la “questione non è centrale” ( Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme). Ovviamente non è vero. Far eleggere 95 senatori da mille consiglieri regionali, un terzo dei quali sono attualmente indagati, imputati o condannati, significa popolare l’assemblea di palazzo Madama di personaggi il cui principale obbiettivo sarà quello di entrare in Senato per difendersi dai processi e regolare i propri conti con la giustizia. Per esorcizzare il dubbio di molti (a questo punto, perfettamente legittimo) che l’emendamento sull’immunità non sia frutto di cialtroneria, ma di calcolo, il ministro Boschi ha tentato di levarsi d’impaccio accusando il presidente della commissione affari costituzionali, Anna Finocchiaro, di essersi mossa all’insaputa del governo. Poi quando documenti alla mano la compagna di partito le ha dimostrato che il governo sapeva(e condivideva) ecco che il ministro ha cambiato registro. E ha spiegato che tutti i gruppi, tranne il Nuovo centro destra, avevano presentato emendamenti per garantire il privilegio pure ai nuovi senatori non eletti dai cittadini. Ora, anche a voler sorvolare sui distinguo ( i 5 stelle ricordano di aver presentato pure due emendamenti per rendere perquisibili e intercettabili i parlamentari senza autorizzazione delle Camere), il così fan tutti della Boschi, è utile forse per ripulirsi la coscienza, ma non certo per tranquillizzare gli elettori. Mentre a Venezia l’ex sindaco Orsoni dice ai magistrati di aver incassato finanziamenti illeciti per ordine del partito(lo avrebbe mai fatto se scelto come senatore?) e gli investigatori sono sulle tracce di personaggi sospettati di aver creato fondi neri “per esponenti milanesi di Forza Italia”, un fatto è chiaro: l’ impunità torna prepotentemente di moda. A poco a poco il combinato disposto tra la nuova legge elettorale e riforma del Senato appare per quello che è: un sistema per espropriare definitivamente i cittadini dalla possibilità di scegliere i propri rappresentanti (a Montecitorio le liste saranno bloccate) e consegnare in toto la nomina delle due Camere alle segreterie dei partiti. Che in qualche caso, come monarchi illuminati, concederanno al di fuori di ogni controllo e regola il divertissement delle primarie. Povera Italia e poveri italiani. Votando Renzi pensavano di abbattere la casta. Ma se continua così molti di loro si convinceranno che l’unica rottamazione in corso è quella della speranza. i 400 milioni del Cipe. Il braccio destro di Tremonti, si scopre ora, fece anche di più, con il provvedimento con cui il governo Berlusconi decise di dirottare su poche opere pubbliche tutti i fondi a disposizione. «La legge prevedeva che non potessero essere destinati in una singola area più del 15 per cento dei fondi — spiega Meneguzzo — Mazzacurati con Milanese lavorava per fare in modo che si superasse questo collo di bottiglia e che quindi i finanziamenti potessero arrivare al Mose». Come poi avvenne. I pm gli chiedono perché Mazzacurati e il braccio destro di Tremonti comunicassero sempre attraverso di lui: «Per Milanese era più semplice così, i due si sono visti 10-15 volte… regolarmente il lunedì mattina, quasi mensilmente ci si vedeva a tre… li lasciavo soli perché erano talmente lunghi… io facevo la segretaria ». Consulti che si svolgevano a volte nella hall dell’hotel Principe di Savoia a Milano dove, non a caso, sono stati arrestati il 4 giugno scorso Meneguzzo e Spaziante. L’INCONTRO DEL 5 LUGLIO Uno di questi appuntamenti, però, è più importante degli altri. Lo organizza Milanese il 5 luglio 2011, a Roma. Ci sono anche Spaziante e Mazzacurati. È il momento in cui l’allora generale della Finanza diventa talpa: «Spaziante lo informa dettagliatamente della verifica fiscale in corso (sul Consorzio, ndr) e che c’è anche una indagine penale». Di quel procedimento, Spaziante, dimostra di sapere tutto, contenuti e promotori: «Dice che ci sono dei fondi neri che sono stati costituti con delle “cose” estere… c’era un problema che riguardava una fattura o un gruppo di fatture che la Mantovani aveva fatto al Consorzio o viceversa. Ha detto anche che c’era una pm molto determinata che stava seguendo le indagini (Paola Tonini, ndr) ». Meneguzzo, il cui fascicolo è finito a Milano insieme agli altri, giura di non sapere niente delle mazzette ammesse dallo Mazzacurati: «Non l’ho mai visto dare soldi a Milanese, posso pensare che sia accaduto, ma solo perché la mia immagine di lui è notevolmente cambiata dopo che ho letto gli atti». L’ENTURAGE DI TREMONTI Tutto questo affaccendarsi trova posto anche un altro teatro: i locali della segreteria del dicastero dell’Economia. «Spaziante me lo presentano lì, come comandante interregionale del Lazio — rivela Meneguzzo — faceva parte dell’enturage di Tremonti». A gestire le danze dell’“enturage”, però, è sempre Milanese: «Conosceva tutti alla guardia di Finanza, nell’ufficio del ministro tutti i finanzieri, amici e nemici, andavano da lui a baciare la pantofola perché tutti avevano bisogno… così sembrava l’ufficio di grazia ricevuta». L’amministratore della Palladio è anche l’uomo che procura a Mazzacurati almeno un paio di appuntamenti con Tremonti, «intorno al 2008 e 2009», con Tremonti. «Inizialmente lui aveva un atteggiamento abbastanza scettico nei confronti del Mose». Poi, scoppia l’amore. «Tra i due si è creato un buon feeling — mette a verbale Meneguzzo — dopo questi due incontri, anche in Consiglio dei ministri l’atteggiamento di Tremonti (sul Mose, ndr) divenne diverso ». Da La Repubblica del 25/06/2014. MOSE, continued from page 1 carcere, e Marco Milanese, indagato, finiscono per competenza territoriale alla procura di Milano. Nella città dove sarebbero state pagate le presunte mazzette da 500mila euro ciascuna. Sono stati trasmessi tutti i 18 faldoni dell’indagine, 110mila pagine più le 118 dell’interrogatorio fiume di Roberto Meneguzzo, amministratore delegato della Palladio. Verbale depositato al Riesame e giudicato «di notevole interesse » dagli inquirenti. Perché Meneguzzo, ai domiciliari dopo un tentativo di suicidio nel penitenziario di La Spezia, ha confermato l’intensissima frequentazione del burattinaio del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati con Milanese, Spaziante e Giulio Tremonti. “FACEVO LA SEGRETARIA” «Mazzacurati lo conosco nel 2006, per la richiesta di intervento di assistenza finanziaria rivolta alla Palladio», racconta ai pubblici ministeri il 16 giugno scorso, «Tremonti invece da 35 anni, da quando era commercialista della Palladio Leasing. Milanese lo conobbi 7,8,10 anni fa, faceva parte del team del ministro». Mazzacurati ha bisogno di Milanese per sbloccare FeedJournal 3 I sessantottini (Marco Travaglio). by Il Fatto Quotidiano 25/6/2014 (il Chiosco) Submitted at 6/25/2014 12:40:20 AM Scherzi della numerologia: il 68, da simbolo della contestazione, diventa emblema della restaurazione. I nuovi sessantottini infatti sono gli scudi umani dell’articolo 68 della Costituzione: quello che, dopo la riforma del 1993 che abolì l’autorizzazione a procedere delle Camere per le indagini sui parlamentari, la prevede ancora per gli arresti, le intercettazioni e le perquisizioni. Abbiamo già spiegato che la cosiddetta immunità parlamentarefuprevistaperleCamereel ettive,titolari entrambe del potere legislativo: dunque non ha più alcun senso per un Senato non elettivo, composto da consiglieri regionali e sindaci, cioè da figure pubbliche sprovviste di qualsiasi scudo, e per giunta espropriate del potere legislativo (non saranno più chiamate a legiferare, salvo in materia costituzionale, ma solo a esprimere pareri non vincolanti sulle leggi uscite dalla Camera). L’idea di un sindaco o di un consigliere regionale nominato senatore che, a fine settimana, emigra a Roma per fare atto di presenza gratuito a Palazzo Madama e, durante il tragitto, viene irradiato dall’immunità come Fantozzi bagnato dalla pioggia della sua nuvoletta personale, è roba da cinepanettone. Infatti, a parole, il governo e tutti i partiti (tranne Ncd, acronimo di Noi Condannati Detenuti) si son detti fieramente avversi all’impunità senatoriale, lasciandola senza padri né madri. Ma la grande balla è durata un paio di giorni. La bella addormentata nei Boschi, che domenica aveva giurato a Repubblica “io ero contraria”, è stata sbugiardata prima dalla relatrice Finocchiaro e ora dalle due email inviate dal suo ministero per approvare gli emendamenti immunitari. Infatti la Pravdina del Pd, detta anche Unità, non trova di meglio che prendersela con i 5Stelle: “Anche i grillini erano per reintrodurre le tutele ai nuovi senatori”. Sta’ a vedere che il governo con la maggioranza più plebiscitaria dai tempi della Bulgaria comunista si fa dettare la linea dall’unica forza di opposizione. Naturalmente è una balla sesquipedale: i 5Stelle fanno tante cazzate, ma stavolta si sono limitati a chiedere un Senato elettivo, più o meno come l’attuale, che dunque manterrebbe le guarentigie costituzionali (senz’alcun bisogno di “reintrodurle”). Sono i partiti che vogliono il Senato non più elettivo, ma nominato, cioè Pd, Ncd, Lega, FI e centrini vari che hanno imposto l’impunità. E il governo Renzi l’ha avallata. Poi, presi con il sorcio in bocca, hanno fatto gli gnorri. Ma si sono ben guardati dal cancellarla dal testo in votazione dal 3 luglio. Anzi, terrorizzati dalla vox populi che dice “se siete contro l’immunità e non volete creare disparità fra deputati e senatori, perché non la abolite anche alla Camera?”, si sono inventati una supercazzola per gettarci un altro po’ di fumo negli occhi: l’autorizzazione a procedere non la voterà più la Camera di appartenenza del parlamentare da arrestare o intercettare o perquisire, ma la Corte costituzionale in quanto “organo terzo”. Da un simile riformatorio di analfabeti c’è da attendersi di tutto, ma questo forse è troppo anche per loro: la Consulta giudica la legittimità delle leggi e i conflitti fra poteri dello Stato. Non può certamente trasformarsi in un quarto grado di giudizio per i parlamentari, anche perché due terzi dei suoi membri sono nominati dal Parlamento e dal capo dello Stato eletto dal Parlamento: in palese conflitto d’interessi, meno “terzi” dell’Arcicaccia. E poi, finché ad accertare (anzi inventare) il fumus persecutionis di un’indagine è una Camera con un verdetto politico, i magistrati se ne infischiano e tirano diritto. Figurarsi che accadrebbe se a bollarli di persecutori politici fosse il “giudice delle leggi”: i pm che han chiesto l’arresto o la perquisizione o l’intercettazione e il gip che li ha disposti sarebbero talmente delegittimati da dover chiudere l’inchiesta senza vincitori né vinti e poi dimettersi dalla magistratura. Una follia assoluta, oltreché una bestemmia giuridica. Cari sessantottini del governo e della maggioranza: abbiate, per una volta, il coraggio delle vostre azioni. Se volete l’impunità, prendetevela senza tante storie. Altrimenti abolitela. Ma piantatela di fare i paraculi, tanto ormai vi abbiamo sgamati. Da Il Fatto Quotidiano del 25/06/ 2014. Renzi usa l’alibi Bruxelles per rinviare il Jobs Act (Stefano Feltri). by Il Fatto Quotidiano 25/6/2014 (il Chiosco) Submitted at 6/25/2014 1:34:04 AM DISCORSO ALLE CAMERE: LA RIFORMA DEL LAVORO CI SARÀ SOLO ALLA FINE DEL SEMESTRE EUROPEO. INTANTO PROMETTE DI GOVERNARE “MILLE GIORNI” ARRIVANDO A FINE LEGISLATURA. Bisogna sforzarsi per cogliere qualcosa di concreto nel duplice discorso europeo di Matteo Renzi davanti a Camera e Senato. Il premier non parla alle aule semivuote, ma al pubblico che da casa vedrà la sintesi nei telegiornali e quindi è tutto un “tenetevi la vostra moneta ma lasciateci i nostri valori” e “L’Europa non può impedirti di saldare i debiti della pubblica amministrazione perché violi il patto di stabilità e poi sanzionarti perché non li hai pagati”. E così via. Spazio anche per qualche citazione, tipo la necessità di “civilizzare la globalizzazione” (Edgar Morin). LA SOSTANZA POLITICA dietro gli slogan è da decodificare. Primo punto: Renzi trasforma il lancio del semestre europeo a presidenza italiana (180 giorni circa) nell’occasione per evocare un programma di legislatura (“1000 giorni, dal primo settembre 2014 al 28 maggio 2017). Messaggio a uso interno: per ora niente elezioni anticipate. Ma c’è anche un uso europeo: tranquilli che le riforme che vi prometto le farò io. Comprensibile che debba rassicurare, visto che la cancelliera tedesca Angela Merkel, da quando è al potere, ha avuto a che fare con cinque diversi presidenti del Consiglio italiani, ognuno con la sua agenda di riforme, sempre meno credibile. Il secondo punto concreto che emerge dal discorso di Renzi riguarda la riforma del lavoro: finora si è visto soltanto un decreto legge dalle ambizioni limitate, la cosiddetta “riforma Poletti” che liberalizza i contratti a termine, prima o poi arriverà un disegno di legge delega. Più poi che prima: Renzi annuncia che il vertice europeo (convocato dalla presidenza italiana) dedicato al tema della disoccupazione non si terrà più l’11 luglio, cioè all’inizio del semestre, ma verso la fine. Così da avere il tempo di approvare anche la legge delega (che richiede diversi mesi). Anche qui c’è un doppio livello di lettura: non si ha traccia alcuna che il governo abbia le idee chiare su cosa vuole fare sul mercato del lavoro e sugli ammortizzatori sociali, già la riforma della pubblica amministrazione sta causando più problemi del previsto, anche con i sindacati. Meglio non offrire adesso altri spunti polemici. Poi c’è un piano europeo: Renzi – come Mario Monti RENZI page 4 4 FeedJournal Governo Renzi, le 4 ‘i’: inutilità, inciucio, immunità e incompetenza (Andrea Scanzi) by www.ilfattoquotidiano.it (il Chiosco) Submitted at 6/24/2014 7:58:03 AM La riforma del Senato voluta da Matteo Renzi è caratterizzata da quattro “i”: Inutilità, Inciucio, Immunità, Incapacità. E’ una riforma scritta male e concepita peggio, che serve solo a soddisfare il sogno di Renzi: poter dire a familiari ed amici che “io ho abolito il Senato”. 1)”Inutilità”. E’ una riforma che non serve a niente. Il Senato non viene abolito, ma solo reso pressoché inutile. Il risparmio è minimo e il rischio di “assolutismo” massimo. Non esistono contrappesi democratici e la legge elettorale amplifica le preoccupazioni. Non è abolito il Senato, ma le elezioni per eleggerlo; il “nuovo” Senato sarà nominato dai partiti, fatto perlopiù da inquisiti (garantiti da immunità), non potrà sfiduciare il governo e verrà espropriato del potere legislativo (a parte le leggi costituzionali). 2)”Inciucio”. Per quanto ora il Pd possa dialogare con il Movimento 5 Stelle, la via maestra resta Verdini. Il Pd, che continua a volersi chiamare “Democratico”, preferisce dunque condannati e piduisti a forze odiabili quanto si vuole ma certo oneste. La larga intesa, ovviamente, non riguarda solo Pd e Forza Italia ma anche tutte le altre frattaglie parlamentari, da Sciolta Civica ai due o tre alfaniani avvistati sul Pianeta Terra. Un Parlamento di nominati, eletto con una legge incostituzionale, si diverte allegramente a sventrare la Costituzione italiana: da Calamandrei a Gasparri, con buona pace di Darwin e dell’evoluzionismo. Di buona parte della cosiddetta “opposizione” non v’è traccia. Sel è troppo impegnata a frignare per la Spinelli che ha rubato lo scranno europarlamentare a tal Furfaro (chi?) e a correre in soccorso del vincitore capeggiata da Migliore(il cui cognome è un’ulteriore prova di incoerenza). C’è poi la Fronda Don Abbondio, costituita dai Mineo e dalle Puppato, che “si costerna si indigna si impegna e poi getta la spugna con gran dignità” (cit). L’unica opposizione reale, volenti o nolenti, sono i 5 Stelle. Siam sempre lì. 3)”Immunità”(ma anche“Impunità”). Il teatrino di queste ore sulla immunità “a loro insaputa” è sconfortante. Nessuno la voleva, però c’è. Non la voleva il Pacioccone Mannaro Renzi, non la voleva Karina Huff Boschi, non la voleva Milady Finocchiaro. Però c’è. Il “nuovo” Senato concepito da Renzi sarebbe composto da 21 sindaci, 74 consiglieri regionali e 5 nominati dal Capo dello Stato. Ridotto a dopolavoro per inquisiti (17 Consigli Regionali sono sotto inchiesta), il “nuovo” Senato alla francese – ma più che altro ad minchiam – vedrebbe sfilare neanche troppo ipoteticamente figuri ameni tipo Fiorito e Minetti, Barracciu e Ippazio Stefano, Cota e Formigoni, Del Basso De Caro e Submitted at 6/25/2014 1:20:15 AM Poi Marianna vi dirà tutto”. Anzi, di più: “Con il ministro Madia entrerete nei dettagli, fatemi spiegare solo quelle quattro o cinque cose che credo vi servano…”. Quel grandissimo caporedattore che è PROMESSE page 5 SANATORIA page 5 continued from page 3 Herman Van Rompuy, che Angela Merkel hanno parlato di “flessibilità” nel rigore. “Viola i trattati chi parla soltanto di rigore dimenticandosi la crescita”, dice Renzi, che si riferisce al fatto che il famoso “patto di stabilità” in realtà si chiama “patto di stabilità e crescita”. Complice la fumosità dei contenuti, il doppio discorso di ieri di Renzi sarà però ricordato soprattutto per il problema partita. Il premier arriva al Senato e consegna il testo scritto per la Camera, “sarò breve, visti gli appuntamenti del pomeriggio”. Poi, tra primo e scondo tempo, dice ai cronisti: “Ho un impegno istituzionale da seguire”. Il suo tifo non basta a Mario Balotelli e compagni. Da Il Fatto Quotidiano del 25/06/ 2014. by La Repubblica 25/6/2014 (il Chiosco) Il provvedimento sul rientro dei capitali all’estero regolarizzerà la posizione di chi ha nascosto capitali in Italia La maggioranza: non è un condono. Le imposte e gli interessi si pagano per intero, ma le sanzioni sono ridotte. ROMA - Sanare, oltre al rientro dei capitali dall’estero, anche le posizioni, indirettamente connesse all’operazione, di chi ha evaso esclusivamente redditi in Italia. E’ questa l’ultima novità del disegno di legge sul rientro dei capitali, prevista da un accordo della maggioranza, contestato da grillini e Sel, pronta oggi alla ripresa dell’iter del provvedimento in Commissione Finanze della Camera. Il meccanismo farà perno sul nuovo istituto del «ravvedimento speciale»: si tratterà di una norma ad hoc che utilizza lo schema del «ravvedimento operoso», già in vigore nel nostro ordinamento e in base al quale ci si può ravvedere con sanzioni ridotte entro un anno dall’evasione. Il «ravvedimento speciale», che consentirà di sanare le posizioni dei contribuenti che hanno evaso esclusivamente redditi prodotti in Italia, avrà invece un arco temporale più ampio e consentirà di regolarizzare più annualità. Un varco per un nuovo condono? Dalla maggioranza si assicura di no. L’emersione non sarà anonima e per sanare si pagherà l’intera imposta anche se con sanzioni fortemente ridotte. Inoltre la regolarizzazione dell’evasione, i cui proventi sono rimasti in Italia, dovrà avere un collegamento indiretto con l’esportazione di capitali. La misura, del resto, è stata pensata per non creare disparità tra i contribuenti e favorire l’adesione. In molti casi, i vari soci di aziende o componenti di una stessa famiglia, dopo la costituzione della provvista di denaro evaso, potrebbero aver fatto scelte diverse: dirottare le risorse all’estero o mantenerle in patria. In questa ipotesi chi denuncia l’estero denuncia anche il partner che ha mantenuto il denaro in Italia, che si troverebbe senza protezione. L’arrivo della volontary disclosure è imminente e si dà per certa l’approvazione entro i primi giorni di luglio. Non è un condono perché le imposte evase si pagano interamente, ma certo di sanatoria si tratta. Anche se i paletti sono rigidi: le imposte non versate e gli interessi si pagano per intero, le sanzioni invece vengono ridotte (e l’atteso emendamento del governo dovrebbe alleggerirne ancora di più il peso). Naturalmente, per consentire l’emersione, le sanzioni penali vengono o cancellate o alleggerite. Viene stabilita la non Lombardo. Tutta gente che nei Consigli Regionali c’è o c’è stata. Il fior fiore della politica italiana. Vamos. 4) “Incompetenza”. Di questa Armata Brancaleone renziana colpisce – e fa paura – l’ambizione direttamente proporzionale all’incapacità quasi sempre smisurata. Pur di soddisfare il loro Dio Renzi, sarebbero perfino disposti a credersi politici per davvero. Ne è prova più evidente il ministro (chiedo scusa se la chiamo ministro) Karina Huff Boschi, che di fronte alla grana immunità ha provato a dire che lei non ne sapeva nulla. Peccato che Calderoli e Finocchiaro l’abbiano pubblicamente sbugiardata: la sua bozza era un colabrodo (toh, che strano) e loro l’hanno riempita – immunità compresa – d’intesa con gli altri partiti della maggioranza. Il governo l’ha letta e approvata due volte. La Boschi, di questa Riforma, dovrebbe essere titolare (poveri noi). In questi giorni, e una volta di più, ha denotato se va bene inadeguatezza titanica e se va male una assai poco gradevole propensione alla bugia. Non è in grado di fare il Ministro, non ne ha competenze e capacità: si dimetta. Per il bene degli italiani, ma anche per il bene della povera Maria Elena, che oggettivamente non merita una tale gogna continua e sistematica. P.S. Volendo ci starebbe anche una quinta “i”,“Indecenza”, ma oggi mi sento buono. RENZI ed Enrico Letta prima di lui – sa che l’unico modo per strappare qualcosa alla Germania è fare leva sulle politiche contro la disoccupazione. Funzionava quando la Cdu della Merkel era al governo con i liberali, ancora meglio ora che è in coalizione con i socialisti. Finché Renzi tiene aperta la riforma, può sperare di approfittare del nuovo clima europeo per ottenere qualche margine di manovra sul bilancio. sarebbe stupido chiudere subito la riforma e chiedere poi a Bruxelles e Berlino di aumentare la spesa corrente, il diniego sarebbe garantito. LA DISOCCUPAZIONE elevata è servita anche a Renzi e al suo ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan a giustificare il rinvio di un anno, dal 2015 al 2015, il pareggio di bilancio strutturale. In teoria per questo l’Italia rischia una procedura d’infrazione per debito eccessivo, ma ora il premier è convinto di poter stare tranquillo, dopo che sia il presidente uscente del Consiglio Ue, Sanatoria in arrivo per gli evasori (ROBERTO PETRINI). Promesse vane: “Marianna vi dirà tutto” (Antonello Caporale). by Il Fatto Quotidiano 25/6/2014 (il Chiosco) Submitted at 6/25/2014 1:58:13 AM FeedJournal 5 PROMESSE continued from page 4 Matteo Renzi dieci giorni fa impostò i giornali (come sempre più spesso gli succede) e indicò ai giornalisti titoli e sommari per l’ultima rivoluzione di casa Italia, quella grandiosa riforma della pubblica amministrazione che tutti aspettiamo, e, per non perdere tempo che l’ora delle rotative era prossima, puntò lo sguardo su Marianna e affidò a lei le curiosità di rito: quanti articoli contiene la legge, di quante pagine, e con che corpo è scritta. Dettagli utili ma non fondamentali. Chi avesse voluto avrebbe comunque potuto farci una chiacchierata: “Domattina credo che il ministro vi convocherà”. IL MINISTRO alla Curiosità è una donna di trentatrè anni che nel 2008 fu impiccata alla più bella, soave e giusta considerazione che la gioventù possa autorizzare. “Porto in dote la mia inesperienza”, disse quando dovette spiegare con quale spirito sarebbe entrata nella Camera dei deputati dove Walter Veltroni l’aveva condotta in trionfo, nominandola sul campo capolista del Pd nel Lazio. Inesperienza non vuol dire incompetenza né ingenuità. E Marianna, mamma di un bimbo di due anni e una bambina praticamente partorita al ministero (era all’ottavo mese di gravidanza quando Renzi la chiamò al governo), ha dimostrato di saperci fare. Amica di Veltroni per via di papà (giornalista e consigliere comunale prematuramente scomparso), e di Giovanni Minoli per la stessa via. Amica di Enrico Letta per via di Veltroni, amica di Bersani per via di Letta, e amica di Renzi per via di Bersani. Come se non bastasse anche simpatica a Massimo D’Alema, al quale ha dato una mano alla Fondazione Italianieuropei, Marianna è l’unica che ha mostrato di navigare tra le correnti senza guastarsi mai. Pulita è entrata in politica con la sua figura botticelliana, il viso incoronato da lunghi capelli intrecciati, la vocina sempre stupita, come se scendesse dal pero ogni volta che c’è chiasso, e pulita è rimasta. Felice in amore, e anche un pochino fortunata, diciamolo. Prima una love story con Giulio Napolitano (“Ma al tempo di quel flirt il papà era solo un illustre ex dirigente del Pci”, precisò), poi un legame coronato dal matrimonio con Mario Gianani, produttore cinematografico e socio – guarda un po’ tu – di Fausto Brizzi, il regista della Leopolda, la cupola renziana. Insomma, Marianna è un crocevia di conoscenze e un deposito di opportunità. Che ha saputo mettere a frutto come una formichina. SI È SPECIALIZZATA nelle materie del lavoro, affinate durante SANATORIA continued from page 4 punibilità per omessa dichiarazione e il dimezzamento della pena per frode fiscale: l’emendamento del governo potrebbe estendere la non punibilità anche ai casi di omesso versamento Iva e alle ritenute non operate come sostituto d’imposta. Per incoraggiare gli imprenditori, ci saranno anche benefici fiscali per chi impiega i capitali rientrati nell’azienda collegando le misure alla nuova tassazione Ace sugli utili reinvestiti. Come si sanerà? Coloro che non hanno dichiarato nel quadro RW della dichiarazione dei redditi la somma esportata, ma sulla quale sono state già pagate le tasse in Italia, potranno limitarsi ad una sanzione. Un secondo caso è quello dei capitali detenuti all’estero dove non si sono pagate le tasse sui rendimenti: in questo frangente si calcola un rendimento presuntivo del 5% dell’investimento finanziario all’estero e una aliquota forfettaria del 20% che un emendamento del Pd porterà al 27. Infine il caso dell’evasione e del trasferimento all’estero di fondi più clamoroso: risorse prodotte dall’evasione e trasferite all’estero. Se il contribuente non è in grado di dimostrare che provengono da un attività già tassata in Italia si presume che siano frutto di evasione e dunque ci si dovranno pagare tutte le tasse, più interessi e sanzioni. Da La Repubblica del 25/06/2014. un’esperienza all’Arel, il centro studi di Letta, che ha poi sfruttato in Parlamento, quando ha presentato la legge sul contratto unico del lavoro. Sgobbona anche. Si è diplomata col massimo dei voti alla scuola francese di Roma, laureata con lode in Scienze politiche, master in economia del lavoro all’Imt di Lucca. Vogliosa di mostrarsi, espandere amicizie, e fare carriera. Si è fatta largo sgommando un po’, si è fatta sentire quando si accorse che il partito la stava consegnando all’oblio: “Esistono in questo partito tante piccole associazioni a delinquere”. Ma guarda un po’. Si è poi guadagnata la ricandidatura con un buon successo alle primarie. Poi è giunto Matteo. Che (ariguarda un po’ tu), l’ha subito convocata al governo. “Stavo guardando con mio figlio Peppa Pig”, esclamò stupita. Invece… E certo non finisce qua la storia di Marianna. Promettente, coccolata, ambiziosa e previdente. Da Il Fatto Quotidiano del 25/06/ 2014.