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illustrazioni
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Le Corbusier, schizzo
della casa sul lago
Lemano
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A. Natalini, schizzo
prospettico preliminare
per la palestra a Gorle
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L. Kahn, raccolta di
schizzi di studio
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Le Corbusier, schizzi per
il museo di Tokyo
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D. Libeskind, espansione
del Denver Museum
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Z. Hadid, BMW Event
and delivery Centre
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A. Rossi, tavola per il
palazzo d'uffici "Casa
Aurora"
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bibliografia
essenziale
F. PURINI, Comporre
l'architettura, Bari, 2000
Luigi Falbo
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evolutivo finale di un’operazione mentale del progettista che passa
Il nostro modo di comunicare è profondamente cambiato; un
per una serie di stadi intermedi; ciascuno di essi vive di una propria
R. de RUBERTIS, Il disegno
dell'architettura, Roma,
1994
inarrestabile processo di contaminazione mediatica ha investito
‘dialettica grafica’ e, dunque, la rappresentazione computerizzata
indifferentemente tutti gli ambiti socio – culturali modificandone
si affianca agli altri strumenti della rappresenta-zione intervenendo
C. NORBERG - SCHULZ,
Louis Kahn. Idea e
immagine, Roma, 1980
quel linguaggio, fatto di suoni e di segni, che ci è stato tramandato
in una determinata e specifica fase del progetto.
note
l'estensione della mente
Anno 2004 d.C.
nei secoli.
Il pericolo che si deve, e che si dovrà, scongiurare è legato alla
Non immune alla ‘modificazione’ è anche la disciplina architettonica
sempre più crescente indole omicida della macchina sull’uomo che
ed in particolare gli oggetti che la costruiscono: fra tutti il disegno
porta la rappresentazione computerizzata a sconfinare dal proprio
di architettura, qualunque sia l’accezione che ad esso si voglia
ambito progettuale finendo cosi per impadronirsene di altri.
attribuire, da quella più usuale di strumento per comunicare un
Tale situazione è, naturalmente, il risultato di una lunga evoluzione
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R. de Rubertis, Il
disegno dell'architettura,
Roma, 1994
progetto, una forma, un’idea a quella più nobile e antica la cui
in cui il computer non ha influenzato soltanto la rappresentazione,
semantica sottende l’invenzione, il proposito, il progetto (1).
ma ben presto ha ‘riscritto’ anche le tendenze disciplinari che hanno
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F. Purini, Comporre
l'architettura, Bari, 2000
soprattutto all’affermazione di una ‘macchina’, capace di sostituirsi
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F. Purini, Comporre
l'architettura, Bari, 2000
più da ormai qualche anno, si appropria, o vorrebbe appropriarsi,
intendo le persone che studiano per diventarlo, non vogliano più
della paternità di quell’atto fondativo dell’idea di architettura sottesa
pazientemente sporcarsi le mani ma piuttosto orientarsi in un ‘luogo
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F. Purini, Comporre
l'architettura, Bari, 2000
nel progetto, che tradizionalmente trova, nella mente del progettista,
formativo’ codificato da un nuovo sistema di valori conoscitivi e
la sua sede fisiologica ove generarsi.
creativi che consente di effettuare, con velocità e precisione, operazioni
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F. Purini, Comporre
l'architettura, Bari, 2000
vox populi
Il disegno, oggi, è oggetto di un profondo rinnovamento dovuto
ai più tradizionali ‘strumenti del mestiere’ dell’architetto, che sempre
Nonostante l’Intelligenza Artificiale avanzi a grandi passi, sono
tuttora convinto che la ‘forma costruita’ in architettura sia il punto
portato ad una sorta di disaffezione per le matite a favore di un più
facile e veloce strumento informatico: il mouse.
Sembra quasi che i ‘giovani architetti’, e con questa categoria
prima ostacolate dalla laboriosità delle procedure che richiedevano:
il disegno digitale (2).
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A tale proposito non si può non parlare della ridefinizione della
processualità grafica che consente di verificare il progetto ai diversi
variabile tempo; essa diviene sempre più rilevante sia quando è
livelli e alle diverse scale. Si procede attraverso manipolazioni di
intesa come tempo fisico, necessario per l’elaborazione di una qualsiasi
immagini che inducono a focalizzare l’attenzione del progettista
rappresentazione grafica, sia quando invece con essa intendiamo
verso quella che è la fase ultima del suo lavoro: la comunicazione.
quel ‘frangente virtuale’ che si concretizza nell’iper – spazio, generando
quella che comunemente è chiamata l’iper – realtà.
Probabilmente è proprio questa la radicale innovazione introdotta
Sembra ormai terminato il tempo delle botteghe; le nuove e forti
spinte provenienti dai mercati hanno segnato la trasformazione di
questi tradizionali laboratori in vere e proprie aziende dell’architettura,
dal disegno digitale: esso agisce sul tempo comprimendolo,
che rispondono quindi a quelli che sono i modi e i tempi di qualsiasi
presentandoci la realtà virtuale come un qualcosa di immediatamente
altra azienda.
accaduto, un presente accelerato (3).
Profezie che si avverano; prefigurazioni che si costruiscono; processi
che si soverchiano.
La possibilità di plasmare la realtà virtuale a piene mani secondo
la regola del ‘come potrebbe essere’, sposta drammaticamente, o
È spaventosa questa forte globalizzazione dell’architettura! Sono
spaventose queste grandi officine che evocano, quasi verosimilmente,
fotogrammi della celebre opera cinematografica ‘Tempi moderni’,
dove ognuno è parte di un tutto cinicamente meccanizzato.
Forse c’era da aspettarselo come naturale evoluzione delle cose,
comunque tende a spostare drammaticamente, il fronte dell’ideazione
certo è che questa situazione porta una parte di noi, leve della
sempre più verso il mezzo informatico.
nuova generazione, a guardarci indietro e provare un sentimento
La tendenza totalizzante del disegno digitale, allo stesso tempo
di nostalgia per quelle che sono state le esperienze dei nostri padri,
disegno e render, essere e apparire, se da una parte consente di
ad assaporare le loro instancabili ‘fatiche’ fatte di segni e di colori,
agire sull’architettura come mai prima d’ora, dall’altra tende ad
ad appropriarci di linguaggi e strumenti che ci permettono di capire
impoverire l’atto progettuale stesso.
e trasmettere l’architettura.
Si assiste ad una progressiva e graduale perdita di quella
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Questo non vuole essere un racconto dai forti toni romantici o
rétro, dopotutto siamo figli dell’epoca che viviamo, ma nonostante
di abbandonare la ‘scala delle proporzioni’ per sondare quelle più
questo mi è difficile pensare ad un modo per fare architettura diverso
verosimili dell’architettura: piante, sezioni, prospettive e assonometrie
da quello legato alla ritualità del progetto.
diventano alcuni degli strumenti che consentono di capire l’architettura,
Una ritualità che si consuma in una graduale esplorazione che
rende progressivamente chiaro ciò che ancora non ha assunto una
di approdare alla materializzazione di una forma che fino a quel
configurazione consapevole, che fa venire alla luce ciò che ancora
momento è solo un’immagine.
non ha un’immagine, che delinea l’architettura portandola a nascere
come forma (4).
Avvengono così i primi contatti con l’idea che si materializzano
A questi, che tradizionalmente erano eseguiti con riga e squadra,
oggi si aggiungono tutta una serie di esplorazioni virtuali – digitali
– che accelerano notevolmente il progressivo passaggio dalle intenzioni
in veri e propri esercizi grafici, eseguiti su gelose porzioni di carta,
agli esiti; questo è legato prevalentemente alle potenzialità del
che costituiscono i primi embrioni fecondi del progetto: gli schizzi.
mezzo informatico che permette di intervenire in maniera iterata
La matita, guidata dal cervello, imprime sul foglio una traccia carica
sul disegno, modificandone gli oggetti, cambiando i punti di vista,
di quella che viene definita energia architettonica allo stato puro
compiendo una sintesi di segni che lo porti al ‘giusto’ grado d’astrazione.
(5): testimonianza delle intenzioni, piuttosto che degli esiti del
Si lavora prevalentemente con modelli digitali – che difficilmente
progettista, essi sono particolarmente vicini all’autenticità dell’idea.
si sostituiscono a quelli manuali – che consentono con un unico
I rapidi segni degli schizzi condensano le prefigurazioni del progettista
gesto, e quindi con tempi molto ridotti, di ottenere rappresentazioni
attribuendo un elevato grado di soggettività al disegno e costruendo
bidimensionali e tridimensionali dell’oggetto. Termini come layer,
un intimo legame tra autore ed opera; con essi l’architetto sviluppa
blocchi, texture sostituiscono quelli che ‘manualmente’ erano lo
quella coscienza critica che, citando Le Corbusier, consente di vedere
spessore del tratto, le sagome di oggetti e persone, tutte le tecniche
cose che gli altri comunemente non vedono.
che attribuivano all’architettura un colore.
Esaurita la carica impulsiva dettata dalla mente, si avverte l’esigenza
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di eseguire un’operazione di controllo e verifica sugli spazi prefigurati,
Sembra quasi che con l’impiego del computer il processo progettuale
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si pieghi su se stesso: passando attraverso la materializzazione
di una forma si raggiunge nuovamente un’immagine che rispetto
a quella iniziale risulta però assai più definita e definitiva.
Ancora immagini dunque. Esse compongono quelle che oggi
continuiamo a chiamare tavole, l’approdo ultimo del processo
progettuale a cui è demandato un compito transitivo: sono finestre
entro cui si può osservare la concretizzazione degli sforzi del
progettista e la materializzazione del suo pensiero.
La tendenza attuale è quella di costruire elaborati che siano una
vera e propria messa in scena dell’architettura: se da una parte è
necessario avere dimestichezza con sofisticati software per ottenere
ottime rese grafiche, dall’altra si cerca di attuare una scelta oculata
di quelle rappresentazioni che, in maniera eclatante, attraggono
l’osservatore e costruiscono nel suo immaginario un’icona da
trasmettere. Tutto si riduce, dunque, ad una questione di linguaggio
e più trascorre il tempo più questo linguaggio muta e muterà; questo
può indurci ad affermare che, al contrario di quello possiamo pensare,
queste rappresentazioni alludano ad una nuova artisticità, che in
qualche modo si oppone alla standardizzazione di quella che possiamo
definire una rappresentazione figlia di una macchina.
Possiamo, quindi, parlare anche oggi di autoreferenzialità del
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disegno: essa è riferita agli stili dei nuovi artisti dell’architettura
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che, come accadeva per i nostri architetti – disegnatori, sono stati
in grado di codificare, attraverso il computer, un proprio linguaggio
iconografico che diviene riconoscibile più che per le tecniche di
rappresentazione, per il modo di progettare.
Dobbiamo accettare, consapevolmente, il fatto che accanto ai
disegni di Aldo Rossi, Arduino Cantafora, Alessandro Anselmi, Franco
Purini, Adolfo Natalini, a cui ci sentiamo profondamente legati perché
parte del nostro bagaglio culturale, oggi troviamo anche quelli di
Daniel Libeskind, Zaha Hadid, Jean Nouvel, Raha Hashid, cultori di
queste nuove forme d’arte ultra contemporanee del disegno di
architettura che, come qualsiasi cosa nuova in continua ridefinizione
e sperimentazione, ci intimidisce al punto da renderci ciechi e non
farci scorgere il loro, eventuale, contenuto espressivo.
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