INTERVENTO CONSERVATIVO DEI DIPINTI MURALI DELLO SCALONE MONUMENTALE E DEL SALONE DI PALAZZO BARNI “LA RISCOPERTA DELL’ANTICO PALAZZO ATTRAVERSO IL RESTAURO” RESTAURO in TESI/3 Serenella Bertazzi Anno accademico 2011/2012 CREMONA RESTAURI di Maria Cristina Regini 1 “il vero problema non è eseguire restauri sempre migliori, ma fare in modo che le opere abbiamo sempre meno bisogno di restauri” Giovanni Urbani 1973 2 RESTAURO in TESI/3 Avvertenze e ringraziamenti Il testo che segue è un estratto parzialmente rielaborato della Tesi di Laurea di Serenella Bertazzi, Intervento conservativo dei dipinti murali dello scalone monumentale e del salone di palazzo Barni. “La riscoperto dell’antico palazzo attraverso il restauro”, presentata presso l’Accademia SantaGiulia di Brescia, nell’Anno Accademico 20112012. Relatore: Maria Cristina Regini. La Tesi originale è corredata da un elevato numero di Tavole grafiche che in questo estratto non è stato possibile inserire. Ringraziamenti Si ringraziano per la collaborazione al restauro dei dipinti murali di Palazzo Barni, l’autrice della Tesi, Serenella Bertazzi e gli altri studenti che hanno partecipato al cantiere, Selena Caberlotto e Francesco Schirò. Si ringrazia inoltre per la collaborazione il Dott. Giordano Cavagnini. Un particolare ringraziamento all’Accademia Santa Giulia di Brescia per la disponibilità e la collaborazione alla realizzazione del “cantiere scuola” di Palazzo Barni. Il cantiere è stato organizzato e diretto da Maria Cristina Regini CREMONA RESTAURI di Maria Cristina Regini via Lugo,13 /I-26100 Cremona - tel./fax +39 338 6652925 cremonarestauri @yahoo.it - C.F. RGN MCR 67B53 H501S - P.I. 01391010194 Restauro in Tesi è la collana di pubblicazioni dell’impresa Cremona Restauri, ideata e diretta da Maria Cristina Regini per valorizzare l’esperienza didattica e quella dei “cantieri scuola” realizzati in collaborazione con l’Accademia Santagiulia. 3 INDICE Introduzione Pag.1 1. Scheda sintetica e riepilogativa dell’intervento Pag.3 1.1. Dati di riferimento Pag.3 1.2. Descrizione sintetica dei beni in oggetto Pag.4 1.3. Breve sintesi descrittiva dell’intervento Pag.5 1.4. Foto generali dei beni, prima dell’intervento di restauro Pag.6 2. Relazione storico-artistica Pag.10 2.1. Inquadramento territoriale dell’immobile: Località di Lodi Pag.10 2.2. Palazzo Barni Pag.13 2.2.1. Vicende storiche Pag.13 2.2.2. Architettura del palazzo Pag.17 2.2.3. Apparato pittorico del piano nobile (piano primo) Pag.24 2.3. Le decorazioni e i suoi artisti (attribuzioni) Pag.40 2.4. Ipotesi attributiva a Robert De Longe Pag.46 2.4.1. Introduzione su Robert De Longe Pag.52 2.4.2. Biografia Robert De Longe Pag.53 2.5. Sale sottoposte al restauro Pag.56 2.5.1. Scalone monumentale, Sala 2 Pag.56 2.5.2. Salone principale, Sala 1 Pag.63 2.6. Tecnica esecutiva Pag.75 2.6.1. Affresco Pag.75 2.6.2. Stucchi Pag.81 3. Relazione tecnica della sala 1, Salone principale Pag.87 3.1. Introduzione al cantiere Pag.87 3.2. Stato di conservazione e analisi del degrado della sala 1 – Salone Pag.88 3.2.1. Introduzione dello stato di conservazione dell’apparato decorativo Pag.88 3.2.2. Affresco Pag.88 3.2.3. Stucchi Pag.90 3.2.4. Intonaco Pag.91 3.3. Schede tecniche e tavole grafiche allegate dello stato di conservazione Pag.92 3.4. Interventi precedenti Pag.98 3.5. Proposta di intervento Pag.98 4. Relazione di intervento della sala 1, Salone principale Pag.99 4.1. Operazioni preliminari Pag.99 4.2. Intervento effettuato della sala 1, Salone principale Pag.107 4.2.1. Affresco Pag.107 4 4.2.2. Stucchi Pag.114 4.2.3. Intonaco Pag.116 4.3. Schede tecniche e tavole grafiche allegate dell’intervento effettuato Pag.118 4.4. Documentazione fotografica dopo l’intervento Pag.126 5. Relazione tecnica della sala 2, Scalone monumentale 5.1. Stato di conservazione e analisi del degrado della sala 2, Scalone Pag.129 Pag.129 5.1.1. Introduzione dello stato di conservazione dell’apparato decorativo Pag.129 5.1.2. Affresco Pag.130 5.1.3. Stucchi Pag.132 5.1.4. Intonaco Pag.133 5.2. Schede tecniche e tavole grafiche dello stato di conservazione Pag.134 5.3. Interventi precedenti Pag.144 5.4. Proposta di intervento Pag.145 6. Relazione di intervento della sala 2, Scalone monumentale Pag.146 6.1. Operazioni preliminari Pag.146 6.2. Intervento effettuato della sala 2, Scalone monumentale Pag.151 6.2.1. Affresco Pag.151 6.2.2. Stucchi Pag.154 6.2.3. Intonaco Pag.157 6.3. Schede tecniche e tavole grafiche dell’intervento effettuato Pag.159 6.4. Documentazione fotografica dopo l’intervento Pag.169 6.5. Conclusioni Pag.172 7. Allegati Pag.173 7.1. Proposta di intervento Pag.173 7.2. Schede tecniche prodotti Pag.175 8. Bibliografia Pag.189 9. Sitografia Pag.192 Ringraziamenti Pag.193 5 INTRODUZIONE Questa tesi è il prodotto finale di una ricerca e di un lavoro pratico sul campo che è iniziato ai primi di giugno 2012 e si è concluso alla metà di settembre dello stesso anno. Il tema, oggetto di approfondimento di questa relazione, è da ricercarsi proprio nell'intervento conservativo dell’apparato decorativo di palazzo Barni, di proprietà della signora De Poli, palazzo situato nelle vie del centro di Lodi. Questo restauro è finalizzato al recupero della pittura murale presente sulle volte dei locali collocati al primo piano dell’immobile, conseguiti molto probabilmente a cavallo tra il 1600 e 1700. Ho potuto collaborare a questo restauro grazie ad uno stage estivo, ed ho quindi voluto proporre questo intervento per l’esame finale, poiché mi sono arricchita di un certo bagaglio di esperienza durante tale partecipazione; quindi, per quanto sarà possibile, cercherò di approfondire il tema del restauro dei dipinti murali attraverso questo progetto d’intervento conservativo non limitandomi però solo a questo, ma anche trattando della riscoperta dell’antico palazzo tramite uno studio approfondito dei suoi apparati decorativi (capitolo 2 “relazione storico artistica”). Con l’intento di trovare più informazioni possibili sul palazzo sono state consultate diverse biblioteche quali l’emeroteca, la Queriniana a Brescia, la biblioteca Statale di Cremona, la biblioteca comunale centrale di Milano e l’archivio storico Lodigiano. Palazzo Barni è un edificio di notevole rilievo, e rappresenta un apprezzabile esempio di architettura barocca, la cui realizzazione risale al 1698, con attribuzione all’architetto Domenico Sartorio. Questo palazzo ebbe il privilegio di ospitare nelle proprie sale personaggi illustri e storicamente rappresentativi; inoltre le decorazioni al suo interno risultano essere molto interessanti e realizzate anche da alcuni pittori rinomati, ma fino ad ora gli studi, le pubblicazioni e le ricerche sono state prive del giusto interesse che meriterebbero. Questa argomentazione è infatti sviluppata in modo approfondito nella parte storico-artistica della relazione dove vengono trattati i seguenti punti: la descrizione degli ambienti, la rappresentazione pittorica, le tecniche esecutive utilizzate dall’artista e l’iconologia. Questo capitolo è corredato di molte immagini, con didascalie spesso ragionate, e di immagini di approfondimento per focalizzare meglio alcune questioni e stimolare il lettore ad osservarle. L’analisi del degrado, la proposta di intervento, i saggi stratigrafici, le prove di pulitura, le tavole grafiche della mappatura (contenenti nel Volume II) e l’intervento effettuato vengono invece descritte nella relazione tecnica. Le basi grafiche utilizzate per lo 6 svolgimento della tesi provengono dai progetti realizzati dalla Direzione Lavori1 incaricata dalla proprietaria del suddetto palazzo; basi grafiche che ho successivamente rielaborato su un programma specifico quale Autocad. Queste tavole grafiche saranno inserite nel volume II. Le mappature dei degradi riguardano soltanto le superfici ad affresco e le decorazioni in stucco, mentre per gli intonaci non è stato possibile fare alcuna mappatura viste le ampie dimensioni. I locali sottoposti al recupero sono stati indicati con una numerazione per conferire un maggior riconoscimento, Sala1 (salone principale) e Sala2 (ambiente dello scalone monumentale) ed è possibile individuarle nelle tavole n°4-5 nel Volume II. Nella sala1 si trovavano due grandi teleri, la tela n.2 è stata sottoposta ad analisi diagnostiche. Prima di dare inizio alla lettura della relazione per la prova finale, ritengo utile una breve premessa sui palazzi barocchi. Il termine "palazzo" è di origine latina, da Palatium, nome dell’altura su cui Romolo fondò la città quadrata, sede delle dimore imperiali da Augusto in poi, che presenta notevole ampiezza simmetrica. Il termine "barocco" viene invece utilizzato per indicare lo stile artistico predominante tra il seicento e la prima metà del settecento. In questo periodo le committenze religiose superavano di gran lunga quelle civili, e in molti casi anche queste ultime erano comunque legate a committenze religiose. Il palazzo può essere considerato uno dei maggiori esempi di edilizia seicentesca e settecentesca della città. La facciata, com'era tradizione assodata per l'epoca, si presenta piuttosto sobria e lineare se comparata agli stili barocchi delle altre città d'Italia. Essa è centrata su un portale d'ingresso monumentale che sorregge una altrettanto monumentale balconata del piano nobile, dove i finestroni, sormontati in maniera alternata da timpani triangolari e curvilinei, presentano una decorazione con dei sostegni alla base a forma di mascherone,motivo decorativo che viene ripreso anche nella cornice. Decisamente degni di nota invece sono gli interni del palazzo. Salendo scaloni d'onore decorati, si giunge ai piani nobili, con saloni d'onore solitamente affrescati come nel nostro caso. 1 Architetto Maria Cristina Colla, Via Padova, 182-20132-Milano 7 1. SCHEDA SINTETICA E RIEPILOGATIVA DELL’INTERVENTO 1.1. DATI DI RIFERIMENTO DENOMINAZIONE DELL’IMMOBILE : Palazzo Barni EPOCA DI COSTRUZIONE: Sec. XVII (1698). COMUNE: Lodi PROVINCIA: Lodi VIA: Corso Vittorio Emanuele II, 15,17,17A (Nel centro abitato, integrato con altri edifici). PROPRIETA’: Privata AUTORE/ATTRIBUZIONE DEL PALAZZO: Architetto Domenico Sartorio. MATERIALI: intonaco. TECNICA DI ESECUZIONE: dipinti murali parzialmente eseguiti a fresco e rifiniti a secco. VINCOLI: si; a cura della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di Milano, Bergamo, Como, Lecco, Lodi, Pavia, Sondrio e Varese. AUTORE: Robert De Longe 8 1.2. DESCRIZIONE SINTETICA DEI BENI IN OGGETTO L’edificio in cui sono presenti i dipinti murali sottoposti a restauro ha subito nel corso del tempo modifiche in alcune delle sue parti, secondo le diverse esigenze che si sono susseguite negli anni. Recentemente è stato oggetto di interventi manutentivi; infatti prima dell’attuale intervento di restauro, circoscritto alle volte di due locali, sono stati eseguiti altri lavori di restauro strutturali e di rifacimento delle coperture. Il restauro è stato eseguito sulle superfici architettoniche interne del salone principale e dello scalone monumentale di palazzo Barni. Al piano terra ci si imbatte nel grande scalone, molto ampio, a due rampe con balaustra in pietra. La volta dello scalone è decorata con un affresco raffigurante “Borea rapisce Orizia”, racchiuso in una fastosa cornice in stucco. Nel salone vi è una sorta di prosecuzione della storia del primo affresco, “Boreadi scacciano le Arpie”, ed è sempre profilato da una cornice in stucco molto elaborata. Lo spazio architettonico delle due sale è delimitato da pareti con finiture a calce stratificate. All'imposta delle due volte corrono elaborate cornici in stucco, che corrispondono stilisticamente, ma in forme meno elaborate, alle cornici degli affreschi. Sulle pareti principali del salone sono collocati due dipinti su tela di grandi dimensioni, che attualmente non possono essere restaurati. Si è quindi proceduto con la loro protezione con sistemi di schermatura traspirante, mediante una struttura che non interferisce in alcun modo con i manufatti (dipinti su tela e cornici), previa documentazione grafica dello stato di fatto e studio dei materiali costitutivi tramite analisi diagnostiche. Lo scalone si divide in due livelli, uno dei quali conservava dentro ad una cornice barocca il busto di Ludovico Vistarini, attribuito a Leone Leoni, allievo di Michelangelo. Non sono attestati precedenti interventi di restauro, sebbene siano stati individuati alcuni interventi di manutenzione e “pronto intervento”. Le opere in esame probabilmente hanno subito uno o più interventi di restauro ma non sono pervenute fonti documentarie che attestano un’operazione di intervento, tuttavia questa informazione è accertata dall’osservazione visiva descritta nei capitoli degli interventi precedenti. Tutti e due i dipinti murali sono stati eseguiti in un primo momento con la tecnica ad affresco, osservabile nelle incisioni dirette, indirette ed i punti dove era fissato il cartone e successivamente con la tecnica a secco, successivamente, per rifinire l’apparato decorativo. 9 1.3. BREVE SINTESI DESCRITTIVA DELL’INTERVENTO: I beni in oggetto si presentano in un disarmonico stato di conservazione e in uno stato di degrado di tipo differenziale, troviamo infatti troviamo molto sporco incoerente e parzialmente aderente, oltre a solfatazioni per infiltrazione dell’acqua dalla copertura, situazione oggi risolta. Queste ultime hanno provocato fenomeni combinati di sollevamenti, cadute e abrasioni della pellicola pittorica, interessata anche da numerose lacune di entità diverse, cadute di intonaco di supporto, alterazioni con annerimenti e distacchi di intonaco. Su intonaci, dipinti murali e stucchi troviamo crepe e fessurazioni, in alcuni casi con il conseguente distacco dell’intonaco, e scorgiamo anche stratificazioni di colore a calce. Lo scalone è ad uno stato di degrado molto più avanzato rispetto al salone, con anche la presenza di stuccature composte da malta cementizia, che debordano grossolanamente sulla volta. Per migliorare lo stato corrente di conservazione, sono previste delle operazioni finalizzate a risanare le superfici, senza alterare lo stato fisiologico che ne determina la sua autenticità, procedendo con un intervento conservativo. Sono state eseguite delle indagini preliminari, operazioni di messa in sicurezza dei distacchi di intonaco su entrambi gli affreschi, una pulitura prima a secco e poi ad umido della pellicola pittorica, degli stucchi e dell’intonaco, sempre verificando prima lo stato di conservazione di ogni materiale. Una volta conclusa la pulitura, si è proceduto con il consolidamento in profondità, al riempimento di mancanze dovute alla rimozione delle malte non idonee ed alle stuccature. Si è quindi conclusa l’operazione con una reintegrazione pittorica ad abbassamento di tono delle lacune, rigatino sulle stuccature e applicazione di velature di adeguamento, per raccordare le parti alterate cromaticamente. Come già accennato nella descrizione sintetica dei beni in oggetto, sono state eseguite delle analisi diagnostiche sulle tele poste nel salone principale per verificare il loro stato di conservazione. 10 1.4. FOTO GENERALI DEI BENI, PRIMA DELL’INTERVENTO DI RESTAURO Palazzo Barni, via Vittorio Emanuele n°14, Lodi. Affresco della volta dello scalone. 11 Palazzo Barni. Intonaco a Sud-Ovest della volta dello scalone. Palazzo Barni. Modellato in stucco a Sud-Ovest della volta dello scalone. 12 Palazzo Barni. Intonaco a Nord-Est della volta dello scalone. Palazzo Barni. Modellato in stucco a Nord-Est della volta dello scalone. 13 Palazzo Barni, via Vittorio Emanuele n°14, Lodi. Elaborazione in Photoshop dell’affresco in volta nel salone principale. 14 2. RELAZIONE STORICO ARTISTICA 2.1. INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELL’IMMOBILE: LA CITTÀ DI LODI Lodi è una città italiana di 44.488 abitanti (Dato ufficiale dell'Anagrafe del Comune di Lodi aggiornato al 31.12.2011) della Lombardia centro-meridionale; nella in Bassa Val Padana sulla riva destra del fiume Adda. La città fu fondata probabilmente dai Galli Boi, la città venne in seguito conquistata dai romani, che la elevarono dapprima al rango di colonia (Laus Pompeia2) e poi, sotto Giulio Cesare a quello di municipio; sede vescovile fin dal sec. IV, passò poi sotto la dominazione degli ostrogoti, dei longobardi e dei franchi. Si costituì precocemente e in libero comune3, ma dovette subire l’influenza e la pressione dei milanesi, da cui fu distrutta nel 1110 e ancora nel 1155. Venne ricostruita tra il 1158 e il 1161, grazie all’aiuto di Federico Barbarossa4, a 6 km di distanza dal nucleo originario dell’abitato (oggi Lodi Vecchio). Nel sec. XIII si alternarono il potere le famiglie locali dei Sommariva, Vistarini, Fissiraga, fino a quando nel 1335, la città passò sotto la signoria Viscontea. Durante il Rinascimento conobbe un periodo di grande splendore artistico e culturale, dopo aver ospitato nel 1454 la firma dello storico trattato5 tra gli Stati regionali italiani, noto come Pace di Lodi6. Al giorno d'oggi, la città è un importante nodo stradale e centro industriale (nei settori della cosmesi, dell'artigianato e della produzione lattiero-casearia). È inoltre il punto di riferimento di un territorio prevalentemente votato all'agricoltura e all'allevamento: in virtù di tale peculiarità, Lodi è stata scelta come sede del Parco Tecnologico Padano7, uno dei centri di ricerca più qualificati a livello europeo nel campo delle biotecnologie agroalimentari. 2 La storia di Lodi trae le sue origini dalle vicende legate all'antico borgo di Laus Pompeia, così chiamato a partire dall'89 a.C. in onore del console romano Gneo Pompeo Strabone. 3 Livio Garzanti, Enciclopedia Europea volumeVI, Garzanti, 1978. 4 Bassi, Storia di Lodi, Lodigraf,Lodi, p. 48. 5 Dossi, voce «Lodi». 6 Pace di Lodi accordo che pose termine alla guerra di successione per il ducato di Milano (1450-54), nella quale erano schierati, da una parte, Francesco Sforza, Firenze, Genova e Mantova e dall’altra, Venezia, il re di Napoli, il duca di Savoia e il marchese di Monteferrato. Affrettato dall’annuncio della caduta di Costantinopoli in mano agli ottomani, e sollecitato da papa Niccolò V, l’accordo fu sottoscritto da Francesco Sforza e dai rappresentanti della Repubblica di Venezia con il tacito consenso di Firenze, ma non senza il malumore degli altri partecipanti al conflitto. Esso sancì la successione dello Sforza al ducato di milano e la restituzione a Venezia di Bergamo e Brescia, fissando il confine fra i due stati al fiume Adda. La pace di lodi segnò in Italia l’inizio di un periodo di stabilità politica destinato a protrarsi per tutta la seconda metà del sec. XV. L. G., Enciclopedia Europea volumeVI, Garzanti, 1978. 7 Inaugurato il Parco Tecnologico Padano. Provincia di Lodi, 17 febbraio 2005. URL consultato in data 4 novembre 2009. 15 Sono sviluppate anche le attività legate al settore terziario; dagli anni duemila, in particolare, è in forte espansione il turismo; infatti presso Lodi Vecchio, vi è il più antico monumento cittadino, la chiesa di San Bassiano, fondata nel 387 ca e riedificata nei secc. X e XIV, che all’interno presenta una serie di affreschi trecenteschi. Lodi Nuova invece conserva numerosi esempi di architettura medievale e rinascimentale. A poco dopo la rifondazione della città risalgono le parti essenziali del Duomo (1159-63). L’architettura è di stile romanico lombardo, con facciata ornata da protiro e complesso absidale con loggette nella parte terminale. Le sculture del portale maggiore sono attribuibili alla scuola di Piacenza; all’interno restano numerosi esempi di scultura romanica e di affreschi del trecento e quattrocento. Sul fianco sinistro della cattedrale è la piazza del Broletto, su cui prospettano la facciata settecentesca del Broletto (edificato nel 1284) e che dopo numerosi rimaneggiamenti si presenta in forme neoclassiche, come risulta evidente dal porticato e dalla loggia superiore (su cui si affaccia la sala del consiglio comunale8) e quella, ricca di splendide decorazioni rinascimentali in terracotta, del Tesoro di San Bassano. Medievali invece sono la chiesa di San Francesco (1289-1300), San Lorenzo e Sant’Agnese, dalla facciata in cotto. Su piazza della Vittoria, circondata da portici del’400 e del’600, dà il trecentesco palazzo Vistarini che deve il suo nome all'influente famiglia ghibellina che lo fece costruire. La struttura si presenta in forme gotiche: la facciata in mattoni è impreziosita da monofore decorate con cornici in cotto; il portico è caratterizzato da archi a sesto acuto e da volte in parte affrescate. Gioiello dell’architettura rinascimentale è la chiesa dell’Incoronata, iniziata nel 1488, tra le opere d’arte conservate all’interno si segnalano le quattro tavole del Bergognone, capolavori del’400 lombardo. Ad un progetto del Battaglio si fa risalire pure palazzo Varesi, già Mozzanica, dalla facciata rinascimentale con portale marmoreo; vicino all’ospedale Maggiore, iniziato nel 1459 e completato nel 1792. Palazzo Modignani invece è risalente al XVIII secolo, ospitò numerosi personaggi illustri tra cui Napoleone Bonaparte e l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe, vi è presente un ampio cortile interno al quale si accede tramite una cancellata in ferro battuto di Alessandro Mazzucotelli; il piano nobile è riccamente affrescato. D’epoca barocca sono Santa Maria del Sole, Palazzo Barni e Palazzo San Filippo, ora sede del Museo Civico: qui si conservano i reperti archeologici provenienti da Lodi Vecchio, affreschi e dipinti della scuola lombarda ed anche il busto di Ludovico Vistarini che era posizionato all’interno 8 Galuzzi, sezione 2, Il Broletto. 16 di una cornice barocca nello scalone d’onore di Palazzo Barni, attribuito a Leone Leoni, allievo di Michelangelo. Settecentesca nell’architettura e negli arredi è la chiesa di San Filippo, della stessa epoca il Palazzo del Vescovo9. Ad inizio settecento l’edilizia residenziale si impone sulla scena urbana soprattutto con palazzo Barni, palazzo Modignani e palazzo Vescovile. Basta poi entrare e percorrere ciascuno degli edifici sopra citati per rendersi conto di quanto essi siano ricchi di affreschi e decorazioni. Sono gli ordini religiosi e la nobiltà i primi, promotori del moderno volto della città. In architettura sono tre i nomi ricorrenti: Bovio Tommaso e Pelligrino, attivi nel cantiere di S.Maria del Sole. Il terzo nome citato è Domenico Sartorio con i figli. Il primo ha lavorato a palazzo Barni, palazzo Vescovile e nella chiesa di Villanova Sillaro. Quanto alla pittura sono molteplici le personalità instancabilmente operanti; elencarle qui si rivelerebbe piuttosto dispersivo, quindi prediligiamo soltanto Gianbattista Sassi e Sebastiano Galeotti, entrambi esecutori di affreschi nel palazzo Modigliani, il secondo pure nella Villa di Roncadello dei Barni. Parlando di architettura civile palazzo Barni e palazzo Modignani di primo acchito, riescono a far scattare nell’osservatore rapporti di similitudine, mentre in realtà nascondono dietro alla propria facciata concezione costruttive molto articolate e grande abbondanza di peculiarità. Comune ad entrambi è il fronte ma già l’impianto planimetrico fa notare le prime differenze sostanziali: al semplice schema ad U di palazzo Modignani, si contrappone quello più complesso di palazzo Barni. 9 Enciclopedia Europea, volume VI, edizione Garzanti, pp.972 17 2.2. PALAZZO BARNI 2.2.1. VICENDE STORICHE Palazzo Barni10 sorge in corso Vittorio Emanuele n°17, una delle vie del centro storico della città di Lodi, come illustrato nella mappa catastale riportata qui sotto. Sull’area dell’attuale palazzo sorgeva alla fine del 1200 il caposaldo turrito11 e merlato12 dei potenti Vistarini13, i quali per ricchezza e valore sostennero parte importantissima nella storia di Lodi. Questo aveva nel medioevo un aspetto più da castello fortificato che da ospitale dimora di potenti patrizi, infatti quando si fecero più aspre le lotte per la conquista della signoria l’edificio fu spesso assalito, conquistato e saccheggiato, dalle fazioni avverse dei Sommariva, dei Fissiraga e dei Vignati. Grazie all’azienda del territorio Sister ed il sito www.Geoweb.it è stato possibile recuperare la mappa catastale dell’immobile presso lo studio del Geometra Franzoni. 10 http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LO450-00039/ Munito di torre; che ha molte torri. Grande Dizionario Italiano di Gabrielli Aldo Dizionario della Lingua Italiana 12 Arch Cinto, dotato di merli. Grande Dizionario Italiano di Gabrielli Aldo Dizionario della Lingua Italiana 13 Vistarini: Famiglia nobile di Lodi. Il primo personaggio di cui si abbia memoria è Sozzo, console nel 1171. Nel sec. 13º i V. furono a capo del partito ghibellino e lottarono a lungo contro i Torriani. Esiliati nel 1259, i V. tornarono a Lodi nel 1277; di nuovo cacciati al principio del sec. 14º, tornarono in città, con l'aiuto di Matteo Visconti, nel 1313 e tennero la signoria di Lodi fino al 1325, succedendosi nel governo della città Bassano e poi i due fratelli Iacopo e Sozzo. Cacciati nel 1325 da una sollevazione popolare, i V. tornarono in patria dieci anni dopo con l'aiuto di Azzone Visconti. Pur non avendo più il governo della città, ormai dipendente direttamente dai Visconti, i V. tennero però sempre, nei secc. 14º e 15º, alte cariche nel comune. Nel sec. 16º si distinse Lodovico (1491-1556), che militò agli ordini di Prospero Colonna e del marchese di Pescara. Nei secc. 17º e 18º la famiglia ricevette molti privilegi e titoli dai re di Spagna e dagli imperatori. 11 18 Questa “casa-forte” è testimonio di scene spaventevoli perché all’interno delle sue mura nei primi del secolo XIV, quando Scozzo e Giacomo Vistarini tiranneggiavano la città, essi fecero torturare ed uccidere i loro nemici, e successivamente i due efferati e disumani tiranni vi subirono analoga morte nel 1328. Questa casa venne di nuovo messa a sacco e smantellata dall’ira Guelfa alla morte di Gian Galeazzo Visconti nel 1402 e vide i suoi padroni perire sul rogo in mezzo alla plebe giubilante ed ebbra sulla piazza limitrofa. Cessate le lotte interne, la dimora fu rifatta, al principio del 1500, da Ludovico Vistarini14 e qui, finalmente in pace vissero i suoi discendenti fino al 1672, anno in cui fu venduta alla nobile famiglia Barni, ricordando che anch’essa è assai antica come famiglia, anche se le prime notizie dei suoi componenti a Lodi risalgono agli inizi del secolo XV. «Il riscoprir le radici di questa casata conduce ai secoli bui del Medioevo. Si rivendicano per essa la discendenze dai Barni, popoli situati presso il Danubio: “Barna Familia, quam nonnulli eius exordia ducere volunt a Barnis Popoluis juxta flumen Danubii in illo situ, in quo Traces cum Ungaris iunguntur, de quibus loquitur Procopius de bello Gotico lib.III”.15 Una seconda ipotesi vuole i Barni originari della spagna e più precisamente di Barcellona, città della quale sarebbe giunta la corte Barna impegnata nell’Italia settentrionale nella guerra contro i Boi (Barcino, nome latino di Barcellona, in forma contratta sarebbe divenuto Barno, poi Barna) ».16 Nel 1377 la famiglia Barni risulta registrata fra le antiche e nobili famiglie di Milano negli archivi dell’ordine Canonico di quella Chiesa metropolitana, nei quali si legge che i Barni non erano lodigiani. Questa famiglia ebbe per vari secoli una posizione di eccellenza non solo nella città di Lodi, dove ricoprì alte cariche, ma anche fuori da questa città. Infatti diede uomini 14 Lodovico Vistarini (Lodi, 1491 – 1556) è stato un condottiero italiano cinquecentesco[1] al servizio di Francesco II Sforza. Partecipò alla guerra contro il Medeghino prima come ammiraglio della flotta ducale e poi come comandante in capo dell'esercito milanese (dopo la cattura di Alessandro Gonzaga da parte dei lecchesi).Acerrimo nemico dell'altro comandante dell flotta milanese, il Borromeo, che riuscirà a far esautorare dal comando. Gli storici ritengono Vistarini il più brillante condottiero nel campo milanese dell'epoca. Dizionario Treccani online 15 Traduzione: La famiglia Barna, il cui esordio alcuni vogliono ricondurre al popolo dei Barni presso il Danubio in quel luogo,nel quale i Traci si erano uniti agli Ungari,(popolo sottointeso) del quale tratta Procopio nei tre libri del De Bello Gotico (o Sulla guerra Gotica) 16 Margherita Cerri, Villa Barni in Roncadello di Dovera: dai documenti all’edificio, e ritorno, in “Archivio storico Lodigiano”, 115, 1996, pp.14-44. 19 illustri alla chiesa come: Giorgio17, vescovo di Piacenza, fratello di Antonio che rinnovò il palazzo Barni; oppure Giovan Battista Barni18 che fu governatore di città pontificie, arcivescovo di Edessa, nunzio presso gli Svizzeri e poi cardinale. Nel campo civile invece diede uomini come: Antonio Barni19, giureconsulto e decurione di Lodi, che ebbe il feudo di Roncadello d’Adda nel 1647; suo nipote, che conseguì il titolo di conte nel 1697. La storia del Palazzo Barni inizia quindi nell’anno 1672, quando Giovanni Paolo Barni acquista una parte della proprietà dei Vistarini, rimasta tale sino a quell’anno. Nel 1698 Antonio Barni20 trasforma l’antica casa fortificata in uno splendido palazzo ingaggiando l’architetto Domenico Sartorio21, il quale progettò la ricostruzione del palazzo. I lavori si concludono dieci anni dopo, nel 1708, ad opera di maestranze lombarde. Questo ingaggio per la ristrutturazione del palazzo è assegnato da Antonio, sulla base di documenti di archivio. La nuova fabbricazione fece del palazzo una delle dimore più fastose ed importanti della città di Lodi22. Il palazzo in origine era dotato di portici esterni eliminati poi nel 1821 quando il conte Giovanni rinunciò al possesso dell’area e del marciapiede davanti allo stesso palazzo. Ricordando che la famiglia Barni è anch’essa una famiglia antica come quella dei Vistarini, le prime notizie dei suoi componenti a Lodi risalgono soltanto agli inizi del secolo XV. In questo palazzo vi furono ospitati grandi autorità di grande nobiltà e potere: con i Vistarini nell’antico palazzo vennero ospitati l’imperatore Carlo V nel 1533 e nel 1541 e Massimiliano d’Austria nel 1548 e nel 1555. Con i Barni il palazzo accolse Filippo V di Spagna, nel 1702 si tenne al suo interno un consiglio di guerra alla 17 Giorgio (21 febbbraio 1651 – 31 agosto 1731). Secondogenito di Giovanni Paolo e fratello di Antonio, come questi divenne Giureconsulto Collegiato di Lodi. Governatore di Tivoli, Visitatore e Commissario Apostolico dell’Emilia, Governatore del Ducato di Camerino e del Principato di Fermo, viene nominato Vescovo di Piacenza nel 1688. Divenne ben presto uno dei promotori della vita culturale ed artistica; da questo Vescovo soleva dire il cardinale Alberoni, uno dei maggiori collezionisti d’arte del tempo, d’avere riconosciuto il principio di sue fortune”. 18 Giovan Battista (28 ottobre 1676 – 25 gennaio 1754). Secondogenito di Antonio e fratello di Giovanni Paolo. 19 Antonio (12agosto 1649- 16 aprile 1712). Giureconsulto Collegiato e Decurione di Lodi. Sposa nel 1673 la cugina Jolanda unica figlia rimasta in vita di Antonio Seniore, Feudatario di Roncadello. Nel dicembre del 1697 viene fatto Conte di Roncadello da Carlo II Re di Spagna. Nel 1698 rinnova il Palazzo Barni sul corso Vittorio Emanuele II, che per antichità andava sfasciandosi, e lo ridusse a forma più nobile e moderna, lo stesso che nel 1672 il padre aveva acquistato. 20 Antonio Barni (1649-1716), figlio di Giovanni Paolo e Paola Visconti, ottiene il titolo nobiliare di conte di Roncadello nel 1697. 21 Domenico sartorio padre di Michele e Piergianmarco di lodi riforma il palazzo barni vedi agnelli 287. 22 Lodi guida, Lodi : guida artistica illustrata, 1994, p. 31. Touring club italiano, Lombardia : esclusa Milano / Touring club italiano, Milano 1998, p.888. 20 presenza del principe di Vaudemont, governatore di Milano; nel 1706 vi fu accolto il duca di Savoia; nel 1711 Carlo VI imperatore, due anni dopo l’imperatore, sua moglie Elisabetta Cristina e Giovan Battista Barni, arcivescovo di Edessa nel 1743. Questi personaggi illustrarono il palazzo come riporta Agnelli nel suo libro: «..che oltre alla ingegnosa e comoda disposizione degli appartamenti, contiene alcuni pregevoli lavori di pittura e di scultura: parte del palazzo dei Vistarini però rimase allo stato primitivo, almeno esternamente: è quello che prospetta l’angolo occidentale della piazza. I portici che costeggiavano tutta la parte esterna dell’antico palazzo, ora sono limitati a quella che guarda in piazza e il primo tratto di corso Vittorio Emanuele; mentre per il resto, cioè per il vero palazzo Barni i portici furono tolti lasciandovi lo spazio limitato da parra-carri uniti da spranghe di ferro, anche questi levati nel 1835 come risulta dalle due lapidi lasciatevi a memoria della cosa.»23. Pertanto il suddetto palazzo anticamente era dei Vistarini, passando poi alla famiglia Barni che lo ha reso uno dei palazzi più importanti di Lodi ed ora è di proprietà della Signora Vera De Poli (erede Quattrini). 23 G. Agnelli, Lodi e il suo territorio nella storia, nella geografia e nell’arte, Lodi, 1917 21 2.2.2. ARCHITETTURA DEL PALAZZO Palazzo Barni è uno dei complessi architettonici di maggior prestigio a Lodi. Osservandolo24 dall’esterno ci si trova davanti ad un esempio di architettura barocca dall’aspetto limpido e compassato, quasi severo; unica nota di graziosa eleganza sono le balaustre in ferro battuto dei balconi. La facciata è perfettamente simmetrica, sobria e tripartita in senso verticale, e questa è ingentilita da lesene che dividono simmetricamente la facciata e modulata dai tre ingressi, di cui quello centrale è un portale monumentale, enfatizzato da due semicolonne e sormontato da un balcone in ferro battuto, mentre gli altri due ingressi sono invece più semplici, il che denota l’intenzione di fare del palazzo una dimora molto importante; ciò è confermato inoltre dall’altezza del piano nobile. Le finestre del piano nobile sono racchiuse da ricche cornici mistilinee25 con mascheroni nella parte centrale. Sotto la grondaia corrono delle piccole finestre molto ridotte in altezza. Il fronte del palazzo è lungo circa 50 metri con un altezza di circa 15 m (Fig. n°1-2). Fig. n°1, 2 Sono riportate due fotografie scattate in differenti periodi storici, per un confronto fotografico della facciata del palazzo, quella attuale è l’immagine a destra. Il palazzo, seppur con alcune varianti, rimane con i corpi edilizi chiusi attorno ad una corte interna, tipico del barocco. L’edificio si sviluppa su tre piani, con la presenza di un seminterrato, ed è dotato di due cortili interni separati dall'androne principale: quello nobile si trova sulla sinistra e quello di servizio sulla destra. 24 Lise G., Lodi, i palazzi, cortili, portali, facciate, Lodi 1987, pp. 60-65 Mistilineo: [mi-sti-lì-ne-o] agg. (pl. m. -nei; f. -nea, pl. -nee) ARCH, GEOM Che è formato di linee e di archi di curva: figura mistilinea. Dizionario online Hoepli 25 22 Il cortile d’onore si presenta(Fig. n°4), entrando dal portone principale, sulla sinistra ed è circondato da un portico sorretto da colonne in granito e volte a vela lungo due lati. Al colonnato in prosecuzione dell’androne(Fig. n°3) dell’ingresso principale, c’è una colonna in meno; al suo posto vi è soltanto un capitello pensile decorato come tutti gli altri, questa può essere definita un’altra stranezza del barocco26. D’altra parte questa campata occorreva fosse più ampia delle altre non solo per il passaggio delle carrozze, ma anche per corrispondere all’analoga apertura verso il cortile di servizio. Fig. n°3 Androne(visione dall’entrata principale). Fig. n°4 Cortile d’onore. All’incrocio del colonnato si presenta un portale che immette nel giardino, oggi un po’ trascurato, su cui si affacciano le altre ali dell’edificio, tra cui le scuderie, gli alloggi che in passato erano del personale ed un ambiente decorato con finte grotte27 (Fig. n°5). È possibile accedere a queste finte grotte dal giardino e dalla corte principale, attraverso i quali ci si addentra in un susseguirsi di cavità artificiali con una frescura molto piacevole d’estate. Sulle pareti, suddivise in nicchie, si possono trovare modellati di intonaco a forma di stalattiti, tufi, accurate decorazioni di vere pietre pomici, madreperle, coralli, conchiglie e statue di nudo in pose teatrali (Fig. n°6-7). 26 Barocco:[etimologia incerta: forse vocabolo dell’Italia settentrionale che significa balordo, strano, irregolare, bizzarro] ba-ròc-co] A s.m. (pl. m. -chi; f. -ca, pl. -che) Stile artistico e sensibilità estetica che trovarono la massima espressione nel Seicento, caratterizzati dal gusto del bizzarro, dalla ricchezza della decorazione, dalla stravaganza artificiosa delle forme: il b. di una chiesa; il b. spagnolo. Il nuovo Zingarelli, vocabolario della lingua italiana, undicesima edizione, Zanichelli. 27 Tema prettamente barocco è l’acqua infatti in queste finte grotte l’acqua è portata in primo piano. Alla materia si associa inevitabilmente l’immagine di questo elemento, che diventa anch’esso membratura architettonica. La scoperta nel campo delle fontane è di Bernini, quella di abbassare le vasche, rendendo pienamente visibile la superficie mutevole dell’acqua; l’urto tra il liquido cadente e lo specchio d’acqua orizzontale; il campo dei rapporti dinamici che spruzzi, zampilli e traboccamenti. 23 30.27 3.65 2.19 3.81 3.51 3.00 11.66 5.65 2.13 5.53 3.66 14.93 2.96 3.53 11.56 3.67 7 33.6 2.80 2.51 3.11 16.78 2.60 2.91 3.27 1.12 2.33 6.73 4.07 4.74 7 2.58 2.5 0.94 34. 63 3.72 6.04 2.25 4.06 0.78 1.05 2.84 2.91 1.27 2.23 0.65 5.06 30.25 2.88 2.95 1.69 4.85 1.82 6.15 6.14 6.17 5.19 6.17 7.8 8 6.22 6.22 6.23 1.94 10.3 6 5.86 6.58 7.4 0 5.04 2.11 6.86 1.97 1.01 2.73 2.26 2.28 3.67 3 6.1 2.58 4.73 3.90 4.14 3.07 3.07 2.71 2.25 2.83 2.86 1.81 2.26 1.52 4.93 1.88 2.3 7 3.11 2.37 3 4.8 2.95 2.05 3.04 2.70 5.17 3.40 3.41 0.75 3.43 5.40 3.44 5.22 4.29 4.05 0.92 6.66 5.27 4.38 4.80 4.34 2.83 5.34 1.72 4.84 4.95 1.75 4.28 5.14 3.93 0 1.8 5.09 1.23 3.93 8.74 2.32 2.41 7 6.3 5.13 5.42 5.18 4.11 2.59 0.86 8.75 8.01 20 .75 .04 22 9.31 2.68 0.99 3.86 1 0.6 1.60 4.83 3.02 3.48 3.71 4.17 4.37 2.16 4.74 5.10 6.6 3 4.47 7.05 3.56 6.25 6.87 6.70 6.58 5.84 5.51 4.46 4.71 2.19 7.05 3.03 6 7.7 2.25 2.60 9.29 3.90 2.16 1.80 6.01 .21 11 3.45 6.48 4.90 6.92 5.20 3.66 2.92 0.92 1.72 1.04 3.67 3.67 5.28 17 4.5.99 4.13 3.54 4.31 3.02 5.19 4.30 3.92 6.71 0.87 5.79 9.26 4.05 2.12 2.11 6.53 4.47 7 7.7 7.60 4.59 2.26 3.57 3.62 2.90 5.37 3.11 4.50 Fig. n°5 Porzione di planimetria piano terra di palazzo Barni che indica la posizione delle grottaglie. Fig. n°6,7 Visione di due nicchie, delle grottaglie al piano terra. Con il colore rosso vengono indicate alcune conchiglie vere, con il colore nero le stalattiti. 24 2.43 2.67 5.53 5.32 7.35 5.85 5.78 3.10 3.58 2.92 2.90 3.49 6.1 7 3.88 6.22 7.36 4.16 6.3 4 4.38 7.03 3 7.3 6.38 6.23 6.17 6.30 6.34 6.34 6.43 6.32 9.9 2 7.00 3.54 3.42 4.61 2 9.8 7.8 1 1.01 1.51 1.95 4 7.2 1.16 2.42 2.02 5.21 4.88 6.4 5 1.30 2.15 0.26 18.03 0.67 5.06 1.14 7.53 5.70 0.86 4.22 1.92 5.01 4.52 2.60 1.96 5.60 6.70 12.05 3.40 7.79 3 7.2 9 6.5 4.29 1.78 3.75 2.95 Questi materiali, incastonati l'uno nell'altro sulle tortuose pareti, formano delle magnifiche decorazioni, alle quali si uniscono gli affreschi e gli stucchi in volta (Fig. n°8-9-10-11). È possibile notare i getti per gli spruzzi d’acqua scenografici, i quali dovrebbero inaspettatamente partire da forellini aperti sui pavimenti, dalle teste o braccia delle statue. Questi giochi d’acqua servivano ad allietare gli ospiti in visita al palazzo. Fig.n°8-9-10-11 Le prime due fotografie inquadrano la volta decorata ad affresco, la fotografia in basso a sinistra inquadra il soffitto con delle finte pietre e stalattiti, l’ultima immagine inquadra un angolo della sala dove è visibile benissimo l’intento di ricreare una finta grotta. 25 Tutte le statue attualmente sono poco riconoscibili a causa del degrado, ma il loro compito era quello di contribuire all’abbellimento del palazzo, dal momento che sembrano infatti rappresentare delle ninfe28.. È molto raro vedere queste finte grotte all’interno di palazzi privati; è possibile trovarne un esempio a Villa Litta a Lainate, dove le sale con finte grotte sono definite “le grottone”. Tuttora per via del turismo e della valorizzazione del palazzo è possibile vedere le grotte in ottime condizioni e i giochi d’acqua ancora funzionanti (Fig. n°12-13). Fig.n°12-13 Visione delle finte grotte a Villa Litta, con giochi d’acqua ancora funzionanti. 29 All’altro cortile, definito di servizio, si accede sia dal cortile d’onore,attraverso un passaggio, oppure direttamente da via Vittorio Emanuele, e questo consentiva l’accesso delle carrozze e delle merci di servizio alla residenza. Il piano interrato,che si trova solo nella parte di edificio sul fronte di via Vittorio Emanuele, mostra ancora le sue caratteristiche medievali ed è accessibile da due scale; al suo interno, oltre alle cantine, è presente anche una cisterna ed un vano adibito alla ghiacciaia30. Le volte sono a botte, tutte in mattoni, ed è areato da bocche di lupo che proseguono sia sulla strada principale sia sul cortile d’onore. Il piano terra è caratterizzato, nel corpo su fronte strada, da un soffitto con volte a vela e unghie sulle finestre. Solo nella zona a destra dell’androne principale i soffitti sono piani. 28 Potrebbe essere un ninfèo, ovvero [dal lat. nymphaeum, gr. νυμϕαῖον]. – In origine, santuario delle ninfe; poi, in epoca ellenistica e romana, costruzione di forma rettangolare o circolare o ellittica, spesso absidata, con nicchie e prospetto architettonico a colonne, contenente una fontana, che in alcuni casi raggiunge un notevole fasto scenografico. Nelle grandi ville rinascimentali e barocche, fontana monumentale costituita da portici, esedre, nicchie, grotte artificiali, scenograficamente realizzate sul declivio naturale del terreno o nell’interno degli edifici. 29 www.villegentilizielombarde.org/Sezione.jsp?titolo=Villa+Borromeo+Visconti+Litta&idSezione=12 30 [ghiac-cià-ia], s.f. (pl. -ciàie). Luogo termicamente isolato in cui viene conservato il ghiaccio. http://dizionari.hoepli.it/Dizionario_Italiano/parola/ghiacciaia.aspx?idD=1&Query=ghiacciaia&lettera=G 26 I locali che si affacciano sul cortile d’onore hanno anch’essi le volte a vela o a botte con unghie, come pure i locali di parte del piano terra orientati verso il cortile d’onore. In questo ambito, la parte terminale dell’edificio è stata rimaneggiata nel periodo ottocentesco per la costruzione di una scala interna, che raggiungeva i locali al primo piano e che porta anche ad una sala decorata sulla fascia superiore delle pareti. Le scuderie invece si presentano con la tipica struttura seicentesca, rimaneggiata nell’ottocento con colonne e volte a vela nel primo locale,mentre troviamo le volte a botte nel secondo ambiente, con “pronti interventi” di restauro sulle decorazioni delle pareti. Negli anni ‘50 si è messo mano agli alloggi sovrastanti le scuderie, con la creazione di alloggi abitativi,attualmente in disuso. Alla fine del secolo, la famiglia Quattrini ha messo mano al restauro dell’edificio, cominciando dal restauro delle facciate e delle coperture. Dal 2003 è iniziato il restauro delle parti interne a cominciare dalla zona del primo portale partendo da piazza Maggiore; un importante negozio di abbigliamento31 ha occupato tutti i locali fino all’androne principale (Fig. n°14). In esse sono state evidenziate decorazioni ottocentesche, soprattutto nel locale vicino all’androne che fungeva da ufficio amministrativo del conte Barni. Negli anni successivi sono stati effettuati altri interventi per il recupero completo del palazzo. Ad oggi sono stati ristrutturati dei locali sul fronte strada adibiti ad esercizio commerciale, dei locali di abitazione all’interno dei cortili minori ed al primo piano e dei locali al piano terra destinati ad ufficio ed a negozio. Fig. n°14 Negozio di abbigliamento che occupa il locale vicino all’androne principale 31 http://www.smartlyboutique.com/smartly-boutique/eventi-moda/smartly-eventi-02-151205.php 27 Nella Tavola n.1 del Volume II, è possibile vedere la planimetria generale del palazzo con l’inquadramento territoriale ed alcune foto significative mentre qui sotto vi è una pianta del primo piano con i nomi delle sale citate all’interno della relazione. (Fig. n°15). SUB 42d SUB 42c SUB 42b SUB40 cortile d'onore SUB 42a SUB 701c SUB 14b SUB 43 cortile di servizio SUB 24 Scalone SUB 14a Sala2 Salone SUB 701b Sala1 SUB 701a Sud SUB 21 Est Nord Fig. n°15 Pianta32 del primo piano di palazzo Barni con i rispettivi nomi delle stanze grazie a questa planimetria è possibile individuare le sale descritte nel prossimo capitolo. 32 Rielaborazione su base grafica e indicizzazione degli ambienti fornita dallo Studio Tecnico Geometra Elisa Farina. Via Giuseppe Verdi 7/d - 20080 Calvignasco (MI). 28 Ovest 2.2.3. APPARATO PITTORICO DECORATIVO DEL PIANO NOBILE Di seguito verranno descritte le sale di rappresentanza del piano terra e del primo piano, nelle quali sono presenti decorazioni significative. Le sale ornate vengono poi illustrate nella tavola n.2 del Volume II, che riporta le decorazioni delle volte e dei soffitti attraverso riprese fotografiche inserite nella tavola grafica. La tavola n°3 del Volume II, riporta invece un elaborato grafico semplificativo della planimetria del palazzo Barni, indicando inoltre le differenti tipologie di decorazioni presenti nelle diverse sale. La figura n°15 della pagina precedente, indica i nomi delle sale, i quali serviranno per collocarle fisicamente nel palazzo durante la descrizione delle decorazioni. Dal vestibolo33 dell’edificio principale si accede al primo piano, meglio definito piano nobile, attraverso uno scalone d’onore molto ampio e coperto da un soffitto a volta decorato con un affresco mitologico. Il dipinto murale è racchiuso in una complessa incorniciatura in stucco molto elaborata, similare alle decorazioni di molte delle sale del piano nobile; i soggetti prediletti in tutto il palazzo risultano infatti essere quelli mitologici e allegorici. L’affresco presente sulla volta raffigura la vicenda di “Borea che rapisce Orizia”, di cui possiamo vedere l’immagine nella pagina n.6. Essendo uno degli affreschi sottoposti al restauro, è descritto in modo approfondito nel sottocapitolo “sale sottoposte al restauro”. Da quest’ultimo si accede al salone principale, anche qui vi è un affresco mitologico raffigurante “la cacciata delle arpie da parte degli Argonauti”, con una cornice in stucco molto ricca ed elegante. Anche questo dipinto murale è sottoposto a restauro, quindi evitando ripetizioni l’immagine è illustrata a pagina n.9 e descritto nel sottocapitolo “sale sottoposte al restauro”. Sui lati lunghi della sala si trovano due dipinti su tela di grandi dimensioni purtroppo molto degradati. Entrando nel salone d’onore direttamente sulla destra troviamo un portone che conduce ad una piccola cappella34 ormai spoglia dell’altare, interamente affrescata con una raffinata decorazione policroma a ornamento architettonico, questa sala è il Sub24 33 Vestibolo, [ve-stì-bo-lo], ant. Vestibulo. Arch. Ambiente coperto più o meno ampio che consente l'accesso a un edificio: il v. della casa, del palazzo, del teatro. http://dizionari.hoepli.it/Dizionario_Italiano/parola/vestibolo.aspx?idD=1&Query=vestibolo 34 Con il termine cappella nell'architettura religiosa si intende un'ampia nicchia ricavata all'interno di una chiesa, oppure un piccolo edificio, spesso funzionalmente legato ad un altro edificio più grande. Esempi: cappella nobiliare all'interno di un palazzo o villa patrizia, cappella di un convento ecc. http://it.wikipedia.org/wiki/Cappella 29 (Fig.n°16). In volta, dentro una bellissima cornice in stucco bianco con finiture in oro, viene rappresentato “San Francesco in Gloria incoronato da un angelo”, ove ci sono delle figure di angeli che si tuffano ed emergono dalle soffici nubi sulle quali il santo, si inginocchia allargando le braccia. Il santo è inoltre sostenuto da alcuni angeli, mentre un altro di essi, a destra, gli porge la corona. Occupano il primo piano con i loro corpi parzialmente nudi i bellissimi angeli dai capelli scompigliati, con occhi allungati, coperti da panneggi azzurri e rossi, le ali spiegate, gli sguardi e i gesti che inducono a seguire l’evento mistico. Questa sala fino a poco tempo fa veniva utilizzata come studio di uno scultore. Fig. n°16 San Francesco in Gloria incoronato da un angelo nella sala Sub24 Il secondo portone sempre sulla destra porta alla galleria42, costituita da più sale e dotata di soffitti con sovrapposizioni di decorazioni in base allo stile ed al periodo. Nella prima sala, Sub42a, troviamo una grande tela (Fig. n°17) che ricopre tutto il soffitto, sulla quale sono raffigurate delle finte architetture illusionistiche, tipiche del 30 gusto barocco, con due aperture verso il cielo. Al centro di quest’ultimo sono rappresentati dei putti, i quali sorreggono da una parte alcuni strumenti musicali, dall’altra un foglio, presumibilmente collegabile ad uno spartito musicale. Sempre all’interno di questa sala, sotto il soffitto, troviamo una fascia di affreschi che si snoda lungo le quattro pareti, ricollegabile alla tela appesa al soffitto, dato che è la sua prosecuzione della finta architettura,e risulta scandita da personaggi semi nudi, quasi sempre donne, putti e medaglioni riconducibili al periodo in cui i Barni rinnovano il palazzo. Fig. n°17 Tela che decora il soffitto nella sala 42a. La seconda e la terza sala, Sub42b-c, sono strutturate con soffitti a cassettoni (Fig. n°1819) anche essi in condizioni non propriamente ideali, a causa della mancanza di alcune parti.Anche queste due sale hanno le fasce decorate ad affresco dello stesso tipo di quella descritta nella pagina precedente,ed è possibile quindi presupporre che vi fossero delle tele appese, andate poi perse. La quarta sala, Sub42d, nel corso del tempo è stata controsoffittata attraverso un incannicciato35 con decorazione in stile liberty36 (Fig. n°20). 35 L’incannucciato era un’antica tecnica per realizzare con canne e gesso soffitti e controsoffitti isolanti, fonoassorbenti, resistenti e flessibili nello stesso tempo, adatti sia per dimore aristocratiche come per umili case contadine, data l’abbondanza della materia prima. 36 Con il nome di Liberty si intende un vasto movimento artistico che, tra fine Ottocento ed inizi Novecento, interessò soprattutto l’architettura e le arti applicate. In Italia ebbe inizialmente il nome di «Floreale», per assumere poi il più noto nome di «Liberty» Il Liberty nacque dal rifiuto degli stili storici del passato che nell’architettura di quegli anni fornivano gli elementi di morfologia progettuale. Il Liberty cercò invece ispirazione nella natura e nelle forme vegetali, creando uno stile nuovo, totalmente originale rispetto a quelli allora in voga. Caratteri distintivi del Liberty divennero l’accentuato linearismo 31 Fig. n°18 Soffitto a cassettone della sala 42c Nella quinta sala, il soffitto liberty è andato perso portando alla luce la copertura a cassettoni originale, con decorazioni dorate. Si può notare che laddove è stato creato il controsoffitto liberty la tela decorativa si è idoneamente conservata, così come le fasce affrescate ed il soffitto a cassettoni originale (Fig. n°22). Fig. n°19 Soffitto a cassettone sala 42b Fig. n°20 particolare del soffitto nella sala 42d È possibile quindi constatare la seguente stratigrafia delle fasi decorative dalla più antica alla più recente: il soffitto originale a cassettoni, fascia di affreschi che si snoda lungo le quattro pareti congiunta alla tela con finte architetture illusionistiche ed infine la controsoffittatura in stile liberty, illustrati nella fig. n°21-22. e l’eleganza decorativa. Adottando le nuove tecniche di produzione industriale, ed i nuovi materiali quali il ferro, il vetro e il cemento. 32 1 2a a 2b 3 Fig. n°21 Illustrazione delle stratigrafie di stili e decorazioni: 1: Soffitto a cassettone decorato con finiture in oro, potrebbe risale a quando il palazzo era ancora di proprietà dei Vistarini. 2a e 2b: Dipinto su tela appeso al soffitto messo in comunicazione con la fascia decorativa sulla parete, poiché riproduce la finta architettura dalle tele. Per stile risale agli ultimi anni del 1600 e primo decennio del 1700, quindi è possibile collegare queste decorazioni al periodo in cui sono iniziati i lavori per il rinnovamento del palazzo nel 1698. 3: Controsoffitto con decorazione Libery lo si può inserire agli inizi del 1800 per lo stile della decorazione. 1 2b 2a Fig. n°22 Fotografia della sala senza controsoffitto Libery perché rimosso. È visibile il soffitto a cassettone n°1, la tela n°2a e la fascia decorata ad affresco n°2b. 33 Nella prima stanza della galleria 42, vi è una porta che conduce ad altre stanze, ma solo la prima di queste, la sala 43, è decorata sul soffitto con girali vegetali e festoni in stucco bianco modellato, che incorniciano una figura di un vecchio che dorme (probabilmente era una camera da letto), il “sonno” o la “notte”, sdraiato sulle nuvole, il capo appoggiato sulle braccia e uccelli notturni che lo accompagnano; raffigura quindi “l’allegoria del Sonno” e in secondo piano dietro il vecchio, troviamo l’episodio mitologico “Aurora rapisce Cefalo”, Aurora a sinistra, accompagnata da un putto che regge una fiaccola accesa, cinge Cefalo nel rapimento d’amore (Fig.n°23) Fig. n°23 Allegoria del sonno e Aurora che rapisce Cefalo Nel lato Nord-Est del salone ci sono altre due gallerie; quella che si affaccia su via Vittorio Emanuele è costituita da tre salotti ovvero i Sub21, 701a, 701b in ognuno dei quali vi è un soffitto decorato a buon fresco, dove vengono rappresentate le tre virtù (Fede, Speranza e Carità) una in ogni stanza. In queste tre sale l’artista o gli artisti hanno organizzato la volta geometricamente fingendo un’architettura che si apre e scopre il cielo con differenti balconate che attorniano le tre virtù, tipica del barocco. Nella prima sala, Sub21, al centro della volta, in una prospettiva dal basso verso l'alto, troviamo la Fede (Fig. n°24) con quegli attributi con il quale anche Cesare Ripa nella sua Iconologia la cita. Ella infatti è descritta come fede religiosa o teologica, donna vestita di bianco, la quale tiene una Croce in una mano, e nell'altra un Calice. Viene 34 dipinta quindi con la Croce e con il Calice, la prima appartiene alla redenzione e l’altra alla reintegrazione delle forze dell’anima, le vie da intraprendere con progresso nella fede Cristiana37. L’architettura finge un insieme di colonne che sostengono una trabeazione a cui segue una balaustra oltre la quale si apre un cielo chiarissimo. Fig. n°24 Rappresentazione della fede nella sala 21. La seconda sala, Sub701a, invece rappresenta la Speranza (Fig. n°25) ovvero una donna vestita di verde, con un Giglio in mano, perché il fiore ci dimostra la Speranza. I putti sostengono delle ghirlande di fiori stesso simbolo del giglio. Con la mano sinistra essa tiene un'ancora, che aiuta la vita nei pericoli maggiori della fortuna […]38.. Qui l’artista 37 Ripa Cesare, Iconologia del Cavaliere Cesare Ripa, 5 vols. Perugia, stamperia di Piergiovanni Costantini, 1764-67. 38 Ripa Cesare, Iconologia del Cavaliere Cesare Ripa, 5 vols. Perugia, stamperia di Piergiovanni Costantini, 1764-67. 35 non segue alla lettera la descrizione del Ripa però inserisce gli attributi necessari per definirla tale. In questo caso la finta architettura è diversamente elaborata rispetto alla precedente e risulta essere molto più elaborata,con presenza di finiture in oro. Fig. n°25 Rappresentazione della speranza nella sala 701a. L’ultima sala, Sub701b, rappresenta la Carità (Fig. n°26): la donna dovrebbe essere «vestita di rosso, che in cima del capo habbia una fiamma di fuoco ardente; terrà nel braccio sinistro un fanciullo, al quale dia il latte, e due altri gli staranno scherzando a' piedi; uno di essi terrà alla detta figura abbracciata la destra mano. […] Dunque la veste rossa significa carità, la fiamma di fuoco per la vivacità sua c'insegna, che la Carità non mai rimane di operare secondo il solito suo amando. I tre fanciulli dimostrano, che se bene la carità è una sola virtù, ha nondimeno triplicata potenza, essendo senz'essa, e la fede, e la speranza di nissun momento». Non viene seguito anche qui alla lettera ciò che 36 dice il Ripa; infatti la donna è si con un vestito rosso ed allatta un bambino, ma gli altri due bambini stanno vicino ad ella e non ai piedi, ed essa attinge la mano in una bacinella. Anche qui l’architettura finge un insieme di colonne con capitelli ionici che sostengono una trabeazione a cui segue una bellissima balaustra con piccole colonne oltre la quale si apre un cielo con un tono grigio-azzurro. In questa sala è stata ritrovata una data, probabilmente quella della realizzazione, ovvero 1704 (Fig. n°28). Fig. n°26 Rappresentazione della carità nella sala 701b. Si differenziano dagli affreschi appena descritti le decorazioni racchiuse all’interno di uno stucco, poiché nel primo caso vi sono finte architetture dipinte, mentre nel secondo la ricostruzione architettonica è in stucco a rilievo. L’opera decorativa di cui si è parlato qui sopra è riconducibile alla pittura illusionistica, caratterizzata da uno specifico impianto decorativo, ovvero quella pittura impiegata 37 dagli artisti per rappresentare la realtà, per ampliare, diminuire o prolungare lo spazio reale, vale a dire modificarlo al fine di raggiungere determinate finalità espressive. La rappresentazione dei dipinti murali in oggetto è un’architettura dell’inganno, definita anche quadraturismo, cioè un genere pittorico che dipinge la finta architettura sulla pareti (Fig. n°27). La prospettiva utilizzata è centrale, in modo da creare composizioni ordinate, simmetriche e di conseguenza equilibrate, raccordando così lo spazio allusivo con quello reale tipico del periodo Barocco, dove la pittura illusionistica conosce il suo massimo manifesto. L’interesse del barocco per i problemi dello spazio e dell’illusionismo prospettico lasciano una testimonianza nella “Gloria di sant’Ignazio”, opera di Andrea Pozzo, anche autore del trattato di architettura “Perspectiva pictorum et architectorum”, composto da due tomi, pubblicato nel 1693. Con questa pubblicazione Pozzo non si limita a scrivere un trattato teorico, ma ha il merito d’insegnare il modo di mettere in prospettiva tutti i disegni di architetture, usato sia dai pittori che dagli architetti, «l’inganno degli occhi, si può raggiungere solo attraverso una conoscenza e uno studio approfondito della tecnica della prospettiva. È questa l’ambizione del mio libro»39. Fig. n°27-28 Particolari delle finte architetture delle sale di palazzo Barni. L’ultima galleria, formata dalla sala 14a, 14b e 701c, si affaccia al cortile ed oltre ad essere collegata al salone è collegata alla galleria precedente che è descritta in precedenza, attraverso una piccola porta. 39 Andrea Pozzo, Perspectiva pictorum et architectorum, prima part, nella stamperia di Gio: Giacomo Komarek Boemo all’ Angelo Cuftode, pubblicato nel 1693 38 Anche in questa galleria vi sono tre salotti le cui volte sono decorate con figure mitologiche come Bacco, Cerere e Flora, sempre ad affresco, però all’interno di cornici in stucco a rilievo. Si può inoltre precisare che le decorazioni in stucco sono molto similari a quelle presenti nel salone principale e nello scalone monumentale soggetti al restauro. L’affresco raffigurante Flora è l’unico tra i tre presenti in ottime condizioni di conservazione, mentre gli altri sono in pessime condizioni. All’interno della galleria la sala Sub14a in volta ha un affresco raffigurante Flora40, dea della primavera, moglie di Zefiro, quale dio dei venti (Fig. n°29). Era inizialmente una ninfa, solitamente è rappresentata con delle ghirlande di fiori ed alcune volte con una fiaccola. Flora è anche protettrice dell’agricoltura,delle api e anche della giovinezza e di chi aveva il desiderio di avere un figlio. Si narra infatti che Flora, in latino Clori, fosse stata violentata dallo stesso Zefiro,che successivamente si pentì e se ne innamorò, facendola diventare sua moglie. Loro due rappresentano l’amore coniugale, di solito rappresentati insieme nelle stanze nuziali. Fig. n°29 Rappresentazione di Flora nella sala 14a. Nella sala Sub14b, troviamo Cerere (Fig. n°30), chiamata così dai romani, mentre per i greci era Demetra. Cerere è sorella di Zeus/Giove. È la dea dell’abbondanza, della fertilità, del grano, del frumento e del raccolto. È la divinità materna della terra, sua figlia Proserpina/Persefone è la sposa di Ade. Cerere disperata per la perdita della figlia aveva fatto sì che sulla terra, finché la figlia non fosse stata trovata, ci fosse carestia, freddo e che i campi non germogliassero41. Così Zeus mandò Mercurio da Ade ed accordò con lui che per sei mesi Proserpina potesse tornare dalla madre, mentre i 40 41 Appunti di Iconologia e Iconografia presso Accademia Santa Giulia al corso del professor. Bartoletti. Appunti di Iconologia e Iconografia presso Accademia Santa Giulia al corso del professor. Bartoletti 39 restanti mesi tornasse come moglie dal dio dell’oltretomba. Così fu, e da ciò nacquero le stagioni. I suoi simboli di solito sono il grano e la fiaccola, che testimoniano l’abbondanza della terra in cui si svolge il matrimonio,i fiori, specialmente papaveri, e frutti, ghirlande di grano; è definita anche dea dell’estate. Molte volte al suo fianco si può trovare un maiale. Fig. n°30 Rappresentazione di Cerere nella sala 14b. Nella sala Sub701c, all’interno dell’affresco c’è Bacco (Fig. n°31), in greco Dionisio, figlio di Giove e Semele. Fu cresciuto tra le ninfe, dio dell’autunno, dio del vino, delle orge e delle feste. L’uva insieme al tirso (bastone, tralcio dove cresce l’uva) sono i suoi simboli. Può essere definito come un dio pacifico, lontano dalle guerre, questo grazie al vino che rendeva l’animo più allegro, pacifico, lieto, sensibile ed arrendevole, inducendo ad un vivere più allegro e socievole. Rappresentato a volte anche con un cesto di fichi, con capelli ricci, e corporatura molle e pastosa, i tratti del viso dolci e ilari. Marito di Arianna, figlia di Minosse, abbandonata su un’isola da Teseo42. Lì Bacco la trova, se ne innamora e la fa sua sposa,rendendola immortale. Bacco viene rappresentato il più delle volte accompagnato dalle baccanti (coperte da vesti di tigri,spesso chiamate anche Menadi), e dai satiri. Infatti qui è raffigurato con l’uva e le Menadi. 42 Appunti di Iconologia e Iconografia presso Accademia Santa Giulia al corso del professor. Bartoletti 40 Fig. n°31 Rappresentazione di Bacco nella sala 701c. Sempre al primo piano del palazzo, ovvero quello nobile, troviamo una sala chiamata Sub40, con delle decorazioni ad affresco sulla fascia superiore delle pareti. Questi ornamenti sono riconducibili a quelli che si trovano nella galleria42 e nella volta delle grottaglie al piano terra, per lo stile, per le rappresentazioni dei medaglioni, per i putti e per i personaggi con sembianze umane. La visione di questa fascia affrescata è stata possibile grazie al restauro eseguito dalla Cremona Restauri di Maria Cristina Regini, viste le condizioni in cui si trovava il dipinto murale. La superficie presentava un annerimento causato dal fumo dei camini presenti nella stanza, inoltre parte della superficie decorata era ricoperta da scialbi di manutenzione nel corso degli anni, come è possibile vedere nelle prove tecniche di pulitura e nel saggio stratigrafico nelle pagine seguenti. Dopo un’ardua pulitura è stato possibile riportare alla luce l’affresco. Anche qui il soffitto è a cassettoni con finiture in oro,come nella galleria 42. Uno studio ravvicinato ha portato alla conoscenza della materia ed è possibile definire che questa decorazione è stata realizzata ad affresco, con incisioni riguardanti sia le finte architetture che le figure. Inoltre dopo una lunga e attenta analisi a luce radente sono state rintracciate le giornate, suddivise per pontate. Si notano anche delle ridipinture realizzate negli anni successivi alla realizzazione, che vanno a intaccare la visione di alcune figure della decorazione originale. 41 COLLOCAZIONE: ZONA INDAGINE: MANUFATTO: ALTEZZA DA TERRA: TIPO SAGGIO: N°SAGGIO: PALAZZO BARNI - LODI43 SALA 7 p.p. parete affresco 3,50 mt da terra Stratigrafico 3 DESCRIZIONE LIVELLI (tipo materiale, colore, spessore, granulometria) LIVELLO N° 1 : livello attuale: stratificazione di colore sintetico rosato, verde azzurro. LIVELLO N° 2 : affresco. COMMENTO (modalità selezione e note stato di fatto dei livelli) Il saggio è stato eseguito in corrispondenza della parte bassa della fascia ad affresco. Dalla presenza delle incisioni dirette, leggibili in controluce, si ipotizza che la fascia ad affresco sia stata coperta per un’altezza di circa 40 cm sull’intero perimetro della sala. I livelli presenti in modo stratificato sono difficili da selezionare l’uno dall’altro perché reagiscono similmente al contatto con solvente a tampone. Durante l’esecuzione del saggio sono state controllate le superfici della stratificazione (livello1) e si esclude la presenza di ulteriori livelli di finitura. Il livello 2 è stato messo in luce fino alla cornice della fascia che corrisponde con la stesura della pontata di intonaco dell’affresco. Al di sotto della fascia ad affresco l’intonaco della parete parte bassa (2-1,5 mt. da terra) presenta rifacimenti di intonaco con stesure di coloriture a calce stratificate, relative ad interventi di manutenzione. 43 Cremona Restauri di Maria Cristina Regini - via Lugo,13 /I-26100 Cremona - cremonarestauri @yahoo.it 42 PALAZZO BARNI44 PIANO: PRIMO MATERIALI COSTITITIVI: AFFRESCO TIPO SAGGIO: PROVA TECNICA SALA: 7 COLLOCAZIONE: PARETE METODOLOGIA Spolveratura con pennelli morbidi per la rimozione del materiale di deposito incoerente. Impacco all’acqua demineralizzata con carta giapponese come supportante. Tempo di contatto 10-15 min. Successiva rimozione dello sporco rigonfiato con tamponature mediante uso di spugne naturali e soluzione di acqua demineralizzata e DES NOVO (benzalconio cloruro al 10%) al 0,5%. Il livello di pulitura verificato permette di recuperare la leggibilità dell’affresco e di eseguire le successive fasi dell’intervento conservativo. n.b.: la superficie necessita di lavorazioni di preconsolidamento della pellicola pittorica e dell’intonaco. 44 Cremona Restauri di Maria Cristina Regini - via Lugo,13 /I-26100 Cremona - cremonarestauri @yahoo.it 43 Fig. n°32 Particolare prima della pulitura Fig. n°33 Particolare dopo la pulitura 44 2.3. LE DECORAZIONI E I SUOI ARTISTI (ATTRIBUZIONI) Dalle ricerche in archivio sono emerse molte informazioni sui probabili artisti che lavorarono all’interno del palazzo, inoltre grazie alle tecniche esecutive si è potuto presupporre delle attribuzioni di alcuni affreschi e confermare attribuzioni fatte da altre persone. Ripercorrendo un po’ la storia del palazzo, Antonio Barni divenuto primo conte di Roncadello nel 1697, iniziò ad ampliare architettonicamente la villa Barni di Roncadello, ma alla sua morte i lavori vennero portati avanti da Giovanni Paolo e dal fratello Giorgio Barni. Giorgio diviene vescovo di Piacenza45 nel 1687, ed è uno dei promotori della vita culturale ed artistica della città. Tuttavia non perde mai i contatti con la città d’origine, al punto che nel ottobre 1724 entra in possesso della villa Barni di Roncadello e di tutti i beni a essa pertinenti46 e come riportato nel diario del Robba lui si recava frequentemente nella villa. Attorno al 1727-1728 probabilmente è lui che commissiona Sebastiano Galeotti47 a eseguire degli affreschi con scene mitologiche e allegoriche 48 nella villa a Roncadello. Lo stesso pittore è attivo anche in palazzo Barni a Lodi come indica Rita Dugoni nel volume sul Galeotti. “Appare quindi verosimilmente identificare in Giorgio Barni il committente di Galeotti, un frescante tanto capace da essere stato impiegato dal principe Antonio Farnse nella rocca di Sala Baganza, per la decorazione della villa di Roncadello”.49 Carlo Giuseppe Ratti riporta che Sebastiano Galeotti l’artista fiorentino “in cata Barni fece le pitture della gallerie e di due salotti”. 50 Secondo Rita Dugoni i dipinti di Sebastiano Galeotti vanno individuati nella cappella con “San Francesco in Gloria incoronato da un angelo”, nella camera accanto con “l’Allegoria del Sonno” ed in secondo piano “Aurora che rapisce Cefalo” e anche nella 45 A. CISERI, 1732, pp. 174-176 M. CERRI, 1996, pp. 34, 42 47 Sebastiano (Bastiano, Gasparo). - Figlio di Domenico e di Maria di Bastiano Vignoli, nacque a Firenze il 22 dic. 1675 e venne battezzato il giorno successivo nella chiesa di S. Maria Novella. Il 24 maggio 1695 sposò Maria Domenica, figlia di Federigo Crivellini. Le fonti sono concordi nel riconoscere in Alessandro Gherardini il maestro nella cui bottega il G. venne avviato alla pittura. Il G. fu sepolto il 16 ott. 1741 nella cattedrale di S. Francesco a Mondovì (Carboneri, 1955, p. 31). http://www.treccani.it/enciclopedia/sebastiano-galeotti_%28Dizionario-Biografico%29/ 48 R. DUGONI, Sebastiano Galeotti, Torino, 2001, scheda 44, p. 167 49 Ibidem, p 58 50 C. G. RATTI, 1769, p. 363 46 45 galleria verso il giardino,che che ha subito diverse manomissioni51 , probabilmente ha lavorato sulle tele appese al soffitto (vedi capitolo 2.2.3 Apparato decorativo del piano nobile). “Nel corso dei lavori di restauro un provvidenziale foro praticato per controllare il soffitto originale ha permesso di trovare una tela dipinta da Galeotti applicata su una serie di telai di legno uniti da cerniere. Le poche sagome, i volti, le mani, le teste di putti alati che si sono putti scorgere alla luce di una lampada permettono di confermare l’autografia.52” Queste tele, citate da Rita Dugoni, che ornavano il soffitto probabilmente erano in tutta la galleria, coperte però dai controsoffitti ottocenteschi in stile liberty; le stesse sono però rimaste soltanto nella prima sala dove la tela è in vista ma non in buone condizioni, mentre nelle due sale successive sono andate perse lasciando a vista i soffitti originali. È possibile vedere comunque nella quinta sala, dove il controsoffitto è ceduto, una tela, per metà conservata, che ornava il soffitto. La metà che è andata persa ha portato anche qui in luce il soffitto a cassettoni originale con decorazioni in oro. Il metodo operativo di Sebastiano Galeotti era quello di limitare il più possibile le varianti sia iconografiche che compositive (Fig. n°35-36), avvalendosi di disegni già elaborati che venivano modificati solo in alcune parti. Nella cappella, senza dubbio, è riscontrabile la mano dell’artista, come dice Rita Dugoni, soprattutto nelle figure e nei panneggi anche perchè non si è molto lontani dalla composizione della Gloria di san Giovanni Battista nella chiesa piacentina di San Giovanni in Canale (Fig. n°34). Fig. n°34 Chiesa piacentina di san Giovanni in Canale. 53 51 R. DUGONI, 2001, scheda 45, pp. 167-168 Ibidem, pp59 53 http://www.flickr.com/photos/mm78/7138872213/sizes/k/in/photostream/ 52 46 Fig. n°35 Il tempo scopre la verità e scaccia l’Invidia, 1724-1727, affresco staccato, collocato nella Galleria Nazionale di Parma54, da confrontare con l’immagine in basso per le somiglianze. Fig. n°36 Dipinto murale nella sala43 di palazzo Barni, attribuito al Galeotti. È possibile notare le somiglianze con il dipinto murale qui sopra per i panneggi, le nuvole ed anche la divisione dei piani. 54 http://www.atlantedellarteitaliana.it/artwork-8739.html, il giorno 4-12-12. 47 È comunque utile ricordare gli altri pittori che la storiografia ricorda attivi all’interno di Palazzo Barni, oltre al già menzionato Sebastiano Galeotti. Giovan Angelo Porro ricorda che Robert de Longe55, pittore fiammingo il quale viene descritto nei capitoli successivi, dipinse a Lodi nella chiesa di Santa Maria Maddalena e che in precedenza era già stato a palazzo Barni: “le [sue] opere virtuose eransi già vedute nelle sale del Palazzo del sig. Conte Antonio Barni”56 Secondo Raffaella Colace, la mano del pittore fiammingo va rintracciata nel dipinto che sovrasta lo scalone d’onore57 raffigurante Borea che rapisce Orizia (Fig. n°37). Gli interventi di De Longe si collocano fra il 1698, anno di avvio dei lavori di ristrutturazione del palazzo, e il 1706, in cui Porro li menziona come già eseguiti. Rita Dugoni aveva proposto di attribuire a Giovan Angelo Borroni il dipinto sulla volta dello scalone raffigurante una scena mitologica58, ora attribuito a De Longe grazie allo studio di R.Colace come accennato qui sopra. Fig. n°37 Borea che rapisce Orizia sulla volta dello scalone. 55 Bruxelles 1646 - Piacenza 1709, vedi paragrafo Biografia di Robert De Longe. G. A. PORRO, 1706, p. 28 57 R. COLACE, 2002, pp. 331, 333 58 R. DUGONI, 2001, scheda 45, pp. 167-168 56 48 Lo Zaist riporta che il quadraturista Giuseppe Natali59 lavorò in palazzo Barni60, e prendendo in esame i lavori di Giuseppe Natali in altri palazzi (Fig. n°38) abbiamo trovato un riscontro con la galleria che guarda via Vittorio Emanuele, con le fasce delle pareti nella galleria42, la volta delle grottaglie e c’è anche una leggera somiglianza con la sala Sub40 (pp.36-39). Infatti Rita Dugoni ritiene, per motivi stilistici (Fig.n°39), che le quadrature della tela nella galleria42 spettino a Francesco Natali61 fratello minore di Giuseppe62. Ribadisce che anche sotto le controsoffittature sono nascoste delle decorazioni, sulla parte superiore delle pareti, dipinte con elementi architettonici e cartouches, riconducibili per alcune analogie alla mano di Francesco Natali. Inoltre i fratelli Natali lavorarono con De Longe e fecero moltissime collaborazioni, a Piacenza, Cremona e Milano ed evidentemente anche qui a Lodi. Fig. n°38 Francesco Natali, Livorno, oratorio di S. Ranieri, particolare della decorazione a quadratura.63 Fig. n°39 Particolare di Francesco Natali o Giuseppe Natali all’interno di palazzo Barni. Giovan Battista Zaist riferisce che anche «Giovan Angelo Borroni64 lavora in casa Barni»65. Si suppone che il tratto dell’artista vada individuato nella galleria che si 59 Casalmaggiore 1654 - Cremona 1720) Zaist, 1774, p121 61 Casalmaggiore 1669 - Pontremoli 1735 62 R. DUGONI, 2001, scheda 45, pp. 167-168 63 Realtà e illusione nell’architettura dipinta, Quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca, a cura di Fauzia Farneti, Deanna Lenzi , ALINEA Editrice, p.340 64 Cremona, 1684 - Milano, 1772 65 G. B. ZAIST, 1774, p. 141. 60 49 affaccia su corso Vittorio Emanuele, con un carattere stilistico apparentemente molto similare a quello del De Longe, essendo stato un suo allievo. E’ probabile che lo stesso vescovo di Piacenza, Giorgio Barni, sia l’ispiratore della collezione di dipinti che si trovavano nelle tre gallerie di Palazzo Barni e che sono ricordati nell’Inventarium factum p. Nob. d. Comitem Jo. Paulum Barnum et d. Bassianum Pr.em Ill.mi et R.mi Jo. Bap.tae Barni66. Alla sua morte lascia la maggior parte dei suoi beni ai nipoti Giovanni Paolo67, secondo conte di Roncadello, e Giovanni Battista, nunzio apostolico. Fra le tele ricordate dall’inventario, sono citate: «nel salone superiore due quadri stragrandi d’istorie sagre con cornice nera filetti indorati68 ». Sembra assai probabile che in questa descrizione si debbano riconoscere i due teleri con le storie di Mosè, all’interno del salone principale. Dunque, esse sarebbero state collocate nel salone del palazzo fin dall’origine. La data dell’inventario, 1731, si può dunque considerare il termine ante quem, mentre il 1698, anno dell’avvio dei lavori di ristrutturazione del palazzo, si pone come termine post quem69 (Sottocapitolo 2.5.2). Dall’elenco delle opere presenti nella collezione Barni, si evince una preferenza per i pittori emiliani e lombardi, ed è probabile che fra questi vada cercato l’autore dei due teleri. L’attuale stato di leggibilità dei dipinti sconsiglia tuttavia di azzardare un’ipotesi attributiva,anche se in alcuni testi dove vengono descritte le opere del De Longe troviamo delle grandi tele con raffigurazioni religiose che hanno alcuni particolari simili alle due tele in palazzo, come ad esempio le piante e le loro foglie. Sintetizzando, Galeotti potrebbe aver realizzato, nella “San Francesco in Gloria” incoronato da un angelo nella sala Sub24, l’allegoria del sonno e “Aurora rapisce Cefalo” e le tele nella galleria42. Queste ultime sono state eseguite in collaborazione con il Natali, il quale realizzò anche le quadrature della galleria che si affaccia sul corso di via Vittorio Emanuele, quelle delle fasce nel Sub40 e la volta delle grottaglie. Sono infine riconducibili per stile a Robert De Longe il salone e la galleria che si affaccia sul cortile, mentre lo scalone è l’unica attribuzione certa al fiamminghino. 66 Archivio Storico Comunale di Lodi, Notarile, Gaetano Maldotti, 13 novembre 1731; reso noto da M. CERRI, 1996, p. 36. 67 1675-1736. 68 Nell’Inventarium factum p. Nob. d. Comitem Jo. Paulum Barnum et d. Bassianum Pr.em Ill.mi et R.mi Jo. Bap.tae Barni. 69 Indagine storico artistica di Matteo Facchi. 50 2.4. IPOTESI ATTRIBUTIVA A ROBERT DE LONGE Tra le rappresentazioni presenti nella chiesa di San Sigismondo70, nel palazzo LodiMora71 a Cremona e gli affreschi di palazzo Barni. ci sono strette analogie, nella ripresa diretta di moduli figurativi adottati sia negli angeli, sia nelle nubi compatte e fumose e anche nei soggetti ripetuti dall’artista. A ciò si aggiunge la similitudine dei volti delle figure, la tipologia dei putti,inconfondibili, le forti ombreggiature nel modellato delle parti nude del corpo, l’avvitarsi su sé stesso della figura dai piedi fino alla testa, l’analogia fisionomica dei volti femminili e delle chiome,come anche la concretezza delle carni72. È particolare il suo trattamento verso i panneggi, perché sono incisi e poco modellati sui corpi, ma gonfi e apertamente svolazzanti; avvicina anche l’uso di tenui cromie mosse su toni pastellati, dove la pennellata morbida accompagna i misurati panneggi cromatici, frutto di consumata perizia e di uno stile classicheggiante appreso, forse, nel suo viaggio per le città italiane come Genova, Venezia, Firenze, Milano e Roma. Fa emergere anche la sua formazione emiliana seicentesca e gli influssi decisamente barocchi e classicheggianti dell’istruzione proveniente dal soggiorno romano. L’artista studia le sue figure singolarmente,ognuna in una posa ricercata, secondo la teorica teatrale e compositiva, come sempre però De Longe interpreta in maniera personale lasciando individuare il suo stile nell’inconfondibile panneggiare, nell’uso intervallato della luce che indugia nelle pieghe e sui corpi; il fiammingo però spesso usa gli stessi modelli, ovvero gli stessi cartoni realizzati per incidere l’immagine che vuole realizzare poi sull’intonaco ancora fresco, come in questo caso. L'intervento di De Longe all’interno del palazzo si deve essere concretizzato entro un breve periodo di tempo, o meglio solo nel giro di pochi anni, tra il 1698, anno del rinnovamento del palazzo lodigiano, e il 1706 data ante quem fissata dalla menzione del Porro. In seguito a molti studi si è supposto che l’affresco del salone e tutta la galleria che si affaccia sul cortile, siano verosimilmente attribuibili a Robert De Longe sulla base di inequivocabili caratteri stilistici (Fig. n°40-41-42-43). 70 Cremona, Largo Visconti Bianca Maria-Duemiglia, chiesa con pianta longitudinale con transetto allineato ai muri perimetrali e navata unica. Seconda metà del sec. XV. Il progetto realizzato da Gadio Bartolomeo. http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00024/ 71 Chiamato anche Palazzo Zaccaria. Antica proprietà della nobile famiglia Lodi-Mora, questo palazzo sorse nella seconda metà del XVII secolo. http://www.laprovinciadicremona.it/cultura/edificistorici/palazzi/cremona-palazzo-zaccaria-gia-lodi-1.11983 72 Lydia Azzolini, Ipotesi attributiva a Robert De Longe, “strenna dell’ADAFA”, 2000, pp.39-41 51 Fig. n°40-41-42-43 La figura in alto a sinistra è un particolare del panneggio del dipinto murale sulla volta dello scalone, il quale è stato attribuito a Robert De Longe da R. Colace, mentre il resto delle fotografie sono da alti affreschi probabilmente realizzati sempre dallo stesso artista vista la somiglianza dello stile. Molti sono gli affreschi di palazzo Barni rappresentanti fatti mitologici che fino ad ora non avevano una paternità precisa, avendo in essi riscontrato parecchi elementi di altri dipinti murali si è potuto quindi procedere con delle ipotesi. Approfondendo l’indagine e confrontando le numerose opere del presunto autore si è constatata la presenza di una rappresentazione grafica quasi identica di particolari ed un medesimo modo di comporre la scena. Infatti nel palazzo piacentino Casati, De Longe decora la volta di una sala con Borea rapisce Orizia73, soggetto riproposto in palazzo Barni a Lodi sulla volta dello scalone;l’artista infatti riutilizza un modello cartonato già sperimentato a Cremona,precisamente nella volta della cappella a San Sigismondo dell’Angelo Custode. Il modello che a Lodi raffigura Borea in questo caso rappresenta un angelo che 73 Vicenda narrata nelle Metamorfosi di Ovidio, Lib.6,702-707. 52 trasporta un’anima in paradiso,e il tutto risulta concepito secondo lo stesso modulo compositivo, realizzato solo in controparte (Fig. n°44-45). La figura di Borea è esattamente ricalcata su quella dell’angelo custode di San Sigismondo, così come quella di Orizia, seppur con qualche leggera variante, su quella cremonese. Purtroppo l’affresco in palazzo Barni non è ben conservato, ma non è difficile riconoscere la disinvoltura degli scorci e la resa aerea delle figure, avvolte in morbidi panneggi svolazzanti, in perfetta sintonia con la grande decorazione barocca che De Longe aveva potuto ammirare nel suo soggiorno romano e di cui aveva appreso le regole. Tale personificazione presenta forti ombreggiature nel modellato delle parti nude del corpo, tipiche dell’artista, come l’avvitarsi su sé stesso della figura,ripresa di scorcio dal basso verso l'alto. Questa attribuzione è stata effettuata,come già scritto nel capitolo precedente da Roberta Colace, dopo un lungo studio e un esame ravvicinato grazie al restauro di questo affresco; si è quindi potuti giungere alla conclusione scritta precedentemente. Fig. n°44-45 A sinistra Chiesa di S. Sigismondo, Cappella dell’Angelo custode, di Robert De Longe74, a destra Palazzo Barni, volta dello scalone, Borea che rapisce Orizia. L’affresco del salone non è stato attribuito ad alcun artista; vari storici dell’arte lo inseriscono negli ultimi anni del ‘600 e il primo decennio del ‘700 quindi nel periodo in cui il pittore fiammingo ha lavorato nel palazzo Barni. Essendo solito ad usare gli stessi modelli, potrebbe essere attribuito a lui. Infatti all’interno di palazzo Zaccaria a Cremona (Fig. n°46) vi è un affresco, “risveglio della primavera”, che ricorda l’argonauta presente nel salone (Fig.n°47) e la rappresentazione di Flora e dei suoi fiori nella sala 14a, presenti in palazzo Barni. Nel caso dell’argonauta vi è una somiglianza 74 Ipotesi attributiva a Robert De Longe, Lydia Azzolini, p40 53 dovuta all’impostazione della posizione, mentre per quanto riguarda Flora vi è un’affinità con le decorazioni floreali e dei putti che la circondano. Fig. n°46-47 A sinistra il soffitto di palazzo Lodi Mora o Zaccaria, il risveglio della primavera, a destra Palazzo Barni, affresco della volta del salone principale. Il salone ha delle caratteristiche che portano a presupporre che l’affresco sia del De Longe per la tecnica esecutiva, identica al affresco precedente, con la presenza di incisioni, di giornate e dei fori per fissare il cartone (visibili nel capitolo delle tecniche esecutive). Altri particolari sono poi le nuvole del cielo (Fig. n°48,49,50), gonfie e con colori che staccano dal caldo al freddo, l’uso del fondo rosa, l’utilizzo particolare del nero sulle guance dei putti (Fig. n°51,52,53), i panneggi, gli incarnati, la tecnica esecutiva. Fig. n°48-49-50 Fotografie di tre particolari di affreschi differenti, delle nuvole. 54 Fig. n°51-52-53 Fotografie di tre particolari di tre affreschi differenti, tratti neri caratteristici del pittore. Lo sfondo comprendente le nubi dell’affresco di Flora, presente nella galleria sopracitato invece si accosta a quello del salone. Il cielo dell’affresco è suddiviso come nel salone con toni caldi, grazie ad un colore ocra, e toni freddi, con l’azzurro e il grigio/nero; infatti, le nuvole infatti risultano inconfondibili. Altra indicazione particolare, che porta ad attribuire l’opera al suddetto artista, sono le crepe da ritiro dell’intonaco presenti in ogni affresco, e dovute presumibilmente al rapido essiccamento della malta in fase di esecuzione. La figura di Flora somiglia molto alla rappresentazione di Orizia presente nello scalone nei particolari del seno scoperto, del velo che svolazza dietro la figura, di una gamba coperta e l’altra no (fig. n°54-55). Fig. n°54-55 Confronto. A sinistra la rappresentazione di Flora a palazzo Barni, a rappresentazione di Orizia a Palazzo Barni. 55 destra la Cerere è in uno stato di conservazione pessimo però è possibile scorciare le figure e le nuvole che sono riconducibili allo stile inconfondibile del De Longe. Bacco invece è in uno stato di degrado avanzato, con una patina nera che lo ricopre completamente, però è riconoscibile lo stile usato per la rappresentazione dei putti, delle nuvole scure e corpose. L’irreperibilità dei documenti d’archivio rende difficile ogni attribuzione certa, riconoscibile unicamente sulla base dell’analisi stilistica, rendendo tale proposta attributiva solo un ipotesi suscettibile di variazioni. 56 2.4.1. INTRODUZIONE A ROBERT DELONGE Dall’inizio del Cinquecento in poi la presenza degli artisti fiamminghi ed olandesi in Italia si fece sempre più frequente, probabilmente perché Roma era la scuola madre della pittura, come la chiama Karel van Mander 75(1548-1606) all’interno del suo Libro dei pittori76. Tuttavia, ci fu anche chi ebbe l’ambizione e il talento necessari per qualificarsi e fare carriera come pittore conosciuto, sia di soggetti narrativi, che di rappresentazioni religiose, genere più apprezzato, più richiesto e più rimunerato. Un buon numero di questi pittori nordici operosi nella penisola italica riuscì a guadagnarsi una buona reputazione nella città eterna. Altri artisti invece si stabilirono in altre città italiche, dove trovarono lavoro sufficiente per stabilirsi in Italia. Questo accadde anche per il fiammingo Robert de Longe. De Longe ebbe un chiaro successo in Italia tra la seconda metà del Seicento e la prima metà del secolo successivo, con soggetti narrativi, sia sacri che profani. Per motivi poco conosciuti, ma indubbiamente legati con le possibilità di lavoro, il De Longe si stabili per dodici anni a Cremona, per poi trasferirsi a Piacenza, anche se di tanto in tanto ritornava nella città lombarda. Il De Longe disponeva di incisioni neerlandesi su cui si documentò, nella preparazione delle sue opere, secondo noti principi dell’imitazione e dell’emulazione77. L’arte di De Longe spazia, all’interno delle regole ed abitudini della grande decorazione barocca, e inoltre le sue radici fiamminghe sono appena riconoscibili; diventa quindi difficile identificare l’artista come nordico. Per lui, il successo come pittore ed il numero delle commissioni pubbliche non dipendeva soltanto dall’abilità professionale e da contati sociali, ma era anche in correlazione con la capacità di apprendimento e di adattamento, che permetteva di confrontarsi il più possibile con le tradizioni, abitudini, pratiche tecniche, iconografiche e formali della grande pittura italiana per poterne diventare una parte perfettamente integrata. 75 Mander ‹màndër›, Karel van. - Pittore e scrittore fiammingo (Meulebeke 1548 - Amsterdam 1606). Allievo di Lucas de Heere a Gand e di Pieter Vlerick a Courtrai, trascorse poi dieci anni in Italia e in Austria. Da Enciclopedie on line Treccani.it. http://www.treccani.it/enciclopedia/karel-van-mander/ visitato il 16 ottobre ’12. 76 Schilder-Boeck, ovvero il "Libro della Pittura", pubblicato per la prima volta in Olanda nel 1604, presso la stemperia di Jacob de Meester, con l'editore Passchier van Westbush di Harlem. È un'opera che raccoglie studi biografici e storici riguardo a dipinti di varie epoche e che è il corrispettivo di quello che è stata in Italia l'opera di Giorgio Vasari, infatti in essa si possono leggere vari volumi: "Le vite degli illustri pittori fiamminghi, olandesi e tedeschi", "Fondamenti della nobile e liberale arte della pittura", "Le vite degli illustri pittori antichi. Le vite degli illustri pittori italiani moderni e contemporanei". Il lavoro venne terminato nel 1603 e dato alle stampe l'anno successivo. http://it.wikipedia.org/wiki/Karel_van_Mander visitato il 16 ottobre ’12. 77 R. Colace, Robert De Longe a Cremona: un maestro fiammingo del Barocco italiano, Cremona 2000, pp. 12-13 57 2.4.2. BIOGRAFIA «sul finire dell’ultimo Secolo fioriva pure nella noftra Patria Uberto La Longe, detto il Fiamingo…»78 Robert de Longe79 nato a Bruxelles nel 164680, da una famiglia benestante. Era uno spirito attivo e intraprendente, sceglie la strada della pittura, e i primi rudimenti vengono appresi in patria, nella bottega di Jacques de Potter, pittore “rubensiano” nel 1658. Alla precoce età di dodici anni risulta iscritto alla Gilda dei pittori di Bruxelles, e ciò fa ritenere che egli avesse fin da subito mostrato un notevole talento, se si considera che per essere ammessi alla Gilda bisognava svolgere attività di apprendista presso un valente maestro per almeno quattro anni, oltre a versare una retta generalmente cospicua, non lascia in questa città alcuna opera quale maestro autonomo. Non si sa con precisione quando, ma ben presto De Longe abbandona Bruxelles e la famiglia. Prima destinazione le città d’Olanda, poi quelle di Germania, Francia e Inghilterra, alla scoperta delle opere dei grandi maestri del ‘600 europeo . E sarà l’Italia a rappresentare l’ultima meta del girovago pittore, dove egli avrebbe trascorso il resto della sua esistenza. Era tradizione radicata fin dal ‘500, che gli artisti, soprattutto dei Paesi Bassi, compissero un viaggio nella penisola per ammirare le antichità classiche e le grandi opere del Rinascimento, ma anche per trovare lavoro. Il primo approdo fu Firenze, dove il pittore lavorò per Giovanni Callesio. L’ambizione più profonda però era quella di andare a Roma, dove, una colta giunto: «provò quello stupore dei grandi ingegni… le antiche vestigie dei greci e dei Romani, e le orme tutt’ora fresche e luminose dei pittori del secolo del magni Leone che stampate avevano sul cammino della perfezione quali stimoli furono per quel caldo animo che non perdeva di vista mai il sui scopo, e vi tendeva per tutte le buone vie collo studio,e cogli esempi»81 78 Zaist 1774, rist. anast. 1976,I. L’atto di Battesimo, di cui alla nota seguente, e la sua firma autografata su un contratto stipulato nel 1693 con gli amministratori della chiesa di San’Antonino di Piacenza hanno chiarito una volta per tutte la corretta forma del nome. Infatti nelle fonti antiche è l pittore spesso chiamato Uberto LaLonge, se non Umberto il Fiammingo. 80 L’atto di battesimo, conservato presso la parrocchia di S. Gudula a Bruxelles, porta la data del 30 marzo 1646. Memorie per servire alla storia degli artisti cremonesi / Giambattista Biffi ; edizione critica a cura di Luisa Bandera Gregori. 1989 81 Biffi, sec. XVIII, ed. 1989. 79 58 Queste parole ci danno l’immagine di un personaggio assetato di studio che riuscì evidentemente ad unire all’ingegno e alle sue doti artistiche innate un esercizio continuo e un’ instancabile voglia di conoscenza. Per motivi sconosciuti,forse solo per desiderio di conoscere altre realtà cittadine, De Longe lascia Roma per visitare Napoli, Genova e infine Milano, forse era solo il desiderio di conoscere altre città italiane. Siamo probabilmente entro la prima metà dell’ottavo decennio del secolo ed in queste città l’artista non si fermò a lungo. Anche a Milano il pittore riuscì a farsi apprezzare, avendo realizzato alcuni affreschi in collaborazione con Andrea Lanzani in palazzo Archiniti82. Dopo la visita nella città di Milano si trasferì a Cremona probabilmente per motivi famigliari ma anche lavorativi e dove conobbe un certo Carlo Bovi83 ed il pittore cremonese Agostino Bonisoli che lo invita nella città padana come allievo, per comprendere meglio le tecniche della scuola italiana. Il Biffi nelle Memorie per servire alla storia degli artisti cremonesi84 afferma che il pittore non si sposò mai, lo Zaist aggiunge che il pittore amava troppo la libertà per «legarsi in maritaggio», ma ebbe comunque due figlie naturali. A Cremona rimase dodici anni come lasciano presupporre le numerose opere realizzate, questo periodo cremonese dovrebbe essere compreso tra il 1673 e il 1685. Ben presto i suoi dipinti guadagnano fama, se non altro in ambito locale. Tale fama gli fa guadagnare la simpatia del Vescovo di Piacenza, Giorgio Barni, che nel 1685 lo invita nella città emiliana offrendogli protezione. È l'inizio del suo periodo piacentino, che si concluderà solo con la morte. Piacenza era orfana ormai del Guercino e del Morazzone, quindi guarda subito con interesse questo fiammingo dalla mano felice. Si susseguono infatti le committenze, sia laiche che ecclesiastiche, ed il De Longe non tarda ad innalzarsi al di sopra degli altri pittori che operano in Piacenza in quegli anni. Il suo "San Giuseppe" (ca. 1690) riscuote grande apprezzamento e gli fa ottenere le successive commissioni, che certamente rappresentano il suo riconoscimento quale "caposcuola" dell'area piacentina. Gli vengono infatti commissionate (1693) dal Duca cinque tele, da collocarsi nella Cattedrale di Sant'Antonino, che illustrino la vita del Santo Patrono di Piacenza. L'ultimo suo capolavoro è del 1705, l'Arciconfraternita del SS. Sacramento di Cortemaggiore lo invita a decorare la cupola dell'Oratorio di S. Giovanni, qui oltre alle 82 Questa notizia viene dallo Zaist che afferma che in Palazzo Archiniti, De Longe avrebbe affrescato alcune figure entro quadrature di Andrea Lanzani. Zaist 1774, rist.anast. 1976,I. 83 Non si sa nulla di questo personaggio, solo che apparteneva alla famiglia Bovi. 84 Biffi, Memorie per servire alla storia degli artisti cremonesi, sec. XVIII, ed.1989. 59 committenze ecclesiastiche ha anche quelle private come certificano i documenti del pagamento tra il 1703-170 a palazzo Casati nel piacentino. Come già accennato il De Longe non interrompe mai i contatti con Cremona. La sua esperienza è decisamente orientata verso il mondo italiano, pur lasciando sopravvivere qualche componente fiamminga-rubensiana, vivificate alla luce del dinamico linguaggio barocco. Non cadde mai nel classicismo accademico. La sua pittura conserverà dell’educazione classicista la saldezza del disegno, la consistenza plastica della figure, l’intensità dei timbri cromatici, cosi come dall’ambiente rubensiano, nutrito poi dall’esperienza barocca romana, deriverà la luce avvolgente e quel tratto sciolto che rende morbidi i panneggi e vibrante la superficie. «…nel fuo dipingere, in paftofo non meno a frefco, che a olio, rafembrano a noi varie di lui opere a frefco, in tal maniera efeguite, come fe fatte a olio, fornita egli avendo l’immaginazione di belle idee. Era affai bene intendere del Nudo, e faceva in specialità nelle Femmine le carni morbide, e paftofe…85» La sua fama era tale che vari giovani andarono a scuola di pittura da lui come Lorenzo Bianchi, Melchiorre Gabbiani, Francesco Calvi, e Silvestro Magnaschi. Nel suo testamento donò i suoi modelli e cartoni necessari per la professione affinché se li dividessero tra di loro. Si affermò che abbia lasciato tracce della sua scuola e avrebbe influito su Angelo Massarotti, Giovan Angelo Borroni e Giovan Battista Paliari86. Pare che la morte lo cogliesse improvvisamente nel 1709 probabilmente come dice Carasi il 18 marzo 1709, a Piacenza. Lanzi scrive di lui: «Commendando le sue figure i paesi, che v’interpone; ancorchè talora si desideri in quelle miglior disegno, in questi e generalmente nelle sue opere miglior degradazione.»87 85 Zaist, 1774, rist. anast. 1976,I. Strenna piacentina 2000 87 Storia pittorica della italia Dal risorgimento delle Belle Arti fin presso al fine del XVIII secoloDell’ab.Luigi Lanzi Antiquario I. e R. in FirenzeEdizione terzaCorretta ed accresciuta dall’autoreTomo quartoOve si descrivono le scuole lombarde di Mantova. Modena, Parma, Cremona, e Milano” 86 60 2.5. SALE SOTTOPOSTE AL RESTAURO “Un mondo di allegorie apre su un cielo mitologico le volte e i soffitti delle scalinate d’onore e dei saloni da ricevimento barocchi.”88 Prendendo in esame il restauro conservativo di solo due delle sale dell’intero palazzo, vale a dire lo scalone monumentale ed il salone principale, vengono quindi riportate le loro descrizioni qui sotto. Le sale sono simili in termini di architettura, caratteri stilistici, esecutivi e materici, ma si distinguono per le funzionalità. 2.5.1. SCALONE MONUMENTALE Lo scalone principale, che presentiamo, è molto ampio, ha forma rettangolare con le seguenti misure di 5,30x14m, con una superficie totale di circa 74mq (Tavola n°4, Volume II). L’ingresso dello scalone è decorato con due colonne in stile ionico ed un arco che le sovrasta. Sul lato lungo, che si affaccia al cortile, vi è la presenza di quattro finestre di grandi dimensioni che permettono alla luce di entrare ed illuminare la volta decorata con affreschi e stucchi. Ha due rampe di scale con balaustra in pietra (Fig. n°56-57), in ottimo stato di conservazione, ad ogni fine rampa si trovavano delle sfere in marmo oggi scomparse. Fig. n°56 visione generale dello scalone Fig. n°57 particolare di oggi dello scalone senza sfera decorativa Sul primo ripiano della grande scalinata, all’interno di una nicchia con cornice in stile barocco (Fig. n°58), era conservato il busto in marmo del prode e fiero condottiero lodigiano Ludovico Vistarini (1468-1556). Il busto è ritenuto opera dello scultore Leone 88 P. e L. Mora, La conservazione dei dipinti murali 61 Leoni89, allievo di Michelangelo90. Oggi il busto di Ludovico Vistarini è collocato al museo civico di Lodi91. Fig. n°58 Nicchia in stile barocco Fig. n°59 visione generale della sala oggi. Questa cornice ripropone lo stesso stile dell’modellato in stucco sulla volta e del cornicione. Al pianerottolo finale (Fig. n°59) troviamo due portoni; uno che si apre sul salone principale e l’altro, a sinistra, che conduce ad un appartamento ristrutturato recentemente. Il portoncino che porta nel salone ha una decorazione, definita contornoporta, in stile ottocentesco, però nella parte alta è possibile vedere grazie alla lacuna della pellicola pittorica della suddetta decorazione e sotto uno strato di scialbi, una decorazione di fine seicento (Fig. n°60), con finte architetture che vanno a riprendere decorazioni, e colori viste all’interno delle sale del palazzo. 89 Scultore e medaglista (Menaggio 1509 - Milano 1590); come medaglista, rivelò un fine senso pittorico, unito a forti qualità ritrattistiche: medaglie dell'Aretino (1537), Carlo V, Filippo II, Maria d'Ungheria, ecc. Nelle opere di scultura risentì anche dell'influsso di Michelangelo e del Sansovino: statua di Filippo II (1551); gruppo di Carlo V e il Furore (Madrid, Prado, fuso nel 1551); monumento di Ferrante Gonzaga (1557-64) a Guastalla; monumento a Gian Giacomo Medici (1560-63) nel duomo di Milano. Negli ultimi anni lavorò all'Escorial. http://www.treccani.it/enciclopedia/leone-leoni/ 90 Michelàngelo (o Michelàngiolo; propr. Michelàgnolo) Buonarroti. - Architetto, scultore, pittore, poeta (Caprese, od. Caprese Michelangelo, Arezzo, 1475 - Roma 1564). Culmine della civiltà rinascimentale, celebrato come il massimo genio del suo tempo, ne rappresentò anche la drammatica conclusione. http://www.treccani.it/enciclopedia/michelangelo-buonarroti/ 91 All’interno del museo civico di Lodi vi è la Pinacoteca che è situata al primo piano del palazzo. Per accedervi si passa da un imponente scalone, a metà del quale è situato il busto di marmo di Ludovico Vistarini, opera di Leone Leoni. 62 Fig. n°60 Particolare della decorazione del contorno porta, con visione della perdita di pellicola pittorica. L’ingresso a sinistra invece è stato fatto successivamente, poiché la decorazione attorno alla portoncino, è identica all’altro contorno-porta, ma sotto di esso non troviamo decorazioni precedenti, se non scialbi di manutenzione. La struttura architettonica del locale è uno spazio geometrico formato da una volta92 , precisamente una volta cilindrica con teste di padiglione (Fig. n°61), poiché la pianta è rettangolare e non quadrata93; ecco la rappresentazione della pianta, delle sezioni longitudinali, trasversali nonché la prospettiva assonometrica schematica. Fig. n°61 Volta cilindrica a padiglione. All'imposta della volta corre un'elaborata cornice in stucco, che corrisponde stilisticamente (Fig. n°62-63), ma in forme meno elaborate al modellato in stucco che si 92 La volta è una superficie curva che copre uno spazio e ha origine dall‟arco. L‟arco determina il tipo di curvatura e da esso derivano i vari tipi di volta: a tutto sesto, ogivale, ribassata ecc ELENA TORNAGHI, Le stanze dell’arte, Torino, Loescher Editore, Sesta Edizione,2009, p. 37 93 Geometria descrittiva prospettiva, quinta edizione aggiornata Hoepli 2006 63 trova attorno all’affresco. È molto simile a quella che troviamo anche nel salone, infatti nei quattro angoli troviamo delle grandi conchiglie. Questo è un elemento decorativo aggettante e lineare con decorazioni floreali utilizzato per raccordare le pareti con la volta decorata e per sottolineare gli spigoli, dato dalle conchiglie agli angoli e le foglie che scendono da queste. Sul cornicione troviamo a partire dalla parte più alta, tre listelli di differenti altezze e sporgenze, una gola rovescia con una decorazione di foglie, più in basso vi sono altri due listelli ed una gola diritta, di dimensioni più piccole c’è un altra gola rovescia con gli stessi ornamenti di quella precedente. Con un’altezza maggiore troviamo un listello decorato da facce di putti e decorazioni floreali alternate, infine troviamo una gola rovescia identica alle precedenti. Fig. n°62-63 A sinistra i nomi delle modanature, a destra la cornice ad imposta della volta. L’opera decorativa che ricopre quasi tutta la superficie della volta è caratterizzata da uno specifico impianto decorativo, riconducibile allo stile del barocco. Ovvero ricerca il movimento e l'energia, attraverso i forti contrasti di luce e ombra rintracciati nell'effetto dinamico del modellato. L'arte barocca aveva il compito di toccare direttamente l'animo e i sentimenti della gente, ed era necessario che questa assumesse forme grandiose e monumentali come in questo caso. Questo scalone è coperto da una volta, decorata con un grande medaglione festoso decorato in stucco che occupa quasi tutta la superficie, e che funge anche da cornice ad un affresco centrale rappresentante una scena mitologica, raffigurante Bòrea, dio del 64 potente vento settentrionale, che rapisce Orizia94. Attorno all’affresco si sviluppano modellati in stucco come nastri, conchiglie, foglie, frutta, grandi medaglioni floreali e quattro maschere. Troviamo anche quattro piccoli affreschi attorno a quello centrale racchiusi in una cornice ovale dello stesso stile. Purtroppo tutto l’insieme è alquanto malandato (Fig. n°64). Fig. n°64 Visione generale della decorazione in stucco. L’autore del dipinto era ignoto fino al 2002 quando R.Colace lo attribuì a Robert De Longe, definendo anche la rappresentazione, ovvero Borea che rapisce Orizia, qui di seguito sarà raccontata la loro storia tratta dalle Metamorfosi di Ovidio. «[…]il dio Borea, invece, che veniva dalla Tracia, per colpa della storia di Tereo dovette attendere a lungo prima di avere l’amata Oritìia. Questo finchè si limitò a chiederla e finchè preferì usare le preghiere piuttosto che la forza. Ma quando vide che con le buone non concludeva nulla, tutto arruffato dall’ira che gli è solita e anche troppo consueta, disse quel vento: «E mi sta bene! Perché infatti ho lasciato le mie armi, la crudezza e l’impeto e l’ira e la mia aria minacciosa, e sono ricorso alle preghiere, in cui uso non mi si addice? A me si conviene la violenza: con la violenza scaccio le tristi nuvole, con la violenza sconvolgo il mare e abbatto le querce nodose e indurisco la neve e tempesto di grandine la terra. Sempre io, quando sorprendo i miei fratelli nel cielo aperto(quella infatti è la mia arena), mi azzuffo con loro con tanta furia, che il cielo in mezzo rintrona ai nostri scontri e dalle nuvole cave sprizzano fuori fulmini.sempre io, quando m’infilo nelle fessure della terra e furioso inarco il dorso contro le volte delle più profonde caverne, metto in agitazione le ombre dei morti e tutto il mondo con i tremori. Con questi mezzi dovevo cercare di sposarla! Non dovevo stare a pregare Eretteo, dovevo farmelo suocero a fatti!». Dette queste cose, o cose non da meno di queste, Borea scosse le ali, e a 94 figlia di Eretteo, dalla quale ebbe due figli, i Boreadi Calaide e Zete, i quali fecero parte degli Argonauti e scacciarono le Arpie, come vedesi nell’affresco successivo. 65 quei battiti un soffio corse su tutta la terra e il vasto mare s’increspò. Strascinando su per le cime dei monti il suo mantello di polvere, l’innamorato spazzò il suolo e nascosto dalla caligine avvolse Oritìia, tutta impaurita, tra le sue fulve ali. Mentre volava, portandola via, s’infiammò col moto ancor più fortemente, e non pose fine a quella corsa sfrenata per l’aria che quando ebbe raggiunto la ragione e le sue mura dei Cicloni95» Borea è l’uomo coperto dal solo panneggio, color marrone e con le ali molto ampie, costui è il vento del Nord, detto anche Aquilone. Lui rapisce Oritìia, figlia di Eretteo ovvero re di Atene e sorella di Procri, e da lui ha i figli Càlai e Zete, qui lei è rappresentata con un seno scoperto, un panneggio di color violaceo ed una gamba coperta e l’altra no. Dietro la figura c’è un velo che svolazza di color azzurro, per far capire che le due figure sono in volo. Troviamo tre putti , uno che sostiene una fiaccola e gli altri due che invece tengono una collana di perle tra le mani alzandola. Dalle nuvole sbucano tre teste e sembrano dei piccoli putti o angioletti che soffiano verso la fiaccola, quasi a volerla accendere(Fig. n°65,66,67). Fig. n°65-66-67 Visione generale del dipinto murale, in alto a destra la fiaccola, in basso a destra la corona di perle. 95 Publio Ovidio Nasone, Le metamorfosi, trad. di Lalla Romano, a cura di Antonio Ria, Torino, Einaudi, 2005, Libro sesto 682. 66 I colori del cielo sono in un turbine, come per descrivere la scena del rapimento; anche le loro espressioni rendono partecipi del momento: si notano la paura di Orizia e lo sguardo convinto di Borea nel gesto che sta compiendo, mentre la tenendola per i fianchi. Attorno all’affresco troviamo anche altri dipinti murali raffiguranti tre uomini che soffiano ed una figura che potrebbe essere un putto o un angelo. Sicuramente questi tre uomini che soffiano sono gli altri venti, mentre l’altra figura potrebbe essere un putto che porta la luce nelle tenebre, vista la tenda verde che cerca di spostare (Fig. n°68,69,70,71). Fig. n°68-69-70-71 Particolare dei quattro affreschi che circondano l’affresco centrale. 67 2.5.2. SALONE PRINCIPALE Fig. n°72 Visione generale del salone principale. Il salone principale si trova al primo piano del palazzo, al quale si accede dallo scalone monumentale e dai locali adiacenti dei corpi di fabbrica ad Est ed a Nord del palazzo. Il locale ha una forma rettangolare e le sue dimensioni sono circa 9,63m x 14,80 m per una superficie totale che si aggira sui 143mq (Tavola n°5, Volume II). Lo spazio architettonico è delimitato da pareti con finiture a calce stratificate, caratteristica che accomuna la volta alle pareti, sicuramente è opera di un intervento ordinario di manutenzione delle superfici ritinteggiate con una pittura a calce color grigio chiara. Questo intervento è stato effettuato contornando, non in modo preciso, le aree dove esistevano delle decorazioni pittoriche attorno alle porte, inoltre ha uniformato tutte le superfici piane, nascondendo cosi livelli di finitura di maggior pregio dimostrato dai saggi stratigrafici (sottocapitolo 4.1). Sotto la cornice di imposta della volta fino a terra vi sono queste stratificazioni di colori che hanno provocato esfoliazione nelle zone in cui l’umidità della muratura è più elevata. In volta invece vi è umidità di infiltrazione dovuta a difetti nella copertura, problema che oggi stato risolto. Ha una volta cilindrica con teste a padiglione; questo tipo di copertura ha avuto un ampio successo nei palazzi nobiliari ed importanti edifici nel XVI secolo, grazie anche all’aspetto estetico piacevole dato dall’innesto di lunette che nascono dall’esigenza di inserire porte o finestre alte per illuminare l’ambiente, oltre che per scaricare il peso della volta. Sul lato Nord-Ovest troviamo una porta finestra che da accesso ad un piccolo terrazzino ed una finestra molto grande, nel lato Sud-Ovest invece c’è una finta porta decorata ad 68 affresco e la porta che da allo scalone, priva di decorazioni; il lato Sud-Est ha come decorazione dei contorni porta monocromi, dei quali uno originale e l’altro ricreato qualche anno dopo, mentre nel lato Nord-Est viene riprodotto il contorno porta precedente però con toni più scuri. Quest’ultimo ha subito un intervento di restauro, nel quale è stata realizzata una pezza cementizia. Questi contorni porta riproducono delle finte architetture, ovvero cercano di realizzare architetture tridimensionali su supporto bidimensionale. Questa finta architettura96 si ottiene mediante un gioco di colore, disegno e chiaro-scuro, ha il compito di descrivere un volume, compito strettamente correlato al chiaroscuro cioè alle variazioni di luceombra. Il chiaro-scuro simula il movimento della luce sull'oggetto, lo descrive e lo realizza. Solitamente una volta decisa la direzione della luce si prenderà in considerazione la sua intensità97. Nel nostro caso si presenta una luce che entra dalla finestra e dalla porta finestra del lato Nord-Est (Fig. n°73,74,75,76). Fig. n°73-74-75-76 Decorazioni attorno alle porte. 96 il disegno architettonico deve tenere in considerazione la mobilità dell'osservatore, che deve sempre avere l'impressione di essere nel punto di vista ottimale per la visione dell'oggetto. Inoltre per permettere all'osservatore la visuale sempre corretta, in una stanza moderatamente grande come la presente, il punto di fuga deve essere più di uno.. S. GHIGINO, La realtà dell'illusione, Teoria e pratica nella decorazione architettonica dipinta, Milano, Ulrico Hoepli, 2006 pp. 46-47 97 l'intensità è determinata da due tipi di luce, quelle “di sole” e quelle “diffuse”. La luce “di sole” è netta e potente, più piatta rispetto alla luce “diffusa” che è più morbida e rende gli oggetti più sfumati S. GHIGINO, La realtà dell'illusione, Teoria e pratica nella decorazione architettonica dipinta, Milano, Ulrico Hoepli, 2006 p.54 50 S. GHIGINO 69 All'imposta della volta corre un'elaborata cornice in stucco, che corrisponde stilisticamente, ma in forme più elaborate, alla cornice dell'affresco centrale della volta. Il cornicione98 è formato a partire dall’alto 2 listelli di differenti spessori e altezze, una cimbia, un listello decorato con una serie di mezze sfere, un altro listello di un altezza maggiore rispetto agli altri. proseguendo verso il basso troviamo una decorazione floreale con delle foglie, dopo di che una scozia due tori di differenti altezze e sporgenze ed in fine un listello (Fig. n°77). Fig. n°77 Visione generale della cornice all’imposta della volta. Questo grande salone, nel quale convennero un tempo nobili ed alte personalità, reca al centro un limpido affresco, la semplicità del quale è accentuata dalla spettacolare cornice in stucco che lo racchiude. La rappresentazione di tale affresco è una sorta di prosecuzione del primo, uno dei tanti episodi delle traversie degli Argonauti (Fig. n°80), partiti alla conquista del vello d’oro: i Boreadi, Calaide e Zete, scacciano le Arpie 99 ed impongono loro di non più depredare ed insozzare la mensa del re Fineo, cieco ed indovino, il quale chiese questo favore ai due Argonauti in cambio delle divinazioni che essi gli avevano domandato sulla loro impresa, raccontata anche da Virgilio nel terzo libro dell’eneide. Ecco perché si parla di prosecuzione del primo affresco nella volta dello scalone: Càlai e Zete sono gemelli figli di Borea e di Oritìia. Appena nati sono dei bambini normali senza poteri o doto particolari, ma crescendo diventano alati, e durante la spedizione degli Argonauti parteciperanno, scacciando le Arpie. «Lì, l’ateniese Oritìia divenne consorte del gelido signore, e madre; partorì due gemelli, i quali, per tutto il resto, avevano preso da lei, ma avevano le ali del padre. 98 Robert Chitham, gli ordini classici in architettura, Hoepli Le Arpie sono uccelli dal volto di donna, tormentano l’indovino trace Fineo, divenuto cieco per la sua empietà, rubandogli e insozzandogli il cibo; Fineo indica la via della Còlchide agli Argonauti, e due di questi, Càlai e Zete figli di Borea, gli scacciano in premio le Arpie, che si rifugiano nelle isole Stròfadi (nello Ionio), dove più tardi incontrerà Enea. Metamorfosi di Ovidio, indice dei nomi pp. 664. 99 70 Queste ali però, si racconta, non nacquero con loro. Finché la barba non spuntò loro sotto le rosse chiome, Calài e Zete, i due fanciulli, furono implni. Poi a tutti e due, come negli uccelli, due ali cominciarono a fasciare i fianchi, una di qua una di là, entre le guance,a tutti e due, cominciavano a giondeggiare. E quando così la puerizia cadette il passo alla giovinezza, essi partirono assieme ai discendenti di Minia alla ricerca del vello raggiante di fiocchi lucenti, sul mare ancora sconosciuto, a bordo della prima nave100». «E già i discendenti di Minia solcavano il mare con la nave costruita a Pàgase. Già avevano visto Fineo che trascinava in un più perenne la sua stentata vecchiaia, e i giovani figli di Borea avevano scacciato le donne-uccello che svolazzavano davanti alla bocca del poveretto.101» Il dipinto è ambientato in un cielo colmo di nuvole in cui la rappresentazione appare suddiviso in due parti; ciò è ulteriormente sottolineata dalla presenza di nuvole di cromie diversificate. La colorazione a nord ha un tono di “saturazione caldo” e si contrappone a quella fredda nell’altro lato. Sono rappresentate cinque figure, tra le quali i due argonauti Calaide e zete e tre arpie (Fig. n°78,79). le arpie sono posizionate nel tono freddo per far esaltare la loro parte malvagia e per sottolineare il momento tetro della loro morte, e in contrapposizione a queste vi sono gli argonauti rappresentati nella tonalità calda del cielo, per sottolineare il gesto glorioso. La cacciata delle arpie è una rappresentazione rara infatti non è possibile distinguere i due Argonauti perché non hanno segni identificativi ma vengono rappresentati sempre in coppia. Fig. n°78-79 Particolare delle arpie. 100 Metamorfosi di Ovidio, VI libro, versi 711 721. Metamorfosi di Ovidio, VI libro, versi 1-4. 101 71 Fig.n° 80. Affresco della volta, salone primo piano palazzo Barni. In origine era decorato e arricchito da tele importanti, oggi sulle pareti del salone sono collocati due dipinti su tela di grandi dimensioni con cornici lignee, che attualmente non possono essere restaurati. Si è proceduto quindi al loro studio, alla loro mappatura e alla loro protezione con sistemi di schermatura traspirante, mediante una struttura che non interferirà in alcun modo con i manufatti. Le tele sono collocate sulle due pareti corrispondenti ai lati lunghi, sono inserite in cornici di legno con finitura di laccatura e doratura e si presentano simili per la tipologia esecutiva, per i materiali impiegati nella materia pittorica (come la tela, i pigmenti ed i leganti) e per il telaio e la cornice. Lo stato di fatto delle opere è particolarmente compromesso per lo stato di degrado avanzato. Dall’osservazione diretta delle tele sono state effettuate delle mappature con i propri singoli degradi (Tavole n.26-27 nel Volume II), proseguendo la lettura si troverà anche l’approfondimento storico artistico delle opere, necessario per la comprensione. La difficoltà di lettura della materia pittorica rende difficile la comprensione del soggetto e l’attribuzione. Fra le tele ricordate dall’inventario ci sono anche: «.. due quadri stragrandi d’istorie sagre con cornice nera filetti indorati102». Sembra assai probabile che in questa descrizione si debbano riconoscere i due teleri con le storie di Mosè. Dunque, esse 102 Matteo Fracchi, indagine storico artistica 72 sarebbero state collocate nel salone del palazzo fin dall’origine. La data dell’inventario è il 1731, che si può dunque considerare il termine ante quem, mentre il 1698, anno dell’avvio dei lavori di ristrutturazione del palazzo si pone come termine post quem e quindi la datazione potrebbe risalire a questi anni. Dall’elenco delle opere presenti nella collezione Barni, si evince una preferenza per i pittori emiliani e lombardi ed è probabile che fra questi si trovi l’autore dei due teleri. L’attuale stato di leggibilità dei dipinti, sconsiglia tuttavia di azzardare un’ipotesi attributiva. Il lavoro eseguito e di seguito descritto si pone come studio preliminare, finalizzato alla raccolta dei dati di stato di fatto delle tele prima della schermatura. Tela n.1 Fig. n°81 Tela della parete Nord-Est La sola osservazione diretta delle superfici evidenzia che la tela n°1, della parete NordEst, ha un’impostazione pittorica simile alla tela n°2, anche se in quest’ultima sono visibili solo alcuni particolari. Le sue dimensioni sono di 8,15 m x 4,18 m. Il telaio in legno è visibile attraverso gli strappi nella parte destra della tela; esso è verosimilmente originale ed è provvisto di doppia rompi-tratta verticale. Il telaio presenta depositi incoerenti consistenti, guano, imbarcature e presenta numerosi fori da tarlo. Questo grande telero è formato da due tele, di un altezza di circa 2 metri, con una giunta orizzontale ed è di yuta. Ha circa 49 fili per cm quadrato. Vi sono grandi strappi con lacune della tela, soprattutto nella parte destra del dipinto, la tela risulta sfibrata dove vi sono strappi, tagli, lacerazioni e buchi causati dall’attacco dei piccioni. Troviamo un 73 deposito incoerente, difetti di tensionamento che hanno causato diversi spanciamenti. Tutta la superficie dipinta è molto sporca e mostra diffuse tracce di sgocciolamento e guano di piccione. Lo strato pittorico, a causa del degrado, è di difficile riconoscimento però si intravede una preparazione di colore rosso e presenta la pellicola pittorica estremamente impoverita, con diffuse cadute di colore in corrispondenza dei buchi fra trama e ordito e sollevamenti della pellicola pittorica diffusi su tutta la superficie. La cornice è presumibilmente originale, poiché sono facilmente leggibili i punti di giuntura degli elementi lignei che la compongono, vi è anche una doratura a foglia su bolo rosso e laccatura marrone scuro della gola della modanatura. Questa presenta un deposito incoerente molto consistente con incrostazioni e guano. Su tutta la superficie si trovano molte cadute della preparazione e della doratura. Per l’appensione del dipinto sono stati predisposti in fase esecutiva cinque ganci visto il notevole peso della tela e della cornice. Fig. n°82-83-84 Visione generale della tale con perdita della pellicola pittorica particolare con visione della perdita e del sollevamento della pellicola pittorica, particolare di un taglio. La scena è poco leggibile per le lacerazioni, le alterazioni e la perdita della pellicola pittorica. Si distingue un paesaggio roccioso con della vegetazione. Nella parte antistante della scena dipinta sono rappresentate figure femminili e persone anziane poste in ginocchio, inchinate e affaccendate vicino a un torrente nell’atto di prendere o 74 mettere qualcosa nell’acqua. Dall’alto una figura maschile con manto azzurro su veste arancione guarda e indica dall’alto la scena sottostante, sulla destra invece troviamo un accampamento. Nell’insieme è percettibile lo sviluppo defluire scenico della massa umana e dell’acqua del torrente. Questo telero raffigura, come già rilevato dalla restauratrice Maria Cristina Regini, l’episodio di Mosè che addolcisce le acque amare di Mara103. Durante gli anni in cui vaga per il deserto del Sinai, il popolo d’Israele stremato dalla sete giunge presso delle fonti, ma scopre che l’acqua è salamastra. Allora Mosè prega il Signore di soccorre il popolo e Dio gli ordina di gettare il suo bastone nelle fonti la cui acqua diventa potabile. Questo episodio è tradizionalmente letto in chiave allegorica come un’anticipazione della crocifissione: infatti si dice che le acque, rese amare dal veleno del serpente del peccato originale, sono rese dolci dal bastone di Mosè, prefigurazione del legno della croce. Per questo l’episodio è spesso rappresentato in abbinamento a quello di Mosè e il serpente di bronzo104. Proprio questo, infatti, è il soggetto raffigurato sul secondo telero e ciò permette di escludere che l’episodio rappresentato nel primo sia quello di Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia che presenta un’iconografia molto simile, ma ha una differente interpretazione allegorica. Tela n.2 Fig. n°85 Tela n°2 parete Sud-Ovest 103 104 Esodo, 15, 22-27 L. Réau, 1956, pp. 199-200 75 Queste tele, come già detto per quella precedente, hanno un’impostazione pittorica molto simile, anche qui infatti troviamo la stessa cornice. Le sue dimensioni sono 7,43 m x 4,18 m e si presenta come lacerto della tela originale, probabilmente rubata, inoltre il taglio sembra di tempi recenti. Oggi rimane solo la parte superiore, evidentemente troppo in alto perché i ladri riuscissero a raggiungerla. In questa parte rimane, fortunatamente, la raffigurazione del serpente sulla pertica a forma di tau che permette di identificare il soggetto del dipinto. Ciò che resta della tela presenta uno stato di conservazione migliore dell’altro telero e questo probabilmente spiega perché sia stato preferito dai ladri. Il telaio in legno è visibile a causa del taglio della tela, esso è verosimilmente originale ed è provvisto di doppia rompi tratta verticale con depositi incoerenti di varia natura, con fori da tarlo e difetti di imbarcatura nelle rompi tratte verticali. La tela si presenta sfibrata in corrispondenza del taglio(fig. n°86-87 ), la pellicola pittorica si presenta con cadute di colore in corrispondenza dei buchi fra trama e ordito ed anche vicino al taglio, ma comunque è in buone condizioni, ma comunque la superficie pittorica rimanente, è quella ancora ancorata al telaio, ovvero una porzione di 1-1,5 metri nella parte alta e 1015 cm nelle parti perimetrali sul resto dei lati. Questa pellicola è molto sporca e mostra diffuse tracce di sgocciolamento e guano di piccione. Fig. n°86-87 Particolari della tela n°2 tagliata. È stato possibile, grazie ad un lacerto ritrovato sul telaio, fare un analisi diagnostica che ha portato alla conoscenza dei materiali impiegati (dopo la pagina 74 si possono trovare le Indagini diagnostiche del frammento di tela trovato nel Salone). Il supporto è formato da due tele di yuta con un altezza di 2 metri ed una giunta orizzontale, con fili di circa 700 micron di diametro e fibre di circa 30 micron di 76 diametro. E’ presente una preparazione di tipo organico visibile in luce fluorescente, probabilmente una colla animale. Lo strato pittorico presenta una preparazione di colore rosso con pigmenti a base di ferro e calcio, ovvero bolo rosso, questa può ipoteticamente essere la causa del degrado avanzato poiché il bolo a contatto con l’umidità provoca degrado. In seguito è possibile trovare le indagini diagnostiche del frammento della tela. La cornice, come nel caso precedente, è quasi certamente originale. Sono leggibili i punti di giuntura degli elementi lignei e la doratura a foglia su bolo rosso e laccatura marrone scuro della gola della modanatura. Anche qui sono stati predisposti 5 ganci per l’appensione della tela. Come già detto, nella parte centrale del lacerto del dipinto si distingue la parte terminale del bastone di Mosè che sorregge il serpente di bronzo. Nella parte destra si legge parte di una stoffa appesa ad un legno e vegetazione circostante. Nella parte laterale sinistra si legge un piccolo viso che sembra affacciarsi fuori dal quadro. L’episodio raffigurato in questo dipinto è quello di Mosè e il serpente di bronzo105, rappresentato in abbinamento con l’episodio della tela precedente. Questo episodio è sempre accaduto durante gli anni trascorsi nel Sinai, gli israeliti mormorano contro Dio, allora il Signore manda dei serpenti velenosi che decimano il popolo. Il popolo quindi si lamenta con Mosè che intercede presso Dio. Il Signore ordina di fare un serpente di bronzo e di elevarlo su una pertica: chi lo guarderà sarà guarito (Numeri, 21, 4-9; Re II, 18, 4). Dal XII secolo la pertica è rappresentata a forma di tau per rendere più esplicita la sua interpretazione come prefigurazione della croce di Cristo che salva l’umanità106. Fig. n°88 Porta Nicola,Mosè e il serpente di bronzo, Molfetta (Bari), chiesa di S.Domenico 1750-1799107 105 L. Réau, 1956, pp. 199-200 L. Réau, 1956, pp. 208-210 107 http://fe.fondazionezeri.unibo.it/catalogo/ricerca 106 77 Le tele avrebbero la necessità di essere tolte dal telaio per interrompere l’esposizione ai fattori di degrado che ne hanno determinato, e continuano a peggiorare, le loro condizioni, come la pesantezza dei punti di lacerazione con depositi consistenti di polvere e guano e l’esposizione all’ambiente circostante dei materiali costitutivi estremamente indeboliti. Ma questo al momento non è possibile, quindi si è deciso di intervenire con la protezione delle tele dalla polvere, dal vento e dai raggi U.V. e per lo scopo sono state realizzate delle stampe digitali su un telo in pvc microforato ignifugo, dall'ottima resa cromatica. La particolare trama a rete del tessuto permette il passaggio dell'aria evitando l'effetto vela e conferendo allo stesso caratteristiche di traspirabilità . Questi teli sono stati bordati e bucati con la successiva applicazione di fascette per posizionarle all’interno dei ganci applicati al muro (Fig. n°89). Sono stati applicati sei ganci sul lato lungo e tre sul lato corto. Fig. n°89 particolare del gancio per l’affissione della tela in pvc microforata. 78 Fig. n°90 Visione generale dopo il montaggio della tela 1 Fig. n°91 Visione generale dopo il montaggio della tela 2 79 2.6. TECNICA ESECUTIVA 2.6.1. AFFRESCO Si è soliti indicare con il termine “affresco” tutti i dipinti su supporto murario, ma il termine più appropriato è quello di dipinto murale, perché racchiude tutti i vari tipi di tecniche esecutive su muro. In questo capitolo si cercherà di individuare il tipo di tecnica pittorica utilizzata, poiché la conoscenza della materia e della tecnica esecutiva rappresenta il presupposto fondamentale per avviare un intervento di restauro. Con la datazione possiamo definire il nostro affresco in stile barocco; le tecniche murali barocche sono descritte in svariate opere del XVII XVIII sec. ma quella più notevole è di Andrea Pozzo, pubblicata nel 1692 ed intitolata Prospectiva pictorum et architecorum, hanno contribuito alla conoscenza delle tecniche di quel periodo anche Pacheco108 e Martin Knoller. Queste fonti dichiarano che per l’esecuzione dell’affresco, l’intonaco è composto da arriccio e intonachino, entrambi realizzati con sabbia e calce. Negli antichi testi viene citata l’aggiunta di fili di canapa o crini per assicurare la coesione tra sabbia e calce, sui nostri due affreschi sono state ritrovate delle tracce di fili di canapa o legno. Pacheco raccomanda ,dopo l’esecuzione del disegno preparatorio, di dare uno strato di calce e d’amalgama (ocra rossa) sulla superficie al fine di creare uno strato di imprimitura rosa chiaro. Noi troviamo questo strato di imprimitura su tutti e due i nostri affreschi utilizzato come fondo, specialmente sotto il blu e gli incarnati, mentre si presenta meno sotto i verdi. Lo stile barocco cresce di complessità in particolare con le prospettive «dal sotto in su» nelle volte, nelle cupole e sui soffitti,e queste determinano un’evoluzione delle tappe sulla composizione e sui procedimenti esecutivi utilizzati per riportare il disegno sulle superfici da decorare. Insieme agli schizzi disegnati ed ai modelli a colori troviamo il riporto della composizione sul muro tramite dei cartoni, il cui disegno è ricalcato con il punteruolo sull’intonaco ancora fresco e quindi rimane visibile per tutta l’esecuzione. La pittura barocca esige una complessità cromatica e tonale non indifferente ed è per questo motivo che viene suddiviso il lavoro in giornate. I vari toni di base sono preparati in quantità sufficiente per l’insieme del lavoro,e veniva eseguito prima il cielo o il fondo ritagliando fuori le figure, per eseguirle con intonaco fresco. Le condizioni di lavoro degli affreschisti barocchi sono molto conosciute grazie a documenti di archivio: viene dichiarato che gli artisti richiedevano l’aiuto di muratori 108 Pacheco, F., Arte de la Pintura, ediz. F.J. Sanchez, Canton, Madrid, 1956, vol.II, p.52 80 per stendere l’intonaco la mattina presto, quindi il pittore non si occupa più personalmente delle stesure degli intonaci. Nel barocco l’intonaco diventa rugoso e favorisce cosi la vibrazione dei toni; questo sistema è detto “granire”, cioè levare con un pennello i grani di sabbia che fuoriescono dall’intonaco, per far aggrappare meglio il colore. Grande particolarità del barocco è l’applicazione dei pigmenti e l’aggiunta eventuale di calce. Infatti vengono stesi in massa coprente, per dare corpo alla pittura e forza ai toni, come nel nostro caso, ed essendo anche giornate già grandi e maggiormente dettagliate i pigmenti vengono mescolati al grassello o bianco di calce che serve da legante quando l’intonaco inizia ad asciugarsi, che non è da confondere con la pittura a calce perché quest’ultima applica pigmenti stemperati in latte di calce e stesi su intonaco secco. Grazie alle lacune di intonaco, anche se non possiamo garantire che tutte le fasi descritte siano state seguite, si cercherà di spiegare l’esecuzione dell’affresco. I SM: Supporto murario indicato con il colore rosso A: Arriccio indicato con il colore verde I: Intonaco indicato con il colore viola SP: Strato pittorico indicato con il colore giallo A SM SP Fig. n°92 Visione degli strati preparatori nella lacuna di intonaco sul dipinto murale nella volta del salone. Il supporto parietale per l’affresco è dato da mattoni di cotto e pietre, visibile nello scalone dopo la rimozione della malta non idonea e nella lacuna d’intonaco nell’affresco del salone (Fig. n°92), probabilmente legati con una malta di calce, dato il periodo di realizzazione. Il primo strato che è stato steso sul supporto murario è l’arriccio, applicato sicuramente sul muro grezzo ed è composto da sabbia grossolana, vista la granulometria e presumibilmente del grassello. Questo è stato effettuato probabilmente per una superficie non regolare visto il suo spessore. Grazie al distacco è possibile riconosce con facilità l’intonachino, detto anche tonachino. In gergo è anche definito velo, perché veniva applicato in piccole porzioni, corrispondenti alle 81 giornate109. Nel nostro caso troviamo le giornate in entrambi gli affreschi: quello dei Borea che rapisce Orizia (fig. n°93, tavola n°6, Volume II) è suddiviso in sei giornate, mentre quello rappresentante un episodio che vede in azione gli Argonauti è diviso in quattro parti(Fig.n°94, tavola n°7, Volume II). Stucchi Punti del cartone Affresco Passaggi di giornata Incisioni dirette e indirette 1 3 4 2 5 6 Fig. n°93 Tecnica esecutiva del dipinto murale raffigurante Borea che rapisce Orizia 109 La durata necessaria alla formazione del primo strato di carbonato di calce che fissa i pigmenti è stimata in un giorno anche se può variare. Vengono applicate generalmente dall'alto e da sinistra verso destra lungo la linea orizzontale data dal ponteggio. Una volta terminata la pittura della giornata il pittore profila l’intonaco lungo la superficie eseguita, inclinando l’incisione l’incisione verso la parte dipinta e successivamente applica qui un intonaco fresco sulla superficie adiacente. Questa nuova giornata può oltrepassare e coprire le giunture. La conservazione delle pitture murali,Paolo e Laura Mora Istituto Centrale del Restauro, II edizione, editrice Compositori, 2003. 82 Stucchi Punti del cartone Affresco Passaggi di giornata Incisioni dirette e indirette 2 4 1 3 Fig. n°94 Tecnica esecutiva del dipinto murale raffigurante Boreadi che scacciano le Arpie. Queste giornate (Fig. n°86) cercano di racchiudere al loro interno delle figure,che nel secondo affresco sono state rintracciate con facilità, mentre nel primo solo dopo un'attenta analisi con la luce radente è state possibile rintracciare. Su queste giornate sono stati ritrovati dei disegni incisi tramite incisioni dirette e indirette utilizzate dall’artista come linee guida fino alle ultime fasi di esecuzione. Dopo un attento esame ravvicinato è stato possibile distinguere le linee dirette e quelle indirette, queste ultime sono state fatte tramite l’uso del cartone quindi il punteruolo non toccava direttamente l’intonaco, infatti le linee sono più arrotondate,con una punta metallica si tracciano i contorni in modo che rimangano impressi, mentre quelle dirette si vedono per il tratto inciso che lasciano. Sono riconducibili ai piccoli dettagli come i visi o i particolari. 83 Fig. n°95-96 Visione delle incisioni, a destra visione delle giornate. Le incisioni indirette venivano effettuate grazie ad un cartone, ovvero un foglio di carta di grandi dimensioni, su cui veniva realizzato il disegno preparatorio dell'affresco a grandezza naturale. Dopo di che questo veniva ritagliato, facendolo coincidere alle giornate di lavoro, appoggiando quest’ultimo sulla parete. Possiamo confermare l’uso del cartone grazie ad i punti dove il cartone era stato fissato, poiché troviamo della malta che li sigilla(Fig. n°95). Fig. n°97-98 A sinistra è possibile notare la paglia all’interno della preparazione dell’affresco, a destra invece sono visibili i passaggi di sovrapposizione dei colori e la pennellata corposa dei colori chiari. Il nostro intonaco, di entrambi gli affreschi, presentava delle crepe da ritiro, probabilmente non era stata bagnata la superficie prima di stenderlo e l’arriccio ed ha 84 assorbito troppo velocemente l’acqua contenuta nella malta. Troviamo una superficie ruvida e non lisciata probabilmente per permettere al colore di aggrapparsi meglio110. Per la tecnica esecutiva è possibile affermare che entrambe le opere sono state eseguite in un primo momento ad affresco, con successivi ritocchi a bianco di calce. La resa è simile a quella dell’affresco, ma a differenza di questo le pennellate spiccano in rilievo e fanno vibrare gli impasti. Anche la gamma cromatica si amplia con migliori effetti tonali e di chiaro scuro, in quanto ai toni luminosissimi dei chiari, ricchi di grassello, si contrappongono in maniera evidente gli scuri,praticamente privi di bianco di calce. Proprio in relazione ai pigmenti scuri probabilmente è possibile rintracciare la presenza del legante organico, in quanto anche una minima percentuale di bianco di calce non sarebbe sufficiente a fissare stabilmente i colori,quindi forse il degrado sulle parti stese successivamente è per il legante organico. Il disegno dipinto è stato realizzato per passaggi di esecuzione sovrapposti; dopo le incisioni sono stati stesi i fondi o toni di base, in questo caso è stato steso un fondo roseo, per poi procedere con l’esecuzione delle tonalità medie ed in conclusione i ritocchi del disegno, luci, ombre, massimi chiari, massimi scuri e panneggi. Risulta quindi possibile notare i segni lasciati dalle pennellate, a volte molto corpose, in special modo nei massimi chiari e massimi scuri. Prendendo in esame alcune zone localizzate si può notare come i toni scuri dei verdi e dei rossi abbiano problemi di coesione dovuti alla scarsità di legante per non incidere sulla cromia; come scritto precedentemente probabilmente erano legati con un legante organico, inoltre il fondo rosso, steso come tono di fondo, fa saltare il colore steso a secco e non lo lega perché contiene poca calce o nulla e perde coesione. Quindi tutte le massime ombre sono degradate perché contengono troppa terra rossa ed il mezzo tono perché caricato troppo con le altre terre. Tutto quello che è stato descritto tratta tutti e due i dipinti murali, visto che la tecnica esecutiva è la stessa. Queste sono le tecniche esecutive che abbiamo riscontrato sui nostri affreschi, e uno studio sulle tecniche utilizzate dal pittore fiammingo ha portato alla conclusione che l’attribuzione fatta da Roberta Colace e l’attribuzione da me data sia fattibile. De Longe lavora su muro con una tecnica mista, dopo aver riportato i contorni delle figure con l’incisione indiretta e diretta, tramite cartone, esegue le basi colorate sottostanti con la tecnica dell’affresco e finisce i dipinti con colori a calce applicati successivamente a secco. Quindi i suoi dipinti murali sono eseguiti a fresco su un fondo 110 cioè di levare con un pennello, prima di dipingere, i grani di sabbia che fuoriescono dall’intonaco. 85 solitamente rosso di sinopia e/o disegno preparatorio, nuvole, l’inizio delle figure e successivamente le stesure dei finali del cielo con un risultato di buona carbonatazione. Le figure ed altri particolari sono realizzate in un altro momento(a secco) hanno come legante la calce per i colori chiari e gli scuri a secco con leganti organici111. Infine crea le velature sugli incarnati tramite una sottilissima velatura colorata a base probabilmente di caseina o colle animali per conferire morbidezza all’insieme. In corrispondenza dei blu l’artista sfrutta una base colorata di fondo sempre di colore rosa, questa volta eseguita ad affresco per poi concludere la stesura soprastante con il colore blu stendendolo a secco utilizzando probabilmente latte di calce e bianco san Giovanni112. 2.6.2. STUCCHI Una pubblicazione molto recente ha definito la parola stucco, riportata qui sotto. “materiale composito realizzabile con una grande varietà di ingredienti che sono riportati dai ricettari antichi e dai manuali merceologici. Le sostanze comunque ricorrenti nell’impasto sono: gesso inerte o riempitivo, carbonato di calcio, polveri macinate estratte dalle rocce calcaree o dal marmo, sabbia e rena. Vi sono miscelate terre, ocre e polveri di carbone, usate per dare allo stucco una precisa intonazione cromatica, e un legante (colla animale, caseina o caseati e oli siccativi). Dove non sussiste l’esigenza della reversibilità si impiegano anche leganti epossidici, siliconici e poliesteri; altrimenti quelli vinilici e acrilici che sono reversibili”113. I preannunci dello stile barocco si erano già visto a Venezia, ma anche a Cremona, Reggio Emilia e Genova, uscendo dal canone classico. Entrando quindi nel XVII secolo si entra nello stile Barocco definito quasi un tripudio dell’arte dello stucco114. Roma è sicuramente il fulcro di questo nuovo gusto, infatti echeggiano i nomi di Bernini, Borromini e di Pietro da Cortona. In un panorama cosi ampio e variegato si possono 111 https://www.facebook.com/pages/PERCORSORESTAURO/308935273484?sk=photos_stream https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10150410746748485&set=pb.308935273484.2207520000.1354111133&type=3&theater 113 Cristina Giannini e Roberta Roani, Dizionario del restauro e della diagnostica, II ed., Firenze, Nardini Editore, 2003, pp. 183-184. 114 M. Fogliata e M.L. Sartor, L’arte dello stucco, pp.47-48 e p.50. 112 86 indicare tre nomi di artisti che lavorano lo stucco come ad esempio Giacomo Serpotta 115, Abbondo Stazio116 e Mattia Carneri117. L’opera degli stuccatori riempiva le case, i palazzi, le ville al fine di renderli, quasi sempre in simbiosi con i pittori, ambienti aulici e piacevoli, ricchi ed originali. Affascinare e impressionare era lo scopo che si voleva raggiungere con le decorazioni realizzate in stucco nei due locali, per sfoggiare l’illuminata ricchezza della famiglia. Nello stile barocco, lo stucco, è stato utilizzato in architettura con diverse funzionalità tecniche, strutturali e decorative ma quella più importante sicuramente è l’ultima citata. Era un elemento immancabile dell'arredo settecentesco anche per rallegrare gli ambienti, arricchendo le cappe dei camini, i contorni delle porte, i fregi dei soffitti e delle pareti. Lo stucco infatti è anche definito un elemento decorativo che, in qualche modo va a rivestire l’ossatura architettonica. Questo ha una valenza estetica propria superiore dell’intonaco o delle malte, poiché con la loro leggerezza e flessibilità dei materiali impiegati, consentono di realizzare delle opere difficilmente eseguibili con altri materiali. Lo stucco si riesce a plasmare, modellare e lisciare grazie al suo impasto composto da un inerte ( sabbia, polvere di marmo, altro inerte) e da un legante (calce, limo, gesso, bitume). Questo impasto doveva essere steso in fretta sulla superficie del tutto liscia e già pronta. Occorreva essere capaci di lavorarlo ad umido, modellandolo con l’ausilio di stampi e, nei casi più virtuosi, a mano libera. Anche asciutto, tuttavia, lo stucco era assai malleabile e lo si poteva scolpire: come la pietra, ma senz’altro con minore fatica e con esisti altrettanto convincenti. Non è stato possibile fare delle analisi diagnostiche, quindi possiamo presupporre i materiali utilizzato e anche la loro realizzazione. In base allo stile e alla visione è possibile definire che l’autore potrebbe essere lo stesso in tutte le sale del palazzo, anche se comunque ignoto. Mentre per le cornici all’imposta della volta sono elementi aggettanti e, a meno che non si tratti di prefabbricati da assemblare, vanno sagomate in opera. La loro esecuzione va sempre effettuata, sia nei soffitti che sulle pareti, prima di compiere le superfici piane. Per sagomare una cornice occorre preparare delle sagome, chiamate anche raffetti, cioè delle dime che, scorrendo, imprimeranno all’abbozzo della cornice la modanatura stabilita. Questa fase è detta tiratura. Dato l’aggetto dell’elemento, è necessario prima di 115 Giacomo Serpotta (1656-1732), si formò a Palermo. Abbondio Stazio (1653-1745), artista ticinese, studio a Roma. 117 Mattia Carneri (1592-1673). 116 87 stendere i vari strati d’intonaco, preparare l’ossatura di sostegno della cornice con tondini d’acciaio o di ottone infissi nel muro. Lo scheletro metallico rimarrà comunque immerso nella malta, completamente nascosto alla vista. Fig. n°99 Esempi di raffetti e guide118. Nel nostro caso troviamo sicuramente delle armature che costituiscono l’ossatura, ed è possibile vederle poiché riportate alla luce dal degrado, dai danneggiamenti che i manufatti in stucco hanno subito nel tempo e dalle imperfezioni durante l’esecuzione. Infatti è possibile vedere dei mattoni in cotto lungo tutto il perimetro delle cornici, poiché questi non sono stati coperti perché erano in punti non visibili all’uomo in tutte e due le sale. Fig. n°100 Esempi di raffetti e guide. È quindi sicuro che per realizzare queste decorazioni l’artista si è servito di un armatura realizzata con mattoni in cotto, armature metalliche con ferro o in legno sia per le modanature mistilinee più sporgenti sia per il resto delle decorazioni in stucco. 118 Da Carla Arcolao, Le ricette del restauro, Malte, intonaci e stucchi al XV al XIX secolo, Venezia, Marsilio Editori, p.55 88 Fig. n°101-102 visione dell’armatura in mattoni nella cornice all’imposta della volta dello scalone. La cornice è decorata a rilievo in maniera ripetitiva queste sono realizzate per piccoli tratti (10-20 cm) schiacciando e poi battendo decisamente con un mazzuolo di legno degli stampi in legno o metallo unti o cosparsi di polvere di marmo, che imprimano il motivo nello stucco fresco, come un sigillo, e infatti sono dette sigillate. Quindi per realizzare le modanature ovali, gole dritte e rovesciate, listelli, l’impasto deve essere ancora fresco procedendo poi alla modellazione del manufatto attraverso l’uso di sagome che riproducevano la forma in negativo119. Rimangono sbavature e rimasugni colitamente solitamente rifinite con l’ausilio di una stecca d’acciaio da modellazione, che può servire anche ad incidere il modulato dove necessiti. Fig.n°103 visione della modanatura della cornice del salone. Le cornici che attorniano l’affresco e la decorazione in modellato nello scalone sono un’opera scultorea nella quale le forme sporgono fortemente dal piano di fondo, con un aggetto che supera la metà del volume completo fino a rasentare il tuttotondo. Dalla 119 BREYMAN G.A., Trattato generale di costruzioni civili, Traduzione italiana dell’ing. Carlo Valentini, con note di A. Cantalupi, L. Mazzocchi, P. Boubeè, R. Ferrini, Milano, Vallardi, 1885, Vol. I Cap. VII, pp. 301-303 89 definizione si comprende di essere quasi entrati nel campo della scultura a stucco vera e propria, per la quale si fa uso quasi esclusivamente del marmorino. Fig. n°104 visione dei chiodi e mattoni Per realizzare le grosse sporgenze, probabilmente sono stati piantati in opera, sui mattoni, sulle travature o su altri sostegni, perni o chiodi di varie misure, a distanza ravvicinata l’uno dall’altro. Solitamente questi sono poi collegati tra loro con l’ausilio di materiali di varia natura (spago di canapa, incannucciata di arelle, tela di iuta, ecc.) e questa diventa l’impalcatura del corpo scultoreo. Finita questa operazione di sottile “carpenteria”, lo stuccatore ha iniziato a riempire le forme che sta delineando con intonaco a strati, ricorrendo per i volumi maggiori a pezzi e scaglie di laterizi, a stoppa di canapa, a paglia, ecc. visibili con una visione attenta dei manufatti. Questa operazione è stata eseguita finché tutto il disegno non è stato tradotto nel modellato con le sue forme ben delineate. L’ultima fase è quella di rivestimento, probabilmente con una “pelle” di marmorino bianco naturale (stucco da ornato), curando tutte le rifiniture con dettagli decorativi con stecche o palette. Queste decorazioni hanno parti del modellato realizzate in laboratorio, quindi sono dei preformati applicati successivamente con della malta nelle fasi di finitura, come ad esempio i grappoli d’uva o particolari frutti, applicati successivamente. Nella fase finale forse è stata stesa una velatura di colore a fresco120. 120 M. FOGLIATA E M. L. SARTOR, L’arte dello stucco a Venezia, cit., pp. 181-184 90 Fig. n°105-106-107-108 è possibile vedere le lavorazioni, le parti applicate in una seconda fase della realizzazione e la malta sottostante. Ecco alcuni strumenti tipici da stuccatore, che riappariranno nella parte che descrive le metodologie esecutive. Setacci metallici di maglie e misure, cazzuole di varie misure per intonaco, frattazzi di legno di varie misure, filo a piombo, spago, livella, squadra, stagge o righe di varie misure, cazzuole o cazzuolini d’acciaio per levigare e lucidare il marmorino, pennelli di varie misure e di varia natura, spatole di vario genere, matite, carboncini, carte da spolvero, aghi per bucare il disegno e ottenere lo spolvero, viti e chiodi di acciaio e di ottone, stecche di ferro per la modellazione, martello e impalcature e scale varie121. Fig. n°109 Strumenti da stuccatore, da sinistra a destra, dall’alto al basso: cazzuole di vario genere, compasso in ferro, stecche di varia misura, setaccio a barella , altre stecche nel XIX secolo, ferri da ornato. 121 M. Fogliata e M. L. Sartor, L’arte dello stucco a Venezia, pp116-117 91 3. RELAZIONE TECNICA DELLA SALA1, SALONE PRINCIPALE 3.1. INTRODUZIONE AL CANTIERE Come già descritto nell’introduzione il cantiere all’interno di Palazzo Barni a Lodi è stato eseguito durante il terzo anno da me frequentato nella classe di Restauro dell’anno accademico 2011/2012, in uno stage estivo tenuto dalla restauratrice e professoressa Maria Cristina Regini. I lavori sono stati avviati il 18 giugno e sono stati terminati il 3 ottobre 2012. Sono state prese in considerazione due sale: La sala 1, è il salone, posizionato a Nord-Ovest del palazzo. In questo luogo i lavori sono durati poco più di un mese; La sala 2, è quella dello scalone monumentale posizionata a Sud-Ovest. I lavori in questa parte del palazzo sono durati più di due mesi a causa delle pessime condizioni dello stato di conservazione. Nella relazione storico-artistica sono state illustrate singolarmente le zone di lavoro, prendendo in considerazione per ciascuna, la descrizione delle sale (descrivendo il loro apparato decorativo nel capitolo 2.5 “Sale sottoposte al restauro”) ed i rilievi grafici delle zone sottoposte a restauro (Tavola n°4-5 nel Volume II). Di seguito verranno esposte invece l’analisi di degrado con la successiva mappatura, le diverse tipologie di operazioni preliminari che sono state effettuate e le singole operazioni di intervento. I lavori sono stati svolti secondo un procedimento differenziato, inizialmente si è operato nel salone e successivamente nello scalone quindi verranno descritti gli interventi in questa sequenza. cortile d'onore cortile di servizio Scalone Sala2 Salone principale Sala 1 Sud Est Nord Fig. n°110 Planimetria del primo piano che evidenzia le sale sottoposte al restauro. 92 Ovest 3.2. STATO DI CONSERVAZIONE ANALISI DEL DEGRADO DELLA SALA 1, SALONE PRINCIPALE 3.2.1. INTRODUZIONE DELLO STATO DI CONSERVAZIONE DELL’APPARATO DECORATIVO La superficie architettonica del salone, appariva in uno stato generale di degrado avanzato con sollevamenti, distacchi, abrasioni, discialbi, fessurazioni, fratturazioni e formazioni di sali tipo barbe consistenti, che presenti in modo diffuso conferiscono alla sala un aspetto disordinato e caotico (Fig. n°111). Per semplificare la descrizione evitando eccessive ripetizioni, i differenti materiali costituenti il salone sono stati suddivisi in sottocapitoli. Fig.n°111 Visione generale del salone al primo piano di palazzo Barni. 3.2.2. AFFRESCO Prima di procedere a qualsiasi forma di intervento conservativo o di restauro, è necessario valutare, descrivere ed analizzare lo stato patologico del manufatto. Per quanto riguarda la vera e propria mappatura dei singoli fenomeni di degrado, si rimanda alle schede tecniche alla fine del sottocapitolo e alle tavole grafiche n°8-9 nel Volume II. Ad una prima analisi da terra, le condizioni dell’affresco apparivano buone, ma in seguito ad un esame ravvicinato con ponteggi in opera, si riscontrava che il dipinto murale non era in un buono stato di conservazione. Sono stati riscontrati fenomeni di polverizzazione del colore della pellicola pittorica stesa a secco, a causa presumibilmente di infiltrazioni, umidità e variazioni di miscele delle tecniche esecutive 93 tradizionali. Si è pensato a questa ultima ipotesi, non conoscendo a fondo le capacità dell’artista. Infatti si può ipotizzare che questo abbia voluto sperimentare differenti tecniche esecutive. Era inoltre presente una fitta rete di cavillature dell’intonaco, estesa su tutta la superficie da ricondurre probabilmente ad un problema della malta nella fase di ritiro, problematica che può essere ricondotta alle stesse ipotesi sopracitate. In questo caso comunque l’intonaco non presentava gravi problemi di distacco in profondità, ovvero la cavillatura interessava solo i livelli di finitura dell’intonaco. L’esame ravvicinato effettuato dal ponteggio ha evidenziato un intervento di restauro di “pronto intervento” nella zona centrale dell’affresco, intaccando la mano e l’arco di un Argonauta. Le ricerche d’archivio finalizzate a fissare una cronologia certa dei possibili restauri precedenti non sono andate a buon fine, perché non si è trovato alcun documento relativo ad operazioni di manutenzione e/o conservazione. Trovandoci in un ambiente interno, i degradi più frequenti sono causati dalla temperatura (trasferimenti di calore dal sistema all’ambiente e viceversa), umidità (sia in fase liquida o di vapore) e atmosfera inquinante. Si poteva notare la presenza di un accumulo di sporco nel tempo, in modo diffuso su tutta la superficie, come il deposito superficiale, che non comprometteva eccessivamente la lettura dell’opera ma, creava uno strato sottile e polverulento, provocandone cosi una variazione di luminosità, saturazione e tonalità della cromia originale. Lo stile utilizzato dall’artista rende la superficie leggermente ruvida, poiché in quel periodo era abitudine granire con un pennello l’intonachino, questo ha favorito sicuramente l’aggrappo delle polveri creando disomogeneità su tutta la superficie. Erano presenti solfatazioni per infiltrazione dell’acqua dalla copertura, causando cosi il deterioramento della pellicola pittorica provocandone la caduta, sollevamento e abrasioni (specialmente del legante del colore scuro come le pennellate con poca calce). Le lacune si presentano sulla superficie in quantità numerosa e di piccole dimensioni, interessando principalmente la pellicola pittorica, lasciando a vista la preparazione sottostante e in alcuni casi anche l’intonaco. L’attenta osservazione del degrado per solfatazione, ha permesso di affermare con maggior certezza che il dipinto murale sottoposto al restauro è in parte ad affresco e in parte a secco. Come ad esempio, la figura con il manto azzurro, presentava parte del viso alterata ed annerita con molte lacune limitrofe, da momento che la tecnica esecutiva di stesura è ad affresco con finiture a secco, e quindi quest'ultima ha comportato la caduta di molte parti di colore del viso. 94 Nella mappatura sono segnalate anche le lacune dell’intonaco, in particolare dove si trova il foro per il lampadario. Questo foro e la sua rottura circostante lasciavano intravedere la struttura muraria in mattoni, l’arriccio e l’intonaco e potrebbe essere stata generata da una lesione strutturale o da una causa meccanica. Era stato rilevato in alcuni punti il distacco d’intonaco, riscontrato durante la fase di noccatura; infatti in base al differente suono riprodotto sono stati identificati distacchi tra intonachino e arriccio o tra muratura e intonaco, collocati soprattutto nella zona centrale e nella gamba del personaggio con il manto rosso. Di fratture, fessure e crettature dell’intonaco, se ne identificano numerose e di diverse gravità e non sempre rappresentavano un problema strutturale. In particolare vi è una fratturazione, che si trova nella zona centrale vicino al foro per il lampadario, che era molto accentuata e preannunciava un distacco dell’intonachino. Si presuppone inoltre una alterazione dovuta a precedenti materiali di restauro con formazione di alterazione puntiforme tipo ossalati diffusa, anche se non sono visibili precedenti interventi di restauro. 3.2.3. GLI STUCCHI Gli stucchi, che sono collocati nella volta, costituiscono il materiale esecutivo della cornice delimitante l’affresco centrale e del cornicione collocato all’altezza della linea d’imposta della volta. La cornice di imposta, che si trova ad una altezza da terra di circa 6m, presentava la maggior parte dei degradi dovuti alle azioni meccaniche dirette, infatti vi era una presenza molto consistente di fori da chiodo, probabilmente utilizzati per appendere delle decorazioni in passato. Sono state rinvenute anche delle rotture localizzate sulla modanatura più sporgente con mancanze dell’intonaco di supporto. In generale tutta la cornice di imposta della volta, è stata ritrovata in buono stato di conservazione, anche a livello di coesione e compattezza, a differenza di quella delimitante l’affresco che presenta aree di solfatazione, soprattutto nel lato Nord Ovest. Sono infatti state rilevare formazioni consistenti di sali tipo "barbe" che hanno provocato fenomeni combinati di decoesione, sollevamenti, cadute, abrasioni delle coloriture a calce, lacune, mancanze, distacchi e erosioni e dell’intonaco di supporto del modellato. 95 Sempre sulla cornice che attornia l’affresco non sono stare ritrovate molte fratture e fessure, mentre il degrado maggiormente riscontrato è stato lo spesso deposito di sporco incoerente, di varia natura che aveva provocato l’annerimento della finitura del colore a calce grigio chiaro, pur di non eccellente qualità. (tavola n°10 Volume II). 3.2.4. INTONACI DELLA VOLTA Su tutta la superficie erano presenti depositi superficiali di materiale incoerente come polvere, particellato atmosferico e ragnatele. Parte della superficie della volta presentava aree di solfatazione dovute probabilmente all’umidità di risalita e all’infiltrazione dell’acqua dalla copertura, causa che oggi è stata risolta. Queste aree di solfatazione erano intensificate nel lato Nord-Est, Nord-Ovest, Sud-Ovest e negli angoli Nord e Ovest, provocando tuttavia, in modo diffuso, fenomeni combinati di alterazioni e cadute diffuse della finitura a calce. Gli intonaci in alcune aree, specialmente in corrispondenza di fenomeni di efflorescenza e dilavamento si presentavano con un aspetto polveroso del colore a calce. L’indagine uditiva, condotta sondando manualmente la superficie, non aveva rilevato gravi problemi, se non in alcune zone limitate attorno alle fessure. 96 3.3. SCHEDE TECNICHE E TAVOLE GRAFICHE ALLEGATE DELLO STATO DI CONSERVAZIONE Seguono nelle pagine seguenti le schede relative alle patologie di degrado dell’affresco. Verranno anche proposte tavole allegate eseguite su fogli A3 che mostrano tutti i degradi presenti sull’affresco e sugli stucchi. Questi ultimi sono stati riportati su fogli A3, poiché in un foglio A4 sarebbero risultati di dimensioni eccessivamente ridotte e limitatamente visibili. In queste tavole grafiche nel Volume II, sarà mostrata la mappatura dei degradi cercando di inserire un numero limitato di retini grafici, rendendo così la mappatura di facile comprensione. (Tavole n°8-9-10 nel Volume II) Le schede, invece, sono nominate con il seguente criterio: La sigla “SD” chiarisce che si tratta di una scheda riguardante il degrado dell’opera (questo per distinguerle dalle successive schede che invece riguarderanno le operazioni preliminari o l’intervento, le quali avranno sigle differenti) Il primo numero indica la sala di appartenenza (1 salone, 2 scalone) La sigla Aff. indica di che apparato si tratta. Il terzo numero indica il numero della scheda (da 1 a 5) I rilievi di foto-raddrizzamenti sono stati eseguiti precedentemente ai lavori di restauro e le mappature sono state realizzate in AutoCAD. 97 Ubicazione: Salone Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Sollevamento della Scheda: SD 1-Aff-1 pellicola pittorica Scala1:40 Foto 1 Foto 2 Descrizione: La pellicola pittorica presentava, in modo esteso, sollevamenti per alterazione e per solfatazione del legante del colore scuro (in modo particolare sui particolari pittorici dele pennellate scure con poca calce). Questi sollevamenti erano dovuti principalmente alle infiltrazioni di acqua prolungate nel tempo. Foto1 Foto2 98 Ubicazione: Salone Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Lacune della Scheda: SD 1-Aff-2 pellicola pittorica Scala1:40 Foto 2 Foto 1 0 10 20 50 100 cm Descrizione: Questo degrado era causato dalle solfatazioni per infiltrazione di acqua dalla copertura, oggi questo problema è stato risolto. Questo ha comunque provocato cadute e abrasioni pellicola pittorica sui colori scuri. Foto 1 Foto 2 99 Ubicazione: Salone Scala1:40 Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Lacune di intonaco Scheda: SD 1-Aff-3 Foto 1 0 10 20 50 100 cm Descrizione: Le lacune di intonaco che erano presenti, probabilmente, erano state causate da sollecitazioni meccaniche. La zona centrale dell’affresco presentava una lacuna d’intonaco con visione dell’arriccio, dove precedentemente vi era vi era la presenza di un lampadario. Foto 2 Foto 1 Foto 2 100 Ubicazione: Salone Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Distacco e Scheda: SD 1-Aff-4 spanciamento intonaco Scala1:40 Foto 1 0 10 20 50 100 cm Descrizione: Nelle zone segnalate, l’intonaco si presentava distaccato dal substrato, in questo, caso il degrado non era visibile dall’esterno, ma è stato possibile individuarlo mediante l’analisi tattile. I distacchi si presentavano soprattutto nella zona centrale, attorno alla lacuna di intonaco, ma erano presenti anche in altri punti, ovvero dove vi erano fessurazioni e fatturazioni. Foto 1 101 Ubicazione: Salone Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Fratturazioni e Scheda: SD 1-Aff-5 fessurazioni. Scala1:40 Foto 2 Foto 1 0 10 20 50 100 cm Descrizione: Le fessure e le fratture comprendevano tutta la superficie, variavano anche di dimensioni ed alcune avevano provocato il distacco dell’intonaco o dell’intonachino. La frattura più consistente è nella zona centrale, sul braccio dell’argonauta. Foto 1 Foto 2 102 3.4. INTERVENTI PRECEDENTI Al centro dell’affresco era stato realizzato un foro per l’inserimento del lampadario, probabilmente, questa azione meccanica di spinta dalla soletta del sottotetto verso l’affresco, ha portato alla rottura dell’intonaco del dipinto murale. Questa aveva provocato la perdita di una parte dell’intonachino ed una grave frattura, che aveva provocato il distacco di una porzione di intonaco, probabilmente rimasta adesa soltanto in alcuni punti. Questa rottura aveva provocato il distacco nella zona circostante e anche molte fessure. Per salvaguardare la parte di intonaco che stava per staccarsi era stato eseguito un “pronto intervento” realizzato con delle fasce di tela in nylon, le quali sono state incollate alla superficie con una colla non definita. Senza delle analisi diagnostiche possiamo individuare come unico intervento eseguito precedentemente quello sopracitato, poiché le analisi avrebbero potuto individuare prodotti stesi sulla superficie dell’affresco visto che era stata notata una ragnatela inglobata alla superficie, non rimovibile senza l’uso di solventi. Sull’intonaco e sugli stucchi non sono stati rintracciati nessun intervento di restauro. 3.5. PROPOSTA DI INTERVENTO Una volta identificate e mappate le diverse patologie di degrado riscontrate sull’opera ed eseguite le operazioni preliminari è stata applicata la metodologia di intervento proposta dalla ditta Cremona Restauri di Maria Cristina Regini, che possiamo trovare in allegato nel sottocapitolo 7.1. 103 4. RELAZIONE DI INTERVENTO SALA 1, SALONE PRINCIPALE 4.1. OPERAZIONI PRELIMINARI I RILIEVI In fase preliminare, al fine di analizzare dettagliatamente il manufatto in questione, sono state realizzate una serie di schede tecniche. Utilizzando basi grafiche cartacee è stata riprodotta la planimetria generale, dove viene evidenziata l’area di intervento all’interno della pianta del palazzo Indicazione delle zone in cui è stata eseguita la prova tecnica di pulitura e il saggio stratigrafico. Illustrazione dello stato di conservazione, analizzandone ogni singolo degrado. Mappature dell’intervento effettuato. Planimetria per facilitare l’individuazione delle sale e l’orientamento dei saggi e delle prove tecniche (Fig.n°112). cortile d'onore cortile di servizio Scalone Salone Sud Est Nord Fig. n°112 Planimetria Palazzo Barni piano primo. 104 Ovest SAGGIO STRATIGRAFICO E PROVA TECNICA In questa sala, ovvero il salone, è stato effettuato solo un saggio stratigrafico, poiché questo è stato eseguito in corrispondenza del passaggio della cornice in stucco e dell’intonaco della parete, per la verifica della corrispondenza dei livelli fra i due materiali costitutivi. Il saggio è stato effettuato ad un altezza di 6,20metri. È stato organizzato all’interno di un rettangolo di dimensioni 7x10 cm servendosi del bisturi. Il saggio stratigrafico è stato etichettato e documentato, attraverso una fotografia a lavoro concluso, che mostra tutti i livelli trovati. Questi sono stati numerati progressivamente, partendo da quello più superficiale, e descritti uno per uno riguardo al tipo di materiale costitutivo, al colore, allo spessore e alla granulometria. Dopo la stratigrafia sono state eseguite una serie di prove tecniche, volte ad individuare il miglior metodo di pulitura. Seguono le schede tecniche relative alle operazioni preliminari, nominate con il seguente criterio: la sigla “OP” chiarisce che si tratta di una scheda riguardante le operazioni preliminari eseguite sull’opera (questo per distinguerle dalle altre schede presenti riguardanti altre argomentazioni, come il degrado o l’intervento) la prima cifra indica la zona di appartenenza (1 il salone, 2 è lo scalone) Il secondo numero indica il numero della scheda (da 1 a 5) 105 Scheda Tecnica relativa alle operazioni preliminari Ubicazione: Salone, parete Nord-Est a 6 mt Oggetto: Saggio stratigrafico su da terra. Piano primo. intonaco e stucco. Riferimento planimetrico, generale Scheda: OP 1-1 Riferimento planimetrico, particolare Fotografia, generale Fotografia, particolare DESCRIZIONE LIVELLI (tipo materiale, colore, spessore, granulometria): livello n° 1 : livello attuale: intonaco-colore a calce, bianco/stucchi-colore a calce, grigio chiaro. livello n° 2 : intonaco-colore a calce, grigio chiaro/stucchi-colore a calce, grigio chiaro. livello n° 3 : intonaco-colore a calce, grigio chiaro livello n° 4 : intonaco-livello di preparazione a calce, bianco. livello n° 5 : intonaco e stucchi-finitura lisciata di preparazione a calce-avorio. COMMENTO (modalità selezione e note stato di fatto dei livelli): Il saggio è stato eseguito in corrispondenza del passaggio della cornice in stucco e dell’intonaco della parete, per la verifica della corrispondenza dei livelli fra i due materiali costitutivi. Sull’intonaco i livelli 1 e 2 corrispondono la stratificazione di manutenzione. Il livello 3 sia per l’intonaco che per gli stucchi corrisponde al livello esecutivo. Il livello 4 è la preparazione sull’intonaco del livello 3 (parte integrante). Il livello 5 corrisponde al materiale costitutivo, come preparazione lisciata alle coloriture a calce (livello 3 intonaco/livello 2 stucchi). 106 Scheda Tecnica relativa alle operazioni preliminari Ubicazione: Salone, parete Sud-Ovest a 6,20 Oggetto: Prova di Scheda: OP 1-2 mt da terra. pulitura degli stucchi. Riferimento planimetrico, generale Riferimento planimetrico, particolare Fotografia, generale Fotografia, particolare METODOLOGIA:Applicazione di acqua demineralizzata a spugna, allo scopo di rendere più facile e controllabile la lavorazione. Dal controllo diretto delle superfici si ipotizza, dopo l’esecuzione delle pratiche conservative di consolidamento e ricostruzione materica, una fase di reintegrazione cromatica di colore a calce in velatura: in modo localizzato sulle cadute e abrasioni e in modo esteso sui rifacimenti allo scopo di recuperare l’omogeneità di lettura d’insieme. 107 Scheda Tecnica relativa alle operazioni preliminari Ubicazione: Salone, a Sud-Est della Oggetto: Prova di Scheda: OP 1-3 cornice che contorna l’affresco centrale in pulitura degli stucchi. volta. 10 50 100cm Riferimento planimetrico, generale Fotografia, particolare METODOLOGIA: Applicazione a pennello di Carbonato d'Ammonio con un tempo di contatto di circa 3/4 minuti, rimuovendo lo sporco rigonfiato con spugne abrasive e spazzolini negli interstizi ed un successivo risciacquo abbondante di acqua demineralizzata per eliminare il residuo della soluzione. Il livello di pulitura raggiunto permette il recupero della finitura a calce grigio chiara di tutte le superfici decorate in stucco. Si ottiene un risultato migliore rispetto alla PT n°1, descritta nella scheda OP 1-2. 108 Scheda Tecnica relativa alle operazioni preliminari Ubicazione: Salone, busto della Oggetto: Prova di pulitura Scheda: OP 1-4 figura con manto rosso. del dipinto murale. 0 10 20 50 100 cm Riferimento planimetrico, generale Fotografia, particolare METODOLOGIA: Prova di pulitura effettuata con la gomma Wishab, esercitando una delicata azione meccanica, come di sgommatura, verificando sempre che non vi sia asportazione di pigmento o pellicola pittorica. Il risultato è stato buono perché rimuove lo sporco superficiale e l’annerimento ma non è possibile fare questa azione meccanica dove l’artista ha steso il colore a secco, o dove la pellicola pittorica risulta decoesa. Le spugne Wishab sono spugne particolari costituite da due parti: una massa di consistenza più o meno morbida e spugnosa, di colore giallo, supportata da una base rigida di colore blu. 109 Scheda Tecnica relativa alle operazioni preliminari Ubicazione: Salone, gamba e Oggetto: Prova di pulitura Scheda: OP 1-5 panneggio della figura con del dipinto murale. manto rosso. 0 10 20 50 100 cm Riferimento planimetrico, generale Fotografia, particolare Metodologia: Impacco realizzato tramite carta giapponese, con acqua demineralizzata e Benzalconio cloruro 3% , applicati con un tempo di contatto di 10 minuti. Il risciacquo finale, per rimuovere lo sporco rigonfiato dagli impacchi, è con l’acqua demineralizzata. Si è deciso di effettuare questo tipo di pulitura, ad umido, visto l’ottimo risultato. 110 La carta giapponese è un materiale di fibra cellulosica, in fogli con la consistenza della carta velina e come questa è sottile, morbida e assorbente. Nel nostro caso è stata usata sia come strato di separazione fra la superficie pittorica e la spugna utilizzata per la pulitura, che come strato supportante. Per supportante, si intende l’applicazione di un materiale sulla superficie che limita l’azione meccanica di pulitura, inoltre, distribuisce in maniera omogenea il solvente che rigonfia uniformemente lo sporco e prolunga i tempi di contatto sulla superficie ed è per questo che la utilizziamo per la nostra pulitura. Il Benzalconio cloruro, invece è un sale d‟ammonio quaternario, è definito chimicamente come monoalchil-dimetil-benzil-ammonio cloruro. questo, alla buona azione disinfettante, unisce la sua azione detergente ed emulsionante. 111 4.2. INTERVENTO DI RESTAURO della SALA1-SALONE Dopo aver eseguito accurate osservazioni riguardanti lo stato conservativo e la tecnica esecutiva del affresco si è proceduto con la fase d’intervento. È possibile vedere le fasi di intervento nelle tavole n°11-12-13-14 nel Volume II. 4.2.1. AFFRESCO Rimozione del deposito incoerente Come prima operazione è stata effettuata la spolveratura a secco dell’affresco, operando con la massima cautela, laddove si presentavano sollevamenti della pellicola pittorica, mediante pennelli a setole morbide di piccole dimensioni. Sono state eliminate cosi le ragnatele, con lo scopo di rimuoverle dalla superficie evitando che nella fase di riadagiamento della pellicola pittorica queste venissero inglobate alla superficie. Preconsolidamento Laddove la pellicola pittorica si presentava in un precario stato di conservazione, a causa di decoesione e sollevamenti, si è proceduto con il suo riadagia mento, mediante una tamponatura con acqua demineralizzata e spugna naturale, tramite carta giapponese. Questa crea uno strato di protezione, poiché separa la superficie dipinta dall’azione meccanica della tamponatura. Quest’operazione si è differenziata in base ai degradi della pellicola pittorica, infatti sulle parti eseguite a secco, questo tipo di riadagiamento è avvenuto due volte sempre con l’interposizione della carta giapponese, sul cielo invece è stato eseguito soltanto una volta perché il degrado non era eccessivamente avanzato. Nella zona centrale dell’affresco si era notato subito l’intonaco in fase di distacco, che in seguito ad una prima osservazione sembrava esser stato fermato da alcune garze, forse applicate con la stesura della resina acrilica Acril 33 o del Paraloid in un restauro precedente. Queste garze sono state tolte con il solvente idoneo alla loro rimozione, quale Acetone puro a tampone. Quindi è stato necessario preconsolidare tale degrado, realizzando un puntello posizionato nella zone centrale del distacco, procedendo con il ripristino dell’adesione tra il supporto e l’intonaco. Verificata l’entità del degrado, con una prima operazione sono stati rimossi a bisturi e pennello i depositi polverulenti 112 presenti sulla superficie. I prodotti utilizzati sono il materiale riempitivo, quale Salva Intonaco122 e adesivo per fissaggi Vinnapas123. È stato inserito il materiale per il preconsolidamento in corrispondenza della zona fratturata e della lacuna già esistente, evitando cosi di intaccare il materiale originale. L’operazione è stata effettuata in più fasi: una avvenuta mediante infiltrazione, con siringhe contenenti una soluzione di acqua e alcool in proporzioni 1:1 con la funzione di veicolare il riempitivo in maniera uniforme, un’altra fase è stata eseguita con l’adesivo riempitivo Vinnapas, come fissaggio localizzato dell’intonaco distaccato in preparazione della fase d’intervento successiva, l’ultima fase è stata effettuata con iniezioni di materiale riempitivo quale Salva Intonaco124, diluito, in punti localizzati quasi utilizzandolo come una fermatura di malta. Infatti, questa è un’operazione attuata a mettere in sicurezza l’intonaco prima del consolidamento. Il puntello a contatto con lo spanciamento è stato protetto con un foglio di melinex monosiliconato, reso morbido e adattabile alle asperità con un imbottitura di cotone. Pulitura L’eliminazione, con la pulitura del materiale non autentico, non restituisce lo stato originale all’opera, cioè quello che l’artista ha lasciato al momento del completamento del processo creativo, ma rivela semplicemente lo stato attuale delle materie originali. Va sottolineato comunque che la pulitura è un intervento irreversibile e definitivo125, che va studiato ed eseguito per gradi. Dal punto di vista tecnico, la scelta dei metodi e dei prodotti da utilizzare in fase di pulitura, variano in funzione alla materia da eliminare e alla resistenza dei materiali originali; è ovvio quindi, che non si è proceduto alla pulitura senza aver preventivamente identificato la tecnica idonea e i prodotti da utilizzare. Ma soprattutto senza aver attestato la resistenza della pellicola pittorica, tenendo conto dei colori 122 Il Salva Intonaco, è un premiscelato formato da Carbonato di Calcio Precipitato, ovvero un inerte micronizzato ridotto a granuli di piccolissime dimensioni, Calce Idraulica (Lafarge a basso contenuto di Sali solubili) e ritardanti del ritiro. Utilizzato per l’incollaggio di intonaci staccati. Questo è un prodotto appositamente studiato per il riempimento mediante iniezione di sacche parietali e per il reincollaggio di intonaci ai supporti. Dopo l’impasto con acqua si trasforma in una malta estremamente fluida e scorrevole e può essere iniettata a bassa pressione all’interno di cavità ed interstizi senza essere soggetta a fenomeni di separazione. Inoltre ha un’ottima resistenza ai Sali ed ai solfati, è microporoso e non varia le caratteristiche di traspirabilità delle murature 123 Il Vinnapas ha con forte potere adesivo ed è per questo che è spesso utilizzato in volta e anche per i distacchi modesti, incollaggi murari e stucchi. 124 http://www.cepro.it/media/upl/209_IT_CEP441642T%20Calce%20Salvaintonaco.pdf 1 ottobre http://www.cepro.it/it/prodotti/malte-minerali/rasanti-a-calce/calce-salvaintonaco.html 125 G. Botticelli e S. Botticelli Lezioni di restauro , le pitture murali pp. 97 113 applicati, della tecnica esecutiva, dei vari tipi di colori ma soprattutto dello stato di conservazione. Si è proceduto inizialmente con la pulitura delle parti secondarie e si sono riservate per la fine le parti più importanti e delicate, al fine di beneficiare, per il loro trattamento, dall’esperienza acquisita sul resto dell’affresco. In seguito alla campagna di indagine durante la quale sono stati effettuati tasselli di pulitura, è emersa la metodologia più consona da impegnare nel rispetto dei materiali costitutivi del dipinto, visibile nelle schede OP 1-4 e OP 1-5. Non è stato preso in considerazione il Carbonato d’Ammonio, perché alcuni particolari della pellicola pittorica sono stati stesi a secco, e non reggerebbero l’asportazione dello sporco rigonfiato. L’intervento di pulitura si è distinto in due fasi: Pulitura ad umido di tutto l’affresco, con l’applicazione di una soluzione di acqua demineralizzata e tensioattivo Benzalconio Cloruro al 3%, previa interposizione di carta velina giapponese, tramite pennello morbido e la successiva tamponatura con spugna naturale (di mare), operazione effettuata sempre per campiture, con un tempo di contatto di dieci minuti. Quest’operazione è stata eseguita in più fasi distinte ma collegate fra loro: la carta giapponese è stata applicata sul supporto mediante la soluzione stesa a pennello e durante i dieci minuti di contatto la superficie è stata bagnata con il nebulizzatore contenente sempre la soluzione prefissata, per mantenere l’area inumidita alternandola con la tamponatura. In seguito a questa operazione sono state effettuate ulteriori tamponature, sempre con l’utilizzo di spugne naturali, seguite da abbondanti risciacqui con acqua demineralizzata; nelle zone con maggiore coesione del colore, l’azione di spugnatura è stata più insistente e senza carta giapponese, mentre dove il colore è steso a secco o nelle zone di maggior decoesione, come ad esempio i rossi e i bruni, non sono stati trattati direttamente con la tamponatura, ma solo tramite la carta giapponese. Pulitura a secco, effettuata mediante spugne di lattice sintetico Whishab: si è proceduto con la rimozione dei residui di maggior deposito come l’annerimento e le alterazioni puntiformi di sbiancamento. Questa pulitura è stata eseguita solo su alcuni punti del cielo e piccole zone degli incarnati chiari, poiché il colore risulta ben adeso e non necessitava di un consolidamento. Grazie all’azione meccanica delle spugne Whishab si è riuscito ad alleggerire queste alterazioni, 114 con un leggero sfregamento a pressione costante mantenendo sempre la stessa direzione. Consolidamento Avendo accertato la scarsa coesone della pellicola pittorica, il consolidamento è da eseguirsi mediante fissaggio con carta giapponese e applicazione della resina sintetica, quale Alcool Polivinilico126 (Gelvatol127), in diluizione e solubile in acqua, per il ripristino della coesione tramite impregnazione. Si è deciso di utilizzale la resina acrilica soltanto nelle zone della pellicola pittorica stesa a secco, come i colori blu, neri, rossi, verdi e nei punti di contatto con gli incarnati e/o con particolari di colore chiaro (presenza di bianco di calce), perché presentano decoesione e sollevamenti, quindi necessitano di essere fissate. In questa fase va tenuto in considerazione che il prodotto utilizzato deve essere compatibile e reversibile. Deve quindi avere lo stesso comportamento fisico, chimico e meccanico evitando di danneggiare e alterare l’equilibrio della superficie pittorica. Per il ripristino della coesione della pellicola pittorica stesa a secco si è proceduto per impregnazione, con almeno due cicli di applicazione: per la prima applicazione è stato necessario usare come materiale di interposizione la carta giapponese; con la seconda fase, invece, si è proceduto con l’applicazione diretta a pennello sulle stesse zone, allo scopo di consolidare al meglio la pellicola pittorica. Con questa operazione si sono rese più stabili le zone lacunose e di conseguenza più ricettive all’applicazione del colore durante la fase di restauro pittorico, in modo tale da limitare il problema del diverso assorbimento dovuto alla superficie non completamente coesa. Il consolidante in eccesso viene rimosso con acqua demineralizzata, evitando cosi i lucidi. Le pennellate dei chiari e il fondo del cielo presentano una materia pittorica ben compatta: le prime perché ricche di calce, ma eseguite sul disegno preparatorio a sinopia rossa; le seconde, sempre su fondo preparatorio a sinopia rossa, ma realizzate con intonaco ancora in fase di presa (carbonatazione). 126 Resina sintetica detta anche PVA. Polimero ottenuto mediante alcolisi di acetato di polivinile. Indicato come adesivo analogamente a prodotti naturali come amido e derivati e caseina, indicato anche per il consolidamento di superfici pittoriche murali e per la protezione dei metalli. I film formati da alcool polivinilico sono trasparenti. È molto polare. 127 Il Gelvatol, utilizzato già al 5% è stato ulteriormente diluito in acqua al 50%. 115 Il consolidamento in profondità è stato effettuato tramite inoculamento e/o percolazione, diversificando i prodotti in base alle esigenze: L’adesivo per fissaggi Vinnapas è stato usato in volta, perché ha un forte potere adesivo. Consolidante riempitivo adesivo quale Carbonato di Calcio precipitato con Acril 33. Il materiale riempitivo Salva Intonaco Cepro per i distacchi modesti e iniettato fino al rifiuto. Con la rimozione del puntello, posizionato durante il preconsolidamento, la parte di intonaco trattata risulta perfettamente adesa anche se non riportata in sede, deformazione questa irreversibile. Sia nella zona preconsolidata che su tutta la superficie sono state individuate numerose fessure e fratture con distacco, fra intonachino e l’arriccio. L’operazione di consolidamento valutata localmente in seguito ad un’accurata indagine uditiva condotta manualmente su tutta la area pittorica, è stata eseguita tramite infiltrazioni con siringhe e gli stessi materiali riempitivi usati per il preconsolidamento. Prima di procedere con l’iniezione di siringhe contenenti il materiale consolidante, si è verificato se in corrispondenza delle zone fessurate o fratturate vi era la presenza di piccoli fori o lacune attraverso i quali iniettare il materiale senza asportare altro materiale originale. Dove non era possibile penetrare sono stati creati dei microfori con gli aghi e/o fori precisi con il trapano elettrico per l'inserimento del materiale consolidante. L’adesivo per fissaggi Vinnapas è stato inserito nei fori e nelle fessure delle crepe come fissaggio delle parti in fase di caduta, mentre il riempitivo Salva Intonaco CEPRO (premiscelato) per i distacchi modesti ed utilizzato anche per le crepe da ritiro più spaziose preparandole per la stuccatura finale. Queste zone vengono prima spolverate tramite una pompetta ad aria manuale per togliere l'intonaco decoeso e con il nebulizzatore e/o siringhe viene inserita acqua e alcool, in proporzioni 1:1, come veicolante, per eliminare polveri e tutto ciò che ostacolerebbe l’immissione e la percolazione del prodotto riempitivo. È bene precisare che tutti i materiali scelti e utilizzati per il riempimento dei distacchi sono compatibili con l’intonaco murario. Il Carbonato di Calcio è stato utilizzato per i distacchi più profondi. 116 Stuccatura Le lacune di intonaco di piccola e media profondità, le crepe, le micro e macro fessurazioni sono state stuccate con una malta di calce idrata caricata di inerti idonei con caratteristiche fisico- chimiche, granulometria, tessitura superficiale e colorazione simile all’intonaco originale, cosicché da restituire continuità alla decorazione. Quindi priva di resine, affinché sia garantita un’elasticità omogenea tra la malta d’epoca e quella di integrazione. Nella zona centrale vista la lacuna di intonaco, si è proceduto con tre fasi di stuccatura: la zona più profonda attraverso l’ausilio di rinzaffo composto da sabbia vagliata grossa e grassello di calce nelle proporzioni 2:1; la seconda fase è stata eseguita per colmare la lacuna con una malta più fine composta da sabbia vagliata fine e grassello di calce 3:1; l’ultima fase è stata realizzata con una stuccatura molto sottile di polvere di marmo e grassello 3: 1. Le altre lacune, crepe, micro e macro fratture presenti nell’affresco, sono tutte di piccola entità, infatti sono state trattate in due fasi: quelle leggermente più profonde sono state riempite con il materiale riempitivo Salva Intonaco per iniezione; Per uno strato di pochi millimetri è stata utilizzata una malta composta da polvere di marmo e grassello, in proporzioni 3:1. Infine tutte le stuccature sono state poi lisciate e tamponate, con l’ausilio di una spugna naturale inumidita in acqua, con lo scopo di eliminare tutti i residui di malta sull’intonaco originale circostante, evitando cosi gli sbiancamenti. Reintegrazione pittorica L’effetto primario nella reintegrazione pittorica è quello di ridonare all’opera d’arte una lettura unitaria ed omogenea, senza creare alcuna modifica al valore che il tempo le ha donato, ovvero la patina storica, e senza creare una falsificazione. L’operazione di integrazione pittorica ha come obbiettivo principale la conservazione, mantenendo inalterata l’originalità, il significato ed il valore storico-artistico128. Seguendo questi principi l’integrazione deve essere differenziata rispetto all’originale, quindi è 128 Guido Botticelli, Metodologia di restauro delle pitture murali, a cura di Sandra e Silvia Botticelli, Firenze, Centro Di, 2007, p. 147 117 importante precisare che l’integrazione è stata trattata con metodologie diversificate a seconda delle zone interessate. L'esecuzione dell'affresco è stata realizzata in più fasi, dalla parte compiuta con l’intonaco ancora fresco, alle rifiniture a secco e comporta la presenza, nella lacuna da reintegrare, del tono di fase e/o di preparazione della fase precedente. Durante le fasi di riadagiamento e di pulitura della pellicola pittorica è stato possibile ottenere la conservazione ottimale dell'esistente. La quantità di perdita di pellicola , con conseguente presenza sulla superficie di lacune ed alterazioni, richiede un intervento di reintegrazione pittorica ad abbassamento di tono rispettoso dell'esistente, e rigatino dove si presentano stuccature eseguite durante l’operazione di restauro, con l’utilizzo dei colori ad acquerello. Per le figure che sono caratterizzate da cadute di colore o abrasioni dello strato pittorico originale si procede con applicazione di colori ad acquerello, ad abbassamento di tono, in fasi successive dei massimi bianchi rispettando le seppur minime tracce di colore (lacuna nella lacuna), per attenuare otticamente e uniformare le mancanze della pellicola pittorica dando equilibratura cromatica. Il cielo invece presentava micro cadute di colore con visione dell'intonaco e del colore intonato al rosso della preparazione e durante la fase di reintegrazione pittorica di questo, trattandosi di una zona estesa, si procede sempre per abbassamento di tono, mantenendo il tono di preparazione con colori tipo terre (terra rossa e ocra) con alternarsi di varie diluizioni ed una velatura finale. Sulla stuccatura della lacuna centrale si è proceduto con una reintegrazione pittorica a rigatino, cercando di riportare l’opera d’arte il più possibile alla sua unità perduta, e di rendere l’immagine nuovamente leggibile129. Affiancando i colori locali eseguendo dei trattini, in modo che l’immagine dell’oggetto si evidenzi soltanto ad una certa distanza. Si ritocca procedendo dai toni chiari a quelli scuri, da quelli freddi a quelli caldi. I primi trattini andranno a condizionare i successivi fino a chiudere la lacuna. Quindi dopo aver concluso l'abbassamento di tono delle zone circostanti la lacuna ed aver impostato la stuccatura con una leggera velatura ad acquerello, di color ocra, si procede con il rigatino. La tecnica viene sviluppata nella stuccatura eseguita in fase di restauro e preparata in modo simile all’originale allo scopo di ricreare la parte mancante. Durante la fase di impostazione e di successiva reintegrazione delle parti mancanti si è proceduto 129 La questione del ritocco nel restauro pittorico Heinz Althofer collana i Talenti il prato 2002 pp-43 118 con l'integrazione di: mano, impugnatura arco, ciuffo di decorazione dell'arco ed il fondo azzurro del cielo. 4.2.2. STUCCHI Rimozione del materiale incoerente Pulitura a secco con l’uso di pennelli morbidi e aspirapolvere dai depositi atmosferici e dal sudiciume. Preconsolidamento Durante l'esecuzione delle fasi di pulitura, sia quella a secco che quella ad umido, è stato necessario intervenire con incollaggi di alcune parti del modellato in fase di distacco, specialmente gli acini d’uva. Questi preconsolidamenti sono stati effettuati con l’applicazione localizzata di Vinnapas, previa spolveratura. La superficie trattata è stata bagnata con una soluzione di acqua e alcool in proporzioni 1:1. In questa fase ci si aiuta con le siringhe per eseguire l’operazione in modo localizzato e preciso. L'eccesso viene pulito immediatamente con una soluzione di acqua e Alcool al 50% evitando così il formarsi di una patina lucida. Come già accennato, la maggior parte dei distacchi si sono riscontrati sulla cornice che contorna l’affresco, infatti i preconsolidamenti sono localizzati nelle zone di solfatazione. Pulitura Dopo aver eseguito delle prove tecniche di pulitura (vedi scheda tecnica OP 1-2, OP 13), si è proceduto con l’applicazione a pennello di Carbonato d'Ammonio, con un tempo di contatto di circa 3/4 minuti, rimuovendo lo sporco rigonfiato con spugne abrasive e spazzolini negli interstizi ed un successivo risciacquo abbondante di acqua demineralizzata per eliminare il residuo della soluzione. Nelle zone maggiormente annerite l’azione di spugnatura è stata più insistente; aumentando inoltre il tempo di contatto il carbonato produce un ammorbidimento e un rigonfiamento del materiale incoerente facilitandone la rimozione. Il livello di pulitura raggiunto permette il recupero della finitura a calce grigio chiara. La pulitura della cornice all’imposta della volta è stata più semplice rispetto a quella della cornice che circonda l’affresco, perché è meno elaborata ed ha molte superfici piane. 119 Trattamento desolfatante Si è ritenuto necessario l’impiego di un prodotto desolfatante, quale Idrossido di Bario Ottaidrato per le zone di solfatazione con conseguente erosione dell’intonaco sotto la finitura in stucco del lato Nord-Ovest della cornice in volta. Il trattamento è stato effettuato con impacchi di acqua distillata e Idrossido di Bario130 supportati con carta giapponese. L’applicazione è stata effettuata a pennello per impregnazione, in modo localizzato nelle zone di erosione, con un tempo di contatto di quattro ore. La carta giapponese è stata applicata in fogli molto piccoli seguendo così il modellato ed applicata prima con acqua demineralizzata. Passate le ore prestabilite la carta è stata rimossa e dopo dieci giorni le zone che sono state trattate sono state tamponate con acqua demineralizzata, per la rimozione del residuo della lavorazione. Consolidamento Una volta eseguiti i preconsolidamenti e la pulitura si prosegue con il successivo consolidamento delle parti già preconsolidate, delle micro e macro fessurazioni e di altri punti fragili del modellato che sono in fase di distacco. Si è proceduto con l’applicazione localizzata dell’adesivo fissativo Vinnapas previa bagnatura con acqua e alcool come veicolante; e per dare più sostegno al Vinnapas si affianca una fermatura di malta in proporzioni 3:1 (due parti di sabbia fine, una parte di polvere di marmo come inerti e il Grassello di Calce come legante). Questa operazione è effettuata in ugual modo su tutti gli stucchi. Una volta terminata la fase di incollaggio sopracitata, si è proceduto con un consolidamento delle fessurazioni tramite inoculamento di una maltina composta da salva intonaco della Cepro, creando cosi una base per la stuccatura. Stuccature Il passaggio successivo è stato quello delle stuccature, delle fessurazioni, delle lacune e delle mancanze, ricreando cosi una continuità del modellato, con un impasto costituito da Grassello, come legante, sabbie e altri agglomerati come inerti, simili a quelli del modellato in stucco. 130 per 1etto di Idrossido di BA ottaidrato va aggiunto 1Lt acqua demineralizzata creando cosi una soluzione. 120 Le stuccature sono eseguite a livello della finitura in stucco con le seguenti composizioni: una prima malta per colmare le fessure più profonde, a base di grassello di calce, due parti di sabba di fiume setacciata e una parte di sabbia Vagliata, quindi in proporzioni 1:3; una malta di finitura con Grassello di calce, una parte di sabbia di fiume setacciata e due parti di polvere di marmo setacciata, con rapporto 1:3. Le stuccature sono state poi lisciate e tamponate con l’ausilio di una spugna di cellulosa inumidita in acqua con lo scopo di eliminare tutti i residui ed eventuali sbiancamenti nella zona limitrofa alla stuccatura. Reintegrazione pittorica Per ridonare a tutti gli stucchi, una lettura unitaria ed omogenea, è stata realizzata una reintegrazione pittorica con sistemi selettivi. L’intervento è stato eseguito ad abbassamento di tono con colori a calce nelle lacune e con colore a calce coprente nelle zone di solfatazione e in quelle di alterazione cromatica. colore a calce 98E22 diluito in acqua per l’abbassamento di tono con colore a calce 98E22 ed una parte di bianco NT steso in modo localizzato per le zone di solfatazione colore a calce 98E22 scurito per velature localizzate e di riequilibratura. 4.2.3. INTONACI Rimozione del materiale incoerente Come prima operazione è stata effettuata una spolveratura a secco, mediante pennelli a setole morbide, eliminando soprattutto le ragnatele e la polvere. Consolidamento Durante le fasi di spolveratura e pulitura si è proceduto con il consolidamento delle crepe e fessure presenti sugli intonaci in volta, tramite iniezione di Salva Intonaco. Si è proceduto con iniezioni di acqua e alcool in proporzioni 1:1 per veicolare la superficie, dopodiché le fessure e le crepe sono state prestabilito, fino al rifiuto. 121 riempite, con il materiale Pulitura La pulitura delle finiture a calce degli intonaci è stata effettuata con un lavaggio di acqua demineralizzata e Benzalconio Cloruro al 2% mediante iniezione e astrazione, con una apposita macchina, si è poi risciacquato con la stessa operazione con solo acqua, per eliminare i residui di Benzalconio Cloruro. Stuccature In tutta la volta della sala non vi erano grandi crepe o fratture, come descritto nello stato di conservazione, quindi le piccole fessure sono state chiuse con iniezione di Salva Intonaco della Cepro, ripulite con una spugna di cellulosa per eliminare il residuo. Reintegrazione pittorica Si è poi proceduto prima con la verifica dei saggi stratigrafici, scheda tecnica OP 1-1 e sono stato realizzati dei colori a calce: 1: Colore schiarente per le alterazioni è stato realizzato con 1/2 latta bianco diluito(molto) con 1/2 beker colore 98E22 (denso) 2: Colore scurente per le abrasioni è stato realizzato con 3/4 beker bianco diluito(molto) + 1/2 beker di colore 98E22(denso) + 1e1/2 beker di acqua 3: Colore in velatura finale originale è stato realizzato con 1 parte di colore n°1"schiarente" + 1 parte di acqua. 4: Colore in velatura per la patina(dare 1 mano)e i rifacimenti (dare 2 mani), realizzato con 1 parte di colore 98E22(denso) + 5 parti di acqua. La metodologia applicata ai colori a calce è divisa in più passaggi: Colore n°2 scurente su abrasioni localizzate con pennello piccolo. Colore n°2 scurente su abrasioni e cadute estese con pennello grande. Colore n°1 schiarente su alterazioni localizzate con pennello grande. Colore n°3 su tutta la superficie insistendo nelle aree con alterazione ancora vista con penello grande. Colore n°4 su tutta la superficie con pennello grande scaricato. 122 4.3. SCHEDE TECNICHE E TAVOLE GRAFICHE ALLEGATE, RELATIVE ALL INTERVENTO EFFETTUATO Seguono le schede tecniche relative all’intervento effettuato sulla superficie ad affresco e sono nominate con il seguente criterio: la sigla “IR” chiarisce che si tratta di una scheda riguardante l’intervento di restauro eseguito sull’opera (questo per distinguerle dalle altre schede presenti); Il primo numero indica la sala di appartenenza (1 salone, 2 scalone) La sigla Aff. indica di che apparato si tratta. Il terzo numero indica il numero della scheda (da 1 a 7) Vengono anche proposte tavole allegate eseguite su fogli A3 che mostrano tutti gli interventi effettuati sull’affresco e sugli stucchi. Questi ultimi sono stati riportati su fogli A3, poiché in un foglio A4 sarebbero risultati di dimensioni eccessivamente ridotte e limitatamente visibili. In queste tavole grafiche sarà dunque mostrato l’intervento effettuato, cercando di inserire un numero limitato di retini grafici, rendendo così la mappatura di facile comprensione. Vedi tavole n°11-12-13-14 nel Volume II. 123 IR 1-Aff-1 Intervento: Tamponatura della pellicola pittorica Materiali utilizzati: pennelli, carta giapponese e spugna naturale. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Riadagiamento della pellicola pittorica mediante una tamponatura di acqua demineralizzata e spugna naturale tramite carta giapponese. 26/06/12 25/06/12 20/06/12 21/06/12 Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 124 IR 1-Aff-2 Intervento: Preconsolidamento Materiali utilizzati: Puntello, Vinnapas, salva intonaco. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Il preconsolidamento, è stato eseguito con fermature di malta ed inoculamento di adesivo riempitivo Vinnapas, con lo scopo di evitare cadute delle parti di intonaco distaccate e/o decoese, durante l’esecuzione delle lavorazioni di pulitura. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 125 IR 1-Aff-3 Intervento: Pulitura Materiali utilizzati: carta giapponese, acqua demineralizzata,Benzalconio Cloruro, spugna naturale. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Pulitura con Benzalconio cloruro al 3%, tramite impacchi di carta giapponese con un tempo di contatto di 10 minuti. Successiva pulitura, con le spugne wishab, solo nelle zone con colori chiari. Foto 1 0 10 20 50 100 cm Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 126 IR 1-Aff-4 Intervento: Consolidamento Materiali utilizzati: Alcool Polivinilico, carta giapponese, pennelli, spugne, carta giapponese. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Fissaggio della pellicola pittorica con carta giapponese e applicazione della resina sintetica, quale Alcool Polivinilico (Gelvatol), in diluizione e solubile in acqua. Consolidamento effettuato per il ripristino della coesione della pellicola pittorica, tramite impregnazione con almeno due cicli di applicazione. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 127 IR 1-Aff-5 Intervento: Consolidamento Materiali utilizzati: siringhe, Vinnapas, Salva Intonaco. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Sono state eseguite delle iniezioni con il materiale riempitivo Salva Intonaco Cepro, adesivo riempitivo Vinnapas e Carbonato di Calcio precipitato, mediante siringhe, affinché il consolidante potesse riempire totalmente l’area distaccata. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 128 IR 1-Aff-6 Intervento: Stuccature Materiali utilizzati: malta di differenti tipologie e spatole. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione:La ricetta per la malta da rinzaffo è: sabbia vagliata grossa e grassello di calce nelle proporzioni 2:1; La ricetta per la malta da arriccio è: sabbia vagliata fine e grassello di calce 3:1; Ricetta per la malta di finitura è: polvere di marmo e grassello 3: 1. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 129 IR 1-Aff-7 Intervento: Reintegrazione pittorica Materiali utilizzati: Pennelli, tavolozza, acquerelli. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Nelle lacune della pellicola pittorica il ritocco si è sviluppato ad abbassamento di tono, invece sulle stuccature di nostra esecuzione è stato eseguito il rigatino. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 130 4.4. DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA DOPO L’INTERVENTO 131 132 133 5. RELAZIONE TECNICA DELLA SALA2, SCALONE 5.1. STATO DI CONSERVAZIONE e ANALISI del DEGRADO della SALA2, SCALONE 5.1.1. INTRODUZIONE DELLO STATO DI CONSERVAZIONE DELL’APPARATO DECORATIVO L’esame preliminare al restauro, effettuato da terra, aveva rilevato solo alcuni degli aspetti più evidenti dei problemi conservativi dell’affresco. Questi danni erano tutti conseguenti a passate infiltrazioni di pioggia dal tetto, a lievi dissesti statici dovuti a movimenti di assestamento della struttura muraria dell’edificio ed a movimenti elastici della volta, questi ultimi causa di modesti schiacciamenti degli intonaci alla quota d’imposta. La decorazione della volta risultava pesantemente danneggiata, con sollevamenti e abrasioni della pellicola pittorica, distacchi di intonaco, scialbi, fessurazioni, fratturazioni, formazioni di sali consistenti che hanno provocato erosione, alcune pezze cementizie e interventi di manutenzione. Per semplificare l’esposizione dei degradi della volta, evitando cosi ripetizioni eccessive, i differenti materiali presenti nel salone sono stati suddivisi in sottocapitoli. È possibile vedere i degradi nelle tavole n°15-16-17-18-19-20 nel volume II. Fig. n°113 Visione generale della volta dello scalone monumentale. 134 5.1.2. AFFRESCO Prima di avanzare con qualunque intervento di restauro, bisogna valutare, descrivere ed esaminare lo stato patologico131 dell’opera presa in esame. Lo studio consiste anche nell’individuare le cause e i processi che possono aver portato l’opera al suo stato attuale. Brevemente possiamo affermare che la velocità e le modalità dei processi di trasformazione che si percuotono sulla materia dipendono dal contesto ambientale e dalla morfologia delle superfici.132 Qui il degrado era maggiore rispetto all’affresco di Calaide e Zete, per il continuo dilavamento dell’acqua, causato da infiltrazioni dalla copertura, per trasferimenti di calore dal sistema all’ambiente e viceversa, per l’umidità, sia quella in fase liquida che quella di vapore, e per l’atmosfera inquinante. Il contesto ambientale non basta per risalire alle cause di degrado, poiché esso potrebbe derivare anche dalle caratteristiche dei materiali costitutivi, in quanto anche le sostanze presenti nella muratura creano reazioni, sia singolarmente con la presenza di acqua, sia addizionate ai fattori ambientali. Non è comunque stato possibile fare alcuna analisi diagnostica i n laboratorio per una verifica sulla vera natura del materiale. Per quanto riguarda la vera e propria mappatura dei singoli fenomeni di degrado, si rimanda alle schede tecniche di degrado alla fine di questo sottocapitolo e alle tavole grafiche n°1516-17 nel Volume II. L’esame ravvicinato dell’opera, effettuato dal ponteggio con l’ausilio di luce normale e quella radente, aveva confermato la prima analisi da terra, ovvero che la superficie dell’affresco era irrimediabilmente degradata. L’affresco appariva in uno stato di degrado molto avanzato, poiché è difficile trovare una superficie che presenta un solo fenomeno di degrado, tutto ciò causato da una scarsa manutenzione non effettuata nel corso degli anni, dai vari interveti precedenti di restauro visibili, e dall’umidità molto elevata. L’umidità presente nella muratura era di condensa e dilavamento per infiltrazione133, quest’ultima aveva provocato continui dilavamenti, andando ad alterare la superficie pittorica, lasciando i segni delle percolazioni e alterando i colori della pellicola pittorica. Queste infiltrazioni avevano provocato distacchi e cadute di intonaco. 131 C. GIANNINI, R. ROANI, Dizionario del restauro e della diagnostica, Seconda Edizione, Firenze, Nardini Editore, 2003, p. 181. Gli autori di questo libro, definiscono lo stato patologico l‟insieme delle alterazioni e delle forme di degrado a cui un‟opera è soggetta. 132 CARLA ARCOLAO, La diagnosi nel restauro architettonico, tecniche, procedure, protocolli, Venezia, Marsilio Editore, 2008, pp. 15-46. 133 Appunti di Dario Benedetti 135 L’umidità di condensa si era formata invece per la differenza di temperatura tra l’ambiente esterno e quello interno, per effetto della diversa conducibilità termica e porosità dei materiali134: l’acqua perciò penetrava all’interno delle murature ed esercitava un azione meccanica, variando cosi la struttura del materiale, che risulta conseguentemente è più soggetto al degrado. I depositi superficiali interessavano l’intera superficie, provocando solo uno strato sottile polverulento con variazione di luminosità, saturazione e tonalità dell’originale. Inoltre, attraverso l’indagine tattile, si era riscontrato un intonaco ruvido, cosi le polveri ma soprattutto le ragnatele avevano la possibilità di aggrapparsi meglio alla superficie. Tutta la superficie dell’affresco presentava aree di solfatazione dovute alle infiltrazioni, le quali avevano causato su tutta la superficie il deterioramento della pellicola pittorica determinandone svariate lacune e sollevamenti, generando cosi decoesione e mancata adesione. Inoltre questi degradi portano alla conclusione che il dipinto murale in parte è eseguito a secco, lasciando intravedere un livello di pellicola sottostante di un colore rosato, ovvero, il fondo steso appositamente dall’artista che però ha fatto saltare il colore steso a secco. Il colore non è rimasto adeso perché non si era legato perfettamente, forse per la poca calce, quindi nel corso del tempo ha perso coesione. Questi sollevamenti e cadute di colore erano concentrati nelle stesure applicate sui fondi, quindi nelle parti a secco, si notava anche il colore che spolverava in grande quantità con una consistenza quasi gessosa, soprattutto nei quattro piccoli affreschi che circondavano quello centrale; probabilmente ciò è da mettere in relazione anche con le tecniche esecutive dell’artista. Sono state anche trovate delle lacune di intonaco che lasciano intravedere l’arriccio sottostante, la causa che può aver provocato questo degrado è di natura chimico-fisica. La presenza di umidità aveva creato la solubilizzazione dei sali presenti nella muratura portando di conseguenza ad una corrosione dell’intonaco. Questi distacchi sono stati rintracciati nel lato Nord-Ovest, intaccando così la leggibilità dei due putti che sostengono una collana, i due visi di angioletti che soffiano e i tondi decorati ad affresco. Attorno a queste lacune di intonaco si presentavano anche degli spanciamenti consistenti con distacco. In corrispondenza delle lacune di intonaco e alcune lacune della pellicola pittorica si trovavano delle erosioni, dovute alla solfatazione, con visione della malta sottostante. Si sono identificate numerose fratture, fessure e crettature 134 La sintesi sull‟umidità di condensa e meteorica è tratta dal sito internet: Architetto Di Leo Leonardo. Link risorsa: <http://www.architettodileo.it/umidita.html> 136 dell’intonaco, di diverse gravità, e non sempre hanno rappresentano un problema strutturale. Le screpolature possono essere causate dal ritiro rapido dello strato sottostante, conseguenza più frequente per gli intonaci a legante idraulico, che hanno la caratteristica di produrre, durante l’indurimento delle manifestazioni di ritiro, in questo affresco come anche nell’altro preso in considerazione fessure, fratture e crepe da ritiro colpiscono tutta la superficie. Dei veri e propri spostamenti reciproci delle parti d’intonaco, sono state riscontrate nella frattura a Nord-Est e attorno alle lacune di intonaco. Probabilmente l’origine di tale degrado era legato all’umidità e quindi all’acqua nelle sue diverse forme. 5.1.3. STUCCHI Gli stucchi che decorano la superficie della volta avevano diverse problematiche dovute anche ai precedenti restauri, ma soprattutto alle infiltrazioni di acqua. La cornice di imposta della volta, che si trova ad un altezza da terra di circa 6m, presentava pochi degradi e questi erano dovuti ad azioni meccaniche dirette. Erano presenti anche delle fratture negli angoli e delle fessure in modo rado. Questo cornicione mostrava però una forte decoesione del colore, steso omogeneamente su tutta la cornice in una fase di manutenzione. È possibile supporre che il colore fosse una tempera, per la sua corposità e anche per il modo in cui è stato rimosso, anche se inizialmente sembrava un colore sintetico. In tutti gli angoli questa presentava diversi punti di erosione dovuti alle solfatazioni, questo degrado ha provocato la perdita della finitura in stucco, lasciando a vista la malta sottostante. La decorazione in stucco che abbellisce la volta è la più colpita dalle erosioni poiché è stata percossa da forti solfatazioni. Si sono potute quindi rilevare, su tutto il modellato, formazioni consistenti di sali tipo barbe che hanno provocato fenomeni combinati di decoesione, lacune, mancanze, distacchi, sollevamenti, cadute e abrasioni delle coloriture a calce e dell’intonaco di supporto. Come è possibile vedere anche nella mappatura, erano presenti numerose fessurazioni e fatturazioni, anche se il degrado maggiormente riscontrato era dato da uno spesso deposito di sporco incoerente di varia natura, che annerisce la finitura del colore a calce grigio chiaro, pur di non eccellente qualità. Questo deposito superficiale era soprattutto sulle zone aggettanti o in aggetto. Nel lato Sud-Ovest era visibile la più evidente delle stuccature realizzata in cemento armato che comprende sia l’intonaco che il modellato, e risultava visibile da terra perché danneggiava visivamente l’esteticità dell’opera, avendo una composizione 137 diversa rispetto alla malta originale. Verranno conservate, pertanto, solo quelle stuccature che non comprometteranno l’integrità del bene in oggetto, anche se di composizione diversa, perché sono comunque interventi storici da tutelare. Sempre su questo lato, su una delle “lesene” vi era la presenza di distacchi di intonaco con visione della malta sottostante vicino alla conchiglia. Nel lato Nord-Est vicino all’affresco, una frattura colpisce gran parte del modellato e del medaglione in stucco, senza però segno di distacco. Durante i precedenti interventi manutentivi era stato applicato del gesso per colmare le lacune e le erosioni soprattutto nel lato Nord-Ovest, quello più colpito dalle infiltrazioni, inoltre per amalgamare la superficie a pennello era stato steso del gesso liquido in tutte le zone che presentavano degrado, ma questo non ha resistito all’elevata umidità e alle infiltrazioni, infatti si era rigonfiato provocando dei sollevamenti e cadute, rendendo la superficie disomogenea. Gli sfondati dei modellati presentano un colore a tempera alterato e degradato di colore più scuro, rispetto all’originale, con pennellate di manutenzione; infatti con un attenta visione ravvicinata si poteva intravedere il colore a calce nocciola originale. 5.1.4. INTONACI Sulla volta sona state troviate delle fenditure più profonde che interessano anche l’intonaco della struttura muraria; localizzate negli angoli, in corrispondenza delle intersezioni negli angoli Nord ed Est, queste crepe tagliano gran parte della parete e della volta ed anche il cornicione. Vi sono poi quelle che riguardano esclusivamente l’ultimo strato di intonaco sempre nel lato Nord-Est della sala, oltre alle già citate crepe in precedenza, le quali sono già state chiuse durante un restauro o una fase di manutenzione, e invadono buona parte della superficie piccole fessurazioni. I danni dovuti alle infiltrazioni erano concentrati principalmente sul lato Sud-Ovest, con un affioramento di sali di tipo barbe, che non hanno provocando decoesione e cadute della finitura a calce. Nel lato Nord-Est invece vi era meno degrado, infatti troviamo meno cadute e sollevamenti del colore a calce. Nel lato Sud-Ovest, come già esposto, si trovavano molti più degradi, ma anche più interventi di manutenzione, viste le cinque pezze cementizie. Quella più grande si trova al centro, mentre le altre quattro sono suddivise nei due angoli. Queste stuccature sono state realizzate con una malta cementizia, non idonea ed anche debordante. Su tutta la superficie dell’intonaco erano presenti svariati depositi incoerenti come polvere, particellato atmosferico e ragnatele. 138 5.2. SCHEDE TECNICHE E TAVOLE GRAFICHE RELATIVE ALLO STATO DI CONSERVAZIONE Sono proposte delle tavole allegate eseguite su fogli A3 che mostrano tutti i degradi presenti sull’affresco, sugli stucchi e sugli intonaci. Questi ultimi sono stati riportati su fogli A3 poiché in un foglio A4 sarebbero risultati di dimensioni eccessivamente ridotte e limitatamente visibili. In queste tavole grafiche sarà mostrata la mappatura dei degradi cercando di inserire un numero limitato di retini grafici, rendendo così la mappatura di facile comprensione. Tavole n°15-16-17-18-19-20 Volume II. Nelle successive schede in formato A4 sarà mostrata la mappatura dei singoli degradi dell’affresco. Le schede sono nominate con il seguente criterio: La sigla “SD” chiarisce che si tratta di una scheda riguardante il degrado dell’opera ( questo per distinguerle dalle successive schede che invece riguarderanno le operazioni preliminari o l’intervento, le quali avranno sigle differenti) Il primo numero indica la sala di appartenenza (1 salone, 2 scalone) La sigla Aff. indica di che apparato si tratta. Il terzo numero indica il numero della scheda (da 1 a 9) I rilievi di foto raddrizzamenti sono stati eseguiti precedentemente ai lavori di restauro. Le mappature sono state realizzate in AutoCAD. 139 Ubicazione: Scalone Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Sollevamento della Scheda: SD 2-Aff-1 pellicola pittorica Scala1:40 Foto 1 Descrizione: La pellicola pittorica presentava gravi sollevamenti su tutta la superficie. In alcune zone questo degrado era maggiore, ovvero le zone con colori più scuri. Foto 1 140 Ubicazione: Scalone Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Lacune della Scheda: SD 2-Aff-2 pellicola pittorica Scala1:40 Foto 1 Descrizione: Le lacune della pellicola pittorica si estendono su tutta la superficie, a causa delle infiltrazioni dell’acqua. Foto 1 141 Ubicazione: Scalone Scala1:40 Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Lacune di intonaco Scheda: SD 2-Aff-3 Foto 1 Descrizione: Le lacune di intonaco sono state causate probabilmente dall’erosione. Si concentravano nulla zona dei putti. Foto 1 142 Ubicazione: Salone Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Distacco e Scheda: SD 2-Aff-4 spanciamento intonaco Scala1:40 Foto 1 Descrizione: Nelle zone segnate, l’intonaco si presentava distaccato dal substrato, in questo caso il degrado non era visibile dall’esterno ma è stato possibile individuarlo mediante l’analisi tattile. I distacchi si presentavano soprattutto nella zona dei putti, ma erano presenti anche in altri punti, ovvero dove vi erano fessurazioni e fatturazioni. Foto 1 143 Ubicazione: Scalone Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Fratturazioni e Scheda: SD 2-Aff-5 fessurazioni. Scala1:40 Foto 1 Descrizione: Comprendevano tutta la superficie e variavano anche di dimensioni. Alcune di queste hanno provocato il distacco dell’intonaco o dell’intonachino. Foto 1 144 Ubicazione: Salone Scala1:40 Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Percolazione Scheda: SD 2-Aff-6 Foto 1 Descrizione: I segni di percolazione sono stati causati dal continuo dilavamento dell’acqua. Oggi il problema delle infiltrazioni dalla copertura è stato risolto. Foto 1 145 Ubicazione: Scalone Scala1:40 Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: mancata adesione Scheda: SD 2-Aff-7 Foto 1 Descrizione: Nelle zone segnalate vi era sollevamento della pellicola pittorica con mancata adesione al supporto murario. Foto 1 146 Ubicazione: Scalone Scala1:40 Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Erosione Scheda: SD 1-Aff-8 Foto 1 Descrizione: I sali tipo barbe nelle zone di solfatazione hanno provocato erosione all’intonaco di supporto. Foto 1 147 Ubicazione: Scalone Scala1:40 Rilievo dello stato materico e di degrado Fenomeno: Sali tipo barbe Scheda: SD 2-Aff-9 Descrizione: In alcune zone con presenza di solfatazione erano stati trovati Sali di tipo barbe. Foto 1(riferita al tondo n°3) 148 5.3. INTERVENTI PRECEDENTI Le ricerche di archivio finalizzate a fissare una cronologia dei restauri precedenti non sono andate a buon fine, poiché non è stato ritrovato alcun documento relativo a restauri passati. Non è stato possibile fare delle analisi diagnostiche, ma con un attenta analisi visiva si sono rintracciati gli interventi manutentivi o di restauro precedenti. Già da terra era possibile vedere gli interventi sugli intonaci, probabilmente operazioni di manutenzione. Nel lato Sud-Ovest, quello più colpito dal degrado di solfatazione, vi erano sei stuccature in cemento armato, probabilmente realizzare per colmare delle lacune di intonaco dovute a forti infiltrazioni o ad azioni di gelo-disgelo. Quella più grande si trovava al centro, durante la sua rimozione è stata portata a vista la struttura muraria, realizzata con mattoni in cotto ed anche l’armatura metallica che costituisce la volta. Un'altra pezza cementizia la troviamo verso il modellato in stucco e vista la sua dimensione include anche quest’ultimo. Questa danneggia visivamente l’esteticità dell’opera ed aveva una composizione diversa rispetto alla malta originale perché eseguita con materiali incongrui. Nel lato Nord-Est invece vi era un intervento di sigillatura delle crepe lasciando però un alone molto evidente. L’intonaco dopo questi interventi manutentivi era stato sottoposto a tinteggiature con colori a calce di colore grigio-azzurro. Viste le erosioni nel lato Nord-Ovest gli stucchi hanno subito molti degradi, probabilmente la finitura in stucco era andata persa lasciando a vista la malta, quindi durante uno degli interventi di manutenzione è stato ricostruito una parte del modellato con il gesso. Questa ricostruzione comprende la maschera e la decorazione circostante. Questa ricostruzione da terra non è visibile, però con l’esame ravvicinato è stato possibile notare l’imperfezione con cui è stata realizzata. Dove gli stucchi presentavano erosioni è anche stato steso del gesso a pennello liquido per rendere la superficie più omogenea. Questo intervento ha portato ad un ulteriore degrado causato dell’umidità. Nel medaglione a Nord-Est vi è una frattura che era stata chiusa in malo modo con una stuccatura sottolivello in cemento armato. Sono state anche trovate delle manutenzioni durante lo studio delle stratigrafie è stato possibile vedere che in corrispondenza degli sfondati, delle medaglie e delle ampie conchiglie, che presentavano un colore grigionocciola nella fase esecutiva e quindi in origine, ma nell'assetto attuale gli sfondati presentano un colore a tempera alterato e degradato di colore più scuro rispetto all’originale con i segni delle pennellate. 149 Il cornicione all’imposta della volta invece ha subito un intervento di tinteggiatura, potrebbe essere stato steso a pennello o a spruzzo vista la sua compattezza sulla superficie. Per il degrado e la metodologia con cui è stata rimossa la ridipintura, potrebbe essere a tempera, comunque il livello di finitura della fase esecutiva è di colore avorio con tracce di colore a calce terra d’ombra. Senza delle analisi diagnostiche non possiamo individuare nessun intervento sull’affresco, poiché le analisi avrebbero potuto individuare prodotti stesi sulla superficie dell’affresco visto che erano state notate delle ragnatele inglobate alla superficie che senza solventi non era possibile rimuovere. 5.4. PROPOSTA DI INTERVENTO Visto che le superfici sono le stesse della sala precedentemente illustrata, ci si può avvalere della stessa proposta di intervento sempre secondo il materiale di realizzazione realizzata dalla ditta Cremona Restauri negli allegati al sottocapitolo 7.1 150 6. RELAZIONE DI INTERVENTO DELLA SALA 2, SCALONE MONUMENTALE 6.1. OPERAZIONI PRELIMINARI I RILIEVI In questa fase preliminare al fine di analizzare dettagliatamente il manufatto in questione, sono state realizzate una serie di tavole grafiche. Utilizzando basi grafiche cartacee già effettuate dalla direzione lavori135, è stata riprodotta la planimetria generale della sala 2, dove viene evidenziato il locale illustrandolo con delle foto fondamentali nella tavola n°4. Indicazione delle zone in cui è stata eseguita la prova tecnica di pulitura e il saggio stratigrafico nelle schede tecniche. È indicato lo stato di conservazione di tutte le superfici analizzandone ogni singolo degrado. Mappature dell’intervento effettuato. Planimetria per facilitare l’individuazione delle sale e l’orientamento dei saggi e delle prove tecniche (Fig.n°114). cortile d'onore cortile di servizio Scalone Salone principale Sud Est Nord Fig. n°114 Planimetria generale 135 ARCHITETTO MARIA CRISTINA COLLA Via Padova, 182 -20132- Milano 151 Ovest SAGGIO STRATIGRAFICO E PROVA TECNICA In questo scalone sono stati effettuati due saggi stratigrafici, uno dei quali è stato eseguito in corrispondenza del passaggio della cornice in stucco e dell’intonaco della parete per la verifica della corrispondenza dei livelli fra i due materiali costitutivi. Quest’ultimo è stato effettuato ad un altezza da terra di 6 metri. È stato organizzato all’interno di un rettangolo di dimensioni 7x10 cm servendosi del bisturi. Il saggo stratigrafico è stato etichettato e documentato attraverso fotografie, a lavoro concluso. Mostrano tutti i livelli trovati, questi sono stati numerati progressivamente partendo da quello più superficiale e descritti uno per uno riguardo al tipo di materiale costitutivi, al colore, allo spessore e alla granulometria. Dopo la stratigrafia sono state eseguite una serie di prove tecniche, volte ad individuare il miglior metodo di pulitura. Seguono le schede tecniche relative alle operazioni preliminari nominate con seguente criterio: la sigla “OP” chiarisce che si tratta di una scheda riguardante le operazioni preliminari eseguite sull’opera (questo per distinguerle dalle altre schede presenti riguardanti altre argomentazioni, come il degrado o l’intervento) la prima cifra indica la zona di appartenenza (1 il salone, 2 è lo scalone) Il secondo numero indica il numero della scheda (da 1 a 3) 152 Scheda Tecnica relativa alle operazioni preliminari Ubicazione: Scalone d’onore, parete Oggetto: Saggio stratigrafico su Scheda: OP 2-1 Nord-Est a 6 mt da terra. intonaco e stucco. Riferimento planimetrico, generale Riferimento planimetrico, particolare Fotografia, generale Fotografia, particolare DESCRIZIONE LIVELLI (tipo materiale, colore, spessore, granulometria) livello n°1: livello attuale: intonaco-colore a calce, grigio azzurro/stucchi-colore a calce, bianco. Livello n°2: intonaco-colore a calce, grigio azzurro/stucchi-finitura a calce, bianco avorio, spessore 1mm. livello n°3: intonaco-colore a calce, grigio azzurro/stucchi- colore a calce, terra d’ombra scura. livello n°4: intonaco-colore a calce, bianco ghiaccio/stucchi- colore a calce, avorio. COMMENTO (modalità selezione e note stato di fatto dei livelli) l saggio è stato eseguito in corrispondenza del passaggio cornice in stucco e intonaco parete per la verifica della corrispondenza dei livelli fra i materiali costitutivi. Sull’intonaco sono state individuate stratificazioni di interventi precedenti del colore grigio azzurro (livello 1, 2, 3). Sugli stucchi il livello di finitura della fase esecutiva è di colore avorio con tracce di colore a calce terra d’ombra. 153 Scheda Tecnica relativa alle operazioni preliminari Ubicazione: Scalone d’onore, Oggetto: Prova di pulitura degli Scheda: OP 2-2 parete Sud-Ovest a 6,20 mt da stucchi. terra. Riferimento planimetrico, generale Riferimento planimetrico, particolare Fotografia, generale Fotografia, particolare Descrizione: la prova di pulitura per la rimozione del colore sintetico è stata eseguita sulla parete Sud-Ovest. Tale prova è stata effettuata con l’asportazione meccanica dello scialbo stratificato e in fase di distacco mediante mezzi manuali quali bisturi e spatole e l’applicazione di acqua demineralizzata a spugna allo scopo di rendere più facile e controllabile la lavorazione, era possibile rimuoverlo anche con una spugna abrasiva dopo aver bagnato la superficie con cicli di acqua. Il risultato è ottimale, probabilmente il colore è con legante organico. Dal controllo diretto delle superfici si ipotizza, dopo l’esecuzione delle pratiche conservative di consolidamento e ricostruzione materica, una fase di reintegrazione cromatica di colore a calce in velatura:in modo localizzato sulle cadute e abrasioni e in modo esteso sui rifacimenti allo scopo di recuperare l’omogeneità di lettura d’insieme. 154 Scheda Tecnica relativa alle operazioni preliminari Ubicazione: Scalone, cornicione a Oggetto: Prova di pulitura degli Scheda: OP 2-3 Nord-Ovest a 6,50 m da terra. stucchi. Riferimento planimetrico, generale Riferimento planimetrico, particolare Fotografia, particolare Metodologia: Applicazione a pennello e spruzzo di una soluzione di Acetone e acqua al 50% con un tempo di contatto di circa 3/4 minuti, rimuovendo il colore con spugne abrasive e spazzolini negli interstizi ed un successivo risciacquo abbondante di acqua demineralizzata per eliminare il residuo della soluzione. Il livello di pulitura raggiunto non permette in modo completo il recupero della finitura a calce quindi il colore applicato in una fase manutentiva sarà rimosso seguendo la P.T nella scheda: OP 2-2. 155 6.2. INTERVENTO EFFETTUATO DELLA SALA2, SCALONE Le fasi dell’intervento della sala 1 e della sala 2 si sono approssimativamente equiparate, di conseguenza nel seguente capitolo verrà redatta una sintetica relazione dell’intervento effettuato lasciando più margine e possibilità di ampliare la spiegazione delle fasi differenti. Tavola n°21-22-23-24-25 nel Volume II. 6.2.1. AFFRESCO Rimozione del deposito incoerente Rimozione a secco delle ragnatele su tutti i dipinti murali, mediante pennelli a setole morbide di piccola e media misura. Preconsolidamento Si è proceduto con il riadagiamento della pellicola pittorica mediante una tamponatura con spugna naturale e acqua demineralizzata con l’interposizione di carta giapponese. Quest’operazione è avvenuta sempre con interposizione della carta giapponese, utilizzata in piccoli pezzi e andando ad applicarli vicino ai colori meno decoesi, cosi che la carta giapponese rimaneva adesa alla superficie, perché nelle zone dove il colore presentava forte decoesione l’assorbimento dell’acqua era immediato e quindi la carta faticava a rimanere adesa alla superficie. Nel lato Nord-Ovest del grande affresco vi era uno spanciamento consistente con conseguente distacco dell’intonachino e varie lacune di intonaco, probabilmente questo degrado era dovuto alle infiltrazioni di acqua e dai sali che spingendo hanno provocato la disgregazione del materiale stesso. Quindi è stato necessario preconsolidare tale degrado, realizzando un puntello posizionato nella zone centrale dello spanciamento, procedendo con il ripristino dell’adesione tra il supporto e l’intonaco con la stessa metodologia utilizzata nell’affresco precedente. Trattamento desolfatante Si è ritenuto necessario l’impiego di un prodotto desolfatante, quale Idrossido di Bario Ottaidrato per le zone di erosione. Il trattamento è stato effettuato con impacchi di acqua distillata e Idrossido di Bario136 supportati con carta giapponese, l’applicazione è stata attuata a pennello per impregnazione con carta giapponese come supportante, in modo localizzato esclusivamente nelle zone di erosione, con un tempo di contatto di 4 ore. La 136 per 1h di Idrossido di BA ottaidrato va aggiunto 1Lt acqua demineralizzata creando cosi una soluzione. 156 carta giapponese è stata applicata in fogli piccoli, passate le ore prestabilite questa è stata rimossa e dopo dieci giorni le zone trattate sono state tamponate con acqua demineralizzata, soprattutto per solubilizzare ed estrarre i sali solubili rimanenti. Le zone trattate sono divise tra l’affresco centrale ed i quattro affreschi attorno ad esso, ma sono solo state trattate quelle zone colpite da erosione. Pulitura In seguito al loro stato di conservazione in pessime condizioni, è stato deciso di procedere sugli affreschi con una pulitura molto leggera, ovvero la stessa impiegata nell’affresco del salone poiché era la metodologia più consona da impegnare nel rispetto dei materiali costitutivi del dipinto. In questo caso, però, anche dopo il riadagiamento della pellicola pittorica, questa non era perfettamente adesa alla superficie. Si è quindi proceduto inizialmente con la pulitura delle parti secondarie e si sono riservate per la fine le parti più importanti e delicate, al fine di beneficiare per il loro trattamento, dell’esperienza acquisita sul resto dei dipinti murali. La pulitura è stata effettuata ad umido, con impacchi di acqua demineralizzata e tensioattivo Benzalconio cloruro al 3%, tutto tramite carta giapponese come supportante a causa dell’elevato degrado, con un tempo di contatto di quindici minuti apportato per aspersione, suddividendo le zone trattate sempre per campiture. Qui però i gravi problemi della pellicola pittorica, quali difetti di coesione e adesione, hanno impedito il contatto diretto, quindi è stato eseguito tutto con la carta giapponese, controllando durante la lavorazione i fondi, le parti con le percolazioni, depositi di ragnatele e gli incarnati. Va considerato che le superfici avevano gli stessi problemi dell’affresco del salone però, qui erano in uno stato di conservazione molto più degradato. Con questa lavorazione si è rimosso lo sporco superficiale, poiché la poca coesione non permette di spingersi oltre. Sono state trovate delle ragnatele già adese alla superficie dell’affresco centrale probabilmente per vecchie manutenzioni o restauri precedenti, queste sono state tolte con l'aiuto di una soluzione satura di carbonato d'ammonio a tamponcino in modo localizzato con un leggero sfregamento a pressione costante. Consolidamento Avendo accertato la scarsa coesone e adesione della pellicola pittorica, il consolidamento è da eseguirsi mediante fissaggio con carta giapponese e applicazione 157 della resina sintetica, quale Alcool Polivinilico137 (Gelvatol), in diluizione e solubile in acqua, per il ripristino della coesione tramite impregnazione, mentre per il ripristino di adesione delle scaglie di colore sollevate viene utilizzata la resina sintetica, quale Acril33(Primal), diluita in acqua. Si è deciso di utilizzale la resina acrilica Gelvatol su tutta la superficie di ogni dipinto murale, a differenza dell’affresco del salone che si è proceduto in modo localizzato solo sui colori stesi a secco, perché anche se la tecnica utilizzata era la stessa, il colore era comunque il fase di perdita di adesione e coesione solo in alcune zone, mentre in questo caso le aree affrescate presentavano un degrado troppo avanzato. Dopo il consolidamento viene eseguita una tamponatura con acqua demineralizzata svolta direttamente sulla pennellata dei colori chiari, per l'asportazione del consolidante in eccesso e consente di evitare i lucidi. I difetti di adesione invece sono stati risolti con l’aiuto di una siringa da insulina, veicolando con una soluzione di acqua e alcool al 50% e l'inserimento a tergo di resina acrilica Acril33 diluita in acqua al 70%, schiacciando le scaglie con un tampone apposito138 perché la superficie resa liscia non fa attaccare la scaglia al tampone ma la fa aderire alla superficie pittorica. Questo degrado è presente dove la pennellata è più corposa e quindi con più strati di colore. Il consolidamento in profondità è stato effettuato tramite inoculamento e/o percolazione, diversificando i prodotti in base alle esigenze: adesivo per fissaggi Vinnapas usato in volta perché ha un forte potere adesivo. Consolidamento con riempitivo adesivo carbonato di calcio precipitato con la resina Acril33. il materiale riempitivo Salva Intonaco Cepro per i distacchi modesti e iniettato fino al rifiuto. L’azione combinata del Vinnapas e del Salva intonaco è stata fatta nei punti di distacco maggiore e dove era possibile entrare con il salva intonaco come ad esempio nella zona dello spanciamento a Nord ovest e nella frattura del lato Nord-Est. 137 Resina sintetica detta anche PVA. Polimero ottenuto mediante alcolisi di acetato di polivinile. Indicato come adesivo analogamente a prodotti naturali come amido e derivati e caseina, indicato anche per il consolidamento di superfici pittoriche murali e per la protezione dei metalli. I film formati da alcool polivinilico sono trasparenti. È molto polare Apposito per le tempere. 138 Guanto con cotone all’interno 158 Stuccatura Nel lato Nord-Ovest dell’affresco centrale vista la quantità di lacune di intonaco si è proceduto con due fasi di stuccatura; le zone più profonde attraverso: sabbia vagliata grossa e grassello di calce nelle proporzioni 2:1; la seconda fase è stata eseguita per colmare la lacuna con una malta più fine composta da sabbia vagliata fine e grassello di calce 3:1. Le altre lacune, crepe, micro e macro fratture presenti sulle superfici ad affresco, sono tutte di piccola entità, infatti sono state fatte in due fasi; quelle leggermente più profonde sono state riempite con il materiale riempitivo Salva Intonaco per iniezione; un ultimo strato di pochi millimetri con una malta composta da polvere di marmo e grassello, in proporzioni 3:1, in modo che l’acquerello nella fase di ritocco si aggrapperà meglio. Le stuccature sono state poi lisciate e tamponate con l’ausilio di una spugna naturale inumidita in acqua. Reintegrazione pittorica Durante le fasi di riadagiamento e di pulitura della pellicola pittorica è stato possibile ottenere la conservazione ottimale dell'esistente. La quantità di perdita di pellicola pittorica, con conseguente presenza sulla superficie di lacune ed alterazioni, richiede un intervento di reintegrazione pittorica ad abbassamento di tono, rispettivo dell'esistente e rigatino dove si presentano stuccature eseguite durante l’operazione di restauro, con l’utilizzo dei colori ad acquerello o dove è stato necessario utilizzare il bario ottoidrato per il trattamento desolfatante è stato fatto il ritocco con il caseinato d’ammonio. 6.2.2. STUCCHI Rimozione del materiale incoerente Durante questa fase c'è stato il controllo dei saggi stratigrafici e il controllo dei materiali costitutivi, verificando che a differenza del modellato in volta la cornice all’imposta della volta ha uno strato di colore dato a spruzzo che sembrava chiuso e compatto. Rimozione di depositi superficiali è stata effettuata a secco con pennellesse e piccoli aspiratori. 159 Preconsolidamento I preconsolidamenti sono stati effettuati con l’applicazione localizzata dell’adesivo per fissaggi Vinnapas, previa spolveratura. In questa fase ci si aiuta con le siringhe per eseguire l’operazione in modo localizzato e preciso. Pulitura La pulitura della cornice ad imposta della volta è stata decisa dopo aver effettuato due prove di pulitura per la rimozione del colore sintetico (vedi prova tecnica e saggi stratigrafici). L’asportazione del colore steso in modo uniforme sul cornicione è stato rimosso in modo meccanico con spatole e bisturi ed una successiva pulitura con acqua e spugne abrasive allo scopo di rendere più facile e controllabile la lavorazione. Il risultato è ottimale, probabilmente il colore era stato realizzato con un legante organico. Per il modellato in stucco della volta si è proceduto con l’applicazione a pennello di Carbonato d'ammonio con un tempo di contatto di circa 3/4 minuti, rimuovendo lo sporco rigonfiato con spugne abrasive e spazzolini negli interstizi ed un successivo risciacquo abbondante di acqua demineralizzata per eliminare il residuo della soluzione di Carbonato d’ammonio. Su questi stucchi è stato deciso di mantenere quello che era coerente mentre le parti decoese sono state rimosse ed in corrispondenza delle stuccature in gesso lisciato sullo stucco dei precedenti restauri sono state rimosse con acqua. Questa operazione è anche finalizzata per la stesura del bario sulle abrasioni. Trattamento desolfatante Si è ritenuto necessario l’impiego di un prodotto desolfatante, quale Idrossido di Bario Ottaidrato solo nei punti di erosione. L’applicazione è stata effettuata a pennello per impregnazione con carta giapponese come supportante, in modo localizzato nelle zone di erosione, con un tempo di contatto di 4 ore. Consolidamento Si è proceduto con l’applicazione localizzata dell’adesivo fissativo Vinnapas affiancato da fermature di malta in proporzioni 3:1 (due parti di sabbia fine, una parte di polvere di marmo come inerti e il grassello come legante). Questa operazione è effettuata in ugual modo su tutti gli stucchi. 160 Una volta terminata la fase di incollaggio sopracitata, si è proceduto con un consolidamento delle fessurazioni: quelle più ampie e profonde tramite inoculamento di una maltina composta da salva intonaco della Cepro; sulle fessurazioni di minore entità siamo intervenuti con microiniezioni di saldatura con resina acrilica Vinnapas in dispersione acquosa. Stuccature Le stuccature sono eseguite a livello della finitura in stucco con le seguenti composizioni: una prima malta a base di calce aerea, per colmare le fessure più profonde, a base di grassello di calce, due parti di sabba di fiume setacciata e una parte di sabbia Vagliata, quindi in proporzioni 1:3; una malta di finitura a base di calce aerea, con Grassello di calce, una parte di sabbia di fiume setacciata e due parti di polvere di marmo setacciata, con rapporto 1:3. Reintegrazione pittorica Per ridonare all’opera, quindi a tutti gli stucchi, una lettura unitaria ed omogenea, è stata realizzata una reintegrazione pittorica con sistemi selettivi. L’intervento è stato eseguito ad abbassamento di tono con colori a calce nelle lacune e con colore a calce coprente nelle zone di solfatazione e in quelle di alterazione cromatica: colore a calce 98E22 diluito in acqua per l’abbassamento di tono un colore a calce di base steso in modo localizzato per le zone di solfatazione (con colore 98E22 1parte di quest’ultimo ed una parte di bianco NT. colore a calce 98E22 scurito per velature localizzate e di riequilibra tura e lettura cromatica insieme. come ultima fase una successiva velatura per uniformare il modellato della cornice dell'affresco inoltre nelle area di solfatazione che non hanno confini delineati si cerca di sfumare il colore a calce steso per colmare la lacuna. . 161 6.2.3. INTONACI Rimozione del materiale incoerente Come prima operazione è stata effettuata una spolveratura a secco, mediante pennelli a setole morbide, eliminando soprattutto le ragnatele. Rimozione delle pezze cementizie Sono state rimosse tutte le malte non idonee, con l’utilizzo di martelli e scalpelli. Queste stuccature erano realizzate in cemento armato, quindi la loro rimozione è stata difficoltosa. Consolidamento Durante la fase di rimozione delle pezze cementizie e quella di pulitura si è proceduto con il consolidamento nei bordi dell’intonaco dove sono state rimosse le malte non idonee, delle crepe e fessure presenti su tutta la superficie degli intonaci, tramite iniezione di salvaintonaco e fermature di malta. Le crepe e fessure sono state riempite con questo materiale fino al rifiuto, con rimozione del materiale in eccesso. Le parti in fase di distacco sono state trattate con fissaggio localizzato dell’adesivo fissativo Vinnapas e sono state riempite con il Salva Intonaco (sigillatura delle crepe). Prima di essere riempite con il salva intonaco è stato inserito un veicolante, ovvero una soluzione di acqua e alcool in proporzioni 1:1. Mentre i bordi di intonaco dove sono state rimosse le pezze cementizie hanno subito un differente consolidamento; sono state fatte come prima operazione delle fermature di malta per evitare la caduta dell’intonaco in proporzione 3:1 (sabbia grossa e Grassello di calce), dopodiché è stato iniettato del salva intonaco ed infine del riempitivo adesivo quale carbonato di calcio precipitato con la resina acrilica Acril33. Pulitura Una volta terminata la spolveratura si è continuato con l’esecuzione della pulitura delle finiture a calce degli intonaci con un lavaggio di acqua demineralizzata e Benzalconio cloruro al 2% mediante iniezione e astrazione, si è poi risciacquato con l’acqua per eliminare i residui del Benzalconio Cloruro. 162 Stuccature Erano presenti lacune, fessure e fratture di differenti grandezze quindi la stuccatura variava in base a questo, infatti: Le grandi stuccature in volta, ovvero quelle più profonde sono state realizzate con premiscelati adatti agli strati consistenti. Le stuccature più sottili o quelle di finitura sono state realizzate con 2 parti di polvere di marmo e una parte di sabbia di fiume. Trattamento desolfatante In seguito sono state effettuate delle tamponature con l’ausilio di spugne naturali seguite da abbondanti risciacqui con acqua demineralizzata nelle zone di solfatazione per l’estrazione dei Sali solubili, ma viste le zone di solfatazione con conseguente erosione dell’intonaco, si è ritenuto necessario l’impiego di un prodotto desolfatante, quale Idrossido di Bario Ottaidrato. L’applicazione è stata effettuata a pennello per impregnazione con carta giapponese come supportante, in modo localizzato nelle zone di erosione, con un tempo di contatto di 4 ore. La carta giapponese è stata applicata in fogli molto piccoli seguendo così le zone di erosione. Passate le ore prestabilite la carta è stata rimossa e dopo dieci giorni le zone che sono state trattate sono state tamponate ad acqua demineralizzata con spugne naturali, per la rimozione del residuo della lavorazione. Reintegrazione pittorica Applicazione di colore a calce sull'intonaco per la reintegrazione pittorica degli intonaci. Questo è avvenuto inizialmente con due colori uno scurente e uno schiarente per pendere omogenea la superficie. Dopo che la superficie si è asciugata è stata data una mano di velatura con il colore 98E22 diluito con cinque parti di acqua, questo ha reso una superficie equilibrata. La porzione di intonaco della volta (lato parete con ovale)presenta una difficoltà di assorbimento e asciugatura del colore a calce delle velature. Si è proceduto con la ripresa delle applicazioni. Per favorire l'asciugatura si è mantenuto acceso il ventilatore. Si ipotizza che la porzione di intonaco, già interessata da forti solfatazioni nel tempo, presenterà comunque alterazioni e alonature del colore a calce di restauro. 163 6.3. SCHEDE TECNICHE E TAVOLE GRAFICHE ALLEGATE RELATIVE ALL INTERVENTO EFFETTUATO Seguono le schede tecniche relative all’intervento dell’affresco nominate con il seguente criterio: la sigla “IR” chiarisce che si tratta di una scheda riguardante l’intervento di restauro eseguito sull’opera (questo per distinguerle dalle altre schede presenti); Il primo numero indica la sala di appartenenza (1 salone, 2 scalone) La sigla Aff. indica di che apparato si tratta. Il terzo numero indica il numero della scheda (da 1 a 9) Vengono anche proposte tavole allegate eseguite su fogli A3 che mostrano tutti gli interventi effettuati sull’affresco e sugli stucchi. Questi ultimi sono stati riportati su fogli A3 poiché in un foglio A4 sarebbero risultati di dimensioni eccessivamente ridotte e limitatamente visibili. In queste tavole grafiche sarà dunque mostrato l’intervento effettuato, cercando di inserire un numero limitato di retini grafici, rendendo così la mappatura di facile comprensione. Tavole n°21-22-23-24-25 nel Volume II. 164 IR 2-Aff-1 Intervento: Tamponatura della pellicola pittorica Materiali utilizzati: pennelli, carta giapponese e spugna naturale. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Riadagiamento della pellicola pittorica mediante una tamponatura di acqua demineralizzata e spugna naturale tramite carta giapponese. 1° Tamponatura del14/8/12 1° Tamponatura del7/8/12 1° Tamponatura del14/8/12 Foto 1 1° Tamponatura del24/8/12 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 165 IR 2-Aff-2 Intervento: Preconsolidamento Materiali utilizzati: Puntello, Vinnapas, salva intonaco. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Il preconsolidamento è stato eseguito con fermature di malta ed inoculamento di Vinnapas, con lo scopo di evitare la caduta delle parti di intonaco distaccate e decoese, durante l’esecuzione delle lavorazioni di pulitura. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 166 IR 2-Aff-3 Intervento: Pulitura Materiali utilizzati: carta giapponese, acqua demineralizzata, biocida, spugna naturale. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Pulitura con Benzalconio cloruro al 3%, tramite impacchi di carta giapponese con un tempo di contatto di 10 minuti. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 167 IR 2-Aff-4 Intervento: Trattamento desolfatante Materiali utilizzati: carta giapponese, Idrossido di Bario, spugna naturale. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Applicazione di Idrossido di Bario tramite carta giapponese, solo sulle zone di erosione. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 168 IR 2-Aff-5 Intervento: Consolidamento Materiali utilizzati: Alcool Polivinilico Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Fissaggio con carta giapponese e applicazione della resina sintetica, quale Alcool Polivinilico (Gelvatol), in diluizione e solubile in acqua, per il ripristino della coesione della pellicola pittorica tramite impregnazione con almeno due cicli di applicazione. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 169 IR 2-Aff-6 Intervento: Consolidamento Materiali utilizzati: siringhe, Acril33. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Le scaglie di colore non adese sono state riportate in sede, con iniezioni di resina acrilica Acril33. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 170 IR 2-Aff-7 Intervento: Consolidamento Materiali utilizzati: siringhe, Vinnapas, Salva Intonaco. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Sono state eseguite delle iniezioni con il materiale riempitivo Salva Intonaco Cepro e adesivo riempitivo Vinnapas, mediante siringhe affinché il consolidante potesse riempire totalmente l’area distaccata. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 171 IR 2-Aff-8 Intervento: Stuccature Materiali utilizzati: malta e spatole. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione:Le stuccature sono state realizzate a livello e di granulometria simile all’originale. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 172 IR 2-Aff-9 Intervento: Reintegrazione pittorica Materiali utilizzati: Pennelli, tavolozza, acquerelli. Eventuali D.P.I adottati: guanti in lattice, occhiali di protezione Descrizione: Nelle lacune della pellicola pittorica il ritocco si sviluppa ad abbassamento di tono, invece sulle stuccature di nostra esecuzione è stato eseguito il rigatino. Foto 1 Mappatura di intervento della superficie decorata ad affresco in scala 1:40. Foto 1 173 6.4. DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA DOPO L’INTERVENTO DI RESTAURO 174 175 176 6.5. CONCLUSIONE I due interventi sono molto simili tra di loro, proprio perche sono entrambi dipinti murali ad affresco, eseguiti con la stessa metodologia tecnica di esecuzione, che hanno portato a eseguire due restauri similari. La conoscenza della materia trova il punto di partenza fondamentale per intraprendere un intervento di restauro senza intaccare la superficie. Le differenze più evidenti fra le due sale sono la loro collocazione ed il loro impiego, infatti la prima di queste è sicuramente la causa maggiore di degrado. La sala 2, ovvero lo scalone, risulta maggiormente soggetta agli agenti atmosferici poiché non è presente un portone di chiusura, inoltre le forti infiltrazioni di acqua prolungate nel tempo hanno aumentato il degrado. 177 7. ALLEGATI 7.1. PROPOSTA DI INTERVENTO OGGETTO: superfici con coloriture a calce139 1. Discialbo delle superfici di intonaco dipinto e/o ad affresco con mezzi meccanici quali bisturi e spatole e mediante applicazione di impacchi ammorbidenti di acqua deionizzata. L’operazione dovrà essere condotta in modo selettivo evitando di procedere nelle porzioni di scialbo particolarmente ancorato alla superficie pittorica e/o nelle zone con difetti di coesione della pellicola pittorica. Successivo risciacquo con tamponature di acqua deionizzata per la rimozione dei residui dell’operazione di discialbo (sbiancamenti e alonature). 2. Rimozione delle ridipinture localizzate e/o estese da eseguire in accordo con la D.L. e la Soprintendenza competente previa verifica delle prove tecniche. 3. Spolveratura superfifificiale dei depositi incoerenti con pennelli morbidi. 4. Rimozione delle incrostazioni superfifificiali con bisturi e spatole. 5. Riadagiamento della pellicola pittorica in fase di sollevamento con tamponature di acqua deionizzata tramite carta giapponese eseguita in più passaggi allo scopo di mandare in soluzione i solfati presenti in superficie e causa dei microsollevamenti. Le tamponature con acqua deionizzata nella fase di riadagiamento della pellicola hanno lo scopo inoltre di rigonfiare e rendere ancora funzionali il legnate organico presente nelle eventuali finiture pittoriche rendendo le stesse più coerenti ed aderenti al supporto. 6. Preconsolidamento della pellicola pittorica e della doratura con applicazioni localizzate di resina acrilica dei sollevamenti in fase di caduta. 7. Pulitura a secco della pellicola pittorica con spugne wishab. 8. Tamponatura con acqua deionizzata e spugne naturali allo scopo di asportare lo sporco di polveri e materiali depositati. L’operazione verrà condotta in modo selettivo nelle zone di pigmenti con difetti di coesione. 9. Pulitura della pellicola pittorica mediante applicazione di carbonato d’ammonio in soluzione di acqua deionizzata al 30 - 40% a pennello, tramite carta giapponese, in passaggi ripetuti; l’operazione verrà condotta in modo differenziato in presenza di pigmenti con difetti di coesione e in presenza di verdi e azzurri. Tamponature successive con acqua per la rimozione dei residui della pulitura. 9. Tamponature delle superfici pittoriche liberate dallo scialbo con bicarbonato d’ammonio in soluzione di acqua deionizzata al 30%. 10. Rimozione delle malte non idonee. 11. Trattamento dei ferri con spazzolatura e applicazione di convertitore di ruggine. 12. Trattamento dei sali. Applicazione di bario ottoidrato supportato da polpa di cellulosa ad impacco per cicli di applicazione di quattro ore o per aspersione, sempre con cicli di applicazione di quattro ore, sulla superficie protetta con carta giapponese. 13. Consolidamento in profondità con inserimento di materiale riempitivo adesivo quale carbonato di calcio precipitato con resina acrilica o con premiscelati a base di calce idraulica e inerti cartonatici micronizzati. 14. Ancoraggio dei soffitti con crepe e fratturazioni gravi con perni di aggancio realizzati sull’estradosso della volta. 139 Cremona Restauri di Maria Cristina Regini - via Lugo,13 /I-26100 Cremona - cremonarestauri @yahoo.it 178 15. Rifacimento degli intonaci negli strati di riempimento e di finitura con malte composte da calce idraulica e grassello e inerti selezionati per composizione e coloritura simili all’originale delle zone circostanti; conseguente rimozione degli eccessi di materiale e pulitura dei bordi. 16. Restauro pittorico con abbassamento di tono delle lacune ed abrasioni della pellicola pittorica. 17. Restauro pittorico a rigatino delle piccole e medie stuccature. 18. Rifacimento ad imitazione della decorazione nelle lacune e stuccature di piccole e medie dimensioni. 19. Applicazione di velature di adeguamento per raccordare cromaticamente le parti di rifacimento all’originale. OGGETTO: superfici decorate ad affresco140 1. Discialbo delle superfici di intonaco e degli stucchi, mediante mezzi meccanici: bisturi, raschietti, spatole. L’operazione dovrà essere eseguita considerando il livello di riferimento indicato dalla lettura delle indagini stratigrafiche in accordo con la D.L. e la Soprintendenza competente. 2. Rimozione delle malte non idonee. 3. Trattamento dei ferri con spazzolatura e applicazione di convertitore di ruggine. 4. Rimozione delle ridipinture localizzate e/o estese da eseguire in accordo con la D.L. e la Soprintendenza 5. Rimozione delle incrostazioni superfifificiali con bisturi e spatole. 6. Consolidamento in profondità con inserimento di materiale riempitivo adesivo quale carbonato di calcio precipitato con resina acrilica o con premiscelati a base di calce idraulica e inerti cartonatici micronizzati. 7. Tamponatura con acqua deionizzata delle superfici per la pulitura dei depositi incoerenti, residui delle operazioni di rimozione degli scialbi e degli intonaci. 8. Pulitura a secco della pellicola pittorica con spugne wishab. 9. Pulitura degli stucchi mediante applicazione di carbonato d’ammonio in soluzione di acqua deionizzata al 30 - 40% mediante applicazione a pennello e spugnatura. Tamponature successive con acqua deionizzata per la rimozione di alonature. L’operazione dovrà essere condotta previa protezione delle dorature. 9. Tamponature delle superfici pittoriche liberate dallo scialbo con bicarbonato d’ammonio in soluzione di acqua deionizzata al 30%. 10. Trattamento dei sali. Applicazione di bario ottoidrato supportato da polpa di cellulosa per aspersione, con cicli di applicazione di quattro ore, sulla superficie protetta con carta giapponese. 11. · Rifacimento degli intonaci negli strati di riempimento e di finitura con malte composte da calce idraulica e grassello e inerti selezionati per composizione e coloritura simili all’originale delle zone circostanti; conseguente rimozione degli eccessi di materiale e pulitura dei bordi. 12. Rasatura di materiale di finitura composto da grassello, sabbia fine e polvere di marmo micronizzata per l’adeguamento dei livelli dell’intonaco. 13. Restauro pittorico con abbassamento di tono delle lacune ed abrasioni della pellicola pittorica. 14. Rifacimento ad imitazione della decorazione nelle lacune e stuccature di piccole e medie dimensioni. 15. Applicazione di velature di adeguamento per raccordare cromaticamente le parti di rifacimento all’originale. 15. Applicazione di isolante con funzione di fissaggio e di adeguamento degli assorbimenti. 16. Applicazione di colore a calce in più passaggi secondo modalità da definire sulla base delle campionature e in accordo con la D.L. e la Soprintendenza competente. 140 Cremona Restauri di Maria Cristina Regini - via Lugo,13 /I-26100 Cremona - cremonarestauri @yahoo.it 179 7.2. SCHEDE TECNICHE DEI PRODOTTI ACETONE141 Dimetilchetone2propanone CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE: Aspetto: liquido limpido, incolore,volatile Odore: etereo Formula: ch3-co-ch3 Peso specifico: 0,791-0,793 Densità di vapore: 2,00 Intervallo distillazione: 55,5°-56,5° c Punto di infiammabilità: -19°c (in vaso chiuso) -9°c (vaso aperto) Temperatura di accensione: 537,8°c Limiti di esplosività: da 2,5 a 18,8% in volume nell'aria Punto di ebollizione: 56,40 Tensione di vapore: 400mmhg a 39,5° Punto di congelamento: -94,8°c Acidità: 0,002 % Miscibilità: miscibile in tutti i rapporti con acqua, alcool, cloroformio, etere Volatilità relativa: (etere =1) 2,1 CAMPI DI UTILIZZO: solvente per vernici e lacche, adesivi, resine cellulosiche, alcune resine acriliche, ecc. E’ uno dei solventi maggiormente usati data la sua bassa tossicità e l'elevato potere solvente. Data l'elevata volatilità non risulta particolarmente persistente sulle opere trattate non intaccando così gli strati profondi dell'opera. ATTITUDINI A DETERMINARE EVENTI LESIVI: Irritante degli occhi e delle vie respiratorie. Narcotico alle alte concentrazioni. Irritante della pelle per contatti prolungati. MANIPOLAZIONE E STOCCAGGIO:Facilmente infiammabile. miscela vapori-aria esplosiva. Tenere i recipienti ermeticamente chiusi, in luogo fresco e ben ventilato, 141 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: CTS, prodotti, attrezzature e impianti al serviziodel restauro. Link risorsa: <http://www.ctseurope.com/catalogo.asp?lingua=ita&gruppo=5> 180 lontano da sorgenti di calore e d' accensione e da agenti ossidanti. Nei luoghi di lavoro adottare impianti di aerazione e/o aspirazione. Impianto elettrico a sicurezza, misure contro le cariche elettrostatiche. I vapori sono irritanti per gli occhi e il primo tratto respiratorio. Per contatto frequente può provocare dermatiti. in concentrazioni elevate ha azione narcotica. Mezzi protettivi:Occhiali a tenuta. maschera antigas con filtro. Mezzi antincendio e bonifica:Acqua, estintori a polvere e co2 - acqua può anche essere necessaria per tenere freddi i recipienti esposti al fuoco. Pronto soccorso :Irrigare gli occhi con acqua e a lungo. lavare la pelle colpita con acqua e sapone. In caso di ingestione o di inalazione portare l'infortunato all' aria aperta e tenerlo al caldo con coperte. Consultare un medico. 181 ACQUA DEMINERALIZZATA 142 Acqua deionizzata, acqua distillata ottenuta per scambio di ionia pluricolonna con abbattimento preliminare del cloro. CARATTERISTICHE TECNICHE: CLORURI: inferiore a 3 P.P.M. NACL SOLFURI: inferiore a 1 P.P.M. ALTRI SALI: non rilevabili SAPORE: nullo COLORE: cristallino PH 6,8 STATO FISICO: liquido incolore inodore, a seconda della temperatura lo stato fisico da solido (ghiaccio a 0°C), a liquido (nell’intervallo da 0°C a 100°C), a gassoso da 100°C. SOLUBILE IN: solventi polari come alcoli, ammine, acetone ecc. per rapporti esatti con M.E.K. PUNTO DI EBOLLIZIONE: 100°C. SOLUBILIZZA: l’acqua distillata è usata per la asportazione di Sali solubili che possono essere presenti sulla superficie. Inoltre scioglie molte sostanze proteiche (colla, caseato d’ammonio), le gomme vegetali. Fa rigonfiare l’amido e la destrina e solubilizza molte altre sostanze organiche. CAMPI DI UTILIZZO: si usa principalmente per: l’estrazione dei Sali, come diluente di alcune resine tipo primal AC33, insieme all’alcool come veicolante, per solubilizzare molti Sali come il carbonato d’ammonio, l’EDTA, ecc. utilizzati per la pulitura. A) per estrazione dei Sali: mescolare acqua distillata con il supportante scelto, se si usano veline la si può stendere direttamente. B) Come diluente di alcune resine: Primal, Gelvatol, resine scambiatrici. Fa una soluzione di varie percentuali (vedi punto “D” consolidamento). C) Come veicolante insieme all’alcool: fare una soluzione generalmente al 50% (vedi punto “D” consolidamento) D) Per preparare i Sali utilizzati per la pulitura, per fare una soluzione satura. Mettere nell’acqua distillata la quantità prescelta di sale, mescolare a seconda del grado di solubilità del sale e aspettare fino a completa solubilizzazione. Se dopo giorni si crea 142 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: BrescianiSRL.it Materiali e attrezzature per il restauro. Link risorsa: <http://www.brescianisrl.it/newsite/ita/home.php> 182 un corpo di fondo la soluzione è sov rassatura. Per velocizzare la solubilità dei Sali si può utilizzare l’acqua distillata tiepida. Fare però molta attenzione ai vapori. E) Per eliminare polveri e depositi superficiali leggeri: vedi punto “A”. utilizzare a diverse temperature a seconda dello sporco da rimuovere. APPLICAZIONE: In generale si applica con vari metodi: a tampone, a impacco, con vari supportanti, con spugne, per nebulizzazione, ecc. Per l' estrazione dei sali si toglie l' impacco a completa secchezza. Si può utilizzare anche allo stato di vapore. STOCCAGGIO: Tenere il contenitore ben chiuso in modo che non raccolga impurità. CONSIGLI: Usata in modo scorretto può veicolare all' interno di un manufatto poroso i sali solubili e sporchi generici. E' molto aggressiva nei confronti delle pitture murali a secco: può infatti rigonfiare molte sostanze idrofile e innescare possibili reazioni di idrolisi. 183 ACRIL 33143 Emulsione acrilica al 100% Resina base: copolimero acrilico Aspetto: liquido lattiginoso bianco Odore: ammoniacale Residuo secco: 45-47% Viscosità a 20 °C: 2500-5000 mPa.s pH: 9-10 Diametro medio particelle: 0,15 micron Temperatura di transizione vetrosa (tg): 6-8 °C Temperatura minima di filmazione (mft): 6°C Allungamento alla rottura (ISO 527-UNI 8422): 560% Carico di rottura (ISO 527-UNI 8422): 35 N/mm² DESCRIZIONE Dispersione acquosa di resina acrilica pura 100% con ottime caratteristiche di resistenza e stabilità sia per interni che per esterni. Acrill 33 viene distribuito dalla C.T.S. S.r.l. come alternativa del Primal AC-33 della Rohm and Haas (grazie all‟analoga formulazione chimica). La formulazione di Acrill 33 è caratterizzata da un‟ottima resistenza agli alcali e risulta quindi particolarmente indicata in combinazione con leganti idraulici (calce idrata e/o idraulica, cemento, gesso). SETTORI D’IMPIEGO Acrill 33 può essere utilizzato in tutti i settori del restauro conservativo con ottimi risultati; fra gli utilizzi più comuni: - Additivo per malte da iniezione, stuccature, integrazioni, ecc.; - Legante per le velature e scialbature; - Legante per pigmenti naturali e sintetici; - Consolidante e fissativo degli strati pittorici; - Collante per documenti cartacei. PROPRIETÀ - CARATTERISTICHE - Eccellente stabilità al gelo – disgelo; - Grande compatibilità con pigmenti e cariche; 143 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: CTS, prodotti, attrezzature e impianti al serviziodel restauro. Link risorsa: <http://www.ctseurope.com/catalogo.asp?lingua=ita&gruppo=5> 184 - Ottima resistenza ai Sali solubili; - Buona stabilità del pH; - Buona stabilità meccanica. PROPRIETÀ DEI FILM DI ACRILL 33 - Elevata resistenza all‟ingiallimento ed ai raggi U.V.; - Buona trasparenza; - Ottimo potere legante; - Grande resistenza agli alcali. MODALITÀ D’USO Sono praticamente illimitate sia come dosi sia come campi di applicazione, in quanto viene utilizzato in tutti i settori del restauro (lapideo, archeologico, cartaceo, pittorico…). Si consiglia comunque di eseguire delle prove preliminari per verificare l‟eventuale consumo ed efficacia. RESA Variabile a seconda dell‟utilizzo e della percentuale d‟impiego. CONFEZIONI Acrill 33 è disponibile in confezioni da: 1- 5-20-120 Kg. 185 ALCOOL POLIVINILICO144 CARATTERISTICHE: Alcool polivinilico parzialmente idrolizzato a basso peso molecolare. Facilmente solubile in acqua a freddo, fino a concentrazioni del 6%, ed in miscela idroalcoliche. Per la solubilizzazione si aggiunge la polvere all’acqua fredda (o alla miscela idroalcolica), lentamente mantenendo il tutto sotto agitazione. Per favorire la solubilità scaldare il tutto fino a 90°C, mantenendo sempre l’agitazione. L’Alcool Polivinilico non dovrebbe in alcun caso essere versato direttamente in acqua bollente. L’acqua con elevati gradi di durezza provoca soluzioni torbide. Utilizzare acqua demineralizzata. Per il suo utilizzo come fissativo di consiglia di non superare la concentrazione del 3%. Può essere addittivato a calci, cementi, gessi, per conferire tixotropicità, maggiore resistenza meccanica e maggiore adesione ai supporti. SICUREZZA: il prodotto non è classificato pericoloso. Evitare l’inalazione delle polveri. DATI TECNICI: ASPETTO: bianco-avorio DENSITÀ APPARENTE G/L: 500-600 VALORE DEL PH DI UNA SOLUZIONE ACQUOSA AL 4%: ca. 6 UMIDITÀ: inferiore al 5% VISCOSITÀ BROOKFIELD DI UNA SOLUZIONE ACQUOSA AL 4% A 20° IN MPA’S: 8.0 ± 1.0 GRADO DI IDROLISI ESPRESSO IN PERCENTUALE MOLARE: 87.0-89.0 GRANULOMETRIA: 70.0% ± 5.0 > 0.09 mm TG: 65°C 144 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: BrescianiSRL.it Materiali e attrezzature per il restauro. Link risorsa: <http://www.brescianisrl.it/newsite/ita/home.php> 186 AMMONIO CARBONATO PURO 145 NH4HCO3.NH2COONH4 Massa cristallina traslucida con forte odore ammoniacale. E’ un composto di ammonio bicarbonato e ammonio carbamato in proporzioni equimolecolari. IMPIEGHI: Il prodotto viene utilizzato per la pulitura ad impacco oppure per il consolidamento del solfato di calcio, preliminarmente all'applicazione dell'idrossido di bario, sulle pitture murali. Risulta di difficile impiego invece, nel trattamento di pitture su tavola o tela per l'azione pericolosa esercitata dall'acqua e dall'alcalinità sulle preparazioni a gesso e colla e sui film pittorici. Il suo impiego come consolidante deriva dall'importante azione solubilizzante nei confronti del solfato di calcio che viene trasformato nel solubile solfato di ammonio. In tale modo è possibile eliminare dalla superficie gran parte dei pericolosi effetti dovuti alla solfatazione del gesso, oggi molto diffusa sui dipinti murali. AVVERTENZE: su pitture a mezzo fresco o a secco occorre verificare la tenuta dei pigmenti, data la leggera alcalinità del prodotto in soluzione acquosa. L'impacco deve essere rimosso quando è ancora bagnato, in forma di gel. Altrimenti possono verificarsi, a seguito dell'essiccamento, imbiancamenti superficiali irreversibili. 145 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: BrescianiSRL.it Materiali e attrezzature per il restauro. Link risorsa: <http://www.brescianisrl.it/newsite/ita/home.php> 187 BENZALCONIO CLORURO146 Dodecil-dimetil-diclorobenzil-ammoniocloruro Densità: 0,95 Contenuto di sostanze attive: 80% pH di una soluzione acquosa: 0,1%:6-7 INDICAZIONI:Liquido incolore e leggermente giallognolo. Biocida a base di composti del sale quaternario d‟ammonio con ottimo potere contro batteri, funghi, alghe e licheni. Solubile in alcoli, chetoni, idrocarburi clorinati. Per disinfestazioni generiche utilizzare in soluzione acquosa al 3%. Massa cristallina traslucida con forte odore ammoniacale. E‟ un composto di ammonio bicarbonato e ammonio carbamato in proporzioni equimolecolari. Impieghi : Il prodotto viene utilizzato per la pulitura ad impacco oppure per il consolidamento del solfato di calcio, preliminarmente all'applicazione dell'idrossido di bario, sulle pitture murali. Risulta di difficile impiego invece, nel trattamento di pitture su tavola o tela per l'azione pericolosa esercitata dall'acqua e dall'alcalinità sulle preparazioni a gesso e colla e sui film pittorici. Il suo impiego come consolidante deriva dall'importante azione solubilizzante nei confronti del solfato di calcio che viene trasformato nel solubile solfato di ammonio. In tale modo è possibile eliminare dalla superficie gran parte dei pericolosi effetti dovuti alla solfatazione del gesso, oggi molto diffusa sui dipinti murali. Avvertenze: Su pitture a mezzo fresco o a secco occorre verificare la tenuta dei pigmenti, data la leggera alcalinità del prodotto in soluzione acquosa. L'impacco deve essere rimosso quando è ancora bagnato, in forma di gel. Altrimenti possono verificarsi, a seguito dell'essiccamento, imbiancamenti superficiali irreversibili. 146 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: BrescianiSRL.it Materiali e attrezzature per il restauro. Link risorsa: <http://www.brescianisrl.it/newsite/ita/home.php> 188 GRASSELLO DI CALCE 147 E’ un grassello calcico e la pietra calcarea da cui si ottiene è particolarmente pura e cristallina, perché costituito per circa il 98% di CaCO3 con modestissime tracce di magnesio, silice e altri minerali. Il Grassello di calce è un legante aereo in pasta per la preparazione di malte da muratura, allettamento, intonaci e finiture ecologiche, naturali e traspiranti. Le malte a base di grassello di calce aerea sono indicate per tutte le murature porose e fortemente assorbenti, dove deve essere assicurata la massima compatibilità chimica (assenza di reazioni dannose con il supporto) meccanica (elasticità, intesa quale attitudine a deformarsi senza però rompersi, al fine di assecondare i movimenti del supporto) e fisica (minime dilatazioni termiche, alta porosità e traspirabilità, alta capacità di aderenza al supporto). In particolare sono perfettamente indicate su murature di edifici storici che, per i materiali da cui sono costitute, necessitano di traspirare e sono caratterizzate da continui movimenti differenziali di assestamento, movimenti che possono facilmente mettere in crisi un rivestimento caratterizzato da forte rigidità e bassa porosità come, ad esempio, gli intonaci plasto-cementizi o a base di calci idrauliche sintetiche, molto simili ai cementi. Nel caso di murature antiche particolarmente umide è opportuno l‟additivazione con aggregati idraulicamente attivi, quali pozzolana, cocciopesto, ecc. Questa calce è stagionata in vasche di sedimentazione a cielo aperto ed a fondo perdente, secondo la metodica tradizionale, per almeno 24 mesi. 147 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: BrescianiSRL.it Materiali e attrezzature per il restauro. Link risorsa: <http://www.brescianisrl.it/newsite/ita/home.php> 189 SABBIA VAGLIATA 148 CAMPI DI APPLICAZIONE: Formazione di massetti per pavimenti. Idonea per la composizione di malte da muratura e intonaco. Ovunque si richieda l’impiego di un aggregato di qualità con curva granulometrica controllata e costante. SCHEDA TECNICA: NOME COMMERCIALE: sabbia vagliata FORMA DEI GRANULI: NPD GRANULOMETRIA: 0/2 CATEGORIA: 1 MASSA VOLUMICA DEI GRANULI: 2,67 Mg/m3 PULIZIA: Qualità dei fini SE ≥ 90%, Contenuto di conchiglie NPD COMPOSIZIONE/CONTENUTO: Cloruri 0,0007%, Solfati solubili in acido NPD, Zolfo totale NPD COMPONENTI CHE ALTERANO LA VELOCITÀ DI PRESA E DI INDURIMENTO DELLA MALTA: Sostanza umica assente ASSORBIMENTO DI ACQUA: 1,16 % WA EMISSIONE DI RADIOATTIVITÀ: NPD RILASCIO DI METALLI PESANTI: NPD RILASCIO DI CARBONIO POLIAROMATICO: NPD RILASCIO DI ALTRE SOSTANZE PERICOLOSE: NPD DURABILITÀ AL GELO-DISGELO: NPD REATTIVITÀ ALCALI SILICE: non reattivo 148 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: Schede tecniche per il restauro. Link risorsa: <www.cepro.it> 190 SALVA INTONACO 149 DESCRIZIONE Calce da iniezione fine. Caratteristiche principali Calce salvaintonaco è una polvere premiscelata di colore bianco a base di pura calce idraulica naturale bianca nhl 3,5z a reazione pozzolanica, sabbie silicee naturali ed additivi speciali. il prodotto non contiene alcun tipo di cemento. Classificazione (UNI 998-2:2004) calce salvaintonaco è una malta da muratura per l‟utilizzo in interni ed esterni, a prestazione garantita, strato sottile (t), di classe m 2,5. Norme d’impiego e preparazione del supporto Calce salvaintonaco è un prodotto appositamente studiato per il riempimento mediante iniezione di sacche parietali e per il reincollaggio di intonaci ai supporti. dopo l‟impasto con acqua si trasforma in una malta estremamente fluida e scorrevole e può essere iniettata a bassa pressione all‟interno di cavità ed interstizi senza essere soggetta a fenomeni di separazione o segregazione. calce salvaintonaco ha un‟ottima resistenza ai sali ed ai solfati, è microporoso e non varia le caratteristiche di traspirabilità delle murature. grazie alla sua ritenzione d‟acqua, è facilmente pompabile e scorrevole. APPLICAZIONI Tutti gli intonaci devono essere stuccati per impedire la fuoriuscita del prodotto da eventuali fessure. eseguire le perforazioni ogni 20, max. 30 cm. la struttura da consolidare deve essere bagnata accuratamente con acqua fino a rifiuto (saturazione). in presenza di affreschi, per evitare il pericolo di danneggiamenti, evitare le operazioni di bagnatura. PREPARAZIONE IMPASTO Calce salvaintonaco si miscela mediante mescolatore ad alta turbolenza o trapano munito di frusta, con circa il 36% di acqua potabile (un sacchetto da 20kg con circa 7,2 litri), fino ad ottenere un impasto fluido ed omogeneo. miscelare per circa 5 minuti ed iniziare immediatamente le operazioni di iniezione. la malta ottenuta deve essere utilizzata entro 30 minuti circa. importante: assicurarsi che il miscelatore sia perfettamente pulito; residui di malte o inerti devono essere preventivamente eliminati. evitare sovradosaggi di acqua che potrebbero causare separazione nel prodotto. 149 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: Schede tecniche per il restauro. Link risorsa: <www.cepro.it> 191 INIEZIONE - L‟iniezione della malta deve avvenire a bassa pressione. CONSIGLI PRATICI - Conservare il prodotto in luogo fresco e asciutto al riparo dagli agenti atmosferici. - Non disperdere le polveri - Il prodotto non è tossico, però la calce contenuta può causare irritazioni alla pelle ed agli occhi. non respirare le polveri e proteggersi adeguatamente con guanti, indumenti protettivi ed occhiali. - Conservare il prodotto nella confezione originale a temperatura compresa tra i +5°c e +35ºc. CONDIZIONI DELL‟AMBIENTE E DEL SUPPORTO: - Temperatura dell‟ambiente: min. +5°c / max. +40°c; - Umidità relativa dell‟ambiente: < 75%; - Temperatura del supporto: min. +5°c / max. +40°c PRECAUZIONI DI SICUREZZA - Richiede etichettatura (d.l. n°52 del 03-02-97 e successive modifiche ed integrazioni); - Le informazioni per l‟utilizzatore sono contenute nella relativa scheda di sicurezza.; - I contenitori vuoti o con leggere tracce di pellicola di prodotto residuo essiccato, devono essere smaltite secondo le disposizioni locali; - Il prodotto è raccomandato ai soli professionisti, in casso si necessiti di riempimenti “a spessore” utilizzare calce per consolidamento. utilizzare acqua potabile a temperatura di circa 20 ÷ 25 °C. non utilizzare prodotto caldo. non aggiungere acqua al prodotto che iniziato la presa. 192 SPUGNE WISHAB 150 Le spugne Wishab sono costituite da una massa giallo chiara di consistenza spugnosa, morbida come camoscio, supportata da una base rigida. La massa contiene saktis (una specie di linossina), lattice sintetico, olio minerale e prodotti chimici vulcanizzanti e gelificanti legati chimicamente. Non contiene nessuna sostanza dannosa ed ha un pH neutro. Esercitando una leggera pressione si strofina la spugna sulla superficie da pulire. Tutto lo sporco e la polvere vengono legati alle particelle di spugna che si sbriciola, consumando la massa gialla. In casi ostinati questa procedura, che deve essere eseguita preferibilmente nella medesima direzione, dall’alto verso il basso, andrà ripetuta. Oltre ai normali depositi di polvere si può eliminare il nero fumo, spesso formato da candele di altari e da incensi. Dopo la pulitura occorre spazzolare le superfici trattate per eliminare i residui di materiale spugnoso. Le sostanze grasse, o le macchie di unto penetrate, richiedono altri metodi di pulitura. 150 La scheda tecnica è stata tratta dal sito: BrescianiSRL.it Materiali e attrezzature per il restauro. Link risorsa: <http://www.brescianisrl.it/newsite/ita/home.php> 193 8. BIBLIOGRAFIA LIVIO GARZANTI, Enciclopedia Europea volumeVI, Garzanti, 1978. AGE BASSI, Storia di Lodi, Lodigraf, Lodi GALUZZI, sezione 2, Il Broletto MARGHERITA CERRI, Villa Barni in Roncadello di Dovera: dai documenti all’edificio, e ritorno, in “Archivio storico Lodigiano” Lodi guida, Lodi : guida artistica illustrata, 1994 Touring club italiano GIOVANNI AGNELLI, Lodi e il suo territorio nella storia, nella geografia e nell’arte, Lodi, 1917 LISE GIORGIO, Lodi i palazzi, cortili, portali, facciate, Lodi 1987 NOVASCONI ARMANDO, Il barocco nel lodigiano, Lodi, 1969 Il nuovo Zingarelli, vocabolario della lingua italiana, undicesima edizione, Zanichelli. RIPA CESARE, Iconologia del Cavaliere Cesare Ripa, 5 vols. Perugia, stamperia di Piergiovanni Costantini, 1764-67. ANDREA POZZO, Perspectiva pictorum et architectorum, prima parte, nella stamperia di Gio: Giacomo Komarek Boemo all’ Angelo Cuftode, pubblicato nel 1693 Appunti di Iconologia e Iconografia presso Accademia Santa Giulia al corso del professor. Bartoletti. LOUIS REAU, Iconographie de l’art chrétien. Iconographie de la Bible. Ancien Testament, tomo II1, Parigi, 1956. G. C. BASCAPÈ, C. PEROGALLI (a cura di), Palazzi privati di Lombardia, Milano, 1964 A. CISERI, Giardino istorico lodigiano, o sia Istoria sacro-profana della città di Lodi, e suo distretto, che contiene le vite de' Santi, de’ Beati, de’ Vescovi, le funzioni ecclesiastiche, le informazioni di tutte le chiese, e fatti illustri de' patrizj lodigiani. Il tutto distribuito per ogni giorno dell'anno, e per fine le istorie della città in compendio fino al giorno d'oggi. Opera del prete Alessandro Ciseri lodigiano. Dedicata agli illustrissimi Signori Decurioni presidenti al governo della stessa città, Milano, 1732. RITA DUGONI, Sebastiano Galeotti, Torino, 2001, scheda 44 L. CERRI, Roberto De Longe (il Fiammingo), in “Strenna piacentina”, 1926 ROBERTA COLACE, Robert De Longe a Cremona: un maestro fiammingo del Barocco italiano, Cremona, 2000 194 L. AZZOLINI, Ipotesi attributiva a Robert de Longe (Bruxelles 1646 - Piacenza 1709), in “Strenna dell’A.D.A.F.A.”, 41, 2001 C. G. RATTI, Delle vite de' pittori, scultori, ed architetti genovesi tomo secondo scritto da Carlo Giuseppe Ratti pittore, e socio delle Accademie Ligustica e Parmense, in continuazione dell'opera di Raffaello Soprani, Genova, 1769. G. A. PORRO, Discorso sopra li progressi del SS.mo Crocifisso riposto sopra l’architrave della chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena di questa città di Lodi..., Lodi, 1706.R. COLACE, 2002 FAUZIA FARNETI, DEANNA LENZI, Realtà e illusione nell’architettura dipinta, Quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca, ALINEA Editrice GIANBATTISTA ZAIST, Notizie istoriche de' pittori, scultori ed architetti cremonesi, opera postuma di Giambattista Zaist, pittore ed architetto cremonese data in luce da Anton Maria Panni, 2 voll., Cremona, 1774. Ristampa anastatica Bergamo, 1976. LYDIA AZZOLINI,Ipotesi attributiva a Robert De Longe, strenna dell’ADAFA, 2000 G. FIORI, Notizie biografiche di pittori piacentini dal ‘500 al ‘700, in “Archivio storico per le province parmensi”, vol. XXII, 1970 Metamorfosi di Ovidio GIAMBATTISTA BIFFI, Memorie per servire alla storia degli artisti cremonesi; edizione critica a cura di Luisa Bandera Gregori. 1989 ROBERTA COLACE, L’attività cremonese di Robert De Longe, in “Cremona. Rassegna quadrimestrale della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Cremona”, 1994, n. 1, P. E L. 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Un sentito ringraziamento ai miei genitori, che, con il loro incrollabile sostegno morale ed economico, mi hanno permesso di raggiungere questo traguardo. Un grazie anche ad Alessandra e Fabrizio. Desidero inoltre ringraziare la ditta Cremona Restauri, i ragazzi che hanno partecipato allo stage, e in particolare Giordano Gavagnini, per tutto quanto hanno fatto per me durante il periodo di stage. Ringrazio Carla Fasser, Alberto Fontanini, Marco Bacci e Massimo Ceroni per gli insegnamenti di questi tre anni. Grazie anche a Federico Borgia per la traduzione in latino e per quel giorno di Luglio. Un ultimo, ma non di minore importanza, un ringraziamento ai compagni di studi,soprattutto a Monica Treccani per tutti questi anni, Giulia Sabattoli per le speranze, Federica Viviani, Aldi Hallvaxhiu, Flora Celano, Jessica Pini e Silvia Ghisolfi per le risate e Livia Mabizanetti perché ricorda di Crederci, ed anche per essermi stati vicini sia nei momenti difficili, sia nei momenti felici: sono stati per me più veri amici che semplici compagni. 198