Milano – Bologna – Roma – Catania 29 ottobre 2015 CIRCOLARE n. 8 DECRETO LEGISLATIVO 14 SETTEMBRE 2015 N. 148 DISPOSIZIONI PER IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO, IN ATTUAZIONE DELLA LEGGE 10 DICEMBRE 2014, N. 183 Sommario 1. Disposizioni comuni a CIGO e CIGS (artt. 1 - 8) .......................................................... 2 2. Integrazione salariale ordinaria (artt. 9 - 18)................................................................ 3 3. Integrazione salariale straordinaria (artt. 19 - 25) ....................................................... 5 4. Fondi di solidarietà (artt. 26 - 40) ................................................................................. 7 5. Contratti di solidarietà espansiva (art. 41) ................................................................ 10 Premessa È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23 settembre 2015, S.O. n. 53, il Decreto Legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 (il “Decreto”) avente ad oggetto “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183”. Il Decreto, attuativo della delega contenuta nell’art. 1, comma 1 e comma 2 lettera a), della Legge n. 183/2014 (la “Legge Delega”), si compone di 47 articoli e troverà applicazione, in via generale, con riferimento ai trattamenti intercorsi a decorrere dal 24 settembre 2015. A quelli iniziati precedentemente alla suddetta data continueranno ad applicarsi, invece, le norme previgenti. La Legge Delega, nell’ottica (i) di assicurare, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, (ii) di razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale e (iii) di favorire il coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal mercato del lavoro ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali, semplificando le procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro, ha quindi previsto una revisione considerevole della materia. A tal fine i principi e criteri direttivi dettati dalla Legge Delega, con riferimento agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro, sono stati i seguenti: I. impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione definitiva di attività aziendale o di un ramo di essa; II. semplificazione delle procedure burocratiche attraverso l'incentivazione di strumenti telematici e digitali, considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati a livello nazionale di concessione dei trattamenti prevedendo strumenti certi ed esigibili; III. necessità di regolare l'accesso alla cassa integrazione guadagni solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell'orario di lavoro, eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione a favore dei contratti di solidarietà; IV. revisione dei limiti di durata da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento della cassa integrazione guadagni ordinaria e della cassa integrazione guadagni straordinaria e individuazione dei meccanismi di incentivazione della rotazione; V. previsione di una maggiore compartecipazione da parte delle imprese utilizzatrici; Milano – Bologna – Roma – Catania VI. VII. VIII. riduzione degli oneri contributivi ordinari e rimodulazione degli stessi tra i settori in funzione dell'utilizzo effettivo; revisione dell'ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria e dei fondi di solidarietà; revisione dell'ambito di applicazione e delle regole di funzionamento dei contratti di solidarietà. Di seguito si riportano le principali novità introdotte dalla normativa in questione. 1. Disposizioni comuni a CIGO e CIGS (artt. 1 - 8) I soggetti beneficiari dei trattamenti di integrazione salariale vengono individuati nella generalità dei lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, ivi compresi gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio. I lavoratori in questione dovranno possedere un’anzianità di effettivo lavoro pari al almeno 90 giorni - alla data di presentazione della relativa domanda di concessione - presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento. Il suddetto requisito di anzianità non è necessario per le domande relative a trattamenti ordinari di integrazione salariale per eventi oggettivamente non evitabili nel settore industriale. In relazione agli apprendisti, ove gli stessi siano alle dipendenze di imprese soggette esclusivamente alla CIGS, saranno destinatari della relativa indennità, limitatamente all’ipotesi di crisi aziendale; ove invece siano dipendenti di imprese che rientrino nel campo di applicazione sia della CIGS che della CIGO ovvero della sola CIGO, saranno destinatari esclusivamente dell’indennità di integrazione ordinaria. Ne consegue l’estensione dei relativi obblighi contributivi, ferma restando l’ordinaria contribuzione. In ipotesi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, il periodo di apprendistato dovrà essere prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite. L’ammontare dell’indennità di integrazione salariale viene previsto nella misura dell’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le ore zero e il limite dell’orario contrattuale. L’importo dell’indennità è ridotto in misura pari all’importo derivante dall’applicazione dell’aliquota contributiva posta a carico degli apprendisti (attualmente pari al 5,84%) ed è soggetto al rispetto dei massimali annualmente fissati dall’INPS. In caso di malattia, il trattamento di integrazione salariale sostituisce l’indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista. L’indennità non è dovuta per (i) le festività non retribuite e (ii) le assenze che non danno diritto alla retribuzione. Ai lavoratori beneficiari dei trattamenti di integrazione salariale spetta, in rapporto al periodo di paga e alle medesime condizioni dei lavoratori a orario normale, l’assegno per il nucleo familiare. L’art. 4 fissa un unico termine massimo alla durata degli interventi di CIGO e di CIGS. 2 Milano – Bologna – Roma – Catania In particolare, in via generale, per ciascuna unità produttiva, il trattamento di CIGO e di CIGS non può superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile. Per le imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini nonché per le imprese industriali e artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei il trattamento di CIGO e di CIGS non può superare la durata massima complessiva di 30 mesi in un quinquennio mobile. L’art. 5 prevede, a carico delle imprese che richiedono l’integrazione salariale, il versamento di un contributo addizionale, commisurato, non più all’organico dell’impresa (come accadeva in base alla previgente disciplina), bensì all’effettivo utilizzo del trattamento di integrazione salariale. Tale contributo è quantificato sulla base della retribuzione globale e delle ore di lavoro non prestate, in relazione altresì al periodo di integrazione salariale ordinaria o straordinaria richiesto. I periodi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro sono considerati utili ai fini del diritto e della misura alla pensione anticipata o di vecchiaia. Per detti periodi dovrà, quindi, essere versato un contributo figurativo, calcolato sulla base della retribuzione globale cui è riferita l’integrazione salariale. Il trattamento di integrazione salariale dovrà essere corrisposto dall’impresa ai dipendenti aventi diritto alla fine di ogni periodo di paga, potendo poi il datore di lavoro recuperare le somme anticipate mediante rimborso dall’INPS ovvero conguaglio nel flusso UniEmens. La richiesta di rimborso e il conguaglio dovranno essere effettuati, a pena di decadenza, entro 6 mesi (i) dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di concessione se successivo, per i trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto o, se richiesti antecedentemente, non ancora conclusi entro tale data (ii) dalla data di entrata in vigore del Decreto (24 settembre 2015) ove conclusi precedentemente. È ammesso il pagamento diretto in presenza di difficoltà finanziarie “serie e documentate” dell’impresa, autorizzato dalla sede INPS territorialmente competente, per la CIGO, ovvero dal Ministero del Lavoro, per la CIGS. Il lavoratore che durante il periodo di integrazione salariale svolga attività di lavoro autonomo o subordinato non ha diritto al relativo trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Inoltre, il lavoratore decadrà dal beneficio ove non provveda a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell’INPS dello svolgimento di attività di lavoro dipendente od autonomo durante il periodo di integrazione. 2. Integrazione salariale ordinaria (artt. 9 - 18) I trattamenti di ordinari di integrazione salariale afferiscono alla Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali istituita pressa l'INPS (art. 24 della Legge n. 88/1989). In linea con il passato, dunque, l’INPS eroga le prestazioni di integrazione salariale e riceve i relativi contributi ordinari e addizionali. Potranno usufruire della CIGO - indipendentemente dal numero di addetti - le seguenti imprese: - imprese industriali manifatturiere, di trasporti, estrattive, di installazione di impianti, produzione e distribuzione dell'energia, acqua e gas; 3 Milano – Bologna – Roma – Catania - cooperative di produzione e lavoro che svolgano attività lavorative similari a quella degli operai delle imprese industriali, ad eccezione delle cooperative elencate dal D.P.R. n. 602/1970; - imprese dell'industria boschiva, forestale e del tabacco; - cooperative agricole, zootecniche e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli propri per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; - imprese addette al noleggio e alla distribuzione dei film e di sviluppo e stampa di pellicola cinematografica; - imprese industriali per la frangitura delle olive per conto terzi; - imprese produttrici di calcestruzzo preconfezionato; - imprese addette agli impianti elettrici e telefonici; - imprese addette all'armamento ferroviario; - imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica; - imprese industriali e artigiane dell'edilizia e affini; - imprese industriali esercenti l'attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo; - imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione. Rientrano nella disciplina dei trattamenti di integrazione ordinaria anche i trattamenti che erano erogati dalla Cassa Integrazione Gestione Edilizia e Lapidei (viene abrogata la relativa disciplina). Diversamente le disposizioni in commento non si applicano alle integrazioni salariali nel settore agricolo, rimanendo in vigore l’articolo 8 della Legge n. 457/1972 e successive modificazioni che ha istituito e disciplina l’integrazione salariale agricola (CISOA). Potrà ricorrersi alla CIGO in ipotesi di: 1. situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali; 2. situazioni temporanee di mercato. La durata massima dell’intervento ordinario rimane di 13 settimane continuative, prorogabili, di trimestre in trimestre, fino ad un massimo di 52 settimane. Raggiunto tale tetto massimo potrà ricorrersi nuovamente alla CIGO, con riferimento alla medesima unità produttiva, solo quando sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di normale attività lavorativa. L'integrazione salariale ordinaria relativa a più periodi non consecutivi non può superare complessivamente la durata di 52 settimane in un biennio mobile. I predetti tetti massimi di durata non trovano applicazione relativamente agli interventi (i) determinati da eventi oggettivamente non evitabili; (ii) ad eccezione dei trattamenti richiesti da imprese a) industriali e artigiane dell'edilizia e affini; b) industriali esercenti l'attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo; c) artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione. Nei predetti limiti temporali di durata del trattamento, non possono essere autorizzate ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo delle ore ordinarie lavorabili 4 Milano – Bologna – Roma – Catania nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell'unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda di concessione dell'integrazione salariale. La disciplina sulla durata massima va letta in concomitanza con l’art. 4 del D.Lgs n. 148/2015. L’articolo 44 del Decreto stabilisce che le disposizioni contenute nel decreto in oggetto si applicano ai trattamenti di integrazione salariale richiesti a decorrere dal 24 settembre 2015. I trattamenti di integrazione salariale ordinaria richiesti, invece, prima del 24 settembre 2015 si computano per la sola parte del periodo autorizzato successivo a tale data. È dovuta a carico dell’impresa una contribuzione ordinaria, diminuita rispetto al passato, la misura è calcolata in percentuale sulla base della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Le percentuali variano a seconda del tipo di qualifica, del tipo di attività svolta dall’impresa ovvero del numero di dipendenti occupati. Le imprese che presentano domanda di integrazione salariale ordinaria sono tenute a versare il contributo addizionale secondo le nuove misure e modalità definite dall’art. 5 del D.Lgs n. 148/2015 e in precedenza illustrate. Prima di procedere con la richiesta di intervento dell’integrazione salariale, il datore di lavoro dovrà attivare la procedura di informazione e consultazione sindacale indicando le cause di sospensione o di riduzione dell'orario di lavoro, l'entità e la durata prevedibile e il numero dei lavoratori interessati. Destinatari della comunicazioni sono (i) le rappresentanze sindacali aziendali (RSA) o (ii) la rappresentanza sindacale unitaria (RSU), o in mancanza di queste (iii)le articolazioni territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. In caso di evento oggettivamente non evitabile la comunicazione sindacale potrà essere fatta a posteriori. Il termine di presentazione della domanda di integrazione salariale è ora ridotto a 15 giorni, decorrenti dall'inizio della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa. 3. Integrazione salariale straordinaria (artt. 19 - 25) La nuova disciplina della CIGS si fonda sulla sussistenza di reali prospettive di continuazione o ripresa dell’attività lavorativa e di salvaguardia dei livelli occupazionali. Potranno richiedere la CIGS le imprese che nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato (i) mediamente più di quindici dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, ove siano - imprese industriali, comprese quelle edili ed affini; - imprese artigiane che procedono alla sospensione dei lavoratori in conseguenza di sospensioni o riduzioni dell’attività dell'impresa che esercita l’influsso gestionale prevalente; - imprese appaltatrici di servizi di mensa o ristorazione, che subiscano una riduzione di attività in dipendenza di situazioni di difficoltà dell’azienda appaltante, che abbiano comportato per quest’ultima il ricorso al trattamento ordinario o straordinario di integrazione salariale; - imprese appaltatrici di servizi di pulizia, anche se costituite in forma di cooperativa, che subiscano una riduzione di attività in conseguenza della riduzione delle attività dell’azienda appaltante, che abbiano comportato per quest’ultima il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale; 5 Milano – Bologna – Roma – Catania - imprese dei settori ausiliari del servizio ferroviario, ovvero del comparto della produzione e della manutenzione del materiale rotabile; - imprese cooperative di trasformazione di prodotti agricoli e loro consorzi; - imprese di vigilanza; ovvero (ii) mediamente più di cinquanta dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, ove siano - imprese esercenti attività commerciali, comprese quelle della logistica; - agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici; A prescindere dal numero dei dipendenti potranno richiedere, inoltre, la CIGS (i) le imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e società da queste derivate, nonché imprese del sistema aeroportuale; (ii) partiti e movimenti politici e loro rispettive articolazioni e sezioni territoriali. Le cause che comportano l’accesso alla CIGS sono a) riorganizzazione aziendale; b) crisi aziendale, con esclusione, dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa in considerazione del fatto che, nei predetti casi, non sussiste possibilità di ripresa e di salvaguardia dell’occupazione; c) contratto di solidarietà. Quest’ultimo diventa, quindi, una delle casuali ammesse per il ricorso al trattamento di integrazione salariale. Pur trattandosi di situazioni di difficoltà, le stesse dovranno, quindi, fornire prospettive di continuazione dell’attività aziendale e di salvaguardia occupazionale. La durata del trattamento è stabilita per la causale a) in 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile; per la causale b) in 12 mesi, anche continuativi; per la causale c) in 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile. Ai fini del raggiungimento del limite massimo di durata dei trattamenti di CIGO e CIGS, fissato in 24 mesi nel quinquennio mobile dall’art. 4, comma 1, del Decreto è espressamente previsto che la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà debba essere computata nella misura della metà, sino a 24 mesi, e per l’intero, fino al raggiungimento del limite massimo di 36 mesi, anche continuativi, nel quinquennio mobile. Per le causali di riorganizzazione aziendale e crisi aziendale, possono essere autorizzate sospensioni del lavoro soltanto nel limite dell’80% per cento delle ore lavorabili nell’unità produttiva nell'arco di tempo di cui al programma autorizzato. Non è più quindi possibile richiedere l’autorizzazione della cassa a zero ore per tutto il personale e per l’intero periodo disponibile. Tuttavia, tale previsione non trova applicazione nei primi 24 mesi dall’entrata in vigore del Decreto, e pertanto sino a settembre 2017. È prevista una contribuzione ordinaria pari allo 0,90% dell’imponibile previdenziale, di cui lo 0,60% a carico dell’impresa o del partito politico e lo 0,30% a carico del lavoratore, oltre al pagamento del contributo addizionale, ove facciano richiesta del beneficio. L’impresa che intende accedere al trattamento CIGS per le causali di cui alle lettere a) e b) dovrà attivare la procedura sindacale dando tempestiva notizia della causa di sospensione/riduzione, dell’entità e della durata prevedibile, del numero di lavoratori coinvolti alle rappresentanze sindacali aziendali o alla rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza, alle articolazioni territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più 6 Milano – Bologna – Roma – Catania rappresentative a livello nazionale, attivando così l’apposito iter. È previsto l’obbligo per le parti di dichiarare espressamente la non percorribilità della causale di contratto di solidarietà (rimangono escluse dal predetto obbligo le imprese edili e affini). Quanto all’iter di concessione della CIGS, la relativa domanda dovrà essere presentata in unica soluzione contestualmente al Ministero del Lavoro e alle Direzioni territoriali del lavoro competenti per territorio, entro 7 giorni dalla data di conclusione della procedura di consultazione sindacale o dalla data di stipula dell’accordo collettivo aziendale relativo al ricorso all’intervento. La sospensione o la riduzione dell’orario decorreranno trascorsi almeno trenta giorni dalla data di presentazione della domanda. La concessione della CIGS avviene con decreto del Ministero del lavoro, adottato, in genere, entro 90 giorni dalla presentazione della domanda da parte dell’impresa. L’art. 42 del Decreto prevede che i trattamenti straordinari di integrazione salariale conseguenti a procedure di consultazione sindacale già concluse alla data del 24 settembre 2015 manterranno la durata prevista sulla base delle disposizioni previgenti. Tali trattamenti, qualora riguardino periodi successivi alla predetta data, si computeranno ai fini della durata massima di 24 mesi nel quinquennio mobile stabilita dal Decreto. 4. Fondi di solidarietà (artt. 26 - 40) L’intervento del Decreto in tema di istituzione e disciplina dei fondi di solidarietà mira a (i) ampliare il raggio d’azione dei fondi in modo da superare il sistema degli ammortizzatori in deroga e a (ii) razionalizzare la disciplina già prevista dalla Riforma Fornero (Legge n. 92/2012), fissando un termine certo per il loro avvio. Fondi di solidarietà bilaterali (art. 26) Le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale dovranno provvedere a stipulare appositi accordi collettivi, anche intersettoriali, volti a costituire fondi di solidarietà bilaterali per tutti i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione della normativa in materia di trattamenti di integrazione salariale, tanto ordinaria, quanto straordinaria, con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro in ipotesi di sospensione o riduzione dell’attività. I Fondi di solidarietà garantiscono, in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie e straordinarie, un assegno ordinario di importo almeno pari all’integrazione salariale (art. 30). Tali fondi potranno, altresì, avere la finalità di: assicurare ai lavoratori una prestazione integrativa, in termini di importo e di durata, della Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), in caso di cessazione del rapporto di lavoro; assicurare ai lavoratori una prestazione integrativa in termini di importo del trattamento di integrazione salariale previsto dalla normativa vigente; erogare un assegno straordinario per il sostegno del reddito, nell’ottica dei processi di “agevolazione all’esodo ai lavoratori che raggiungono i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 5 anni”; 7 Milano – Bologna – Roma – Catania contribuire al finanziamento di programmi di formazione per la riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con altri fondi di formazione nazionali o comunitari. Per le suddette ulteriori finalità, i fondi possono essere istituiti anche per i settori già coperti dalla disciplina dei trattamenti di integrazione salariale (CIG/CIGS). L’istituzione dei predetti fondi è obbligatoria per tutti i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione della normativa in materia di trattamenti di integrazione salariale nel caso l’azienda occupi più di cinque dipendenti (in precedenza la soglia era di 15 dipendenti). Ai fini del raggiungimento della soglia dimensionale vanno computati anche gli apprendisti e il computo dovrà essere effettuato con riferimento alla media del semestre precedente. I fondi già costituiti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (24 settembre 2015) sono tenuti ad adeguarsi alle nuove disposizioni entro il 31 dicembre 2015. In mancanza, i datori di lavoro del relativo settore, che occupano mediamente più di 5 dipendenti, confluiranno nel Fondo di integrazione salariale di cui all’art. 29 del Decreto a decorrere dall’ 1 gennaio 2016 e i contributi da questi già versati o comunque dovuti ai Fondi di solidarietà bilaterali sono trasferiti al Fondo di integrazione salariale. Relativamente alle imprese interessate dalla disciplina di cui agli artt. 4 e ss. della Legge n. 223/1991 in materia di indennità di mobilità, gli accordi collettivi potranno prevedere che, a decorrere dall’1 gennaio 2017, il finanziamento dei Fondi di solidarietà sia garantito da un’aliquota contributiva pari allo 0,30% delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali. Le prestazioni e i relativi obblighi contributivi non si applicano al personale dirigente se non espressamente previsto; si applicano, invece, agli apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante. Il pagamento delle prestazioni dovrà essere effettuato dall'impresa ai dipendenti aventi diritto alla fine di ogni periodo di paga e l'importo delle integrazioni potrà essere rimborsato dall'INPS all'impresa o conguagliato da questa secondo le norme per il conguaglio fra contributi dovuti e prestazioni corrisposte. Le domande di accesso alle prestazioni dovranno essere presentate non prima di 30 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa eventualmente programmata e non oltre il termine di 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività. La contribuzione ordinaria è ripartita per due terzi a carico del datore di lavoro e per un terzo a carico del lavoratore. A carico del datore di lavoro che ricorra alla sospensione o riduzione dell'attività lavorativa è previsto un contributo addizionale, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse (nella misura prevista dai decreti istitutivi dei Fondi) e comunque non inferiore all'1,5%. Per l’assegno straordinario è dovuto da parte del datore di lavoro un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di coperture degli assegni straordinari erogabili e della contribuzione correlata. Ai contributi di finanziamento si applicano le disposizioni vigenti in materia di contribuzione previdenziale obbligatoria, ad eccezione di quelle relative agli sgravi contributivi. Fondi di solidarietà bilaterali alternativi (art. 27) L’articolo 27 del Decreto modifica la disciplina dei Fondi di solidarietà alternativi, ossia dei fondi operanti nell’ambito di consolidati sistemi di bilateralità (settori dell’artigianato e della somministrazione) che entro la data di entrata in vigore del decreto (24 settembre 2015) abbiano adeguato le proprie fonti istitutive e normative alle finalità di cui all’articolo 26 (finalità previste per i fondi di solidarietà). Rispetto alla disciplina previgente è confermata: 8 Milano – Bologna – Roma – Catania la confluenza nei fondi di solidarietà dell’eventuale fondo interprofessionale già operante; la definizione con accordi o contratti collettivi di una serie di elementi relativi alle gestione del fondo; la definizione con DM di criteri volti a garantire la sostenibilità finanziaria dei fondi e il controllo sulla loro gestione. Le principali novità rispetto alla disciplina prevista dalla Legge n. 92/2012, invece, riguardano: l’innalzamento, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dell’aliquota di finanziamento, da ripartire tra datore di lavoro e lavoratore, dallo 0,20% allo 0,45% della retribuzione imponibile previdenziale; la possibilità, a decorrere dal 1° gennaio 2016, relativamente alle aziende di somministrazione, di fissare un’aliquota di finanziamento, a totale carico del datore di lavoro, non inferiore allo 0,30% della retribuzione imponibile previdenziale; le tipologie di prestazioni erogate. In particolare viene espressamente previsto che i predetti fondi debbano assicurare almeno una delle seguenti prestazioni (i) assegno di durata e misura pari all'assegno ordinario (di cui all’articolo 30) o, in alternativa, (ii) assegno di solidarietà (di cui all’articolo 31), eventualmente limitandone il periodo massimo previsto, prevedendo in ogni caso un periodo massimo non inferiore a 26 settimane in un biennio mobile. I Fondi già costituiti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (24 settembre 2014) sono tenuti ad adeguarsi alle nuove disposizioni entro il 31 dicembre 2015. In mancanza, i datori di lavoro, aderenti ai predetti fondi, che occupano mediamente più di 5 dipendenti, confluiscono nel Fondo di integrazione salariale (nuova denominazione del Fondo residuale) a decorrere dal 1° gennaio 2016. Fondo di solidarietà residuale (art. 28) Si tratta dei Fondi introdotti dalla Riforma Fornero preposti ad intervenire per le imprese dei settori non coperti dalla disciplina in materia di integrazione salariale, purché con più di 15 dipendenti, in assenza di fondi di solidarietà bilaterali. Il Decreto conferma per il 2015 l’operatività del Fondo di solidarietà residuale per le imprese dei settori non coperti dalla disciplina in materia di integrazione salariale, purché con più di 15 dipendenti. A decorrere dall’1 gennaio 2016, il Fondo di solidarietà residuale assumerà la nuova denominazione di Fondo di integrazione salariale e sarà rivolto ai datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti. Analogamente alla disciplina previgente, qualora venga costituito un Fondo di solidarietà bilaterale relativamente a settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali già coperti dal Fondo residuale, è previsto che dalla data di decorrenza del nuovo Fondo, i datori di lavoro del relativo settore non sono più soggetti al Fondo residuale. I contributi eventualmente già versati o dovuti in base al decreto istitutivo del Fondo residuale, restano acquisiti al predetto Fondo. Riguardo a tale ultimo caso è stata introdotta ex novo la previsione secondo la quale i nuovi fondi sono tenuti a fissare un'aliquota di finanziamento analoga a quella prevista per il Fondo di integrazione salariale relativamente ai datori di lavoro con meno di 15 dipendenti (0,45% della retribuzione imponibile previdenziale) e garantire la prestazione dell’assegno ordinario. Fondo di integrazione salariale (art. 29) 9 Milano – Bologna – Roma – Catania A decorrere dall’1 gennaio 2016 il fondo di solidarietà residuale assumerà la denominazione di Fondo di integrazione salariale (F.I.S.). La novità riguarda principalmente la sfera di applicazione del Fondo di integrazione salariale (ex Fondo residuale) che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, risulta rivolto ai datori di lavoro che (i) occupano mediamente più di cinque dipendenti (in precedenza 15 dipendenti) compresi gli apprendisti; (ii) appartengano a settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali che non rientrano nell'ambito di applicazione della normativa in materia di trattamenti di integrazione salariale; (iii) per i quali non siano stati stipulati accordi volti all'attivazione di un fondo di solidarietà bilaterale ovvero un fondo di solidarietà alternativo. Le prestazioni erogate dal Fondo di integrazione salariale sono: il nuovo assegno di solidarietà per i datori di lavoro che occupano mediamente da 5 a 15 dipendenti; il nuovo assegno di solidarietà e l’assegno ordinario per i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti. In caso di erogazione delle predette prestazioni il Fondo di integrazione salariale provvede a versare alla gestione di iscrizione del lavoratore interessato la contribuzione correlata alla prestazione stessa. I lavoratori beneficiari dovranno possedere, presso l'unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento, un'anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni alla data di presentazione della relativa domanda di concessione. In caso di appalto, per il lavoratore che passa alle dipendenze dell'impresa subentrante nell'appalto, l’anzianità di effettivo lavoro si computa tenendo conto del periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell'attività appaltata. È prevista, tanto una contribuzione di finanziamento, quanto una contribuzione addizionale a carico dei datori di lavoro, connessa quest’ultima all'utilizzo degli istituti previsti (assegno ordinario e di solidarietà). 5. Contratti di solidarietà espansiva (art. 41) Viene previsto che, nel caso in cui, al fine di incrementare gli organici, i contratti collettivi aziendali, da depositarsi presso la Direzione territoriale del lavoro, prevedano (i) una riduzione stabile dell'orario di lavoro, con riduzione della retribuzione, nonché (ii) la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, ai datori di lavoro è concesso, per ogni lavoratore assunto sulla base dei predetti contratti collettivi e per ogni mensilità di retribuzione, un contributo a carico INPS pari, per i primi 12 mesi, al 15% della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile; per ciascuno dei due anni successivi, rispettivamente del 10% e del 5%. Qualora i lavoratori assunti, in forza dei contratti collettivi sopra indicati, abbiano un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, in sostituzione del contributo a carico INPS, per i primi tre anni e comunque non oltre il compimento del ventinovesimo anno di età, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta in misura corrispondente a quella prevista per gli apprendisti, ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nella misura prevista per la generalità dei lavoratori. È espressamente previsto che i lavoratori assunti nell’ambito di contratti di solidarietà espansiva sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi 10 Milano – Bologna – Roma – Catania ai soli fini dell’applicazione di norme e istituti che prevedano l’accesso ad agevolazioni di carattere finanziario e creditizio. Non possono beneficiare delle agevolazioni in oggetto i datori di lavoro che, nei dodici mesi antecedenti le assunzioni, abbiano proceduto a riduzioni di personale ovvero a sospensioni di lavoro in regime di cassa integrazione guadagni straordinaria. Ai lavoratori che abbiano (i) una età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di 24 mesi e (ii) maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia, spetta, previa richiesta, il suddetto trattamento di pensione nel caso in cui abbiano accettato di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell’orario di lavoro praticato prima della riduzione convenuta nel contratto collettivo. Limitatamente al predetto periodo di anticipazione, il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo dell’ammontare del trattamento retributivo perso al momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale. La presente circolare intende solamente offrire una panoramica generale delle principali novità, senza alcun intento di esaustività. Restiamo sin d’ora a Vostra disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento o approfondimento dovesse occorrere. Sciumé & Associati – Studio Legale e Tributario Interfield S.r.l. 11