Fabio Garrini - Roberto Chiumiento
Fringe beneFits
e rimborsi spese
Disciplina operativa e trattamento fiscale
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento
Fringe benefits e rimborsi spese
Disciplina operativa e trattamento fiscale
SINTESI
Fringe benefits e rimborsi spese creano spesso notevoli difficoltà sia dal punto di
vista dell’applicazione pratica, sia delle valutazioni di convenienza economica
per l’azienda che deve attuarli. Senza contare la disciplina della relativa tassazione, su cui l’amministrazione finanziaria fornisce con frequenza orientamenti
interpretativi.
Questo pratico e.book rappresenta una guida sintetica, ma allo stesso tempo
completa ed esauriente, su tali tematiche.
L’AUTORE
Fabio Garrini - Dottore commercialista e revisore contabile. Membro e socio fondatore
dello Studio di consulenza contabile, tributaria e societaria “Virgiliana Consulting” in
Mantova. Convegnista, collaboratore delle più importanti riviste fiscali nazionali e autore di pubblicazioni in materia fiscale e contabile.
Roberto Chiumiento - Avvocato esperto in materie fiscali, già funzionario dell’amministrazione finanziaria con competenze inerenti la tassazione dei redditi delle persone
fisiche, adempimenti sostituti d’imposta, assistenza fiscale e relativa modulistica (Modello Unico PF, Modello 730, Cud e Modello 770). Attualmente direttore tecnico del
Caaf Confartigianato, docente e autore di varie pubblicazioni di carattere tecnico
scientifico.
Copiright 2011 © by fisco & tasse
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
2
INDICE
Antonella Donati - Detrazioni 730, Le 100 voci che fanno risparmiare
Premessa............................................................................................................................................................. pag.
5
1. La qualificazione dei redditi di lavoro dipendente nel TUIR..................................... »
7
2. Regole generali per la determinazione dei redditi di lavoro dipendente ....... »
9
3. Le erogazioni ai dipendenti: le fattispecie dell’art. 51, comma 2 TUIR............. »
12
3.1.I contributi previdenziali ed assistenziali.................................................................................... » 12
3.2.Contributi sanitari ai fondi “interni” al rapporto di lavoro .................................................... » 13
3.3.Le spese mediche rimborsate dai fondi, enti e casse sanitarie......................................... » 15
3.4.Le polizze assicurative e le erogazioni per spese sanitarie................................................. » 15
3.5.Le polizze assicurative e le somme erogate discrezionalmente ai dipendenti ........... » 19
3.6.Somministrazione del vitto, ticket restaurant e servizi di trasporto collettivo................. » 21
3.7.Le opere e servizi di utilità sociale e le erogazioni per le borse di studio....................... » 27
3.7.1.Utilizzazione di opere e servizi: alcune ipotesi............................................................... » 29
3.7.2.Le erogazioni per asili nido e borse di studio................................................................. » 31
3.8.Gli oneri deducibili direttamente trattenuti dal datore di lavoro ...................................... » 33
4. I fringe benefits...................................................................................................................................... »
41
4.1.Il limite di rilevanza fiscale delle utilità....................................................................................... » 43
4.2.Le modalità di attribuzione dei fringe benefits ........................................................................ » 45
4.3.Le somme corrisposte al dipendente per l’acquisizione del bene o servizio................ » 49
4.4.I fringe benefits di cui all’art. 51, comma 4 tuir e relativi criteri di valorizzazione....... » 50
4.4.1.I prestiti ai dipendenti ........................................................................................................... » 50
4.4.2.L’alloggio a disposizione del dipendente ..................................................................... » 52
4.5.Gli altri benefits non previsti dal tuir .......................................................................................... » 57
4.5.1.Telefoni cellulari destinati ai dipendenti ......................................................................... » 57
4.5.2.La carta di credito ................................................................................................................ » 60
4.5.3.I servizi di consulenza............................................................................................................. » 60
4.5.4.I viaggi........................................................................................................................................ » 61
5. Trasferta nel Comune........................................................................................................................ »
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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3
Antonella Donati - Detrazioni 730,
Indice
Le 100 voci che fanno risparmiare
6. Trasferta al di fuori del Comune......................................................................................................
pag. 69
6.1.Il rimborso forfettario......................................................................................................................... » 70
6.2.Il rimborso analitico........................................................................................................................... » 71
6.3.Il rimborso misto.................................................................................................................................. » 72
6.4.La documentazione richiesta......................................................................................................... » 73
7. Trattamento in capo all’azienda delle spese di vitto e alloggio............................. »
75
7.1.Imposte dirette.................................................................................................................................... » 75
7.2.La detrazione dell’IVA sulle spese di vitto e alloggio............................................................. » 77
8. Gestione delle vetture....................................................................................................................... »
81
9. Rimborsi chilometrici......................................................................................................................... »
83
9.1.Il trattamento in capo all’azienda................................................................................................ » 83
9.2.Trattamento in capo al lavoratore................................................................................................ » 84
9.3.Coordinamento tra regole del dipendente e regole ...................................................
dell’azienda......................................................................................................................................... » 85
9.4.Rimborsi chilometrici: solo costi variabili?................................................................................. » 90
9.5.Rimborsi del costo del noleggio................................................................................................... » 92
10. Uso promiscuo al dipendente.................................................................................................. »
94
11. Uso promiscuo all’amministratore........................................................................................ »
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PREMESSA
Antonella Donati - Detrazioni 730, Le 100 voci che fanno risparmiare
La presente opera, dopo una breve introduzione riguardante la
Premessa
definizione tributaria dei redditi di lavoro dipendente prevista dal
TUIR, a beneficio dei successivi approfondimenti che seguiranno, è
finalizzata a descrivere sotto il profilo fiscale i rapporti tra impresa e
dipendente e, come già intuibile dal titolo dell’opera, si suddivide
idealmente in due parti: una prima riguardante i fringe benefits, ossia
le remunerazioni in natura che il datore di lavoro può riconoscere a
favore del personale dipendente, una seconda relativa ai rimborsi
spese, ossia le modalità attraverso le quali il datore di lavoro può rimborsare al dipendente le spese relative ad una trasferta.
La prima parte, sarà dedicata all’analisi dei cosiddetti fringe benefits,
Fringe Benefits
o più in generale le “utilità”, intendendo con tale termine le erogazioni che il datore di lavoro può riconoscere al dipendente a vario
titolo e che si sostanziano, nei fatti, in remunerazioni in natura, aggiuntive rispetto alla retribuzione monetaria, per le quali il legislatore
in molte situazioni e, nel rispetto di determinate condizioni, prevede
un trattamento fiscale agevolato. I benefits possono essere “tipizzati”
ossia espressamente previsti dal legislatore nelle disposizioni del TUIR,
con relativi criteri di valorizzazione, ovvero possono essere individuati
dal datore di lavoro sulla base della prassi aziendale (in questo caso
costituisce guida, comunque, il criterio del c.d. “valore normale” del
bene o servizio offerto).
Da ultimo saranno analizzate nel dettaglio le regole per la tassazione di tali componenti nell’ambito del reddito di lavoro dipendente, avendo in particolare riguardo alle “attribuzioni” esenti o che
concorrono solo parzialmente alla base imponibile del lavoratore,
fattispecie espressamente contemplate dal TUIR. In quest’ambito si
ritiene possa essere particolarmente utile l’approfondito esame dei
risvolti fiscali e conseguenti adempimenti a carico dell’impresa in relazione alle polizze assicurative aziendali e ai contributi sanitari. Per
tutti gli argomenti affrontati si è ritenuto inoltre opportuno segnalare
al lettore le più recenti posizioni di prassi dell’amministrazione finanziaria al fine di fornire anche un aggiornato ed autorevole orientamento interpretativo sui vari istituti.
La seconda parte della presente opera viene dedicata ai rimborsi
spese, ossia le modalità attraverso le quali il datore di lavoro può
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Rimborsi spese
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Antonella Donati - Detrazioni P
730,
remessa
Le 100 voci che fanno risparmiare
rifondere al proprio dipendente quanto da questi sostenuto per gli
spostamenti legati alla propria attività lavorativa, con l’obiettivo comunque di fornire dei punti di riferimento per la gestione delle trasferte dei soggetti che a vario titolo sono impiegati nell’attività. Il primo
passo sarà in particolare quello di verificare in capo al dipendente il
trattamento di tali erogazioni (controllandone la tassabilità o meno)
senza comunque trascurarne il corrispondente trattamento in capo
all’azienda (possibilità di portarne in deduzione il relativo costo). In
particolare, la valutazione dei rimborsi spese dovrà essere esaminata
da un lato per quanto riguarda le spese di vitto e alloggio (quindi le
conseguenze fiscali in capo al dipendente dell’erogazione monetaria in suo favore finalizzata a rifondere i costi dallo stesso sostenuti
per alberghi, ristoranti, ecc.) dall’altro in relazione alle spese relative
al trasporto (con particolare attenzione al trattamento dei rimborsi
chilometrici).
In quest’ultima parte, in particolare, oltre a fornire l’esame delle regole per il trattamento di tali spese, si andrà anche a ragionare sugli
aspetti di convenienza in merito alla gestione del parco auto messo
a disposizione del personale che si sposta per lavoro, facendo gli opportuni confronti tra spostamenti con utilizzo da parte del dipendente del proprio mezzo con rimborso chilometrico e vettura di proprietà
dell’azienda messa a disposizione del lavoratore. Una gestione non
sempre facile (anche e soprattutto sotto il profilo delle disposizioni
tributarie), ma che se correttamente governata può offrire delle importanti soddisfazioni anche sotto il profilo della convenienza fiscale.
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1.La qualificazione dei redditi
di lavoro dipendente nel TUIR
L’art. 49, comma 1 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (da ora TUIR)
definisce ciò che fiscalmente deve intendersi per “redditi di lavoro
Nozione
dipendente”. In particolare essi sono quelli:
“….. che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di
lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione
di altri, compreso il lavoro a domicilio quando sia considerato tale in
base alle norme sulla legislazione del lavoro”.
In pratica gli emolumenti, anche sotto forma di retribuzioni in natura,
percepiti sulla base del rapporto giuridico contrattuale, indipendentemente dalla effettiva prestazione lavorativa, rientrano nella categoria dei redditi di lavoro dipendente.
Pur non sussistendo un espresso richiamo, da parte del legislatore tributario, alla normativa civilistica, tuttavia appare pertinente riprendere ciò che sancisce l’art. 2094 codice civile in relazione al rapporto
di lavoro subordinato. Pertanto, anche ai fini fiscali, è reddito di lavoro dipendente quanto percepito da colui che:
“….si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e
sotto la direzione dell’imprenditore”.
In tal senso anche la circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997 dell’amministrazione finanziaria, emanata in occasione della riforma dei redditi di lavoro dipendente e dell’armonizzazione delle disposizioni fiscali e previdenziali, operata con il d.lgs. n. 314 del 2 settembre 1997.
Occorre ricordare che la circolare in questione, benché datata,
resta un valido ed attuale strumento interpretativo delle disposizioni
riguardanti il presente lavoro(1).
Da un punto di vista strettamente tributario, pertanto, è irrilevante
la differente qualifica o inquadramento contrattuale attribuito al
singolo dipendente (operaio, impiegato, quadro o dirigente) laddove il soggetto presti la propria attività lavorativa in posizione di
(1) Art. 51 del TUIR in ordine alla base imponibile fiscale dei redditi di lavoro dipendente.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
dipendenza e sotto la direzione di altri. Secondo la sopra richiamata
circolare, infatti, la locuzione: “alle dipendenze e sotto la direzione
di altri” utilizzata all’art. 49 TUIR dal legislatore tributario, costituisce la
chiave di distinzione del lavoro dipendente da quello autonomo a
cui sono applicate altre regole di determinazione del reddito fiscalmente imponibile(2).
In sostanza per la prima categoria è necessaria una compresenza
logico-giuridica di due soggetti tra i quali sussiste un rapporto di subordinazione per ragioni di organizzazione e divisione del lavoro. Il lavoratore dipendente fornisce quindi la propria prestazione di lavoro
nel luogo ove deciderà il datore di lavoro(3), negli orari da questi indicati, usando di norma strumenti o componenti di capitale forniti dallo stesso datore di lavoro e seguendo le direttive tecniche di questo.
Per completezza occorre ricordare che rientrano nel novero dei
“redditi di lavoro dipendente” anche i c.d. redditi a loro equiparati,
secondo l’elencazione del comma 2 dello stesso art. 49 TUIR che si
riporta:
›› pensioni di ogni genere (derivanti dalla cessazione dell’attività lavorativa, di invalidità ed indirette) ed assegni ad esse equiparate;
›› somme di cui all’art. 429 ultimo comma del codice di procedura
civile (interessi sui crediti di lavoro e somme percepite a titolo di
rivalutazione monetaria).
Dall’equiparazione fiscale dei predetti redditi a quelli di lavoro dipendente consegue che laddove il legislatore introduca una qualsiasi disposizione che riguarda i redditi derivanti da un effettivo rapporto di
lavoro dipendente, (ad esempio per stabilirne l’importo imponibile o
per riconoscere deduzioni o detrazioni d’imposta, ecc.) la medesima
disciplina normativa si intende applicabile, salvo espressa deroga,
anche ai redditi equiparati al lavoro dipendente.
(2) Art. 54 TUIR.
(3) La sede di lavoro è fiscalmente rilevante anche ai fini dell’applicazione del
regime delle “trasferte” disciplinate dall’art. 51, comma 5 del TUIR (vedi oltre).
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2.Regole generali per
la determinazione dei redditi
di lavoro dipendente
Ai fini della tassazione degli emolumenti riconducibili al rapporto di
lavoro dipendente occorre fare riferimento all’articolo 51 del TUIR il
quale, al comma 1, prevede che siano imponibili:
“tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti
nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in
relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo
d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori
di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono”.
Da tale definizione si desume il primo, imprescindibile, principio che
informa la tassazione dei redditi di lavoro dipendente: il criterio di
Onnicomprensività
onnicomprensività, ossia la presunzione di imponibilità di qualsiasi
somma (stipendi, salari, superminimi, maggiorazione per lavoro straordinario, mensilità aggiuntive, indennità di varia natura, erogazioni
liberali, rimborsi spese forfetari, salvo le specifiche eccezioni espressamente previste)(4) o valore (intendendo con tale espressione la quantificazione dei beni e servizi messi a disposizione dei dipendenti)(5) che
il lavoratore riceve “in relazione” al rapporto di lavoro e quindi anche
se l’erogazione non è direttamente effettuata dal datore.
Tale fattispecie è frequente quando il datore di lavoro, sulla base
di uno specifico accordo o convenzione stipulato con il terzo erogatore del bene o servizio, decida di riconoscere il benefit ai propri
dipendenti (ad esempio il prestito agevolato sulla base di una convenzione con un istituto di credito).
Il secondo principio generale di tassazione riguarda la c.d. “cassa
allargata” ossia la riconducibilità al periodo di imposta precedente
Cassa allargata
(con conseguente indicazione nel CUD e Modello 770 Semplificato)
(4) Si veda, ad esempio, la disciplina prevista per le trasferte del dipendente
dall’art. 51, comma 5 TUIR, con i vari regimi applicabili, alcuni dei quali prevedono
un importo / franchigia giornaliero che non concorre alla base imponibile.
(5) I c.d. compensi in natura la cui quantificazione monetaria (vedi oltre) è demandata a specifiche norme del TUIR e specificatamente ai commi 3 e 4 dell’art.
51 TUIR.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
di tutte le erogazioni effettuate entro il 12 gennaio dell’anno successivo(6). Il reddito deve essere, pertanto, assoggettato a tassazione nel
momento e nel periodo di imposta in cui viene percepito dal dipendente ed, in genere, sulla base delle regole generali che prevedono l’applicazione delle ordinarie aliquote e scaglioni, salvo le circoscritte deroghe applicabili per gli emolumenti a tassazione separata.
Si ricorda, infatti, che il sostituto d’imposta è tenuto a determinare
un’aliquota media sulla base di specifici criteri, per alcune ipotesi
riguardanti il lavoro dipendente ed elencate nell’art. 17 del TUIR (ad
esempio TFR, emolumenti arretrati). Le singole fattispecie elencate
nel predetto articolo hanno in comune la caratteristica della formazione nel corso di più anni, ossia dipendono da fatti economici di
durata pluriennale, pertanto, non sarebbe corretto imputarli esclusivamente all’anno di imposta della loro percezione applicando la
tassazione ordinaria.
Fermi restando i principi generali sopra descritti, in linea generale, il
secondo comma dell’articolo 51 del TUIR elenca, invece, tassativamente gli elementi che, in deroga al principio della generalità impositiva sancita dal primo comma, non rappresentano retribuzione e
sono, in tutto o in parte, esclusi dall’importo assoggettato a tassazione. Va ricordato che per effetto della già richiamata “armonizzazione” tra le basi imponibili fiscali e contributive ed in base alla vigente
formulazione dell’art. 12 della legge 153/1969, tali elementi devono
essere trattati uniformemente e pertanto dovranno essere esclusi anche dal reddito imponibile ai fini contributivi.
Sotto il profilo operativo il datore di lavoro deve determinare il reddito complessivo annuo, sommando tutti gli importi che sono stati
corrisposti da lui o da altri al percettore. Nella individuazione della
base imponibile il sostituto d’imposta (in sede di tassazione della retribuzione mensile e, successivamente in sede di conguaglio di fine
anno) dovrà seguire i criteri per la formazione del reddito di lavoro
dipendente che rileva fiscalmente, riconoscendo anche le deroghe
al criterio di onnicomprensività previste dal secondo comma dell’art.
51 ed applicando la disciplina dei benefits, laddove erogati.
In particolare sarà necessario verificare se sussistono quote di retribuzione totalmente o parzialmente esenti, operando la ritenuta fiscale
sulla differenza.
(6) Sempre che le somme siano riferibili al periodo di imposta precedente (ad
esempio retribuzione relativa alla mensilità contrattuale di dicembre corrisposta al
dipendente il 9 gennaio).
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Per chiarezza espositiva, nel presente lavoro, si analizzeranno, di seguito, le ipotesi di non concorrenza alla base imponibile fiscale maggiormente rappresentative ed elencate nel più volte citato art. 51,
comma 2 TUIR ed in seguito le altre ipotesi di “attribuzioni” di vario
genere che il datore di lavoro, sulla base di differenti politiche aziendali, può disporre (art. 51, commi 3 e 4) a beneficio dei dipendenti,
genericamente qualificati come fringe benefits, con i relativi criteri di
quantificazione.
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3.Le erogazioni ai dipendenti:
le fattispecie dell’art. 51,
comma 2 TUIR
In questo capitolo verranno analizzate le principali “erogazioni”, in
favore dei dipendenti, per le quali il legislatore attribuisce particolare
favore fiscale sotto forma di non concorrenza alla base imponibile.
Trattasi di una serie di utilità che, ad oggi, sono rappresentate prevalentemente dalla messa a disposizione di specifici servizi. La maggior
parte di essi, tuttavia, ai fini della loro esenzione fiscale e contributiva,
necessitano della condizione di essere garantiti alla: “generalità o
ad una o più categorie di dipendenti” che possono non coincidere
con quelle previste dall’art. 2095 del codice civile (dirigenti, quadri,
impiegati ed operai). La “categoria”, infatti, secondo i chiarimenti
dell’amministrazione finanziaria è costituita da un raggruppamento
omogeneo di dipendenti(7), mentre la “generalità” potendo non essere intesa come la totalità dei dipendenti dell’azienda, può essere
ragionevolmente interpretata come la maggioranza degli stessi. La
condizione della “generalità” si può ritenere soddisfatta, infatti, laddove l’esclusione dall’utilità per alcuni dipendenti sia coerente con
la ratio dello specifico beneficio accordato.
L’elencazione tassativa delle “erogazioni” si trova nel comma 2
dell’art. 51 TUIR, tuttavia si è ritenuto di trattare in questo capitolo
anche gli importi individuali(8) delle polizze assicurative, collettive, stipulate dal datore di lavoro, per la loro affinità all’ipotesi dei contributi
sanitari esenti devoluti a casse o fondi.
3.1. I contributi previdenziali ed assistenziali
Questa tipologia di benefit, disciplinata dall’art. 51, comma 2, lett.
a) TUIR ricomprende la categoria dei contributi, aventi differenti fina-
La Norma
lità, inerenti il rapporto di lavoro, versati o per disposizione di legge o
in conformità a contratti, accordi o regolamenti aziendali.
I “contributi previdenziali e assistenziali” sono finalizzati a garantire al dipendente future prestazioni sotto forma di erogazioni in forma di capitale o in forma di rendita (prestazione pensionistica) e
(7) Circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997 e n. 188/E del 16 luglio 1998.
(8) Più correttamente da inquadrare tra i fringe benefits.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
rappresentano benefit esenti da imposizione senza alcun limite. I
contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro e/o dal
lavoratore ad enti e casse aventi finalità assistenziale non concorrono a formare il reddito imponibile del lavoratore dipendente, per un
importo annuo massimo di 3.615,20 euro.
Trattasi della contribuzione versata ai fondi, enti o casse contrattualmente previsti per alcune tipologie di lavoratori (F.A.S.I, FASDAC,
Qu.A.S. ecc.) finalizzati a garantire agli iscritti, o ai familiari degli iscritti
alcune prestazioni sanitarie o a rimborsare le spese mediche sostenute, in virtù delle differenti previsioni di copertura dei vari regolamenti
di funzionamento.
3.2. Contributi sanitari ai fondi “interni” al rapporto di lavoro
Fermo restando la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente
certificato nel punto 1 del CUD, ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. a)
Condizioni di esenzione
TUIR nel limite complessivo annuo di euro 3.615,20 (comprendendo
la quota del lavoratore – se prevista dallo statuto – e quella del datore di lavoro) recentemente il legislatore(9) ha subordinato il riconoscimento del predetto beneficio al rispetto di specifiche condizioni.
In estrema sintesi, con due distinti decreti attuativi(10), emanati dal
Ministero della salute viene stabilito che il beneficio fiscale spetta
esclusivamente nell’ipotesi in cui le casse, gli enti sanitari ed in genere i fondi integrativi del servizio sanitario nazionale operino in specifici
“ambiti di intervento”, volti a garantire agli iscritti ben determinate
prestazioni sanitarie e socio-sanitarie. In pratica il riconoscimento della deduzione dal reddito del soggetto iscritto dell’importo del contributo versato è subordinata alla previsione nei singoli statuti degli enti
e all’effettiva erogazione di tali prestazioni.
I fondi sanitari, pertanto, devono presentare le seguenti condizioni:
›› l’esclusivo fine assistenziale;
›› a partire dall’anno 2010, attestino di aver erogato prestazioni sanitarie “vincolate” appartenenti ad alcune tipologie specificamente elencate, in misura non inferiore al 20% dell’ammontare complessivo delle risorse destinate alla copertura di tutte le prestazioni
garantite ai propri assistiti.
Prestazioni vincolate
(9) L’articolo 1, comma 197 della legge n. 244/2007 ha modificato l’art. 51, comma 2, lett. a) TUIR e l’art. 10, comma 1, lett. e-ter) TUIR.
(10) Decreti del Ministero della salute 31 marzo 2008 e 27 ottobre 2009.
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Nel dettaglio le tipologie di prestazioni “vincolate” che i Fondi devono necessariamente garantire nella misura sopra evidenziata possono essere così elencate:
›› prestazioni socio-sanitarie rivolte a persone non autosufficienti (assistenza e aiuto domestico o presso strutture residenziali o semiresidenziali);
›› prestazioni orientate al recupero della salute di soggetti temporaneamente resi inabili per malattia o infortunio (ad esempio, dispositivi per disabilità temporanea, cure termali o percorsi di riabilitazione);
›› prestazioni odontoiatriche.
Inoltre i fondi, gli enti o le casse (compresi quelli già operanti nell’ambito dei vari contratti collettivi di lavoro) sono sottoposti a precisi
adempimenti amministrativi come l’iscrizione all’Anagrafe di fondi
sanitari, con relativo invio telematico dell’atto costitutivo, il regolamento, il nomenclatore delle prestazioni erogate, il bilancio preventivo e consuntivo, lo schema di modello di adesione che deve compilare il singolo iscritto (o il nucleo familiare).
Ai fini del riconoscimento della non concorrenza alla base imponibile
dei redditi di lavoro dipendente ed al di là delle nuove e maggiori prestazioni garantite, l’art. 51, comma 2, lett. a) richiede sempre
che i contributi versati dipendano da una specifica fonte: il contratto
collettivo, l’accordo o il regolamento aziendale. Di conseguenza gli
enti o casse sanitarie devono riguardare la generalità dei dipendenti
dell’azienda o, per lo meno, una o più categorie ben individuate.
Con la circolare n. 50/E del 12 giugno 2002 l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che i contributi sanitari in oggetto non concorrono
Contributi per familiari
a formare la base imponibile del soggetto iscritto ai medesimi, anche
laddove i versamenti (anche solo una quota) siano finalizzati all’assistenza sanitaria dei familiari (fiscalmente o non fiscalmente a carico
del lavoratore). Ciò sempre che siano versati in conformità a disposizioni di contratto, accordo o regolamento aziendale.
Resta fermo che le spese sanitarie sostenute, che hanno dato luogo
al rimborso a fronte dei contributi menzionati, esclusi dalla formazione del reddito del lavoratore dipendente (entro la soglia annua di
euro 3.615,20.) non possono essere detratte, ai sensi dell’articolo 15,
comma 1, lettera c) del TUIR, dall’imposta dovuta dal contribuente o
da quella dovuta dai familiari non a carico nella propria dichiarazione dei redditi (vedi oltre).
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
3.3. Le spese mediche rimborsate dai fondi, enti e casse sanitarie
Con l’introduzione delle previsioni dei decreti, il legislatore non muta,
sotto il profilo fiscale il trattamento delle spese mediche rimborsate
per effetto dell’iscrizione alle predette casse ed enti: il lavoratore,
infatti, non può indicare le spese mediche rimborsate nella propria
dichiarazione dei redditi, salvo nell’ipotesi in cui i contributi effettivamente versati, risultino nel corso dell’anno superiori al tetto di euro
3.615,20. In quest’ultimo caso, infatti, il datore di lavoro è tenuto ad
evidenziare tale circostanza nelle annotazioni del CUD e conseguentemente il contribuente potrà far valere, come onere, la spesa medica eventualmente rimborsata, in proporzione alla quota di contributi
eccedente la soglia di legge di euro 3.615,20 che è stata, quindi,
assoggettata a ritenuta da parte del datore di lavoro.
Il principio da seguire è sempre quello che porta ad escludere in
dichiarazione il beneficio fiscale, nel caso in cui il contribuente abbia
usufruito della deduzione in sede di determinazione del reddito della
categoria di appartenenza. Per i lavoratori dipendenti tale situazione
è evidenziata in apposito punto del CUD, per quel che concerne
l’importo annuo complessivamente versato, con l’utilizzo dello spazio
annotazioni, finalizzato a fornire la predetta informazione.
Se invece la spesa sostenuta a titolo di contributo, ma più di frequente premio o polizza (vedi oltre) non ha fruito “a monte” di alcun beneficio fiscale (a titolo di detrazione o deduzione) non rileva la circostanza che la successiva spesa sanitaria sia stata rimborsata o meno
dall’assicurazione, poiché quest’ultima potrà sempre essere portata
in detrazione (nel caso di spese sanitarie e di assistenza specifica sostenute da soggetti non portatori di handicap) o in deduzione (nel
caso di spese mediche e di assistenza specifica sostenute da soggetti portatori di handicap) nella dichiarazione dei redditi.
Il caso può riguardare i c.d. “premi di assicurazione” ed in genere
le polizze sanitarie che, talvolta, sono contrattualmente stipulate dal
datore di lavoro, delle quali trattiamo nel prossimo paragrafo.
3.4. Le polizze assicurative e le erogazioni per spese sanitarie
Occorre primariamente precisare che non tutte le assicurazioni riconducibili al rapporto di lavoro sono fiscalmente esenti da imposizione in quanto occorre distinguerne la finalità ed in talune ipotesi,
benché potenzialmente imponibili potrà essere possibile accedere
alla franchigia di euro 258,23 prevista, in genere, per i fringe benefits
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dal comma 3 dell’art. 51 TUIR.
In linea generale appare opportuno richiamare quanto precisato
dall’Agenzia delle entrate nella circolare 23 dicembre 1997, n. 326,
punto 2.1, la quale, in tema di premi per assicurazioni pagati dal datore di lavoro ed in virtù dei principi generali di tassazione dei redditi
di lavoro dipendente, prevede la concorrenza alla formazione della
base imponibile dei premi per assicurazioni sanitarie, sulla vita e sugli
infortuni extra professionali, mentre ne afferma l’esclusione da tassazione per i premi relativi ad assicurazioni per infortuni professionali.
Queste ultime vengono escluse da tassazione in capo al lavoratore
in quanto, fondamentalmente, l’interesse a contrarle è del datore di
Polizze aziendali
lavoro il quale figura anche come beneficiario della polizza(11). Esse
forniscono una copertura da un rischio economico per l’impresa,
conseguente il possibile infortunio del lavoratore assicurato. I relativi
costi devono, quindi, considerarsi afferenti l’organizzazione del datore di lavoro e deducibili dallo stesso senza costituire retribuzione
imponibile per il lavoratore.
Una particolare ipotesi di questa tipologia, è stata trattata dall’Agenzia delle entrate nell’ambito della risoluzione n. 178/E del 9 settembre 2003.
Una società aveva stipulato una polizza assicurativa volta a garantire la copertura delle perdite di carattere patrimoniale che gli amministratori e i dipendenti della società dovessero subire in seguito ad
azioni di responsabilità civile intentate, nei loro confronti o direttamente nei confronti della società, da soggetti terzi lesi da atti compiuti dagli stessi amministratori o dipendenti, nell’esercizio dei loro
incarichi e funzioni. Per espressa previsione contrattuale, la polizza di
assicurazione non copriva i danni cagionati per fatto doloso o fraudolento e la fonte a carico della società, di tenere indenni gli amministratori od i dipendenti, era costituita: per i primi, da una delibera
adottata dall’assemblea ordinaria dei soci, per i quadri intermedi,
dall’articolo 5 della legge 13 maggio 1985, n. 190 (“il datore di lavoro
è tenuto ad assicurare il quadro intermedio contro il rischio di responsabilità civile verso terzi conseguente a colpa nello svolgimento delle
proprie mansioni contrattuali”) e per i dirigenti, dalle previsioni del
contratto collettivo di lavoro.
L’Amministrazione finanziaria con la risposta contenuta nella
(11) L’Amministrazione finanziaria ha confermato tale ruolo contrattuale dell’impresa nella circolare n. 55/E del 4 marzo 1999.
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risoluzione sopra richiamata sancisce che sussiste un esclusivo interesse del datore di lavoro alla stipula della polizza, interesse che si
sostanzia:
›› nell’obbligo, autonomamente assunto, di risarcire il danno patrimoniale subito dall’amministratore (o in genere dal dipendente) a
causa di un’attività da cui trae beneficio la società;
›› nel perseguimento di politiche aziendali rese più efficaci da una
attività di gestione snella e libera da remore, grazie alla tranquillità psicologica dei propri amministratori non frenati dal timore di
eventuali ripercussioni patrimoniali.
Per conseguenza, i premi corrisposti non costituiscano fringe benefit
e non concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
Circa i premi per assicurazioni sanitarie, sulla vita, sugli infortuni extra
professionali o anche per il rischio morte ed invalidità superiore al
Polizze sanitarie
5%(12), versati su base individuale e volontaria (ma anche contrattualmente previsti per tutti i lavoratori e con premio a carico del datore
di lavoro) differente è il trattamento fiscale perché in questo caso
l’importo concorre alla formazione del reddito imponibile del lavoratore nel periodo di paga in cui è avvenuta l’erogazione (cfr. circolare
n. 326/E del 23 dicembre1997, punto 3.4) sempre che l’importo risulti
superiore ad euro 258,23; trattasi infatti di fringe benefit ex art. 51,
comma 3 TUIR.
Le assicurazioni genericamente definite “sanitarie” tutelano il rischio
“malattia” e consentono, ad esempio, la possibilità per l’iscritto di vedersi rimborsate le spese mediche per visite specialistiche, esami diagnostici e degenze ospedaliere con attribuzione di diaria giornaliera.
A fronte della corresponsione del premio (anche da previsioni del
contratto di lavoro) il legislatore non attribuisce alcun beneficio fiscale, sotto forma di non concorrenza al reddito o detrazione ed è
per tale ragione che sarà sempre possibile detrarre o dedurre tutte
le spese mediche sostenute, indipendentemente dall’eventuale rimborso ottenuto dall’assicurazione.
Gli articoli 10, comma 1, lett. b) e art. 15, comma 1, lett. c) TUIR in
tema di spese sanitarie prevedono, infatti, che:
“… Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese
(12) Questi ultimi detraibili nella misura del 19% entro il tetto annuo di euro 1.291,14
per contratti assicurativi (anche derivanti da accordi o contratti collettivi di lavoro)
stipulati dal 1° gennaio 2001.
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rimborsate per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d’imposta o che non sono
deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono
a formarlo. Si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente
le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo
versati da altri (n.d.r. datore di lavoro) concorrono a formare il suo
reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta”.
Quanto alle assicurazioni collettive stipulate dal datore di lavoro
aventi ad oggetto il rischio morte o invalidità permanente non in-
Polizze detraibili
feriore al 5%, per rischi extra professionali occorre ricordare che le
erogazioni in parola concorrono alla formazione del reddito di lavoro
dipendente, salvo la possibile applicazione della franchigia dei fringe benefits. Tuttavia, a differenza delle assicurazioni sanitarie, il datore di lavoro potrà riconoscere la relativa detrazione prevista dal TUIR,
se siano state stipulate in conformità a contratti collettivi, accordi o
regolamenti aziendali, in ossequio alle previsioni dell’art. 23, comma
3, d.P.R. n. 600/1973.
Nell’ambito delle operazioni di conguaglio di fine anno, infatti, è
necessario riconoscere l’agevolazione a titolo di onere detraibile
sull’imposta determinata sul reddito di lavoro dipendente, in quanto
trattasi di importi riconducibili alle previsioni di cui all’art. 15, comma
1, lett. f) TUIR(13). Ai sensi di tale disposizione di legge i premi versati per
la copertura del rischio morte ed invalidità non inferiore al 5%, o di
non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana
sono detraibili nella misura del 19% nei limiti del tetto annuo di euro
1.291,14 (per i lavoratori dipendenti si tiene conto della quota di polizza collettiva certificata nel CUD).
La detraibilità dei premi collettivi è stata riconosciuta dall’amministrazione finanziaria con la risposta n. 1.4.4. della circolare n. 95/E del
12 maggio 2000 che trattava dell’allora detraibile premio per una
(13) L’articolo 13 del d.lgs. n. 47/2000 specifica che, per i contratti di assicurazione
che prevedono la copertura di più rischi aventi un regime fiscale differenziato, nella polizza deve essere evidenziato l’importo del premio afferente a ciascun rischio,
perché solo per i premi versati in dipendenza di contratti aventi a oggetto il rischio
morte o invalidità permanente o non autosufficienza è prevista la detrazione d’imposta. Nell’ambito dei contratti aventi per oggetto il rischio morte, la circolare n.
29/E del 20 marzo 2001 dell’Agenzia delle entrate ha chiarito che vi rientrano non
solo quelli che prevedono l’erogazione della prestazione esclusivamente in caso di
morte, ma anche quelli “di tipo misto”, che in alternativa ricollegano la prestazione
alla permanenza in vita alla scadenza del contratto. In tal caso, però, solo la parte
di premio riferibile al rischio morte è detraibile.
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polizza vita. Ebbene ancorché i soggetti siano differenti – sottoscrittore (datore di lavoro) e assicurato (lavoratore) – le polizze collettive,
tipico prodotto del mondo del lavoro dipendente, stipulate in nome
e per conto del lavoratore danno parimenti diritto alla detrazione di
cui all’art. 15, comma 1, lett. f), del TUIR relativamente alla quota di
premio riferita alla singola posizione individuale.
In linea con quanto, da ultimo, affermato il caso trattato dalla risoluzione n. 391/E del 21 dicembre 2007, con la quale una società,
Polizze L.T.C.
in conformità alle disposizioni del contratto collettivo di lavoro che
aveva previsto l’introduzione di un istituto idoneo a garantire ai dipendenti la copertura assicurativa del tipo Long Term Care (L.T.C.
- letteralmente “assistenza a lungo termine”) contro il rischio di eventi
invalidanti tali da comportare uno stato di non autosufficienza nel
compimento degli atti della vita quotidiana, a causa di malattie o
di infortuni, aveva versato una contribuzione proporzionale alla retribuzione annua tabellare dei dipendenti (come da CCNL) al Fondo
Unico Nazionale L.T.C.
Solo successivamente il Fondo, con i contributi raccolti (totalmente a carico dei datori di lavoro), provvedeva alla sottoscrizione di
contratti di assicurazione con diverse imprese assicuratrici. Secondo
l’Amministrazione finanziaria il trattamento fiscale dei contributi che
alimentano il Fondo L.T.C. è analogo ai premi delle polizze collettive
direttamente stipulate dal datore di lavoro:
“… il Fondo si pone alla stregua di un soggetto intermediario per la
gestione accentrata e, presumibilmente, più efficace, della garanzia
assicurativa del tipo Long Term Care a vantaggio della categoria
dei lavoratori dipendenti del settore assicurativo. In altri termini, sembra ragionevole considerare la costituzione del Fondo medesimo un
mero strumento organizzativo per la stipula di polizze assicurative
analogo al contratto di assicurazione stipulato dal singolo dipendente ovvero alla polizza collettiva stipulata dal datore di lavoro”.
Naturalmente anche in questo caso, non rinvenendosi un interesse
diretto del sostituto d’imposta alla stipula del contratto assicurativo,
il premio riconducibile alla posizione individuale di ogni lavoratore
rappresenta un fringe benefit per lo stesso.
3.5. Le polizze assicurative e le somme erogate discrezionalmente ai dipendenti
Sempre in presenza di una polizza assicurativa collettiva stipulata
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Indennizzo
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dal datore di lavoro, secondo l’amministrazione finanziaria, le somme devolute al dipendente per l’indennizzo percepito a seguito di
un infortunio dello stesso dipendente, che abbia provocato un’invalidità permanente, non beneficiano di alcun vantaggio fiscale. Con
la risoluzione n. 200/E del 4 dicembre 2001, infatti, è stato ribadito il
principio generale della tassazione di ogni erogazione in favore dei
dipendenti.
Secondo l’amministrazione finanziaria, sempre in presenza di una polizza assicurativa collettiva stipulata dal datore di lavoro, è differente
il trattamento fiscale delle somme devolute al dipendente per l’indennizzo percepito a seguito di un infortunio dello stesso dipendente
che abbia provocato un’invalidità permanente. Con la risoluzione n.
200/E del 4 dicembre 2001, infatti è stato ribadito il principio generale
della tassazione di ogni erogazione in favore dei dipendenti.
Il quesito, in particolare, riguardava il corretto inquadramento delle somme e la conseguente applicabilità della ritenuta sulle somme
stesse per il seguente caso:
›› l’impresa in forza di un contratto stipulato con la società assicurativa riceve da quest’ultima un indennizzo in caso di infortuni professionali od extra professionali da cui derivi la morte o lo stato
di invalidità permanente, totale o parziale, del proprio personale
dipendente;
›› in forza di una espressa clausola contrattuale, all’impresa stipulante la polizza è riservata la facoltà insindacabile di trattenere in proprio favore o di devolvere, in tutto od in parte, all’infortunato od ai
suoi aventi causa, l’indennizzo pagato dalla società assicuratrice.
La problematica, in caso di devoluzione delle somme ai dipendenti,
era rappresentata dalla loro assoggettabilità o meno a ritenuta alla
fonte, con le modalità di cui all’art. 23 del d.P.R. 600/1973, a titolo di
reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51 del TUIR o la loro esenzione in quanto importi aventi natura di mera reintegrazione patrimoniale, non costituenti redditi “sostitutivi” di quelli non percepiti, ai sensi
dell’articolo 6, comma 2, del TUIR(14). L’Agenzia delle entrate, in sede
(14) I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione
dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo
di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti
da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria
di quelli sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti
su cui tali interessi sono maturati.
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di risposta al quesito, ha precisato che il lavoratore dipendente rimane assolutamente estraneo al rapporto contrattuale esistente
tra la società datore di lavoro e quella assicuratrice. Pertanto, qualunque comportamento diverso dal pagamento del premio e dalla
corresponsione dell’indennizzo da parte della società assicuratrice al
contraente, deve ritenersi assolutamente discrezionale e come tale
imponibile in capo al beneficiario/terzo.
La conseguenza è l’applicazione della ritenuta sulla somma corrisposta dalla società assicuratrice e successivamente riversata al lavoratore, per pura liberalità, ancorché riconducibile ad una causa
invalidante o devoluta agli eredi a seguito del decesso del lavoratore.
Alla luce di quanto affermato, per il sostituto d’imposta, l’unica possibilità di qualificare le predette somme come esenti, sarebbe stata
la clausola di “salvezza” rappresentata dall’art. 51, comma 2, lett. b)
TUIR il quale prevedeva il non assoggettamento a tassazione dei:
“sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente”,(15) non più vigente.
3.6. Somministrazione del vitto, ticket restaurant e servizi di
trasporto collettivo
L’analisi del comma 2 dell’art. 51 TUIR riguardante le ipotesi di non
concorrenza alla base imponibile dei redditi di lavoro dipendente
prevede, ora, la trattazione di un paio di fattispecie di “servizi” resi ai
dipendenti: la somministrazione del vitto (nelle sue varie forme) disciplinata dalla lett. c) ed il servizio di trasporto collettivo per il raggiungimento della sede di lavoro, compreso nella lett. d) della stessa norma.
In ordine al vitto la norma prevede la totale esclusione dalla base
imponibile Irpef per le somministrazioni di vitto da parte del datore di
Vitto
lavoro presso la propria azienda, in quelle inter-aziendali, nonché le
somministrazioni che vengono effettuate in mense aziendali organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi. Rientrano in
tale accezione anche i casi di convenzioni stipulate con ristoranti e la
fornitura di cestini preconfezionati contenenti il pasto dei dipendenti.
In questi casi l’irrilevanza fiscale del benefit erogato coincide con il
valore dello stesso: in sostanza non esiste un limite (come avviene
per le prestazioni sostitutive) pertanto il sostituto d’imposta non opera
(15) L’art. 2, comma 6 del d.l. n. 93/2008 (disposizione relativa all’introduzione della
c.d. detassazione dei premi e straordinari) ha abrogato la lett. b) dell’art. 51, comma 2 TUIR con decorrenza dalla sua entrata in vigore – 29 maggio 2008 –.
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alcuna ritenuta fiscale o trattenuta contributiva.
Nei limiti dell’importo giornaliero di euro 5,29 sono, invece, esclusi
dalla retribuzione imponibile anche i c.d. buoni pasto o ticket restaurant, definite prestazioni sostitutive del vitto, così come le indennità
sostitutive (somme in denaro sostitutive della mancata fruizione della
mensa) anche se queste ultime nel rispetto di determinate condizioni
“logistico/oggettive” che la stessa norma prevede.
Pertanto la fornitura dei buoni pasto o ticket restaurant(16) rimane
sempre esclusa dalla tassazione fino all’importo giornaliero di euro
Ticket restaurant
5,29, mentre le erogazioni in denaro sotto forma di indennità di mensa, beneficiano della medesima soglia di esclusione dalla formazione del reddito, soltanto se attribuite agli addetti ai cantieri edili, nonché agli addetti ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo
o ad unità produttive ubicate in zone ove manchino strutture o servizi
di ristorazione.
Per valutare la sussistenza del presupposto di “unità produttive ubicate in zone ove manchino strutture o servizi di ristorazione”, occorre valutare caso per caso, non essendo configurabile un criterio di
carattere generale. Tuttavia appare d’aiuto l’interpretazione fornita
con la risoluzione n. 41/E del 30 marzo 2000 da parte dell’amministrazione finanziaria, secondo la quale, l’esclusione dell’indennità sostitutiva dal reddito imponibile fino al limite di euro 5,29 opera soltanto nei
confronti di quei lavoratori per i quali ricorrono le seguenti condizioni:
›› orario di lavoro che comprenda la pausa per il pranzo;
›› lavoro stabile presso un’unità produttiva;
›› unità produttiva che non consente di recarsi, senza utilizzare mezzi
di trasporto, al più vicino luogo di ristorazione.
Con riferimento alla fattispecie del “buono pasto” (in relazione ai
quali, ai fini dell’esclusione, si deve fare riferimento al valore nominale
del buono), è stato chiarito che negli stessi deve essere individuabile
(16) La circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997 del Ministero delle finanze ha comunque ricordato che, in base alla legge n. 97/1977, devono intendersi per servizi
sostitutivi di mensa resi a mezzo di buoni pasto di cui al decreto del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale del 3 marzo 1994:
• le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi;
• le cessioni di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato, effettuato
da mense aziendali, interaziendali, rosticcerie e gastronomie artigianali, pubblici
esercizi e dagli esercizi commerciali muniti di autorizzazione per la vendita, per la
produzione, la preparazione e vendita di generi alimentari, anche su area pubblica e operate dietro commesse di imprese che forniscono servizi sostitutivi di mensa.
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un collegamento tra i tagliandi ed il tipo di prestazione cui danno
diritto. Inoltre:
›› i tagliandi devono recare sul retro la precisazione che non possono essere né cedibili, né cumulabili, né commerciabili e né convertibili in denaro;
›› i buoni devono consentire esclusivamente l’espletamento della
prestazione sostitutiva nei confronti dei dipendenti che ne hanno
diritto, ed essere debitamente datati e sottoscritti.
Ai fini di discernere tra la somministrazione tramite i ticket restaurant
e la somministrazione del vitto da parte del datore di lavoro (in forma
Mensa “diffusa”
indiretta) con conseguente, differente trattamento fiscale pare opportuno riportare, anche, quanto precisato dall’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 63 del 17 maggio 2005 avente ad oggetto le
somministrazioni ottenute mediante l’utilizzo di apposite card aziendali in esercizi convenzionati. L’esibizione del badge, per ogni dipendente, consente di ottenere una sola prestazione giornaliera, non
ripetibile nell’arco dello stesso giorno lavorativo. Inoltre, la card non
consente al dipendente di ricevere somme di denaro, beni o prestazioni diverse da quelle stabilite nel contratto e registrate sulla card.
Ebbene, secondo l’amministrazione finanziaria, dalla funzione attribuita alle card elettroniche (di mero strumento identificativo dell’avente diritto) deriva che le stesse non sono assimilabili ai c.d. “ticket
restaurant”, ma piuttosto ad un sistema di mensa aziendale, che può
essere definita “diffusa” in quanto il dipendente è libero di rivolgersi ai
diversi esercizi pubblici che avendo sottoscritto la convenzione sono
abilitati a gestire la card elettronica. Le prestazioni rese attraverso di
esse, quindi, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, a prescindere dal superamento o meno del limite di 5,29
euro, di cui all’articolo 51, comma 2, lett. c), del TUIR (riferito esclusivamente alle prestazioni ed alle indennità sostitutive di mensa).
Va ricordato che è facoltà del datore di lavoro scegliere modalità
anche diverse di somministrazione dei pasti ai dipendenti in base alle
proprie esigenze, potendo arrivare a prevedere ed adottare anche
più sistemi contemporaneamente (ad es. istituire il servizio di mensa
per una categoria di dipendenti, il sistema dei c.d. “ticket restaurant”
per un’altra categoria e provvedere all’erogazione di una indennità
sostitutiva per un’altra ancora, magari per chi non possa usufruire del
servizio mensa).
Non è invece possibile che lo stesso dipendente, con riferimento alla
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medesima giornata di lavoro, possa avvalersi di più prestazioni: per
esempio avvalersi del servizio mensa ed utilizzare anche il buono pasto (ticket restaurant) beneficiando della franchigia di euro 5,29 di
esclusione dal reddito.
Infine per quanto riguarda il rapporto della norma in esame con altre
discipline agevolative, inerenti il rapporto di lavoro occorre ricordare
Chiarimenti
quanto segue:
›› con la risoluzione n. 26/E del 29 marzo 2010 (risposta n. 1) l’Agenzia
delle entrate ha chiarito che il valore nominale del ticket restaurant impedisce di qualificarli come prestazioni in natura, riconducibili al comma 3 dell’art. 51 TUIR, pertanto l’eventuale eccedenza
rispetto alla soglia di esenzione giornaliera non potrà essere assorbita nella franchigia di euro 258,23 applicabile, invece, ai benefits;
›› alla luce del combinato disposto dell’articolo 51, comma 2, lett. c)
TUIR e del comma 5 della stessa norma, si deve ritenere che, qualora il contribuente si rechi in trasferta, la fornitura del “ticket restaurant” in aggiunta al rimborso del vitto, oltre che determinare
la riduzione della franchigia di imposta relativa all’indennità di trasferta, comporterebbe l’integrale tassazione del predetto ticket.
L’articolo 51, comma 2, lettera d) del TUIR prevede la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente delle prestazioni di servizi di
Trasporto collettivo
trasporto collettivo rese alla generalità o a categorie di dipendenti
svolte da parte del datore di lavoro. Trattasi del benefit esente da
tassazione riguardante il servizio per i dipendenti che copre il tragitto
casa/lavoro, il quale può essere garantito:
›› con mezzi propri del sostituto d’imposta che provvede a raccogliere i dipendenti dai domicili o da altri punti convenuti ed a trasportarli nel luogo di lavoro;
›› mediante appalto a terzi dello stesso servizio.
Come chiarito dalla circolare del Ministero delle finanze n. 326/E del
23 dicembre 1997, ai fini dell’irrilevanza reddituale del servizio di trasporto è necessario che lo stesso sia rivolto alla generalità dei dipendenti o a intere categorie di dipendente e, nell’ipotesi di servizio affidato a terzi, il dipendente deve rimanere estraneo al rapporto con il
vettore (la società che gestisce il traffico urbano od extra urbano del
luogo in cui si trova l’azienda, il servizio taxi).
Resta comunque fermo il principio che la prestazione, ai fini della
non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente,
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deve essere resa in modo collettivo, quantomeno in linea teorica
anche se, di fatto, alcuni dipendenti non se ne avvalgono.
Eventuali indennità sostitutive corrisposte a tale titolo o rimborsi(17) di
tessere di abbonamento o biglietti del trasposto pubblico saranno
integralmente sottoposte a tassazione (manca il requisito dell’affidamento ad un soggetto terzo del servizio di trasporto da parte del datore di lavoro) o al limite potrà essere applicato il principio generale
e la franchigia di non concorrenza prevista dall’articolo 51, comma 3
del TUIR (euro 258,23 annue) considerato che l’abbonamento al trasporto pubblico è utilizzato anche per percorsi estranei al tragitto
casa-lavoro ed anche nei giorni non lavorativi.
In tal senso si segnala la risoluzione n. 126/E del 5 giugno 2007, con la
quale l’amministrazione finanziaria ha fornito una risposta ad un ente
Ticket trasporto
locale riguardo ad una specifica ipotesi di “ticket trasporto” attribuito a tutti i dipendenti.
Il caso era quello di una Provincia che intendeva incentivare,
nell’ambito della cosiddetta mobilità sostenibile, l’utilizzo dei mezzi
pubblici da parte del proprio personale dipendente in alternativa
all’auto privata. In quest’ottica il sostituto d’imposta aveva stipulato
una convenzione con le aziende di trasporto pubblico locale al fine
di offrire alla generalità dei propri dipendenti un “ticket trasporto”
da distribuire ai propri dipendenti di un valore annuo non superiore a
euro 258,23, totalmente a carico della Provincia. A seguito dell’erogazione del ticket il dipendente era legittimato ad acquistare l’abbonamento ordinario alla rete del trasporto pubblico locale mediante il pagamento di un corrispettivo pari alla differenza tra il prezzo
dell’abbonamento e il valore facciale del buono stesso. La fattispecie secondo l’Agenzia delle entrate non è ascrivibile all’articolo 51,
comma 2, lettera d) del TUIR (nel caso di specie, il dipendente non
fruisce di un servizio di trasporto per la tratta casa-sede di lavoro)
bensì occorrerà fare riferimento all’art. 51, comma 3 TUIR in quanto il
dipendente beneficia di un valore economico attribuito dal datore
di lavoro che concorre alla base imponibile se la soglia è superata
con riferimento all’insieme di tutti i beni e servizi di cui il lavoratore
fruisce, a titolo di fringe benefit nello stesso periodo d’imposta, tenuto
conto di tutti i redditi percepiti.
(17) Risoluzione n. 95/E del 21 marzo 2002 con la quale viene ribadita l’integrale
imponibilità dei rimborsi delle spese sostenute dai tirocinanti per il servizio di trasporto pubblico utilizzato per recarsi presso il soggetto ospitante (il principio è, infatti,
applicabile anche ai redditi assimilati al lavoro dipendente).
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L’assoggettamento a tassazione degli importi corrisposti direttamente ai dipendenti (ancorché previsti dal contratto collettivo) è stata
Indennità e rimborsi
ribadita nella risoluzione n. 54/E del 23 marzo 1999, con la quale l’amministrazione finanziaria ha trattato una specifica ipotesi legata ai
servizi di trasporto e riguardante il personale dell’Enea. Erano stati
richiesti chiarimenti in merito al trattamento tributario cui assoggettare il rimborso chilometrico, stabilito dal Contratto collettivo ENEA,
pari ad 1/5 del costo della benzina per l’utilizzo di mezzo proprio di
trasporto per recarsi dalla propria abitazione agli impianti e viceversa, corrisposto ad una particolare categoria di propri dipendenti(18).
Il Ministero delle finanze, sottolineando come il principio informatore
della riforma è quello di far rientrare ogni somma percepita nell’ambito del rapporto di lavoro come assoggettabile a tassazione nel
reddito di specie, ha precisato che la lettera d), comma 2, dell’articolo 51 del TUIR dispone l’irrilevanza, ai fini reddituali, per il dipendente delle prestazioni di servizi di trasporto collettivo per lo spostamento
dei dipendenti dal luogo di abitazione o da un apposito centro di
raccolta alla sede di lavoro o viceversa. Considerato che, nel caso
di specie, si trattava di erogazione di somme di denaro, viene ribadito che i rimborsi spese forfetari sono necessariamente assoggettati a
ritenuta con esclusione soltanto di quanto disposto, a proposito delle
trasferte e dei trasferimenti disciplinati, rispettivamente, ai commi 5
e 7 dell’articolo 51 del d.P.R. TUIR e di quelli relativi a spese sostenute
dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro.
Pertanto, poiché l’equo indennizzo corrisposto ai dipendenti si riferiva al normale percorso casa-lavoro che non rientra in nessuna delle
fattispecie disciplinate dalla disposizione normativa, il Ministero delle
finanze ha ritenuto la somma integralmente tassabile nell’ambito del
reddito di lavoro dipendente rammentando, nel contempo, che ai
lavoratori viene attribuita una specifica detrazione in funzione delle
spese ricollegabili alla produzione del reddito(19).
(18) In merito alle condizioni con le quali il lavoro dei turnisti viene svolto nell’istanza
è precisato che il personale opera il servizio di turno sugli impianti:
- presso sedi ENEA dislocate fuori dai centri abitati;
- le sedi non sono servite da mezzi pubblici di linea;
- le sedi non sono servite da mezzi messi a disposizione dall’ente in quanto le prestazioni richieste si svolgono in orari diversi da quelli del restante personale (anche
nei giorni festivi) e pertanto non è possibile usufruire del normale servizio pullman
a disposizione del personale per il trasporto verso/dai Centri a orari prestabiliti.
(19) Un caso analogo è stato affrontato dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione
n. 191/E del 13 dicembre 2000, relativo ai rimborsi chilometrici corrisposti ai dipendenti in relazione ad una specifica previsione contrattuale (nella quale si afferma
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Infine nella circolare n. 101/E del 19 maggio 2000 (risposta 7.3) l’amministrazione finanziaria ha confermato il principio generale di assoggettamento a tassazione anche del rimborso delle spese per il taxi(20).
3.7. Le opere e servizi di utilità sociale e le erogazioni per le
borse di studio
Le previsioni dell’art. 51, comma 2, lett. f) ed f-bis) del TUIR prevedono
di annoverare taluni servizi resi in favore dei dipendenti o familiari degli stessi e anche talune erogazioni in denaro per specifiche finalità,
come fattispecie in totale esenzione fiscale e contributiva.
In pratica, per la prima ipotesi, il datore di lavoro non dovrà quantificare il valore monetario del servizio offerto ed assoggettarlo a tassazione come fringe benefit, mentre nel secondo caso (in presenza
di adeguata documentazione) potrà non operare la ritenuta sull’importo corrisposto, il quale, pertanto, rivestirà più la veste di rimborso
della spesa sostenuta dal dipendente.
L’articolo 51, comma. 2, lettera f) del TUIR, prevede che non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente l’utilizzazione
Nozione
delle opere e dei servizi di cui al comma 1 dell’art.100 del TUIR, da
parte dei dipendenti e dei soggetti indicati nell’art. 12 del TUIR. La
norma prevede, quindi, la non tassabilità in capo al dipendente del
valore normale corrispondente alla fruizione delle predette opere e
servizi, rivolte, in linea di principio, alla generalità dei dipendenti o a
categorie di dipendenti. Nell’ambito dell’articolo 100, comma 1 TUIR,
si fa riferimento alle spese volontariamente sostenute dal datore di
lavoro per specifiche finalità di:
›› educazione;
›› istruzione;
›› ricreazione;
›› assistenza sociale o sanitaria;
›› culto.
Non deve trattarsi di erogazione di somme, sebbene per le meritorie
finalità sopra evidenziate, bensì esclusivamente dell’utilizzazione del
che il predetto rimborso costituisce mera restituzione di somme anticipate per conto del datore di lavoro). Anche per tale fattispecie è stata confermata l’integrale
tassabilità della somma corrisposta.
(20) Il quesito era finalizzato a conoscere se i rimborsi corrisposti individualmente
ai dipendenti a fronte di spese taxi sostenute dagli stessi per recarsi alla propria
abitazione possono rientrare nella previsione contenuta nel comma 3 dell’articolo
51 del TUIR, in base al quale, come noto, non concorre a formare il reddito il valore
dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore
nel periodo di imposta a 258,23 euro.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
servizio offerto dal datore di lavoro (anche in convenzione con terzi
soggetti) da parte del dipendente o dei propri familiari.
In ordine a questa ipotesi, la circolare del Ministero delle finanze n.
326/E del 23 dicembre 1997 ha precisato che:
›› l’esclusione compete con riferimento al lavoratore dipendente e
ai suoi familiari in virtù del richiamo dell’art. 12 del TUIR, senza la
necessità che il familiare sia fiscalmente a carico;
›› deve trattarsi di somme corrisposte, o utilizzo di opere o servizi, per
la generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti intendendo la generica disponibilità verso un gruppo omogeneo di dipendenti (anche se taluni di questi non fruiscono, di fatto, delle opere
o dei servizi o delle somme). Pertanto qualunque somma attribuita
ad personam costituisce reddito di lavoro dipendente, come fringe benefit;
›› rientrano in questa previsione oltre gli asili nido, gli impianti sportivi
e, più in generale, tutte le strutture ricreative di proprietà dell’azienda o affittati (CRAL, campi da tennis, ecc.) utilizzabili dalla generalità o da categorie di dipendenti;
›› la disposizione esonerativa si applica anche alle somme destinate
dal datore di lavoro alla costituzione di spacci aziendali (con la
precisazione che i successivi acquisti da parte dei dipendenti costituiscono mere operazioni commerciali e, quindi, sono irrilevanti
ai fini della tassazione del reddito di lavoro dipendente, anche se
avvengono a prezzi scontati)(21).
Sempre in relazione agli oneri di utilità sociale, la circolare del Ministe-
Locali aziendali
ro delle finanze n. 238/E del 22 dicembre 2000, sul punto, ha precisato
che le opere ed i servizi messi a disposizione dei dipendenti e dei
propri familiari devono riguardare strutture di proprietà dell’azienda.
Mentre dunque non si pongono dubbi in merito alla non concorrenza
alla formazione del reddito di lavoro dipendente dell’utilità derivante
dalla fruizione dei servizi offerti da un circolo sportivo o ricreativo di
proprietà aziendale, nell’ipotesi di frequentazione del medesimo circolo che non è di proprietà del datore di lavoro (attraverso il sostenimento, da parte del datore di lavoro, del costo di iscrizione o dell’affitto dei campi) la fattispecie prevista dalla norma non si configura e
la somma attribuita ai lavoratori (anche in forma indiretta, a seguito
del rimborso del costo sostenuto) rappresenta un fringe benefit.
(21) Tale precisazione dovrà essere contemperata con quanto previsto dal comma 3 dell’art. 51, in merito al benefit riguardante la cessione dei beni prodotti
dall’impresa.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
L’Agenzia delle entrate ha sostanzialmente rivisitato la propria interpretazione in ordine alle modalità di erogazione dei servizi di cui
all’art. 51, comma 2, lett. f) TUIR, con la risoluzione n. 34/E del 10 marzo 2004, in riferimento ad un interpello di una società che intendeva fornire ad alcune categorie di dipendenti un servizio di check
up medico da effettuarsi presso strutture mediche convenzionate
“esterne”, con le quali avrebbe stipulato apposita convenzione.
Ebbene l’amministrazione finanziaria ha affermato che anche tale
ipotesi non genera alcun fringe benefit in capo al dipendente, a prescindere dal fatto che il servizio sia erogato nei locali dell’azienda o
in locali esterni alla stessa.
Ciò in quanto assoggettare o meno a tassazione l’utilizzo di un’opera
o di un servizio messo a disposizione volontariamente dal datore di
lavoro a seconda che le strutture impiegate siano o meno di proprietà dello stesso datore di lavoro determina una ingiustificata disparità
di trattamento tra lavoratori dipendenti che ricevono un beneficio
sostanzialmente identico.
Peraltro, affinché la disposizione dell’art. 51, comma 2, lettera f), possa tornare applicabile nell’ipotesi in cui le strutture utilizzate non siano
di proprietà del datore di lavoro, il dipendente deve risultare estraneo al rapporto che intercorre tra l’azienda e l’effettivo prestatore
del servizio ed in particolare non deve risultare beneficiario dei pagamenti effettuati dalla propria azienda per la fornitura del servizio
sanitario.
Ricapitolando le condizioni di esenzione, ribadite anche nell’ultima
posizione di prassi dell’Agenzia delle entrate, occorre che:
›› le opere ed i servizi messi a disposizione siano rivolti alla generalità
dei dipendenti o ad una o più categorie;
›› tali opere e servizi devono perseguire specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria o culto;
›› la spesa deve essere sostenuta volontariamente, e non in adempimento di un vincolo contrattuale da parte del datore di lavori
›› Al verificarsi di tali condizioni, quindi, l’utilizzazione di tali opere e
servizi da parte del dipendente non assume rilevanza ai fini della
determinazione del lavoro dipendente.
3.7.1.Utilizzazione di opere e servizi: alcune ipotesi
Tenendo conto delle finalità di cui all’art. 100, comma 1 del TUIR,
richiamato dalla norma in esame, è possibile individuare alcune
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
“liberalità” esenti che il datore di lavoro ha la facoltà di fornire ai
propri dipendenti. Come spesso accade per le aziende di non grosse dimensioni, laddove il datore di lavoro non abbia a disposizione
impianti sportivi propri, ovvero non ponga in essere i relativi adempimenti per l’erogazione indiretta, può provvedere iscrivendo a proprie
spese i dipendenti a circoli sportivi, per la pratica di varie discipline.
L’iscrizione dei dipendenti a circoli sportivi è inquadrabile nell’ambito dei servizi di utilità sociale aventi finalità ricreative di cui il datore di
lavoro si assume direttamente l’onere. In tale contesto, il vantaggio
di cui il dipendente beneficia, in aggiunta alla retribuzione, non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente.
L’azienda potrà anche fornire ai dipendenti biglietti gratis per spettacoli (cinematografici, teatrali, sportivi) oppure potrà allestire i locali
aziendali per ospitare manifestazioni di questo genere. Entrambe le
manifestazioni di questo tipo rientrano nell’ambito di applicazione
del disposto di cui all’art. 100, comma 1, del TUIR (in quanto possono
essere ricomprese nelle finalità culturali o ricreative) e, conseguentemente, per la generalità o categoria di dipendenti il relativo controvalore non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente. A differenti conclusioni si deve giungere nell’ipotesi in cui siano
pochi o specificati dipendenti a poter fruire del benefit in esame (ad
esempio l’abbonamento per la stagione teatrale o l’abbonamento
alla squadra di calcio): in questo caso, infatti, il valore corrispondente al benefit costituisce retribuzione imponibile per il singolo dipendente assegnatario.
Altra ipotesi potrebbe essere rappresentata dall’erogazione di abbonamenti gratuiti a periodici e riviste non relative all’attività dell’azienda. In questo caso se l’attribuzione è destinata alla generalità
dei dipendenti o a categorie di essi non si genera in capo ai dipendenti alcun benefit tassabile (possono essere ricomprese tra le finalità culturali o ricreative) mentre, se l’abbonamento a riviste o periodici riguarda pubblicazioni non specialistiche ed è destinato ad un
singolo dipendente si genera un benefit tassabile come reddito di
lavoro dipendente.
Per quanto riguarda l’abbonamento a riviste o periodici ed a pubblicazioni correlate ad attività inerenti l’impresa, quindi di contenuto
prettamente specialistico, i costi sostenuti dall’impresa non generano
alcun benefit tassabile in capo al dipendente e, naturalmente sono
deducibili integralmente dal reddito d’impresa. La fattispecie si avvicina, sostanzialmente, ad un aggiornamento professionale del dipendente che può essere perseguito anche attraverso pubblicazioni
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
settoriali.
L’alternativa sono i corsi di aggiornamento professionale il cui valore
resta irrilevante ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente in quanto l’onere sostenuto dal datore di lavoro per consentire la frequenza ai propri dipendenti di corsi di aggiornamento
specifici e che si collocano in una diretta relazione con il rapporto
di lavoro, costituisce un’utilità di cui beneficia la stessa azienda (ad
esempio corsi per l’uso del computer o per la conoscenza di una
lingua straniera).
Analoga conclusione vale nell’ipotesi in cui, invece del corso di aggiornamento interno, l’azienda consenta la partecipazione ai suoi
dipendenti di corsi esterni all’impresa.
Nell’ipotesi, invece, di iscrizione gratuita a corsi non collegati con
l’attività del dipendente (ad esempio corsi sportivi o ricreativi) l’onere sostenuto dall’azienda potrebbe rientrare nell’ambito di applicazione di cui all’art. 100, comma 1, del TUIR, con irrilevanza fiscale, per
il dipendente del valore dell’erogazione ai sensi dell’art. 51, comma
2, lett. f) TUIR.
Per l’iscrizione ad albi professionali anche in questo caso si deve procedere alla distinzione tra l’ipotesi in cui l’iscrizione all’albo professionale sia necessaria per lo svolgimento dell’attività del dipendente
(ad esempio necessità di iscrizione all’albo degli avvocati per il dirigente posto a capo dell’ufficio legale) dall’ipotesi in cui l’iscrizione
corrisponde ad una sostanziale liberalità che arreca vantaggi esclusivamente al lavoratore dipendente o addirittura superflua rispetto
all’attività svolta. Pertanto:
›› nella prima ipotesi il costo del datore non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente;
›› nella seconda ipotesi (cioè se l’iscrizione all’albo professionale
non è utile ai fini dello svolgimento dell’attività di lavoro) si concretizza un benefit in capo al lavoratore dipendente, pari al valore
normale.
3.7.2.Le erogazioni per asili nido e borse di studio
L’art. 51, comma 2, lett. f-bis) del TUIR prevede l’esclusione dal reddito imponibile del lavoratore:
Nozione
“delle somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la frequenza di asili nido e
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
di colonie climatiche da parte dei familiari indicati nell’articolo 12”
nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari”.
Pertanto, in capo al lavoratore dipendente, il costo sostenuto dal
datore di lavoro per consentire al figlio del dipendente la frequenza dell’asilo nido non configura un benefit tassabile. La circolare del
Ministero delle finanze n. 238/E del 22 dicembre 2000 ha chiarito che
l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente si rende applicabile qualora il datore di lavoro acquisisca e conservi la
documentazione comprovante l’utilizzo delle somme da parte del
dipendente coerentemente con le finalità per le quali le stesse sono
state corrisposte.
Questo sia nel caso in cui il datore di lavoro eroghi direttamente le
somme ai dipendenti, sia nell’ipotesi in cui rimborsi l’onere sostenuto
dai propri dipendenti. Anche in questo caso la norma prevede che
l’erogazione debba riguardare tutti i dipendenti o una categoria degli stessi.
Laddove l’azienda si faccia promotrice dell’allestimento dell’asilo
nido aziendale presso i propri locali con:
›› gestione diretta, intendendo la scelta di un’azienda di aprire
nell’ambito della propria struttura un asilo nido, sfruttando spazi
dell’azienda e personale assunto dall’azienda, gestendo il proprio
servizio;
›› gestione indiretta, intendendo la scelta di un’azienda di esternalizzare il servizio; affidando a un terzo o dando vita a un soggetto
giuridico terzo cui affidare il servizio stesso (es. società, fondazione,
ecc.);
si ritiene che anche in questi casi il servizio prestato non sia imponibile
per il lavoratore.
L’altra ipotesi di esclusione dalla base imponibile dei redditi di lavoro
dipendente, sempre prevista dall’art. 51, comma 2, lett. f-bis) TUIR, è
rappresentata dall’erogazione di somme a titolo di borsa di studio
da attribuire ai familiari, di cui all’art. 12 TUIR, dei dipendenti. Le predette somme, pertanto, non sono assoggettate a ritenuta e, sempre
la circolare del Ministero delle finanze 238/E del 22 dicembre 2000
ha chiarito che (fermo restando la destinazione alla generalità od
alla categoria di dipendenti) sono da ricomprendere in questa ipotesi anche le somme corrisposte al dipendente per assegni, premi o
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
sussidi per fini di studio a favore dei familiari di cui all’art. 12 del TUIR.
Nella frequente ipotesi riguardante le tasse scolastiche a favore dei
figli dei dipendenti, la spesa all’azienda viene sostenuta per garantire ai figli dei dipendenti un servizio che potrebbe anch’esso essere
ricompreso tra le finalità di cui all’art. 100, comma 1, TUIR, con possibile applicazione dell’art. 51, comma 2, lettere f) ed f-bis) del TUIR.
Infatti:
›› il pagamento delle tasse scolastiche può ragionevolmente rientrare nell’ambito della finalità di istruzione, anche se il limite potrebbe
essere rappresentato dalla necessità che la struttura utilizzata sia
di proprietà dell’impresa o in “convenzione”;
›› non rientra direttamente nelle specifiche ipotesi disciplinate dalla
lettera f-bis) dell’art. 51, comma 2, in relazione alle somme erogate a meno che non sia qualificata come premio, assegno o sussidio di studio a favore dei familiari del dipendente.
3.8. Gli oneri deducibili direttamente trattenuti dal datore di
lavoro
L’art. 51, comma 2, lett. h) del TUIR prevede una particolare forma di
non concorrenza ai redditi di lavoro dipendente, originata dal soste-
Nozione
nimento di una spesa da parte del lavoratore. Si tratta di quelle somme trattenute al dipendente per oneri deducibili di cui all’art. 10 del
TUIR, nonché le erogazioni fatte dal datore di lavoro in conformità a
contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali a copertura
di spese sanitarie di cui allo stesso articolo 10, comma 1, lettera b),
ossia le spese mediche e di assistenza specifica sostenute dai soggetti portatori di un handicap grave ex articolo 3, legge n. 104/1992.
La ratio sottostante la disposizione in esame può essere individuata
nell’accordare al lavoratore il vantaggio rappresentato dall’evitare
l’onere dichiarativo (presentazione di UNICO o Mod. 730) al fine di
beneficiare di spese, fiscalmente qualificati come oneri deducibili,
di cui il datore di lavoro è a conoscenza, avendo effettuato direttamente le trattenute in busta paga per gli stessi oneri. In questo caso
la norma obbliga il sostituto d’imposta ad operare la ritenuta sulla
retribuzione al netto dell’onere riconosciuto (ad esempio trattenuta
per la previdenza complementare, assegno per il mantenimento del
coniuge).
Peraltro già con la circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997,
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
l’Amministrazione finanziaria aveva consentito al datore di lavoro,
che intendesse in qualche modo agevolare un proprio dipendente,
di tener conto di spese (sia oneri deducibili dal reddito che detraibili
dall’imposta) sostenuti da quest’ultimo (cioè senza il tramite del datore medesimo) direttamente in sede di conguaglio. In pratica in tal
modo si “anticipa” in via facoltativa l’assistenza fiscale che avrebbe dovuto essere, per tali casi, il naturale contenitore delle predette
operazioni.
In ordine alla disposizione di cui all’art. 51, comma 2, lett. h) TUIR, con
la circolare n. 15/E del 16 marzo 2007 l’Agenzia delle entrate ribadisce che la finalità procedurale perseguita è tesa a ridurre gli adempimenti dichiarativi con evidente vantaggio sia per i contribuenti che
per l’amministrazione finanziaria. Nel contempo, è di tutta evidenza come tale finalità sia stata attuata dal legislatore attraverso una
disposizione di carattere sostanziale che incide direttamente sulla
determinazione del reddito di lavoro dipendente. In sostanza viene
precisato che l’importo trattenuto contribuisce ad abbassare il reddito complessivo certificato nel CUD, fiscalmente rilevante anche ai
fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia e lavoro
dipendente di cui agli artt. 12 e 13 del TUIR.
Sotto il profilo operativo, pertanto l’ammontare complessivo degli
oneri deducibili dell’anno (ad esempio: contributi previdenziali e assistenziali volontari(22), assegno di mantenimento per il coniuge, somme restituite al soggetto erogatore che hanno contribuito a formare
il reddito in anni precedenti, contributi per la previdenza integrativa)
non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente al
momento del sostenimento dell’onere da parte del dipendente tramite l’effettuazione della relativa trattenuta in busta paga ed in sede
di conguaglio fiscale di fine anno.
L’importo riconosciuto dal sostituto d’imposta, anche quando comprensivo di più oneri deducibili deve essere dettagliatamente evidenziato nello spazio riservato alle annotazioni del CUD(23). Gli importi
indicati, in caso di presentazione della dichiarazione dei redditi da
parte del dipendente, non devono esservi riportati in quanto il beneficio fiscale degli stessi è già stato riconosciuto in sede di formazione
del reddito di lavoro dipendente.
(22) Compresi i contributi per il riscatto degli anni di laurea, come è stato precisato
dall’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 298/E del 2002.
(23) Distinguendo l’importo in riferimento al diverso onere deducibile riconosciuto.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Tra gli oneri deducibili più ricorrenti che possono “transitare” nell’ambito degli adempimenti dei sostituti d’imposta figurano:
›› le trattenute per la previdenza complementare i cui versamenti (a
prescindere dalla forma di previdenza integrativa prescelta dal
contribuente) rappresentano oneri deducibili ai sensi dell’art. 10,
comma 1, lett. e-bis) TUIR;
›› l’assegno di mantenimento destinato al coniuge o ex coniuge del
dipendente, in forza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria il
cui importo è onere deducibile ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett.
c) TUIR;
›› le somme restituite al soggetto erogatore che hanno concorso
a formare il reddito in anni precedenti, onere deducibile ai sensi
dell’art. 10, comma 1, lett. d-bis) TUIR.
Nell’ambito dei redditi di lavoro dipendente i contributi destinati alla
previdenza complementare, versati dal datore di lavoro e dal lavoratore (con esclusione del TFR) al fondo pensione “chiuso”, mediante
il prelievo di parte della retribuzione, rientrano nella prima previsione
normativa dell’art. 51, comma 2, lett. h) TUIR. Il sostituto d’imposta
avendo effettuato la trattenuta è tenuto a riconoscere l’onere rappresentato dalla somma dei contributi destinati alla previdenza integrativa (sia quelli trattenuti all’iscritto, sia quelli versati dal datore di
lavoro). In pratica deduce quelli a carico del lavoratore e non effettua la ritenuta su quelli a carico del datore di lavoro entro la soglia
annua di euro 5.164,57.
Si evidenzia che il regime della deducibilità degli stessi è stato riformato dal d.lgs. n. 252/2005, i cui effetti sono stati anticipati al 1° gennaio 2007 dal comma 749 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 (c.d.
finanziaria per il 2007). Conseguentemente sono stati rivisti anche gli
adempimenti dei sostituti che, con decorrenza dai versamenti effettuati dalla predetta data, dovranno verificare esclusivamente il
solo limite di deducibilità, applicabile a tutti i lavoratori pari ad euro
5.164,57.
›› Disciplina vigente fino al 31 dicembre 2006: d.lgs. n. 47/2000
I contributi erano deducibili dal reddito nel minore importo fra il 12
per cento del reddito complessivo e l’ammontare assoluto di euro
5.164,57. Se nel reddito complessivo erano presenti redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente
(per i quali alla cessazione del rapporto di lavoro viene erogato il
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile)
la deduzione competeva nel minore importo fra due predetti limiti e
il doppio del TFR destinato al fondo pensione.
A tale riguardo, nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 29/E del
20 marzo 2001 è stato precisato che il sostituto di imposta, ai fini della
verifica dei tre limiti, era tenuto a calcolare il 12 per cento sull’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente e assimilati,
indipendentemente dal riconoscimento di altri oneri deducibili, comprensivo dei contributi datoriali versati al fondo di categoria. Eseguita questa operazione, il limite di non concorrenza al reddito di lavoro
dipendente era costituito dal minore dei seguenti importi: il 12 per
cento così calcolato, l’importo assoluto di euro 5.164,57 e il doppio
del TFR devoluto al fondo pensione. Si precisa che, per “reddito complessivo”, nell’ambito del rapporto di lavoro si ha riguardo a quello
erogato dal datore di lavoro o da terzi in relazione a tale rapporto,
sempre che il percettore non abbia ritenuto di comunicare il suo reddito effettivo.
›› Disciplina decorrente dal 1° gennaio 2007: d.lgs. n. 252/2005
I contributi sono deducibili dal reddito complessivo nel limite assoluto
di euro 5.164,57, indipendentemente dal reddito del contribuente.
L’eccedenza (quota datore di lavoro e quota retribuzione) non potrà fruire del beneficio e potrà sempre essere comunicata al fondo
pensione per evitare la tassazione (in sede di erogazione della prestazione) del pari importo assoggettato a tassazione, nella fase di
accumulo, perché non dedotto(24).
Il limite assoluto sopra riportato riguarda, dal 2007, tutti i dipendenti e
contribuenti in genere, fatte salve particolari condizioni riconosciute
a determinati soggetti che anche il datore di lavoro dovrà distinguere dagli altri lavoratori. Per i lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del decreto, l’art. 8, comma 6 del
d.lgs. n. 252/2005 prevede, infatti che sia consentito, dopo il quinto
anno di iscrizione al fondo pensione, di poter dedurre dal reddito
complessivo, nei 20 anni successivi (al quinto) contributi eccedenti
il limite di euro 5,164,67, pari alla differenza positiva tra l’importo di
euro 25.822,85 e i contributi effettivamente versati nei primi 5 anni e
comunque nel limite annuo di euro 2.582,29.
(24) Nel caso in cui i contributi versati siano superiori al limite di legge il contribuente deve comunicare al Fondo Pensione, entro il 31 dicembre dell’anno successivo
a quello in cui è stato effettuato il versamento, ovvero, se antecedente, alla data
in cui sorge il diritto alla prestazione, l’importo dei contributi non dedotti o che non
saranno dedotti nella dichiarazione dei redditi.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Esempio deducibilità lavoratore di prima occupazione
Si supponga un versamento costante nei primi cinque anni di euro
2.300,00, con adesione al fondo pensione nel corso dell’anno 2011,
dopo l’assunzione da parte del datore di lavoro.
2011
2.300,00
2012
2.300,00
2013
2.300,00
2014
2.300,00
2015
2.300,00
totale
11.500,00
Dal sesto anno di iscrizione (anno 2016) il limite di deducibilità del
lavoratore in questione sarebbe maggiorato, rispetto agli altri contribuenti, dell’importo risultante dal seguente calcolo 25.822,85 –
11.500,00 = 14.322,85 (importo deducibile nei venti anni successivi al
quinto e sempre che il lavoratore provveda a versare importi eccedenti la soglia ordinaria).
Oltre a questi soggetti la maggior deducibilità è riconosciuta anche
agli iscritti ad un fondo per il quale è stato accertato lo squilibrio
finanziario ed approvato il piano di riequilibrio da parte del Ministero del lavoro e delle previdenza sociale (tali contribuenti deducono
integralmente quanto versato).
Contribuisce ad “abbattere” il reddito imponibile anche l’importo
annuo corrisposto per il mantenimento del coniuge (derivante dalla
Assegno al coniuge
somma degli assegni periodici emessi per tale finalità) a seguito della
separazione legale ed effettiva, nonché della cessazione degli effetti civili del matrimonio e sempre che sia previsto da un provvedimento dell’Autorità giudiziaria(25). Qualora dalla sentenza non si rinvenisse
(25) Resta esclusa, quindi, la possibilità di dedurre assegni corrisposti volontariamente al fine di sopperire alla mancata indicazione da parte del Tribunale di meccanismi di adeguamento dell’assegno di mantenimento (risoluzione n. 448/E del 19
novembre 2008). Così come non è deducibile l’assegno previsto in unica soluzione
e versato al coniuge in forma rateizzata, mensilmente per un periodo di tempo
definito (risoluzione n. 153/E dell’11 giugno 2009). Con la risoluzione n. 157/E, del 15
giugno 2009, invece è stato precisato che anche l’assegno alimentare erogato
con il meccanismo della compensazione è deducibile dal reddito complessivo.
In particolare, nel caso specifico, il Tribunale ha riconosciuto al marito, che eroga
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
la distinzione tra la parte destinata al mantenimento del coniuge
da quella erogata per il mantenimento dei figli, affidati al coniuge
beneficiario dell’assegno, è necessario fare riferimento alla disposizione contenuta nell’art. 3 delle disposizioni di attuazione del TUIR
che prevede la deducibilità della somma limitatamente alla metà
dell’ammontare erogato in quanto la restante metà è considerata
finalizzata al mantenimento dei figli.
Per il soggetto beneficiario dell’assegno, quanto ricevuto rappresenta, invece, un reddito assimilato ai redditi di lavoro dipendente ex
art. 50, comma 1, lett. i) TUIR e come tale soggetto a tassazione con
esclusione della quota destinata al mantenimento dei figli.
Ciò premesso in ordine agli adempimenti dei sostituti d’imposta si
evidenzia che, laddove l’importo dell’assegno, periodico, contenuto
nel provvedimento dell’autorità giudiziaria, è conosciuto dal datore
di lavoro in quanto il beneficiario ha notificato la sentenza al datore
di lavoro del soggetto obbligato e, nella stessa, viene stabilito che
l’obbligazione si estingue tramite una trattenuta sulla busta paga, il
sostituto d’imposta è tenuto al riconoscimento dell’onere attestando
sul CUD come reddito annuo del lavoratore un importo complessivo
al netto dell’importo complessivo annuo trattenuto.
Inoltre, alla luce del fatto che l’importo erogato è qualificato come
reddito assimilato ai redditi di lavoro dipendente, il sostituto d’imposta dovrà anche assoggettarlo a ritenuta alla fonte, ai sensi dell’art.
24, d.P.R. n. 600/1973, con conseguente elaborazione e rilascio di un
CUD al soggetto beneficiario. Tale ultimo adempimento è stato ribadito dall’amministrazione finanziaria nella circolare n. 8/E del 2 marzo
2011 avente ad oggetto le nuove procedure di pignoramento presso terzi, con ritenuta a carico del terzo pignorato da effettuare nella
misura del 20%, ai sensi dell’art. 21, comma 15, della legge n. 449 del
1997, così come modificato dall’art. 15, comma 2, del d.l. 1° luglio
2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102.
Nella posizione di prassi citata è chiarito che :
“Il carattere speciale delle procedure esecutive contemplate
nell’ambito del diritto di famiglia, unitamente a esigenze di semplificazione degli adempimenti a carico del terzo erogatore, il quale,
un assegno alimentare, il diritto alla restituzione di una somma pari a quanto percepito dall’ex coniuge in eccedenza rispetto al dovuto a titolo di TFR, attraverso
ordinanza all’Inps di non effettuare la trattenuta sulla pensione dell’importo dell’assegno alimentare fino ad esaurimento del credito accertato.
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peraltro, non è tenuto a individuare la parte dell’assegno destinata
al mantenimento dei figli, comporta che le somme in questione non
devono essere assoggettate alla presente ritenuta (n.d.r. 20%) fermo
restando l’obbligo del terzo erogatore di indicarle nel proprio modello 770, nella sezione I del prospetto SY.
Diversamente, se il terzo erogatore conosce la natura delle somme
che sta erogando (ad esempio, perché datore di lavoro del coniuge
obbligato), applicherà le ordinarie ritenute previste per tale tipologia
di reddito.”
Circa l’ultima ipotesi delle somme, già assoggettate a tassazione e
successivamente restituite al soggetto erogatore oltre i termini delle
Somme restituite al datore
operazione di conguaglio fiscale di fine anno, l’art. 10, comma 1, lett.
d-bis) del TUIR prevede la possibilità di beneficiare di una deduzione dal reddito, pari all’importo restituito, nell’anno di imposta della
restituzione. Tale previsione appare particolarmente utile per i sostituti d’imposta, i quali applicando l’art. 51, comma 2, lett. h) del TUIR
agevolano il dipendente che, altrimenti si vedrebbe costretto alla
presentazione del modello dichiarativo per recuperare il beneficio
fiscale derivante dalla tassazione di un reddito percepito solo “provvisoriamente”. La restituzione può dipendere da varie cause ma per
tutte l’amministrazione finanziaria ha precisato che il recupero delle
somme debba avvenire al lordo delle ritenute che a suo tempo il
sostituto aveva trattenuto e versato all’erario(26).
Con la circolare n. 326 del 23 dicembre 1997 l’amministrazione finanziaria ha ritenuto applicabile la disposizione in oggetto anche alla
disciplina dei benefits, laddove il dipendente abbia corrisposto una
somma per averne diritto. Com’è noto e come si dirà meglio nel relativo capitolo, tale somma deve essere scomputata dal valore normale del bene o servizio a lui prestato, tenendo conto anche dell’IVA
eventualmente a carico del dipendente.
In sostanza nel periodo di paga in cui il dipendente versa la somma
o la somma è trattenuta sulla busta paga, il datore di lavoro deve
scomputarla dal valore normale del benefit tassato. Se ciò non avviene nel periodo di paga, il sostituto d’imposta deve tenerne conto
(26) Risoluzione n. 110/E del 29 luglio 2005 con la quale si forniva risposta ad un
lavoratore che aveva impugnato il licenziamento e successivamente veniva reintegrato sul posto di lavoro e si vedeva costretto alla restituzione delle rate di pensione percepite senza più alcun titolo giustificativo. O anche la risoluzione n. 101/E
del 17 maggio 2007 per il recupero delle somme percepite dal dipendente, da
parte di terzi, ma in violazione al regime di incompatibilità.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
in sede di conguaglio fiscale. Qualora la somma dovesse essere versata dal dipendente in un periodo d’imposta successivo, si determinerebbe un prelievo anche sulla parte esente che potrebbe essere
recuperato quale onere deducibile ex articolo 10, comma 1, lettera
d-bis) del TUIR nell’anno del pagamento. Il riconoscimento di questo
onere dovrà essere effettuato dal datore di lavoro, qualora abbia
direttamente trattenuto la somma finalizzata ad ottenere il benefit.
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4.I fringe benefits
Oltre alle erogazioni in denaro sulla base delle previsioni contrattuali
o liberamente disposte, nel novero dei redditi di lavoro dipendente
Premessa
rientrano ed hanno, senza dubbio, una rilevante importanza i fringe
benefit. Nel presente lavoro verranno analizzate le ipotesi espressamente contemplate dal legislatore tributario ed il loro trattamento
fiscale (art. 51, comma 4 TUIR), tuttavia si è ritenuto opportuno trattare anche ulteriori ipotesi non specificatamente previste, ma in uso
nella prassi aziendale. Si ricorda, infatti, che la regola generale del
“valore normale” come criterio forfetario generale di commisurazione fiscale può essere applicata a qualsiasi benefit che il datore di
lavoro decide di attribuire ai dipendenti (ad eccezione, vedi oltre,
dei beni prodotti direttamente dal datore di lavoro). I fringe benefits
sono dunque i “compensi in natura”, cioè quei compensi che non
sono denaro ma rappresentano la fruizione di un servizio, o la fruizione/dazione di uno specifico oggetto.
Per effetto dell’armonizzazione dei criteri per la determinazione della base imponibile fiscale e previdenziale, introdotta dal d.lgs. n.
Fini previdenziali
314/1997, va ricordato che quanto affermato in relazione al trattamento tributario dei fringe-benefit è da considerarsi, salvo eccezioni,
esteso anche agli aspetti previdenziali. I fringe benefit, sotto il profilo
operativo, possono essere forniti direttamente dal datore di lavoro
oppure essere erogati da terzi espressamente delegati in tal senso
dal datore di lavoro, spesso tramite specifiche convenzioni. In entrambi i casi, in assenza di disposizioni specifiche contenute nell’art.
51 del TUIR (si pensi al caso del prestito personale a tasso agevolato
ottenuto dalla banca, i cui criteri di commisurazione sono espressamente previsti dall’art. 51, comma 4, lett. b) TUIR) devono essere valorizzati in base al valore normale, costituendo comunque, a tutti gli
effetti reddito di lavoro dipendente al netto della parte addebitata
o rimborsata dal lavoratore.
Ciò premesso l’art. 51, comma 3 individua la regola di carattere generale in base alla quale ai fini della determinazione in denaro dei
valori che concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente (compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge
del dipendente o a familiari indicati nell’art. 12 del TUIR, anche se
non fiscalmente a carico) o al diritto di ottenerli da terzi, si applicano
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le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei
beni e dei servizi contenute nell’art. 9 del TUIR.
La disciplina di carattere generale dei fringe benefit, sotto l’aspetto soggettivo, è estesa, dunque, anche ai familiari del dipendente.
Familiari
Ciò con tutta probabilità al fine di evitare possibili manovre elusive
attraverso le quali, invece dell’erogazione dei beni e dei servizi direttamente al dipendente si provveda a far “transitare” il beneficio
attraverso i suoi familiari, per violare il principio di onnicomprensività
di cui all’art. 51, comma 1 TUIR.
Regola generale applicabile alla disciplina dei fringe benefit è la
franchigia minima di irrilevanza fiscale introdotta dal legislatore
nell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 51 e valida per qualsiasi
attribuzione in natura. Nell’ambito della relazione di accompagnamento all’art. 3 del decreto legislativo n. 314 del 1997 fu precisato,
infatti, che:
›› al fine di semplificare le operazioni di valutazione e gli adempimenti dei sostituti di imposta non concorre a formare il reddito il
valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di
importo non superiore nel periodo di imposta a 500 mila lire (euro
258,23);
›› qualora il valore superi le 500 mila lire (euro 258,23) viene tassato
integralmente il fringe benefit in capo al dipendente non rappresentando l’importo evidenziato una quota esente analogamente
a quanto previsto per le erogazioni liberali(27).
In linea di massima non ci sono limitazioni in merito ai destinatari dei
fringe benefit, si va dagli amministratori ai collaboratori coordinati o
a progetto ai dirigenti, ai quadri, agli impiegati ed agli operai, anche se, per prassi, sono riconosciuti alle qualifiche medio alte. Inoltre
l’individuazione del benefit può essere prevista in maniera collettiva
(condizione che spesso è indispensabile, come abbiamo visto, nei
casi delle “utilità” di cui all’art. 51, comma 2 del TUIR , per ottenere le
esclusioni fiscali e contributive) o anche assegnati individualmente.
Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione(28), infine, si computano nel TFR tutte le prestazioni in natura erogate a titolo non
TFR
(27) Articolo 51, comma 2, lett. b) TUIR, disposizione abrogata, con l’introduzione
della disciplina della detassazione di premi e straordinari (vedi oltre). Erano le erogazioni liberali concesse in occasione di festività e ricorrenze.
(28) Sentenza n. 11644/2004.
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occasionale, pertanto il loro importo è rilevante ai fini della commisurazione dell’indennità di fine rapporto. Sempre la Corte di Cassazione(29), peraltro, si è espressa anche specificatamente sull’ipotesi
delle auto aziendali assegnate per uso promiscuo, precisando che
il relativo controvalore in denaro concorre nella determinazione
dell’importo del TFR.
I fringe benefit, comunque, anche grazie alle agevolazioni di carattere fiscale, rappresentano senza dubbio, strumenti per l’attuazione
di differenti politiche aziendali e premiali, “sostitutive” delle gratifiche
e degli aumenti retributivi, sempre imponibili.
4.1. Il limite di rilevanza fiscale delle utilità
Come accennato in premessa, l’ultimo periodo del comma 3
dell’art. 51 dispone un limite di rilevanza generale dei fringe benefits
Chiarimenti
nell’ambito della formazione del reddito di lavoro dipendente, pari
ad euro 258,23 annui. Con la più volte citata circolare n. 326/E del
23 dicembre 1997 l’amministrazione finanziaria ha fornito importanti
indicazioni al riguardo che possono essere così sintetizzate:
›› se il limite viene superato nel corso del periodo di imposta, l’importo concorre integralmente alla formazione del reddito. Pertanto, il
valore di 258,23 euro non opera come una vera e propria franchigia esente da imposizione, bensì da vero e proprio limite assoluto
oltre il quale l’intero benefit viene assunto a tassazione;
›› tale limite è di carattere generale e vale, dunque, anche con riferimento ai beni che sono indicati nel comma 4 dell’art. 51, con
riferimento ai quali, sono previsti degli autonomi criteri di forfettizzazione (in pratica il limite è sempre applicabile ed in presenza di
più benefits determinati con criteri differenti, occorre procedere
alla somma dei due valori ottenuti e verificare il superamento della soglia);
›› la verifica che il valore sia superiore complessivamente nel periodo di imposta a 258,23 euro va effettuata con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito e dunque al netto
di quanto corrisposto dal dipendente con il metodo del versamento o della trattenuta e comprensivo dell’eventuale IVA a carico
del dipendente, per tutti i beni e servizi di cui ha fruito nello stesso
periodo di imposta, tenendo conto di tutti i redditi percepiti anche
(29) Sentenza n. 16129/2002.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
se derivanti da altri rapporti di lavoro eventualmente trattenuti nel
corso dello stesso periodo di imposta(30);
›› in sede di applicazione delle ritenute di acconto, il sostituto di imposta terrà conto di tutti i valori che sono stati percepiti nel corso
di rapporti intrattenuti con lui. Inoltre, se il dipendente ha chiesto di
conguagliare altri redditi di lavoro dipendente o assimilati, si dovrà
tenere conto anche dei valori percepiti nel corso di altri rapporti;
›› il sostituto di imposta deve applicare la ritenuta nel periodo di
paga in cui viene superata la soglia di 258,23 euro. Peraltro, qualora risulti chiaro che il valore del bene o del servizio supera 258,23
euro, in considerazione dell’intero periodo di imposta, la ritenuta andrà applicata sin dal primo periodo di paga (ad esempio
nell’ipotesi di assegnazione dell’auto aziendale ad uso promiscuo
per l’intero periodo di imposta, è verosimile che l’importo, dopo la
determinazione forfetaria di cui all’art. 51, comma 4, lett. a) TUIR,
risulti superiore alla soglia).
Occorre ricordare che, alla luce dell’abrogazione ad opera
dell’art. 2, comma 6, d.l. 93/2008, convertito nella legge n.126/2008,
del regime di favore, previsto per le erogazioni liberamente disposte
Dalle erogazioni ai fringe
benefits
in denaro dal datore di lavoro: “in occasioni di festività e ricorrenze”,
l’assegnazione di beni o servizi sotto forma di fringe benefits, nei rispetto della soglia di 258,23 euro, è diventato una valida alternativa
alle stesse erogazioni liberali, ora imponibili.
Nella prassi operativa, sempre più frequentemente, infatti, le aziende
attribuiscono ai dipendenti “buoni rappresentativi” di beni e servizi,
ottenuti tramite convenzioni con apposite società specializzate nel
settore. Si pensi al caso dei “buoni spesa” o dei “buoni carburante” emessi dalle società petrolifere, destinati ai dipendenti. In questo
caso si ritiene che in luogo dell’erogazione in denaro (ora imponibile)
in occasione della ricorrenza il datore di lavoro potrà riferirsi al valore
nominale indicato sul buono stesso, considerando imponibile il benefit, effettuando la ritenuta solo se superiore alla soglia di euro 258,23.
Inoltre considerato che le attribuzioni vengono qualificate con fringe benefits, con conseguente applicazione delle regole dell’art. 51,
comma 3 TUIR, non sarà più necessario riferirsi alla generalità o a categorie di dipendenti, essendo possibile l’assegnazione “ad personam”, né sarà necessario corrisponderli in occasione di festività e ricorrenze. Questo importante chiarimento è stato fornito dall’Agenzia
(30) Nelle annotazioni del CUD, ai fini informativi anche nei confronti del successivo
sostituto d’imposta, deve sempre essere indicato il valore del benefit a prescindere
dal superamento della soglia di euro 258,23.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
delle entrate con la circolare n. 59/E del 22 ottobre 2008, paragrafo
16, riguardante i primi chiarimenti in merito alla disciplina della detassazione di premi e straordinari.
Ai soli fini previdenziali, in caso di superamento del limite di euro
258,23, il datore di lavoro che opera il conguaglio provvederà al
Fini previdenziali
versamento dei contributi solo sul valore dei fringe benefit da esso
erogati. Per le operazioni di conguaglio i datori di lavoro si devono
attenere alle seguenti modalità:
›› portare in aumento della retribuzione imponibile del mese cui si riferisce la denuncia l’importo dei fringe benefit dagli stessi corrisposti qualora, anche a seguito di cumulo con quanto erogato dal
precedente datore di lavoro, risulti complessivamente superiore a
euro 258,23 nel periodo d’imposta e non sia stato assoggettato a
contribuzione nel corso dell’anno;
›› trattenere al lavoratore la differenza dell’importo della quota del
contributo a carico dello stesso non trattenuta nel corso dell’anno.
4.2. Le modalità di attribuzione dei fringe benefits
Nell’ambito dei fringe benefits occorre distinguere tra quelli attribuiti
ai dipendenti ma non direttamente prodotti dall’azienda erogante e
Valore normale
quelli prodotti dalla stessa. Ciò in ordine sia alla modalità di erogazione, sia al differente criterio di commisurazione dell’importo.
Come accennato per i primi il richiamo operato dall’art. 51, comma
3 del TUIR è al “valore normale” di cui all’art. 9 del TUIR. Più specificatamente il comma 3 prevede che:
“…….si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i
beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo
e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in
mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione
del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle
tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle
mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti
a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore”.
Dalla definizione e dal principio generale sancito dalla norma si evince che la quantificazione del benefit e la verifica della sua eventuale imponibilità fiscale per il dipendente risente delle citate variabili
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
relative al “luogo”, al “tempo” ed al “grado di commercializzazione”
del bene o servizio offerto. Per limitare questa inevitabile incertezza
lo stesso art. 9, comma 3, laddove possibile, indica più circostanziati parametri da seguire: quelli che richiamano i listini e le tariffe del
soggetto che ha fornito il bene o servizio, i quali se unici consentono
una commisurazione relativamente semplice del “valore normale”
da imputare al dipendente. L’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 9 TUIR, secondo l’amministrazione finanziaria(31) stabilisce una
presunzione assoluta in base alla quale per i beni e i servizi soggetti
a disciplina dei prezzi, (ad esempio, le tariffe elettriche o quelle telefoniche) si deve sempre fare riferimento ai provvedimenti in vigore.
L’importo ottenuto potrebbe non essere il costo sostenuto dall’azienda per ottenere il benefit, occorre, infatti, precisare che le regole per
la tassazione dei redditi di lavoro dipendente non prevedono di “addebitare” sulla retribuzione il diverso costo del benefit a carico del
sostituto d’imposta in quanto il criterio da seguire è sempre e comunque quello del “valore normale” (ciò anche per quanto riguarda i
fringe benefits “specifici” di cui all’art. 51, comma 4 TUIR, come, ad
esempio, l’utilizzo dell’alloggio messo a disposizione del dipendente
per il quale si fa riferimento sempre alla rendita catastale, indipendentemente dal fatto che il fabbricato sia di proprietà del datore di
lavoro o meno).
Fermo restando la non coincidenza con il costo sostenuto dal datore
di lavoro, con la risoluzione n. 26/E del 29 marzo 2010 (risposta n. 3)
l’amministrazione finanziaria ribadisce la rilevanza dei possibili sconti
ottenuti dal datore di lavoro da parte di terzi per determinare il fringe benefit, come espressamente previsto dall’art. 51, comma 3 TUIR.
Nella prassi commerciale accade frequentemente che, in virtù di
apposite convenzioni, il datore di lavoro acquisisca i beni e i servizi a
un prezzo ridotto rispetto al valore normale degli stessi. Ciò premesso
con la risoluzione in esame si conferma che criterio del valore normale, talvolta può considerarsi “relativo” perché il reddito imponibile
per il lavoratore, sia a fini fiscali che contributivi, potrebbe coincidere
con il costo effettivo sostenuto dal datore di lavoro, dopo l’ottenimento dello sconto.
Una via di mezzo tra il bene prodotto dall’azienda ed il bene o servizio ottenuto da terzi, determinato sulla base delle relative tariffe
Bene a prezzo scontato
o listini, potrebbe essere rappresentato dall’eventuale fringe benefit
(31) Circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
ceduto al dipendente dall’azienda ad un prezzo particolarmente
vantaggioso, e riconducibile all’oggetto dell’attività esercitata ordinariamente dall’impresa. È il caso a cui l’amministrazione finanziaria ha fornito risposta nelle risoluzioni n. 35/E del 16 marzo 2000 e n
13/E del 18 gennaio 2002 relative alle “concessioni di viaggio”, con
le quali le compagnie aeree forniscono ai propri dipendenti biglietti
aerei a tariffa ridotta. Le posizioni di prassi citate sono utili, non solo
perché rappresentano le poche fornite sull’argomento, ma anche
in quanto sanciscono il principio secondo il quale non sempre un’operazione commerciale effettuata a prezzi particolarmente scontati,
rispetto al suo valore commerciale, rappresenta in sé reddito imponibile per il dipendente.
Infatti occorre operare una valutazione caso per caso che, nella
fattispecie ha portato l’amministrazione finanziaria a escludere l’imponibilità dell’attribuzione nei confronti dei dipendenti ancorchè lo
sconto accordato arrivasse fino al 90 per cento del prezzo ordinariamente praticato ai clienti.
In pratica la soglia di sconto pari al 90 per cento della tariffa ordinaria è stata valutata come quella idonea ad attribuire un giusto peso
alle limitazioni di utilizzo che caratterizzano le concessioni di viaggio
in esame(32). A questo importo occorre, quindi, fare riferimento ai fini
della determinazione del valore del fringe benefit per il dipendente.
Tale determinazione comporta l’assoggettamento a tassazione solo
dei biglietti con prezzo di vendita inferiore al 10 per cento di quello
normalmente praticato al pubblico (nella misura pari alla differenza
fra il prezzo di riferimento, ossia il 10 per cento della tariffa applicabile
al pubblico e quanto corrisposto dal dipendente medesimo).
In relazione alle possibili modalità con le quali si può concretizzare
La cessione dei beni e servizi
il fringe benefit, tenendo conto delle varie possibili tipologie ricomprendenti beni e servizi, è possibile elencare queste ipotesi:
›› spacci interni ai quali possono accedere esclusivamente i dipendenti della società
in queste ipotesi sovente accade che la quantità di beni acquistabili
dai singoli dipendenti siano prefissate. La determinazione del valore
avverrà, pertanto, con le modalità di cui all’art. 9 del TUIR e il fringe
benefit corrisponderà alla differenza tra il valore normale e quanto
corrisposto dal dipendente;
(32) Il possessore del biglietto è legittimato ad imbarcarsi solo nell’ipotesi residuino
posti vacanti, a seguito dell’imbarco di tutti i passeggeri con biglietto a prezzo
ordinario.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
›› buoni acquisto a favore dei dipendenti
in questo caso, generalmente, i dipendenti hanno la possibilità di
acquisire dei beni a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato. La
fattispecie può articolarsi con due modalità specifiche:
a)convenzione stipulata tra il datore di lavoro ed esercizi commerciali: in questo caso, il dipendente può recarsi presso l’esercizio
commerciale e procedere all’acquisto di beni o servizi a prezzo
scontato. Concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente la differenza tra il valore normale del bene o del servizio e
quanto corrisposto dal dipendente;
b)rilascio di buoni acquisto o buoni sconto direttamente da parte
del datore di lavoro: in questo caso si ritiene che debba concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente il valore nominale del buono acquisto o buono sconto;
›› beni o servizi acquistati da terzi ed assegnazione ai dipendenti
gratuitamente o con contributo a carico del dipendente
concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente la differenza tra il valore normale del bene o del servizio e l’importo eventualmente corrisposto dal dipendente. Nell’ipotesi di assegnazione
gratuita occorre riferirsi sempre all’importo determinato secondo le
regole del “valore normale”.
Per i generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti il
“valore normale” del benefit è ottenuto tramite un altro criterio corrispondente al “prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda
La cessione dei beni prodotti
dall’azienda
nelle cessioni al grossista”. La circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997
ha precisato che la cessione può avvenire gratuitamente o meno
ma, comunque, occorre fare riferimento ai listini dell’azienda utilizzati
nelle vendite ai grossisti senza tenere conto degli sconti d’uso.
Dal tenore letterale della disposizione discende che la particolare
previsione è applicabile soltanto ai dipendenti delle aziende che
producono beni e che effettuano cessioni ai grossisti. Sono quindi
esclusi da questa previsione agevolativa:
›› i dipendenti di artisti o professionisti;
›› i dipendenti delle aziende che producono beni per la vendita soltanto al dettaglio;
›› i dipendenti delle aziende che producono servizi;
›› i dipendenti delle aziende che effettuano solo la commercializzazione di beni.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Pertanto, qualora si verifichino cessioni di beni gratuiti ai dipendenti
di tali imprese, la valorizzazione dovrà avvenire in base alle regole,
già illustrate, previste dall’art. 9 del TUIR.
Il principio è stato ribadito dall’amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 202/E del 29 ottobre 2003 con la quale fu affrontato il seguente caso: per incentivare l’acquisto delle automobili di propria
produzione, da parte dei dipendenti, l’impresa aveva previsto di assegnare gratuitamente agli acquirenti anche un bene (televisore, lettore DVD, ecc.) che si aggiungeva al prezzo scontato già accordato
all’acquirente. Ebbene considerato che, nel caso di specie, il prezzo
pagato dal dipendente per l’acquisto dell’autovettura era superiore
rispetto al prezzo medio praticato al grossista (con conseguente irrilevanza fiscale dello “sconto in denaro”) il solo valore del bene offerto
in omaggio deve configurarsi quale reddito per il dipendente che
acquista l’autovettura.
Il valore del premio assegnato concorre, pertanto, autonomamente
ed interamente quale bene in natura, ai sensi dell’art. 9, comma 3
del TUIR, a formare il reddito di lavoro dipendente e deve essere assoggettato a ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 23, d.P.R. 600/1973,
sempre se superiore alla soglia di euro 258,23.
4.3. Le somme corrisposte al dipendente per l’acquisizione
del bene o servizio
Come accennato può essere previsto che, per l’ottenimento del fringe benefit, il dipendente debba versare un importo al datore di lavoro (tramite versamento diretto o mediante applicazione della ritenuta). La circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997 dell’amministrazione
finanziaria ha chiarito, in questo caso, che il reddito da assoggettare
a tassazione è pari al valore normale soltanto se il bene è ceduto o
il servizio è prestato gratuitamente (ciò vale anche nel caso dei beni
prodotti dall’azienda e ceduti gratuitamente al dipendente). Qualora, invece, per la cessione del bene (anche in caso di bene prodotto
dall’azienda e ceduto al dipendente) o la prestazione del servizio il
dipendente corrisponde delle somme è necessario determinarne il
valore da assoggettare la tassazione sottraendo tali somme dal valore normale del bene o del servizio. Va precisato che delle somme in
questione si potrà tener conto soltanto nel periodo d’imposta in cui
sono effettivamente trattenute o versate dal dipendente(33).
(33) Come già riferito, nell’ipotesi in cui il dipendente “rifonda” il datore di lavoro
in un periodo di imposta successivo, sarà possibile applicare l’art. 51, comma 2,
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Per la verifica del superamento della soglia di euro 258,23 in relazione al periodo di imposta occorre fare riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito e, quindi, al netto di quanto il
dipendente ha corrisposto (con il metodo del versamento o della
trattenuta) tenendo conto anche dell’eventuale IVA a carico del dipendente.
4.4. I fringe benefits di cui all’art. 51, comma 4 tuir e relativi
criteri di valorizzazione
L’art. 51, comma 4 del TUIR, in deroga alla regola generale prevista
dal comma 3 della stessa norma che richiama il “valore normale”,
Il principio
prevede specifici fringe benefits di cui il dipendente può beneficiare,
con relative regole di valorizzazione del reddito imponibile. Trattasi di
utilità che comunemente sono attribuite ai dipendente e forse per
tale ragione il legislatore ne ha previsto autonomi criteri. Considerato che la concessione dell’auto aziendale ad uso promiscuo di cui
all’art. 51, comma 4, lett a) del TUIR è autonomamente trattata in altra parte della presente pubblicazione (anche ai fini della valutazione della convenienza per l’azienda rispetto al rimborso chilometrico
dell’auto privata del dipendente) in questa parte, pertanto verranno
analizzate le seguenti fattispecie:
›› concessione di prestiti ai dipendenti;
›› concessione in uso del fabbricato.
Da ultimo verranno trattati altre tipologie di fringe benefits in uso nella
prassi aziendale per i quali, tuttavia, non sussistono autonome previsioni normative, né tanto meno specifici criteri di valorizzazione (si
pensi all’utilizzo della carta di credito aziendale, o del telefonino).
4.4.1.I prestiti ai dipendenti
L’articolo 51, comma 4, lett. b) del TUIR prevede che costituisce
reddito di lavoro dipendente il 50% della differenza tra l’ammontare
Nozione
degli interessi calcolati in base al Tasso Ufficiale di Sconto (ora Tasso Ufficiale di Riferimento T.U.R.) e quello effettivamente praticato al
dipendente(34).
lett. h) TUIR in quanto la somma restituita è considerata onere deducibile ai sensi
dell’art. 10, comma 1, lett. d-bis) TUIR.
(34) Per effetto delle disposizioni contenute nell’art. 13, comma 1, lett. b), n. 4 del
d.lgs. 505 del 23 dicembre 1999, il tasso di riferimento da considerare, a decorrere
dal 1° gennaio 2000, è quello non in vigore al momento della concessione del
prestito ma quello vigente alla fine di ciascun anno.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
In genere, i dipendenti possono procedere alla richiesta di un prestito
personale all’impresa per motivi differenti tra i quali, sono sicuramente rilevanti quelli riconducibili alla possibile minor onerosità del tasso
di interesse praticato rispetto a quello bancario, senza la “mediazione” del datore di lavoro e all’assenza di formalità e di garanzie particolari da fornire (quali, ad esempio, la documentazione comprovante la situazione reddituale, le ulteriori garanzie, i tempi d’attesa).
Naturalmente nel caso di prestito senza applicazione di interessi (o a
tasso zero) il benefit viene determinato semplicemente assumendo
il 50% del T.U.R.
In tutti i modi sulla base del principio generale di cui all’art. 23, d.P.R.
n. 600/1973, la ritenuta d’acconto deve essere operata sull’ammontare complessivo di tutte le somme e valori erogati nell’anno dal
sostituto d’imposta. Pertanto per determinare la ritenuta sul benefit relativa al periodo di paga occorre, per i prestiti in essere, tener
conto del tasso vigente alla fine del periodo di imposta precedente, salvo applicare quello vigente per il periodo in corso, nell’ambito
delle operazioni di conguaglio fiscale. Nell’ipotesi di cessazione del
rapporto di lavoro, il sostituto di imposta, nell’effettuare le previste
operazioni di conguaglio, deve tenere conto del T.U.R. vigente alla
data della cessazione stessa(35).
Nei casi di restituzione del capitale in un’unica soluzione oltre il periodo d’imposta, il compenso in natura maturato va comunque assoggettato a tassazione in sede di conguaglio di fine anno.
Per i prestiti a tasso variabile, caratterizzati da una variazione del tasso di interesse iniziale, il prelievo alla fonte deve essere effettuato, alle
scadenze delle singole rate di ammortamento del prestito, tenendo conto anche delle variazioni subite dal tasso di interesse iniziale,
mentre per i prestiti a tasso zero il calcolo del compenso in natura
deve essere effettuato alle scadenze delle singole rate di ammortamento della quota capitale.
Come precisato dalla più volte citata circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997, la normativa si applica:
Chiarimenti
›› ai prestiti diretti concessi dal datore di lavoro nonché al diritto di
ottenerlo da terzi (convenzione con una banca stipulata dal datore di lavoro), anche senza il sostenimento di oneri specifici da
parte del datore di lavoro;
(35) Circolare n. 98/E del 17 maggio 2000.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
›› indipendentemente dalla durata e dalla valuta utilizzata;
›› qualunque sia lo strumento utilizzato: scoperto di c/c, mutuo ipotecario, cessione dello stipendio.
Non si applica invece agli acconti ed alle anticipazioni di retribuzione ed alle dilazioni di pagamento per beni e servizi ceduti o prestati
direttamente dal datore di lavoro, come chiarito dalla circolare n.
29/E del 7 febbraio 1997. Inoltre, la determinazione forfetaria del benefit, così come descritta in precedenza, non è prevista nelle ipotesi di:
›› prestiti di durata inferiore a 12 mesi concessi, a seguito di accordi
aziendali, a dipendenti (anche assunti con contratto solidarietà,
oppure in Cassa Integrazione Guadagni);
›› somme erogate per le vittime dell’usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108 o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a
ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive
ai sensi del d.l. 31 dicembre 1991, convertito in legge n. 172/1992.
4.4.2.L’alloggio a disposizione del dipendente
L’articolo 51, comma 4, lett. c) TUIR contempla il fringe benefit rappresentato dalla concessione in locazione, uso o comodato al di-
Nozione
pendente di un fabbricato o meglio di un’unità immobiliare che rimane a disposizione del dipendente stesso. Il criterio per la sua valorizzazione è parimenti fissato dalla stessa disposizione la quale (come
per altri casi) adotta un criterio forfetario che fa riferimento, questa
volta, alla rendita catastale del bene immobile. In particolare:
›› per i fabbricati concessi in locazione, uso o comodato, costituisce
reddito di lavoro dipendente la differenza tra la rendita catastale
del fabbricato aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato
stesso (comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore) e quanto
corrisposto per il godimento del fabbricato stesso. Per i fabbricati
iscritti in catasto ma privi di rendita si dovrà fare riferimento alle
rendite presunte;
›› la norma disciplina anche l’ipotesi in cui in relazione ai fabbricati
stessi sia previsto l’obbligo di dimora (ad esempio nel caso dei custodi o portieri): in questo caso, la differenza come sopra determinata, andrà assunta a tassazione nella misura pari al 30 per cento;
›› uno specifico criterio è previsto per i fabbricati che non devono
essere iscritti in catasto, per i quali, si assume come reddito di lavoro dipendente, la differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello
determinato in regime di libero mercato e quanto corrisposto per
il godimento del fabbricato.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Alla luce del particolare criterio di valorizzazione sopra descritto si ribadisce che non è ammessa alcuna differenziazione del calcolo del
valore imponibile in capo al dipendente, causato dal diverso costo
sostenuto dall’impresa per aver messo a disposizione il benefit. Ciò in
quanto le regole per la determinazione del reddito di lavoro dipendente sono autonome e non sempre speculari rispetto al trattamento fiscale del costo per l’impresa.
I due esempi che seguono potranno chiarire meglio quanto affermato:
›› Esempio A: immobile concesso in uso dall’azienda e di proprietà
della stessa
Rendita catastale = euro 1.520,00
Utenze a carico dell’impresa = euro 110,00
Somma annua corrisposta dal dipendente = euro 800,00
Fringe benefit = euro 830,00
In questo caso il valore del benefit è determinato secondo il criterio
sancito dalla norma e si ottiene un valore imponibile in quanto la
somma corrisposta dal dipendente è inferiore alla somma della rendita e delle utenze pagate dal datore di lavoro.
›› Esempio B: immobile acquisito in locazione da parte dell’azienda
Rendita catastale = euro 1.520,00
Utenze a carico dell’impresa = euro 110,00
Canone di locazione pagato dall’impresa = euro 12.000,00
Somma annua corrisposta dal dipendente = euro 6.000,00
Fringe benefit = 0
In questa ipotesi, assumendo gli stessi criteri di commisurazione di cui
all’art. 51, comma 4, lett. c) TUIR, non si genera alcun fringe benefit in
capo al dipendente in quanto la somma corrisposta da quest’ultimo
risulta superiore alla somma della rendita e delle utenze pagate dal
datore di lavoro, non rilevando in alcun modo, per il fruitore del fringe
benefit, quanto corrisposto dal datore di lavoro al terzo, proprietario
del bene immobile.
La circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997 ha fornito alcune precisazioni in merito al fringe benefit in esame. In primo luogo la rendita
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Chiarimenti
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rilevabile dalla visura catastale del fabbricato concesso in godimento deve essere aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore (luce, acqua,
gas, telefono, tassa rifiuti, spese condominiali, ecc.). Ovviamente si
tratta di quelle spese che non concorrono alla formazione della rendita, pertanto tra le spese incrementative della rendita (in quanto,
appunto, già considerate nella determinazione della stessa) non devono essere considerate quelle di:
›› ordinaria manutenzione;
›› assicurazione;
›› amministrazione del fabbricato;
›› relative ai servizi comuni.
Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sostenga l’onere economico delle
utenze dell’alloggio senza che quest’ultimo sia messo a disposizione
del dipendente, l’importo pagato dal datore di lavoro costituirà un
fringe benefit da quantificare in sede di determinazione del reddito
di lavoro dipendente con le già descritte regole previste dall’articolo
9, comma 3, del TUIR. Deve essere sottolineato che, in quest’ultima
ipotesi, il valore normale tenderà a coincidere con il costo specifico
sopportato dal datore di lavoro.
Anche in relazione al possibile acquisto dell’arredamento occorre
fare riferimento a quanto detto per le utenze: se l’arredamento costituisce parte integrante dell’alloggio concesso in locazione, uso o
comodato, si dovrà sommare alla rendita per la determinazione del
relativo fringe benefit (la norma parla, infatti di: “... tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze, non a carico dell’utilizzatore”.
Qualora, invece l’arredamento costituisce un’utilità separata rispetto all’immobile, dovrà essere specificatamente quantificato il relativo benefit, secondo il criterio del valore normale.
Il metodo di quantificazione del benefit si applica a tutti i fabbricati
per i quali sussiste l’obbligo di iscrizione al catasto (cioè tutte le costruzioni stabilmente ancorate al suolo) a qualunque uso destinate e
quindi a qualunque categoria appartengano. Pertanto, il suddetto
criterio di determinazione del fringe benefit si renderà applicabile
tanto nell’ipotesi in cui il datore di lavoro conceda in uso o in locazione un’unità immobiliare ad uso abitazione affinché il dipendente
vi abiti, quanto nell’ipotesi in cui venga concessa un’unità immobiliare ad uso diverso (ad esempio il box auto destinato all’autovettura
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
propria o anche di proprietà dell’azienda ma concessa in uso promiscuo al dipendente).
È irrilevante la categoria catastale dell’immobile concesso in uso,
pertanto potrà essere messo a disposizione anche un alloggio presso
un’unità immobiliare di categoria diversa dalla “A”, la quale potrà
essere abitata anche unitamente ad altri soggetti. In questo caso,
qualora l’immobile sia concesso in uso, locazione o comodato a più
dipendenti, l’importo determinato con le modalità sopra esaminate,
dovrà essere ripartito fra più soggetti utilizzatori in parti uguali o in relazione alle parti di fabbricato a ciascuno assegnate se queste sono
differenziate.
Infine per i fabbricati che invece non devono essere iscritti nel catasto (ad esempio perché situati all’estero) si assume la differenza tra:
›› il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato;
›› e quanto corrisposto dal dipendente per il godimento del fabbricato stesso.
Questo meccanismo di determinazione del fringe benefit vale anche, senza alcuna riduzione, per i fabbricati concessi in connessione
all’obbligo di dimorare nell’alloggio stesso.
L’art. 51, comma 4, lett. c) TUIR non prende in considerazione alcune
possibili ipotesi particolari quali, ad esempio, l’attribuzione di un po-
Alloggio e trasferte
sto letto al dipendente, pertanto occorre rifarsi ai principi generali i
quali prevedono che se l’esigenza è strettamente connessa all’attività svolta dal dipendente e di esclusivo interesse del datore di lavoro,
l’attribuzione non genera alcun reddito imponibile. Analoga conclusione deve essere raggiunta nell’ipotesi in cui il datore di lavoro metta a disposizione del dipendente un immobile in relazione ad una
specifica trasferta che ha carattere di temporaneità.
Per dovere di completezza va, infatti, evidenziato che:
›› nel caso di alloggio concesso in uso al dipendente in occasione
di trasferte aziendali, con allontanamento dalla sede di lavoro per
almeno una notte, si rende operante la specifica disciplina di cui
al comma 5 dell’art. 51 del TUIR e, quindi, l’uso dell’alloggio non
rappresenta un fringe benefit da quantificare secondo i criteri illustrati, ma contribuisce a diminuire la franchigia dell’indennità di
trasferta esente da tassazione nell’ipotesi di adozione del regime
forfetario;
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
›› nella diversa ipotesi in cui il datore di lavoro riconoscesse al dipendente un contributo per il pagamento dell’affitto sostenuto
direttamente dal dipendente, l’intero ammontare erogato sarebbe soggetto a tassazione. Ciò sulla base del principio generale
contenuto nel comma 1 dell’art. 51, del TUIR, secondo cui costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme percepite dal
dipendente in relazione al rapporto di lavoro.
L’ultima ipotesi sopra descritta deve, tuttavia, essere coordinata con
l’indennità di trasferimento di cui al comma 7 dell’articolo 51 TUIR, il
quale dispone un’imponibilità ridotta al 50 per cento della relativa
indennità, con limiti previsti in valore assoluto e differenziati in relazione alla circostanza che il trasferimento abbia per destinazione l’Italia
o l’estero.
Pertanto non dovrebbe più ricorrere un’ipotesi specifica nella quale
il datore di lavoro provvede all’erogazione di contributi specificatamente finalizzati a consentire la locazione di un immobile da parte
del lavoratore dipendente, in quanto è possibile applicare l’ultima
disposizione agevolativa citata, supponendo sempre che il trasferimento deriva da una necessità aziendale. La logica conseguenza,
quindi, è quella che porta a ritenere imponibili integralmente tutte
le erogazioni in favore del dipendente, anche a titolo di “rimborso
spese affitto” o a titolo di diverso contributo per l’immobile(36).
Infine per ciò che concerne la deducibilità per l’impresa che concede l’immobile ad un proprio dipendente occorrerà fare riferimento
Reddito d’impresa
al comma 2 dell’articolo 95 del TUIR, nel quale è espressamente previsto che:
“i canoni di locazione anche finanziaria e le spese di manutenzione
dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti sono deducibili per un importo non superiore a quello che costituisce reddito per i dipendenti
stessi a norma dell’articolo 51, comma 4, lettera c)”.
In concreto, le ipotesi che si possono prospettare sono le seguenti:
›› l’impresa sostiene spese di locazione e manutenzione superiori all’importo che costituisce reddito per il dipendente ai sensi
dell’articolo 51, comma 4, lettera c): l’eccedenza di spesa, rispetto al fringe benefit determinato, risulta indeducibile;
(36) Una specifica ipotesi è stata affrontata dall’amministrazione finanziaria nella
circolare n. 101/E del 19 maggio 2000, che ha considerato imponibili eventuali
contributi concessi a titolo di partecipazione agli interessi per mutui edilizi per l’acquisto di un’unità immobiliare destinata a uso di abitazione ai dipendenti che non
possiedono nel territorio dello Stato altro fabbricato o porzione di fabbricato.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
›› l’impresa sostiene spese di locazione e manutenzione superiori
all’importo che costituisce reddito per il dipendente: qualora le
spese stesse siano relative ad un immobile strumentale, l’eccedenza di spesa potrebbe essere considerata come importo deducibile nella determinazione del reddito di impresa;
›› l’impresa sostiene spese di locazione e manutenzione inferiori
all’importo che costituisce reddito per il dipendente: ancorché la
norma di cui all’articolo 95, del TUIR appaia tassativa nella sua formulazione, la differenza tra le spese sostenute in relazione all’immobile ed il valore considerato reddito di lavoro dipendente potrebbe essere comunque considerata deducibile, in quanto spesa
per prestazione di lavoro.
4.5. Gli altri benefits non previsti dal tuir
La prassi operativa aziendale e le consuetudini ormai finalizzate a
fornire ai dipendenti alcuni strumenti operativi, aventi, tuttavia, un
duplice possibile utilizzo (inerente l’attività lavorativa e privato) hanno costretto gli operatori del settore a darsi risposte ragionevoli in
ordine al loro trattamento fiscale, considerato che, per molti fringe
benefits non “tipizzati” dal TUIR, non si rinvengono nemmeno chiarimenti ufficiali da parte dell’amministrazione finanziaria. Tra queste
fattispecie figurano senz’altro le frequenti assegnazioni dei cellulari
aziendali o anche l’utilizzo della carta di credito aziendale. Altri benefits non trattati direttamente dal legislatore tributario possono essere rappresentati dai viaggi e dalle consulenze di vario genere di
cui può godere il singolo dipendente o collaboratore. In questi ultimi
due casi il dubbio potrebbe essere quello di ricomprendere tali benefits nell’ambito delle finalità di cui all’articolo 100, comma 1, TUIR e
quindi considerarli esenti da tassazione più che come fringe benefits
(nei limiti, sempre di euro 258,23 annui) come utilizzazione di opere e
servizi per le finalità di “educazione, istruzione e ricreazione” ai sensi
dell’art. 51, comma 2, lett. f) TUIR.
4.5.1.Telefoni cellulari destinati ai dipendenti
L’uso del telefono cellulare costituisce un’utilità che, sempre più
spesso, viene posta a disposizione del dipendente da parte dell’impresa, sovente mediante la formula del comodato d’uso. L’apparecchio potrà essere sia di proprietà dell’impresa che lo “assegna”
al dipendente, sia di proprietà dello stesso dipendente. In entrambi
i casi, al fine di commisurare l’eventuale fringe benefit fiscalmente
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
rilevante, con conseguente obbligo di effettuazione delle ritenute
fiscali e trattenute contributive, occorre valutare se ed in che misura l’impresa rifonda o paghi direttamente la spesa relativa all’utilizzo
dell’apparecchio per finalità private, non inerenti l’attività lavorativa.
Occorre precisare che laddove il cellulare sia attribuito per finalità
esclusivamente aziendali, essendo un mero strumento di lavoro, è
pacifico che il dipendente o collaboratore assegnatario del bene
non è assoggettato ad alcuna ritenuta. Nell’ipotesi, invece, come
spesso avviene, l’utilizzo sia “promiscuo” occorre individuare un criterio ragionevole di ripartizione non essendo mai stato precisato
dall’amministrazione finanziaria (vedi oltre).
Infine nell’ipotesi più rara in cui il cellulare sia, invece assegnato, per
l’utilizzo esclusivamente personale, trattasi di fringe benefit “puro” e
come tale da valorizzare secondo il criterio del valore normale.
›› Apparecchio di proprietà dell’impresa con utilizzo promiscuo
Premesso che è sempre opportuno formalizzare l’attribuzione del
cellulare mediante una specifica lettera di assegnazione, con relativa indicazione delle modalità di utilizzo, si precisa che l’articolo 102,
comma 9 del TUIR prevede espressamente che le quote di ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese di impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature terminali
per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione soggette alla tassa di cui al n.131 della tariffa annessa al d.P.R. 641/1972,
sono deducibili, per l’impresa, nella misura dell’80 per cento. Tale disposizione non è derogabile anche in riferimento all’ipotesi in cui si
provveda all’assegnazione del telefonino al dipendente.
Per quanto riguarda la commisurazione dell’eventuale reddito in
capo al lavoratore occorre distinguere il caso del dipendente che
provveda al rimborso del costo sopportato dall’azienda per l’uso privato (c.d. “traffico telefonico e/o canone di noleggio) ovvero non
proceda ad alcun rimborso. Nella prima ipotesi non si configura alcun fringe benefit in capo al dipendente, sempre che la “ricostruzione” dell’utilizzo personale segua un criterio verosimile (vedi oltre).
Nella seconda ipotesi, invece, il fringe benefit che si genera in capo
al dipendente dovrebbe essere quantificato con riferimento al criterio del valore normale che potrebbe essere determinato attraverso
l’ordinario canone comunemente addebitato da imprese di noleggio delle apparecchiature, in ottemperanza alle disposizioni di cui
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
all’articolo 9, comma 3, del TUIR, rapportato al periodo di disponibilità personale del dipendente.
Peraltro è la stessa circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997, nell’illustrare le regole generali della determinazione dei fringe benefit, sulla
base del valore normale, che richiama la disciplina dei prezzi facendo riferimento alle tariffe elettriche ed a quelle telefoniche.
Ciò detto ai fini dell’esatta commisurazione del fringe benefit relativo
all’utilizzo privato, laddove non sia possibile ricorrere al controllo ana-
Criteri di esclusione
litico delle bollette telefoniche (distinguendo tra le varie chiamate) si
ritiene corretto adottare un criterio forfetario tendente a suddividere
le giornate lavorative e non lavorative. Ad esempio il rapporto di 2/7
(intendendo sabato e domenica come non lavorativi, oltre alle giornate di ferie ed i restanti 5 giorni come lavorativi) potrebbe essere
congruo ai fini di individuare il costo privato ed il conseguente benefit.
Altra modalità, da prevedere nella lettera di assegnazione, potrebbe essere quella di stabilire l’utilizzo di uno specifico codice numerico
per le telefonate personali da parte del dipendente. Al ricevimento
della bolletta (con separata distinzione delle chiamate) laddove il lavoratore rimborsi l’impresa per il relativo costo, non si genera il fringe
benefit, se, invece, il datore di lavoro si accolla l’intero importo della
bolletta, il fringe benefit è determinato dalla somma degli importi
contraddistinti dal codice adottato per le chiamate personali.
›› Apparecchio di proprietà del dipendente con utilizzo promiscuo
In questo caso, previa autorizzazione richiesta dal dipendente e rilasciata dall’impresa, qualora il datore di lavoro proceda al rimborso
del costo sostenuto dal dipendente con riferimento all’utilizzo aziendale, nessun fringe benefit si concretizza in capo al lavoratore dipendente. In tal senso si è pronunciata anche la risoluzione 357/E del
7 dicembre 2007, con la quale venivano considerati rimborsi spese
nell’esclusivo interesse dell’impresa, gli importi erogati al dipendente che svolgeva dalla propria abitazione in modalità “telelavoro” le
proprie mansioni lavorative.
Nell’ipotesi in cui, invece, il rimborso riguardi anche l’utilizzo privato, la determinazione del fringe benefit dovrebbe seguire (come nel
caso di attribuzione del telefonino aziendale) il criterio del valore normale di cui all’articolo 9, comma 3, TUIR.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
4.5.2. La carta di credito
Accade frequentemente che il lavoratore sia dotato di una carta
di credito intestata all’azienda. In questo caso, l’azienda, anziché
procedere al rimborso analitico delle spese sostenute dal dipendente, assume direttamente l’onere delle stesse attraverso le attestazioni
delle spese rilevate dalla documentazione delle transazioni (spesso
la carta di credito è utilizzata anche dal lavoratore in trasferta).
Nell’ambito della determinazione del reddito di impresa il costo potrà essere dedotto a condizione che venga preliminarmente verificato il requisito dell’inerenza, mentre per quanto concerne l’eventuale benefits addebitabile al dipendente occorre verificare se tra
le transazioni figurano spese non “autorizzate” e coerenti rispetto alle
finalità inerenti l’attività d’impresa. Nell’ipotesi fossero presenti sarà
necessario provvedere ad operare la ritenuta fiscale sui relativi importi, risultanti dall’estratto conto.
4.5.3.I servizi di consulenza
Può accadere che venga messa a disposizione dei dipendenti la
possibilità di fruire di consulenze legali, fiscali o, più in generale, amministrative “interne” o da parte di professionisti di cui si avvale l’azienda.
Si ritiene che in tale fattispecie non sussistano le finalità di cui all’articolo 100, comma 1 del TUIR, in quanto non riconducibile ad alcuna
delle previsioni legate: “educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”.
Pertanto il valore normale della consulenza, al netto di quanto eventualmente corrisposto dal dipendente o trattenuto in capo allo stesso con il sistema della ritenuta, costituisce fringe benefit tassabile in
capo al dipendente stesso. Trattandosi di un servizio messo a disposizione dei dipendenti, la quantificazione che avviene in base al valore normale deve tenere conto di quanto generalmente disposto dal
comma 3 dell’art. 51 del TUIR, in merito alla soglia annua di 258,23
euro. Ad analoga conclusione sembrerebbe lecito giungere qualora
il datore di lavoro raggiunga specifici accordi che consentano ai
propri dipendenti di acquisire il diritto ad usufruire di consulenze prestate da soggetti terzi.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
4.5.4.I viaggi
Al di fuori delle ipotesi previste per le trasferte che presentano regole
diverse per determinare il rimborso delle spese di trasporto da considerare eventualmente imponibili, nell’ambito dell’attività aziendale
può accadere che l’impresa proceda all’organizzazione di viaggi,
non sempre strettamente riconducibili all’attività dell’impresa e quindi non inerenti la stessa.
Le ipotesi possono essere le seguenti:
›› il viaggio viene organizzato per motivi di lavoro;
›› il viaggio è relativo ad un aggiornamento professionale;
›› il viaggio è esclusivamente finalizzato ad attività ricreativa o di
svago o, costituisce, di fatto, un viaggio premio.
Nelle prime due ipotesi si ritiene che nessun benefit dovrà essere determinato in capo al dipendente, in quanto il motivo del viaggio è attinente al ruolo che il lavoratore ricopre nell’ambito dell’organizzazione
aziendale.
Qualora il viaggio sia invece finalizzato allo svago od al riposo del dipendente o della propria famiglia, oltre ad essere indeducibile(37) per
l’impresa, occorre determinare il fringe benefit in capo al destinatario
del viaggio.
Il viaggio in favore del dipendente costituisce, infatti, un benefit che dovrà essere valorizzato con le modalità di cui all’art. 9 del TUIR, sulla base
delle tariffe che vengono applicate dal soggetto che ha organizzato il
viaggio stesso (esempio tour operator).
Un’ipotesi particolare è quella della presenza del coniuge del dipendente nell’ambito di viaggi o particolari occasioni che riguardano il dipendente stesso (si pensi, ad esempio, ad eventi di particolare rilievo
“istituzionale” nelle quali il dirigente di un’impresa è obbligato a presenziare, con il coniuge). In questo caso si ritiene che, stante la formulazione letterale della disposizione, non si possa derogare alla disciplina dei
fringe benefit, assoggettando a tassazione il conseguente valore ai sensi
dell’articolo 51, comma 3, del TUIR.
(37) Di fatto, potrà essere dedotta esclusivamente la parte che rappresenta costo
per il personale dipendente a norma dell’articolo 95, comma 1, del TUIR. Peraltro,
qualora il viaggio sia aperto a tutti i dipendenti o a categorie di dipendenti, associando al viaggio lo scopo ricreativo, la deduzione del costo da parte dell’impresa potrà avvenire sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 100, comma. 1,
del TUIR. In questo caso, in capo al dipendente non si concretizza alcun benefit
tassabile.
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Laddove il datore di lavoro intenda classificare tali spese come necessarie ed inerenti all’attività di impresa, dovrà essere conservata idonea
documentazione delle stesse. Peraltro, nella pratica aziendale, tali spese
sono classificate tra quelle di rappresentanza con il conseguente possibile rischio di recupero a tassazione delle stesse per la mancanza
del generale principio di inerenza che dovrà essere puntualmente
dimostrato.
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5.Trasferta nel Comune
Per esigenze aziendali contingenti, ad un lavoratore dipendente
(ovvero ad un collaboratore coordinato e continuativo posto che il
La nozione
trattamento fiscale risulta assimilato) può essere chiesto di prestare il
proprio lavoro in una sede diversa rispetto alla sede di lavoro indicata nel contratto ovvero nella lettera di assunzione: il rimborso spese
che viene erogato dall’impresa al dipendete ha lo scopo di indennizzare il lavoratore dei costi patiti da questo per il fatto che il datore
di lavoro ha richiesto il suo spostamento per svolgere la prestazione
lavorativa. Detta trasferta deve necessariamente essere temporanea (ed il concetto di temporaneità va valutato caso per caso) per
non confondere la trasferta:
›› con il trasferimento vero e proprio del dipendente (le cui indennità
sono regolate ai sensi del comma 7 dell’articolo 51 del TUIR);
›› con la disciplina del dipendente trasfertista (disciplinata dal comma 6 dell’articolo 51 del TUIR).
Tale ultima fattispecie, seppure distinta, in determinate situazioni
può anche coesistere con quella della trasferta: al trasfertista, infatti,
Il trasfertista
può essere conferito uno specifico incarico che lo costringa ad uno
spostamento ulteriore e diverso rispetto a quello cui egli sia tenuto
per svolgere ordinariamente la mansione lavorativa per la quale è
stato assunto. In questo caso, al rimborso che dovesse essere erogato si applicherebbe la disciplina prevista per le trasferte (comma 5
dell’articolo 51 del TUIR).
Più in generale, si ricorda che il comma 6 dell’art. 51 del TUIR prevede
che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative
in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, concorrono a formare il reddito nella misura del
50% del loro ammontare. Sono definiti come trasfertisti quei lavoratori
tenuti per contratto all’espletamento dell’attività in luoghi lavorativi
sempre variabili e diversi, ai quali, in funzione delle modalità di svolgimento dell’attività, vengono attribuite delle somme non in relazione
ad una specifica trasferta. La maggiorazione di retribuzione o l’indennità riconosciuta a questi lavoratori, non è specificamente legata alla trasferta in quanto è attribuita:
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
›› contrattualmente;
›› senza alcuna rilevanza per il fatto che il dipendente si sia effettivamente recato in trasferta e dove si è eventualmente svolta la
trasferta;
›› senza alcuna rilevanza della motivazione in merito alla decisione contrattuale di qualificare come trasfertista il lavoratore (può
dipendere dalla volontà delle parti di semplificare le modalità
di calcolo della retribuzione ovvero di una caratteristica legata
all’attività e quindi il dipendente frequentemente si trova in trasferta ovvero si tratti di soggetti il cui contratto o lettera di assunzione
non prevede una sede di lavoro predeterminata). Non è dunque
possibile individuare quando il dipendente è in trasferta o meno.
In via generale, per questi soggetti non dovrebbe mai verificarsi l’ipotesi della trasferta disciplinata dal comma 5 dell’art. 51 del TUIR, a
meno che, con riferimento a specifici incarichi, si manifestano tutti
i requisiti richiesti dalla norma citata: in questo caso, come precedentemente anticipato, il lavoratore dipendente avrà diritto, per le
indennità ed i rimborsi spese riferibili allo specifico incarico, al trattamento previsto per le indennità di trasferta. Con riferimento alla
fattispecie dei trasfertisti, infatti, la norma non esclude la possibilità,
qualora ricorrano i presupposti, di applicare la specifica disciplina
prevista per le indennità di trasferta, come invece stabilito a proposito delle indennità di trasferimento.
La questione della distinzione tra prestazione “in trasferta” e prestazione resa da un lavoratore “trasfertista” è al centro di numerosi dibattiti e controversie, che stanno alimentando un contenzioso piuttosto aspro. La diatriba nasce in merito alla sussistenza o meno di
un limite di durata della trasferta, o meglio rispetto alla possibilità o
meno che la stessa possa perdurare con continuità, soprattutto in
quei settori (in particolare quello dell’edilizia o delle imprese metalmeccaniche installatrici di impianti) dove l’attività di cantiere si svolge naturalmente e sistematicamente al di fuori della sede dell’azienda. Infatti, vi è chi sostiene che il fatto di essere (l’attività di cantiere)
una prestazione che fisiologicamente non può che rendersi continuativamente in maniera itinerante, non si può configurare l’ipotesi
della trasferta, con il conseguente regime di decontribuzione (oltre
che di detassazione), ma al limite di prestazione resa da trasfertisti,
la cui maggiorazione retributiva per l’attività prestata presenta però
una disciplina (di norma) meno vantaggiosa (sia sotto il profilo contributivo che fiscale) rispetto alla indennità dovuta per la trasferta.
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64
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Sul punto l’Amministrazione finanziaria (c.m. 326/E/07) ebbe modo
di affermare che: “È comunque indispensabile evitare l’assunzione
di criteri generalizzati e procedere all’esame della singola fattispecie poiché a seconda dell’attività di lavoro può essere giustificato
un periodo più o meno lungo di trasferta. Per esempio, nel settore
dell’edilizia è lecito pensare che il dipendente in trasferta presso un
cantiere vi permanga sino alla fine dei lavori, e, quindi, anche per un
periodo superiore a 240 giorni”, considerando “normale” che vi possa essere continuità nella prestazione svolta in regime di trasferta. Posizione peraltro condivisa anche dall’Inps con il messaggio n. 27271
del 5 dicembre 2008: trovano applicazione, ai fini della qualificazione
della fattispecie del trasfertismo, i criteri stabiliti dall’Amministrazione
finanziaria con la circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997.
Sono elementi che individuano lo status di trasfertista, la mancata indicazione nel contratto e/o lettera di assunzione della sede di lavoro
intendendosi per tale il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa
e non quello di assunzione, lo svolgimento di una attività lavorativa
che richiede la continua mobilità del dipendente, la corresponsione
al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in
luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di
retribuzione in misura fissa vale a dire non strettamente legata alla
trasferta poiché attribuita senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove si è svolta la trasferta.
Si ricorda peraltro che l’art. 34 della l. 342/2000 ha ridefinito, sotto l’aspetto fiscale, il trattamento dei compensi erogati ai soggetti titolari
I collaboratori
di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa percepiti a
far data dal 1° gennaio 2001: i redditi percepiti dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa confluiscono, fiscalmente, nell’ambito dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente
(lettera c-bis) nel comma 1 dell’art. 50 del TUIR). Si tratta, in primis
degli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, ma altresì
di ogni rapporto avente per oggetto la prestazione di attività svolte
senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto
nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di
mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita. Rimane
fermo il principio in base al quale i compensi percepiti dai titolari dei
predetti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa rimangono classificati in tale categoria a condizione che gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’attività
di lavoro dipendente ovvero nell’oggetto dell’arte o della professione (si pensi al dottore commercialista che amministra una società). In
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
65
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
quest’ultimo caso, in particolare, i costi relativi alle trasferte seguono
le regole del lavoro autonomo, art. 54 TUIR.
In base alla assimilazione introdotta dal 2001, nei confronti dei titolari
di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa si rendono
attualmente applicabili tutte le disposizioni che regolano la tassazione del reddito di lavoro dipendente e per quanto in questa sede
interessa, anche la disciplina delle trasferte e delle indennità, così
come la determinazione dei fringe benefit.
Nell’ambito della nuova interpretazione fornita dal Ministero dopo la
riforma operata dal d.lgs. 314/1997 è possibile sintetizzare il concetto
La trasferta
di trasferta sulla base di quanto interpretato nell’ambito della c.m.
326/E/97:
›› si presuppone uno spostamento dalla sede di lavoro che deve
essere indicata nel contratto o nella lettera di assunzione. Se tale
sede non è determinata, non può verificarsi la fattispecie relativa
alla “trasferta”. Infatti, il lavoratore dipendente è tenuto a svolgere
la propria prestazione di lavoro nel luogo stabilito dal datore di
lavoro, che è generalmente indicato nella lettera e nel contratto
di assunzione;
›› gli stessi contratti collettivi prevedono la corresponsione di una indennità aggiuntiva nell’ipotesi in cui il dipendente sia chiamato a
svolgere un’attività fuori dalla sede naturale in cui è tenuto contrattualmente allo svolgimento dell’indennità;
›› la trasferta deve necessariamente essere temporanea (altrimenti
si tratta di un trasferimento vero e proprio). Tuttavia, il Ministero ha
chiarito che il requisito della temporaneità deve essere valutato
caso per caso, non trovando diretta applicazione nel settore privato la “regola dei 240 giorni” prevista per i dipendenti pubblici
dalla l. 836/1973. Permanenze più lunghe di 240 giorni al di fuori
della sede di lavoro, potranno, considerate le particolari circostanze, comunque essere considerate “trasferte” (a meno che
l’esame del singolo caso non nasconda una diversa fattispecie
come, ad esempio, un trasferimento);
Quando il datore di lavoro, a seguito di una trasferta effettuata dal
dipendente, riconosce a questo una somma di denaro, tale somma ha di regola scopo risarcitorio e quindi risulta non è imponibile in
capo al lavoratore stesso; questa previsione però esplica effetti solo
nei limiti previsti dalla dall’articolo 51 del TUIR: l’eventuale eccedenza che dovesse essere erogata a favore del lavoratore, costituirà in
capo a questo reddito di lavoro dipendente.
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
66
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
La nozione di trasferta è strettamente connessa alla destinazione del
trasferimento temporaneo a cui è tenuto il dipendente: la regola di
Il Comune
non imponibilità a cui in precedenza si accennava è infatti valida
solo ed esclusivamente nel caso in cui il lavoratore sia chiamato a
recarsi in un luogo al di fuori del Comune nel quale egli ha la propria
sede di lavoro. Nel caso contrario, ogni erogazione è imponibile in
capo al dipendente ai sensi del comma 5 dell’articolo 51 del TUIR.
Al riguardo occorre ricordare che:
›› è irrilevante la dimensione del Comune così come eventuali divisioni territoriali: se la sede di lavoro è nel Comune di Milano e
il contribuente si reca dall’altra parte del Comune (impiegando
magari diverse ore per lo spostamento) egli non potrà ricevere il
rimborso del pranzo (o per meglio dire, il rimborso che egli riceverà dovrà essere tassato come componente aggiuntivo della remunerazione). Al contrario, se la trasferta è di poche centinaia di
metri ma viene varcata la soglia del territorio comunale, egli potrà
ricevere un’indennità senza che questa risulti imponibile;
›› è prevista una deroga alla tassabilità delle trasferte sul territorio
comunale: non concorrono alla formazione del reddito di lavoro
dipendente i rimborsi di spese di trasporto a condizione che siano
comprovate da documenti che provengono dal vettore (si pensi
al caso di contribuente che si sposta utilizzando i mezzi pubblici
ovvero un taxi). Per comprovare tali spese sostenute è sufficiente
che il dipendente alleghi alla richiesta di rimborso il biglietto “anonimo”, ossia senza intestazione (sul punto si veda la c.m. 188/E/98);
›› infine, come chiarito dall’Agenzia delle entrate nella r.m. 232/E/02
non rientra nell’ambito della deroga appena descritta il caso di
contribuente che si sia spostato utilizzando la propria autovettura:
il rimborso chilometrico erogato dall’azienda a favore del dipendente per la trasferta nell’ambito del territorio comunale risulta imponibile in capo al percettore. Al riguardo è bene ricordare che
il rimborso per i viaggi compiuti con i mezzi propri del dipendente
devono essere determinati sulla base di elementi concordanti: in
particolare la c.m. 326/E/97 afferma che “… in sede di liquidazione, l’ammontare dell’indennità sia determinato avuto riguardo
alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al
costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura”. Tale
passaggio pare un evidente rinvio alla tariffe chilometriche stabilite dall’ACI per la specifica vettura utilizzata dal dipendente (attenzione: non sono le tabelle nei limiti di 17HP e 20HP di cui oltre si
dirà, in quanto queste ultime evidenziano il limite di deducibilità in
capo all’azienda).
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
67
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Si consideri un dipendente chiamato a recarsi in altro luogo per
espletare la propria attività lavorativa, luogo che si trova nel medesi-
Esempio
mo Comune in cui si trova la sede di lavoro. In relazione a tale trasferta al dipendente viene rimborsata la somma di € 45, come di seguito
dettagliata:
›› rimborso chilometrico per l’utilizzo della propria vettura (si deve
spostare dall’altra parte del Comune) à € 15,00
›› rimborso del TAXI (il luogo in cui doveva recarsi si trova in zona a
traffico limitato) à € 10,00
›› rimborso del pranzo à € 20.00
Descrizione
Esente
Rimborso chilometrico (km 25 x € 0,6)
TAXI
€ 15,00
€ 10,00
Vitto (ricevuta ristorante “il cantone”)
TOTALI
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
Imponibile
€ 20,00
€ 10,00
€ 35,00
68
6.Trasferta al di fuori del Comune
Il comma 5 dell’articolo 51 del TUIR individua quali trasferte vere e
proprie solo ed esclusivamente quelle con destinazione al di fuori
La nozione
dell’ambito del Comune nel quale il lavoratore ha la propria sede
di lavoro; al riguardo vengono individuate dal legislatore tre diverse
modalità per trattare l’indennità di trasferta spettante al dipendente.
I contribuenti possono scegliere liberamente la modalità che preferiscono, ricordando comunque che:
›› la scelta deve essere effettuata con riferimento a ciascuna specifica trasferta, senza che il metodo prescelto per una di queste
possa in qualche modo vincolare le altre (quindi se si sceglie si
trattare una determinata trasferta con un metodo, comunque le
altre possono essere interessate da un metodo diverso, anche se
chiaramente per questioni di semplificazione nella gestione aziendale delle trasferte, solitamente viene scelto un metodo che poi
generalmente viene utilizzato per trattare tutte le trasferte);
›› quando la trasferta riguarda più giornate, una volta prescelto il
metodo questo deve essere mantenuto sino alla fine della trasferta considerata (quindi un contribuente che ha quale proprio luogo di lavoro Roma e si deve recare una settimana a Milano per
svolgere un incarico, non può scegliere un metodo per un giorno
e un altro per i rimanenti perché questo risulterebbe più conveniente. Ne sceglierà uno tra quelli ammessi, e utilizzerà quello per
le spese sostenute in tutti e sette i giorni della trasferta).
Prima di esaminare nel dettaglio i metodi previsti, si deve ricordare che le spese di viaggio e trasporto sono cumulabili nell’ambito
delle tre diverse tipologie di rimborso: in altre parole, i metodi che
di seguito si andranno ad analizzare riguardano esclusivamente le
indennità relative alle spese sostenute dal dipendente per il vitto,
l’alloggio e altre spese sostenute durante la trasferta, mentre i rimborsi per l’utilizzo dell’auto propria ovvero per l’utilizzo dei mezzi pubblici, purché dettagliatamente ed analiticamente comprovati da
idonea documentazione, non concorrono alla base imponibile del
lavoratore. Sul punto si segnala che autorevole dottrina (circolare
Assonime 25/1998) ha affermato (senza che questo abbia mai ricevuto smentita dall’Amministrazione finanziaria) la posizione per cui le
spese sostenute dal dipendente per il parcheggio dell’autovettura
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
69
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
così come i pedaggi autostradali dovrebbero essere assimilate alle
spese di viaggio (Quindi anche queste possono essere rimborsate in
aggiunta ai rimborsi delle spese di vitto e alloggio senza che costituiscano reddito imponibile in capo al lavoratore).
6.1. Il rimborso forfettario
La prima soluzione a disposizione è quella per cui il datore di lavoro
provvede ad erogare al dipendente una somma forfetaria che lo
La nozione
indennizzi delle spese sostenute per il vitto e l’alloggio: tale alternativa prevede che non sia necessario per il lavoratore documentare in
alcun modo le spese sostenute (e questo di certo è una semplificazione operativa non di poco conto e questo è il pregio principale di
tale soluzione).
Le indennità di trasferta sono escluse dall’imponibile:
›› sino ad un limite di € 46,48 giornalieri per le trasferte fuori dal territorio comunale ma nell’ambito del territorio italiano;
›› sino ad un limite di € 77,46 giornalieri per le trasferte all’estero.
Il predetto limite non viene modificato qualora la trasferta sia di durata inferiore alle 24 ore (quindi è irrilevante il fatto che la trasferta
duri solo qualche ora: se viene varcato il territorio comunale, in ogni
caso per la trasferta nazionale è riconosciuto un rimborso forfettario
giornaliero di € 46,48).
Il rimborso nei limiti sopra evidenziati non è imponibile in capo al lavoratore dipendente, mentre sarà imponibile ogni altra erogazione
aggiuntiva, anche se analiticamente documentata, rispetto all’indennità forfettaria prescelta. Sono esclusi da tassazione i rimborsi relativi a spese di viaggio.
Il dipendente si reca da Mantova a Firenze nell’ambito della stessa
giornata. In relazione a tale trasferta gli viene rimborsata la somma di
Esempio
€ 380, come di seguito dettagliata:
›› rimborso chilometrico per l’utilizzo della propria vettura à € 300,00
›› rimborso forfetario à € 80,00
Descrizione
Esente
Rimborso chilometrico (km 500 x € 0,6)
€ 300,00
Rimborso forfetario
€ 46,48
€ 33,52
TOTALI
€ 346,48
€ 33,52
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
Imponibile
70
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
6.2. Il rimborso analitico
La seconda soluzione messa a disposizione per la gestione delle trasferte è quella del cosiddetto rimborso analitico delle spese di vitto ed
La nozione
alloggio: tali rimborsi non concorrono alla formazione del reddito di
lavoro dipendente purché ne sia data dettagliata e comprovata dimostrazione. Tale documentazione può essere costituita da documenti
fiscali rilasciati dagli alberghi/ristoranti relativi al periodo nel quale la
trasferta si è svolta e che siano riepilogati da apposita nota spese sottoscritta dal lavoratore e consegnata al datore di lavoro. Le spese analiticamente documentate non si considerano rilevanti per la tassazione in
capo al dipendente indipendentemente dall’importo sostenuto.
Inoltre, non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente
il rimborso di ulteriori spese non documentabili rispetto a quelle evidenziate (ad esempio la lavanderia, il telefono, il parcheggio, ecc.), purché risultino analiticamente attestate dal dipendente e per un importo
massimo di:
›› € 15,49 per le trasferte in Italia
›› € 25,82 per le trasferte all’estero.
Inoltre, si ricorda, sono cumulabili con i rimborsi sopra evidenziati le spese eventualmente sostenute per il viaggio.
Il dipendente si reca da Mantova a Firenze per due giornate. In relazione a tale trasferta gli viene rimborsata la somma di € 465, come di
Esempio
seguito dettagliata:
›› rimborso chilometrico per l’utilizzo della propria vettura à € 300,00
›› rimborso vitto documentato à € 75,00
›› rimborso alloggio documentato à € 90,00
Descrizione
Esente
Imponibile
Rimborso chilometrico (km 50 x € 0,6)
€ 300,00
€ 0,00
Vitto (ricevuta ristorante “divina commedia”)
€ 35,00
€ 0,00
Alloggio (ricevuta albergo “beatrice”)
€ 90,00
€ 0,00
Vitto (ricevuta ristorante “decamerone”)
€ 40,00
€ 0,00
TOTALI
€ 465,00
€ 0,00
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
71
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
6.3. Il rimborso misto
La terza soluzione, definita metodo misto, è una soluzione intermedia
ai due metodi precedentemente evidenziati; al suo interno sono in-
La nozione
fatti previste due possibilità alternative:
›› il datore di lavoro può rimborsare analiticamente le spese di vitto
ovvero quelle di alloggio e riconoscere in aggiunta una indennità
forfetaria pari ai 2/3 di quella prevista per il metodo forfetario puro
(quindi sino ad € 30,99 per la trasferta nazionale ed € 51,64 se la
trasferta è all’estero);
›› il datore di lavoro può rimborsare analiticamente le spese di vitto
e quelle di alloggio e riconoscere una indennità forfetaria pari ad
1/3 di quella prevista per il metodo forfetario puro (quindi sino ad
€ 15,49 per la trasferta nazionale ed € 25,82 se la trasferta è all’estero).
Le spese di viaggio e trasporto, come detto in precedenza, possono
essere analiticamente rimborsate.
Il dipendente si reca da Mantova a Firenze per due giornate. In relazione a tale trasferta gli viene rimborsata la somma di € 490, come di
Esempio
seguito dettagliata:
›› rimborso chilometrico per l’utilizzo della propria vettura à € 300,00
›› rimborso vitto forfetario à € 100
›› rimborso alloggio documentato à € 90,00
Descrizione
Esente
Imponibile
Rimborso chilometrico (km 50 x € 0,6)
€ 300,00
€ 0,00
Vitto
€ 61,98
€ 38,02
(€ 30,99 * 2)
Alloggio (ricevuta albergo “beatrice”)
€ 90,00
€ 0,00
TOTALI
€ 451,98
€ 38,02
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
72
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
6.4. La documentazione richiesta
Un altro aspetto da esaminare è quello riguardante la documentazione necessaria a comprovare le trasferte.
Sotto questo profilo la c.m. 326/E/97 sottolinea come le spese per i
viaggi compiuti con mezzi pubblici (ferrovie, aerei, ecc.) sono diret-
Biglietti
tamente documentabili mediante l’esibizione dei documenti di viaggio da parte del dipendente.
La c.m. 188/E/98 ha inoltre sottolineato come sia sufficiente la documentazione costituita da biglietti anonimi. Inoltre, anche ai fini della
Vitto e alloggio
documentazione delle altre spese sostenute in occasione delle trasferte, quali quelle di vitto e di alloggio e quelle rimborsabili in esenzione di imposta fino ad un importo massimo giornaliero di 30 mila
lire (oggi € 15,49), non è necessaria l’intestazione al dipendente dei
documenti stessi, essendo sufficiente che le spese risultino sostenute
nei luoghi e nel tempo di svolgimento delle trasferte e che siano attestate dal dipendente mediante nota riepilogativa.
Le spese per i viaggi compiuti con mezzi propri devono essere determinate dallo stesso datore di lavoro sulla base di elementi concor-
Rimborsi chilometrici
danti, sia diretti che indiretti. Sotto tale profilo, al fine di consentire
l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente dell’indennità stessa,
non è necessario che il datore di lavoro provveda al rilascio di una
espressa autorizzazione scritta che contenga tutti i dati relativi alla
percorrenza ed al tipo di autovettura ammessa per il viaggio. Risulta
invece necessario che in sede di liquidazione dell’indennità, l’ammontare della stessa sia determinato avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura. Tali elementi dovranno
risultare dalla documentazione interna conservata dal datore di lavoro (ad esempio un prospetto riepilogativo mensile dove indicare,
per ciascuna trasferta, la distanza percorsa).
Come ribadito nella successiva c.m. 188/E/98, l’autorizzazione preventiva alla trasferta non è più richiesta ad alcun fine. La trasferta,
Automazione preventiva
e le spese ad essa collegate, devono risultare dalla normale documentazione conservata dal datore di lavoro. Secondo il Ministero,
infatti, l’obbligo relativo all’autorizzazione, costituiva una complicazione nella gestione della vita dell’azienda senza assicurare all’Amministrazione finanziaria garanzie in merito all’inerenza delle spese,
superiori rispetto a quelle fornite dalla ordinaria documentazione relativa alle spese stesse.
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
73
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
In ogni caso, qualora la documentazione non contenga l’intestazione dell’azienda e del dipendente in trasferta, oltre la nota spese
che viene consegnata dal dipendente l’attestazione che individua
la trasferta è costituita da una lettera di incarico.
In linea di principio, la determinazione delle modalità amministrative
con le quali l’impresa procede alla rifusione delle spese sopportate dal dipendente che viene inviato in trasferta non è soggetta a
particolari limitazioni o regole prefissate. Peraltro, qualora le imprese
adottino come sistema di rimborso il cosiddetto “pié di lista” (ossia il
riepilogo delle spese analiticamente sostenute), appare necessaria
la raccolta della documentazione probatoria, necessità che viene
a ridursi qualora sia fissato un limite oltre il quale il dipendente non
ottiene il rimborso delle spese. Conseguentemente, dovranno essere
presentate delle note spese ben documentate e che faranno riferimento, in particolare:
›› ai biglietti di viaggio in relazione ai viaggi ed ai trasporti effettuati
nel corso della trasferta di lavoro del dipendente;
›› documentazione avente valenza fiscale (normalmente ricevute fiscali) con riferimento alle spese alberghiere ed alle somministrazioni di vitto.
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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7.Trattamento in capo all’azienda
delle spese di vitto e alloggio
7.1. Imposte dirette
I rimborsi spese erogati dall’azienda tanto al dipendente quanto al
collaboratore coordinato e continuativo che abbiano effettuato
una trasferta, sono componenti negativi di reddito fiscalmente deducibili in quanto costi inerenti l’attività aziendale; nell’articolo 95 del
TUIR il terzo comma è dedicato a stabilirne le particolari regole di
deduzione, introducendo alcune limitazioni.
Con riferimento al regime che deve essere adottato dall’impresa ai
fini della deducibilità dei costi sostenuti per le trasferte dei dipendenti
va precisato che:
›› in linea di principio, l’articolo 95, comma 1 del TUIR prevede che
le spese per prestazioni di lavoro dipendente vengano dedotte
dal reddito d’impresa del datore di lavoro e comprendono anche
quelle sostenute in denaro o natura a titolo di liberalità a favore
dei lavoratori fatto salvo il disposto di cui al comma 1 dell’articolo
100;
›› particolari limitazioni sono poste con riferimento al rimborso di determinate spese nell’ambito del comma 1-ter dell’articolo 95;
I rimborsi in oggetto riguardano:
›› vitto e alloggio relativamente alle trasferte effettuate fuori dal territorio comunale;
›› viaggio e trasporto.
La prima di queste limitazioni riguarda la deducibilità delle spese di
vitto e alloggio, che viene ammessa nel limite giornaliero di:
Vitto e alloggio
›› € 180,76 per le trasferte nazionali;
›› € 258,23 per le trasferte all’estero.
Detto limite però non riguarda tutte le tipologie di dazioni al dipendete, ma solo quelle determinate sulla base del metodo analitico,
per evitare che queste assumano livelli eccessivamente elevati e
possano sfuggire da logiche di ragionevolezza. Quindi se il dipendente si reca in trasferta alloggiando presso un albergo di lusso 5
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
75
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
stelle spendendo € 500 al giorno e cena in un esclusivo ristorante al
costo di € 150, l’importo che gli sarà erogato non costituirà per lui
reddito (se dettagliatamente documentato), mentre per l’azienda
la deduzione non potrà in ogni caso superare il limite di € 180,76 (ovvero € 258,23 se la trasferta è all’estero).
Tale problema, è evidente, non si pone quando viene utilizzato il metodo forfetario in quanto un rimborso che dovesse superare i limiti fissati dall’articolo 51 del TUIR sarebbe imponibile in capo al lavoratore
(quindi deducibile dall’azienda in quanto spesa di lavoro).
Si deve ricordare che dette spese non sono soggette alla previsione
introdotta dall’articolo 83, comma 28-quater, lettera a), d.l. 112/2008
No limitazione 75%
che ha limitato al 75% la deducibilità delle spese di vitto e alloggio
(tale previsione è stata introdotta a seguito della possibilità di detrarre l’IVA sulle fatture di ristoranti ed alberghi). Tra le varie deroghe
previste a tale disposizione vi sono appunto le spese di cui al terzo
comma dell’articolo 95 del TUIR, che quindi sono interamente deducibili entro i limiti di € 180,76 per le trasferte nazionali ed € 258,23
per le trasferte all’estero. Le spese di trasferta di vitto alloggio di altro
tipo (ad esempio quando è in trasferta l’imprenditore individuale)
se inerenti sono invece interamente deducibili (quindi senza il limite
superiore di € 180,76 / € 258,23) ma soffrono della limitazione alla possibilità di deduzione al 75%.
La medesima previsione risulta peraltro applicabile anche alle spese
di trasferta degli amministratori. Come ricordato dalla c.m. 6/E/2009,
Amministratori
l’articolo 95, comma 3, del Tuir definisce gli importi massimi che possono essere portati in deduzione dal datore di lavoro per le spese di
vitto e alloggio sostenute per le trasferte fuori dal territorio comunale
dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa. Tale disposizione trova applicazione anche per le trasferte effettuate dagli amministratori della società: in relazione a tali spese non risulta, quindi, applicabile la limitazione della
deducibilità al 75% dei costi sostenuti per le prestazioni alberghiere e
per le somministrazione di alimenti e bevande disposta dall’articolo
109, comma 5, del Tuir come riformulato dall’articolo 83, comma
28-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008.
La medesima c.m. 6/E/2009 puntualizza anche il trattamento delle
spese di trasferta sostenute dai soci di una società di persone. L’ar-
Soci di SNC
ticolo 95, comma 3, del Tuir trova applicazione solo con riferimento
alle spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate dai
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
76
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa. Pertanto, va da sé che le spese sostenute dalla società
per le trasferte effettuate dai soci possono, invece, essere portate in
deduzione secondo il generale principio di inerenza che sottende
alla determinazione del reddito di impresa. In relazione alle spese
per prestazioni alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande opera, inoltre, la previsione normativa dettata dall’articolo 109,
comma 5, del Tuir che limita la deducibilità di tali costi al 75% del
loro ammontare.
Il terzo comma dell’articolo 95 del TUIR esclude esplicitamente da
tale previsione limitativa (tetto di € 180,76 / € 258,23) i rimborsi spese
Spese del comune
relativi a trasferte nell’ambito del territorio comunale: la ragione risiede nel fatto che tali dazioni risultano imponibili in capo al lavoratore.
Inoltre, come chiarito dalla c.m. 6/E/09, deve ritenersi che le spese
relative a somministrazioni di alimenti e bevande ed a prestazioni alberghiere, se sostenute in occasione di trasferte effettuate dal dipendente nell’ambito del territorio comunale, sono comunque deducibili, ai fini delle imposte dirette, nella misura del 75% per cento del loro
ammontare. L’Agenzia arriva a tale conclusione osservando che le
spese per trasferte all’interno del Comune non sono tra quelle di cui
all’art. 95, comma 3 TUIR, esplicitamente escluse dalla limitazione al
75%; non pare una decisione del tutto condivisibile visto che si tratta
comunque di importi integralmente tassati in capo al lavoratore dipendente.
7.2. La detrazione dell’IVA sulle spese di vitto e alloggio
Nell’ambito del trattamento delle spese di trasferta in capo al dipendente, un tema che merita una piccola digressione è quello riguardante il diritto alla detrazione dell’IVA, introdotto dal citato d.l.
112/2008. Prima di tutto si deve ricordare che, affinché l’azienda
possa beneficiare del diritto alla detrazione dell’imposta, è necessario che vi sia un documento (fattura, necessariamente) intestato
all’azienda che quindi ha sostenuto in prima persona l’onere della
trasferta. Si tratta, evidentemente, di un caso diverso da quello del
dipendete che sostiene il costo in proprio (quindi con documento a
sé intestato) e poi chiede il rimborso a piè di lista all’azienda.
Sotto tale profilo aveva fatto inizialmente molto discutere la posizione assunta dall’Agenzia delle entrate nella c.m. 53/E/2008, secondo
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Intestazione
77
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
la quale nelle ipotesi in cui la prestazione alberghiera o di ristorazione
veniva fruita da un soggetto diverso dall’effettivo committente del
servizio (pasto “utilizzato” del dipendente e documento intestato al
datore di lavoro), ai fini della detrazione pareva necessario che la
fattura recasse anche l’intestazione di tale soggetto. Il datore di lavoro, secondo tale posizione, avrebbe potuto detrarre l’imposta relativa alle prestazioni rese al proprio dipendente in trasferta qualora
la fattura risultasse cointestata. Il che lasciava intendere che quando
una squadra di 20 dipendenti era in trasferta il documento doveva
essere intestato a 21 soggetti, ossia il datore di lavoro ed appunto i
20 dipendenti.
Questa posizione (molto) poco ragionevole è stata eliminata con un
chiarimento contenuto nella successiva c.m. 6/E/2009, nella quale
l’Amministrazione finanziaria ebbe modo di affermare come il riferimento alla cointestazione della fattura, contenuto nella circolare
53/E/2008, deve essere inteso in maniera diversa: nel caso in cui non
vi sia coincidenza tra il soggetto che acquista il servizio nell’esercizio
della propria attività d’impresa, arte o professione (ad esempio il datore di lavoro) e colui che materialmente ne usufruisce (ad esempio
il dipendente), la fattura deve essere intestata al soggetto beneficiario della detrazione al fine di consentirgli l’esercizio del relativo diritto
(quindi la fattura va intestata al datore di lavoro). I dati dei dipendenti fruitori della prestazione dovranno essere indicati nella fattura
ovvero in una apposita nota ad essa allegata.
In merito al diritto alla detrazione dell’imposta si deve ricordare come
la soppressione dell’indetraibilità oggettiva non comporta, però,
Inerenza
“automaticamente” la possibilità di detrarre l’imposta senza condizioni, ma impone una verifica analitica, spesa per spesa, dell’inerenza della prestazione di vitto e alloggio rispetto all’attività esercitata.
Sul punto, si segnala un’indicazione piuttosto penalizzante contenuta nella circolare Assonime 55/2008: trattando dell’inerenza delle
spese di vitto e alloggio, e quindi della detraibilità dell’imposta, Assonime osserva come vi potrebbe essere un difetto di inerenza anche in
relazione alle spese sostenute nell’ambito delle missioni e delle trasferte dei dipendenti e collaboratori dell’imprenditore (ma le medesime
riflessioni possono essere estese anche alle spese di trasferta sostenute
dallo stesso imprenditore). Questo avverrebbe nel caso in cui nella fattura, oltre a prestazioni sicuramente inerenti all’attività d’impresa, venissero addebitate anche prestazioni in relazione alle quali l’inerenza
potrebbe essere considerata dubbia, come ad esempio:
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
78
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
›› servizi accessori o di carattere essenzialmente suntuario (la pay tv
per la visione di un film o di una partita);
›› servizi alberghieri o di ristorazione di livello superiore a quello “normale” (sotto questo profilo, quantomeno sul versante delle imposte dirette, non pare vi possano essere problemi posto che l’art. 95,
comma 3 TUIR fissa dei limiti massimi alla deducibilità delle spese).
Una considerazione di questo tipo imporrebbe, quindi, di andare a
scindere, nell’ambito dell’imposta addebitata, la parte corrispondente alla spesa inerente l’attività di impresa, da detrarre, da quella
relativa alle spese non considerate inerenti, che dovrebbe essere invece resa indetraibile. Il problema della detrazione sarebbe ovviamente superato nel caso in cui l’impresa fatturasse queste prestazioni al dipendente, esercitando il regresso nei suoi confronti ed addebitando una cifra che non deve essere necessariamente coincidente
o superiore rispetto al costo sostenuto, ma che non può comunque
essere meramente simbolica. È inutile sottolineare come un’indicazione di questo tipo, se confermata dall’Amministrazione, sarebbe
estremamente penalizzante in termini di ulteriori adempimenti amministrativi posti a carico delle imprese.
Con riferimento alla deduzione del costo, l’Agenzia nella c.m.
6/E/2009 aveva avanzato una ipotesi del tutto non condivisibile per
IVA non detratta
le trasferte certificate da ricevute intestate all’azienda: siccome la
mancata detrazione dell’Iva deriva da una scelta fatta dal contribuente (avrebbe potuto chiedere la fattura), questa non può rappresentare un costo deducibile dal punto di vista delle imposte sui
redditi. Fortunatamente la posizione dell’Amministrazione finanziaria
è mutata nella c.m. 25/E/2010: quando la trasferta è certificata da
ricevuta (quindi l’IVA non può essere detratta), l’integrale importo
evidenziato nella ricevuta risulta deducibile (salve le eventuali limitazioni al 75%). In tale secondo documento l’Agenzia delle entrate, pur
ribadendo il “carattere non inerente del costo rappresentato dall’IVA detraibile ma non detratta per effetto della mancata richiesta
della fattura”, ha ammesso “un’eccezione qualora la scelta di non
richiedere la fattura per le prestazioni alberghiere e di ristorazione si
basi su valutazioni di convenienza economico gestionale”.
Al fine di promuoverne una più agevole applicazione pratica il
CNDCEC, attraverso il parere 15 settembre 2011 ha individuato un limite oggettivo, o almeno un ordine di grandezza, entro il quale possa
essere comunemente riconosciuta come sussistente la convenienza
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79
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
economica della scelta di non richiedere la fattura. Secondo l’Agenzia delle entrate, la scelta deve essere operata al momento
di effettuazione dell’operazione, in quanto la possibilità di dedurre
quale costo nell’ambito dei richiamati limiti di convenienza l’IVA non
detratta è riservata ai casi in cui la fattura non sia stata emessa e
l’acquisto risulti documentato da scontrino o ricevuta fiscale. In altre parole, una volta che la fattura sia stata emessa, su richiesta o
no del committente, tale circostanza sembrerebbe precludere al
contribuente la possibilità di registrare il documento ai soli fini di contabilità generale senza porre in essere le registrazioni ai fini IVA. In
particolare, i costi amministrativi connessi con la registrazione della
singola fattura (protocollazione, eventuale inserimento anagrafico
del fornitore, registrazione e archiviazione) possono differire a seconda che la contabilità sia tenuta all’interno dell’impresa ovvero sia
affidata all’esterno in outsourcing. Inoltre, almeno per le imprese in
regime di contabilità ordinaria, la registrazione della singola fattura
ai fini IVA comporta, a parità di numero di documenti, un raddoppio
delle scritture contabili, dovendosi necessariamente procedere alla
distinta registrazione dell’operazione di acquisto e di quella di pagamento. A tal fine, nel citato documento, il CNDCEC individua nel
limite di spesa di € 33 l’importo che giustifica la rinuncia alla detrazione dell’IVA: oltre tale importo la rinuncia non sarebbe giustificata da
logiche di convenienza, quindi l’IVA non detratta risulterebbe indeducibile ai fini delle imposte dirette. Il che significa che la rinuncia alla
detrazione sarebbe ragionevole solo per pasti di modesto ammontare (i pranzi di lavoro di 2/3 dipendenti, ad esempio), mentre i pasti più onerosi imporrebbero di richiedere la fattura; per il medesimo
ragionamento, visto il modesto limite fissato, per i pernotti in albergo
si dovrebbe in ogni caso richiedere la fattura.
Questo ovviamente è un suggerimento operativo, ma evidentemente non costituisce un limite assoluto.
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8.Gestione delle vetture
Nell’ambito del panorama delle spese di trasferta non può certo
mancare un approfondimento riguardante la gestione delle vetture:
la soluzione rappresentata dall’utilizzo da parte del dipendente della
propria vettura (indennizzato tramite rimborso chilometrico) malgrado ritenuta comunemente la più conveniente, non è detto che nei
fatti effettivamente lo sia. Vi sono infatti altre forme (in particolare
l’uso promiscuo al dipendente), che risultano maggiormente soddisfacenti sotto il profilo del trattamento fiscale.
Occorre pertanto ripercorrere il relativo trattamento fiscale per poi
completare il ragionamento proponendo le relative riflessioni di convenienza.
Prima di tutto si deve ricordare che ogni valutazione deve trarre origine da alcune informazioni (periodicamente aggiornate) che posso-
I dati ACI
no essere reperite sul sito internet dell’Automobil Club d’Italia (www.
aci.it):
›› i costi chilometrici di esercizio di autovetture, motocicli e ciclomotori ai fini dell’individuazione del reddito in natura convenzionale
(fringe benefit) dei vincoli aziendali concessi ad uso promiscuo
a dipendenti e collaboratori. Il valore annuale del finge benefit,
calcolato dall’ACI, da assoggettare a tassazione e contribuzione
previdenziale per singolo veicolo assume valore, ai sensi dell’articolo 51, comma 4, lettera a) del TUIR, per l’anno in cui vengono
approvati.
Operativamente si tratta di individuare, tra le categorie a disposizione, quella nella quale rientra il veicolo del quale è necessario verificare il benefit, cercando la relativa vettura. Per i veicoli non compresi nella tabella approvata, l’ammontare del reddito in natura sarà
determinato prendendo a riferimento la vettura che, per tutte le sue
caratteristiche, risulti più simile.
›› Per quanto riguarda i costi chilometrici, è possibile reperire una
duplice serie di informazioni:
1. il limite fiscale deducibile relativo alle vetture di 17 cavalli fiscali
se alimentate a benzina o 20 cavalli fiscali se alimentate a
gasolio (aggiornato ogni 6 mesi), in ragione della percorrenza
annua effettuata con il veicolo considerato;
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
2. il rimborso chilometrico spettante a dipendenti e collaboratori
per la specifica autovettura, selezionandola sulla base dei
seguenti
parametri:
categoria
del
veicolo
(autovettura,
motociclo, ciclomotore, fuoristrada e autofurgone), marca,
alimentazione (benzina, gasolio, ecc.) e data di calcolo.
Chiariti quali sono i dati a disposizione, è ora possibile addentrarsi
nella materia.
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9.Rimborsi chilometrici
Una prima soluzione spesso utilizzata dalle imprese per la gestione
delle auto aziendali utilizzate dai dipendenti per le trasferte è quella del rimborso chilometrico: il dipendente che deve spostarsi per
adempiere alle proprie mansioni, anziché utilizzare la vettura messagli a disposizione dall’azienda, utilizza un mezzo proprio e successivamente chiede all’azienda di erogargli un rimborso per indennizzarlo
del costo patito per effettuare detta trasferta.
Per ben valutare le conseguenze fiscali legate al’utilizzo di tale fattispecie, occorre guardare la materia da due distinti punti di vista,
quello dell’azienda (per verificare la deducibilità della somma erogata) e quello del dipendente (per verificare l’eventuale imponibilità
in capo al percettore).
9.1. Il trattamento in capo all’azienda
Per quanto riguarda l’azienda, la disciplina di riferimento è quella
contenuta nell’articolo 95, comma 3, secondo periodo del TUIR, se-
Art. 96 comma 3 TUIR
condo il quale:
“… Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti [rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, n.d.a.] sia stato autorizzato ad
utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine
di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è
limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli
fiscali, ovvero 20 se con motore diesel”.
L’azienda, nell’erogare i rimborsi, dovrà tenere in considerazione i seguenti limiti di deducibilità fiscale:
›› se il dipendente utilizza la propria vettura (ma non pare vi siano
problemi anche se la vettura non è di sua proprietà ma è semplicemente nella disponibilità del dipendente, come nel caso di vettura che egli utilizza in forza di contratto di comodato, ad esempio
della moglie) per il costo di percorrenza il rimborso è fiscalmente
deducibile entro il limite delle vetture di 17 cavalli fiscali, ovvero 20
cavalli fiscali se alimentate a gasolio;
›› se il contribuente, per effettuare la trasferta, ha preso a noleggio una vettura il rimborso può avvenire nel limite delle tariffe di
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
noleggio previste per le vetture di 17 cavalli fiscali, ovvero 20 cavalli fiscali se alimentate a gasolio. Si tratta, occorre ricordarlo, di
vettura presa a noleggio direttamente dal dipendente in quanto,
se la vettura è presa a noleggio dall’azienda e poi messa a disposizioni del dipendente, si applicano le disposizioni di cui all’articolo
164 TUIR, anche nel caso di durata inferiore all’anno, al limite anche di un solo giorno (cfr. c.m. 48/E del 10 febbraio 1998).
Rimborso KM
Il rimborso chilometrico copre tanto il deperimento del veicolo (quota del costo di acquisto, manutenzioni e consumo dei pneumatici)
quanto i costi diretti di utilizzo (il carburante consumato nel viaggio);
ciò sta a significare che l’erogazione di un rimborso chilometrico in
linea con le tariffe previste per le vetture di 17/20 cavalli fiscali a cui
dovesse essere aggiunta una componente relativa, ad esempio, alla
manutenzione (il dipendente in trasferta con la propria auto fora la
gomma e, oltre al rimborso chilometrico, gli viene erogata anche
una somma pari al costo della sostituzione della gomma), tale componente aggiuntiva sarebbe indeducibile. Essa, infatti, in quanto già
ricompresa nelle tariffe citate, sarebbe nella sostanza un rimborso
chilometrico aggiuntivo, eccedente i limiti dell’articolo 95, comma
3 TUIR.
Si deve invece osservare come nelle componenti che vanno a formare tali tariffe non siano previsti alcuni costi che ordinariamente
vengono sostenuti nell’ambito delle trasferte, quali pedaggi autostradali e spese di custodia (parcheggi); il rimborso di tali spese può
pertanto essere aggiunto a quello chilometrico, risultando comunque deducibile (Assonime, circolare 25/1998). Purché ovviamente
siano rispettate le regole di documentazione.
9.2. Trattamento in capo al lavoratore
Qualche accortezza in più serve al fine di verificare il trattamento
fiscale in capo al lavoratore dipendente del rimborso chilometrico
erogato. La nozione chiave è quella della non imponibilità del rimborso erogato in quanto non trattasi di remunerazione ma, al contrario, di un indennizzo per costi patiti dal dipendente per conto dell’azienda. In particolare, secondo la c.m. 326/E del 23 dicembre 1997:
“… i rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di
indennità chilometrica, e di trasporto non concorrono comunque a
formare il reddito quando le spese stesse siano rimborsate sulla base
di idonea documentazione”.
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
84
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Al riguardo, richiamando alcuni concetti già espressi in precedenza
in relazione alle spese di trasferta, si ricorda che:
›› tale esclusione dall’imponibile del dipendente vale solo per la trasferta effettuata al di fuori del Comune e, per tale verifica, è irrilevante la dimensione del Comune. Se al dipendente, con luogo
di lavoro nel Comune di Milano che si deve recare da un cliente
ubicato nel medesimo Comune, viene erogata un rimborso chilometrico, questo sarà imponibile anche se la trasferta richiede
diverse ore. Al contrario, se il dipendente si sposta per un veloce
intervento da Mantova (sede di lavoro) al vicino Comune di Virgilio, il rimborso erogato non sarà imponibile in capo al lavoratore;
›› per le trasferte nell’ambito del Comune, ai sensi dell’ultimo periodo dell’articolo 51, comma 5 del TUIR, è prevista una deroga
all’imponibilità dei rimborsi in capo al dipendente, costituita dalla
rifusione delle spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore (ad esempio, la ricevuta del taxi); al riguardo
la c.m. 232/E del 16 luglio 2002 ha precisato che tale disposizione
deve interpretarsi in via tassativa, per cui non è ammessa l’interpretazione per analogia al caso di utilizzo di auto propria (per la
quale viene erogato un rimborso chilometrico che deve quindi
considerasi tassabile);
›› al fine di consentire l’esclusione dalla formazione del reddito di
lavoro dipendente dell’indennità chilometrica, non è necessario
che il datore di lavoro provveda al rilascio di una espressa autorizzazione scritta preventiva (c.m. 188/E del 16 luglio 1998); la trasferta deve risultare dalla normale documentazione conservata dal
datore di lavoro dal quale sia desumibile il calcolo del rimborso
spettante;
›› il tragitto casa-lavoro-casa non costituisce trasferta, nel senso
di temporaneo spostamento dalla sede abituale di lavoro; una
erogazione del datore di lavoro in relazione ai costi sostenuti dal
dipendente per raggiungere il luogo ordinario di lavoro deve intendersi imponibile in capo al dipendente (c.m. 54/E del 23 marzo
1999 e c.m. 191/E del 13 dicembre 2000).
9.3. Coordinamento tra regole del dipendente e regole
dell’azienda
Per verificare il corretto coordinamento tra le due disposizioni ci si
deve porre una domanda: visto che il rimborso chilometrico erogato al dipendente viene dedotto dall’azienda entro un certo limite,
risulta o meno detassato in capo al percettore senza alcun tetto
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
85
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
superiode di importo? Per ben apprezzare tale interrogativo si pensi
al seguente esempio base, che sarà di seguito utilizzato anche per
altre esemplificazioni.
Un’azienda chiede ad un proprio dipendente, la cui sede di lavoro
è nel Comune di Mantova, di recarsi a Firenze per motivi di lavoro
Trasferta: Mantova – Firenze – Mantova à 500 km
Se l’imprenditore dovesse erogare € 2.000 quale indennizzo chilometrico, siamo davvero certi che tale somma (al di là del trattamento in
capo all’impresa, per il quale esiste il limite di deduzione dell’articolo
95, comma 3 TUIR) sia interamente non imponibile in capo al dipendente?
La risposta, a parere di chi scrive, la si può trovare nel seguente passaggio della citata c.m. 326/E/97:
“Relativamente all’indennità chilometrica per le trasferte fuori del
comune dove il dipendente ha la sede di lavoro, si precisa che, al
fine di consentire l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro
dipendente dell’indennità chilometrica, non è necessario che il datore di lavoro provveda al rilascio di una espressa autorizzazione scritta che contenga tutti i dati relativi alla percorrenza e al tipo di autovettura ammessa per il viaggio. È, invece, necessario che, in sede
di liquidazione, l’ammontare dell’indennità sia determinato avuto
riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente
e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura”.
Malgrado non vi sia un rinvio esplicito, il riferimento della circolare
alle variabili percorrenza, tipo di automezzo e costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura, pare un’indicazione evidente del fatto che la non tassabilità in capo al lavoratore dipendente
sia subordinata al limite previsto per la specifica vettura utilizzata per
quella determinata trasferta. Si torna a ricordare, con il rischio di risultare ridondante ma tale passaggio è fondamentale per le considerazioni che seguiranno, come chiarito in precedenza, le tabelle da
cui ricavare il rimborso chilometrico in questione non sono le medesime previste per la verifica del limite fiscale di deducibilità per l’azienda (17/20 cavalli fiscali) ma quelle relative allo specifico veicolo
utilizzato dal dipendente.
La gestione del rimborso dovrà quindi essere condotta avendo a riferimento due distinti limiti:
›› un primo, costituito dal limite di deducibilità fiscale per l’azienda;
›› un secondo, generalmente superiore rispetto al primo, dato dal
limite di non imponibilità in capo al lavoratore.
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
Per verificare come si debbano coordinare tali disposizioni si consideri il seguente esempio caratterizzato da un costo chilometrico della
Caso 1
specifica vetture superiore a quello stabilito per le vetture di potenza
pari a 17/20 cavalli fiscali (la situazione che normalmente si verifica
nella pratica): un dipendente si reca con la propria vettura da Mantova a Firenze e ritorno per un totale di KM 500, utilizzando una Mercedes ML 430 benzina. La percorrenza media annua è di 30.000 KM
(in seguito si proporranno considerazioni in merito alla rilevanza del
chilometraggio annuo, quindi alla rilevanza dei costi variabili nella
determinazione del rimborso chilometrico).
Costi complessivi per le percorrenze annue richieste
Km
€ / Km
Km
€ / Km
5000
1,904527
10000
1,236707
15000
1,014100
20000
0,902797
25000
0,836015
30000
0,791493
35000
0,759692
40000
0,735842
45000
0,717291
50000
0,702451
Per quanto detto, al dipendente potrebbe essere liquidato un rimborso chilometrico per tale trasferta pari ad € 395,75 (pari ad € 0,791493
moltiplicato per 500 chilometri), senza che questo venga tassato in
capo al dipendente.
Limite 17 CF > € 0,41268 al KM Rimborso > € 206,34
Autovetture in produzione alimentare a benzina con 17 CVF
Prezzo
Costi non proporzionali alla percorrenza
Costi proporzionali alla percorrenza
prezzo
listino
prezzo
strada
quota
interessi
tassa
autom.
assicuraz.
RCA
totale
quota
capitale
carbur.
pneum.
manut.
ripar.
totale
14.584,68
17.904,81
958,11
210,10
1.996,71
3.164,92
0,09280
0,13032
0,01444
0,06963
0,30718
Costo complessivo di esercizio in Euro al Km
Percorrenza
media
annua
5.000
10.000
15.000
20.000
25.000
30.000
35.000
40.000
45.000
50.000
Costo
di esercizio
0,94017
0,62368
0,51818
0,46543
0,43378
0,41268
0,39761
0,38631
0,37752
0,37048
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Sulla base della tabella delle vetture di potenza pari a 17 cavalli fiscali per le vetture a benzina, si verifica che il limite di deducibilità in
capo all’azienda è pari ad € 206,34 (pari ad € 0,41268 moltiplicato
per 500 chilometri).
A questo punto, combinando le due disposizioni si arriva a concludere che:
Rimborso
Trattamento fiscale
Trattamento fiscale
AZIENDA
DIPENDENTE
fino ad € 206,34
deducibile
NON imponibile
da € 206,35 e € 395,75
NON deducibile
NON imponibile
Oltre € 395,75
NON deducibile **
imponibile
A dire il vero, l’ultima riga della tabella che precede merita una riflessione specifica ed ulteriore; se infatti il componente imputato al dipendente, per quanto in precedenza affermato, diviene imponibile,
sulla indeducibilità in capo all’azienda occorre proporre il seguente
ragionamento:
›› se la regola dell’articolo 95 TUIR circa il limite di potenza del veicolo nella determinazione dei rimborsi chilometrici deducibili deve
intendersi inderogabile (come ritiene chi scrive e come indicato in
tabella), allora la quota di rimborso che costituisce fringe benefit
deve considerarsi comunque indeducibile in capo all’azienda;
›› se al contrario si ritiene che, essendo tale rimborso compenso in
natura imponibile in capo al dipendente esso cambi natura divenendo costo del lavoro, allora il rimborso, per la parte corrispondente a tale quota, deve intendersi deducibile.
A sostegno della prima tesi si deve richiamare dalla memoria la formulazione dell’articolo 164, comma 1, lettera b-bis) nel periodo compreso tra il d.l. 262/2006 e il d.l. 81/2007, ossia allorquando i costi auto di
proprietà dell’azienda erano interamente indeducibili. In quella sede,
nella diversa disciplina riguardate le vetture in uso promiscuo ai dipendenti, si affermava: “per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti, è
deducibile l’importo costituente reddito di lavoro”. Al riguardo occorre notare che se il legislatore si era preoccupato di inserire una disposizione specifica volta ad assicurare la deducibilità del costo aziendale
proporzionale al reddito di natura imputato, significa che la tassazione
in capo al dipendente del provento, di per sé, non ne assicura automaticamente il diritto alla deduzione in capo all’azienda.
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A questo punto vale la pena di considerare il caso opposto al precedente, ossia quello in cui la tariffa di rimborso specifica del mezzo
Caso 2
utilizzato è inferiore al limite fiscale. Il medesimo dipendente dell’esempio precedente si reca con la propria vettura da Mantova a Firenze e ritorno per un totale di KM 500, utilizzando un Fiat Doblò 1.4
benzina. La percorrenza media annua è di 30.000 KM.
Tariffa ACI > € 0,362457 al Km Rimborso > € 181,23
Costi complessivi per le percorrenze annue richieste
Km
€ / Km
Km
€ / Km
5000
0,792151
10000
0,534335
15000
0,448396
20000
0,405426
25000
0,379645
30000
0,362457
35000
0,350180
40000
0,340972
45000
0,333811
50000
0,328082
Rimborso
Trattamento fiscale
Trattamento fiscale
AZIENDA
DIPENDENTE
fino ad € 181,23
deducibile
NON imponibile
da € 181,23 e € 206,35
deducibile
imponibile
Oltre € 206,35
NON deducibile
imponibile
In questo caso il limite di imponibilità per il dipendente (€ 181,23) è
inferiore al limite di deducibilità per il rimborso stabilito dall’art. 95
TUIR (evidentemente il medesimo di prima visto che si prende a riferimento quello previsto per le vetture di 17 cavalli fiscali a benzina,
€206,35). Con riferimento a tale situazione, che si verifica sulle vettura
di ridotta cilindrata, occorre prestare particolare attenzione.
Spesso nelle aziende si fissa il rimborso al dipendente (anche) in ragione del limite fiscale di deducibilità in capo all’azienda ritenendo
che questo sia l’unico valore privo di conseguenze. In effetti per l’azienda il rimborso in tal modo determinato risulta integralmente deducibile, ma vi sarà un importo pari ad € 25,12 (differenza tra € 206,35
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ed € 181,23) imponibile in capo al dipendente (componente che
quindi dovrà essere comunicato al consulente del lavoro per la redazione della busta paga). Pertanto, prima di erogare i rimborsi spese,
oltre alla tabella relativa al limite fiscale di deducibilità, sarà necessario verificare anche la tabella per il limite di imponibilità in capo
al lavoratore (ossia il limite del rimborso chilometrico previsto per la
specifica vettura utilizzata dal lavoratore). Valgono anche nel presente caso le considerazioni proposte nel precedente in merito alla
deducibilità aziendale delle somme imponibili in capo al lavoratore.
9.4. Rimborsi chilometrici: solo costi variabili?
Per la determinazione del limite fiscale alla deducibilità dei rimborsi
chilometrici si pone una questione, che potrebbe dimostrarsi di non
poco conto.
Il limite fiscale di deducibilità, che si materializza nelle tabelle pubblicate sul sito ACI per le vetture di 17/20 cavalli fiscali, in realtà è
composto da due componenti elementari: da un lato un costo proporzionale (relativo a quota capitale del veicolo, carburante, pneumatici e riparazione) che è direttamente connesso alla percorrenza,
dall’altro un costo non proporzionale alla percorrenza (quota interessi per l’impiego di denaro nell’acquisto del mezzo, la tassa automobilistica e l’assicurazione RCA obbligatoria per il veicolo). La prassi
è quella di considerare il costo complessivo di esercizio del veicolo,
comprensivo di entrambe le componenti: tale costo è decrescente
all’aumentare dei chilometri, in quanto la componente fissa viene
ripartita su di un chilometraggio superiore.
Autovetture in produzione alimentate a benzina con 17 CVF
Prezzo
Costi non proporzionali alla percorrenza
Costi proporzionali alla percorrenza
prezzo
listino
prezzo
strada
quota
interessi
tassa
autom.
assicuraz.
RCA
totale
quota
capitale
carbur.
pneum.
manut.
ripar.
totale
14.584,68
17.904,81
958,11
210,10
1.996,71
3.164,92
0,09280
0,13032
0,01444
0,06963
0,30718
Costo complessivo di esercizio in Euro al Km
Percorrenza
media
annua
5.000
10.000
15.000
20.000
25.000
30.000
35.000
40.000
45.000
50.000
Costo
di esercizio
0,94017
0,62368
0,51818
0,46543
0,43378
0,41268
0,39761
0,38631
0,37752
0,37048
Al riguardo si segnala come alcuni uffici dell’Amministrazione finanziaria ritengano che il limite previsto dall’articolo 95, comma 3 del
TUIR debba essere coniugato con i soli costi variabili, ossia quelli che
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
il dipendente sostiene in ragione della trasferta compiuta; la giustificazione di tale posizione risiede nella considerazione che i costi fissi,
al contrario, sarebbero stati comunque sostenuti dal dipendente.
Tali costi, essendo appunto variabili in ragione della percorrenza, a
livello unitario (costo al chilometro) non sono influenzati dalla percorrenza complessiva annua del veicolo (sono solo i costi fissi che rendono variabile il rimborso chilometrico in ragione della percorrenza
complessiva, visto che vengono ripartiti sul maggiore/minore chilometraggio annuo percorso).
Il dipendente si reca a Mantova a Firenze utilizzando la propria vettura a benzina. Il rimborso chilometrico deducibile in capo all’azienda
Esempio
sarebbe € 153,59 (ossia km 500 moltiplicati per il rimborso unitario al
chilometro € 0,30718 relativo ai soli costi variabili).
A ben vedere, tale considerazione vale solo se l’utilizzo dell’auto propria da parte del dipendente è sporadica, ma questa è anche la
situazione dove tale riflessione perde di consistenza. Consideriamo
invece il caso di trasferte frequenti effettuate dai dipendenti con la
propria auto; in questo caso si deve notare come il singolo dipendente potrebbe aver acquistato il veicolo (o un determinato veicolo) anche in ragione dell’utilizzo ai fini lavorativi. Senza dimenticare
che il costo da questi sostenuto per l’assicurazione potrebbe essere
legato ad un maggior chilometraggio; assicurazione, occorre ricordarlo, relativa alla sola RCA, mentre un lavoratore che utilizza spesso
la propria vettura potrebbe essere portato a sottoscrivere assicurazioni integrative contro danni provocati al veicolo dallo stesso conducente (Kasko) che ovviamente sono più frequenti con l’aumentare dell’utilizzo.
Per tali considerazioni, pare eccessivamente penalizzante limitare la
deducibilità fiscale dei rimborsi ai soli costi variabili.
A sostegno del riferimento del limite di deducibilità dei rimborsi chilometrici comprensivi dei costi fissi, si propone una riflessione circa la
ratio dell’articolo 95, comma 3 TUIR. In particolare, perché limitare il
rimborso chilometrico in ragione della potenza del veicolo?
Si deve ricordare, prima di tutto, che l’articolo 164, comma 1, lettera
b) del TUIR prevede una disposizione che vuole limitare la rilevanza fiscale del costo delle autovetture (fissato in € 18.075,99 ovvero elevato
ad € 25.822,84 se viene svolta attività di agenzia e rappresentanza).
Il motivo di tale previsione è evidente: una vettura eccessivamente
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
prestigiosa configura un costo che eccede il limite della normalità,
trasformandosi in qualche modo in una spesa che esula la semplice
necessità di spostarsi e sfocia, almeno in parte, in un godimento per
il soggetto che la utilizza. Il Legislatore ha posto come limite un costo
che ha ritenuto ragionevole per una vettura finalizzata a soddisfare
le esigenze di spostamento: intento che può dirsi condivisibile (se non
che il limite introdotto nel 1997 ad una quindicina di anni di distanza
risulta essere drammaticamente inadeguato).
Ciò premesso, pare che la limitazione relativa ai rimborsi chilometrici prevista nell’articolo 95, comma 3 del TUIR sia una sorta di alter
ego della disposizione precedentemente ricordata: l’azienda andrà
a rimborsare al dipendente quanto pattuito, ma comunque la somma deducibile in capo all’azienda sarà entro il limite delle vetture di
17/20 cavalli fiscali. Se così non fosse, pare evidente come la disposizione si presterebbe a una evidente e tutto sommato semplice manovra elusiva: il costo fiscalmente irrilevante della vettura acquisita
dall’azienda – che non può essere dedotto per le limitazioni recate
dall’articolo 164 TUIR – lo potrebbe essere se questo venisse sostenuto
dal dipendente e risarcito dall’azienda tramite l’erogazione di documentati rimborsi chilometrici.
Le due disposizioni, a parere di chi scrive, devono essere lette nella medesima ottica. E se l’ottica deve essere la medesima, perché
negare la deduzione della frazione di rimborso chilometrico riferibile alle componenti non proporzionali? Queste, se fossero sostenute
dall’azienda per una vettura di proprietà, sarebbero risultate deducibili al 40%; analogamente, se sostenute dal dipendente e rimborsate
in ragione della percorrenza, dovrebbero poter essere interamente
dedotte dall’azienda (visto che trattasi della quota relativa all’utilizzo
aziendale).
Sul punto, necessariamente, risulta quantomai opportuno un chiarimento ufficiale.
9.5. Rimborsi del costo del noleggio
Una limitazione analoga a quella descritta per il rimborso dell’utilizzo
della propria vettura è prevista anche nel caso in cui il lavoratore
abbia noleggiato una vettura per effettuare le trasferta.
Si ricorda infatti che l’art. 95, comma 3 TUIR prevede che “Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad
utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è
limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli
fiscali, ovvero 20 se con motore diesel”.
Si pensi al caso di lavoratore che ha come sede di lavoro Milano
e si reca una settimana a Palermo per motivi di lavoro, utilizzando
Esempio 1
l’aereo e noleggiando una vettura in loco, il costo sostenuto per la
vettura verrà poi richiesto a rimborso al datore di lavoro. Se la vettura
ha una potenza superiore ai 17/20CVF, il rimborso erogato al dipendente sarà deducibile entro tale limite.
Situazione diversa è invece quella per cui è l’azienda a noleggiare
direttamente la vettura: in questo caso si devono applicare le di-
Noleggio diretto
sposizioni previste all’articolo 164 del TUIR, secondo cui il canone di
noleggio di una vettura è rilevante nel limite di € 3.615,20 da ragguagliare al numero dei giorni di utilizzo.
Si consideri il caso precedente, ma in questo caso la vettura viene
noleggiata direttamente dall’azienda per un periodo di 5 giorni. Limi-
Esempio 2
te massimo di deducibilità = 3.615,20 * 5 / 365 * 40% = € 18,78.
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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10.Uso promiscuo al dipendente
Dopo aver esaminato il trattamento dei rimborsi chilometrici, è necessario esaminare altre forme di utilizzo del veicolo da parte di
dipendenti; sotto tale punto di vista occorre fare una distinzione in
funzione dell’utilizzo effettivamente previsto con riferimento a detto
autoveicolo.
Il primo caso da analizzare è quello dell’azienda che acquista una
autovettura da destinare al dipendente affinché questo ne faccia
un utilizzo esclusivamente personale, che quindi esula completa-
Utilizzo esclusivamente
personale
mente dalla sfera aziendale. Va segnalato che in capo al lavoratore
dipendente sorge un fringe benefit tassabile, calcolato per un importo pari al valore normale con riferimento al compenso in natura
determinato ai sensi dell’articolo 9 del TUIR. Per la determinazione di
tale valore normale possono esser utilizzati i listini mediamente praticati per i noleggi a lungo termine delle autovetture.
Sotto il profilo aziendale, come chiarito dalla c.m. 37/E del 13 febbraio 1997, il compenso in natura che sorge in capo al lavoratore potrà
essere dedotto dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 95 del TUIR,
come spesa per prestazione di lavoro dipendente, nel limite delle
spese sostenute.
Nel caso in cui la vettura venga concessa in uso al dipendente per
scopi esclusivamente aziendali, non vi sono osservazioni particolari da proporre: in tal caso l’autovettura sarà soggetta alle ordinarie
Utilizzo esclusivamente
aziendale
restrizioni fiscali previste per le auto aziendali (allo stato attuale la deducibilità dei costi nel limite del 40%, oltre alla detrazione dell’IVA nel
limite del 40%). Per contro, ovviamente, non sorge alcun compenso
in natura tassabile in capo al dipendente.
La presente fattispecie – disciplinata dall’articolo 164, comma 1, lettera b-bis) TUIR – consiste nell’acquisto di un veicolo da parte dell’azienda che viene attribuito ad un dipendente per la maggior parte
del periodo d’imposta affinché questo lo utilizzi tanto ai fini aziendali
quanto ai fini personali. In questo caso sorge in capo al dipendente
un compenso in natura pari al 30% dell’importo corrispondente ad
una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla
base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle pubblicate annualmente dall’Automobile Club d’Italia per la specifica
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
vettura concessa in uso.
Una segnalazione operativa riguardante l’individuazione del corretto benefit. Potrebbe verificarsi il caso che il modello specifico non sia
incluso nelle tabelle pubblicate dall’ACI: per ovviare a tale situazione l’importo da assoggettare a tassazione deve essere determinato
prendendo a riferimento il valore previsto per il veicolo che risulta più
simile a quello dato in uso.
In capo all’azienda si ottengono i seguenti vantaggi:
Trattamento aziendale
›› a partire dal periodo d’imposta in corso alla data del 27 giugno
2007, i costi del veicolo sono deducibili nel limite del 90% (come
precisato dalla c.m. 47/E del 18 giugno 2008 tale misura deve essere applicata all’importo dei costi sostenuti, al lordo del benefit
addebitato). Il costo della vettura è interamente rilevante senza
limiti superiori al costo d’acquisto;
›› a partire dal 1° marzo 2008 è consentita la detrazione integrale
dell’IVA (il veicolo si considera infatti come utilizzato a fini esclusivamente professionali), se viene assolta l’imposta sul corrispettivo
riaddebitato forfetariamente (modifica introdotta dalla finanziaria
2008, aspetto poi puntualizzato dalla risoluzione 6/DPF del 20 febbraio 2008).
Relativamente al compenso in natura imputato al dipendente oc-
Calcolo fringe benefit
corre ricordare che :
›› poiché la percorrenza convenzionale utilizzata dal legislatore per
determinare il valore del veicolo utilizzato in modo promiscuo è
determinata su base annua, l’importo da far concorrere alla formazione del reddito, determinato come sopra specificato, deve
essere ragguagliato al periodo dell’anno durante il quale al dipendente viene concesso l’uso promiscuo del veicolo;
›› deve essere conteggiato il numero dei giorni per i quali il veicolo è
assegnato, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo;
›› è del tutto irrilevante la circostanza che il dipendente sostenga a
proprio carico solo alcuni elementi di spesa che sono considerati per la determinazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI,
dovendosi comunque fare riferimento, ai fini delle determinazione
dell’importo da sottoporre a tassazione, al totale costo di percorrenza risultante dalle suddette tabelle (che quindi risulta un importo forfettario);
›› la c.m. 1/E/2007 ha chiarito che qualora il datore di lavoro fornisca
al dipendente altri beni o servizi accessori (ad esempio l’immobile
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
95
Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
nel quale custodire il veicolo), questi debbano essere separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente;
›› il periodo d’imposta da prendere in considerazione non necessariamente deve coincidere con l’anno solare, ma al contrario esso
deve essere individuato nel periodo di imposta del datore di lavoro; in particolare, l’utilizzo del dipendente deve essere soddisfatto
per la metà più uno dei giorni che formano il periodo d’imposta
del datore di lavoro. Se la società si è costituita il primo di novembre 2011 ed ha chiuso il proprio primo esercizio il 31 dicembre 2011,
il periodo d’imposta di riferimento è pari a 61 giorni, quindi la vettura deve essere concessa in uso al dipendente almeno per 31
giorni;
›› nel caso in cui la vettura sia posseduta per un lasso di tempo diverso rispetto alla durata del periodo d’imposta (perché il veicolo
è stato acquistato o ceduto in corso d’anno), per la verifica della
prevalenza occorre fare riferimento al periodo durante il quale l’azienda è stata titolare di detto bene. Quindi se l’azienda acquista
la vettura il 1° ottobre 2011, il periodo di possesso della vettura è
di 92 giorni, quindi è sufficiente che la vettura risulti attribuita in uso
promiscuo al dipendente per 47 giorni;
›› non è necessario che l’utilizzo sia continuativo, ma è sufficiente
che nel corso del periodo d’imposta la condizione richiesta si sia
realizzata almeno per il numero di giorni richiesto (quindi la vettura
potrebbe essere oggetto di concessione, poi revocata e successivamente riattribuita al dipendente);
›› non è necessario che l’utilizzo avvenga da parte del medesimo
dipendente, ma è importante che la somma dei periodi in concessione ai diversi dipendenti sia complessivamente pari alla metà + 1
dei giorni di possesso della vettura nel periodo d’imposta;
›› se il dipendente corrisponde delle somme (con il metodo del versamento o della trattenuta) nello stesso periodo d’imposta per la
possibilità di utilizzare il veicolo in modo promiscuo che il datore
di lavoro gli ha concesso, tali somme devono essere sottratte dal
compenso in natura imputato (se il fringe benefit teorico imputabile, verificato in base alle tabelle ACI, fosse € 3.000 e il dipendente dovesse aver pagato € 1.000 per l’utilizzo della vettura, il reale
importo del fringe benefit da sottoporre a tassazione sarebbe pari
alla differenza, ossia € 2.000);
›› se il riaddebito avviene con il metodo del versamento da parte
del dipendente (quindi l’azienda emette fattura che verrà pagata dal dipendente), detto riaddebito deve essere in IVA e le
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
predette somme devono essere computate al lordo dell’IVA (ossia il fringe benefit va decurtato non solo della parte di corrispettivo addebitato, ma anche dell’importo dell’IVA addebitata (se
il fringe benefit teorico imputabile, verificato in base alle tabelle
ACI, fosse € 5.000 e fosse pattuito un addebito ad dipendente di
€ 2.000, la fattura dovrebbe essere emessa con IVA, quindi € 2.420
(con IVA al 21%) e il reale importo del fringe benefit da sottoporre
a tassazione sarebbe pari alla differenza, ossia € 2.580). Pertanto,
l’addebito fatturato al dipendente in grado di azzerare il fringe
benefit imputato, sarà pari ad € 5.000 comprensivo di IVA (quindi
€ 4.897,16 + IVA 21%).
Detrazione dell’IVA
La manovra per il 2008 ha inserito nel d.P.R. 633/1972 le seguenti disposizioni:
›› un nuovo comma 6 all’articolo 3 in base al quale non costituisce
operazione imponibile ai fini IVA l’uso personale o familiare dell’imprenditore ovvero la messa a disposizione a titolo gratuito nei confronti dei dipendenti, dei veicoli stradali a motore per il cui acquisto, pure sulla base di contratti di locazione, anche finanziaria, e
di noleggio, la detrazione dell’imposta è stata operata in funzione
della percentuale di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo
19-bis1 (cioè nella misura del 40 per cento);
›› una modifica al comma 3 dell’articolo 13 che introduce una deroga al principio del corrispettivo in favore del valore normale
(ovviamente se il corrispettivo è inferiore a tale valore normale)
nei casi di messa a disposizione di veicoli stradali a motore e effettuata dal datore di lavoro nei confronti del proprio personale
dipendente
›› un nuovo comma 6 all’articolo 14 che prevede per la messa a disposizione di veicoli stradali a motore ai dipendenti – in deroga alle
regole generali di determinazione del valore normale contenuti
nei commi 3 e 4 dell’articolo 14 – un valore normale determinato a
norma dell’ articolo 51, comma 4, lettera a) del TUIR, comprensivo
delle somme eventualmente trattenute al dipendente e al netto dell’imposta sul valore aggiunto compresa in detto importo. Si
segnala che tale disposizione è stata modificata dalla l. 88/2009
(legge comunitaria 2008): “Per le operazioni indicate nell’articolo
13, comma 3, lettera d), con decreto del Ministro dell’economia
e delle finanze sono stabiliti appositi criteri per l’individuazione del
valore normale.” Al momento della pubblicazione della presente opera tale d.m. non è ancora stato emanato e, nelle more, si
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
continua ad applicare la precedente regola di determinazione
del valore normale, ossia quella che fa riferimento al fringe benefit
convenzionale di cui all’art. 51 TUIR.
Se le disposizioni richiamate in precedenza risolvono la questione
dell’assoggettamento ad IVA o meno del beneficio concesso al
dipendente, e delle modalità per la determinazione della relativa
base imponibile, dubbi erano sorti in merito alla disciplina applicabile
alla detrazione dell’IVA relativa alle spese di acquisizione e di impiego dei predetti veicoli.
Il Ministero delle finanze – Dipartimento delle politiche fiscali – con la
risoluzione 6/DPF del 20 febbraio 2008 ha precisato che i veicoli a motore concessi in uso promiscuo ai dipendenti generano i seguenti riflessi sulla detrazione Iva sul costo di acquisto e sulle spese di impiego:
›› concessione a titolo gratuito (fringe benefit in busta paga): è consentita la detrazione forfetaria al 40%, senza obbligo di effettuare
alcun addebito di Iva a fronte della operazione (prestazione di
servizi) gratuita;
›› concessione a titolo oneroso: è consentita la detrazione integrale
al 100% dell’imposta (il veicolo si considera come utilizzato a fini
esclusivamente professionali), accompagnata dall’obbligo di assolvere l’Iva su una base imponibile almeno pari a quella fissata
dalle tabelle ACI in corrispondenza di una percorrenza convenzione di 4.500 Km annui (15.000 km considerati al 30%).
Malgrado tale intervento, rimangono irrisolte alcune importanti questioni che vengono di seguito evidenziate.
Prima di tutto non è chiaro se e con quali modalità esercitare eventualmente il diritto alla detrazione dell’Iva sull’acquisto, nell’ipotesi in
Rettifica della detrazione
cui l’assegnazione del veicolo al dipendente avvenga in un momento successivo all’acquisto dello stesso: si pensi, ad esempio, ad un
veicolo acquistato con detrazione dell’IVA al 40% e successivamente
assegnato al dipendente, ovvero al contrario tale veicolo sia acquistato e immediatamente assegnato al dipendente (quindi con detrazione al 100%) e successivamente tale destinazione viene revocata. Occorre intervenire sull’IVA detratta? Non pare vi siano gli estremi
per operare la rettifica della detrazione, in quanto non vi è cambio
di regime e nemmeno variazione del regime di detrazione dell’IVA
(la c.m. 328/E/1997 precisò che questa ricorre nelle casistiche in cui
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
il mutamento riguarda il contribuente a tutto tondo e non sole specifiche operazioni); questo comporterebbe le seguenti (non sempre
ragionevoli) conseguenze:
›› se la detrazione dell’IVA gravante sull’acquisto avviene in costanza di utilizzo promiscuo a pagamento del veicolo da parte del
dipendente, la stessa dovrebbe restare assicurata anche se tale
utilizzo dovesse cessare nel prosieguo, indipendentemente dalla
distanza temporale intercorrente tra il momento della detrazione
e quello del mutamento di utilizzo;
›› viceversa, se la detrazione avvenisse in assenza di utilizzo promiscuo a pagamento del dipendente, la stessa resterebbe quantificata nella misura forfetaria del 40%, indipendentemente dal fatto
che l’utilizzo promiscuo venisse successivamente attivato;
›› se la detrazione riguarda l’imposta gravante sui canoni di leasing
o di noleggio, si dovrà operare la stessa avendo riguardo al momento della esigibilità dell’imposta, anche se qui le distonie resterebbero comunque arginate all’IVA gravante sulla singola fattura;
›› se la detrazione riguarda le spese di impiego, si dovrà operare con
gli stessi criteri suggeriti al punto precedente.
Alla luce delle novità normative intervenute nel corso degli ultimi anni
nell’ambito del trattamento fiscale dei veicoli, è necessario ripensare
Profili di convenienza
le scelte di convenienza riguardanti le soluzioni per la gestione del
parco auto aziendale, tenendo in considerazione il fatto che l’auto
in uso al dipendente oggi consente:
›› la piena detraibilità dell’imposta assoluta pagata all’atto dell’acquisto e sulle spese di gestione se viene assolta l’Iva sede di addebito al dipendente su una base imponibile almeno pari a quella
fissata dalle tabelle ACI in corrispondenza di una percorrenza convenzione del 30% di 15.000 km (in pratica emettendo nei confronti
del dipendente una fattura con applicazione dell’IVA per tale importo comprensivo);
›› la deducibilità dei costi al 90% (senza limite superiore al costo di
acquisto della vettura, il che vuol dire, per esempio, che se il costo
è di € 80.000 gli ammortamenti sono calcolati su tale importo e
non su € 18.075,99) a patto che sia rilevato in capo al dipendente
un fringe benefit convenzionale (per quanto detto in precedenza, azzerabile se l’azienda emette nei suoi confronti una fattura
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
del medesimo importo e in questo caso l’importo addebitato sarà
componente positivo di reddito per il datore di lavoro).
Le valutazioni di convenienza, in particolare, vanno osservate tra
queste due soluzioni per gestire le trasferte del dipendente:
›› l’azienda acquista una vettura e la consegna al dipendente affinché questo la utilizzi sia tanto per finalità personali quanto per
finalità aziendali;
›› l’azienda incarica il dipendente delle trasferte e questo utilizza la
propria vettura per spostarsi (e sarà risarcito tramite il rimborso chilometrico).
I vari confronti portano a propendere per l’auto in uso promiscuo
al dipendente: in particolare è la detrazione dell’IVA al 100% che
sposta in maniera del tutto evidente i profili di convenienza a favore
di tale soluzione. Questo a maggior ragione quando il costo della
vettura è elevato e la vettura è nuova: in questo caso aumenta l’IVA
portata in detrazione, mentre nel caso di rimborso chilometrico l’acquisto avverrebbe da parte di un soggetto non titolare di partita IVA,
con la conseguenza che l’imposta pagata in sede di acquisto (ma
anche sui costi di gestione) non può essere detratta.
La soluzione del rimborso chilometrico, al contrario, diviene più interessante al verificarsi delle seguenti 3 condizioni:
›› vettura di costo ridotto: in tale situazione, infatti, la detrazione
dell’IVA che potrebbe essere operata in sede di acquisto (di modesto ammontare visto che il costo di acquisto è esiguo) viene
surclassata dall’importo del rimborso chilometrico dedotto. Il limite
deducibile del rimborso chilometrico è infatti calcolato su di una
vettura di 17/20 cavalli fiscali (media cilindrata) quindi non si ottengono vantaggi fiscali nel prevedere rimborsi chilometrici su di
una vettura di grossa cilindrata (quindi, quando il valore della vettura aumenta, aumenta anche il vantaggio nel caso di uso promiscuo a dipendente, mentre non si traggono vantaggi nel caso di
rimborso chilometrico);
›› acquisto di vettura usata: se l’acquisto della vettura avviene da
parte di un privato, ovvero in regime del margine, ovvero ancora da un soggetto che ha detratto l’IVA solo in parte (in quanto
la vendita avverrebbe solo in parte con applicazione dell’IVA) è
evidente che il vantaggio dell’uso promiscuo al dipendente si andrebbe a comprimere;
›› lungo utilizzo: il grosso vantaggio che si ottiene con l’uso promiscuo
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
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Fabio Garrini - Roberto Chiumiento - Fringe benefits e rimborsi spese
al dipendente – quello della detrazione dell’IVA in sede di acquisto – viene beneficiato una tantum e quindi nei calcoli di convenienza viene diluito quanto più lungo è il panorama di utilizzo della
vettura. Al contrario, il rimborso chilometrico offre il proprio vantaggio fiscale in maniera costante nel tempo, indipendentemente
dal fatto che la vettura venga utilizzata per due, quattro o dieci
anni. Quindi, se l’auto viene cambiata frequentemente, risulta di
maggiore interesse la soluzione dell’uso promiscuo al dipendente,
mentre se l’auto viene tenuta per molti anni (indicativamente oltre
i 5/6 anni) acquista interesse la soluzione del rimborso chilometrico).
La scelta circa la migliore soluzione dovrà essere condotta apprezzando e soppesando opportunamente le diverse variabili in gioco.
Le valutazioni appena proposte sono esclusivamente incardinate sul
vantaggio fiscale ritraibile da ciascuna delle due soluzioni proposte,
ma non si deve trascurare il fatto che, nella realtà aziendale, vi possono essere molti altri fattori da tenere in considerazione, come ad
esempio:
›› la fattibilità: non sempre è possibile scegliere tale le de soluzioni
per i rapporti esistenti tra azienda e dipendente (il dipendente
potrebbe non essere disposto ad utilizzare per lavoro la propria
vettura anche dietro rimborso, oppure potrebbe non gradire la
gestione del fringe benefit e del riaddebito derivante dalla scelta
dell’uso promiscuo);
›› le complicazioni amministrative: nel rimborso chilometrico la gestione della vettura è a carico del dipendente, mentre nel caso di
uso promiscuo la gestione (si pensi solo per fare un esempio alle
schede carburante) è a carico dell’azienda. Il vantaggio di una
delle soluzioni potrebbe essere compensato dai disagi operativi
che questa potrebbe portare con sé.
E Book – Collana I PRATICI di Fiscoetasse
101
11. Uso promiscuo
all’amministratore
Dopo aver esaminato gli aspetti peculiari che caratterizzano la vettura utilizzata dal dipendente, occorre spostare l’attenzione al caso
di utilizzo da parte dell’amministratore: infatti, malgrado il reddito
conseguito dall’amministratore sia assimilato a quello di lavoro dipendente, non si deve dimenticare che esistono non poche differenze sotto il profilo del trattamento fiscale della vettura da questo
utilizzata.
Questo vale nel caso in cui l’amministratore consegua reddito assimilato a quello di lavoro dipendete, mentre se egli è dipendente della
Amministratore dipendente
società, si applicano le regole già viste nel capitalo precedente. A
conferma di ciò, si ricorda quanto affermato nella c.m. 1/E del 19
gennaio 2007 da parte dell’Agenzia delle entrate “… nei casi in cui è
possibile che un dipendente rivesta, per lo stesso periodo, anche la
carica di amministratore, e che tale ufficio rientri nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente, i redditi percepiti in
relazione a tale qualità sono attratti nel reddito di lavoro dipendente.
In questo caso, poiché tutte le somme e i valori percepiti saranno
qualificati e determinati come redditi di lavoro dipendente, si ritiene che, anche ai fini della deduzione dei costi dei veicoli da parte
dell’impresa, trovino applicazione le disposizioni di cui all’art. 164 del
TUIR”.
L’attenzione deve pertanto essere rivolta al caso di amministratore
che consegue reddito assimilato a quello di lavoro dipendente (tra-
Amministratore collaboratore
lasciamo in questa sede il caso di amministratore lavoratore autonomo). Anche con riferimento ai veicoli concessi in uso agli amministratori delle società occorre effettuare una suddivisione a seconda di
quale sia l’esatta destinazione.
Analogamente a quanto commentato con riferimento al lavoratore
dipendente, anche l’auto concessa all’amministratore per uso esclusivamente personale comporta l’insorgenza in capo a quest’ultimo
Utilizzo esclusivamente
personale
di un compenso in natura determinato ai sensi dell’art. 9, comma 3
del TUIR secondo il criterio del valore normale.
Per quanto riguarda la società, i costi e le spese relativi al veicolo
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possono essere dedotti integralmente per la parte del loro ammontare non eccedente il compenso in natura dell’amministratore, determinato sulla base del valore normale. Per la parte eccedente i
costi saranno interamente indeducibili.
Anche in questo caso vale quanto in precedenza già detto con riferimento all’auto consegnata al dipendente affinché questo ne faccia un uso esclusivamente aziendale. In tal caso non vi sono partico-
Utilizzo esclusivamente
aziendale
lari considerazioni da proporre in quanto l’autoveicolo sarà soggetto
alle ordinarie limitazioni previste dall’articolo 164 del TUIR. Per contro,
ovviamente, non sorge alcun compenso in natura tassabile in capo
all’amministratore.
Profondamente diversa è, al contrario, la disciplina prevista per l’autovettura concessa in uso promiscuo all’amministratore. Malgrado il
Uso promiscuo
reddito conseguito dagli amministratori/collaboratori venga espressamente assimilato al reddito da lavoro dipendente, la c.m. 5/E/2001
ha avuto modo di affermare che le disposizioni di favore previste per
le auto concesse in uso al dipendente non possono essere estese
alle auto utilizzate ad uso promiscuo aziendale e personale da parte
degli amministratori/collaboratori.
La c.m. 1/E/2007 è intervenuta sul tema, puntualizzando che l’assimilazione del reddito dei collaboratori con quello da lavoro dipenden-
Fringe benefit te concerne le modalità di determinazione del reddito di questi (e
quindi, in merito al trattamento fiscale delle auto, risulta applicabile
la determinazione convenzionale del benefit).
La stessa c.m. 1/E/2007 ha inoltre precisato che tale assimilazione
non si estende alle regole di deduzione dal reddito della società am-
Deduzione dei costi
ministrata dei costi del veicolo. Pertanto, l’ammontare del fringe benefit tassato in capo all’amministratore è – ai sensi dell’articolo 95 del
TUIR – deducibile per l’impresa fino a concorrenza delle spese sostenute da quest’ultima, mentre l’eventuale eccedenza delle suddette
spese è deducibile secondo le regole generali previste nell’articolo
164 del TUIR.
In particolare, mutuando le considerazioni proposte dalla circolare n.
48/E/1998, è possibile affermare quanto segue:
›› sino al limite dell’ammontare del fringe benefit tassato in capo
all’amministratore le spese sostenute sono – ai sensi dell’articolo 95
del TUIR – deducibili per l’impresa fino a concorrenza delle spese
sostenute da quest’ultima;
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›› l’eventuale eccedenza delle suddette spese è deducibile secondo le regole generali previste nell’articolo 164 del TUIR.
Tali considerazioni devono ritenersi ancora attuali: nella circolare n.
1/E del 2007 si legge, infatti, che “l’eventuale eccedenza delle spese
sostenute dall’impresa rispetto al fringe benefit non è deducibile, in
ragione del nuovo regime di indeducibilità dei veicoli non strumentali”. L’eccedenza è quindi soggetta al trattamento che la normativa
riserva ai veicoli aziendali. Pertanto oggi che il d.l. 81/2007 ha ripristinato la deducibilità nel limite del 40%, occorrerà utilizzare la medesima percentuale.
Infine, vale comunque la pena di segnalare che la deduzione nel
limite del fringe benefit non costituisce deduzione forfetaria dei costi
auto: essa infatti deve leggersi come limite massimo alla deducibilità. Se detto fringe benefit fosse superiore ai costi auto rilevati dalla
società amministrata concedente la vettura, la deduzione dei costi
in capo a questa avverrebbe comunque nel limite di quanto rilevato
a conto economico.
Una società ha assegnato un’auto al proprio amministratore per uso
promiscuo aziendale e personale; al riguardo si rileva che:
Esempio
›› il valore dell’auto è di € 50.000, aliquota di ammortamento 25%;
›› i costi di esercizio della vettura sono pari ad € 5.000;
›› si rileva un compenso in natura in capo all’amministratore pari ad
€ 8.000.
Per la determinazione della frazione di costi deducibili, occorre innanzitutto determinare la quota di ammortamento (aliquota 25%)
calcolata sul costo fiscalmente rilevante di € 18.075,99 e cioè € 4.519.
A questo punto occorrerà confrontare € 9.519 (costi sostenuti pari a
€ 5.000 + quota di ammortamento calcolata sul valore fiscalmente
rilevante pari a € 4.519) con il compenso in natura tassato in capo
all’amministratore pari ad € 8.000.
L’eccedenza rispetto al fringe benefit tassato in capo all’amministratore (€ 8.000), pari ad € 1.519, sarà deducibile nel limite del 40%.
Ai fini IVA, la detrazione potrebbe essere anche in questo caso integrale (in luogo del limite del 40% previsto per le altre vetture azien-
Detrazione dell’IVA
dali) ma vista la formulazione dell’articolo 14, d.P.R. 633/1972, questo
avverrebbe solo nel caso in cui il riaddebito non venga effettuato
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al valore convenzionale (30% calcolato sulla percorrenza forfetaria
di 15.000 chilometri) ma bensì al valore normale. Il vantaggio fiscale
corrispondente finirebbe quindi, in buona parte, per scomparire. Vediamo quali considerazioni portano a tale conclusione.
Le modifiche che sono state introdotte agli articoli 3, 13, 14 e 19-bis1
del d.P.R. 633/1972 dalla l. 244/2007, hanno determinato una situazione in cui l’imposta afferente l’acquisto di veicoli utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa o dell’arte o professione è integralmente detraibile. Come già commentato nel capitolo dedicato
all’utilizzo promiscuo da parte del dipendente, quando viene addebitato all’utilizzatore un corrispettivo (assoggettato ad IVA) corrispondente all’uso privato del veicolo, si ottiene la conseguenza che la
concessione in utilizzo rientra nell’esercizio dell’impresa e, realizzando prestazioni di servizi imponibili , ne risulta legittimata la detraibilità
dell’imposta sull’acquisto dei beni con i quali le stesse sono effettuate. Tali considerazioni (se veda al riguardo la circolare Assonime
11/2008) assumono una valenza generale e devono ritenersi applicabili non solo all’imprenditore individuale o ai lavoratori dipendenti
ma anche ad altri soggetti (ad esempio i collaboratori, tra cui anche
gli amministratori) che operano nell’interesse dell’impresa. L’addebito, anche nei confronti dell’amministratore, consente la piena detraibilità dell’IVA sul costo del veicolo. Tale addebito da parte della
società deve, inoltre, essere effettivo e non meramente simbolico. In
proposito è bene ricordare che nell’ambito delle modifiche all’art. 13
del d.P.R. 633/1972 con cui si attribuisce rilevanza al valore normale
ai fini della determinazione dell’imponibile di determinate operazioni, la messa a disposizione di veicoli stradali a motore effettuata dal
datore di lavoro nei confronti del proprio personale dipendente, la
base imponibile della prestazione è costituita dal valore normale dei
servizi resi, se è previsto un corrispettivo inferiore a tale valore.
Per esigenze di semplificazione, il successivo art. 14 del d.P.R. 633/1972
assume come valore normale il valore determinato ai fini delle imposte sul reddito per stabilire l’ammontare dei redditi di lavoro dipendente corrisposti in natura (c.d. fringe benefit) soggetti a tassazione a norma dell’art. 51 del TUIR. Detto valore (come in precedenza
affermato) è costituito dal 30% dell’importo corrispondente ad una
percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base
del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle elaborate
dall’Automobile Club d’Italia elaborate entro il 30 novembre di ciascun anno, con effetto dal periodo d’imposta successivo. Tale dato
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risultante dall’applicazione di tali tabelle costituisce quindi valore
normale anche ai fini della determinazione della base imponibile IVA
a norma del citato art. 14. Al riguardo pare però di potersi escludere
l’applicabilità della disposizione di cui all’ultimo comma del citato
articolo 14 del d.P.R. 633/1972, laddove esso fa riferimento, quale
valore da sottoporre ad IVA in sede di riaddebito, al valore convenzionale del benefit ex art. 51 del TUIR, in quanto va ad interessare
esplicitamente il caso di veicoli messi a disposizione dal “datore di
lavoro nei confronti del proprio personale dipendente”.
In altre parole, il riaddebito all’amministratore dovrebbe avvenire sulla base del valore normale e non sulla base del valore convenzionale. Occorre in proposito ricordare che, malgrado si tratti di fattispecie
assimilate dal punto di vista reddituale, come in precedenza rilevato,
l’Amministrazione finanziaria considera distintamente il trattamento
dei costi delle auto concesse ai dipendenti piuttosto che agli amministratori (escludendo per le vetture utilizzate da questi ultimi la previsione di favore contenuta nella lettera b-bis) dell’articolo 164 TUIR): la
richiamata considerazione dell’Agenzia delle entrate, se non vi sarà
apposita smentita, pare di portata generale, pertanto applicabile
anche all’Imposta sul Valore Aggiunto.
Al riguardo pare comunque di non potersi escludere a priori una possibile apertura, sotto il profilo della metodologia di determinazione
del valore normale ai fini Iva, anche alla vettura dell’amministratore/collaboratore, attesa la natura di coordinamento e le finalità di
maggiore sistematicità a cui mira la modifica normativa in materia
(apertura che comunque, allo stato attuale, dovrebbe essere cautelativamente esclusa).
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