ANNO XXI - N. 3 - DICEMBRE 2012
COMOCUORE Onlus
ASSOCIAZIONE
GIANMARIO BERETTA
P E R L A L OT TA
CONTRO L’INFARTO
INFORMA
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Comocuore Onlus. Presidente > dott. Giovanni Ferrari | Vice Presidente > Elena Zappa Colombo
Presidente Onorario > Emiliana Viganò | Consiglieri > Gianluca Botto, Stefania Brusa, Edoardo
Colombo, Daniela Corti, Mario Landriscina, Alessandro Politi, Santo Zerboni, Giovanni Corrado e Gianstefano Buzzi.
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Stampa periodica d’informazione dell’Associazione Gianmario Beretta per la lotta contro
l’infarto. Reg. Tribunale Como n. 10/91 del 17/4/91
DEFIBRILLAZIONE: PASSATO,
PRESENTE E FUTURO
Q
uando usciranno queste pagine
si sarà già svolto a Villa Erba, il
1° dicembre, l'incontro sui dieci
anni di Defibrillazione precoce nel territorio comasco e lombardo.
Dopo la presentazione di alcuni dati
significativi sulle vite salvate e sulla
efficacia degli interventi della rete di
volontari preposta alla defibrillazione (i
volontari delle croci operanti nell'ambito
della organizzazione del 118, laici,
persone
comuni
opportunamente
addestrate all'uso della apparecchiatura),
si sono succeduti importanti relatori che
hanno sottolineato l'importanza della
operazione e ne hanno illustrato le basi
scientifiche.
Come credo ormai si sappia, oltre al
territorio provinciale ormai coperto dalla
rete di defibrillatori, la nostra Associazione
ha dato un notevole contributo, attraverso
la “Missione Cuore”, anche alla diffusione
dei defibrillatori in Regione Lombardia,
grazie al fondamentale sostegno di Banca
Intesa che, con la sua organizzazione
ha consentito la raccolta di fondi con la
vendita delle noci ai propri correntisti. Si è
potuta così realizzare una collaborazione
con AREU (Azienda Regionale Emergenza
Urgenza) che ci ha consentito di restituire
i fondi raccolti sotto forma di defibrillatori
che sono andati a implementare la rete
regionale ancora incompleta. Al dottor
Alberto Zoli, direttore di AREU, sono stati
consegnati i defibrillatori della campagna
2011-2012, raggiungendo così la quota di
140 apparecchi donati alla Regione.
L'avvocato
Giuseppe
Guzzetti,
presidente della Fondazione Cariplo, ha
sottolineato l'importante partecipazione
della Fondazione alle necessità del
territorio, espressa dalla erogazione di
fondi a sostegno dei numerosi progetti
di interesse sociale manifestati dalla
comunità, e di cui anche la nostra
Associazione ha beneficiato in passato.
Infine l'intervento del professor
Peter Schwartz, cardiologo di fama
internazionale che da sempre si è occupato
del problema della morte improvvisa del
bambino e del giovane, che ha illustrato
le basi scientifiche di questo drammatico
evento (troverete all'interno del nostro
notiziario un suo scritto sull'argomento).
A sostegno della lotta
alla morte improvvisa è di
quest'anno un intervento
governativo che, attraverso
decreto
legge,
ha
reso
obbligatoria la disponibilità
del
defibrillatore
presso
tutte le società sportive.
L'addestramento
al
suo
utilizzo metterà anche le
piccole comunità in condizioni
di affrontare l'emergenza,
affinchè non abbiano più a
ripetersi altri casi Morosini.
Ma non dimentichiamoci che
certamente il defibrillatore è
fondamentale per risolvere
la fibrillazione ventricolare,
da
l'aritmia
che
sta
quasi
sempre all'origine dell'arresto
cardiaco, ma se questo non è
prontamente disponibile è il massaggio
cardiaco che diventa fondamentale nel
mantenere quella necessaria protezione
degli organi, soprattutto del cervello
che è il primo a soffrire, purtroppo in
maniera irreversibile dopo alcuni minuti,
della carenza di ossigeno. Manovra,
questa, che a molti fa paura, ma che è
semplice da imparare e che come più
volte abbiamo scritto, dovrebbe essere
insegnata in tutte le scuole. Leggete
all'interno “il messaggio di Max”, per
capire come possano essere facilmente
sfatate paure ed obiezioni all'esercizio di
questa tecnica.
Nella
famosa
“catena
della
sopravvivenza” sono oggi due i momenti
più critici che pesano sul risultato: la
chiamata del 118 e il tempo di arrivo dei
soccorsi (8 minuti in media nel nostro
territorio, difficilmente comprimibili),
tempo che andrebbe colmato da
una efficace manovra di rianimazione
da parte dei testimoni (vedi sopra).
Questo consentirebbe di aumentare
la percentuale di soggetti rinvenuti in
fibrillazione ventricolare (attualmente
solo il 21%) rendendo più efficace la
defibrillazione.
L'altro
aspetto
è
rappresentato
dal livello avanzato degli interventi
successivi di cura che deve effettuarsi
in centri ospedalieri attrezzati, per cui
sinistra Pieraldo Bauchiero, Elena
Colombo e Giovanni Ferrari
il paziente deve essere consegnato
ad un ospedale dotato di un centro di
rianimazione di secondo livello dove
attuare tutti gli interventi necessari (per
esempio l'ipotermia) e di un laboratorio
di emodinamica per l'angioplastica
coronarica primaria. Questo tipo di
organizzazione, peraltro già attuata
nel nostro territorio, consentirebbe di
ridurre ulteriormente la mortalità, come
dimostrato da recenti studi.
Natale è vicino, e anche il 2013, e mi
permetto di fare un appello ai nostri
Soci. Comocuore mi sembra abbia
dimostrato anche negli ultimi tempi
di essere all'altezza dei suoi compiti,
con sempre nuove iniziative, grazie
all'impegno del nostro Staff medico
e laico, e alla infaticabile azione di
Elena Colombo.
La valutazione del profilo di rischio
cardiovascolare non si limita più
alla solita “Carta del Rischio”, ma
vede un approfondimento con
l'inserimento di altri test come il
controllo dell'intima carotidea e
la ricerca dell'aneurisma dell'aorta
addominale,
secondo
le
più
aggiornate linee guida.
Questi test sono disponibili per tutti
i Soci e, in particolari occasioni, anche
per tutta la cittadinanza.
Quindi, nonostante i tempi calamitosi,
stateci vicini e rinnovate le vostre
adesioni. Abbiamo bisogno di Voi per
poter continuare nella nostra azione.
E se volete fare un piccolo regalo di
Natale la sede di via Rovelli e il punto
d'incontro di via Diaz sono a Vostra
disposizione. AUGURI.
Giovanni Ferrari
SOMMARIO
In questo numero a pagina
2 • La Defibrillazione
precoce
• Il messaggio di Max
3 • Schwartz per
ComoCuore
5 • Defibrillatori:
Un altro passo
in avanti
5-7• Storie vere
di Cuore
8 • I numeri dell'ope-
razione salvagente
• Brintea 84:
In campo co il cuore
9 • Per Natale regala
Salute
• Cuori in gioco
• Associarsi: Un'assi curazione sul cuore
10• Cuore e Curiosità
11• Girovagando
LA DEFIBRILLAZIONE PRECOCE
DELL’ARRESTO CARDIACO
L’American Heart Association ha stimato che
ogni anno negli Stati Uniti avvengono circa 450
mila decessi per Morte Cardiaca Improvvisa, in
particolare più di una persona ogni mille, tra i 45 e
i 65 anni muore improvvisamente.
Ogni anno in Italia le vittime dell'arresto cardiaco
sono 57.000, una ogni nove minuti, e costituiscono
il 10% della totalità dei decessi.
L'arresto cardiaco può colpire chiunque, quasi
sempre senza preavviso e talvolta persone senza
una storia clinica di cardiopatia.
In più dell’80% dei casi la morte improvvisa è
dovuta ad una aritmia ventricolare, tachicardia
ventricolare (TV) o fibrillazione ventricolare
(FV), che determina la perdita di funzione di
pompa del cuore e l’arresto della circolazione
sanguigna. Questa condizione è molto grave e
porta rapidamente alla morte del paziente se non
si interviene in modo tempestivo interrompendo
le aritmie e ripristinando la circolazione. E’ infatti
calcolato che cinque minuti dopo l’arresto cardiaco
la percentuale di sopravvivenza è del 50%, mentre
dopo altri sei minuti è praticamente nulla.
In caso di arresto cardiaco è necessario un
duplice intervento che comprenda sia l'utilizzo
del defibrillatore per interrompere l’aritmia
responsabile sia del massaggio cardiaco
esterno (o rianimazione cardiopolmonare, RCP)
per supportare la circolazione sanguigna. Si
tratta di ritmiche compressioni del torace che
promuovono una spinta di sangue fuori dal cuore,
sostituendosi parzialmente, seppur in modo non
totalmente efficace, alla spinta che avrebbe il
cuore autonomamente. Una RCP esterna prevede
100 compressioni al minuto e consente di portare
in circolo una quantità di sangue che è pari solo a
un quinto di quello che il cuore normalmente è in
grado di compiere quando batte da solo. Tuttavia
queste manovre sono importanti per consentire
l’arrivo del defibrillatore che resta la terapia più
efficace in caso di arresto cardiaco, che mediante
una scossa elettrica permette di interrompere le
aritmie ventricolari.
L’efficacia della defibrillazione e la conseguente
speranza di una prognosi migliore per il paziente
dipendono dalla rapidità con cui viene praticata.
L’utilizzo rapido e diffuso dei defibrillatori
convenzionali è estremamente limitato dalla
difficoltà di interpretare presto e bene una traccia
elettrocardiografica, soprattutto in condizioni
extraospedaliere e da personale non medico.
Oggi la defibrillazione è possibile anche in
ambiente non ospedaliero. Sono infatti disponibili
defibrillatori
cosiddetti
“semiautomatici”,
ovvero apparecchi che, una volta collegati
opportunamente al paziente, effettuano la
diagnosi del ritmo cardiaco e si predispongono
ad erogare la corrente di defibrillazione qualora
sia indicato. Molti studi hanno quindi confermato
l’ampia affidabilità dei defibrillatori semiautomatici
(AED o DAE) e l’utilità della loro adozione in
quanto consentono di anticipare sensibilmente
la defibrillazione. Inoltre questi apparecchi sono
dotati di meccanismi che interpretano l’ECG e
garantiscono una scarica adeguata alle necessità
del momento e possono essere utilizzati anche
da personale non medico senza specifiche
referenze. L’Associazione Italiana di Aritmologia
e Cardiostimolazione (AIAC), di concerto con le
Associazioni dei pazienti si è battuta, da sempre,
per la diffusione dei defibrillatori semiautomatici
e per l’addestramento del personale non sanitario
sia alla pratica della RCP che all’utilizzo del DEA,
ritenendo questa la strada giusta da percorrere
per consentire, in caso di arresto cardiaco, di
salvare il maggior numero di vite possibile, perchè
un decesso ogni nove minuti è un prezzo troppo
alto da pagare da parte di una società evoluta.
Gianluca Botto - Presidente Eletto A.I.A.C.
U.O.S. Elettrofisiologia - A.O. Sant’Anna-Como
IL MESSAGGIO DI MAX
Non ci stancheremo mai di sostenere che tutti
dovrebbero mettersi in grado di soccorrere chi
è colpito da attacco cardiaco. I recenti tragici
avvenimenti riaprono, come sempre, le discussioni
su ciò che è più utile.
Tanti propongono i defibrillatori come rimedio
più sicuro e da attuare senza ulteriori esitazioni ma
purtroppo non può essere così semplice e rapido.
Come tutti sanno il defibrillatore è lo strumento
che permette, tramite la cardioversione, cioè la
scarica di un condensatore elettrico mediante
due elettrodi applicati al torace, di ripristinare il
ritmo normale del cuore che improvvisamente
ha smesso di funzionare. Così è, ma dietro a
questa apparente semplicità ci sono numerosi
problemi, il primo dei quali è l’urgenza, perché
la cardioversione per essere efficace deve essere
fatta entro pochi minuti dall’attacco cardiaco da
cui la necessità di dislocare un enorme numero di
defibrillatori in tutti gli ambienti in cui si prevede
che possa essere necessario, cosa assolutamente
impensabile per motivo di costi. Altra difficoltà:
a tiro del defibrillatore dovrebbe trovarsi sempre
una persona in grado di usarlo appropriatamente.
Le altre varianti proposte per l’impiego dei
defibrillatori sono tutte altrettanto impraticabili o
inadeguate. Da qui la necessità di trovare altre vie.
Quella di più facile realizzazione è che il maggior
numero di persone imparino, volontariamente, le
manovre che si debbono fare per soccorrere chi è
colpito da attacco cardiaco e perde la coscienza per
2
arresto cardiocircolatorio, in modo da intervenire
immediatamente.
Non sarà la salvezza generale, d’accordo, ma
consentirà a molti ammalati di sopravvivere per
qualche tempo nell’attesa di ambulanze attrezzate
o di poter essere trasportati al pronto soccorso più
vicino. E’ il solo provvedimento sempre praticato
che abbiamo a disposizione e che può dare risultati
tanto migliori quanto più numerosi saranno i
volontari addestrati a farlo.
Per la preparazione basta un breve corso
accessibile a tutte le persone di buona volontà.
A dimostrazione riportiamo un caso accaduto
alcuni anni fa in Gran Bretagna che sarebbe stato
opportuno divulgare molto più di quanto venne
fatto. Un giovanotto di ventisei anni di nome Max
Comprass (nella foto in basso) da tre addetto a
riordinare i carelli di un
supermercato della
catena “Safewaiy” ad
Hammersmith,
un
quartiere occidentale
di Londra, mentre
svolgeva il suo lavoro
vide
una
donna
accasciarsi a terra
priva di coscienza,
colta
da
malore
mentre si accingeva
ad
entrare
nel
supermercato. Pochi
mesi prima Max aveva svolto un corso per praticare
soccorsi sanitari di emergenza organizzato dalla
“St. John Ambulance Brigade”. Senza esitare il
giovane accorse e mise in pratica ciò che aveva
appreso al corso fino a quando giunse l’ambulanza
chiamata dal gestore del supermarket.
Al ritorno a casa Max raccontò alla madre: “Stamani
ho aiutato una donna, l’ho baciata sulla bocca e
dopo un po’ ha riaperto gli occhi”. La madre non si
rese conto di ciò che era accaduto, anche perché il
figlio non era normale, ma portatore di sindrome di
down, da due anni addetto a un lavoro adatto alle
capacità di un “mongoloide”. Dopo diversi giorni la
madre seppe che Max aveva soccorso una donna
che era stata colpita da grave infarto e che i medici
dell’ospedale avevano detto che senza l’intervento
di suo figlio, che aveva praticato immediatamente
il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a
bocca, ben difficilmente sarebbe sopravvissuta.
Un portavoce del “Mencap”, un organizzazione
inglese di beneficenza che si occupa di Handicappati
mentali, dichiarò ai giornali “siamo felici di questa
storia che dimostra come anche gli handicappati
mentali siano in grado di dare il loro contributo
purché sia loro permesso di restare nell’ambito
della comunità e non vengano isolati dal mondo”.
Max Comprass ebbe una medaglietta ma non si
rese conto che una donna di sessant’anni colpita da
grave infarto del miocardio, viveva ad Hammersmit
grazie a lui.
(Franco Fontanini, da “Cuore & salute” luglio 2012)
LA MORTE IMPROVVISA
NEL BAMBINO E NEL GIOVANE:
TRAGEDIE EVITABILI
Peter J. Schwartz
> Direttore Cattedra di Cardiologia, Università degli
studi di Pavia;
> Scuola di specializzazione in Malattie dell’apparato
cardiovascolare, Università degli studi di Pavia;
> Unità di Cure intensive coronariche-Fondazione
IRCCS Policlinico San Matteo;
Genova, 18 novembre 2012 - Muore a 16 anni
mentre danza sul palco. La tragedia a Genova,
in un teatro nel quartiere Marassi: “Un malore
improvviso, si è accasciata a terra”.
I medici: è stato un arresto cardiaco.
Troppe volte le cronache si sono dovute occupare
di notizie come questa: giovani sani, allenati,
pieni di vita che improvvisamente si accasciano e
muoiono senza un perché.
Ma che cos’è la morte cardiaca improvvisa? Con
questo termine tradizionalmente si intende il
decesso per cause naturali di origine cardiaca che
consegua ad una improvvisa perdita di coscienza
entro un’ora dall’esordio dei sintomi. I soggetti
possono anche essere cardiopatici noti, ma la
modalità e il momento dell’insorgenza della perdita
di coscienza devono essere inattesi. Nella realtà, la
morte cardiaca improvvisa avviene per lo più entro
pochi minuti dai primi sintomi.
La morte cardiaca improvvisa è la causa di morte
più frequente per i soggetti in età produttiva (2065 anni), in particolare di sesso maschile. Nella
stragrande maggioranza dei casi è dovuta ad
una tachiaritmia fatale (fibrillazione ventricolare
primaria o tachicardia ventricolare degenerante
in fibrillazione ventricolare). Questo evento
catastrofico dipende spesso dalla interazione tra
diversi fattori tutti importanti: 1 - un substrato
miocardico (presenza di alterazioni strutturali
o elettriche cardiache che favoriscono il rischio
aritmico), 2 - dei fattori scatenanti (un episodio
ischemico acuto, una improvvisa attivazione
adrenergica), 3 - dei fattori modulanti o favorenti
(ipopotassiemia o farmaci bloccanti la corrente al
potassio IKr con potenziale effetto proaritmico).
Il punto fondamentale per la comprensione
del problema e per porre le basi di una reale
diminuzione delle morti improvvise è l’aver chiaro
in mente cosa succede quando inizia la fibrillazione
ventricolare. Quando dal normale ritmo sinusale
si passa alla fibrillazione ventricolare la pressione
arteriosa cade istantaneamente a zero, e qui inizia
il conto alla rovescia perché da quel momento non
arriva più ossigeno alle cellule cerebrali. In assenza
di ossigeno dopo pochi minuti (5-7, con variazioni
individuali) iniziano danni cerebrali irreversibili
e pochi minuti dopo si ha la morte del paziente.
Da qui la immediata necessità di ristabilire la
perfusione cerebrale e sempre da qui l’estrema
urgenza di manovre rianimatorie appropriate e
soprattutto della defibrillazione. Ne consegue la
assoluta inaccettabilità di ritardi nel defibrillare un
soggetto in arresto cardiaco.
Nell’adulto la patologia coronarica è senz’altro la
causa più frequente di morte cardiaca improvvisa.
Nei bambini e nei giovani, la morte cardiaca
improvvisa è molto spesso associata a cardiopatie
aritmogene ereditarie e colpisce sia atleti sia
non atleti. In queste patologie il cuore risulta
strutturalmente normale, ma sono presenti difetti
a carico di canali ionici cardiaci che favoriscono
la genesi di aritmie ventricolari maligne. Tra
queste cardiopatie aritmogene ereditarie la più
importante è la Sindrome del QT Lungo (LQTS),
prima causa di morte improvvisa sotto i 20 anni.
La LQTS, ha una frequenza di 1 su 2000 nati, è
causata da mutazioni su geni che controllano le
correnti al potassio ed al sodio ed è caratterizzata
da un prolungamento dell’intervallo QT all’ECG di
superficie (QTc>440 msec) con un elevato rischio di
aritmie ventricolari maligne tipicamente indotte da
stress fisici od emotivi. L’autopsia nei casi di LQTS è
sempre negativa.
Una forma specifica di morte improvvisa,
collegata in modo importante a quanto sopra
descritto, è la “morte in culla”, “Sudden Infant
Death Syndrome” o SIDS. Questo termine identifica
una morte improvvisa nel primo anno di vita che
risulta inaspettata in base alla storia clinica del
soggetto ed in cui l’esame autoptico non riesce
a dimostrare un’adeguata causa di morte. La
prevalenza della SIDS è di 1 ogni 2000 nati vivi.
Riguardo la genesi, le ipotesi più accreditate sono
la teoria respiratoria e quella cardiaca. Già negli
anni settanta avevo ipotizzato che alcuni casi SIDS
fossero legati a fibrillazione ventricolare e avevo
proposto che la LQTS potesse esserne responsabile.
Questa ipotesi venne supportata dai risultati di uno
studio prospettico su oltre 34.000 neonati che
dimostravano che i soggetti con un QTc > 440 ms
avevano un rischio di SIDS 41 volte superiore a quelli
con intervallo QT normale. La dimostrazione finale
della validità dell’ipotesi per cui un certo numero
di casi di SIDS può dipendere dalla LQTS è giunta da
un nostro studio molecolare in oltre 200 casi SIDS
ed un simile numero di controlli. E’ emerso che
il 10-15% delle vittime SIDS ha mutazioni sui geni
responsabili per la Sindrome del QT Lungo.
Perché si parla di “tragedie evitabili”? Perché
l’uso immediato di un defibrillatore, che deve
essere presente sui campi sportivi, salverebbe
la vita di molti giovani atleti, come nel caso del
calciatore Morosini. Perché la mortalità nei pazienti
sintomatici con LQTS è scesa dal 60% all’1% con
l’uso delle terapie corrette, e quindi l’esistenza
di pazienti sintomatici e non diagnosticati non è
accettabile. Perché un semplice ECG effettuato nel
primo mese di vita permetterebbe di diagnosticare
la Sindrome del QT Lungo e, attraverso la pronta
istituzione della terapia beta-bloccante, si
potrebbero prevenire tutte quelle SIDS causate
appunto dalla LQTS.
Sappiamo quello che va fatto, abbiamo le
evidenze razionali, continua a mancare una azione
determinata da chi ha le conoscenze per agire
o le possibilità per istituire le necessarie azioni
coordinate sul territorio.
Il Professor Schwartz, su questo tema, ha
tenuto la Lettura Magistrale al convegno “Dieci
anni di defibrillazione precoce sul territorio
lombardo”, organizzato da Comocuore lo
scorso 1 dicembre a Villa Erba di Cernobbio,
in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Areu,
Iredeem, Noberasco e Villa Erba.
3
DEFIBRILLATORI: UN ALTRO PASSO IN AVANTI
L’articolo 7 comma 11 del cosiddetto
“Decreto Balduzzi”, recentemente
passato al vaglio di Camera e Senato,
introduce una serie di fondamentali
novità sul tema dell’attività sportiva
non agonistica.
Nel dettaglio il passaggio approvato
dai due rami del Parlamento afferma:
«Al fine di salvaguardare la salute dei
cittadini che praticano un’attività
sportiva non agonistica o amatoriale
il Ministro della salute, con proprio
decreto, adottato di concerto con
il Ministro delegato al turismo e allo
sport, dispone garanzie sanitarie
mediante
l'obbligo
di
idonea
certificazione
medica,
nonché
linee guida per l'effettuazione di
controlli sanitari sui praticanti e per
la dotazione e l'impiego, da parte di
società sportive sia professionistiche
che dilettantistiche, di defibrillatori
semiautomatici e di eventuali altri
dispositivi salvavita».
La parte che più ci interessa,
ovviamente, è quella finale laddove si
parla esplicitamente di defibrillatori o
di altri dispositivi salvavita. Un tema
da sempre molto caro a Comocuore
in considerazione del fatto che in
questi anni la nostra Onlus non solo
ha distribuito centinaia di defibrillatori
attraverso iniziative mirate, ma ha
anche portato avanti una intensa
campagna
di
sensibilizzazione,
affinché
il
Dae
(defibrillatore
semiautomatico esterno) trovasse
accoglienza in questi contesti dove
vi è una maggiore concentrazione di
persone.
L’Operazione Salvagente - da oltre
dieci anni puntuale presenza sul
territorio -, insieme al progetto 100
defibrillatori e alle iniziative legate alla
diffusione - soprattutto nelle scuole
superiori provinciali - del Mini Anne,
sono l’esempio concreto di quanto
Comocuore abbia fatto in questi anni.
In
particolare
l’Operazione
Salvagente punta sulla defibrillazione
precoce
preospedaliera
con
apparecchio
semiautomatico
nella provincia di Como, il cui
obiettivo è quello di ridurre sul
territorio la mortalità per arresto
cardiocircolatorio.
L’iniziativa,
vasta ed impegnativa, promossa in
collaborazione con il Servizio Sanitario
Urgenza-Emergenza 118 di Como,
non solo coinvolge i promotori ma
richiede la partecipazione di tutti,
istituzioni e cittadini per una sanità
più efficiente.
Operazioni analoghe sono già state
avviate (o sono in fase di attuazione)
in altri Comuni italiani nell’ottica di
realizzare in un prossimo futuro una
“Catena della Sopravvivenza” a livello
nazionale sul modello già applicato
in Inghilterra, Scandinavia, Stati
Uniti e Australia ove la percentuale
di
sopravvivenza
da
arresto
cardiocircolatorio è arrivato al 45%.
Va
detto
che
l’arresto
cardiocircolatorio,
causato
nella quasi totalità dei casi da
fibrillazione ventricolare, è una
delle principali cause di morte nei
paesi industrializzati. Dagli studi
clinici pubblicati in Europa e negli
Stati Uniti risulta che colpisce una
persona su mille; in Italia la stima è di
60.000 persone l’anno e nella nostra
provincia di circa 500 casi/anno (nella
sola Como 80-100). La possibilità di
salvare le persone colpite da arresto
cardiocircolatorio si riduce del 10%
ogni minuto che passa dall’inizio
dell’evento. Dopo 5 minuti il cervello
e il cuore stesso subiscono danni
irreversibili che compromettono la
sopravvivenza del paziente anche se è
rianimato e se il cuore ha recuperato
il suo ritmo.L’unica terapia efficace e
comprovata, che deve essere eseguita
precocemente per trattare questa
aritmia mortale, è la rianimazione
cardiopolmonare (RCP) abbinata a
una defibrillazione precoce e i numeri
lo confermano. In Italia, ad esempio,
la percentuale di sopravvivenza a un
arresto cardiocircolatorio è solo del
2%. Questo significa che su 60.000
pazienti solo 1.200 sopravviveranno,
mentre 58.800 moriranno per un
tardivo intervento del servizio di
emergenza.
Ecco perché l’allertamento e
l’attivazione del sistema di emergenza,
con la defibrillazione precoce e la
rianimazione cardiopolmonare sono
fondamentali nei primi 2 minuti
dall’evento: il DAE (Defibrillatore
Automatico Esterno) in questo senso
costituisce un elemento decisivo per
la sopravvivenza del soggetto colpito
da infarto.
L’iniziativa del Ministro Renato
Balduzzi circa la dotazione e l’impiego
da parte delle società sportive di
defibrillatori semiautomatici o di
altri dispositivi salvavita va dunque
salutata con grande soddisfazione
e con apprezzamento. D’altra parte
il mondo sportivo ha già pagato
il suo tributo di vite proprio per il
disinteresse e l’indifferenza riguardo
a questo argomento. Uno su tutti,
il cui ricordo è ancora vivissimo
nell’opinione pubblica, riguarda il
calciatore del Livorno, Mario Morosini,
morto sul campo durante una partita.
Lo sfortunato atleta bergamasco
oggi probabilmente sarebbe ancora
in vita se soltanto gli addetti preposti
al soccorso fossero intervenuti
con un semplice defibrillatore che
avrebbe evitato una tragedia così
sconvolgente.
Ma il decreto del Governo Monti
deve essere lo spunto per un serio
e più approfondito esame in merito
alla diffusione dei defibrillatori anche
nei luoghi dove si svolgono non
soltanto manifestazioni sportive,
quindi stadi, palazzetti dello sport,
palestre, piscine. Il caso recente di un
uomo colpito da infarto appena salito
sul treno Frecciarossa in partenza
da Torino e deceduto prima che il
convoglio potesse fermarsi (a Rho)
è emblematico: se su quel treno ci
fosse stato un defibrillatore quella
vita sarebbe stata salvata. Ecco perché
è più che mai non procrastinabile
un serio esame della situazione
esistente. Il defibrillatore dovrebbe
essere presente in tutti i luoghi
dove c’è un’alta concentrazione di
persone: uffici pubblici, alberghi,
stazioni, aeroporti, aziende pubbliche
e private. Ma solo con una seria presa
di coscienza da parte di tutti gli
organismi preposti si potrà affrontare
e risolvere questo problema.
A Como, per iniziativa della nostra
associazione, sono stati consegnati al
Duomo e al Crocifisso, a tutti i golf
della provincia, alla Como Nuoto, a
varie aziende private, al tribunale, al
Casinò di Campione, poi chiaramente
tutte le auto del soccorso ne sono
state dotate: insomma la richiesta
è stata numerosa a conferma della
validità dell’iniziativa.
Il defibrillatore, è bene ricordarlo,
va usato con estrema prontezza.
È chiaro che se ci si trova in un
ambiente, ad esempio un’azienda,
una palestra o in un luogo dove c’è
l’apparecchio e soprattutto qualcuno
in grado di usarlo, la sua immediata
applicazione consente di risolvere il
90-95 per cento dei casi. È quando
non c’è che iniziano i problemi.
Purtroppo sussistono sempre i tempi
tecnici fra la chiamata al 118 e l’arrivo
del medico per cui è inevitabile
che passi qualche minuto: la media
a Como, si sa, è di 7-8 minuti, se
l’evento è accaduto in centro città
forse i minuti sono due o tre, ma
se si è fuori zona passa più tempo;
quindi è davvero importante che chi
è presente al fatto sia in grado di
intervenire.
Il “Decreto Balduzzi”, insomma, è
finalmente un passo nella direzione
giusta, ma deve assolutamente
essere considerato un punto di
partenza per raggiungere obiettivi
ben più ambiziosi.
STORIE VERE DI CUORE. ANDATA E RITORNO
Fin dalle prime luci, si intuiva una
giornata di sole e di caldo. Era l'ultima
domenica di luglio.
L'appuntamento era previsto per le
ore 8 con l'amico ciclista di sempre.
Strada facendo avrebbero fatto
gruppo con altri per sfruttare la scia
e faticare meno. Monza-Lecco-Laghi
dell’Alta Brianza, andata e ritorno .
Un percorso di circa 50 chilometri,
conosciuto e amato, già bagnato dal
loro sudore, modesto ma adatto alle
loro gambe e al loro fiato.
Salvatore, 62 anni, sapeva di
non essere in perfetta forma: in
sovrappeso di almeno 25 chili, da
qualche tempo chiamato "diabetico"
e con il colesterolo alto. Di diete non
ne voleva sapere perchè, diceva,
"prendo già la pastiglia".
Il cuore, a suo parere, funzionava
bene, non gli aveva mai dato disturbi
durante le fatiche dei percorsi in bici,
si difendeva bene in ogni occasione di
sforzo e, lo diceva orgogliosamente,
anche con la moglie. Era sicuro che il
suo cuore non l'avrebbe mai tradito.
Per questo non si sottoponeva
ai test di valutazione funzionale
del cuore, la così detta prova da
sforzo, di cui aveva sentito parlare
dai colleghi ciclisti amatoriali, non
obbligatoria ma utile per avere
coscienza dei propri limiti, valutati
dall'elettrocardiogramma,
dalla
frequenza e dalla pressione riscontrati
durante il test. Era di moda anche
comperare il cardio frequenzimetro,
ritenuto, a torto, indicatore di
performance e guida allo sforzo.
Gianni, l'amico, ce l'aveva e qualcuno
gli aveva detto di non superare la
frequenza massima calcolata sull'età,
ovvero in base alla formula 220
meno l'età. Cosi loro, quasi coetanei,
sapevano che potevano spingere
fino a 150-160 battiti al minuto, ma
ignoravano che la risposta è molto
individuale e uno stesso percorso
poteva generare valori di frequenza e
pressione anche molto diversi.
In effetti, nella stagione in corso,
5
Salvatore, nonostante fosse più
giovane dell'amico, raramente si
trovava a tirare, anzi, a fatica teneva
la ruota perchè si accorgeva di avere
un respiro più pesante del solito e di
sentire maggiormente la fatica.
Si tranqullizzava e minimizzava
perchè non aveva alcun dolore e
aveva sempre portato a termine i
percorsi.
Il cardiologo e il cuore potevano
attendere ancora.
Quel giorno però qualche cosa non
andava. La domenica ara calda e afosa
e la temperatura, alle 12.15, sfiorava
i 38 gradi.
Dopo la salita da Erba a Lurago le
cose erano peggiorate e la ruota di
Gianni era sempre più distante, il
respiro più pesante, le gambe più
dure.
Solo l'orgoglio lo teneva in sella.
Solo 12 chilometri, si diceva, e in
leggera discesa. Pensava che una
bella doccia avrebbe rimesso tutto
a posto, ma un vago malessere,
con sudorazione fredda, viceversa,
non stimolava l'atteso pranzo della
domenica.
Pochi metri ancora e Salvatore capì
che doveva accostare sul bordo della
strada ma in pochi attimi la nebbia
sostituì il sole e scese il buio.
Una giovane ragazza lo vide cadere
di lato picchiare anche il capo,
rompendo, per fortuna, solo il casco.
Gianni distante almeno 50 metri non
sentendo più la presenza dell'amico
si girò, rallentò, si fermò. Ritornò
indietro di una cinquantina di metri
e vide una bicicletta rovesciata sul
bordo stradale, una ragazza e un'auto
con le quattro frecce. Quando vide
l'amico riverso pensò a una caduta
accidentale o a un incidente.
Nel frattempo la intraprendente
ragazza, aveva già allertato il 118 e
fermato una seconda macchina; un
signore aveva iniziato strane manovre
di massaggio del torace. Come aveva
visto in un film.
Anche se a Gianni l'attesa era
sembrata lunghissima, dopo 5 minuti
sopraggiunse una Ambulanza e una
auto medica e da quel momento
4 uomini con le divise arancioni e
una croce sul dorso, circondarono il
povero Salvatore, gridando ordini e
allontanando tutti: uno di loro iniziò
un rapido massaggio del cuore,
uno soffiava aria nei polmoni con
un pallone, un altro aprì due zaini
pieni di farmaci, boccette di plastica,
tubicini, strumenti, un altro ancora,
pose sul torace dell'amico due strane
piastre e dopo un suono acuto, come
una specie di sirena, vide Salvatore
scuotersi, contrarsi, in sequenze
rapide una due tre quattro volte.
Ancora voci e ordini concitati, che
non comprendeva, ma l'emozione
maggiore la provò quando senti
gridare "ha ripreso!".
Erano passati forse 15 minuti
dall'arrivo dei soccorsi quando si
sentì in lontananza il rumore di un
elicottero e poco dopo si videro le
pale roteare sopra la testa e tutti
girarono il naso all'insù . Dopo altri
interminabili minuti, vide Salvatore
su una barella, legato, con un tubo in
6
bocca, pallido, con occhi tenuti chiusi
da due cerotti.
Non potè salutarlo. Vide ripartire
l'elicottero e quando si avvicinò alla
bicicletta per prendersene cura,
qualcuno, forse un medico, fece
a lui alcune domande. Poco dopo
ripartirono anche le ambulanze.
Si diradarono i curiosi che avevano
assistito a quelle scene, che credevano
appartenere solo ai film e alle fiction.
Invece vivevano nella realtà quella
domenica 29 luglio 2012.
In pochi minuti l'elicottero sorvolò
i cieli della Brianza canturina e poi
quelli del comasco. Il pilota intravide
alla sua destra il vecchio ospedale
Sant’Anna di Como ma proseguì fino
alla nuova base del 118, la centrale
operativa di Lucino, dove atterrò.
Un'ambulanza
attendeva
l'elicottero i soccorritori e il paziente.
Ripartì veloce per il nuovo Sant’Anna
di San Fermo-Como, dove altri medici
e infermieri attendevano il paziente
in una sala del pronto soccorso,
particolarmente attrezzata, detta
“shock room”.
Il Cardiologo aveva già tra le mani
l'elettrocardiogramma del paziente
registrato sul posto del primo
soccorso e subito teletrasmesso alla
centrale che a sua volta l'aveva girato
al cardiologo di guardia in ospedale.
La diagnosi era già chiara: arresto
cardiocircolatorio da fibrillazione
ventricolare in corso di infarto
miocardico anteriore acuto.
Stato comatoso secondario.
Dopo ulteriori verifiche e controlli,
altri ordini precisi partirono dal
PS verso il quartiere angiografico
per confermare la necessità della
coronarografia e della angioplastica
come terapia primaria, la più
favorevole e più rapida per il paziente
con infarto acuto.
Altri medici e infermieri, preallertati dal 118, erano pronti nella
dello stent (angioplastica), l'arteria
dell'anonimo ciclista fu riaperta e
riparata con successo in meno di 40
minuti.
A quel punto occorreva attendere
e valutare i danni cerebrali. Un'altra
equipe
di
medici
rianimatori
attendeva il paziente in Rianimazione,
dove in un letto attrezzato e con
sofisticati strumenti lo avrebbero
seguito nei giorni successivi.
"Prognosi molto riservata" per
sospetti danni neurologici al cervello.
Danni reversibili? Quanti minuti reali
il paziente era stato senza flusso di
sangue al cervello? Si sa che tutto si
La coronaria occlusa, responsabile dell'arresto cardiaco
sala di Emodinamica.
Il paziente fu registrato come
"sconosciuto" perchè giunto in
ospedale senza documenti, che nella
foga del soccorso, erano rimasti nella
maglietta da ciclista di cui si erano
perse le tracce.
La
coronarografia
dimostrò
l'occlusione
della
coronaria
discendente anteriore, la principale
arteria coronarica del cuore.
Con la tecnica del palloncino e
gioca entro il tempo massimo di 10
minuti, poi, anche se il cuore riparte,
le lesioni cerebrali, da assenza di
ossigeno, diventano irreversibili.
Dopo alcune ore, grazie alle indagini
dei carabinieri, il paziente ebbe
nome cognome età e comparvero
angosciati e disperati moglie e figli.
E avvenne il miracolo.
Dopo tre giorni di coma i primi
segnali di ripresa delle funzioni
cerebrali e di risveglio, seguiti da una
progressiva ripresa della coscienza e
delle attività motorie e respiratorie.
In quarta giornata svezzamento dalle
macchine e dai farmaci.
Rapida ripresa di tutte le funzioni
motorie e cognitive, salvo il ricordo
degli eventi subiti. La chiamano
"amnesia retrograda".
Forse è meglio cosi, ovvero la natura
ha provvede a cancellare quegli eventi
drammatici e le sofferenze patite.
Dimesso dopo 11 giorni, autonomo
e pressochè "normale" e inviato
presso il centro di Mariano per una
ulteriore riabiltazione.
IL recupero è stato quasi totale,
rimane, a tutt’oggi, una densa nebbia
su quella domenica di luglio ed è
inutile chiedere a Salvatore come
sono andati i fatti, che percorso
aveva fatto, con chi era e come è
stato male.
Il 15 novembre un altro Salvatore,
tirato a nuovo, brillante nell'eloquio,
con 15 chili in meno, ha eseguito
finalmente quella prova da sforzo
che avrebbe dovuto eseguire molto
prima dei fatti narrati.
Si legge nel referto: "frequenza
cardiaca 137, pressione arteriosa
200/95. Non angina non dispnea. Test
negativo per ischemia da sforzo".
Ottima prestazione in rapporto
all'infarto subito: che sia pronto
per riprendere la sua bici da corsa
Bianchi?
Ai medici l'ardua sentenza. Al
Team del 118 i complimenti per
la vita salvata. Ai protagonisti che
hanno voluto e organizzato la
rete per l'infarto e le emergenze
cardiovascolare i complimenti per il
lavoro perfetto.
Ai media un appello, scrivano che
esiste anche in provincia di Como la
"buona sanità”.
S. Z.
7
I NUMERI DELL’OPERAZIONE SALVAGENTE
L’“Operazione Salvagente” è un progetto
ideato da Comocuore avviato nel 2002 che ha
previsto la dotazione di tutte le ambulanze del
servizio 118 della provincia di Como - circa 40
postazioni territoriali - di apparecchi defibrillatori
semiautomatici esterni (DAE), e parallelamente
la formazione di un gran numero di operatori
abilitati all’impiego dell’apparecchio (attualmente
circa 1.500).
La popolazione destinataria dell’Operazione è
costituita dai 550.000 residenti provinciali ai quali
si aggiungono consistenti flussi turistici stagionali
(1.000.000 presenze anno).
In provincia di Como si verificano circa 500-600
arresti cardiaci (ACC) all’anno, confermando il
dato di incidenza nazionale di 1 caso ogni 1.000
abitanti/anno. Tale incidenza dimostra come siano
stati oltre 5.000 gli ACC trattati in 10 anni dai mezzi
di soccorso del servizio 118 di Como.
Il primo caso di Defibrillazione Precoce (DP)
effettuato da parte di personale non medico è
stato effettuato il 2 agosto 2002. L’età media
dei pazienti soccorsi è stata di 72 anni, distribuiti
sostanzialmente in ugual misura tra vittime di
sesso maschile e di sesso femminile. L’intervallo di
tempo medio trascorso tra la chiamata e l’arrivo
dei soccorsi garantiti dal Servizio 118 si è attestata
in 8 minuti (area urbana/extraurbana), con un
intervallo di tempo tra chiamata di soccorso e
l’erogazione del primo shock elettrico di 9 minuti.
In caso di ACC sono state impartite dalla Centrale
Operativa 118 istruzioni pre-arrivo sistematiche
per l’esecuzione del massaggio cardiaco in attesa
dell’arrivo dei mezzi di soccorso da parte degli
astanti. I dati disponibili evidenziano come nel
20% circa degli ACC sia stata indicata l’erogazione
di almeno uno shock elettrico, con percentuali di
ripristino del circolo sanguigno (ROSC) in quasi la
DONAZIONE QUADRI RESTAURATI
metà di questi ultimi casi (48%). Gli
sforzi profusi dagli operatori non
medici abilitati all’utilizzo del DAE in
provincia di Como hanno consentito
ogni anno di assistere a circa 15-20
casi di vittime di ACC sopravvissute
senza nessun esito neurologico
(in dieci anni salvate e restituite
all’integrità completa circa 150
persone).
Una evidenza che deve far
riflettere è che circa un quarto
(24%) degli arresti cardiaci si
sono verificati in luoghi diversi
dall’abitazione (impianti industriali,
luoghi di culto, strada ecc.),
evidenza che raccomanda un
impegno ancora maggiore nel
progetto di accesso pubblico
alla defibrillazione precoce-PAD
avviato da Comocuore con la
collaborazione del Servizio 118.
Le raccomandazioni scientifiche
più moderne suggeriscono infine
come sia utile intervenire, oltre
che sul trattamento dell’ACC,
anche sul riconoscimento dei
sintomi premonitori dell’infarto
miocardico, investendo sforzi
economici
e
formativi
in
programmi
di
educazione
sanitaria rivolti alla popolazione
e nel progetto di trasmissione
dell’elettrocardiogramma
allo
specialista cardiologo già dal
luogo in cui viene soccorso il
paziente, mediante apparecchi di
telemedicina.
Lo scorso 9 novembre si è svolta
- nella Cardiologia dell'Ospedale
Sant'Anna di San Fermo della Battaglia
- una cerimonia in occasione della
consegna, da parte di Comocuore
onlus, di due opere del pittore Giuliano
Collina.
I quadri, intitolati "Il filo rosso"
(realizzati nel 2005), sono stati collocati
da sinistra a destra Alfredo Marson,
Elena Colombo e Dino Merio
Uno sport sicuro: è questo uno dei valori promossi
da Briantea84 che, grazie all’intervento della Fiba
(Federazione Italiana Bancari e Assicurativi) e alla
collaborazione con Comocuore Onlus, muove un
passo importante per la salute a la sicurezza dei
propri atleti. Una delle prime società ad adeguarsi
al decreto Balduzzi sulla sanità diventato legge il
31 ottobre.
Lo scorso 17 novembre al Palasport di Seveso
ha avuto luogo la consegna di un defibrillatore
semi-automatico esterno (DAE) a Briantea84.
L’iniziativa è avvenuta nell’intervallo dell’incontro
8
nel reparto diretto da Carlo Campana
e provengono dalla
sede di via
Napoleona. È stata scoperta anche una
targa di ringraziamento. Erano presenti,
tra gli altri, il presidente di Comocuore
Giovanni Ferrari, la vicepresidente
Elena Colombo, il direttore generale
del’Azienda
Ospedaliera
Sant’Anna
Marco Onofri, il primario Carlo Campana
e Giuliano Collina.
CUORI IN GIOCO:F IL BURRACO IN OSPEDALE
Comocuore e Azienda Ospedaliera Sant’Anna insieme in un
progetto sperimentale: “Cuori in gioco“ il burraco in ospedale
Domenica 2 dicembre ha preso il via “Cuori in gioco“ il burraco in ospedale
che Comocuore e Azienda Ospedaliera Sant’Anna hanno promosso per creare
per i malati un momento da trascorrere in spensieratezza e per i volontari un
modo nuovo di mettere il proprio tempo a servizio degli altri.
Il burraco per le sue caratteristiche è molto facile e può essere giocato con
successo fin dalle prime volte. Ha, come detto, il pregio di aggregare e unire,
consentendo di trascorrere il tempo in allegria e sgombrando la mente da
eventuali preoccupazioni. Per queste ragioni ben si presta a essere introdotto
in strutture dove molte persone hanno tempo a disposizione o si sentono
isolate dal mondo, o ancora dove l’ansia e la sofferenza spesso occupano il
primo posto nella mente. Un luogo sicuramente idoneo a ciò è l’ospedale e
in particolare nelle giornate festive quando magari il tempo scorre ancora più
lentamente.
Insieme all’azienda ospedaliera è stato la creato un punto d’incontro tra
degenti e giocatori esterni di burraco affinché questi ultimi insegnino ai primi
BRIANTEA 84: IN CAMPO CON IL CUORE
del Campionato italiano di basket in carrozzina
(serie A) Unipol Briantea84-Giulianova. Ospiti della
serata erano Elena Zappa Colombo, vicepresidente
di Comocuore Onlus, Dino Merio, responsabile
della Fiba Como, Enrico Ragnolini presidente della
Fip Lombardia e Daniele Gilardoni membro della
Giunta del Coni Lombardia.
Un gesto importante, reso possibile dalla
donazione effettuata dalla Fiba e dall’impegno
profuso da Comocuore Onlus, associazione da
sempre attiva nella diffusione delle tecniche di
rianimazione cardiorespiratoria e del defibrillatore
semi-automatico esterno, uno strumento che, se
usato tempestivamente, consente di salvare la vita
a una persona colpita da arresto cardiaco.
“Siamo onorati di essere destinatari di una
iniziativa di così alto valore sociale – ha dichiarato
il Presidente di Briantea84 Alfredo Marson - da
anni sviluppiamo un progetto sportivo che fa
della professionalità e della qualità il suo punto di
forza. Il fatto di poter disporre di un dispositivo
in grado di salvare delle vite umane rappresenta
per noi un traguardo di inestimabile importanza.
Per i responsabili dei settori sportivi societari
è stata prevista la partecipazione ad un corso di
formazione per l’utilizzo del dispositivo, così da
garantire lo svolgimento della pratica sportiva
in condizioni di massima sicurezza. Un doveroso
grazie deve essere rivolto a Dino Merio che, in
qualità di segretario Fiba, ha pensato a noi come
PER NATALE REGALA SALUTE
beneficiari di una donazione dell’associazione che
lui rappresenta, e a Comocuore che da tempo
collabora con noi”.
Dotare tutti gli impianti e le strutture sportive di
dispositivi di emergenza cardiaca rappresenta una
vittoria per la vita di tutti gli sportivi e da poche
settimane è obbligo di legge, con l’approvazione
del Decreto Balduzzi sulla sanità. Le cronache
dei tragici fatti intercorsi nell’ultimo anno non
mancano di segnalare tra gli sportivi casi di morte
causati da crisi cardiaca improvvisa: il cuore si
ferma e la persona cade a terra priva di coscienza.
In mancanza di intervento tempestivo entro 5-7
minuti dal verificarsi dell’arresto cardiaco, la morte
diventa inevitabile. L'unico modo per interrompere
la fibrillazione ventricolare è uno shock elettrico,
erogato grazie all’utilizzo di un defibrillatore.
"Siamo lieti di partecipare a questa iniziativa
realizzata grazie all'intervento di Fiba – ha
commentato Giovanni Ferrari, presidente di
Comocuore -. Si tratta di una tra le prime Società
sportive che si dotano di questo apparecchio
salvavita di cui auspichiamo la massima diffusione.
E' del mese scorso il decreto legge che finalmente
obbliga tutti i centri sportivi a fornirsi di questa
apparecchiatura, un obiettivo che perseguiamo da
anni e che, abbinato alla diffusione delle tecniche
di rianimazione cardiorespiratoria, sarà in grado di
contrastare il fenomeno della morte improvvisa
nel giovane atleta".
le regole del gioco, fino ad arrivare all’organizzazione di veri e propri tornei.
Vorremmo che il burraco diventasse per degenti e familiari un piacevole
momento di aggregazione, serenità e sollievo. E’ evidente, infatti, che
trascorrere qualche ora in compagnia lontano dalla stanzetta dell’ospedale
non può che giovare positivamente all’umore dei ricoverati in ospedale
e anche a quello dei loro familiari. Per questi ultimi, infatti, sapere che c’è
qualcuno che si occupa del tempo libero dei loro parenti potrebbe risultare
oltremodo positivo.
Un gruppo di volontari guidati da Angela Chianese e Carla Conz la domenica
pomeriggio insegneranno le regole essenziali del burraco ai degenti
dell’ospedale che non sanno giocare e faranno partecipare i degenti che già
sanno giocare ai tavoli dei volontari.
Calendario
domenica 13 e domenica 30 gennaio 2013
dalle 15.00 alle 16.30
info: Angela 340/8663167 | Carla 339/1221589
ASSOCIARSI: UN’ASSICURAZIONE SUL CUORE
Un altro anno si chiude e per
Comocuore sono stati dodici mesi molto
intensi e ricchi di iniziative. Lo sanno bene
i nostri soci che hanno sempre risposto
agli appelli facendoci sentire parte di una
grande comunità. Ed è arrivato quindi
il momento di chiedere, anche per il
2013, la disponibilità e l’aiuto dei soci
che, attraverso il rinnovo dell’iscrizione a
Comocuore, ci consentono di continuare
a mettere in campo le numerose iniziative
che abbiamo in itinere.
Vale però la pena ricordare quali sono
le agevolazioni riservate a chi si associa a
Comocuore: intanto la certezza di avere
sempre a disposizione nella sede di via
Rovelli, il nostro personale in grado di
fornire delucidazioni e dettagli sulle
molteplici attività che l’associazione
riserva ai propri iscritti. I controlli
periodici (gratuiti per gli associati) sono
una garanzia di professionalità e serietà
dal momento che vengono effettuati
da medici specialisti operanti presso
gli ospedali cittadini. Da noi è possibile
effettuare la valutazione dei fattori di
rischio cardiovascolare come il controllo
della pressione e del valore del colesterolo
che sono i primi segnali dai quali è poi
possibile effettuare diagnosi più precise.
Da sempre Comocuore si distingue in
città e sul territorio per questo screening
che rappresenta una pietra miliare
dell’attività della nostra associazione;
ma accanto ad esso vi sono molti altri
progetti che sono rivolti esclusivamente
alla nostra base associativa di cui, quindi, i
nostri iscritti possono beneficiare a titolo
gratuito. Stiamo parlando, per esempio,
dei controlli riguardanti l’aneurisma
dell’aorta
addominale,
patologia
insidiosa, spesso ignorata, che se non
diagnosticata per tempo, può portare
a gravi complicanze spesso mortali. Allo
scopo di individuare le persone affette
da questa patologia, l’Associazione ha
messo a punto un progetto di screening
denominato “AAA cercasi” , rivolto a
soggetti ambosessi di età superiore
ai 60 anni. Lo screening consiste nella
valutazione ecografica non invasiva dei
diametri dell’aorta addominale da parte
di specialisti radiologi e cardiologi presso
la sede di Comocuore.
Inoltre, sempre in sede, è possibile
anche
sottoporsi
alla
valutazione
dell’intima carotidea (Eco-Doppler alla
carotide) il cui spessore, se aumentato,
risulta essere indicativo di malattia
aterosclerotica e quindi predittivo di
aumentato rischio cardiovascolare.
Chi volesse iscriversi a Comocuore
deve dunque sapere che, a fronte della
modesta cifra richiesta (l’iscrizione infatti
costa solo 35 euro fino al 31 dicembre, poi
45 euro dal 1° gennaio 2013), ottiene in
cambio una serie di prestazioni e servizi
con i quali può verificare in qualsiasi
momento le condizioni del suo cuore e di
tutto l’apparato cardiocircolatorio.
9
CUORE&CURIOSITÀ
Lo sport allunga la vita
otto anni dal 1992 al 2010 con una visita medica ogni due. "I risultati hanno
dimostrato - afferma Mattheew Dupre, autore del lavoro - che il pericolo
di rimanere vittime di un infarto è più significativo nel primo anno senza
lavoro. Abbiamo scoperto - precisa - che i pericoli per la salute del cuore sono
più elevati quando connessi alle perdite di posti di lavoro, rispetto ad altri
fattori di rischio tradizionali, come il fumo, il diabete mellito e l'ipertensione".
Il gruppo di studio, con un'età media di 62 anni, ha riscontrato 1.061 infarti
(7,9%). Il 14% delle persone è disoccupato come indicano le statistiche, il 69%
ha riportato uno o più licenziamenti e il 35,1% ha invece passato molto tempo
senza lavoro. Secondo i ricercatori "in media chi è senza lavoro ha un fatto di
rischio 1.35 volte più alto di incorrere in un infarto rispetto a chi ha un lavoro.
Questo indice passa a 1.63 quando si è perso il lavoro per più di quattro volte.
Ma a preoccupare i ricercatori è l'indice di 1.27, riscontrato nel primo anno
di disoccupazione "particolarmente elevato e poi non più riscontrato nel
periodo successivo", avvertono gli scienziati.
(da “Adnkronos Salute”)
Il rumore danneggia
il cuore
BOSTON - Che lo sport faccia bene alla salute non è una novità. Che migliori
le condizioni fisiche e per questo aumenti la speranza di vita, neanche. Ma per
la prima volta un gruppo di ricercatori di Boston ci dice quanti anni possiamo
aspettarci di vivere in più in base al tempo che dedichiamo al movimento.
Secondo lo studio condotto da un team di scienziati del Birgham and Women's
Hospital in collaborazione con il National Cancer Institute e pubblicato sulla
rivista scientifica Plos Medicine, infatti, pare che mediamente camminando
a passo svelto per almeno 450 minuti a settimana si guadagnano circa 4,5
anni di vita. Riducendo i minuti di moto, si riduce anche il tempo di vita in
più garantito: "Ad esempio con 75 minuti di camminata veloce a settimana,
si guadagnano 1,8 anni in termini di speranza di vita dopo i 40 anni, rispetto
a chi non fa nulla", spiega I-Min Lee, epidemiologo e autore anziano dello
studio. E il beneficio si ottiene sia nelle persone normopeso, che in quelle
sovrappeso oppure obese. Nel pool di dati relativi a sei studi prospettici, i
ricercatori hanno esaminato le associazioni tra l'attività fisica nel tempo libero
- da moderata a intensa - e la mortalità. In tutto sono stati analizzati i dati di
oltre 650 mila soggetti seguiti per una media di dieci anni e sono state studiate
oltre 82 mila morti. La dimensione del campione ha permesso agli scienziati
di stimare gli anni di vita guadagnati dopo i 40 da persone con diversi livelli di
attività fisica e indice di massa corporea. I risultati mostrano che l'attività fisica
è stata associata con l'allungamento della vita in una serie di discipline. Fare
uno sport di intensità da moderata a vigorosa, paragonabile a un massimo
di 75 minuti di camminata veloce a settimana, è associato a una riduzione
del 19% del rischio di mortalità rispetto a chi non fa nulla. Ipotizzando una
relazione causale, questo livello di attività fisica conferisce un aumento di 1,8
anni di vita dopo i 40, rispetto a chi si abbandona alla pigrizia più assoluta.
Per chi si dedica a circa 150 minuti di camminata veloce a settimana, invece,
l'aumento di speranza di vita è di 3,4 anni, in un'equivalenza che mostra come
al raddoppiare dei minuti "percorsi" corrisponde (quasi) il raddoppiarsi degli
anni guadagnati. Naturalmente i risultati migliori si sono ottenuti tra i soggetti
attivi e in linea: i ricercatori hanno osservato un aumento della speranza di
vita di 7,2 anni, rispetto ai coetanei con un Bmi uguale o superiore a 35 e
totalmente pigri. "I nostri risultati rafforzano l'importanza dei messaggi che
promuovono uno stile di vita attivo e un peso corporeo normale", conclude
Steven C. Moore del National Cancer Institute.
La crisi fa male al cuore
ROMA - Ritrovarsi senza lavoro
per la prima volta o cercarlo
disperatamente dopo il secondo o
terzo licenziamento può mettere
a repentaglio la salute del cuore e
portare ad aumento del rischio di
infarto del miocardio. A stabilirlo
è uno studio della Duke University
(Usa)
pubblicato
sulla
rivista
'Archives of Internal Medicine'. La
ricerca ha esaminato l'associazione
tra la disoccupazione e i rischi
di essere colpiti dall'infarto su
una popolazione di 13.451 adulti
americani tra i 51 e i 75 anni. Il
gruppo di studio è stato seguito per
10
ROMA - Tv troppo alta,
frastuono del trapano o
colpi di martello, motori
di auto e aerei, ma anche
musica troppo alta nell'iPod.
I rumori cittadini possono
provocare
non
solo
stordimento, mal di testa e
problemi all'udito, ma anche
altri effetti importanti, e
spesso insospettati, su altre
parte del nostro organismo.
Quando è eccessivo, infatti,
il rumore "provoca un
aumento della pressione
arteriosa, della frequenza
cardiaca e dell'attività di
tiroide". Ma anche "una
riduzione della libido e della
fertilità", l'aumento della
frequenza respiratoria e
dell'insorgenza di ulcere
peptiche e duodenali. A indagare sugli effetti, uditivi e non, del rumore è un
articolo pubblicato su 'Prevention and Research' e firmato da Simone De Sio
del Dipartimento di Medicina legale, Unità di Medicina del lavoro della Sapienza
di Roma, diretta da Francesco Tomei, e da colleghi dello stesso ateneo. "Il
rumore - ricordano gli studiosi - viene definito come suono sgradevole
ed è uno tra gli agenti fisici più diffusi, sia in ambito lavorativo che extra
lavorativo. Provoca una serie di alterazioni a carico delle strutture neurosensoriali dell'orecchio interno e può creare danni anche ad altri organi ed
apparati, interferendo con l'omeostasi dell'organismo e rappresentando uno
dei principali componenti dell'inquinamento ambientale". A livello psicologico
può causare "depressione, ansia, aumento dell'aggressività, disturbi del sonno,
senso di fastidio, stress e modificazioni in senso peggiorativo delle capacità
cognitive". Oltre a eccitabilità, mal di testa, fatica mentale. "Il rumore è senza
dubbio uno degli agenti fisici più diffusi sia in ambito lavorativo che extra
lavorativo: per avere un'idea degli effetti, "il tic-tac di un orologio, mediamente,
ha un'intensità di 20 dB; un concerto rock e alcune attività lavorative possono
superare i 100 dB; un aereo al momento del decollo supera i 120 dB e, quindi,
la soglia del dolore". Non è soltanto l'intensità a determinare eventuali danni
alla salute, ma anche la durata dell'esposizione al rumore e la
sua frequenza. Nel caso di esposizione acuta a livelli di rumore
intensi e di breve durata, come le esplosioni, "i sintomi
possono essere: dolore acuto, senso di stordimento, vertigini
e ipoacusia di vario grado; all'esame audiometrico - spiegano
gli autori - si può evidenziare un deficit della funzione uditiva
che può essere temporaneo o permanente". Nel caso di
esposizione prolungata, i sintomi possono essere suddivisi in
4 fasi: sensazione di 'orecchio pieno' e di stordimento; deficit
uditivo irreversibile pur in assenza di sintomi; deficit uditivo
conclamato e, infine, deficit uditivo generalizzato. La buona
notizia è che "è possibile intervenire promuovendo un'azione
di protezione acustica", cioè fornendo opportuni dispositivi
di protezione individuale e portando avanti "un'opera di
formazione e informazione della popolazione sui possibili
rischi da rumore”.
(da Adnkronos Salute)
GIROVAGANDO
VIAGGI
SENEGAL
Royal Decameron Baobab Resort
dal 9 al 17 gennaio 2013
Paese contraddistinto dall'offerta di grandi
tradizioni culturali, il Senegal offre un’immagine di
Africa autentica le cui genti e i loro coloratissimi
mercati, non potranno che affascinare e stupire.
Spiagge dorate, savane e foreste renderanno il
viaggio indimenticabile.
DOVE SI TROVA: sulla spiaggia incontaminata,
nei pressi della riserva naturale de la Somone, in
un’area denominata “La Petite Cote”. L’hotel dista
circa 85 chilometri dall’aeroporto di Dakar e circa
5 da Saly.
SPIAGGIA E PISCINE: affacciato sulla spiaggia,
dispone di una piscina. Lettini e teli mare gratuiti in
piscina e in spiaggia.
RISTORAZIONE: ristorante principale a buffet,
ristorante à la carte (su prenotazione), tre bar di
cui uno presso la piscina, snack-bar.
CAMERE: 142 arredate in stile africano;
dispongono di servizi privati, aria condizionata, TV
satellitare, telefono, balcone o terrazzino.
SPORT, ATTIVITÀ E SERVIZI: campo da tennis,
pallavolo, ping-pong, windsurf, snorkeling, kayak,
discoteca. Lo staff di animazione propone un
programma di animazione diurno e serale con
attività sportive e spettacoli serali. Miniclub (412 anni). A pagamento: sport nautici a motore,
negozio di souvenir, servizio medico, baby-sitting,
lavanderia e cambio.
TOUR PUGLIA
dall’1 all’8 giugno 2013
1° giorno _ San Giovanni Rotondo
Ritrovo a Malpensa. Volo Bari/Brindisi. Arrivo
e prosecuzione per San Giovanni Rotondo.
Pranzo. Visita guidata al santuario di San Pio e
alla Chiesa Nuova. Via Crucis fino all’altare con la
statua del Cristo crocifisso. Arrivo in hotel, cena e
pernottamento.
2° giorno _ Arcipelago delle Isole Tremiti
Prima colazione in hotel, imbarco per l’arcipelago
delle Isole Tremiti, visita guidata all’isola di San
Nicola, rientro in hotel, cena e pernottamento.
3° giorno _ Vieste - Foresta Umbra (Parco
Nazionale del Gargano) - Peschici
Prima colazione in hotel. Vieste visita guidata alla
“Regina del Gargano” con passeggiata nel centro,
pranzo in ristorante. Foresta Umbra escursione
naturalistica e degustazioni. Peschici la “Perla del
Gargano”. Rientro in hotel, cena e pernottamento.
4° giorno _ Castel del Monte - Trani
Prima colazione in hotel. Visita guidata a Castel del
Monte, pranzo in ristorante. Trani visita guidata alla
cattedrale di San Nicola Pellegrino. Sistemazione in
hotel, cena e pernottamento.
5° giorno _ Grotte di Castellana - Alberobello
- Ostuni
Prima colazione in hotel. Castellana visita guidata
alle grotte. Alberobello visita guidata alla capitale
dei trulli, pranzo in Masseria. Ostuni visita guidata
al centro storico e degustazione di olio. Rientro in
hotel, cena e pernottamento.
6° giorno _ Lecce - Otranto
Prima colazione in hotel. Lecce visita al centro
storico con il Duomo e il Palazzo vescovile, pranzo
in ristorante. Otranto visita guidata alla cattedrale
con passeggiata nel centro storico, rientro in hotel,
cena e pernottamento.
7° giorno _ Taranto - Matera
Prima colazione in hotel. Matera visita ai Sassi,
pranzo in ristorante. Taranto visita guidata al
centro storico con il Duomo e il Cappellone di San
Cataldo. Rientro in hotel, cena e pernottamento.
8° giorno _ Martina Franca
Prima colazione in hotel. Martina Franca visita
guidata al centro storico, pranzo in ristorante,
trasferimento in aeroporto e partenza per Milano.
TEATRO
10 MARZO 2013, Teatro Nazionale Milano.
I Legnanesi in “Lasciate che i pendolari
vengano a me”. Prenotazioni entro il 10
gennaio 2013
TUTTE LE INIZIATIVE SONO RISERVATE AI
SOCI COMOCUORE
INFO:031/278862
WWW.COMOCUORE.ORG
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Dicembre 2012