Le torri costiere in Sardegna
Progetto Comenius
Istituto di istruzione secondaria di primo
grado “Porcu Satta” – Quartu Sant’Elena
Anno scolastico 2005/2006
L'homme dans le monde d'hier, d'aujourd'hui et de demain
Le comunicazioni
Classe Seconda I
Presentazione
Perché studiare le torri costiere all’interno di un progetto sulle comunicazioni in
Sardegna? Diverse sono le motivazioni che hanno spinto i promotori del progetto
Comenius L'homme dans le monde d'hier, d'aujourd'hui et de demain ad approfondire
con gli alunni della Seconda I dell’Istituto di istruzione secondaria di primo grado
“Porcu Satta” lo studio dei sistemi di comunicazione adottati dalle torri che ancora
oggi possiamo osservare lungo le coste dell’isola e che furono erette come balurdo
passivo per segnalare l’avvicinarsi dei nemici che tanto timore incutevano nella
popolazione sarda. La Sardegna, che in epoca nuragica poteva contare su oltre
settemila nuraghi a presidio del territorio, per dieci secoli ha subito frequenti incursioni
dal mare che hanno spinto le popolazioni, per difendersi in particolare dai temibili pirati
barbareschi, ad allontanarsi dalle coste e dal mare per trasferirsi verso l’interno e a
realizzare onerose opere fortificate, atte a contrastare efficacemente i nemici che
provenivano dal mare.
Le torri costiere, realizzate soprattutto a partire dal XVI secolo e dislocate
strategicamente lungo il perimetro costiero, costituivano sicuramente una vera e
propria “rete” di comunicazione fra tutti gli abitanti dell’isola, quasi a prefigurare,
così è stata “letta” dai ragazzi nel corso della loro ricerca, un antenata della odierna
rete Internet.
Oggi la Sardegna ha conquistato le coste, che rappresentano un patrimonio e una
ricchezza da salvaguardare e valorizzare. E’ inserita in una fitta rete di
comunicazioni e telecomunicazioni internazionali; le agevolazioni sulla continuità
territoriale contribuiscono a collocarla con le sue peculiarità ambientali e culturali
ancora di più in Europa. Può costituire, grazie alla sua favorevole posizione nel
Mediterraneo, un veicolo per le relazioni pacifiche con il mondo arabo dell’Africa
Settentrionale, con quel territorio da cui per secoli sono partite le navi saracene che
tanto avevano terrorizzato l’isola.
La ricerca sulle torri costiere in Sardegna è stata realizzata grazie alla collaborazione della
Dottoressa Antonia Giulia Maxia della Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E., che ha saputo
stimolare e coinvolgere con garbo i ragazzi della scuola e a cui esprimo un ringraziamento
particolare. Ringrazio inoltre Ignazio Mulas, Carla Sarritzu e Myriam Selis per il contributo
dato a questo lavoro.
Susanna Sanna
Breve storia delle torri
Signore Iddio, fa che dopo una giornata di duro lavoro al mio
risveglio non mi ritrovi in catene, schiavo in Africa”.
(XV secolo)
“Furat chie benit da e su mare”, dice un antico proverbio sardo. Questo antico
terrore non è un’invenzione ma memoria antica. Per secoli le coste della Sardegna
furono toccate dai pirati: prima gli Arabi e poi, a partire dagli inizi del ‘500, dai pirati
Barbareschi.
Le incursioni saracene
Le invasioni arabe in Sardegna iniziano quando incomincia la
lunga corsa dei conquistatori arabi lungo la costa orientale
dell’Africa e nel Mediterraneo occidentale. Per gli Arabi che
possedevano il Nord Africa, la Sicilia e le Baleari, la Sardegna,
ormai quasi certamente abbandonata dai Bizantini, rivestiva
sicuramente una posizione strategica, costituendo un ottimo
trampolino dal quale essi avrebbero potuto sferrare i loro
attacchi alla penisola italiana.
Secondo i cronisti arabi la prima spedizione sarebbe
avvenuta addirittura prima che il leggendario Gebel - el - Tarik
guidasse il suo esercito oltre le colonne d’Ercole alla
conquista della Spagna. Una potente flotta sarebbe arrivata
sulla costa sud-orientale, avrebbe attaccato facendo razzia di
beni e di uomini, ripartendo poi carica di bottino. Ma subito
dopo la partenza la flotta fu investita da una furiosa tempesta
che travolse e fece colare a picco le navi.
“Ne diedero, ne buscarono… se ne andarono”
Dal 711 fino al 1015 si susseguirono numerose spedizioni e di esse ci danno notizie i
cronisti arabi che però scrivevano dal XII al XV e al XVI sec. L’opera più importante a
questo riguardo è il Kamil di Ibu al Atèr.Di tutte queste spedizioni e incursioni le più
notevoli appaiono la prima e l’ultima. Nel 711 gli arabi occuparono Cagliari e alcune
zone litoranee.La città fu saccheggiata e depredata ma, di ritorno, l’intera flotta carica
di bottino naufragò. L’insuccesso di notevoli proporzioni portò ad un’altra spedizione
nel 735, durante la quale agli abitanti fatti prigionieri sarebbe stata imposta una taglia
per il riscatto (Giziah). Successivamente, partendo dalle basi del Maghreb, delle
Balneari, della Spagna e della Sicilia, i Saraceni saccheggiarono altri centri costieri
della Sardegna facendo schiavi e bottino. E se i cronisti Arabi parlano ancora di
tempeste e di naufragi che inghiottiscono gli assalitori, è anche vero che i Sardi
riuscivano a difendersi e a cacciare gli aggressori: le stesse cronache arabe
ammettono che gli Arabi “ne diedero, ne buscarono…se ne andarono” (spedizione
dell’821).
Gli assalti continuarono nel tempo,senza che la Sardegna
fosse però occupata stabilmente. I sardi [che ebbero come
alleati i Franchi che difendevano la Corsica], respingendo gli
assalti dei saraceni impararono a difendersi e a governarsi da
soli, riacquistando la conoscenza delle proprie possibilità.
L’ultima grande offensiva contro l’isola fu però sventata nel
1015 con l’aiuto delle repubbliche marinare. La spedizione era
comandata dal valoroso Magahid al Amir (Muslto per la
leggenda).La flotta salpò da Majorca e si diresse verso la
Sardegna. Furono saccheggiate alcune zone costiere ,ma la
resistenza dei sardi fu accanita se è vero che si trovò la notte
uno dei quattro giudici sardi, ma Muslto, secondo la tradizione
sarebbe stato scacciato grazie all’intervento di pisani e
genovesi. Una cosa è certa: dopo questa spedizione non ci
furono più scorrerie in Sardegna per lungo tempo. Sempre “con
l’armi al fianco” non si lasciavano cogliere alla sprovvista e
affrontavano gli incursori che alla fine ne furono scoraggiati,
tanto che non se ne ha più il ricordo fino a tutto il XIV secolo.
Le scorrerie ripresero con i pirati barbareschi
dalla costa settentrionale dell’Africa quando la
Sardegna era passata prima in mano aragonese
e poi spagnola, ma senza ricevere una adeguata
difesa dai dominatori: nessun villaggio vicino alle
coste rimase immune e molte popolazioni
dovettero abbandonare le regioni esposte per
rifugiarsi all’interno. La maggior parte delle
incursioni era diretta sul litorale meridionale e
occidentale. Le cronache del ‘500 sono ricche di
episodi che si riferiscono alle incursioni dei
corsari, il più famoso dei quali fu Khair-el-Din,
detto il Barbarossa, re di Algeri. Contro di lui
l’Imperatore Carlo V nel 1535, facendo tappa a
Cagliari, guidò una flotta e conquistò Tunisi che
però tornò all’attacco dopo aver stretto
un’alleanza con i Francesi. Nel 1541 il tentativo di
Carlo V di conquistare Algeri non ebbe buon
esito.
La Reale Amministrazione delle Torri
L’anno successivo alla battaglia di Lepanto
(1571) si cominciò studiare, anche per la
Sardegna, un sistema di difesa passivo basato
sulla fortificazione dell’intero perimetro costiero.
Il re Filippo II, successore di Carlo V, ordinò negli
anni ’70 una ricognizione delle coste per stabilire
la collocazione di una cinta di torri costiere.
Nel 1578, dopo un nuovo sopralluogo effettuato
direttamente dal nuovo vicerè don Miguel de
Moncada, si iniziò a discutere su quali risorse
finanziarie destinare alla realizzazione del
progetto.
Nel 1582 i pirati barbareschi saccheggiarono la
città di Quartu e giunsero alle porte di Cagliari.
Questo episodio accelerò la presentazione al re
spagnolo del programma di costruzione delle
torri.
Nel 1583, il parlamento sardo, convocato dal vicerè de
Moncada, presentò a Filippo II una proposta, suddivisa
in trenta capitoli, per la costituzione della Regia
Amministrazione delle Torri.
Nel 1587 il re accolse la richiesta ed istituì La Reale
Amministrazione delle Torri, in pratica un’agenzia di
spesa, che cominciò a funzionare trovando 43 torri già
costruite a cura di comunità e feudatari locali.
Venne così organizzato un sistema difensivo fisso contro
le incursioni barbaresche e di presidio sanitario contro le
epidemie, lungo il litorale a protezione dei porti, dei golfi
e dei centri abitati.
Il suo principale introito finanziario era costituito
dalla tassa di un reale (moneta in corso nella
Sardegna spagnola e sabauda, s’arriali) ogni
quintar (circa 45 kg.) di formaggio, grano e altre
merci esportato dall’isola.
L'amministrazione, che aveva sede a Cagliari, aveva il
compito di provvedere alla manutenzione della torri
già esistenti e alla realizzazione di nuove; inoltre si
occupava dell'arruolamento del personale di guardia,
della loro paga, decisamente irrisoria, e della
riscossione delle tasse per la gestione. Ne erano a
capo, oltre al viceré, tre consiglieri (uno per ogni
Stamento) ed un capitano con funzioni prettamente
militari, da cui dipendevano alcaidi, artiglieri e soldati
di stanza nelle torri. Il personale civile era composto
da un contadore, un segretario ed un clavario oltre ad
un sindaco ed un portiere, per il capo di Cagliari, ed
un pagadore ed uno scrivano per il capo di Sassari.
L’Amministrazione venne mantenuta in efficienza e
riformata anche dopo che la Sardegna, nel 1720,
passò in mano sabauda.
Le ultime incursioni avvennero nei primi anni del 1800
e pare che ve ne sia stata una anche nella spiaggia di
Quartu.
L'amministrazione fu soppressa con Regio Editto del
17 settembre 1842, ma alcune torri furono ancora
utilizzate fino alla Seconda guerra mondiale come
presidio doganale o militare, come sede di impianti
telemetrici e di segnalazione o di punti di
avvistamento ottico.
La definitiva dismissione delle torri costiere come
sistema difensivo è stata attuata soltanto nel 1989,
in concomitanza dell'intesa Stato-Regione.
Interno della
Torre dei Segnali
a Calamosca
Delle centocinque torri censite da cartografie e
documenti storici, circa il 25 % è andato distrutto o
si presenta oggi in forma di rudere, il 35% è in
condizioni precarie, mentre soltanto il 40% è in
buono o addirittura ottimo stato, grazie ai recenti
lavori di consolidamento e restauro, tanto da poter
ospitare mostre temporanee ed essere visitate
all'interno.
La posizione delle torri
La natura della costa era direttamente collegata
al tipo di torre e alla sua ubicazione. In genere
le torri sorgevano su promontori dominanti
rispetto al territorio, per avere la massima
visibilità sul mare e sulla terra, per potersi
vedere l'una con l'altra e per costituire una
difesa naturale in caso di attacco. In periodo di
pace le torri venivano utilizzate per vigilare sulle
attività che si svolgevano lungo le coste, come
la coltivazione del sale, il controllo della pesca
e la raccolta del corallo, per svolgere la funzione
di dogana costiera, di punto di riferimento per le
imbarcazioni alleate e per favorire il
ripopolamento del territorio costiero.
La distribuzione delle torri lungo le
coste non è omogenea e la loro
presenza risulta più fitta solo nelle
zone
di
maggiore
importanza
strategica: nel Golfo di Cagliari,
lungo
tutto
il
promontorio
meridionale della Sardegna fino a
Capo
Teulada,
nel
Golfo
di
Oristano, ad Alghero, nella costa
dell’Ogliastra.
La
Gallura
era
pressoché sguarnita in quanto
disabitata. Molte delle torri sono
ora in rovina o distrutte, ma è
possibile ipotizzare che fossero
tutte in contatto visivo fra loro, in
modo da creare una fitta rete di
comunicazioni dal Sud al Nord della
Sardegna.
Collegamenti ottici fra le torri sarde
(elaborazione da Ing. Gianni Montaldo)
di Federico Caredda
Il problema degli attacchi dei pirati barbareschi e della
necessità della difesa delle coste della Sardegna rimase
anche nel periodo austriaco e sabaudo.
Il viceré piemontese Balio della Trinità nel 1764, dopo aver
constatato che le scorrerie dei barbareschi erano diventate
più frequenti e ardite, in attesa che fosse rafforzata la
flotta con l’arrivo di nuove fregate, per proteggere la
popolazione dalle incursioni emanò un provvedimento rivolto
agli alcaidi affinché fosse migliorato il sistema di
comunicazione tra le torri:
“Gli
alcaidi debbono sempre tenere un soldato di
sentinella sulla sommità delle torri sia di giorno che di
notte, ripartendo le ore secondo il numero dei soldati
presenti… ”
”Per evitare ogni equivoco nei soliti segni che le torri
fanno quando avvistano un bastimento, per permettere alla
popolazione di conoscere se questi sono amici o nemici,
quando le navi si avvicinano alle cale o sbarcano, oltre a
quelli già prescritti dal Duca di San Giovanni devono farne
di nuovi come qui indicati:”
“Se essi bastimenti capitassero di giorno, si faranno sulla
sommità della torre due fumate in qualche distanza , cioè una
da un canto, e l’altra dall’altro della torre medesima, nello
stesso tempo, oltre un colpo di cannone, che dovrà sparar
l’artigliere, ed in difetto di spingarda, con suonare del corno, o
tromba marina; e se di notte, invece delle fumate, si faranno
due fuochi ben chiari pure ad un tempo, coll’ avvertenza che
sieno disposti sì nel primo, che nel secondo caso in maniera
ad essere veduti dalla prossima torre, e popolazioni
circonvicine, ripetendo i fuochi, e le fumate a seconda del
numero de’ bastimenti che saranno in veduta…”
“Ove poi i barbari venissero a tentare delle discese a terra, si
dovranno opporre i torrieri con tutte le forze, e gli abitatori
dei contorni colla cavalleria e fanteria miliziana vo
accorreranno al disimbarco, e combattere i nemici se già
fossero scesi, con procurare di predarnegli, sotto le pene
prescritte…”
“…Per le quarantene si osserveranno le regole prescritte
nelle istruzioni ai rispettivi deputati di sanità…”
“…Saranno pure rigorosamente puniti gli alcaidi e torrieri,
che tralasciassero di dare gli avvisi sovra descritti, non
meno che i ministri e deputati di sanità che non fossero
solleciti nel recarne al Governo le importanti notizie…”
La difesa passiva e la comunicazione
Fin dal Cinquecento fu chiaro che per i costi elevati
delle navi era necessario fare assegnamento sul
proprio potenziale difensivo, piuttosto che su quello
offensivo. Il sistema di difesa passiva attraverso punti
di osservazione e di segnalazione dell’arrivo del
nemico, sistemati strategicamente lungo le coste è
antichissimo ed era già utilizzato in passato in
Sardegna, come è testimoniato dalla presenza dei
nuraghi o delle torri costruite nel Medioevo. La
soluzione era quella di creare un sistema che
assolvesse funzioni di avvistamento, di allerta alla
popolazione attraverso un codice segnaletico, e di
difesa armata locale: poco dopo la seconda metà del
Cinquecento si decise di costruire, nei punti ritenuti
idonei dagli ingegneri militari, una successione di torri
in vista l'una dell'altra, tali da costituire, nel loro
complesso, un sistema fortificato ininterrotto di
avvistamento e segnalazione.
L'uso di fuochi segnaletici lungo le coste è di origine altomedievale, secondo una specie di codice costituito da
fiamme o fumate, ottenute con fascine bruciate, con torce o
bracieri. La torre fu quindi indispensabile quando all'esigenza
della segnalazione si affiancò la necessità della difesa del
territorio e del ricovero per i soldati di guardia.
In passato i segnali partivano da cofani (dal greco
kóphinos=cesta) di ferro, situati in luoghi prominenti, che poi
furono collocati alla base della torre stessa: il tipo di luce
indicava una situazione di calma oppure l'arrivo di navi
sospette, i fuochi erano tanti quante erano le navi in arrivo e
la fumata era volta nella direzione da cui queste provenivano.
Il suono delle campane rappresentava il preallarme acustico.
L’insieme di torri comunicava sia direttamente “a vista”, che
con un sistema a zig-zag, cioè poggiando il segnale sulle torri
“a guardia morta” che lo ritrasmettevano alle altre.
Nacque così una rete di avvistamento semplice ed
efficiente: quando un vascello sospetto si avvicinava
sotto costa il guardiano del torrione sparava un colpo di
avviso per chiedere all’imbarcazione di accostarsi e farsi
riconoscere; se essa si allontanava rapidamente questo
veniva interpretato come segno delle sue cattive
intenzioni. Dalla torre si inviavano subito segnali o con
l’artiglieria o con altri segnali visivi (fuoco, fumo) o sonori
(con il corno o il corno marino) alle altre torri con le quali
era in collegamento visivo; queste a loro volta
ritrasmettevano il segnale di pericolo fino alla più vicina
guarnigione o al porto dove poteva salpare un vascello
per dare la caccia a quello pirata. Dei messaggeri a
cavallo
partivano per avvisare la popolazione
dell’imminente pericolo.
Il sistema difensivo ininterrotto di torri robuste, armate con
artiglieria leggera, era in grado di contrastare l’aggressione
dei pirati barbareschi.
Le torri, che furono chiamate “saracene”, servirono per
qualche tempo anche per segnalare i movimenti di altre flotte
nemiche, come ad esempio i Francesi, che i Sardi
chiamavano “is sordaus grogus”.
Nel 1815, con la fine della pirateria, le torri vennero
abbandonate e caddero in rovina. Alcune di esse furono
ancora usate per avvistamento o segnalazione, come sede di
un faro, come la Torre dei Segnali a Calamosca, o del
telegrafo. Nella seconda guerra mondiale la torre di
Carcangiolas, nella spiaggia di Quartu, fu modificata
mediante l’inserimento di una postazione monoarma per
fucile mitragliatore.
Le guardie morte
I tratti di costa in cui non c’erano torri venivano perlustrati a piedi
da soldati chiamati “atalayas”.
In periodo piemontese gli atalayas furono sostituiti con un
sistema di guardie morte, che avevano dei punti fissi di vedetta
in luoghi elevati e trasmettevano i segnali da una torre all’altra,
con le ronde marine, composte ognuna da tre uomini che
controllavano tratti prefissati di costa, e da tre bastonatieri, che
all’alba si recavano in luoghi predeterminati per avvistare
eventuali navi nemiche. Questi ultimi si chiamavano così perché
dovevano rientrare riportando un bastone precedentemente
depositato nel luogo di osservazione per dimostrare che
effettivamente si erano recati sul luogo di avvistamento.
I torrieri
I torrieri, che montavano di guardia
sia di giorno che di notte, avevano in
dotazione cannocchiali per gli
avvistamenti lungo costa, trombe e
corni
marini
per
avvisare
acusticamente le altre torri del
pericolo, e cataste di legna sottile
sempre pronte sul terrazzo per le
segnalazioni luminose notturne.
Huang Yan Hu
I militari nelle torri
I militari presenti nelle torri erano l’alcaide, gli
artiglieri e i soldati.
L’alcaide governava una sola torre, quando era
grossa e isolata, più torri se erano più piccole e
vicine.
Francesca
Cogoni
Le paghe erano basse e variavano in base
all’importanza e alla grandezza della torre. Un
alcade guadagnava nel 1798 da 135 a 180 lire, un
artigliere da 105 a 120 lire, un soldato da 60 a 90
lire. Le guardie morte e i bastonatieri percepivano
un compenso di 30 lire.
Tutto, il cibo e gli indumenti, era a carico dei torrieri.
Per questo motivo spesso venivano arruolati anziani
o persone ridotte in miseria.
LE FORTIFICAZIONI ANTISBARCO
nella seconda guerra mondiale
Dalla primavera del 1941 l'Esercito aveva cominciato preparare la
difesa delle coste. Il programma prevedeva il potenziamento delle
opere difensive poste a tutela dei porti, dei centri industriali e delle città
con la creazione di nuove strutture difensive lungo i tratti di costa più
vulnerabili per impedire alle truppe di primo sbarco di mettere piede a
terra e arginarne eventualmente l'avanzata. Nel golfo di Cagliari e nel
suo Hinterland furono dislocati i reparti operativi della Marina e
dell'Aeronautica, destinati nel corso del conflitto ad intercettare le navi
che incrociavano il bacino centro-occidentale del Mediterraneo.
Dall'inizio del conflitto lungo tutto l'arco del golfo fu predisposta una rete
di posti d'avvistamento ottico, alcuni dei quali sistemati nelle
antiche torri costiere. Questi erano dotati di uno speciale
apparecchio, il C.T. 10, che consentiva di stabilire la quota degli
apparecchi in volo.
LE FORTIFICAZIONI ANTISBARCO
nella seconda guerra mondiale
I posti d'avvistamento furono collegati, mediante una estesa rete
telefonica, ai cosiddetti Centri Raccolta Notizie, che ebbero il compito di
raccogliere le informazioni, convogliandole quindi al Comando Tattico
DICAT. Tale Comando, sistemato in una struttura sotterranea nei
pressi del forte settecentesco di S.Ignazio, sul colle di S.Elia,
disponeva di una Sala di Previsione dotata di una mappa luminosa, su
cui venivano riportate le rotte degli aerei segnalati. Spettava al
Comando Tattico decidere se dare o meno l'allarme; questi ordinava il
"fuoco" quando gli aerei incursori passavano la linea di sicurezza.
LE FORTIFICAZIONI ANTISBARCO
nella seconda guerra mondiale
Sin dai primi progetti di sistemazione difensiva antisbarco, posti in
opera nel 1941, la fascia costiera ed il retroterra della zona compresa
fra Torre Is Mortorius ed il Margine Rosso della spiaggia di Quartu
rivestirono una particolare importanza. Il risultato fu che, nonostante il
generale ritardo col quale l’Italia intraprese la realizzazione di opere di
fortificazione permanente antisbarco, la zona considerata risultasse
una delle più massicciamente difese di tutta la fascia costiera
nazionale
La Torre Carcangiolas, nella spiaggia di Quartu, oggi sprofondata
in acqua, era stata modificata con l’inserimento di una postazione
monoarma per fucile mitragliatore
Le architetture
Tra le torri sarde, 102 sono a pianta circolare, una è a pianta
ottagonale (Porto Torres) e una a pianta quadrata (Colostrai).
Si è preferito costruire torri a pianta circolare per i seguenti
motivi:
- Uno economico, poiché erano facilmente realizzabili utilizzando
lavoratori non specializzati;
- Il secondo vantaggio era determinato dal fatto che le torri a
pianta circolare sono più resistenti alle sollecitazioni statiche,
cioè sopportano meglio il peso della torre stessa e dinamiche,
perché contrastano meglio gli urti delle cannonate;
-Un altro vantaggio della forma circolare è legato al fatto che i
proiettili, su una superficie curva, sono portati a scivolare e il loro
urto tende a distribuirsi su tutta la costruzione.
In genere la torre si sviluppava su tre piani: il piano
inferiore veniva usato come magazzino e cisterna, il
piano medio veniva usato come alloggio della
guarnigione; quello superiore ospitava la batteria.
L’accesso all’alloggio era nel lato a monte, per
concedere ampia libertà di movimento ai torrieri; si
evitava anche di aprire finestre sul lato mare e
l’avvistamento avveniva dall’alto della torre. Inoltre,
l’ingresso era sopra elevato e vi si poteva accedere
con una scala retraibile.
Questo accorgimento era validissimo contro i
nemici che provenivano dal mare e quindi erano
sprovvisti di scale.
L’accesso alla terrazza avveniva attraverso una
botola aperta nella volta; nelle torri più grandi la
salita alla piazza d’armi era garantita da un corridoio
con gradini che collegava internamente al muro.
Nella terrazza, alla sommità del fortilizio, si svolgeva
l’attività dei torrieri: avvistamento, guardia,
segnalazioni, fuoco di artiglieria.
Una caratteristica di tutte le torri è la rozzezza delle
costruzioni e l’assenza di elementi decorativi.
All’interno dei fortilizi la vita non era facile: ambienti
angusti, mal areati, con attrezzature ridotte.
La Localizzazione Delle Torri
Il luoghi su cui far sorgere le torri, venivano individuati in base
alle funzioni su cui esse erano destinate, e cioè:
a) 1. Controllare ogni spiagge con alle spalle centri abitati in
modo da evitare razzie per far schiavi.
b) 2. Sorvegliare promontori, penisole, insenature e grotte
marittime per eliminare i rischi degli agguati contro le navi
mercantili, che ai quei tempi si muovevano abbastanza vicine
alle coste e quindi potevano anche essere facile preda di navi
corsare
c) 3. Assicurare la costante informazione sugli avvistamenti,
sia alle torri, sia ai restanti abitanti.
d) 4. Sorvegliare ogni punto dove fosse possibile fare scorta
di acqua dolce, onde vietare il rifornimento idrico e contrastare
efficacemente l’autonomia il viaggio al naviglio incursore.
Classificazione delle torri
Sin dal periodo spagnolo esistevano tre tipi di torri:
 TORRI GAGLIARDE (di difesa pesante)
 TORRI SENZILLAS (di difesa leggera)
 TORREZILLAS (di avvistamento)
TORRI GAGLIARDE
Erano le torri più grosse e di difesa pesante, come quella dei Segnali
a Calamosca, di Portoscuso o Torre Grande di Oristano. Erano
armate con quattro cannoni di grosso calibro, due spingarde, cinque
fucili. La guarnigione era composta da un alcade, un artigliere e
quattro soldati. Le dimensioni medie sono di 17 metri di diamentro e
14 metri di altezza.
La Torre Grande di Oristano
Francesca Cadoni
TORRI SENZILLAS
Erano le torri di media grandezza, per la difesa leggera, come quelle
di Chia o Malfatano. Possedevano un cannone di medio calibro, una
spingarda, tre fucili. Presidiate da un alcade, ospitavano anche un
artigliere e due o tre soldati. Le dimensioni medie sono di 13 metri di
diamentro e 17 metri di altezza.
La torre di Chia
Francesca Cadoni
TORRI TORREZILLAS
Erano le torri più piccole, come quelle del Lazzaretto o di Su Loi. Erano
presidiate da due soldati ed erano dotate di una spingarda e due fucili.
Le dimensioni medie sono di 4,5 metri di diametro e di 7 metri di
altezza.
La torre di Su Loi a Capoterra
Francesca Cadoni
Visita guidata
al promontorio di Sant’Elia
Il giorno 18 novembre 2005, accompagnati dalla Dottoressa Antonia Giulia
Maxia della Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E. province di CA e OR, Servizi
Educativi del Museo e delTerritorio, siamo andati a Cagliari, a Capo Sant’Elia, dove
c’è un insenatura, Cala Mosca, e un promontorio, la Sella del Diavolo, che si
affaccia sui Golfi di Cagliari e Quartu. Nel territorio sono presenti alcune torri
costiere, alcune delle quali sono ormai diroccate. Queste torri, per quanto riguarda
la comunicazione, erano utili perché dal mare arrivavano tra l’altro anche navi che
ospitavano persone infette dalla peste o da altre malattie infettive e la funzione delle
torri era anche quella di avvisare la popolazione dell’arrivo di queste navi. Queste
dovevano attraccare in porto per non contagiare altre persone. Successivamente i
passeggeri trascorrevano 40 giorni (la quarantena) in luoghi (lazzaretti), lontani dai
centri abitati per non diffondere il contagio. Il Lazzaretto era proprio nella spiaggia
sottostante il Capo Sant’Elia. Le torri comunicavano fra loro col fuoco durante la
notte, col fumo durante il giorno o soffiando dentro una conchiglia per ottenere un
effetto sonoro.
Uno dei compiti dei soldati era accertarsi che non si fosse mai a corto di legna,
perché all’occorrenza bisognava immediatamente utilizzarla per accendere fuochi o
fare fumo.
Non tutte le torri però avevano una visuale che permetteva l’avvistamento di tutte le
altre. Per questo motivo ce n’era una più importante che le metteva tutte in
comunicazione fra loro.
In area militare c’è la Torre Dei Segnali, bassa e grossa, formata da due cilindri
posti uno sopra l’altro: uno più grande e uno più piccolo; attorno al più piccolo c’è un
terrazzo che lo circonda. E’ una torre “gagliarda”, cioè di difesa e ospitava
generalmente 4 persone, tra artiglieri e soldati e dei cannoni. Da questa torre si
poteva comunicare con le altre torri, ma attualmente non si può verificarlo perché la
Sella Del Diavolo blocca la visione e alcune sono dei ruderi. Perciò era un edificio
per il passaggio di informazioni alle altre torri. La torre del Prezzemolo è una torre
d’avvistamento: è alta e sottile, mentre le torri da guerra devono essere grosse.
Serviva per la guarnigione: aveva la priorità di avvistare e segnalare alle altre torri
l’arrivo delle navi.
Nel punto più in alto del colle c’è una costruzione, il fortino Sant’Ignazio, che
sembra la più antica, perché, essendo in alto, le intemperie l’hanno rovinata, ma è
più recente rispetto alle altre torri. Veniva utilizzata come avvistamento e difesa. È
un forte, costruito dai piemontesi nel 1792 dall’architetto Lorenzo Franco e non è
mai stato ultimato. Era stato ultimato in poco tempo perché si aveva paura degli
attacchi dei Francesi e si era creata la necessità di un forte di difesa. Pur avendo
costruito a Cagliari molti forti resistenti, la fretta aveva impedito la ricerca di un
materiale che resistesse al tempo. In questa costruzione non c’era la cisterna: un
grande pozzo scavato nel terreno raccoglieva l’acqua piovana, perciò bisognava
trasportarla lungo un percorso molto lungo.
I Francesi non riuscirono a entrare a Cagliari, ma approfittarono delle coste basse e
sabbiose di Quartu e approdarono lì. Vennero comunque respinti, perché si
imbatterono in lagune e saline (come quella del Molentargius).
Successivamente, vista la situazione di pace, il forte non venne ultimato, ma fu
utilizzato come lazzaretto, visto che in quello presente nella zona di Sant’Elia non
c’era spazio.
Durante la seconda guerra mondiale, il forte venne utilizzato come ponte radio. Il
forte era stato utilizzato da Alberto Della Marmora come punto di riferimento
topografico per disegnare la cartina della Sardegna.
Le torri avevano una funzione d’attacco ma maggiormente di difesa.
Dentro alcune torri c’era un pozzetto per l’acqua, che serviva per creare l’ultimo
baluardo per la difesa, ma nel fossato non c’era acqua perché le rocce erano di tipo
carsico, che non trattiene acqua. In tutto il litorale ci sono torri. C’erano Pattuglie di
terra e di mare che controllavano le zone meno protette. Infatti le incursioni erano
veloci: si predava e si tornava indietro col bottino.
Le torri del Golfo di Cagliari
Federico Caredda
Molto numerose, le torri dei promontori di Sant’Elia, di Calamosca, della Sella del
Diavolo avevano un ruolo strategico fondamentale: da un lato permettevano la
visione e la comunicazione con la città, con il suo porto e le torri di Castello;
dall’altro lato si dominava il Poetto, con gli impianti delle saline. Il fortino di
Sant’Ignazio, costruito dai piemontesi nel 1792 su progetto dell’ingegnere Franco
Lorenzo, ha pianta pentagonale con due torri agli angoli del prospetto sud,
dominava tutta l’area e aveva la stessa importanza strategica. Pur essendo più
recente delle torri è in pessime condizioni.
Il promontorio di Sant’Elia
All’interno del sistema ambientale di Cagliari, i rilievi collinari di
Sant’Elia rivestono una straordinaria importanza perché
determinano la forma e l’immagine della città, il primo volto che
mostra al visitatore che giunge dal mare.
Il promontorio di Sant’Elia è formato da due sporgenze di roccia
calcarea divise da una valle. Esso si erge a sud-est di Cagliari e
divide in due il Golfo degli Angeli.
Abitato fin dal Neolitico, ha splendide rocce a picco sul mare,
calette tranquille e grotte naturali. Sul colle si trovano
fortificazioni storiche: le rovine del fortino “spagnolo” eretto nel
1792 in previsione dell’attacco francese, la Torre dei Segnali”, di
epoca aragonese, che con il suo faro nel secolo scorso guidava le
navi nel porto di Cagliari e i resti della “Torre del Prezzemolo”.
La torre dei Segnali
La torre di Calamosca venne costruita in calcare nel 1638,
come attesta la lapide di marmo murata sulla parete esterna
che reca lo stemma del Re di Spagna. Posta a 54 metri sul
livello del mare, ha un diametro di base tre volte superiore a
quello delle comuni torri di guardia. E’ composta da due
elementi cilindrici sovrapposti: la base a tronco di cono è alta 9
metri, mentre la seconda struttura cilindrica misura 5 metri di
altezza. Il diamentro della base è di 13 metri. Essa è tozza e
possente perché progettata per accogliere cannoni di grosso
calibro, atti a rispondere al fuoco navale, da cui l’appellativo
spagnolo “de Armas”. Veniva chiamata anche “dei Segnali”
perché era dotata di un ingegnoso dispositivo di segnalazione
che permetteva alla torre di comunicare con il Castello di
Cagliari. Un boccaporto a mezza altezza consentiva l’accesso
alla torre alla guarnigione, che era composta dall’alcaide, un
artigliere e da cannonieri aiutati da soldati torrieri.
Nel 1792 e 1793 permise di
respingere le bordate dei
vascelli da guerra francesi
durante il tentativo di
conquista dell’isola.
Attualmente la torre è
utilizzata dalla Marina Militare.
La torre dei Segnali a Calamosca
Alice Cimino
La torre del Prezzemolo
Presente nella carta spagnola del 1625, ma risalente
probabilmente al periodo giudicale, la torre è alta 7 metri circa e
ha un diametro di 4,5. Costruita sul versante ovest del colle di
Sant’Elia, sotto il fortino di Sant’Ignazio, è a 34 metri sul livello del
mare. La sua denominazione varia nei secoli. La sua
denominazione varia nei secoli. Nel ‘500 si parlava di
“CAPO BERNAT” o “CALA BERNAT”. Nel ‘700 fu detta, tra altro
“LA PREJOLA” (la spiaggiola). L’attuale nome è in realtà, preso in
prestito da quella di “CALA FIGHERA”. Aveva un ingresso a
quattro metri dal suolo dotato di pensilina in legno a cui si
accedeva con una scaletta di corda.
La posizione: sorvegliava la spiaggia sottostante per segnalare
eventuali incursioni verso la saline ed era in contatto visivo con le
vicine torri di Calamosca, Cala Fighera e S. Elia.
Modello della Torre del Prezzemolo
“Museo delle Torri”, “Ghetto degli
Ebrei - Cagliari
Federico Caredda
La storia: operativa dal 1584 aveva
due torrieri. Nel corso del ‘600 fu più
volte riparata e la sua guarnigione fu
aumentata. Dopo la costruzione della
torre dei Segnali fu utilizzata come
torre di guardia del Lazzaretto. Fu poi
abbandonata, ma ancora riarmata nel
‘700. Nel 1793 evitò che i francesi
sbarcassero nella spiaggia sottostante.
Dopo queste vicende la torre ebbe
ancora la funzione di vigilanza per il
Lazzaretto. Nel 1916 vi fu inserito un
telemetro.
Bibliografia
MONTALDO, Gianni - LE TORRI COSTIERE DELLA SARDEGNA , Roma, 1992, CARLO DELFINO EDITORE
PILLOSU, Evandro - LE TORRI LITORANEE IN SARDEGNA, Cagliari, 1957
FOIS, Foiso - TORRI SPAGNOLE E FORTI PIEMONTESI IN SARDEGNA: CONTRIBUTO ALLA STORIA
DELL’ARCHITETTURA MILITARE, Cagliari, 1981, La Voce Sarda Editrice
COLLEZIONE/MONAGHEDDU CANNAS – MUSEO DELLE TORRI E DEI CASTELLI IN SARDEGNA, 2003, Carlo Delfino
Editore
Sono stati inoltre consultati e utilizzati, a scopo esclusivamente didattico, testi e immagini tratti dai seguenti siti internet:
www.sullacrestadellonda.it
www.villasimiusweb.com/biblio/ekusa/enemigos/enemigos.html
www.cmsc.it/pub/static/1943
http://archilink.it/index.php?option=com_content&task=view&id=168&Itemid=162&limit=1&limitstart=0
www.sarnow.com/cagliari/it/guida/costa.htm
www.contusu.it/modules.php?name=News&file=article&sid=67
www.nautica.it/charter/torri/storia.htm
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www.capoterra.net/arte_cultura/torre_su_loi/regia_amministrazione.htm
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www.cuglieri.com/Storia8.htm
C:\Documenti\Torri costiere\Torri spagnole in Sardegna.htm
C:\Documenti\Torri costiere\Storie di pirati a Torre Pali e Torre Vado - SalveWeb_it.htm
www.inseguendodragut.it
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