BASILICATA REGIONE NOTIZIE Tosca A. Olivelli TESTAMENTI E MENTALITA' RELIGIOSA IN BASILICATA NELLA PRIMA META' DEL XIX SECOLO Negli ultimi venti anni il testamento è stato utilizzato come una fonte preziosa e importante per lo studio della mentalità religiosa. Si deve alla storiografia francese e, in particolare, a M. Vovelle, che ha condotto degli studi sugli atteggiamenti di fronte alla morte in Provenza tr a il XVII e XVIII sec., la scoperta del testamento (utilizzato fino allora esclusivamente dal punto di vista giuridico) come fonte per la storia dei comportamenti religiosi collettivi1. La fonte testamentaria offre una ricchezza di dati e di informazioni utili anche per la storia religiosa e più compiutamente per una storia della mentalità. Dal preambolo all’invocazione, le cui formule si prestano ad un’analisi tematica, alle clausole pie (legati pii, richieste di messe, opere di carità) si delinea una rete di elementi, una ricchezza di gesti della pratica religiosa che sono espressione dell’atteggiamento dell’uomo nei confronti della morte. Anche in Italia e, in modo particolare, nel Mezzogiorno sono state condotte delle indagini che hanno privilegiato lo studio del testamento nei suoi aspetti religiosi, in linea con l’orientamento della storiografia francese2. Contrariamente a Vovelle, che ha individuato in Provenza a partire dalla metà del ‘700 una netta laicizzazione dell’atto testamentario e, in genere, dell’atteggiamento religioso nei confronti della morte3, altri studiosi francesi, tra cui Ph. Ariès e P. Chaunu, sostengono che non si possa parlare di un vero e proprio processo di “déchristianisation”. 43 44 Ariès, contrariamente a quanto ha af fermato Vovelle, sostiene che il processo di laicizzazione subito dal testamento è dovuto semplicemente ad un “nuovo rapporto sentimentale tra testatori ed eredi”. Prima c’era una certa diffidenza poi, invece, il testatore ha acquistato fiducia nell’erede: “relazioni d’affetto hanno sostituito relazioni di diritto”4. Ariès aggiunge che il testamento diventa un atto puramente di diritto privato per la divisione dei beni del defunto5. Nell’antichità romana il testamento era “solo un atto di diritto privato destinato a regolare la successione dei beni”. Dal XII secolo il testamento diventa “uno strumento di salvezza [...] perché il cristiano potesse, prima di morire, scambiare i temporalia con gli aeterna, affidando all’atto testamentario nel suo complesso (e, in particolare, agli esecutori testamentari e agli eredi) la possibilità di suffragare, attraverso le domande di messe, le anime sospese nel Purgatorio”6. Verso la fine del ‘700 e, in maniera più preponderante, nell’800 il testamento torna ad essere ciò che era stato nell’antica civiltà romana: non più “uno strumento di salvezza”, ma semplicemente “un atto di diritto privato”. Quindi, nella prima metà dell’800 si ricorre al testamento soprattutto per distribuire le quote patrimoniali e per evitare liti tra i congiunti, con una conseguente scomparsa di tutti quegli elementi (fragilità, caducità della natura umana) che, fino all’800, avevano caratterizzato la struttura e l’articolazione interna del Preambolo, ossia la formula del Considerando. Un tale processo evolutivo non può, senza dubbio, essere analizzato come ha affermato F. Gaudioso senza tener presente la legislazione notarile napoleonica ed in particolare il decreto del 3 gennaio 1809 che ebbe “l’effetto di spingere la maggior parte dei notai ad abbandonare le formule e le clausole tradizionali regolate nel corso di un lunghissimo periodo dal diritto romano giustinianeo”7. Alla luce di questa problematica è sembrato interessante analizzare la diffusione della pratica testamentaria in Basilicata nella prima metà dell’800, per verificare se la struttura formale del testamento non subisca una trasformazione, rivelando anche un diverso atteggiamento nei confronti della morte. Questa indagine ha riguardato l’esame di alcuni atti testamentari rogati rispettivamente per Potenza dal Notaio Gaetano Riviello e per Maratea da Michele Vita. Si tratta nella maggior parte di testamenti nuncupativi, mentre pochi sono quelli olografi. Nei primi il testatore nomina l’erede di “propria bocca”, alla presenza del notaio il quale provvede alla trascrizione di ciò che il testatore detta alla presenza di testimoni, senza nulla aggiungere o togliere. I testamenti olografi, detti anche in scriptis, sono scritti manu propria dal testatore stesso e, a differenza di quelli dettati al notaio, il testatore non può “pronunciare le sue volontà, ma solo consegnare il testamento al notaio” alla presenza di alcuni testimoni che, alla fine dell’atto sono tenuti a sottoscrivere una dichiarazione da cui risulti che il testamento è stato scritto, sottoscritto, chiuso e sigillato “propria manu” dal testatore8. A partire dal 1809, sulla base degli articoli 967-980 del Codice Napoleone - confermati dalla legge sul notariato del 23 novembre 1819 - il testamento poteva essere redatto per atto pubblico (“dettato dal testatore” e ricevuto da “due notari in 45 presenza di due testimoni, o da un notaro in presenza di quattro testimoni”) o mistico (segreto) scritto dal testatore (o da persona di sua fiducia) e il “foglio” contenente la sua disposizione doveva essere presentato “chiuso e sigillato al notaro, e sei testimoni almeno, maschi, maggiori di età, sudditi dell’Imperatore” e col pieno godimento dei “diritti civili”9. La distribuzione e il numero complessivo dei testamenti rilevati nel corso dell’inchiesta sono riportati per Potenza nella Tabella 1 e per Maratea nella Tabella 2. Attraverso le Tabelle 1 e 2 è possibile seguire l’andamento della pratica testamentaria a Potenza e Maratea, che riflette una restrizione di atti testamentari per Potenza. Si nota subito come nella prima zona campione la richiesta di testamenti sia molto bassa, a volte anche nulla, a differenza dalla seconda zona in cui la presenza del documento testamentario permane costante e con delle punte ascensionali (nel 1829 e nel 1840, in par ticolare). Naturalmente questi elementi necessitano di una verifica socio-demografica, oltre che di un’analisi territoriale tali da potere spiegare più dettagliatamente il perché di queste differenze nella pratica testamentaria delle due zone. TABELLA 1 ANNO TOTALE ATTI NOTARILI 1834 1835 1836 1837 1838 1839 1840 1841 1842 1843 1844 1845 1846 1847 1848 1849 1850 1851 1852 1853 1854 1855 42 36 29 34 19 21 19 22 23 14 14 13 14 8 10 10 6 11 8 12 15 19 * Abbreviazioni: N.= nuncupativo; O.= Olografo 46 TOTALE TESTAMENTI NESSUN TESTAMENTO 2 N. * 2 N. NESSUN TESTAMENTO NESSUN TESTAMENTO 2 N. 2 N. 1 N. 3 N. 1 N. NESSUN TESTAMENTO NESSUN TESTAMENTO NESSUN TESTAMENTO 1 N. 1 N. 1 O. * 1 N. 1 O.+1 N. -> 2 NESSUN TESTAMENTO 1 N. 1 N. NESSUN TESTAMENTO TABELLA 2 ANNO TOTALE ATTI NOTARILI 1826 1827 1828 1829 1830 1831 1832 1833 1834 1835 1836 1837 1838 1839 1840 Per la rappresentatività sociale della pratica testamentaria si osser vi la Tabella 3 per Potenza e la Tabella 4 per Maratea, dalle quali risulta che tale pratica presenta, in entrambe le aree territoriali, una percentuale più alta di testatori appartenenti alla classe sociale degli artigiani. Un dato interessante è costituito proprio dalla presenza di diverse categorie socio professionali registrate negli atti stipulati nel periodo preso in esame, elemento che consente di tracciare un quadro delle classi sociali rappresen- 31 6 92 100 100 65 6 5 81 110 94 90 133 92 135 TOTALE TESTAMENTI 2 N. 5 N. 3 N. 10 N. 7 N. 3 N. 6 N. 7 N. 6 N. 6 N. 5 N. 4 N. 7 N.+10.-> 8 6 N. 8 N. TABELLA 3: POTENZA (1834-1855) TESTATORI TOT. (%) PROPRIETARI TERRIERI 8 (38) CIVILI 1 (5) CONTADINI 7 (33) FILATRICI 3 (14) DOMESTICI 1 (5) ECCLESIASTICI 1 (5) 47 tative di queste due zone campione. Il dimorfismo sessuale dei testatori è riportato nella Tabella 5. Mentre nel potentino la femminilità del testamento risulta maggiore rispetto alla mascolinità, nel lagonegrese avviene il contrario. TABELLA 4: MARATEA (1826-1840) TESTATORI TOT. (%) PROPRIETARI TERRIERI CIVILI CONTADINI FILATRICI RAMAI MARINAI ECCLESIASTICI 20 (25) 11 (15) 35 (41) 6 (5) 7 (7) 1 (2) 6 (5) TABELLA 5: LOCALITÀ POTENZA MARATEA PERIODO 1834-1855 1826-1840 TESTATORI - TOTALE 21 86 TESTATORI-MASCHILI 8 (38%) 57 (66%) TESTATORI-FEMMINILI 13 (62%) 29 (34%) Nel periodo esaminato il testamento è diventato, con il Code Napoleon, un atto di regolamentazione della distribuzione patrimoniale ma, nonostante ciò, si registrano formule pie iniziali (la formula della “Raccomandazione”), da quelle più semplici relative a testatori di modeste condizioni sociali e di scarsa cultura a quelle più elaborate relative a benestanti. Dai testamenti rogati dal notaio G. Riviello a Potenza sono emerse le seguenti formule pie: “Raccomando l’anima mia all’Onnipotente Iddio che voglia per mezzo dell’intercessione di Maria Santissima accordarmi il perdono dei miei peccati e la gloria del Paradiso”10. “Raccomando l’anima mia all’Eterno Iddio, a Maria Santissima 48 e a tutti i miei Santi Avvocati di assistermi nel punto della mortè”11. “Raccomando l’anima mia a Maria Santissima affinché per i suoi meriti interceda il perdono dei suoi peccati presso l’Altissimo’’12. La formula pia più elaborata si registra in un testamento rogato da G. Riviello a Potenza il 28/4/1851 e relativo a Donna Giuseppa Penna (“gentildonna benestante”): “Raccomando la mia anima alla SS. Trinità pregandola a volersi degnare di accoglierla nell’ultimo respiro nella sua eternità, mercé l’immensa sua misericordia fino a Maria Santissima e suo Figlio Gesù, e San Michele Arcangelo ed al protettore di questa città, S. Gerardo”13. Nei testamenti rogati a Maratea dal notaio M. Vita sono state rilevate le seguenti formule: “Raccomando l’anima mia all’Onnipotente Iddio perché l’accetti in perfetto stato di grazia’’14. “Raccomando l’anima mia all’Onnipotente Iddio acciò si degni accoglierla nel suo beato soggiorno’’15. “Raccomando sulle prime l’anima mia all’Onnipotente Iddio acciò l’accetti in pieno stato di grazia’’16. “Raccomando l’anima mia all’Onnipotente Iddio acciò l’accolga nel suo beato soggiorno’’17. Come si può notare, queste formule sono tipiche di un formulario notarile standardizzato al quale vengono apportate piccole varianti. Tra le formule più elaborate sono state registrate le seguenti: “Raccomando sulle prime tutto me stesso al clementissimo Signore Iddio pregandolo di assistermi sia in vita che in morte, e per sua divina misericordia d’accogliermi, morendo, nel suo beato soggiorno”18. “Raccomando sulle prime l’anima mia all’Onnipotente Iddio, acciò l’ammetti in perfetto stato di grazia, alla Beata Vergine Maria, all’Angelo Custode, ed a tutti i Santi del Paradiso’’19. “Raccomando l’anima mia al Divino Creatore acciò si degni per la sua immensa misericordia, per la passione e morte del nostro Signore Gesù Cristo suo unigenito figliolo e per li meriti della Santissima Vergine Addolorata, mia particolare Avvocata, d’accogliermi nella celeste gloria del Paradiso invocando a tal uopo l’intercessione dell’Angelo Custode e di tutti li santi miei tutelari, onde ne ottenga il godimento”20. Sia nelle formule pie di Riviello che in quelle di Vita appare evidente l’invocazione devozionale non solo di Dio, ma anche della Madonna, di tutti i Santi, della SS. Trinità, dell’Angelo Custode, del santo patrono, invocazione che tra il XVII e il XVIII sec. ha registrato in Basilicata un notevole incremento rispetto al periodo qui esaminato21. Un altro dato interessante nell’analisi dei testamenti è costituito dalla domanda dei servizi religiosi richiesti dai testatori. Nelle Tabelle 6 e 7 se ne riporta un quadro generale. TABELLA 6: POTENZA (1834-1855) TESTAMENTI DOMANDA DI MESSE DOMANDA DI ESEQUIE RELIGIOSE DOMANDA DI SEPOLTURA ECCLESIASTICA 21 9 13 4 TABELLA 7: MARATEA (1826-1840) TESTAMENTI 86 DOMANDA DI MESSE 56 DOMANDA DI ESEQUIE RELIGIOSE 44 DOMANDA DI SEPOLTURA ECCLESIASTICA 11 Sia per la domanda di messe che per la domanda di esequie religiose i testatori sovente lasciano una somma di denaro da detrarre dalla propria eredità (es. 10 ducati per funerali e messe piane; 60 ducati per funerali, messe piane e cantate, e cere; 100 ducati per funerali, accompagnamento, ufficio, cera, seppellimento, messe piane e solenni, suffragi; 5 ducati di messe piane con l’elemosina di grani 20; 350 ducati di messe da celebrarsi “in perpetuo” con l’elemosina di grani 20). A volte il testatore si rimette alla volontà o all’affetto dei propri 49 congiunti sia per le messe in suffragio che per le pompe funebri: “Per le funzioni funebri e messe in suffragio dell’anima mia mi raccomando alla pietà dei miei figli”22. Per quanto riguarda le messe in suffragio a volte viene specificato il tempo della celebrazione (nei giorni 3°, 7° e 30° dalla morte, dopo un anno dalla morte, subito dopo il decesso, nel giorno della festività del santo patrono), il luogo (per Potenza la Chiesa della SS. Trinità, la cattedrale di S. Gerardo, la chiesa di S. Michele Arcangelo, S. Francesco; per Maratea la Chiesa della SS. Vergine Immacolata e quella di San Biagio) e il sacerdote che spesso o è un amico o un parente del testatore. Molto spesso viene richiesta l’esecuzione delle esequie religiose a seconda della propria condizione e ciò è indice “di una società gerarchizzata, dove ciascuno riceve le esequie che gli toccano per diritto”23. A tal proposito si osservino le seguenti sequenze: “Ordino e comando che il mio corpo fatto cadavere sia seppellito con quella pompa funebre decente alla mia condizione, nel modo che crederà il mio figlio Rocco Tricarico”24. “Voglio che dietro la mia morte i miei figli [...] mi facessero celebrare le funzioni funebri che è qui costume farsi per li genitori di preti”25. Il luogo di sepoltura, specificato una sola volta per Potenza è il Camposanto della Congregazione dei Morti26, per Maratea è la Chiesa dell’Addolorata, di Santa Maria Maggiore, della SS. Vergine Immacolata, di San Biagio, la Tomba del Santissimo della Chiesa Parrocchiale, la Chiesa delle Monache Francescane. Raramente il testatore si affida alla “pietà” dei propri legatari anche per il luogo di sepoltura. Infine, per quel che concerne i legati pii connessi ad opere di beneficenze se ne registrano molto pochi ed essi sono legati esclusivamente alle classi sociali più agiate27. Da questi dati si può dedurre che la domanda di servizi religiosi si concentra, in misura maggiore, soprattutto sulle messe in suffragio dell’anima, facendo emergere, anche in questo periodo, la preoccupazione del testatore nei confronti della salvezza della propria anima. Si è visto come il testatore, a volte, non 50 richiede personalmente le messe in suffragio, rimettendosi alla “pietà” dei propri figli o eredi, sicuro che la sua volontà sarà esaudita. Proprio da questo atteggiamento si evince ciò che Ph. Ariès ha definito un “mutato rapporto sentimentale tra testatore ed eredi”, in cui “relazioni di affetto hanno sostituito relazioni di diritto”28. I sondaggi effettuati nel corso di questa indagine se da un lato non possono dare delle risposte esaustive sulla pratica testamentaria e sulla mentalità religiosa nel XIX sec. in Basilicata, dall’altro presentano dei risultati significativi che consentono, in parte, di giungere a delle affermazioni interessanti. Sicuramente i testamenti analizzati non inducono a parlare di una completa laicizzazione né della pratica testamentaria né dell’atteggiamento religioso del testatore nei confronti della morte per la presenza di tutti quegli elementi (scelta di intercessori celesti, richieste di servizi religiosi e legati pii) che non evidenziano un processo di “déchristianisation”. Il discorso è, senza dubbio, più complesso perché bisogna valutare in che modo il testatore, pur prevedendo legati di carità e suffragio per l’anima, non attribuisca più ad essi quel senso profondo che una volta vi si attribuiva e in che modo si mondanizzi lo stesso sentimento della mor te. L’indagine, di per sè già significativa, va pertanto estesa ad altre zone campione per un arco di tempo maggiore per verificare mutamenti o permanenze della mentalità religiosa collettiva. NOTE 1) Per un approfondimento del tema si rimanda ai seguenti testi: M. Vovelle, Piété baroque et déchristanisation en Provence au XVIII siècle. Les attitudes devant la mort d’après les clauses des testamentes, Paris 1973 Id.. Mourir autrefois, attitudes collectives devant la mort au XVII et XVIII siècles, in “Archives”, Paris 1974; Id.. La morte e l’occidente dal 1300 ai giorni nostri. tr. it. G. Ferrara, Bari 1986; F. Lebrun, L’homme et la mort en Anjou au XVIII siècle, Paris 1971; P. Chaunu, La mort a Paris au XVI, XVII et XVIII siècles, Paris 1978; Ph. Ariès, Essais sur L’histoire de la mort en Occident au moyen âge à nos jours, Paris 1975 (La storia della morte in occidente dal Medioevo ai giorni nostri, tr. it. S. Vigezzi, Milano 1978); Id., L’uomo e la morte dal Medioevo a oggi, Bari 1980. 2) Cfr. Maria Antonietta Rinaldi, Per una sociologia della morte. Note introduttive ad una ricerca in Basilicata, in Ricerche di storia sociale e religiosa, n.14, luglio-dicembre,1978; Id., I testamenti come fonte per uno studio dell’atteggiamento dinanzi alla morte in Basilicata in Studi di Storia sociale e religiosa-Scritti in onore di Gabriele De Rosa, Napoli 1980; Francesco Gaudioso, Pietà religiosa e testamenti nel Mezzogiorno, Napoli 1983; Id. Testamento e devozione. L’esempio della terra d’Otranto tra il Cinque e l’Ottocento, Galatina 1986. 3) Cfr. M. Vovelle, Piété baroque,cit., pp. 59-63. 4) Ph. Ariès, L’uomo e la morte dal Medioevo a oggi. cit. pp. 549 - 551 5) Cfr. Ph. Ariès, Storia della morte in Occidente, Milano 1978, pp 148-154 18) Ivi, Anno 1832, vol. 7, p. 275 r. 19) Ivi, p. 242 r. 20) Ivi, Anno 1838, vol. 13, p. 165 r. e v. (testamento olografo del sacerdote Don Antonio di Lieto scritto il 20 novembre 1832) 21) Cfr. M.A. Rinaldi, I testamenti, cit., p. 151 22) A.S.P., Fondo Atti notarili, M. Vita, Anno 1833, vol. 8, p. 133 r. 23) M.A.Rinaldi, I testamenti, cit., p. 149 6) F. Gaudioso, Testamento e devozione, cit., pp. 62-63 24) A.S.P., Fondo Atti notarili, Notaio G. Riviello, Anno 1840, vol. 4096, p. 71 r. 7) F. Gaudioso, Pietà religiosa cit., p. 48. 25) A.S.P., Fondo Atti notarili, Notaio M. Vita, Anno 1831, vol. 6, p. 174 r. 8) F. Gaudioso, Testamento e devozione, cit., pp. 59-60 26) In un testamento rogato il 28/4/1851 da G. Riviello si legge che la testatrice Donna Giuseppa Penna ordina e comanda ai suoi eredi di innalzare nel Camposanto della congregazione dei Morti che è nella Chiesa di S. Francesco “un decente sepolcro che prenderà il nome di Magaldi - Penna”, A.S.P., Fondo Atti notarili, G. Riviello, anno 1851, vol. 4106, p. 14 r. 9) Codice Napoleone, Firenze 1808, p. 40 10) Archivio di Stato di Potenza (d’ora in avanti A.S.P.), Fondo Atti notarili, notaio Gaetano Riviello, Anno 1835, vol. 4091, p.141 r. 11) Ivi, p. 203 r. 12) Ivi, Anno 1836. vol. 4092. p. 46 r. 13) Ivi, Anno 1851. vol. 4106, p. 14 r. 14) A.S.P., Fondo Atti notarili, notaio Michele Vita, Anno 1828, vol. 3, p. 37 r. 15) Ivi Anno 1830, vol. 5, p. 125 r. 16) Ivi, p.1 21 r. 17) Ivi, Anno 1833, vol. 8, p. 40 r. 51 27) A tal proposito si rinvia al testamento di Don Luigi Isabelli trascritto in appendice. 28) Ph. Ariès, L’uomo e la morte, cit., pp. 549-551. APPENDICE Trascrizione del testamento olografo di Luigi Isabelli scritto il 15 gennaio 1843 e consegnato al notaio G. Rivello il 12 agosto 1843. Il documento • conservato presso lÕArchivio di Stato di Potenza, Fondo Atti Notarili, Notaio G. Riviello, Anno 1843, vol. 4104, pp. 4 r. - 7 v. Io qui sottoscritto Luigi Isabelli del fu Gennaro, ora che per la grazia di Dio mi trovo in stato di perfetta salute, ho risoluto di fare il mio testamento, perch• dopo la mia morte non sianvi questioni. E poich• non ho discendenti ne ascendenti, intendo impiegare tuttÕi miei beni in suffragio dellÕanima mia, e di tuttÕi defunti della mia famiglia Isabelli, per cui dispongo come segue. 1. Nomino per mia erede ossia legataria universale in tutto quel che lascer˜ alla mia morte in mobili, crediti, contante, fondi e dritti di qualunque natura la Venerabile Chiesa Collegiata Parrocchiale di questa cittˆ sotto lÕinvocazione della SS. Trinitˆ con i seguenti pesi e legati. 2. Il capitolo della SS. Trinitˆ farˆ lÕagito di ducati cento per tutte le spese occorrenti nei miei funerali, come Messe piane e solenni, accompagnamento, ufficio, cera, seppellimento, ed altro che possa occorrere, non che i suffragi a praticarmisi nei giorni terzo settimo e trentesimo dalla mia morte. 3. La Venerabile Chiesa mia erede pagherˆ ancora le seguenti somme che preleverˆ da cespiti e crediti i primi che sÕesigono e fra un anno al pi• tardi dalla mia morte, e sono 1. alla Chiesa Cattedrale di S. Gerardo ducati cento, alla Chiesa di S. Michele Arcangelo ducati cento, al Monastero DeÕ Padri Riformati di S. Maria ducati cento, al Monastero DeÕ Padri Cappuccini di S. Antonio La Macchia ducati cento, alla Congregazione DeÕ Morti ora nella Chiesa di S. Francesco ducati cento, alla Cappella di S. Rocco ducati cento. I capitoli di S. Gerardo e di S. Michele Arcangelo, i religiosi DeÕ due Monasteri, e le Congregazioni stabilite nella suddetta Chiesa associeranno il mio cadavere, ed inoltre impiegheranno le somme loro rispettivamente legalete dallÕannua rendita faranno celebrare N. venti messe piane in ogni anno nelle chiese suddette in suffragio dellÕanima mia e di tuttÕi defunti della mia famiglia. 4. RestÕa carico dellÕerede chiesa della SS. Trinitˆ pagar a mia sorella Maria Chiara ducati cinque annui di lei vita durante, rimanendo estinto quellÕobbligo alla di lei morte. 5. TuttÕi pesi di fondiaria e censi gravitanti sui miei fondi anderanno a carico della chiesa erede. Perch• non vi sia difficoltˆ o dubbio se ne troverˆ lÕenumerazione in un libretto che appositamente conservo riunitÕai ricevi del pagato. 6. Nella Chiesa della SS. Trinitˆ come peso dellÕereditˆ saran celebrate in ogni anno numero cinquanta messe piane collÕelemosina di carlini due, ed un anniversario a pro di 52 tuttÕi defunti della famiglia Isabelli; il resto della rendita annua sarˆ esclusivamente impiegato alla ricostruzione o miglioramento almeno del fabbricato della stessa chiesa, e solo dopo il che questa sarˆ di tutto punto compitÕanche negli abbellimenti, il detto avanzo di rendita sÕimpiegherˆ primieramente in rimpiazzo di sacri arredi, se bisognaro e secondariamente farˆ parte della massa comune a dividersi fra partecipanti. 7. Ringrazio Maria Iasone della buonÕassistenza fattami; essendo ella fornita di mezzi per poter vivere decorasamente in caso mi soporavviva, non le fo ampie largizioni con questo mio testamento, mÕaffinch• non sia soggettÕa mutare abitudini dopo la mia morte, voglio che non solo ella prenda dalla mia ereditˆ tutti gli oggetti dÕassolutissima sua pertinenza, mentre la sua dote risulta da scritturÕesistenti nella borsa di pelle rossa due registri col laccio di seta celeste, ma che dippi• abbia sua vita durante e finch• serberˆ il lutto vedovile, lÕusufrutto della parte della mia casa di abitazione, che sarˆ addetta aÕ nostri usi, ad abitazione allÕepoca della mia morte, con tutto ci˜ che vi si troverˆ, esclusi aÕ termini di legge i denari, crediti, ed altri dritti di cui vi si conserbassero i titoli. 8. Voglio, che alla mia morte non si procedÕad opposizione di sigilli, chiunque sia che ne faccia dimanda, ed in luogo dÕinventario, che proibisco, si stia al notamento deÕ mobili che io potr˜ lasciare, o che sarˆ fatto alla mia morte dallÕArciprete della S.S. Trinitˆ di accordo colla detta Iasone, amichevolmente, e senza formalitˆ legali. 9. Supplico la religiositˆ del Re N.S. degnarsi accordare il Sovrano beneplacito alla istituzione di erede da me fatta a favor della chiesa della SS. Trinitˆ ed aÕlegati rimastÕalle altre chiese, e Congregazioni enumerate nellÕarticolo 3. Ma ove mai nella sua saggezza il Sovrano volesse disporre diversamente, io voglio che deÕ miei beni si faccia lÕuso che segue; si pagheranno primieramente alla chiesa della SS. Trinitˆ i ducati cento spesi per i miei funerali giusta il disposto nellÕarticolo 2, si preleveranno ancora quelli daÕlegati disposti nellÕarticolo 3 che saranno sovranamente approvati, il resto dalla mia ereditˆ composta dagli stabili, crediti ed altri dritti e del prezzo deÕ mobili dopo estinto lÕusofrutto lasciata allÕanzidetta Iasone, dovrˆ rimaner inalienabile per addirsi a supplemento di dote dÕuno stabilimento di educazione di ragazze orfane o povere che si troverˆ stabilito in questa cittˆ allÕepoca della mia morte, o che anderˆ a stabilirsi in qualunque tempo, dovendo detti miei beni nel primo caso esser amministrati come tutti gli altri dello stabilimento stesso, e nel secondo dallÕArciprete pro tempora della chiesa della SS. Trinitˆ sotto la vigilanza dellÕOrdinario Diocesano, e dando i conti annuali al consiglio degli Ospizi. In questo caso stesso, che alla mia morte non si troverˆ eretto un tale stabilimento, gli anziani annui della rendita saranno impiegati o in rendite sul gran libro del debito pubblico o in costituzione dÕannue rendite garantite da sufficiente ipoteca in aumento del capitale. 10. Lascio a peso della mia ereditˆ, quando essa non si venisse a raccogliere dalla Chiesa della SS. Trinitˆ, come ho previsto nellÕarticolo precedente, di soddisfare tuttÕi pesi, non che il vitalizio a mia sorella finch• vive, e gli altri legati contenutÕin questo testamento, e 53 dippi• annui ducati cento alla SS. Trinitˆ per celebrare in ogni anno cinquanta messe piane e carlini due lÕuna, per altri ducati cinque annui si celebrarˆ un anniversario a tenore del disposto nellÕarticolo 2, il rimanente dei detti ducati cento sÕimpiegherˆ nella fabbrica nel modo istesso che ho stabilito nel citato 2 articolo. 11. Sarˆ obbligo dello stabilimento, cui anderˆ la mia ereditˆ, portar un conto separato della rendita di essa, ed educare a mantenere un corrispondente numero di ragazze povere o orfane di questa cittˆ colle seguenti condizioni, che siano nate da legittime nozze, chÕentrino dallÕetˆ non minori di sei anni, n• maggiore di dieci, preferendo in concorso le maggiori, come le pi• esposte aÕpericoli, e che siano educate in modo da poter in etˆ convenevole trovare facile stabilimento, sia col porsi a servire presso famiglie oneste, sia col maritarsi con artegiani, o contadini: quindi lÕeducazione, che loro si darˆ, sarˆ corrispondente. A questa disposizione io mi determino, conoscendo che quando negli stabilimenti si dˆ alle ragazze una educazione civile e delicata non trovarsi a collocar in matrimonio, e debbono restare sin alla morte a peso del locale, e forse col pericolo che sÕintroducono qualche vizio: eÕ mio desiderio altronde, che donnÕeducate col santo timore di Dio ed istruite nelle arti domestiche necessarie, spandendosi nelle famiglie della bassa gente, ne miglioreranno lo stato, e potranno educare convenevolmente le figlie loro. Lo stabilimento ne avrˆ lieve vantaggio potendo tali ragazze esser addette aÕ serviggi interni, restando vietato espressamente di farle uscire per gli esterni. 12. Le condizioni e modo di educare delle ragazze stabilite nellÕart. 10 e 11 sono tassative in modo che altrimenti io non avrei cosiÕ disposto, e quindi per ogni mutazione o contravvenzione, io dispongo e voglio che si abbia per non fatta la sostituzione dello stabilimento alla Chiesa della SS. Trinitˆ. 13. Raccomando al Vescovo di questa cittˆ, ed al suo Vicario Generale, o in caso di sede vacante, al Vicario Capitolare di vigilare e promuovere queste mie disposizioni in considerazione di aver per fine opere pie. Di questo mio testamento ne fo due originali da me scritti, datati e sottoscritti, di cui uno consegno a Don Gerardo Pontolillo Arciprete della Chiesa della SS. Trinitˆ; e lÕaltro vado a consegnarlo chiuso ad un notaio in forma mistica affin di evitare qualche dispersione. Potenza l“ 15 gennaio 1843 Luigi Isabelli Oggi che sono l“ dodici agosto del detto anno 1843 ho stimato di consegnar questo solo al Notar Don Gaetano Riviello e non pi• al menzionato Arciprete. 54