Sindaci e assessori ai servizi sociali dei comuni dell’Alto Vicentino Sindaci e assessori o contribuito alla prima stesura del Piano di Comunità O FRANCESCO, BENINCÀ GIANNI IANTI EGISTO, PANOZZO TULLIO ELLA ANTONIO, PAULETTO SILVIA TOSELLO PIETRO, ZENERE LIA A ROBERTA, TAPPARELLO PIERA SSE ONELIO, SORDATO RENATO ANARO VALERIO, MAINO MARINA ASI MICHELE, ZAMBON ADOLFO UNA EGIDIO, PARISE GIORDANO ARINI GIOVANNI, BINOTTO NADIA DOMENICO, TAMMARO ANTONIO SCHNECK, BUSETTI MARIA RITA ABETTA, BETTALE MARIA GRAZIA CARDO, PANOZZO ALESSANDRA VE VALENTINO, CARLI GIUSEPPE IANCARLO, BEVARDO MARILENA DAL CASTELLO FRANCESCO IERO GIOVANNI, SELLA SANDRA LEONI EMILIO PIETRO GILDO, CISCATO PAOLO ANIA, BERGOZZA DONATELLA C. ERI BRUNO, SERAFINI ARMANDO ANI GIANCARLO, GROTTO SILVIO PERTILE PAOLO BALLI CARLO, NICOLINI ACHILLE DALL’ALBA TERELISA LLA GIUSEPPE, LAUGELLI EMILIA INÀ LUCIA, STOCCHIERO CINZIA LLAREDA PIERO, CALLI GIORGIO ERO GIORGIO, LORENZI MARINA LA RIVA FAUSTO, SCHIO RENATO I GIORDANO, DE SANTIS LAURO Sindaci e assessori che hanno contribuito alla stesura definitiva del Piano di Comunità Conferenza dei Sindaci dell’Ulss 4 “Alto Vicentin Distretto socio-sanitario n. 1 Breganze Caltrano Calvene Carrè Chiuppano Fara Vicentino Lugo di Vicenza Marano Montecchio Precalcino Salcedo Sarcedo Thiene Villaverla Zanè Zugliano ZANAZZO AUSONIO, BENINCÀ GIANNI FIMBIANTI EGISTO, GHENO ANTONIO FINOZZI RICCARDO, PAULETTO SILVIA DAL CERO MARIO, SPOLADORE STEFANO MAINO GIAMPAOLO, CAROLLO ANTONIO SCALABRIN UGO, NICOLLI FIORENZO LANARO VALERIO, MAINO MARINA RIZZATO GIULIANO, BARUZZO RENZO BORRIERO IMERIO, MARTINI AMPELIO CARLI MICHELE, DALLA VALLE ANTONIO FABIO MENEGHELLO GIORGIO, CORTESE FABIO ATTILIO SCHNECK STORTI ENRICO, BETTALE MARIA GRAZIA BUSIN ALBERTO, BRAZZALE MARCO LEONARDI ROMANO, BORGO GIAMPIETRO Piano di Comunità Distretto socio-sanitario n. 2 Arsiero Cogollo del Cengio Laghi Lastebasse Malo Monte di Malo Pedemonte Piovene Rocchette Posina San Vito di Leguzzano Santorso Schio Tonezza del Cimone Torrebelvicino Valdastico Valli del Pasubio Velo d’Astico BUSATO TIZIANO, ROSSI LUISA DAL CASTELLO FRANCESCO, ZORDAN CARLA OLIVIERO GIOVANNI GIACON DAVIDE, STRAZZER ALESSANDRO ANTONIAZZI ANTONIO, CARRARO PAOLA PRETTO COSTANTE, XOTTA ANTONIO CAROTTA DANIELE, LONGHI SARAH COLMAN MAURIZIO, MENDO ROMANO PERTILE PAOLO DALLE RIVE ANTONIO, SACCARDO MARIO MENEGOZZO PIETRO DALLA VIA LUIGI, LAUGELLI EMILIA DALLA VIA AMERIGO, FEDE GIORGIO CALLI GIORGIO TOLDO ALBERTO, SERAFINI ROBERTA DALLA RIVA FAUSTO, SCHIO RENATO CERIBELLA GIULIO, BRESSAN CARLA Distretto socio-sanitario n. 1 Distretto socio-sanitario n. 2 Breganze, Caltrano, Calvene, Carrè, Chiuppano, Fara Vicentino, Lugo di Vicenza, Marano Vicentino, Montecchio Precalcino, Salcedo, Sarcedo, Thiene, Villaverla, Zanè, Zugliano Arsiero, Cogollo del Cengio, Laghi, Lastebasse, Malo, Monte di Malo, Pedemonte, Piovene Rocchette, Posina, San Vito di Leguzzano, Santorso, Schio, Tonezza del Cimone, Torrebelvicino, Valdastico, Valli del Pasubio, Velo d’Astico 2004 Conferenza dei Sindaci dell’Ulss 4 “Alto Vicentino” Piano di Comunità 2004/2006 Distretto socio-sanitario n. 1 Distretto socio-sanitario n. 2 Breganze, Caltrano, Calvene, Carrè, Chiuppano, Fara Vicentino, Lugo di Vicenza, Marano Vicentino, Montecchio Precalcino, Salcedo, Sarcedo, Thiene, Villaverla, Zanè, Zugliano Arsiero, Cogollo del Cengio, Laghi, Lastebasse, Malo, Monte di Malo, Pedemonte, Piovene Rocchette, Posina, San Vito di Leguzzano, Santorso, Schio, Tonezza del Cimone, Torrebelvicino, Valdastico, Valli del Pasubio, Velo d’Astico Redazione Pierangelo Baggio Grazia Bettale Luca Greselin Uf ficio Piano di zona dell’Ulss 4 “Alto Vicentino” telefono 0445 389362 www.ulss4.veneto.it [email protected] [email protected] Consulenza e realizzazione Wladimiro Bizzotto, Bassano del Grappa [email protected] Immagini Archivio dell’Ufficio Piano di zona Stampa Grafiche Fantinato Srl, Fellette di Romano d’Ezzelino [email protected] ... è chiaro perciò che lo stato non è comunanza di luogo né esiste per evitare eventuali aggressioni e in vista di scambi: tutto questo necessariamente c’è, se deve esserci uno stato, però non basta perché ci sia uno stato: lo stato è comunanza di famiglie e di stirpi nel viver bene: il suo oggetto è un’esistenza pienamente realizzata e indipendente. Certo non si giungerà a tanto senza abitare lo stesso e unico luogo e godere il diritto di connubio. Per questo sorsero nelle città rappor ti di parentela e fratrie e sacrifici e passatempi della vita comune. Questo è opera dell’amicizia, perché l’amicizia è scelta deliberata di vita comune. Dunque, fine dello stato è il viver bene e tutte queste cose sono in vista del fine. Aristotele, Libro Terzo del Politica Prefazione Non vorrei, con questo mio scritto, risparmiare ad altri la fatica di pensare. Ma, se fosse possibile, stimolare qualcuno a pensare da sé Ludwig Wittgenstein Il Piano di Comunità 2004-2006 votato all’unanimità della Conferenza dei Sindaci dell’U.L.SS. n.4 il 17.12.2004 presenta quattro connotazioni di rilievo: • è un piano innovativo sul piano culturale, perché pone la Comunità locale quale pr otagonista del suo benessere; • è un piano di forte integrazione, anche economica, tra la sfera sanitaria e la sfera sociale; • è un piano innovativo sul piano istituzionale, per le nuove forme di gestione previste; • è un piano di raf forzamento dei servizi avviati nel precedente Piano 2001-2003 e di costruzione di nuove risposte in aree critiche, quali l’area della salute mentale e dei minori. Il piano di comunità è innovativo sul piano culturale. Sul piano culturale il Piano di Comunità è un “catalizzatore” di risorse, di iniziative non solo istituzionali pubbliche ma anche di significative parti della comunità locale, del terzo settore, del mondo economico, del volontariato. Ciò ben si inserisce nella logica della comunità del benessere, sempre più attenta ai nuovi bisogni, sempre più “competente” nel dare risposte, sempre meno incline a richieste “assistenzialistiche” ma sempre più orientata a promuovere oppor tunità. È la logica che ha, come corollario, una precisa distinzione di ruoli tra istituzioni pubbliche e comunità: dove, per dirla con T. Gaebler e D. Osborne, compito dell’istituzione pubblica è “fis sare la scia ma non remare”. Questo ultimo compito è sempre più della Comunità e delle sue espressioni, ad eccezione degli interventi di stretta competenza istituzionale. Il piano di comunità è innovativo sul piano del metodo. Nato dopo una fitta serie di consultazioni “attive”, di raccolta di esperienze, validato dalle Fondazioni Nord-Est e Festari, il Piano punta al coinvolgimento diretto delle realtà associative, sociali ed economiche, del territorio, soprattutto nella realizzazione delle iniziative di particolare impegno e spessore progettuale. A titolo d’esempio ricordiamo il for te coinvolgimento delle associazioni dei familiari e del volontariato nel lavoro di valorizzazione dell’area di Montecchio Precalcino; la presenza for te e concreta del mondo imprenditoriale nell’avvio e nel graduale rafforzamento del Centro di Riabilitazione Neurocognitiva di Santorso, nella gestione della “Fondazione di Comunità Vicentina per la qualità di vita Onlus”; il contributo importante delle associazioni più rappresentative dei disabili del territorio, al tavolo di gestione del fondo solidarietà per la residenzialità dei disabili; la presenza costante, attiva, stimolante del privato-sociale, al tavolo di gestione dei progetti della L.285/97 sui minori. Il piano di comunità è innovativo sul piano istituzionale. L’integrazione istituzionale, soprattutto tra i Comuni e l’Azienda nella stesura del Piano, ha permesso di af frontare anche la criticità con forte senso delle proprie responsabilità, con una giusta coscienza dei limiti e delle difficoltà, con realismo e gradualità. Del resto l’integrazione non è una “deamicisiana” mappa di buoni propositi: è forma mentale nuova, è capacità di uscire dal proprio particolare, è capacità di unire le forze per risolvere problemi che, da soli, oggi è sempre più difficile risolvere. Ma l’integrazione istituzionale si è estesa anche all’Amministrazione Provinciale, che ha aderito ad alcuni importanti progetti del Piano (la “Fondazione di Comunità Vicentina” e “Una nuova gestione del mercato del lavoro per le persone svantaggiate”) e che è stata coinvolta anche nella costituzione della Fondazione come socio fondatore. La scuola stessa si è integrata nella definizione di importanti progetti del Piano di Comunità (dall’integrazione scolastica dei Disabili, ai progetti della L.285/97 alle iniziative sulla tossicodipendenza, in particolare con Scuola Aperta). Il piano di comunità è innovativo sul piano delle iniziative. Il Piano di Comunità è innovativo sul piano dei contenuti specifici proposti. Ne citiamo alcuni: • l’avvio ed il rafforzamento della Fondazione di Comunità Vicentina per la Qualità di Vita Onlus, che, grazie all’accordo tra l’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino”, i trentadue Comuni dell’Alto Vicentino, la Camera di Commercio Industria Agricoltura e Ar tigianato di Vicenza e l’Amministrazione Provinciale di Vicenza, ha un patrimonio di 215.000 euro. La Fondazione di Comunità avrà il compito di recepire donazioni liberali dal mondo privato e finanziare progetti di utilità sociale e sanitaria; • la realizzazione di una nuova Comunità Terapeutica per malati mentali, con 12 posti, a gestione clinica del Dipar timento di Salute Mentale che completa l’arco di offer te semiresidenziali e residenziali per la salute mentale; • la costruzione del nuovo CEOD a Chiuppano (20 posti) che allarga a quasi 200 i posti di semiresidenzialità per i disabili, tenendo conto dell’avvenuta realizzazione, dal 01.01.2004, del CEOD Vita Indipendente di Breganze (10 posti riservati a disabili neuromotori); • la messa a regime del fondo di garanzia per la residenzialità di disabili gravi (il cosidetto “Dopo di Noi”) che, grazie alla solidarizzazione dei Comuni, (2,92 euro pro-capite) e all’appor to del fondo sanitario dell’U.L.SS. n.4, permetterà, nel medio periodo, di dare una risposta alle famiglie anziane dei disabili oramai in difficoltà sempre più evidenti nel garantire l’accudimento dei figli; • la gestione degli inserimenti lavorativi per le persone in stato di svantaggio, garantito da un protocollo d’intesa molto avanzato, stipulato dall’U.L.SS. n.4 e dall’Amministrazione Provinciale di Vicenza, permetterà di unificare risorse finanziarie ed umane dedicate al problema con una pressione di raf forzamento delle qualità e della stabilità degli inserimenti; • il for te investimento operato sul Centro Servizi di Montecchio Precalcino (oltre ad aver permesso il superamento della stigmata manicomiale) permetterà di avere a disposizione per tutto il territorio, nuovi spazi, articolati in piccole comunità di tipo familiare, destinati ai bisogni socio-assistenziali; • nel contesto del Centro Servizi par ticolare rilevanza avrà la messa a regime, dopo la sperimentazione durata due anni, del centro la Decima per il trattamento di disturbi alimentari che, al 31.12.2004, aveva in carico 80 pazienti; • il riordino dei consultori familiari (con una attenzione importante alla mediazione familiare), il consolidamento del Servizio Tutela Minori, avviato nel 2001 ed oggi, il rafforza- mento del Servizio Sociale di base e dell’ADI, le iniziative di prevenzione del disagio giovanile (Scuola Aperta), rappresentano altre significative iniziative del Piano di Comunità 2004-2006. Valerio Lanaro Sandro Caffi Presidente della Conferenza dei Sindaci Direttore Generale dell’Azienda U.L.SS. n.4 Indice 7 Prefazione 17 Spazio, tempo e relazioni: le dimensioni dell’essere 23 24 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Geologia 26 Tipologia di rocce 27 I fossili 28 Descrizione litologica e paleogeografia 35 Modello sismotettonico 36 Acque minerali 37 Morfologia 37 Mineralizzazioni 38 44 La successione stratigrafica Flora 45 Pianura 45 Zona collinare 46 Le Bregonze 48 49 La Lessinia Vicentina La zona montana 49 Le Piccole Dolomiti e il Pasubio 51 Il Monte Summano e il Novegno 54 Altopiano di Tonezza - Fiorentini 55 L’alta e la media Val d’Astico 57 60 62 Le valli di Posina e Laghi Bibliografia Storia 63 Popolazioni pre-romane 64 I Romani 66 Le invasioni barbariche 67 Longobardi e Franchi 67 I Benedettini 68 Berengario 69 Dopo il mille 70 Gli Ezzelini 70 Dominazione padovana 71 Gli Scaligeri 72 I Visconti 73 La Repubblica di Venezia 75 Da Napoleone al Regno d’Italia 76 78 Nel XX secolo Cultura e ar te 79 Cosa si intende per cultura, oggi 79 Cultura fondata su stabili cer tezze 81 La cultura nello scorrere della vita dell’anno 81 Alcuni aspetti particolari della cultura materiale e orale 83 La cultura orale 84 Aspetti par ticolari 85 Appendice 87 90 94 95 98 100 105 106 107 110 115 136 138 140 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Le aspettative e la visione del futuro L’ambiente La sicurezza ambientale Urbanistica e sicurezza stradale La sicurezza in ambienti di vita: casa, lavoro, scuola Disagio abitativo Le condizioni socio-economiche I compor tamenti e gli stili di vita Economia e contesto produttivo Aspetti demografici ed epidemiologici La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali La prevenzione Alcuni consigli pratici 142 Agire tutti insieme, l’azione di comunità 142 Fumo 143 Attività fisica 144 144 Incidenti stradali Perché e come questi consigli sono impor tanti per la salute? 144 Fumo di tabacco 145 Alimentazione, obesità e alcool 147 Attività fisica 148 Incidenti stradali 149 Incidenti domestici 149 150 Incidenti lavorativi La prevenzione secondaria delle malattie 150 Screening delle malattie cardiovascolari 151 Prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari 155 Malattie cardiovascolari 155 Tumori 156 Incidenti stradali 156 Incidenti domestici 156 158 Incidenti sul lavoro Il distretto socio sanitario 160 Attività distrettuali 161 Costi dei servizi e livelli essenziali di assistenza 162 Il finanziamento dei livelli di assistenza 163 La qualità come possibile str umento di integrazione e valutazione 165 Elaborazione par tecipata e adesione ad un programma di valutazione di qualità 167 168 Il piano locale per la non autosufficienza e Il Piano locale per la domiciliarità I ser vizi per gli anziani e gli adulti 169 Il contesto dell’area adulti-anziani 169 Il servizio sociale di base 171 Assistenza domiciliare e Assistenza domiciliare integrata 171 L’assistenza domiciliare 172 L’assistenza domiciliare integrata 172 Assistenti familiari 173 Il telesoccorso 174 Contributi economici 174 Legge Regionale n.28 del 1991 174 Legge Regionale n.5 del 2001 art.40 “Intervento a favore delle famiglie che assistono in casa persone con demenza accompagnata da gravi disturbi comportamentali” 175 DGR 3630 del 13/12/2002 Contributo economico badanti 175 DGR 3960 del 31/12/2001 Interventi sperimentali per il “sollievo” 175 Assistenza economica Comunale 176 I centri diurni per non autosufficienti 176 Le strutture residenziali 179 Il centro di riabilitazione neurocognitiva di “Villa Miari” 180 Il centro servizi di Montecchio Precalcino 183 Servizio prevenzione, trattamento e riabilitazione dei disturbi del compor tamento alimentare 184 186 Soggiorni climatici I ser vizi per le persone con disabilità 187 Il servizio disabilità 188 Integrazione scolastica 189 L’assistenza all’integrazione scolastica 190 L’integrazione sociale 191 I centri educativi occupazionali diurni (CEOD) 193 Le comunità residenziali 195 L’integrazione lavorativa 196 L’informahandicap 198 I ser vizi per i minori, i giovani e la famiglia 200 Consultorio familiare e ser vizio tutela minori 200 201 201 Il consultorio familiare Il servizio tutela minori Comunità e pronta accoglienza 201 Le comunità educativo-riabilitative per minori adolescenti 202 Le comunità di tipo familiare 202 La pronta accoglienza 203 Centro diurno per minori 203 L’affido familiare 205 Gruppi di autoaiuto 206 Progetto pubblico tutore 206 I centri di aggregazione 207 210 Interventi educativi territoriali I ser vizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol 211 Il servizio territoriale tossicodipendenze 212 Comunità terapeutiche per tossicodipendenti 217 Il servizio alcologia 218 I club alcolisti 220 I corsi per smettere di fumare 222 I ser vizi per la salute mentale 223 Dipartimento di Salute Mentale (DSM) 223 Il Centro di Salute Mentale (CSM) 224 Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) 228 232 I progetti sanitari e ad integrazione socio-sanitaria L’integrazione lavorativa 233 Il servizio integrazione lavorativa (SIL) 239 Il centro per l’impiego di Schio-Thiene 239 La cooperazione sociale d’inserimento lavorativo 240 La formazione professionale 241 La gestione della legge n.68/99 242 L’inserimento lavorativo dei tossicodipendenti e alcolisti 242 L’integrazione lavorativa di persone con problemi di disagio mentale 244 250 Prospettive future I ser vizi per gli immigrati 251 Housing sociale 253 L’integrazione a scuola 254 Ambulatorio per immigrati 255 Integrazione socioculturale degli immigrati 256 Pronta accoglienza 257 Seconda accoglienza e progetto donna 257 Accoglienza donne 258 260 265 266 272 273 274 278 283 287 289 290 292 294 296 299 301 303 306 306 Segretariato sociale per cittadini extra-UE Il Centro di Servizio per il Volontariato (CSV) 3. Il quadro delle azioni programmate Il metodo di lavoro I progetti innovativi Quadro sinottico dei progetti P01. La città senza barriere P02. Fondazione di comunità vicentina per la qualità di vita Onlus P03. Housing sociale P04. Consolidamento/potenziamento fondo residenzialità disabili gravi P05. Prevenzione: adesione allo screening mammografico P06. Prevenzione: adesione allo screening colon-retto P07. Auto Aiuto P08. Adeguamento e miglioramento dell’offerta dei servizi educativi diurni per disabili P10. Piano triennale “Fondo lotta alla droga 2003/05” P11. I colori delle stagioni P12. Pover tà estreme P13. Agenzia sociale per la casa P14. Potenziamento della rete di ser vizi in psichiatria Comunità Terapeutica Residenziale Protetta 307 309 312 315 Modulo respiro P15. Piccola oasi P27. L’isola che non c’è P16. Promozione della salute negli adolescenti 315 Il ponte 315 Un mondo di colori 316 318 320 322 324 326 328 330 332 334 336 337 338 339 345 354 356 358 360 Aggregaragazzi P17. Pronta accoglienza P28. Centro di aggregazione relazionale P22. Laboratorio psicopedagogico nelle scuole P24. Il sostegno alla genitorialità nel lavoro con le famiglie P29. Corso di autonomia P25. Spazio/Tempo libero P26. Amministratore di sostegno P30. Relais P31. Ser vizio Integrazione Lavorativa – Area Svantaggio P39. Sportello donna P40. Ascoltagiovani P32. Prima comunicazione P21. I tempi della comunità: Proposta 4. L’accordo di programma Glossario delle sigle citate Elenco delle illustrazioni Elenco delle tabelle Elenco degli autori citati 362 Epilogo 364 Ringraziamenti 17 Introduzione Spazio, tempo e relazioni: le dimensioni dell’essere Il tempo è sempre tempo per fare qualcosa, è tempo per… cioè sempre pensato a partire dal fare dell’uomo, da ciò di cui si prende cura, dal suo agire nel mondo Heidegger T utti noi, cittadini dell’Alto Vicentino, vorremmo continuare ad abitare nei nostri luoghi “definiti” che sono tali perché conosciuti, ri-conosciuti, ricordati, che mantengono vivo quell’immaginario che si investe nel quotidiano con l’appropriazione del tempo, dello spazio, delle relazioni affettive. “Ciascun corpo ha una propria traiettoria attraverso il tempo e lo spazio: deve trasformarsi via via che cresce ed invecchia e cambiano i processi sociali che lo avvolgono e lo sostengono così come i luoghi in cui questi diversi processi sociali si svolgono”. Infatti, per disporre del proprio corpo non è sufficiente una perfetta or ganizzazione anatomica e fisiologica; è necessario uno spazio dove il corpo possa muoversi, esprimersi con senso. È lo spazio in cui ci si proietta e si è impegnati, al quale diamo un senso. Con lo spazio abbiamo un rapporto di tipo af fettivo. È parte di noi stessi, una “condizione soggettiva, una forma della mente per la quale ci è possibile ordinare i dati esterni alla sen sibilità”. In altri termini, il vissuto spaziale è componente essenziale delle nostre radici, la nostra stessa identità è anche identità spaziale se è vero che spazio, tempo, relazione sono i tre parametri della nostra “presenza al mondo” e che essere, avere, appar tenere sono le tre dimensioni fondamentali con cui questa presenza si realizza. Ora, la dimensione dell’appar tenenza ha una sicura connotazione spaziale: noi apparteniamo ad un luogo, l’Alto Vicentino, che è il punto di riferimento delle nostre radici culturali, antropologiche, simboliche, linguistiche. Questa appartenenza non solo si connota come dipendenza, come legame al territorio delle nostre radici ma anche come attività volta a dare la propria creatività. È un’appartenenza attiva: ci appropriamo del nostro spazio non nella della dimensione della “consumazione, della predazione”, ma in quella costruttiva di lasciare (ed è ciò che rende lo spazio sano) tracce significative della nostra presenza. È uno spazio, quello dell’Alto Vicentino, scandito da alcune contraddizioni. Custodisce memorie, storiche, artistiche, culturali di grande valore, in cui scorrono ancora una forte e dif fusa religiosità, un for te culto del lavoro (ecco l’archeologia industriale), una mai sopita nostalgia delle radici contadine, sempre presenti in molti riti e feste popolari di tutti i 32 comuni. Ma non ha saputo (o potuto) custodire l’integrità delle campagne, polverizzate dallo sviluppo industriale tra i più poderosi d’Italia, che vede concentrarsi proprio nella zona, il 10% dell’industria veneta, ingoiate gradualmente dal progressivo espandersi di molti comuni, al punto che qualcuno parla già di un “Villaggio globale dell’Alto Vicentino” senza soluzioni di continuità tra paese e paese. Custodisce suggestive abitazioni, espressioni del passato, spesso chiuse e degradate nel silenzio. Ma non riesce a temperare e regolare un forte insediamento abitativo che riflette, in appar tamenti sempre più piccoli, famiglie sempre più esigue ed è in ritardo nel rispondere, 18 Piano di Comunità 2004/2006 con adeguate protezioni (l’housing sociale), alle esigenze di anziani, più soli di ieri, e dei soggetti deboli. Custodisce nelle proprie viscere uno dei beni più preziosi alla vita, l’acqua, in misura tale da servire anche altre aree venete, ma sa preservarlo solo in parte dall’inquinamento ambientale e dall’escavazione. Ha visto, e vede, convivere lo spopolamento di alcune sue aree (Valdastico) con l’ingresso di nuove etnie che, attratte da un mercato dell’alloggio vantaggioso, si insediano e gradualmente modificano gli equilibri demografici. Uno spazio vissuto in modo sano presuppone quindi la possibilità per chi vi vive di superare queste contraddizioni riuscendo a valorizzare la qualità ambientale e a garantire la riqualificazione dei propri beni. Queste due scelte infatti, per un’area come l’Alto Vicentino, rappresentano un vantaggio competitivo per attrarre e mantenere sul posto cittadini, professionalità, iniziative economiche innovative. Nel XVIII e nel XIX secolo i primi insediamenti protoindustriali si distribuirono lungo la pedemontana, proprio per la qualità dell’ambiente naturale (le risorse idriche in particolare) che fu un vantaggio competitivo rilevante. Poi lo è stato la minor congestione urbana rispetto ad altre aree. Nel prossimo futuro potrebbe esserlo un nuovo ciclo produttivo legato a tecnologie avanzate e pulite. Dobbiamo quindi pensare ad uno spazio valorizzato e riqualificato ma soprattutto fruito e non consumato, in cui possiamo “abitarvi” lasciando tracce di noi, pensando a chi verrà dopo. Questa fruizione si può declinare: • nella conser vazione attenta affettivamente pregnante, degli “spazi della memoria collettiva”, spazi religiosi, artistici, paesaggistici, segno tangibile di come eravamo e vivevamo, necessari per alimentare il nostr o senso di continuità e per tanto il nostro benessere; • nella ricerca, per quanto attiene i luoghi dell’abitare, di includere le esigenze di tutti i membri di una comunità sempre più articolata, con necessità multigenerazionali e multietniche diverse. L’esterno, la casa, gli oggetti familiari possono essere progettati in modo da poter vivere anche con capacità ridotte. Gli spazi dell’abitare devono essere visitabili, accessibili, adattabili. Ciò esalta il ruolo ed i principi della bioarchitettura, vale a dire l’attenzione ai processi ed alle connessioni ed il ruolo e i principi della bioedilizia, vale a dire l’attenzione ai materiali e alla tecnologia: si può così progettare un corretto rapporto tra “l’abitare i luoghi” e la geografia (suolo, sole, vento, clima, acqua, paesaggio naturale) e la storia – tradizioni, culture, linguaggi – (progetti “Housing Sociale” a pag. 283 e “La città senza barriere” a pag. 274); • nella riqualificazione urbanistica che punti a valorizzare, o a creare laddove non ci sono, una logica di connessione con il tessuto urbano, spazi collettivi dove i bambini e i giovani possano ritrovarsi senza pericoli a giocare e ad essere protagonisti; • nella ricerca di una diminuzione del traf fico dalle strade attraverso un difficile ma doveroso rilancio del trasporto pubblico che, per essere attrattivo, deve garantire flessibilità ed agevolezza negli orari, costi interessanti; Il tempo – una forma della sensibilità, direbbe Kant – è vissuto come qualcosa che ci avvolge e ci domina: ci sentiamo soggetti al tempo e lo sentiamo come qualcosa che ci condiziona e sul quale non possiamo far nulla. Ora è sentito come ciò che logora, che invecchia, che genera l’oblio: manda in rovina le cose, presiede al nostro morire. Ci riguarda profondamente come se fossimo noi a costruire il tempo e a misurarlo. In realtà, al di là delle posizioni naturalistiche del tempo, “il tempo sano” ha a che fare con l’intimità della nostra coscienza, con la nostra capacità di progettare, di uscire da noi stessi, di rivolgerci al futuro. “Il tempo è sempre tempo per fare qualcosa, è tempo per... cioè sem pre pensato a partire dal fare dell’uomo, da ciò di cui si prende cura, dal suo agire nel Introduzione 19 mondo” (Heidegger): non ci può essere un tempo sano in astratto ma c’è invece il fatto che la nostra esistenza è fatta di tempo per fare o pensare qualcosa. “Se il tempo è qualcosa che varia, l’elemento fisso che permette la comparazione tra tempi che cambiano, tra passato, presente e futuro è la nostra mente, il nostro spirito”. Noi, ad esempio, misuriamo il futuro a partire da un atteggiamento della nostra mente, quello dell’attesa: il futuro è più lungo o più corto in base all’attesa. Misuriamo il passato con un altro atteggiamento della mente, la memoria ed il presente con la percezione. Un tempo vissuto in modo sano, presuppone la possibilità da par te delle persone di connettere, in modo concreto, la dimensione del passato, del presente, del futuro. E si declina, pertanto: • nella riscoperta, attraverso i riti, le feste popolari, religiose e non, le tradizioni locali, di ciò che eravamo; • nella valorizzazione di un tempo fruito (e non riempito), in cui si esplica la interiorità della persona nella sua potenzialità. Un tempo che, ar ticolato nella dimensione delle attività lavorative, delle attività del non lavoro (“il tempo del fare” di Heidegger), eviti scissioni spesso insignificanti, esalti la soggettività nella gestione del tempo. In quest’ottica il tempo è sano in quanto “contenitore mentale” di occasioni di contatto con gli altri, con se stessi, contenitore mentale di nuove esperienze personali (progetto “I colori delle stagioni” a pag. 299); • in una articolazione più flessibile dei tempi di lavoro, con forme innovative di ar ticolazione oraria, con legami meno rigidi, ma non precari, tra persone e lavoro (e non posto di lavoro) dove la persona possa scegliere quanto lavorare, quanto evolversi ed essere più padrona della propria professionalità, quanto “fermarsi” in uno stesso posto o progettarsi in altr o; • in un offerta concreta, per realizzare una vera fruizione del proprio tempo, di tempi di funzionamento dei servizi della comunità integrati ai tempi di lavoro (progetto “I tempi della comunità” a pag. 339) Ed infine le relazioni sane. Sono figlie della nostra cultura, dove il cattolicesimo scorre nelle vene e si imprime nella memoria; e da esso si alimenta il culto della famiglia (sia pur oggi minato dai nuovi fenomeni di disgregazione), il culto alla laboriosità, la generosità e la voglia di essere utili (90 associazioni di volontariato dell’alto vicentino sono mirate alla persona). I cambiamenti strutturali inter venuti non hanno risparmiato la nostra cultura e, di riflesso, la rete relazionale. La denatalità è anche nell’Alto Vicentino il segno di una paura ad investire nel futuro, pur avendo un numero di coppie in età 30-40 più elevato della media nazionale. Se vogliamo è “conseguenza di quella società senza padri che ha contraddistinto il secondo novecento, che ha generato una società senza figli. Il rifiuto della paternità è sempre bilaterale: chi rifiuta il padre è destinato a rifiutare anche il figlio, perché spezzando il legame con le origini, non ci si libera dal passato per aprirsi al futuro, ma si interrompe il senso di continuità”. La famiglia è minata da incertezze e crisi di ruolo, scossa da nuove angosce e bassa tolleranza alle difficoltà (il 25% dei matrimoni degli ultimi 10 anni si è sciolto) e alle famiglie tradizionali si affiancano, anche da noi, nuove forme di convivenza o nuove forme di vita singola. I nostri giovani (ricerca IARD 2000) sono più ripiegati in se stessi, concreti, senza grandi ideali, il cui futuro si allunga a volte al prossimo week-end e la cui aspirazione è sposarsi è rimandato dopo i 30 anni. E, spesso anestetizzata sul piano emotivo, una parte non irrilevante (CNR 2001) sceglie l’emozione forte, lo sballo, la dipendenza... L’immigrazione (il 4,5% dell’intera popolazione, il 6% della popolazione minorile) sta mettendo radici: la convivenza con la nostra cultura non si iscrive in una deamicisiana mappa del cuore, non è né idilliaca né facile. È dialettica di linguaggi, di costumi, di cultura, a volte conflittuale, a volte ricca di umanità nell’incrocio tra dif ferenze. Prima subita, con difese a volte 20 Piano di Comunità 2004/2006 regressive, ora l’immigrazione è meglio governata, ordinata, accettata. È una condizione nuova, ancora carica di problemi, ma anche di opportunità per nuove relazioni con le persone che hanno radici nell’Alto Vicentino, con un contesto che cambia. Ed in uno scenario di cambiamenti così significativi, l’invecchiamento può essere vissuto come problema e come risorsa, con le inevitabili implicazioni sul piano relazionale. Nell’Alto Vicentino abbiamo quasi 17 mila persone di età compresa tra i 65-75 anni, persone che, generalmente godono di buona salute, che possono e vogliono sentirsi utili, “mantenersi curiosi” come diceva Schopenhauer: possono essere una memoria attiva ed utile, oggetto di rispetto da parte delle giovani generazioni. Ma anche una potenza creativa di occasioni d’auto aiuto, di sostegno emotivo ad anziani compromessi nel fisico e nello spirito, di sostegno ai propri figli che lavorano nella cura dei nipoti, di trasmissione concreta ai giovani, agli adulti di abilità, di storie, di emozioni che ci aiutano a vivere meglio, in continuità con il passato. Favorire relazioni sane significa “legare insieme”: ciò che “ci vincola e al tempo stesso rende possibile”. Non a caso la relazione di attaccamento vincola il bambino alla madre in un legame di dipendenza, ma al tempo stesso rende possibile il formarsi della sua mente. La relazione con l’altro “ci vincola” e ci arricchisce; ci rimanda ad esperienze che abbiamo vissuto direttamente, ma anche ad esperienze vissute dell’altro. Relazione sana, così, è possibilità: possibilità di sapere ciò che si è vissuto, tramite l’altro. Si può declinare, nella quotidianità: • nella capacità percepita di sentirsi utili, accettati, amati (progetto “Auto Mutuo Aiuto” a pag. 292); • nel far sperimentare ai ragazzi, la percezione della propria efficacia verso l’altro, la capacità di cogliere i limiti e le potenzialità; • nel favorire la dif ferenziazione, dall’interno della coppia, dei ruoli in luogo dell’imitazione e dell’appiattimento sapendo altresì rielaborare in modo maturo la separazione; • nella capacità di aprirsi, con maturità, senza vissuti di onnipotenza all’accoglienza, al sostegno di chi è in difficoltà. Alberto Leoni Direttore dei Servizi Sociali dell’Azienda U.L.SS. n.4 21 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Viviamo in società. Per noi dunque niente è davvero buono se non è buono per la società Voltaire Geologia Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo cambiati Nelson Mandela Geologia L 25 a zona esaminata è un’ampia area nella parte nord-ovest della provincia di Vicenza e rientra nelle cosiddette Prealpi Venete. Queste come altre limitrofe già dalla fine del XVIII secolo hanno rappresentato un fer tile territorio di ricerca e di informazione per numerose branche delle Scienze della Terra. L’estensione del rilievo montuoso e l’ubicazione nell’area prealpina consentono l’af fioramento di molti tipi di rocce sia sedimentarie, che magmatiche e metamorfiche, che ci permettono di descrivere la storia geologica dal Prepermico sino al Miocene e molti episodi della storia dell’uomo. Essenziali allo scopo sono i fossili che si ritrovano abbondanti nelle sopraccitate rocce sedimentarie: fossili di animali per i periodi geologici e “fossili”, intesi come resti di manufatti umani, per la storia dell’uomo. Questa parte tratterà l’aspetto geologico attraverso una raccolta ed analisi sistematica di tutti i dati esistenti e reperibili (riguardanti studi geologici a grande scala, indagini di carattere geotecnico ed idrogeologico: di questi alcuni sono stati messi a disposizione gentilmente dai rispettivi uffici tecnici dei diversi Comuni dell’U.L.SS. 4, altri da altri enti) e un rilievo geologico classico in dettaglio in alcune precise località. Le prime indagini e i primi studi della geologia del Vicentino risalgono molto indietro nel tempo, quando essa non era ancora una scienza riconosciuta, e precisamente al 1765 quando G. Arduino pubblicava nel “Giornale d’Italia” l’articolo «Delle Miniere di allume e di altre scoperte fatte nel Vicentino». Dal punto di vista geologico-stratigrafico 1 la zona si può suddividere in tre unità. Nell’area del torrente Leogra ossia nei dintorni di Schio, di Posina, di Laghi e dell’alta Vallarsa af fiorano le rocce più antiche attribuibili a periodi precedenti il Permiano (225 milioni) fino al Triassico (200 milioni). A nord-est, nell’altipiano di Tonezza, dominano il Giurese (rocce di età comprese tra i 200 e i 65 milioni di anni fa) unitamente alle dolomie del Trias sup. (Triassico superiore), al Biancone ed alla Scaglia Rossa del Cretaceo. La fascia pedemontana infine, che fa da collegamento tra i suddetti rilievi e la pianura, è costituita in prevalenza da rocce dell’era terziaria (Paleogene-Pliocene, 65-2 milioni). Il presente studio considera in particolare ad est i Comuni di Salcedo, Fara Vicentino e Breganze, a sud i Comuni di Villaverla e Malo, ad ovest i Comuni di Monte di Malo, Torrebelvicino, Valli del Pasubio, Posina, Laghi, infine verso nord dobbiamo addentrarci nella Valle del torrente Astico fino a raggiungere i territori di Lastebasse e Pedemonte e il versante sud dell’Altopiano di Asiago. Geologicamente parlando in un’estensione di pochi chilometri è possibile incontrare un elevato numero di litologie, differenti sia per la loro genesi che per l’età di formazione: la natura in questo caso si comporta come un libro aperto dal quale si possono ricavare molte informazioni utili per formulare delle ipotesi sulla vita e sull’ambiente del passato. I geologi hanno ritenuto opportuno suddividere la lunga storia naturale della terra in cinque ere così denominate: • Archeozoica: oltre i 600 milioni di anni fa, • Paleozoica: da 600 a 225/220 milioni di anni fa, • Mesozoica: da 225/200 a 70/65 milioni di anni fa, • Cenozoica: da 70/65 a 2 milioni di anni fa, • Quaternaria: da 2 milioni di anni fa ad oggi. Ogni era è ripartita in periodi ciascuno dei quali è ulteriormente articolato in epoche. ––––––––– 1. La stratigrafia è la successione cronologica delle rocce della crosta terrestre. 26 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Tabella 01 Colonna stratigrafica generale Era Periodo Quaternario Epoca Pleistocene Cenozoico o Terziario Età (milioni di anni) Olecene Neogene 2 Pliocene Miocene Paleogene Oligocene 25 Eocene Mesozoico Cretaceo Superiore 65 Inferiore Giurassico Superiore Medio 140 Inferiore Triassico Paleozoico Superiore Medio 200 Inferiore 240 Permiano Carbonifero 280 Superiore 320 Inferiore 360 Devoniano 410 Siluriano 440 Ordoviciano 510 Cambriano Proterozoico Archeano Archeozoico Algonchiano 570 2.500 4.600 Tipologia di rocce Le rocce sono aggregati di minerali tenuti insieme da forze che conferiscono loro elevate proprietà meccaniche. La varietà dei minerali presenti, il loro sviluppo, la disposizione nello spazio dipende essenzialmente dall’origine di ciascun tipo di roccia ed è per questo motivo che la classificazione delle rocce segue in primo luogo un criterio genetico. Si dividono quindi in tre grandi gruppi: • rocce vulcaniche: hanno origine magmatica e si possono ulteriormente suddividere in effusive (se hanno avuto spinta sufficiente e sono fuoriuscite dall’inter no della Terra) ed intrusive (quando si sono raffreddate in profondità). • rocce sedimentarie : sono il risultato dell’accumulo di sedimenti (polveri, granelli, pezzi di guscio, ecc.) depositatisi in bacini più o meno estesi e che si sono lentamente e progressivamente compattati per effetto del peso dei sedimenti sovrastanti. • rocce metamorfiche: risultano da una trasformazione di rocce vulcaniche o sedimentarie. Il “metamor fismo” in particolari condizioni di pressione e temperatura provoca cambiamenti sia del chimismo che della str uttura della roccia cosicché non sempre dalle nuove caratteristiche è possibile risalire al litotipo originario. L’indagine è spesso ostacolata dal fatto che nel cambiamento sono coinvolti fluidi che cancellano (aspor tando e cambinando con nuovi elementi chimici) le informazioni originarie (fossili compresi) e movimenti tettonici molto violenti che favoriscono la migrazione dei fluidi Geologia 27 anche in zone molto lontane da quelle naturalmente coinvolte. I nomi delle litologie oltre ad indicare il litotipo possono derivare dalla denominazione della località geografica nella quale la roccia è stata studiata per la prima volta. È provato che l’intera zona ha subito nel corso dei milioni di anni un numero elevato di regressioni e trasgressioni cioè movimenti del livello marino in rapporto alle terre emerse. Con la regressione non è solo il mare che si “ritira” lasciando emergere le terre, ma delle concause provocano un contestuale innalzamento delle terre e quindi un aumento della superficie aerea. Lo stesso dicasi in caso di trasgressione dove l’avanzamento del mare è accompagnato dall’af fossamento (per cause anche tettoniche) delle terre con un aumento, in questo caso, della superficie marina complessiva. I fossili Sono la prova delle forme di vita animale e vegetale del passato. Sono i resti degli esseri viventi che per una serie di circostante for tuite e per effetto di un fenomeno molto delicato e raro si sono conser vati per arrivare fino ai nostri giorni in condizioni tali da potere essere studiati. Le probabilità che un organismo si conser vi diventando fossile sono molto basse poiché devono innanzitutto concorrere una serie di fattori che ne impediscano la decomposizione salvo poi dopo milioni di anni non essere distrutto dall’azione umana nelle attività di escavazione o di ricerca non autorizzata. Figura 1 Mappa geologica schematica delle rocce nel Veneto Fonte: De Vecchi G., Sedea R., 1995. Modificato 28 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Figura 2 Contatto tra rocce lungo il fiume Astico (riva destra del fiume in località Pra Narpollo), vulcanico in basso e sedimentarie in alto. Da notare l’andamento irregolare della superficie di deposizione del primo stato sedimentario Un fossile rivela l’ambiente in cui è vissuto: ad esempio se troviamo un pesce tipico delle acque poco profonde possiamo ipotizzare l’esistenza di una costa o un bacino chiuso. Inoltre il ritrovamento di uno stesso fossile in zone geografiche oggi distanti o in litologie dif ferenti permette di correlare le une alle altre ipotizzando una antica vicinanza e, nel secondo caso, la stessa età. Descrizione litologica e paleogeografia I rilievi che costituiscono il paesaggio della zona appartengono ad un più ampio settore strutturale conosciuto con il nome di Alpi Meridionali. Queste ultime sono separate dal corpo principale della catena alpina dalla Linea Insubrica, una faglia 2 lunga molte centinaia di chilometri, dir etta principalmente da est verso ovest, lungo la quale sono avvenuti importanti movimenti sia in senso orizzontale che in senso verticale (vedi figura 2). Un’altra importante differenza tra le Alpi Meridionali e le unità poste a nord è data dal senso, per lo meno apparente, di traspor to tettonico: mentre nelle unità poste a nord le falde si sono mosse verso l’Europa, nelle Alpi Meridionali i sovrascorrimenti 3 sono stati trasportati verso sud, ossia verso il margine africano. ––––––––– 2. Faglia: frattura della massa rocciosa lungo la quale si è verificato un movimento di una parte rispetto all’altra (es. sollevamento-abbassamento). 3. Sovrascorrimento: movimento di masse rocciose che si spostano sopra altri terreni (anche lungo piani di faglia poco inclinati) sotto le spinte dei processi tettonici che danno luogo alla formazione delle catene montuose. Geologia 29 Figura 3 Arenarie della Val Gardena (Valli del Pasubio) Come si è già anticipato è possibile ricostruire l’originario ambiente di formazione leggendo le rocce sotto il profilo della loro genesi. Com’è prassi in ogni descrizione si comincia dalle rocce più antiche non dimenticando che spesso in geologia le rocce più vecchie risultano trasformate per effetto di forti compressioni e stravolgimenti che ne hanno cancellato totalmente o parzialmente l’originaria composizione e struttura. Partendo dalle più antiche formazioni possiamo trovare la Fillade Quarzifera appartenente al basamento cristallino cioè a quella porzione di territorio su cui si sono poi instaurate le altre litologie. Affiora solo nella porzione più ad ovest e in particolare nel Comune di Valli del Pasubio. Questa roccia di età compresa tra il Siluriano e il Carbonifero (425-280 milioni di anni) deriva da antichissime rocce sedimentarie ricche in silice trasformate durante l’orogenesi Ercinica 4 . L’età è stata stabilita solo su base comparativa, è cioè sicuramente precedente ad alcuni sedimenti attribuiti con sicurezza al permiano: età maggiore di 280 milioni di anni. Siamo in un’epoca di grossi cambiamenti sia a livello locale che su scala mondiale: il basamento cristallino infatti è lo stesso su cui poggiano i sedimenti presenti nelle Dolomiti, ma l’area vicentina era sollevata rispetto alla parte più a nord e per questo motivo le effusioni magmatiche dell’epoca non hanno interessato la nostra provincia ma hanno dato origine al Por fido Quarzifero. Dopo una prima fase di riempimento del bacino preesistente l’erosione subaerea cominciò a portare i prodotti stessi formando la nota Arenaria di Val Gardena. Le caratteristiche delle rocce ci indicano un ambiente geografico molto preciso: la prossimità di un bacino, in una zona abbastanza vicina alla costa mentre il colore rosso delle rocce è dovuto oltre che alla loro provenienza (i por fidi sono rossi) anche ad un clima scarso di ossigeno (ambiente ossidante) o desertico. Il periodo di formazione coincide con la genesi della Pangea 5 e con l’apertura del piccolo (per l’epoca) golfo della Tetide. Sopra queste arenarie ritroviamo nella scala stratigrafica la formazione a Bellerophon. Il ––––––––– 4. Orogenesi Ercinica (Paleozoico superiore) è la stessa orogenesi che formò gli Appalachi, gli Urali, le Ardenne, la Foresta Nera. 5. Pangea: termine greco per definire una situazione geografica in cui le terre sono tutte attaccate a formare un unico supercontinente. 30 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? nome è quello di un grosso gasteropode che viveva in condizioni di ipersalinità tipico di una fascia marina poco profonda (es. laguna). Sono rocce sedimentarie, dolomie e gessi, ma di ambiente sommerso per cui si può dedurre che in questo periodo (Permiano superiore) il mare avesse invaso le terre precedentemente emerse. L’ambiente di costa è stato sostituito dalla battigia sommersa dalle acque in maniera non continua: le dolomie e in particolare i gessi si formano per evaporazione dell’acqua marina. I Bellerophon sono stati trovati anche nelle Dolomiti in una roccia più calcarea (ambiente più distante dalla costa, ma con le stesse caratteristiche di salinità). Nei millenni che seguirono il livello del mare subì notevoli variazioni talora scoprendo i fondali talaltra sommergendo le terre. Con questo ambiente e in una fase relativamente tranquilla ci avviciniamo a quello che i geologi hanno ipotizzato essere il limite tra l’era paleozoica e quella mesozoica caratterizzato da una delle più importanti estinzioni biologiche mai avvenute: si stima una mortalità pari all’8090% di tutte le specie viventi, sia marine che terrestri, di cui non è stata tuttora scientificamente dimostrata la causa. Qualcosa nel clima e nella composizione chimica dei mari cambiò e ne sono indizio la scarsità di specie (sia in numero che in quantità) e la comparsa di molluschi lamellibranchi e ostracodi tipici di un ambiente instabile e a bassa salinità. L’era secondaria (Mesozoica) è quindi iniziata, ma questa fase non è molto ben rappresentata nella nostra provincia, mentre è più evidente dove il mare era profondo (dolomiti). Nel vicentino il clima peggiorava provocando una maggior aridità con abbondanti depositi evaporitici (dolomie del Serla). Dopo un primo periodo in cui la Pangea si mantiene integra, nel Trias medio comincia lo smembramento iniziale del supercontinente. Si determinano condizioni di vita molto diverse: aree più o meno emerse risultano intervallate da tratti di mare profondo ove la sedimentazione è variabile sia in senso verticale che orizzontale con enormi differenze anche in zone limitrofe. Per milioni di anni si succedono periodi caldi e secchi (testimoniati dai depositi evaporatici della dolomia) a periodi in cui la piana di marea si trasforma in laguna in cui il sedimento fangoso (calcare a Gracilis) testimonia i frequenti arrivi di materiale dalla terra emersa. Compare una vegetazione a conifere primitive (Voltizia recubariensis di Mas-salongo) che si sviluppa su isolotti o strisce di terra fino a quando il mare avanzando gradualmente non trasforma ancora una volta il paesaggio (calcare di Recoaro). Un importante episodio di regressione marina, che favorì lo smantellamento delle rocce più antiche del basamento cristallino, è testimoniato dai depositi di conglomerato presenti nell’altopiano del Tretto. Successivamente ad esso ripresero le alternanze di regressione e di avanzamento del mare in una serie quasi monotona. Eppure anche in queste successioni si notano delle interessanti particolarità quali per esempio il calcare di Sturia (deposto in un ambiente marino a bassa Figura 4 Strati di dolomia lungo la strada forestale sopra energia e in condizioni asfittiche). Esso la frazione San Donà di Caltrano Geologia 31 Figura 5 Contatto tra la roccia metamorfica (sopra) e la roccia vulcanica (filone riolitico in giacitura quasi orizzontale) lungo la strada che da Valli del Pasubio porta a Passo Xomo Figura 6 Contatto tra la riolite, roccia vulcanica (sulla sinistra) e la roccia sedimentaria (dolomia principale in fondo sulla sinistra) lungo la strada che da Valli del Pasubio porta a Passo Xomo sottostà ad un deposito calcareo analogo (di Monte Spitz), ma formatosi in ambiente d’acqua ricca in ossigeno. Tale situazione continuò per parecchio tempo favorendo la deposizione di un grosso spessore di sedimenti aiutato anche dal fenomeno della subsidenza 6 a cui ebbe seguito uno smantellamento di ampie porzioni di questo deposito originando una super ficie non regolare di alti e bassi che accolse la sedimentazione della formazione pelagica 7 a “Nodosus”. Una successiva fase di emersione (Breccia di Fongara) apre il periodo più sconvolgente della storia geologica triassica per un’ampia fascia geografica della Tetide (incluse le Dolomiti) con la formazione di enormi depositi vulcanici (acidi e basici) che invasero i fondali dei bacini squarciando le piattafor me, e che formarono camini eruttivi di lava e di brecce (Cima Tunche, Cima Bocchese) introducendosi lungo i piani di stratificazione dando vita a corpi subvulcanici (laccolite di Baffelan-Cornetto, nel recoarese) o come nel caso dell’altipiano del Tretto dove queste intrusioni hanno innalzato i terreni sedimentari triassici provocando l’irrigidimento nei confronti dei successivi fenomeni tettonici. Sono le responsabili della mineralizzazione di queste zone. La datazione eseguita su queste magmatiti le fa coeve al fenomeno che originò i complessi intrusivi di Predazzo-Monzoni (circa 220 milioni di anni fa) mentre il chimismo è caratteristico degli archi insulari del Pacifico. Da ciò l’ipotesi che il margine della Tetide avesse un simile aspetto geografico. Nel Trias. superiore (Carnico) le condizioni subaeree degradarono i rilievi delle vulcaniti ladiniche (in alcuni casi anche in maniera totale) producendo materiali detritici di varie dimensioni che favoriscono la graduale transizione al litotipo carbonatico della Dolomia Principale, forse il più imponente deposito della nostra zona. Le condizioni generali molto tranquille, il clima caldo e la bassa batimetria che si instaurarono non furono ideali per la vita animale e vegetale, ma sicuramente eccezionali per la preci––––––––– 6. Subsidenza: movimento di abbassamento continuo o a scosse del fondo di un bacino sedimentario che si accompagna ad un grosso accumulo progressivo di grandi spessori di sedimenti; il fondo si abbassava quel tanto da consentire ai parametri ambientali di rimanere invariati. 7. Formazione pelagica: formazione di mare profondo. 32 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? pitazione costante di materiale carbonatico che, grazie anche alla subsidenza, complessivamente produsse oltre 900 metri di dolomia. Con la Dolomia Principale la regione (e le dolomiti) si giunge al completo livellamento e appiattimento tra le antiche zone di scogliera e di bacino. Il passaggio al Giurese è caratterizzato da una nuova formazione e da un nuovo ambiente marino poco profondo, analogo a quello da cui era interessata l’intera regione veneto-trentina. Questi ambienti erano molto ricchi di vita, con condizioni climatiche molto simili alle attuali aree tropicali: i bassi fondali erano popolati da crinoidi, brachiopodi, gasteropodi e bivalvi (tra cui l’interessantissimo Lithiotis problematica); le aree emerse erano coperte di una folta vegetazione mentre si ha la sostituzione della dolomia con il Calcare Grigio (le aree di af fioramento più vaste si trovano sugli altipiani dei Sette Comuni e di Tonezza). In questa situazione apparentemente tranquilla lo scenario geografico è abbastanza semplice: vi è una zona subacquea profonda poche decine di metri e molto vasta, una specie di barriera verso il mare aper to e verso i rilievi emersi. Un’area con canali di marea, secche, paludi ed isolotti a vegetazione cespugliosa ed arborea, dove trovarono condizioni favorevoli sia gli organismi marini (brachiopodi, echinidi, alghe verdi) sia gli organismi adattati a variazioni batimetriche e di salinità. Quest’ambiente favorevole alla vita consentì anche un’abbondante conser vazione dei resti biologici. Le condizioni, procedendo nella scala stratigrafica, cambiano nuovamente. L’acqua inonda nuovamente le terre partecipando al fenomeno della cosiddetta “oceanizzazione”: sta nascendo il regno delle Ammoniti al quale corrisponde il Rosso Ammonitico 8. Questa fase lunga parecchi milioni di anni con un movimento piuttosto continuo verso condizioni sempre più pelagiche (mare aperto) oltre alla roccia carbonatica del Rosso Ammonitico, origina il Biancone e la Scaglia Rossa. Anch’essi di stampo carbonatico identificano però ambienti più profondi poiché sono costituiti da un calcare finissimo in cui si trovano sia noduli di selce (formatisi durante la diagenesi) che resti organici (verso la sommità si ritrova il famoso Livello Bonarelli) e nel caso della Scaglia Rossa più ossigenato. Successivamente l’oceano che si era aperto a Nord delle Alpi cominciò a chiudersi iniziando l’orogenesi Alpina. I movimenti di deriva della zolla africana verso NW coinvolsero tutte le porzioni di crosta interposte fra essa e l’Europa accompagnati da eruzioni magmatiche. Ci sono prove di ciò sulle nostre montagne a Malo, nella Val d’Astico, e nel Marosticano. Dal punto di vista strutturale l’area è situata a Sud della zona assiale della catena, con elementi tettonici piuttosto semplici fra i quali prevalgono pieghe, pieghe-faglia e pochi ricoprimenti 9 , tutti comunque con vergenza 10 verso la pianura. In questa fase (Paleogene-Oligocene) di chiusura graduale l’ambiente e le specie viventi si modificarono fino ad assumere i caratteri di una zona tropicale. Seguirono periodi di attività magmatica particolarmente intensi nell’Eocene inferiore e medio. La progressiva chiusura intervallata da numerosi episodi di emersione e trasgressione o di riempimento di alcuni bacini ad opera delle eruzioni vulcaniche diede vita, tra l’altro, ai giacimenti di Bolca. Relativamente a questi si ipotizza che la mortalità di massa delle faune marine sia stata determinata dai prodotti tossici di un impor tante evento magmatico in quello che era un arcipelago tropicale. ––––––––– 8. Il Rosso Ammonitico è in realtà suddivisibile in tre unità. 9. Fenomeni geologici di movimentazione di un blocco di roccia alloctono (che proviene da un altro bacino) sopra uno autoctono (formatosi nel bacino dove avviene il movimento). 10. Inclinazione naturale degli strati conseguente anche all’azione tettonica. Geologia 33 Figura 8 Livello Bonarelli, strada per Lusiana Figura 9 Livello Bonarelli, strada per Lusiana Particolare del nodulo di solfuri L’Eocene sup. o Priaboniano rappresentò un periodo di relativa quiete. Il mare avanzò di nuovo e riportò le acque sulle terre emerse formando depositi di tipo costiero (Conglomerato di Grumale e formazione di Priabona: strati a Cerithium diaboli, marne a briozoi, marne e calcareniti a nummuliti, ad echinidi, a molluschi). Spesso queste rocce sono intercalate da strati con caratteri di ambiente salmastro, di palude e di terraferma. In molti punti dei bacini del Chiampo o dell’Agno sono stati estratti da argille e ligniti resti di coccodrilli, di tartarughe terrestri e acquatiche. Le sequenze oligoceniche conservano unità francamente marine, depositi lignitici con faune e flore terrestri e acquee (Monteviale), unità marnose con pesci e piante (Chiavon e Salcedo), sedimenti detritici grossolani di tipo costiero, nonché vulcaniti che spesso hanno avuto un ruolo impor tante nella conservazione dei fossili. I calcari nummulitici del Luteziano, le Marne di Priabona a foraminiferi ed a molluschi dell’Eocene sup., le ligniti fillitiche ed altre unità stratigrafiche offrono prova di condizioni favorevoli alla vita. Le varie fasi delle eruzioni vulcaniche e filoniane si manifestarono in circa 30 milioni di anni e furono par ticolarmente impattanti per tutto il territorio anche se inter valli di quiete suf ficientemente lunghi (sono stati suddivisi in almeno 7 periodi) diedero agli ambienti biologici la possibilità di recuperare ed espandersi (formazione di Salcedo). La distribuzione dei prodotti vulcanici, e dei corrispondenti prodotti di smantellamento, fu delimitata dalla presenza di diverse barriere di origine tettonica (tra le più famose: Faglia di Castelvero, nel veronese e la Linea Schio Vicenza 11 ), che si abbassavano con l’aumentare degli stessi. Tali barriere, quasi tutte a direzione nord-sud, erano attive in diversi periodi così da approfondire in tempi diversi grosse porzioni di territorio: in par ticolare dal Paleocene all’Oligocene l’effetto è andato spostandosi da ovest verso est dove troviamo, in corrispondenza delle colline di Marostica, gli ultimi episodi vulcanici della regione. Il territorio di oggi è il risultato dell’ultima fase orogenetica risalente a circa 25 milioni di anni fa (limite Oligocene-Miocene): è in questo periodo che si sono avute le maggiori emersioni a ––––––––– 11. La faglia Schio-Vicenza ha direzione NW-SE di importanza regionale è caratterizzata da un notevole spostamento orizzontale (1.5-2.0 Km) che si estende verso SE almeno fino ai Colli Euganei e verso NW fino al Trentino. Oltre a queste vengono anche citate nelle colline tra Schio e Bassano la faglia di Valderio e la faglia di Monteferro. 34 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? cui è seguita una trasgressione (nel miocene), e una ripresa dell’innalzamento che è proseguita anche all’inizio del quaternario. Il fondale marino nel Miocene sprofonda lentamente ed è rappresentato da lembi distribuiti tra la Valle dell’Agno e la pianura veneta, lungo la linea tettonica Schio-Vicenza e nelle colline marosticane. Queste condizioni erano tuttavia piuttosto variabili. Le rocce rappresentano un ambiente di scogliera e diventano molto importanti le arenarie (es. di Sant’Urbano), dove si trovano resti di echinidi, molluschi, denti di pesci (tra cui il Carcharodon megalodon, antenato dello squalo bianco), le marne (del Monte Costi), le molasse (di Schio) ove i fossili più rappresentativi sono i pettinidi, altri bivalvi, alcuni echinidi e foraminiferi. Alla fine del Miocene, dopo una breve fase in cui il bacino divenne man mano più profondo, iniziò una opposta fase di regressione marina e l’area Lessinica e Berica fu definitivamente emersa: iniziarono a formarsi, per ef fetto del carsismo, i reticoli idrici all’interno delle formazioni carbonatiche (soprattutto Calcari nummulitici, Calcareniti di Castelgomberto) dando origine a cavità più o meno famose (“Buso della Rana”, la “Grotta della Poscola”, ecc.). I rilievi erano già soggetti all’erosione. Le piogge e i corsi d’acqua portavano verso la costa i detriti fini. Verso la fine del Miocene sarebbe avvenuta la chiusura temporanea del Mediterraneo con conseguente crisi di salinità ed essiccamento rendendolo, con la for te evaporazione esistente, una deserta depressione salata dove i fiumi e i torrenti dell’Italia settentrionale incidono profondi canyon. Nel Pliocene inferiore (circa 5,5 milioni di anni fa) ritorna l’ambiente marino con il crollo della soglia di Gibilterra. Da allora in avanti appaiono più controversi i limiti dei vari piani. Separati ormai i continenti ed emerse quasi tutte le catene montuose attuali, la storia sedimentaria dei diversi bacini cominciò ad evolversi in modo diverso rendendo spesso difficile il riconoscimento di correlazioni precise. Infatti è solo dopo circa due milioni di anni che queste terre emergono definitivamente dalle acque e i materiali che provengono dallo smantellamento della catena alpina por tano al riempimento della Pianura Padana e, nel Veneto, all’avanzamento definitivo della linea costiera verso sud. In età quaternaria l’azione erosiva più o meno marcata delle grandi glaciazioni associata alle deformazioni neotettoniche produrrà l’attuale assetto geomorfologico e paesaggistico. Considerando quindi che il nostro paesaggio si è instaurato poco più di un milione di anni fa, con gli ultimi massicci ritocchi 50-30 mila anni fa, nel corso delle ultime fasi glaciali e fluvioglaciali possiamo immaginare quanto possano essere state diverse le situazioni paleogeografiche in un passato meno recente e come l’attuale equilibrio sia inevitabilmente destinato a mutare nei tempi geologici futuri. Studiando le sezioni di scavo aper te durante la costruzione della ferrovia Rocchette-Arsiero, alla fine dell’Ottocento, il geologo Ar turo Negri osservò ciottoli di rocce (por fidi e gneiss) analoghe a quelle che affiorano nel Tirolo meridionale, ma assenti dalla nostre montagne. Un ghiacciaio, ora scomparso, era l’unico agente in grado di trasportarli fin qui dall’alta valle dell’Adige. Questo ghiacciaio, che transfluiva attraverso la Sella di Carbonare per scender lungo la Val d’Astico, lasciò tracce evidentissime del suo passaggio. La valle a monte di Arsiero ha la caratteristica sezione ad “U”, con pareti verticali e torrenti pensili raccordati al corso principale da cascate temporanee o alvei a forte pendenza. Una volta uscito dal tratto più angusto della valle, la sua grande massa gli permetteva di espandersi nella conca di Arsiero, di sbarrare la Val Posina depositando la collina di San Rocco e di spingersi fino a Cogollo, dove si conservano le morene frontali. Tracce di espansione gla- Geologia 35 Figura 10 Il torrente Astico Vista dal ponte tra Chiuppano e Caltrano Figura 11 La val d’Astico In primo piano il Monte Summano ciale ancora più antiche ora sepolte nei sedimenti della pianura sono stati portate alla luce addirittura a Zanè. Circa diecimila anni fa poco prima che l’umanità uscisse dal Paleolitico il clima mutò con notevole rapidità e le temperature aumentarono progressivamente. Iniziò il periodo complessivamente noto con post-glaciale, nel qual viviamo ancor oggi, che fu caratterizzato da alternanze di periodi più caldi e più freddi, più umidi e più secchi. Soprattutto fu caratterizzato da una progressiva intensificazione del ruolo dell’uomo negli ecosistemi, ruolo che si intrecciò sempre più strettamente coi cambiamenti ambientali diventando un fattore evolutivo che viene spesso sottostimato. Modello sismotettonico La giacitura, cioè una disposizione geometrica nello spazio della successione naturale delle rocce può essere variabile da zona a zona per effetto delle deformazioni che hanno interessato il territorio. Queste sono prodotte da forze che agiscono all’interno della terra e possono far assumere disposizioni molto diverse da quelle originarie tramite delle pieghe o addirittura spostamenti sia in orizzontale che in verticale (fratture o faglie 12 ). Riassumeremo ora le attuali conoscenze e alcune considerazioni generali sul rischio sismico tenendo conto delle relazioni tra geologia e tettonica. In base alla recente normativa del marzo 2003 i comuni del territorio in esame sono inseriti con la classificazione “3”: per le nuove costruzioni è quindi necessario adottare le normative antisismiche previste dal Governo. ––––––––– 12. Pieghe, fratture, faglie. 36 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Nella zona di per se comprendente sia una parte montuosa, una parte collinare e una par te pianeggiante è possibile notare la flessura (o piega a ginocchio plurifagliata 13 a vergenza verso sud) dell’Altopiano di Asiago in direzione est ovest, la faglia Schio-Vicenza, la MaranaPiovene a direzione WSW-ENE e a nord, sebbene sia al di fuori dell’area in questione, la fossa tettonica della Valsugana sviluppata in direzione parallela alla flessura. Nell’orogenesi alpina, i cui effetti si sono evidenziati a cominciare dal Paleogene, le spinte hanno avuto una direzione primaria in senso NW-SE, mentre le rocce sollecitate al massimo da enormi pressioni e da spinte sia laterali che ver ticali, reagirono in vario modo, ora piegandosi fino a coricarsi su un fianco ricoprendo altri sedimenti, ora fratturandosi fino a notevoli profondità. La nascita della catena alpina è una storia complessa e la sequenza dei processi evolutivi può essere schematizzata in tre tappe principali che non vanno intesi come atti separati, ma come una successione continua di eventi ancora non totalmente identificati: dopo una prima subduzione 14 e il sovrapporsi delle diverse litologie (Cretaceo) si ha collisione vera e propria (fine del Cretaceo) mentre successivamente avvengono quelle fasi nelle quali possiamo inserire le diverse strutture deformative presenti nella nostra zona. Per effetto del sollevamento il territorio posto ad ovest della faglia Schio-Vicenza e a nord della linea di Marana venne a trovarsi in condizioni di maggiore elevazione rispetto alle aree circostanti, al punto che affiorano, per effetto anche dell’er osione successiva, le rocce più antiche (filladi). È possibile quindi fare una valutazione della zona individuando alcune aree a comportamento sismico più o meno simile: • ad ovest della linea Schio-Vicenza che risulta essere relativamente tranquilla; • la zona della fascia della faglia Schio-Vicenza è un insieme tuttora attivo e in fase di controllo, ma i ter remoti si riferiscono ad un periodo temporale poco documentato; • la fascia pedemontana Schio-Bassano è caratterizzata dalla grande struttura piegata (vedi nota 13) complicata da numerose faglie trasversali e trascorrenti. In generale l’attività sismica risulta più moderata anche se non sono mancati episodi locali piuttosto violenti (Bassano). Acque minerali Dal punto di vista geologico le sorgenti (sfruttate nella zona di Recoaro già dal 1689) sono localizzate: • tra le formazioni prepermiche importanti (Filladi quarzifere) e le arenarie della Val Gardena; • al contatto tra i filoni por firitici e le formazioni precedenti. ––––––––– 13. Flessura: conosciuta e descritta fin dal secolo scorso come classica piega a ginocchio (De Zigno) la struttura è stata studiata approfonditamente intorno agli anni ’70. A grande scala, la struttura è costituita da due pieghe parallele, una anticlinale a N ed una sinclinale a S con asse ENE-WSW. Il rigetto verticale complessivo è di circa 1600 metri, contro un dislivello di 900 metri. La struttura deformativa più diffusa è una famiglia di fratture ad orientamento NNW-SSE che attraversa tutto il sistema di pieghe maggiori, ma che è evidente soprattutto nei materiali della Unità Carbonatica Inf. Queste fratture segmentano l’intera flessura permettendo così delle deformazioni differenziate in settori attigui. Nella Unità Carbonatica Sup. si hanno invece un’insieme di pieghe. Hanno comunemente forma angolare, da aper te a chiuse e mostrano un tipico assetto a zig-zag. Il tutto è interpretabile come uno scollamento bloccato dai condotti vulcanici. Ad est del Brenta il fronte di questo movimento sovrascorrente sia strutturalmente che stratigraficamente è più alto perché ha avuto una differente storia evolutiva. In alcune zone ha contribuito al parziale rovesciamento degli strati. 14. Fenomeno legato alla subsidenza (vedi nota 7). Geologia 37 All’emergenza sono incolori e limpide e solo dopo qualche tempo, se lasciate all’aria, si intorpidiscono per il fatto che con la diminuzione di pressione i bicarbonati cedono acido carbonico formando di conseguenza carbonati neutri (di ferro, magnesio e calcio) insolubili. Questi carbonati insieme con l’ossido idrato di ferro, formatosi per azione dell’ossigeno dell’atmosfera sul bicarbonato ferroso, precipitano originando un sedimento giallo o rossastro. Morfologia Nell’area le caratteristiche morfologiche impor tanti sono da ricollegare ad alcuni elementi naturali di fondamentale importanza: • la “Flessura Pedemontana” e le altre strutture tettoniche ad essa collegate che condizionano le litologie presenti; • i Torrenti Astico, Leogra e Timonchio che con le loro azioni erosive o di deposito hanno fortemente influenzato gran par te del territorio. Laspetto del paesaggio risulta anche condizionato dalla natura delle litologie presenti. Ove affiorano le rocce del basamento cristallino e le rocce vulcaniche in genere il paesaggio assume forme dolci, con dossi arrotondati e versanti ripidi che contrastano con l’aspetto “dolomitico” delle formazioni calcareo-dolomitiche con creste strette e allungate, pareti ripide e strapiombanti. Le valli ad “U” evidenziano il fondo occupato da terre colluviali mentre le valli a “V” un’erosione concentrata attiva che agisce direttamente nei substrati rocciosi. In tutti i torrenti il forte dislivello esistente tra la testa e la parte nel fondovalle ne marca in maniera accentuata il carattere erosivo per cui la parte iniziale dell’impluvio ha spesso la forma di anfiteatro di erosione. Dove invece il fondovalle diventa meno ripido inizia l’azione di deposito con la creazione di conoidi ampiamente sfruttati per l’insediamento umano. Mineralizzazioni Quasi tutte le mineralizzazioni presenti (minerali metallici e non) sono conseguenti alla intensa attività vulcanica ladinica entro le rocce permo-triassiche determinando una vasta area mineraria con la formazione di depositi metalliferi che per un cer to tempo hanno fatto la fortuna dell’alto vicentino (Val Leogra, ecc.). Sfruttate e conosciute fin dai tempi dei romani hanno avuto un’attività particolarmente intensa sotto la Serenissima ma se non sono più interessanti economicamente sono ancora ricercati per il loro alto valore collezionistico-mineralogico: barite, minerali di ferro, piombo, zinco, manganese, blenda e galena. Giacimenti caoliniti: nella zona del Tretto la posizione stratigrafica e le giaciture sono abbastanza incerte. In tutte le cave di caolino conosciute si è notato la vicinanza alla formazione a Nodosus che a volte sembra essere inglobata nella massa argillosa. Le rocce eruttive a contatto sono porfidi quarziferi, porfiriti plagioclasiche a biotite, por firiti pirosseniche-plagioclasiche, tutte notevolmente alterate in vicinanza delle masse argillose. La genesi è legata a porfiriti feldspatiche che hanno subito processi chimici idrotermali tardivi con alterazione dei feldspati delle rocce acide. Questi depositi sono sempre in relazione a disturbi tettonici 38 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? La successione stratigrafica Vengono descritti brevemente, in ordine cronologico dalla più antica alla più recente, le principali formazioni presenti. • Fillade Quarzifera (pre-Permiano): roccia metamorfica molto laminare, a scaglie, di colore grigio argenteo-verde/marrone, brillante al sole per la presenza di lamine di mica. È anche definita “Pietra Lardaro” (o semplicemente “Lardaro”). • Arenarie della Val Gardena (Permiano sup.). Roccia sedimentaria: arenaria quarzoso feldspatica a stratificazione poco evidente, compatte, usate per ottenere pietre e coti da mole da arrotino (in alcune località è anche chiamato sasso “molaro”). • Formazione a Bellerophon (Permiano sup.). Roccia sedimentaria: dolomie e calcari dolomitici talora cavernosi, grigio più o meno scuro, ben stratificati. In alcuni livelli sono state trovate impronte di rettili. • Dolomia del Serla Inferiore (Anisico inf.-Scitico sup.). Roccia sedimentaria: dolomie giallastre cavernose, grigie o biancastre ben stratificate o laminate. Prive di fossili. • Formazione a Gracilis (Anisico inf.). Roccia sedimentaria: calcari arenacei o marnosi stratificati con “Voltizia recubariensis”, argille e marne sottilmente stratificate di colore grigio cenere con sporadiche intercalazioni di gesso, arenarie di colore grigio ocra, calcari grigio scuro ben stratificati (con fossili). • Calcare di Recoaro (Anisico medio). Roccia sedimentaria: dolomie brune, calcari e calcari marnosi ben stratificati grigio scuro-bluastro e “giallo-bruni” (con fossili). • Conglomerato del Tretto (Anisico medio). Roccia sedimentaria: conglomerati con elementi calcarei ed arenaceo-siltosi, ben arrotondati, matrice calcareo-arenacea giallo-grigio. • Calcare a Sturia (Anisico medio). Roccia sedimentaria: calcari marnosi molto scuri, ben stratificati e a volte nodulari, fetidi alla percussione, con presenza di sottili interstratificazioni siltose giallognole, il nome deriva da un ammonite (“Sturia sansovinii”). • Calcare di M.te Spitz (Anisico sup.). Roccia sedimentaria: calcari dolomitici massicci, bianchi e cristallini, per niente o poco stratificati (ricco in microfossili). • Formazione a Nodosus (Ladinico inf., Anisico sup.): unità eterogenea essendo costituita da rocce sedimentarie (calcari e marne) e vulcanoclastiche (cineriti, tufiti). • Breccia di Fongara: materiale detritico delle ultime due formazioni immerso in una matrice interstiziale rossastra. • Rocce vulcaniche ladiniche: prodotti magmatici da acidi, a basici, sia di ambiente sottomarino che subaereo (associati ai tufi). Forma anche laccoliti e filoni inducendo mineralizzazioni (a solfuri). • Formazione di Raibl (Carnico medio-inf.). Roccia sedimentaria: conglomerato derivante dallo smantellamento delle vulcaniti ladiniche, associato a dolomie con intercalazioni di argilliti ed arenarie rosso-brunastre. • Dolomia principale (Lias inf.-Carnico sup.). Roccia sedimentaria: dolomia ben stratificata, di colore leggermente grigia, rosata o bianca, con fossili (“Megalodon gumberli”), potenza complessiva 800/1000 metri. • Calcari grigi (Lias). Roccia sedimentaria: calcare spesso dolomitizzato 15 al letto e di aspetto saccaroide con colore variabile dal bianco al nocciola chiaro, al tetto sono presenti superfici di dissoluzione e crostoni che delimitano nettamente questa formazione, spessore medio di circa 600 metri • Rosso ammonitici (Dogger sup). Roccia sedimentaria: calcari a grana fine, ben stratificati, per lo più rossi, rosati o bianchi (il colore scompare al passaggio con la formazione sopra- Geologia 39 stante), aspetto nodulare più o meno compatto (i noduli dipendono da vari fattori: la rielaborazione del fango può essere stata la causa scatenante, ma anche gli scarsi apporti di sedimentazione hanno avuto il loro ruolo). • Biancone (Cretaceo). Roccia sedimentaria: calcare finissimo in cui si trovano microscopici gusci di radiolari, foraminiferi e cospicui noduli di selce (formatisi durante la diagenesi). Nella par te superiore (spessore complessivo di circa 350-400 metri) di questi strati calcarei si nota un progressivo aumento delle sostanze organiche, fino alla comparsa di livelli bituminosi (es. Livello Bonarelli), colore variabile dal bianco, al grigio, al rosso, frattura concoide. Alla base di questa formazione è possibile ritrovare delle dissoluzioni parziali del sedimento (stiloliti) e interessanti sono anche le disposizioni lungo le superfici di strato di biossido di manganese (pirolusite) che in seguito al tipico accrescimento dendritico sono spesso scambiate per fossili di piante. • Scaglia Rossa Veneta (Cretaceo sup.). Roccia sedimentaria: calcare a grana fine, marnoso di colore rosa e rossastro con prevalenti letti di selce rossa alla base, da mediamente a sottilmente stratificato (con fossili). • Conglomerato di Grumale. Roccia sedimentaria: ammasso di gusci di molluschi, ciottoli ed argille di alterazione subaerea • Formazione di Priabona (Eocene sup.-Oligocene inf.): successione di conglomerato con ciottoli basaltici, calcareniti, calcari marnosi e arenarie, marne grigiastre a volte a briozoi. Nel settore est (marosticano) assume un carattere più carbonatico (F. di Pradelgiglio, F. di Calvene) e arenaceo (Arenarie di Mor tisa). • Formazione di Salcedo (Oligocene medio): alternanza di depositi di vulcaniti basiche e di rocce sedimentarie quali calcari, marne, arenarie marose e calcareniti. Impor tante è il ritrovamento sporadico di lenti di lignite (Valle del Ponte o a Monte Cavallo) che testimoniano la presenza di ambienti poveri di ossigeno quali paludi con acqua stagnanti. • Filoni terziari (Oligomiocenici): (Altopiano di Tonezza, Tretto) prodotti basaltici filoniani (principalmente nella Dolomia), colore da grigio scuro a nero, alto peso specifico ed una notevole resistenza alla percussione, spesso alterati o addirittura argillificati. • Calcarenite di Castelgomber to. Roccia sedimentaria: Calcareniti arenacee e arenarie marnose di colore variabile dal bianco-giallognolo al giallastro (con fossili). • Arenarie di San Urbano. Roccia sedimentaria: arenarie e marne grigiastre e/o giallastre (con fossili). • Detriti fluvioglaciali: terreni alluvionali misti a matrice ar gillosa con sporadiche lenti e livelletti di argilla (Santorso). • Depositi morenici: si tratta di depositi legati alle ultima glaciazione (wurmiana). Sono costituiti da ciottoli di varie dimensioni e natura immersi in maniera caotica e non classata in una ––––––––– 15. Dolomitizzazione: in molti affioramenti la serie normale Calcare Grigio/Rosso Ammonitico/Biancone può essere sostituita da una breccia calcareo-dolomitica. Si tratta di un complesso eterogeneo costituito da brecce con elementi delle tre formazioni, cementati da calcare saccaroide. La dolomitizzazione è controllata da par ticolari condizioni geochimiche ed idrologiche. Le prime (un alto rapporto Mg/Ca e/o condizioni solfato-riducenti) sono ottenute sia in ambiente marino di acque profonde che in sedimenti marini profondi. Le seconde che favoriscono la stabilirsi di queste condizioni includono l’evaporitizzazione e il flusso di correnti interstiziali indotto da attività idrotermale (le elevate temperature facilitano ed accelerano la reazione). Osser vazioni di campagna mostrano che la roccia dolomitizzata è brecciata precedentemente alla dolomitizzazione e la dolomite stessa non è disturbata. È importante notare come questa formazione si accompagni spesso a linee di faglia più o meno evidenti: infatti la tettonica, fratturando i calcari, aprì la strada non solo al magma, ma anche alla circolazione di fluidi dolomitizzanti. 40 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? matrice argilloso-sabbiosa (Val d’Astico). • Deposito alluvionale eterogeneo (ghiaia). Roccia sedimentaria: deposito indifferenziato fluviale strutturato in grandi conoidi ghiaiose spesso sovrapposte e interdigitate rilasciate allo sbocco delle vallate montane nel corso degli ultimi milioni di anni, molto vulnerabile all’inquinamento, presente all’interno una falda di tipo freatico che si esaurisce lungo la linea delle risorgive. Figura 12 Roccia sedimentaria, Arenaria Figura 13 Roccia metamor fica, Fillade Figura 14 Arenaria della val Gardena Figura 15 Roccia sedimentaria, Calcare (Biancone) Figura 16 Roccia vulcanica, Basalto con olivina (formazione di Salcedo) Geologia 41 Bibliografia • AA.VV. Bibliografia Geologica d’Italia. C.N.R., Comitato per la Geografia, Geologia e Mineralogia. Venezia, Braga, 1981. • AA.VV. Solo a Vicenza: gli endemismi della provincia. Blended, 1997. • Altissimo et Altri. Processi di inquinamento chimico - industriale delle acque sotterranee nella media e alta pianura veneta. Memorie Sc. Geol. Univ. di Padova, 1995. • Arcaro M., Cocco F. 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Oltre ad un’estesa super ficie pianeggiante essa comprende, a Nord-Ovest e a Nord una larga fascia di rilievi prealpini solcati da profonde valli, e un’ampia zona collinare che, esponendo gran parte della sua superficie a sud, e grazie alla fertilità del suolo, risulta par ticolarmente adatta alle coltivazioni della vite e dell’ulivo, specie vegetali tipicamente mediterranee, la cui presenza testimonia la mitezza climatica caratteristica della parte basale della fascia prealpina del territorio vicentino. Pianura L’attuale paesaggio vegetale della pianura dell’alto vicentino è soprattutto opera dell’uomo, che nel tempo ha trasformato drasticamente il paesaggio planiziale. In base alle descrizioni fatte da autori del passato e ai relitti di flora che ancora si trovano in alcuni ambienti protetti, il paesaggio doveva essere dominato da boschi del tipo querco–carpineti (Roverella, Carpino bianco), nelle aree di risorgiva si trovavano boschi di Ontano e c’erano numerosi Salici lungo i fiumi principali. Purtroppo gli interventi dell’uomo, quali la coltivazione, la selezione delle specie utili, la diffusione involontaria di quelle dannose, la bonifica delle zone umide, l’urbanizzazione e qualsiasi altra attività con fine di vantaggio economico, hanno modificato in maniera radicale l’antico assetto di quest’area, trasformandola in un territorio ad alto insediamento abitativo ed industriale e riducendo l’attività agricola ai soli bisogni familiari. Gli ambienti con caratteri di seminaturalità sono confinati in poche aree, nelle quali non sono consentiti l’urbanizzazione e la messa a coltura. È il caso di alcune limitate zone di risorgiva, come l’oasi di Villaverla. Quest’area si trova nel territorio delle sorgenti di Dueville, anche se amministrativamente fa par te del comune di Villaverla. Dal 1885 l’oasi è stata acquistata dall’AMAG (Azienda Municipale Acqua e Gas) per proteggere i pozzi di captazione al suo interno, che forniscono l’acquedotto di Padova. Con questa gestione, l’area si è trasformata durante il secolo in modo diverso rispetto alle superfici agrarie circostanti. Non essendo necessario sfruttare l’area con attività produttive ed economiche, quasi tutti gli elementi del paesaggio di un tempo si sono conservati. La super ficie totale della zona è di 258.214 mq, di cui soltanto 4 ettari sono in uso agricolo, coltivati per la maggior par te a mais e a soia. Il resto del terreno viene invece gestito a fini naturalistici e ambientali secondo un piano di riqualificazione ambientale, elaborato ed attuato dall’Azienda Regionale Foreste (ARF) della Regione Veneto. Gli elementi paesaggistici rilevanti nell’oasi sono il rimboschimento a prevalenza di Farnia (Quercus peduncolata), pianta di rilevante importanza ecologica, i prati stabili (caratterizzati da due soli sfalci all’anno e dall’assenza di concimazione), il sistema delle siepi ripariali, le piantate di Acero campestre (Acer campestre), le siepi di impianto recente, il reticolo idrografico superficiale e le risorgive. Zona collinare Nel settore collinare le influenze mediterranee sono più marcate rispetto alle Prealpi. Infatti la modesta escursione altitudinale rende praticamente nulli gli effetti della quota: la distribuzione della vegetazione è legata soprattutto a fattori microclimatici o pedologici. Mentre nei 46 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? versanti collinari a Sud il clima consente la coltura della vite e dell’ulivo, nelle aree esposte a Nord con clima freddo e umido predominano i boschi. Dal punto di vista pedologico, l’alternarsi a breve distanza di rocce calcaree e di rocce vulcaniche crea un corrispondente e diversificato mosaico vegetazionale. Le due formazioni collinari più estese sono le Bregonze e i Bassi Lessini vicentini. Le Bregonze Le colline delle Bregonze emergono quasi improvvisamente dalla pianura vicentina con cui confinano a Sud e ad Ovest; a Nord il torrente Astico le separa dalle pendici meridionali dell’Altopiano dei Sette Comuni; ad Est è sempre l’Astico a segnare il confine tra le Bregonze e le vicine colline di Lugo di Vicenza e Fara Vicentino. L’intera area collinare ricopre una super ficie di 17 km2 . Nell’insieme le Bregonze presentano una morfologia dolce; dossi rotondeggianti, privi di qualsiasi asperità; declivi debolmente arcuati che si allargano a ventaglio verso la pianura; vallecole che incidono morbidamente i pendii. In epoca storica era diffuso un bosco mesotermofilo, dove predominavano nettamente le querce, soprattutto il Rovere (Quercus petraea) e la Roverella (Quercus pubescens). L’azione dell’uomo andò ad incidere progressivamente su questa situazione di partenza, sia per il bisogno di legname, sia per fare spazio ai coltivi. I pendii meno erti tra valle e valle, la fascia più bassa a contatto con la pianura e i dossi sommitali furono ridotti a coltura. La preesistente copertura boschiva fu spezzettata e poi relegata negli impluvi vallivi più acclivi e di problematico sfruttamento; in un secondo momento, venne anch’essa sfruttata dall’uomo in quanto forniva un ottimo legname. Figura 17 Borracina Bianca (Sedum Album) Flora 47 Eliminate le querce, le altre essenze quali il Carpino (Ostr ya carpinifolia), il Nocciolo (Corylus avellana) e l’Orniello (Fraxinus ornus) poterono emergere e diventare dominanti; in par ticolare si diffuse il Castagno (Castanea sativa), introdotto dall’uomo per motivi alimentari e per la produzione di legname. La situazione attuale delle Bregonze è di abbandono, in quanto l’esodo agricolo e la diminuzione delle pratiche boschive (taglio e pulizia) ha portato ad una riduzione delle essenze autoctone, favorendo così l’ingresso di specie infestanti, come la Robinia (Robinia pseudoacacia), che ha occupato l’area destinata in passato al Castagno grazie alla sua Figura 18 Primula comune (Primula Vulgaris) resistenza e alla sua frugalità. Anche il Sambuco (Sambucus nigra), che domina il sottobosco, si è propagato velocemente grazie all’abbondante seminazione operata dagli uccelli. Nelle vallette trovano il loro sviluppo il Visone (Clematis vitalba) e l’Edera (Hedera helix), mentre nel sottobosco è il Pungitopo (Ruscus aculeatus) a predominare. Ai margini del bosco si espande il Rovo (Rubus fruticosus), segno evidente dell’attuale abbandono agricolo. Lungo i torrenti abbonda l’Ontano (Alnus glutinosa), che ama la forte umidità, così come i Pioppi (Populus nigra) e i Salici (Salix sp.), piantati dai contadini per consolidare i pendii. Degno di nota è il Gelso (Morus alba, M. nigra), frequente lungo le strade, nei vigneti come tutore, nei confini delle proprietà; le sue foglie un tempo erano indispensabili per la coltura del baco da seta. Una particolarità nelle Bregonze è la quasi totale assenza di alcune specie arboree ed arbustive presenti alle stesse quote nei vicini pendii prealpini; un esempio di queste sono il Bagolaro (Celtis australis) e il Ginepro (Juniperus communis). Sono altresì rare e localizzate sui versanti a Nord lo Scotano (Cotinus coccygria), il Pallon di neve (Viburnum opulus), la Lantana (Viburnum lantana) e specie cespugliose come l’Emero (Coronilla emerus), il Pero corvino (Amelanchier ovalis) e la Genista radiata. Diffuse nel sottobosco alcune Felci, l’Elleboro (Helleborus viridis), l’Occhio di bue (Anemone hepa Figura 19 Dente di cane (Er ythronium DensCanis) tica), la Primula (Primula vulgaris), il Campanellino (Leucojum vernum), il Dente di cane (Er ythronium dens – canis), la Polmonaria (Pulmonaria officinalis). Assente è il Bucaneve (Galanthus nivalis), mentre la Rosa di Natale (Helleborus niger) è localizzata in una ristretta area a oriente di Val Vaccara. Anche il Ciclamino (Cyclamen purpurescens) è raro. Tra le orchidee, discretamente presenti in collina, troviamo l’Elleborina bianca (Cephalanthera longifo lia), l’Orchis morio, l’Orchis militaris (rara) e altre specie ancora. 48 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? La Lessinia Vicentina La Bassa Lessinia Vicentina, rispetto all’area delle Piccole Dolomiti, è di origine molto più recente. Da un punto di vista botanico, i Bassi Lessini fungono da ponte tra il settore più tipicamente prealpino e i Colli Berici. L’altitudine modesta, l’ampiezza delle valli e la natura calcarea sono elementi che determinano caratteristiche ambientali di spiccata termofilia e favorevoli alla sopravvivenza di specie tipicamente mediterranee, come l’Asparago selvatico e varie Orchidee del genere Ophrys. L’ampio fondo delle valli principali, come la Val Leogra, è oggi totalmente urbanizzato e coltivato, mentre un tempo ospitava cenosi forestali igrofile a Salici, Pioppi, Ontani, Olmi, Querce e Frassini. Figura 20 Acero di monte (Acer Pseudoplatanus) Di questo rimane ben poco: qualche esemplare in rari boschetti lungo i corsi d’acqua principali o nelle siepi. Sulle pendici il bosco è ancora ben presente, specie nei versanti meno favorevoli alla coltivazione della vite, alle colture cerealicole e al prato stabile. Su substrato calcareo, soprattutto sulla dorsale dei Monti Castellari tra il Leogra e l’Agno, la formazione forestale più diffusa è l’ostrieto, simile a quello delle altre aree prealpine vicentine. Alle specie principali, l’Orniello e il Carpino nero, si accompagnano poche specie termofile, come la Roverella e il Cerro (Quercus cerris) (che nell’Altopiano Faedo-Casaron può divenire localmente dominante), l’Acero campestre, e solo nei luoghi più caldi il Ciavardello (Sorbus torminalis). Il sottobosco è vario; nelle zone più calde ci sono specie appariscenti come lo Scotano, che spicca per le sue foglie rosse in autunno, e specie rare, come l’Elleboro puzzolente (Helleborus foetidus) (comunissimo nei Bassi Lessini fino a Magrè e a Torrebelvicino) e l’Isopiro (Isopyrum thalictroides), mentre nelle radure si trova il Fior d’Angelo. Sui suoli vulcanici che affiorano in numerosi punti nella dorsale tra il Leogra e l’Agno, o su suoli calcarei acidificati, il bosco di Orniello e Carpino nero è sostituito dal bosco di Castagno. Nel sottobosco del castagneto sono presenti specie di substrato acido, come la Felce aquilina, la Calluna, il Melampiro. Nei fondivalle, nelle doline e nei versanti più freschi alle quote inferiori sono dif fusi i boschi a Carpino bianco, a cui s’accompagnano l’Acero di monte, il Frassino maggiore e l’Ontano nero a bordare i torrentelli, specie igrofile come la Lingua cervina, il Sambuco e la Dentaria a cinque foglie (Cardamine pentaphyllos). Nelle parti più alte dei rilievi collinari trova posto anche la faggeta termofila, in cui il Faggio è spesso accompagnato dal Castagno, dal Carpino nero e dall’Orniello. Il sottobosco è rallegrato da specie ampiamente diffuse, come la Per vinca (Vinca major), il Ciclamino, la Dafne Flora 49 laurina, il Fior di stecco (Limodorum abor tivum) e l’Isopiro. Queste zone un tempo erano coltivate, mentre oggi, a par te i fondivalle, in molti luoghi si curano solo i vigneti, parzialmente i boschi e i prati. Quest’ultimi spesso sono stati da tempo abbandonati, subendo a poco a poco una degradazione e una trasformazione in brometi, cenosi erbacee a Bromo dei prati (Bromus ar vensis) presenti su tutte le pendici delle colline e montagne vicentine. Al Bromo dei prati s’accompagnano l’Artemisia argentata, il Camedrio (Teucrium chamaedr ys), l’Euforbia cipressina (Euphorbia cyparissias) e la Brunella alpina (Prunella alpina). La zona montana L’area montana, assieme a quella collinare, è inserita nel settore prealpino (distretto alpino), ossia in quella fascia di montagne calcaree che sta tra la pianura e l’arco alpino propriamente detto. Da un punto di vista floristico–vegetazionale, il settore prealpino del distretto sanitario di Thiene-Schio è rappresentato dagli Altopiani vicentini (dal Pasubio a quello dei Sette Comuni), dai settori collinari adiacenti e dalle valli prealpine (Leogra-Timonchio, Posina e Laghi, Val d’Astico). Quest’area montana presenta un’elevata diversità floristica, correlata strettamente alla presenza di numerosi macro e microhabitat. La seriazione normale della vegetazione comprende boschi submontani a latifoglie termofile, boschi montani a Faggio (o a Faggio e abeti sugli altopiani), cespuglieti a Pino mugo e pascoli subalpini alle quote più elevate. Le Piccole Dolomiti e il Pasubio Le Piccole Dolomiti sono un insieme di monti compresi tra il Pian delle Fugazze, al confine tra le province di Vicenza e di Trento, e il Passo Per tica, in territorio veronese. Insieme al più famoso e compatto massiccio del Pasubio, delimitato, nel versante vicentino, a sud dalla Valle del Leogra e ad oriente dalla Val Posina, questi monti rappresentano il tratto più “dolomitico” delle nostre Prealpi. Le loro massime elevazioni sono modeste (2.259m di Cima Carega; 2.232m di Cima Palon sul Pasubio), ma a causa delle caratteristiche geologiche risultano aspre e dirupate, con guglie, pinnacoli e creste inter vallati da profondi canaloni, conferendo loro un aspetto decisamente alpino. Il paesaggio vegetale delle valli vicentine nord-occidentali, delle Piccole Dolomiti e del Pasubio è condizionato dal clima (elevata piovosità e rigide temperature invernali), dal for te dislivello (dai 200m s.l.m. dei fondivalle ai 2.200m e più delle cime più alte), dalla pendenza dei versanti, dalla diversità geologica e dalla fortissima antropizzazione del territorio. La componente più vistosa delle quote basse è rappresentata dal bosco, che si presenta con aspetti diversi a seconda della zona. Su substrati silicei si sviluppa il castagneto, oggi ridotto quasi ovunque a ceduo e spesso abbandonato a causa del cancro corticale che ne ha determinato in un secolo la drastica decimazione. Il Castagno è accompagnato da altre specie arboree come Carpino nero, Carpino bianco, Orniello, Acero, Frassino maggiore, Betulla (Betula pubescens), l’esotica Robinia, più raramente la Rovere e il Faggio (Fagus sylvatica). Su substrati calcarei è frequente l’ostrieto o l’orno–ostrieto, un bosco di Carpino nero e Orniello, che nel tempo ha sostituito la cenosi originaria rappresentata da un bosco di quer- 50 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? ce, più esigenti e con minor capacità rigenerativa. Nelle valli secondarie si riscontrano cenosi forestali ben dif ferenti. A ridosso dei torrentelli, dove il terreno è spesso inzuppato d’acqua, il bosco è dominato dall’Ontano nero, assieme al Frassino maggiore, all’Acero di monte e all’Acero campestre; tra le specie erbacee il Farfaraccio (Petasites hybridus), il Cerfoglio irsuto (Chaerophyllum hirsu tum), la Sassifraga a foglie rotonde (Saxifraga rotundifolia). I fianchi delle piccole valli meno incise e meno umide sono ricoperte dal bosco di Carpino bianco. Ad esso s’accompagnano il Frassino maggiore, l’Acero di monte, talvolta il Tasso (Taxus baccata), il Castagno e il Faggio. Attorno alle contrade e ai fondivalle, i boschi sono spesso sostituiti da vegetazioni erbacee. È il prato stabile, sfalciato e concimato, la forma di coltura più diffusa, una cenosi mantenuta esclusivamente dall’uomo e che, con l’abbandono, può essere rapidamente sostituita dai cespugli e dal bosco. La caratterizzano varie graminacee, tra cui l’Avena altissima (Ar rhenatherum elatius), l’Erba mazzolina (Dactylis glomerata), e altr e specie come il Ranuncolo, la Margherita (Leucanthemum vulgare) e il Ginestrino. Verso gli 800-1.000m di quota, gli ostrieti, i castagneti e i carpineti cedono gradatamente il posto alle faggete che, se non fossero state eliminate o di molto ridotte dall’azione dell’uomo, si stenderebbero ininterrotte fino al limite della vegetazione arborea (1.700m s.l.m.). Le faggete delle Piccole Dolomiti e del Pasubio si possono ricondurre a più tipologie in funzione della quota. Sui versanti meridionali più bassi prevale la faggeta termofila, caratterizzata da molte specie frequenti anche nelle fasce inferiori: Carice bianca; orchidee del genere Cephalanthera; Sorbo montano (Sorbus aria); Sorbo degli Uccellatori (Sorbus aucuparia); Acero di monte. A quote più alte, o nei versanti più freschi, domina la faggeta mesofila, caratterizzata dalla presenza di Dentaria, Asplenio verde, il raro Cardo della Carniola. In questo tipo di faggeta doveva sicuramente trovare posto un tempo l’Abete bianco (Abies alba), oggi quasi del tutto scomparso. Figura 22 Particolare dell’acero di monte (Acer Pseudoplatanus) Figura 23 Primula odorosa (Primula Veris) Flora 51 Al di sopra di 1.000m s.l.m., dove si cominciano a trovare numerose malghe, il prato di Avena altissima lascia il posto a quello di Avena bionda, accompagnata da Alchemilla, Nebbia, Achillea millefoglie e numerose altre specie. Questa formazione viene condotta a pascolo e a sfalcio. In eccesso di pascolamento, soprattutto su rocce silicee, il pascolo ad Avena bionda può degradarsi ed essere sostituito dal nardeto, prato caratterizzato da spettacolari fioriture di specie vistose, come l’Arnica (Arnica montana) e la Genziana di Koch (Gentiana acaulis). Sempre a queste quote si possono trovare gli unici ambienti umidi del territorio, rappresentati dalle pozze d’alpeggio e da rare piccole torbiere che possono ospitare specie rare come il Trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata) e l’Erioforo vaginato (Eriophorum vaginatum). Nel piano cuminale, la presenza di pareti verticali e di instabili ghiaioni a quote relativamente moderate rende localmente ancora più basso il limite del bosco. Le piante arboree si spingono sopra i 2.000m s.l.m., ma si tratta di esemplari isolati, spesso mutilati dal vento. Nei canaloni e sui ghiaioni più consolidati il Pino mugo (Pinus mugo) si comporta da pioniere, stabilizzando il suolo. Si tratta di un arbusto prostrato, in grado di sopportare il vento e l’abbondante e prolungata copertura nevosa. Questa conifera è accompagnata da molte specie alpine: Rododendro irsuto, Rododendro ferrugineo e Rododendro nano, Sorbo montano, Rosa alpina e altre. Negli impluvi e nei luoghi riparati, dove la neve rimane più a lungo, il Pino mugo può essere sostituito dall’Ontano verde. Più in alto ancora al Pino mugo si sostituiscono i pascoli. Il più tipico pascolo su terreno calcareo è caratterizzato dalla Sesleria comune e da una ciperacea, la Carice sempreverde. Molte tra le specie più belle e rare della nostra flora trovano ospitalità in questa cenosi: la Primula meravigliosa (Primula spectabilis), l’Erba tora, la Stella alpina (Leontopodium alpi num), l’Anemone narcisico (Anemone narcissiflora). Dove l’eccessiva pendenza o i rigori climatici non permettono lo svilupparsi di una cotica continua, i pascoli presentano un aspetto a gradinata. Anche questi pascoli “a cuscinetto” sono molto ricchi di specie rare e interessanti, come la Rosa di Re Laurino, il Camedrio alpino (Dr yas octopetala), la Nigritella rossa, il Ranuncolo alpestre (Ranunculus alpestris) e molti Salici nani. Anche le rupi e i macereti sono tessere impor tanti del mosaico vegetale delle alte quote. Sulle rupi più assolate, la cenosi dominante è caratterizzata dalla Potentilla caulescente, accompagnata dal Raponzolo di roccia e dal Ranno nano, arbusto strisciante con rami strettamente aderenti alla roccia. In posizioni soleggiate sono comuni la Valeriana delle rocce e la Sassifraga gialla (Saxifraga aizoides), mentre negli stillicidi è facile trovare la Sassifraga autunnale. I macereti sono colonizzati da specie ben diverse, come il Far faraccio dei ghiaioni, l’Aquilegia di Einsele, il Romice, o i più rari Ranuncolo di Séguier, Linaiola alpina, Androsace lattea, Petrocallide. Il Monte Summano e il Novegno Il Monte Summano si erge improvviso dalla pianura vicentina, nonostante la sua modesta altitudine (1.296m s.l.m.). La sua maestosità, che gli valse la denominazione di “summus”, attirò numerosi botanici che qui trovarono concentrata la ricchezza floristica propria di tutte le Prealpi Vicentine. In realtà non vi sono endemismi esclusivi. Le piante qui presenti sono quelle tipiche del mar- 52 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? gine prealpino e gli elementi mediterranei e alpini sono limitati a poche specie. Tuttavia sono molti i fattori che hanno determinato una flora così ricca. Il Summano rappresenta geograficamente l’elemento di chiusura di un margine prealpino che dal Friuli si spinge fino alle montagne vicentine ed ha avuto un ruolo importante per molte migrazioni floristiche avvenute durante le oscillazioni climatiche dell’era quaternaria. La caratteristica fisica che più distingue il Summano dai tratti contigui della catena prealpina è la mancanza assoluta di contraf forti collinari che si frappongono fra la pianura e le pendici meridionali del monte, che s’innalzano direttamente dal piano, con un’esposizione particolarmente calda e soleggiata. Climaticamente opposta è la situazione della cima, isolata e fortemente ventilata, soggetta perciò a rapide evaporazioni con conseguenti repentini e bruschi abbassamenti di temperatura. La coesistenza di condizioni climatiche così estreme in un’area geografica molto limitata costituisce la prima causa della straordinaria ricchezza floristica che ha dato nei secoli al Summano fama europea, eguale forse solo a quella del Monte Baldo. A questa varietà floristica contribuisce quindi l’amplissima varietà ambientale che comprende, in un territorio di modesta estensione, rupi, creste, macereti, coste aride e soleggiate sul versante meridionale, pendii ombrosi e freddi su quello settentrionale, dove le faggete scendono a quote inferiori ai 600m s.l.m. Sui costoni dei versanti meridionali la formazione più comune è un prato arido cespugliato, dominato dalla Sesleria comune e dall’Orniello a portamento cespuglioso. Si tratta di antichi pascoli, abbandonati ormai da tempo, ma incapaci di ridiventare veri e propri boschi a causa dell’aridità del suolo. Questa vegetazione degradata ospita in realtà molte tra le specie più rare del Vicentino: l’Erba perla rupestre (Moltkia suffruticosa) (che vive solamente sulle Prealpi Vicentine e, in Toscana, sulle Alpi Apuane), il Giaggiolo del Cengialto (Iris cengialti), il Lino delle Fate (Stipa pennata), il Narciso (Narcissus radiiflorus), la Frassinella (Dictamnus albus), l’Asfodelo (Asphodelus albus), il Gladiolo palustre, la Ginestra sericea, la Pulsatilla e numerosissime Orchidee. Nelle località pianeggianti, in particolare al Tretto e sopra Velo d’Astico, si rinvengono invece i prati pingui (arrenatereti), caratterizzati dallo spettacolo delle fioriture primaverili: sul verde brillante di Avena altissima spiccano il giallo del Ranuncolo acre (Ranunculus acris), il viola della Salvia dei prati (Salvia pratensis), il bianco della Margherita, il rosso del Trifoglio pratense. Lungo gli impluvi e nelle zone più fresche e riparate il bosco ha ricolonizzato il suolo, mentre nella fascia medio-inferiore e in quella del Faggio i boschi sono stati sapientemente conservati, per poter sfruttare la legna da ardere e il legname da lavoro. Si tratta di cedui che nella fascia inferiore sono dominati dall’Orniello e dal Carpino nero, accompagnati dalla Roverella, con un sottobosco ricco di specie nemorali e che nelle formazioni più rade è invece costituito da un tappeto di specie xerofile e amanti della luce, come la Sesleria comune, il Falso bosso e l’Erica. In alcuni luoghi soleggiati presso Santorso si rinvengono localmente nei boschi di Carpino nero e Orniello dense macchie di Leccio (Quercus ilex), una quercia mediterranea sempreverde, la cui naturale origine non è cer ta, ma rappresenta comunque uno degli elementi più spiccatamente mediterranei della flora del Summano. Il Leccio è ben accompagnato dal più raro Alaterno, arbusto sempreverde rinvenibile nei pressi di Roagna (sopra Santorso). Alle quote superiori, gli ostrieti lasciano raramente il posto alle faggete termofile a Carice bianco. Sono qui molte le specie tipiche dei piani vegetazionali più bassi, come l’Elleborina Flora 53 bianca; nelle radure si possono incontrare la rara Peonia (Paeonia officinalis), l’Adenofora e il Giaggiolo susinario (Iris graminea). Il versante settentrionale del monte si presenta quasi totalmente boscoso. Le pendici più basse, degradanti verso la Val d’Astico, sono ricoperte da un manto forestale a Orniello e Carpino nero, ma non mancano specie esigenti come Faggio, Acero di monte e Frassino maggiore. In alcuni canaloni rivolti sempre sopra la Val d’Astico sopravvive la Betulla pelosa (Betula pubescens), che è un relitto delle foreste che rivestivano il Summano durante le glaciazioni. Quelle del Summano sono le uniche stazioni note per il Vicentino. La fascia immediatamente superiore è limitata dalla natura detritica dei suoli. Qui la vegetazione più frequente è un cespuglieto a Carpino nero e vari arbusti, con abbondante Pino silvestre. Proprio in queste formazioni si possono trovare molte tra le specie rare del Summano, Figura 24 Papavero comune (Papaver Rhoeas) Figura 25 Genziana primaccia (Gentiana Verna) come il Giglio della Carniola. Alle quote più alte, dove le boscaglie dominate a Pino mugo sono poco estese, è ancora la faggeta mesofila a dominare con un sottobosco ricco di Felci, accompagnate dalla Dentaria, dal Farfaraccio e da alcune specie rare, come la Campanula odorosa e il Veratro nero (Veratrum nigrum). Sulle rupi e sui macereti, infine, si possono trovare alcune specie alpine: il Raponzolo di roccia (rinvenuto ad appena 250m s.l.m. allo sbocco della Val d’Astico presso Piovene Rocchette), la Primula meravigliosa, la Bonarota e, rarissima, la Stella alpina. Il Novegno è un sottogruppo montuoso, che rappresenta la naturale prosecuzione del Monte Summano e collega quest’ultimo alle Prealpi Vicentine attraverso il Colletto di Velo. Certamente meno famoso del Summano, il Novegno ha anch’esso un suo fascino: sulle pendici ci sono gli insediamenti umani che hanno trasformato e addolcito i pendii meno ripidi e hanno reso possibili le coltivazioni; ci sono i costoni, ora ricoper ti di boschi quasi impraticabili, ora occupati dai pascoli; c’è la dolce conca sommitale; ci sono, specialmente nel versante nord, coste, precipiti e aree ormai abbandonate da tempo dall’uomo. 54 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? A differenza del Summano, questo gruppo montuoso è separato dalla pianura vicentina da tutta una fascia di rilievi collinari che culminano nei cosiddetti “piani dei Tretti”, punteggiati di contrade talora abbellite da notevoli esempi di architettura rustica, e circondati da boschi di latifoglie tra i più fitti e lussureggianti del Vicentino. Mancano quindi alla vegetazione del Novegno quegli aspetti tipicamente mediterranei che caratterizzano il versante meridionale del Summano, mentre sono accentuate le caratteristiche alpine. Altopiano di Tonezza - Fiorentini L’altopiano di Tonezza si estende su un territorio di 14 km2, tra la Valle dell’Astico che lo delimita ad Est e la Valle del Rio Freddo prima e quella di Posina poi, che lo delimitano rispettivamente ad Ovest. Si tratta di un modesto altopiano sui 1.000–1.500m s.l.m. Le precipitazioni appaiono abbondanti, ma le acque, per il fenomeno del carsismo, vengono immediatamente assorbite, inghiottite e convogliate a valle. Sull’altopiano gran parte delle aree attualmente adibite a pascolo o a prato stabile, o rimboschite a conifere, erano un tempo occupate dalla faggeta, un fitto bosco soprannominato fino al 1500 “selva magna”. Il Faggio è una specie forestale incapace di tollerare escursioni termiche eccessive. Desidera un certo grado di umidità dell’aria e per questo è presente prevalentemente sul bordo meridionale dell’altopiano, nella “fascia delle nebbie”. Nel sottobosco di Faggio si possono trovare varie specie erbacee, quali l’Acetosella (Oxalis acetosella), piccola pianta dai fiori bianchi e delicati; il Nido d’uccello (Neottia nidus – avis), orchidea giallo–bruna; la Genziana asclepiadea (Gentiana asclepiadea), pianta vistosa dai fiori azzurro scuri, e l’Orchidea corallo (Corallorhiza trifida), rara e dal colore bianco–giallognolo. Salendo di quota il Faggio si mescola con l’Abete rosso e il Larice. La faggeta in tempi passati venne sostituita quasi completamente con l’Abete rosso, in quanto specie di più veloce crescita e di maggior valore economico. La densa copertura delle chiome dell’Abete, perdurante tutto l’anno, rende difficile la sopravvivenza delle piante di sottobosco, che tendono a localizzarsi ai margini del bosco o nelle radure: piccoli cespugli di Mir tillo nero (Vaccinium myrtillus); la Sassifraga a foglie rotonde, dai fiori bianchi e maculati; il Limonio (Pirola rotundifolia). In particolari condizioni climatiche si trovano localmente boschi misti di Abete rosso, Faggio, Frassino maggiore, Acero di monte e Larice. Quest’ultimo è una pianta arborea che tende a svilupparsi in boschi radi per la sua forte esigenza di luce e si spinge a quote molto elevate. Durante l’autunno, a differenza delle altre conifere, perde completamente le foglie. Tra le diverse formazioni vegetali vi sono i pascoli montani, che si aprono sui fondivalle pianeggianti e sulle coste più dolci. Le specie più suggestive sono il Croco (Crocus albiflorus), la cui fioritura primaverile tinge i prati di bianco e rosa; le Genziane e il Colchico (Colchicum autumnale). Sempre nei pascoli si possono trovare la Gagea (Gagea fistulosa), dai fiori gialli ed eleganti, presente soprattutto presso le malghe; il Giglio mar tagone (Lilium martagon), pianta vistosa e appetibile per i numerosi caprioli; le orchidee: l’Orchide sambucina (Orchis sambucina), presente in due colorazioni, gialla e porporina; l’Orchide bruciacchiata (Orchis ustulata), con tepali porporino – nerastri e labello bianco maculato; l’Orchide militare (Orchis militaris). In alcuni pascoli a quote più elevate sono presenti le profumatissime Nigritelle. La distribuzione altitudinale del pascolo si arresta verso l’alto a causa dell’eccessiva roccio- Flora Figura 27 Rosa selvatica comune (Rosa Canina) - in inverno 55 Figura 26 Viola del pensiero (Viola Tricolor) sità dei pendii. Qui vive il Pino mugo, che riveste di estesi ed impenetrabili arbusteti le pendici mobili e rocciose della dorsale di Monte Toraro–Monte Campomolon. Il Pino mugo è spesso accompagnato dal Ginepro (Juniperus communis), dall’Erica (Erica carnea), dal Rododendro ferrugineo e da alcune orchidee. Sulle rupi si possono trovare specie di grande interesse: il Raponzolo di roccia (Phyteuma comosum), rifugiatosi durante il Quaternario su stazioni lasciate libere dai ghiacciai; il Rododendro nano (Rhodothamnus chamaecistus); l’Aquilegia di Einsele (Aquilegia einselea na). L’alta e la media Val d’Astico L’Astico nasce in Trentino, in comune di Folgaria, scendendo come un impetuoso ruscello di montagna tra le conifere di Val Orsara e Val Pru. Nel suo primo tratto, il versante destro si presenta eroso ed impervio fino ai 1.400m di quota, per poi allargarsi tra pascoli e conifere fino al soprastante spartiacque Campomolon–Plaut. Numerose sono le valli che vi discendono dal versante destro, mentre sono poche, ma profonde quelle che si aprono sul versante sinistro. Da S. Pietro Valdastico ad Arsiero la valle si rifà stretta con fianchi compatti e ver ticali, ad eccezione dell’ampia e arida Val d’Assa, all’altezza di Pedescala. Tenendosi accostato alle falde del Cengio, l’Astico sbocca nella conca di Arsiero, e la valle, assumendo un orientamento NordOvest–SudEst, s’allarga tra le falde dell’Altopiano di Asiago e il gruppo Summano–Priaforà. Da Arsiero l’Astico prosegue in direzione SudEst, aprendosi una strada tra i basalti delle Bregonze. Per quanto riguarda il clima e, di conseguenza, la vegetazione, si distinguono il tratto dell’Astico a valle di Arsiero, quello a monte di questo comune, e quello degli adiacenti altopiani. Il tratto tra Lugo e Arsiero, ossia la media Val d’Astico, presenta condizioni mor fologiche che favoriscono l’instaurarsi di un clima mite, pur non presentando quegli aspetti submediterranei tipici invece delle falde del Summano o delle colline tra Sarcedo e Marostica. Man mano 56 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? che da Lugo ci si avvicina alla conca di Arsiero il clima tende a divenire più fresco. A nord di Arsiero le temperature s’abbassano per i venti che provengono da Nord e per la scarsa insolazione della vallata angusta e con pendii acclivi. Il clima, oltre la morfologia del territorio, la composizione del suolo, l’altitudine, e, non ultimo, l’intervento umano, influiscono sulla distribuzione delle associazioni vegetali. L’area del castagneto è individuabile in una stretta e discontinua fascia nella parte bassa della valle, fra i 250 e gli 800 m di quota: versante nord delle Bregonze; Monte di Calvene; nelle vallecole più fresche e soleggiate tra le contrade di Velo d’Astico. Il castagno è scarsamente diffuso in quanto il clima della Val d’Astico non è abbastanza mite e il suolo è di natura calcarea. Dove il Castagno scompare, prende il sopravvento il bosco a Carpino nero, sempre accompagnato da Nocciolo, Frassino, Corniolo (Cornus mas), Sanguinello (Cor nus sanguinea), qualche volta dal Farinaccio (Sorbus aria) e dal Viburno. Nelle zone più assolate sono frequenti il Ginepro, il Pero cor vino, il Citiso (Cytisus hirsutus), l’Emero. Frequente anche la Rosa canina e il “Visone”. Nell’area dell’ostrieto non mancano le conifere, che scendono dalle quote superiori. Su entrambi i lati della vallata a monte di Arsiero, notevoli esemplari di Abete rosso (Picea abies), Larice (Larix decidua), Pino silvestre (Pinus sylvestris), Pino nero punteggiano il bosco e scendono fino a lambire la strada statale. La loro presenza si fa maggiore nella parte più alta della valle, a monte del “gomito” di PostaScalzeri (nei pressi di Pedemonte). L’ostrieto sta oggi invadendo quelle aree pascolive di media montagna che negli ultimi anni sono state abbandonate. La fascia sovrastante è caratterizzata dal bosco di Faggio, i cui limiti superiori e inferiori variano a seconda delle condizioni di esposizione, di umidità e di temperatura. Mentre sulle pendici meridionali dell’Altopiano di Asiago il limite inferiore è piuttosto elevato (800 m s.l.m.), nell’anfiteatro di Velo d’Astico, più umido ed esposto a Nord, scende a 500m. A monte di Arsiero il suo limite inferiore medio è sugli 800 m. Raramente si trova la faggeta pura nella Val d’Astico. Infatti al Faggio spesso s’accompagnano l’Acero di monte, il Far faraccio, l’Abete bianco, ma specialmente l’Abete rosso, il Pino silvestre e quello nero. Nell’alta Val d’Astico nel sottobosco della faggeta si ritrovano il Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum), specie nella destra orografica del torrente, dove il maggior innevamento lo protegge dai geli di inizio stagione; l’Erica; il Fior di stecco, che matura in agosto con le sue bacche rosse; il Ciclamino; il Mughetto; l’Orchidea palmata, dalle foglie maculate; la Coronilla, tipica leguminosa dei luoghi assolati; nei siti più umidi si leva tra le erbe la Barba di capra (Aruncus dioicus), dalla caratteristica pannocchia. Pochi esemplari secolari di faggi sono locaFigura 28 Inverno nell’alta Val d’Astico lizzati a monte di Velo d’Astico e sulla Flora 57 destra orografica della valle a monte di Lastebasse. Anche l’Abete bianco, che pure rientrerebbe nella fascia altitudinale del Faggio, è oggi raro, in quanto sostituito nel tempo dall’Abete rosso. Solenni fustaie di Abete bianco si trovano solo in alta Val d’Astico, a monte di Lastebasse. L’Abete rosso si trova in abbondanza a monte di Arsiero, scendendo dai soprastanti altopiani di Tonezza–Fiorentini e di Asiago, fino ad un limite medio di 1200 m, per poi mescolarsi al Faggio. Sulla destra orografica dell’Astico sono presenti nel sottobosco dell’Abete rosso il Mir tillo e dense colonie di Felce maschio. Nelle piccole valli umide, come nei siti degradati si incontra frequentemente il Lampone (Rubus idaeus). Il Pino mugo in Val d’Astico non copre mai vaste aree, tranne sui pendii dello Spizt e di Campomolon (altopiano di Tonezza), dove forma estese colonie. I ghiaieti di fondovalle sono caratterizzati dalla folta presenza di Ontano nero e di Salice (Salix incana). La loro presenza si fa più rada a monte di Lastebasse. Per quanto riguarda i pascoli, essi sono stati ricavati dall’uomo nella fascia dell’Abete rosso o al limite tra questa e la fascia del Faggio, su aree ad altopiano poco inclinate e prospicienti la vallata. Mentre le maggiori aree pascolive si trovano nella parte meridionale dell’Altopiano di Asiago, tra 1200-1300 m di quota (in comune di Lugo - M. Mazze; di Calvene - Busa Fonte; di Caltrano - Serona, Foraoro, Sunio, e piana del Paù); i pascoli in comune di Cogollo (verso il Paù e sul Cengio) versano in uno stato di abbandono. Sulla destra orografica dell’Astico, sono rinomate le aree pascolive di Val delle Lanze (in comune di Lastebasse). Oggi si assiste generalmente ad una contrazione delle zone a pascolo a vantaggio del bosco. Le valli di Posina e Laghi Le valli di Posina e di Laghi sono racchiuse in un ampio bacino di montagne. Queste due valli, che costituiscono il sottobacino di quello più grande della Val d’Astico, presentano un numero elevato di vallette secondarie. La catena che dal Summano al M. Priaforà e al Novegno s’innesta al Massiccio del Pasubio, crea una barriera all’aria ricca d’umidità proveniente dall’Adriatico. In tal modo queste valli prealpine interne sono caratterizzate da piovosità molto marcata; da cui si spiega l’angustia dei luoghi e il numero elevato di ruscelli e torrenti. Grazie alla presenza abbondante dell’acqua il manto vegetale è molto ricco. Un tempo queste valli erano ricoperte da boschi che avevano una duplice funzione: rinsaldante dei pendii e bacino di produzione di legname. A causa di questo e dell’azione distruttiva della Grande Guerra si è verificato nel tempo un depauperamento del patrimonio boschivo. L’abbandono delle montagne, la scoperta di nuovi combustibili e una maggior coscienza ambientale hanno portato nel tempo ad un ripopolamento, che però non riguarda esclusivamente le specie presenti nel passato. Il Carpino e il Faggio predominano in molti versanti. Si incontrano raramente piccoli boschi di Castagno, il Sorbo e il Pino, la Robinia, il Ciliegio selvatico e radi Pecci , vicino ai numerosi baiti. Lungo i sentieri del fondovalle si trovano lunghi filari di Noccioli o di Cornioli dai frutti rossi, coltivati un tempo per il loro legno duro con cui si costr uivano i denti degli ingranaggi dei mulini. 58 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Ai margini dei prati, in posizione soleggiata, si trovano il Ginepro, il Pero cor vino, il Biancospino (Crataegus monogyna), il Ligustro (Ligustrum vulgare), il Rovo, mentre sono pressochè assenti lo Scotano, così comune in Val d’Astico, e la Roverella. Lungo i numerosi ruscelli è ospitata una grande varietà di piante idrofile: dense popolazioni di Petasite (Petasites hybridus) e di Calta palustre (Caltha palustris) accompagnano piante di Ontano e di Salici. Ai bordi dei sentieri si può incontrare la profumata e velenosa Dafne (Daphne mezereum). Crescono nei boschi, tra i rami e i fusti, le liane della Clematide e l’Edera; nelle aree meno battute grandi macchie di Ribes delle rocce; vicino alle malghe dense popolazioni dell’infestante Ortica e dello Spinacio selvatico (Chenopodium bonus – henricus). Nelle valli molto umide, sulle pietre e negli anfratti si trovano la Lingua di cervo, la Felce, il Capelvenere e la Ruta muraria. Sempre in zone umide ci sono l’Aquilegia, la Parnassia (Par nassia palustris), il Mughetto (Convallaria majalis), e la rara Scarpetta della Madonna (Cypripedium cal ceolus). Le Genziane sono presenti ovunque: G. Figura 29 Paesaggi montani della Val Posina Figura 21 Contrada in Val Posina Flora 59 Figura 30 Dafne Mezereo (Daphne Mezereum) acaulis, G. asclepiadea, G. lutea. Nel sottobosco della faggeta si possono ammirare l’Occhio di bue, l’Anemone nemorosa, la Pulsatilla, i bellissimi Giglio martagone e Giglio tigrino; nei prati e pascoli, invece, compaiono a primavera i Crochi, la Soldanella, e in estate il raro Giglio di S. Giovanni (Lillium bulbiferum), l’infestante Veratro (Veratrum album) e le Orchidee (Nigritella nigra, Orchis sambucina). Tra le rocce calcaree spiccano i ciuffi verdi dell’Alchemilla alpina, il fiore inconfondibile del Raponzolo di roccia, la Potentilla (Potentilla caulescens), la Bonarota (Pederota bonarota), la Sassifraga di Host (Sassifraga hostii). Figura 31 Parnassia (Parnassia Palustre) Figura 32 Anemone bianca (Anemone Nemorosa) 60 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Bibliografia • 1972 - Proposta per un Parco del Pasubio e delle Piccole Dolomiti. A cura del Comitato Promotore, sotto gli auspici dell’Ente Provinciale per il Turismo di Vicenza. • 1987 - Agricoltura e paesaggio agrario. 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Anche la loro evoluzione storica presenta molti punti di contatto fin dalle età più antiche, quando il territorio alto-vicentino veniva solcato da vari torrenti che scendevano dalle vallate prealpine, quali il Timonchio con il Leogra, l’Igna, il Laverda e più di tutti il più imponente Astico: non ancora incanalati entro dei loro precisi alvei sicuri, essi vagavano per la nostra pianura ancora acquitrinosa e quasi tutta inabitabile. Solo le zone collinari ed i fianchi delle vallate potevano offrire allora un facile rifugio agli abitanti preistorici, i quali sovente si avventuravano in cerca di selvaggina nella pianura sottostante boscosa e paludosa, ma popolata da una ricca fauna che comprendeva allora, oltre al capriolo, anche i cervi. Popolazioni pre-romane Le colline da Costabissara a Isola, Malo, S. Vito, Magré, Santorso, Piovene rocchette, ed il colle di Montecchio Precalcino erano allora cosparsi di grotte, alcune delle quali ci hanno conservato qualche reperto di vari millenni addietro, e nella Val d’Assa i graffiti rupestri ci testimoniano anche un desiderio di tramandare alle generazioni future le storie, la cultura, la letteratura e l’arte di quelle epoche così remote. Il primo popolo che troviamo insediato nella nostra zona, come però in gran parte del territorio pianeggiante veneto, è quello degli Euganei, che erano prevalentemente cacciatori e praticavano il rito di seppellire i loro defunti in posizione rannicchiata. Una traccia della loro presenza sembra rimanere nel nome di alcune vallate che parrebbe derivare da vallis euganea: la Valsugana da Bassano a Trento, e la Valugana fra le colline alle spalle di Isola Vicentina 1 ; ma resti archeologici a loro appar tenenti sono stati rinvenuti numerosi anche nella zona di Schio 2 . Verso il XIII-XII secolo a.C. gli Euganei furono sopraffatti e risospinti verso i monti, dove però sopravvissero fino a dopo l’epoca romana, e dalle loro postazioni impervie scendevano spesso a far bottino nella pianura, tanto che Roma dovrà più volte inviare delle legioni per tentar di contenere le loro scorrerie. Il nuovo popolo che si stanzia nella pianura, secondo le antichissime leggende, che però sembrano aver trovato anche un cer to riscontro storico, proviene dall’Asia Minore, dove avrebbe partecipato come alleato alla difesa di Troia, e in seguito alla caduta della città avrebbe perduta la sua antica patria. Sono i Veneti, o, per distinguerli da noi, i Paleoveneti, cioè i Veneti antichi. Essi abitavano in precedenza la Paflagonia, sulle sponde del Bosforo, e furono costretti alla ricerca di una nuova più sicura destinazione. Sbarcati nel golfo dell’Adriatico sotto la guida di Antenore, occuparono progressivamente tutta la zona pianeggiante fra il Po, il Mincio ed il Garda da una par te e il Livenza dall’altra, dando vita a vari centri urbani quali Padova, Este, Vicenza, ma anche a tanti più piccoli centri rurali quali Magrè, Santorso, Montecchio Precalcino, Novoledo, Angarano, ecc. Il periodo più splendido della loro civiltà, influenzata indubbiamente da quella etrusca, retica e illirica, va dal VII al IV secolo a.C., e i musei archeologici di Padova ed Este documentano in modo sicuro la raf finatezza da essi raggiunta. Essi erano anche noti nell’antichità in tutto ––––––––– 1. Altri studiosi, però, ritengono che il nome derivi da “vallis lucana”, cioè “valle boscosa”. 2. Ne dà testimonianza G. Mantese in “Storia di Schio”, Cittadella, 1977, p. 39-46. 64 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Figura 33 Amigdale e punte di freccia in selce del Neolitico, rinvenute a Novoledo il bacino del Mediterraneo come allevatori di cavalli, che espor tavano dovunque, specialmente nella Magna Grecia. Lo storico greco Erodoto attribuisce ai Veneti un particolare modo per maritare le figlie: il padre le cedeva al miglior of ferente. Così le più belle avevano tanti pretendenti e venivano subito sistemate; ma gli rimanevano le meno belle. Allora il padre stesso dava un compenso a chi se le prendeva. I Romani Venuti a contatto con la civiltà romana, i Veneti non furono mai sottomessi da Roma, ma aderirono spontaneamente all’impero, assorbendo lentamente sempre più ampi elementi di quella cultura, pur senza mai perdere totalmente la propria identità di popolo autonomo. Ottenuto il diritto latino nell’89 a.C. e la cittadinanza romana nel 49 a.C., i Veneti furono sempre fedeli alleati di Roma, a cui fornirono soldati specie nelle guerre puniche e soprattutto contro Annibale, quando invece i Galli Cenomani, che abitavano oltre l’Adige ed erano fieri avversari dei Veneti, si sono subito schierati a fianco del cartaginese. A quell’epoca l’alto-vicentino, in parte già bonificato dalle precedenti paludi, delle quali però rimarranno tracce fino a oltre il medioevo, presentava un’agricoltura assai fiorente, con la coltivazione, oltre che dei cereali, anche di alberi da frutto e da legname, dei quali ancora rimane traccia nella attuale toponomastica: Maladum=Malo (piantagione di meli), Novelletum=Novoledo (piantagione di giovani viti), Roveredum=Roveredo, poi dal 1200 Villaverla (zona coltivata a roveri, querce). Salicetum=Sarcedo e Salcedo (zona dei salici), Populetum=Poleo (zona di pioppi), Fagetum=Faedo (zona di faggi). Vi era notevolmente diffusa anche la pastorizia che sfruttava sia i prati di pianura, sia specialmente le vallate prealpine ricche di pascoli, fino ad Arsiero, Laghi e tutta la vallata dell’Astico. Anche la lavorazione artigianale dell’argilla doveva avere un suo mercato abbastanza fiorente, vista la larga diffusione in tutto l’alto vicentino, da Novoledo a Carrè, a Santorso, dei laterizi con il bollo delle fornaci di Tito Dellio Sereno, di Ser vilia, e della famiglia di Quinto Curio, attive fino ai primi secoli dell’era cristiana 3. L’unitarietà del territorio altovicentino viene sottolineata e quasi uf ficializzata nella seconda Storia 65 metà del primo secolo a.C. con l’istituzione di una grande centuriazione di iniziativa probabilmente augustea, quando tutto il nostro territorio viene solcato da strade spaziose e rettilinee (cardi e decumani) e suddiviso in tanti lotti agricoli, dati in ricompensa agli ex soldati al termine del loro servizio militare. L’ampia zona di pianura che, avendo come limite sud il tracciato che va da Dueville per Caldogno e Favrega fino ad Ignago, e si spinge a nord fino alle falde delle colline lungo la linea che da Chiuppano per Piovene rocchette e Santorso giunge a Schio, venne occupata da soldati romani e latini che presero possesso del suolo e fondarono numerosi vici, o piccoli villaggi agricoli, alcuni dei quali sembrano conservare il nome dei loro assegnatari, come Thiene, da fundus Tillienae, cioè prorietà di Tillius 4 , e Marano, da fundus marianus, podere di Marius 5 . Ma alcuni di questi, specialmente i due situati nelle posizioni più vitali e strategiche, quali Schio e Thiene, diventeranno nel corso dei secoli di sempre più consistente importanza ed i centri più rappresentativi di tutta la nosatra zona. Questa centuriazione sarà collegata a sud e ad est con la via Postumia, la più importante strada consolare dell’alta Italia, che andava da Aquileia a Genova passando anche per Vicenza, ed era stata costruita dal console Spurio Postumio Albino nel 148 a. C. Figura 34 Frammenti di embrici delle fornaci di Tito Delio Sereno e di Quinto Curio, del I secolo d.C., rinvenuti a Carrè e a Novoledo ––––––––– 3. Nel suo volume “Sulle Rive dell’Astico”, Chiuppano, 1958, Francesco Rando alle pagine 77-84 fa un elenco dei reperti romani rinvenuti nel nostro territorio. Noi sintetizziamo le sue affermazioni paese per paese: «Calvene: monete; Lugo: lapide; Schio: monumento funebre a Caio Vario Prisco, sepolcreto romano con iscrizione, tegole romane; Magrè: idoletti di bronzo, monete; Santorso: monete repubblicane e dell’impero, statue in bronzo, anfore, macine, fondamenta di un edificio, oggetti di uso comune; Valli: gruppi di monete; Tretto: monete del III secolo; Pievebelvicino: patena di bronzo con il dio Priapo; Carrè: ceramiche, ossuari, monete; Monte Sumano: monete; Piovene: lapide funeraria di Papiria Massima, monete repubblicane e imperiali; Breganze: monete; Molina: tombe del I e II secolo; Marano: tombe a cremazione; Malo: mosaico pavimentale di epoca imperiale; Isola Vicentina: due iscrizioni (di Marco Salonio e Quinto Clodio Nigro)». 4. Vedi A. Benetti in Thiene: la Centuriazione, la Fratta. Verona, 1974. p. 15. 5. Questa centuriazione è stata studiata da A. Benetti nell’opera citata alla nota n.4, e nell’opuscolo La Parrocchia di S. Giovanni Battista in Caldogno. 1972. 66 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Le invasioni barbariche Il periodo delle invasioni barbariche, penetrate in Italia quasi tutte da oriente seguendo il percorso della via Postumia, interesserà direttamente anche il nostro territorio, sul quale vediamo abbattersi Quadi, Marcomanni, Visigoti, Unni, Vandali, Alani, Eruli, Ostrogoti, tutti saccheggiando ripetutamente le nostre campagne e depredando i piccoli villaggi ma specialmente le prime chiese che lentamente erano sorte o andavano sorgendo nelle nostre borgate con il diffondersi del Cristianesimo, specialmente a partire dagli inizi del IV secolo d.C. Figura 35 La centuriazione dell’Alto Vicentino Fonte: Aldo Benetti, La parrocchia di S. Giovanni Battista in Caldogno. Vicenza, 1972 Storia 67 Sembra, anzi, che coincida con il momento delle invasioni barbariche il periodo della maggiore dif fusione della nuova fede nelle nostre zone; ed anche se si fa risalire ad epoche precedenti un primo impulso con la predicazione nell’alto-vicentino di San Prosdocimo, è dal IVV secolo che inizia una organizzazione religiosa vera e propria, con il sorgere delle prime pievi pagensi, dislocate nei punti più significativi della precedente centuriazione, da SchioPievebelvicino, a Caltrano, a Marano e Thiene, a Favrega e Dueville: all’una o all’altra di queste saranno poi collegate tutte le altre cappelle che via via sorgeranno nel nostro territorio nel corso dei secoli, e anche quelle dell’altipiano, che fino al secolo IX era inserito nella organizzarione religiosa che faceva capo a Vicenza. Longobardi e Franchi Il 568 d.C. segna un altro momento cruciale nella nostra storia, per l’arrivo in Italia dei Longobardi guidati dal loro re Alboino: per circa duecento anni essi faranno da padroni incontrastati, insediandosi a piccoli gruppi nei punti più strategici specie delle precedenti vie di comunicazione, in modo da poter controllare tutto il territorio. Abbiamo così delle fare, cioè degli insediamenti militari, a Dueville, Caldogno, Schio, Thiene, Fara Vicentino (che sembra da questo derivare il suo nome), ma tracce della loro presenza si trovano anche a Malo ed in vari altri centri rurali. Distrutta o asservita la precedente aristocrazia locale, tutti i poteri vennero allora esercitati dal duca (32 in tutta Italia e uno anche a Vicenza) che in pratica era un piccolo re nel suo ducato; ed il duca di Vicenza ebbe anche una speciale giurisdizione su alcuni castelli dell’alto-vicentino, fra cui in particolare quello di Schio, punto nevralgico e di controllo della strada che per il Pasubio immetteva nelle valli trentine. Essi, non cattolici ma ariani, si costruiranno dei loro separati luoghi di culto, dedicati per lo più a S. Giorgio, a S. Mar tino, o all’arcangelo S. Michele, santi generalmente raf figurati in vesti guerriere, e domineranno sulla popolazione precedente ridotta allo stato di servi della gleba, richiedendo la consegna di un terzo dei prodotti agricoli per proprio sostentamento, mentre essi si dedicavano esclusivamente all’ar te della guerra e alle imprese militari. La loro conversione al cattolicesimo con la regina Teodolinda avvicinerà un po’ i modi di vita dei due popoli, riducendo la distanza che prima separava i vincitori dai vinti. Bisogna sottolineare che per quest’epoca e per tutto il lungo periodo antecedente al secolo XII mancano per il nostro territorio documenti scritti di qualsiasi specie e possediamo solo qualche reper to archeologico, per cui siamo costretti a ricostruire le vicende che si sono svolte nell’alto-vicentino in quel periodo solamente per analogia con quanto avveniva in località più prestigiose e più ricche di documentazione storica. La sconfitta dei Longobardi da parte dei Franchi nel 774 non farà altro che far mutar padrone alla nostra gente, anche se nel periodo di pace garantito nel primo periodo dell’impero carolingio, notiamo un certo rifiorir e di attività economiche e commerciali e una ripresa delle arti e della cultura. Al posto del duca allora subentrò il conte di investitura imperiale, in pratica con gli stessi poteri; ed il contado di Vicenza sembra sia stato fin dagli inizi affidato ai Maltraversi, una famiglia di origine longobarda passata poi dalla parte dei vincitori. I Benedettini Va sottolineato che è in questo periodo, e più in generale in tutto il secolo VIII e successivi, che vediamo diffondersi e fiorire anche da noi l’attività dei monaci benedettini che, ligi all’in- 68 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? segnamento dell’Ora et Labora impartito dal santo fondatore, si dedicarono ad una vasta opera di bonifica e di riqualificazione agraria del territorio, e sembra sia specialmente frutto della loro attività la cosidettà “rinascita carolingia” che ha caratterizzato la storia europea tra l’VIII e il IX secolo. Essi fondarono nell’alto-vicentino alcuni xenodochi, od ospizi per i pellegrini, che possono considerarsi come i precursori dei nostri attuali ospedali. Di questi ne troviamo almeno due: il primo a Santorso, lungo quella antichissima strada detta “pista dei Veneti” che collegava fin dall’epoca preromana il territorio veronese con quello trevigiano, correndo alle falde delle colline, da Montebello a Montecchio Maggiore, Sovizzo, Creazzo, Costabissara, Isola, Malo, fino a Schio, dove girava per Caltrano, Fara Vicentino, Breganze, Marostica, proseguendo poi oltre Bassano fino al Piave. L’altro, la cui erezione viene attribuita a S. Anselmo, duca longobardo del Friuli, fondatore anche del più noto monastero di Nonantola, costruito verso il 750 a Favrega, al bivio fra le attuali strade 349 per Thiene e 46 per Schio, al limite sud dell’antica centuriazione romana. Ma la presenza dei benedettini si dimostrò molto più estesa nel nostro territorio, tanto che il Mantese, dopo aver parlato della loro presenza nel basso vicentino, afferma che di essi “una seconda colonna, seguendo la pedemontana che dai pressi di S. Felice metteva a Schio, colonizzava la parte montuosa di Costabissara, Castelnuovo, Malo, S. Vito di Leguzzano, Magrè, Pievebelvicino, Torre, Santorso. Risaliva quindi la vallata dell’Astico, dove il privilegio di Rodolfo ricorda beni benedettini nelle località di Cogollo, Mosson, Arsiero. Continuando poi sulla via pedemontana per Chiuppano, Caltrano, Breganze, Mason, Marostica fino ad Angarano” 6 . Un decreto, poi, del vescovo di Vicenza Rodolfo nel 983 riconosceva a loro il possesso di tutte le zone da essi bonificate e degli edifici in esse realizzati. Berengario Le lotte per il potere fra gli ultimi discendenti di Carlo Magno ripor tarono il caos nella nostra zona, e a queste lotte si aggiunsero le scorrerie degli Ungari che, prima di insediarsi stabilmente nella pianura magiara, per oltre un secolo devastarono l’Italia settentrionale e anche tutto l’alto-vicentino. Il re Berengario, sconfitto da loro nel settembre dell’899 presso il Brenta fra Nove e Cartigliano, incapace di difendere la nostra r egione, si affidò allora all’autorità locale di maggior prestigio, e concesse ai vescovi di costruire dei castelli a difesa delle chiese e dei punti più strategici del nostro territorio. Per questo il re donò al vescovo di Vicenza la giurisdizione sulle terre al di qua dell’Astico, e a quello di Padova la zona di Thiene, l’altipiano e le terre tra l’Astico ed il Brenta. I castelli di costruzione vescovile dovevano difendere il territorio dalle incursioni degli Ungari, detti pagani, ma anche dai soprusi malorum Christianorum, cioè dei cattivi cristiani, gli sfruttatori e gli usurpatori spesso identificati con con l’aristocrazia locale, le varie famiglie di conti che un po’ alla volta si erano imposti in ogni singolo paese, esercitandovi ogni potere e strapotere, impegnati più nei propri interessi che nella difesa delle popolazioni deboli ed inermi. Così troviamo i Capra a Carrè, i Muzan a Malo, i Vivaresi a Montecchio Precalcino, i da Marano a Marano, ma anche i Breganze, i Velo, i Piovene, i da Malo, i da San Vito, i Chiuppano, i Caltrano, i Cogollo, i da Lugo, i Sant’Orso, i Grumolo, i Calvene, e poi i da Schio e i Thiene, e tante altre famiglie di conti che traevano il cognome dal paese in cui esercita––––––––– 6. G. Mantese. Memorie Storiche della Chiesa Vicentina. Vicenza, 1952. p. 154-155. Storia 69 vano la loro autorità 7 . Ricevendo queste donazioni i vescovi entreranno decisamente nella vita civile delle borgate a loro affidate, e creeranno una nuova aristocrazia di feudatari di nomina vescovile, talvolta contrapposti ai feudatari imperiali. Quali fossero i mali Christiani lo possiamo ricavare anche da un fatto accaduto nell’alto-vicentino nel 1196: il conte di Vicenza Uguccione si era impadronito di un ricco commerciante genovese che si era recato in pellegrinaggio a S. Marco a Venezia, e lo aveva portato nel suo castello di Meda, chiedendo un riscatto per allora ingentissimo di sedicimila libbre. Alcuni cavalieri vicentini cercarono di riparare all’ingiustizia e presero d’assalto il castello, ma il conte resistette strenuamente, tanto che gli assalitori furono costretti a rinunciare all’impresa. Il malcapitato commerciante ottenne la liberazione solo dopo aver pagato il riscatto 8 . Così, per la difesa contro i nemici esterni e contro gli usurpatori, nel territorio alto-vicentino vediamo sorgere una serie di castelli su cui il vescovo esercita una vera e propria signoria: a Malo, Magrè, Pievebelvicino, Arsiero, Velo, Sarcedo, Montecchio Precalcino, Novoledo, mentre altri luoghi fortificati come Schio, Santorso e Meda continueranno ad appartenere ai conti di Vicenza. Dopo il mille Gli anni che seguirono il mille furono molto travagliati sia per le lotte ad alto livello fra i pretendenti al soglio imperiale, sia nel campo locale per le contese fra i vari signorotti per il possesso dei vari castelli e la giurisdizione sui rispettivi territori. La lotta per le investiture non fece che acuire anche queste contese locali, dove si crearono due fazioni: quella filoimperiale capeggiata dai Maltraversi, conti di Vicenza, e quella vescovile, capeggiata dai Vivaresi. Le cronache vicentine dell’epoca sono infarcite di usurpazioni, assassini, vendette, attentati, rivalità fra famiglie e fazioni, nel corso delle quali caddero vittime anche due vescovi di Vicenza: il beato Cacciafronte nel 1184 e il vescovo Pistore nel 1202. E mentre tutto il nostro territorio veniva sconvolto da queste lotte, si vanno verificando anche altri due fatti di notevole importanza, destinati a segnare il corso degli avvenimenti successivi, e cioè la nascita delle prime organizzazioni comunali, impostesi prima nelle città, ma non molto dopo anche nei centri minori, e ben presto la lotta dei comuni italiani contro l’impero per veder riconosciuta la propria autonomia. Questi fatti coprono la seconda metà del secolo XII, quando vediamo che, ad esempio Thiene, già gode di una sua autonomia amministrativa nel 1166, Carrè poco dopo, prima ancora che Federico Barbarossa, sconfitto appunto dai comuni nel 1176 a Legnano, riconoscesse all’Italia con la pace di Costanza del 1183 la legittimità delle istituzioni comunali. Ma poco dopo, all’inizio del XIII secolo, anche Schio gode di alcune sue prerogative, a scapito del potere dei conti di Vicenza, che però vi eserciteranno ancora un certa loro autorità, restii a perdere i loro privilegi a favore di un potere più democratico. Per questo nelle lotte tra Comuni ed impero molti feudatari si schierarono dalla parte dell’imperatore e tentarono di ostacolare l’imporsi delle autonomie comunali. Comunque nel 1262 già alcune delle nostre borgate figurano nell’elenco dei comuni riconosciuti con propri amministratori. Ma così fra i vari protagonisti delle rivalità e delle contese del XIII e XIV seco––––––––– 7. Un elenco particolareggiato delle famiglie aristocratiche del nostro territorio dei secoli XII e XIII si ha in Battista Paglierino. Croniche di Vicenza. Vicenza, 1663. 8. Vedi G. Mantese. Storia di Schio. p. 187-188. 70 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? lo si vanno inserendo anche questi nuovi contendenti, desiderosi di far rispettare le proprie prerogative. Gli Ezzelini In questo periodo le vicende dell’alto-vicentino sono il riflesso di quanto avviene in Vicenza, dove le fazioni dei Vivaresi e dei conti Maltraversi, ossia dei guelfi e dei ghibellini, ebbero un violento risveglio agli inizi del XIII secolo. Questa situazione favorì l’inserimento fra i contendenti di Ezzelino II da Romano, detto il Monaco, figlio di Ezzelino I il Balbo, che nel 1210, riuscì a farsi consegnare il governo della città. Ritiratosi lui qualche anno dopo nel convento di Oliero, suo figlio Ezzelino III riuscì a farsi eleggere podestà di Verona, e nel 1227 suo fratello Alberico veniva nominato podestà di Vicenza. Decisamente filoimperiali, i Da Romano si accordarono con l’imperatore Federico II e ne favororono e prepararono la discesa in Italia nel 1236. Vicenza cercò di opporsi all’ingresso dell’imperatore, ma venne occupata e data alle fiamme. Si riunì allora una seconda lega dei Comuni, che però venne sconfitta nel 1237 a Cortenuova, lasciando le città dell’Italia settentrionale nelle mani di Federico II. Ezzelino III venne nominato vicario imperiale per la marca trevigiana, che comprendeva da Verona a Vicenza, Treviso, Feltre e Belluno, e da allora spadroneggiò con ogni violenza per oltre vent’anni. In questo periodo non c’è stata borgata in cui il tiranno non si sia impadronito di qualcosa, ottenendo nel 1240 anche i castelli di Schio e Santorso, oltre a molti altri confiscati al Vescovo o ai signorotti locali. Depredando quanto potè, si impadronì dei beni dei comuni, dei monasteri, delle famiglie ricche, e umiliò gli aristocratici sia guelfi che ghibellini, sempre avvalendosi dell’appoggio dell’imperatore. Dominazione padovana Tante malefatte, dopo la mor te di Federico II suscitarono contro Ezzelino una coalizione che lo sconfisse nel 1259 e liberò la regione dalla tirannia. Ma se la mor te del tiranno segnò un momento di liberazione, favorì anche la ripresa delle contese fra guelfi e ghibellini, anche per il recupero dei beni confiscati, e le ostilità degli aristocratici contro il comune. Allora, nel timore che qualche potente avventuriero si impadronisse ancora del potere, la città di Vicenza decise di affidarsi alla “custodia” di Padova perché salvasse e proteggesse la libertà; ma fu un’amara esperienza che in realtà si trasformò in una vera e propria dominazione. Quanti vennero a ragione o a torto sospettati di essere ostili al dominio padovano, se non furono banditi vennero messi a mor te, come Beroardo, signore di Schio e di Santorso, arrestato nel 1290, portato a Padova, e fatto morire sotto le tor ture. Due anni dopo tutti i beni che la sua famiglia possedeva a Tretto, Tonezza, Enna, Leguzzano, Cogollo, Montecchio Precalcino, Thiene, Sarcedo, Bodo e altrove vennero alienati, cioè in pratica confiscati da par te di Padova 9 . Verso la fine del 1292 Giordano da Sarego tentò di vendicare la morte di Beroardo ordendo una congiura per liberare Vicenza da Padova; ma fu scoper ta e lui con i suoi seguaci fu catturato e decapitato assieme a loro a Vicenza. Un’altra congiura fu organizzata poco dopo, guidata da Marcabruno da Vivaro con Guido Bissari e Salomone da Marano, tutti feudatari vescovili. Assieme ad essi si unirono molti altri ––––––––– 9. G. Mantese, ibidem, p. 249. Storia 71 fuorusciti e, uniti, presero contatti con il nuovo re di Germania Enrico VII di Lussemburgo: col suo appoggio posero le basi per liberare Vicenza dai padovani. Nel 1310 Enrico VII veniva incoronato imperatore a Milano, e il nuovo sovrano creava suo Vicario Cangrande della Scala, assieme ai Da Camino di Treviso. L’anno dopo il capo dei fuorusciti vicentini, Sigonfredo Ganzerra, si incontrava a Milano con l’imperatore e Cangrande e concordavano i piani per la liberazione della città. Il 15 aprile 1311 Cangrande attaccava con molte truppe, mentre una sollevazione popolare apriva le por te della città agli imperiali. I vicentini credettero di aver così recuperata la liber tà, ma nel 1312 Cangrande ottenne la nomina di vicario imperiale anche per Vicenza; e da qui inizia un nuovo periodo di asservimento ad una signoria estranea anche per la nostra città e tutta la provincia. Gli Scaligeri Gli Scaligeri riescono a formarsi un vasto dominio che andava dal Mincio a Verona e Vicenza, fino Feltre, Belluno e per un certo periodo comprendeva anche Padova, Parma e Lucca; e nel nostro territorio oltre a costr uire dei grandiosi castelli sia per la difesa dei luoghi che come dimostrazione della loro potenza, come Marostica, Soave, Sirmione, completeranno la riorganizzazione amministrativa delle province sotto il loro controllo, limitando i poteri dei precedenti feudatari e consolidando invece l’ordinamento dei vicariati. Tale ordinamento sarà lasciato intatto anche dalla Repubblica di Venezia e rimarrà in vigore fino al periodo napoleonico. Scrive il Mantese che agli inizi del secolo XV “C’erano due importanti podesterie: Lonigo e Marostica, alla quali la Signoria veneziana destinava due patrizi, membri del Maggior Consiglio, col titolo di Podestà. Anche Bassano era soggetta ad un Podestà-Capitano eletto dal Maggior Consiglio di Venezia. Il rimanente territorio si trovava organizzato intorno a 15 vicariati. Di questi, quattro erano erano detti minori (Alonte, Bagnolo, Costafabbrica e Dueville), rispettivamente soggetti alla giurisdizione dei nobili Traversi, Pisani, Bissari e Monza. Gli altri undici erano chiamati maggiori: Arzignano, Barbarano, Brendola, Camisano, Malo, Montebello, Montecchio Maggiore, Orgiano, Schio, Thiene e Valdagno” 10 . A noi interessano in modo par ticolare i vicariati di Schio e di Thiene, che in pratica corrispondono al territorio dell’attuale U.L.SS. n.4, perché del vicariato di Malo, solo Monte di Malo e Santomio, oggi frazione di Malo, rientrano nel nostro ambito, mentre le altre “ville”, cioè Castelnovo, Ignago, Isola di Malo, Pietrabuona, e Torreselle appartengono ad un altro distretto sanitario 11 . Il vicariato di Thiene, oltre naturalmente alla città, comprendeva anche quelli che allora erano i comuni di: Caldogno, Calvene, Carrè, Centrale, Chiuppano, Cresole, Grumolo Pedemonte, Lugo, Montecchio Precalcino, Motta, Novoledo, Santorso, Rettorgole, Sarcedo, Tretto, Villaverla, Vivaro, Zanè, Zugliano. Il Vicariato di Schio era formato da: Arsiero, Caltrano, Cogollo con Mosson e Follon, Enna, Forni, Fusine, Laghi e Cavallara, Lastebasse, Magré, Marano, Molina, Monte Magré, Pievebelvicino, Piovene, Posina, Tonezza, Torrebelvicino, Tresché-Conca, Valle de’ Signori, Valle de’ Conti, Velo con Meda, S. Vito di Leguzzano. I vicari, che esercitavano soprattutto il potere giudiziario, non è stasto ancora chiarito se ori––––––––– 10. G. Mantese, ibidem, p. 269. 11. Il Maccà, nella sua Storia del Territorio Vicentino redatta nei primi anni del 1800, segue la divisione dei vicariati, dedicando al vicario di Malo il tomo VII, al vicario di Schio il tomo XI e al vicario di Thiene il tomo XII. 72 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? ginariamente venissero nominati dalla città di Vicenza o dagli Scaligeri, ma si sa che sotto la Repubblica di Venezia erano nominati dalla città. I Padovani, cacciati da Vicenza, proclamarono apertamente di voler riconquistare la città; e anche molti di coloro che inizialmente avevano tramato contro di essi, delusi dell’andamento delle cose, si voltarono dalla loro parte, tanto che si formò presto un folto gr uppo antiscaligero di nobili, tutti di par te guelfa, che ordì una congiura. Scoper ta, procurò l’impiccagione di molti congiurati, fra cui Benincasa da Marano, mentre molti altri par tirono per l’esilio ed ebbero i beni confiscati. Nel 1312 i Padovani invasero e distrussero sia il basso che l’alto vicentino, giungendo a saccheggiare Bassano, Marostica e Schio con tutti i centri limitrofi, mentre Cangrande per rappresaglia distruggeva alcune borgate del padovano. L’anno dopo saccheggiarono nuovamente il vicentino e il veronese con enormi distr uzioni, tanto che la maggior parte dei vicentini cominciò ad avversarli decisamente e parteggiare per Cangrande. Nel 1314 giunsero a devastare la stessa Vicenza, ma, sorpresi da Cangrande, furono battuti e si piegarono a sottoscrivere la pace. Ma nel 1317 altri scontenti vicentini tramarono contro Cangrande con l’appoggio di Padova che assalì Vicenza. Allora Cangrande, informato, ne fece strage, e solo qualche anno dopo si giunse ad una nuova pace che imponeva su Padova il dominio della famiglia dei Carraresi, amica di Cangrande. Alla morte di lui, il successore Mastino II dimostrò mire espansionistiche troppo minacciose, che giunsero a molestare anche Venezia e Firenze, tanto che nel 1336 scoppiò una guerra antiscaligera veneto-fiorentina, terminata nel 1339 con la sconfitta scaligera e la riduzione della signoria alle sole città di Verona e Vicenza. Alla morte di Mastino II successe Cangrande II, che si impegnò per anni in alleanze e guerre con signorie e sovrani, le quali andarono sempre più indebolendo il prestigio e la potenza della famiglia; e gli ultimi anni della signoria sono segnati anche da delitti e congiure all’interno dello stesso casato per assumere il potere, e questo non fece che accelerare il declino della loro potenza, fino a quando nel 1387 l’ultimo erede degli Scaligeri, Antonio della Scala, venne sconfitto dall’alleanza dei Visconti di Milano con i Carraresi di Padova; e questo segnò il passaggio di Vicenza alla signoria milanese, anche con il consenso dei vicentini che temevano di dover ritornare sotto il dominio padovano. I Visconti Ma le mire dei Carraresi erano di impadronirsi di Vicenza, che i Visconti invece volevano per sé, e quindi sorsero ben presto delle contese fra i due vincitori, concluse nel 1388 con la sconfitta carrarese e l’annessione al ducato di Milano anche di Padova, Belluno, Feltre e Bassano. I Visconti cercheranno di imporre nei vari castelli dei nobili a loro fedeli, nominando, ad esempio, Giorgio Cavalli conte di Schio e Santorso e concedendogli anche il feudo di Torrebelvicino e Pievebelvicino, in modo da controllare bene tutto il territorio. Lo scoppio, però, di una guerra fra lo stesso Giangaleazzo, troppo avido di ingrandire i propri possessi, e Firenze e Bologna collegate, permise due anni dopo ai Carraresi, con l’appoggio di Venezia che temeva per le mire troppo espansionistiche dei Visconti, di riavere la signoria di Padova. La guerra portò alla conquista di Bologna da parte di Giangaleazzo nel 1402; ma quando il 3 settembre dello stesso anno egli morì lasciandio due figli troppo giovani per continuare la sua Storia 73 opera, tutta la sua vasta signoria si sfaldò rapidamente. I Cararresi di Padova rivendicavano il possesso di Vicenza e delle altre terre tolte loro, e nel frattempo occuparono Verona. Ma a questo eccessivo aumento del loro potere si opponeva ora Venezia, che temeva si instaurasse una signoria troppo minacciosa a ridosso del suo ancor piccolo territorio. Poco dopo i Carraresi attaccarono anche Vicenza; e la città, dopo aver sperato invano di ricevere rinforzi dalla duchessa Caterina Visconti, vedova di Giangaleazzo e reggente per i figli, alla quale i vicentini volevano restare fedeli, pur di non cadere in mano carrarese, il 28 aprile 1404, decideva di cedersi con il proprio territorio a Venezia. La Repubblica di Venezia Non è rigorosamente esatto af fermare che Vicenza si sia ceduta a Venezia del tutto spontaneamente, senza nessuna pressione da parte di quest’ultima, ma dobbiamo dire che per tutto il periodo del suo dominio il nostro territorio godette, a parte i periodi di guerra, di un certo buon governo e prosperità, e per questo in linea di massima Vicenza col suo territorio è sempre stata fedele al leone di S. Marco. Nel 1406 ottenne di poter continuare a governarsi come in passato secondo i propri statuti, con l’unica differenza che il rettore doveva essere nominato da Venezia. I contributi speciali che la Serenissima imponeva non erano sempre leggeri, e spesso le guerre si svolgevano ancora in territorio vicentino, ma la città riuscirà sempre a sollevarsi e contrastare con ogni mezzo i vari tentativi degli Scaligeri, dei Carraresi o di Milano di riaverla in possesso. Uno dei Carraresi, anzi, che aveva congiurato contro Venezia, scoper to, fuggì verso Trento per la valle dell’Astico, ma fu catturato nel 1435 nelle vicinanze di S. Pietro Valdastico da Nicolò Cerato di Forni, portato a Vicenza e poi a Venezia, dove fu decapitato. La notizia della caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi (29 marzo 1453) preoccupò seriamente Venezia, e da questo momento le guerre contro di essi si faranno sempre più frequenti. Così nel 1463, con l’appoggio del papa Pio II, che invano invitava ad intervenirvi anche i vari principi cattolici d’Europa, cominciò il primo scontro con essi, e Vicenza vi contribuì, oltre che con molti soldati reclutati in tutto il territorio, come farà in tutte le guerre successive, anche con la somma di 20 mila ducati. Purtroppo Venezia nel 1470 fu battuta nell’isola di Negroponte, e nel 1479 si vide costretta a concludere la pace. Vent’anni dopo la guerra si riaccese, ma Venezia fu ancora battuta e i Turchi per dieci giorni invasero il Friuli seminandovi il terrore. Nel 1487 era poi scoppiata una guerra fra Venezia e il duca d’Austria, che era sceso per occupare la parte del Vicentino confinante con il Trentino. Gli scontri più violenti si verificarono nei dintorni di Rovereto, dove i vicentini combatterono con tale accanimento da meritarsi un pubblico elogio da par te del doge. In modo particolare si distinsero i Thienesi, che come ricompensa del loro valore ottennero il privilegio del mercato dal doge Agostino Barbaro, con ducale 6 ottobre 1492. In quel periodo Venezia si era appropriata di alcune città dello Stato Pontificio, ed il papa Giulio II, dopo averne richiesta invano la restituzione, nel 1508 organizzò una lega contro di lei, alla quale aderirono anche gli Spagnoli, i Francesi e l’imperatore di Germania. In quella circostanza un fuoruscito vicentino bandito per omicidio, Leonardo Trissino, scendendo per Rovereto, Schio e Malo, riuscì nel 1509 a conquistare Vicenza a nome dell’imperatore Massimiliano I, il quale in persona vi giunse il 17 ottobre con grande sfarzo, e il 19 entrava in Verona, rioccupando così gran parte del territorio veneziano, secoli prima soggetto all’impero. 74 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Nello stesso tempo il 14 maggio 1509 i Francesi batterono i veneziani ad Agnadello ed occuparono Peschiera e tutta la zona lombarda. Però alla fine dello stesso anno i Veneziani rioccuparono Vicenza e il suo territorio e, avendo restituito al Papa i suoi possessi, lo distolsero dalla lega. Allora solo il re di Francia continuava la guerra, alleato del duca di Ferrara. Il 26 maggio 1510 i Francesi conquistarono Vicenza, saccheggiando tutta la pianura attorno, ma il 31 agosto i Veneziani rioccuparono la città e ben presto anche tutto il resto dei loro antichi possessi. Nel 1511 il papa aveva mutato la sua politica ed aveva dato vita alla cosiddetta “lega santa” per una guerra con Spagna e Venezia contro la Francia. Subito dopo, però, stringeva alleanza anche con Massimiliano I che ancora pretendeva il possesso di Vicenza e Verona. Allora Venezia sarà costretta, per opporsi all’imperatore, ad avvicinarsi alla Francia, e per tanto in quegli anni tutto il Veneto fu invaso dalle truppe tedesche e spagnole, che ancora una volta devasteranno quanto non avevano distrutto gli altri. Il 4 ottobre di quell’anno i soldati spagnoli, guidati dal generale Raimondo Cardona fecero delle scorribande per l’alto-vicentino e, unitisi a gruppi di tedeschi, si fermarono poi a Villaverla, dove incendiarono il paese, dopo aver depredato tutto il vino ai contadini, spargendo per terra quello che non potevano por tare con sé. Avviatisi poi verso Vicenza, furono improvvisamente assaliti dal comandante veneziano Giovanni Paolo Manfrone, che li sconfisse e recuperò la preda. Ma tre giorni dopo il grosso delle truppe veneziane, comandate da Bartolomeo D’Alviano, fu duramente battuto dagli Spagnoli in territorio di Motta di Costabissara. Con l’avvento sul trono di Francia di Francesco I (1515) le sorti della guerra cambiarono, e tre anni dopo veniva conclusa la pace, in base alla quale l’imperatore rinunciava a Vicenza e Verona, mentre Venezia gli pagava una indennità di 100 mila ducati. Nel 1523 poi, salito nel frattempo sul trono di Germania Carlo V, veniva firmata una pace perpetua fra l’imperatore e Venezia, e quando nel 1532 Carlo V si recherà a Bologna per la incoronazione da par te del papa, scendendo per la Valsugana, si dirigerà a Vicenza passando per Montecchio Precalcino, Novoledo e Caldogno. Con tutto il suo seguito. Però per Venezia rimaneva il pericolo turco, e nel 1537 essa si accordava con il papa per una lega contro i Turchi, alla quale aderiranno nel ’38 anche l’imperatore e poi il re di Francia. Vicenza e il suo territorio vi contribuirono con 15 mila ducati e con vari repar ti militari. Ma anche questa volta, a causa delle diffidenze reciproche tra Francesco I e Carlo V, Venezia, che doveva sopportare il peso maggiore della guerra, rimarrà gravemente sconfitta, e nel 1540 sarà costretta a firmare la pace. Un periodo di relativa tranquillità il territorio vicentino lo poté godere dopo la pace di CateauCambresis (1559), e si può dire che sino alla fine del 1700 i suoi centri rurali non saranno più devastati, pur dovendo ancora spesso i Vicentini inter venire in armi a fianco dei Veneziani, sempre contro i loro tradizionali nemici, i Turchi, sempre più invadenti nel Mediterraneo, anche se dopo la scoper ta dell’America questo mare resterà tagliato fuori dalle grandi linee di traffico mondiale. Nel 1570 i Turchi richiederanno a Venezia la consegna di Cipro e, dato il rifiuto, si scatenerà la guerra nell’isola con orribili stragi, nelle quali furono massacrati anche numerosi soldati vicentini. Ma i Veneziani non si arresero e riuscirono ad organizzare, con l’appoggio del papa, una lega anche con Francia, Spagna e impero, la quale porterà le navi veneziane alla vittoria di Lepanto il 7 ottobre 1571: sarà questo, però, l’ultimo segno ef fettivo di vitalità che Venezia riuscirà a dare, perché da quell’anno in poi la repubblica di S. Marco si avvierà politicamente ad una lenta ma inesorabile agonia. Storia 75 In tutte queste vicende il territorio alto-vicentino non venne più direttamente coinvolto, ma fu ugualmente interessato, perché Venezia vi attingeva soldati e finanziamenti per le proprie imprese militari. Si può dire che Venezia lasciò la più larga autonomia amministrativa ai nostri piccoli centri, che potevano darsi dei propri statuti, ognuno differente dai paesi contigui, scegliersi il numero di amministratori che ciascuno preferiva, organizzare i propri servizi tributari, i propri estimi e la propria vita comunitaria. L’impor tante era che venissero pagate regolarmente le tasse richieste, che non sempre erano lievi, specie in concomitanza delle campagne militari. Così vediamo che in ogni parrocchia, che di solito corrispondeva anche al comune, abitualmente dopo la messa della domenica mattina, al suono della campana si raduna la “convicinia”, ossia l’assemblea di tutti i capifamiglia, sia per eleggere annualmente gli amministratori, sia per deliberare sulle questioni che di volta in volta il decano o i consiglieri ritenevano oppor tuno sottoporre alla valutazione popolare. Al termine della discussione ogni votante aveva a disposizione una pallina: se la metteva nel bussolotto bianco approvava la proposta, se in quello rosso la disapprovava. Alla fine un notaio (non esisteva la figura del segretario comunale) contava le palline e proclamava il risultato della votazione. Era questa la forma di partecipazione politica abituale che si riscontra in tutti i nostri paesi. Dalla seconda metà del 1400 tutte le parrocchie di tanto in tanto venivano visitate dal vescovo, di Padova o di Vicenza a seconda della diocesi di appartenenza, il quale abitualmente incontrava anche gli amministratori, perché in base alle leggi venete, in tutte le opere di culto e nella costruzione e manutenzione di chiese e canoniche, un terzo della spesa spettava alla parrocchia e due terzi al comune. Le convicinie potevano radunarsi per i più vari motivi, come a Valli il 20 gennaio 1527 per la scelta di un sacerdote, a Torrebelvicino nel 1458 per discutere sul diritto di pascolo, a Santa Caterina di Tretto il 20 settembre 1611 per chiedere al vescovo un sacerdote stabile, a Santorso il 17 aprile 1491 per approvare gli statuti comunali, a Malo il 15 agosto 1541 per nominare un maestro che istr uisse i fanciulli, a Carrè il 20 marzo 1524 per deliberare la costruzione di una chiesa in onore della Vergine e dei santi Fabiano, Sebastiano e Rocco, a Chiuppano il 17 gennaio 1580 “per saper de si die continuar la fabrica scomenzada per far una giesia”, a Marano il 2 giugno 1549 per decidere di comperare 200 staia di grano e fava da dispensare ai contadini che erano stati colpiti dalla grandine, a Tonezza il 16 aprile 1551 per nominare un sacerdote che non si allontanasse mai dalla parrocchia, come invece capitava per mesi al predecessore. Ma in ogni comune le occasioni per radunare una convicinia si presentavano per lo meno una volta al mese. Da Napoleone al Regno d’Italia Con l’invasione francese del Veneto nel 1797, anche i nostri paesi risentono, seppure di riflesso, dell’ondata giacobina esplosa dalla Francia. Da quel momento, infatti, gli atti notarili che si trovano conser vati anche presso i nostri archivi parrocchiali, non iniziano più con la consueta formula incontrata per secoli: “In Nomine Christi amen. Anno ab ipsius nativitate …” oppure in italiano con le parole; “Nel nome di Cristo, Amen. Nell’anno dalla sua natività …” ; ma, tanto per citare un esempio; “Nell’anno 1797, V della Repubblica francese, I della lombarda. Il cittadino Pietro q. Antonio Cristoforo vende ai cittadini Gerolamo e Gaetano Altissimo fratelli …” lasciando intuire facilmente con quale spirito innovatore le truppe francesi abbiano percorso a varie riprese tutta l’Europa. Pur troppo da quell’anno, per un’altra quindicina ancora, tutte le nostre terre subiranno un 76 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? rapido alternarsi di invasioni e di eserciti stranieri, collegati con le avventurose vicende napoleoniche; e anche i nostri contadini saranno spesso non solo tassati, e pesantemente, ma anche chiamati in armi per seguire le dispendiose campagne francesi nei più lontani paesi d’Europa. Nel gennaio del 1798 arriveranno a Vicenza gli Austriaci, nel 1800, dopo la battaglia di Marengo, i Francesi, nel 1801 ancora gli Austriaci, nel 1805 per la terza volta i Francesi, nel 1814 definitivamente gli Austriaci, senza contare i Russi, che quasi ogni volta si associarono a questi nelle varie campagne antinapoleoniche. Sotto il governo francese la nostra regione, che di nome apparteneva ad un fantomatico Regno d’Italia di cui era re prima lo stesso Napoleone e poi suo figlio di pochi mesi, venne suddivisa in vari dipar timenti di modello francese, e quello a cui apparteneva gran par te della provincia di Vicenza venne denominato “Dipartimento del Bacchiglione”. Con la definitiva assegnazione dell’antica Repubblica di Venezia al Regno Lombardo-Veneto, l’Austria si premurò di ristrutturare le amministrazioni locali, modificando notevolmente i confini della nostra provincia, che risulterà alquanto rimpicciolita, e abolendovi nel 1816 oltre 150 comuni con pochi abitanti, i quali furono aggregati come frazioni ai maggiori che si trovavano nelle vicinanze. Così Novoledo venne unito a Villaverla, Grumolo e Centrale a Zugliano, Tretto a Schio, Enna a Torrebelvicino, Forni a Valdastico, Fusine a Posina. Dopo il Congresso di Vienna cominciò lentamente a serpeggiare anche nelle nostre contrade lo spirito di unità nazionale; ed è verosimile che nel 1848, quando Vicenza insorse contro gli Austriaci, anche dalle campagne e dalle borgate della provincia sia accorsa della popolazione a darle manforte. Nonostante, però, l’eroica lotta che le procurò la medaglia d’oro, essa dovette soccombere e rimanere ancora unita all’Austria fino al 1866 quando, con la terza guerra d’indipendenza, assieme a tutto il Veneto verrà unita all’Italia. Nel XX secolo Particolarmente difficili furono gli anni della prima guerra mondiale in quanto, trovandosi tutto l’alto-vicentino nelle immediate retrovie del fronte che giunse fino ad Asiago, molti paesei specie della vallata dell’Astico dovettero sfollare, e la popolazione trovò rifugio presso altr e comunità della provincia. Sappiamo, ad esempio, che tutta l’amministrazione comunale di Asiago con gran parte della popolazione era ospitata a Noventa Vicentina, mentre a Villaverla erano profughe 54 famiglie di Cogollo, assieme al loro parroco, al segretario comunale e al loro commissario, Sappiamo che hanno dovuto sfollare, specie dopo la Staf fekspedition, anche i paesi di Piovene-Rocchette, Mosson, Caltrano, Chiuppano, Calvene, Lugo, Carrè e Marola 12 , e dal Cimone e dall’altipiano gli Austriaci tiravano si Thiene, Zanè e Carrè, mentre aerei austriaci hanno bombardato anche Breganze. Alla prima guerra mondiale seguì un periodo burrascoso, che vide un forte flusso emigratorio della nostra gente in cerca di lavoro specie oltre oceano, e nello stesso tempo organizzarsi ed imporsi anche da noi il partito fascista che trascinò l’Italia nella drammatica avventura della seconda guerra mondiale. Subito dopo l’8 settembre del 1943 cominciarono ad organizzarsi anche nelle nostre contrade i primi nuclei della resistenza armata, che andranno sempre più consolidandosi e passando all’azione. Le prime imprese furono di sabotaggio agli impianti e all’apparato bellico ––––––––– 12. Vedi, Leonardo Nazzareno, Giovanni Thiella. Grumolo Pedemonte. Conselve, 1984. p. 131. Storia 77 nazifascista, ai quali si rispose con rastrellamenti, come quelli compiuti nella zona di Fara Vicentino e Calvene fra il 20 e il 22 ottobre del ’43, Calvene-Mor tisa il 1 marzo 1945, Novoledo l’11 marzo seguente, e ancora a Calvene il 24 marzo. Intanto i sabotaggi si erano estesi anche alla linea ferroviaria Vicenza-Thiene-Schio e Thiene-Asiago e alle linee telefoniche e telegrafiche Thiene-Sarcedo-Breganze-Villaverla-Marano, ai ponti sulle principali vie di comunicazione, e venne compiuto il 27 dicembre ’43 l’assalto alle carceri di Thiene per liberare i detenuti politici, ripetuto anche il 2 marzo del ’45 per liberar vi i partigiani ivi detenuti. I nazifascisti rispondevano con la fucilazione a Marano il 15 maggio del ’44 di due partigiani appena catturati, e la fucilazione a Salcedo il 16 febbraio 1945 di 4 ostaggi in risposta dell’uccisione di un fascista. Numerose furono anche le esecuzioni sommarie ef fettuate nel corso dei vari rastrellamenti, ma gli scontri più frequenti e sanguinosi fra partigiani e nazifascisti ebbero luogo nella zona dell’altipiano, dove coinvolti troviamo anche molti patrioti provenienti dalle nostre contrade 13 . Sostanzialmente nell’alto-vicentino la resistenza venne organizzata dalla Divisione Alpina Monte Ortigara, di ispirazione centrista, che operò nella zona Thiene-Asiago, e dalla Divisione Garemi, di ispirazione social-comunista, che operò nella zona di Schio, Pasubio e Trentino. Le formazioni par tigiane vennero rifornite di armi e ed equipaggiamenti dagli alleati specialmente durante l’inverno 1944-45, e furono pronte a passare all’azione in modo massiccio nella primavera ma specialmente dal 23 al 30 aprile del 1945, quando uno dopo l’altro vengono liberati i vari comuni dell’alta pianura vicentina e della vallata dell’Astico, seppure a costo di gravi perdite e rappresaglie sulla popolazione, fra le quali non va dimenticato l’episodio grave dell’incendio di Pedescala e della fucilazione di ben 64 persone. Di dubbia ispirazione patriottica sono invece l’eccidio a Tonezza di 24 tedeschi compiuto il 1° maggio ’45 e l’eccidio di Schio, perpetrato contro presunti fascisti due mesi dopo la fine del conflitto. Recuperate la libertà e la democrazia, è cominciata anche nei nostri paesi l’opera di ricostruzione e soprattutto di risanamento degli odi che la guerra fratricida aveva comportato; e nello stesso tempo, superati i primi anni di crisi ed incertezze, assistiamo ad un vigoroso sviluppo economico che in pochi decenni ha portato l’alto-vicentino ad essere tra le zone più ricche e produttive non solo della nostra provincia, ma possiamo ben dire di tutta la regione. Ora l’aver raggruppato un un’unica U.L.SS. i 32 comuni che la compongono, non ha fatto che cogliere e sottolineare l’unità storica, culturale, economica della nostra area nella quale, pur se si riscontrano i due centri più prestigiosi e popolati di Thiene e Schio che spesso hanno fatto da traino e punto di riferimento dell’intero circondario, ogni comune, ogni borgata anche la più piccola, ha una sua ricca pagina di storia da raccontare, delle complesse vicende, che però si compenetrano e si saldano con quelle delle comunità vicine. ––––––––– 13. Per una più dettagliata descrizione dei fasti legati alla resistenza nell’Alto Vicentino, si vedano: Giulio Vescovi. Resistenza nell’Alto Vicentino. Vicenza, 1976. Benito Gramola. Le donne e la Resistenza. Vicenza, 1995. Italo Mantiero. Con la brigata Loris. Vicenza, 1984. Cultura e arte L’arte è la menzogna che ci permette di conoscere la verità Pablo Picasso Cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto Erbert Herrio Cultura e arte 79 D ovendo tracciare una specie di profilo della cultura dell’Alto Vicentino, si ritiene si debba parlare non tanto di quei tratti culturali che in quest’area geografica ripetono i caratteri comuni con aree più vaste, fino a coincidere, a volte, con l’ambito regionale, e spesso anche oltre ad esso, quanto piuttosto dei tratti peculiari di questo territorio, di quei caratteri che, anche se non esclusivi, danno ad esso una inconfondibile identità. Se, come ci viene suggerito, ci si dovesse soffermare a prendere in considerazione in par ticolare gli ultimi cinquant’anni, l’analisi si potrebbe rapidamente esaurire nel constatare che gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal progressivo abbandono e dalla perdita della identità e delle impronte culturali locali, non solo in questa zona, ma quasi ovunque in Italia, e anche oltre i confini nazionali. La conquista del benessere, il progresso tecnico, la scuola, il dif fondersi dei mezzi di comunicazione sociale, e soprattutto della televisione, hanno favorito l’affermarsi e l’imporsi di un processo di globalizzazione culturale, esteso a dimensioni sempre più vaste, addirittura mondiali, facendo credere che la strada più sicura per raggiungere i vertici più alti della cultura stia nello spegnere i tratti culturali locali. Salvo far sentire poi il bisogno di promuovere iniziative e manifestazioni di revival degli aspetti della vita del passato, di dubbio valore, anche se ispirate dal fascino e dalla nostalgia che di esse perdurano. È facile constatare che, quando i tratti della nuova tanto decantata cultura, o civiltà, si limitano alle conquiste tecniche, e sono strumentali per l’affermazione e il successo o alla semplice fruizione del benessere raggiunto, non è possibile dare una valutazione del tutto favorevole dei nuovi modelli se si tiene presente il significato più profondo del concetto di cultura. D’altra parte, in confronto ad essa, appaiono maggiormente validi tanti aspetti della cultura tradizionale locale, purtroppo spesso ancora ignorati, se non addirittura disprezzati. Pur senza disconoscere le conquiste positive della cultura che si è recentemente affermata, della quale non merita parlare, perché non è tipica del nostro territorio, si cercherà di tratteggiare i caratteri specifici della identità culturale dell’Alto Vicentino che è stata ereditata dal passato, la quale ancora forma il sostrato del pensare e del sentire, soprattutto, ma non solo, dei nostri anziani. Riteniamo che, quando questi caratteri sono espressione di valori che accrescono la dimensione umana, debbono essere non solo conosciuti, ma anche coltivati, perché fecondi di una corretta crescita della vita sociale. Ci sof fermeremo pertanto a sottolineare gli aspetti maggiormente significativi della cultura che abbiamo ereditato dal passato. Cosa si intende per cultura, oggi Non è facile tracciare in rapida sintesi il profilo di questa cultura individuandone i tratti più peculiari senza scadere in troppo facili, ma inadeguate, esemplificazioni. Innanzitutto va chiarito che, secondo le più recenti concezioni, per cultura si intende, oltre alle cognizioni intellettuali acquisite da una persona soprattutto attraverso lo studio, anche l’insieme di tutte le conquiste fatte attraverso la diretta esperienza, a qualsiasi livello di vita: da ogni conoscenza personale e dalle convinzioni maturate attraverso un personale ripensamento, alle abitudini e alle pratiche proprie di ciascuna attività, alle pur semplici testimonianze della cultura orale: in sostanza, da tutte le manifestazioni della vita. Cultura fondata su stabili certezze Un primo carattere della civiltà ereditata dal passato era che l’esistenza di ciascuno e di tutti era costantemente sorretta da una trama di sicure certezze. A cominciare dalla stabilità della 80 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? vita, ancorata alle dimensioni dello spazio circostante e sostenuta dalla continuità delle generazioni. Si era radicati a una contrada, a un ambiente, a un paesaggio stabile, che diventava par te integrante di sé e nel quale ci si proiettava e ci si prolungava. Ci si poggiava e si continuavano le generazioni degli avi e si osservava la propria vita continuare nei figli e nei nipoti che crescevano attorno. Ci si sentiva, seppur istintivamente, parte di una natura immensa, che faceva da madre, pur con le sue lezioni a volte severe; nella dimensione della natura tutto trovava un suo significato e, dove non arrivava la ragione, supplivano le convinzioni della fede. Il ciclo della vita e il ciclo dell’anno La stabilità era concretamente sottolineata dallo scorrere di due cicli, quello della vita e quello dell’anno, che si sentivano guidare i giorni dell’esistenza con evidenza ben più chiara di oggi. Il ciclo della vita, dalla nascita alla morte, non è certamente mutato oggi nelle sue tappe successive; ma è molto mutato il modo di condurre l’esistenza. Questa era concepita e quotidianamente vissuta soprattutto come un doveroso impegno di lavoro regolato dalle leggi delle stagioni e dalle condizioni di efficienza fisica. Si era tesi, sì, a migliorare le proprie condizioni economiche, ma senza inseguire ambite mete di carriera alle quali subordinare ogni altro interesse e la stessa famiglia. L’arco della vita si svolgeva secondo una naturale continuità, solitamente nello stesso ambiente, con ritmi spesso ancora biblici, segnato da pochi eventi importanti, che erano soprattutto la coscrizione militare e il matrimonio, e si concludeva con la morte, che di solito avveniva in casa, accettata con rassegnata naturalezza alleviata dalla fede. Ancora oggi, ovviamente, il succedersi delle stagioni regola lo scorrere del ciclo dell’anno. Ma dai più, ormai, le stagioni sono avvertite quasi solo per i limiti o per i benefici che esse portano: per il fastidio del caldo, del freddo e della pioggia, per il succedersi dei tempi delle ferie, dei week-end e degli svaghi. Per i più, nelle occupazioni, salvo le pause volute per le festività, si ripete durante tutto l’anno la stessa attività, che ignora i ritmi della natura, col diverso alternarsi del freddo e del caldo, con le lunghe giornate di tenebre e con le lunghe giornate di luce. Ogni giorno è sempre occupato da un lavoro che si ripete lo stesso, regolato da ritmi artificiosi, subordinato sempre alle leggi dello sviluppo economico che costringono a concentrarsi nella propria specializzazione facendo trascurare altre aper ture. Si diventa sempre più degli ingranaggi di un meccanismo che fa perdere la percezione dei tempi della natura, che diventa sempre più costrittivo della propria autonomia. Il ciclo dell’anno del passato, che pure comportava impegni ogni giorno ripetuti, come quello del badare alle bestie per l’uomo e alle faccende domestiche per la donna, portava, a seconda delle stagioni, lavori diversi, che si riproponevano a distanza di un anno senza comportare la preoccupazione di una sconosciuta novità e nello stesso tempo senza pesare per la ripetitività. Se la buona stagione portava il gran lavoro, un lavoro fisico oggi pressoché inimmaginabile, la cattiva stagione, che col freddo, e soprattutto con le sue lunghe tenebre, costringeva a rallentare le attività, diventava la stagione del riposo fisico; ma anche induceva ad ascoltare, ad ascoltarsi, a riflettere. Allora diveniva più facile l’aggregazione con gli altri, si aveva tempo di dialogare, di trasmettersi la cultura fatta di parole, di giudizi, di sentimenti, che aveva il suo momento culminante nel filò. Il filò Il filò, un rito che si ripeteva d’inverno ogni sera, era innanzitutto momento per stare assieme tra i membri della famiglia patriarcale, cui partecipavano i vicini di casa, e costituiva il veicolo maggiore della cultura del passato. Nella sua prima parte, il tempo era occupato da tranquille e distese attività di uomini e donne, che si dedicavano a non impegnativi lavori per ripa- Cultura e arte 81 rare qualcosa di rotto, ma anche per realizzare un capo di vestiario, un giocattolo, uno strumento, attività che consentivano lo scorrere di trame di parole in cui ci si scambiavano notizie del piccolo e grande mondo. Col passare del tempo le parole diventavano prevalenti, e si facevano più raccolte e pensose, e si ascoltavano e si commentavano i fatti che venivano da lontano, nello spazio e nel tempo; trasfigurati dalla catena dei passaggi da persona a persona, finivano per assumere le tinte del mito. Spesso si coinvolgevano tutti, soprattutto i bambini, con storie fantastiche di strie e di orchi alle quali qualcuno diceva di essere stato partecipe. Si leggeva qualche libro, sempre gli stessi, che parlavano di Orlando e dei suoi paladini e di storie di santi. In particolare si proponevano ai ragazzi indovinelli e filastrocche. L’incontro si concludeva quasi sempre con la recita del terséto (rosario). Il filò era il momento più importante di trasmissione non solo della cultura fatta di parole, ma anche di esperienze di vita; soprattutto trasmetteva valori, perché stringeva solidarietà fra le famiglie, le rendeva omogenee, rendeva disponibili tutti ai bisogni della comunità e consentiva di fermarsi a riflettere con animo disteso sui grandi problemi della vita. La cultura nello scorrere della vita dell’anno Lo scorrere dei giorni dell’anno era contesto da una lunga successione di rituali nei quali si esprimeva concretamente l’insieme della cultura del passato, fatta di impegni e di lavori – dalla semina al raccolto, dal Natale alla festa dei Morti – di manifestazioni e di pratiche, soprattutto religiose, così strettamente interdipendenti tra loro che è difficile parlarne distinguendoli l’uno dall’altro, tutti collocati sul vasto e fisso scenario della natura e vissuti, comprese le pratiche religiose (si pensi alle processioni e ai pellegrinaggi e alla erezione dei capitelli), soprattutto con impegno fisico. Rituali contesti di concretezza, ma che pure erano lievitati da un fondamento di sentimenti e di concezioni, spesso semplici, misurati, non chiaramente avver titi, ma ugualmente grandi, proprio perché semplici. Alcuni aspetti particolari della cultura materiale e orale Giova ora proporre qualche cenno su qualcuno dei tratti della cultura tradizionale, sia di quella materiale, che comprende gli elementi o le pratiche concrete, sia di quella orale, sottolineando di volta in volta qualche aspetto particolare. Attrezzi di lavoro Sono stati, e in parte sono ancora, gli strumenti fondamentali per provvedere ai bisogni primi dell’esistenza. Proprio perché concreti, di essi molti non sono andati perduti, e per conservarli sono stati istituiti un po’ ovunque dei musei. Realizzati, fin che era possibile, in casa, o, come quelli in rame e in ferro, dall’artigiano del luogo, non essendo fatti in serie, avevano sempre un’impronta personale, per cui molti di essi ci attraggono ancora con un loro fascino. Erano solidi, costruiti, come tutto quello che si faceva, per durare anche oltre la vita, anche se erano fatti prevalentemente di legno. In ogni casa c’erano gli attrezzi elementari essenziali; spesso i più costosi o complessi erano di proprietà comune della contrada o di un gruppo di famiglie (aratro, torchio per il vino). L’ar tigiano (falegname, priaro, fornaio) possedeva gli attrezzi propri del suo mestiere. Cibo Anche la cucina, molto semplice, era strettamente legata al corso delle stagioni. Si andava pochissimo in bottega, e si utilizzavano i prodotti di casa o del posto (polenta, pane, latte, maiale, uova, verdure dell’orto, erbe spontanee). I cibi rispondevano spesso ai bisogni della 82 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? stagione: cibi grassi d’inverno, con l’uccisione del maiale, contro il freddo, erbe spontanee, depurative, a primavera. C’erano cibi rituali fissi, dalla bondola cola lìngua, dell’Ascensione, al ròsto de oséi, ai Morti, dalla pinsa o putana, quando si faceva il bucato, al bussolào, quando si faceva un viaggio. Il fatto che certi cibi più graditi fossero propri solo di certe occasioni li rendeva più desiderati. Abbigliamento Il costume locale è caduto in disuso fin dall’Ottocento e se n’è persa la memoria. Solo le donne sapevano dare un tocco par ticolare al loro abbigliamento con gli òri (uso dei monili in oro), il cocòn (pettinatura a chignon), con qualche elegante camicetta. Medicina Ci si curava soprattutto con le erbe, direttamente conosciute e raccolte, alle quali la moderna scienza farmaceutica ha riconosciuto la maggioranza delle proprietà terapeutiche loro attribuite. Per quanto limitata ed empirica, la cultura medica era pertanto frutto di scelte personali – salvo ricorrere ai botànici – e non tanto supinamente subita. Architettura, paesaggio agrario, ambiente Uno dei caratteri più chiaramente evidenti e più distintivi del valore della cultura del passato si ritrova negli insediamenti e nel paesaggio agrario. Dal confronto con gli inter venti operati negli ultimi decenni sulle costruzioni e nell’ambiente appare chiaro quanto siano scaduti il gusto e l’equilibrio in questo settore, ad opera di uomini che si ritengono culturalmente superiori ai loro antenati. Nella loro semplicità e povertà le case e l’ambiente naturale riflettevano misura e rispetto del creato. La tipologia degli edifici era omogenea e si ispirava ai modelli tradizionali, solo adattandosi, nel piano o nelle varie valli, alla diversità dei luoghi, senza cercare gli stili più diversi e contrastanti che si osser vano ora; il materiale usato per le costruzioni era quello proprio del luogo dove esse nascevano (legno, pietra) per cui gli edifici si inserivano naturalmente nel paesaggio. Le case, salvo quelle signorili, non erano mai recintate (segno di aper tura) e soprattutto nelle contrade, dove le corti erano in comune, erano appoggiate le une alle altre (per necessità di risparmiare terreno e muri perimetrali, ma anche segno di compartecipazione). Esse sorgevano a volte isolate tra i campi o sul monte, più spesso aggregate a branco nelle contrade, ed erano ubicate dove il rifornimento d’acqua era più facile (sorgenti o rogge). La terra lavorata, il prato, il pascolo, il bosco erano sempre curati e tenuti in ordine, difesi dai danni degli agenti atmosferici. Il paesaggio agrario, che appariva come un grande mare verde, dominato dalle piante e dalle culture, entro il quale gli edifici spesso scomparivano, sembrava, d’estate, custodito e protetto dal lussureggiare della vegetazione, mentre d’inver- Figura 36 Banco da falegname Tratto da “Mestieri e Saperi: fra città e territorio”. Fontana e Bernardi, 1999. Banca Popolare di Vicenza Cultura e arte 83 Figura 37 Mulinélo o corléta Tratto da “Mestieri e Saperi: fra città e territorio”. Fontana e Bernardi, 1999. Banca Popolare di Vicenza no, quando era spoglio di essa, si apriva a più vasti orizzonti. In tutto c’era una compostezza sempre variata, che offriva aspetti continuamente nuovi e attraenti, familiari e cari, ben diversa dalla geometrica ripetitività dell’attuale ambiente antropizzato. La cultura orale Così sono genericamente chiamate le manifestazioni del passato fatte soprattutto di parole, nelle quali si comunicano pensieri, sentimenti. I proverbi Nel loro insieme i proverbi esprimevano, attraverso formule precise, la concezione della vita e proponevano le norme del comportamento. Riflettevano l’esperienza accumulata attraverso i secoli (come testimoniano spesso anche le loro formule ritmiche). Costruiti sulla concretezza, ricordavano un dovere, proponevano un insegnamento o accompagnavano lo scorrere della giornata e dell’anno con le loro diverse occupazioni. Da essi emerge la visione della vita della nostra gente, fatta di buon senso, di equilibrio, di bonaria o rassegnata accettazione, di comprensione degli altri. Ne viene il profilo di una comunità di uomini pacati, che fondavano il loro compor tamento su sicure certezze. Indovinelli. Storie e leggende. Filastrocche Fanno par te della cultura orale, rivolta soprattutto ai bambini. È un aspetto minore di essa, con finalità ricreative e spesso con funzioni didascaliche. Canti La caratteristica più significativa del canto popolare era quella di essere soprattutto corale, segno che si sapeva rinunciare alla volontà di af fermarsi personalmente per consentire con gli altri. Ora si canta in coro soprattutto per esibirsi, e piuttosto si ascolta cantare. Il canto allietava non solo i momenti di festa, come i matrimoni, ma accompagnava anche tanti momenti distesi del lavoro. 84 1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni? Figura 38 Canti popolari Tratto da “Mestieri e Saperi: fra città e territorio”. Fontana e Bernardi, 1999. Banca Popolare di Vicenza Aspetti particolari Vi sono altri aspetti cui si dovrebbe accennare. Tra essi ricordiamo soltanto certe manifestazioni di ar te popolare come i “capitelli”, o la cultura tecnica di certi artigiani, come quella propria del marangòn, del priaro, del majaro, i quali sono stati spesso protagonisti del progresso tecnologico del passato. Era in sintesi una cultura, o civiltà, che viveva in stretta sintonia con la vita della natura, essa stessa naturale, e che si esprimeva e si manifestava piuttosto nelle scelte concrete che con parole. Limitata, ma originale. Viva e non supinamente prona a subire tante proposte che vengono, come ora, dal di fuori, le quali disturbano, sviano e appiattiscono tutto. Povera, ma essenziale, attenta a non consumare i beni primari. Caratterizzata da grande autosuf ficienza perché cercava di produrre direttamente tutto ciò che le serviva, e quindi autonoma nei bisogni materiali, ma anche feconda di spiriti di libertà. Globale, perché necessariamente aper ta a tutti gli interessi, seppur cir coscritti, a tutte le necessità, e non costrittiva dei singoli, che non erano obbligati a vivere entro i limiti troppo spesso ciechi della specializzazione. Partecipata da tutti. Equilibrata. Fondata su convinzioni e valori solidi, sentitamente vissuti. Solidale, anche perché bisognosa del reciproco aiuto; disponibile e abituata a prestare il lavoro per il bene comune; corale nel consentire con gli altri. Trasmessa, senza fratture, da padre in figlio, si alimentava delle tradizioni del passato e lavorava, sì, per il presente, ma proiettata verso il futuro. Conservatrice di beni naturali e di conquiste materiali. Fatta di uomini che lavoravano caparbiamente affrontando tutte le difficoltà, ma che sapevano accettare anche le sconfitte ed erano consapevoli che la morte fa par te della legge della vita. Cultura e arte 85 Appendice (fatta, forse, di suggerimenti presuntuosi) Accostarsi alle persone semplici che ancora partecipano di questa cultura sapendo ascoltare e cercando di comprenderne e apprezzarne gli aspetti positivi. Non porsi nei loro confronti in un atteggiamento di persone che si ritengono depositarie di una cultura superiore. Saper dialogare con esse nella loro parlata, consapevoli che l’uso del dialetto (ovviamente senza ignorare il valore di conoscere l’italiano) non è un limite culturale, ma un aspetto fondamentale della identità che andiamo perdendo. Saper mettere in luce, accanto al riconoscimento delle conquiste positive del nostro tempo, anche i valori fondamentali ereditati dal passato che, se dimenticati o perduti, r endono manchevole una visione equilibrata dell’esistenza. 2. La qualità della vita: i determinanti della salute [...] è chiaro perciò che lo stato non è comunanza di luogo né esiste per evitare eventuali aggressioni e in vista di scambi: tutto questo necessariamente c’è, se deve esserci uno stato, però non basta perché ci sia uno stato: lo stato è comunanza di famiglie e di stirpi nel viver bene: il suo oggetto è un’esistenza pienamente realizzata e indipendente. Certo non si giungerà a tanto senza abitare lo stesso e unico luogo e godere il diritto di connubio. Per questo sorsero nelle città rapporti di parentela e fratrie e sacrifici e passatempi della vita comune. Questo è opera dell’amicizia, perché l’amicizia è scelta deliberata di vita comune. Dunque, fine dello stato è il viver bene e tutte queste cose sono in vista del fine. Aristotele, Libro Terzo della Politica 88 2. La qualità della vita: i determinanti della salute L a condizione di salute, elemento essenziale di una vita piena e libera, dipende da un insieme complesso di fattori: genetici, ambientali, psicologici, fisici, culturali. A volte il passaggio tra due differenti situazioni di salute può dipendere da un cambiamento improvviso in un qualsiasi fattore, altre volte i cambiamenti possono essere più lenti e dagli ef fetti meno visibili. Analogamente i fattori migliorativi agiscono su termini temporali molto differenziati: da pochi istanti a decine d’anni se non generazioni. La letteratura scientifica classifica i determinanti della salute in quattro grandi categorie: genetici, sociali, economici e ambientali. Numerosi studi dimostrano come l’incidenza della rete dei servizi socio-sanitari sullo stato di salute complessivo viene valutato attorno al 10-15%, quello del patrimonio genetico tra il 20% e il 30%, l’ambiente pesa circa il 20%, mentre il fattore socio-economico risulta la variabile più importante tra il 40% e il 50% (vedi figura 39). La variabile socio-economica, che comprende i compor tamenti, gli stili di vita, condizioni economiche dei singoli, risulta essere significativamente influenzabile dai soggetti istituzionali di una comunità, in particolare l’assetto politico, la scuola, la chiesa, la sanità attraverso programmi di educazione alla salute e prevenzione. Valutando complessivamente i risultati dei sistemi sanitari dei paesi industrializzati avanzati, risulta come la longevità delle popolazioni non sia correlata alla spesa sanitaria (e quindi alla disponibilità di ser vizi e operatori) ma per lo più collegata a fattori quali la cultura, l’ambiente e gli stili di vita. Possiamo rappresentare l’incidenza dei determinanti della salute in un sistema a quattro assi (uno per determinante), l’area risultante indica come dovrebbero essere orientate le azioni di un piano per ottimizzare complessivamente la salute. Con questo modello si possono rappresentare il piano appena concluso (2001-2003), il presente piano (2004-2006) e il riferimento teorico indicato dalla letteratura: è così possibile apprezzare il cambiamento di approccio tra i due piani e il loro progressivo avvicinamento al modello di riferimento. Per valutare l’incidenza dei piani sui diversi determinanti, è stato considerato ciascun progetto e attribuito un peso con riferimento alla capacità di incidere sui diversi determinanti. Questa metodologia è stata utilizzata sin dalla fase di stesura per il presente piano mentre per il piano 2001-2003 è stato attribuito in sede di monitoraggio, i risultati di tale analisi pur rappresentando un’approssimazione possono essere visualizzati nelle figure 40, 41 e 42. Figura 39 Determinanti della salute Ripartizione teorica secondo OMS 89 Rappresentazione teorica rispetto alla distribuzione sui quattro determinanti della salute secondo quanto indicato dalla letteratura... Figura 40 Determinanti della salute. Piano secondo teoria OMS ...il Piano di Zona 20012003 è stato un piano prevalentemente orientato a garantire e potenziare la rete dei ser vizi sociosanitari, per adeguarla ai livelli di assistenza attesi... Figura 41 Determinanti della salute. Piano di Zona 2001-2003 Figura 42 Determinanti della salute - Piano di Comunità 2004-2006 ...il presente Piano di Comunità 2004-2006, anche grazie ai risultati ottenuti dal precedente, può essere maggiormente orientato verso gli altri determinanti (stili di vita e ambiente), con azioni rivolte a tutta la comunità e non solo verso le “persone svantaggiate”, pur continuando ad investire considerevolmente sul consolidamento e potenziamento dei ser vizi sociosanitari. Le aspettative e la visione del futuro Come una rete è costituita da una serie di nodi intrecciati tra di loro, così ogni cosa in questo mondo è connessa ad ogni altra da una serie di nodi. È un errore pensare che vi sia qualcosa di separato, isolato da tutto il resto. Tutti i fenomeni sono intrecciati in un’unica trama. Il mondo è una rete poiché è composto da una serie di nodi interconnessi, e ogni singolo nodo, ogni singolo essente ha il suo posto, la sua funzione e le sue responsabilità in relazione a tutti gli altri nodi. Shakyamuni Buddha Le aspettative e la visione del futuro 91 La Società Alto Vicentina Rapporto sugli orientamenti e i valori dei cittadini (Dal VII Rappor to Poster – Assindustria Vicenza - Maggio 2002) I dati del rapporto sono tratti da una ricerca condotta nell’anno 2002 dall’Istituto Poster di Vicenza, curata e diretta da Ilvo Diamanti per conto di Assindustria di Vicenza. L’area di riferimento è rappresentata dall’intera Provincia di Vicenza e, per la parte di approfondimento, dall’Alto Vicentino, area che comprende i territori dei comuni di Valdagno, Schio e Thiene, con estensione ad est fino ad Arzignano e ad ovest fino all’altopiano di Asiago. L’indagine è stata presentata al pubblico a cura della Fondazione Palazzo Festari nel corso del convegno su “La città ideale dell’Alto Vicentino” svoltosi a Valdagno il 28 febbraio 2003. Sintesi dei risultati I dati raccolti evidenziano come tra gli abitanti dell’area, in conformità con il resto della provincia, esista una certa fiducia nel futuro (gli ottimisti sono oltre il 40%) soprattutto per quanto riguarda l’economia ed il mondo del lavoro, mentre risultano più improntati al pessimismo i valori relativi alla sicurezza personale e alla criminalità. Più o meno uguali al resto della provincia i dati afferenti alla sfera della politica. Nell’Alto Vicentino emerge nel complesso un elevato livello di soddisfazione per la qualità della vita, in particolare per ciò che riguarda gli ambiti della famiglia, del lavoro e dell’impegno sociale. Si rileva pure un notevole grado di dotazione tecnologica: otto persone su dieci utilizzano abitualmente un telefono cellulare, una su due un personal computer, ancora una su due una carta di credito, mentre il 21% delle famiglie possiede un’antenna satellitare. Non solo: a differenza del resto della provincia, l’impiego abituale di strumenti tecnologici è più precoce e consolidato nel tempo; infatti la maggioranza dei cittadini dell’Alto Vicentino ne fa uso da oltre due anni. Tuttavia, a questo livello di appagamento personale, a cui si associa la propensione verso le nuove tecnologie, si contrappone uno stato di malessere per le problematiche legate allo sviluppo economico, così come verso quelle relative alla mobilità generale, alla condizione delle strade, alla carenza o mancanza di infrastrutture, al degrado ambientale, alla criminalità, che (come dimostra la speciale graduatoria relativa ai problemi prioritari e sulle emergenze) sono tra quelle più sentite dai cittadini dell’intera provincia di Vicenza. L’Alto Vicentino si differenzia per la sensibilità verso alcuni fenomeni come, ad esempio, quello immigratorio che, in questa zona più che altrove, appare normalizzato e fonte di minor preoccupazione. Un problema che è invece maggiormente sentito dagli abitanti di questa area riguarda il mercato del lavoro e precisamente la carenza di manodopera e la disoccupazione. Tale dato potrebbe sembrare una contraddizione, ma è invece facilmente spiegabile come una peculiarità di questa zona che, da sempre, ha visto coesistere la piccola industria, alla ricerca incessante di manodopera, e la grande industria, continuamente alle prese con processi di ridimensionamento e riorganizzazione del personale. Il sentimento di malessere af fonda le proprie radici nel progressivo e florido sviluppo economico che l’area ha conosciuto e vissuto e che ora, entrato in una fase stagnante o declinante, manifesta quelli che Diamanti ha definito “i limiti del nordest”. Qui, cioè, lo sviluppo non 92 2. La qualità della vita: i determinanti della salute viene più percepito come un vantaggio, ma, al contrario, si inizia a considerarne i limiti, come l’elevato livello dei costi che comporta, per molti non più sostenibili. Allo stesso tempo, le alternative a tale modello di sviluppo (come la delocalizzazione, ossia il trasferimento delle attività produttive all’estero) sono viste con diffidenza e considerate negative dal 36% dei cittadini dell’Alto Vicentino. In questo senso l’Alto Vicentino sembra rappresentare il centro del malessere che attraversa la provincia di Vicenza e tutta l’area del nordest. Tabella 02 Percentuale di coloro che provano molta o moltissima soddisfazione per ogni area Quanto è soddisfatto dei seguenti aspetti della sua vita? % Della famiglia 92,0 Degli amici 79,3 Del lavoro 75,9 Del tempo libero 72,0 Del livello d’istruzione 56,4 Del reddito disponibile 49,8 Dell’impegno sociale 44,6 Fonte: Poster / Assindustria Vicenza. Maggio 2002 Tabella 03 Ripar tizione percentuale delle problematiche più sentite Qual è il problema più importante da af frontare? % Strade e viabilità 31,0 Criminalità 29,2 Degrado ambientale 10,2 Immigrazione 7,8 Disoccupazione 10,1 Burocrazia 8,9 Carenza di manodopera 2,6 Competitività sui mercati 0,2 Fonte: Poster / Assindustria Vicenza. Maggio 2002 Figura 43 Ripartizione percentuale delle problematiche più sentite Fonte: Studio Poster / Assoindustria Vicenza. Maggio 2002 Le aspettative e la visione del futuro 93 L’ambiente Allora non dovremmo avere cura dell’ambiente? Siamo chiari, il pianeta non è in pericolo, è sopravvissuto a tutto nel corso del tempo, siamo noi che siamo in pericolo. Michael Crichton L’ambiente 95 La sicurezza ambientale S econdo il DPR 203/88 di attuazione di direttive CEE, l’inquinamento atmosferico viene definito come ogni modificazione della composizione o stato fisico dell’aria atmosferica dovuta alla presenza nella stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali: • da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell’aria; • da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell’uomo; • da compromettere le attività ricreative e gli usi legittimi dell’ambiente; • da alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati. Per inquinamento atmosferico, senza ulteriori specificazioni, si intende abitualmente quello dell’aria esterna, mentre per quello degli spazi confinati si specifica “intramurale” o “indoor”. Perché si abbiano condizioni di inquinamento atmosferico sono necessarie due condizioni: che esistano sorgenti di contaminazione e che sia ostacolato il processo di diluizione atmosferica dei contaminanti. Le principali sorgenti di inquinamento sono: • i processi di combustione dei motori di autoveicoli, impianti di riscaldamento domestici, impianti industriali per riscaldamento ed energia per processi vari, inceneritori municipali, officine del gas, ecc.; • usura e dispersione di materiali (dal manto stradale, da pneumatici di autoveicoli, ecc.); • specifiche lavorazioni industriali. Le condizioni che ostacolano la dispersione dei contaminanti sono rappresentate essenzialmente dai fenomeni di inversione termica e di assenza di vento. In condizioni di inversione termica è impedito il movimento ascensionale dell’aria, in modo tale che i contaminanti, specie quelli corpuscolati, restano tra il terreno e lo strato di aria a temperatura più elevata. Tale accumulo è ancora più grave in assenza di vento. Inoltre in condizioni di alta pressione è frequente l’assenza o la scarsità di movimenti orizzontali dell’aria. Alcuni inquinanti, definiti primari, vengono emessi in maniera diretta da sorgenti ben identificabili, (particelle fini e grossolane, composti dello zolfo, composti organici volatili, il monossido di azoto, il monossido di carbonio, composti alogenati), altri, detti secondari, si formano attraverso complesse reazioni dipendenti dalla concentrazione di prodotti primari, l’effetto della radiazione solare, le condizioni meteorologiche che agiscono sulla dispersione delle sostanze, par ticolari situazioni locali, conformazioni topografiche, grado di umidità. Tali reazioni, per esempio portano alla formazione dello smog fotochimico, in cui è importante il ruolo degli ossidi di azoto e degli idrocarburi emessi dal traffico veicolare. Complesse catene di reazioni coinvolgenti vari composti intermedi, possono portare alla formazione di prodotti altamente tossici (come l’ozono, la formaldeide, i perossidi organici, i perossiacilnitrati e molti altri composti reattivi), come anche mantenere concentrazioni di radicali liberi, estremamente pericolosi per la loro elevata reattività. Il traffico è la principale causa di inquinamento atmosferico ed acustico, di spreco energetico, di aumento degli incidenti, di danni paesaggistici per occupazione del territorio con strade e parcheggi. Gli effetti dell’inquinamento atmosferico possono riguardare: • La riduzione di visibilità (è il più conosciuto sin dall’antichità); è provocata dalla dispersione della luce da parte dell’aer osol atmosferico e dipende dalla grandezza delle particelle, dalla loro concentrazione e dallo spessore dell’aria contaminata: responsabili del fenomeno sono sia gli inquinanti primari, come le particelle di fumo ed il particolato, sia inquinanti secondari come lo smog fotochimico. 96 2. La qualità della vita: i determinanti della salute • Danni alle cose (strutture metalliche ai fabbricati, alle opere d’ar te, alle pitture, ai materiali tessili ecc.). Sono imputabili alle nebbie acide, agli ossidanti fotochimici, all’acido solfidrico e agli ossidi di zolfo, ai particolati e ad inquinanti secondari, come ad esempio l’ozono che causa un rapido deterioramento dei materiali tessili e della gomma (riduce la vita dei pneumatici). • Danni all’agricoltura. Gli effetti sono più accentuati sulle foglie con conseguente riduzione della crescita e della resa, fino alla distruzione della vegetazione. La sensibilità di certe piante nei confronti di cer ti inquinanti (es. acido fluoridrico) è così elevata che si possono impiegare come spie per episodi di inquinamento. Fra le sostanze responsabili di danni si riscontrano: i per ossiacilnitrati, il biossido di zolfo, piogge e nebbie acide, etilene, fluoruri, ozono, ossidanti or ganici. • Effetti sugli animali e sull’uomo. Comprendono quelli acuti di disturbo (arrossamento delle mucose congiuntivali e lacrimazione, congestione della mucosa nasale e di quella tracheobronchiale, con bruciore, ipersecrezione mucosa e dif ficoltà respiratoria) associati a presenza di ossidanti, di aldeidi, di idr ocarburi, come il perossiacetilnitrato. Tali ef fetti sono rapidamente reversibili una volta che cessi l’esposizione. L’incidenza delle malattie r espiratorie acute alle alte e medie vie aeree aumentano in relazione agli aumenti di ossidi di zolfo e di polveri. I gruppi di popolazione maggiormente esposti sono quelli di più giovane età, gli anziani e le persone af fette da malattie respiratorie e coronariche Tra i contaminanti potenzialmente oncogeni sono da citare il benzene (costituente del petrolio grezzo e delle benzine, per cui i motori a due tempi dei motorini sono fra i principali responsabili delle sue emissioni), gli idr ocarburi policiclici aromatici (prodotti nei processi di combustioni incomplete), l’asbesto o amianto (utilizzato come isolante termico e ignifugo in costruzioni edili industriali, navali). Secondo l’O.M.S. oltre il 97% della popolazione è esposta, a causa del traffico, a rumori oltre i 55dB, che comportano disturbi del sonno, della capacità di concentrazione e di comunicazione, mentre livelli superiori a 65dB possono avere incidenza su malattie cardiache ed ipertensione. Nel territorio dell’Alto Vicentino sono presenti due stazioni dell’ARPAV per la rilevazione degli inquinanti atmosferici. Una, operativa dal 1985 a Schio in via Vecelio, misura il monossido di azoto, il biossido di azoto, l’ozono, il biossido di zolfo, oltre ad alcuni parametri meteo come la velocità e la direzione del vento, la temperatura, la radiazione solare totale e la pioggia. L’altra, operativa a Thiene dal 1996, attualmente in Via Val Posina, misura i mono e biossido di azoto, il biossido di zolfo, il monossido di carbonio e alcuni parametri meteo come velocità e direzione del vento, temperatura, umidità relativa, pressione atmosferica. Il biossido di zolfo ha come principale sorgente la combustione di prodotti petroliferi contenenti zolfo (un contributo significativo viene dato dai motori diesel). Le concentrazioni maggiori si rilevano nella stagione invernale. Combinandosi col vapore acqueo può dare origine ad acidi forti quali l’acido solforico e solforoso contribuendo al fenomeno delle piogge e nebbie acide. Il monossido di carbonio è derivato prevalentemente da combustione incompleta di composti del carbonio, come nei motori a scoppio, privi di catalizzatore. La sua tossicità è correlata al legame che esso contrae con l’emoglobina per la quale ha una affinità 240 volte circa superiore a quella dell’ossigeno. I monossido e biossido di azoto sono prevalentemente di origine naturale, tuttavia la quota di origine antropica è concentrata in aree limitate dove può raggiungere livelli dannosi per la salute (disturbi respiratori, soprattutto in persone già asmatiche). Le principali fonti umane sono tutti i processi di combustione (riscaldamento domestico, motori a scoppio, industrie). L’ozono non è associato a sorgenti proprie specifiche, si forma infatti grazie a complesse reazioni chimiche, favorite dalla radiazione solare e dalla temperatura, in presenza di altri inqui- L’ambiente 97 nanti primari quali i composti organici volatili e i composti azotati. Questo fa sì che le concentrazioni elevate di ozono tendono a distribuirsi omogeneamente in zone con caratteristiche climatiche e orografiche simili, soprattutto in presenza di stabilità atmosferica. L’ozono, per la sua origine, è quindi un inquinante tipicamente estivo e tipicamente diurno, le sue concentrazioni raggiungono valori elevati nelle ore più calde di giugno, luglio, agosto. In tali evenienze è opportuno che bambini, anziani persone con malattie respiratorie e cardiache evitino la permanenza prolungata all’aperto nelle ore più calde della giornata; in generale la popolazione dovrebbe moderare l’attività fisica all’aperto nelle ore più critiche. Il PM10 è quella parte di par ticelle sospese di diametro non superiore a 10 micrometro. Alla quota di origine naturale occorre aggiungere quella antropica: il riscaldamento domestico, il traf fico veicolare, attività industriali caratterizzate da combustione di prodotti oleosi o carboniosi, oppure attività par ticolari, come i cementifici. La maggior parte di particolato (PM10) è costituito da polveri di diametro inferiore a 2.5 micron, in grado di penetrare in profondità attraverso le vie aeree. L’azione del par ticolato, quando non contenga sostanze tossiche di per sé, comporta un impegno dei meccanismi di clearance alveolare e mucociliare. Ciò appare in grado di potenziare l’azione tossica di altri contaminanti contemporaneamente o successivamente inalati. Dai dati rilevati dalle stazioni di Schio e Thiene per il monitoraggio della qualità dell’aria emerge che per il biossido di azoto si hanno valori nella norma, inferiori a quelli delle altre stazioni della provincia, sia rispetto al limite fissato dal DPR 203/88 (98° percentile dei valori orari misurati durante l’anno), sia rispetto ai due nuovi limiti per la protezione della salute umana fissati dal DM 60 del 02/04/2002 (56 microgrammi/metrocubo e 280micr ogrammi/metrocubo come valore orario da non superare più di 18 volte nell’anno civile). Lo stesso decreto introduce un novo limite per la protezione della vegetazione, ma nessun sito di monitoraggio della rete risponde ai requisiti richiesti (distanze da agglomerati, impianti industriali, autostrade). Per l’ozono, negli ultimi anni, si è riscontrato nella stazione di Schio un trend all’aumento dei valori espressi come dati statistici di sintesi 50° e 98° percentile dei valori orari. Con un 50° percentile di 53microgrammo/metrocubo la stazione di Schio detiene il primato per questo parametro che risulta più che doppio di quello misurato a Vicenza. I valori del biossido di zolfo sono decisamente inferiori ai limiti di legge (DPR 203/88 e DM 60/02), compreso quello per la protezione degli ecosistemi (20 microgrammi/metrocubo) espresso come media dei valori orari, annuale e del semestre invernale. Tali buoni risultati sono dovuti agli interventi sulla composizione dei combustibili da autotrazione e la sempre più capillare dif fusione del metano come fonte di riscaldamento. Il monossido di carbonio, monitorato dalla stazione di Thiene ha analogamente fornito risultati soddisfacenti sia rispetto ai limiti fissati dal DPCM 145/83, sia quello del DM 60/02. In questo caso l’intervento è stato ef fettuato sulla tecnologia dei veicoli a motore, principale sorgente di CO in area urbana. Per il materiale particolato (PM10), il DM 60/02 definisce due limiti per la protezione della salute umana, il primo fissa in 35 il numero massimo di giorni in cui la concentrazione giornaliera possa superare il valore di 65microgrammi/metrocubo, con una media annuale dei valori giornalieri da non superare di 44. 8microgrammi/metrocubo. Per il periodo 01-11 febbraio 2002 nella stazione rilocabile di Schio i valori sono stati rispettivamente 7 e 73. Tali valori sono stati ampiamente superati dalle stazioni di Vicenza e, vista la tipologia di inquinamento, è da supporre che tali limiti siano stati superati in tutta la provincia. In ambito urbano si registrano i tassi di emissione più alti a causa sia delle basse velocità, 98 2. La qualità della vita: i determinanti della salute sia dei viaggi relativamente brevi che comportano una maggiore incidenza delle percorrenze a motore freddo. Nel 2003 la città di Schio è stata inserita dalla regione in una fascia più a rischio, detta “zona A” o “zona critica”, dove cioè i livelli di uno o più inquinanti eccedono il valore limite aumentato del margine di tolleranza e in cui si possono applicare da parte del Sindaco piani di azione, quali la limitazione del traffico o altre misure alternative. Gli inquinanti segnalati a rischio sono: le polveri (PM10), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), l’ozono. La città di Thiene è stata, invece, inserita nell’elenco dei comuni della zona “B” per IPA e PM10, cioè dove i livelli siano compresi tra il valore limite e il valore limite aumentato del margine di tolleranza, dove quindi si possono applicare piani di risanamento e non misure di emergenza come la limitazione del traffico. Da quanto detto sopra la limitazione dei livelli di concentrazione delle polveri e degli altri inquinanti nelle nostre città non può che avvenire, attraverso la promozione di una mobilità urbana sostenibile (riduzione del traffico veicolare, favorendo l’uso del mezzo pubblico, il contenimento del numero e della lunghezza degli spostamenti ecc.), stili di vita salutari come l’attività motoria e favorendo la diffusione di edifici a risparmio energetico. È dimostrato che una passeggiata vigorosa giornaliera di 30 minuti (a piedi o in bicicletta) può ridurre fino al 50% il rischio di contrarre malattie cardiovascolari, fino al 50% il rischio di sviluppare diabete ed obesità e 30% di sviluppare ipertensione. Interessane notare che 30 minuti di camminata corrispondono a spostamenti complessivi di circa 4 Km giornalieri distanza entro cui rientrano il 30-40% degli spostamenti nelle aree urbane. Un’ultima considerazione: gli stessi inquinanti di cui abbiamo parlato sono contenuti nel fumo di sigaretta, sia in quello inalato dai fumatori che in quello inalato involontariamente dai non fumatori (fumo passivo). Urbanistica e sicurezza stradale Nell’ambiente urbano, inteso come città, quartiere, frazione, gruppo di case, ... trascorriamo la normale vita di tutti i giorni, composta da attività sia all’interno dell’abitazione che all’esterno di questa. Le attività all’interno e quelle all’esterno sono tra di loro collegate essendo necessario, per la vita di tutti i giorni, recarsi al lavoro e a scuola, accedere ai servizi ed alle attività commerciali, svolgere attività ricreative, culturali, sportive, ecc. L’ambiente urbano deve risultare a misura d’uomo, luogo dove è piacevole vivere, nel momento in cui il complesso delle attività afferenti alla residenza può essere fruito con efficienza e sicurezza, in un ambiente non inquinato ed esteticamente gradevole. La mobilità correlata alle funzioni fondamentali del quotidiano, in particolare, è un fattore fondamentale per la qualità della vita dei cittadini, essendo il tempo dedicato agli spostamenti, casa-lavoro, casa-scuola, casa-strutture commerciali, casa-ser vizi (palestra, biblioteca, banca, ...) e simili, una parte consistente della nostra giornata. L’abitazione, per ciascuno di noi, è il luogo centrale dello spazio urbano: ciascuna abitazione si pone infatti come “baricentro” dell’ambiente percepito da ciascun abitante, in ragione dei luoghi di lavoro e delle scuole frequentate, dei ser vizi più frequentemente utilizzati, delle attività svolte del tempo libero, delle strutture commerciali frequentate, ... oltre che ovviamente del paesaggio circostante e del contesto urbano percepito. Nella qualità dello spazio residenziale incidono diversi fattori: le caratteristiche edilizie (buona illuminazione solare diretta, possibilità di ricambiare ef ficacemente l’aria, disponibilità di spazi adeguati al nucleo familiare, possibilità di relazione interno-esterno ad esempio con terrazzi e giardini ed un suf fi- L’ambiente 99 ciente distacco dagli edifici prospettanti), il contesto ambientale percepibile dall’abitazione (cioè il livello di traffico percepito dall’alloggio, la vicinanza di attività a rischio o arrecanti disturbo, ecc.), la disponibilità verde di vicinato per gioco bimbi, la presenza di verde e sport di quartiere, e di servizi di base; la distanza dei servizi di base, e cer tamente la lunghezza e sicurezza dei percorsi pedonali (casa-scuola, chiesa, parco giochi, ecc.), la lunghezza e sicurezza dei percorsi ciclabili (casa-scuola, casa-attività del tempo libero, ecc.), e la percorribilità dei percorsi da parte di persone con handicap motori o sensoriali. Sono indubbiamente fattori di qualità il disporre di un affaccio su di una porzione di natura, la possibilità di utilizzare spazi verdi nelle immediate vicinanze, ecc.; la vicinanza delle scuole frequentate dai figli, la disponibilità di marciapiedi e di piste ciclabili, ecc. Nella qualità dello spazio abitativo non incidono però solo quegli aspetti che derivano dal considerare l’abitazione come centro di uno spazio percepito, ma sono rilevanti anche quelli per i quali l’abitazione viene considerata come la meta del ritorno a casa. Il tessuto urbano deve quindi anch’esso essere di qualità, in modo che, per la varietà di luoghi, per la qualità del paesaggio, per la qualità dei percorsi possibili, la propria casa ed i suoi dintorni possano apparire, per chi vi si approssima, come luogo gradevole, unico ed inconfondibile. Sono quindi particolarmente impor tanti per la qualità dell’ambiente urbano anche gli spazi lineari dei percorsi che collegano tra di loro quegli spazi puntuali del vivere che sono l’abitazione, il luogo di lavoro, la scuola, le strutture commerciali ed i servizi, ecc.). Oltre ad un adeguato livello quantitativo e qualitativo dei servizi (disponibilità di aree verdi, di parcheggi, ecc.), è necessario che anche la rete dei percorsi risulti adeguata al buon vivere del complesso della popolazione, o meglio ancora rispondente alle necessità degli abitanti più sensibili (i cosiddetti “soggetti deboli” quali sono anziani e bambini, e disabili motori e sensoriali). Sembra scontato che la progettazione dell’ambiente urbano tenga conto delle esigenze dei soggetti più deboli, ma sovente non è proprio così. E questa non è solo una regola di civiltà, ma anche un’esigenza pratica ed un bisogno emergente. Infatti l’incidenza delle fasce più anziane della popolazione è in costante crescita. Inoltre, la riduzione delle dimensioni della famiglia media e delle reti parentali, comporta nuove necessità per le famiglie: ad esempio la sicurezza delle esigenze di mobilità delle fasce più giovani. L’aumento del traffico urbano automobilistico ha ridotto gli spazi disponibili per i più giovani, e quindi occorre studiare nuove soluzioni che consentano ai ragazzi di potersi muovere autonomamente, ed in condizioni di sicurezza, nell’ambito degli spazi lineari che collegano ai ser vizi di cui necessitano (i genitori, impegnati al lavoro, devono ad esempio poter lasciar andare a scuola i loro figli, a piedi o in bicicletta, senza eccessive preoccupazioni, sia per la lunghezza del percorso che per la sua sicurezza, in par ticolare rispetto ai rischi rappr esentati dal traffico veicolare). Decongestionare la città, fluidificare lo scorrimento dei mezzi di circolazione, mettere in sicurezza la mobilità ciclo-pedonale, ecc. sono azioni utili sotto diversi punti di vista: • riducono l’inef ficienza conseguente alla congestione (che comporta una di perdita di tempo pr oduttivo per chi lavora, e di tempo libero per chi vuole usufruire dei servizi); • riducono l’inquinamento dell’aria (monossido di carbonio, ossidi di azoto, benzene, par ticolato) e l’inquinamento acustico (rumore), con benefici per l’ambiente urbano e per l’esposizione diretta di chi utilizza i mezzi di traspor to; • riducono lo spreco energetico (combustibile per km) ed il rischio di incidenti; • riducono i rischi per la salute conseguenti alla diminuzione dell’opportunità di ef fettuare attività fisica; • favoriscono l’autonomia delle fasce deboli. Parimenti, l’incrementare la densità di popolazione connesso all’accrescimento delle aree a 100 2. La qualità della vita: i determinanti della salute verdi e dei percorsi ciclo-pedonali, è un’azione che può dare benefici in termini di mobilità in quanto con la contrazione degli spazi lineari (che connettono i diversi spazi dell’abitare) si rendono praticabili ad una maggiore quota di popolazione forme di mobilità più sostenibili. Sembra scontata la necessità che il grado di sicurezza del traffico veicolare venga tarato sul guidatore più debole (ad esempio l’“ultra-sessantacinquenne”, cer tamente più portato per uno stile di guida tranquillo e prudente, rispetto ad un soggetto più giovane). Analogamente che le caratteristiche viabilistiche siano di qualità e favoriscano i compor tamenti corretti degli utenti della strada (attraverso le caratteristiche del percorso piuttosto che con la più semplice apposizione di limiti). Inoltre si potrebbe applicare l’approccio tipico dell’analisi dei rischi alle soluzioni viabilistiche: cioè valutare quanto probabili siano comportamenti non corretti e quanto gravi siano le possibili conseguenze. Ad esempio è più probabile attendersi velocità contenute, e rispettose dei limiti, in un tratto in vicinanza ad una rotatoria con precedenza all’anello (che comporta un vincolo alla velocità massima, pena l’uscita di strada), piuttosto che su un tratto lungo e rettilineo interessato da un incrocio; in caso di mancato rispetto dei limiti di velocità e della precedenza all’incrocio gli esiti possibili sono certamente più gravi in quest’ultima ipotesi. Sempre con riferimento alle esigenze delle fasce deboli della popolazione, uno dei requisiti fondamentali del tessuto residenziale è la fruizione dei luoghi di libera relazione e soprattutto gli spazi verdi, da cui ne deriva anche la criticità nell’accessibilità e nella sicurezza. Per i bambini più piccoli, ad esempio è importante la disponibilità di uno spazio, anche di modeste dimensioni, a diretto contatto con l’abitazione; che deve essere adeguatamente protetto rispetto i rischi per i propri utilizzatori. L’utilità di tale spazio è estensibile agli anziani ed in par ticolare a quelli con handicap. Per le attività ludiche dei ragazzi gli spazi verdi attrezzati devono essere raggiungibili con percorsi pedonali e ciclabili sicuri, di regola non eccessivamente lunghi (max 10÷15 min a piedi) e possibilmente integrati con i servizi scolastici. L’utilizzo degli spazi di socializzazione e di fruizione del tempo libero è diversificato, per età, interessi personali e tipo di mobilità, ma la problematica della praticabilità dei percorsi di collegamento all’abitazione in condizioni di efficienza e di sicurezza costituisce comunque un elemento critico per la qualità complessiva. In altre parole la relazione tra abitazione e servizi, utilizzati ed utilizzabili, produce il livello di qualità e di sicurezza dello spazio della residenzialità, e, sia gli impatti ambientali che i rischi derivanti dall’interferenza tra percorsi ciclopedonali e percorsi veicolari, devono risultare contenuti entro margini di accettabilità. La disponibilità di spazi lineari, che connettono abitazioni e servizi, di gradevole qualità ambientale e di basso rischio nell’utilizzo, ragionevolmente può incrementare la percentuale di persone che scelgono di muoversi a piedi o in bicicletta. Viceversa l’assenza di tali condizioni spinge all’utilizzo più estensivo di autoveicoli (ad esempio per portare i figli a scuola ed alle attività del tempo libero), attraverso una scelta che dal punto di vista del singolo è a favore della sicurezza, ma la somma di scelte di questo tipo ha come risultato l’aumento dei fattori negativi di congestione stradale (tempo sprecato, incidenti, ecc.), di inquinamento (emissioni e rumore) e oltre che la dipendenza per le fasce deboli (bambini ed anziani). La sicurezza in ambienti di vita: casa, lavoro, scuola Parlare di sicurezza significa affrontare il problema del rischio connesso con le attività che svolgiamo giorno per giorno. La sicurezza ed il suo contrario, il rischio, come ogni entità astratta non si possono percepire, ma vengono considerati in base alla valutazione di diversi elementi il più spesso soggettivi. Uno studioso della materia (Peter Sandman della Rutgers L’ambiente 101 University, New Jersey) ha perciò proposto di distinguere, nel concetto di rischio, una componente «hazard» relativa agli aspetti tecnici della sicurezza ed una «outrage» riguardante quelli non tecnici, da cui la formula: RISK = Hazard + Outrage. Quando si parla di sicurezza ci si riferisce agli aspetti tecnici del rischio, ma, inconsapevolmente, si viene condizionati anche da quelli non tecnici. Quando, ad esempio, affermiamo che un’apparecchiatura è sicura «a prova di stupido», intendiamo che il grado di sicurezza è sovrabbondante per far fronte alla remota possibilità che qualcuno, uno “stupido”, la possa utilizzare in modo non corretto. In pratica troppo spesso consideriamo le regole della sicurezza non sempre necessarie per farci vivere e lavorare nel migliore dei modi, più agevolmente e serenamente, e talvolta riteniamo – erroneamente – di poterne essere esonerati senza conseguenze. Ciò poiché nel giudicare il livello di sicurezza necessario ci riferiamo al nostro stato “medio” di benessere, senza tener conto degli inevitabili periodi di stanchezza cui possiamo andare incontro; una lunga pratica non funestata da incidenti tende a farci sottovalutare la necessità di un corretto livello si sicurezza, probabilmente perché si forma una sindrome di non vulnerabilità e di eccessiva fiducia in se stessi o nella buona sorte. Ciò può avere ricadute deleterie, in quanto una ridotta attenzione alla sicurezza (adozione di modalità corrette di operare; rispetto delle istr uzioni e dei segnali: etichette, manuali dei prodotti, ecc.; uso dei dispositivi di protezione; ecc.), come purtroppo testimoniano le statistiche degli incidenti in ambito domestico o durante il tempo libero, fa inesorabilmente delle vittime. Tabella 05 Percentuale di incidenti domestici e fuori dell’ambito domestico Meccanica incidenti domestici % Attività ambito non domestico % Cadute 40,02 Tempo libero/giochi 19,63 Ur ti 18,52 Bricolage/giardinaggio 18,19 Tagli 17,99 Domestiche 15,87 11,44 Distorsioni 6,49 Bisogni fondamentali Corpo estraneo 5,35 Sportive 9,55 Schiacciamenti 4,66 Spese e acquisti 1,48 Altri contatti 3,05 Scolastico/professionali Liquidi bollenti/vapore 2,10 Altre specifiche 1,82 Attività sconosciute Altro Totali 100,00 1,02 17,95 4,87 100,00 I dati statistici disponibili mostrano che in Italia si verificano ogni anno circa 1.800.000 incidenti domestici (3.200 ogni 100.000 abitanti) che portano alla necessità delle cure ospedaliere del pronto soccorso, di cui circa 270.000 (420 ogni 100.000 abitanti) compor tano la necessità di ricovero ospedaliero. Ci si riferisce a dati ospedalieri in quanto vi è una significativa difficoltà a rilevare l’ef fettiva entità degli incidenti domestici, che, spesso, sono fortunatamente di piccola entità (si stima che ogni infortunio grave ci sarebbero 30 incidenti lievi e 300 senza lesioni, non rilevabili dalle statistiche). Per trarre informazioni in modo da capire cause e modalità di accadimento, vengono analizzati i certificati di pronto soccorso e le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO). I tipi di incidente che si verificano con maggior frequenza sono le cadute, gli ur ti, i tagli e le ustioni, mentre i luoghi dove maggiormente tali incidenti si verificano sono la cucina, il bagno, le scale, mentre per gli altri ambienti vi è un par ticolare elemento edilizio (pavimento scivoloso, mobili, elementi con spigoli, ecc.) all’origine dell’incidente. 102 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Le cause sono svariate: una parte di essi è imputabile a distrazione, super ficialità, scarsa conoscenza e/o inosservanza delle norme di sicurezza, ovvero alla presenza in casa di apparecchi o sostanze chimiche pericolosi, ma anche, e soprattutto, a causa di un’inadeguata cultura della sicurezza e della prevenzione. Se si considera poi l’incidenza per fascia di età e la gravità degli esiti, i soggetti più a rischio sono i bambini e gli anziani. Le statistiche dell’UNICEF mostrano che nei paesi dell’OCSE la probabilità di un bambino di morire per incidenti è in calo, ma la velocità con cui questo avviene nei diversi paesi varia molto, e un obiettivo ragionevole per tutti i paesi dell’OCSE è di ridurre il tasso a quello della Svezia (5,2% ogni 100.000 morti). L’Italia, attraverso il Ministero della Salute, partecipa al progetto europeo EHLASS (European Home and Leisure Accidents Surveillance System) di rilevamento degli incidenti che si verificano in ambito domestico e nel tempo libero, attraverso la raccolta di dati presso alcuni servizi ospedalieri di pronto soccorso (figura 44). Anche nel Veneto, una quota importante della morbosità e della mortalità che interessa la popolazione, in particolare in termini di anni di vita perduti e disabilità, è causata da incidenti domestici. Risultano particolarmente significativi gli incidenti che colpiscono i bambini (ad esempio: annegamento in vasca da bagno o nella piscina di casa), gli anziani (ad esempio: esiti della frattura di femore), quelli che interessano colui che effettua l’attività domestica, e i gruppi sociali marginali (ad esempio: intossicazioni da monossido di carbonio dipendenti da inaFigura 44 Incidenti domestici e del tempo libero deguati sistemi di riscaldamento). rilevati nell’ambito del programma europeo di sanità Un recente monitoraggio degli accessi al pubblica sulle lesioni personali. pronto soccorso dell’U.L.SS. n.4 ha evidenFonte: Injury Prevention Program. European Home Leisure Accidents. 2000 ziato che, in un periodo di 6 mesi, vi sono stati gli accessi per incidenti in ambiente e domestico riportati nella tabella 83. Tabella 83 Accessi al pronto soccorso per incidenti in ambiente domestico Età Abitanti accessi... ...di cui media gravità numero ‰ numero 12,8 36 ...di cui gravi numero ‰ 11 0,42 0-14 26.445 388 15-24 17.632 134 7,0 20 5 0,28 25-44 58.163 624 10,7 80 14 0,24 45-64 44.651 472 10,6 62 26 0,58 65+ 30.726 414 13,5 57 61 1,99 Anche i nostri dati confermano che i soggetti più a rischio sono i bambini (fascia 0-14 anni) e gli anziani (fascia 65+ anni) per i quali riscontriamo la maggior incidenza, ed una maggior rilevanza degli esiti gravi. Molti comportamenti er rati e molte condizioni ambientali che favoriscono l’insorgenza di incidenti domestici possono certamente essere modificati, con benefici nella prevenzione dei traumi incidentali. Il tema della sicurezza nell’ambiente domestico è relativamente recente e vi è una modesta, seppur significativa, analisi delle pratiche effi- L’ambiente 103 caci. Di particolare attenzione sono gli incidenti a carico di soggetti in età pediatrica, di anziani, casalinghe e di soggetti in condizioni di marginalità sociale. Si è constatata la necessità di un differente approccio in tema di prevenzione degli incidenti per i bambini rispetto agli anziani. Nel primo caso è dimostrata l’ef ficacia del counselling rivolto ai genitori finalizzato all’adozione di pratiche di sicurezza (esempio non lasciare da solo un bambino con meno di tre anni in vasca da bagno) e all’acquisto di sistemi di sicurezza (acquisto ed installazione piastre con termocoppie contro la fuoriuscita accidentale del gas, cancelletti a protezione delle scale, griglie proteggi pentole, termostati per regolare la temperatura dell’acqua dei rubinetti, ecc.). Nel caso degli anziani il counselling non dimostra la stessa ef ficacia. In queTabella 94 Estratto degli interventi di prevenzione proposti per la popolazione anziana. Fonte: Canadian Task Force for Preventive Health Care. 1994. Tabella 95 Estratto degli interventi di prevenzione proposti per i bambini. Fonte: Canadian Task Force for Preventive Health Care. 1994. 104 2. La qualità della vita: i determinanti della salute sto caso è invece efficace l’acquisto ed installazione di sistemi di sicurezza per conto e nell’interesse del soggetto anziano. Naturalmente l’invito alla rimozione di tappeti ornamentali quando non dotati di dispositivi antiscivolo, l’utilizzo di tappetini antiscivolo in bagno, ecc. possono ugualmente costituire importanti semplici suggerimenti. Per i soggetti in condizioni di marginalità sociale sono tuttora rilevanti problematiche derivanti da carenze degli impianti (elettrico, riscaldamento, ecc.) e significativo il rischio di intossicazioni accidentali. Nell’af frontare il problema della sicurezza in modo sistematico possiamo infine distinguere i seguenti ambiti: caratteristiche dell’ambiente (impianti, mobili, attrezzature, utensili, giochi, ecc.) e modo con cui ci si relaziona con l’ambiente, cioè i comportamenti; e quest’ultimi devono essere tanto più “attenti” quanto meno sicuro è l’ambiente. La sicurezza dell’ambiente dipende dal rispetto delle norme tecniche e da semplici precauzioni (tappeti antiscivolo, protezione degli spigoli, ecc.). Per garantire la sicurezza dell’ambiente occorre far riferimento a tecnici specialisti (ad esempio all’elettricista per l’impianto elettrico, all’idraulico per quello la rete dell’acqua e del gas, ecc.). L’esperto in sicurezza ci può poi aiutare a rendere sicuro l’edificio dove soggiorniamo, in particolare per i diversi elementi edilizi: parapetti e ringhiere a protezione delle zone con rischio di caduta nel vuoto, por te e finestre con modalità di apertura tale da non essere possibile causa di incidenti in relazione alla collocazione del serramento, superfici vetrate di sicurezza (che non produce schegge taglienti) dove possono essere accidentalmente rotte, scale con gradini non sdrucciolevoli e corrimano, ecc. Gli impianti, ad esempio, devono essere progettati ed installati in modo da rispettare i vigenti standard di sicurezza: tali requisiti sono stabiliti dalle norme tecniche UNI e CEI e la realizzazione e le modifiche agli impianti sono regolamentate dalla L.49/90 (che prescrive che gli inter venti siano effettuati da ditte specializzate, che al termine dell’intervento devono rilasciare apposita certificazione di conformità, ecc.). Anche gli arredi svolgono un ruolo fondamentale nel livello di sicurezza, si pensi ad esempio alla presenza si spigoli, al rischio di schiacciamento di sportelli, cassetti, ecc. Tali rischi se possono essere meno significativi per gli adulti, possono risultare critici per bambini ed anziani. Per le attrezzature occorre innanzitutto evidenziare che, per quelle alimentate elettricamente, è necessario che dispongano di marchi di conformità alle norme di sicurezza (IMQ per l’Italia). Prima di utilizzarle e di collegarle alla rete elettrica è sempre necessario leggere bene il manuale di istruzioni fornito dal costruttore. Qualora fossero necessari adattamenti (ad es. della spina) o regolazioni ci si deve rivolgere a personale esperto (rivenditore, centro assistenza, ecc.) evitando il “fai da te” quando non si ha la necessaria preparazione tecnica. Occorre infine considerare che ci sono attrezzature comunque pericolose, ad esempio per i bambini, che vanno prioritariamente educati alla sicurezza e ad assumere comportamenti responsabili. Per gli aspetti normativi si ricorda che in Italia e nella Regione Veneto abbiamo diversi leggi e norme tecniche in materia di sicurezza edilizia ed impiantistica (L.3/89, L.46/90, ecc.) ed inoltre ogni progetto edilizio (residenziale, commerciale, direzionale, produttivo, ecc.) viene redatto da professionisti ed è soggetto alla vigilanza di strutture pubbliche (comune, dipar timento di prevenzione dell’Azienda U.L.SS., vigili del fuoco, ecc.) al fine di assicurare un corretto standard di fruibilità, di igiene e di sicurezza. Riguardo ai comportamenti va sottolineata l’importanza della conoscenza dei manuali di istruzione e delle schede tecniche fornite dal costruttore delle attrezzature e degli impianti che si utilizzano, oltre alla conoscenza di come fare correttamente una determinata azione (ad esempio il sollevamento di un carico pesante). È necessario che gli impianti siano manutenuti ed utilizzati in modo corretto, ad esempio per quello elettrico occorre verificare periodi- L’ambiente 105 camente l’efficienza del differenziale, e nel collegare un apparecchio di elevata potenza assorbita (ad es. stufa elettrica) bisogna prestare attenzione alle caratteristiche della presa e non utilizzare adattatori in situazioni inappropriate; e non bisogna mai utilizzare apparecchi elettrici in vicinanza di acqua (vasca da bagno, doccia, ecc.). Il conduttore dell’alloggio deve poi avvalersi di ditte specializzate per gli interventi sugli impianti e per far effettuare la necessaria manutenzione (caldaia, ecc.). Molto importante è anche l’educazione alla sicurezza dei bambini: non è sufficiente vietare e segregare tutto ciò che è potenzialmente pericoloso, ma è sempre oppor tuno spiegare perché una cosa è pericolosa e come è giusto comportarsi. L’educazione deve cioè insegnare a “gestire correttamente le situazioni di pericolo”. Disagio abitativo Negli ultimi anni è emerso, nell’ambito dell’edilizia privata, un fenomeno che si riteneva superato con lo sviluppo socio-economico del paese: il disagio abitativo. Nell’U.L.SS. n.4 una parte dell’attività è costituita dall’accer tamento e prevenzione delle situazioni di degrado igienico e di sicurezza delle abitazioni. Nelle situazioni più degradate ovvero, laddove si ritiene possa esistere un pericolo per la salute degli inquilini (per esempio per intossicazione da monossido di carbonio, fili elettrici volanti ecc.), si dà comunicazione al sindaco del comune competente, in quanto autorità sanitaria locale, per i provvedimenti necessari a tutelare la salute delle persone. Nel 2003 sono stati effettuati 66 sopralluoghi finalizzati ad accer tamenti di igienicità o abitabilità. La maggior par te di questi sono stati richiesti dagli inquilini stessi per poter ottenere il cer tificato necessario a concorrere all’assegnazione di alloggi di edilizia popolare. Per una piccola par te l’accertamento è stato richiesto dalle forze dell’ordine (in genere vigili urbani, carabinieri), dalle amministrazioni comunali o nell’interesse di privati. Il 33% degli alloggi visti si sono presentati in condizioni di particolare degrado igienico e di sicurezza. Nel 5% di tutti i casi accer tati si è trattato di alloggi pericolanti, nel 12% l’impiantistica (caldaia, impianto elettrico) è risultata pericolosa; il 18% degli alloggi è risultato improprio per gravi carenze igieniche (ad esempio umidità diffusa e permanente, altezza inferiore a 2,4m), nel 28% antigienico (es. carenza di ser vizi igienici, umidità alle pareti, mancanza di idoneo riscaldamento dei locali, serramenti esterni in cattive condizioni per vetustà, infiltrazioni di acqua piovana dal tetto e/o dalle finestre). Nel 75% dei casi segnalati gli alloggi erano abitati da immigrati extracomunitari. Le cause sono da ricercare in parte ad una tendenza a non risanare abitazioni degradate, in quanto le stesse vengono comunque locate a fasce disagiate di popolazione, in particolare immigrati di origine extracomunitaria; dall’altra vi è un crescente numero di immigrati che hanno difficoltà ad integrarsi e ottenere un alloggio salubre a costi contenuti. Spesso, è da sottolineare, sono gli stessi inquilini, che, per motivi economici, rendono la propria abitazione insalubre ed insicura: ad esempio non utilizzando la caldaia disponibile, ma riscaldando uno solo o più locali con mezzi di fortuna, senza aper tura permanente o con tubi di scarico pericolosi. Altre cause di insalubrità frequentemente riscontrate sono la mancanza di adeguata ventilazione dei locali, i cui serramenti vengono spesso tamponati da mobili, e l’assenza di una aspirazione dei fumi sui fornelli, con conseguente ristagno dell’umidità nella stanza. Una sinergia di azioni con i comuni, in un ambito di politica di gestione dell’edilizia e dell’ambiente urbano, permetterebbe di ridurre e prevenire tali situazioni di disagio e di rischi per la salute. Le condizioni socio-economiche La società ha inizio a partire da due individui. Quando il rapporto tra questi individui modifica il loro comportamento. Jean Piaget Le condizioni socio-economiche 107 I comportamenti e gli stili di vita L a salute è il bene che resta al vertice dell’attenzione e delle attese della popolazione: in assenza di risposte organiche da parte degli enti preposti, questa attenzione rischia di tradursi in eccessive (e a volte inappropriate) richieste di prestazioni a contenuto “riparativo”, anziché in pieno utilizzo di oppor tunità di miglioramento attivo della propria salute. Imperante diventa la necessità di attingere ad un “capitale sociale” inteso come aggregazione di risorse connesse alle motivazioni, agli atteggiamenti, alle relazioni che imprese, istituzioni, gruppi di cittadini e singoli, dimostrano in modo istituzionalizzato o meno, in sostanza la capacità di attrarre investimenti o stimolare impresa a partire dalla rete di relazioni che la realtà locale è in grado di strutturare o gestire. È ormai scientificamente dimostrato il ruolo fondamentale degli stili di vita nel determinare la salute; d’altra parte lo stile di vita non è solo frutto di scelte individuali, ma caratterizza una comunità locale nel suo insieme. In questo senso, le scelte individuali modificano e contemporaneamente sono modificate dagli stili di vita della comunità. La promozione della salute inizia ad essere un frutto della coscienza civile della società e della assunzione da parte di tutti i cittadini di un ruolo personale diretto e consapevole nei confronti del proprio benessere fisico, psichico e sociale, avvalendosi di tutti gli organismi di par tecipazione e concertazione utili per una gestione territoriale della salute. L’evidenza scientifica ha ormai dimostrato come il fumo di tabacco rappresenta di gran lunga il maggior fattore di rischio per la salute essendo tra le cause più rilevanti nell’insorgenza di malattie cardiovascolari, neoplastiche e respiratorie. Il fumo di sigaretta rappresenta la principale causa di malattia e morte prevenibile con modalità ef ficaci e relativamente a basso costo. In particolare, il fumo risulta la causa scatenante per alcuni tipi di tumore tra cui quelli del polmone (90%), dell’esofago (66%), della vescica (28%), pancreas (25%), rene (25%) e leucemie (19%). Dall’esame dei dati riportati nel paragrafo “Aspetti demografici ed epidemiologici”, risulta evidente l’incidenza come causa di morte dei tumori correlati all’abitudine al fumo. Gli studi di farmacoeconomia dimostrano come la cessazione dal fumo rappresenta il punto più alto nella bilancia costo efficacia in termini di assistenza sanitaria. In Italia i fumatori sono 12 milioni e 330 mila. Rappresentano il 24,9% della popolazione con età superiore a 15. In Veneto i fumatori di età superiore ai 15 anni sono il 21,2%. La maggiore percentuale di fumatori si ha tra i 24 ed i 54 anni con il 35% di fumatori in Italia ed il 30% nel Veneto. Questo è probabilmente il risultato delle campagne di prevenzione e sensibilizzazione attuate nel Veneto in questi anni. L’incidenza del fumo nelle donne è in aumento negli ultimi anni. Nell’U.L.SS. n.4, (fonte Progetto Goal - Ser vizio di Alcologia - inter vista a 4.829 donatori di sangue di età media 36 anni), i fumatori sono il 26%. Tra gli operatori sanitari il 30,8% è fumatore. Tra i medici di base il 19%. In Italia dei giovani frequentanti la seconda e terza media, il 43% ha sperimentato il fumo di sigaretta, il 48% non ha mai fumato, il 9% dichiara di fumare ogni giorno. Una recente indagine, effettuata su tutta la regione e che ha coinvolto alcuni istituti scolastici dell’Azienda U.L.SS. n.4, ha evidenziato che la prima sigaretta si fuma intorno ai 13 anni e che a questa età il 4% fuma ogni giorno. L’abitudine al fumo dei ragazzi dipende for temente dall’esempio fornito dai genitori. In gravidanza il 30% delle fumatrici diminuisce il numero delle sigarette fumate, il 62% sospende, il 7% non modifica la sua abitudine al fumo. 108 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Il 23,5% della popolazione veneta si dichiara ex fumatore contro il 19% degli italiani, gli uomini hanno maggiore propensione a smettere delle donne. La decisione di smettere avviene dopo circa 20 anni di abitudine al fumo, aumentando il grado di istruzione aumenta la propensione a smettere. Nel Veneto il 60% dei fumatori maschi ed il 50% delle fumatrici dichiarano di voler smettere di fumare. I fumatori passivi (ovvero i non fumatori che convivono con almeno un fumatore) sono in Italia il 22% della popolazione. La quantità di fumo inalata si può misurare attraverso il dosaggio della nicotina e di un suo metabolita la cotinina. Ci sono alcuni studi che hanno dimostrato la presenza di cotinina nelle urine e nella saliva di bambini che vivevano con un genitore fumatore. Anche l’esposizione al fumo della gestante determina la presenza di cotinina nel sangue del cordone ombelicale del neonato. Più del 50% dei bambini è esposto al fumo passivo nelle mura domestiche. L’esposizione al fumo passivo è causa di rischio per malattie respiratorie, infar to e tumore polmonare. Di qui i recenti riferimenti legislativi rispetto alla tutela dei minori e delle donne in gravidanza (L.16/01/2003). Il fumo passivo ha determinato in Italia 221 morti per tumore polmonare e 1896 morti per patologia cardiovascolare. Nell’ambito dell’Azienda U.L.SS. n.4 sono stati attuati ad oggi 18 corsi per smettere di fumare frutto della collaborazione del dipar timento delle dipendenze con l’EFAV (Associazione Ex Fumatori). Si organizzano due corsi l’anno, un follow up a 12 mesi minimo, terminato in ottobre 2003 ha segnalato che dei 971 par tecipanti, il 44% era astinente dal fumo. Le azioni che possono essere attuate per scoraggiare il fumo La legislazione Italiana in materia fumo è tra le più complete. La difficoltà sarà nel fare applicare la legge passando attraverso un processo di cambiamento culturale. In questo ambito vi sono vari progetti di prevenzione promossi dalla nostra azienda, tra questi “Azienda senza fumo” obbligo per il personale, i visitatori ed ai pazienti di astenersi dal fumare in tutti i locali dell’azienda. Altri destinati alla prevenzione in ambito scolastico: “Smoke free class” e “Scuola libera dal fumo”. L’alcol, come il fumo, è correlato a numerose patologie che incidono negativamente sull’aspettativa e sulla qualità di vita della popolazione; l’alcol inoltre è spesso la causa principale nei traumatismi sia involontari come gli incidenti stradali, domestici ed occupazionali, sia volontari come i suicidi. Se si considera che i traumi e in particolare gli incidenti stradali sono la prima causa di mor te tra i giovani e la seconda sono i suicidi, è del tutto evidente l’importanza di intervenire con azioni mirate al contenimento dell’abuso di alcol soprattutto nei giovani. In par ticolare, in relazione al rappor to giovani-consumo e abuso di alcol, una recente ricerca condotta su un campione composto da 6.431 studenti veneti e che ha coinvolto anche giovani frequentanti alcuni istituti scolastici dell’U.L.SS. n.4, ha evidenziato che l’età di esordio del consumo di alcolici si situa verso i 12 anni e mezzo. Rispetto all’abuso, l’età della prima ubriacatura si situa in media a 13 anni e mezzo. Il consumo e l’abuso di alcolici si differenziano per sesso e per età: vi sono forti dif ferenze tra maschi e femmine, con una prevalenza dei primi; il consumo e l’abuso di bevande alcoliche crescono per entrambi i generi con l’aumentare dell’età. Particolare rilevanza assume l’informazione e la sensibilizzazione riguardo al consumo di Le condizioni socio-economiche 109 bevande alcoliche in relazione alla guida, in collaborazione anche con le scuole guida (progetto “Alcol, sostanze e guida sicura”). L’abuso di alcool provoca il 6% dei decessi di persone al di sotto dei 75 anni e il 20% dei ricoveri ospedalieri per patologia acuta. L’uso di sostanze stupefacenti Rispetto all’uso di sostanze stupefacenti, uno studio della Regione Veneto ef fettuato su una popolazione di 75.312 soggetti tra i 15 e 44 anni residenti nel territorio dell’U.L.SS. n.4 di Thiene ha rilevato che: • il 4,10% (3.090) riferiscono 10 o più ubriacature negli ultimi 12 mesi; • il 7,53% (5.674) riferiscono di aver usato 10 o più volte cannabinoidi negli ultimi 12 mesi; • l’1,26% (949) riferiscono di aver usato altre sostanze illegali 3 o più volte negli ultimi 12 mesi; • lo 0,75% (564) riferisce di aver usato oppiacei 3 o più volte negli ultimi 12 mesi. Tra le sostanze di maggior consumo vi sono alcool e cannabis che rimangono le sostanze di maggior uso fra la popolazione giovanile. Per l’anno 2001 nella popolazione di soggetti del nord-est che ha manifestato una domanda di trattamento ai servizi per le tossicodipendenze, le sostanze di abuso primario erano diffuse con le percentuali indicate nella tabella 87. Tabella 87 Diffusione % dell’abuso primario di sostanze psicotrope nel nord-est. Anno 2001. Sostanza % Eroina 76,8 Cannabinoidi 10,1 Cocaina 5,9 Ecstasy 1,5 Altre sostanze 5,7 Gli effetti sulla salute sono notevoli e coinvolgono il soggetto sia sul piano fisico sia sul piano sociale. Sono infatti imputabili all’uso di sostanze l’incremento di incidenti stradali, con aumento numerico di vittime, le crisi familiari, con un crescendo delle violenze domestiche e di maltrattamenti, crimini, omicidi, atti di violenza, la perdita o l’incapacità di mantenere una occupazione lavorativa oltre che l’incapacità nel mantenere relazioni durature e significative. In tal senso i principali fattori che favoriscono il consumo di droghe sono: le influenze interpersonali, (atteggiamenti positivi e tolleranti nei confronti delle droghe e compor tamenti di consumo dei genitori e dei fratelli; stile educativo non autorevole, ma autoritario e permissivo; gruppo dei pari tollerante o consumatore o che assume compor tamenti a rischio); i fattori personali (stati emozionali negativi, credenze positive verso il consumo di droghe, aspettative, motivazioni e significati attribuiti alle droghe, deboli competenze sociali e deboli legami con agenzie della comunità; le influenze ambientali (disponibilità, accessibilità delle droghe; situazioni d disagio e di stress, risorse e opportunità sociali ridotte, cultura che promuove il consumo). Tutti questi fattori concorrono a determinare una maggiore vulnerabilità del soggetto verso le sostanze tanto che oggi si parla di fattori predisponenti bio-psico-sociali. I fattori predisponenti portano più facilmente all’innescarsi di fattori precipitanti, quali crisi psicologica, uso di sostanze (con fenomeni di tolleranza e dipendenza) fino alla crisi sociale. Il problema dell’abuso di sostanze e delle varie forme di dipendenza da interesse minoritario è diventato nel tempo un problema centrale per la società, soprattutto alla luce dell’uso combinato e sempre più pericoloso che ne viene fatto. Se fumo e alcol, in particolare se consumanti assieme, costituiscono i più significativi fatto- 110 2. La qualità della vita: i determinanti della salute ri di rischio, essi coinvolgono non più di un terzo della popolazione; per gli altri due terzi i determinanti più importanti sono rappresentati da una alimentazione inappropriata e da uno stile di vita sedentario. I disturbi del comportamento alimentare si configurano oggi, come problema medico specifico e par ticolare. Negli ultimi anni si sta registrando un progressivo incremento di questi stati morbosi con numeri tali da rappresentare un fenomeno di allarme sociale. Tra i disturbi del compor tamento alimentare si annoverano in particolare l’anoressia e la bulimia. L’epidemiologia conferma l’aumento dell’incidenza di anoressia e bulimia nella popolazione, ma è soprattutto aumentata la richiesta di cura; la loro incidenza nella popolazione a rischio (identificabile con quella femminile compresa tra i 14 e i 25 anni), è stimabile nel suo complesso attorno al 3-4% cui si deve aggiungere un altro 5% dei casi non ancora clinicamente rilevabili. Gli errori dello stile di vita e quelli del comportamento alimentare sono elementi molto importanti nella genesi degli stati di eccesso di peso. Nei paesi tecnologicamente avanzati, l’obesità è la seconda causa di mor te prevedibile, dopo il fumo; questo significa che l’obesità è la prima causa di morte prevedibile nei soggetti non fumatori. Obesità e sovrappeso rappresentano una grande sfida alla salute pubblica: in Italia circa il 10% della popolazione è obeso, e oltre il 30% è in sovrappeso. Negli ultimi dieci anni la prevalenza dell’obesità è aumentata drammaticamente del 50%. Economia e contesto produttivo Se il Nord Est è il ter ritorio delle piccole e medie imprese, la provincia di Vicenza e l’Alto Vicentino in par ticolare esaltano al massimo le caratteristiche di questo tessuto imprenditoriale pulviscolare, for temente radicato e connesso con la società, a tal punto che si registra attualmente la presenza di un’impresa ogni dodici abitanti. Le caratteristiche peculiari del modello economico sono rappresentate da un’elevatissima intensità industriale, il frazionamento dimensionale e la diffusione sociale dell’imprenditorialità, la natura multipolare degli insediamenti produttivi e di quelli industriali, la vocazione all’export. Ai nostri imprenditori sono riconosciute virtù quali la praticità, la creatività, la laboriosità, l’imprenditività, la distrettualità che comprende la capacità di sviluppare una fitta trama di rappor ti socio culturali. L’economia dell’Alto Vicentino appare ancora votata alla produzione manifatturiera ed i settori più tradizionalmente fiorenti sono il meccanico e il tessile. L’industria meccanica è aggregata principalmente attorno a Schio e le specializzazioni prevalenti sono l’elettromeccanica e la produzione di macchine utensili necessarie per gli altri settori trainanti della provincia. Impor tante è anche il comparto tessile allargato all’intera filiera dell’abbigliamento, con prodotti assai diversificati: dai capi d’abbigliamento classici a quelli sportivi, da tutti i tipi di stof fa ai filati. Tuttavia questo settore, conseguentemente alla delocalizzazione e alla concorrenza di paesi emergenti, sta attraversando un momento di difficoltà, con conseguente calo del numero di occupati. Il compar to del commercio denota l’espansione della grande distribuzione organizzata, che tuttavia è rimasta tutto sommato “controllata”, sia per interventi regionali di carattere normativo sia perché comunque la piccola impresa familiare, seppur in difficoltà, continua ad essere un punto di riferimento sia per le attività all’ingrosso che per quelle al dettaglio. Il settore commerciale ha ovviamente risentito della contrazione dei consumi e soffre al momento attuale di una condizione di affaticamento congiunturale. 111 Le condizioni socio-economiche L’impresa artigiana assume una grande rilevanza nell’economia locale. La ripar tizione per categoria delle imprese artigiane registra la prevalenza dei due settori legati alle costruzioni e alla metalmeccanica e lavorazione dei metalli, nonché la consistenza del settore dell’installazione e riparazione impianti. Nell’af frontare le sfide poste dalla globalizzazione e nel doversi confrontare con imprese più grandi, le imprese artigiane patiscono alcuni svantaggi quali l’assenza dei benefici connessi alle economie di scala, la difficoltà di affiancare i “servizi” alla “produzione” in senso stretto, la difficoltà di mobilitare risorse nella direzione dell’innovazione di processo e soprattutto di prodotto. Tuttavia posseggono anche alcuni vantaggi: la flessibilità e la versatilità produttiva; la diffusa sussistenza di relazioni cooperative e non conflittuali tra imprenditore ar tigiano e lavoratori dipendenti, la capacità di attingere pienamente ai benefici di scambio esperienziale tipici dei contesti distrettualizzati; la possibilità di sfruttare quei servizi che, pur mancando nella singola impresa, sono tuttavia erogati dal complesso della rete. Nel settore dell’agricoltura si registra una for te presenza di microaziende a conduzione diretta e, fra queste, prevalgono quelle condotte esclusivamente con manodopera familiare. Per garantirsi una nicchia nel mercato che si evolve verso la globalizzazione e per contrastare gli elementi di criticità del settore è in atto uno sforzo di valorizzazione della qualità dei prodotti tipici della zona (in particolare vini, formaggi, salumi). Nella tabella seguente è riportata la situazione dell’imprenditorialità in provincia di Vicenza, così come rilevata dai dati del Registro delle Imprese (aggiornamento al 31/12/2002). Il peso percentuale dei diversi settori è espresso sia con riferimento alle unità locali attive che con riferimento agli addetti dichiarati. Tabella 09 Anagrafe delle imprese vicentine. Situazione al 31.12.2002 Unità locali attive Addetti dichiarati % U.L. % Add. 12.910 9.546 14,8 3,6 30 37 0,0 0,0 Estrazione di minerali 165 624 0,2 0,2 Attività manifatturiere 18.097 139.453 20,8 52,9 0,4 Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e ser vizi connessi Prod. e distrib. ener g. elettr., gas e acqua 72 998 0,1 Costruzioni 10.473 20.136 12,0 7,6 Comm. ingr. e dett. rip. beni pers. e per la casa 20.811 39.634 23,9 15,0 Alberghi e ristoranti 3.763 6.356 4,3 2,4 Trasporti, magazzinaggio e comunicaz. 3.096 6.561 3,6 2,5 Intermediaz.monetaria e finanziaria 2.011 5.877 2,3 2,2 Attiv. immob., noleggio, informat., ricerca 9.283 15.935 10,7 6,0 4 63 0,0 0,0 Istr uzione 292 461 0,3 0,2 Sanità e altri servizi sociali 258 1.426 0,3 0,5 Altri servizi pubblici, sociali e personali 3.171 5.335 3,6 2,0 Serv. domestici presso famiglie e conv. 2 8 0,0 0,0 2.619 11.291 3,0 4,3 87.057 263.741 100,0 100,0 Pubbl. amm. e difesa; assic. sociale obbligatoria Imprese non classificate Totali Fonte: Camera di Commercio di Vicenza, 2002. Nella graduatoria nazionale per valore assoluto dell’expor t industriale, la provincia di Vicenza risulta terza dietro alle province di Milano e Torino, le quali, tuttavia, hanno una dimensione 112 2. La qualità della vita: i determinanti della salute demografica ben superiore. In rapporto alla popolazione residente, infatti, a Vicenza si ottiene un valore dell’export di circa 15.000 euro pro-capite, mentre a Milano ci si ferma sulla soglia dei 9.000 euro e a Torino sui 7.000. Come ci si deve aspettare da un’economia di trasformazione, in provincia di Vicenza risulta elevato anche il valore delle importazioni: con 6,7 miliardi di euro nel 2001, la quota sul totale regionale arriva al 23,5%. Il saldo commerciale dell’economia vicentina rimane comunque attivo per un valore di oltre 5 miliardi di euro. In rapporto al valore aggiunto creato in provincia di Vicenza nel 2001, le esportazioni hanno raggiunto una quota pari al 64%, in crescita continua negli ultimi 10 anni (nel1995 la stessa quota era pari al 52%). Tuttavia, nel corso del 2002 e nel 2003, in relazione alle vicende economiche e politiche che caratterizzano lo scenario mondiale, si è registrata una brusca frenata, e le previsioni effettuate da Prometeia indicano che sarà difficile prima del 2005 raggiungere il traguardo segnato nel 2001. I processi di delocalizzazione produttiva, intesi come decentramento all’estero di attività in precedenza svolte nella base domestica e che costituiscono una delle forme più manifeste dei processi di internazionalizzazione, hanno nel vicentino raggiunto dimensioni consistenti. Su questo argomento si è concentrata l’attenzione dell’opinione pubblica, con opinioni contrastanti I recenti risultati di un’indagine dell’Istituto Poster, hanno rilevato una quota assai elevata di giudizi negativi da parte dei vicentini sulla delocalizzazione, che viene percepita come una condizione di abbandono del territorio, che si presenta come perdita di lavoro, oppor tunità di sviluppo, relazioni locali, know how produttivo. Tuttavia, se i processi di delocalizzazione vengono osservati in modo meno super ficiale, emerge come essi compor tino non solo una perdita di lavoro e oppor tunità di sviluppo ma anche l’acquisizione di nuove attività e competenze produttive all’interno dei distretti, rappresentando, di fatto, un percorso verso il riposizionamento nella divisione internazionale del lavoro e una spinta verso processi di innovazione e riaggiustamento industriale. Da anni la provincia di Vicenza è una delle prime province in Europa rispetto alla dinamicità del mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione (espressivo del rappor to tra le persone in cerca di lavoro e le forze lavoro) tra i più bassi d’Italia (pari al 2,5% nel 2002), che pone la nostra realtà in posizioni di avanguardia anche a livello europeo. Tabella 10 Tassi occupazione/disoccupazione (tot.) nella provincia di Vicenza. 1995-2002 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 3,8 3,2 3,5 3,3 2,9 2,3 2,2 2,5 Occupazione 15-64: M 60,9 61,4 62,5 62,7 64,0 64,6 64,1 65,4 Occupazione 15-64: F 45,7 47,0 48,4 49,6 51,3 51,6 52,3 55,9 Disoccupazione 2002 Fonte: Fondazione Nord-Est, Venezia Tuttavia, il contesto di bassa crescita che caratterizza negli ultimi anni l’economia si sta riflettendo in un netto peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro. L’attuale situazione di difficoltà è testimoniata anche dall’indagine realizzata dall’Associazione Industriali della Provincia di Vicenza sui fabbisogni professionali dell’industria vicentina, aggiornata a giugno 2003, che ha visto rispondere 693 aziende, che hanno espresso un fabbisogno complessivo di 1.638 lavoratori. Nel 2002, alla stessa indagine avevano risposto 725 aziende, con un fabbisogno di 2.406 lavoratori. Le condizioni socio-economiche 113 Tabella 12 Occupati per settore. Vicenza e Veneto. 2001, 2002 (valori in migliaia) Vicenza Occupati totali Agricoltura Industria Costruzioni Veneto 2000 2001 2000 2001 351 355 1.940 1.970 12 10 88 83 157 157 669 656 145 21 22 142 Totale industria 178 180 811 801 Altre attività 161 165 1.042 1.086 50,7 50,7 42 41 252 262 1.374 1.410 Occupati industria su totale occupati Occupati dipendenti Agricoltura 2 2 18 17 Industria 143 147 631 633 Altre attività 106 113 725 759 Fonte: Elab. Veneto Lavoro su dati Istat Il settore che richiede più personale è il metalmeccanico (35%), seguito dai costruttori edili (12,5%) che superano i servizi vari e le materie plastiche, che si attestano al 9%. Interessante il dato del settore moda che passa da poco più del 2% a circa il 6%. La richiesta di personale maschile sale dal 76% all’86%, condizionata dalla forte richiesta di impiegati tecnici che vengono percepiti prevalentemente di sesso maschile. Da segnalare, infine, un calo nella percentuale dei lavoratori immigrati in forza nelle aziende del campione: dall’8,31% del 2002 si passa ora al 7,37%. Nei raggruppamenti territoriali di Schio e Thiene le previsioni di assunzione sono pari a 240 unità, di cui 3 dirigenti, 6 quadri, 80 impiegati, 151 operai. Tabella 11 Forze lavoro nella provincia di Vicenza e Veneto. Anno 2002 Totale Forze di lavoro Disoccupati Occupati totali Agricoltura Industria in senso stretto Costruzioni Femmine Maschi Vicenza Veneto Vicenza Veneto Vicenza Veneto 378 2.057 159 825 219 1.232 10 70 5 43 4 27 368 1.987 154 782 215 1.205 11 80 3 22 8 58 156 632 62 219 94 413 23 153 3 13 21 140 Totale industria 181 799 65 235 116 564 Altre attività 176 1.108 86 524 90 583 Dipendenti totali 267 1.413 127 621 139 792 Fonte: Elaborazione Veneto Lavoro su dati ISTAT L’indagine accentua la linea di tendenza delineatasi con le precedenti ricerche, ossia il calo della richiesta di operai sui fabbisogni complessivi: se nel 2000 le aziende chiedevano l’82% di operai e il restante 18% di impiegati, quadri e dirigenti, nel 2001 le percentuali erano diventate rispettivamente il 77% e il 23%, nel 2002 il 76 e il 24% e nel 2003 si sono attestate sul 68% e sul 32%. Questi dati, unitamente al numero di assunzioni previste per azienda che passa da 3,7 nel 2001 a 3,3 nel 2002 e a 2,3 nel 2003, sono il segno di una sensibile flessione occupazio- 114 2. La qualità della vita: i determinanti della salute nale e di un cambiamento di modello organizzativo. Le condizioni di bassa crescita vissuta negli ultimi anni dall’Italia, come da altri paesi industrializzati, non hanno certo risparmiato il nord-est e il vicentino e l’economia locale sta soffrendo l’attuale fase di congiuntura recessiva. Il rallentamento del ciclo economico cui assistiamo ha di certo motivazioni internazionali, ma è forse anche il segnale di mutamenti più profondi, che coinvolgono sia il posizionamento dell’economica del nord-estnel nuovo quadro geo-economico, sia i cambiamenti interni nelle forme di consumo, investimento e organizzazione delle attività produttive. In vir tù dell’ingresso nell’euro, per gli ef fetti della globalizzazione e delle trasformazioni tecnologiche, l’alto vicentino (come tutto il nord-est) risente della sua crescita accelerata. I fattori che avevano costituito la risorsa principale del suo successo, oggi necessitano di essere rivisitati, ritradotti. Le trasformazioni legate alla famiglia e le sue conseguenze (calo demografico, invecchiamento della popolazione), il fenomeno ineluttabile dell’immigrazione, le strategie di riposizionamento per l’economia, il trasferimento verso nuovi settori produttivi e la ricollocazione all’estero di parte delle produzioni, il sostegno all’innovazione tecnologica e alla formazione professionale, le infrastrutture rappresentano delle vere e proprie bifor cazioni di fronte alle quali è necessario assumere delle strategie. Tutti questi fattori, un tempo propulsivi, oggi diventano un freno allo sviluppo. Confidare esclusivamente nella capacità autoregolativa del sistema, di fronte alle sfide globali dei mercati internazionali, potrebbe non bastare. Per mantenere e alimentare ulteriormente lo sviluppo economico e sociale è necessario ora offrire una regolazione ed una programmazione condivisa fra i diversi attori sociali. Le condizioni socio-economiche 115 Aspetti demografici ed epidemiologici La popolazione dei comuni dell’U.L.SS. n.4 al 31.12.2003, come risulta dalle anagrafi comunali, ammontava a 179.250 persone; per una analisi più approfondita della struttura demografica e di alcuni indicatori si è scelto tuttavia di usare gli ultimi dati uf ficiali dell’Istat al momento della scrittura del presente lavoro che hanno come data di riferimento il primo gennaio del 2001. Tabella 13 Popolazione U.L.SS. n. 4 al 31/12/2003 Comune Popolazione Arsiero 3.435 Breganze 8.182 Caltrano 2.624 Calvene 1.303 Carrè 3.400 Chiuppano 2.624 Cogollo del Cengio 3.438 Fara Vicentino 3.910 Laghi Lastebasse Lugo di Vicenza Malo 130 244 3.732 12.954 Marano Vicentino 9.138 Monte di Malo 2.864 Montecchio Precalcino 4.745 Pedemonte Piovene Rocchette Posina 816 7.961 702 Salcedo 1.049 San Vito di Leguzzano 3.596 Santorso 5.537 Sarcedo 5.208 Schio 38.313 Thiene 21.347 Tonezza del Cimone 613 Torrebelvicino 5.711 Valdastico 1.481 Valli del Pasubio 3.547 Velo d’Astico 2.345 Villaverla 5.720 Zanè 6.270 Zugliano Totale Fonte: Anagrafi comunali 6.311 179.250 116 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Orografia Il territorio dell’U.L.SS. n.4 si configura come una zona pedemontana. La ripartizione orografica tra pianura, collina e montagna, vede la super ficie dividersi rispettivamente in quasi 100 chilometri quadrati della prima, poco più di 200 della seconda e oltre 340 della terza con una distribuzione percentuale pari a 15%, 31% e 54%. Figura 45 Orografia dell’Alto Vicentino Fonte: Foto satellitare. Elaborazione U.L.SS. n.4 Struttura demografica Le caratteristiche del territorio riflettono anche una diversa concentrazione della popolazione evidenziando un decremento nella densità abitativa via via che ci si alza rispetto al livello del mare. In particolare nei 100 km quadrati di pianura si colloca un terzo della popolazione (con 612 persone per km 2 ); nei 200 km2 di collina risiede metà della popolazione (con 439 persone per km2 ); infine nei 347 km2 di montagna, che rappresentano oltre metà dell’intera superficie, risiede il 17% della popolazione (con una densità pari a 86 persone per km2 ). Nel complesso il territorio copre una superficie pari a 644 chilometri quadrati nella quale insistono 173.569 (al 01/01/2001) persone con una densità media di 270 persone per km2 . Della popolazione totale il 51% sono donne ed il 49% sono uomini; è importante sottolineare come questa dato sintetico sia il risultato di un andamento che fino ai 50 anni di età vede le percentuali ribaltate (51% maschi e 49% femmine), tra i 50 e i 60 anni la popolazione si divide equamente, mentre dai 60 anni in poi la frequenza relativa di donne rispetto agli uomini aumenta progressivamente. Questo andamento è rappresentato graficamente dalla campana demografica nella figura 46. Dividendo la popolazione per decadi e per sesso si ottiene la distribuzione rappresentata nella tabella 14. Le condizioni socio-economiche 117 Figura 46 Campana demografica Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4 Tabella 14 Popolazione dei Comuni dell’U.L.SS. n. 4. Ripar tizione per decadi Fascia Popolazione Maschi Femmine % Maschi % Femmine 0-9 17.248 8.761 8.487 51 49 10-19 16.280 8.311 7.969 51 49 20-29 24.526 12.465 12.061 51 49 30-39 30.583 16.018 14.565 52 48 40-49 23.265 12.153 11.112 52 48 50-59 22.660 11.312 11.348 50 50 60-69 19.012 9.066 9.946 48 52 70-79 13.767 5.325 8.442 39 61 80-89 5.298 1.538 3.760 29 71 90 e oltre 930 191 739 21 79 Totale 173.569 85.140 88.429 49 51 Fonte: Dati ISTAT al 01/01/2001. Elaborazione U.L.SS. n.4 L’invecchiamento della popolazione Complessivamente l’U.L.SS. n.4 è composta da una popolazione relativamente giovane rispetto alla media regionale presentando un indice di dipendenza anziani (rapporto tra popolazione con più di 64 anni e popolazione con età compresa tra 15 e 65) pari a 24 contro 26 della media regionale. Questo valore medio presenta notevoli differenze tra comune e comune così come rappresentato dalla mappa seguente. Come evidenziato dalla tabella 15, 6 anziani su 10 (61%) sono donne; da una analisi più approfondita emerge che un anziano su tre (30%) è grande anziano di sesso femminile. 118 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Tabella 15 Ripar tizione anziane e grande anziani per sesso 65 - 74 > 74 (grandi anziani) > 64 > 64 >74 >74 per sesso (anziani) (%) (%) su totale >64 (%) Maschi 7.073 3.918 10.991 39 32 14 Femmine 9.070 8.462 17.532 61 68 30 16.143 12.380 28.523 100 100 Totale 43 (% grandi anziani/anziani) Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4 Le previsioni demografiche (fonte ISTAT) fino al 2050 realizzate su base regionale evidenziano la tendenza ad un progressivo e marcato invecchiamento della popolazione (figura 47). Figura 47 Previsioni demografiche per fasce d’età fino al 2050 per la Regione Veneto Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4 Alcuni Indicatori Gli indicatori che di seguito saranno considerati sono tesi ad inquadrare la situazione demografica per fasce d’età standard che rappresentano specifiche esigenze. Le fasce utilizzate per calcolare gli indicatori standard sono i0 = [0,15) per l’infanzia / adolescenza, i1=[15,65) per la popolazione attiva, i2 = [65,75) per gli anziani, i3 = [75,+) per i grandi anziani, i4 = i2 + i3 = [65,+) per gli anziani in generale, i5 = [15, 40) per la prima metà della popolazione attiva, i6 = [40, 65) per la seconda metà della popolazione attiva, i7 = [15,20) e i8 = [60,65) per il primo e l’ultimo lustro dell’età lavorativa, i9 = [0,5) per i bambini pre-scolari, i10 = [15,50) per le donne in età feconda. A queste fasce sono state aggiunte anche f0 = [0,10) per i bambini, f1 = [0,15) per gli l’infanzia / adolescenza, f2 = [15,30) per la giovinezza, f3 = [30,60) per l’età adulta, f4 = [60,75) per la terza età, f5 = [75,+) per la quarta età, queste ultime permettono di fare un raffronto con gli indicatori introdotti nel PSSR2003. Le condizioni socio-economiche 119 Gli indicatori standard • Idg = Indice di dipendenza giovanile = 100 x i0 / i1 • Ids = Indice di dipendenza senile (o indice di dipendenza anziani) = 100 x i4 / i1 • Id = Indice di dipendenza (o indice di carico sociale) = Idg + Ids • Iv = Indice di vecchiaia (o indice di invecchiamento) = 100 x i4 / i0 • Ispa = Indice di struttura della popolazione attiva = 100 x i6 / i5 • Ir = Indice di ricambio = 100 * i8 / i7 • Icfdf = Indice di carico di figli per donna feconda = 100 x i9 / i10 Tabella 16 Indicatori Standard per i Comuni dell’U.L.SS. n. 4 Territorio Idg Ids Id Iv Ispa Ir Icfdf Arsiero 18 31 49 178 105 157 19 Breganze 23 26 50 114 88 106 22 Caltrano 20 24 45 119 86 102 22 Calvene 22 24 47 110 97 153 21 Carrè 23 21 44 90 83 107 22 Chiuppano 19 27 46 141 89 148 19 Cogollo del Cengio 22 24 45 109 92 89 23 Fara Vicentino 22 21 43 97 86 85 22 Laghi 18 65 83 362 132 140 10 Lastebasse 19 71 91 368 84 433 24 Lugo di Vicenza 22 26 48 120 95 136 22 Malo 22 19 41 86 83 118 21 Marano Vicentino 23 21 44 91 80 122 23 Monte di Malo 21 25 46 116 90 93 20 Montecchio Precalcino 21 22 43 105 91 145 22 Pedemonte 20 39 59 193 93 110 23 Piovene Rocchette 20 24 45 121 92 148 21 Posina 21 45 66 211 107 191 30 Salcedo 23 24 47 103 77 85 19 San Vito di Leguzzano 24 22 46 93 85 115 22 Santorso 19 23 43 121 102 153 18 Sarcedo 24 19 43 81 83 98 21 Schio 19 25 44 129 91 142 20 Thiene 22 25 47 118 90 140 21 Tonezza del Cimone 21 45 67 211 105 94 15 Torrebelvicino 24 24 47 101 90 131 23 Valdastico 19 38 57 206 110 122 16 Valli del Pasubio 21 30 52 143 94 140 24 Velo d’Astico 20 27 47 137 87 137 21 Villaverla 23 18 41 78 78 94 22 Zanè 20 17 36 84 88 116 18 Zugliano 22 22 43 100 85 128 22 Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. elaborazione U.L.SS. n.4 120 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Tabella 17 Indicatori Standard per territori sovracomunali Territorio Idg Ids Id Iv Ispa Ir Icfdf U.L.SS. n.4 21 24 45 113 89 127 21 Distretto n.1 22 23 45 103 87 120 21 Distretto n.2 20 25 45 122 91 134 21 Pianura 22 21 43 98 86 126 21 Collina 21 24 44 116 90 128 21 Montagna 21 28 50 135 94 128 22 Prov. Vicenza 21 24 45 112 88 119 21 Veneto 19 26 46 134 93 130 19 Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4 Immigrazione Il territorio dell’U.L.SS. n.4 è oggetto di un flusso migratorio sostenuto le cui cause sono diverse. La ricchezza dello strato produttivo e la richiesta di manodopera che da esso scaturisce (la provincia di Vicenza ha un tasso di disoccupazione tra i più bassi d’Italia); come evidenziato anche dal VII Rappor to Poster-Assoindustria di Vicenza del 2002, per il campione analizzato la carenza di manodopera risulta essere nell’Alto Vicentino un proFigura 48 Nazione di provenienza degli stranieri Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4 blema più sentito che non nel resto della provincia. Tabella 18 Stranieri residenti in base alla nazione di provenienza e loro incremento Nazione 2000 2001 Incremento Jugoslavia 1.401 1.550 11% Marocco 934 1.116 19% Ghana 653 731 12% Albania 327 437 34% Bosnia-Erzegovina 204 302 48% Bangladesh 157 274 75% Senegal 232 273 18% Croazia 254 257 1% Romania 151 236 56% Tunisia 108 144 33% ... altri 1.073 1.350 26% Totali 5.494 6.670 21% Fonte: Dati ISTAT al 01.01.anno. Elaborazione U.L.SS. n.4 Il confronto dei dati Istat tra gli anni 1999 e 2000, per il nostro territorio, relativamente ai Le condizioni socio-economiche 121 residenti stranieri divisi per sesso, evidenzia un incremento della componente femminile, che fa pensare che una par te significativa del flusso migratorio sia dovuta al progressivo ricongiungimento delle famiglie. Tabella 19 Stranieri residenti nei comuni dell’U.L.SS. n. 4 e aumento (persone e percentuali) Anno Femmine Maschi Totale Numero assoluto di stranieri residenti 2000 2.270 (41%) 3.224 (59%) 5.494 (100%) 2001 2.830 (42%) 3.840 (58%) 6.670 (100%) Incremento 560 (48%) 616 (52%) 1.176 (100%) Percentuale rispetto alla popolazione residente 2000 2,6% 3,8% 3,2% 2001 3,2% 4,5% 3,8% Fonte: Dati ISTAT al 01.01.anno. Elaborazione U.L.SS. n.4 Analisi della mortalità nell’Alto Vicentino L’analisi della mortalità è lo strumento che più di ogni altro si presta per la valutazione delle politiche sanitarie, soprattutto sul versante della prevenzione e della salute pubblica. In questa analisi vengono messi a fuoco tre grandi filoni, che per la loro numerosità, la possibilità di intervento con specifici strumenti di prevenzione e il forte impatto emotivo sulla popolazione, rappresentano gli aspetti più interessanti in uno studio della mor talità: gli incidenti stradali, i tumori maligni e le malattie cardiovascolari. Alla fine di questo studio viene proposta una breve trattazione per alcune cause di mor te selezionate confrontate con la media della mortalità regionale (SMR). Incidenti stradali Uno dei maggiori problemi di salute pubblica in Italia è rappresentato dalle conseguenze socio-sanitarie degli incidenti stradali, fenomeno che negli ultimi 30 anni ha causato la morte di oltre 300.000 persone, metà delle quali avevano un’età inferiore ai 40 anni, in par ticolare gli incidenti stradali rappresentano la principale causa di mor te tra i 15 ed i 44 anni. Nella tabella 20 sono rappresentati gli incidenti stradali in Italia nel decennio 1991-2000 con le relative conseguenze in termini di deceduti e feriti. Tabella 20 Incidenti stradali in Italia. Anni 1991-2000 Anno Incidenti Deceduti Feriti Indice mor talità (n. deceduti x 100 incidenti) 1991 170.702 7.498 240.688 4,4 1992 170.814 7.434 241.094 4,4 1993 153.393 6.645 216.100 4,3 1994 170.679 6.578 239.184 3,9 1995 182.761 6.512 259.571 3,6 1996 190.068 6.193 272.115 3,3 1997 190.031 6.226 270.962 3,3 1998 204.615 6.342 293.842 3,1 1999 219.032 6.633 316.698 3,0 2000 211.941 6.410 301.599 3,0 Fonte: ISTAT 2001 122 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Un importante dato che viene fornito da questa tabella è quello dell’indice di mortalità ossia la percentuale di deceduti sul numero di incidenti, che a fronte di un aumento costante del numero degli incidenti e del numero di feriti registra invece una flessione di quasi un punto e mezzo in 10 anni, dovuto probabilmente ad un parco macchine più sicuro (air bag, barre di protezione, ecc.) e all’introduzione dell’uso obbligatorio degli strumenti di protezione individuale (cinture di sicurezza, seggiolini per i minori, ecc.). Molte di queste mor ti potrebbero essere evitate tramite una serie di azioni che agiscono a più livelli: da quelle che tendono ad evitare che l’incidente si verifichi (educazione stradale, politica dei trasporti, ecc.), a quelle che riducono i possibili danni nel momento stesso dell’incidente (es. l’uso dei dispositivi di sicurezza), dagli inter venti che riducono i danni conseguenti all’incidente (es. primo e pronto soccorso) alla riabilitazione. Nel contesto nazionale per quanto riguarda la mortalità per incidenti stradali il Veneto si colloca ai primi posti con un numero molto elevato di eventi, ma soprattutto per il gran numero di morti in entrambi i sessi (nella tabella 21 viene rappresentato il tasso standardizzato di mortalità per 100.000 abitanti nel Veneto ed in Italia nel 1997 suddiviso per sesso). Tabella 21 Tasso standardizzato di mortalità. Anno 1997 Tasso standardizzato di mor talità per 100.000 abitanti suddiviso per sesso Maschi Femmine Veneto 31,9 9,3 Italia 23,7 8,5 Fonte: Flusso regionale mortalità Per quanto riguarda invece i ricoveri correlati ad incidenti stradali nel corso del 1998 negli ospedali del Veneto, si sono avuti oltre 12.000 ricoveri. Nella tabella 22 viene rappresentata la mortalità per incidenti stradali nel Veneto suddivisa per sesso. In questa tabella oltre al numero di decessi, la loro percentuale sul totale dei deceduti vengono rappresentati anche gli anni di vita perduti calcolati con la differenza tra l’età al momento del decesso e i 65 anni (questo dato è un indice per la rappresentazione della mortalità precoce). Tabella 22 Mortalità per incidenti stradali nel Veneto. Anno 1997 Maschi Decessi Anni di vita persi < 65 Femmine n. % sul totale n. 661 3,1 229 % sul totale 1,0 15.364 19,5 4.298 11,3 Fonte: Flusso regionale mortalità. Anno 1997 A livello dell’Azienda U.L.SS. n.4 gli incidenti stradali rappresentano il 2,9% del totale dei decessi nei maschi quasi l’1,0% dei decessi nelle femmine. Questo dato aumenta enormemente se vengono considerati solamente i decessi nei soggetti con meno di 65 anni, infatti gli incidenti stradali rappresentano l’8,0% dei decessi nei maschi e il 4,4% dei decessi nelle femmine in questa fascia di età (vedi tabella 23). Le condizioni socio-economiche 123 Tabella 23 Mortalità per incidenti stradali nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1989-1998 Numero assoluto, percentuale rispetto al totale e tassi standardizzati x 100.000 abitanti Maschi Femmine n % tasso n % tasso Decessi tot. 232 2,9 26,8 68 0,9 6,9 Decessi < 65 anni 187 8,0 22,0 45 4,4 5,5 Anni di vita persi < 65 565,3 / 119,6 7,3 / 15,9 Fonte: Ser vizio Epidemiologico. Elaborazione sulla mortalità dell’U.L.SS. n.4. 1989-1998 Utilizzando i dati relativi all’anno 2000 della tabella 20 (incidenti stradali in Italia) possiamo fare una stima del numero di incidenti stradali, con il relativo numero di feriti e di morti che potrebbero essersi verificati nell’U.L.SS. n.4 nello stesso anno (vedi tabella 24). Nella stessa tabella è riportato anche il numero dei deceduti per incidenti stradali osser vati nel 2000. Avendo riportato un numero di deceduti di un terzo superiore a quello stimato, probabilmente anche il numero degli incidenti e dei relativi feriti è sottostimato di circa un terzo. Tabella 24 Mortalità per incidenti stradali nell’U.L.SS. n. 4. Anno 2000 Anno 2000 Stima del n. di incidenti 651 Stima del n. di deceduti 20 Deceduti osservati 30 Stima del n. di feriti 926 Fonte: Ser vizio Epidemiologico. Elaborazioni su dati ISTAT e mortalità locale Attraverso l’applicazione del tasso standardizzato in maniera indiretta (SMR), si può ottenere un confronto tra la mor talità regionale e quella dell’U.L.SS. n.4. Questo tasso si ottiene applicando alla popolazione dell’U.L.SS. n.4 i tassi di mortalità età specifici della Regione Veneto ottenendo così i decessi attesi. Dal rapporto percentuale tra il numero dei decessi osser vati e quello dei decessi attesi si ottiene l’SMR. In questo caso l’SMR indica di quanto la mortalità dell’U.L.SS. n.4 è superiore o inferiore a quella attesa, per esempio: • se SMR = 100 mortalità U.L.SS. uguale a quella attesa; • se SMR = 90 mor talità U.L.SS. inferiore del 10% a quella attesa; • se SMR = 110 mor talità U.L.SS. superiore del 10% a quella attesa. Gli intervalli fiduciali al novantacinquesimo percentile forniscono l’intervallo di stima del SMR, cioè una misura dell’errore statistico associato alla misura effettuata. Se l’intervallo fiduciale non comprende il valore 100, la differenza del SMR è statisticamente significativa. Anche se il numero dei casi osservati nella figura 49 indica una mortalità sostanzialmente più bassa rispetto a quella regionale in entrambi i sessi (SMR inferiore di circa il 15% nel sesso femminile e di circa il 6-8% nel sesso maschile) non si può escludere che tali valori siano effetto del caso (vedi intervalli fiduciali al 95° percentile). Questo però non deve fuorviare dal fatto che gli incidenti stradali rappresentano sempre la prima causa di morte tra i 15 ed i 44 anni anche nell’U.L.SS. n.4. Tumori maligni Il cancro nel suo insieme presenta recentemente una flessione della mortalità: è la prima volta che questo succede nel XX secolo, anche nella provincia di Vicenza. Questa tendenza risulta dal bilanciamento degli andamenti di incidenza (numero di nuovi casi) 124 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Figura 49 Mor talità per incidenti stradali. SMR totali e troncati con intervalli fiduciali al 95% e sesso e di sopravvivenza di ciascun cancro, ma in par ticolare da quello che è successo per i tumori più frequenti. I miglioramenti terapeutici più eclatanti hanno riguardato tumori relativamente poco frequenti (morbo di Hodgkin, leucemia linfoblastica acuta, cancro del testicolo), ed in misura rilevante anche il cancro della mammella, del grosso intestino e della prostata. Questi ultimi hanno dunque avuto un impatto sulla mortalità molto maggiore e ancor oggi per vincere la battaglia con il cancro bisogna af frontare le patologie più frequenti. La diminuzione della mortalità e dell’incidenza del cancro al polmone in primis (causata dalla massiccia cessazione dell’abitudine al fumo tra gli uomini) e del cancro dello stomaco (collegata probabilmente al miglioramento dei sistemi di conser vazione del cibo) sono i cambiamenti che hanno avuto maggiore impatto a livello di popolazione. L’estensione dello screening mammografico, dello screening per il tumore del collo dell’utero e la sperimentazione organizzativa dello screening del cancro del colon-retto, offrono cospicue ulteriori possibilità di diagnosi precoce. Alcuni tumori presentano tuttavia ad oggi un trend di mortalità in crescita, che è legato al cambiamento della distribuzione dei fattori di rischio nella popolazione (cancro del colon-retto, cancro della mammella, cancro del polmone nelle donne, melanoma, cancro dell’encefalo), in alcuni casi anche grazie ad una maggiore accuratezza e anticipazione diagnostica (cancro del fegato, linfomi non-Hodgkin, cancro della prostata). Al di là dell’aumento (età specifico) di incidenza o della mortalità per i singoli cancri, sarà l’invecchiamento della popolazione a portare il cambiamento più rilevante, con un aumento in termini assoluti dell’incidenza e della mortalità nelle classi di età più elevate. Gli oncologi (assieme ai chirurghi, ai radioterapisti e ai medici di medicina generale) saranno quindi chiamati a curare in maniera integrata un numero sempre maggiore di casi molto più complessi, perché gravati dalla comorbidità e dalla disabilità tipiche dell’età avanzata. La prevalenza è il parametro di maggiore rilevanza per la programmazione sanitaria, perché dà una misura del carico assistenziale, che si fa via via più gravoso con la possibile ripresa e progressione della malattia. La prevalenza è influenzata dal numero di casi in entrata (incidenza) e dal numero di casi in uscita (sopravvivenza/decesso). Per dare un quadro dell’entità del fenomeno tumori nell’U.L.SS. n.4, viene presentata la stima dei nuovi casi/anno per i tumori più frequenti, ottenuta applicando i tassi derivati dallo studio “ITAPREVAL” alla popolazione residente nell’U.L.SS. n.4 al 01/01/2000. Lo studio Le condizioni socio-economiche 125 “ITAPREVAL” ha coinvolto tutti i registri tumori italiani dalla loro fondazione (range: 1978 registri di Varese e Parma e 1987 registro Veneto) al 1992. Considerate le differenze geografiche ed i cambiamenti in atto dell’ultimo decennio, la stima va considerata un’approssimazione (vedi tabella 25). Tabella 25 Stima del numero di casi di cancro nell’U.L.SS. n. 4. Anno 2000 ICD IX Sede 151 Stomaco Stima del n. di casi 200 153 Colon 383 154 Retto 199 161 Laringe 260 162 Trachea, bronchi e polmoni 173 172 Melanoma cutaneo 135 174 Mammella (donna) 1.016 180 Cervice uterina 133 182 Corpo dell’utero 240 183 Ovaio ecc. 100 185 Prostata 171 188 Vescica 506 189 Rene 201 193 Tiroide 138 200, 202 Linfomi non Hodgkin 140-208 eccetto 173 Tutti i siti eccetto altri tumori cutanei 204 4.800 Fonte: Elaborazioni su dati dello Studio ITAPREVAL 1992 Il numero più elevato di casi si riscontra per quei tumori che oltre ad avere una maggior frequenza hanno anche una discreta sopravvivenza. Questo è il caso del tumore della mammella nella donna, che da solo raggiunge circa un quarto dei casi totali di cancro, con rispettivamente 1.016 casi stimati per l’U.L.SS. n.4. Vi è inoltre un importante numero di casi anche per il cancro della vescica e per quello della laringe con rispettivamente 506 e 260 casi stimati per l’U.L.SS. n.4. Questi tumori pur non essendo molto frequenti presentano però una buona sopravvivenza. Al contrario il tumore del polmone (tumore più frequente nel sesso maschile), presenta un numero di casi relativamente piccolo, data la bassa probabilità di sopravvivenza, 173 casi stimati per l’U.L.SS. n.4. La stima del numero totale di casi di cancro esclusi gli altri tumori maligni della pelle è di 4.800 per l’U.L.SS. n.4. Anche in questo caso le specifiche patologie vanno inquadrate sia nel contesto della storia naturale della malattia (rischio di ripresa locale o metastasi) sia nel contesto del piano di cura. La mortalità per malattia neoplastica ha grosse implicazioni dal punto di vista assistenziale, perché in prossimità della morte viene assorbita una grande quantità di risorse. In mancanza di dati di incidenza (che richiedono anche un tempo considerevole per essere elaborati) la mor talità può dare anche una stima del rischio, che naturalmente è molto più lontana dall’insorgenza dell’evento rispetto all’incidenza (da una a tre decadi dall’esposizione ai fattori di rischio) e risente molto dei miglioramenti terapeutici in corso. Con questi limiti, la mortalità è un’informazione di elevata qualità e disponibilità. 126 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Tabella 26 Stima dei nuovi casi/anno di cancro nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1995–1996 ICD IX Sede Femmine Maschi 140-149 Labbra, Cavo orale e Faringe 6,9 23,0 Totale 29,9 150 Esofago 2,5 10,5 13,0 151 Stomaco 21,1 26,1 47,2 153-154 Colon, Retto 54,5 59,8 114,3 155 Fegato 13,1 26,9 39,9 156 Cistifellea ecc. 7,6 4,4 12,0 157 Pancreas 16,0 15,1 31,0 161 Laringe 1,7 18,3 20,1 162 Trachea, bronchi e polmoni 25,9 105,1 131,0 163 Pleura 172 Melanoma cutaneo 173 174 180 1,0 2,1 3,1 12,4 11,5 23,8 Altri tumori cutanei 92,8 119,3 212,1 Mammella (donna) 117,9 / 117,9 Cervice uterina 7,6 / 7,6 182 Corpo dell’utero 17,1 / 17,1 183-184 Ovaio e altri tumori genitali femminili 20,8 / 20,8 185 Prostata / 68,8 68,8 186-187 Testicolo e altri tumori genitali maschili / 5,7 5,7 188 Vescica 12,9 45,1 58,0 189 Rene 11,7 24,4 36,1 191 Cervello 6,3 6,6 12,9 193 Tiroide 7,9 3,1 10,9 200,202 Linfomi non Hodgkin 20,8 22,7 43,5 201 Morbo di Hodgkin 3,0 3,5 6,5 203 Mieloma multiplo 6,9 6,7 13,6 204-208 Leucemie 10,6 12,7 23,3 13,9 16,3 30,1 432,8 530,1 962,9 159,165,195,196,198,199 Tumori di sede maldefinita 140-208 eccetto 173 Tutti i siti eccetto altri tumori cutanei Fonte: Elaborazioni su dati del Registro Tumori del Veneto. Anni 1995-1996 Le tabelle 27 e 28 sono state ottenute elaborando i dati dell’archivio della mortalità della Regione del Veneto dal 1995 al 1999. La media annua di decessi per tutti i tumori nell’U.L.SS. n.4 è di 472, dei quali 206 femmine e 266 maschi. I tumori con il numero più elevato di decessi/anno sono il tumore del polmone nei maschi con 79 casi/anno ed il tumore della mammella nelle femmine con 41 casi/anno (vedi tabella 27). Tabella 27 Media annua decessi da tumore, per sesso. U.L.SS. n. 4. Anni 1995-1999 ICD IX Sede Femmine Maschi Totale 140-149 Labbro e cavo orale 3 12 15 150 Esofago 3 13 16 151 Stomaco 10 13 23 152 Intestino tenue, duodeno 1 1 2 153,154 Colon, retto 24 27 51 155 Fegato 12 19 31 127 Le condizioni socio-economiche ICD IX Sede 157 Pancreas 161 Laringe 162 Trachea, bronchi, polmoni 172-173 Pelle 174 Mammella (donna) 179,180,182 183 Femmine Maschi Totale 15 11 26 0 6 6 17 79 96 2 2 4 41 / 41 Utero 7 / 7 Ovaio 8 / 8 185 Prostata / 17 17 188 Vescica 3 8 11 191 Encefalo 2 5 7 200-208 Tessuti linfatici, leucemie 20 17 37 Restanti cod. Altri tumori maligni 26 27 53 210-239 Tumori di natura N.S. carcinomi in situ, t. benigni 7 8 15 140-239 Tutti i tumori 206 266 472 Fonte: Elaborazioni su dati dell’Archivio mor talità della Regione Veneto. Anni 1995-1999 La tabella 28 rappresenta il numero medio annuo di decessi per tumore nei soggetti con meno di 65 anni suddivisi per sesso. Anche in questo caso i tumori più frequenti sono il tumore del polmone nei maschi con 23 decessi/anno ed il tumore della mammella nelle femmine con 14 decessi/anno, il numero medio annuo di decessi per tutti i tumori è in questo caso di 121, 76 nei maschi e 45 nelle femmine (vedi tabella 28). Tabella 28 Decessi per tumore in soggetti con meno di 65 anni nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1995-1999 Distribuzione per sesso ICD IX Sede Femmine Maschi 140-149 Labbro e cavo orale1 5 6 Totale 150 Esofago 1 5 6 151 Stomaco 1 3 4 152 Intestino tenue, duodeno 1 0 1 153,154 Colon, retto 4 9 13 155 Fegato 1 4 5 157 Pancreas 2 4 6 161 Laringe 0 2 2 162 Trachea, bronchi, polmoni 2 21 23 172-173 Pelle 174 Mammella (donna) 179,180,182 183 0 1 1 14 / 14 Utero 2 / 2 Ovaio 3 / 3 185 Prostata / 2 2 188 Vescica 1 1 2 191 Encefalo 1 3 4 200-208 Tessuti linfatici, leucemie 5 6 11 Restanti cod. Altri tumori maligni 5 8 13 210-239 Tumori di natura N.S. carcinomi in situ, t. benigni 1 1 2 140-239 Tutti i tumori 45 76 121 Fonte: Elaborazioni su dati dell’Archivio mortalità della Regione Veneto. Anni 1995-1999 128 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Figura 51 e 52 Mor talità per tumore. U.L.SS. n.4. Anni 1995-1999. SMR Femmine (sopra); SMR Maschi (basso) Le condizioni socio-economiche 129 Nelle figure 50 e 51 sono riportati i tassi standardizzati di mortalità in maniera indiretta (SMR) confrontati con la media provinciale di decessi, posizionata al valore 100. Eccessi di mortalità saranno superiori a 100, una mor talità più bassa invece sarà inferiore a questo valore. Oltre al valore dell’SMR vengono rappresentati nei grafici gli intervalli fiduciali al 95° percentile, che ser vono ad evidenziare la “for chetta” di valori entro la quale l’SMR può variare per effetto del caso (come si fa ad esempio per le stime elettorali). Per quanto riguarda l’SMR nei maschi non si evidenziano par ticolari eccessi o flessioni della mor talità rispetto alla media provinciale. Anche l’eccesso di mortalità del 93% per il tumore dell’intestino tenue e del duodeno non risulta statisticamente significativo, per la scarsa numerosità dei casi, per cui non si può escludere che tale evenienza sia attribuibile al caso. Questo discorso vale anche per i tumori della pelle, della vescica e dell’encefalo che registrano una flessione di circa il 25%. Per quanto riguarda l’SMR nelle femmine si riscontra un eccesso significativo di mor talità del 37% rispetto alla media provinciale per il tumore del fegato. Non si evidenziano invece altri eccessi o flessioni significativi. Anche l’eccesso di mortalità del 93% per il tumore dell’intestino tenue e del duodeno e del 49% per il tumore dell’esofago, non risultano statisticamente significativi, per la scarsa numerosità di tali tumori, per cui non si può escludere che tali evenienze siano attribuibili al caso. Questo discorso vale anche per i tumori della laringe, della pelle e dell’encefalo che registrano una flessione di circa il 30%. Malattie cardio-vascolari Incidenza Si stima che in Italia nel 2000 si siano verificati circa 52.000 nuovi eventi coronarici negli uomini di età compresa fra 25 e 84 anni e 27.000 nelle donne. Il tasso di incidenza standardizzato (TSE) è stato di 227,3 eventi ogni 100.000 uomini e di 97,9 eventi ogni 100.000 donne. Queste stime derivano dai dati di incidenza e sopravvivenza raccolti nel registro MONICA – Area Friuli Venezia Giulia, elaborati con il modello MIAMOD insieme ai dati demografici e di mortalità dell’ISTAT. Si notano differenze nelle diverse aree del paese (vedi tabella 29). Tabella 29 Stima dei nuovi eventi coronarici in Italia. Anno 2000 Numero assoluto e tasso standardizzato x 100.000 abitanti Maschi Femmine numero tasso numero Nord 23.800 221,5 12.400 tasso 93,0 Centro 10.950 228,0 5.800 100,2 Sud 17.350 238,9 8.700 104,2 Fonte: Stime MIAMOD dello studio MONICA. Area Friuli Venezia Giulia Per quanto riguarda l’U.L.SS. n.4 si stima che il numero di nuovi eventi coronarici acuti/anno sia di circa 350 (circa 250 a carico del sesso maschile e circa 100 a carico del sesso femminile). Prevalenza L’andamento della prevalenza (ossia del numero totale dei casi in un determinato momento) dipende da tre fattori: l’incidenza (numero di nuovi casi), il miglioramento dei trattamenti che por tano a un aumento della sopravvivenza e l’invecchiamento della popolazione. Le stime MIAMOD costruite attraverso il registro MONICA – Area Friuli Venezia Giulia e 130 2. La qualità della vita: i determinanti della salute l’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare, forniscono una fotografia dettagliata della prevalenza delle malattie cardiovascolari sul territorio italiano. Nel nord-est (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna) la familiarità per le malattie cardiovascolari riguarda il 23% degli uomini e il 30% delle donne. La prevalenza delle diverse malattie cardiovascolari è: • infar to: 1,7% negli uomini e 0,4% nelle donne; • ictus: 1,2% negli uomini e 0,8% nelle donne; • fibrillazione atriale: 0,9% negli uomini e 0,5% nelle donne; • angina pectoris: 3% negli uomini e 2,5% nelle donne; • cludicatio intermittens: 2,1% negli uomini e 2,5% nelle donne; • TIA: 0,6% negli uomini e 0,2% nelle donne. La stima dei casi prevalenti nell’U.L.SS. n.4 per quanto riguarda l’infarto e l’ictus cerebri sono riporti nella tabella 30. Tabella 30 Stima dei casi prevalenti di infarto del miocardio e di ictus nell’U.L.SS. n. 4 Patologie Maschi Femmine Infarto 1.447 354 Ictus cerebri 1.021 707 Fonte: Servizio Epidemiologico. Elaborazioni su stime MIAMOD dello studio MONICA. Area Friuli Venezia Giulia Mor talità Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di mor te nella popolazione in generale. Attualmente in Italia queste malattie rappresentano circa il 44% sul totale dei decessi di cui il 30% è dovuto all’infarto del miocardio (circa 36.000 decessi/anno) e il 31% all’ictus. Questi Figura 52bis Tassi standardizzati di mortalità per malattie cardiovascolari in Italia Anni 1980-1998. Distribuzione per sesso 131 Le condizioni socio-economiche valori sono dovuti prevalentemente all’invecchiamento della popolazione con conseguente aumento numerico degli individui maggiormente suscettibili di ammalarsi e di morire per malattie di tipo degenerativo. La mortalità per malattie cardiovascolari mostra un chiaro trend in discesa, a par tire dalla metà degli anni ’70 (da allora ad oggi è diminuita del 60%, circa il 3% in meno ogni anno). In particolare per la cardiopatia ischemica la diminuzione della mor talità può essere attribuita per 2/3 ad un calo dei nuovi casi (incidenza) e per 1/3 alla diminuzione della letalità (migliori terapie d’urgenza, es. terapie mediche ed inteventistiche di ricanalizzazione delle coronarie, unità coronariche, ecc.). Il trend della mortalità per malattie cardiovascolari in Italia dal 1980 al 1998 è rappresentato nella figura 52bis che riporta la distribuzione per sesso dei tassi standardizzati per 100.000 abitanti. Considerando gli anni potenziali di vita persi, cioè gli anni che ciascuna persona avrebbe potuto vivere in più secondo l’attuale speranza di vita media, le malattie cardiovascolari tolgono ogni anno circa 300.000 anni di vita alle persone di età inferiore a 65 anni (Pessina G. per il Gruppo Italiano Burden of Disease). Nell’U.L.SS. n.4 i decessi totali per malattie cardio-vascolari raggiungono il 41,2% nei maschi ed il 50,7% nelle femmine. Per i soggetti con età inferiore ai 65 anni la mortalità per queste patologie raggiunge rispettivamente il 24,8% nei maschi ed il 21,7% nelle femmine (vedi tabella 31). Tabella 31 Mortalità per malattie cardio-vascolari nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1989-1998 Numero assoluto, percentuale sul totale dei decessi e tassi standardizzati per 100.000 abitanti Maschi Femmine numero % tasso numero % tasso 3.343 41,2 384,60 3.889 50,7 219,20 Decessi < 65 anni 579 24,8 68,10 224 21,7 25,30 Anni di vita persi < 65 515 14,5 / 210 12,8 / Decessi totale Fonte: Ser vizio Epidemiologico. Elaborazioni sulla mortalità dell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998 Tra le malattie cardiovascolari, le due patologie più rilevanti sono la cardiopatia ischemica e le malattie cerebro-vascolari costituendo rispettivamente circa 1/3 e 1/5 dei decessi cardiovascolari (vedi tabelle 32 e 33). Applicando la standardizzazione indiretta o SMR si può valutare quanto si discosta la mor talità dell’U.L.SS. n.4 rispetto alla media regionale. Nell’U.L.SS. n.4 si riscontra un eccesso di mortalità sia per il settore delle malattie cardiovascolari in generale che per la cardiopatia ischemica e l’infarto in entrambi i sessi. Si riscontra inoltre un eccesso di mortalità per malattie cerebro-vascolari nelle femmine con età < ai 65 anni e nei maschi in generale. Tabella 32 Mortalità per cardiopatia ischemica nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1989-1998 Numero assoluto, percentuale sul totale dei decessi e tassi standardizzati per 100.000 abitanti Maschi Femmine numero % tasso numero % tasso 1.468 18,1 167,40 1.225 16,0 70,70 Decessi < 65 anni 350 15,0 68,10 84 8,1 25,30 Anni di vita persi < 65 316 8,9 / 63 3,8 / Decessi totale Fonte: Ser vizio Epidemiologico. Elaborazioni sulla mortalità dell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998 132 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Tabella 33 Mortalità per malattie cerebrovascolari nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1989-1998 Numero assoluto, percentuale sul totale dei decessi e tassi standardizzati per 100.000 abitanti Maschi Femmine n. % tassi n. % tassi 674 8,3 76,90 972 12,7 55,10 Decessi < 65 anni 90 3,8 68,10 69 6,7 25,30 Anni di vita persi < 65 79 2,2 / 75 4,6 / Decessi totale Fonte: Servizio Epidemiologico. Elaborazioni sulla mortalità dell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998 In par ticolare le donne con età inferiore ai 65 anni risultano avere un eccesso di mortalità del 35% per le malattie cardio-vascolari in generale, del 54% per le cardiopatie ischemiche e l’infar to e del 43% per le malattie cerebro-vascolari (vedi figure 53, 54 e 55). Tali eccessi di mor talità sembrano essere attribuibili prevalentemente a stili di vita scorretti: fumo di tabacco, dieta con elevato consumo di grassi saturi, sale e alcool, basso consumo di frutta, verdura e cereali integrali, obesita/sedentarietà, che favoriscono l’insorgenza anche di altre patologie come l’ipercolesterolemia, l’iper tensione arteriosa e il diabete che compar tecipano nella patogenesi delle cardiovasculopatie. Oltre a questi fattori, nella nostra zona sembra esserci anche una predisposizione genetica per le patologie cardiovascolari nelle popolazioni di origine nordica – cimbri – (è attualmente in atto uno specifico studio coordinato dall’Università di Padova che sta interessando il bacino della Val Leogra). Nota: L’SMR è un calcolo di standardizzazione indiretta che consente di valutare quanto si discosta la mortalità locale rispetto alla media regionale; dando a quest’ultima valore di 100, i valori che si disco stano in più o in meno sono le percentuali di maggiore o minore mortalità. Sono attendibili i dati che risul tano statisticamente significativi (p < 0,05). In questo caso sono stati utilizzati i tassi regionali standar dizzati relativi al 1994. Mortalità per cause selezionate Nei grafici da 56 a 59 vengono rappresentati gli SMR troncati e totali per alcune cause selezionate derivati dall’elaborazione dei dati di mor talità dell’U.L.SS. n.4 del decennio 19891998 distribuiti per sesso; vengono inoltre rappresentati gli inter valli fiduciali al 95° percentile. Questi SMR sono rapportati alla mor talità media regionale posizionata al valore 100. Valori maggiori o inferiori rappresentano eccesso o diminuzione di mortalità. Sono segnati in rosso e in verde rispettivamente i valori in eccesso e in diminuzione statisticamente significativi. Per quanto riguarda la mortalità per tutte le cause l’andamento è pressoché analogo alla media regionale sia al di sotto dei 65 anni che nella popolazione in generale per entrambi i sessi. Si nota inoltre un aumento significativo di mortalità per malattie cardio-vascolari sia al di sotto dei 65 anni che nella popolazione in generale per entrambi i sessi (per altro già trattato nel relativo capitolo). Un discorso a parte deve essere fatto per il fenomeno suicidio che presenta un numero quasi doppio di decessi rispetto alla media regionale nelle femmine con età < ai 65 anni e circa il 50% in più nei maschi sia al di sotto dei 65 anni, che nella popolazione generale. Nella figura 56 riguardante i tassi troncati a 65 anni per il sesso femminile si nota una situazione favorevole per la mortalità per tutti i tumori maligni (-11,4%). Vi è una situazione peggiorativa invece per le malattie del sistema circolatorio (+35,3%), per le cardiopatie ischemiche e l’infar to (+54,1%), per le malattie cerebrovascolari (+43,9%), per i suicidi (+95,9%) e per i disturbi psichici (+89,7% quest’ultimo dato deve essere preso con le pinze, data l’esi- Le condizioni socio-economiche 133 guità del numero di decessi per questa causa - 12 decessi/anno). Nella figura 57, riguardante i tassi troncati a 65 anni nel sesso maschile, si nota una situazione favorevole per la mortalità per le malattie dell’apparato digerente (-25,8%), dovuta prevalentemente alla minore mortalità per cirrosi epatica (-28,3%). Vi è una situazione peggiorativa invece per le malattie del sistema circolatorio (+17,5%), per le cardiopatie ischemiche e l’infarto (+37,5%), per le malattie genito-urinarie (+63,3%) e per i suicidi (+53,1%). Nella figura 58, riguardante l’SMR per l’intera popolazione femminile, si nota una situazione favorevole per la mortalità per tutti i tumori maligni (-6,0%), per i tumori del tessuto linfatico e le leucemie (-19,9%), per l’ipertensione ar teriosa (- 26,8%), per le malattie dell’apparato respiratorio (-24,6% ) dovuta prevalentemente alla bronchite, enfisema ed asma (- 22,9%) e per le malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (-59,0%). Vi è una situa- Figura 53, 54 e 55 Mor talità per: malattie cardiovascolari (alto), cardiopatie ischemiche e infarto (centro), cerebrovascolari (basso). U.L.SS. n.4. SMR totali e troncati con intervalli fiduciali al 95% e sesso 134 2. La qualità della vita: i determinanti della salute zione peggiorativa invece per le malattie metaboliche (+14,7%), dovuta soprattutto al diabete (+16,9%), per i disturbi psichici (+18,6%), per le malattie del sistema circolatorio (+5,5%) e per le cardiopatie ischemiche e l’infarto (+12,5%). Nella figura 59, riguardante l’SMR per l’intera popolazione maschile, si nota una situazione favorevole per la mor talità per tutti i tumori maligni (-7,9%), in particolare per il tumore del pancreas (-20,3%), per il tumore dei bronchi e del polmone (-13,2%) e per il tumore della pro- Figura 56 e 57 Mor talità per cause selezionate nell’U.L.SS. n.4. Femmine (alto) e Maschi (basso). SMR Troncati a 65 anni con intervalli fiduciali al 95% Le condizioni socio-economiche 135 stata (-16,2%), per le malattie dell’apparato respiratorio (-12,0%) dovuta prevalentemente alla bronchite, enfisema ed asma (-15,7%), per le malattie dell’apparato digerente (-15,3%), dovuta prevalentemente alla cirrosi epatica (-26,5%) e per le malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (-50,0%). Vi è una situazione peggiorativa invece per le malattie del sistema circolatorio (+17,1%), per le cardiopatie ischemiche e l’infar to (+28,3%), per le malattie cerebro-vascolari (+11,3%) e per i suicidi (+47,1%). Figura 58 e 59 Mortalità per cause selezionate nell’U.L.SS. n.4. Femmine (a destra, alto) e Maschi (a destra, basso). SMR con intervalli fiduciali al 95% La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali È nella conoscenza che si decide del vero e del non vero [...] Conoscere è sempre, in quanto conoscere qualcosa, una adeguazione alla cosa da conoscere, è un commisurarsi con… Nietzsche La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali L 137 a qualità della rete dei servizi e soprattutto il suo corretto utilizzo rappresenta un fattore determinante della salute che incide, secondo la letteratura, per circa il 10-15% sullo stato di salute complessivo di una comunità. Sembrerebbe trattarsi quindi di un determinante non fondamentale ma è altresì vero che proprio sulla rete dei ser vizi la comunità ha la maggior capacità di influenza attraverso un’attenta programmazione dell’uso delle risorse a disposizione al fine di garantire i livelli uniformi di assistenza per la popolazione. Per ser vizi territoriali, sanitari e sociali, si intendono tutti quelli che non rientrano specificatamente nelle attività ospedaliere di ricovero; si tratta di quei servizi che tendono a preservare lo stato di salute delle persone. La promozione della salute inizia ad essere un frutto della coscienza civile della società e della assunzione da parte di tutti i cittadini di un ruolo personale diretto e consapevole nei confronti del proprio benessere fisico, psichico e sociale, avvalendosi di tutti gli organismi di partecipazione e concer tazione utili per una gestione territoriale della salute. Di seguito si affronteranno sia i temi della prevenzione, rifacendosi nei contenuti al “Piano A.L.T.A. Salute” che affronta specificatamentela questione della tutela attiva della salute, sia l’ar ticolazione dei servizi sociosanitari e sociali presenti nel territorio. La prevenzione Eppure le decisioni vanno prese e anche non prendere decisioni, in fondo, è una decisione Goethe La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione I 139 compor tamenti sono cer tamente più di semplici azioni: connotano in certa misura la persona e la società in cui vive. Una persona che fa spesso passeggiate in montagna è diversa da una che usa l’auto anche per andare al bar a 500 metri da casa. Non è possibile, poi, scindere il comportamento di una persona dalle sue motivazioni, dai suoi obiettivi e dal suo contesto di vita. Fare una corsa o una passeggiata in montagna assume significati diversi per un adolescente, per un atleta, per un manager, per un anziano o per una famiglia. I comportamenti sono da sempre strettamente associati anche ai valori della comunità: questo è vero specialmente per le minoranze e nei passaggi critici della storia, come testimoniano, ad esempio, le comunità di prima immigrazione (ricordiamo le genti venete emigrate in America, ancora legate agli stili di vita tradizionali). La recente, ma ’esplosiva e peraltro recente dif fusione del benessere ha prodotto uno strumento di for te estensione dei comportamenti: l’assimilazione di massa (così, ad esempio, gli italiani hanno imparato a guidare la 500, ad andare in bicicletta), che ha come presupposto la produzione industriale di prodotti virtualmente identici in tutto il pianeta (jeans, personalcomputer, hamburger). I comportamenti individuali e collettivi incidono sicuramente sulla salute. Lo scenario della salute della nostra popolazione nel secolo scorso è caratterizzato da tre grandi transizioni: una economica (“dai carri nei campi agli aerei nel cielo”, citando una canzone di Luigi Tenco), una demografica (dalla famiglia patriarcale alla famiglia nucleare) ed una epidemiologica (dalle malattie acute infettive alle malattie cronico-degenerative, tumori e malattie cardiovascolari per prime). Se guardiamo i grandi e continui progressi dell’aspettativa di vita anche in età adulta ed anziana, certamente il Veneto non è mai stato così bene prima d’ora. Ciononostante, oggi gli scorretti stili di vita sono causa di malattie invalidanti a partire dall’età adulta che diventano più pesanti nell’età avanzata. Anche gli stili di vita hanno subito un cambio epocale, che è stato assorbito solo in maniera parziale. È difficile pensare di cambiare i compor tamenti proponendo semplicemente una serie di nozioni già note e calando una lista di “buoni consigli”. È sicuramente più efficace tenere presente la complessità delle motivazioni di ognuno e dell’intera a comunità in cui vive, soprattutto bisogna sfruttare tutte le oppor tunità che sono a disposizione. Tali oppor tunità possono essere rappresentate anche dai legami che tengono unita la nostra Comunità dell’Alto Vicentino. La storia e perfino la geografia della nostra terra altovicentina ci offrono un retroterra culturale di for te identità: un patrimonio invidiabile di lavoro e di integrazione sociale che ha saputo assorbire tumultuose trasformazioni economiche e politiche. Il for te attaccamento individuale al lavoro ed al consolidamento del benessere della famiglia, sono le riconoscibilissime radici etiche dei comportamenti sociali. Esse devono ora sostenere una nuova visione di sviluppo economico e produttivo, fronteggiare una profonda modificazione delle strutture familiari, ma soprattutto progettare una nuova dimensione della qualità della vita e della salute. La ricerca educativa ha maturato nei decenni un percorso: dalla educazione alla salute, rivolta a singoli o a gruppi (sviluppo di conoscenze, competenze, abilità), è giunta alla promozione della salute, rivolta alla comunità. Si sottolinea, cioè, l’importanza delle regole condivise, e dell’influenza ambientale: non vi può essere contraddizione tra e le scelte dell’individuo e i valori e gli investimenti della comunità. Si è anche capito che i comportamenti si cambiano in gruppo: in famiglia, tra amici e colleghi di lavoro, a par tire da un nuovo giudizio di valore e da una sperimentazione individuale. 140 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Se i miei amici cominciano ad usare più spesso la bicicletta, è più facile che anch’io faccia come loro. Se io comincio ad andare in palestra, è più facile che anche la mia ragazza faccia come me. Stili di vita sani sono ormai ben visibili, ad esempio, nel grande e crescente numero di persone di ogni età che passeggiano, corrono, pedalano sulle nostre strade o ancora nel crescente uso delle strutture sportive da parte di gruppi di tutte le età, di associazioni non sportive o semplicemente di singole persone. L’ultimo (in termini di apparizione) strumento di modifica dei compor tamenti è in realtà diventato il più impor tante o, certamente, il più visibile: i mass-media. Generalmente carta stampata e immagini televisive, proprio in virtù delle loro caratteristiche, si prestano più agevolmente a produrre informazione piuttosto che educazione. Un cittadino correttamente informato è, comunque, in grado di orientarsi tra opzioni diverse e di arrivare alla decisione da solo e nei tempi da lui stabiliti. L’altra importante funzione riconosciuta ai mass media è quella della rappresentazione: ogni iniziativa, progetto, proposta, realizzazione acquista valore per la comunità tanto quanto è presente sulla “piazza mediatica”. È indubbio che bisogna partire dalla comunità per costruire un nuovo progetto di salute. Diventano rilevanti, per questo, i ruoli di tutte le istituzioni formative e culturali, dei soggetti economici e, in particolare, dell’ente locale, nella sua duplice veste di depositario della fiducia dei cittadini e di regista della programmazione territoriale. Diventa indispensabile, poi, pensare e realizzare un progetto di salute comune a tutta la nostra popolazione, condividendo conoscenze, ascoltando suggerimenti, promuovendo azioni che diano la possibilità di mantenere e promuovere la salute di ciascuno in un contesto ambientale e sociale sano. Alcuni consigli pratici • Fumo OBIETTIVO: Evitare l’esposizione della popolazione al fumo attivo e passivo CONSIGLIO: Non iniziare a fumare o smetti completamente di farlo • Attività Fisica OBIETTIVO: Mantenere, durante tutta la vita, uno stile di vita attivo equivalente ad un Indice PAL di almeno 1.75, con l’opportunità di far e esercizio fisico anche vigoroso CONSIGLIO: Fai una passeggiata di un’ora o un’attività simile ogni giorno, se l’attività fisica lavorativa e domestica è bassa o moderata. Fai inoltre dell’esercizio fisico vigoroso per almeno un’ora la settimana • Attività Fisica di Base OBIETTIVO: Ridurre, attraverso l’attività e la buona forma fisica, i danni sulla salute delle malattie coronariche (compreso l’infarto) e dell’ipertensione. Alcuni studi evidenziano un legame tra lo stile di vita sedentario ed alcune malattie tumorali CONSIGLIO: Fai un’attività moderata (per esempio, camminare a passo svelto) per trenta minuti al giorno nella maggior parte dei giorni della settimana: è sufficiente per mantenere la funzionalità cardiovascolare • Attività Fisica sostenuta OBIETTIVO: Incoraggiare l’attività fisica sostenuta, per prevenire l’obesità, il diabete, l’osteoporosi CONSIGLIO: Potenzia la muscolatura con un’attività fisica moderata per 60 minuti al giorno: in questo modo si prevengono l’obesità ed il diabete e si consolidano le ossa e le articolazioni • Peso ideale OBIETTIVO: Mantenere il peso medio, durante tutta la vita adulta, tra i Valori di Indice di Massa Corporea La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione 141 di 18.5 e 25. CONSIGLIO: Evita di essere sovrappeso o sottopeso e limita l’aumento di peso durante la vita adulta sotto i 5 chilogrammi • Scelta dei cibi OBIETTIVO: Incoraggiare una dieta variata, nutrizionalmente adeguata e basata soprattutto su cibi di origine vegetale CONSIGLIO: Scegli una varietà di cibi vegetali, frutta e legumi. Scegli cibi poco manipolati dall’industria degli alimenti (cibi senza aggiunta di grassi, zuccheri e sale) • Vegetali e frutta OBIETTIVO: Promuovere il consumo di verdura e frutta di stagione, che dovrebbe fornire almeno il 7% dell’energia totale CONSIGLIO: Consuma 400-800 grammi di verdura e frutta al giorno, preferibilmente di stagione • Altri cibi vegetali OBIETTIVO: Promuovere l’inserimento, nella dieta, di una varietà di cibi vegetali ricchi di amido o proteine, preferibilmente poco manipolati dall’industria alimentare, per fornire il 45-60% dell’energia totale CONSIGLIO: Consuma 400-800 grammi al giorno di una varietà di cereali, legumi e tuberi. Preferisci i cibi poco manipolati e limita il consumo di zuccheri raffinati • Grassi totali ed oli OBIETTIVO: Limitare il consumo di grassi totali e di oli, che devono fornire dal 15% ad un massimo del 30% dell’energia totale CONSIGLIO: Limita il consumo di cibi grassi, particolarmente quelli di origine animale. Utilizza quantità modeste di appropriati oli vegetali • Carne OBIETTIVO: Limitare il consumo della carne rossa, che non deve fornire più del 10% dell’energia totale CONSIGLIO: Limita il consumo di carni rosse a meno di 80 grammi al giorno. È preferibile consumare pesce, pollame, carni bianche proveniente da allevamenti domestici • Bevande alcoliche OBIETTIVO: Dissuadere il consumo eccessivo di alcol. Per coloro che bevono alcol, non deve essere appor tato dall’alcol più del 5% dell’energia totale negli uomini e del 2,5% nelle donne CONSIGLIO: Se bevi alcol, limita il consumo a non più di due bevande alcoliche al giorno (esempio: una birra da 1/3 o un bicchiere di vino) per gli uomini e una per le donne. L’alcol non è un alimento indispensabile • Abolizione dell’uso di alcolici per i guidatori OBIETTIVO: Ridurre il rischio di incidenti, abolendo il consumo di alcol per i guidatori CONSIGLIO:Non bere alcolici prima di metterti alla guida di autoveicoli • Sale OBIETTIVO: Evitare di superare il consumo di 6 grammi/giorno di sale (considerando tutte le fonti alimentari) CONSIGLIO: Limita il consumo di cibi salati e l’uso del sale nella cottura. Non aggiungere sale in tavola. Usa erbe e spezie per insaporire i cibi 142 2. La qualità della vita: i determinanti della salute • Additivi e residui OBIETTIVO: Stabilire e monitorare il rispetto dei limiti di sicurezza per additivi alimentari, pesticidi e altri contaminanti dei cibi CONSIGLIO: Limita il consumo di alimenti confezionati. Se la produzione di alimenti avviene in conformità alla legge, la presenza di additivi, pesticidi e contaminanti dei cibi non dovrebbe avere effetti negativi sulla salute • Preparazione OBIETTIVO: Incoraggiare la cottura a basse temperature di carne e pesce CONSIGLIO: Consuma solo occasionalmente carne e pesce cotti direttamente alla fiamma, carni insaccate e affumicate • Supplementi Alimentari OBIETTIVO: Incoraggiare l’appor to dietetico di tutti i nutrienti attraverso una dieta varia, senza ricorrere a supplementazioni dietetiche, non necessarie né utili per ridurre il rischio di cancro CONSIGLIO: Segui una dieta varia. L’utilizzo costante di sale da cucina iodato è raccomandato per la prevenzione delle malattie della tiroide • Utilizzo dei sistemi di protezione per gli incidenti stradali OBIETTIVO: Ridurre il rischio di lesioni in corso di incidente stradale, attraverso l’adozione dei sistemi di protezione CONSIGLIO: Utilizza sempre i sistemi di protezione individuali per la protezione delle lesioni causate dagli incidenti stradali Agire tutti insieme, l’azione di comunità Tradizionalmente la medicina è considerata una scienza per l’individuo ed anche la medicina preventiva, per lungo tempo, si è rivolta esclusivamente ad interventi efficaci per il singolo (misure igieniche, vaccinazioni, screening). Anche la Comunità tuttavia può esprimere azioni efficaci per il miglioramento del proprio stato di salute. Per giungere a questo risultato è importante vi siano regole e obiettivi condivisi: non vi può essere contraddizione tra le scelte della comunità e quelle dell’individuo (sponsorizzazione dell’industria del tabacco / non fumare). È indubbio, quindi, che bisogna par tire dalla comunità per costruire un nuovo progetto di salute. L’efficacia delle esperienze di comunità è stata valutata e convalidata da numerosi studi scientifici, a seguito dei quali le agenzie nazionali e internazionali per la promozione della salute (l’Organizzazione Mondiale della Salute) hanno proposto con forza delle raccomandazioni, che sono rivolte a vari livelli (stato, regioni, comuni) e settori della vita sociale (servizi sanitari, scolastici, produttivi, sistema dei traspor ti) ma investono del ruolo di primo protagonista la Comunità locale, che le deve tradurre in un piano di azione culturale e organizzativa: i principali risultati efficaci e raccomandazioni possono essere così riassunti: Fumo Strategie per scoraggiare le persone che iniziano a fumare L’aumento del costo delle sigarette è fortemente raccomandato. Questa azione si dimostra efficace soprattutto per limitare il numero di adolescenti che inizia a fumare e per ridurre il consumo di tabacco fra gli adolescenti e i giovani adulti. Le campagne di educazione effettuate attraverso i mass media sono fortemente raccoman- La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione 143 date, a condizione che siano intensive ed offrano un messaggio molto puntuale ed incisivo. Per i giovani questa azione è efficace soprattutto, se si affianca ad altri interventi educativi scolastici e comunitari e all’aumento del prezzo dei prodotti del tabacco. Strategie per ridurre l’esposizione al fumo passivo L’adozione di divieti e restrizioni al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici è fortemente raccomandata. Dove questa esperienza è stata studiata e valutata, gli effetti sono risultati positivi sia in termini di aumento del numero di persone che hanno smesso di fumare, sia in termini di riduzione del numero di sigarette fumate tra i fumatori abituali, sia nella diminuzione dell’esposizione al fumo passivo dei non fumatori. Strategie per incoraggiare i fumatori a smettere di fumare L’aumento del costo delle sigarette è fortemente raccomandato, specialmente se affiancato da altri inter venti di comunità, come campagne di educazione effettuate attraverso i massmedia. Anche i fumatori adulti sono facilitati nello smettere di fumare da queste azioni. Corsi ben strutturati e gestiti da operatori sanitari, con il rinforzo psicologico di ex fumatori, possono sostenere il fumatore nella decisione di smettere di fumare. Altra azione, la cui ef ficacia è ancora oggetto di studio, è rappresentata dai concorsi per smettere di fumare dei quali non vanno comunque sottovalutati il for te coinvolgimento e l’impatto comunicativo. I fumatori vengono invitati a smettere di fumare entro una data stabilita, sottoscrivendo un vero e proprio contratto con l’organizzatore dell’iniziativa. Per coloro che smettono e accettano i controlli previsti vengono sorteggiati dei premi in danaro. Anche il servizio sanitario può essere parte attiva ed ef ficace in questi interventi, ad esempio tramite il sostegno telefonico attivo alle persone che decidono di smettere di fumare. Queste persone vengono contattate periodicamente da operatori o volontari sanitari che gli assistono e sostengono nella loro decisione. Altra azione molto diffusa e studiata è il coinvolgimento attivo dei medici di medicina generale e dei medici specialisti nell’individuare i pazienti fumatori, nel fornire loro consigli e assistenza, nel sostenere periodicamente il mantenimento dell’astinenza dal fumo. Questi interventi si sono dimostrati efficaci in numerosi contesti clinici diversi e in diversi settori della popolazione (giovani, donne). Il concorso alle spese vive sostenute dai pazienti per terapie anti-fumo (rimborso parziale o completo) è risultato efficace nell’aumentare il ricorso a terapie anti-fumo e anche nel diminuire il numero di fumatori. Attività fisica Interventi informativi È fortemente raccomandata l’effettuazione di campagne informative di massa rivolte alla comunità locale, molto visibili, su larga scala e ad alta intensità. I programmi informativi sono efficaci a patto che facciano parte di inter venti multidisciplinari, che comprendano attività educative, counselling per l’attività fisica e gruppi di auto-aiuto, eventi di comunità e realizzazione di percorsi pedonali e ciclabili. Queste iniziative fanno aumentare il tempo dedicato all’attiività fisica ed il consumo calorico nella popolazione cui è rivolto il messaggio. Car telli informativi e motivazionali che incoraggiano l’uso delle scale negli ambienti pubblici, descrivendo esplicitamente i benefici dell’attività fisica, sono efficaci nell’aumentare il numero di persone, sia in sovrappeso, sia di peso normale, che salgono le scale. Approcci compor tamentali e sociali Sono for temente raccomandati programmi individuali per aiutare le persone a praticare attività fisica nella vita quotidiana, definendo obiettivi realistici, coinvolgendo amici, familiari e 144 2. La qualità della vita: i determinanti della salute colleghi, stabilendo strategie di superamento degli ostacoli. Questi interventi, supportati da gruppi di auto-aiuto, si sono dimostrati efficaci non solo nell’aumentare il livello di attività fisica dei par tecipanti ma anche la loro funzionalità cardiaca e respiratoria. È fortemente raccomandato il suppor to e lo sviluppo di reti sociali che sostengono l’attività fisica, ad esempio tra colleghi di lavoro, o sfr uttando le reti e le aggregazioni già esistenti nella comunità: oltre all’aumento dell’attività, della forza fisica e della funzionalità cardiorespiratoria, della flessibilità delle articolazioni, si ottiene un considerevole miglioramento, dell’umore. Approcci di tipo ambientale e comunitario Sono fortemente raccomandati gli inter venti volti ad aumentare la disponibilità di spazi (percorsi pedonali e ciclabili, palestre, piscine, manifestazioni spor tive) ed opportunità per praticare l’attività fisica nella comunità e nell’ambiente di lavoro (riduzione del prezzo d’ingresso delle palestre e delle piscine, adattamento dei tempi della pausa pranzo durante il lavoro). Sono raccomandati infine i cambiamenti delle politiche e dei programmi scolastici, volti a facilitare l’attività fisica. Incidenti stradali Promozione dei dispositivi di sicurezza In linea con le raccomandazioni internazionali, anche l’Italia ha adottato leggi che obbligano i costruttori ad installare i dispositivi di sicurezza sugli autoveicoli e i guidatori ad utilizzarli. L’agevolazione per l’acquisto e la distribuzione attiva (sponsors, …) di seggiolini per bambini sono raccomandati e sono in grado di aumentare significativamente la percentuale di bambini che viaggia in condizioni di sicurezza. Le stazioni di controllo stradale dei vigili, delle forze dell’ordine o di volontari sono ugualmente fortemente raccomandate, per tenere sotto stretto controllo l’effettiva adozione delle misure di sicurezza a bordo dei veicoli. Promozione dei dispositivi di sicurezza Per diminuire il numero di incidenti mortali tra gli automobilisti è for temente raccomandata l’adozione di normative più restrittive sul limite massimo di alcolemia (minore di 0.2 mg/ml), specialmente per i guidatori giovani e i principianti. Sono altresì fortemente raccomandate le restrizioni alla vendita ed al consumo di alcolici a minorenni. L’istituzione di posti di controllo in cui i test alcoolimetrici vengono effettuati a campione o in maniera selettiva su soggetti in apparente stato di ebbrezza è for temente raccomandata. Campagne informative mirate rafforzano la validità di queste azioni. Perché e come questi consigli sono importanti per la salute? Fattori di rischio e comportamenti Fumo di tabacco Il fumo di tabacco si è rapidamente diffuso tra la popolazione a partire dal primo decennio del ’900 a seguito della industrializzazione della produzione delle sigarette. Altri fattori determinanti di diffusione sono stati l’inclusione delle sigarette nella razione giornaliera dei soldati durante le due guerre mondiali e l’investimento continuativo di ingenti capitali nella pubblicità diretta e indiretta (dai primi divi del cinema, alle gare di formula uno). La presa di coscienza dei danni causati dal tabacco e l’adozione di normative restrittive da par te degli stati del cosiddetto mondo occidentale hanno causato, negli ultimi decenni, la necessità, per le multinazionali, di aprire nuovi mercati nei paesi poveri emergenti. La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione 145 Il fumo è la più importante causa di mor te modificabile. In Italia sono circa 90.000 i decessi annui per patologie correlate al fumo, di cui il 25% tra i 35 e i 65 anni; nell’Alto Vicentino sono circa 250-300. Da diversi decenni non soltanto i medici, ma anche le persone in genere, sono a conoscenza dei danni causati dall’uso del tabacco: la maggior parte dei tumori a polmoni, trachea, bronchi, laringe, bocca ed esofago ed anche una piccola ma significativa par te di tumori del pancreas, dei reni, della vescica e del collo dell’utero. Il fumo favorisce l’ar teriosclerosi, cioè il restringimento delle arterie causato dalle placche di accumulo del colesterolo a livello delle coronarie, delle arterie del cervello e di tutte la altre, causando infarto, ictus e amputazioni. Il fumo è un importante fattore di rischio delle malattie polmonari croniche (asma, bronchite). La nicotina contenuta nel tabacco di sigaretta comporta dipendenza. Gli effetti del fumo riguardano anche i non fumatori. Il fumo passivo è causa di infezioni alle vie respiratorie nei bambini e aumenta il rischio di tumore polmonare nei conviventi. Il fumo in gravidanza rappresenta un fattore di rischio di aborto, di basso peso alla nascita e di parti prematuri. Compor tamenti efficaci Tutti gli enti sanitari nazionali e internazionali sostengono che evitare o smettere di fumare è la raccomandazione più importante per la salute di ognuno. Gli effetti a lungo termine della cessazione del fumo sono documentati da una enorme quantità di studi scientifici. Già dopo alcune settimane dalla cessazione del fumo, si possono apprezzare i primi benefici: riconquista del gusto del cibo, diminuzione della tosse, miglioramento del respiro e del battito cardiaco. Dopo un anno il rischio di infar to e di ictus, si dimezza e, a distanza di quindici anni, si avvicina a quello dei non fumatori. Rispetto a chi continua, chi riesce a smettere di fumare riduce il rischio di morte per malattie respiratorie. Le donne in gravidanza che smettono di fumare entro la trentesima settimana di gestazione, danno alla luce bambini più sani. Dopo dieci anni di astinenza dal fumo, il rischio di tumore polmonare si riduce del 30-50%, mentre il rischio di tumore orale ed esofageo si dimezza già dopo cinque anni. Accanto ai vantaggi per la salute, esiste naturalmente un vantaggio di tipo economico. Sicuramente il costo in continuo aumento delle sigarette può incidere, nel medio termine, nel sul bilancio personale. Ma possono incidere, sempre da un punto di vista economico, anche altre spese causate dall’uso del tabacco: spese per farmaci, accer tamenti sanitari, visite mediche. Esiste anche, per chi smette di fumare, un vantaggio di tipo psicologico non solo nei confronti della paura della malattia, del senso di responsabilità verso se stessi e verso i propri congiunti, ma soprattutto di aumento della stima di sé. Alimentazione, obesità e alcool Il benessere sviluppatosi negli ultimi decenni ha permesso l’uso di una variegata offer ta di sostanze alimentari, ed ha operato una profonda rivoluzione nella scelta, nella preparazione e nel consumo degli alimenti da parte delle famiglie. Da una dieta povera, costituita da alimenti grezzi e autoprodotti, si è passati all’assunzione di una grande varietà di cibi, manipolati, confezionati e distribuiti a livello industriale. Ciò sicuramente rappresenta un miglioramento della qualità della vita, ma compor ta anche il rischio di un’alimentazione sbilanciata, che è causa di diverse malattie. L’alimentazione non corretta gioca un ruolo importante nell’obesità, nell’iper tensione, nell’alterazione dei grassi nel sangue e può essere causa di diabete, che è già di per sé malattia e può provocare insufficienza renale, cecità e disturbi neurologici. Ciascuno di questi fat- 146 2. La qualità della vita: i determinanti della salute tori gioca un ruolo impor tante nel determinare le malattie cardiovascolari. Anche alcuni tumori, in particolare quelli del grosso intestino, della mammella e della prostata, sono strettamente associati alla dieta. L’alcool rappresenta una sostanza alimentare di grande tradizione e notevole importanza nell’economia e nella cultura dell’Alto Vicentino. L’abuso di alcool è tuttavia causa di numerose malattie dell’apparato digerente: cirrosi epatica, tumor e del fegato, della cavità orale, dell’esofago ed inoltre è causa di danno organico al cer vello e al sistema nervoso. Come dimostrano le cronache, l’abuso di alcool è causa di incidenti stradali, anche mortali e di violen- Figura 60 Grafico per la valutazione del proprio Indice di Massa Corporea (BMI) La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – La prevenzione 147 ze ed abusi nei confronti di sé e degli altri. Compor tamenti efficaci I comportamenti dietetici più ef ficaci per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie sono: • una dieta ricca di frutta e verdura; è dimostrata una relazione diretta fra il consumo di frutta e verdura fresca e la riduzione dei tumori del colon, della mammella e del cavo orale; • un ridotto uso di grassi, specialmente animali; diversi studi epidemiologici hanno dimostrato che un corretto uso di grassi animali riduce i livelli di colesterolo nel sangue, livelli che rappresentano uno dei fattori più impor tanti per lo sviluppo dell’arteriosclerosi. • il consumo di alimenti freschi; la fr utta e la verdura apportano alla dieta un insieme di nutrienti (fibre, vitamine) che hanno un effetto pr otettivo su alcune forme di cancro e sulle malattie arteriosclerotiche (infarto, ictus, ecc.) certamente superiore a quello dei supplementi dietetici disponibili nel commercio (integratori vitaminici e alimentari). I conservanti, contenuti in par ticolare nei cibi conser vati sotto sale, nelle carni affumicate, nelle carni insaccate (nitriti), possono essere associati al cancro dello stomaco; • una moderata assunzione di alcool; un uso moderato della sostanza permette di evitare conseguenze importanti per la salute: tumori, incidenti, violenza. Attività fisica Per attività fisica moderata si intende quell’insieme di attività che possono essere sostenute in modo agevole, senza affanno, per almeno 60 minuti (camminare, pedalare, salire le scale, curare il giardino, sistemare la casa); per attività fisica vigorosa s’intende ciò che è sufficiente a procurare stanchezza entro 20 minuti dall’inizio dell’attività stessa. Per migliorare la funzione cardiovascolare, l’esercizio non può essere praticato occasionalmente o stagionalmente, ma deve essere costante. I benefici per la salute sono direttamente propor zionali all’intensità dell’attività fisica praticata; tuttavia l’attività fisica moderata si adatta meglio ai ritmi quotidiani e viene meglio mantenuta nel tempo. Inoltre, nelle persone sedentarie, è opportuno aumentare l’attività fisica in maniera graduale. Le raccomandazioni sono indirizzate a persone che sono completamente sedentarie. Alcune attività, per esempio i lavori domestici, costituiscono un esercizio fisico giornaliero che a volte può essere considerato sufficiente. Trenta minuti al giorno di attività moderata (camminare a passo svelto), sono sufficienti per mantenere la funzionalità cardiovascolare. Per il potenziamento muscolare, la prevenzione dell’obesità, il consolidamento osseo sono raccomandati 60 minuti al giorno. L’attività e la buona forma fisica sono in grado di ridurre i danni sulla salute di almeno sei gruppi di malattie: • malattie coronariche (compreso l’infar to); • ipertensione; • obesità; • diabete; • osteoporosi; • disturbi mentali. Vi sono anche alcuni studi che evidenziano un legame tra lo stile di vita sedentario ed alcune malattie tumorali. Compor tamenti ef ficaci Si stima che almeno il 35% delle malattie coronariche (compresi gli infarti) potrebbero essere eliminate stimolando le persone a praticare una costante attività fisica. Si può calcolare che su 10.000 persone che praticano attività fisica vigorosa, vengano salvate 30 vite all’an- 148 2. La qualità della vita: i determinanti della salute no. Le persone sedentarie hanno un rischio aumentato del 35-50% di sviluppare l’ipertensione arteriosa rispetto a coloro che praticano costantemente l’esercizio fisico. Le persone che dedicano poco o nessun tempo per l’attività fisica hanno un rischio maggiore di sviluppare l’obesità. L’attività fisica facilita il mantenimento del bilancio calorico e aumenta la possibilità di successo nei tentativi iniziali, o a lungo termine, di perdita di peso. Questa influenza positiva deriva da un aumento dell’energia liberata, dal mantenimento della massa muscolare, dal controllo degli zuccheri nel sangue, da una scelta più appropriata degli alimenti, dalla ridistribuzione del grasso corporeo e da un impor tante rinforzo di natura psicologica. Alcuni studi evidenziano una riduzione del rischio del cancro del colon nelle persone che praticano attività fisica in modo regolare. L’attività fisica vigorosa può comportare effetti negativi in persone con scarsa se non nulla preparazione atletica. I danni sono causati da cadute, traumi sulle ar ticolazioni e problemi cardiocircolatori. Il rischio, pur raro e che non esclude i benefici derivanti da una costante attività fisica, viene di molto diminuito da un allenamento graduale e, da una scelta progressiva dell’attività praticata. Tutti gli organismi nazionali ed internazionali ritengono “molto for te” la raccomandazione di svolgere regolare attività fisica. Incidenti stradali L’auto è certamente il bene strumentale e lo status symbol che meglio rappresenta l’odierno modo di vivere. La rivoluzione a quattro ruote ha reso possibile una opportunità ed una libertà di movimento impensabili fino a pochi anni fa nel lavoro, nella famiglia, nel tempo libero. Purtroppo però questo ha avuto anche ripercussioni negative sulla vita e sulla salute della popolazione:, una diminuzione dell’attività fisica e della socializzazione tra le persone, un importante impatto sull’ambiente urbano, acustico ed atmosferico specialmente nelle grandi città. La mortalità per incidente stradale è attualmente in diminuzione, grazie ad uno standard di sicurezza più elevato (impianti di frenatura, air bag, barre di protezione, ecc.), all’introduzione dell’uso obbligatorio degli strumenti di protezione individuale (cinture di sicurezza, seggiolini per i minori, casco, ecc.) ed al contenimento dei limiti di velocità. Nonostante questo, uno dei maggiori problemi di salute pubblica è rappresentato dalle conseguenze socio-sanitarie degli incidenti stradali, che sono la principale causa di mor te tra i 15 ed i 44 anni. Compor tamenti efficaci I guidatori che bevono alcolici hanno in media più incidenti. I forti bevitori hanno un rischio doppio rispetto ai bevitori moderati ed un rischio otto volte maggiore rispetto agli astemi di morire in un incidente stradale. Restrizioni normative, azioni educative ed il controllo str etto sul consumo di alcolici e sostanze stupefacenti da parte dei guidatori, possono diminuire del 25% la mor talità per incidente stradale. L’efficacia delle cinture di sicurezza è stata dimostrata in esperimenti di laboratorio con manichini e confermata da numerosi studi sul campo, effettuati prima e dopo l’adozione della normativa sulle cinture di sicurezza. Il loro uso ha determinato una diminuzione significativa del 60% delle ferite moderate e serie e del 50% dei decessi. I bambini che non utilizzano seggiolini adeguati hanno una probabilità del 60% più elevata di morire o di riportare ferite gravi in occasione di incidenti. Gli air bag sono concepiti per essere un sistema di contenimento supplementare alle cinture di sicurezza (per lo più per l’urto frontale) e non entrano in azione in impatti a bassa velocità e posteriori. L’air-bag può prevenire il decesso di un ulteriore La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione 149 10% dei guidatori e dei passeggeri seduti nei sedili anteriori che portano le cinture di sicurezza. Indossare il casco riduce del 45-70% la frequenza di traumi cranici nei motociclisti. L’uso obbligatorio del casco ha comportato una riduzione dei decessi del 35%, e riduzioni simili nel numero di persone ricoverate e trattate in pronto soccorso per incidenti motociclistici. Incidenti domestici La cultura della sicurezza ha fatto molti passi di avanti nelle Aziende, dove si registra un’impor tante impegno dei lavoratori e delle parti sociali, che hanno riconosciuto il valore sociale, economico e produttivo della prevenzione. Anche se la normativa di riferimento per la sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita collettiva (“la 626”) è diventata piuttosto popolare, all’interno delle mura domestiche questa cultura stenta a farsi strada. Anche in casa, tuttavia, si verifica uno squilibrio crescente tra la tecnologia (impianti, apparecchi, arredi e percorsi interni ed esterni) e la persona, specialmente nelle età più fragili: bambini e anziani. Non solo gli operatori socio-sanitari, ma anche molte famiglie riconoscono la necessità di affrontare l’età elevata e possibilmente la disabilità con adeguate attenzioni e investimenti nella struttura e nell’arredamento dell’abitazione. Gli incidenti che si verificano con maggior frequenza sono le cadute, gli urti, i tagli, le ustioni. I luoghi dove maggiormente tali incidenti si verificano sono la cucina, il bagno, le scale. I soggetti in condizioni di marginalità sociale sono a rischio per l’intossicazione da monossido di carbonio, causata da sistemi di riscaldamento inadeguati. Compor tamenti ef ficaci Gli interventi preventivi sono rivolti da un lato alla educazione (dei bambini, della famiglia), dall’altro alla rimozione dei pericoli ambientali. Come esempi efficaci di educazione o counselling si possono citare la sor veglianza del bambino piccolo in vasca da bagno e l’addestramento al nuoto del bambino grande; tra gli interventi ambientali possono essere ricordati, l’avere a por tata di mano il numero telefonico del centro antiveleno, i cancelletti che impediscono l’accesso alle scale ed i dispositivi che segnalano l’incendio e la fuga di gas. Per gli anziani è raccomandata la valutazione mutltidisciplinare dell’anziano della persona fragile e della sua casa e la partecipazione a programmi ed iniziative di promozione dell’attività fisica e potenziamento muscolare, al fine di ridurre il rischio di cadute. Incidenti lavorativi All’interno del mondo del lavoro si è largamente diffusa in questi anni la consapevolezza che è conveniente gestire la sicurezza e più in generale la salute, come parte integrante della gestione dell’azienda. Questo tipo di approccio si traduce nella definizione di un Sistema di Gestione della Sicurezza sul Lavoro (SGSL), o almeno nell’attivazione di processi in grado di gestire gli infortuni e gli incidenti nella singola Azienda. Gli obiettivi di questa strategia sono: • ridurre progressivamente i costi complessivi della sicurezza sul lavoro compresi quelli derivanti da incidenti, infor tuni e malattie correlate al lavoro minimizzando i rischi; • aumentare l’ef ficienza e le prestazioni dell’impresa/organizzazione; • contribuire a migliorare i livelli di salute e sicurezza sul lavoro; • migliorare l’immagine interna ed esterna dell’impresa. Le normative europee indicano la necessità di supportare le Aziende nella costruzione di sistemi di gestione della salute e sicurezza. Il Decreto Legislativo 626/94 recepisce la Direttiva Europea sul miglioramento della salute dei lavoratori e descrive gli elementi di un sistema gestionale per la sicurezza. 150 2. La qualità della vita: i determinanti della salute In questo contesto sono state elaborate a livello nazionale le Linee Guida Uni-Inail, alla cui stesura hanno partecipato le Associazioni Imprenditoriali e le Organizzazioni Sindacali dei lavoratori dipendenti, con par ticolare attenzione alla realtà della piccola azienda. A livello locale queste indicazioni sono condivise dai servizi dell’U.L.SS. con le Associazioni di categoria ed i Sindacati e sono recepite con un intenso e capillare lavoro di formazione di tecnici delle Associazioni Imprenditoriali, Rappresentanti Aziendali dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) e dei lavoratori stessi. La prevenzione secondaria delle malattie Da molti anni si sente parlare di prevenzione primaria e secondaria. Prevenzione primaria significa evitare l’insorgenza delle malattie nelle persone sane; prevenzione secondaria equivale a riconoscere precocemente la malattia ed evitare che questa progredisca. Un altro sistema per esprimere i concetti di rischio e di prevenzione si può trovare nell’immagine della piramide: la base della piramide rappresenta un ampio numero di persone considerate a “basso rischio”, da cui deriva però, la maggior parte di eventi che interessano la popolazione. Il vertice rappresenta un numero ristretto di persone a “rischio molto elevato”. Prevenzione primaria I tre fattori di rischio più importanti sono rappresentati da: fumo, scorretta alimentazione, mancanza di attività fisica e sono già stati descritti. Prevenzione secondaria È meglio conosciuta come screening di prevenzione. Rappresenta la parte della prevenzione di specifica competenza dell’azienda socio sanitaria. Coinvolge, a diversi livelli, i medici di medicina generale, gli specialisti e centri di screening istituiti ad hoc. Comporta un notevole investimento economico, sia in termini di formazione che di organizzazione, per raggiungere gli obiettivi di qualità e di ef ficacia, nel rispetto degli standard riconosciuti e definiti a livello internazionale. Nei decenni scorsi si è diffuso un modello di autocontrollo generale periodico della propria salute (check up), che è ancora il titolo di una fortunata trasmissione televisiva. Le evidenze scientifiche degli ultimi anni, invece, si sono sviluppate nel senso di individuare protocolli di accer tamenti preventivi determinati per età e malattie specifiche. È accertato che, in assenza di un programma di screening, solamente la fascia di popolazione più attenta, motivata, istruita, benestante e vicina ai servizi si sottopone con regolarità ai controlli di natura preventiva. Lo screening organizzato permette di assicurare equità nell’accesso alle prestazioni a favore di tutta la popolazione, evitando nel contempo possibili sprechi e intasamenti delle liste d’attesa. Per ogni screening la ricerca attiva di persone a rischio elevato è il frutto non solo delle evidenze scientifiche, ma anche di considerazioni culturali, etiche, economiche ed organizzative. Tra le evidenze scientifiche gli elementi di valutazione sono: la rilevanza del rischio, la storia naturale della malattia, l’efficacia degli interventi sulle persone sottoposte a screening, possibili ef fetti indesiderati dello screening e del trattamento successivo. Le malattie cardiovascolari ed i tumori sono i principali settori di interesse per lo screening. Screening delle malattie cardiovascolari Ipertensione L’ipertensione è il principale fattore di rischio per l’ictus, lo scompenso cardiaco, la cardiopatia ischemica, la malattia renale e la retinopatia. In Italia circa 1/3 delle persone tra i 35 La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione 151 e i 74 anni hanno una pressione arteriosa superiore o uguale a 160 su 95, mentre 1/7 circa ha una pressione arteriosa superiore o uguale a 140 su 90. I potenziali benefici dello screening e del trattamento su persone ipertese dipendono anche dalla presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare (colesterolo, fumo di tabacco, diabete). Oltre ai farmaci, molti studi hanno dimostrato che hanno un ef fetto positivo nel prevenire e ridurre l’iper tensione il controllo del peso, la riduzione del sale nella dieta, la diminuzione del consumo di dell’alcoolici e la gestione dello stress. Sono for temente raccomandati lo screening e il trattamento dell’ipertensione nelle persone sopra i 18 anni. Lo screening può essere effettuato, indicativamente, ogni due anni, dal medico di famiglia in occasione dei contatti con il paziente. Colesterolo Vi è un continuo e graduale aumento del rischio di infar to cardiaco, di angina pectoris e ictus connesso con l’aumento del colesterolo totale. In Italia circa 1/5 delle persone tra i 35 e i 74 anni ha un livello di colesterolo superiore alla norma (maggiore/uguale a 240), mentre 1/3 ha valori superiori a 200. Alcuni studi hanno esaminato gli effetti positivi di una dieta a basso contenuto di grassi animali e del controllo del peso per ridurre i livelli di colesterolo nel sangue. Sono fortemente raccomandati lo screening ed il trattamento dell’ipercolesterolemia per gli uomini sopra i 35 anni e per le donne sopra i 45 anni. Lo screening è raccomandato nelle persone più giovani, a partire dai 20 anni, che sono a rischio aumentato di malattia coronarica per familiarità e fattori di rischio multipli ed è finalizzato prioritariamente alla promozione di stili di vita sani. Questi interventi possono essere estesi, senza controindicazioni, ad ampie fasce di popolazione. Lo screening può essere ef fettuato, indicativamente, ogni 5 anni, nell’ambulatorio del medico di famiglia. Diabete Esistono due tipi di diabete: il primo inizia generalmente in età giovanile e richiede fin da subito la terapia insulinica, il secondo esordisce generalmente in età adulta, è associato all’obesità e può essere spesso controllato, almeno in fase iniziale, con la dieta e il controllo del peso. Lo screening può essere preso in considerazione per persone ad alto rischio, come gli anziani obesi e le persone con familiarità di diabete. Il diabete rappresenta un rischio sostanziale per numerose patologie cardiovascolari (cardiopatia ischemica ed ictus) e non (cecità, insufficienza renale, impotenza, amputazione delle estremità inferiori). È raccomandato un controllo stretto della glicemia nelle persone che hanno ricevuto una diagnosi clinica di diabete. Circa il 9% degli uomini e il 6% delle donne tra i 35 e i 74 anni è diabetico (glicemia superiore a 126) ed altrettanti sono in una situazione al limite (glicemia superiore a 110). È raccomandato lo screening per il diabete di tipo 2 negli adulti con ipertensione o ipercolesterolemia. Lo screening può essere effettuato ogni 3 anni dal medico di famiglia. Prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari Individuazione dei soggetti ad alto rischio Le malattie cardiovascolari sono quelle più frequenti, specialmente nell’età adulta e anziana. Accanto ad interventi educativi e promozionali è quindi necessario un trattamento intensivo per quelle persone che sono a rischio più elevato in quanto: • già sof ferenti di malattie ischemiche del cuore (perché hanno già avuto ad esempio un infar to, sof frono di angina o hanno effettuato un by-pass), del cervello o delle arterie periferiche; 152 2. La qualità della vita: i determinanti della salute • persone con fattori di rischio multipli, tali da avere comunque un’elevata probabilità di andare incontro ad infarto o ictus nel giro di 10 anni. Il medico di medicina generale è in grado di riconoscere e indirizzare queste persone, anche grazie all’utilizzo di tabelle di rischio specifiche della popolazione italiana. Queste tabelle, recentemente prodotte dall’Istituto Superiore di Sanità e da altre istituzioni europee, sono di facile consultazionei e possono aiutare anche il paziente a comprendere il beneficio concreto che deriva dall’adozione di comportamenti corretti e dall’assunzione regolare dell’eventuale terapia. Trattamento dei soggetti ad alto rischio L’Azienda U.L.SS. n.4, unica in Italia, è entrata a far parte di un importante progetto di trattamento secondario delle malattie cardiovascolari, denominato “Euroaction”. Questo progetto offre un’opportunità significativa per “vedere come si fa”, per verificare i risultati di questo tipo di inter vento e quindi per estenderlo all’intera popolazione dell’U.L.SS. I punti chiave del progetto sono: • il coinvolgimento del paziente e dei familiari (in considerazione del fatto che le scelte alimentari vengono generalmente realizzate da tutto il nucleo familiare); • il lavoro di gruppo condotto da un infermiere e un dietista (per facilitare la costituzione di un gruppo di auto-aiuto e supporto); • il controllo stretto dei comportamenti per quattro mesi; • l’esecuzione di uno schema di controlli clinici e strumentali; • l’ef fettuazione di una terapia farmacologica in linea con gli studi più recenti, con il controllo diretto periodico della regolarità di assunzione. Già nella fase di avvio dello studio è stato possibile verificare come la collaborazione tra cardiologi, personale infermieristico e medici di medicina generale, l’attivo coinvolgimento dei pazienti e delle loro famiglie, lo stimolo ed il sostegno reciproco offer to da altri partecipanti permettano di motivare e aiutare più adeguatamente il paziente a seguire una cura ottimale. Numerose esperienze evidenziano in maniera convincente che anche i malati possono essere protagonisti di un’azione educativa rivolta ad altri malati, tramite associazioni (es. “Amici del Cuore”) e con la collaborazione delle agenzie della comunità (comuni, gruppi sportivi, associazioni di anziani, palestre private). Screening dei tumori La paura di ammalarsi di tumore rappresenta sicuramente una delle maggiori preoccupazioni della popolazione contemporanea, specialmente degli adulti e degli anziani. Oggi l’aspettativa di vita per i pazienti affetti da tumore è molto migliorata. I tre fattori principali che hanno contribuito a questo risultato sono: il miglioramento delle cure, che ha permesso di raggiungere risultati insperati, almeno per alcuni tipi di tumore; l’adesione soggettiva a stili di vita sani (in particolare la cessazione dell’abitudine al fumo); la diffusione dell’informazione sanitaria. Grazie ai mass media le persone hanno ormai acquisito una conoscenza di base sulle malattie, sulla loro origine ed evoluzione ed anche sugli accertamenti che possono essere utili per riconoscere le patologie fin dal loro esordio. “Prevenire è meglio che curare” è diventata fortunatamente una frase d’uso comune. Negli ultimi decenni, gli studi della medicina preventiva, dell’oncologia, della chirurgia hanno permesso di individuare degli schemi di accer tamenti preventivi (protocolli) in grado di riconoscere forme pre-tumorali, oppure forme tumorali precoci su cui è possibile inter venire con successo, migliorando in maniera consistente l’aspettativa e la qualità di vita dei pazienti. In particolare, per il tumore della mammella, il tumore del collo dell’utero ed il tumor e del colon-retto, le istituzioni sanitarie concordano sull’ef ficacia dello screening rivolto a specifiche fasce d’età. La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione 153 Per queste valutazioni i protocolli di screening sono non solo gratuiti, ma oggetto di importanti investimenti da parte delle aziende sanitarie in termini organizzativi, tecnologici e di qualità del servizio. I protocolli di scr eening permettono di fatto anche una migliore gestione delle risorse, una riduzione delle prestazioni inutili con conseguente diminuzione dei tempi d’attesa. Un ruolo importante per il conseguimento di positivi risultati è la par tecipazione attiva della comunità tramite le proprie associazioni di volontariato, già esistenti o che potrebbero nascere. Queste associazioni sono essenziali non solo per migliorare le adesioni ai progetti di screening, ma anche per assicurarne l’accettabilità da par te della popolazione e la qualità degli interventi. Il medico di famiglia è un fondamentale punto di riferimento per il cittadino con il quale mantiene un rapporto fiduciario continuativo. Si trova quindi nella posizione ottimale per dare informazioni, chiarimenti, consigli e collaborare con l’organizzazione dello screening. La par tecipazione dei cittadini Sforzi par ticolari dovrebbero essere fatti per coinvolgere le persone che non hanno mai eseguito in passato i test di screening. La par tecipazione allo screening dipende dall’età, dallo stato civile, dallo stato socio-economico, dalla frequenza di contatto con il sistema sanitario. La paura degli esami di screening di prevenzione dei tumori, delle terapie, l’ansietà per il risultato, la paura del cancro, la mancanza di fiducia nell’efficacia dello screening e della terapia, la mancanza di fiducia nel sistema sanitario sono ostacoli alla partecipazione. Una for te condivisione e partecipazione dei medici di medicina generale, degli enti locali e delle associazioni di comunità possono facilitare il superamento di questi ostacoli. Diagnosi precoce del tumore della mammella L’obiettivo di questo particolare screening è quello di ridurre la mortalità e di garantire la qualità di vita, grazie ad una maggiore efficacia della terapia applicata alla fase precoce. Numerosi studi controllati hanno evidenziato che nelle donne sottoposte a screening la mortalità per questa neoplasia diminuisce del 30-40%. Lo screening rappresenta la risposta più ef ficace ed efficiente alla domanda di prevenzione, quando viene applicato con programmi di alta qualità che raggiungono la massima par te della popolazione di riferimento (almeno il 70%) e quando è indirizzato alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni. Nell’ultimo biennio hanno effettuato lo screening mammografico 15.491 donne, che aggiunte alle circa 2.500 che hanno effettuato una mammografia per proprio conto, portano la copertura complessiva all’83%. Al di sotto dei 50 anni gli studi di settore stanno af frontando numerosi problemi metodologici, legati alla minore frequenza della patologia, alla qualità dell’immagine radiografica della mammella nella donna giovane, alla velocità di progressione e dello sviluppo della malattia. Lo screening mammografico, per le donne di questa età, è comunque raccomandabile su indicazione del medico, in casi clinici particolari di familiarità stretta di tumore della mammella. Il test di screening è una normale mammografia in due proiezioni eseguita ogni due anni. L’esecuzione dello screening richiede il coinvolgimento di diversi ruoli professionali: personale tecnico e medici radiologi, per l’esecuzione della lastra; servizi specialistici per gli esami di approfondimento (ecografia, agoaspirato); laboratorio di citoistopatologia per la lettura dei vetrini; strutture chirurgiche, radioterapiche ed oncologiche, in stretta collaborazione, per garantire un trattamento adeguato e tempestivo. A tutte le fasi della procedura di screening sono applicati rigidi controlli di qualità. 154 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Screening per la diagnosi precoce del tumore del collo dell’utero L’obiettivo dello screening dei tumori della cervice uterina non è solo di riconoscere lesioni tumorali molto precoci, ma anche di riconoscere lesioni pretumorali; in questo modo vengono ridotte sia la mortalità per tumore, grazie all’anticipazione delle cure, sia il numero di casi di tumore invasivo. In linea teorica la mortalità per cancro del colon dell’utero può quindi essere azzerata con lo screening. Il test di screening è il pap-test. Consiste nel prelievo di un campione di cellule dal collo dell’utero. Viene proposto alle donne tra i 25 e i 64 anni, con cadenza triennale. Il prelievo viene effettuato da una ostetrica e non provoca alcun dolore. L’obiettivo del programma è di raggiungere l’85% delle donne nell’età di riferimento. Nella nostra U.L.SS. dal 1999 si effettua lo screening per la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore del collo dell’utero. Negli ultimi tre anni si sono sottoposte al pap-test di screening 28.359 donne tra i 25 e i 64 anni, che sommate alle circa 9.000 che lo hanno eseguito per proprio conto, portano al 75% la copertura complessiva. Se si considera il numero degli esami effettuati, si scopre che sarebbe sufficiente a garantire l’effettuazione del programma di screening a tutta la popolazione; questo perché un gruppo di donne ripete con frequenza eccessiva il test (una volta all’anno o anche più). Esiste invece un gruppo numeroso di donne che non ha mai eseguito il test: questa fascia di popolazione è il primo bersaglio di un programma di screening attivo. La maggioranza degli esperti ritiene che un inter vallo di tempo più ravvicinato o un’estensione del test alle donne più giovani non porti benefici sostanziali. Per assicurare un adeguato livello di qualità è necessario effettuare investimenti mirati in termini di strutture, personale e formazione. Nel caso dell’U.L.SS. n.4, si è rivelato particolarmente prezioso il ruolo delle ostetriche che è stato confermato dall’ottima qualità tecnica dei vetrini prodotti, come anche dell’elevato grado di soddisfazione espresso dalle utenti. La lettura dei vetrini presso l’anatomia patologica ha consentito di rispettare gli standard di qualità suggeriti a livello internazionale (esempio: 5-8% di donne richiamate per accertamenti ulteriori). Diagnosi precoce del tumore del colon retto Lo screening di prevenzione del cancro del grosso intestino (colon retto) si prefigge sia di ridurre la mor talità, individuando i tumori in fase precoce, sia di ridurre il numero di casi di tumore, riconoscendo e asportando le lesioni pretumorali. Gli studi clinici hanno evidenziato una riduzione di mor talità tra il 15 e il 20%, nelle persone che si sottopongono allo screening. La popolazione a rischio è costituita dagli uomini e dalle donne di età superiore a 50 anni. Il test di screening più usato è la ricerca del sangue occulto nelle feci, con cadenza biennale. In alcuni programmi di screening viene utilizzata l’osser vazione endoscopica dell’intestino con strumenti a fibre ottiche (rettosigmoidoscopia). Gli esper ti consigliano in genere di effettuare la rettosigmoidoscopia con un intervallo tra i due e i cinque anni. Oltre al criterio dell’età, sono da considerare soggetti ad alto rischio anche alcune persone con specifiche condizioni ereditarie (esempio: poliposi familiare) o con malattie infiammatorie croniche del grosso intestino. Allo stato attuale è chiaro che lo screening può ridurre la mor talità per cancro del grosso intestino, ma le conoscenze sull’impatto derivante da diversi test e da diversi modelli organizzativi, in termini di costi e benefici, è ancora insufficiente. Per questo motivo la Regione Veneto ha avviato in varie U.L.SS., fra cui la n.4 “Alto Vicentino”, una sperimentazione dei modelli organizzativi e dei costi dello screening che ser ve da esperienza pilota per tutto il territorio regionale. La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione 155 Quali problemi di salute si possono prevenire in questo modo? Malattie cardiovascolari Entità del problema Le malattie cardiovascolari, che interessano l’apparato circolatorio, sono la prima causa di morte. Hanno una frequenza tripla nei maschi rispetto alle femmine, almeno fino ai 70 anni d’età. Le due malattie cardiovascolari più importanti sono l’infar to e l’ictus; nell’U.L.SS. n.4 l’infarto, ad esempio, colpisce 350 persone ogni anno e 4.000 risultano ad alto rischio. Negli ultimi trenta anni si è assistito ad una diminuzione dei casi e del numero di morti per malattie cardiovascolari, grazie a una scelta di stili di vita più sani (fumo, dieta, attività sportiva) prima ancora che per la migliore qualità dell’assistenza sanitaria, sia di base che specialistica. Fattori di rischio È stata da tempo riconosciuta l’importanza di una valutazione globale del rischio vascolare per orientare sia le scelte terapeutiche del medico, sia lo stile di vita delle persone. I fattori di rischio per l’infarto e l’ictus sono strettamente legati a diversi stili di vita: • fumo di tabacco; • dieta (elevato consumo di grassi animali, sale e alcool; basso consumo di frutta, verdura e cereali integrali) e obesità; • sedentarietà; • ipertensione, diabete, aumento del colesterolo ematico. L’età è un fattore di rischio ineliminabile. Ad esempio, a parità di sigarette fumate, il rischio raddoppia ogni dieci anni. Anche per gli adulti e gli anziani, quindi, diventa importante assumere stili di vita sani. Tumori Entità del problema I tumori sono la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari. I tumori più importanti, rispetto all’aspettativa di vita, interessano: polmone, mammella, colon-retto e prostata (nei maschi). Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 si verificano circa un migliaio di nuovi casi di tumore ogni anno. Nell’ultimo decennio il numero di nuovi casi di tumore è aumentato principalmente a causa dell’allungamento della vita; di contro la mortalità si è ridotta soprattutto grazie ai progressi della medicina e anche alla diffusione di iniziative di screening sempre più estese ed organizzate. Le persone viventi che hanno una storia di cancro, nella nostra U.L.SS., sono circa 5.000. Fattori di rischio • il fumo è responsabile di circa 1/3 dei tumori; • dieta/obesità è responsabile da 1/5 a metà dei tumori; • l’alcool è responsabile di circa 1/20 dei tumori; • l’inattività fisica è responsabile di circa 1/50 dei tumori; • l’inquinamento, le radiazioni elettromagnetiche e i lavori nocivi sono responsabili di circa 1/10 dei tumori. Il fumo è causa di circa il 90% dei tumori polmonari e delle prime vie respiratorie, del 70% del tumore dell’esofago e di circa 1/3 dei tumori della vescica, del rene e del pancreas. 156 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Incidenti stradali Entità del problema Gli incidenti stradali rappresentano uno dei maggiori problemi di salute pubblica, e sono la principale causa di morte tra i 15 ed i 44 anni. A livello locale, nel territorio della nostra U.L.SS., dal 1988 al 2003 per questa causa sono deceduti 280 maschi e 98 femmine, con una media di circa 25 deceduti e 900 feriti/anno; la maggior parte dei deceduti aveva meno di 65 anni (225 maschi e 64 femmine); gli incidenti stradali causano il 2% circa delle morti (30 decessi/anno), cui però corrisponde il 15% degli anni di vita perduti. Fattori di rischio Uno dei maggiori fattori di rischio è rappresentato dal mancato utilizzo degli strumenti di protezione individuale (cinture di sicurezza, seggiolini per i minori, ecc.); troppo spesso si vedono ancora persone viaggiare senza cintura di sicurezza, bambini seduti a lato del posto di guida o in braccio ai genitori. La velocità eccessiva, il mancato rispetto del codice della strada e la guida sotto l’influenza di sostanze psicotrope (alcool, droghe assunti spesso all’interno delle discoteche) rappresentano altri importanti fattori di rischio. Non da ultimo tra i fattori di rischio c’è l’utilizzo improprio dei motocicli da parte dei minori (velocità eccessiva, non conoscenza delle regole del codice della strada, mancato utilizzo del casco), che portano ogni anno al decesso o al ricovero ospedaliero di moltissimi ragazzi. Molte di queste morti potrebbero essere evitate: • evitando che l’incidente si verifichi (educazione stradale, politica dei traspor ti, ecc.); • riducendo i possibili danni nel momento stesso dell’incidente (es. l’uso dei dispositivi di sicurezza); • riducendo i danni conseguenti all’incidente (es. primo e pronto soccorso). Incidenti domestici I dati statistici disponibili mostrano che in Italia si verificano ogni anno circa 1.800.000 incidenti domestici che portano alla necessità delle cure ospedaliere del pronto soccorso; si stima anche che gli incidenti lievi siano circa 10 volte tanti. Un recente monitoraggio degli accessi al pronto soccorso dell’Azienda U.L.SS. n.4 evidenzia che nel periodo di un anno si registrano circa 3.900 incidenti in ambiente domestico, di cui 700 medio-gravi. Gli incidenti che si verificano con maggior frequenza sono le cadute e gli ur ti, i tagli e le ustioni, mentre i luoghi dove maggiormente tali incidenti si verificano sono la cucina, il bagno, le scale. Vengono ricompresi negli incidenti domestici anche quelli legati al tempo libero (sport, giochi, bricolage), che rappresentano la metà del totale degli incidenti domestici. Il principale fattore di rischio è considerato nella presenza di barriere architettoniche interne all’abitazione di persone anziane e sole, e secondariamente, la presenza di impianti tecnologici fuori norma o privi di manutenzione. La cultura della sicurezza è, anche per gli incidenti domestici, un elemento essenziale per l’autotutela della salute della persona e delle comunità. Incidenti sul lavoro Gli infortuni sul lavoro rappresentano un problema di impor tanza strategica sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista dello sviluppo economico; è affrontabile solo nel contesto dell’organizzazione dell’impresa, che è caratterizzata nell’Alto Vicentino soprattutto da piccole aziende. In Italia, secondo i dati INAIL, accadono ogni anno circa un milione e centomila infor tuni sul lavoro, dei quali circa mille e duecento sono mortali. Le ore perdute sono circa 16,5 milioni; La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione 157 il costo sociale stimato è pari circa al 3% del PIL, cui si sommano rilevanti costi indiretti per l’azienda. Nell’Alto Vicentino, sulla scor ta dei dati del pronto soccorso, si rileva che gli infortuni sul lavoro sono in calo, ma sono ancora circa 4.500 l’anno (di cui circa 150 gravi e 4 mor tali). Quattro incidenti su dieci avvengono nel comparto metallurgico, mentre gli incidenti più gravi sono spesso a carico di lavoratori immigrati (anche a causa di un’informazione e di un’esperienza spesso inadeguata) e riguardano il comparto edilizio. La progressiva frammentazione del lavoro autonomo e della piccola impresa ed il ricorso al lavoro “a prestito” da par te delle aziende si riflettono in una quota cospicua di incidenti relativi al titolare d’impresa (uno su dieci). Secondo una stima condivisa a livello europeo, e riscontrata dall’esperienza dei tecnici U.L.SS. n.4, il numero di infortuni che avrebbe potuto essere evitato se fosse stata adottata una corretta organizzazione del lavoro, è stimabile pari ad almeno il 40% di tutti gli infortuni accaduti, mentre un altro 40% può essere attribuito alla mancanza di protezioni. Il distretto socio sanitario La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario 159 S ul lato dei ser vizi sociosanitari, il ruolo del Distretto Socio Sanitario (DSS) è di fondamentale importanza. Il Distretto garantisce, insieme al medico curante e ai servizi dei comuni, una risposta coordinata e continuativa, prendendosi cura dei bisogni sociosanitari del cittadino e della famiglia, orientando e favorendo l’accesso ai ser vizi. Il distretto, con la progettazione di interventi adeguati, risponde a problemi: neuropsichiatrici e psicologici infantili, della famiglia (consultorio familiare), della disabilità, della salute mentale, dei disturbi alimentari, delle dipendenze da alcool e sostanze stupefacenti, della non autosufficienza. Il Distretto eroga ser vizi di assistenza ambulatoriale e domiciliare per minori, adulti e anziani, guida l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, gestisce l’inserimento in strutture (case di riposo, centri diurni, comunità terapeutiche). L’articolazione territoriale dei distretti nell’Azienda U.L.S.S. n.4 risponde ai criteri indicati dall’ar t. 3-quater, comma 1, D.Lgs. 502/92 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché dalla DGRV 3242/01 e dalla normativa nazionale e regionale vigente. Il distretto socio sanitario promuove e realizza la rete dei ser vizi anche attraverso la collaborazione con altri enti (comuni, associazioni di categoria, terzo settore, volontariato) avendo quale riferimento centrale il cittadino; al distretto è riconosciuto il ruolo di progettualità e di propulsione del sistema socio-sanitario locale in tutte le sue fasi, dall’individuazione dei problemi per le successive decisioni in sede competente, all’adozione delle iniziative attive, alla realizzazione e valutazione dei risultati ottenuti. Il distretto rappresenta l’ar ticolazione organizzativo/funzionale dell’U.L.SS. finalizzata a realizzare un elevato livello di integrazione tra i diversi servizi che erogano le prestazioni sanitarie e tra questi e i servizi socio-assistenziali. In par ticolare il distretto è la struttura operativa che rappresenta: • il centro di riferimento per l’accesso a tutti i servizi dell’Azienda U.L.S.S.; • il polo unificante e sede di gestione e coordinamento operativo e organizzativo di tutti i ser vizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali territoriali; • la struttura operativa che meglio consente di governare i processi integrati fra istituzioni gestendo unitariamente diverse fonti di risorse (del SSN, dei Comuni, della solidarietà sociale) ed in cui si realizza l’integrazione socio-sanitaria a livello gestionale ed operativo. Fondamentale strumento di integrazione istituzionale è rappresentato dalla Conferenza dei Sindaci e dai Comitati dei Sindaci di distretto. L’Azienda U.L.SS. n.4 si articola in due distretti (la popolazione indicata è al 31/12/2003): • Ambito territoriale del distretto n. 1 di Thiene comprendente i seguenti comuni: Breganze, Caltrano, Calvene, Carrè, Chiuppano, Fara Vicentino, Lugo di Vicenza, Marano Vicentino, Montecchio Precalcino, Salcedo, Sarcedo, Thiene, Villaverla, Zanè, Zugliano DSS 2 (194 km2, 85.563 abitanti); • Ambito territoriale del distretto n. 2 di Schio comprendente i DSS 1 seguenti comuni: Arsiero, Cogollo del Cengio, Laghi, Lastebasse, Malo, Monte di Malo, Pedemonte, Piovene Rocchette, Posina, San Vito di Leguzzano, Santorso, Schio, Tonezza del Cimone, Torrebelvicino, Valdastico, Valli del Pasubio, Velo d’Astico (450 km2, 93.687 abitanti). Figura 61 Ambiti distrettuali dell’U.L.SS. n.4 160 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Figura 62 e 63 DSS n.1 di Thiene (alto): 15 comuni, 194 km2 , 85.563 abitanti. DSS n.2 di Schio (sinistra): 17 comuni, 450 km2, 93.687 abitanti Il mandato del distretto si ar ticola in quattro macro funzioni fondamentali e precisamente: • analisi e valutazione dei bisogni di salute; • gestione diretta di servizi ed interventi che rientrano nel livello di assistenza distrettuale, avvalendosi di operatori e di unità operative proprie, oppure attraverso rapporti di convenzione con operatori o organizzazioni esterne; • governo della domanda di prestazioni indirette, far maceutiche, specialistiche ambulatoriali ed ospedaliere, attraverso l’attività di orientamento del cittadino e, soprattutto, l’integrazione nell’organizzazione distrettuale dei Medici di Medicina Generale (MMG) e dei Pediatri di Libera Scelta (PLS); • realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria a livello istituzionale, gestionale ed operativo. Attività distrettuali Quale centro/sistema organizzativo della realtà aziendale, chiamato a fornire adeguate risposte socio-sanitarie ai bisogni del cittadino e coerentemente a quanto indicato dalla normativa regionale e nazionale, il distretto garantisce: • l’assistenza primaria, compresa la continuità assistenziale, attraverso il coordinamento e l’approccio multidisciplinare, in ambulatorio e al domicilio, tra MMG, PLS, servizi di guardia medica notturna e festiva e i presidi specialistici ambulatoriali; • l’assistenza farmaceutica; • l’assistenza domiciliare integrata; • l’assistenza specialistica ambulatoriale; • l’assistenza riabilitativa intensiva extra-ospedaliera a carattere residenziale e serniresidenziale; • i ser vizi per la prevenzione e la cura delle dipendenze; • i ser vizi per la tutela della salute mentale; • i ser vizi consultoriali per la tutela dell’infanzia, dell’adolescenza, della donna e della famiglia; • i ser vizi rivolti a disabili o anziani non autosufficienti; La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario 161 • i ser vizi per le patologie da HIV o per le patologie in fase terminale. L’Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale (UVMD) costituisce l’unico punto di accesso a tutti i servizi in rete di tipo domiciliare, residenziale, semiresidenziale, a qualsiasi tipologia essi appartengano. È il più importante strumento di integrazione professionale ed organizzativa; è costituita da un insieme di professionisti quali il medico di medicina generale, l’assistente sociale, lo specialista e da tutte le altre figure che sono necessarie per individuare il progetto più adeguato ai bisogni di una specifica persona. Il concetto di integrazione assume diversi significati a seconda dell’ambito al quale viene applicato, si parla di integrazione professionale, istituzionale, tra sociale e sanitario, informativa; sono in realtà diverse facce di uno stesso modello peculiare che contraddistingue la realtà veneta dal resto d’Italia. Nel corso del triennio di validità del presente piano, saranno potenziate in particolar modo esperienze di integrazione informativa sviluppando un progetto di collegamenti informativi tra azienda, comuni e strutture della rete (case di riposo, in primo luogo) nel rispetto dei principi della privacy ma con l’obiettivo di condividere quanto più possibile le informazioni utili a migliorare l’ef ficacia dei servizi socio-sanitari. Le esperienze in corso con alcune strutture per non autosufficienti e con alcune amministrazioni comunali, hanno dimostrato i notevoli vantaggi da ciò ottenibili e inducono ad investire ulteriormente proseguendo sulla strada tracciata. Costi dei servizi e livelli essenziali di assistenza I servizi distrettuali complessivamente intesi rappresentano circa il 48,5 % del bilancio economico dell’Azienda U.L.SS. n.4; tale valore è perfettamente in linea con le indicazioni programmatiche regionali. Oltre a questo, gli altri due livelli sono rappresentati dall’ospedale e dal dipartimento di prevenzione. Le attività distrettuali si suddividono a loro volta in diversi sottolivelli di assistenza, alcuni a carattere tipicamente sanitario, altri ad elevata integrazione sociosanitaria, altri ancora a valenza tipicamente sociale su delega dei comuni (questi ultimi non rientrano nel computo del 48,5% essendo finanziati dal bilancio sociale e non dal Fondo Sanitario Regionale). I sub livelli territoriali e i relativi costi sono ripor tati nella tabella 38. Si precisa che non sono riportate tutte le attività distrettuali, ma solo quelle attribuite ai livelli di assistenza elencati. La somma dei costi quindi non rispecchia il totale dei costi attribuiti al territorio. A queste funzioni vanno aggiunte quelle a valenza tipicamente sociale gestite in modo diretto dai comuni, tra cui le principali sono: l’assistenza sociale, il trasporto, il telesoccorso, gli interventi di sostegno economico nelle diverse forme, gli asili nido ed altri. Vanno inoltre aggiunti tutti i costi relativi al funzionamento delle diverse unità operative distrettuali la cui funzione si esplica nella presa in carico, nella stesura di progetti individualizzati, nella verifica e progettazione dei ser vizi. Infine sono da considerare molte iniziative ed attività realizzate grazie a finanziamenti vincolati a progetto che vanno ad integrare i livelli essenziali, tra questi i più rilevanti sono rappresentati dal Fondo lotta alla droga, dalle iniziative per la promozione dell’infanza e adolescenza, dai progetti per le persone disabili (L.162/98) per le quali si rinvia alla sezione “3. Il quadro delle azioni programmate” in coda al presente volume. 162 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Tabella 38 Livelli essenziali di assistenza (LEA) per area. Costi bilancio preventivo 2004. Abitanti 178.400 Area LEA Costi totali... Multiutenza Farmaceutica territoriale 26.566.000 148,91 ” Specialistica territoriale 22.024.000 123,45 ” Medicina di base 14.882.000 Disabili ...di cui sociale pro capite... ...di cui sociale 83,42 CEOD 3.088.000 1.003.000 17,31 5,62 ” Assistenza scolastica 1.262.000 1.262.000 7,07 7,07 ” Residenziale 2.779.000 415.000 15,58 2,33 Adulti-anziani Case di riposo ” Residenzialità (livelli ulteriori) ” Alzheimer Minori e famiglie 13.098.000 73,42 1.289.000 7,23 192.000 1,08 Rette in comunità 1.000.000 ” Attività consultori 658.000 Dipendenze Rette in comunità 953.000 5,34 Psichiatria Comunità alloggio 1.865.000 10,45 ” Multiutenza 870.000 5,61 4,88 3,69 Diurni 420.000 SIL 892.000 669.000 5,00 3,75 90.968.000 4.219.000 509,91 23,65 Totali 2,35 Il finanziamento dei livelli di assistenza Nella tabella 39 si presentano le modalità di finanziamento dei servizi sanitari e sociosanitari a valenza distrettuale. Pur ripor tano separatamente i valori sanitari e sociali, va sottolineato come il sistema veneto non possa prescindere da una gestione fortemente integrata anche delle fonti di finanziamento avendo come punto di riferimento l’allegato 5 della DGR 2227/00 a cui si rimanda per una dettagliata analisi per livello di assistenza. I valori riportati sono relativi al bilancio di previsione del 2004. Tabella 39 Modalità finanziamento servizi sanitari e sociosanitari a valenza distrettuale. Anno 2004 LEA Finanziamento Farmaceutica territoriale 28.721.000 Specialistica territoriale 20.474.000 Riabilitativa residenziale per anziani estensiva 14.952.000 Riabilitativa residenziale per disabili Riabilitativa residenziale per disabili - grandi strutture Tossicodipendenti 1.523.000 500.000 914.000 Atra assistenza riabilitativa residenziale intensiva 3.653.000 Assistenza di base, distrettuale e altra territoriale 32.297.000 Assistenza di base, distrettuale e altra territoriale - correttivi Totale livello distrettuale 570.000 103.604.000 Il finanziamento del “sociale”, con le precisazioni fatte in premessa, è costituito essenzialmente dai trasferimenti della Regione e dalla quota associativa dei comuni che compongono la Conferenza dei Sindaci. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario 163 Tabella 40 Finanziamento del “sociale”: contributi da Regione Contributi da Regione Indistinta 697.000 Contributo minori 364.000 Trasporto CEOD 169.000 Totale da Regione (al netto di finanziamenti a progetto) 1.230.000 Tabella 41 Finanziamento del “sociale”: contributi dai Comuni Contributi da Comuni Per funzioni obbligatorie 2.402.000 Fondo residenzialità 523.000 Fondo minori in affido 505.000 Totale entrate da Comuni 3.430.000 Le quote associative procapite dei comuni risultano le seguenti (anno 2004): • indistinta per funzioni “obbligatorie” 13,40 • fondo residenzialità disabili 2,92 • fondo per minori in af fido 2,82 tali quote saranno aggiornate annualmente a seguito di incrementi del costo della vita secondo l’indice di inflazione ISTAT, previo il necessario assenso della Conferenza dei Sindaci in sede di presentazione del bilancio economico preventivo. Rispetto al modello antecedente al presente Piano di Comunità, viene ridefinita la quota capitaria con separata evidenza, e contabilizzazione, delle funzioni così dette obbligatorie (assistenza scolastica, CEOD, integrazione lavorativa ecc.) e di quelle delegate (minori e residenzialità disabili). Ciò permette, oltre ad una maggior chiarezza sull’ef fettivo ammontare della quota capitaria, una gestione vincolata di tali funzioni. La qualità come possibile strumento di integrazione e valutazione I l processo di programmazione, progettazione, gestione e valutazone dei servizi sociosanitari e sociali avviene con un coinvolgimento “graduato” delle diverse componenti sociali, di volta in volta chiamate ad esercitare un ruolo specifico e responsabilità determinate. Tra i paradigmi metodologici della programmazione si assume l’esigenza di valutare e misurare in qualche modo sia la realtà attuale, sia la prospettiva verso cui tendere. Sul lato della domanda, si ritiene che il processo partecipato di elaborazione del piano di comunità abbia permesso un’analisi sufficiente delle istanze presenti nelle diverse aree e che il contributo diffuso degli operatori che lavorano quotidianamente a contatto con gli utenti rappresenti un filtro e una chiave di lettura sufficientemente affidabile per decodificare la domanda. In mancanza di ulteriori sistemi adottabili il cui rapporto costi/benefici ne giustifichi l’adozione, quali indagini a campione e/o interviste strutturate, si dichiara l’analisi dei bisogni come adeguatamente conosciuta. Sul lato dell’of ferta, al contrario è possibile approfondire l’indagine e avviare un percorso volto ad un miglioramento della qualità. La rete dei ser vizi per le strutture residenziali e semiresidenziali è alquanto variegata e coinvolge le diverse tipologie di utenza; di seguito si riporta una tabella con gli utenti inseriti in 164 2. La qualità della vita: i determinanti della salute comunità nel corso del 2004 precisando che il numero riportato riguarda le “teste” e non i posti. Le strutture evidenziate con l’asterisco potranno essere coinvolte nel processo di valutazione della qualità, a queste andranno aggiunte le strutture residenziali per anziani e le cooperative di ser vizi assistenziali (non residenziali/semiresidenziali). Tabella 89 Rete dei ser vizi per le strutture residenziali e semiresidenziali. Utenti 1° sem. 2004 Comunità CEOD Comunità Comunità terap. per disabili per minori Comunità per psic. Tot. Adelante 3 3 Associazione “Famiglia Aperta Sul Mondo” - C.A. 3 3 Associazione “Il Borgo” - Onlus 7 7 Associazione Pinocchio onlus 1 Ca’ delle Ore Cooperativa Solidarietà Sociale srl 1 7 Casa Serena 7 1 Ce.I.S - Schio * 1 35 35 Ce.I.S. “Don Milani” di Mestre 1 1 Ce.I.S. di Belluno 1 1 Centro Diurno “Azimut” 2 2 Centro Occupazionale Tapparelli * 11 11 CEOD 1 Schio * 22 22 CEOD 3 Velo d’Astico - ANFFASS * 28 28 CEOD Lugo* 15 15 CEOD Malo * 23 23 CEOD Santorso * 11 11 CEOD Sociale Fratres CEOD Torrebelvicino - ANFFASS * 1 1 19 19 Comunità alloggio “Arcoiris” * 4 Comunità dei Giovani 1 1 Comunità Educativa Vill’Alba - C.A. 1 Comunità LISA * 1 7 Comunità San Francesco 2 Comunità San Gaetano * 30 Comunità servizi - C.A. * 4 7 2 1 31 7 7 Comunità Silesia 1 1 Coop. Soc. “Un segno di pace” 9 9 Coop. Sociale a.r.l. - La Genovesa Cooperativa “Il Nuovo Ponte” 1 1 1 1 Costante Gris 2 Famiglie affidatarie 29 Gruppo Famiglia Villa Savardo * 3 10 Il Cardo * 38 Il Gabbiano Cooperativa Sociale a.r.l. - Vicenza 3 29 3 Gruppo Lavoro Ai Casarotti * 10 38 5 5 Il Glicine IPAB La Pieve * 1 11 15 11 15 Istituto Gresner 1 1 Istituto Palazzolo 3 3 165 La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario Comunità CEOD Comunità Comunità terap. per disabili per minori per psic. Job Mosaico Soc. Cooperativa Sciale arl - Caldogno Comunità Tot. 5 5 La casa di Giano 1 L’Eco Papa Giovanni XXIII 1 1 19 19 Libra Cooperativa Sociale a.r.l. - Marostica LINTE Piccola Cooperativa Sociale Mano Amica * Nuova Vita Papa Giovanni 1 1 32 32 1 22 9 1 9 4 Radicà * 16 7 RSA Azzurra 7 1 1 Sichem “Casa di Pronta Accoglienza” 1 Tangram Società Cooperativa Sociale a.r.l. 3 1 3 Villa Fabiola 6 Villa Margherita 1 Villa Miari * 48 Villa Renata 8 1 1 Villaggio SOS srl - Cooperativa Sociale - C.F. Totale complessivo 6 48 9 Villa S. Maria della Pace Verlata * 1 2 2 1 38 103 588 8 8 37 184 112 112 77 Fonte: Azienda U.L.SS. n.4 – 1° semestre 2004. Elaborazione partecipata e adesione ad un programma di valutazione di qualità Il processo di valutazione si fonda su due principi: 1) la valutazione come dimensione dinamica (non si misura in termini assoluti la qualità ma si misurano “variazioni” di qualità); 2) la valutazione di singoli elementi di un sistema deve essere accompagnata da una valutazione complessiva ossia anche la comunità nel suo insieme deve essere oggetto di valutazione. La valutazione della qualità offerta dalla rete dei servizi sociosanitari deve tenere in considerazione ed evidenziare le relazioni esistenti tra i soggetti coinvolti (che di seguito verranno definiti partner) e il loro rappor to con la comunità, e non limitarsi alle caratteristiche qualitative del singolo soggetto erogativo. Sarà importante quindi poter valutare: • la capacità di individuare e rispondere ef ficacemente ai bisogni; • l’accessibilità, e la garanzia della continuità assistenziale; • la promozione della salute in collaborazione con gli altri soggetti della comunità; • la responsabilizzazione e la consapevolezza degli utenti; • il processo di apprendimento organizzativo e del contributo all’apprendimento della comunità; • la gestione delle informazioni. A questi criteri di valutazione andranno affiancati i criteri strutturali ed organizzativi che sottendono alle attuali procedure di autorizzazione al funzionamento e accreditamento (ex LR 22/2002). L’idea che si vuol esprimere col presente progetto è la possibilità di un’adesione volontaria ad un programma locale di valutazione della qualità che, nelle sue linee generali, si può rias- 166 2. La qualità della vita: i determinanti della salute sumere nei seguenti step: 1) informazione e condivisione dei concetti della valutazione della qualità e dell’accreditamento con i par tner; 2) definizione par tecipata degli “standard” per ciascun profilo d’indagine (ad integrazione di quelli fissati dalla LR 22/2002); 3) costituzione all’inter no di ciascun partner di un gruppo di autovalutazione; 4) costituzione di un gruppo di valutatori esterni ma comunque appar tenenti alla comunità; 5) formazione di ciascun gruppo di valutatori; 6) fase di prima valutazione dei par tner; 7) avvio di visite programmate da parte del gruppo di valutatori esterni ai par tner; 8) stesura del rappor to di sintesi e comunicazione ai partner delle possibili aree di miglioramento. L’informazione e la condivisione del progetto con i par tner prende spunto con la definizione stessa dell’elenco dei partner potenzialmente interessati, essi saranno in linea teorica tutti coloro che operano a qualche titolo nel territorio dell’U.L.SS. n.4, più verosibilmente almeno in una fase iniziale si potrà prendere in considerazione quei soggetti che operano nel territorio e hanno nel contempo sedi operative nel territorio stesso. La decisione di circoscrivere l’insieme dei partner a questa seconda ipotesi (strutture evidenziate con asterisco nella tabella 89) è giustificata da una parziale coincidenza tra questo progetto e le procedure di autorizzazione al funzionamento e accreditamento istituzionale. La fase 2), la definizione par tecipata degli standard, rappresenta un fondamentale momento di analisi e condivisione degli elementi che definiscono la qualità di un servizio inserito nel contesto della propria comunità. Fermo restando il riferimento agli standard fissati dalla LR 22/2002, attualmente non vi è un modello di accreditamento scelto dalla Regione Veneto per gli standard “aggiuntivi” che sono quelli che più qualificano e differenziano un partner. In attesa della definizione da parte della Regione del programma di accreditamento di eccellenza a cui fare riferimento, sia esso Joint Commission, CCHSA (già oggetto di sperimentazioni regionali), o altri, i par tner della comunità locale possono autodefinire un proprio programma che verrà poi riadattato per accogliere standard e procedure previste dal sistema di accreditamento scelto. Per affrontare l’impor tante tematica della definizione degli standard, viene costituito un primo gruppo di lavoro che si occuperà degli standard generali, e gruppi di lavoro specifici per tipologia di utenti. L’anticipo rispetto alla tempistica proposta dalla Regione Veneto, pur scontando l’onere di dover parzialmente rivedere il lavoro fatto, consente di ottenere almeno due ordini di vantaggi: maggior partecipazione alla condivisione del modello di valutazione; maggior tempo per assimilare ed elaborare i concetti relativi all’accreditamento. Nella definizione degli standard verrano esaminate e valorizzate le esperienze già avviate da alcuni partner, oltre alle specifiche esperienze professionali maturate. La costituzione dei gruppi di valutatori interni ed esterni è una fase di fondamentale importanza, essi dovranno essere composti da personale diversificato e tale da rappresentare le diverse componenti dei partner, in ogni caso sarà facoltà di ciascun par tner individuare il proprio gruppo. Per quanto riguarda il gruppo di valutatori “esterni”, in attesa di eventuali disposizioni regionali, è ipotizzabile una composizione mista che veda rappresentati sia par tner pubblici che del terzo settore. La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario 167 Il piano locale per la non autosufficienza e Il Piano locale per la domiciliarità Il complesso sistema dei servizi socio-sanitari rivolto in par ticolare alle persone non-autosufficienti si caratterizza nella Regione Veneto per un’ampia varietà e graduazione dei servizi erogati: dalla domiciliarità nelle sue diverse forme, all’accoglienza definitiva in strutture residenziali, esiste un continum di oppor tunità in rapporto alle specifiche situazioni di bisogno nella quale la persona non-autosufficiente (anziano o disabile che sia) e la sua famiglia possono venire a trovarsi in un periodo della propria esistenza. La varietà e complessità di risposte possibili ha indotto il legislatore veneto (e nazionale) ad introdurre strumenti di programmazione ed integrazione al fine di garantire per quanto possibile l’unitarietà, la continuità e la coerenza delle risposte in relazione ai bisogni: sono così stati codificati diversi strumenti tra cui il Piano attuattivo locale e il Piano di zona (LR.56/94, LR.5/96, Dlgs.229/99, L.328/00 per citare solo i principali riferimenti normativi). Recentemente, per rafforzare ulteriormente il concetto di integrazione operativa ed istituzionale delle azioni rivolte in particolare alle persone non-autosufficienti, la Regione Veneto ha presentato il provvedimento n.92/CR che definisce le nuove linee programmatiche introducendo il “Piano locale per la non autosufficienza” strettamente collegato al “Sistema della domiciliarità” di cui alla DGR 2359 del 30/07/2004. Questi provvedimenti vanno a delineare due nuovi strumenti di programmazione che risultano strettamente interconnessi e che devono trovare il giusto coordinamento all’inter no del Piano di zona. Di seguito vengono affrontati questi temi sia per le persone anziane che disabili, seguendo un percorso che dalla descrizione del contesto, esamina l’assetto dei servizi in una logica di progressiva “intensità assistenziale”, ponendo un particolare rilievo agli strumenti di integrazione e coordinamento tra ser vizi e soggetti erogatori, evidenziando la realtà attuale e le prospettive future sia sotto il profilo organizzativo-gestionale che finanziario. I servizi per gli anziani e gli adulti Lo studio è la miglior previdenza per la vecchiaia Aristotele La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti 169 Il contesto dell’area adulti-anziani N el territorio dell’Alto Vicentino, come si nota dai dati presentati nel capitolo dedicato alla struttura demografica, al 01/01/2001, la popolazione ultra 64enne raggiunge il 16,4% dei residenti pari in assoluto a 28.523 unità. La popolazione adulta, compresa nella fascia 30-59 anni (quella che di solito è particolarmente interessata ai compiti di cura oltre che a quelli produttivi) ammonta a 76.508 unità e, rapportato agli ultra 74enni, è pari ad un indice di 16. L’invecchiamento pone certamente problemi nuovi e differenti alla nostra comunità e all’assetto dei ser vizi. La presenza di una significativa fascia di persone tra i 65 e i 74 anni diventa, spesso, una risorsa forte per la comunità: sono persone che godono, generalmente di buona salute, che possono e vogliono sentirsi utili, “mantenersi curiosi”. Queste persone sono memoria attiva ed utile per la comunità e possono essere forza creativa per occasioni di aiuto, di sostegno intrafamiliare nel lavoro di cura ai nipoti, di suppor to emotivo e pratico per altri anziani compromessi nello stato di salute; sono fonte di trasmissione di contenuti ai giovani, agli adulti di abilità, di storie, di emozioni che aiutano a vivere in continuità con il passato. Dall’altro canto l’aumento della percentuale degli ultra 74enni, (quasi 1.000 persone che hanno superato i 90 anni) coincide con l’accentuazione di stato di non autosufficienza (parziale o totale) e con l’aumento dell’impegno e cura delle famiglie di appartenenza. Questa è la fascia sulla quale è necessario strutturare e stabilizzare percorsi di presa in carico, differenziati, personalizzati, integrati sul piano socio-sanitario nonché un forte sostegno alle famiglie impegnate nel lavoro di cura. Sono i percorsi della domiciliarità (semplice e/o integrata), della residenzialità qualificati ed a misura d’uomo, della semi-residenzialità, del sostegno economico al malato e al familiare, delle forme variegate di “sollievo”. Nel corso degli ultimi tre anni questi percorsi sono stati avviati e strutturati, in una logica di connessione tra i servizi dei comuni e quelli della rete distrettuale, in un approccio culturale fondato sul rispetto dei bisogni differenziati delle persone. L’integrazione socio-sanitaria che è sempre “metodo dif ficile”, al di là delle enunciazioni, sta diventando gradualmente prassi quotidiana, grazie anche ad un importante coinvolgimento del Medico di Medicina Generale e del servizio sociale di base nella rete dei ser vizi distrettuali. Al tempo stesso in quasi tutti i comuni sono sorte iniziative interessanti finalizzate a migliorare la qualità della vita delle persone anziane: dai centri di aggregazione specifici, all’utilizzo di attività socialmente utili degli anziani, all’università per gli adulti ed anziani, all’organizzazione di soggiorni estivi. Il servizio sociale di base Il servizio sociale di base ha il fondamentale compito di rilevare e misurare i bisogni di un territorio avendo un costante rapporto con i cittadini, le Amministrazioni Comunali, le associazioni, con particolare riferimento a quelle di volontariato, e ai servizi dell’Azienda Sanitaria. L’assistente sociale che opera nel servizio sociale di base si può definire “regista delle risorse” in quanto lavora in un ottica di “rete”, assicurando una integrazione alla varietà di interventi sociali. L’integrazione quotidiana con la realtà ter ritoriale dà all’assistente sociale la possibilità di leggerne i bisogni e le necessità evidenziando, attraverso una attività di ricerca e programmazione, le risorse da attivare. Per rispondere alle necessità dei cittadini, dopo la 170 2. La qualità della vita: i determinanti della salute valutazione del bisogno, può avvalersi di servizi semplici erogabili direttamente dal Comune o può attivare la valutazione multidimensionale per l’attivazione di servizi sociosanitari. Il progetto, gia inserito nel Piano di zona 2001/03, prevedeva la dotazione da parte di ogni Comune di personale da destinare al ser vizio sociale di base. La situazione, a giugno 2001, vedeva solo alcuni comuni dotati di servizio sociale di base (Schio, Malo, Piovene rocchette, Thiene, Marano Vicentino, Montecchio Precalcino, Sarcedo), gestito con assistenti sociali dipendenti dell’ente, mentre per i rimanenti comuni il servizio veniva garantito da assistenti sociali in organico al distretto, senza che esistesse la necessaria delega. Nel secondo semestre del 2001 tutti gli altri comuni dovevano individuare le modalità per dotarsi di propri assistenti sociali, in modo da poter dare avvio al progetto già da gennaio 2002, prevedendo uno standard minimo di tre ore settimanali per 1.000 abitanti, considerato come la soglia minima per garantire il ser vizio. Nel corso del 2001, inoltre, è stato attuato un progetto che prevedeva la riorganizzazione dei distretti socio-sanitari (il passaggio da tre a due con l’assorbimento di alcuni comuni del distretto n.3 nel distretto n.1 e gli altri nel distretto n.2). Tale riorganizzazione ha inciso sulle modalità messe in atto dai Comuni per dotarsi del ser vizio sociale di base, creando, in alcuni casi, delle “associazioni” di Comuni. Tabella 91 Numero di ore settimanali di assistenza sociale: evoluzione Comune Ore/sett. ser vizio sociale Ore/sett. al Previsione di base prima del 2001 31/12/2003 PdZ01/03 Breganze, Salcedo - 24 26,29 Carrè - 4 9,77 Caltrano, Chiuppano, Calvene, Fara Vicentino, Lugo di Vicenza, Zanè, Zugliano - 60 78,15 Montecchio Precalcino 18 18 13,73 Sarcedo 18 18 15,19 Thiene 78 78 63,04 - 18 15,89 36 36 26,35 Schio 144 144 112,17 Malo 36 36 36,81 Piovene Rocchette 36 36 23,03 Posina, Tonezza del Cimone, Valdastico, Velo d’Astico - 44 39,02 Torrebelvicino - 14 16,34 San Vito di Leguzzano - 6 10,16 Monte di Malo - 8 8,15 Valli - 5 10,75 Villaverla Marano Vicentino Arsiero, Cogollo del Cengio, Laghi, Lastebasse, Pedemonte, Santorso Totali - 18 15,77 366 567 520,61 Punti di forza del progetto: 1) L’adozione da parte di tutti i comuni di un proprio servizio sociale di base diventa garanzia di integrazione con la rete dei servizi sociali e socio-sanitari e adeguatezza del progetto individualizzato. L’Assistente Sociale diventa il principale soggetto nella raccolta e decodifica della domanda, dell’eventuale presa in carico e della verifica del progetto socio-assistenziale individuato. 2) L’adozione, da parte dei Comuni e dell’Azienda U.L.SS. n.4, del “Protocollo operativo in La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti 171 applicazione del Piano di Zona per il servizio di assistenza sociale”, al fine di garantire il necessario coordinamento tra i due enti. Il documento elenca le competenze del Comune e del distretto, le modalità organizzative e di coordinamento, le risorse, il sistema informativo, la verifica e la durata. 3) L’individuazione di una figura di coordinamento per entrambi i distretti per garantire l’integrazione ed il funzionamento della rete dei ser vizi (comuni, distretto, ospedale, strutture residenziali, semiresidenziali, ecc.). Tale compito è stato affidato a due assistenti sociali dipendenti dell’azienda, con decorrenza gennaio 2002. 4) L’attività di coordinamento e in par ticolare l’integrazione degli assistenti sociali dei comuni con il distretto, ha permesso di realizzare la standardizzazione dei processi e delle competenze. Tali obiettivi sono stati raggiunti attraverso un lavoro di formazione comune tra i soggetti coinvolti che ha portato all’elaborazione di alcuni strumenti di lavoro che hanno permesso di raggiungere i due obiettivi sopracitati: • modulo unico per la raccolta della domanda di ser vizi (spor tello unico); • modulo unico per l’attivazione UVMD; • protocollo operativo dell’assistente sociale del ser vizio sociale di base. 5) La costituzione di un sistema informativo adeguato e coerente con il processo. È in fase di attuazione l’informatizzazione della scheda di rilevazione della domanda (modulo unico), di attivazione UVMD e l’informatizzazione della scheda SVAMA. È iniziata la sperimentazione SID-ADI, proposta dalla Regione, che rileva tutte le attività ef fettuate in maniera programmata a domicilio del paziente da operatori dei servizi sociosanitari. Tutti i comuni dell’azienda hanno adottato questo sistema informativo regionale. 6) La globalità della presa in carico delle situazioni complesse attraverso lo strumento UVMD, quale unica porta di accesso alla rete di servizi integrati per la persona, utilizzando la scheda SVAMA quale strumento di valutazione multiprofessionale e multidisciplinare. Nel corso del 2003 sono state elaborate e adottate, da parte della direzione, le linee guida per l’organizzazione ed il funzionamento dell’UVMD e l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). Alcuni dei punti elencati sono stati realizzati nel corso del Piano di Zona 2001/03 (punti 1, 2, 3 e 4) per gli altri punti (5 e 6) l’impegno è la completa realizzazione ed il consolidamento. Assistenza domiciliare e Assistenza domiciliare integrata L’assistenza domiciliare Si tratta di inter venti diretti ai cittadini ed ai nuclei familiari che, per particolari necessità o per non completa autosufficienza, non sono in grado, anche temporaneamente, di garantire il pieno soddisfacimento delle esigenze personali e domestiche. Lo scopo del servizio è il mantenimento dell’autonomia della persona e la permanenza all’interno del proprio nucleo familiare cercando di evitare l’inserimento in struttura protetta. Il ser vizio si concretizza nell’aiuto per l’igiene della persona, l’igiene ambientale, trasporti, lavanderia, disbrigo di pratiche amministrative. Il servizio è gestito dai Servizi Sociali del Comune e può essere fornito da operatori di assistenza dipendenti del Comune e/o da operatori di assistenza dipendenti di cooperative sociali convenzionate con il Comune. La domanda va presentata ai servizi sociali del Comune a cui seguirà una valutazione dell’assistente sociale. 172 2. La qualità della vita: i determinanti della salute L’assistenza domiciliare integrata Negli ultimi 10 anni lo sviluppo dell’assistenza domiciliare è stato veloce e ha interessato tutti gli attori della rete dei ser vizi, le ricadute sugli utenti non sono ancora percettibili in tutta la loro portata, e l’impegno successivo sarà quello di cercare di trasferir e sulla quotidianità degli utenti gli sviluppi e le novità che si stanno apprendendo. La ricerca costante di innalzare e omogeneizzare la qualità percepita del ser vizio, deve necessariamente passare attraverso un cambiamento di mentalità collettiva, dove il processo assistenziale non è di competenza solo sanitaria o solo sociale o “solamente” socio-sanitaria, ma omnicomprensiva. Per esempio, il familiare di un paziente, in ospedale non può più essere “mandato fuori dalla stanza” quando entrano i sanitari, ma educato ed addestrato da subito sulle metodiche da adottare o evitare, per la cura del proprio caro. Il programma assistenziale deve essere il più possibile condiviso, in modo da creare con la famiglia una alleanza, e mai una contrapposizione. Nel 2001 ci fu un deciso potenziamento del servizio con l’avvio della reperibilità infermieristica, l’estensione della copertura 24 ore su 24 ore per 365 giorni anno e soprattutto il potenziamento dell’organico con l’arrivo di 10 nuovi infermieri professionali a tempo pieno. Nello stesso anno l’U.L.SS. n.4 assume il modello di “distretto for te” e, attraverso l’unità operativa delle Cure Primarie: • aumenta il concetto di integrazione socio sanitaria; • rafforza la sua politica di investire sul MMG quale principale soggetto per promuovere la salute; • sottolinea l’impor tanza di aumentare l’integrazione ospedale/territorio; • individua nell’UVMD il per no del processo assistenziale di rete. Nell’ambito dell’assistenza domiciliare diviene fondamentale per l’infermiere valutare sempre il contesto di svolgimento del lavoro per elaborare una risposta personalizzata, non solamente tecnica bensì globale, con una adeguata considerazione della componente sociale e fondamentale attenzione alla sfera personale del soggetto e della famiglia. In particolare, par te determinante del percorso assistenziale dovrà essere dedicata all’educazione sanitaria fatta alla famiglia per aumentare il grado di autonomia, evitando compor tamenti che possano portare a dipendenza. Assistenti familiari Tra le altre iniziative a sostegno della domiciliarità ed in particolare del ruolo delle assistenti familiari, si prevede l’avvio di un progetto di formazione e accompagnamento delle famiglie e delle assistenti familiari nella loro attività di cura di persone non autosuf ficienti assistite a domicilio. Le azioni a sostegno delle assistenti familiari si possono sintetizzare come di seguito: 1. progettazione e realizzazione di percorsi mirati di inserimento lavorativo in ambiente domestico (anche attraverso stage, borse lavoro, ecc.) finalizzati alla stipula di un contratto di lavoro di cura familiare; 2. progettazione e gestione di corsi di formazione per assistenti familiari; 3. istituzione e gestione del registro delle assistenti familiari con relativa definizione di criteri e requisiti di iscrizione; 4. servizi di accompagnamento, tutoraggio dell’assistente familiare in particolare nella fase di avvio del rappor to di lavoro della cura familiare. Costi I costi complessivi sostenuti dalle amministrazioni comunali nel 2003 ammontano a 1.881.100 euro di cui 882.240 per interventi di assistenza domiciliare integrata (ossia per La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti 173 utenti seguiti sia da interventi comunali, sia dall’U.L.SS. n.4). Tabella 90 Utenti in ADI al 31.12.2003 Operatori Assistenti Costo Comune Utenti assistenza sociali SAD Arsiero 72 0,69 0,30 37.451 9.821 Breganze 153 3,27 0,60 85.568 46.420 Caltrano 14 0,21 11.317 3.169 Calvene 10 0,11 8.197 3.287 Carrè 19 0,05 1.708 1.337 Chiuppano 14 0,60 0,21 24.314 10.097 Cogollo del Cengio 40 0,74 0,13 29.028 18.547 Fara Vicentino 12 0,12 0,31 13.695 10.538 Laghi 4 0,10 0,05 7.058 3.900 Lastebasse 4 0,04 0,02 3.074 3.074 Lugo di Vicenza 62 0,55 0,33 22.494 14.748 Malo 96 2,71 0,30 111.946 80.168 Marano Vicentino 88 2,00 0,73 112.841 64.916 Monte di Malo 54 0,80 0,30 40.854 31.052 Montecchio Precalcino 19 2,31 0,20 22.993 4.500 Pedemonte 4 0,16 - - 0,004 di cui ADI 198 - Piovene Rocchette 51 0,89 0,50 45.247 24.822 Posina 11 0,06 0,05 4.982 2.187 7 0,08 0,08 3.199 3.199 Santorso 47 1,40 0,10 78.876 39.437 San Vito di Leguzzano 14 1,19 0,16 42.000 12.923 Sarcedo 47 1,30 0,30 54.122 29.900 Schio 562 33,00 2,67 668.957 267.583 Thiene 290 5,83 1,95 219.584 101.008 Salcedo Tonezza del Cimone 1 - 0,006 367 - Torrebelvicino 53 2,50 0,40 44.129 29.419 Valdastico 41 0,22 0,12 18.037 6.603 Valli del Pasubio 12 - 0,14 9.414 6.119 Velo d’Astico 27 - Villaverla 42 1,50 Zanè 26 9 1.905 Zugliano Totale 12.212 6.514 0,42 61.896 22.425 0,83 0,50 62.107 15.044 0,33 0,36 23.231 9.481 63,23 11,62 1.881.100 882.240 Il telesoccorso Descrizione È un servizio domiciliare rivolto ai soggetti a rischio socio-sanitario al fine di ricevere assistenza in situazioni gravi e di emergenza Modalità organizzativa La richiesta va presentata ai servizi sociali del Comune che attivano il ser vizio. Ogni utente viene dotato di un mini apparecchio provvisto di un bottoncino che, se premuto, fa scattare 174 2. La qualità della vita: i determinanti della salute un segnale di allarme al centro operativo, funzionante 24 ore su 24, che attiva immediatamente un inter vento. Utenti del servizio e dati statistici In media nei quattro trimestri compresi tra dicembre del 2002 e novembre del 2003 il servizio ha coinvolto un numero pressoché costante di utenti per una media, a trimestre, distribuita come da tabella 92. Tabella 92 Utenti medi a trimestre del Telesoccorso. 2002/2003 Comune utenti medi a trimestre Comune utenti medi a trimestre Arsiero 9 Piovene Rocchette 11 Breganze 53 Posina 6 Caltrano 8 Salcedo 4 Calvene 5 San Vito di Leguzzano 8 Carrè 22 Santorso 14 Chiuppano 4 Sarcedo 11 Cogollo del Cengio 11 Schio 10 Fara Vicentino 14 Thiene 46 Laghi 1 Tonezza del Cimone 0* Lastebasse 2 Torrebelvicino 15 Lugo di Vicenza 13 Valdastico 24 Malo 75 Valli del Pasubio 9 Marano Vicentino 20 Velo d’Astico 3 Monte di Malo 8 Villaverla 23 Montecchio Precalcino 10 Zanè 11 Pedemonte 3 Zugliano 9 Media trimestrale U.L.SS. n.4 553 * Tonezza del Cimone ha attivato il servizio nel corso del 2004. Contributi economici Legge Regionale n.28 del 1991 Descrizione È un inter vento economico della Regione Veneto finalizzato al mantenimento nel proprio domicilio, delle persone non autosufficienti. Modalità organizzative La domanda va presentata presso il Comune di residenza su apposito modulo. Viene verificato da par te del Comune il reddito, che non deve superare quanto stabilito dalla Regione. Viene poi effettuata una valutazione sanitaria (medico di medicina generale) e assistenziale (assistente sociale) della persona su scheda predisposta dalla Regione, inviata successivamente all’ufficio competente che attribuirà un punteggio e stabilirà l’entità del contributo economico. Legge Regionale n.5 del 2001 art.40 “Inter vento a favore delle famiglie che assistono in casa persone con demenza accompagnata da gravi disturbi comportamentali” Descrizione È un intervento economico finalizzato al mantenimento nel proprio domicilio delle persone affette da morbo di Alzheimer e altre demenze con gravi disturbi comportamentali. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti 175 Modalità organizzative La domanda può essere presentata sia presso il Comune che presso il distretto su apposito modulo. Il contributo è rinnovabile e per averne diritto sono necessari i seguenti requisiti: reddito personale non superiore al tetto stabilito dalla Regione (accertato dal Comune), diagnosi (specialista) e presenza di gravi disturbi comportamentali (unità valutativa Alzheimer), adeguatezza dell’assistenza fornita dai familiari (assistente sociale del Comune). Per l’attuazione di questo progetto la Regione ha incaricato le Aziende U.L.SS. e i Comuni di seguire una procedura per la stesura della graduatoria degli aventi diritto. DGR 3630 del 13/12/2002 Contributo economico badanti Descrizione È un inter vento economico a favore delle famiglie che assistono in casa persone non autosufficienti con l’aiuto di assistenti familiari. Ha l’obiettivo di mantenere a domicilio la persona non autosufficiente e di legittimare il rapporto di lavoro. Modalità organizzative La richiesta va presentata presso l’uf ficio ser vizi sociali del Comune di residenza su apposito modulo ed entro i termini previsti. Il contributo è subordinato alla situazione reddituale del nucleo familiare in cui vive la persona assista e alla dichiarazione di non autosufficienza. È previsto un contributo una tantum per la regolarizzazione del rappor to di lavoro e un contributo mensile in base al contratto stipulato. DGR 3960 del 31/12/2001 Interventi sperimentali per il “sollievo” Descrizione È un intervento economico a favore delle famiglie che assistono persone con disabilità o anziani non autosufficienti. Questo inter vento si pone l’obiettivo di ritardare, quanto più possibile, il ricorso a forme di istituzionalizzazione permanente di persone disabili gravi e/o anziani non autosufficienti. Sono previste principalmente due tipi di azioni: erogazione del “buono ser vizio” per accedere al ser vizio di accoglienza temporanea residenziale; erogazione di un contributo economico per la partecipazione a soggiorni climatici ad alta protezione, di persone disabili e/o con autonomia e autosufficienza ridotta. Gli interventi possono anche essere diversi da queste due tipologie, come specificato nell’accordo di programma. Modalità organizzative La richiesta va presentata presso l’ufficio ser vizi sociali del Comune di residenza su apposito modulo e con le modalità previste nell’accordo di programma tra Conferenza dei Sindaci e U.L.SS. n.4, in attuazione della DGR 3960/01. L’assistente sociale del Comune, eventualmente coadiuvato dal Distretto, valuta le domande, tenendo conto dei criteri individuati dalla DGR 3782/02 «Criteri per l’avvio degli interventi sperimentali per il “sollievo”». Assistenza economica Comunale Descrizione Contributi economici straordinari o continuativi per il sostegno delle persone in condizioni economiche disagiate. L’assistenza economica comunale può essere finalizzata al mantenimento a domicilio della persona o, se necessario, all’integrazione per il pagamento della retta di ricovero in struttura residenziale. Modalità organizzative La richiesta va presentata presso l’ufficio ser vizi sociali del Comune di residenza, su appo- 176 2. La qualità della vita: i determinanti della salute sito modulo. La domanda, corredata dalla valutazione sociale e dalla necessaria documentazione comprovante i redditi, viene valutata con i criteri stabiliti dai singoli regolamenti comunali. I centri diurni per non autosufficienti Descrizione Il centro diurno per non autosufficienti si colloca nella rete dei servizi come servizio semi-residenziale, intermedio fra le strutture residenziali e l’assistenza domiciliare. Offre un servizio di assistenza e di sostegno alle famiglie che cercano di mantenere il familiare nel proprio ambiente di vita. Durante la giornata l’ospite viene coinvolto in attività terapeutico-riabilitative specifiche e in momenti di animazione e creatività. Durante la permanenza al centro diurno viene garantito il pranzo e il servizio di trasporto (per i residenti nel Comune sede del centro diurno e limitrofi). Modalità organizzativa La richiesta va presentata all’ufficio ser vizi sociali del Comune di residenza su apposito modulo. L’assistente sociale del Comune la invia con allegata SVAMA sociale, al Distretto di appartenenza per la valutazione multidimensionale (UVMD) e l’inserimento nella graduatoria nel caso in cui la persona risulti non autosufficiente. L’accoglimento delle persone autosufficienti viene gestito direttamente dal Centro Diurno. La rete dei servizi I centri diurni per non autosufficienti nel territorio dell’U.L.SS. n.4 sono due: • la Compagnia a Breganze; • il Centro Diurno Brolatti a Marano. Prospettive future • Consolidamento nella rete dei ser vizi; • qualità e personalizzazione dell’intervento volto a privilegiare il lavoro sulle abilità residue dell’anziano (inter venti riabilitativi e psico-sociali); • sollievo alle famiglie. Le strutture residenziali Descrizione Le strutture residenziali o case di riposo sono rivolte ad anziani con ridotta o minima autonomia. I servizi residenziali sono articolati in base alla gravità della persona inserita e al livello di assistenza offerto; nel territorio dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” sono presenti: posti di residenzialità ad intensità ridotta e minima, nuclei di media intensità, stati vegetativi, nuclei ad alta protezione Alzheimer, hospice. Modalità organizzativa L’accesso al ser vizio avviene a seguito di domanda presentata dall’interessato al Figura 64 Strutture residenziali per anziani e ulteriori livelli di assistenza La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti 177 servizio sociale del comune di residenza; l’UVMD prende in esame il caso e, se risulta idoneo all’inserimento in casa di riposo, provvede ad inserirlo nella graduatoria unica. In caso contrario propone un ser vizio alternativo più idoneo al suo bisogno (assistenza domiciliare, centro diurno, ecc.). L’U.L.SS. n.4 ha provveduto, in attesa del regolamento unico regionale, a formulare una propria proposta sul registro unico per la residenzialità, volto a conciliare l’esigenza di libera scelta del cittadino con l’utilizzo attuale delle strutture residenziali. L’ammissione ai trattamenti di residenzialità e semiresidenzialità è disposta dal Distretto Socio Sanitario di residenza dell’interessato a seguito della decisione presa e verbalizzata dalla Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale. In attesa del verificarsi delle condizioni che consentano l’inserimento in struttura residenziale o semiresidenziale il cittadino viene collocato in apposita graduatoria (“lista di attesa”) ispirata a criteri conformi ai principi di equità e trasparenza. Quando una persona risulta prima nella lista d’attesa, essa acquisisce il diritto a spendere una impegnativa di residenzalità in una struttura a sua scelta (ovviamente la struttura deve avere un posto libero). Con il provvedimento n.92/CR la Regione introduce il “Piano locale per la non autosufficienza” e ridefinisce il tetto delle impegnative che fino al 2006 saranno pari a 938. La rete dei ser vizi Nell’U.L.SS. n.4 è presente un’ampia e ar ticolata rete di servizi in grado di of frire piena copertura al fabbisogno del territorio. Tabella 44 Strutture residenziali (anno 2004) Strutture Residenziali RSA Ridotta Nuclei di ... di cui RSA da Stati e minima media... SAPA ric. osped. vegetativi 42 48 10 * 208 48 75 6 A.Rossi Arsiero 46 Ist.Canossiano Casa Charitas Schio 16 “S.Giuseppe” RSA Pedemonte 40 A. Penasa Valli 34 Comunale Caltrano 20 “Casa Nostra” Valdastico 36 Villa S.Angela Breganze 35 “Casa Panciera” Schio I.P.A.B. “La Pieve” Breganze La Casa di Schio Casa di Ricovero “Muzan” Malo OIC Thiene Hospice 19 35 177 Istituzione Villa Miari Santorso 11 Totale: 953 (di cui 10 SAPA) 719 48 144 9 10 * 75 6 9 * I 10 posti di SAPA sono ricompresi nei 48 di media intensità. Le strutture sono omogeneamente distribuite nel territorio con una certa prevalenza nel distretto di Schio, come evidenziato dalla figura 64. Oltre ai posti letto di media e ridotta intensità (ossia la casa di riposo comunemente intesa) esistono nel territorio dell’U.L.SS. n.4 degli ulteriori livelli di assistenza: • l’hospice è una struttura residenziale territoriale, autonoma e fisicamente separata dall’ospedale, di piccole/medie dimensioni, che fornisce assistenza a bassa invasività, ad elevato contenuto 178 2. La qualità della vita: i determinanti della salute umano e caratterizzata da inter venti di sostegno psicologico, relazionale e spirituale. La struttura garantisce assistenza di ricovero temporaneo ai pazienti af fetti da patologia neoplastica in fase avanzata, a rapida evoluzione e a prognosi infausta, per i quali ogni terapia finalizzata alla guarigione non sia più possibile. L’hospice ha inoltre la funzione di mantenere, promuovere, sostenere la rete di relazioni primarie con la famiglia e l’ambiente sociale di riferimento; • assistenza residenziale extraospedaliera per cure di stati vegetativi permanenti; lo stato vegetativo è una sindrome clinica caratterizzata da assoluta non coscienza di sé e dell’ambiente, con parziale ripresa del ritmo del sonno-veglia e delle funzioni autonomiche e vegetative; • SAPA, Sezioni ad Alta Protezione Alzheimer, è un reparto/sezione di una struttura destinata ad accogliere esclusivamente ospiti affetti da demenza senile tipo Alzheimer che necessitano di un particolare approccio clinico-assistenziale durante una o più fasi della loro malattia. Costi La spesa sanitaria si ar ticola sui vari livelli di assistenza come dalla tabella 45. Tabella 45 Anziani. Ripartizione della spesa sanitaria per livello di assistenza. Anno 2003 Livello di assistenza RSA Ridotta e minima Nuclei di media SAPA RSA da riconversione ospedaliera Impor to 10.458.034 2.393.582 210.787 1.246.657 Prospettive future La questione della residenzialità di persone anziane non autosufficienti è l’altra faccia della medaglia di un fenomeno peraltro del tutto positivo che caratterizza e sempre più caratterizzerà la nostra società, ossia l’allungamento dell’aspettativa di vita. L’invecchiamento è un risultato sociale frutto di azioni consapevoli di una comunità che producono cambiamenti sull’ambiente, sull’alimentazione e sugli stili di vita, sulla qualità dei servizi sanitari e sociosanitari e di un controllo delle nascite oramai generalizzato. Gran parte delle azioni contenute in questo documento hanno l’obiettivo dichiarato di prolungare e migliorare la vita del maggior numero di persone e di conseguenza è lecito ipotizzare che, a parità di nascite, contribuiranno a generare un graduale invecchiamento della popolazione. Nell’analizzare le prospettive future dei servizi residenziali per anziani è necessario considerare l’interdipendenza esistente tra condizione familiare e stato di salute dell’anziano, in particolare valutando la rete di aiuti e relazioni in cui l’anziano stesso è inserito. Diverse ricerche dimostrano come il rischio di finire in un’istituzione è inversamente proporzionale alla forza dei legami familiari; i dati disponibili relativi al censimento ISTAT del 1991 indicano che il 45% degli anziani ricoverati in istituto erano soli e circa il 15% avevano solo fratelli o sorelle; tali dati devono essere considerati per difetto in quanto relativi ad oltre un decennio fa. Si può affermare che l’inserimento in strutture residenziali non avviene perché si raggiunge una cer ta età, bensì per una pluralità di fattori legati, in parte, allo stato di salute dell’anziano, ma soprattutto alle possibilità della rete parentale. Ciò spinge a considerare l’assistenza domiciliare, sia semplice che integrata, come una soluzione in alcuni casi possibile ma non un’alternativa cer ta e totalizzante dell’istituzionalizzazione che, anzi, considerando l’incremento dei fattori di rischio (invecchiamento e riduzione delle protezioni familiari), è in prevedibile aumento. 179 La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti Quanto detto porta a considerare e a valorizzare il patrimonio costituito dalle strutture esistenti nel nostro territorio che potranno garantire anche per il futuro una risposta adeguata ai bisogni della comunità dell’Alto Vicentino; ciò che potrà e dovrà adeguarsi sarà il modello organizzativo delle strutture residenziali: in taluni casi dovranno essere in grado di specializzare la propria offer ta per un’utenza sempre più grave ed ad alta intensità assistenziale (nuclei di media intensità, nuclei SAPA, stati vegetativi); in altri dovranno aprirsi alle esigenze del territorio dif ferenziando l’offerta di servizi in stretta integrazione con i comuni e con il distretto (trasporto, pasti a domicilio, inter venti domiciliari assistenziali e/o riabilitativi), e garantendo una risposta alle nuove esigenze (moduli respiro), configurandosi sempre più come centro servizi o “agenzie territoriali per la gestione della domiciliarità e della residenzialità” Nella prevedibile difficile congiuntura economica futura, sarà sempre più necessario ottimizzare le risorse e ridurre i costi, attraverso strumenti di gestione associati di ser vizi, ad esempio tecnico-economali, formativi, amministrativi in genere. Il centro di riabilitazione neurocognitiva di “Villa Miari” Attivato dopo l’autorizzazione regionale con DGRV n.2194 del 03/08/2001 dal 1 febbraio 2002 sotto la direzione scientifica del prof. Per fetti e con la direzione organizzativa af fidata al responsabile dell’Unità Organizzativa Cure Primarie del distretto n.2 di Schio; vi operano 9 terapisti di cui 2 comandati dall’U.L.SS. n.4. L’assistenza è garantita da infermieri ed operatori sociosanitari di Villa Miari. Il centro dispone di 10 posti letto di residenzialità e 5 posti letto di semiresidenzialità riservato a pazienti af fetti da patologia a carico del sistema nervoso centrale ed in particolare: a) pazienti affetti da vasculopatie a focolare, dopo la fase acuta; b) pazienti af fetti da esiti di trauma cranico; c) pazienti affetti da patologie di tipo a) e di tipo b) che necessitino di controllo o di impostazione del trattamento riabilitativo. Il Centro di Riabilitazione Neurocognitiva è incentrato su un trattamento che prevede l’applicazione della teoria cognitiva della riabilitazione (esercizio motorio consapevole), in maniera intensiva (3 ore al giorno per paziente) per una durata media di 4-5 mesi: quest’ultima, dai dati verificati nei due anni di attività, deve permettere al paziente un ritorno all’ambiente familiare, con un recupero di funzioni tale da prevedere il contributo riabilitativo, al massimo con trattamento di tipo ambulatoriale; il centro stesso fornisce tale tipo di trattamento. Tabella 46 Centro di neuroriabilitazione cognitiva. Giornate, accessi, assistiti. Anni 2002 e 2003 2002 2003 Assistiti Giornate / Accessi Assistiti Giornate / Accessi Ciclo continuato (giornate) 23 1.746 27 2.859 Ciclo diurno (giornate) 20 530 32 783 Diurnato diagnostico (accessi) 25 101 16 60 1 2 / / Ambulatoriale (accessi) I pazienti provengono dal territorio dell’U.L.SS. n.4 (soprattutto per il trattamento semiresidenziali) su invio dell’UVMD distrettuale e dell’UO FKT del presidio e da altre Aziende U.L.SS. del Veneto ed extraregionali. Si nota che la quasi totalità dei ricoveri in regime di residenzialità è costituita da pazienti pro- 180 2. La qualità della vita: i determinanti della salute venienti da fuori U.L.SS. n.4, indice di una significativa capacità attrattiva, legato all’esperienza ed alla competenza tecnico–scientifica dello staff operativo. Dal 01.01.2003 all’interno della struttura è stato attivato il centro studi sulla riabilitazione neurocognitiva, finanziato dall’U.L.SS. n.4 e dall’Istituzione Villa Miari, che ha il compito di curare la ricerca nelle scienze neurocognitive, promuovere congressi e convegni di studio, coinvolgendo le più significative esperienze scientifiche nazionali ed internazionali. Nel corso del biennio di attività trascorso, il centro è stato oggetto di particolare interesse delle forze sociali ed economiche del territorio: importanti donazioni liberali, vincolate alla ricerca e al sostegno delle borse di studio, sono venute dall’Associazione Industriali della Provincia di Vicenza dell’Alto Vicentino. Si è trattato di una “nuova” modalità di rappor to pubblico-privato nella gestione di un Centro ad alta valenza sanitaria, che ha posto le basi per ulteriori future sinergie. Tabella 47 Bilancio di gestione del centro di riabilitazione neurocognitiva Entrate 496.350 Fuori Regione 282.107 Fuori U.L.SS. n.4 214.243 Costi 800.622 Convenzione 506.466 Personale 293.493 Altri costi 663 Prospettive future Nel prossimo triennio il centro consoliderà, necessariamente, l’attività svolta, sia sul piano clinico, sia sul piano formativo e della ricerca. In par ticolare saranno valutate le seguenti azioni organizzative: • messa a regime dello staf f professionale riabilitativo, nelle attuali dimensioni; • consolidamento degli attuali indici di ricovero in regime di residenzialità e semiresidenzialità; • raf forzamento dell’integrazione del centro nella rete dei ser vizi distrettuali e, soprattutto, tramite l’UOCA con l’UO di FKT ; • promozione di donazioni provenienti dal territorio per alimentare il senso di appar tenenza delle comunità locali all’attività del centro stesso; • rafforzamento delle attività di ricerca, di formazione e di attrazione culturale a livello nazionale ed internazionale. Il centro servizi di Montecchio Precalcino L’area ad alta integrazione sociosanitaria del Centro Servizi di Montecchio Precalcino è stata riconosciuta dall’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” con propria deliberazione a partire dal 2001, in applicazione del precedente Piano di Zona 2001/03. Il Centro riconosce come propria principale vocazione proiettata nel tempo quella assistenziale, caratterizzata dalla progressiva personalizzazione degli interventi e da un orientamento socioriabilitativo che si articola in modo dif ferenziato su diverse strutture quali la RSA denominata “S. Michele” che accoglie ospiti psicogeriatrici, la RSA “Il Cardo” per disabili gravi e le Comunità Terapeutiche Residenziali Protette con ospiti ad evoluzione psicogeriatrica ed aperte a possibili ingressi mirati. Ritenendo che i buoni cambiamenti maturino anche attraverso una serena consapevole let- La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti 181 tura e conoscenza dei luoghi e dei protagonisti della storia, vi sono stati nell’ultimo triennio recenti significativi mutamenti nell’investimento progettuale e di grande aper tura ed integrazione con il territorio di appar tenenza, fortemente orientati alla cooperazione solidale ed all’appor to del volontariato. Attualmente nel centro sono attive tre strutture: • C.T.R.P. – Comunità Terapeutiche Residenziali Protette A gestione diretta U.L.S.S. n.4 in grado di ospitare 38 persone. Sono state completamente ristrutturate negli ultimi anni e suddivise in quattro unità abitative denominate Ponente, Levante, Villino, Casa Serena, rispettivamente di 14 – 12 – 6 – 6 posti, ubicate al piano terra all’interno del cortile di fronte al Castello di Villa Nievo Bonin Longare. • R.S.A. – Residenziale Sanitaria Assistenziale “S. Michele” Di nuova costruzione e recentemente inaugurata, dall’agosto 2001 accoglie 96 persone ospitate in quattro nuclei (due maschili e due femminili), facilmente raggiungibile anche a piedi seguendo le indicazioni e gestita in convenzione con l’ente La Casa di Schio. • R.S.A – “Il Cardo” Riconosciuta come grande struttura per disabili gravi, di recente e completa ristrutturazione in grado di accogliere 38 persone, è gestita in convenzione con l’ente La Casa con standard definiti dalla DGR n.2537 del 2000 - sulle grandi strutture e con particolare attenzione a percorsi individuali di tipo riabilitativo; l’assunto di base che muove le iniziative del centro è l’ef fettivo superamento del concetto assistenziale e di vita rappresentato dall’ospedale psichiatrico dapprima ed in seguito dal residuo psichiatrico esistenti in precedenza. Il passaggio da realtà chiusa ed assai poco temporalizzata, verso nuclei di comunità (più o meno allargati) a sempre maggiore integrazione nel territorio di riferimento, segna le intenzioni e la prassi quotidiana presente e futura. L’anello di congiunzione per procedere in questa direzione è individuato in due importanti filoni quali la progressiva messa a disposizione delle caratteristiche architettoniche e di contesto del centro (Villa Nievo Bonin Longare, il parco e i grandi spazi) per consentire una sempre maggiore fruibilità attraverso il consolidamento della convegnistica e delle attività di formazione che ne costituiscono già realtà viva ed una forte propensione all’accoglienza ed all’integrazione solidali verso gruppi ed associazioni del territorio. L’inserimento recente e la presenza di una scuola elementare (60 bambini) espressione di un’associazione pedagogica costituiscono un esempio concreto di ciò ed una chiara indicazione di prospettiva, così come lo specifico progetto per gli emigranti di ritorno e – anche se all’apparenza collaterale – il Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare connoteranno ulteriormente ed in modo diversificato una vera e ricercata permeabilità interna ed esterna del centro servizi. Tutto ciò dovrà necessariamente consolidarsi attraverso un più stabile dimensionamento delle convenzioni in atto, specie con il Gruppo Volontari e con partner riconosciuti come la cooperativa Nuovi Orizzonti, vero punto di for za e canale di collegamento con le realtà circostanti. Una par te delle persone che ancora vivono nelle strutture del centro provengono dall’esperienza dell’ospedale psichiatrico ed hanno seguito successivamente percorsi differenziati 182 2. La qualità della vita: i determinanti della salute sulla base delle caratteristiche individuali e del decorso ed esito del disturbo presentato. L’assistenza globale alla persona è garantita da quattro Medici di Medicina Generale in apposita convenzione. Il centro dispone, inoltre, di due chiese; una di dimensioni maggiori situata di fronte all’ingresso ed una più ridotta, di pregevole fattura, raggiungibile dal corridoio sotto l’arco visibile a sinistra dell’ingresso. È realtà consolidata la presenza di un sacerdote e di una piccola comunità di religiose che prestano da molti anni servizio agli ospiti. All’interno dell’area spicca il complesso di Villa Nievo Bonin Longare facilmente raggiungibile a piedi dall’ingresso attraversando l’arco subito a sinistra. La villa, resa agibile di recente in tutto il piano terra, ospita uf fici di direzione ed è sede di convegni ed attività di formazione aperti all’esterno, in integrazione e sinergia con la sala polivalente della RSA “S. Michele” utilizzabile per incontri e manifestazioni e che dispone di circa 100-120 posti. Attiguo alla villa si raggiunge, attraverso una piccola strada sterrata, lo splendido parco meritevole di una piacevole e serena passeggiata e che, se opportunamente percorso, risale per una bella scalinata alla parte retrostante della villa stessa. Il servizio bar, la portineria-informazioni ed il servizio ritenuto fondamentale dell’animazione dell’intera area e dell’integrazione con il territorio, sono affidati in specifica convenzione alla cooperativa sociale Nuovi Orizzonti di Santorso, con il prezioso apporto del gruppo volontari pure riconosciuto con apposita convenzione. Sono presenti e ben rappresentate le associazioni dei familiari che con la loro opera contribuiscono al miglioramento della qualità di vita degli ospiti. Tutti i ser vizi e le convenzioni sono coordinate dall’U.L.SS. n.4 secondo criteri complessivi e coerenti alle finalità del centro, attraverso uno staff d’area diretto da un medico psichiatrico dirigente. È stata di recente istituita la Conferenza dei Servizi con la rappresentatività di tutte le entità coinvolte per par tecipare alla programmazione e allo sviluppo dell’intera area. Ogni persona che si trovi a frequentare, a qualunque titolo, l’area ad alta integrazione socio-sanitaria di Montecchio Precalcino – sia esso di servizio, per usufruirne o per semplice visita, costituisce attraverso il proprio patrimonio di esperienza, sensibilità ed educazione un’occasione insostituibile di condivisione e di crescita, di stimolo e arricchimento umano per l’area stessa, per tutti gli ospiti, gli operatori, i volontari che contribuiscono giorno dopo giorno a rinnovarla, ed Figura 65 Centro ser vizi di Montecchio Precalcino. Lato è sempre la benvenuta. fronte villa La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti 183 Prospettive future del centro servizi Sarà ulteriormente consolidato nei prossimi tre anni, l’attenzione alla qualità ed umanizzazione delle condizioni di vita degli ospiti delle attuali strutture, nel rispetto degli standard assistenziali presenti e nel graduale ma sicuro potenziamento dell’équipe “orizzontale” del centro, riferimento fondamentale sia clinico sia gestionale dell’intero centro. Nel contesto di un riordino delle residenzialità psichiatriche, potranno trovare spazio, nell’attesa, nuovi accoglimenti di pazienti prevalenti psicogeriatrici, “non attivi” sul piano clinico psichiatrico, bisognosi di piani lungoassistenziali. Il centro proseguirà la collaudata vocazione ad ospitare eventi formativi e congressuali, anche residenziali; in questo senso d’intesa con l’amministrazione provinciale di Vicenza, sarà ospitato il progetto “Emigrante di ritorno” che prevede nel triennio l’accoglienza formativa residenziale di gruppi di giovani figli di veneti, emigrati in sud America e che desiderano rientrare nel paese dove sono le loro radici. Sarà consolidata la presenza dell’attività scolastica di un’associazione pedagogica che ha permesso di creare un nuovo clima di incontro intergenerazionale e soprattutto una vera apertura e riconversione delle aree di Montecchio Precalcino. Dai primi mesi del 2004 il centro, all’interno di Villa Bonin Longare, diviene sede della Fondazione di Comunità Vicentina per la qualità di vita Onlus. (vedi il progetto specifico nella sezione 3, Progetti innovativi). Verranno individuati e ristrutturati spazi logistici per la protezione civile regionale nell’ambito del padiglione B nel periodo di vigenza del piano. Il servizio per i disturbi del comportamento alimentare, inserito nello stabile denominato “La Decima”, vedrà un ulteriore rafforzamento in tema di apertura all’utenza, utilizzando le infrastrutture logistiche ed il personale del centro servizio. Servizio prevenzione, trattamento e riabilitazione dei disturbi del comportamento alimentare Il Centro “La Decima” Il servizio è attivo dal 03/03/2003, presso lo stabile denominato “La Decima” nel contesto del Centro Servizi di Montecchio Precalcino gestito in par tnership, attraverso un progetto sperimentale, dall’U.L.SS. n.4 e dall’ente “Villa Margherita”, dotato di par ticolare esperienza e competenza nel settore, è rivolto alla valutazione, trattamento terapeutico–riabilitativo di pazienti affetti da Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) così come definito nel DSM IV (anoressia ner vosa, bulimia nervosa, beang eating desortes). Disturbi sempre più diffusi anche nel territorio dell’U.L.SS. n.4 che, come rilevato in letteratura epidemiologica può interessare il 3% della popolazione giovanile tra i 14-25 anni, con fenomeni segnalati di ulteriori precocità nella comparsa dei sintomi. Il ser vizio si articola in una serie di inter venti: assesment, visite mediche, interventi psicoterapici individuali e familiari, attività psicoeducazionali di gruppo, valutazione d’esito. Interventi garantiti da un gruppo pluriprofessionali (un medico nutrizionista, psicologi, due dietiste), integrato con i servizi dell’U.L.SS. n.4 afferenti (CSM – Ser.T – Consultori Familiari) che, alla fine del ciclo di trattamento (di norma sei mesi, rinnovabili), garantiscono la continuità terapeutica, sulla base delle eventuali co–morbilità associate ai DCA, nel paziente. Al centro si afferisce previa impegnativa del medico di medicina generale, con prenotazione presso il ser vizio informazioni del centro servizi di Montecchio Precalcino. 184 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Prospettive Future Nel corso del prossimo triennio l’evoluzione del centro, sul piano progettuale, sarà così articolata: • incremento dell’apertura dello stesso su cinque giorni settimanali, con potenziamento della frequenza dei gruppi psicoindividuali e dei gruppi di auto–mutuo–aiuto specifici, già operanti nel territorio dell’U.L.SS. n.4.; • passaggio conseguente dalla fase sperimentale ad attività istituzionali nella rete dei ser vizi, sempre in partnership con l’ente “Villa Margherita”, con apposito finanziamento a bilancio. In tale ottica sarà definita una corretta ed efficace aper tura del centro ad utenza di altro territorio della provincia, pur nel rispetto dell’integrazione con il centro provinciale di riferimento per i DCA operante nell’U.L.SS. n.6 ed attivato successivamente all’entrata in vigore del centro “La Decima”. Utenti del servizio e dati statistici Nel corso dei primi 8 mesi del 2004, sono stati seguiti circa 100 pazienti. Costi Il complesso di attività realizzate dal servizio ha implicato il sostenimento di un costo pari ad un ammontare a 68.000 euro. Soggiorni climatici E Alessandro andò da Diogene. Lo trovò sdraiato al sole. Diogene, sentendo tanta gente che veniva verso di lui, si sollevò un po’ e guardò Alessandro. Questi lo salutò affettuosamente e gli chiese se avesse bisogno di qualcosa che potesse fare per lui. «Scostati dal sole» rispose il filosofo Plutarco Proposte di turismo sociale La gestione del servizio viene delegata ogni anno dai 32 Comuni associati all’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” e, su convenzione, anche dal Comune di Dueville (VI). Il servizio of fre soggiorni di vacanza e/o di cura in località marine, lacustri e termali della durata di 15 giorni. Tali soggiorni si avvalgono della presenza di un accompagnatore-infermiere che si occupa dell’assistenza sanitaria e di un altro accompagnatore che organizza, propone, suggerisce e coordina le attività di animazione dell’intero periodo di soggiorno. Il numero dei posti offerti agli anziani, viene calcolato sulla scorta degli anni precedenti e assegnato ai comuni deleganti in base alle richieste degli anziani stessi. Dal 2001 ai soggiorni tradizionali si è aggiunta la proposta di un turno per anziani e disabili adulti che presentano bisogni speciali e necessitano di un elevato grado di assistenza, controllo e protezione, permettendo così l’accesso ad una vacanza sicura e indipendente dalla famiglia a persone diversamente abili. Questo soggiorno ad “alta protezione” offre un servizio di assistenza personale nel rapporto di un operatore ogni due persone oltre a tre o quattro operatori sanitari che completano l’offerta assistenziale. Ciò che caratterizza il soggiorno, oltre alla qualità dei ser vizi alberghieri, la possibilità per i par tecipanti di socializzare, di essere gratificati da una buona convivenza, è l’assistenza degli accompagnatori, sempre presenti a garantire sicurezza e tranquillità. La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti 185 Accanto ai soggiorni climatici tradizionali e per utenti con bisogni speciali, dal 2004 si è dato l’avvio a nuove proposte di turismo sociale che vedono il raf forzamento organizzativo del servizio attraverso una più elevata e diversificata partecipazione degli anziani (vedi pagina 299). Tali iniziative consistono in “percorsi di benessere personale” e in brevi itinerari o “circuiti turistico-culturali” che mirano alla promozione della qualità della vita e a sviluppare rapporti di amicizia e di socializzazione, non solo tra le relazioni tra anziani o tra anziani e adulti, ma anche con i giovani (inter-generazionalità) all’interno della coesione sociale, diventando così occasione di partecipazione culturale, di aggregazione, di recupero della forma fisica e psicologica, di riscoperta dei valori legati alle tradizioni locali, al patrimonio culturale storico, paesaggistico, alla ricchezza della gastronomia e dei prodotti locali. I percorsi di benessere personale prevedono la successione, nel mese di luglio, di due gruppi di 50 persone (anziani e loro famiglie) per 12 giorni alle terme di Recoaro con la possibilità di usufruire delle cure termali e di trascorrere mezza giornata di diver timento e di relax. Infatti, oltre alle cure, il pomeriggio trascorso a Recoaro Terme permette di diversificare l’estate con il riposo nei boschi, con tranquille passeggiate nel verde, ma anche con la musica dal vivo al Salone delle fonti. I brevi itinerari o i circuiti turistico-culturali prevedono la proposta di cinque percorsi primaverili (mesi aprile/maggio) e cinque percorsi autunnali (mesi ottobre/novembre), con visite a luoghi di interesse culturale, storico, paesaggistico ed enogastronomico situati nei 32 comuni dell’U.L.SS. n.4 e limitrofi. Identificati da un colore specifico e distinti per zone, tali circuiti hanno la durata di un giorno, prevedono visite guidate o percorsi naturalistici e un ottimo pranzo presso locali caratteristici con menù tipici della stagione. Le iscrizioni a tutte le iniziative di turismo sociale si effettuano presso i rispettivi comuni di residenza. I costi individuali di partecipazione ai percorsi di benessere personale (2004), della durata di 12 giorni, sono stati quantificati indicativamente in 85 euro. I servizi per le persone con disabilità La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità 187 A lle persone con disabilità e alle loro famiglie, l’Azienda U.L.SS. n.4 ed i comuni del territorio offrono una vasta gamma di inter venti sociali, educativi ed assistenziali, che rispondono in modo dif ferenziato a seconda dell’età e delle necessità. L’obiettivo è quello di perseguire l’integrazione sociale della persona con disabilità anche quando gli ostacoli da superare appaiono impegnativi, convinti che tutti, senza distinzione, siano parte irrinunciabile di una sola comunità responsabile. L’impegno dei ser vizi è quello di proporre progetti individualizzati capaci di ascoltare i bisogni e di offrire risposte concrete e professionalmente adeguate. I percorsi possibili tengono conto sia delle potenzialità del singolo sia del suo contesto di relazioni sociali e tendono a sostenere il pieno accesso alle opportunità di tutti: la scuola, la formazione professionale, il lavoro, il tempo libero, prevedendo maggiore attenzione per le persone con grave disabilità. L’Azienda U.L.SS. n.4 e i comuni hanno il compito di favorire il lavoro di rete e di stimolare il pieno coinvolgimento della comunità locale anche attraverso l’attività preziosa del volontariato e dell’associazionismo; tutti gli attori del territorio devono infatti sentirsi protagonisti nel migliorare la qualità della nostra convivenza sociale. Il servizio disabilità Descrizione Il servizio disabilità del distretto socio sanitario, utilizzando le risorse presenti nel territorio, promuove con ogni persona disabile e la sua famiglia la costruzione di un percorso individuale di partecipazione alla vita sociale. Il servizio è composto da un’équipe di assistenti sociali, educatori, operatori di assistenza specificatamente formati ed agisce in raccordo con il medico di fiducia ed in stretta integrazione con i servizi territoriali distrettuali. Modalità organizzativa Il servizio è presente presso le sedi distrettuali di Schio e Thiene. Attua i seguenti interventi: • accoglie le richieste e fornisce informazioni sui servizi e le oppor tunità disponibili nel territorio e sulle modalità di accesso, sui per corsi certificativi per l’inserimento scolastico, il riconoscimento dell’handicap, dell’invalidità civile e della disabilità ai fini dell’inserimento lavorativo, su agevolazioni e benefici previsti dalla normativa vigente; • fornisce ai minori l’assistenza all’inserimento negli asili nido e nelle scuole di ogni ordine e grado, collaborando con le scuole e l’UO Bambino e Famiglia nella gestione del progetto educativo; • favorisce la par tecipazione dei minori alle attività estive organizzate da comuni o da altri soggetti; • organizza e segue l’inserimento (temporaneo o definitivo) di adolescenti e adulti in strutture diurne e residenziali; • gestisce progetti ed iniziative su programmazione regionale che utilizzano fondi specificatamente destinati delle leggi nazionali (L.104/92, L.284/97, L.162/98); • collabora con associazioni del territorio per la realizzazione di azioni destinate a migliorare ed aumentare le possibilità di integrazione sociale. Realizza inoltre progetti specifici quali: • progetto “Piccola Oasi”: si veda il progetto P15 a pag. 309; • progetto “Caleidoscopio”: realizzato in collaborazione con il Comune di Schio, Istituti Scolastici e realtà associative del territorio, offre diversi laboratori di attività (comunicazione alternativa/aumentativa, manipolazione, espressione, psicomotricità) da svolgersi a scuola o in orario extrascolastico per migliorare le capacità di comunicazione e di integrazione sociale del minore con disabilità. Nel 188 2. La qualità della vita: i determinanti della salute periodo estivo l’inter vento si rivolge ad adolescenti con disabilità grave e coinvolge studenti delle scuole superiori; • progetto “Shiatzu”: svolta da un’associazione di volontariato formata da operatori shiatzu, l’attività ha lo scopo di for nire situazioni di benessere psicofisico a minori con grave disabilità e, al tempo stesso, un punto di incontro e scambio per i genitori. La rete dei servizi Ogni persona con disabilità usufruisce di un proprio progetto individualizzato, che prevede specifici sostegni educativi ed assistenziali. Per fare ciò il ser vizio disabilità si avvale di una rete di strutture a gestione diretta e convenzionata operanti sul territorio, quali i Centri Educativi Occupazionali Diurni (CEOD), le comunità alloggio e le strutture residenziali. Esso collabora costantemente con la scuola, con i servizi educativi e sociali dei comuni, con i centri di formazione professionale, con il servizio integrazione lavorativa, con le associazioni del volontariato e con tutti quei soggetti che nella comunità contribuiscono a rendere effettivo il diritto di cittadinanza delle persone con disabilità. Costi I costi del servizio sono disaggregati nelle voci successive. Per quanto riguarda il coordinamento (responsabili, assistenti sociali, educatori) il ser vizio si avvale del lavoro di personale dedicato per un costo complessivo di 271.675 euro per l’anno 2004. Prospettive future Il servizio disabilità (UO Disabilità) è stato creato con la riorganizzazione distrettuale e i progetti previsti dal precedente Piano di Zona. Ora esce dalla fase sperimentale e si configura come ser vizio territoriale a cui è affidata la funzione di accompagnare la persona e la famiglia nel percorso di integrazione sociale, assicurando continuità nelle diverse fasi e un punto di riferimento costante. Nel futuro continuerà a meglio strutturare e qualificare la propria attività, estendendo la collaborazione con le realtà sociali del territorio. Integrazione scolastica Viviamo una stagione di grandi riforme sotto il profilo amministrativo e scolastico. Ma è anche stagione di cambiamenti profondi sul piano etico e valoriale, di stravolgimenti e del rischio di innestare il passo del gambero... Conosco il disorientamento. E temo siano i più deboli a farne la spesa. Per questo guardo all’esperienza, anzi, alle esperienze, alle storie. Mario Tortello Descrizione L’integrazione del minore con disabilità è attuata nelle scuole di ogni ordine e grado come previsto dalla normativa vigente. In particolare, grazie alle riforme scolastiche che hanno introdotto il prolungamento dell’obbligo scolastico e formativo e alle mutate condizioni culturali, è in netto aumento l’inserimento dei disabili nella scuola superiore e nei percorsi di formazione professionale. L’importante ruolo che svolge la scuola è supportato dall’U.L.SS. n.4 attraverso i propri servizi secondo le modalità previste dalla L.104/92. Ad essi spetta il compito di individuare l’alunno in situazione di handicap, di valutarne le potenzialità, di collaborare con la scuola nella La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità 189 definizione del progetto educativo individualizzato, di stabilire la necessità di un supporto assistenziale individuale (ser vizi di neuropsichiatria infantile e di psicologia e riabilitazione) e di fornirlo (servizio disabilità), seguendo l’evolversi della situazione complessiva durante l’intero percorso scolastico. Gli alunni certificati in situazione di handicap e seguiti con queste modalità sono stati 377 nell’anno scolastico 2003/04. Le complesse procedure di raccordo tra la scuola e l’U.L.SS. n.4 sono definite attraverso accordi di programma; ad essi partecipano anche i comuni e la Provincia per gli aspetti di integrazione delle loro competenze (assistenza, traspor ti, eliminazione barriere architettoniche negli edifici scolastici, sussidi ecc.). L’accordo esistente sarà rivisto e rinnovato entro la durata del presente piano. L’assistenza all’integrazione scolastica L’inter vento di assistenza all’integrazione scolastica è rivolto a minori disabili che frequentano gli asili nido e le scuole di qualsiasi ordine e grado, in situazione di deficit grave nelle aree psico-motoria, psico-relazionale e dell’autonomia personale e sociale. L’obiettivo principale è quello di garantire all’alunno in situazione di handicap adeguati interventi assistenziali ed educativi, finalizzati all’acquisizione di autonomie personali e sociali, per concorrere ad assicurare il diritto all’istruzione e all’educazione. L’assistenza scolastica è una funzione delegata obbligatoriamente dai comuni alle U.L.SS. Modalità organizzativa Il servizio è gestito per tutti i comuni dell’Alto Vicentino dal servizio disabilità distrettuale, si avvale di personale dipendente dell’azienda U.L.SS. n.4 e di personale convenzionato. Gli alunni che necessitano dell’intervento, sono individuati dal neuropsichiatra o dallo psicologo, sulla base di criteri definiti inerenti il grado e la tipologia di disabilità ed il livello di dipendenza. Oltre a ciò, le ore di assistenza assegnate tengono conto di ulteriori variabili ambientali e del progetto specifico di intervento. Il servizio viene gestito in stretta collaborazione con le scuole. La rete dei ser vizi • scuole dell’Alto Vicentino; • Centro Territoriale per l’Integrazione (CTI); • azienda U.L.SS. n.4 - Distretti Socio Sanitari, Unità Organizzativa Bambino e Famiglia (con i servizi di Neuro Psichiatria Infantile, Riabilitazione psicologica e funzionale), Servizio Disabilità; • servizi sociali ed educativi dei comuni e della Comunità Montana; • cooperativa sociale “La locomotiva”. Costi per l’assistenza all’integrazione scolastica Nel corso del 2004 i costi per l’assistenza scolastica risulta pari a 1.262.000 euro. Il costo dell’assistenza scolastica è interamente a carico del bilancio sociale come previsto dai livelli di assistenza. Tale costo è comprensivo dell’assistenza erogata nel periodo di sospensione dell’attività scolastica per l’inserimento dei minori nei centri estivi. Utenti del ser vizio e dati statistici Nel nostro territorio e per l’anno scolastico 2003/2004, l’assistenza scolastica interessa 128 bambini, circa lo 0,4% della popolazione di età compresa tra i 2 e i 18 anni. Di questi il 6% sono iscritti all’asilo, il 41% alla scuola elementare, il 36% alla materna, il 17% alla media e l’1% alle superiori. Nell’anno scolastico 2004/2005 l’intervento di assistenza verrà esteso anche ai frequentanti i centri di formazione professionale. 190 2. La qualità della vita: i determinanti della salute L’incidenza statistica risulta alquanto omogenea su tutto il territorio dell’U.L.SS. n.4. Prospettive future Nel prossimo triennio, l’impegno congiunto di più Istituzioni potrà declinarsi: 1. attraverso un confronto costante che produca una autentica integrazione delle figure professionali impegnate nel percorso di integrazione; 2. nella definitiva appr ovazione dell’accordo di programma tra CTI/U.L.SS./Comuni che definisca modalità unitarie per l’integrazione nel percorso scolastico del minore con disabilità; 3. nella ricostituzione e valorizzazione, da par te degli istituti scolastici, dei Comuni e dell’U.L.SS., dei due laboratori psicopedagogici di Thiene e di Schio, a sostegno degli insegnanti impegnati nell’integrazione degli alunni con disabilità; 4. nella definizione di un for te sostegno a tutti gli operatori interessati, anche attraverso azioni formative e progetti congiunti; 6. nella sperimentazione di nuove attività, in grado di stimolare le capacità comunicative e di apprendimento dello studente con disabilità e favorire realmente la sua integrazione, anzi la sua inclusione, in classe; 7. nella realizzazione di nuovi percorsi scolastici e professionali all’interno della scuola media superiore e nei centri di formazione professionale e nella definizione di azioni di orientamento condivise e partecipate tra scuole, ser vizi, famiglie. L’integrazione sociale Le iniziative riguardanti attività ricreative, di socializzazione e vacanza riscontrano un grande interesse e gradimento da par te delle persone disabili e delle loro famiglie. Spesso esse portano un duplice beneficio: alla persona con disabilità che trova spazi di soddisfazione, divertimento e incontro con altri, alla famiglia che può usufruire di momenti per sé, utili a ritrovare l’energia necessaria all’impegno educativo quotidiano. Le attività di socializzazione riescono però a creare effettiva integrazione solo se promosse e realizzate all’interno della comunità dove vive il disabile. Per questo diventa fondamentale la presenza e l’impegno delle associazioni di volontariato presenti sul territorio, ed è fondamentale il loro sostegno da parte delle amministrazioni e la condivisione delle iniziative con i ser vizi. Modalità organizzativa Le attività di integrazione sociale coinvolgono i minori nel tempo libero da impegni scolastici e gli adulti inseriti al lavoro o frequentanti i CEOD nel fine settimana e nei periodi di ferie. Si tratta di attività eterogenee, fortemente legate all’ambiente di vita, che si avvalgono delle risorse formali ed informali del territorio, e proprio per questo flessibili e personalizzate. Vengono realizzate: • Attività ricreative, culturali, sportive: organizzate da gruppi e associazioni del territorio (Ass. Accoglienza e collaborazione, Ass. Breganze Solidale, Ass. Cantare Suonando, Ass. Il Girotondo, Gruppo Bucaneve, Gruppo Sorriso, Gruppo Impegno Sociale, Ass. Contro l’Esclusione, Gruppo Volontari Verlata, H81-Insieme, Ass. “Noi per te”, UNITALSI, ecc.) propongono modi interessanti di impegnare il tempo libero nei fine settimana e nei periodi festivi. • Centri estivi per minori: organizzati da comuni, parrocchie, comitati genitori, ecc., offrono esperienze stimolanti durante le vacanze estive. • Soggiorni estivi: sono circa 200 le persone che ogni estate usufruiscono dei soggiorni organizzati dall’U.L.SS. n.4, dall’ANFFAS, dalla cooperativa sociale Verlata, o da associazioni di volontariato, quali l’UNITALSI, Il Girotondo, la Comunità Papa Giovanni XXIII. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità 191 • Progetto Caleidoscopio: realizzato durante il periodo scolastico presso un ser vizio pomeridiano per minori del Comune di Schio, offre esperienze di gruppo stimolanti in atelier espressivi di manipolazione e psicomotricità. • Progetto Piccola Oasi: si veda il progetto P15 a pag. 309. • Progetto Shiatzu: svolta da un’associazione di volontariato formata da operatori Shiatzu, l’attività, in collaborazione con l’U.L.SS. n.4, ha lo scopo di fornire situazioni di benessere psicofisico a persone con grave disabilità e un punto di incontro e scambio per i genitori. Nel 2003 è stato inoltre attivato presso il Comune di Schio, lo “Sportello Città senza barriere - Spazio Tempo Libero”; esso offre consulenze e occasioni di incontro, programma attività in collaborazione con le associazioni sportive, ricreative, culturali del territorio per favorire nuove forme di gestione del tempo libero da parte delle persone con disabilità. È infine in via di realizzazione un ulteriore ser vizio pomeridiano, localizzato nel Comune di Thiene, che andrà ad aumentare e qualificare le risposte a bambini con disabilità e alle loro famiglie. La rete dei ser vizi • associazioni di volontariato; • ser vizi sociali ed educativi dei Comuni e della Comunità Montana; • servizio disabilità del distr etto sociosanitario; • gruppi, comitati, volontari; • parrocchie, quartieri; • cooperative sociali; • associazioni culturali, spor tive, ricreative e del tempo libero. Prospettive future Il prossimo futuro vedrà sempre più la necessità di percorsi formativi ed educativi che sappiano far emergere le esigenze e le potenzialità del soggetto disabile in contesti sociali capaci di sollecitare le sue risorse. Non si parlerà più di “normalizzare” un disabile, ma di modificare l’ambiente di inserimento perché possa accoglierlo in situazioni che gli permettano autonomia e crescita personale. Per questo le iniziative legate al tempo libero acquisteranno sempre maggiore importanza quale elemento qualificante della reale integrazione e della qualità della vita. Il bisogno di socializzazione, che nasce da un problema di solitudine molto presente nella nostra società, è molto difficile da poter essere soddisfatto da par te dei servizi. Occorre una comunità che si interroghi sui propri stili di vita, sui propri valori, e trovi modi nuovi per affrontare i rapporti tra persone, comprese quelle con disabilità. I centri educativi occupazionali diurni (CEOD) Descrizione Sono servizi territoriali a carattere diurno che accolgono persone in condizione di disabilità psico-fisica grave, in età post-scolare, residenti nell’area di per tinenza della struttura. Il CEOD è un contesto di tipo comunitario che, all’interno di un clima sereno, cerca di assicurare ad ogni ospite momenti di ascolto, di contenimento, di af fetto, di rispetto per ciò che ogni persona possiede ed è in grado di insegnare. Le attività programmate hanno valenza prevalentemente educativa ed assistenziale e vengono sviluppate attraverso programmi individualizzati finalizzati al mantenimento del benessere psicofisico, di abilità e autonomie, allo sviluppo di potenzialità personali e all’acquisizione di abilità specifiche. 192 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Modalità organizzativa Per accedere al ser vizio è necessario rivolgersi al servizio disabilità del distretto sociosanitario, nel quale la UVMD valuterà la domanda e formulerà un progetto assistenziale individuando il servizio più idoneo a soddisfare i bisogni rilevati, nell’ambito delle risorse disponibili. Ogni CEOD è organizzato con strategie operative e modalità di inter vento diversificate e integrate. Ognuno di essi prevede la presenza di due tipologie fondamentali di attività: Attività dirette a favorire lo sviluppo armonico e globale della persona: • inter venti personalizzati mirati a sviluppare al massimo l’autonomia personale sia all’interno del centro sia nella realtà sociale; • attività finalizzate alla migliore espressione dei propri vissuti attraverso la ricerca e l’utilizzo di diverse forme di comunicazione; • inter venti mirati al controllo dell’ansia, al rilassamento muscolare, al raggiungimento di abilità motorie in situazioni diverse dal proprio ambiente di vita (piscina, palestra, musicoterapia, shiatsu, ecc.); • momenti di esperienze lavorative specifiche e guidate presso cooperative sociali e altre realtà; • iniziative rivolte all’ambiente di appartenenza finalizzate alla sensibilizzazione, alla conoscenza e all’integrazione dei disabili nel loro ambiente; Attività di laboratori specifici, organizzati all’interno di ogni singolo centro, per lo sviluppo di abilità specifiche ad eseguire un compito attraverso modalità, tempi e ritmi adeguati, utilizzando materiale e strumenti diversificati. I diversi laboratori possono essere fra loro integrati nelle varie fasi della lavorazione dei prodotti. Il servizio viene fornito settimanalmente dal lunedì al venerdì, nella fascia oraria compresa tra le ore 07:00 e le 18:00, incluso il ser vizio di traspor to. Sono previsti momenti periodici di verifica tra ospiti/operatori/famiglia/realtà sociale. La rete dei servizi Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 sono attivi 8 centri educativi occupazionali diurni che accolgono 162 persone disabili; la dislocazione dei centri diurni è rappresentata dalla tabella 51 e dalla figura 66. In particolare nell’ultimo periodo, nel territorio si è assistito ad un processo di adeguamento dell’of ferta sia per migliorare le strutture esistenti (CEOD di Lugo, Valbella e Tapparelli di Schio) sia per potenziarle con l’apertura di una nuova struttura, ubicata a Torrebelvicino. L’avvio della costruzione del CEOD di Chiuppano è prevista entro l’anno 2005 e la conclusione entro la fine del 2006 e ospiterà 20 persone. Questo consentirà, oltre al potenziamento dell’offer ta, una maggiore integrazione nel territorio di Figura 66 CEOD. Rete dei servizi. 2002 e 2005 residenza. Nel corso del 2004 è stato ristrutturato il In verde i CEOD nuovi o programmati e in rosso CEOD di Velo d’Astico per complessivi quelli che saranno chiusi 193 La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità 130.000 euro finanziati al 50% dall’U.L.SS. e dall’altro 50% dai Comuni; è prevista nell’arco di vigenza del piano anche un’analisi della situazione strutturale del CEOD di Malo. La rete di servizi si è ampliata inoltre con la riqualificazione del centro “Vita indipendente” gestito dall’IPAB La Pieve in centro diurno per disabili. La definizione della nuova offerta di semiresidenzialità (nuovo CEOD a Torrebelvicino, nuovo CEOD a Chiuppano e ampliamento CEOD Lugo) ha portato a fine del 2003 un aumento dei posti in CEOD tali da assorbire, nel medio periodo, la prevedibile domanda di nuova utenza che presenta i criteri di gravità. Complessivamente la rete dei centri diurni a regime sarà costituita da 9 strutture per un totale di 188 posti. Tabella 51 Localizzazioni e posti nei CEOD. Anni 2002 e 2004 CEOD CEOD Anffas 1 “Valbella” CEOD Anffas Santorso CEOD Anffas 3 Velo Comune posti al 31/12/2002 posti al 31/12/2005 Schio 30 30 Santorso 10 Velo d’Astico 29 29 Centro Occupazionale “Tapparelli” Schio 8 10 CEOD Malo Malo 19 23 CEOD Lugo Lugo di Vicenza 13 13 CEOD Santorso Santorso 13 CEOD Verlata Villaverla 32 33 CEOD Torrebelvicino (ex CEOD 2) Torrebelvicino 20 CEOD Chiuppano Chiuppano 20 Vita Indipendente Breganze Totale 10 154 188 Costi Il costo complessivo per la gestione dei CEOD è di 2.815.100 euro di cui il 32,5% a carico del bilancio sociale. La gestione del servizio è in par te af fidata a soggetti del privato sociale, il costo complessivo delle convenzioni è di 1.973.000 euro pari al 70% del costo complessivo. Prospettive future La rete dei ser vizi così ridefinita risulterà adeguata alle necessità del territorio e sufficiente per garantire una risposta in termini quantitativi e qualitativi per il prossimo triennio. Il ser vizio diurno per disabili sarà ulteriormente migliorato sul versante della qualità delle prestazioni, diversificando ulteriormente le attività, migliorando l’integrazione con la comunità, con una continua supervisione degli operatori. Le comunità residenziali Descrizione I servizi residenziali si rivolgono a disabili con gravi limitazioni nell’autonomia, nella cui valutazione multidimensionale risulti comunque inequivocabile l’impossibilità di permanere presso il proprio domicilio, anche se suppor tati da altri tipi di inter vento. Hanno finalità di accoglienza, gestione della vita quotidiana, miglioramento/mantenimento delle abilità residue della persona accolta. Le comunità residenziali si distinguono in RSA e comunità alloggio a seconda del numero di posti e del bisogno assistenziale richiesto. Le RSA 194 2. La qualità della vita: i determinanti della salute hanno una capacità ricettiva minima di 20 ospiti, ed una massimo di 40, comunque organizzati in nuclei di 20. La capacità ricettiva delle comunità alloggio arriva fino ad un massimo di 8 posti ai quali si possono aggiungere 2 posti in pronta accoglienza o accoglienza programmata. È data la possibilità di costituire 2 nuclei, ciascuno con ricettività massima pari a 8+2. Modalità organizzativa Per accedere al ser vizio è necessario rivolgersi al servizio disabilità del distretto sociosanitario, successivamente la UVMD valuta la soluzione più adeguata ai bisogni della persona interessata. Nel precedente piano di zona è stato approvato e realizzato un importante progetto “sistema di garanzia per la residenzialità disabili” al fine di permettere alle famiglie con persone disabili gravi inseriti in strutture residenziali di sostenere il costo delle rette con il solo contributo della persona disabile. Il progetto si è concretizzato con la stesura di un regolamento di accesso condiviso con le associazioni più rappresentative delle famiglie di persone disabili presenti nel territorio ed approvato dalla Conferenza dei Sindaci. I punti essenziali del regolamento sono: • costituzione di un fondo solidarizzato che garantisca alle persone disabili gravi di poter sostenere il costo per l’assistenza residenziale; • limitazione del costo a carico dell’utente a 619,75 euro, salvo adeguamento ISTAT; • nel limite massimo di 86 quote, i requisiti per l’accesso sono: la residenza in uno dei Comuni dell’U.L.SS. n.4, la certificazione ex legge n. 104/92 ar t. 3 comma 3, l’assenza o l’inadeguatezza del sostegno familiare e l’accer tamento dell’impossibilità al ricorso ad altre forme di protezione, l’impegno formale da parte del beneficiario o del suo legale rappresentante o del suo nucleo familiare al versamento alla struttura d’accoglienza della quota a suo carico. La rete dei servizi Nel territorio dell’U.L.SS. sono presenti due comunità alloggio e due RSA. Tabella 53 Gestione e posti delle comunità alloggio e RSA. Anno 2004 Strutture Gestione Comunità Servizi Terzo settore 11 Comunità Alloggio “Lisa” Terzo settore 9 Villaverla Villa Miari Comune 46 Santorso Il Cardo U.L.SS. n.4 38 Montecchio Precalcino Totale N. di posti Comune Schio 104 Il numero di posti complessivo risponde alle indicazioni della programmazione regionale con un parametro del 0,5%. Oltre alle strutture presenti nel territorio, l’U.L.SS. si avvale di altre strutture, preferibilmente nell’ambito provinciale, con le quali ha un rapporto di convenzione per la gestione di casi “storici” e che sono stati inseriti nel progetto “sistema di garanzia per la residenzialità disabili” previsto nel precedente piano di zona. Costi Il costo complessivo risulta pari a circa 2.400.000 euro di cui una quota pari a 364.000 euro a carico del bilancio sociale dei comuni (progetto sistema di garanzia per la residenzialità disabili). Oltre a questi costi va aggiunta la quota a carico dei singoli utenti che risulta per lo più pari alla pensione di invalidità e l’assegno di accompagnamento e stimabile complessivamente in circa 735.000 euro. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità 195 Utenti del ser vizio e dati statistici Al 31 dicembre 2003, gli utenti disabili inseriti nel progetto “sistema di garanzia per la residenzialità disabili”, erano complessivamente 31 su un totale di 98 utenti disabili inseriti in comunità residenziali. Per quanto riguarda nel dettaglio il fondo di residenzialità, l’andamento del progetto per quanto riguarda gli inserimenti è stato il seguente: • al 1 gennaio 2002, momento di avvio ufficiale del progetto risultavano inseriti nel progetto 22 persone disabili; • nel settembre 2002, con l’avvio della Comunità Lisa sono stati inseriti altri tre utenti, por tando così il numero complessivo a 25; • nel corso del 2003, altri otto utenti sono Figura 67 Comunità alloggio e RSA. Anno 2004 risultati in possesso di tutti i requisiti. Prospettive future L’esperienza avviata con il precedente piano di zona che si è concretizzata con la costituzione di un sistema di garanzia per la residenzialità disabili, ha registrato un risultato positivo sia per il numero di utenti inseriti, sia per la sostenibilità economica del progetto nel suo complesso. La costituzione del fondo solidarizzato ha permesso alle famiglie di persone disabili di far fronte alla spesa per le rette in strutture sostanzialmente con i soli redditi della persona disabile. Questo risultato è stato possibile anche grazie all’impegno delle amministrazioni comunali che hanno aderito al progetto con un incremento della quota associativa fino a 2,92 euro procapite per l’anno 2004 e alla piena applicazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) che hanno portato l’Azienda U.L.SS. n.4 a contribuire con il proprio bilancio anche oltre alle quote regionali previste. Con l’approvazione del presente piano, la Conferenza dei Sindaci dà continuazione al progetto per il periodo di validità del piano stesso (2004/06), mantenendo la quota procapite a 2,92 euro e adeguando di anno in anno tale impor to all’inflazione programmata, previo parere della Conferenza dei Sindaci. Il fondo di residenzialità sarà allargato anche alle situazioni di pronta accoglienza, che rientrano nei requisiti previsti dal regolamento, potenziando nel corso del triennio di validità del piano dagli attuali 2 a 4 posti individuati nelle strutture presenti nel territorio dell’U.L.SS. n.4; si veda a tal proposito il capitolo dedicato alle azioni programmate. Il regolamento viene modificato con decorrenza 1 gennaio 2004, con l’introduzione di una clausola che prevede la residenza da almeno due anni per l’accesso al fondo (si veda a tal proposito il progetto P04 a pagina 287). L’integrazione lavorativa Si veda quanto scritto nel paragrafo dedicato all’Integrazione lavorativa a pagina 232. 196 2. La qualità della vita: i determinanti della salute L’informahandicap Lo Sportello Unico per l’Invalidità trova sede presso il Servizio di Medicina Legale del Dipartimento di Prevenzione presso la Sede Centrale dell’U.L.SS. n.4 in Via Rasa, 9 a Thiene ed è strutturato in quattro diversi uffici: Infor ma Handicap, Invalidi Civili, Protesi ed Ausili, Benefici Economici che erogano servizi diversi a seconda della loro caratterizzazione. 1. L’Ufficio Informa Handicap fornisce informazioni inerenti alle agevolazioni fiscali per disabili, accessibilità ed eliminazione di barriere architettoniche, richieste per contributi Legge 13/89 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” e LR 41/93 “Norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche e per favorire la vita di relazione”, permessi lavorativi previsti dalla Legge 104/92 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. 2. L’Ufficio Invalidi Civili provvede a raccogliere le domande di invalidità civile, cecità, sordomutismo, riconoscimento stato di handicap e accertamento stato di disabilità, fornisce inoltre informazioni specifiche sull’invalidità, sulla documentazione da allegare alle domande e sui tempi di attesa per le visite. 3. L’Ufficio Protesi ed Ausili fornisce informazioni sulle forniture protesiche e fornisce le protesi ed ausili previsti dal Nomenclatore Tarif fario. 4. L’Ufficio Benefici Economici è preposto all’istruttoria per le provvidenze economiche degli invalidi e fornisce informazioni relative ad assegni, pensioni di invalidità o indennità di accompagnamento o di frequenza. I quattro Uf fici sono aperti al pubblico nei giorni dal Lunedì al Venerdì dalle 10.00 alle 13.00 e nei pomeriggi di Lunedì e Mercoledì dalle 14.00 alle 16.00. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità 197 I servizi per i minori, i giovani e la famiglia Non esistono grandi scoper te né reale progresso finché sulla terra esiste un bambino infelice Albert Einstein La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per i minori, i giovani e la famiglia 199 L a famiglia, nell’Alto Vicentino, vive una fase di profonde trasformazioni. All’aumento del numero di famiglie, riscontrabili in tutti i comuni del territorio (57 mila nuclei), corrisponde una diminuzione del numero medio di componenti. Sono aumentate le persone sole, le coppie senza figli, le famiglie monogenitoriali. Il fenomeno della denatalità (1,3 figli per donna in età fertile) ha portato all’inevitabile aumento delle famiglie con un unico figlio. Altro fenomeno significativo è l’aumento delle famiglie ricostruite che fa da specchio al progressivo aumento delle instabilità coniugali (un matrimonio su quattro si è sciolto nel periodo 1996–2001, sulla base dei dati dell’Osservatorio Minori del Veneto) ed il progressivo aumento dei compiti di cura della famiglia (sempre più esiguo) verso i propri componenti più piccoli e verso quelli più anziani. Su tali cambiamenti “strutturali” hanno agito alcuni fattori quali: • lo sviluppo economico dif fuso con l’aumento dell’occupazione femminile; • il consumismo, le mode che fanno tendenza; • le liber tà ed il passaggio da regole comuni a regole individuali; • la forte urbanizzazione e la tendenza alla “polverizzazione” delle famiglie e la rottura dei legami “di forte appartenenza” alla famiglia d’origine. In tale contesto, a volte si percepisce un vuoto pedagogico. Un vuoto in cui si aggirano adolescenti che si atteggiano da grandi e cinquantenni ragazzini, in cui pochi sembrano inseguire la vita e pochi sembrano responsabili. È probabile che, anche nella nostra comunità dell’Alto Vicentino, intere famiglie navighino a vista, alle presa con un mondo che chiede di essere efficienti, competitivi, mobili, veloci, belli, estremamente giovani e un po’ cinici. Ed è difficile esser e veloci freneticamente e, al tempo stesso, lucidi e saggi. Aiutare la famiglia a fermarsi e ripensarsi, attraverso una revisione dei tempi di vita, dei tempi di lavoro a quelle dei ser vizi è un obiettivo di alto profilo, dif ficile ma af fascinante. D’altro lato, emerge la necessità di strutturare o ripensare i ser vizi di supporto alle famiglie stesse: dal potenziamento dei nidi, attraverso le varie modalità flessibili offerte, da un nuovo profilo dei consultori familiari, rispetto ai cambiamenti degli ultimi 20 anni. Delle famiglie (con par ticolare attenzione, ad esempio alla mediazione familiare) al rafforzamento della rete di agenzie esterne di suppor to alla genitorialità (scuole, centri giovanili, ecc.). Una genitorialità che sembra da noi divenire sempre più “consapevole” ma anche carica di dubbi, perché maggiore è l’attenzione verso i figli minori. In tal senso i bisogni dei minori sui quali si “declina” la genitorialità sono: • quello di appar tenenza ad una famiglia, ad una comunità più vasta e di sentirsi par tecipi e amati; • quello di non essere soli, davanti ad un computer o un televisore; • quello di avere un tempo, non da riempire, ma da fr uire; • quello di riappropriarsi degli spazi della propria comunità, senza correre pericoli, dal parco, al cortile sotto casa, al centro giovanile, alla scuola. Ed è su tali bisogni che occorre “ridefinire” i servizi, le strutture delle cComunità Locali, attivando, nelle situazioni a rischio, gli interventi preventivi e/o di tutela per il minore e la famiglia d’origine. L’assetto dei servizi nell’Alto Vicentino a favore delle famiglie, dei minori e dei giovani, già avviato nel precedente piano di zona, sarà ulteriormente consolidato, grazie alle possibilità offerte dalla normativa e dai finanziamenti esistenti (L.285/97; DPR 309/90; L.32/90; L.206/01; L.98/77; Legge sui nidi aziendali). 200 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Consultorio familiare e servizio tutela minori Il consultorio familiare Il consultorio familiare fa parte del Distretto Socio Sanitario – UO Bambino e Famiglia. Svolge le sue attività in forma interdisciplinare, in équipe con l’appor to di diverse professionalità, ed in collegamento con gli altri servizi socio-sanitari. Eroga inter venti di consulenza e di assistenza soprattutto alla coppia ed alla famiglia, in atto o in via di formazione. Principali attività garantite: • diffusione dell’infor mazione sulla sessualità e sulle problematiche psicosociali della coppia, della famiglia, della gravidanza, della paternità e maternità responsabili e del singolo, nonché dell’infanzia dei minori; • assistenza diretta nei confronti sia dei singoli che della famiglia sotto il profilo psicologico, educativo, sociale e legale, in ordine ai problemi personali ed interpersonali insorgenti da un rappor to di convivenza (separazioni) o da uno stato di gravidanza; • assistenza diretta sotto il profilo sanitario, per la tutela della salute della donna e del pr odotto del concepimento, con particolare riferimento alle gravidanze con problematiche di tipo psicosociale, alla prevenzione dei tumori dell’apparato genitale femminile ed alle problematiche della menopausa; • consulenza e prescrizione relativa ai mezzi necessari per scegliere consapevolmente di promuovere o prevenire la gravidanza; • consulenza ed assistenza psicologica e sociale in caso di interruzione della gravidanza nei modi previsti dalla L.194. • collaborazione con gli organi giudiziari nei riguardi della famiglia e della problematica minorile con par ticolare riferimento agli affidi preadottivi, all’adozione e ai ser vizi integrativi e sostitutivi della famiglia; • corsi di preparazione al parto; • adozioni nazionali ed internazionali: corsi informativi e studi di coppia; • esercizio della funzione nell’interesse del minore ogniqualvolta gli adulti esercitanti la patria potestà risultino inadeguati o non in grado di garantire al minore la risposta ai suoi diritti. Modalità organizzativa Tutte le attività vengono garantite da una équipe che opera in modo integrato ed interdisciplinare ed è costituita da psicologi, assistenti sociali, medici ginecologi, personale infermieristico, con la collaborazione di educatori professionali e di consulenti legali. Al consultorio familiare si accede direttamente o con invio del medico curante o tramite contatto telefonico o con accesso diretto, con le modalità appositamente previste. Le prestazioni erogate sono gratuite in quanto assicurate dal ser vizio sanitario pubblico. È previsto l’assoggettamento a ticket se dovuto. La rete dei servizi Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 esistono tre équipe: • a Thiene in via Boldrini n.22; • a Schio in via Righi sede principale – a Malo, Largo Palladio 9/10, sede staccata; • a Piovene Rocchette, Piazzale Vittoria 70 sede principale – ad Arsiero in via Cartari n.1, sede staccata. Prospettive future del Consultorio Familiare I forti cambiamenti registrati nella famiglia e nella persona, evidenziano la necessità di rimodulare un ruolo del consultorio familiare che, fermo restando le proprie competenze istituzionali, nel prossimo triennio, si strutturerà sempre più come servizio a sostegno della famiglia, sia di tipo preventivo che “riparativo”. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per i minori, i giovani e la famiglia 201 In par ticolare tale funzione si potrà articolare: • nella attivazione e/o nel potenziamento dei servizi di mediazione familiare, in grado di permettere alla coppia di elaborare in modo maturo e consapevole le proprie scelte di fronte al for te aumento delle dif ficoltà coniugali registrato anche nel nostro territorio. In particolare lo strumento dei gruppi di auto-aiuto, avviati da operatori formati in tal senso, sarà oggetto di for te impegno; • nell’attenzione, di tipo prevalentemente preventivo, al mondo dell’adolescenza (consolidamento dello Spazio Adolescenti), in stretta integrazione con altri servizi dell’azienda (UO di Prevenzione e Riabilitazione Età Evolutiva – Ser.T) e con le scuole (nel contesto dell’educazione sessuale all’interno degli istituti superiori); • nel consolidamento dell’educazione affettiva e sessuale nelle scuole superiori, al fine di garantire una crescita psico-affettiva equilibrata dei giovani; • nella messa a regine del ser vizio tutela minori dopo la fase progettuale del passato triennio; • nel supporto alla genitorialità, attraverso un lavoro di orientamento, ridefinizione delle relazioni, counseling per attivare, nei genitori, le proprie competenze, utilizzando anche modalità gruppi-autoaiuto. Il servizio tutela minori I servizi tutela minori sono servizi dell’U.L.SS. n.4, in numero di tr e, presenti all’inter no dei consultori familiari, collocati, all’interno delle UO Bambino e Famiglia. Sono gruppi di lavoro costituiti dalle figure professionali di psicologi ed assistenti sociali, che si occupano di tutti gli interventi connessi con la tutela dei minori, anche in ordine agli interventi richiesti dall’autorità giudiziaria. Modalità organizzative I servizi tutela minori sono suddivisi in équipe psico-sociali che provvedono all’analisi delle segnalazioni di situazioni a rischio o di disagio conclamato dei minori del territorio dell’U.L.SS. n.4, all’accoglienza e decodifica delle segnalazioni di maltrattamento ed abuso sessuale, alla presa in carico delle situazioni, provvedendo a formulare il progetto di intervento a sostegno dei nuclei familiari problematici e alla tutela dei minori, inviando, dove necessario, apposita segnalazione agli organi competenti. L’accesso avviene su segnalazione e appuntamento. Comunità e pronta accoglienza Le comunità educativo-riabilitative per minori adolescenti Descrizione È un servizio educativo e riabilitativo con il compito di accogliere temporaneamente il minore/adolescente in situazione di evidente disagio psico-sociale e con disturbi di comportamento. Ha finalità educative e riabilitative volte al recupero psico-sociale del minore/adolescente accolto. Accoglie compatibilmente con la capacità alloggiativa, fino ad un numero massimo di dieci minoriadolescenti fino ad anni 18. Modalità organizzativa Diversa, a seconda della struttura. Può variare anche la tipologia di utenza a seconda dell’età, sesso, e altre variabili. Normalmente le str utture chiedono una relazione e un incontro con gli operatori che seguono il caso, prima di accogliere la richiesta. La rete dei ser vizi Sul territorio dell’U.L.SS. n.4 sono presenti: 202 2. La qualità della vita: i determinanti della salute • una Comunità Alloggio, gestita dalla Coop. Sociale Radicà, a Calvene (8 posti); • una Comunità “Armonia” gestita dalla Congregazione delle Suore Orsoline di Villa Savardo, in Breganze (12 posti). Gli inserimenti in struttura vengono richiesti, di norma, dall’équipe Tutela Minori dei Consultori Familiari, normalmente a seguito di un decreto del Tribunale per i Minorenni che prevede l’allontanamento del minore dal proprio nucleo d’origine. Per ogni inserimento viene sviluppato un progetto di permanenza, individualizzato. Prospettive future Nel prossimo triennio verranno mantenuti e rafforzati i rapporti di positiva collaborazione con le strutture presenti nel territorio (che hanno, proprio di recente, effettuato impor tanti investimenti per migliorare i propri standard strutturali), rafforzando l’integrazione tra il Servizio Tutela Minori e le Comunità al fine di un adeguato processo di tutela e necessità del minore inserito. Presso la struttura di Villa Savardo, in Breganze, saranno attivati dei nuclei-appar tamento per mamme sole con bambino, gestiti dai Villaggi SOS di Vicenza. Le comunità di tipo familiare Descrizione È un ser vizio educativo-assistenziale con il compito di accogliere temporaneamente il minore il cui nucleo familiare sia impossibilitato o incapace di assolvere il proprio compito. Questo servizio si caratterizza per la presenza ef fettiva e permanente di una famiglia o di almeno due adulti residenti nella struttura, preferibilmente di ambo i sessi. Ha finalità educative e assistenziali volte alla supplenza temporanea del nucleo familiare. Modalità organizzativa Usualmente la modalità di gestione interna è comparabile a quella di un normale nucleo familiare. È quindi presente una coppia genitoriale, anche con figli, che accoglie i minori nella propria casa. La rete dei servizi Sul territorio sono presenti 4 Case Famiglie dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Gli inserimenti vengono richiesti dalle équipe Tutela Minori dei Consultori Familiari, che provvedono all’inserimento normalmente a seguito di un decreto del Tribunale per i Minorenni. Per ogni inserimento viene sviluppato un progetto di permanenza, individualizzato. Prospettive future Nel prossimo triennio verranno mantenuti e rafforzati i rapporti di positiva collaborazione con le strutture presenti nel territorio (che hanno, proprio di recente, effettuato impor tanti investimenti per migliorare i propri standard strutturali), raf forzando l’integrazione tra il Servizio Tutela Minori e le Comunità al fine di un adeguato processo di tutela e necessità del minore inserito. La pronta accoglienza Descrizione È una modalità urgente di dare protezione ad un minore, accogliendolo in struttura in tempi immediati. Modalità organizzativa La struttura che accetta inserimenti in pronta accoglienza presenta caratteristiche di flessibilità ed è in grado di dare una disponibilità di accoglienza immediata. Gli inserimenti vengono effettuati normalmente dalle équipe Tutela Minori dei Consultori La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per i minori, i giovani e la famiglia 203 Familiari, su segnalazione di pregiudizio per il minore. Gli inserimenti possono anche essere effettuati dalle forze dell’ordine che, per motivi di ser vizio, si trovino a dover dare protezione immediata ad un minore. La richiesta viene formulata al responsabile del servizio di pronta accoglienza. La rete dei ser vizi L’U.L.SS. n.4 ha una convenzione con l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, presente sul territorio dell’U.L.SS. con quattro Case Famiglia. Prospettive future Sarà data continuazione alle attività fino ad ora svolte, consolidando l’esperienza e potenziando dove possibile la risposta anche in considerazione della sempre maggiore richiesta di interventi flessibili ed adattabili alle esigenze di famiglie problematiche. Centro diurno per minori Descrizione Si tratta di centri socio-educativi, aperti anche a minori con problemi familiari, che offrono uno spazio di relazioni sane e un ambiente sereno in cui trascorrere i pomeriggi liberi dagli impegni scolastici. Ai centri i ragazzi svolgono i compiti di scuola e sono impegnati in attività e giochi mirati alla loro formazione e alla loro socializzazione; tutto ciò nell’ottica di prevenire i fenomeni di disagio e devianza giovanili. Tali servizi sono rivolti a bambini e ragazzi dell’età della scuola dell’obbligo. I minori inseriti possono provenire da situazioni di carenze familiari, con conseguenti problemi di comportamento, aggressività e difficoltà di inserimento sociale. La finalità dei centri è quella di costruire un Progetto educativo personalizzato che tenga conto di tutte le relazioni che i minori instaurano nella loro quotidianità. Modalità organizzativa Diversa a seconda della struttura e delle esigenze, comunque distribuita nei pomeriggi, solitamente sabato e domenica esclusi. L’U.L.SS. n.4 ha in atto convenzioni con due Centri, per la riserva di alcuni posti. La rete dei ser vizi I Centri con cui l’U.L.SS. ha in atto convenzioni sono: • Il Centro di Animazione dell’Associazione Don G. Sacchiero di Schio; • Il Ser vizio di sostegno socio-educativo. Gli inserimenti vengono predisposti, con progetto educativo individualizzato, dalle équipe tutela minori dei consultori familiari. Un contributo ulteriore alla diversificazione delle possibili risposte al disagio minorile e familiare è rappresentato dal progetto della Cooperativa “Radicà” che offre l’opportunità di riservare alcuni posti all’accoglienza diurna di minori del ter ritorio preadolescenti e adolescenti fino ad un massimo di 4 ragazze/i. La finalità del progetto è quella di evitare allontanamenti familiari che risultano traumatici e concorre a trovare una modalità di inserimento residenziale sempre più brevi. Il collocamento in struttura in questo caso va pensato sempre più come una risposta intensiva ad una problematica rilevante ma di chiara durata e temporaneità con un coinvolgimento del nucleo d’appartenenza e costanti rientri a casa. L’affido familiare L’Affido familiare è un istituto previsto dalla L.184/83, così come modificata dalla L.149/01, a tutela del minore in situazione di disagio. La legge privilegia le forme di sostegno alla fami- 204 2. La qualità della vita: i determinanti della salute glia in difficoltà, con l’obiettivo di mantenere il minore nel proprio contesto familiare. Nei casi necessari, la legge prevede la collocazione del minore al di fuori della famiglia d’origine e del contesto parentale, privilegiando l’inserimento presso altre famiglie, adeguatamente preparate, che si rendano disponibili all’accoglienza. Il progetto Af fido Familiare mira all’implementazione di una rete di suppor to alle famiglie in difficoltà con figli minori, creando e/o rafforzando le collaborazioni tra: servizi tutela minori/famiglie/privato sociale, nell’ottica della prevenzione secondaria del disagio e della riduzione degli inserimenti di minori in struttura. Il progetto si ar ticola in: • momenti di sensibilizzazione sul territorio volta alla promozione dell’affido familiare e della cultura dell’accoglienza; • la formazione e preparazione di gruppi di individui/coppie/famiglie disponibili all’accoglienza e al sostegno a nuclei familiari con figli minori in difficoltà; • il mantenimento del gruppo di famiglie affidatarie già esistente attraverso incontri di formazione continua/aggiornamento e gruppo auto-aiuto. Modalità organizzativa Il ser vizio programma la strutturazione delle attività di sensibilizzazione anche attraverso la collaborazione, già sperimentata, con il privato sociale presente sul territorio e con i ser vizi affidi delle U.L.SS. limitrofe. Lo stesso Ufficio provvede alla organizzazione e svolgimento dei corsi di informazione/formazione ai singoli/coppie/famiglie disponibili all’affido familiare. La rete dei servizi L’Ufficio Coordinamento Affidi cura la collaborazione con le forze del privato sociale presenti sul territorio per lo sviluppo di una cultura dell’accoglienza e del sostegno alle famiglie in difficoltà, i contatti con i gruppi di volontariato e la rete dei ser vizi istituzionali per rafforzare le sinergie e creare nuove modalità di risposta ai bisogni del territorio. L’attivazione di un affido familiare parte da una richiesta dei servizi tutela minori e prevede una fase di studio delle caratteristiche del caso e del progetto e si articola in un processo di abbinamento tra minore e famiglia affidataria. Costi Nel 2004 i costi per gli affidi in famiglia sono stati pari a 93.000 euro per un totale di 29 minori affidati. Prospettive future Sviluppo della cultura della accoglienza e solidarietà tra famiglie, con forme più o meno strutturate di auto-aiuto, anche attraverso una continua e capillare attività di sensibilizzazione sul territorio. Ampliamento del nucleo stabile di famiglie formate per l’accoglienza di bambini in affidamento, con “specializzazione” per tematica (pronta accoglienza, adolescenti, bambini stranieri, af fidi diurni, ...). Collaborazione con il privato sociale per un supporto alle famiglie af fidatarie anche nei momenti di assenza dei servizi deputati alla sor veglianza e sostegno delle situazioni (fine-settimana, festività, ...). Verifica della possibilità di coinvolgere nuclei familiari di provenienza extracomunitaria nell’affido e nelle forme di sostegno alle famiglie extracomunitarie in difficoltà, con figli minori. Ulteriori campagne di sensibilizzazione e formazione, insieme ad altre U.L.SS. provinciali. Individuazione di uno spazio specifico per l’affido all’interno di una struttura della zona. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per i minori, i giovani e la famiglia 205 Gruppi di autoaiuto Premessa Sempre più frequentemente agli operatori del consultorio familiare si rivolgono persone che, in seguito alla separazione coniugale, chiedono sostegno e/o indirizzi circa i compiti genitoriali. La separazione è spesso vissuta con dolore, disagio, ripensamento, confusione e necessità di una condivisione di vissuti, di confronto e di sostegno. Tali sentimenti si ripercuotono, purtroppo, anche negli ambiti più propriamente genitoriali. Per far fronte a questi bisogni si propone l’attivazione di uno o più gruppi di auto-aiuto che permettano alla persona di trovare un luogo sereno e protetto dove sperimentare la possibilità del confronto e del sostegno reciproco. Linee guida Scopo di questo lavoro di gruppo è il sostegno ai cambiamenti che la persona deve affrontare dopo la perdita del par tner, con par ticolare attenzione alla relazione genitori-figlio/i nei contesti di vita familiare e sociale. Il gruppo si propone come nodo di una rete di sostegno che coinvolge le persone e i ser vizi (gruppo, servizi, famiglia, comunità locale, ecc.). Più fitta è la rete tanto migliore sarà la protezione della salute dei soggetti interessati. I “processi di separazione coniugale” tendono a collocare le persone coinvolte ai margini della comunità che poi attiva dei servizi che si prendano cura di loro (per es. il consultorio familiare o altri servizi sociali). Il gruppo di auto-aiuto nasce all’interno del consultorio familiare come servizio posto al centro della comunità locale e intende valorizzare ciascuna persona secondo le proprie risorse e caratteristiche. Obiettivi Il gruppo è finalizzato a: • superare la solitudine, l’isolamento, i momenti di sconfor to o depressione • scambiare opinioni, confrontarsi, responsabilizzarsi • attivare un ascolto e un reciproco sostegno • attivare le proprie risorse e rispondere in modo adeguato ai bisogni educativi ed af fettivi dei figli • tutelare gli interessi dei figli Risorse Il gruppo è condotto da due operatori sensibili a tali problematiche, formati ed individuati all’interno del consultorio familiare. L’operatività è ricondotta al modello “Gruppi AMA” Modalità organizzative Il gruppo di auto-aiuto è composto di circa 12-15 persone del territorio che liberamente scelgono di impegnarsi in questo percorso (la cadenza degli incontro è quindicinale). Il percorso dura da uno a due anni. Alle persone che frequentano il gruppo è chiesta la puntualità e la costanza. Valutazione Le persone che frequentano questo tipo di gruppi generalmente: • aumentano la capacità di accettazione dei problemi; • aumentano la percezione delle proprie risorse e il senso di auto efficacia; • ricevendo incoraggiamento e sostegno, sperimentano processi positivi di identificazione; • apprendendo strategie di cambiamento, in genere riescono a migliorare i propri stili di vita. 206 2. La qualità della vita: i determinanti della salute A ciò corrisponde una diminuzione delle richieste individuali e un’ottimizzazione delle risorse professionali. Progetto pubblico tutore Descrizione È un progetto, elaborato dalla Regione Veneto, con la collaborazione dell’Università di Padova (Centro interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli), che ha l’obiettivo di: • creare una rete regionale di persone socialmente motivate, tecnicamente preparate e disponibili ad assumersi la tutela legale di un minore d’età; • garantire la consulenza tecnica e il supporto formativo di aggiornamento alle persone che esercitano la tutela di un minor e per nomina dell’autorità giudiziaria; • monitorare l’attività dei tutori per prevedere e realizzare azioni di supporto e per accrescere la conoscenza delle situazioni di tutela ai fini della vigilanza. Modalità organizzative Il progetto è realizzato in tre fasi iniziali: • reclutamento dei professionisti deputati alla sensibilizzazione, al reclutamento e alla formazione di persone disponibili all’assunzione dell’incarico di tutori (pr omotori territoriali); • corso di for mazione per i promotori terrioriali; • campagna regionale di sensibilizzazione di supporto al lavoro dei promotori territoriali. Seguono altre quattro fasi: 1) sensibilizzazione di target mirati della comunità alle problematiche della tutela legale del minore di età; 2) selezione delle persone disponibili attraverso un percorso di comprensione da pare dei volontari della propria motivazione e di conoscenza delle tematiche specifiche e delle problematiche connesse; 3) la formazione delle persone disponibili per l’acquisizione delle conoscenze e competenze necessarie a svolgere il ruolo del tutore; 4) il monitoraggio e l’accompagnamento per il sostegno e la consulenza nel tempo dei tutori formati. La rete dei servizi Il progetto coinvolge i professionisti individuati dalle Aziende U.L.SS. e dalle Conferenze dei Sindaci del territorio regionale, l’Università di Padova, uno staff permanente di esper ti presso l’Uf ficio del pubblico tutore per l’assistenza tecnica ai referenti territoriali e ai tutori, la comunità locale, i volontari che sono disponibili ad essere preparati e a svolgere l’incarico di tutore di minore d’età. Prospettive future • avere, nel territorio, un numero di persone volontarie, preparate e disponibili ad assumere il ruolo di tutore legale di minore di età • creare un rete di professionisti che agiscano in sinergia per il mantenimento, nel tempo, del progetto e per il monitoraggio e la verifica dell’andamento del progetto stesso I centri di aggregazione Le politiche sociali a favore della gioventù sono state caratterizzate, in Italia, dalla mancanza di un insieme strutturato e coerente di inter venti. Tali politiche sono state demandate dal La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per i minori, i giovani e la famiglia 207 livello centrale a quello locale, con il conseguente panorama difforme di interventi, specie tra grandi centri urbani e periferie. Una realtà tuttavia, si è sempre mantenuta presente e costante su tutto il territorio nazionale, ed è la presenza degli oratori. Gli oratori parrocchiali hanno sempre rappresentato un momento di aggregazione, di formazione e di crescita sociale, un luogo dove si fa amicizia, ci si diverte e dove inizia la formazione del carattere, in una dimensione complementare a quella rappresentata dalla famiglia e dalla scuola. Oltre a questo gli oratori si sono presi cura anche del disagio giovanile, presentando dunque, oltre agli aspetti educativi, ricreativi, quelli curativi. Modalità organizzative In conformità ai principi generali di cui a capo 1 della legge 328 del 2000, e a quanto previsto dalla legge 285 del 1997, lo Stato riconosce e incentiva la funzione educativa e sociale, svolta nella comunità locale mediante le attività di oratorio o similari, finalizzate a favorire lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dei minori, degli adolescenti e dei giovani di qualsiasi nazionalità residenti nel territorio. Sono volte, in particolare, a promuovere la realizzazione di programmi, azioni e inter venti, finalizzati alla diffusione dello sport e della solidarietà, alla promozione sociale e di iniziative culturali nel tempo libero e al contrasto dell’emarginazione sociale e della discriminazione razziale, del disagio e della devianza in ambito minorile. La legge 206 del 2003 contiene disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo. Tali attività, da svolgersi soprattutto durante il periodo estivo, a favore della popolazione minorile e giovanile dell’U.L.SS. n.4, saranno in particolare volte a: • promuovere la realizzazione di progetti, di programmi e inter venti finalizzati alla diffusione di attività sportive, ricreative, culturali e formative; • promuovere la partecipazione e l’integrazione anche come contrasto all’emarginazione e alla discriminazione razziale mediante: l’attivazione di finanziamenti, la formazione del personale volontario, la gestione dei progetti sul volonariato. Prospettive future Attivazione, sul territorio della U.L.SS. n.4, di centri giovanili in numero sempre maggiore, capaci di fornire ai ragazzi e ai giovani occasioni di realizzazione individuale e di aggregazione sociale, anche tramite attività sportive e culturali. Sviluppo delle collaborazioni tra le regioni, gli enti locali, le diocesi e le parrocchie per l’avvio di un confronto e per l’individuazione di obiettivi, quali sviluppo della crescita dei minori e la prevenzione del disagio sociale minorile. Aumento delle forme di partecipazione diretta, alla vita sociale, dei giovani e delle loro famiglie. Interventi educativi territoriali Descrizione Si tratta di un’attività di supporto educativo, rivolta ai minori in situazione di disagio o di rischio, svolta sul territorio con operatori qualificati (educatori professionali) e attraverso progetti individualizzati, proposti dalle équipe tutela minori dei consultori familiari. Si tratta di bambini e ragazzi che, pur potendo permanere nel proprio nucleo familiare, necessitano di suppor ti educativi specifici. Il tipo di attività da svolgere e il monte ore settimanale richiesto vengono valutate dalle équi- 208 2. La qualità della vita: i determinanti della salute pe consultoriali, a seconda delle necessità e priorità di intervento, il progetto viene poi costantemente verificato in itinere ed eventualmente aggiornato, con la collaborazione degli educatori impegnati in tale attività. La rete dei servizi L’U.L.SS. n.4 ha in atto una convenzione con la Cooperativa Radicà per la messa a disposizione di operatori qualificati per svolgere tale attività. La cooperativa garantisce inoltre un coordinamento e un aggiornamento continuo degli educatori impegnati in tale attività. Una parte della formazione è stata svolta anche congiuntamente a quella effettuata dagli operatori delle équipe tutela minori dell’U.L.SS. n.4. Costi Nel 2004 i costi sono stati 99.182 euro per 19 utenti seguiti, per un costo medio annuo ad utente di circa 5.000 euro. Prospettive future Le esperienze positive finora realizzate, in termini di sostegno e di supporto all’attività educativa genitoriale, indicano la validità di questo tipo di attività e l’importanza di continuarla nel tempo. La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per i minori, i giovani e la famiglia 209 I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol 211 La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol Il servizio territoriale tossicodipendenze Servizio per le tossicodipendenze, alcolismo e tabagismo (Ser.T) I l ser vizio fa par te del distretto socio sanitario ed è a disposizione di quelle persone interessate da problematiche legate all’uso o all’abuso di sostanze stupefacenti (alcol, tabacco e altre droghe). Le persone che si rivolgono al servizio trovano risposta sia ad esigenze di tipo diagnostico che di cura, riabilitazione e consulenza. Un settore del servizio è dedicato esclusivamente alla prevenzione. In particolare le prestazioni al pubblico riguardano: visite mediche, erogazione farmaci, esami di laboratorio, vaccinazioni anti epatite B, colloqui psicologici/psicoterapia, colloqui di sostegno, valutazione per programmi terapeutici in comunità residenziali, organizzazioni di iniziative di prevenzione. Il Ser vizio operativamente si integra e collabora nell’ambito del dipar timento delle dipendenze con: • servizi aziendali distrettuali (distretto n.1 di Thiene e distretto n.2 di Schio); • repar ti ospedalieri (medico/chirurgici); • strutture del territorio preposte all’assistenza, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze (comunità terapeutica San Gaetano – Onlus, comunità Ce.I.S Onlus – Schio, comunità San Francesco Ca’ delle Ore di Breganze); • cooperativa Sociale Samarcanda – Centro di pronta accoglienza notturna di Schio; • associazione Club Alcolisti in trattamento ACAT Pedemontana di Schio; • alcolisti Anonimi – Centro di ascolto di Vicenza; • gruppo Familiari AL-ANON – per familiari e amici degli alcolisti; • EFAV Associazione ex Fumatori Alto Vicentino Thiene. L’accesso al ser vizio è libero o su invio del medico curante, per prime visite o consulenza familiare, oppure programmato (anche su appuntamento telefonico) per prime visite, visite di controllo, consulenze utenti ed altri ser vizi. L’accoglienza non prevede liste di attesa né ticket da pagare. Tabella 56 Utenti in carico al Ser.T. Anno 2002 Luogo di residenza Utenti in carico di cui in comunità terapeutiche Residenti nel distretto n.1 di Thiene 214 57 Residenti nel distretto n.2 di Schio 147 48 Residenti fuori U.L.S.S. 232 - Totale 593 105 Gli utenti residenti nel distretto n. 1 nell’anno 2002 sono 214, pari al 59,3% degli utenti residenti, mentre i 147 del distretto n. 2 rappresentano il 40,7% del totale. I 57 utenti del distretto n. 1 inseriti presso comunità terapeutiche sono il 26,6% sul totale di 214. I 48 del distretto n. 2 costituiscono il 32,6% della popolazione in carico di quell’area. Tabella 57 Utenti dei ser vizi dipendenze. Anno 2002 Utenti di cui nuovi N. utenti in carico Ser.T 593 214 N. utenti in carico Alcologia 199 104 N. utenti accolti presso comunità terapeutiche 105 - 93 - 124 - N. utenti ricoverati in ambulatorio protetto N. par tecipanti ai corsi per smettere di fumare 212 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Nell’anno 2002 la rilevazione dell’utenza con doppia diagnosi (compresenza di dipendenza da sostanze e malattia psichiatrica) in trattamento presso le strutture residente nel territorio è rappresentato dalla tabella 58. Tabella 58 Utenti con doppia diagnosi. Anno 2002 N. utenti in comunità terapeutiche 105 N. utenti con disturbi psichiatrici 36 N. utenti in trattamento farmacologico 44 N. utenti in carcere 10 Comunità terapeutiche per tossicodipendenti Descrizione Sono strutture con finalità di accoglienza, trattamento terapeutico-riabilitativo e reinserimento socio-lavorativo di persone tossicodipendenti e alcoldipendenti, anche sottoposte a trattamenti farmacologici sostitutivi La rete dei servizi Nel territorio dell’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” sono presenti tre comunità con diverse sedi operative: • Comunità Ce.I.S Onlus – Schio; • Comunità Terapeutica San Gaetano; • Comunità San Francesco Ca’ delle Ore di Breganze. Centro Vicentino di Solidarietà Ce.I.S. Onlus Il Centro Vicentino di Solidarietà Ce.I.S. - Onlus dal 1987 lavora nel territorio vicentino con diversi interventi nel campo del recupero e reinserimento sociale delle persone tossicodipendenti, nell’ambito della prevenzione del disagio con attività di promozione del benessere e della salute. Il CeIS si ispira alla filosofia del “Progetto Uomo”, che sottolinea la centralità ed il rispetto della persona, della sua rete famigliare e sociale, del valore del lavoro, in sinergia con le altre realtà territoriali. Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” a Schio. Nel territorio afferente all’U.L.SS. n.4 il Ce.I.S. si articola nei seguenti ser vizi: Primi Approcci È un primo contatto con il Centro per trovare una concreta risposta ai problemi connessi con l’uso/abuso di sostanze psicoattive. Il gruppo of fre la massima discrezione ed anonimato. Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” a Schio. Il programma terapeutico Progetto “L’occasione” Il progetto globale si propone l’accompagnamento, la riabilitazione, il reinserimento sociolavorativo di persone gravemente compromesse da un disagio prolungato, che vivono un periodo di for te precarietà connotato all’uso di sostanze stupefacenti o da un disagio psichico, accogliendole in un contesto che mantiene un carattere familiare. Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 il progetto è presente con un intervento residenziale femminile. Sede: Famiglia “Onisto” – casa “Silvia Pegoraro” – Schio. Pronta accoglienza residenziale Nella pronta accoglienza, in stretta collaborazione con il Ser.T., sono accolte persone tossi- La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol 213 codipendenti che necessitano di una precoce presa in carico per compiere un percorso di disintossicazione e maturare in un ambiente protetto la motivazione ad intraprendere un cammino di recupero. Sede: pronta accoglienza maschile “La Rocca” – Piovene Rocchette. Il reinserimento Ospita in forma residenziale e non, le persone che hanno compiuto un percorso comunitario. Gli utenti sono accompagnati nel ritorno ad un impegno lavorativo, nel percorso di reinserimento in attività ricreative e sociali e sono supportati nella ripresa assidua di rapporti con la famiglia. Sede: “Casa della Provvidenza” – Schio. Associazione Famiglie Si occupa del coinvolgimento famigliare di quanti seguono il percorso terapeutico. Si realizza attraverso gruppi di auto-aiuto e gruppi multifamiliari a cadenza settimanale condotti da animatori, seguiti nella loro formazione da uno psicoterapeuta. Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” – Schio. Cooperativa Socche alla Croce Propone percorsi lavorativi protetti sia per utenti che hanno intrapreso il percorso terapeutico, sia per persone esterne, in preparazione ad inserimenti lavorativi autonomi. Si occupa di manutenzione del verde pubblico, assemblaggio, laboratori creativi. Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” – Schio. Il Centro Studi Si occupa delle attività di prevenzione primaria e secondaria al disagio e della promozione della salute, promuovendo progetti sul territorio provinciale in sinergia con i servizi competenti. Le attività gestite dal centro studi sono rivolte alle r ealtà scolastiche (scuole elementari, medie e superiori), lavorative, sportive, associative. Si occupa inoltre di promuovere e coordinare le attività del centro vicentino non strettamente terapeutiche. Sede: “Casa della Provvidenza” – Schio. Progetto Perseo di Thiene Il ser vizio è rivolto a ragazzi e familiari come strumento informativo, educativo e preventivo all’uso delle nuove droghe. I progetti si concretizzano in un primo livello rivolto giovani, genitori e gruppi giovanili, parrocchiali, sportivi ecc. che necessitano di informazioni e conoscenze relative all’uso di sostanze stupefacenti o di un confronto su temi educativi riguardanti il disagio giovanile; il secondo livello è un percorso educativo per quei ragazzi che già fanno uso di sostanze soprattutto con modalità ricreazionale e per i loro familiari. Sede: presso Parrocchia Duomo – Thiene. Centro per la Famiglia È un servizio sorto per dare la possibilità a nuclei familiari che vivono una situazione problematica, di essere supportati da terapeuti esper ti nella definizione della loro situazione e nella risoluzione di dinamiche relazionali. Il centro per la famiglia si colloca sia come supporto per alcuni utenti che stanno svolgendo il percorso terapeutico comunitario, sia come servizio aperto al territorio. Si avvale di personale specializzato in terapia familiare e di una stanza idonea alla terapia familiare con lo specchio unidirezionale e gli strumenti per la videoregistrazione. Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” – Schio. 214 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Consorzio Civitas La Comunità San Gaetano Onlus, La Cooperativa Sociale “Il Gabbiano” a r.l., l’Associazione “Il Borgo” Onlus e l’Associazione “Le Famiglie dell’Arcobaleno” sono quattro realtà del privato sociale appartenenti al Consorzio Civitas che erogano la seguente piattaforma di servizi socio sanitari, educativi ed assistenziali nel territorio dell’U.L.SS. n.4. I servizi attivati dalla Comunità San Gaetano Onlus sono: • il servizio di pronta accoglienza residenziale presso la sede “La Soglia” di Schio è rivolto a tossicodipendenti sottoposti a trattamenti anche farmacologici e metadonici con obiettivi di disintossicazione e valutazione multidimensionale. La durata massima e di 3 mesi; • il ser vizio terapeutico riabilitativo “Valle del Leogra” residenziale presso le sedi “Il Sentiero” di Valli del Pasubio e “La Soglia” di Schio è rivolto a persone che hanno completato la disintossicazione: propone un intervento che si sviluppa con l’intero nucleo famigliare, secondo l’orientamento sistemico-relazionale. La durata massima è di 18 mesi. I servizi attivati dalla Cooperativa Sociale Il Gabbiano a r.l. sono: • il ser vizio terapeutico educativo semiresidenziale “Champion per la vita” è rivolto al reinserimento sociale e lavorativo di soggetti in situazioni di cronicità e ricadute. Tale ser vizio è svolto in appartamenti protetti nei comuni di Schio e Thiene. Il reinserimento lavorativo viene svolto presso il polo produttivo “Belfiore” di Schio) che attiva gli inserimenti in collaborazione con il SIL dell’U.L.SS. n.4. La durata massima è di 18 mesi con percorsi personalizzati; I servizi attivati dall’Associazione Il Borgo Onlus sono: • il servizio pedagogico riabilitativo r esidenziale “Il Focolare” per il reinserimento socio-lavorativo di persone in grave disagio sociale. Tale ser vizio è attivato nella sede “La Campagnola” di Schio e in appar tamenti protetti nel territorio dell’U.L.SS. n.4. La durata può arrivare fino a 30 mesi con percorsi personalizzati; nell’ambito del sostegno ai minori; • in collaborazione con l’associazione “Don G. Sacchiero” di Schio gestione di un centro diurno e di spazi protetti per incontri tra figli e genitori su disposizioni del tribunale e su incarico del servizio tutela minori dei 2 distretti. L’attività dell’associazione “Le Famiglie dell’Arcobaleno” consiste nella realizzazione di gruppi di auto-mutuo-aiuto per le famiglie coinvolte nelle problematiche della dipendenza. È attivo attualmente un gruppo a Schio. La Comunità San Gaetano Onlus, La Cooperativa Sociale Il Gabbiano a r.l., l’Associazione Il Borgo Onlus sono enti iscritti all’albo della Regione Veneto. Ciascun servizio è erogato in convenzione con le U.L.SS. competenti per territorio mirando a realizzare ser vizi di qualità per la persona a costi compatibili con la programmazione sociosanitaria ed educativa I progetti di prevenzione sono finanziati con il Fondo regionale di Lotta alla Droga; le attività con i minori dal comune di Schio e dall’U.L.SS. n.4. Tabella 59 Comunità terapeutiche per tossicodipendenti. N° giornate di erogazione. Anno 2002 Utenti Giorni CT San Gaetano Onlus Pronta Accoglienza residenziale 14 5.110 Programma Valle Leogra 31 11.349 Coop. Soc. Il Gabbiano Programma Champion 21 7.665 Il Borgo Onlus Programma Il Focolare 12 4.234 La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol 215 Prospettive future L’obiettivo prossimo futuro degli enti consorziati Civitas è di coordinarsi sempre più con il territorio dell’U.L.SS. n.4 proponendo ser vizi che rispondano ai prioritari reali bisogni dei giovani attraverso la partecipazione alle attività del dipartimento e dei distretti e in collegamento con gli enti locali. Assicurando continuità ai servizi dell’ambito riabilitativo, Civitas intende potenziare e dare risalto alle proprie attività di prevenzione e di animazione dei gruppi nei contesti scolastici e giovanili con lo scopo di fornire stili di vita orientati al benessere fisico e spirituale, motivazionale e relazionale che prevengono e superano le frustrazioni della vita senza ricorrere a sostanze alteranti. Con il proprio contributo alla rete territoriale dei ser vizi il Consorzio Civitas e le realtà consorziate assicurano un circuito terapeutico-educativo-assistenziale permanente calibrato sui bisogni e le risorse dei singoli e del territorio. Operando di intesa con i Ser.T., le famiglie, la scuola, la parrocchia, gli enti locali, la comunità San Gaetano, la cooperativa Il Gabbiano, l’associazione Il Borgo, le Famiglie dell’Arcobaleno incentivano la scelta e la cultura della speranza mediante un discorso che ci mette in gioco tutti (con comportamenti coerenti e testimoniali della cittadinanza attiva e responsabile) e che considera la dipendenza un modo inadeguato e temporaneo di rispondere alla chiamata alla vita. Ca’ delle ore Il progetto Sankalpa Finalità. Il Progetto Sankalpa (dal sanscrito “Il primo giorno”) nasce nel 1997 come proposta per gettare un ponte tra il modello della comunità di accoglienza e l’approccio terapeutico rivolto alla persona nella sua interezza. La Comunità San Francesco propone nel perseguimento del recupero psicologico e sociale del tossicodipendente, un approccio di “più ampio respiro”, che fonda le radici nella psicologia olistica e transpersonale, integrando le risorse terapeutiche della psicoterapia sia individuale che di gruppo con le tecniche esperienziali. I tempi. È rivolto alle persone con problemi legati alla tossicodipendenza anche in trattamento metadonico e con problemi alcool-correlati. È prevista l’accoglienza residenziale per un gruppo di 20 soggetti per un percorso terapeutico della durata di circa 10 mesi: ciò garantisce all’utente di non perdersi in una dipendenza passiva e parassitaria nei confronti del terapeuta. Le prime settimane di inserimento in comunità sono preposte per la conoscenza delle metodiche e delle tecniche impiegate e per consentire una reale presa di coscienza dei propri stati interni e delle risorse inespresse. Nell’ultimo periodo dell’accoglienza in comunità, viene concordato il reinserimento sociale con la famiglia e con i servizi sociali del Ser.T di appartenenza dell’ospite. Le modalità. Il programma terapeutico della comunità prescrive regole generali di convivenza senza che sia predefinito il canovaccio organizzativo che viene elaborato e definito costantemente dagli stessi ospiti in accordo con il team terapeutico. L’assenza di regole codificate permette un percorso trasformativo del proprio vissuto interiore e un rimodellamento della visione del mondo: in questo spazio vitale di autogestione e di responsabilità maturano fantasie di onnipotenza che si infrangono contro i mondi psichici dei vari componenti del gruppo. I pensieri in testa e il caos che viene generato possono essere rimessi in ordine nella misura in cui avviene un aiuto sostanzioso a valorizzare le proprie risorse, quando la fiducia è offer ta esplicitamente mentre altrove ti era stato detto che non la meritavi. Per questo motivo, gli operatori svolgono la funzione di contenimento e di osserva- 216 2. La qualità della vita: i determinanti della salute zione in alcune fasi e di lavoro psicoterapico in altre. Particolare importanza rivestono, all’interno della psicoterapia di gruppo, due momenti a cadenza settimanale denominati Lo Yong Formazione e Lo Yong Verifica che, sulla base di principi tratti dall’Umanesimo Francescano, favoriscono il confronto sugli aspetti costitutivi per una sana integrità personale. Si tratta di valori quali: la verità, l’amore, il rispetto, la giustizia, la pace. Anche la famiglia dell’ospite partecipa ogni 15 giorni a gruppi di sostegno familiari ad orientamento sistemico-relazionale. Le tecniche esperienziali: • La Respirazione Circolare Consapevole. É una tecnica che attraverso l’attivazione psico-corporea permette l’integrazione con il “qui e ora” armonizzando mente e corpo, ravvivando l’energia dell’organismo, inducendo a spontanee risposte terapeutiche grazie allo sblocco delle tensioni e al contatto con l’inconscio. • Lo Sathia Yoga (yoga della verità). Si propone come mezzo terapeutico volto all’unità e armonizzazione delle varie componenti dell’individuo e lavora contemporaneamente su tre dimensioni (materiacorpo, energia e psiche) creando le basi per un contatto più consapevole con il proprio corpo visto come punto di par tenza per un percorso di evoluzione. Il generale miglioramento della salute che Sathia Yoga appor ta sul piano psichico e corporeo si traduce in maggior stabilità emotiva e carica vitale migliorando la capacità di concentrazione e sviluppando la consapevolezza. • Lo Shiatsu. La mano proponendosi come estensione del nostro cuore permette un benefico contatto con il proprio corpo (Do In o automassaggio) o con quello altrui favorendo la consapevolezza individuale e/o la conoscenza dell’altro. • L’Aikido. Antica arte marziale giapponese, offre l’occasione per un armonioso controllo dei movimenti, un approccio pratico alla disciplina impostata sulla conoscenza del proprio corpo e di quello altr ui, sul rispetto, l’ordine e la concentrazione, come sfogo controllato dell’aggressività in un contesto di confronto svolto a coppie. • La musico-terapia. Si pone come momento culturale e terapeutico offrendo situazioni di ascolto guidato ed autoascolto differenziando le emozioni a par tire da sensazioni generate dalle varie situazioni musicali o vibrazioni date dalla propria voce o dai vari strumenti musicali. • L’agopuntura. È attuata in gruppo attraverso il metodo acudetox, consiste nell’utilizzo di cinque sottili aghi infissi senza dolore sulle due orecchie, permettendo al tossicodipendente appena entrato in comunità di migliorare la sua condizione clinica senza sostituire dipendenza con dipendenza. • Le attività ricr eative. Anche le numerose attività ricr eative sono finalizzate a promuovere la presa di coscienza di sé e delle proprie potenzialità, l’autonomia e la capacità relazionale della persona in rapporto alla realtà. Tra queste si ricordano: il cineforum ed il dibattito gestito dagli utenti; il corso elementare di grammatica, educazione civica e cultura generale; i percorsi in montagna; il ciclismo; la redazione del giornale Sankalpa, pubblicato bimestralmente dall’Associazione Sankalpa. La rete dei servizi La comunità ha i suoi principali collegamenti con le ulss del territorio in cui è inserita (Montecchio Maggiore, Bassano del Grappa, Thiene, Valdagno e con altre U.L.SS. della regione). Da settembre 2002 lavora in un progetto di prevenzione per le scuole medie e superiori denominato “Scuola aperta” dell’U.L.SS. n.4 in collaborazione con il Ser.T e le comunità dell’area dell’ulss stessa. Gestisce il Centro Vega, nato da una collaborazione con il Dipartimento delle Dipendenze dell’U.L.SS. 5 “Ovest Vicentino” nel quale è possibile sperimentare attività psicocorporee come Yoga, Shiatsu, Respirazione circolare. Collabora alla organizzazione di incontri di formazione e sensibilizzazione sul territorio. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol 217 Sedi operative: Comunità d’accoglienza “Fraternità S. Francesco” Coop. Soc. Ca’ delle Ore – Breganze. Il servizio alcologia Descrizione L’alcologia è quella disciplina che tratta la relazione uomo-alcol in tutti i suoi aspetti: sanitari, sociali, psicologici, economici, ambientali. Anche nel nostro Paese ha acquisito ormai da numerosi anni una specificità, sia negli interventi clinico-riabilitativi, che in quelli nel campo della prevenzione, della ricerca, della formazione. Nell’ambito sanitario e socio-sanitario ci troviamo di fronte alla quarta causa di morbilità in termini di rischio attribuibile e ad una grande numerosità di utenti, o potenziali utenti, con problemi e patologie alcol-correlate, che necessitano di inter venti specifici e mirati, che coinvolgono professionisti di discipline diverse e che richiedono una specifica preparazione degli operatori. Il servizio di alcologia dell’U.L.SS. n.4 si trova all’interno dell’ospedale di Schio ed è aper to al pubblico tutti i giorni dal lunedì al venerdì. Modalità organizzativa Il servizio di alcologia si ar ticola in diverse tipologie di intervento socio-riabilitativo e sanitario: • ricovero in ambulatorio protetto; • attività ambulatoriale con colloqui individuali e familiari di accoglienza e infor mazione, di sostegno, di psicoterapia ed educativo-compor tamentali; • attività sanitaria dei pazienti in carico, consulenze e visite tossicologiche; • inter venti di supporto sociale e di inserimento lavorativo; • progetti di prevenzione. Nel servizio opera un’équipe multidisciplinare composta da un medico, un’infermiera professionale, uno psicologo, due assistenti sociali e due educatrici. La rete dei ser vizi Il servizio di alcologia è inserito nell’ambito del dipar timento delle dipendenze. Trattando problematiche complesse che interessano l’individuo nella sua globalità, collabora e lavora con vari servizi: repar ti ospedalieri (per ricoveri e attività di consulenza), servizi di psichiatria, consultorio familiare e ser vizio tutela minori, servizi sociali del comune e strutture del privato sociale. Utenti del ser vizio e dati statistici Gli utenti che afferiscono al servizio appar tengono a tutte le fasce d’età, a varie classi sociali e sono prevalentemente maschi; nell’ultimo anno sono aumentati gli stranieri (soprattutto extracomunitari). Agli utenti già in carico al servizio da tempo, nel 2003 si sono aggiunti (dati al 19/11/2003): • 124 (94 maschi, 30 femmine) nuovi utenti; • 84 (57 maschi, 27 femmine), dei quali 56 nuovi utenti, ricoverati in ambulatorio protetto; • 60 (43 maschi, 17 femmine) pazienti valutati in attività di consulenza ospedaliera; • 140 (109 maschi, 31 femmine) pazienti sottoposti a visita tossicologica; • 57 utenti sottoposti a perizia patente. Prospettive future Dal 2001 il ser vizio di alcologia è impegnato, oltre che nelle attività quotidiane, nel “Progetto 218 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Goal” con il quale si cerca di sensibilizzare la popolazione allo sviluppo di fattori protettivi nei confronti delle pressioni culturali al bere, attraverso il coinvolgimento delle associazioni di volontariato presenti sul territorio e all’interno del presidio ospedaliero. Inoltre si attuerà un’attività di formazione per le problematiche alcolcorrelate rivolta agli operatori sanitari dell’ospedale e delle comunità terapeutiche. Infine si raf forzerà la collaborazione per attività di prevenzione e di intervento con le associazioni di volontariato che si occupano dei problemi alcolcorrelati (A.C.A.T., A.A e AL-ANON). I club alcolisti Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” sono presenti due associazioni dei club alcolisti in trattamento e l’associazione di alcolisti anonimi. Associazione dei club alcolisti in trattamento (ACAT) • ACAT Pedemontana a Schio; • ACAT Valdastico a Thiene. Lo scopo dell’associazione è il coordinamento di tutte le attività di aggiornamento e formazione dei Club della propria zona e di collegamento con le reti del territorio, convoca le riunioni dei presidenti di club e dei ser vitori insegnanti. Comunità multifamiliare degli alcolisti in trattamento (Club) Finalità Proteggere e promuovere la salute delle famiglie e delle comunità locali dove il club vive, migliorare la qualità della vita, lavora per la pace, in un cammino di sobrietà dove l’astinenza dalle sostanze è parte del cammino. L’alcolismo ha smesso di essere considerato una malattia, e successivamente un vizio, per essere infine considerato uno stile di vita, che può essere modificato attraverso la volontà della persona e l’influenza della famiglia, e del club. Il club degli alcolisti in trattamento è una comunità multifamiliare inserita nella comunità locale, che si occupa del trattamento dei problemi alcol-correlati, ma che si apre anche alla multidimensionalità della sofferenza umana, e quindi alla possibile combinazione tra problemi alcolcorrelati e: • uso di altre sostanze; • disturbi psichiatrici; • persona senza dimora; • comportamento autodistr uttivo o violento. Il club lavora secondo poche regole semplici: • il club è composto al massimo di 12 famiglie, si moltiplica quando arriva la 13° se non arriva la 13 entro un tempo ragionevole il club dovrebbe moltiplicarsi in ogni caso; • le riunioni del club, della durata di un’ora e mezza si svolgono regolarmente una volta alla settimana. Le riunioni del club si aprono e terminano con puntualità; • non si fuma durante le riunioni. Al club par tecipano solo le famiglie con problemi alcolcorrelati e complessi ed il lor o ser vitore. Non sono previsti tir ocinanti, volontari, visitatori, accompagnatori, tranne che durante il corso di sensibilizzazione; • viene mantenuta la riser vatezza su quanto viene detto al club; • ogni famiglia al club ha un incarico specifico. Il club lavoro secondo l’approccio ecologico sociale (sistemico). Ciò significa osservare e La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol 219 situare i problemi alcolcorrelati e le loro conseguenze all’interno del sistema biosociale nel quale la persona vive, comunica e lavora. Si capisce allora perché il club fin dall’inizio si rivolga alla famiglia nella sua interezza, la famiglia che è il sistema biosociale più naturale e significativo per ogni individuo. Il comportamento specifico legato all’uso delle bevande alcoliche viene considerato come parte del comportamento complessivo di questo sistema. Il trattamento della persona con problemi alcolcorrelati trova quindi la sua naturale collocazione nell’ambito del sistema familiare; è pertanto necessario che ogni famiglia venga inserita presto nella comunità multifamiliare dei club, perché il cambiamento dello stile di vita non si può ottenere al di fuori del contesto in cui si è inseriti. I componenti della famiglia tendono a trovare scuse per non par tecipare, trascurando così la realtà e la responsabilità. Il lavoro dei club richiede alle famiglie una crescita e maturazione, una possibilità di riguadagnare la gioia di vivere, una riappropriazione del proprio futuro perso nel problema alcol correlato, elevarsi ad un livello superiore nella propria esistenza, un superamento, una trascendenza di se stessi (Hudolin. Ecologia Sociale. 1995). Il 40% dei maschi adulti hanno qualche problema alcolcorrelato e non sono certo tutti alienati ed esclusi dalla comunità. Non si tratta allora di riabilitare la persona con problemi alcolcorrelati quanto piuttosto di cambiare la cultura sanitaria e generale nella comunità. In altri termini non si tratta di reinserire nella comunità le famiglie con problemi alcolcorrelati, ma far si che le famiglie possano crescere e maturare con comunicazione e interazione più produttive nelle comunità dove vivono e lavorano. L’associazione dei club alcolisti in trattamento collabora con: il dipartimento delle dipendenze, il consorzio della polizia urbana, le comunità terapeutiche, i servizi sociali dei vari comuni, le scuole, le associazioni. Utenti del ser vizio 22 comunità multifamiliari per un totale di 250 famiglie. Obiettivo Passare nel prossimo anno a 26 comunità multifamiliari. Nel 2004 l’ACAT Pedemontana si è duplicata e ci saranno due ACAT nel nostro territorio. ACAT Pedemontana a Schio e ACAT Valdastico a Thiene, con in carico 11 comunità multifamiliari ciascuna. Associazione alcolisti anonimi (AA) Alcolisti anonimi è un’associazione di persone che mettono in comune la loro esperienza, forza e speranza per risolvere il loro problema comune e aiuta altre a recuperarsi dall’alcolismo. AA è un’associazione di autoaiuto: l’alcolista che ha smesso di bere mantiene e consolida la propria sobrietà utilizzando la sua capacità di aiutare un altro alcolista che ancora beve a uscire dalla dipendenza dell’alcol. Il GRUPPO è l’entità tramite la quale si realizza il recupero: nelle riunioni, in assoluta libertà, vengono raccontate le proprie storie, condivisi i problemi personali e, soprattutto, tramite il commento della letteratura e le esperienze degli AA, viene messo in pratica il programma di recupero, conosciuto in tutto il mondo come “Metodo dei dodici passi”. L’unico requisito per entrare a far par te di AA è desiderare di smettere di bere: ognuno può divenire membro dell’associazione nel momento stesso in cui dichiara di volerlo. La partecipazione è totalmente gratuita e non esiste alcuna distinzione relativa alla razza, al 220 2. La qualità della vita: i determinanti della salute sesso, al ceto sociale, alla fede religiosa, agli ideali politici. Uno dei punti fermi dell’associazione è l’anonimato: qualora lo si desideri è possibile non rivelare la propria identità, ma ci si deve comunque impegnare a non divulgare discorsi e storie personali uditi all’interno del gruppo. L’anonimato riveste, peraltro, un ben più profondo significato, facendo sì che i nostri principi vengano sempre anteposti alle personalità dei singoli. AA è finanziariamente autonoma, non accetta sovvenzioni, lasciti, né altri tipi di contributi e non è affiliata ad alcuna confessione, idea politica, organizzazione e istituzione; non si impegna in alcuna controversia, né sostiene o si oppone ad alcuna causa. In particolare AA non assume posizioni proibizionistiche né antiproibizioniste nei confronti dell’alcol. Gli alcolisti anonimi aiutano altri alcolisti che ancora non hanno trovato una via d’uscita in modo totalmente gratuito. Al momento Alcolisti Anonimi collabora con il Ser.T e il repar to di alcologia. Alcolisti anonimi è presente nel territorio dell’U.L.SS. n.4 con cinque gruppi di autoaiuto a Schio, Malo, Arsiero, Thiene, Torrebelvicino. Nel futuro Alcolisti Anonimi spera di continuare e di rafforzare la collaborazione esistente. I corsi per smettere di fumare Ex Fumatori Alto Vicentino (EFAV) L’EFAV è un’associazione apolitica ed aconfessionale, costituitasi nel 1996 ed attiva nel territorio dell’U.L.SS. n.4, a cui aderiscono gli ex fumatori e simpatizzanti il cui scopo è quello di liberarsi dalla dipendenza del tabacco e di adoperarsi per la prevenzione e per la disassuefazione dei fumatori, attraverso una metodologia basata sul principio dell’auto-aiuto e sulla presa in carico della propria salute. Nel corso degli anni ha gestito, in collaborazione con il Ser.T e con l’U.L.SS. n.4, 18 “Corsi per smettere di fumare” per un totale di 900 par tecipanti. Ogni corso è frequentato in media da circa 60 persone. Nel 2003 i partecipanti ai due corsi sono stati 127 e di questi il 40% ha cessato definitivamente il fumo di sigarette. La gestione del programma, oltre agli operatori del Ser.T, prevede la presenza di un medico e di un psicologo. L’EFAV collabora con il Ser.T, all’interno del dipar timento delle dipendenze, per la realizzazione dei progetti di prevenzione territoriale, organizzando inoltre la “giornata mondiale senza tabacco e la “giornata del respiro”, anche in collaborazione con il dipartimento di medicina e il dipartimento di prevenzione. Aderisce inoltre alle iniziative che si prefiggono lo sviluppo di informazioni–formazione, ricerca nel campo specifico, nonché di interventi operativi per la soluzione dei problemi legati al consumo del tabacco ed ai suoi effetti sulla salute. L’EFAV coopera con persone, gruppi, istituzioni e associazioni del vicentino, attraverso la promozione della par tecipazione attiva di tutti i suoi membri, facendo proprio il principio che lo stile di vita del fumatore e della sua dipendenza da tabacco è da considerarsi una “malattia psico-fisico-sociale”. L’EFAV, nell’ambito della prevenzione interviene presso gli istituti scolastici che intendono organizzare incontri d’informazione sulla dipendenza dal fumo. La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol 221 I servizi per la salute mentale La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per la salute mentale 223 Dipartimento di Salute Mentale (DSM) I l dipartimento di salute mentale è la struttura dell’U.L.SS. che programma, coordina e realizza gli inter venti di salute mentale tramite la prevenzione, cura e riabilitazione della malattia psichica per la popolazione adulta. È costituito dall’insieme dei servizi ter ritoriali e ospedalieri dedicati a realizzare gli obiettivi definiti dal Progetto Obiettivo (PO) Tutela della Salute Mentale nazionale e regionale. La modalità del PO indica la specificità dell’area salute mentale, in particolare la necessità di un approccio multidisciplinare che coinvolge settori diversi, con partecipazione sia di soggetti sanitari e sia di altri soggetti istituzionali. Tutte le attività svolte dal DSM si ispirano a valori e principi quali: il rispetto della persona, la promozione delle risorse di ogni utente, la realizzazione del progetto di cura nel contesto di vita della persona, il sostegno alla famiglia, l’integrazione socio-sanitaria. Il DSM è costituito dai seguenti organismi: • Direzione del Dipar timento con funzione di gestione del dipartimento stesso; • Consiglio del Dipartimento con funzione consultiva, propositiva e di verifica generale dei ser vizi del DSM; • I Servizi del Dipartimento con funzione operativa (prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione). Rete dei ser vizi I servizi sono attualmente in par te a gestione diretta ed in par te a gestione indiretta. I servizi a gestione diretta sono: • UO Centro di Salute Mentale di Thiene (con aggregato centro diurno e comunità alloggio); • UO Centro di Salute Mentale di Schio (con aggregato centro diurno); • UO Ser vizio Psichiatrico di diagnosi e cura (con aggregato day hospital). Il Centro di Salute Mentale (CSM) È il centro di coordinamento degli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale nel territorio di competenza. Definisce e attua i programmi personalizzati di cura, con inter venti ambulatoriali, domiciliari, socio-ambientali, semiresidenziali (Centri Diurni) e residenziali (Comunità). Nell’U.L.SS. n.4 i CSM sono a Schio ed a Thiene, uno per ogni distretto. Il personale che opera nel CSM vede le seguenti figure professionali: medici, psicologi, infermieri e assistenti sociali. Per ottenere le prestazioni di questi servizi è necessario rivolgersi al centro di salute mentale del proprio distretto, preferibilmente con la richiesta del medico curante o di altre strutture sanitarie. La frequenza ai centri diurni e alle comunità avviene tramite il CSM. Il ticket, se dovuto, è previsto per alcune prestazioni ambulatoriali, quali: la visita, la visita di controllo, la psicoterapia individuale, la psicoterapia di gruppo. Unità Operativa CSM di Thiene (distretto n. 1 di Thiene) All’interno del CSM un’area è dedicata al centro diurno e al day hospital territoriale per un totale di 15 posti/programmi a giornata. Gestisce inoltre una comunità alloggio (sita a Thiene), per tre ospiti, ad intensità assistenziale ridotta, con presenza di personale d’assistenza. Sede: Ospedale di Thiene. 224 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Unità Operativa CSM di Schio (distretto n. 2 di Schio) All’interno del CSM un’area è dedicata al centro diurno e al day hospital territoriale per un totale di 15 posti-programmi a giornata. Garantisce le consulenze ospedaliere presso l’ospedale di Schio, programmate ed urgenti, negli orari di apertura del ser vizio. Sede: ex Casa Suore dell’Ospedale di Schio. Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) È il reparto ospedaliero che cura i ricoveri ordinari e urgenti. Svolge attività diagnostiche e terapeutiche. Garantisce le consulenze ospedaliere, programmate ed urgenti. Collegato al repar to è il day hospital per ricoveri solo diurni. Risponde all’urgenza negli orari di chiusura dei centri di salute mentale. Il personale che opera nel SPDC è costituito da medici, psicologi, infermieri e operatori sociosanitari. Unità Operativa Ser vizio Psichiatrico dell’ospedale di Thiene Il reparto è dotato di 16 posti letto. Il ricovero viene proposto dal medico curante, dai medici del CSM o dal pronto soccorso dell’ospedale. Il day hospital, aggregato al repar to, gestisce i ricoveri solo diurni ed è dotato di 3 posti. Sede: ospedale di Thiene. Tabella 61 Attività ospedaliera del DSM. Dati e costi. Anno 2002 SPDC Posti letto Numero ricoveri Numero ricoverati Costi totali (ml lire) D.H. 16 3 307 80 216 61 3.998 aggregato a SPDC I servizi a gestione indiretta (tramite convenzione) sono: • i progetti personalizzati di sostegno socio-relazionale; • alcuni ser vizi semiresidenziali aggiuntivi (Centro diurno di Mano Amica); • i ser vizi residenziali. Tabella 62 DSM: utenti dei servizi residenziali. Anni 2001 e 2003 Servizi residenziali 11/11/2003 13/05/2001 11 9 Comunità “Il Glicine” 8 9 Comunità “Arco Iris” 4 5 14 1 Silesia di Arcugnano 1 1 Segno di Pace di Marostica 6 2 CTRP Villa Margherita 1 1 Istituto Medico-Psico-Pedagogico di Medea-Gorizia 2 2 11/11/2003 13/05/2001 Casa Famiglia Papa Giovanni di Montecchio Maggiore 1 1 Lido Delle Nazioni 4 7 Comunità “I Casarotti” Libra di Marostica Servizi residenziali La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per la salute mentale CT Doppia diagnosi “La casa di Giano” Trento Totale 1 - 53 38 225 Tabella 63 DSM: utenti dei ser vizi semiresidenziali. Anni 2001 e 2003 Servizi semiresidenziali 11/11/2003 13/05/2001 25 25 Coop L’eco Papa Giov di Dueville 1 1 Coop Libra di Marostica 1 - 27 26 Centro Diurno di Mano Amica Totale Tabella 64 DSM: utenti dei progetti personalizzati. Anni 2001 e 2003 Progetti Personalizzati di Sostegno socio-relazionale 11/11/2003 13/05/2001 Glicine 2 - Mano Amica 1 - Verlata 1 - Totale 4 - Sintesi dei principali livelli assistenziali attuali del DSM Residenziale: Posti 53 da convenzionata + 3 da comunità alloggio Thiene per totale di 56 pari a 3,2/10.000 residenti. Semiresidenziale: Posti pubblici (centri diurni dei CSM) per posti 30 + privati per 27 per totale di 57 pari a 3,2/10.000 residenti. Tali livelli assistenziali sono conformi alle indicazioni di piano regionale e nella media regionale. Tuttavia evidenziano il seguente problema prioritario: • la realizzazione degli obiettivi previsti dal PO Tutela Salute Mentale è incompleta, poiché manca una struttura sanitaria, la Comunità Terapeutica Residenziale Protetta (CTRP), chiaramente accreditata e identificata per la funzione terapeutico-rabilitativa di tipo intensivo. Tale struttura dovrebbe, inoltre, prevedere la direzione clinica del DSM; • la differenziazione di quasi tutti i ser vizi residenziali attuali è scarsamente definita sia per la fase e tipologia estensiva (protezione elevata, media e ridotta) e sia per la fase e tipologia di lungoassistenza (definizione tramite UVMD). Il contesto La rete sanitaria di strutture, servizi ed attività del DSM è sostanzialmente coerente con le indicazioni di piano, in attuazione della DGRV 4080/2000 (PO Tutela Salute Mentale), ma è di incompleta realizzazione per l’assenza della prevista CTRP (struttura sanitaria di tipo riabilitativo intensivo), progetto n. 1405 del piano di zona 2001/03. Nel corso del pregresso triennio vanno ricordati: l’aper tura ed il consolidamento del centro di salute mentale di Thiene, assente in precedenza, la ristrutturazione dei percorsi riabilitativi con incremento delle attività esterne, gli inter venti strutturati riabilitativi e psicoterapici per pazienti ricoverati in SPDC, lo sviluppo di alcune attività cosiddette evolute, come le psicoterapie di gruppo per disturbi psicotici e per disturbi depressivi, da parte di entrambi i CSM, la progressiva sostituzione mirata dei farmaci di prima generazione (antipsicotici ed antidepressivi) con i farmaci di ultima generazione, a più elevato costo. Il consolidamento dei servizi presso la popolazione è documentato dall’incremento della domanda espressa ai due CSM (anno 1999: pazienti 1888/anno 2002: pazienti 2138). Inoltre l’Azienda U.L.SS. n.4 ha aper to nel corso dell’anno 2003 il servizio per il trattamento 226 2. La qualità della vita: i determinanti della salute dei disturbi del comportamento alimentare, che consente attività terapeutiche specializzate, complementari alle attività del DSM e, precedentemente, assenti nel nostro territorio. Nell’ambito delle attività d’integrazione sociale volte a valorizzare le autonomie e la responsabilità delle persone, la risorsa del volontariato e la solidarietà tra i cittadini vanno ricordati i programmi promossi e attivi nell’area dell’Auto Mutuo Aiuto (gruppi AMA). Tali gruppi hanno un rilievo crescente e progressive gemmazioni, sostenute sia dall’azienda U.L.SS. e sia dagli Enti Locali, e sono dedicate sia a pazienti (“soci disagiati”) e sia a familiari. Ricordiamo: • gruppo Davide & Golia (per pazienti), traduzione operativa del progetto 1401 del piano di zona denominato “La comunità che guarisce”, con sede a Schio. • gruppo Familiari di Schio (sostenuto dal Comune di Schio). • gruppo “L’Ancora” (per Familiari) e gruppo “Self Help Ri...trovarsi” (per pazienti), con sede recentemente fornita dal Comune di Thiene. La generale riorganizzazione dell’assistenza sanitaria, con la crescente valorizzazione del Distretto, ha comportato nell’ultimo triennio, un necessario allineamento, sia in relazione alla riduzione da tre a due distretti con la conseguente riorganizzazione delle risorse sanitarie del DSM in base al criterio di equità e sia in relazione alla necessaria accelerazione dei processi e strumenti di integrazione socio-sanitaria con i due distretti, con implementazione ad esempio delle UVMD di area. L’integrazione con gli altri servizi dell’azienda si è rafforzato in particolare nell’ambito dell’area di doppia diagnosi, in specie con il dipartimento dipendenze e la UOCA. Tale riorganizzazione ha altresì segnato una attenzione più forte da parte degli enti locali per l’area salute mentale, sia programmatoria (si veda la presenza in consiglio di DSM e commissione di distretto n. 1) e sia finanziaria (risorse dedicate in specie dal Comune di Schio e, recentemente, di Thiene ai gruppi AMA). È proseguito il rappor to con il SIL per i progetti di inserimento lavorativo protetto, sia in aziende e sia in cooperative sociali; di queste in par ticolare si menziona il gruppo di cooperative del consorzio Prisma. Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 trova inoltre collocazione forte il privato sociale convenzionato, che offre servizi residenziali (comunità), quali “I Casarotti”, “Il Glicine” ed “Arcoiris” e semiresidenziali (centro diurno di Mano Amica), per bisogni specifici riabilitativi e assistenziali, gestiti in integrazione con il servizio pubblico tramite progetti personalizzati condivisi. Nell’ultimo triennio tramite alcune cooperative sociali è stato anche avviato un servizio innovativo, costituito dai progetti personalizzati di sostegno socio-relazionale, come da previsione del precedente piano di zona. Tabella 65 CSM: dati relativi alla domanda di salute espressa. Anni 1999 e 2002 Anno 1999 2002 Variazione Disturbi minori 816 730 - 11% Disturbi schizofrenici 375 425 13% Psicosi affettive 183 245 34% Disturbi organici 127 137 8% Disturbi di personalità 171 204 19% Altre diagnosi 82 68 - 17% 1999 2002 Variazione Diagnosi non codificata 134 329 146% Non residenti 105 77 - 27% Anno La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per la salute mentale Totale 1.888 2.138 227 13% Analisi sintetica dei dati relativi alla domanda espressa 1. Incremento significativo della domanda globale nel triennio. 2. Incremento del carico prevalentemente per i disturbi gravi, come disturbi schizofrenici e psicosi affettive (in modo omogeneo per entrambi i distretti/CSM). 3. Incremento del carico per i disturbi di personalità. 4. Decremento del carico per i disturbi minori. 5. Persistenza di una maggiore domanda espressa (prevalenza ed incidenza) nel distretto n. 2 di Schio per i disturbi minori rispetto al distretto n. 1 di Thiene. 6. Incremento di pazienti con diagnosi non codificata. 7. Decremento apparente della domanda territoriale nell’ambito di cittadini fuori U.L.SS. (verosimile esito della regolarizzazione dei cittadini extracomunitari). Prospettive I principi fondamentali e l’obiettivo generale (la realizzazione del PO Tutela Salute Mentale) permane invariato rispetto al precedente piano di zona. La modalità del progetto obiettivo indica oltre che la specificità dell’area salute mentale ed in particolare la necessità di un approccio multidisciplinare che coinvolge settori diversi, anche la necessità di partecipazione e responsabilità sia di soggetti sanitari e sia di altri soggetti istituzionali. In ambito salute mentale cioè debbono concorrere sia azioni a contenuto prioritariamente sanitario (funzione “riparativa” della psichiatria, come diagnosi, cura e riabilitazione) e sia azioni a contenuto socio-sanitario (funzione dell’intero sistema sociale sulla qualità della vita delle persone e sulla promozione della salute). Gli obiettivi specifici o aggiuntivi del nuovo piano di zona si sostanziano nel: 1. completamento del processo di attuazione del progetto obiettivo; 2. ridefinizione delle modalità realizzative dei singoli progetti operativi; 3. definizione delle priorità e delle innovazioni. Elementi fondamentali del processo realizzativo del nuovo piano sono il maggiore coinvolgimento del privato sociale e la sinergia più esplicita tra sanitario e sociale. Il supporto culturale e normativo di tale partnership partecipativa e di responsabilità viene individuato dai LEA (livelli essenziali di assistenza da garantire in modo uniforme a tutti i cittadini), che concettualizzano la natura del bisogno personalizzato di salute, il livello di intensità assistenziale opportuno (fase intensiva, estensiva e di lungoassistenza) ed accreditato (grado di ef ficacia, appropriatezza e adeguatezza in base a criteri di EBM) in relazione alla limitatezza delle risorse. L’evoluzione in materia, inoltre, in specie nella Regione Veneto, regione guida nell’integrazione socio-sanitaria, è verso la definizione esplicita, a fianco delle già individuate attività sanitarie e socio-sanitarie e relativi LEA, delle attività sociali e relativi LEA. Tale evoluzione, culturale oltre che normativa, è sostanziata nel progetto di legge n.396 DGR n.12 del 10/06/2003 Piano Regionale di servizi alla persona e alla comunità – Politiche sanitarie, socio-sanitarie e sociali della Regione Veneto per il triennio 2003-2005. Tali aspetti sono rilevanti per definire le prospettive e le responsabilità in area salute mentale, consentendo anche di definire le varie attività in base alla tipologia di progetto: progetti sanitari e progetti sociosanitari. Ulteriore prospettiva, già in fase di iniziale verifica tra i DSM della Provincia, è la realizzazione di progetti a dimensione provinciale/regionale, progetti cosiddetti di area vasta, per obiettivi assistenziali mirati e specifici (ad esempio comunità per adolescenti, per doppia diagno- 228 2. La qualità della vita: i determinanti della salute si, per disturbi del comportamento alimentare, per autismo in adulto, per verifica omogenea dei criteri di accreditamento dei servizi pubblici e convenzionati). I progetti sanitari e ad integrazione socio-sanitaria I progetti sanitari • Comunità terapeutica residenziale protetta (CTRP del DSM). • Sviluppo delle attività psicologiche. • Progetto psicoeducazionale. • Musicoterapia di gruppo. • Istituzione nucleo valutazione MCQ. • Monitoraggio qualità percepita. I progetti ad integrazione socio-sanitaria • Revisione del sistema residenzialità. • Implementazione dei progetti personalizzati di sostegno socio-relazionale. • Modulo respiro. • Consolidamento e sviluppo uniforme dell’auto mutuo aiuto. • Moduli week-end. • Sostegno al volontariato. Comunità terapeutica residenziale protetta (CTRP) Si veda il progetto P14 a pag. 306. Progetto di sviluppo delle attività psicologiche Obiettivo: terapeutico specifico per pazienti con disturbo di personalità (incremento delle psicoterapie di gruppo, già presenti nei CSM per disturbi psicotici e disturbi depressivi). Azioni: convenzione annuale con esperto (rapporto professionale per 3 ore a settimana con psicologo); estione di due gruppi (numero massimo di 8 pazienti per gruppo) di psicoterapia a termine (cicli) per disturbi di personalità, a frequenza quindicinale. Destinatari: pazienti in carico ai CSM con disturbo di personalità; gruppo CSM di Thiene; Gruppo CSM di Schio. Gestione attività: psicologo esper to a rapporto professionale affiancato da personale del DSM. Gestione: DSM. Progetto psicoeducazionale Obiettivo: terapeutico, ad indirizzo psicoeducazionale dedicato ai familiari. Sottoobiettivi: sostenere i familiari, ridurre il rischio di scompenso del paziente per fattori ambientali. Azioni: convenzione annuale con esperto a rapporto professionale con psicologo (3 ore settimanali); gestione di un gruppo dedicato ai familiari di pazienti ricoverati in SPDC e/o in carico ai CSM, con seduta a frequenza settimanale. Destinatari: familiari di pazienti ricoverati in SPDC e/o in carico ai CSM di Thiene e di Schio Gestione attività: psicologo esperto a rapporto professionale, affiancato da personale del DSM. Gestione: DSM. La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per la salute mentale 229 Musicoterapia di gruppo Obiettivo: terapeutico-riabilitativo. Sottoobiettivi: migliorare la qualità assistenziale percepita, facilitare le relazioni tra pazienti Azioni: convenzione annuale con esperto (rappor to professionale); istituzione di 3 laboratori di musicoterapia di gruppo, con seduta a frequenza settimanale (ogni gruppo è costituito da un massimo di 12 persone). Destinatari: gruppo reparto (pazienti ricoverati in SPDC e DH); gruppo Centro Diurno (CD) Thiene (pazienti in programma riabilitativo presso il CSM di Thiene); gruppo CD di Schio (pazienti in programma riabilitativo presso il CSM di Schio). Attività di laboratorio di musicoterapia: gruppo reparto: incontro di 60’ + 30’ di verifica con il personale; CD Thiene: incontro di 90’ + 30’ di verifica; CD Schio: incontro di 90’ + 30’ di verifica. L’attività è condotta da un musicoterapeuta esperto a rapporto professionale af fiancato da personale del DSM. Gestione: DSM. Istituzione nucleo valutazione MCQ Obiettivo: miglioramento continuo di qualità nei servizi del DSM tramite specifico strumento professionale. Azioni: istituzione di specifico nucleo valutazione per il Miglioramento Continuo di Qualità (MCQ). Organizzazione e risorse: del DSM e della direzione sanitaria. Gestione: DSM. Monitoraggio qualità percepita Obiettivo: monitoraggio di qualità percepita in tutti i ser vizi del DSM. Azioni: formulazione questionario dedicato e regolare applicazione dello stesso nei servizi del DSM; valutazione periodica dei dati tramite il Nucleo MCQ; informazione e pubblicazione dei dati; revisione delle attività dei servizi del DSM ai fini del miglioramento continuo delle procedure assistenziali. Organizzazione e risorse: del DSM, del Nucleo Valutazione MCQ, in collaborazione con le associazioni locali dei familiari e della cittadinanza. Gestione: DSM. Revisione del sistema di residenzialità Obiettivo: utilizzo efficace ed appropriato (abbinamento corretto tra bisogno del paziente e tipologia di inserimento) delle strutture residenziali. Sottoobiettivi: miglioramento della qualità assistenziale-riabilitativa delle singole strutture residenziali secondo la tipologia definita; conformità alle direttive dei LEA; completamento strutturale del Progetto obiettivo tutela salute mentale (in collegamento con il progetto CTRP del DSM). Azioni: Fase della ricognizione: stesura carta del ser vizio per ognuna delle strutture convenzionate con definizione della mission specifica; mappatura delle stesse in base a criteri di accreditamento istituzionale (residenzialità intensiva, estensiva ad alta/media/ridotta protezione e di lungoassistenza e professionale concordati (controllo di qualità); individuazione analitica dei fattori di costo (controllo di ef ficienza) ai fini di eventuale applicazione dei LEA. Fase assistenziale: nuovi inserimenti in base a criteri istituzionali e professionali di appropriatezza formalizzati; revisione degli inserimenti precedenti con obiettivo primario di avvici- 230 2. La qualità della vita: i determinanti della salute namento territoriale per i pazienti attualmente collocati in strutture extra regione. Organizzazione e risorse: del DSM, della direzione sanitaria, dei distretti, in collaborazione con le cooperative sociali. Gestione: DSM. Implementazione dei progetti personalizzati di sostegno socio-relazionale Obiettivo: riabilitativo, tramite implementazione dei programmi personalizzati già definiti nel piano di zona 2001/03 (progetto 1404). Azioni: Fase ricognitiva: ridefinizione mirata dello strumento in base alla tipologia di bisogno. Fase assistenziale: utilizzo estensivo dello strumento con tutte le cooperative sociali accreditate del territorio. Gestione: DSM. Modulo respiro Obiettivo generale: sostegno alla famiglia, in integrazione con gli altri strumenti dedicati al sostegno familiare (gruppi AMA per familiari, dimissione ospedaliera protetta, UVMD e utilizzo di reti integrate socio-sanitarie per i casi ad elevata fragilità sociale, moduli week-end e progetto psicoeducazionale). Obiettivo specifico: garantire assistenza temporanea a sostegno di famiglie di pazienti con disturbo mentale. Contenuto assistenziale: fornire accoglienza e assistenza generale temporanea in struttura residenziale, sostitutiva alla famiglia. Destinatari: famiglie in difficoltà per gestione continuativa di persona con disturbo mentale cronico stabilizzato. Durata dell’inserimento: variabile, in correlazione alla durata del problema-bisogno del nucleo familiare, che motiva l’attivazione del modulo. Modalità di inserimento: tipologia di pronta accoglienza tramite il DSM; tipologia programmata tramite UVMD. Numero posti: due. Collocazione: da contrattare con sistema cooperative sociali (avvio per due posti). Consolidamento e sviluppo uniforme dell’Auto Mutuo Aiuto (AMA) Obiettivo generale: migliorare la qualità di vita delle persone e promuovere la salute. Sottoobiettivi: uniformare nel territorio la cultura dell’auto-mutuo aiuto; consolidare il collegamento operativo e l’uso delle risorse con i livelli provinciali. Azioni: inserimento dei gruppi AMA Thiene nel progetto “La comunità che guarisce”; collegamento con il coordinamento provinciale e regionale gruppi A.M.A.; super visione unitaria dei gruppi locali Alto Vicentino; attività specifiche dei singoli gr uppi AMA; gemmazione progressiva dei gruppi in relazione alle iniziative dei soci; formare ed aggiornare i facilitatori dei gruppi; per novembre 2004 “Secondo incontro provinciale dell’Auto-Mutuo-Aiuto presso la sala conferenze R.S.A. S. Michele”. Sedi: alle sedi attuali (di Schio e Thiene) possono aggiungersi sedi delocalizzate eventuali (messe a disposizione da Enti Locali) in correlazione a gemmazioni dei gruppi. Partnership: gruppi AMA, DSM, distretti, associazioni dei familiari, associazione Diakonia, cooperative sociali, Comuni. Gestione del progetto: da concordare. Finanziamento del progetto: condiviso in par tnership. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per la salute mentale 231 Moduli week-end Obiettivo generale: migliorare la qualità di vita e la partecipazione nella comunità di persone disagiate. Sottoobiettivi: stimolare e facilitare la partecipazione ad iniziative ricreative, sportive e culturali durante il fine settimana; favorire forme di auto mutuo aiuto e di scambio sociale; sostenere le famiglie in difficoltà durante il fine settimana; favorire la partecipazione del volontariato. Destinatari: persone con disagio mentale, non in grado di gestire in autonomia o con supporto della famiglia, il tempo libero durante il fine settimana. Attività: interne (calcetto, giochi a carte, conversazione, cucina, altre attività cor relate ad abilità dei par tecipanti ed eventuali volontari); esterne (gite brevi, piscina, partecipazione ad eventi sportivi, teatrali, incontri con altri gruppi, ecc.). Organizzazione: funzione di coordinamento ed organizzazione dei gruppi ed attività, super visione dei gruppi e collaborazione con i centri salute mentale (uno psicologo); funzione di sostegno, facilitazione relazionale e guida delle attività (un operatore, animatore o infermiere o O.S.S. esperto, af fiancato da eventuali volontari). Sede: di una istituzione locale in uso gratuito. Progetto volontariato Obiettivo: valorizzare il volontariato nell’ar ea salute mentale Destinatari: associazioni di volontariato e singoli interessati ad azioni di volontariato Attività: Fase ricognitiva: completamento della mappatura tramite scheda standard predisposta delle associazioni iscritte alla consulta del volontariato nel territorio di Thiene (attività in corso tra servizio sociale del comune e del CSM di Thiene con le associazioni); estensione alle associazioni non iscritte; estensione agli altri comuni del territorio. Fase della costituzione banca dati e relativo monitoraggio/aggiornamento. Fase della messa in rete comunicativa ed operativa delle attività di volontariato integrabili in area salute mentale. Fase della sensibilizzazione e sostegno del volontariato. Fase della operatività del volontariato (gruppi AMA, moduli week-end, attività di rete fruibili in condivisione). Tabella 66 DSM: sintesi dei costi annuali dei progetti Progetto Costo Sviluppo delle attività psicologiche 3.750 Psicoeducazionale 3.750 Musicoterapia di gruppo 6.325 Modulo respiro 29.200 Consolidamento e sviluppo uniforme AMA 57.500 Moduli week-end 23.407 Volontariato 5.000 L’integrazione lavorativa La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa 233 I l settore dell’integrazione lavorativa ha subito, negli ultimi anni, profonde modificazioni, per effetto di ampi e radicali processi di riforma delle politiche sociali e del lavoro. I tratti peculiari che contraddistinguono il nuovo scenario entro il quale si articolano gli interventi a favore delle persone svantaggiate, fanno riferimento alla ridefinizione degli assetti istituzionali, alla devoluzione delle politiche e degli interventi e al passaggio da un sistema essenzialmente passivo ad una strategia in grado di agire attivamente rispetto ai problemi e bisogni del territorio. Oggi, un intervento efficace in quest’ambito richiede una progettazione a più voci da parte dei diversi gruppi e soggetti sociali e istituzionali coinvolti, chiama in gioco nuove forme di autorità e nuove collaborazioni a livello decentrato, esige la presenza di competenze tecniche innovative e qualificate, nelle quali assumono gran peso le capacità di relazione e di progetto. Per tanto, il grado di operatività ed efficacia del processo d’inserimento lavorativo è strettamente connesso alle caratteristiche delle autonomie locali, alla competenza del personale che vi opera, agli strumenti disponibili in ciascuna realtà ed in particolare alla presenza di un sistema integrato d’inter venti e servizi sociosanitari, formativi e per l’impiego, in grado di produrre nuove opportunità ed occasioni d’integrazione. Il territorio dell’Alto Vicentino ha indubbiamente saputo cogliere gli elementi positivi di questi cambiamenti e si è così sviluppato un processo ampio, caratterizzato in par ticolare, da: • un’elevata assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni locali (comuni, U.L.SS. e Provincia); • una for te capacità d’integrazione tra i diversi attori coinvolti, che si è tradotta in modalità organizzative ed operative nuove ed originali; • lo sviluppo di un evoluto sistema di ser vizi alla persona (educativi, formativi, sociali, sanitari, per l’impiego) orientato a collaborare su obiettivi condivisi; • l’impor tante funzione della cooperazione sociale d’inserimento lavorativo • un ruolo attivo del sistema produttivo locale, caratterizzato da un impegno concreto da parte delle aziende e delle associazioni imprenditoriali e sindacali. Numerose sono le iniziative di particolare rilievo realizzate, tra cui la positiva esperienza di applicazione della legge 68/99 sul diritto al lavoro dei disabili, l’avvio di un numero significativo di percorsi lavorativi a favore di persone svantaggiate non disabili, l’istituzione del Gruppo Guida per l’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate. Grazie all’appor to di molti attori, la nostra comunità rappresenta oggi un vero e proprio laboratorio di sperimentazione e di ricerca di soluzioni strategiche ed operative per l’integrazione socio lavorativa dei cittadini più deboli. L’effetto positivo più rimarchevole si è ottenuto, senza dubbio, sul piano culturale. Infatti, l’integrazione lavorativa ha dimostrato di essere effetto e, nel contempo, causa di una nuova rappresentazione sociale della persona disabile (da utente da “assistere” a cittadino da “promuovere”), determinando profondi cambiamenti nelle professioni di aiuto (dall’assistenza alla consulenza di progetto) e favorendo una nuova impostazione del welfare-state, più rivolto ai bisogni di questi cittadini e sicuramente più economico. Tutto questo ha consentito di raggiungere risultati importanti in questo settore, che collocano l’Alto Vicentino tra le realtà più significative presenti in Italia. Il servizio integrazione lavorativa (SIL) Il SIL è l’unità operativa del distretto socio sanitario con valenza interdistrettuale su tutto il 234 2. La qualità della vita: i determinanti della salute territorio dell’Azienda U.L.SS. n.4, che opera per promuovere e sostenere l’inserimento nel mondo del lavoro di persone svantaggiate (con problemi di disabilità, di salute mentale, di tossicodipendenza, di alcoolismo, altre persone a rischio di emarginazione sociale). È composto da un’équipe di operatori specificamente formati ed agisce in raccordo con il medico curante e gli altri servizi territoriali distrettuali, con il Centro per l’impiego e con le agenzie educative, formative, sociali e sanitarie del territorio. Modalità d’intervento Nell’attività del SIL è rintracciabile un filo conduttore che ne ha guidato nel tempo lo sviluppo dei servizi offer ti. Si tratta dell’adozione di due principi guida cui ricondurre la propria attività: da un lato la centralità della persona, valorizzando con ciò ogni aspetto di diversità e di autonomia anche quando ciò comporta difficoltà di comprensione e relazione, dall’altro l’individuazione quale scopo del ser vizio la realizzazione di un’effettiva par tecipazione al mondo del lavoro, considerandola elemento concreto di un più generale processo d’integrazione sociale. Ne consegue che la definizione delle linee strategiche, delle soluzioni organizzative, degli strumenti e delle procedure operative avviene riferendosi e misurandosi costantemente con tali principi, com’è testimoniato dal percorso di ricerca e confronto che ha animato da sempre la vita del SIL, ma anche dai processi di continuo adattamento delle modalità d’intervento adottate. All’interno di questo percorso dinamico di definizione del metodo di lavoro, si è sedimentato nel tempo un nucleo stabile di indirizzi e strumenti operativi che costituiscono il modello di base dell’attuale attività dei servizio. I punti cardine di tale modello operativo sono sinteticamente riconducibili ai seguenti aspetti: a) sviluppare i percorsi d’inserimento lavorativo a partire dal progetto di vita di ogni singola persona. Ciò significa da un lato adottare, quale punto di par tenza della relazione di ser vizio, la storia individuale, dall’altro costruire con il soggetto una prospettiva di evoluzione del suo percorso di vita in cui la possibilità di un’esperienza lavorativa costituisca un’occasione di crescita della dimensione dell’autonomia. Corollari operativi sono una forte attenzione nella fase iniziale a riconoscere la storia e le attese dell’utente e a definire un progetto individuale coerente e condiviso; b) affidare all’esperienza lavorativa il significato di occasione di crescita e realizzazione individuale ma anche di assunzione di ruolo sociale; ne consegue che ogni percorso d’inserimento deve potersi realizzare in contesti in cui sia possibile il ruolo di lavoratore, per cui tutte le esperienze, anche quelle di formazione, sono ef fettuate in contesti lavorativi reali e socialmente riconosciuti come tali; c) valorizzare le risorse che il ter ritorio of fre, sia perché solo così è possibile realmente mettere in campo una gamma molteplice e mirata di occasioni, ma anche perché soltanto entrando in relazione diretta con i soggetti di un territorio è possibile realizzare forme di partecipazione alla vita sociale e lavorativa; d) sviluppare i propri inter venti in costante collegamento con le altre agenzie sociali e sanitarie, perché proprio nella pluralità degli attori coinvolti nell’erogazione dei ser vizi è insito il pericolo di frantumare quell’unitarietà di progetto di vita sopra richiamata come necessaria. Questi elementi di base che definiscono il metodo di intervento dei SIL, sono poi calati all’interno di uno schema operativo le cui fasi fondamentali sono: • la definizione di un progetto individuale; • la ricerca di opportunità d’impiego adeguate alle caratteristiche di ogni singolo utente; • la costruzione di un percorso d’inserimento nel luogo di lavoro che preveda la possibilità di acquisire le competenze necessarie, ma anche di costruire un positivo sistema di relazioni interpersonali con i colleghi e di adattare compiti e funzioni sulla base dell’esperienza; La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa 235 • il sostegno e l’accompagnamento nelle primi fasi dell’inserimento sul luogo di lavoro e anche nelle eventuali situazioni di criticità che dovessero manifestarsi successivamente; • la verifica continua quale strumento di adattamento per la persona, per l’ambiente di lavoro e per il ser vizio. Va sottolineato che le fasi sopra indicate non riflettono una rigida sequenza operativa, ma solo una suddivisione logica di diverse dimensioni d’intervento che sono of ferte e realizzate all’interno di progetti personalizzati ed unitari. Inoltre, le attività sono realizzate in costante collaborazione con i servizi socio sanitari, secondo uno schema che prevede “la presa in carico” globale della persona e della famiglia. Accanto agli interventi orientati più specificatamente alla persona disabile, il SIL ha sviluppato anche un pacchetto di servizi dedicato all’azienda: informazioni, consulenza, accompagnamento e sostegno nella gestione dei progetti d’inserimento lavorativo. Si tratta di una linea di attività par ticolarmente impor tante in funzione della creazione di occasioni d’impiego per i propri utenti, ma anche per l’attivazione di risorse relazionali e formative disponibili nel luogo di lavoro, risorse che costituiscono la chiave principale per il successo dell’inserimento. Da ultimo, l’attività del SIL prevede un settore d’inter vento volto a sensibilizzare il contesto sociale alle problematiche dell’inclusione e promovendo una cultura della solidarietà. Con ciò vi è la consapevolezza di un ruolo istituzionale che impone non solo di dare risposte alle necessità ma anche di rappresentarle al proprio territorio. In tale prospettiva, si colloca sia il forte raccordo con la rete dei ser vizi (sociali sanitari, formativi, per l’impiego), sia la promozione di collaborazioni fra soggetti istituzionali, del mondo imprenditoriale e sindacale, della formazione professionale e della cooperazione sociale, del volontariato e delle associazioni delle persone con disabilità e dei familiari. I progetti individuali d’integrazione lavorativa Anche per l’inserimento al lavoro delle persone svantaggiate valgono le regole oggi dominanti di forte individualizzazione dei processi d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro e di flessibilizzazione dei rapporti di lavoro. Gli strumenti di supporto devono quindi rispondere a questa realtà, attraverso la capacità di cogliere ed affrontare le specificità di ciascun lavoratore ma anche di ogni singola impresa e tenendo conto della sempre maggiore precarietà degli impieghi. A tal fine il SIL ha messo in campo una pluralità di tipologie progettuali: • il progetto di orientamento, per aiutare la persona a conoscere le proprie competenze e attitudini sul piano dell’autonomia e dell’appr endimento, acquisire consapevolezza di sé, agevolare l’acquisi zione di regole di base per un inserimento lavorativo; • il progetto di formazione in situazione, per promuovere la maturazione complessiva della personalità e l’acquisizione di competenze sociali e di abilità lavorative; inter vento questo centrale nei percorsi d’inserimento lavorativo, poiché la vera sfida per la persona con disabilità non è quella dell’apprendimento di una specifica abilità operativa, ma piuttosto quella di acquisire la competenza a lavorare, cioè quell’insieme di atteggiamenti, mentalità, capacità professionali e relazionali necessari a poter effettivamente svolgere un’attività lavorativa in quel par ticolare ambiente sociale che è un’azienda; • il progetto di mediazione al collocamento, per favorire il raggiungimento e il mantenimento di un rapporto di lavoro. Ciascuno di questi progetti prevede almeno una fase di esperienza diretta nel mondo del lavoro e, con modalità e intensità diversa, le seguenti attività da parte degli operatori del SIL: l’abbinamento tra persona e azienda, la preparazione del sistema sociale dell’impresa, l’analisi 236 2. La qualità della vita: i determinanti della salute e la scelta delle mansioni, l’eventuale adeguamento del posto di lavoro, l’individuazione delle modalità d’ingresso dei lavoratori in azienda, il supporto al lavoratore, alla famiglia e all’impresa. La durata di ogni singolo progetto è flessibile e fissata in base ai bisogni dell’utente, e normalmente comprende anche un periodo di sostegno alla persona e all’azienda successivamente all’instaurarsi del rappor to di lavoro. Il SIL ha poi avviato una linea d’intervento non strettamente riconducibile all’inserimento lavorativo ma che comunque ha a che fare con il mondo del lavoro. Per dare una risposta ad una quota significativa di persone disabili per le quali, a causa della loro situazione di gravità, non è possibile procedere all’assunzione, sono stati avviati pr ogetti individuali d’integrazione sociale in ambiente lavorativo. Si tratta di percorsi che consentono la permanenza in un contesto lavorativo senza l’obiettivo dell’assunzione. Le persone coinvolte in questo tipo di percorso sono disabili in età lavorativa con compromissione della capacità lavorativa tale da non permettere un inserimento con sbocco occupazionale, ma in possesso di capacità lavorative e relazionali che consentono loro di mantenere una discreta autonomia e par tecipazione alla vita sociale. Vanno infine segnalate le esperienze di “Soggiorni Lavoro” realizzate dal SIL presso realtà produttive in grado di of frire a persone con disabilità la possibilità di un’esperienza comunitaria e di lavoro al di fuori dell’ambiente familiare, al fine di favorire l’acquisizione di nuovi elementi di maturità e di autonomia. Rete dei servizi Per il raggiungimento degli obiettivi di integrazione lavorativa il SIL collabora con i servizi socio-sanitari dell’Azienda U.L.SS. n.4 (medico curante, servizio disabilità, servizio di medicina legale, dipartimento di salute mentale, Ser.T, alcologia, spisal, consultori familiari) e con i servizi sociali e territoriali esterni all’Azienda U.L.SS. n.4 (servizi per l’impiego, ser vizi sociali comunali, scuole, centri di formazione professionale, cooperative sociali). All’interno di questo insieme di relazioni il SIL svolge un ruolo di “cerniera” tra mondo del lavoro e sistema dei servizi sociosanitari ed educativi, consentendo a questi due mondi assai diversi, di comunicare e connettere positivamente. Va sottolineato come risulti centrale lo stretto raccordo con il centro per l’impiego di SchioThiene, sviluppatosi sulla base di un protocollo d’intesa tra Azienda U.L.SS. n.4 e Provincia e finalizzato in particolare ad un’ef ficace applicazione della legge 68/99 sul diritto al lavoro dei disabili. Assai significativa è inoltre la collaborazione che si è sviluppata con la cooperazione sociale, regolata da specifiche convenzioni con il Consorzio Prisma di Vicenza e con le singole cooperative sociali. Una rete di rapporti così vasta consente di rispondere in modo integrato alla ricca articolazione di bisogni e problemi che normalmente intersecano il processo d’inserimento lavorativo, quali ad esempio le necessità abitative, l’esigenza di cure mediche particolari, le difficoltà relazionali, ecc. In questa prospettiva, assai impor tante è la partecipazione del SIL alle unità valutative multidimensionali distrettuali, una metodologia d’intervento che consente di valutare la singola situazione nella sua globalità e con un approccio interdisciplinare, progettando e realizzando interventi coerenti e fra loro collegati. Quest’ambito operativo comune costituisce quella soluzione tecnico-organizzativa che permette di sostanziare l’esigenza di ricondurre i progetti d’integrazione lavorativa alla storia individuale di ciascuna persona, in modo che diventi parte integrante del progetto di vita individuale. 237 La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa Sul piano più strettamente operativo l’investimento nell’attività di coordinamento garantisce poi un ritorno nei termini di migliore utilizzo delle risorse sia sul piano dell’ef ficienza che dell’efficacia. Accanto al rapporto con i servizi territoriali, va infine evidenziato l’impegno nella gestione del Coordinamento regionale dei Ser vizi integrazione lavorativa delle Aziende U.L.SS. venete, che la Regione Veneto, nel 2003, ha posto in capo al SIL dell’Azienda U.L.SS. n.4. D’intesa con la regione, è stata definita la struttura e l’assetto organizzativo del coordinamento regionale e sono stati attivati specifici gruppi di lavoro. Per tale attività, che ha uno specifico finanziamento, il SIL si avvale di consulenze interne ed esterne all’U.L.SS. Costi Il costo complessivo per la gestione dei percorsi d’inserimento lavorativo attivati dal SIL nel 2003 è stato di 425.000 euro. Tale importo non è comprensivo dei costi generali del servizio e del personale. La gestione degli interventi è in parte affidata a soggetti del privato sociale, il costo complessivo delle convenzioni è stato di 203.000 euro pari al 47,8% del costo complessivo. Utenti del ser vizio e dati statistici attività triennio 2001-2003 Tabella 67 SIL. Utenti nel triennio 2001-2003. Distribuzione per genere Totale utenti (n°) e % sul totale (%) 2001 2002 2003 n° % n° % n° % Donne 169 44,9 162 38,8 189 38,9 Uomini 207 55,1 255 61,2 297 61,1 Totale 376 100,0 417 100,0 486 100,0 Tabella 68 SIL. Utenti nel triennio 2001-2003. Distribuzione per tipologia di disabilità Totale utenti (n°) e % sul totale (%) 2001 2002 2003 n° % n° % n° % 277 73,7 284 68,1 321 66,0 Soggetti in trattamento psichiatrico 59 15,7 95 22,8 116 23,9 Tossicodipendenti 26 6,9 20 4,8 24 4,9 Alcolisti 11 2,9 10 2,4 15 3,1 Minori in situazione di disagio 0 0,0 0 0,0 1 0,2 Altro 3 0,8 8 1,9 9 1,9 Disabili Tabella 69 SIL. Invalidi civili in carico nel triennio 2001-2003. Distribuzione per grado d’invalidità Totale utenti (n°) e % sul totale (%) 2001 2002 2003 n° % n° % n° % 46% - 49% 15 7,0 20 8,3 29 10,3 50% - 66% 36 16,7 45 18,6 60 21,3 67% - 79% 77 35,8 83 34,3 86 30,5 80% - 99% 37 17,2 37 15,3 41 14,5 100% 50 23,3 57 23,5 66 23,4 Totale 215 100,0 242 100,0 282 100,0 238 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Tabella 70 SIL. Utenti in tirocinio e tirocini (2001-2003). Distribuzione per tipologia di azienda Totale utenti (n°), numero di tirocini (T) e % sul totale (%) 2001 2002 2003 n° T % n° T % n° T % 2 2 1,7 1 1 0,8 1 1 0,7 Industria 38 40 33,3 37 39 31,5 26 28 19,7 Artigianato 18 18 15,0 13 16 12,9 17 18 12,7 Commercio 5 6 5,0 3 3 2,4 3 3 2,1 38 41 34,1 51 51 41,1 62 70 49,3 Agricoltura Coop. B Altro Ente pubblico Totale 2 2 1,7 1 1 0,8 5 5 3,5 11 11 9,2 13 13 10,5 17 17 12,0 114 120 100,0 119 124 100,0 131 142 100,0 Tabella 71 SIL. Tirocini realizzati (2001-2003). Distribuzione percentuale per tipologia di progetto Totale utenti (n°) e % sul totale (%) 2001 Tipologia progetto 2002 2003 n° % n° % n° % 8 6,7 10 8,1 8 5,6 Formazione 75 62,5 77 62,1 104 73,3 Assunzione 37 30,8 37 29,8 30 21,1 120 100 124 100 142 100 Orientamento Totale Tabella 72 SIL. Utenti in progetti d’integrazione sociale in ambiente di lavoro. Anni 2001-2003 Totale utenti (n°) e % sul totale (%) 2001 Settore produttivo Agricoltura Industria Artigianato Commercio Cooperative sociali di tipo B Altro 2002 2003 n° % n° % n° % 2 2,7 2 2,6 2 2,3 5 6,8 5 6,4 4 4,6 16 21,9 16 20,5 17 19,3 1 1,4 1 1,3 1 1,1 31 42,5 31 39,7 37 42,0 5 6,9 6 7,7 7 8,0 Ente Pubblico 13 17,8 17 21,8 20 22,7 Totale 73 100,0 78 100,0 88 100,0 Tabella 74 SIL. Aziende che hanno fatto inserimenti in collaborazione con i SIL. Anni 2001-2003 Tirocini Settore Integrazione sociale Assunzioni 2001 2002 2003 2001 2002 2003 2001 2002 2 1 1 2 2 2 1 1 1 Industria 35 33 26 4 4 4 42 49 58 Artigianato 16 14 16 14 14 17 5 5 5 Commercio 5 3 2 1 1 1 2 5 4 Coop. soc. tipo B 9 8 12 9 7 10 7 7 7 Altro 2 1 5 5 6 8 0 0 1 Ente pubblico 9 11 12 9 12 13 8 6 9 78 71 74 44 46 55 65 73 85 Agricoltura Totale 2003 239 La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa Tabella 75 SIL. Utenti inseriti in cooperative sociali di tipo B. Anni 2001-2003 Progetti realizzati Cooperativa sociale Utenti assunti 2001 2002 2003 2001 2002 Alea 13 7 6 1 1 - Gaia - 2 9 - 2 2 Il Gabbiano 2003 11 15 12 6 7 2 Il Giglio 2 - - - - - Il Ponte 22 30 30 - 1 - Insieme - - 1 - - - La Locomotiva (A) 2 1 - - - - L’Orsa Maggiore 2 5 10 - - - Mano Amica 8 9 9 - - - - - 1 - - - 7 3 6 1 - - Primavera Nuova 10 8 8 1 1 4 San Gaetano-Thiene 12 11 13 1 - - Verlata Lavoro 15 20 16 - - - - - 1 - - - 104 111 122 10 12 8 Nuova Vita Nuovi Orizzonti Working in Libra Totale Il centro per l’impiego di Schio-Thiene La scelta operata dalla Provincia di assegnare al centro per l’impiego un’elevata autonomia, ha favorito in questi anni l’avvio di un servizio qualificato e integrato nel territorio. Il centro per l’impiego di Schio-Thiene rappresenta un qualificato punto di riferimento per i giovani in cerca di una prima occupazione, coloro che hanno perso un lavoro, donne che intendano rientrare nel mondo del lavoro dopo un periodo di inattività, occupati che vogliano cambiare lavoro, aziende e i datori di lavoro interessati alla ricerca e preselezione di personale. I servizi offerti sono strutturati in tre aree (accoglienza, consulenza accompagnamento al lavoro, gestione banche dati e attività amministrativa) e comprendono attività di informazione, orientamento, promozione di tirocini, l’inserimento mirato al lavoro dei soggetti in dif ficoltà sociale e/o individuale, l’orientamento e la consulenza agli occupati che vogliano cambiare lavoro. Tra le azioni che qualificano il centro per l’impiego vi è indubbiamente il for te impegno dedicato all’applicazione della legge 68/99 sul diritto al lavoro dei disabili, in collaborazione con il SIL. La cooperazione sociale d’inserimento lavorativo Le cooperative sociali d’inserimento lavorativo rappresentano un settore di gran rilievo nei processi d’integrazione lavorativa, collocandosi in modo duttile su più livelli d’intervento. Infatti, esse possono rappresentare sia il punto di arrivo di un progetto d’inserimento professionale, sia un ambito di formazione lavorativa e di ponte verso altre aziende. Nell’Alto Vicentino sono oggi presenti 11 cooperative sociali di tipo B, delle quali due sono state costituite nell’ultimo triennio. Il Consorzio Provinciale Prisma, che rappresenta un’importante realtà che raggruppa oltre 50 cooperative sociali del vicentino, ha un’Agenzia Inserimento Lavorativo che opera in convenzione con l’U.L.SS. n.4 e collabora con il SIL per realizzare progetti orientamento e di for ma- 240 2. La qualità della vita: i determinanti della salute zione nelle cooperative sociali aderenti allo stesso consorzio. Nel triennio 2001-2003 va registrato un’importante crescita del numero di utenti inseriti dal SIL nelle cooperative sociali (104 nel 2001, 111 nel 2002, 122 nel 2003), l’ampliamento della convenzione tra l’Azienda U.L.SS. n.4 e il Consorzio Prisma, con un conseguente aumento del numero di persone svantaggiate che il SIL ha af fidato all’Agenzia Prisma (26 nel 2001, 44 nel 2002, 51 nel 2003) e la stipula di convenzioni con quattro cooperative sociali, alle quali è riconosciuto un sostegno economico per l’azione di tutoraggio svolta a favore di persone con disabilità inserite in percorsi d’integrazione sociale. Si tratta di un contributo importante, anche tenendo conto che nelle cooperative sociali sono impiegati molti lavoratori svantaggiati che, presentando maggiori dif ficoltà d’inserimento lavorativo, solo all’interno di un ambiente particolarmente “accogliente”, quale quello da loro offerto, riescono a trovare condizioni relazionali e lavorative adeguate alle proprie difficoltà. Tabella 76 Cooperative sociali B presenti nel territorio al 31/12/2003 Cooperativa Comune Gaia Coop. Soc. a r.l. Schio Il Gabbiano Coop. Soc. a r.l. Schio Socche alla Croce Coop. Soc. a r.l. Schio Primavera Nuova Coop. Soc. a r.l. Schio Alea Coop. Soc. a r.l. Schio Il Ponte Coop. Soc. a r.l. Schio L’Orsa Maggiore Coop. Soc. a r.l. Malo Verlata Lavoro Coop. Soc. a r.l. Villaverla Nuovi Orizzonti Coop. Soc. a r.l. Santorso Mano Amica Cif Coop. Soc. a r.l. Schio San Gaetano Thiene Coop. Soc. a r.l. Thiene La formazione professionale Nel territorio dell’Alto Vicentino sono presenti numerose agenzie formative, e tra queste, vi sono due centri di formazione professionale che da molti anni hanno sviluppato una specifica esperienza nella realizzazione di percorsi educativo-formativi finalizzati all’integrazione lavorativa e rivolti a persone con disabilità: il CNOS Salesiani di Schio e il A. Rossi vedova Saugo di Thiene. Gli interventi sono attuati mediante percorsi didattici, addestramento lavorativo in laboratori, stage lavorativi presso le aziende locali. Le attività proposte hanno l’obiettivo di favorire la maturazione personale e di offrire una prima formazione al lavoro, af finché gli allievi possano affrontare con maggiori probabilità di successo, l’inserimento lavorativo e il loro cammino di integrazione sociale. Questi centri hanno vissuto in questi anni un periodo di incertezza legata alla faticosa riforma della scuola e, inoltre, risentono della rigidità degli indirizzi normativi regionali cui sono legati, che rende difficoltosa una pratica di for te personalizzazione degli interventi richiesta oggi dalle persone svantaggiate e dalle aziende. Essi rappresentano comunque una preziosa risorsa che va maggiormente valorizzata ed integrata nel sistema locale dei servizi. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa 241 Tabella 77 Allievi CFP per disabili del territorio. Anno scolastico 2003-2004 Centro di Formazione Professionale Numero allievi Sede A. Rossi vedova Saugo 32 Thiene CNOS Salesiani 21 Schio Totale 53 La gestione della legge n.68/99 Tra il SIL e il centro per l’impiego di Schio-Thiene si è sviluppata un’intensa e proficua collaborazione, che si fonda sulla programmazione e gestione unitaria degli inter venti e delle azioni per l’inserimento lavorativo dei disabili. Elementi forti di tale rapporto sono rappresentati da: • la presa in carico congiunta di tutti i disabili iscritti alle liste della legge 68/99; • le azioni promozionali (coinvolgimento e ricerca di adesioni dei datori di lavoro); • la stipula congiunta di tutte le convenzioni ex legge 68/99; • un’intensa attività dell’ar ticolazione locale del comitato tecnico, con incontri frequenti e con l’attenzione rivolta anche alle altre fasce di lavoratori svantaggiati; • il lavoro di rete con gli altri ser vizi territoriali. L’inserimento lavorativo realizzato in forma decentrata e fortemente integrata ha favorito: • lo sviluppo di una metodologia d’inter vento che si fonda sulla centralità della persona, sull’unitarietà degli inter venti, sul lavoro di rete, sulla valorizzazione del territorio e della comunità locale; • la condivisione di linguaggi, metodi e strumenti, facilitata dalla realizzazione di specifici percorsi formativi; • il superamento di approcci settoriali o esclusivi e la parziale eliminazione del rischio di sovrapposizione degli interventi; • la facilitazione nell’accesso ai ser vizi da parte dei disabili e delle imprese; • il miglioramento della qualità dell’offerta formativa ed occupazionale; • la promozione di un utilizzo complementare e più ef ficiente delle risorse disponibili. Tabella 85 Legge 68/99. Disabili iscritti al 31/12/anno Anno Uomini Donne Totale 2001 162 150 312 2002 201 170 371 2003 202 171 373 Tabella 86 Legge 68/99. Aziende soggette all’obbligo al 31/12/anno Anno Aziende Posti scoperti 2001 575 1.298 2002 586 1.310 Tabella 79 Legge 68/99. Inserimenti lavorativi Centro per l’impiego Schio-Thiene. Anni 2001-2003 Tipo di inserimento 2001 2002 2003 Collocamento ordinario 66 102 143 Collocamento mirato 57 43 48 Convenzione 59 41 34 242 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Tabella 80 Legge 68/99. Agevolazioni Centro per l’impiego Schio-Thiene 2001 2002 2003 947.000 1.001.908 890.682 Fondo naz.nale assegnato Prov. Vicenza Convenzioni ammesse Alto Vicentino 44 188 15 Importo agevolazioni utilizzate Alto Vicentino 224.374 185.375 144.582 L’inserimento lavorativo dei tossicodipendenti e alcolisti L’attività lavorativa, se inserita in un sistema di intervento dotato di molteplicità di risorse e strategie tra loro collegate e coordinate, rappresenta un importante str umento nell’affrontare il fenomeno della dipendenza. Nell’Alto Vicentino questo tema è stato affrontato nell’ambito di un approccio più generale al tema del lavoro per le fasce svantaggiate, ricercando, attraverso una politica delle intese, la collaborazione delle forze imprenditoriali e sindacali e degli enti e delle associazioni interessati. A partire da questi presupposti, il SIL e il dipar timento dipendenze (Ser.T e alcologia) hanno affrontato la questione mettendo a disposizione le rispettive esperienze e competenze, in un’ottica di coor dinamento e utilizzo integrato delle risorse. Nel triennio 2000-2002, nell’ambito delle iniziative finanziate con fondo regionale per lotta alla droga, è stato realizzato il progetto “Promozione di oppor tunità occupazionali per persone tossicodipendenti in particolare situazione di emarginazione sociale”. Sono state ef fettuate 37 azioni di orientamento e scelta del percorso a favore di altrettante persone tossicodipendenti e sono stati realizzati 12 progetti individuali di integrazione lavorativa tramite convenzioni due cooperative sociali. L’esperienza ha rappresentato la base per la successiva programmazione triennale che ha visto l’avvio, nel 2003, del progetto Pass Work, finalizzato a favorire l’orientamento e l’inserimento lavorativo di persone con problemi di dipendenza da sostanze e da alcool e finanziato dal Fondo regionale per lotta alla droga. Con esso è stata ampliata la gamma degli strumenti e delle opportunità messi a disposizione di questa tipologia di svantaggio. Un aspetto innovativo che caratterizza il progetto è l’assegnazione a ciascun lavoratore di un budget individuale, gestito dal SIL, che rappresenta una sorta di “dote” che accompagna la persona nel suo percorso lavorativo. Va evidenziato il ruolo significativo svolto in quest’ambito dalla cooperazione sociale d’inserimento lavorativo. L’integrazione lavorativa di persone con problemi di disagio mentale Il lavoro per le persone con malattia mentale non è soltanto un fondamentale strumento di integrazione, ma rappresenta anche un’importante opportunità di riabilitazione. Infatti, la possibilità che il lavoro offre di impersonare dei ruoli può aiutare chi ha perduto la propria identità a ritrovarne una. Questo cambiamento di ruolo sociale, cioè il passaggio da assistito ed emarginato a componente di una comunità, compor ta però la necessità di associare al processo di inserimento lavorativo dei processi coerenti di cura, riabilitazione, contenimento degli aspetti patologici o disturbanti la relazione. Nell’Alto Vicentino il SIL e il dipar timento di salute mentale, sulla base di alcuni presupposti condivisi (la non discriminazione delle persone che soffrono di malattie mentali rispetto alle oppor tunità del territorio, la necessità di ricercare metodologie comuni atte ad integrare le conoscenze di due ser vizi così diversi per finalità e cultura), collaborano nella realizzazione di percorsi d’integrazione lavorativa. Una funzione importante è svolta dalla cooperazione sociale quale luogo privilegiato di osser- La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa 243 vazione, orientamento, formazione in situazione ed avvio di percorsi d’inserimento lavorativo. I cambiamenti istituzionali e normativi che hanno interessato le politiche sociali e del lavoro negli ultimi anni hanno influito significativamente sui percorsi d’integrazione lavorativa di persone con problemi di salute mentale. In par ticolare, l’applicazione della legge 68/99, che interessa un numero rilevante di persone con disagio psichiatrico, ha prodotto importanti innovazioni nelle strategie e nelle modalità operative. Anzitutto, con la nuova legge il centro per l’impiego è divenuto un punto di riferimento importante nella progettazione e realizzazione di percorsi d’integrazione, integrando la propria azione con quella già svolta dal SIL, dai servizi per la salute mentale e dalle cooperative sociali. Nel nuovo contesto, sono gradualmente caduti i vincoli specifici legati alla malattia mentale (es. essere segnalato o in carico ai servizi della psichiatria), con il risultato di un grosso passo in avanti nella lotta alla discriminazione, ma con il relativo aumento di responsabilità e di strumenti ef ficaci di valutazione delle capacità relazionali e lavorative da parte dei servizi per l’inserimento lavorativo (centro per l’impiego e SIL). Si sono quindi modificate le modalità di accesso al lavoro delle persone con problemi di salute mentale. La richiesta da parte della persona di essere avviata a percorsi d’inserimento lavorativo non è più mediata soltanto dai servizi per la salute mentale, ma anche da una serie articolata di soggetti (altri ser vizi, aziende, centro per l’impiego) ed in particolare è effettuata direttamente dal lavoratore. È così aumentata la necessità per i servizi di lavorare in rete (SIL, dipartimento di salute mentale, agenzie formative, ser vizi sociali, cooperative) e l’UVMD è sempre più la metodologia fondamentale per integrarsi, interagire, scambiare conoscenze, costruire progetti e definire percorsi coordinati, in par ticolare nei casi complessi. Tutto ciò ha favorito lo sviluppo di nuove forme di collaborazione tra dipartimento di salute mentale e SIL, anche per chi non è già sostenuto dai servizi della psichiatria e per coloro che presentano una malattia mentale associata ad altro tipo di malattia o di deficit intellettivo o sensoriale. Va infine rilevato che la nuova normativa riguardante il mercato del lavoro ha introdotto numerosi elementi di flessibilità e specifici strumenti di sostegno alle persone svantaggiate, offrendo la possibilità di rispondere in modo più mirato e personalizzato ai bisogni delle persone con disagio mentale. Negli ultimi anni, anche per effetto della legge 68/99, vi è stato un aumento rilevante delle persone con disagio mentale inserite al lavoro (con riferimento all’attività del SIL: 59 nel 2001 a 95 nel 2002, 116 nel 2003). La realizzazione di progetti finanziati dall’Unione Europea L’U.L.SS. n.4 è uno dei soggetti promotori del progetto Equal “Mer curio – Sistema in rete di servizi di promozione professionale e occupazionale”, che usufruisce di un finanziamento comunitario (U.E.). Il progetto si realizza nelle province di Vicenza e Verona e coinvolge 28 par tner pubblici e privati. È stato stipulato un accordo di cooperazione tra i soggetti promotori e il SIL partecipa alla realizzazione del progetto, che prevede un’attività di ricerca, una fase di formazione degli operatori coinvolti, l’individuazione di un modello di sistema di servizi per l’inserimento lavorativo e la conseguente sperimentazione di percorsi personalizzati di orientamento, formazione e inserimento lavorativo. Il progetto si concluderà entro il 2005. Il coinvolgimento attivo delle forze sociali, economiche ed istituzionali L’integrazione lavorativa esige lo sviluppo di ampie forme di coordinamento e di intese tra i diversi soggetti collettivi coinvolti. Per questo, nel 2002 è stato istituito il Gruppo Guida per l’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate che assicura l’adesione e il coordina- 244 2. La qualità della vita: i determinanti della salute mento degli attori coinvolti nell’attuazione degli interventi, crea disponibilità e rimuove eventuali ostacoli che si frappongono al processo d’integrazione lavorativa. Compongono il Gruppo Guida rappresentanti di: comuni, Azienda U.L.SS. n.4, Provincia, associazioni imprenditoriali, organizzazioni sindacali, cooperative sociali, centri di formazione professionale, volontariato. Prospettive future Il forte impegno delle istituzioni, dei servizi e di tutta la comunità dell’Alto Vicentino ha consentito in questi anni il raggiungimento di risultati assai significativi. Permangono tuttavia questioni assai rilevanti da affrontare e da governare, che richiedono una gestione in forma integrata tra le diverse istituzioni e i ser vizi coinvolti. In par ticolare vanno segnalati: • l’aumento delle aspettative da par te dei disabili; • l’ampliamento delle attese di sostegno nell’accesso al mercato del lavoro da par te di nuove fasce di lavoratori a rischio di esclusione sociale; • l’incremento delle richieste di aiuto ai servizi da par te di datori di lavoro in dif ficoltà nel gestire situazioni problematiche e complesse; • la carenza di risorse (in par ticolare personale, ma anche economiche) in relazione agli obiettivi da raggiungere e alle attività da svolgere. Inoltre, va segnalato il momento difficile che sta attraversando il mercato del lavoro locale, con il risultato di una minore capacità/disponibilità ad accogliere lavoratori svantaggiati. Per il prossimo futuro, al fine di rispondere in modo sempre più mirato e puntuale alle esigenze espresse dai cittadini svantaggiati e dalle aziende, occorre proseguire con decisione sulla strada intrapresa, sviluppando le seguenti strategie ed azioni: a) dedicare una rinnovata attenzione al settore dell’integrazione lavorativa; b) sviluppare il sistema territoriale dei ser vizi per l’inserimento lavorativo; c) rafforzare la collaborazione tra il SIL e il centro per l’impiego; d) migliorare la gestione della legge 68/99; e) offrire ai lavoratori e alle aziende servizi per tutte le forme di svantaggio; f) valorizzare la cooperazione sociale d’inserimento lavorativo; g) sviluppare il sistema della formazione professionale; h) incrementare gli interventi per persone con problemi di salute mentale; i) potenziare i percorsi d’inserimento lavorativo dei tossicodipendenti e alcolisti; l) consolidare i percorsi d’integrazione sociale in ambiente lavorativo; m) realizzare una forte azione promozionale; n) favorire la formazione degli operatori; o) reperire nuove risorse per l’integrazione lavorativa; (a) Dedicare una rinnovata attenzione al settore dell’integrazione lavorativa Tutti gli attori coinvolti sono chiamati a prestare una forte attenzione al tema dell’integrazione lavorativa, riconoscendo e valorizzando i ser vizi per l’inserimento lavorativo di persone con disabilità e sostenendo la capacità di collegare tra loro le politiche e gli strumenti in un’azione di sistema. Ciò potrà essere favorito da un forte raccordo a livello locale tra le politiche del lavoro e della formazione e quelle sociali e sanitarie, superando incoerenze, sovrapposizioni e contrasti tuttora presenti nei testi normativi che disciplinano i diversi aspetti della materia. In tal modo, inoltre, si potranno ricondurre a maggiore unitarietà le molteplici fonti di finanziamento attualmente disponibili, promovendone un utilizzo complementare e più effi- La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa 245 ciente. (b) Sviluppare il sistema territoriale dei servizi per l’inserimento lavorativo L’aspetto fondamentale che contraddistingue e qualifica il processo d’integrazione lavorativa nell’Alto Vicentino è il lavoro di rete tra i diversi attori coinvolti. Ciò ha favorito lo sviluppo di un sistema territoriale di servizi che, superando un appiattimento ad una logica di rigida suddivisione del lavoro in base alle competenze assegnate dalla normativa, agiscono con un’ottica di collaborazione e reciprocità, riconoscendo e valorizzando i diversi punti di vista degli attori nel perseguimento congiunto di comuni obiettivi. Nel prossimo triennio si dovrà potenziare tale sistema integrato, creando così maggiori possibilità di lavoro per chi si trova in una condizione di difficoltà o di disabilità. Per quanto riguarda l’accesso ai percorsi d’inserimento lavorativo, i servizi completeranno il superamento di una visione burocratica di definizione della propria utenza, per adottare uno schema dinamico per cui è il sistema che, sulla base delle esigenze che nascono dalla sua operatività, definirà concretamente quale sarà l’utenza. È ovvio che ciò dovrà avvenire secondo un’ottica dialettica in cui il tema delle risorse necessarie per garantire gli interventi richiesti non è questione secondaria. Fondamentale sarà poi perseguire l’integrazione tra gli interventi per l’inserimento lavorativo e l’insieme delle azioni messe in atto dai servizi educativi, sociali e sanitari, al fine di ricomprendere i percorsi d’integrazione lavorativa all’interno del progetto di vita della persona. In questa prospettiva, si dedicherà una particolare attenzione alla valorizzazione dell’appor to offerto dal mondo della scuola (formazione, orientamento, costruzione dell’identità dei giovani, prevenzione dei disagi e recupero degli svantaggi), sostenendone l’apertura al territorio ed attivando percorsi di alternanza scuola-lavoro. Un impegno comune importante, che rappresenta una condizione per sviluppare un proficuo rapporto tra i servizi, sarà quello di mettere a punto una metodologia rigorosa e qualificata, condivisa fra tutti gli operatori impegnati in quest’ambito d’intervento. L’inserimento lavorativo, realizzato in forma fortemente integrata tra le diverse istituzioni e i servizi coinvolti, si è rivelato un impor tante fattore d’innovazione che potrà por tare all’individuazione di inedite forme gestionali ed organizzative tra gli attori interessati, ad esempio tra Provincia, Azienda U.L.SS. e comuni, come suggerito dal decreto legislativo 276/03 applicativo della legge 30/03 di riforma del mercato del lavoro. Fondamentale sarà poi rafforzare il coinvolgimento delle parti sociali e di tutti i soggetti coinvolti. A tale scopo si prevede di riqualificare il ruolo e l’azione del Gruppo Guida per l’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate. Si evidenzia, infine, che la gestione dell’inserimento lavorativo e delle relazioni connesse hanno assunto una dimensione provinciale, rendendo oramai inadeguata un’azione indipendente svolta negli ambiti territoriali delle singole aziende U.L.SS. La complessità e la specificità del settore dell’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate, nonché le più recenti indicazioni normative, richiamano con forza l’esigenza di razionalizzare ed integrare il sistema dei servizi e degli inter venti, al fine di creare maggiori possibilità di lavoro per chi si trova in una condizione di difficoltà o di disabilità. Per questo si perseguirà il confronto e la collaborazione tra i servizi in ambito provinciale. In tale prospettiva si collocherà anche la realizzazione nel triennio 2005-2007 del progetto RE-INTEGRA, un’iniziativa finanziata dal Fondo Sociale Europeo (misura EQUAL) che vede la par tecipazione di numerosi partner della Provincia di Vicenza tra cui anche l’Azienda U.L.SS. n.4. 246 2. La qualità della vita: i determinanti della salute (c) Rafforzare la collaborazione tra il SIL e il Centro per l’impiego L’integrazione tra le politiche formative e del lavoro e quelle sociali e sanitarie rappresenta la nuova frontiera dello stato sociale. Per questo, il SIL e il centro per l’impiego stanno sperimentando una modalità operativa fondata su una forte integrazione strategica ed operativa, promovendo e sostenendo congiuntamente l’inserimento lavorativo dei cittadini svantaggiati del territorio. Sulla scor ta di tale proficua collaborazione, la Provincia di Vicenza e l’Azienda U.L.SS. n.4 attiveranno sperimentalmente uno specifico servizio al fine di assicurare le funzioni ed i compiti relativi all’inserimento e all’integrazione lavorativa di cittadini in condizione di particolare svantaggio sociale così come definiti dall’art.1 comma 1 della Legge 68/99, dall’ar t.4 comma 2 della Legge n.381/91 e dalla DGRV n.3350/2001. Tale ser vizio sarà avviato mettendo in comune risorse umane, strumentali e finanziarie della Provincia e dell’Azienda U.L.SS., si collocherà all’interno del sistema dei ser vizi per l’impiego ed assumerà il nome di Servizio Integrazione Lavorativa – Area Svantaggio. (d) Migliorare la gestione della legge 68/99 Per rispondere alle esigenze d’inclusione lavorativa delle persone disabili si perseguirà una gestione efficace ed efficiente della legge 68/99, valorizzando ulteriormente il ruolo del comiutato tecnico a livello locale. Nei confronti dei lavoratori disoccupati, si completerà il monitoraggio delle disponibilità di tutti gli iscritti alle liste della legge 68/99, proseguiranno le azioni di orientamento per giovani disabili o svantaggiati in obbligo formativo, anche attivando percorsi di alternanza scuola-lavoro e si potenzieranno ulteriormente i percorsi formativi, collaborando sia con i centri di formazione professionale, sia con la cooperazione sociale. Nei confronti delle aziende, saranno monitorate le situazioni di crisi aziendale al fine di meglio adeguare gli inter venti di politica attiva (promozioni, inserimenti, tirocini, ecc.) e sarà potenziata l’attività di rilevazione dei fabbisogni professionali, al fine di individuare ruoli e mansioni compatibili con l’offer ta di lavoro. Si cercherà poi di incrementare il livello di collaborazione dei datori di lavoro, dedicando una particolare attenzione alle imprese con più di 50 dipendenti, in particolare procedendo alla stipula di convenzioni di programma. È inoltre oggetto di studio la predisposizione di iniziative di coinvolgimento attivo delle imprese nei percorsi d’integrazione lavorativa (es. corso di formazione per referenti sociali delle aziende). (e) Offrire ai lavoratori e alle aziende servizi per tutte le forme di svantaggio Nell’ultimo periodo sta emergendo il disagio lavorativo di cittadini svantaggiati privi dell’accertamento delle condizioni di disabilità o comunque non “certificati” o non appartenenti alle tipologie tradizionalmente in carico all’U.L.SS. I servizi ter ritoriali (cooperative sociali, SIL, centro per l’impiego, ser vizi sociali comunali, centri di formazione professionale) sono già impegnati in quest’ambito d’intervento, ma appare evidente l’esigenza di raf forzare l’impegno con modalità for temente integrate, offrendo adeguati supporti e idonei processi di riqualificazione. Per tanto, nel prossimo triennio si perseguirà l’obiettivo di pervenire ad un sistema integrato d’intervento per tutti i lavoratori in condizione di svantaggio, fondato sulla progettazione e realizzazione condivisa delle azioni tra tutti i servizi. In par ticolare, mutuando l’esperienza positiva del comitato tecnico previsto dalla legge 68/99, si sperimenterà l’estensione del modello d’inter vento adottato per le persone con disabilità agli altri lavoratori a rischio di esclusione sociale. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa 247 Un importante contributo in tale direzione è rappresentato dalla sperimentazione in atto nell’ambito del progetto Equal Mercurio, che si concluderà entro il 2005. Essa consiste nell’attivazione congiunta da parte dei soggetti coinvolti (centro per l’impiego, SIL, CFP, cooperazione sociale), di percorsi di osser vazione, formazione e inserimento lavorativo destinati a persone in situazione di svantaggio, con attenzione prioritaria a quelle prive dell’accertamento delle condizioni di disabilità e segnalate dai servizi ter ritoriali. L’impegno nei confronti di questi lavoratori è stato sancito mediante una specifica intesa. Assai significativo, in quanto collega concretamente le politiche assistenziali con le politiche attive del lavoro, è il protocollo d’intesa, stipulato nel mese di novembre 2004, tra la provincia di Vicenza, l’Azienda U.L.SS. n.4 e il Comune di schio per la realizzazione di tirocini a favore di persone svantaggiate assistite economicamente dal comune. Tale accordo prevede che le borse lavoro ai tirocinanti siano erogate dal Comune di Schio a titolo di assistenza economica finalizzata. Nel 2005 è poi previsto l’avvio del progetto IRIDE – Inter vento Ricerca Inclusione Donne Emarginate. Un’iniziativa promossa dal consigliere di parità della Provincia di Vicenza e che sarà realizzata dal SIL in collaborazione con la rete dei ser vizi territoriali che si occupano della condizione femminile e di inserimento lavorativo. Sarà effettuata un’indagine su alcuni aspetti della realtà del disagio psicosociale femminile sommerso presente nell’Alto Vicentino e saranno attivate azioni formative e di sostegno all’inserimento lavorativo di un gruppo target di 15 donne, con l’obiettivo di innescare processi di empowerment. (f) Valorizzare la cooperazione sociale d’inserimento lavorativo Appare necessario valorizzare l’impor tante ruolo svolto nel settore dell’integrazione lavorativa dalle cooperative sociali B, che stanno attraversando un momento di difficoltà, legato in particolare alle condizioni problematiche del mercato del lavoro e alle evoluzioni del processo di decentramento produttivo attuato dalle imprese. Per tanto, si agirà in particolare in due direzioni. Anzitutto, si cercherà di cogliere l’oppor tunità of ferta dalle disposizioni previste all’articolo 14 decreto 276/03, che aprono uno spazio per un ruolo maggiormente significativo della cooperazione sociale e, soprattutto, possono costituire uno strumento per il consolidamento del ruolo già ora esercitato dalla cooperazione sociale e per un suo ulteriore sviluppo e miglioramento. Inoltre, si perseguirà un più ampio utilizzo delle commesse pubbliche affidate alle cooperative sociali. (g) Sviluppare il sistema della formazione professionale Il contributo offer to dalla formazione professionale è significativo, ma essa non può sviluppare appieno le proprie potenzialità, in quanto si deve confrontare con un modello d’inclusione lavorativa per buona parte ancorato allo sviluppo di percorsi speciali e con un’eccessiva focalizzazione della dimensione corsuale degli interventi. Sarà perseguita una maggiore integrazione dei percorsi formativi scolastici con i percorsi di integrazione lavorativa (SIL, Centro per l’impiego, cooperative sociali). In particolare, saranno realizzati percorsi di osservazione in ambiente di lavoro destinati a persone in formazione scolastica, consentendo sia una “presa in carico” da par te di tutti i servizi della rete prima della conclusione del percorso scolastico, sia la possibilità di delineare meglio i profili di queste persone in vista di un successivo orientamento rispetto alle opportunità offer te dal territorio. Ciò favorirà una maggiore ottimizzazione dei percorsi, in maniera da giungere precocemente ad una valutazione condivisa dei casi e ad una progettazione che faciliti i vari passaggi. Lo sviluppo di un maggior raccordo tra la formazione professionale e i servizi per l’inserimento 248 2. La qualità della vita: i determinanti della salute lavorativo sarà sostenuto da una specifica intesa. (h) Incrementare gli interventi per persone con problemi di salute mentale L’inserimento lavorativo delle persone con problemi di salute mentale è un ambito d’intervento assai impegnativo, che richiede un insieme di interventi, non solo centrati sul lavoro, ma piuttosto sull’insieme delle relazioni che il soggetto instaura con il mondo, per trovare un equilibrio in cui la persona possa riconoscersi e vivere in modo accettabile. È un processo che coinvolge numerosi soggetti e che richiede la presenza di più operatori capaci di occuparsi di bisogni diversi, in grado di collaborare e coordinarsi fra loro. Si prevede una specifica attenzione a questo settore d’inter vento, che attualmente risente in modo par ticolare della difficile situazione del mercato del lavoro. In particolare, l’esperienza realizzata nel territorio suggerisce la necessità di incrementare l’area riabilitativa pre-lavorativa che riveste un’importanza fondamentale per il successo delle esperienze. (i) Potenziare i percorsi d’inserimento lavorativo dei tossicodipendenti e alcolisti Si proseguirà la realizzazione del progetto PassWork finalizzato all’inserimento lavorativo tossicodipendenti e finanziato con il Fondo Regionale per la Lotta alla Droga per il triennio 2002/2005. Sempre nell’ambito delle iniziative incluse nel piano Lotta alla Droga, il SIL sta par tecipando alla realizzazione del progetto Care Job che prevede lo sviluppo di iniziative di prevenzione della tossicodipendenza negli ambienti di lavoro. La sperimentazione realizzata nel precedente triennio ha fatto emergere la presenza di soggetti che non possiedono le caratteristiche o i prerequisiti per intraprendere un percorso verso un’occupazione. L’esperienza dimostra tuttavia che, accanto ad aspetti di forte connotazione problematica, permangono capacità e risorse relazionali, cognitive ed operative, sulle quali si potrebbe far leva per avviare specifici programmi terapeutico riabilitativi a bassa soglia ed occupazionali. I servizi territoriali attualmente non possiedono strumenti per offrire proposte adeguate dal punto di vista occupazionale e terapeutico ed appare importante avviare una riflessione per costruire percorsi mirati di integrazione sociale. (j) Consolidare i percorsi d’integrazione sociale in ambiente lavorativo Al fine di rispondere al sempre maggior bisogno di integrazione manifestato dalle persone disabili che non possono trovare una collocazione stabile nel mondo del lavoro, il SIL ha attivato formule innovative di permanenza nel sistema produttivo, che consentono la realizzazione di esperienze positive di costruzione dell’identità personale e di socializzazione, alternative o complementari all’inserimento in struttura. Occorre evidenziare il gradimento assai elevato che questa tipologia d’inter vento ha incontrato nelle persone interessate e nelle loro famiglie, in quanto i percorsi attivati consentono una migliore qualità della vita sociale all’interno della propria comunità di appar tenenza. Attualmente una parte degli inter venti è finanziata dalla Regione Veneto mediante uno specifico progetto approvato dalla Conferenza dei Sindaci dei comuni dell’Azienda U.L.SS. n.4 e che si concluderà alla fine del 2004. Al fine di assicurare continuità alle esperienze attivate è stato predisposto il progetto RELAIS – Reti di Lavoro per l’Integrazione Sociale, che ha ottenuto uno specifico finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa 249 (k) Realizzare una forte azione promozionale Sarà dedicata una for te attenzione alle attività promozionali, perseguendo lo sviluppo di una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione e dando forte visibilità ai progetti e alle iniziative per l’integrazione lavorativa realizzate. Tale azione potrà concretizzarsi con modalità assai eterogenee (organizzazioni di incontri e iniziative, preparazione e divulgazione di materiale informativo, rapporto con i mass media, ecc.). (l) Favorire la formazione degli operatori La messa a punto di percorsi formativi congiunti per gli operatori dei servizi coinvolti appare una scelta strategica. Appare pertanto indispensabile favorire lo sviluppo di conoscenze e modalità operative condivise tra gli operatori dei servizi coinvolti, mettendo a disposizione occasioni mirate di formazione, indispensabili ad una buona pratica d’integrazione lavorativa. (m) Reperire nuove risorse per l’integrazione lavorativa Appare indispensabile che le istituzioni ed i soggetti coinvolti si impegnino nel reperire risorse a sostegno del processo d’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate. Tale esigenza è richiamata dalla considerevole domanda di ser vizi da parte dei lavoratori e delle imprese, dalla disponibilità limitata di personale (in particolare nel Centro per l’impiego e nel SIL) rispetto alla domanda, dall’insufficienza di risorse finanziarie disponibili per gestire compiutamente l’insieme delle agevolazioni offerte ai datori di lavoro dalle normative vigenti. La presenza di un sistema di ser vizi integrato consentirà l’utilizzo complementare delle risorse. A supporto di un maggior investimento nelle politiche per l’inclusione dei disabili nel mondo del lavoro, vi sono ragioni di principio, ma anche ragioni di ordine economico: è dimostrato che la spesa effettuata in questa direzione produce un’utilità generale per la collettività che, riuscendo a includere le persone con disagio nei processi di scambio economico, riesce a ridurre i costi per inter venti assistenziali passivi. I servizi per gli immigrati La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati 251 Housing sociale Agenzia sociale per la casa È un servizio gestito dall’associazione Diakonia Onlus Caritas Vicentina e altre organizzazioni partner. Finalità L’Agenzia Sociale per la Casa è predisposta per creare e dif fondere strumenti e attività finalizzati a superare le dif ficoltà relative all’acquisto dell’alloggio da parte di residenti di condizioni socioeconomiche modeste. L’iniziativa dell’Agenzia Sociale per la Casa è nata dalle riflessioni sul cronicizzarsi delle difficoltà per gli immigrati nel trovare alloggio. Anzitutto si è constatato come nel territorio della provincia di Vicenza vi fosse una strutturale carenza di case in affitto. L’affitto è il sistema ideale che permette di accogliere flussi migratori in arrivo. Ma in Italia non ci sono stati i massicci investimenti pubblici sulle abitazioni che in altri paesi europei rendono agevole trovare un alloggio in locazione a canone modesto. Le case in affitto mancano infatti non solo per le famiglie immigrate, ma anche per quelle italiane. È evidente tuttavia che le oppor tunità di incrementare le soluzioni in locazione sono frutto di politiche di lungo periodo che gli attori locali fanno fatica ad implementare. Sono scelte che competono a chi può incidere direttamente sulle nor me che regolano gli af fitti e a chi può prendere decisioni in merito agli investimenti pubblici. Ad oggi, infatti, le case che ci sono nel territorio, oltretutto più che sufficienti per tutti, sono un “investimento” gestito quasi solo nel mercato della compravendita. Tuttavia si è potuto verificare come alcune famiglie immigrate, via via che si allungava la loro presenza in Italia, e meglio si definivano i progetti migratori, hanno risolto il problema della casa con l’acquisto dell’abitazione: si adattano quindi al modello che trovano in loco dove la maggior parte delle persone sono proprietarie dell’alloggio. Una ricerca promossa nel Comune di Schio nel 2000 ha confermato, con evidenza statistica, questa ipotesi. Comprare casa può essere una scelta economica ragionevole per chi paga canoni di affitto a volte spropositati, e rappresenta un passo cruciale verso l’integrazione. Chi acquista l’alloggio definisce un approdo nel suo migrare e scommette su un territorio, su una comunità. Alle sue spalle inoltre lascia un appartamento in af fitto per altri e in qualche modo fa “muovere la fila”. Ma comprare casa compor ta un percorso pieno di ostacoli: • all’inizio è difficile comprendere come funziona l’iter complesso dell’acquisto dell’alloggio: è un viaggio complicato tra promesse d’acquisto, caparre confir matorie, prefinanziamenti e rogiti notarili; • poi non è sempre facile poter preventivare bene i costi e le risorse economiche da reperire; • viene poi la dif ficoltà di accesso al credito da parte di persone che, se anche hanno discrete possibilità di reddito, determinate dal fatto che più componenti del nucleo famigliare lavorano, non hanno risparmi, perché li rimettono quasi sempre alle famiglie nei paesi d’origine; • quindi c’è la stima degli immobili: non semplice per coloro che non hanno elementi e parametri utili per decifrarne il valore; • da ultimo c’è il problema specifico per le persone straniere: il vincolo delle norme che impongono il rispetto dei parametri regionali di edilizia residenziale pubblica nel rapporto tra metri quadri e persone che possono risiedere nell’alloggio. Ci si immagini cosa può significare, per chi ha impegnato 252 2. La qualità della vita: i determinanti della salute tutte le proprie risorse e ha sottoscritto un mutuo ventennale, scoprire che non può ricongiungere tutta la famiglia o ottenere la carta di soggiorno per non aver saputo districarsi tra queste impor tanti informazioni Si sono quindi raccolti elementi tali da poter pensare che: • molte persone potrebbero considerare questo genere di soluzione se “orientate” e “accompagnate” (incidenza nelle variabili di dimensione del comportamento e velocità del fenomeno); • molti errori potrebbero essere evitati e venire favorite scelte migliori (incidenza nella variabile di successo del compor tamento). Innovatività dell’iniziativa L’innovatività consiste nel sollecitare e valorizzare le capacità autonome delle famiglie immigrate residenti in provincia nella soluzione del problema alloggiativo di lungo periodo. In questo da un lato si preparano i destinatari del progetto ad affrontare e superare rischi e problematicità presenti in queste operazioni (aspetto “educativo”), dall’altro si sollecitano e si utilizzano le capacità del mercato immobiliare e del credito nel fornire soluzioni per la compravendita degli immobili anche di valore modesto. Concettualmente si parte dal presupposto di non offrire alle famiglie immigrate soluzioni appositamente allestite in termini assistenziali in materia di abitazione, quanto piuttosto di coinvolgerle in operazioni di sostegno alle proprie capacità di individuare e progettare le stesse. Il progetto inoltre considera che l’acquisto dell’alloggio migliora il livello di integrazione nel territorio favorendo la stabilizzazione residenziale, la responsabilità nell’uso dell’abitazione, l’inserimento di lungo periodo nel contesto comunitario. Avvio dell’iniziativa L’iniziativa è stata avviata da Diakonia onlus – Caritas Vicentina in alcuni territori della provincia di Vicenza informalmente da ottobre 2001, formalmente da settembre 2002. Partnership attuali I partner attuali sono: coop. Sociale Samarcanda – progetto Zattera Blu, Cesvitem ONG, Associazione Ar tigiani (Confar tigianato), Associazione Industriali (Confindustria), Apindustria, Cna, Associazione “L’isola che non c’è” (Cgil-Cisl-Uil). Il progetto è stato approvato dalla Regione Veneto, dalla Conferenza dei Sindaci dell’U.L.SS. n.4, dal comune di Vicenza, dal comune di Chiampo, da quello di Bassano del Grappa. L’iniziativa è inserita nelle attività del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione. Raccordo con il territorio Si opera con l’approvazione dei comuni sede degli inter venti, e si chiede l’inserimento dell’attività nei piani di zona approvati dalle rispettive conferenze dei sindaci della provincia (già in essere per l’U.L.SS. n.4, in richiesta per quelli U.L.SS. n. 6 e n. 3) L’accesso al servizio per gli italiani Gli enti locali sottolineano come il problema della casa riguardi in misura sempre maggiore anche gli italiani. Pur nella par ticolarità della potenziale utenza autoctona che soffre di soluzioni abitative inadeguate, spesso per motivi legati a situazioni di disagio, il servizio sarà aper to alla totalità dei residenti nel territorio. Ipotesi di sviluppo dell’iniziativa dal 2004 Sportelli per ser vizi di informazione e accompagnamento individuali Attività: sportelli aper ti al pubblico Sede spor tello attivo in area U.L.SS. da gennaio 2004: Schio Possibili sedi di futuri spor telli: Valdagno, Thiene. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati 253 Apertura: orari serali fruibili dagli inter essati. Compito: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio (information), preventivazione e programmazione economica (advisor y planning), definizione progetti individuali (step by step), accompagnamento sociale (counseling). Obiettivi minimi di attività per il 2004: 150 utenti registrati Ser vizio di perizia di stima degli alloggi Compito: stima generale del valore di congruità dell’immobile e verifica del rispetto delle normative per l’immobile Incontri con comunità/associazioni immigrati Incontri con le comunità/associazioni immigrati del territorio. Compiti: informazione generale, orientamento/confronto sulle strategie di soluzione al problema alloggiativo. Corsi di formazione per accompagnatori sociali all’acquisto dell’alloggio Compito: preparazione referenti presso le comunità/associazioni di immigrati in grado di scambiare e trasmettere competenze in tema di: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio (information), preventivazione e programmazione economica (advisor y planing), definizione progetti individuali (step by step), accompagnamento sociale (counseling). Attività degli accompagnatori sociali/mediatori culturali all’acquisto ai servizi di spor tello e stage operativi Compito: referenti presso le comunità/associazioni di immigrati e affiancamento nelle attività specifiche di spor tello: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio (informa tion), preventivazione e programmazione economica (advisory planing), definizione progetti individuali (step by step), accompagnamento sociale (counselling). Pubblicizzazione del servizio Strumenti di divulgazione di informazioni sul servizio: preparazione e distribuzione depliants. Implementazione materiali in internet Preparazione di materiale di lavoro ed elementi di conoscenza in internet su sito dedicato. L’integrazione a scuola Responsabile Sindaco di Schio, Comune capofila Contesto di riferimento L’inter vento si propone di estendere in tutti i Comuni l’esperienza del progetto “Un mondo di colori” finanziato con i contributi derivanti dalla L.285/97. Obiettivi La finalità generale del progetto è quella di trasformare le problematiche e le tensioni di una società multietnica in fattori di crescita in senso interculturale. Ciò par tendo proprio dai bambini, i quali sono i protagonisti di questo processo di cambiamento. Più specifacamente, con gli inter venti qui previsti, si intendono perseguire i seguenti obiettivi/sottobiettivi: • favorire il primo inserimento scolastico dei minori stranieri: • superamento delle prime barriere linguistiche nell’approccio con l’alunno straniero; • primo orientamento del minore rispetto al funzionamento scolastico; • accoglienza dell’alunno e suo inserimento nel contesto di classe; • accrescimento della coesione fra il gruppo classe; • sostenere e facilitare il dialogo fra insegnanti e genitori stranieri: • facilitazione dei primi contatti fra scuola e famiglia; 254 2. La qualità della vita: i determinanti della salute • Primo orientamento del genitore straniero rispetto all’ordinamento scolastico; Piano di Lavoro Il progetto prevede due tipologie d’intervento: 1. mediazione interculturale, 2. pronto intervento linguistico. 1. Mediazione interculturale Il mediatore interculturale è una figura nuova nel panorama delle professioni sociali e dallo statuto ancora in fase di definizione. Si tratta di una persona – non necessariamente straniera - che unisce alla conoscenza della lingua e degli usi e costumi di un gruppo minoritario la padronanza della lingua, della cultura e del sistema amministrativo del nostro paese, oltre ad avere formazione e attitudine personale ai rapporti umani ed alla gestione del conflitto. Egli deve riuscire a fungere da “ponte” nell’accesso e nella fruizione dei servizi: non surrogare, quindi l’insegnante nell’esercizio delle proprie funzioni né tantomeno sostituirsi all’immigrato, rispetto al quale deve anzi sostenere percorsi di autonomia. L’inter vento del mediatore interculturale nell’ambito di questo progetto è finalizzato a promuovere e agevolare la prima integrazione del bambino straniero all’interno della classe e agevolare il rapporto con la sua famiglia. Spesso l’inserimento di un alunno straniero in classe crea delle difficoltà per problemi di lingua, modalità di apprendimento diverso rispetto al paese di origine ecc. L’inter vento del mediatore interculturale può essere di aiuto per facilitare l’avvio all’apprendimento, anche a fianco del facilitatore linguistico, “mediando” tra il sistema scolastico conosciuto e il sistema scolastico italiano. 2. Pronto intervento linguistico Si tratta di un supporto, nei primi giorni di inserimento scolastico del minore straniero, focalizzato all’insegnamento/apprendimento delle competenze linguistiche di base. Il pronto intervento linguistico viene effettuato sulla base di una programmazione personalizzata, la quale viene concordata fra la facilitatrice linguistica incaricata dalla segreteria del progetto e l’insegnante di classe, in modo da far acquisire all’alunno una serie di pre-conoscenze che lo abilitino ad interagire nelle attività comuni della classe e nei momenti di socializzazione. Ambulatorio per immigrati Relativamente alla coper tura sanitaria, il capo I del Titolo V, artt. 34, 35 e 36 del D.Leg.vo n.286/98 prevede, per lo straniero che entra nel territorio nazionale, livelli assistenziali diversificati a seconda che: • sia intervenuta l’iscrizione al SSN nel qual caso lo straniero ha diritto all’assistenza sovrapponibile a quella per il cittadino italiano; • si sia in carenza di iscrizione al SSN, prevedendo una diversificazione ulteriore, nel caso: (a) in cui lo straniero sia in possesso di un regolare visto d’ingresso (dettando una regolamentazione specifica per l’ingresso per cura mediche); (b) sia entrato in maniera irregolare e dichiari uno stato di indigenza nel momento in cui richiede e riceve le cure sanitarie. Nell’ambito di quest’ultima fattispecie, ex ar t. 35 comma 3, vengono garantite le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti e comunque essenziali ancorché continuative, in particolare modo le prestazioni collegate alla maternità responsabile, le prestazioni finalizzate alla tutela del minore, le vaccinazioni, gli inter venti di profilassi internazionale, le prestazioni di profilassi di diagnosi e cura delle malattie infettive e la eventuale bonifica dei relativi focolai. La Regione del Veneto, al fine di dare attuazione alla norma nazionale, con propria Deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n.3386 del 27.10.2000 e successiva nota n.14394 di prot. del 7 novembre 2000, ha invitato i direttori generali delle aziende U.L.S.S. La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati 255 ad individuare, nell’ambito dei presidi territoriali (attivando anche adeguate iniziative di carattere informativo-divulgativo), una o più sedi ambulatoriali destinate a fungere, da riferimento strutturale per l’erogazione e la prescrizione delle prestazioni urgenti ed indifferibili ancorché continuative, rivolte ad extracomunitari irregolari indigenti. Tali prestazioni si intendono rientranti nei livelli di assistenza di cui al comma 3, dell’art. 35 del Dec. Leg.vo n.286/98. Deve essere garantita agli stessi soggetti, nell’ambito delle prestazioni urgenti ed indifferibili ancorché continuative, l’erogazione dei farmaci limitatamente ad un numero determinato di confezioni, tramite le farmacie convenzionate. Viene previsto l’uso del ricettario regionale, a parità di condizioni con il cittadino italiano, e vengono indicati, quali farmaci essenziali cui riferirsi, quelli contenenti i medesimi principi attivi già contemplati dal precedente intervento regionale, di cui alla DGR n.3264 del 22.07.1996 “Progetto sanitario in materia di assistenza agli immigrati ed agli emarginati” prorogato con la successiva DGR n.5105 del 28.12.1998. Nelle more dell’aggiornamento del suddetto elenco, i medici operanti nelle sedi ambulatoriali, come sopra individuate, sono altresì autorizzati a prescrivere farmaci contenenti principi attivi ulteriori, limitatamente a specialità medicinali comprese nella fascia A del Prontuario Farmaceutico nazionale. Per l’erogazione delle prestazioni sanitarie a favore dei cittadini extracomunitari irregolari indigenti e la prescrizione dei farmaci, volute dalla DGRV n.3386, oltre ai consueti canali di erogazione pronto soccorso, UO di malattie infettive, ecc., si prevede, la creazione di ambulatori “dedicati” presso le sedi distrettuali, almeno le due principali, quella di Thiene e quella di Schio, con la previsione, almeno inizialmente, di un ambulatorio settimanale per complessive una ora e mezza per ogni sede, suscettibili di ampliamento secondo il grado di domanda registrato. Gli spazi saranno quelli degli ambulatori di medicina pubblica quando non utilizzati, previa eventuale integrazione della dotazione degli arredi (es. piccolo armadietto con dotazione minima di farmaci e campioni) e delle attrezzature. Al fine di garantire la continuità del ser vizio, e di poter effettuare un corretto monitoraggio dei livelli di attività e di spesa, anche indotta, sarà concordato con i coordinatori di sede del servizio di continuità assistenziale l’affidamento dell’attività ambulatoriale ai medici del servizio stesso previa formale adesione dei singoli al progetto. È necessario, al fine di garantire la riuscita dell’iniziativa, programmare una campagna informativa, tramite comunicati alla stampa locale, nonché attivare una serie di contatti diretti con i comuni, le associazioni del volontariato e le associazioni rappresentanti la varie etnie ove presenti. Questo consentirà anche di mettere a punto una sorta di documento guida all’accesso che costituisca per l’Azienda uno standard di gestione dell’attività. Integrazione socioculturale degli immigrati Contesto di riferimento Negli ultimi anni è emerso nel territorio dell’U.L.S.S. n. 4 un duplice bisogno: da una parte, per gli stranieri, il bisogno di avere un’informazione e di esprimere una richiesta di assistenza in maniera adeguata (sia per problemi psico-fisici che sociali); dall’altra parte, per gli operatori socio-sanitari, la necessità di soddisfare la domanda di servizi quando i codici di comunicazione sono diversi per lingua, cultura, provenienza. Piano di Lavoro In questo senso l’attività di mediazione interculturale si propone come punto di incontro tra le due par ti e si può concretizzare con: • l’apertura di uno sportello di ser vizio di mediazione interculturale a disposizione sia dei presidi 256 2. La qualità della vita: i determinanti della salute ospedalieri che dei servizi socio-sanitari territoriali; • in un programma dei consultori familiari finalizzato alla conoscenza-informazione nel campo familiare (family-planning, counselling psico-sociale alle coppie straniere o miste in difficoltà), ostetricoginecologico (con documentazione rivolta alle donne straniere sulla sessualità e quindi prevenzione di problemi sanitari femminili, di gravidanza e di puerperio); • formazione del personale socio-sanitario su ar gomenti di natura transculturale sanitari, psicologici e sociali. Risorse Le risorse per l’integrazione socioculturale degli immigrati ammontano a 30.000 euro. Pronta accoglienza Contesto di riferimento Attualmente è in atto una convenzione con la cooperativa sociale “Samarcanda” per un servizio di pronta accoglienza per persone adulte in stato di grave svantaggio e/o emarginazione. Il Centro di Pronta Accoglienza (CPA) intende fornire temporanea accoglienza abitativa ai dimessi dal carcere, sfrattati, privi di domicilio e ad ogni altra persona in situazione di grave emergenza. Destinatari del servizio sono cittadini italiani e stranieri maggiorenni, ambosessi, autosufficienti in condizioni di disagio causate da: • mancanza, perdita di alloggio; • espulsione dai processi produttivi; • mobilità per ricerca di lavoro; • espulsione dalla famiglia di origine; • dipendenza da sostanze stupefacenti. Obiettivi del ser vizio sono: • for nire pronta accoglienza; • identificare il disagio e segnalarlo ai servizi competenti; • dare informazioni necessarie per facilitare l’integrazione nel territorio; La convenzione in vigore prevede sette posti riservati agli utenti dell’U.L.SS. n.4, due dei quali specificatamente per tossicodipendenti. Dall’analisi dei dati relativi all’utilizzo dei posti negli ultimi sei anni, si evidenzia l’aumento del numero di giornate: Tabella 81 Immigrazione. Giornate di pronta accoglienza per anno Anno Giornate 1998 2.636 1999 2.895 2000 4.217 2001 3.572 2002 2.949 2003 3.091 Si evidenzia come le situazioni di persone che si trovano a vivere in condizioni di forte marginalità e per le quali non sempre è possibile individuare in tempi brevi una soluzione per le loro dif ficoltà ad entrare in contatto con i servizi, sia aumentata. La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati 257 Inoltre viene segnalato come le situazioni attuali presentino pluri-problematicità che richiedono un intensificarsi di interventi che vanno oltre la garanzia del semplice “posto letto”. Da ciò la decisione di incrementare ulteriormente di un posto la convenzione con la cooperativa sociale Samarcanda. La cooperativa Samarcanda inoltre garantisce una seconda accoglienza per quelle persone che necessitano ancora di una soluzione abitativa temporanea, ma che hanno concluso la fase di emergenza ed hanno risolto il problema occupazionale. Seconda accoglienza e progetto donna Contesto di riferimento Il progetto sperimentale di seconda accoglienza intende offrire la possibilità di una risposta temporanea alle difficoltà alloggiative di tutte le persone italiane e straniere che, pur essendo occupati in regolari attività lavorative a Schio o nelle zone limitrofe, si trovano in una situazione di difficoltà nel riuscire a trovare una situazione abitativa temporanea proporzionata alle loro capacità economiche. Il progetto vuole porsi come una naturale prosecuzione del ser vizio offerto presso il CPA ed intende offrire, oltr e alla possibilità di usufruire di una situazione alloggiativa stabile, l’opportunità di intraprendere un percorso finalizzato a valorizzare le risorse dell’individuo e a facilitare il percorso verso una completa autonomia. Si ritiene che l’inserimento del cittadino straniero in una struttura abitativa, qualora sia privato del supporto di un “progetto di accompagnamento”, offra sì una risposta al soddisfacimento dei bisogni primari del soggetto, lasciando però scoperta una fase successiva che vede il cittadino straniero impegnato a misurarsi con una cultura, un contesto sociale, una sfera lavorativa e relazionale che spesso esulano dal suo bagaglio socio-culturale. Si prevedono quindi una serie di azioni mirate a facilitare l’inserimento dei soggetti nella zona e nel contesto socio-culturale, cercando di rendere il meno traumatico possibile il passaggio del cittadino straniero da un contesto culturale all’altro, e cercando, sul versante opposto di sviluppare una “nuova sensibilità” nelle comunità volta a facilitare i processi di integrazione dei cittadini stranieri. Accoglienza donne Contesto di riferimento Il “Progetto Donna” nasce in seguito ad un’attenta valutazione degli effettivi bisogni presenti nel territorio e rilevati . dalle esperienze maturate presso il CPA; emerge infatti che, più che essere aumentato il numero di donne presenti al CPA è aumentato il numero di giorni di permanenza; questo a dimostrare che non si tratta di casi di emergenza, ma che il bisogno è quello di una maggiore stabilità e sicurezza per l’utenza femminile che si presenta. Nel territorio dove si intende operare non esistono strutture destinate all’accoglienza femminile che rispondano in maniera adeguata ai vari bisogni emergenti. È da sottolineare inoltre la difficoltà che compor ta essere “donna” e cioè il trovarsi a dovere affrontare pregiudizi e di conseguenza il non potere usufruire appieno delle risorse che il territorio offre e quindi avere un’inferiore bagaglio di risorse e di capacità nell’affrontare gli ostacoli della vita. Le problematiche presenti nel mondo femminile rappresentano una realtà sommersa e poco visibile e di conseguenza poco raggiungibile, le donne sono molto più vulnerabili, in partico- 258 2. La qualità della vita: i determinanti della salute lar modo se sole e senza alloggio, e non hanno punti di riferimento e di appoggio. In particolare, per quanto riguarda le donne italiane, il progetto è stato pensato per: • donne che si trovano in situazioni di disagio, nel senso più ampio del termine; • donne che hanno pr oblemi con il proprio partner, e che non possiedono la capacità e la conoscenza necessaria per accedere ai servizi o per utilizzare le risorse che possiedono. Il progetto non prevede però di rispondere ai bisogni di donne con problemi legati alla tossicodipendenza, con disagio psichiatrico e ragazze madri con bambini di età inferiore ad un anno, perché si ritiene che nel territorio d’azione siano già presenti varie strutture capaci di rispondere ai bisogni espressi da questa tipologia di utenza. Per quanto riguarda l’utenza straniera bisogna partire dalla premessa che nel nostro paese, ma soprattutto nella nostra regione e provincia, la presenza di persone immigrate è considerevole e ci pone di fronte alla necessità di avere consapevolezza dei meccanismi e delle dinamiche che scaturiscono dal contatto tra culture diverse, ma anche dei processi di trasfigurazione culturale a cui queste persone sono esposte. L’immigrato, infatti, è quotidianamente impegnato in un lento e faticoso processo di adattamento/inserimento in una società che tendenzialmente deprime le sue consolidate abitudini originarie e crea un inevitabile stato di disagio. Sono principalmente le donne straniere, che negli ultimi anni sono diventate più numerose, a trovarsi in situazioni di disagio al momento del loro arrivo in Italia. Per loro sono presenti una serie di problematiche, riguardanti principalmente l’integrazione nel territorio, che molto spesso sfociano nella relegazione a casa con conseguente isolamento dalla realtà quotidiana. Il processo di inserimento ed assimilazione della cultura del paese ospitante ed il rapporto con le istituzioni di base (scuole, ospedali, questure, uffici di collocamento, ecc.), presenta problemi di interazione e di rapporti che possono e devono essere risolti unicamente attraverso una corretta azione di mediazione interculturale. Il “Progetto Donna” intende dare una risposta più specifica ed adeguata alle esigenze delle donne italiane e straniere. Obiettivi L’obiettivo è di “dare visibilità” a queste donne, di valorizzarne le esperienze e le capacità, di creare per loro condizioni di maggiore autonomia economica e sociale, operando nel pieno rispetto delle varie identità etnico-culturali, del credo religioso e della dignità di ciascuna persona e promovendo lo scambio, il confronto e il dialogo, in un rapporto di amicizia e fiducia. Segretariato sociale per cittadini extra-UE Contesto di riferimento Il presente progetto intende affiancarsi a quanto già le singole amministrazioni comunali, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali, ed il volontariato già svolgono in questo settore, fornendo agli immigrati e loro datori di lavoro un supporto nell’espletamento delle pratiche amministrative connesse al rilascio ed al rinnovo dei permessi di soggiorno, ricongiungimenti famigliari e carte di soggiorno. In effetti, la regolazione dell’ingresso e della permanenza nel territorio nazionale da parte di lavoratori provenienti da paesi non appartenenti all’Unione Europea richiede l’espletamento di una serie di adempimenti burocratici ed il confronto con una normativa non sempre facilmente accessibile, anche da parte degli stessi addetti ai lavori. Il ser vizio di segretariato sociale intende appunto aiutare gli immigrati ad inserirsi nella com- La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati 259 plessità di tale sistema amministrativo e, in questo senso, può essere concepito di per sé come uno strumento d’integrazione sociale. Ciò attraverso l’informazione (la quale rappresenta un presupposto indispensabile per l’esercizio dei diritti e dei doveri correlati allo status di lavoratore immigrato) e l’assistenza nella compilazione della modulistica e nella raccolta della documentazione necessaria. L’importanza di tali ser vizi va di pari passo con l’esigenza di garantirne a tutti il libero e gratuito accesso. Un impegno che non a caso viene assunto dagli enti locali, cui la vigente normativa affida il compito di promuovere l’integrazione sociale. Quello che si propone è un progetto di rete che da un lato vuole coinvolgere tutti i 32 Comuni dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” e dall’altro intende coordinarsi con i soggetti che nel territorio provinciale sono impegnati nello stesso ambito d’inter vento: i “poli” di Arzignano, Bassano e Vicenza, la Questura, la Prefettura, la Camera di Commercio, i centri per l’impiego, le associazioni di categoria, ecc. Obiettivi Erogazione di ser vizi d’informazione, consulenza, assistenza e verifica della documentazione per l’espletamento delle pratiche di rilascio/rinnovo di permesso di soggiorno, ricongiungimenti familiari, carta di soggiorno, sponsorizzazioni, ecc. a favore di cittadini stranieri e loro datori di lavoro; Formazione e consulenza al personale degli enti aderenti al progetto sugli aspetti normativi e di applicazione in materia di immigrazione; Verifica di fattibilità ed implementazione, in coordinamento con la questura e gli altri “poli”, di un sistema decentrato di gestione informatica delle prenotazioni per l’accesso all’Ufficio stranieri; Sviluppo di connessioni con gli altri soggetti che nel territorio provinciale sono coinvolti in tale ambito d’intervento per perseguire una maggiore semplificazione amministrativa ed una migliore accessibilità ai servizi da par te dell’utenza. Risorse Per la realizzazione del progetto è prevista una partecipazione da par te dei Comuni aderenti con una quota capitaria annua da determinarsi nella misura massima di euro 5,16 per ciascun cittadino straniero extra UE residente al 31/12 precedente. Ad integrazione di tali risorse, verranno reperite altre fonti di finanziamento, fra cui i fondi regionali per le politiche migratorie e gli interventi di integrazione sociale, eventuali contributi da parte di associazioni di categoria, Camera di Commercio, ecc. Il Centro di Servizio per il Volontariato (CSV) La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – Il centro di ser vizio per il volontariato 261 I l Centro di Servizio per il Volontariato (CSV) è una struttura che è stata creata da un’apposita legge per servire tutte le associazioni di volontariato e che vuole essere la casa del volontariato organizzato. Il suo Consiglio Direttivo viene eletto dalle associazioni stesse. Esiste dal 1997 e con i fondi speciali delle fondazioni bancarie (in particolar modo, per il vicentino, la Fondazione Cariverona) si impegna a sostenere anche finanziariamente, attraverso specifici progetti, le quasi trecento associazioni iscritte al Registro Regionale del Volontariato. Anche le associazioni non iscritte hanno diritto di usufruire gratuitamente delle possibilità offerte dal centro: uso del telefono, del fax, della fotocopiatrice, della posta elettronica; ma anche, e soprattutto, suggerimenti, consulenze fiscali, contabili e giuridiche (come impostare un bilancio, come organizzare una manifestazione, come predisporre un progetto e la relativa domanda per ottenere dal centro un finanziamento) nonché supporto alla procedura di inscrizione all’albo regionale. Il centro svolge anche attività di formazione, anch’essa gratuita, sia con il proprio collaudato personale sia con esperti esterni; e su richiesta congiunta di alcune associazioni, i corsi vengono realizzati in loco dal centro, ma anche dalle stesse associazioni richiedenti con il sostegno del centro. A questo proposito il nuovo Consiglio Direttivo intende decentrare il centro in punti strategici della provincia, istituendo appositi sportelli in accordo con i comuni e le associazioni della zona. Ciò che comunque è impegno preciso del nuovo Consiglio Direttivo del centro di servizio per il volontariato è di fare poco centro e molto ser vizio. La speranza è che con l’aiuto e gli stimoli di tutto il volontariato vicentino questo impegno non resti uno slogan ma passo dopo passo si trasformi in realtà. Nella tabella 96 viene presentato l’elenco delle associazioni dell’Alto Vicentino iscritte al CSV, per ogni ulteriore informazione/recapito rivolgersi al CSV al seguente indirizzo: Contrà Mure S. Rocco n. 34, 36100 – Vicenza Telefono 0444-235308 Fax 0444-528488 E-mail [email protected] Tabella 96 Associazioni di Volontariato dell’Alto Vicentino iscritte al CSV di Vicenza Settore Località Denominazione Associazione Aiuti Umanitari Thiene A.S.A. Associazione Solidarietà In Azione Onlus Alcolismo Schio A.C.A.T. Pedemontana Anziani Arsiero A.V.A.P. ” Marano Vicentino Marano Solidarietà Onlus ” Schio Gruppo Insieme ” ” La Famiglia ” ” Serena Associazione - Centro Servizi Per Anziani ” Thiene ” ” V.A.D.A. Guido Negri Assoc Volont Amici Degli Anziani Età Serena – Città Di Thiene ” Villaverla Centro Diurno Anziani “Giovanni XXIII” ” Zanè A.V.A. Associazione Volontari Anziani Comunicazioni Sarcedo A.R.S. Amici Della Radio Sarcedo Disabilità San Vito Di Leguzzano Cantare Suonando Schio Amici A.N.F.F.A.S. ” 262 2. La qualità della vita: i determinanti della salute Settore Località Denominazione Associazione Disabilità Schio Contro L'Esclusione ” ” Accoglienza E Collaborazione ” ” A.N.F.F.A.S.Sezione Di Schio ” Thiene Insieme Per Comunicare Onlus ” Villaverla Integrazione Onlus Malo Comitato Per L’Accoglienza “Il Girasole” Disagio ” ” Fondazione Città Della Speranza Malo ” Monte Di Malo Solidarietà E Speranza ” San Vito Di Leguzzano Gruppo Missionario S. Vito - Solidarietà E Ambiente ” Schio Solidarietà E Carità ” ” Telefono Amico-Schio Disagio Generale San Vito Di Leguzzano Centro Vita E Vito Disagio Minori Calvene Dei Due Terzi Schio Parco Robinson Carrè A.Do.S.Al.Vi. Associazione Donatori Sangue Alto Vicentino Malo A.V.I.S. Di Malo E Monte Malo ” Donatori Sangue ” ” ” A.V.I.S. Sezione Provinciale Di Vicenza ” Piovene Rocchette A.V.I.S. Piovene Rocchette ” Schio A.V.I.S Sezione Di Schio Montecchio Precalcino Pedagogica Ad Indiriz. Steineriano-Sole D’Oro Thiene A.Ge. Associazione Genitori Educazione/Tutela Schio S.M.M. Kolbe - Associazione Famiglia Schio Centro Aiuto Alla Vita - Schio ” Thiene Centro Aiuto Alla Vita - Thiene Formazione Schio Movimento Volontario Italiano Ass. Feder. Di Schio Immigrazione Schio Ghanain Nationals Association Vicentina Istituto Salesiani Villaverla Centro Missionario Fr Vittorio Faccin Fara Vicentino S.O.G.I.T Socc. Ordine San Giovanni Italia Alto Vicentino Schio Centro Per I Diritti Del Malato Malattia Cuore Schio Amici Del Cuore Alto Vicentino Malattia Diabete Schio Diabetici Ulss 4 - Schio Malattia Mentale Schio A.I.T.Sa.M. Associazione Italiana Tutela Della Salute Mentale ” Thiene Psiche 2000 Minori Schio Genitori Di Schio Ospedalizzati Schio A.V.O. Schio Thiene A.V.O. Thiene Educazione ” ” Malattia ” ” Paesi In Via SviluppoMalo Giemme Protezione Civile Arsiero Protezione Civile Arsiero ” Breganze Protezione Civile Breganze ” Caltrano Protezione Civile Di Caltrano ” Calvene Volontari Di Protezione Civile E Amb.le La Rocca - Gruppo Calvene ” Chiuppano Protezione Civile Gruppo Clipeus ” Cogollo Del Cengio Volontari Gruppo Antincendio E Prot.Civile ” Lugo Di Vicenza Comitato Volontario Protez.Civile El Castelo ” Piovene Rocchette C.B. Valle Dell’Astico ” Salcedo Volontariato Protezione Civile Di Salcedo La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – Il centro di ser vizio per il volontariato Settore Località Denominazione Associazione Protezione Civile Schio A.I.S. Associazione Italiana Soccorritori ” ” Coord.Ass.Vol.Di Protezione Civile Claudio De Pretto ” ” Protezione Ambientale E Civ. - Squadra Val Leogra - Timonchio ” Tonezza Del Cimone Protezione Civile Associazione Tonezza Del Cimone ” Valdastico Protezione Civile Gruppo Valdastico ” Velo D’Astico Volontari Gruppo Di Protezione Civile Di Velo D’Astico ” Breganze C.B. Club Prealpi Schio La Solidarietà Thiene Serv.Vo.S Onlus Trasporto Malati ” Fonte: Centro Servizi del Volontariato di Vicenza 263 3. Il quadro delle azioni programmate È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi Lucio Anneo Seneca Il metodo di lavoro Non basta avere buono l’ingegno; la cosa principale è usarlo bene Renato Car tesio, Discorso sul Metodo Il metodo di lavoro 267 L a necessità di garantire nel contempo un’ampia partecipazione e una forte capacità di sintesi e concretezza, ha suggerito l’assunzione di un metodo di lavoro “per progetti”, una fitta calendarizzazione di incontri di lavoro governati da due gruppi di lavoro: una cabina di regia a valenza politica, e un gruppo di lavoro operativo. Compito principale dei primi è stato l’individuazione dell’architettura complessiva del documento e la certificazione della validità dei contenuti; compiti dei secondi l’ideazione, la stesura, il coordinamento delle singole parti del piano e, in par ticolare, la stesura dei progetti o il supporto tecnico ai gruppi di lavoro individuati a tale scopo. L’impostazione per progetti permette di calendarizzare le attività con maggior dettaglio e verificare puntualmente lo stato di avanzamento del piano, inoltre esplicita responsabilità, tempi, costi e risultati attesi delle iniziative. È stato necessario individuare soluzioni organizzative ad hoc ed adottare tutte le metodologie proprie del project management sia nella fase di definizione e stesura dei progetti, sia nella fase di gestione degli stessi; in particolare le soluzioni adottate sono state le seguenti: • definizione di un gruppo guida che aiuta la comunità nella definizione delle priorità da perseguire; • individuazione per ogni progetto del responsabile; • contestualizzazione del singolo progetto all’interno del piano, cercando la coerenza tra l’obiettivo specifico del progetto e gli obiettivi del piano; • tempificazione rigorosa delle attività; • definizione delle risorse necessarie; • saldatura giuridica degli impegni all’interno di un accordo di programma. Nel loro insieme i progetti non vanno visti come realtà separate ma come la scomposizione di un problema complesso (migliorare la qualità della vita), in un insieme coerente di unità meno complesse e quindi governabili, “divide et impera” per dirla con Giuglio Cesare. Il metodo di lavoro semplifica anche la fase di monitoraggio e verifica in itinere garantendo una informazione continua sullo stato di avanzamento dei progetti e quindi del piano. I progetti sono stati prevalutati su alcune coordinate: i determinanti della salute (si veda il capitolo 2 a pag. 87) e “Le coordinate del benessere” (si veda la Prefazione). Il metodo di prevalutazione si è basato su una pesatura dei progetti secondo il metodo Delphy. Le verifiche verranno realizzate semestralmente, in primo luogo dai responsabili di progetto, analizzata dal gruppo operativo (con compito di sintesi) e validata dal gruppo istituzionale. Successivamente le relazioni di verifica verranno sottoposte al giudizio della conferenza dei sindaci (almeno una volta all’anno) o dell’Esecutivo. Nella tabella 82 si riporta una schematizzazione del percorso fatto. Il simbolo ∆ indica una “mile-stone”, ossia un evento particolarmente significativo per il raggiungimento dell’obiettivo finale. Tabella 82 Il percorso fatto per la realizzazione del Piano di Comunità 2004-2006 2003 Impostazione metodologica e concettuale Luglio/sett. 1 ∆ Il 1° luglio si svolge una riunione tra Direttore Sanitario e il Direttore dei Ser vizi Sociali per impostare lo schema generale e il modello organizzativo del Piano di Zona (PdZ) 268 3. Il quadro delle azioni programmate Luglio/sett. 2 e 3 • Inizia da subito a prendere corpo un’impostazione innovativa che collega il PdZ dei servizi sociali ad azioni volte al miglioramento della salute Luglio/sett. 4 • Riunione tra Direttore Sanitario, Dipartimento di Prevenzione e UO Programmazione sociosanitaria per definire uno schema generale del piano ALTA salute e possibili collegamenti con il PdZ Definizione modello organizzativo Luglio/sett. 5 e Agosto/sett. 1 • Viene prodotta una prima traccia del PdZ; lo stesso viene ridefinito come Piano di Comunità (PdC). • Viene individuata una struttura organizzativa composta di tre gruppi: uno istituzionale, uno operativo per il PdC, uno operativo per il piano ALTA salute Stesura primo schema del documento Agosto/sett. 2 • Viene elaborato uno schema tipo di progetto-azione da utilizzare per i progetti innovativi Agosto/sett. 3 • Si inizia a raccogliere il primo materiale ed articolare con maggior dettaglio l’impostazione del documento Agosto/sett. 4 • Viene convocata la prima riunione del Gruppo operativo del PdC (GOP) nella quale viene discusso lo schema del documento e l’impostazione metodologica Settembre/sett. 1 e sett. 2 • Si lavora per apportare le modifiche condivise nel GOP e per preparare una serie di incontri di presentazione del progetto di piano: preparazione del primo materiale illustrativo Condivisione “istituzionale” del progetto Settembre/sett. 3 ∆ Lo schema generale del PdC e del Piano ALTA Salute con la proposta di articolazione tematica e organizzativa viene proposta e condivisa nell’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci: nello stesso incontro viene sancita la composizione del gruppo Istituzionale Settembre/sett. 4 ∆ Prima riunione del gruppo Istituzionale durante la quale viene condivisa l’impostazione complessiva del progetto e la modalità operativa Stesura primi stralci di documento, reperimento informazioni e approfondimenti specifici Ottobre/sett. 1 e sett. 2 • Inizia il lavoro di ricerca di informazioni, stesura stralci di documento, contatti con esper ti per sezioni particolari del piano Ottobre/sett. 3 e sett. 4 • Contemporaneamente iniziano una serie di incontri di lavoro tra Ufficio PdZ e le UO dell’Azienda U.L.SS. n.4 maggiormente coinvolte nel Piano. Il risultato di queste prime settimane è un documento sufficientemente strutturato e condiviso con le amministrazioni Comunali, da poter essere presentato come bozza di lavoro ai soggetti rappresentativi della comunità locale. A tutti gli incontri vengono invitati gli amministratori Ottobre/sett. 5 ∆ Il giorno 27 ottobre si dà avvio ad una serie di incontri di condivisione con le realtà più rappresentative del territorio; a tutti gli incontri sono invitati gli amministratori. Il primo incontro è con le organizzazioni sindacali Condivisione e partecipazione dell’impostazione Novembre/sett. 1 ∆ Il giorno 4 novembre si svolgono due incontri: alla mattina con le cooperative sociali ∆ al pomeriggio con le associazioni di volontariato. ∆ Il giorno 6 un incontro con le categorie economiche Il metodo di lavoro 269 Novembre/sett. 2 ∆ Il giorno 11 novembre si svolge un incontro con le case di riposo. • Il giorno seguente si riunisce il gruppo operativo per prendere visione e discutere delle osser vazioni e suggerimenti per venuti dalla prima tornata di consultazioni Novembre/sett. 3 • Proseguono gli incontri di lavoro con le UO aziendali per la definizione dei contenuti del documento; contemporaneamente si svolge un ulteriore incontro con il gruppo operativo del Piano ALTA Salute per proseguire nell’elaborazione del documento in continua sinergia tra i due piani Stesura di varie sezioni del documento-bozza, rilettura-correzione e condivisione dei contenuti Novembre/sett. 4 ∆ Il 26 novembre primo incontro di studio sul progetto “Città senza barriere” e la definizione di un gruppo di lavoro sulla tematica • Stesura puntuale del documento-bozza Dicembre/sett. 1 e sett. 2 • Stesura puntuale del documento-bozza Dicembre/sett. 3 • Giornata di studio sulla “Città senza barriere” ∆ Il dipartimento di salute mentale organizza un incontro specifico sul PdC Dicembre/sett. 4 • Stesura puntuale del documento-bozza-rilettura 2004 Gennaio/sett. 1 e sett. 2 • Stesura puntuale del documento-bozza-rilettura Fase di seconda consultazione e stesura bozza definitiva Gennaio/sett. 3 • Il giorno 20 gennaio incontro con tutti i parroci, in par ticolare sul tema dei giovani Gennaio/sett. 4 ∆ Il giorno 26 gennaio, incontro con operatori dell’U.L.SS., amministratori, associazioni, terzo settore sul tema dei minori e famiglia ∆ Il giorno 28 gennaio, sul tema della disabilità ∆ Il 29 gennaio - Convocazione del comitato dei Sindaci del Distretto a Schio Febbraio/sett. 1 ∆ Il giorno 5 febbraio, sul tema anziani con operatori U.L.SS., amministratori, case di riposo, associazioni, terzo settor e. ∆ Il 5 febbraio - Convocazione del comitato dei Sindaci del Distretto a Thiene Febbraio/sett. 2 ∆ Incontro con il gruppo istituzionale con il quale viene stato condiviso lo stato del documento integrato con i contributi e le osservazioni per venute durante i diversi incontri Febbraio/sett. 3 • Stesura bozza semi-definitiva da presentare agli amministratori Febbraio/sett. 4 • Il giorno 25 febbraio secondo Comitato dei sindaci del Distretto di Thiene ∆ Il giorno 26 incontro con la Comunità Montana “Astico Posina” • Stesura bozza semi-definitiva da presentare agli amministratori 270 3. Il quadro delle azioni programmate Aprile ∆ Il giorno 28.04.2004 - prima approvazione in Conferenza dei Sindaci del PdC 2004-2006 all’unanimità Settembre-Novembre ∆ Serie di incontri nei Comitati dei Sindaci di Distretto per la ricondivisione con le nuove amministrazioni comunali del del PdC 2004-2006 ed integrazione dei contenuti progettuali Dicembre ∆ Il giorno 17 - riapprovazione della neo-insediata Conferenza dei Sindaci del PdC 2004-2006 in versione definitiva. Il metodo di lavoro 271 I progetti innovativi Non consiste tanto la prudenza della economia nel sapersi guardare dalle spese, perché sono molte volte necessarie, quanto in sapere spendere con vantaggio Francesco Guicciardini I progetti innovativi Quadro sinottico dei progetti Figura 68 Sintesi dei progetti innovativi. Quadro sinottico 273 274 P01. 3. Il quadro delle azioni programmate La città senza barriere L’urbanistica, finora, ha trattato la questione di come costruire “nella” città, ma non di come costruire “la” città. Franco Archibugi, La città ecologica Obiettivo Migliorare l’accessibilità degli spazi di vita a tutte le persone Responsabile Direttore dei Servizi Sociali dell'U.L.SS. n.4 Descrizione Il progetto mira a creare una cultura dello spazio e dell’ambiente come componente fondamentale della qualità di vita di tutti i cittadini. Prendendo spunto da un obbligo normativo, si propone, utilizzando i fondi derivanti dal 10% degli oneri di urbanizzazione, di realizzare un progetto urbanistico complessivo di recupero di percorsi naturalistici, piste ciclabili, zone verdi, adeguamenti strutturali inseriti organicamente nella comunità dell’Alto Vicentino. Oltre al contributo fondamentale delle amministrazioni comunali, il progetto conta di ottenere l’appoggio delle associazioni di categoria, in particolare di industriali e addetti alle attività collegate con il turismo locale (ristoratori, albergatori, ecc.). Per “barriera” si intende un impedimento che crea una non corrispondenza tra le caratteristiche di un luogo e le capacità di una persona a vivere quel luogo; è chiaro quindi che un luogo accessibile per un individuo può non esserlo per un altro e il livello di accessibilità complessivo di un luogo o di un sistema di luoghi è pari alle capacità del soggetto più debole e alle caratteristiche del singolo luogo, esattamente come la forza di una catena si misura sulla resistenza del suo anello più debole. Il progetto non mira a mettere a norma singole strutture o edifici, ma a creare “percorsi accessibili” che abbiano una logica, un inizio e una fine, siano inseriti nel contesto urbanistico e naturalistico dell’Alto vicentino; si parla quindi di “sistema di luoghi”. È su questi sistemi che si concentra l’attenzione per creare percorsi continui e accessibili, non solo per disabili fisici, ma per anziani, mamme con bambini piccoli o carrozzine, persone perfettamente “abili” ma momentaneamente con difficoltà di movimento (infortunati), persone con difficoltà sensoriali e cognitive. Nell’Azienda U.L.SS. n.4 è stata avviata una importante esperienza: il progetto “Una barriera in meno... per un sorriso in più”. Il progetto proposto dallo Sportello unico per l’invalidità Uf ficio informahandicap risulta tra i 22 progetti vincitori della gara per l’anno europeo delle persone con disabilità (2003). Il progetto, rivolto a ragazzi delle classi seconde della scuola media inferiore e ai loro docenti, ha come obiettivo la sensibilizzazione degli studenti verso problematiche inerenti la disabilità e in particolare, creare una nuova coscienza dei diritti dei cittadini con disabilità anche attraverso lavori di gruppo e simulazioni. Sono stati realizzati una serie di interventi mirati alla presentazione e all’approfondimento delle diverse forme di disabilità, e delle relative bar rie- I progetti innovativi 275 re architettoniche. Per assicurare l’interesse dei ragazzi è stato realizzato un breve video VHS della durata di 26 minuti (una sintesi del quale è disponibile in internet nel sito dell’U.L.SS. n.4 all’indirizzo www.ulss4.veneto.it) che conduce lo spettatore ad assistere alle difficoltà quotidiane con le quali devono scontrarsi le persone con disabilità motorie. I ragazzi hanno avuto occasione di sviluppare la capacità di interagire con relatori, in prevalenza persone disabili, riducendo le barriere psicologiche e culturali nei loro confronti. Sono state realizzate delle uscite dei ragazzi nei quartieri per la rilevazione delle barriere e successivamente sono state raccolti dati relativi alla non accessibilità. È stato importante documentare anche quei percorsi, luoghi, locali, ecc. che rispettano le normative di legge e risultano di facile accesso alle persone disabili. Dalle rilevazioni raccolte si è passato all’istituzione di una banca dati sulla percorribilità delle strade e sull’accessibilità dei servizi. Il materiale (fotografie, relazioni scritte e filmati) è stato presentato all’attenzione dei vari Comuni, ai quali è stata proposta la risoluzione di “almeno uno” dei problemi posti. Prospettive future Una par ticolare attenzione sarà posta al recupero e all’adeguamento di zone verdi e di percorsi nella natura, tentando di incoraggiare e diffondere l’abitudine ad uscire di casa a piedi per una passeggiata o in bicicletta, su percorsi sicuri, ricchi di significato culturale, paesaggistico, storico; in questo senso l’iniziativa potrà avere diretti e significativi effetti sulla salute e sulla qualità di vita della comunità. Ma l’iniziativa potrà avere anche una ricaduta economica per i luoghi attraversati da questi percorsi: per questo motivo il coinvolgimento delle categorie economiche (ristoratori e albergatori in primis) potrà stato fondamentale. Tra i risultati “secondari del progetto” vi è la realizzazione di una o più carte turistiche dell’Alto Vicentino con la segnalazione di percorsi accessibili, locali “amici” con menù certificati, piste ciclabili, zone ad interesse naturalistico, storico e culturale, e un calendario di tutti gli eventi di natura rurale che ogni anno vengono realizzati nei diversi comuni dell’Alto Vicentino. I luoghi della memoria intesi come quelle attività di recupero e valorizzazione del patrimonio storico e culturale. Presso il Comune di Schio è nato come attività di una commissione consultiva e di pre-collaudo, formata da tecnici comunali e rappresentanti delle associazioni che operano nel campo della disabilità, il progetto “Spor tello Città Senza Barriere” con l’obiettivo di verificare l’assenza di barriere architettoniche nelle opere pubbliche e negli immobili ad uso pubblico. Linee guida per l’eliminazione delle barriere architettoniche 1. Legislazione Vigente Nazionale e Regionale – a cura del Centro di Documentazione sulle Barriere Architettoniche, “linee guida per la redazione del piano di eliminazione barriere architettoniche”, Regione del Veneto – Giunta Regionale, da pag. 14 a pag. 17, gennaio 2003 – confronto di applicazione nelle varie realtà comunale – interpretazione delle varie norme legislative (esempi: obbligo ascensori, scale, pianerottoli) – regolamento edilizio. 2. Analisi Stato di Fatto della propria situazione estesa agli edifici e alle aree esterne – correlazione con le varie pianificazioni comunali (PRG, Piano del Traffico, Piano della Mobilità, Arredo Urbano, Traspor ti Pubblici) – esempi: edifici comunali di Thiene e barriere architettoniche marciapiedi di Schio – schede di rilevazione edifici e luoghi pubblici ed aper ti al pubblico di Thiene + scheda rilevamento marciapiedi percorsi pedonali Schio. 3. Enunciazione dei principi infor matori e degli obiettivi dell’Amministrazione. 4. Pianificazione degli interventi delle situazioni da rendere conformi – suggerimento di dotazione del 276 3. Il quadro delle azioni programmate P.U.T. e del P.U.M. anche per Comuni piccoli con suppor to di progettazione esterna ed eventuale associazione di Comuni limitrofi per la risoluzione di problemi comuni. 5. Inserimento degli inter venti all’interno della Programmazione Triennale ed annuale dei LL.PP. 6. Progettazione del singolo inter vento sulla scorta di: un progetto unitario complessivo e di un elenco di priorità predefinito. 7. Informazione/for mazione del cittadino sui principi informatori della progettazione e tecniche per l’eliminazione delle barriere architettoniche (obiettivi e metodo per raggiungere lo scopo) per il rispetto delle soluzioni adottate e per l’uso corretto. Documentazione di suppor to: • di Gabriele Righetto, “Disuguaglianze nell’accesso ai ser vizi e ostacoli alla vivibilità urbana”, “La città facile: per una società degli accessi e dei ser vizi facilitati”, da pag.83 a pag.117, Studi Zancan n. 6/2002, Centro Studi e Formazione Sociale Fondazione “E. Zancan” onlus, Padova 2002; • di Angelo Lippi, “Strategie per l’accesso ai ser vizi sociosanitari: informazione e partecipazione”, da pag.118 a pag.131, Studi Zancan n.6/2002, Centro Studi e Formazione Sociale Fondazione “E. Zancan” onlus, Padova 2002; • Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche, P.E.B.A.- Sito Uf ficiale della Regione Veneto, www.regione.veneto.it (Territorio, Lavori pubblici, Barriere architettoniche); • Guida all’abbattimento delle barriere architettoniche con scheda tipo di rilevazione dati, Sito Ufficiale della Regione Veneto, www.regione.veneto.it (Territorio, lavori Pubblici, Barriere Architettoniche). Indicatori Ricaduta Descrizione: percentuale di comuni che aderiscono (determinato sulla base popolazione) Valore obiettivo: 50% Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Altissimo (7) Tempo sano Basso Totale Aree • Minori / giovani • Adulti e anziani • Disabili • Popolazione (1) (11) I progetti innovativi Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Alto (5) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Alto (5) L’ambiente Altissimo Totale (7) (17) Obiettivi da PSSR • L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute. • Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona. • La conferma del ruolo del terzo settore, come soggetto attivo nella progettazione e nella realizzazione degli inter venti sociosanitari e sociali, oltre che nel sistema di produzione ed of ferta dei servizi. Azioni dal al peso 1 Condivisione in sede di Esecutivo e di Conferenza dei Sindaci sull’iniziativa 09.2003 02.2004 Medio 2 Costituzione di un gruppo di lavoro operativo 01.2004 04.2004 Alto 3 Individuazione dei possibili percorsi sui quali lavorare 04.2004 12.2006 Alto 4 Definizione del gruppo di lavoro e relativi compiti 09.2004 12.2004 Alto 5 Ridefinizione del gruppo di lavoro 02.2005 05.2005 Alto 6 Progettazione e realizzazione 09.2004 12.2006 Medio 277 278 P02. 3. Il quadro delle azioni programmate Fondazione di comunità vicentina per la qualità di vita Onlus www.fondazionevicentina.it Responsabile Direttore dei Ser vizi sociali Azienda U.L.SS. n.4 Obiettivo Creare un soggetto giuridico autonomo capace di promuovere la qualità di vita grazie alla cultura della donazione e della solidarietà Descrizione La nostra comunità si è arricchita, con la formale costituzione notarile avvenuta il 25.03.2004, di un importante strumento giuridico-organizzativo: la Fondazione di comunità vicentina per la qualità di vita Onlus. Si tratta di uno strumento di promozione e finanziamento di idee e progetti, provenienti dalla comunità locale, orientati alla promozione del benessere. La Fondazione di Comunità Vicentina è un ente non commerciale di diritto privato. Il suo obiettivo principale è il miglioramento della qualità di vita di una comunità, mediante l’attivazione di risorse dirette alla promozione della cultura, della solidarietà e della responsabilità sociale. I suoi elementi peculiari sono il patrimonio, costituito attraverso la raccolta e la gestione di fondi volti al perseguimento dei più vari scopi filantropici, e il Consiglio di Amministrazione, composto da volontari scelti per prestigio e conoscenza dei bisogni e delle potenzialità della comunità. La Fondazione strumento di sviluppo e programmazione La costituzione di una fondazione di comunità rappresenta per l’Alto Vicentino un’opportunità di sviluppo basato sui principi della valorizzazione delle proprie risorse e della responsabilizzazione dei propri attori: Comuni, Provincia di Vicenza, Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura, Azienda U.L.SS. n.4, Privato Sociale, Volontariato, Associazionismo. L’idea della Fondazione si inserisce nel nuovo modello di welfare community e ne rappresenta lo spirito par tecipativo, e nel contempo uno strumento attuativo. Per la comunità la Fondazione può essere un meccanismo di autofinanziamento del proprio sviluppo; investendo risorse proprie ed attirandone dall’esterno, si crea un circolo virtuoso che ne accresce la disponibilità, aumentando grazie alla realizzazione di progetti volti al miglioramento della qua- I progetti innovativi 279 lità di vita, sia la fiducia che la partecipazione dei cittadini, sia i benefici per la comunità tutta. La Fondazione è inoltre uno strumento di comunicazione sociale e di crescita culturale per la comunità grazie all’organizzazione di incontri e momenti di approfondimento. La Fondazione può facilitare i processi di progettazione par tecipata al centro del modello regionale di programmazione dei ser vizi alla persona ed in particolare del Piano di Zona, nel rispetto delle reciproche responsabilità e del principio della sussidiarietà ver ticale ed orizzontale. In particolare può facilitare una concreta realizzazione del ruolo che la normativa più recente attribuisce al volontariato: la Legge 328/2000 da infatti grande rilievo al ruolo del volontariato, quando afferma che “Gli enti locali, le Regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociali…”, e ancora “alla gestione e all’offerta dei ser vizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concer tata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato…”. La Fondazione può quindi divenire uno str umento concreto per la realizzazione dei principi di par tecipazione espressi dalla legge, finanziando progetti e idee promossi e realizzati dal volontariato e che altrimenti difficilmente potrebbero concretizzarsi non rientrando nei livelli minimi e uniformi di assistenza garantiti dal finanziamento pubblico. Il percorso della Fondazione: pianificazione delle attività, costi e risultati previsti Perché una fondazione possa avviarsi con una ragionevole aspettativa di successo sono necessarie alcune condizioni: la volontà e la fiducia nel progetto da parte della comunità locale nelle sue espressioni istituzionali, l’impegno anche personale di alcuni esponenti della comunità stessa che, credendo nella validità del progetto, decidano di impegnarsi personalmente: uno staff di persone competenti che suppor tino l’attività della Fondazione in particolare negli aspetti promozionali, amministrativi, pubblicitari, gestionali. a) La volontà di istituire la Fondazione è stata sancita con l’approvazione del Piano di Zona dei servizi alla persona 2001-2003 nei quali era ricompreso il progetto Fondazione di Comunità Vicentina per la Qualità di Vita Onlus. Il progetto è stato presentato in tutti gli incontri preparatori alla stesura del piano, con i comuni, il volontariato, il privato sociale e le associazioni di categoria, raccogliendo in ogni occasione interesse e approvazione. Lo stesso Piano di Comunità (non più Piano di Zona) 2004-2006 l’ha recepito nella sua naturale evoluzione. b) Nel mese di giugno 2002 è stato formalmente costituito il comitato d’onore della Fondazione che ha raccolto l’adesione di oltre venti personalità rappresentative della comunità, tutti si sono dimostrati consapevoli del valore dell’iniziativa e intenzionati ad impegnarsi in prima persona per il successo della stessa. c) È stata coinvolta la Fondazione Cariverona che ha dato il suo assenso al progetto impegnandosi a contribuire in modo impor tante all’iniziativa con il proprio capitale, anche in considerazione del fatto che si tratta della prima Fondazione di Comunità avviata nell’area di operatività della Cariverona. d) Nel corso del 2003 (gli ultimi mesi del 2002 avevano visto un rallentamento dell’attività per la scadenza dei ver tici dell’Azienda) è stato prodotto un par ticolare impegno di coinvolgimento istituzionale non solo dei Comuni del territorio e dell’Azienda ma anche dell’Amministrazione Provinciale di Vicenza e della Camera di Commercio di Vicenza. L’idea infatti era quella di basare l’iniziativa su un accordo forte tra le quattro realtà (Comuni dell’U.L.SS. n.4, Azienda U.L.SS. n.4, Provincia di Vicenza, Camera di Commercio), in grado di dare maggiore espressione e visibilità all’iniziativa stessa, di 280 3. Il quadro delle azioni programmate aumentare il patrimonio iniziale e di essere interlocutore significativo per altre istituzioni, soprattutto bancarie. Sia la Provincia che la Camera di Commercio hanno aderito all’iniziativa, con l’invito ad estendere l’ambito di operatività dell’Alto Vicentino all’intero territorio Provinciale. In data 21.05.2003 la Provincia assumeva formale impegno ed in data 28.08.2003 analoga scelta veniva presa dall’Ente Camerale. e) Tra i mesi di settembre e dicembre 2003, con il supporto di uno studio notarile, veniva definito l’atto statutario con la precisazione degli ambiti di operatività, dell’articolazione degli organismi, della gratuità delle prestazioni rese dai componenti, della costituzione del patrimonio. Tutti gli Enti fondatori entro il 31.12.2003 hanno provveduto a recepire lo statuto, lo schema di atto fondativo e hanno stanziato la loro quota di partecipazione. f) Il patrimonio complessivo iniziale è stato individuato in 215mila euro (di cui 150mila indisponibile) grazie all’appor to di 115mila euro dall’U.L.SS. e dai Comuni dell’Alto Vicentino, di 70mila euro dall’Amministrazione Provinciale, di 35mila euro dall’Ente Camerale. g) In data 25.03.2004 è stato stipulato l’atto fondativo, nel corso del quale sono state individuate le persone chiamate a ricoprire gli incarichi all’interno del Consiglio di Amministrazione, del Collegio dei Revisori, del Collegio dei Probiviri. In prima istanza il Consiglio di Amministrazione è stato nominato con 9 membri (lo Statuto offre la possibilità di allargarlo a 15) e a presiederlo è stato chiamato il Presidente della Conferenza dei Sindaci. Ne fanno parte altr esì l’ex-Vescovo di Vicenza, due imprenditori, un esponente del mondo del lavoro dipendente, un esponente del mondo del volontariato e del terzo settore, un esponente dell’Azienda U.L.SS. e uno della Provincia. h) È stato definito, in data 06.05.2004, durante la prima riunione del Consiglio di Amministrazione l’assetto organizzativo della Fondazione, individuando le risorse umane dedicate allo scopo (in par te messe a disposizione, nella fase iniziale dall’U.L.SS. n.4) e la sede della Fondazione all’interno del Centro Ser vizi di Montecchio Precalcino. Nella stessa occasione è stato elaborato un piano di sensibilizzazione del territorio, nelle sue varie componenti, volto alla cultura della donazione e alla conoscenza della Fondazione. i) Con decreto n.120 del 28 settembre 2004 è stata riconosciuta da parte della Regione Veneto la personalità giuridica della Fondazione e la contestuale iscrizione della stessa nel registro delle persone giuridiche. j) Il 22 ottobre 2004 si è svolta la serata di presentazione della Fondazione presso la sede della stessa, nella Villa Nievo Bonin Longare a Montecchio Precalcino. Tra i soci fondatori molto chiaro è stato l’orientamento concettuale per cui la Fondazione di Comunità Vicentina per la Qualità di Vita Onlus, fondazione di comunità di tipo erogativo, non ha uno scopo definito a priori, ma si occupa di promuovere lo sviluppo di una determinata comunità locale. Nonostante questa dovuta premessa, questa fondazione, in par ticolare nella sua fase di avvio, si propone di orientare la sua attenzione prevalentemente su filoni di attività socio-sanitaria aggiuntivi ai LEA ed in particolare: 1. sostegno ai progetti per il “dopo di noi” sia di persone disabili, sia persone in situazione di svantaggio; 2. progetti di sostegno alle realtà aggregative per minori ed adolescenti; 3. sostegno ai pr ogetti per l’integrazione sociale di persone svantaggiate (centri diurni, integrazione lavorativa, superamento di ex ospedale psichiatrico); 4. pr ogetti per il miglioramento degli stili di vita sani, obiettivo fondamentale del Piano di Comunità 2004-2006 voluto dalla Conferenza dei Sindaci. Sede La sede legale della fondazione è presso Villa Bonin Longare di Montecchio Precalcino, sede I progetti innovativi 281 dell’ex ospedale psichiatrico: tale scelta va nella direzione di una ulteriore aper tura di un’area importante per l’U.L.SS. n.4, alla comunità locale, sulla quale da quattro anni sono in corso azioni di rivalutazione (convegnistica, formazione di personale sanitario, inserimento di una scuola elementare, sede di un ser vizio disturbi del comportamento alimentare). La struttura di proprietà dell’U.L.SS. attrezzata, con sala riunioni, sala convegni in un’area particolarmente suggestiva. Ciò permette di azzerare i costi di locazione e manutenzione della sede. Per quanto riguarda il personale, la Fondazione si avvarrà, nella fase di avvio (primi due anni), di personale messo a disposizione dai soci fondatori e della collaborazione di volontari. Indicatori Descrizione: finanziare e sostenere iniziative e progetti del volontariato e del terzo settore. Valore: 60.000 euro nel 2005, 80.000 euro negli anni seguenti. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Medio (3) Tempo sano Medio (3) Totale (9) Aree • Minori / giovani • Adulti e anziani • Disabili • Dipendenze • Salute mentale • Integrazione lavorativa • Immigrazione • Popolazione Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Alto (5) I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Medio (3) L’ambiente Basso Totale (1) (12) Obbiettivi da PSSR • L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, 282 3. Il quadro delle azioni programmate ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti • La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone • La conferma del ruolo del terzo settore, come soggetto attivo nella progettazione e nella realizzazione degli interventi sociosanitari e sociali, oltre che nel sistema di produzione ed offerta dei ser vizi • Il riconoscimento del diritto del cittadino e della famiglia a scegliere liberamente come e da chi e con quali modalità farsi assistere in caso di bisogno Azioni Dal Al Peso 0 Progettazione e contatti preliminari 01.2002 03.2004 Alto 1 Costituzione, registrazione e inaugurazione 02.2004 10.2004 Alto 2 Piano marketing 10.2003 12.2004 Medio 3 Primo bando progetti 10.2004 02.2005 Alto 4 Prima campagna di raccolta fondi 10.2004 12.2004 Medio 5 Organizzazione di un incontro per promuovere il messaggio della fondazione 06.2004 10.2004 Medio 6 Secondo bando 10.2005 02.2006 Medio 7 Terzo bando 10.2006 02.2007 Basso 8 Quarto bando 10.2007 12.2007 Basso 9 Incremento capitale della fondazione 08.2004 12.2007 Alto Finanziamenti Euro Ente finanziatore 70.000 Provincia di Vicenza 110.000 Conferenza dei Sindaci 35.000 Camera di Commercio di Vicenza NB: I finanziamenti sono relativi all’avvio della Fondazione I progetti innovativi P03. 283 Housing sociale Responsabile Direttore dei Ser vizi Sociali dell’U.L.SS. n.4 Obiettivo Realizzare alcune abitazioni o gruppi appar tamento adeguati a persone anziane o con disabilità Descrizione Il bisogno cui il progetto intende rispondere è, in sintesi, quello di un sostegno e di una mediazione di garanzia per l’accesso al mercato degli alloggi da parte di cittadini in situazione di svantaggio in fase di integrazione sociale, partendo dalle positive esperienze consolidate nel territorio: “La Rondine” di Marano, “Casa Albergo” di Thiene, “La Filanda” di Schio, “Vita Indipendente” di Breganze ed altri. Destinatari L’area di maggior criticità che presenta, contemporaneamente, maggiori potenzialità di riuscita dell’iniziativa, è rappresentata da soggetti in situazione di emarginazione o scarse risorse personali, in difficoltà economica e privi di alloggio, appar tenenti alle seguenti categorie: • ex carcerati; • ex tossicodipendenti e persone con disturbi psichiatrici e compor tamentali; • donne sole con minori a carico; • persone con problematiche di rilevanza socio-economica che hanno situazioni abitative precarie, alloggi inadeguati o impropri o sono prive di alloggio e che, autonomamente, non hanno la possibilità di accedere al mercato della locazione privata; • immigrati extracomunitari, che incontrano dif ficoltà oggettive e spesso insormontabili nella ricerca di un alloggio; difficoltà che spesso sono superabili solo a condizioni inique (affitti maggiorati, assenza di contratti e dunque assoluta precarietà rispetto alla cer tezza dell’alloggio, condizioni igienicostrutturali scarse o pessime). Questo tipo di servizio potrà interessare anche utenti affetti da patologia psichiatrica in fase di cronicità compensata che abbiano, accanto ai bisogni sanitari e assistenziali a cui rispondono i servizi psichiatrici territoriali, anche bisogni residenziali, potendosi configurare soluzioni di appartamenti inseriti in contesti urbani condivisi da utenti con caratteristiche di piccole comunità alloggio o appartamenti protetti. Finalità del progetto • Favorire la sensibilizzazione del territorio e dei suoi interlocutori rispetto alle tematiche legate al problema abitativo e promozione di una mentalità dell’accoglienza; • realizzare inter venti volti a facilitare l’accesso al mercato degli alloggi da parte di cittadini in situazione di disagio • realizzare inter venti trasversali di orientamento, formazione e accompagnamento rivolti al territorio e ai destinatari dir etti per favorire l’integrazione. Azioni chiave • Utilizzo dell’agenzia sociale per la casa già attivata con il piano di zona 2001-2003, degli uf fici casa dei comuni affinché attivino strumenti di mediazione e facilitazione nell’accesso al mercato degli alloggi, attraverso il monitoraggio della domanda e dell’of ferta di alloggi, l’analisi e la selezione delle 284 3. Il quadro delle azioni programmate candidature la facilitazione dell’incontro fra domanda e of ferta, la costituzione di un fondo di garanzia comunale per sostenere l’accreditamento della domanda di alloggi presso il ter ritorio, la disponibilità di appar tamenti di proprietà pubblica; • predisposizione rete di suppor to e accompagnamento, fornita da operatori di IPAB/case di riposo/comuni, in collegamento con i ser vizi distrettuali, qualora sia necessario un percorso ad alta integrazione socio–sanitaria per le persone inserite nel progetto di housing sociale Azioni trasversali • Accoglienza e informazione per i destinatari diretti e per il territorio; • orientamento individuale e di gruppo; • formazione mirata, anche personalizzata; • aggregazione e socializzazione; • accompagnamento al lavoro e all’inserimento sociale; • monitoraggio in itinere; • controllo, anche esterno, sui risultati dell’intera iniziativa. Analisi del bisogno Il bisogno cui il progetto intende rispondere è stato rilevato, soprattutto in questi ultimi tre anni, attraverso l’azione sinergica degli organismi preposti alla relazione, all’informazione, all’assistenza nei confronti dei destinatari diretti del progetto stesso, che si è focalizzata: • sulla situazione, le caratteristiche e le specificità del fenomeno di fabbisogno di alloggi da destinare a cittadini extracomunitari e cittadini del territorio, a cittadini del territorio in situazione di svantaggio; • sulle condizioni oggettive di operatività degli organismi istituzionali che inter vengono direttamente o trasversalmente sull’area di fabbisogno; • sugli atteggiamenti “culturali” presenti sul territorio; • sulle caratteristiche, i vincoli e le criticità dell’of ferta di alloggi ai cittadini in stato di svantaggio: • sulle conseguenti condizioni di disagio e svantaggio sociale. I par tner del progetto • Comuni del territorio; • associazioni di volontariato; • associazioni di categorie produttive; • agenzia Sociale per la casa; • IPAB/case di riposo/U.L.SS. n.4. Fasi • Fase 0 – individuazione dei potenziali destinatari per ogni comune; • Fase 1 – individuazione immobili disponibili; • Fase 2 – attivazione dell’agenzia sociale casa; • Fase 3 – gestione degli immobili; • Fase 4 – orientamento, formazione ed integrazione sociale e lavorativa; Fase 0 – individuazione dei destinatari e dei fabbisogni • Identificazione dei requisiti di accesso (caratteristiche, situazione finanziaria/lavorativa, storia di vita, motivazioni, punti di forza e di debolezza) attraverso strumenti dedicati di intervista, colloquio e analisi delle esperienze. Fase 1 – individuazione immobili • Convenzione Comuni/Privati e dichiarazione di disponibilità degli immobili. • Definizione delle condizioni d’uso degli immobili in questione, durata e condizioni economiche. I progetti innovativi 285 • Azioni positive dei comuni nei confronti dei proprietari per concorrere all’abbassamento dei costi rispetto a quelli di mercato. • Cofinanziamento privato (impegno da parte dei privati finalizzato al ridimensionamento dei costi rispetto a quelli di mer cato). • Calcolo comparativo tra costi di mercato e costi riferiti all’iniziativa. Fase 2 – inter vento dell’Agenzia Sociale Casa e degli Uf fici casa dei Comuni Esso perseguirà, comunque, i due seguenti scopi principali: • facilitare l’accesso all’housing sociale (mediante iniziative di sensibilizzazione all’accoglienza); • offrire garanzie, anche finanziarie, per facilitare la sistemazione abitativa predisponendo oggettivi meccanismi di selezione per l’attribuzione dell’abitazione, con l’obiettivo di creare vincoli e limiti precisi di accesso che non lascino spazio all’interpretazione o, peggio, alla discrezionalità per cittadini in momentanea difficoltà. Fase 3 – gestione degli immobili • Costruire un coordinamento di azioni consequenziali. Le azioni previste da un autonomo precedente progetto dell’Ufficio Casa vengono fatte proprie dalla presente iniziativa, ed anzi rappresenteranno un esempio di integrazione armonica tra i due ser vizi. • Personale messo a disposizione per rispondere alle conseguenti necessità dalle IPAB, dalle Case di Riposo dal privato sociale dai ser vizi domiciliari dei Comuni. Fase 4 – orientamento, accompagnamento e sostegno alla integrazione sociale e al lavoro • colloqui individuali per l’analisi del profilo, l’individuazione di bisogni di accompagnamento sociale, il livello motivazionale, le prospettive di tenuta rispetto al progetto, i punti di forza e di debolezza; • colloqui individuali di monitoraggio delle esperienze e dell’inserimento sociale (in itinere, con scadenze periodiche, e ad hoc su richiesta dei cittadini destinatari); • orientamento sociale, scolastico, formativo o professionale; • progetto di vita (in ingresso e in itinere, se dai colloqui di monitoraggio dovessero emergere esigenze di revisione del progetto individuale); • progetto individualizzato di inserimento professionale; • accompagnamento al lavoro; • consulenza su aspetti nor mativi e contrattuali; • strumenti di base per l’autonomia (orientamento sul territorio, uso e gestione del denaro, organizzazione del quotidiano); • gruppi dinamici per l’interscambio di esperienze (in itinere, per favorire la socializzazione, l’aggregazione, l’appar tenenza e la fidelizzazione al progetto). Ripetibilità ed estensibilità interne dell’iniziativa A conclusione del terzo anno, raggiunta la programmata autonomia, i soggetti destinatari verranno indirizzati e sostenuti nella ricerca di una sistemazione abitativa definitiva sul libero mercato pur continuando, eventualmente, ad avvalersi di tutti i contributi di legge previsti per la generalità dei cittadini. Per i soggetti più deboli, sarà previsto l’inserimento nella graduatoria per l’assegnazione di alloggi pubblici. Costi Oltre ai costi difficilmente stimabili relativi alla costruzione, acquisizione, ristrutturazione o locazione di stabili adibiti al progetto, si ipotizza l’inserimento, nella rete dei ser vizi, dell’agenzia sociale per la casa (estesa non solo agli extracomunitari ma a tutte le fasce di svantaggio sociale sempre più frequenti) per un impor to di circa 20.000 euro annui subordinate all’apertura di un secondo sportello presso Thiene. 286 3. Il quadro delle azioni programmate Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Alto (5) Totale (8) Aree • Adulti e anziani • Disabili • Dipendenze • Salute mentale • Immigrazione Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) L’ambiente Alto Totale (5) (11) Obbiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti I progetti innovativi P04. 287 Consolidamento/potenziamento fondo residenzialità disabili gravi Responsabile Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4 Obiettivo Garantire accesso alla residenzialità per disabili gravi Descrizione L’esperienza avviata con il precedente piano di zona che si è concretizzata con la costituzione di un sistema di garanzia per la residenzialità disabili, ha registrato un risultato positivo sia per il numero di utenti inseriti, sia per la sostenibilità economica del progetto nel suo complesso. La costituzione del fondo solidarizzato ha permesso alle famiglie di persone disabili di far fronte alla spesa per le rette in str utture sostanzialmente con i soli redditi della persona disabile sgravando le famiglie dall’onere di contribuire al pagamento della retta. Questo risultato è stato possibile anche grazie all’impegno delle amministrazioni comunali che hanno aderito al progetto con un incremento della quota associativa fino a 2,92 euro procapite per l’anno 2004 e alla piena applicazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) che hanno por tato l’Azienda U.L.SS. n.4 a contribuire con il proprio bilancio oltre le quote regionali previste. Con l’approvazione del presente piano, la Conferenza dei Sindaci dà continuazione a questo importante progetto per il periodo di validità del piano stesso (2004/06), mantenendo la quota procapite a 2,92 euro e adeguando di anno in anno tale importo all’indice Istat annuo medio al mese di dicembre, previo parere della Conferenza dei Sindaci. Il fondo di residenzialità viene allargato anche alle situazioni di pronta accoglienza, che rientrano nei requisiti previsti dal regolamento, potenziando nel corso del triennio di validità del piano dagli attuali 2 a 4 posti individuati nelle strutture presenti nel territorio dell’U.L.SS. n.4. Il regolamento di accesso è stato modificato introducendo una clausola, a valenza retroattiva al 1 gennaio 2004, che limita il diritto di accesso alle persone residenti nel territorio dell’U.L.SS. n.4 da non meno di 3 anni. Sarà inoltre avviata un’iniziativa di monitoraggio continuo della qualità dell’assistenza nelle strutture residenziali secondo il modello dell'accreditamento di eccellenza. Costo Il progetto verrà finanziato grazie al contributo dei Comuni e alla quota sanitaria suddivisa tra il contributo regionale e la quota aggiuntiva dell’U.L.SS. n.4 in applicazione dei LEA; il costo complessivo stimabile per anno è di circa 880.000 euro. Indicatori Sostenibilità economica del progetto nel rispetto del regolamento di accesso. 288 3. Il quadro delle azioni programmate Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Alto (5) Tempo sano Basso (1) Totale (9) Aree • Disabili Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Alto I servizi sociosanitari e sociali Alto (5) (5) Totale (10) Obbiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti Azioni Dal Al Peso 1. Attivazione posto pronta accoglienza 03.2004 12.2006 Alto 2. Verifica di sostenibilità economica del fondo 06.2004 12.2006 Basso 3. Valutazione della qualità delle strutture (Comunità Servizi e Lisa) 01.2005 12.2006 Medio 4. Valutazione ed eventuale avvio del quarto posto di pronta accoglienza 01.2006 06.2006 Basso 5. Potenziamento di almeno un posto di residenzialità 01.2005 06.2005 Medio 6. Monitoraggio sui percorsi assistenziali definiti dall’UVMD 01.2005 12.2006 Medio 7. Modifica del regolamento di accesso 10.2004 Alto I progetti innovativi P05. 289 Prevenzione: adesione allo screening mammografico Responsabile Dipartimento di Prevenzione Obiettivo Mantenere l’adesione allo scr eening della popolazione target (donne fra i 50 e i 69 anni) oltre i valori raccomandati dalle linee-guida (70%). Descrizione Lo screening per la diagnosi precoce del carcinoma alla mammella ha preso avvio, per la terza fase 2002-2005, nell’aprile 2004. L’azione si svolge tramite l’invito di tutte le donne ricomprese nel target di riferimento ad eccezione di casi particolari e codificati (ad esempio l’essere già state sottoposte negli ultimi 18 mesi a mammografia, o per gravi patologie o per rifiuto scritto dell’interessata, ecc.). Un ruolo importante è svolto dal medico di medicina generale che contribuisce alla diffusione di una corretta informaione, promuove l’adesione allo screening, partecipa all’attività di counselling dei casi dubbi o positivi. Sono previsti momenti di informazione e formazione rivolti a tutti i medici di medicina generale. Viene svolta inoltre una generale campagna di sensibilizzazione che si rafforza nei comuni di volta in volta coinvolti dallo screening. Indicatori Percentuale di donne sottoposte a screening rispetto al target: 70%. Coordinate Aree • Popolazione femminile (età tra i 50 e i 69 anni) Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Alto (5) Totale (8) Obiettivi da PSSR • L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute • Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona 290 P06. 3. Il quadro delle azioni programmate Prevenzione: adesione allo screening colon-retto Responsabile Dipar timento di Prevenzione Obiettivo Attuazione prova pilota presso il Comune di Zanè. Implementazione fase estensiva entro i successivi 2 anni Descrizione La finalità dello screening del carcinoma colon-retto è l’individuazione delle lesioni precancerose e dei casi di neoplasia negli stadi precoci, in modo da ridurre l’incidenza e la mortalità. I tassi grezzi di incidenza per 100.000 abitanti dei tumori del colon-retto sono 69 nei maschi e 59 nelle femmine, si stima percò che in un anno nell’U.L.SS. n.4 si manifestino circa 114 nuovi casi; questa neoplasia rappresenta la terza classe più frequente nei maschi e la seconda nella femmine. Il trend degli ultimi 10 anni è in aumento. Per quanto riguarda il tasso di mor talità, si nota come questa categoria di tumori rappresenta la seconda causa di morte, tra tutti i tumori, sia nei maschi che nelle femmine. Per questi motivi si evidenzia la necessità di avviare una estesa campagna di screening così come si è già fatto per il carcinoma della mammella. Indicatori Percentuale di adesione allo screening: 50% del target di riferimento (uomini e donne fra i 50 e i 69 anni). Coordinate Aree • Popolazione (età tra i 50 e i 69 anni) Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Alto (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Alto (5) Totale (8) Obbiettivi da PSSR • L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute • Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona I progetti innovativi Azioni Dal Al Peso 1. Istituzione del Comitato tecnico 06.2003 06.2003 Medio 2. Definizione del modello organizzativo 06.2003 07.2003 Medio 3. Individuazione e formazione del personale 10.2003 11.2003 Medio 4. Attivazione del sistema informativo 09.2003 10.2003 Medio 5. Informazione dei mmg del Comune pilota 10.2003 11.2003 Medio 6. Informazione popolazione del Comune pilota 11.2003 11.2003 Medio 7. Sperimentazione nel Comune pilota 12.2003 04.2004 Alto 8. Analisi esperienza ed aggiustamenti 07.2004 07.2004 Medio 9. Avvio fase estensiva 10.2004 12.2006 Alto 291 292 P07. 3. Il quadro delle azioni programmate Auto Aiuto Responsabile Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4 Obiettivo Sviluppare e promuovere la cultura dell’auto-aiuto in tutte le aree ad alta integrazione sociosanitaria Descrizione L’O.M.S. definisce l’auto mutuo aiuto come: “tutte le misure adottate da non professionisti per promuovere o recuperare la salute di una comunità [...] una risorsa per la comunità [...] i gruppi di self-help sono piccole strutture gruppali volontarie per il mutuo aiuto. Sono solitamente formati da pari, che si uniscono insieme per una mutua assistenza al fine di soddisfare un bisogno comune, portando ad un cambiamento personale e/o sociale [...] accentuano le relazioni faccia a faccia e promuovono l’assunzione delle responsabilità da parte dei membri”. Perché si verifichi il mutuo aiuto è necessario che chi aiuta e chi viene aiutato condividano assieme la storia di un medesimo problema; si tratta quindi di recuperare in chiave moderna una dinamica propria dell’essere umano al pari della solidarietà e della comprensione. I gruppi di autoaiuto non sono da considerarsi come contrapposti e alternativi ai ser vizi tradizionali, ma si pongono piuttosto in sinergia con essi, potendo potenziare i loro effetti sulla comunità, rendendo maggiormente efficace ed efficiente il risultato. Le esperienze di gruppi di autoaiuto nel territorio dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” sono numerose e coinvolgono l’area delle dipendenze (da alcool), l’area della salute mentale, delle famiglie affidatarie, restano da attivare nell’ar ea della disabilità, dell’inserimento lavorativo, dei malati terminali. Auto Aiuto nella Salute Mentale Nell’area della salute mentale i gruppi di auto mutuo aiuto hanno un rilievo crescente e progressive gemmazioni, sostenute sia dall’Azienda U.L.SS. n.4 sia dagli Enti Locali, sono dedicate a pazienti (“soci disagiati”) e a familiari. Nel territorio del distretto di Thiene, in parte come conseguenza del progetto “Conoscere e partecipare” realizzato con il precedente piano di zona, sono nati anche i gruppi A.M.A. In un primo momento è stato avviato il gruppo dei familiari e in seguiti un gruppo di utenti, successivamente organizzato in diversi sottogruppi a seconda degli interessi e bisogni espressi dagli utenti stessi. Attualmente sono operativi: • gruppo de familiari denominato “L’Ancora”; • gruppo di utenti denominato “Self help ri...trovarsi” che comprende a sua volta 3 sottogruppi: • “noi come gli altri” sul tema della socialità; • “Ritroviamo i colori” sul tema della depressione e solitudine; • “Impariam l’inglese”. Indicatori Presenza di gruppi di autoaiuto nelle diverse aree. I progetti innovativi 293 Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Alto (5) Tempo sano Medio (3) Totale (8) Aree • Minori / giovani • Adulti e anziani • Disabili • Dipendenze • Salute mentale • Integrazione lavorativa • Immigrazione Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Basso (1) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Alto (5) Totale (9) Obbiettivi da PSSR • L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute • La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone Azioni Dal Al Peso 1. Sensibilizzazione del territorio 01.2005 12.2006 Medio 2. Sostegno a promozione di attività formative per i gruppi 01.2005 12.2006 Medio 3. Sostegno logistico-organizzativo alle attività dei grupp i 01.2005 12.2006 Medio Costi Il progetto prevede contributi nelle diverse aree di svantaggio; in particolare nell’area relativa alla psichiatria per un ammontare indicativo di 60.000 euro all’anno, 25.000 euro all’anno per i gruppi nell’area delle dipendenze, ed infine altri 10.000 euro all’anno per le altre aree. 294 P08. 3. Il quadro delle azioni programmate Adeguamento e miglioramento dell’offerta dei servizi educativi diurni per disabili Responsabile Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4 Obiettivo Completare l'of ferta dei ser vizi semiresidenziali per disabili Descrizione Il progetto si propone di adeguare l’offerta dei ser vizi semiresidenziali per persone disabili sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello qualitativo. Dal punto di vista quantitativo, avviato il nuovo CEOD di Torrebelvicino, sarà completato e avviato il CEOD di Chiuppano. Nel corso del 2003, nel territorio si è assistito ad un processo di adeguamento dell’offerta per migliorare le strutture esistenti. L’individuazione di Torrebelvicino, zona prevalentemente montana e area geografica scoper ta da servizi semiresidenziali, limiterà i disagi di molti disabili, costretti a spostarsi in altri Comuni. Tale scelta, inoltre, diminuirà i problemi legati allo spostamento e faciliterà adeguate garanzie di socializzazione e di integrazione degli ospiti. Il nuovo CEOD è collocato in zona centrale, facilmente accessibile. La capienza è di 20 persone. Sono inoltre ter minati i lavori per l’ampliamento del CEOD di Lugo, spazi più idonei e confortevoli potranno offrire risposte più efficaci e rispettose delle esigenze degli ospiti. L’avvio della costruzione del CEOD di Chiuppano è prevista entro la primavera del 2005 e la conclusione entro dicembre 2005. Ospiterà 20 persone. Nel corso del 2004 è stato ristrutturato il CEOD di Velo d’Astico per complessivi 130.000 euro finanziati al 50% dall’U.L.SS. n.4 e dall’altro 50% dai Comuni; è prevista nell’arco di vigenza del piano anche un’analisi della situazione strutturale del CEOD di Malo per tutte le migliorie necessarie e realizzabili. Dal primo gennaio 2004 è stato messo a regime, dopo una fase sperimentale di tre anni, il CEOD Vita Indipendente, struttura innovativa dedicata all’accoglienza di persone af fette da disabilità prevalentemente neuromotoria, in grado di offrire attività non solo terapeutico-occupazionale ma anche riabilitativa su specifico percorso indicato dall’UVMD distrettuale. Da febbraio 2005 il servizio si sposterà in una nuova moderna struttura, sempre a Breganze. Sotto il profilo della qualità, così come per le strutture residenziali sarà avviata un'iniziativa per la valutazione e il monitoraggio dei servizi sia pubblici che privati. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Medio (3) Tempo sano Medio (3) Totale (9) I progetti innovativi 295 Aree • Disabili Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Alto (5) Totale (8) Obbiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti Azioni Dal Al Peso 01 Riqualificazione del centro “Vita indipendente” di Breganze 01.2004 02.2004 Basso 02 Realizzazione CEOD di Chiuppano 02.2005 12.2005 Alto 03 Adeguamento CEOD di Velo d’Astico 05.2004 2005 Basso 04 Avvio di iniziative per la valutazione della qualità dei servizi 05.2004 12.2006 Medio 05 Analisi strutturale CEOD di Malo, interventi migliorativi 01.2005 12.2005 Basso 296 P10. 3. Il quadro delle azioni programmate Piano triennale “Fondo lotta alla droga 2003/05” Responsabile Responsabile Ser.T U.L.SS. n.4 Obiettivo Migliorare la comunicazione tra i diversi attori interessati nelle attività di prevenzione e l’apertura di un dialogo fra la cosiddetta normalità e quei soggetti definiti marginali Descrizione Grande sforzo e impegno è stato prodotto al fine di redigere il secondo piano triennale U.L.S.S. n.4 Lotta alla Droga 2003/05, finanziato dalla Regione Veneto con il patrocinio dell’Assessorato regionale ai Ser vizi Sociali, avviato nel mese di febbraio 2003 nel nostro territorio. Tale programma di inter venti nell’ambito delle dipendenze patologiche ha seguito un percorso nuovo, rispetto alla precedente pianificazione 2000/02, che ha visto il passaggio: • da interventi riparativi sempre più a progetti preventivi e promozionali • da interventi discrezionali a inter venti essenziali e uniformi • da inter venti “per municipi” all’associazionismo progettuale e operativo dei Comuni • da risposte sporadiche a reti integrate di opportunità Si è iniziato, pertanto, un percorso nuovo in questo settore che affianca la pratica di cura e di clinica (che presenta, pur troppo, un evidente incremento della domanda dei ser vizi da parte dei giovani e relative famiglie e, quindi, di prevenzione secondaria), in sintonia con l’ottica della gestione dell’U.L.SS. n.4 di privilegiare la presa in carico della persona e il lavoro di rete della comunità. Il sopracitato Piano lotta alla droga 2003/05, frutto di una forte condivisione, progettuale ed operativa, tra pubblico, privato sociale e volontariato, si è basato pertanto sulla strategia delle connessioni. Essa ha implicato tre livelli di integrazione: a) all’interno delle istituzioni coinvolte, soprattutto enti locali (ver ticale ed orizzontale); b) fra i soggetti istituzionali e sociali (azione di rete condivisa); c) a livello di territorio (convenzioni, accordi programma). Ciò ha portato ad un forte accento sulla relazione come fattore chiave al fine della promozione di benessere nella comunità e nelle persone che vi appartengono. Caratteristica che accomuna la numerosità dei progetti proposti per il prossim o triennio è il tentativo di favorire un assetto organizzativo ed operativo che miri al superamento della settorialità, garantendo così una maggior qualità degli interventi. La globalità dell’intervento ha come obiettivo il creare i presupposti per l’acquisizione di competenze necessarie ad una corretta valutazione e comprensione delle situazioni a rischio e il promuovere la messa in campo delle proprie risorse in direzione di un’assunzione di responsabilità rispetto alle proprie scelte. Gli undici progetti del nuovo Fondo lotta alla droga sono: 1) Scuola Aper ta 2) Segnali sociali www.Branco.net . Progetto integrato tra Ser.T di Thiene, Vicenza e Bassano 3) Locale Amico 4) Goal - Progetto di rete tra Servizio pubblico e realtà associative sull'alcoldipendenza 5) Alcol sostanze e guida sicura 6) Lo sport nella prevenzione del disagio giovanile I progetti innovativi 297 7) Programma serale per assuntori di droghe ricreazionali 8) Blu runner 9) Passwork 10) Care Job 4 11) Doppia "D" La scelta di privilegiare in numerosi progetti il lavoro con la comunità anziché quello con l’utenza finale (vero è proprio destinatario) apre la strada alla possibilità che la comunità possa diventare un organismo autopreventivo. Potremmo definire facilitatori della prevenzione tutte quelle persone o quelle agenzie del territorio coinvolte in un processo di potenziamento (valorizzazione) dei fattori protettivi e delle risorse delle popolazioni considerate a rischio in una comunità. In sintesi la strategia d’intervento per il triennio deve essere rivolta a tre target: 1) la comunità in genere; 2) le associazioni del pubblico e del privato sociale che entrano in contatto a vario titolo con persone a rischio, giovani e ragazzi; 3) persone che hanno il problema di uso di sostanze stupefacenti. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Alto (5) Tempo sano Medio (3) Totale (8) Aree • Dipendenze • Integrazione lavorativa Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Basso (1) I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Medio (3) Totale (7) Obbiettivi da PSSR • Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti • La conferma del ruolo del terzo settore, come soggetto attivo nella progettazione e nella realizzazione degli interventi sociosanitari e sociali, oltre che nel sistema di produzione ed offerta dei servizi 298 3. Il quadro delle azioni programmate Azioni 1 Scuola Aperta Dal Al Peso 02.2003 02.2006 Alto 2 Segnali sociali www.Branco.net. Progetto integrato tra Ser.T di Thiene, Vicenza e Bassano del Grappa 3 Locale Amico 02.2003 02.2006 Medio 02.2003 02.2006 Medio 4 Goal - Progetto di rete tra Servizio pubblico e realtà associative sull’alcoldipendenza 02.2003 02.2006 Medio 5 Alcol sostanze e guida sicura 02.2003 02.2006 Medio 6 Lo sport nella prevenzione del disagio giovanile 02.2003 02.2006 Medio 7 Programma serale per assuntori di droghe ricreazionali 02.2003 02.2006 Medio 8 Blu runner 02.2003 02.2006 Medio 9 Passwork 02.2003 02.2006 Medio 10 Care Job 4 02.2003 02.2006 Medio 11 Doppia “D” 02.2003 02.2006 Basso Costi (nel triennio) Euro N. Azione 217.082 1 Scuola Aper ta 20.658 2 Segnali sociali www.Branco.net 41.335 3 Locale Amico 24.274 4 Goal 30.470 5 Alcol sostanze e guida sicura 123.950 6 Lo sport nella prevenzione del disagio giovanile 57.382 7 Programma serale per assuntori di droghe ricreazionali 52.368 8 Blu runner 130.836 9 Passwork 53.364 10 Care Job 4 10.330 11 Doppia “D” I progetti innovativi P11. 299 I colori delle stagioni Responsabile Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4 Obiettivo Promuovere il mantenimento della salute, la prevenzione della malattie degenerative e della non autosufficienza. Valorizzare il nostro territorio, il suo patrimonio culturale, storico, ar tistico, paesaggistico ed enogastronomico Descrizione Il progetto si propone di: 1. sviluppare la partecipazione, i rappor ti di amicizia e la socializzazione non solo nelle relazioni tra anziani o tra anziani e adulti ma anche in quelle con i giovani (intergenerazionalità) all’interno della coesione sociale; 2. pr omuovere il mantenimento della salute, la prevenzione della malattie degenerative e della non autosufficienza con oppor tunità di ricerca del benessere e di sviluppo di forme di cittadinanza attiva; 3. favorire il proseguimento della formazione e dell’educazione anche nella terza età con la partecipazione alla vita culturale della nostra comunità; 4. valorizzare il tessuto della rete sociale del nostro territorio, il suo patrimonio culturale, storico, arti stico, paesaggistico ed enogastronomico nonché le specificità locali. Il progetto si concretizzerà in due attività principali: • percorsi diversificati del benessere personale; • brevi itinerari o circuiti organizzati all’interno della nostra zona. Tali iniziative sono intese come valore aggiunto al prodotto turistico sia esso soggiorno, vacanza o itinerario breve. Il viaggio pertanto, deve essere occasione di partecipazione culturale, di aggregazione, di recupero della forma fisica e psicologica, di riscoper ta dei valori legati alle tradizioni locali, alla ricchezza della gastronomia e dei prodotti tipici. Per i percorsi del benessere si prevede la costituzione di 2 gruppi di 50 persone per 12 giorni alle Terme di Recoaro con la possibilità di usufruire delle cure termali o di trascorrere mezza giornata di divertimento e di relax. Per i circuiti turistico-culturali sono previsti 5 itinerari in primavera e 5 itinerari in autunno, eventualmente riproponibili, con visite a luoghi di interesse culturale, storico, paesaggistico ed enogastronomico siti nei 32 Comuni dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino”. Tali circuiti si svolgeranno nell’arco di una giornata. Si pensa inoltre di individuare un percorso specifico per persone disabili. Caratteristica comune a tutte le iniziative è un qualificato servizio di assistenza e di animazione. Le azioni riportate sono previste per il primo anno di sperimentazione potranno subire negli anni successivi, modifiche ed integrazioni in funzione dell'indice di gradimento riscosso dai par tecipanti. Indicatore Numero di persone coinvolte nei percorsi: 400 all’anno. 300 3. Il quadro delle azioni programmate Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Basso (1) Tempo sano Medio (3) Totale (7) Aree • Adulti e anziani • Popolazione Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Medio (3) L’ambiente Basso (1) Totale (7) Obbiettivi da PSSR • L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute • Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona Azioni Dal Al Peso 1 La via dell’Acqua 03.2004 05.2004 Basso 2 Ville e Palazzi di primavera 03.2004 05.2004 Basso 3 Pievi e Chiese 03.2004 05.2004 Basso 4 Il risveglio della natura 03.2004 05.2004 Basso 5 Archeologia industriale 03.2004 05.2004 Basso 6 Le strade del vino 09.2004 11.2004 Basso 7 Risorgive e dintorni 09.2004 11.2004 Basso 8 Giro delle contrade 09.2004 11.2004 Basso 9 Ville e palazzi d’autunno 09.2004 11.2004 Basso 10 Pievi e chiese d’autunno 09.2004 11.2004 Basso 11 Terme di Recoaro periodo estivo I percorsi benessere verranno riproposti negli stessi periodi anche del 2005 e del 2006. Basso I progetti innovativi P12. 301 Povertà estreme Responsabile Dir. Caritas, Comune di Schio Descrizione È in fase di avanzata elaborazione una proposta di intervento nei confronti di persone che versano in stato di povertà estrema, in grado di affrontare con continuità, i bisogni primari delle stesse, l’esigenza di un accompagnamento graduale verso l’inclusione sociale. È un intervento che si struttura in alcune azioni specifiche: a) fornitura di almeno un pasto caldo giornaliero, attraverso servizi mensa (uno per ogni zona provinciale); b) messa a disposizione di un numero adeguato di posti letto per il pernottamento (nell’ambito dell’U.L.SS. n.4 ciò potrà permettere un ulteriore potenziamento dell’offerta oltre a quella già garantita da una struttura di accoglienza esistente a Schio); c) segretariato sociale; d) accompagnamento sociale verso forme concrete di inclusione, finalizzato al superamento della dipendenza assistenziale. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Medio (3) Tempo sano Basso (1) Totale (7) Aree • Dipendenze • Salute mentale • Immigrazione • Popolazione Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Basso (1) Totale Soggetti attuatori • Caritas • SIL • Comune di Schio (segretariato sociale) (7) 302 3. Il quadro delle azioni programmate Tempi • Anno 2005: Approvazione e finanziamento progetti • Anno 2005: Riadattamento della struttura • Anno 2006: Avvio nuove accoglienze • Anno 2006: Progetti di accompagnamento Obbiettivi da PSSR • L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti I progetti innovativi P13. 303 Agenzia sociale per la casa Responsabile Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4 Obiettivo Consolidamento e sviluppo agenzia sociale per la casa Descrizione L’esperienza realizzata con il Piano di zona 2001/03 ha creato le basi per riproporre nel presente piano il progetto nell’ottica del consolidamento e dello sviluppo dell’iniziativa anche in considerazione delle caretteristiche peculiari del territorio dell’U.L.SS. n.4, ossia alta concentrazione di persone immigrate e di ricongiungimenti familiari e contemporanea presenza nel territorio di un discreto numero di abitazioni a prezzo medio-basso in par ticolare concentrate nelle zone montane (vallata dell’Astico). Le prospettive di sviluppo riguardano essenzialemnte un allargamento dell’utenza potenziale del servizio, che potrà coinvolgere tutte le fasce deboli o svantaggiate e l’ampliamento degli sportelli con l’aper tura di una sede anche a Thiene. Ipotesi di sviluppo dell’iniziativa dal 2004 Spor telli per servizi di informazione e accompagnamento individuali Attività: sportelli aper ti al pubblico Sede sportello attivo in area U.L.SS. n.4 da gennaio 2004: Schio Possibili sedi di futuri sportelli: Valdagno, Thiene. Apertura: orari serali fruibili dagli inter essati. Compito: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio (information), preventivazione e programmazione economica (advisor y planning), definizione progetti individuali (step by step), accompagnamento sociale (counseling). Obiettivi minimi di attività per il 2004: 150 utenti registrati Ser vizio di perizia di stima degli alloggi Compito: stima generale del valore di congruità dell’immobile e verifica del rispetto delle normative per l’immobile Incontri con comunità/associazioni immigrati Incontri con le comunità/associazioni immigrati del territorio. Compiti: informazione generale, orientamento/confronto sulle strategie di soluzione al problema alloggiativo. Corsi di formazione per accompagnatori sociali all’acquisto dell’alloggio Compito: preparazione dei referenti presso le comunità/associazioni di immigrati in grado di scambiare e trasmettere competenze in tema di: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio (information), preventivazione e programmazione economica (advisory planing), definizione progetti individuali (step by step), accompagnamento sociale (counseling). Attività degli accompagnatori sociali/mediatori culturali all’acquisto ai servizi di spor tello e stage operativi Compito: funzione di referenza presso le comunità/associazioni di immigrati e affiancamento nelle attività specifiche di sportello: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio (information), preventivazione e programmazione economica (advisory planing), definizione 304 3. Il quadro delle azioni programmate progetti individuali (step by step), accompagnamento sociale (counselling). Pubblicizzazione del servizio Strumenti di divulgazione di informazioni sul servizio: preparazione e distribuzione depliants. Implementazione materiali in internet Preparazione di materiale di lavoro ed elementi di conoscenza in internet su sito dedicato. Elemento di debolezza dell’attuale servizio è rappresentato soprattutto dalla modalità di finanziamento a progetto che non ne garantisce suf ficientemente la continuità temporale. Vista l’impor tanza dell’iniziativa e la sua estensione non solo alle persone immigrate ma più in generale a tutte le fascie deboli, il finanziamento del progetto verrà garantito dall’Azienda U.L.SS. n.4. Indicatore Numero di potenziali contatti: 400 Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Basso (1) Spazio sano Medio (3) Totale (4) Aree • Adulti e anziani • Immigrazione Determinanti della salute I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Medio (3) Totale (6) Importo da finanziare 45.000 euro nel triennio Finanziamenti 45.000 U.L.SS. n.4 Azioni 01 Apertura di un secondo sportello a Thiene Dal Al Peso 01.2005 06.2005 Medio I progetti innovativi Soggetti attuatori Diakonia Costi L’aper tura dello sportello si prevede comporterà un investimento di circa 15.000 euro annui. 305 306 P14. 3. Il quadro delle azioni programmate Potenziamento della rete di servizi in psichiatria Responsabile Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4 Obiettivo Potenziare ed integrare l’attuale rete dei servizi in psichiatria in par ticolare con l’attivazione di una comunità terapeutica attiva e di due moduli respiro Descrizione Comunità Terapeutica Residenziale Protetta Il progetto prende le mosse dall’incompleta realizzazione del Progetto obiettivo tutela salute mentale per l’assenza di una comunità terapeutica accreditata, il quale genera problemi aggiuntivi (sovraccarico del reparto per degenze protratte, interventi riabilitativi non mirati, dipendenza dalle strutture private per i tempi di inserimento in comunità) e si manifesta attraverso l’indisponibilità di interventi riabilitativi intensivi accreditati per il trattamento delle psicosi. La rilevanza del problema e la sua percezione, è intensa da par te di tutti gli addetti ai lavori, che hanno reso esplicita sia la priorità e sia il desiderio di cambiamento. Nella comunità si stanno occupando del problema il DSM, le associazioni dei familiari, le cooperative sociali, i distretti e gli enti locali. Obiettivo generale è il completamento strutturale del DSM in tutte le funzioni previste dal progetto obiettivo (comunità terapeutica come struttura residenziale riabilitativa intensiva); sottoobiettivo è indurre una differenziazione esplicita delle altre str utture residenziali. Proposta progettuale La comunità terapeutica è una struttura che eroga prestazioni in regime residenziale a ciclo continuativo. Svolge funzioni terapeutico riabilitative e socio-riabilitative per utenti di esclusiva competenza psichiatrica. Deve essere attrezzata per accogliere anche casi subacuti e postacuti: questa mission comporta attività e competenze di protezione, cura e riabilitazione a tipologia intensiva, tale da definire inter venti di breve e medio termine. In applicazione del DPR 14/01/1997 relativo ai criteri di accreditamento istituzionale, si identifica per la presenza di alcuni requisiti strutturali ed organizzativi obbligatori: Requisiti strutturali • numero complessivo di locali e spazi in relazione al numero dei pazienti inseriti (posti definiti 12); • caratteristiche delle civili abitazioni; • organizzazione della struttura che garantisca sia gli spazi e i ritmi della normale vita quotidiana e sia le specifiche attività sanitarie (spazio per il personale e i colloqui e le riunioni); • collocazione in normale contesto urbano, in modo da agevolare i processi di socializzazione. Requisiti organizzativi • presenza di personale d’assistenza nelle 24 ore (rapporto 1 a 1); • presenza programmata di medici specialisti; • presenza di altre figure professionali programmata (infermieri professionali, assistenti sociali, psicologo); • collegamento con le altre strutture del DSM. I progetti innovativi 307 Tempi L’avvio previsto è nella primavera del 2005. Modulo respiro Obiettivo generale: sostegno alla famiglia, in integrazione con gli altri strumenti dedicati al sostegno familiare (gruppi AMA per familiari, dimissione ospedaliera protetta, UVMD e utilizzo di reti integrate socio-sanitarie per i casi ad elevata fragilità sociale, moduli Week-end e progetto psicoeducazionale). Obiettivo specifico: garantire assistenza temporanea a sostegno di famiglie di pazienti con disturbo mentale. Contenuto assistenziale: fornire accoglienza e assistenza generale temporanea in struttura residenziale, sostitutiva alla famiglia. Destinatari: famiglie in difficoltà per gestione continuativa di persona con disturbo mentale cronico stabilizzato. Durata dell’inserimento: variabile, in correlazione alla durata del problema-bisogno del nucleo familiare, che motiva l’attivazione del modulo. Modalità di inserimento: tipologia di pronta accoglienza tramite il DSM; tipologia programmata tramite UVMD. Numero posti: due. Collocazione: in una delle cooperative sociali convenzionata con l’U.L.SS. n.4 per la salute mentale. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio Totale (3) (3) Aree • Salute mentale Determinanti della salute I servizi sociosanitari e sociali Totale Alto (5) (5) Obiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti Azioni Dal Al Peso 1 Stesura progetto sperimentale CTRP 06.2004 02.2005 Alto 2 Avvio progetto CTRP 03.2005 03.2006 Alto 308 3. Il quadro delle azioni programmate 3 Avvio due moduli respiro 01.2004 06.2004 Medio 4 Messa a regime CTRP 04.2006 12.2006 Medio 5 Consolidamento 12.2006 12.2006 Basso Costi presunti a) Moduli respiro 35.000 euro circa all’anno. b) Per la comunità terapeutica, a regime, 430.000 euro all’anno a carico del bilancio sanitario. I progetti innovativi P15. 309 Piccola oasi Bene, alcuni quadri fanno un grande effetto nelle loro enormi cornici, e in seguito uno rimane stupito perché lasciano una sensazione così insoddisfacente, come di vuoto; in contrasto a ciò, qualche semplice incisione sul legno o litografia o acquaforte viene a volte trascurata, ma poi uno torna a guardarla e ci si affeziona sempre più, e sente che c’è qualcosa di grande in essa. Vincent van Gogh Responsabile UO Disabilità Distretto n. 1 Obiettivo Supportare le famiglie nei compiti assistenziali in un clima di reciproca collaborazione; promuovere l’estensione ai minori disabili di attività ludico-ricreative; garantire adeguati interventi educativi Descrizione In un quadro complessivamente positivo del servizio di assistenza scolastica si evidenzia per i genitori una carenza assistenziale e/o di suppor to al bambino strettamente collegata alla sincronizzazione dei tempi tra scuola e lavoro; rimane infatti per i bambini disabili il problema di vivere il tempo pomeridiano in un contesto educativo e di socializzazione. In questa logica rientra l’idea di attivare una “piccola oasi” rivolta a bambini in età scolare, soprattutto scuole elementari. Il progetto destinato ai bambini cer tificati, con gravi difficoltà, seguiti dall’integrazione scolastica ha fra i suoi obiettivi il supporto alle famiglie nei compiti assistenziali, la promozione dell’estensione ai minori di attività ludicoricreative e il garantire adeguati inter venti educativi. La modalità operativa scelta è quella dei laboratori che riguarderanno: vista, tatto, gusto e olfatto, attività quotidiane, laboratorio dei materiali poveri, laboratorio attività manuali. 310 3. Il quadro delle azioni programmate Oltre alle figure operanti nell’UO Disabilità del DSS1 saranno coinvolte anche le UO che gestiscono i singoli bambini: UOPREE, NPIA, Bambino–Famiglia; si intende inoltre coinvolgere, per l’aspetto più strettamente ludico dei bambini e per potenziare l’integrazione con il territorio, le associazioni di volontariato che operano a Thiene e zone limitrofe. Sviluppi futuri l’esperienza positiva suggerisce di riproporre e potenziare il progetto con l’obiettivo di costituire diversi gruppi di minori che hanno completato la scuola dell’obbligo. L’offerta si dif ferenzierebbe da quella del CEOD sia per la durata giornaliera (solo mezza giornata) sia per la diversa età degli ospiti. Il progetto potrà offrire ai ragazzi possibilità di crescita e di sviluppo in un contesto sociale più ampio, migliorando ed acquisendo nuove capacità attraverso interventi individualizzati. Costi Costi previsti (per 35 settimane all’anno): 15.000 euro Indicatore Numero di ore aggiuntive di servizio erogate ai bambini (incremento di beneficio): 840 Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Basso (1) Tempo sano Medio (3) Totale (7) Aree • Minori / giovani • Disabili Determinanti della salute I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Medio (3) Totale (6) Obbiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti • La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone I progetti innovativi Azioni Dal Al Peso 1 Individuazione e predisposizione locale 03.2004 06.2004 Basso 2 Predisposizione e realizzazione PEI 05.2004 05.2005 Alto 3 Verifica e riproposizione del progetto 05.2005 12.2006 Basso 311 312 P27. 3. Il quadro delle azioni programmate L’isola che non c’è Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto fino al mattino poi la strada la trovi da te, porta all’isola che non c’è. Forse questa ti sembrerà strano, ma la ragione ti ha un po’ preso la mano. Ed ora sei quasi convinto che non può esistere un’isola che non c’è. [...] E non è un’invenzione e neanche un gioco di parole, se ci credi ti basta perché poi la strada la trovi da te. Edoardo Bennato Responsabile Cooperativa Comunità Ser vizi, Schio Obiettivo Realizzazione di spazi di accoglimento diurno di persone disabili e progettazione di un gruppo famiglia per disabili adulti privi di nucleo familiare o per i quali la permanenza in famiglia sia temporaneamente o permanentemente impossibilitata Descrizione La cooperativa sociale Comunità Servizi di Schio, considerato il desiderio di miglioramento nell’offerta di servizi, ha proposto di dar vita ad un progetto che mira a realizzare spazi di accoglimento diurno di persone disabili, nonché a creare, in futuro, un gruppo famiglia per persone con parziale autonomia che desiderino sperimentare percorsi di vita fuori dalla famiglia di origine. A questo scopo si è resa necessaria la ricerca di spazi aggiuntivi rispetto a quelli attuali, non in grado di supportare la realizzazione di un progetto che, per risultare sostenibile e per garantire al maggior numero di potenziali fruitori concrete opportunità di accesso ai servizi, richiede strutture adeguate nei termini di dimensioni disponibili e assenza (o superamento) di barriere architettoniche. Il piano terra, facilmente accessibile anche alle persone in carrozzina poiché privo di dislivelli, è destinato all’accoglimento diurno di persone adulte di età compresa tra i 15 ed i 65 anni, con disabilità medio-grave: le attività attualmente svolte presso la sede della Comunità di via G. B. Conte dalle persone ospitate, verranno spostate presso tale struttura che sarà resa I progetti innovativi 313 accessibile anche a persone esterne, nella formula di accoglimenti diurni (circa tre o quattro), in convenzione con l’U.L.SS. n.4 competente nel territorio. Per quanto riguarda invece il primo piano, il cui accesso è consentito sia internamente che esternamente (si tratta infatti di due appartamenti potenzialmente autonomi in cui il raggiungimento del piano sopraelevato è garantito anche da scale esterne, sulle quali è possibile pensare di installare un servoscala), è intenzione della Comunità Servizi impegnarsi nella progettazione di un gruppo famiglia per disabili adulti privi di nucleo familiare o per i quali la permanenza in famiglia sia temporaneamente o permanentemente impossibilitata. La finalità è quella di accogliere e gestire la vita quotidiana della persona, orientata alla sua tutela e allo sviluppo di percorsi di parziale autonomia, favorendo un’esperienza di vita al di fuori dalla famiglia di origine. Il servizio è pensato per un target di utenza disabile, supportato però da buoni livelli di autosufficienza mentale. La realizzazione del progetto ha come scopo principale da un lato quello di allargare l’offerta di servizi da par te della cooperativa Comunità Servizi, dall’altro quello di fornire all’utenza ed al territorio risposte nuove e più ampie alle problematiche connesse all’handicap. L’aper tura dell’attività diurna ha come scopo quello di creare opportunità di accoglimento giornaliero rivolte a persone disabili che vivono presso la famiglia di origine: con ciò si creano non solo momenti di condivisione e di socializzazione per i nuovi ragazzi accolti, ma anche per gli ospiti della comunità che, trascorrendo la giornata presso tale struttura hanno la possibilità, non solo di impegnarsi in attività ricreative più ampie rispetto a quelle attuali, ma anche di instaurare nuovi rappor ti con ragazzi che provengono da contesti diversi. La realizzazione del progetto relativo al gruppo famiglia invece ha come scopo quello di fornire una soluzione alternativa alla comunità di accoglienza per coloro i quali, in possesso di sufficienti abilità, desiderano sperimentare un percorso di vita in parziale autonomia, in un contesto diverso dalla famiglia. Il progetto è rivolto anche e soprattutto a chi non può contare temporaneamente o stabilmente sul supporto del nucleo di origine e si ritiene possa essere collocato presso una struttura intermedia che non abbia le caratteristiche di una comunità di accoglienza ma sia maggiormente flessibile e possa per tanto costituire uno spazio di sviluppo e potenziamento di abilità residue. Costi stimati Il costo stimato ammonta a circa 150.000 euro l’anno per entrambi i servizi, cifra che sarà coperta con quote a progetto finanziate dalla regione, con quota a carico del bilancio sociale e con quote a carico delle famiglie. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Basso (1) Tempo sano Medio (3) Totale (7) 314 3. Il quadro delle azioni programmate Aree • Disabili Determinanti della salute I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Medio (3) Totale (6) Obbiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti • La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone Azioni Dal Al Peso 1 Avvio spazio di accoglienza diurna 01.2005 12.2006 Media 2 realizzazione di un gruppo famiglia 06.2005 12.2006 Alto I progetti innovativi P16. 315 Promozione della salute negli adolescenti Responsabile Conferenza dei Sindaci Obiettivo Il piano finanziato attraverso il fondo regionale di inter vento per l’infanzia e l’adolescenza (L.285/97), si ar ticola in tre aree di inter vento: • suppor to alla genitorialità in situazioni di normalità e disagio (attivazione di progetti orientati all’accompagnamento delle famiglie nello svolgimento dei compiti educativi; • individuazione e promozionne di forme innovative di suppor to alla genitorialità per realtà familiari problematiche); • valorizzazione della genitorialità sociale espressa attraverso le reti di famiglie, e l’associazionismo familiare (potenziamento e promozione di inter venti socio-educativi per favorire forme di accoglienza del minore e della famiglia in difficoltà, in una r ete inntegrata di ser vizi e con par ticolare riferimento alla promozione e valorizzazione dell’af fido familiare e delle reti di associazionismo familiare); • comunità, scuola, famiglia: collaborazioni tra le diverse agenzie formative del territorio (attivazione progetti per attivazione reti teritoriali per la realizzazione di spazi e progetti educativi). Descrizione Il progetto si ar ticola in tre azioni principali: il ponte, un mondo di colori e aggregaragazzi. Il ponte Con questa azione si vuole sostenere le famiglie con figli minori, in diffcoltà nell’espletamento del loro ruolo educativo a rischio di isolamento ed emarginazione dal contesto sociale. L’azione consiste nell’attivazione di uno staff educativo che funga appunto da ponte tra l’ambiente intra ed extra familiare, tra le famiglie e la comunità. Prevede altresì l’attivazione di gruppi di autoaiuto rivolti ai genitori e un loro accompagnamento psicologico mirato e definito nel tempo volto a far emergere le loro risorse educative. L’articolazione concreta dell’azione si definisce in almeno trenta progetti per minori, e per le loro famiglie. L’ambito territoriale coincide con il territorio dell’U.L.SS. n.4. Un mondo di colori Questa azione ha l’obiettivo di favorire il dialogo scuola/famiglia per i bambini stranieri in particolare nell’ambito scolastico e di favorire l’inserimento di minori stranieri all’interno dei contesti di socializzazione primaria e secondaria, attraverso iniziative rivolte a famiglie italiane ed extracomunitarie presenti nel territorio, anche attraverso il coinvolgimento di famiglie straniere già integrate. L’obiettivo è la realizzazione di un percorso virtuoso per il superamento dei problemi, inevitabilmente legati a questi inserimenti, trasformando le difficoltà e gli ostacoli in oppor tunità di crescita e di arricchimento interculturale per l’intera comunità locale. Il progetto intende promuovere un nuovo concetto di solidarietà non meramente legato al “dare”, ma orientato all’“esserci”, al condividere. L’ambito territoriale coincide con i seguenti comuni: Malo, Monte di Malo, Piovene Rocchette, San Vito di Leguzzano, Santorso, Schio, Torrebelvicino e Valli del Pasubio. 316 3. Il quadro delle azioni programmate Aggregaragazzi L’azione focalizza l’attenzione sul tempo libero quale campo in cui il bambino e il ragazzo può esprimersi, socializzare, mettersi alla prova nella relazione con gli altri. Gli interventi, a carattere ludico-ricreativi-esperenziali, saranno rivolti ai bambini e ragazzi dai 4, 5 anni ai 14 anni, durante l’anno scolastico, nei pomeriggi liberi, nel fine settimana e, in par ticolare, durante l’estate quando la scuola è chiusa. L’ambito territoriale coincide con i seguenti comuni: Arsiero, Breganze, Caltrano, Calvene, Carrè, Chiuppano, Cogollo del Cengio, Fara Vicentino, Laghi, Lastebasse, Lugo di Vicenza, Marano Vicentino, Montecchio Precalcino, Pedemonte, Posina, Salcedo, Sarcedo, Thiene, Tonezza del Cimone, Valdastico, Velo d’Astico, Villaverla, Zanè e Zugliano. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Alto (5) Spazio sano Basso (1) Tempo sano Basso (1) Totale (7) Aree • Minori / giovani • Popolazione Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Basso (1) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Medio (3) Totale (4) Obbiettivi da PSSR • La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone Costi per azione (annui) Euro Azione 150.000 Il ponte 63.000 Un mondo di colori 117.000 Aggregaragazzi Finanziamenti (annui) Euro Ente finanziatore 264.000 Regione Veneto I progetti innovativi 30.000 U.L.SS. n.4 36.000 Comuni Tempi Le azioni hanno valenza per ill biennio 2004-2005. 317 318 P17. 3. Il quadro delle azioni programmate Pronta accoglienza Responsabile Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4 Obiettivo Quattro posti di pronta accoglienza coperti dal fondo residenzialità Descrizione L’utilizzo del fondo di residenzialità, introdotto col Piano di Zona 2001/03, trova completezza nel corso del Piano 2004/06 grazie alla copertura finanziaria, per i casi che rientrano nei requisiti pr evisti dal regolamento del fondo stesso, fino a quattro posti di pronta accoglienza. Nel mese di marzo 2004 è stato attivato un posto di pronta accoglienza presso la comunità “Lisa” di Villaverla por tando da 8 a 9 posti, autorizzati dalla Regione Veneto, la capacità ricettiva della str uttura, in virtù dell’aumento della domanda verificato dai ser vizi territoriali per il notevole sostegno che la pronta accoglienza por ta alle famiglie, permettendo loro il recupero delle energie necessarie al lavoro di cura e come filtro ad eventuali inserimento a tempo indeterminato in strutture residenziali. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Tempo sano Basso (1) Totale (4) Aree • Disabili Determinanti della salute I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Basso (1) Totale (4) Obbiettivi da PSSR • La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone I progetti innovativi Azioni • al 31.12.03: n. 2 posti di pronta accoglienza (Cardo/Centro Ser vizi) • 2004: Individuazione di n. 1 posto di pronta accoglienza alla Comunità Lisa • 2005: (a) Individuazione di n. 1 posto ulteriore; (b) Verifica tempi di pr onta accoglienza; (c) verifica liste attesa (se esistenti); (d) verifica percorso complessivo per le persone inserite Costi 25.000 euro all’anno per posto 319 320 P28. 3. Il quadro delle azioni programmate Centro di aggregazione relazionale Responsabile Psiche2000 Obiettivo Gli obiettivi del progetto sono sintetizzabili in: • proporre l’organizzazione e l’autorganizzazione del tempo libero; • costr uire percorsi per la visibilità e l’integrazione sociale; • migliorare l’autostima e l’affermazione di sé; • recuperare il dialogo con l’utenza psichiatrica che non accetta di afferire con le tradizionali strutture psichiatriche, nonché l’integrazione delle attività ricreative, proposte da queste ultime, anche a favore di pazienti che sono loro in carico. Descrizione I servizi psichiatrici e i centri di aggregazione, per anni sono stati spesso identificati e riconosciuti esclusivamente nello spazio fisico dove sono stati attivati; quella sorta di linea di confine, spesso invisibile, che all’interno della stessa comunità accoglie il “diverso” separandolo dal resto del gruppo. Questo atteggiamento va superato in favore di una funzione privilegiata di facilitatore-promotore della circolazione, dell’integrazione e dello scambio di risorse, tra persone e tra aree apparentemente incompatibili. Il centro di aggregazione, a disposizione di tutti gli utenti dell’U.L.SS. n.4, dovrà quindi intersecarsi con le realtà già presenti e fondare la propria esistenza nella definizione e attivazione di strategie per il miglioramento della qualità della socialità. Il centro di aggregazione avrà sede a Chiuppano, nei locali messi a disposizione dall’amministrazione comunale; avrà uno staff operativo (coordinatore, psicologo, operatore) che sarà affiancato da un gruppo di volontari appositamente formati. Sarà aperto, indicativamente, in alcuni giorni feriali, in due sabati mattina e due sabati pomeriggio e in alcune domeniche (con la presenza di volontari). Gli orari copriranno i tempi di chiusura di altre strutture; per le attività e le iniziative territoriali gli orari saranno concordati con i fruitori del centro. Modalità di accesso L’accesso e la presenza al centro degli utenti psichiatrici saranno liberi o guidati: • libero: il centro è una struttura aperta e fruibile, e svolgerà la funzione di avvicinamento di quelle fasce di utenti non gestite ancora direttamente dal CSM ma non prenderà in carico utenti dal punto di vista sanitario; • guidato: sulla base di segnalazioni e programmi terapeutici concordati con il DSM pubblico. Fasi di attivazione del centro Sono previste tre fasi: 1) marketing sociale e istituzionale / promozione; 2) sperimentazione; 3) funzionamento. La prima fase ha come finalità la raccolta dei dati per la stesura del programma d’intervento operativo a dimensione dell’utenza individuata sul territorio e la divulgazione nel territorio del centro. I progetti innovativi 321 Attività Sono previste attività di sostegno individuale sia per gli utenti del centro, sia per i familiari dei pazienti; è previsto inoltre un gruppo verbale settimanale, con la presenza costante di uno psicologo. Sono previste, inoltre, diverse attività ricreative, culturali e spor tive tra cui: cinema, attività manuali e motorie, gite, corsi di ballo, ecc. Saranno proposte inoltre atttività di formazione professionale come: corsi di lingua, informatica, sar toria, cucina, decorazione del vetro, giardinaggio, ecc. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio Totale (3) (3) Aree • Salute mentale Determinanti della salute I servizi sociosanitari e sociali Basso (1) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Medio (3) Totale (4) Obbiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti Costi presunti Il costo stimato ammonta a circa 45.000 euro per il primo anno. 322 P22. 3. Il quadro delle azioni programmate Laboratorio psicopedagogico nelle scuole Responsabile UO Bambino e Famiglia Obiettivo Il Laboratorio Psicopedagogico si occupa di problemi di apprendimento, integrazione, comunicazione, relazione ed orientamento scolastico, rivolto ad insegnanti, genitori ed alunni che frequentano le scuole materne, elementari e medie Descrizione Il Laboratorio Psicopedagogico ha costituito un’importante realtà di riferimento territoriale per il lavoro di informazione, formazione e consulenza sulle problematiche della disabilità e del disagio scolastico per le famiglie e per le scuole, strettamente integrato quindi con la programmazione scolastica e con quella del distretto sociosanitario. In un contesto che ha visto la chiusura del provveditorato agli studi e l’eliminazione del distretto scolastico, il soggetto di riferimento del laboratorio per una progettazione condivisa, oltre ai Comuni, alle scuole, e ai distretti sociosanitari, è divenuto il Centro Territoriale per l’Integrazione (CTI). Le cresciute esigenze ed il sorgere di nuovi problemi (marcato disagio giovanile, immigrazione) e la distribuzione della problematicità per le scuole di ogni ordine e grado proporrebbe di attivare azioni consortili di sostegno al laboratorio per la popolazione scolastica del distretto sociosanitario. Funzioni generali I servizi caratterizzanti l’offer ta del Laboratorio Psicopedagogico sono: 1. informazione e consulenza a genitori e insegnanti (rivolto a genitori e/o insegnanti in riferimento a situazioni di disabilità e/o disagio); 2. approfondimento delle problematiche causa di disagio (osservazione esterna finalizzata alla lettura del sintomo cercando di comprenderne la causa); 3. consigli orientativi (individuazione di percorsi alternativi a quelli attuati e risultati non efficaci, al fine di attivare le risorse e orientarle verso un cambiamento); 4. elaborazione piani educativi individualizzati (elaborazione di progetti pedagogico-didattici in riferimento a specifici casi o a gruppi di alunni); 5. elaborazione di itinerari pedagogico didattici (interventi tecnici nei riguardi di gruppi di docenti per sperimentare assieme un lavoro di raccordo metodologico-operativo; attività di consulenza/intervento sui metodi di lavoro e di studio); 6. attività di integrazione operativa (attività di ricerca sulla possibilità di coordinamento con gruppi di istituto per favorire l’integrazione e il percorso scolastico degli alunni; partecipare ad iniziative di gruppi territoriali; messa a punto di modelli e/o progetti di integrazione individualizzata con i ser vizi distrettuali); 7. attività di informazione e aggiornamento (collaborazione con insegnanti nell’individuazione dei bisogni formativi; promozione di iniziative rivolte ad insegnanti e genitori sulle problematiche dell’età evolutiva con par ticolare riferimento alle situazioni di svantaggio e/o compor tamenti a rischio; approfondimento di tematiche formative con la par tecipazione di relatori esterni estesi a tutte le scuole); 8. consulenza/prestito testi, griglie, materiale didattico (gestione della biblioteca/mediateca con I progetti innovativi 323 indicazioni e prestiti di materiali ad insegnanti e genitori per favorire l’attività di apprendimento e integrazione); 9. problematiche degli alunni stranieri (attività di formazione, studio e consulenza sulle problematiche degli alunni stranieri). Tali ser vizi potranno essere ulteriormente ricompresi per area di inter vento (disabilità, disagio/svantaggio), aiutando gli istituti scolastici a dare le risposte in integrazione con i servizi distrettuali. Si potrà prevedere, nel periodo di vigenza del piano, un potenziamento delle attività indicate, anche differenziato nei due distretti, che vedrà il concorso dell’U.L.SS. n.4 e dei comuni interessati. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Totale (3) Aree • Minori / giovani • Disabili Determinanti della salute I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Basso (1) Totale (4) Azioni Dal Al Peso 1 Stipula convenzione quadro 03.2004 04.2004 Alto 2 Realizzazione attività 2005 04.2004 01.2005 Basso 3 Rendicontazione attività 2004 01.2005 03.2005 Medio 4 Programmazione e realizzazione attività 2005 03.2005 01.2006 Medio 5 Rendicontazione attività 2005 01.2006 03.2006 Medio 6 Programmazione e realizzazione attività 2006 03.2006 01.2007 Basso Costi Il costo annuo previsto si stima in 15.000 euro. Tale cifra può essere soggetta a variazioni nei due distretti sulla base di ulteriori azioni specifiche e con relativo ulteriore impegno dei comuni interessati. 324 P24. 3. Il quadro delle azioni programmate Il sostegno alla genitorialità nel lavoro con le famiglie Responsabile UO Disabilità Distretto n. 2 Obiettivo Sostenere le famiglie nella loro normalità e quotidianità, valorizzando le risorse interne, aiutando i genitori a sviluppare competenze e progettualità nel rapporto con il figlio (con particolare attenzione se il bambino presenta disabilità) Descrizione Il progetto si raccorda con il progetto di auto aiuto e si ar ticola in: Azioni rivolte ai destinatari: • il sostegno alla coppia genitoriale attraverso un intervento di educazione familiare svolto dagli operatori che seguono il progetto del bambino; • il sostegno alla famiglia attraverso il confronto, la condivisione, la crescita comune nel gruppo (gruppi di auto-aiuto coadiuvati da operatori/facilitatori). Azioni propedeutiche rivolte agli operatori: • condivisione delle tematiche (lettura dei bisogni, disponibilità di ciascun operatore a riprogettare il proprio intervento includendo l’azione educativa a sostegno della genitorialità, trasversalità delle azioni e integrazione degli operatori, ecc.); • formazione degli operatori su obiettivi e metodi dell’educazione familiare attraverso progetto di ricerca azione da realizzare in collaborazione con l’Università di Padova/Dipar timento di scienze dell’educazione. Modalità operative specifiche: • definizione degli strumenti di intervento e di valutazione; • individuazione delle famiglie, condivisione del progetto individualizzato in Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale; • costituzione dei gruppi di auto-aiuto; • avvio delle azioni di suppor to singole e di gruppo; • monitoraggio, verifica, osser vazione e valutazione dei cambiamenti prodotti nelle famiglie. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Totale Aree • Minori / giovani • Disabili Medio (3) (3) I progetti innovativi Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Basso (1) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Basso (1) Totale (5) Obbiettivi da PSSR • La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone Finanziamenti Euro Ente finanziatore 25.000 U.L.SS. n.4 (nel triennio) 325 326 P29. 3. Il quadro delle azioni programmate Corso di autonomia Responsabile Associazione “Contro l’esclusione” Obiettivo Il corso intende rispondere alla domanda di autonomia personale della persona con disabilità nella vita di tutti i giorni Descrizione L’autonomia si può estrinsecare in un insieme di abilità legate alla capacità di spostamento ed altre legate alle capacità di acquisto e di uso dei servizi in genere. Tali esperienze formative possono essere raccolte in 5 aree educative, ciascuna scandita da obiettivi propri: • Comunicazione: saper chiedere, saper dare i prorpi dati, usare il telefono, usare i telefoni pubblici... • Orientamento: leggere e seguire le idicazioni stradali, saper individuare punti di riferimento, riconoscere fermate di autobus, corriere, treni, ... • Compor tamento stradale: attraversamento, semafori, ... • Uso del denaro: acquisizione del valore del denaro, riconoscimento, conteggio, corrispondenza prezzo-denaro, ... • Uso dei ser vizi: corrispondenza prodotto-negozio, supermercato, negozi di uso comune, bar, cinema, teatr o, biblioteca, uffici postali, mezzi pubblici, ... Il corso di educazione all’autonomia si colloca nell’ambito del tempo libero e si struttura in una rete di incontri pomeridiani (3 ore circa). Ogni ragzzo si incontra un pomeriggio alla settimana con un gruppo composto di 9 ragazzi disabili e 3 operatori. Dopo un momento comune il gruppo si divide in sottogruppi di tre ragazzi più un operatore e un volontario. Le attività proposte ai ragazzi toccano in modo trasversale le aree sopra illustre e si realizzano perlopiù all’interno del sottogruppo. Autonomia non vuol dire solo acquisire alcune competenze, ma riconoscersi grandi e sentirsi tali, ritrovando così, in questo cambiamento dalla condizione di bambino a quella di adolescente, motivazione nell’assumere nuovi comportamenti e nel superare le inevitabili difficoltà. Il clima scelto per le proposte del corso è allora quello di un ambiente ricreativo e gratificante in cui i ragazzi si sentano protagonisti e vengano così anche rinforzati nell’assunzione del loro essere grandi. Il corso è impostato su tre anni. Il primo è quello delle prime scoperte, dell’aver voglia di autonomia, il secondo è quello delle conquiste, il terzo è quello del consolidamento e del “valore alto”. Gli operatori settimanalmente programmano e verificano l’attività. Ogni 15 giorni gli incontri di verifica e programmazione si svolgono con la presenza del supervisore e coordinatore del progetto. Agli operatori si affiancano giovani volontari, la presenza di questi ultimi consente di creare una dimensione di gruppo ottimale. Durante l’anno anche i genitori partecipano dell’esperienza dei propri figli incontrandosi con gli operatori sia in colloqui individuali, sia attraverso riunioni di piccoli pruppi in cui i genitori hanno modo sia di conoscere meglio che cosa succede durante l’attività, sia di confrontarsi tra loro e con gli operatori sulle proprie esperienze I progetti innovativi 327 familiari. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio Totale (3) (3) Aree • Minori / giovani • Disabili Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Basso (1) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Basso (1) Totale (5) Obbiettivi da PSSR • La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone Costi Si stimano costi pari a 12.000 euro per il primo anno, a carico del bilancio sociale e con finanziamenti a progetto. 328 P25. 3. Il quadro delle azioni programmate Spazio/Tempo libero Iniziative per l’integrazione sociale delle persone disabili nelle attività del tempo libero Responsabile Comune di Schio Obiettivo Sensibilizzare la comunità locale ed in particolare le associazioni ed i gruppi rispetto all’integrazione dei disabili nelle attività del tempo libero quale risorsa; creare oppor tunità di integrazione e di socializzazione a favore di soggetti por tatori di handicap Descrizione Con questo progetto si cercherà di attivare un percorso di sensibilizzazione nei confronti dell’associazionismo culturale, sportivo e ricreativo al fine di sviluppare iniziative ad hoc ma anche per “aprire” alle persone portatrici di handicap le numerose e varie oppor tunità esistenti nel nostro territorio. Il progetto prevede una serie di “sostegni” nei confronti dei disabili e delle stesse associazioni affinché l’inserimento sia orientato ed accompagnato in modo specifico. Nell’ambito della disabilità, il territorio dell’Alto Vicentino ha maturato negli ultimi anni un buon livello di risposta per quanto riguarda i ser vizi sociosanitari residenziali e domiciliari, l’integrazione scolastica e lavorativa, la mobilità. Una delle aree che rimane ancora quasi del tutto scoperta riguarda il “tempo libero”, il quale costituisce in qualche modo il banco di prova per verificare l’ef fettiva integrazione sociale del disabile all’interno della comunità locale. Con il presente progetto si vuole intervenire proprio a questo livello, creando innanzitutto una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione e sperimentando formule per facilitare l’inserimento dei disabili nei contesti culturali, sportivi e ricreativi della nostra realtà locale. Da un lato, quindi, tutta una serie di iniziative di sensibilizzazione nei confronti della comunità ed in particolare delle associazioni e dei gruppi più o meno formalizzati. Dall’altro, un servizio che potrà raccogliere e sostenere la disponibilità dei gruppi, nonché orientare ed accompagnare percorsi di inserimento da parte di persone disabili. Principali risultati attesi • aumento delle oppor tunità di socializzazione per le persone disabili; • sollievo del carico assistenziale che grava sulle famiglie. Aree di inter vento L’attività progettuale si inserisce nella programmazione degli obiettivi di cui alla decisione del Consiglio Europeo, con par ticolare riferimento alle azioni di sensibilizzazione e diffusione delle buone prassi sulla mobilità, l’accessibilità, l’integrazione, la socializzazione e l’educazione permanente. Le aree particolarmente interessate sono: • prevenzione primaria e secondaria delle diverse forme di disabilità; • sostegno alle famiglie con persone con disabilità; • accesso alla comunicazione ed informazione; • par tecipazione alla pratica spor tiva; I progetti innovativi 329 • accessibilità; • mobilità. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Basso (1) Spazio sano Basso (1) Totale (2) Aree • Disabili Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Basso (1) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Basso (1) Totale (2) Obbiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti • La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone Azioni Dal Al Peso 1 Conferimento incarichi 02.2004 03.2004 Basso 2 Prima mappatura 02.2004 04.2004 Basso 3 Incontro di sensibilizzazione 04.2004 05.2004 Basso 4 Seconda mappatura 05.2004 06.2004 Basso 5 Attivazione spor tello 06.2004 07.2004 Basso 6 Avvio percorso formativo 07.2004 08.2004 Basso 7 Promozione e attivazione servizio 07.2004 09.2004 Basso 8 Attivazione percorsi di accompagnamento 08.2004 05.2005 Basso 9 Verifica e riprogettazione 05.2005 06.2005 Basso 330 3. Il quadro delle azioni programmate P26. Amministratore di sostegno Responsabile Coordinatore SAF (Ser vizio Accompagnamento Familiare) Obiettivo Creare un sistema integrato pubblico-privato di sostegno e tutela civica per minori, anziani e disabili; sostenere iniziative per lo sviluppo di una cittadinanza attiva Descrizione Nell’ambito dei ser vizi sociali più volte si riscontra la presenza di persone (in particolare anziani e disabili, ma anche nuclei di famiglie problematiche, coppie giovani ex-tossicodipendenti, soggetti con handicap) che per vari motivi non sono in grado di curare i propri interessi ed attendere a volte anche ai più semplici atti di gestione dei propri beni (gestione delle scadenze, pagamenti, dichiarazioni di responsabilità, adempimenti amministrativi, pensioni, ecc.). Si tratta di persone per i quali spesso non ricorrono le condizioni per adire agli istituti dell’interdizione o dell’inabilitazione. Il primo passo del percorso progettuale si concretizza in azioni formative al fine di perseguire due importanti obiettivi propedeutici a qualsiasi altro inter vento. Il primo quello di fornire strumenti operativi concreti a quanti già sono impegnati in attività di tutela, curatela o comunque di gestione dei beni di persone in difficoltà. Il secondo quello di mettere in contatto i volontari stessi e le altre persone che si rendessero disponibili, raccogliendole attorno ad un coordinamento che potrà evolvere in una associazione dei tutori e amministratori di sostegno volontari. Si cercherà di costruire un sistema integrato tra inter venti e servizi a tutela e sostegno delle persone in difficoltà, a par tire da quelli realizzati dai comuni nell’ambito dell’attività di servizio sociale fino all’attivazione delle risorse del volontariato. Lo strumento operativo per questa azione sarà la costituzione di un elenco o albo di soggetti privati o associazioni di volontariato al quale i soggetti che intervengono possano fare riferimento con la garanzia di un supporto. Ispirandosi ai principi di solidarietà sociale, l’associazione formantesi dovrebbe proporre come organizzazione a supporto dei soci impegnati nell’attività volontaria di tutore, curatore o amministratore-procuratore, il sostegno formativo, l’erogazione di ser vizi di consulenza e di mutuo controllo e la copertura assicurativa contro i rischi civili derivanti dalle attività volontarie esercitate. L’associazione assumerà il ruolo di partner dell’ente pubblico nella realizzazione di un sistema integrato di sostegno e tutela. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Totale Medio (3) (3) I progetti innovativi Aree • Minori / giovani • Adulti e anziani • Disabili Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Totale Basso (1) (1) 331 332 P30. 3. Il quadro delle azioni programmate Relais Reti di Lavoro per l’Integrazione Sociale Responsabile Responsabile del SIL Obiettivo Il progetto si propone di relizzare percorsi individualizzati di inserimento sociale in ambienti di lavoro di persone con disabilità permanente e grave limitazione dell’autonomia personale Descrizione La realizzazione del progetto si sviluppa con le seguenti modalità operative: • Valutazione di ammissione effettuata dal SIL di concer to con i ser vizi che hanno in carico la persona. Sarà valutato il tipo di apprendimento lavorativo, il livello di elaborazione psico-mentale, la qualità della socializzazione, il livello di maturazione affettiva, la qualità ed il livello di sviluppo esperienziale. • Definisione di un programma individualizzato di inter venti che conivolge l’ambiente di lavoro, la famiglia, altre ser vizi che inter vengono nel progetto di vita della persona disabile. È prevista una formale adesione dell’interessato e della sua famiglia al programma di inserimento. • Individuazione di un ambiente lavorativo che dovrà presentare le seguenti caratteristiche: un ambiente socio-relazionale accogliente e in grado di of frire ruoli sociali attivi adeguati alle esigenze e capacità della persona; la disponibilità di persone titolari e lavoratori che possano collaborare attivamente nel processo di inserimento e nell’assicurare un adeguato livello di protezione; presenza di attività semplici adatte alle capacità operative della persona disabile. • Attivazione dell’inserimento sociale in ambiente di lavoro, regolamentato da una specifica convenzione tra l’Azienda U.L.SS. n.4 e l’azienda/organizzazione ospitante. • Gestione e monitoraggio dell’inserimento. L’inserimento si svolge mediante: a) osservazione e valutazione; b) suppor to alla persona disabile all’ambiente di lavor o e alla famiglia. • Verifica del progetto. Il progetto avrà corso da ottobre 2004 a dicembre 2006. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Spazio sano Basso (1) Totale Aree • Disabili • Integrazione lavorativa (4) I progetti innovativi 333 Determinanti della salute Le condizioni socio-economiche/stili di vita Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Totale (6) Obbiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti Costo (complessivo) Il costo del progetto per tutta la sua durata sarà di 248.200 euro Finanziamenti (totali nel biennio 2005/06) Euro Ente finanziatore 128.200 U.L.SS. n.4 120.000 CariVerona 334 P31. 3. Il quadro delle azioni programmate Servizio Integrazione Lavorativa – Area Svantaggio Responsabile Responsabile del SIL Obiettivo Il progetto si propone di attivare sperimentalmente un Ser vizio Integrazione Lavorativa - Area Svantaggio al fine di assicurare le funzioni ed i compiti relativi all’inserimento e all’integrazione lavorativa di cittadini in condizione di particolare svantaggio sociale, mettendo in comune risorse umane, strumentali e finanziarie della Provincia e dell’Azienda U.L.SS. n.4 Descrizione Da anni la Provincia di Vicenza e l’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” collaborano nell’ambito delle rispettive competenze per la realizzazione di un sistema integrato di servizi ed interventi per l’inserimento sociale e lavorativo delle persone svantaggiate. Tale collaborazione ha condotto al raggiungimento di importanti risultati nella gestione della Legge n.68/99 sul diritto al lavoro dei disabili, attraverso modalità innovative e originali d’integrazione delle rispettive competenze e risorse, con il coinvolgimento degli altri soggetti pubblici e privati interessati. Al fine di rispondere adeguatamente alle aspettative delle persone svantaggiate e dei datori di lavoro, si pr evede l’attivazione sperimentale di uno specifico servizio, mettendo in comune gli operatori e le risorse del Centro per l’impiego di Schio-Thiene impegnate nell’area delle categorie svantaggiate e gli operatori e le risorse del servizio integrazione lavorativa dell’Azienda U.L.SS. n.4. Principali risultati attesi: • sviluppare le azioni d’inserimento lavorativo in un’ottica di sistema; • offrire ai cittadini svantaggiati e alle aziende un unico punto di riferimento tecnico e amministrativo; • favorire un utilizzo integrato ed efficiente delle risorse; • incrementare l’ef ficacia e l’efficienza di gestione della legge 68/99; • estendere il modello d’intervento sperimentato per i disabili a tutte le fasce di lavoratori svantaggiati. Il Servizio Integrazione Lavorativa - Area Svantaggio: • svolgerà i compiti amministrativi relativi al collocamento, alla preselezione e al sostegno all’incontro fra domanda e of ferta di lavoro connessi agli inserimenti lavorativi delle persone con disabilità e svantaggiate ed alle iniziative finalizzate ad incrementare l’occupazione; • favorirà nelle esperienze d’inserimento lavorativo e di collocamento mirato il raccordo con gli interventi svolti dai ser vizi socio–sanitari, assicurando gli opportuni collegamenti con la Commissione medica integrata ex Legge 104/1992; • of frirà servizi di consulenza e di accompagnamento alle aziende coinvolte e garantisce un punto di riferimento competente, dove necessario, per i familiari del lavoratore; • opererà in raccordo con il Comitato tecnico ed utilizza progetti individualizzati di osservazione e orientamento, formazione in situazione, mediazione al lavoro, integrazione sociale in ambiente lavorativo; • favorirà lo sviluppo delle azioni in un ottica di sistema che coinvolga il più ampio numero di attori istituzionali, delle forze sociali, dei soggetti del privato sociali e del privato convenzionato e/o accreditato. I progetti innovativi 335 Azioni • Stipula di un protocollo d’intesa tra la Provincia di Vicenza e l’Azienda U.L.SS. n.4. • Definizione del modello organizzativo ed operativo del Ser vizio Integrazione Lavorativa – Area Svantaggio. • Attivazione del nuovo ser vizio in locali della medesima struttura che ospita il Centro per l’impiego di Schio-Thiene. • Predisposizione di un piano di attività annuale. • Monitoraggio, analisi e valutazione degli inter venti e dei risultati della sperimentazione. Tempi Il progetto avrà corso da gennaio 2005 a dicembre 2006. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Tempo sano Basso (1) Spazio Sano Basso (1) Totale (5) Aree • Integrazione lavorativa • Disabili • Salute mentale • Dipendenze • Minori / giovani • Immigrazione • Popolazione • Adulti e anziani Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Medio (3) Le condizioni socio-economiche / stili di vita Basso (1) Totale (7) Obbiettivi da PSSR • Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti 336 P39. 3. Il quadro delle azioni programmate Sportello donna Responsabile Comune di Schio Descrizione Si tratta di uno spazio di accoglienza, ascolto e informazione, ma anche di incontro e socializzazione aper to al mondo femminile. Lo sportello of fre un servizio di consulenza psicologica, socioeducativa e legale, oltre ad organizzare iniziative culturali e di socializzazione. Si caratterizza come: • uno spazio a disposizione delle donne e delle loro organizzazioni; • uno sportello informativo sui temi del lavoro e della formazione professionale, della salute e della vita sociale; • un servizio di counseling individuale e di piccolo-gruppo per la ricerca del lavoro; • un servizio di informazione-consulenza legale sulle tematiche legate alla condizione femminile e alle problematiche familiari; • un punto di riferimento per le donne che subiscono violenza; • un centro di documentazione e ricerca su tematiche femminili; • un luogo che promuove con le donne iniziative sull’identità femminile. Il servizio si svolge presso il Comune di Schio – Ser vizi sociali. E-mail: [email protected] Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Tempo sano Basso (1) Totale (4) Aree • Popolazione femminile Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Basso (1) Totale (4) I progetti innovativi P40. 337 Ascoltagiovani Responsabile Comune di Schio Descrizione L’ascoltagiovani è un intervento socio-educativo rivolto a ragazzi dai 14 ai 26 anni, attivato dal comune di Schio. Esso costituisce una risorsa per quei ragazzi che per vari motivi vivono in situazione di disagio psicologico, familiare o sociale, e per tutti quei giovani che esprimono il bisogno di trovare uno spazio informale di accoglienza ed un sostegno qualificato. Il servizio si svolge presso il Comune di Schio - Ser vizi sociali. E-mail: [email protected] Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio (3) Tempo sano Basso (1) Totale (4) Aree • Minori / giovani Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Basso (1) Totale (4) 338 P32. 3. Il quadro delle azioni programmate Prima comunicazione Responsabile Responsabile UO Bambino e Famiglia DSS n. 1 Obiettivo Migliorare la modalità di comunicazione e gestione della diagnosi di disabilità o grave e permanente perdità di autonomia Descrizione La “prima comunicazione” non si ferma solo al momento della nascita ma riguarda anche la comunicazione di patologia del feto, o di diagnosi di malattia che comporti cronicità o handicap nel bambino e nell’adolescente, o ancora di perdita di autonomia nella persona adulta. L’esperianza di genitori che hanno provato il disagio di dover afforntare un asituazione di un figlio con disabilità, può aiutare anche i professionisti a capire come rapportarsi ef ficacemente con tali situazioni: “il problema non è cosa comunicare ma come”. Coordinate Coordinate del benessere Relazioni sane Medio Totale (3) (3) Aree • Popolazione in generale • Disabili • Minori / giovani Determinanti della salute Aspettative e visione del futuro Medio (3) I servizi sociosanitari e sociali Basso (1) Totale (4) Azioni • costituzione di un gruppo riconosciuto dall’Azienda U.L.SS. con presenza di: tecnici, genitori, associazioni di volontariato; • formazione per i tecnici grazie ad un confronto continuo con i genitori; • individuazione di un protocollo di prima comunicazione (chi, dove e quando); • continuità di presa in carico tra l’ospedale e il rientro in famiglia coinvolgendo le figure professionali di riferimento; • individuare un str umento di comunicazione continua con le famiglie (tra cui anche tutti i possibili benefici previsti dalla normativa vigente). I progetti innovativi P21. 339 I tempi della comunità: Proposta La città pensata dalle politiche temporali è una città di cronotopi, luoghi fisici di architetture spaziali e temporali animate da ritmi di presenza e compresenza dei suoi cittadini e degli abitanti temporanei Bonfiglioli, Mareggi, 1997 Responsabile Presidenza della Conferenza dei Sindaci dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” Descrizione L’organizzazione urbana è insieme spaziale e temporale L’organizzazione della città, del paese non è solo dettata da una matrice spaziale e di uso del suolo, competenza propria del piano regolatore generale, ma anche dalla struttura temporale di uso dei luoghi da parte della popolazione. Il sistema degli orari urbani è in pratica quella parte altamente razionalizzata e pubblica del tempo sociale per la quale la città/il paese abitata dai suoi cittadini secondo gli atti della loro vita quotidiana, è assieme un’insieme di spazi costruiti e di cronotopi. “La città pensata dalle politiche temporali è una città di cronotopi, luoghi fisici di architetture spaziali e temporali animate da ritmi di presenza e compresenza dei suoi cittadini e degli abitanti temporanei” (Bonfiglioli, Mareggi, 1997). Oggi il sistema degli orari urbani è in rapida trasformazione a seguito del mutamento in atto degli orari di lavoro secondo regimi flessibili e multimodali e a seguito dell’uso allargato del territorio da parte dei cittadini, in reti di sistemi urbani. Dall’altra parte, ogni comunità ha ritmi sociali caratteristici di uso degli spazi pubblici e privati. Per esempio Milano fino agli anni ’70 è stata strutturata come una metropoli a organizzazione tayloristica industriale e oggi si è trasformata in una metropoli di ser vizi ad alta mobilità e desincronizzazione degli orari. I ritmi temporali delle nostre comunità dell’Alto Vicentino invece presenta una sostanziale rigidità, connessa soprattutto ad aspetti tradizionali di scansione dell’anno: dalle scuole, ai servizi della pubblica amministrazione, ai negozi gli orari di funzionamento sono, talora, poco funzionali ad una miglior fruibilità della persona. Orari della pubblica amministrazione nell’Alto Vicentino Politiche temporali per la modernizzazione della pubblica amministrazione Nelle politiche temporali italiane gli orari dei servizi pubblici sono stati concepiti come un’inter faccia che media: da una parte l’organizzazione del ser vizio stesso e l’orario di lavoro dei dipendenti; dall’altra parte la domanda degli utenti e la sua struttura dei tempi dedicati al lavoro e alla cura parentale, soprattutto quella rivolta ai minori, agli anziani, ai malati. Si può pensare che agire sugli orari di spor tello o dei servizi sia un’azione banale e solo razionalizzatrice. L’esperienza ha mostrato il contrario. Sia nel caso dello sportello, sia per l’intero servizio, agire sugli orari compor ta modificare la relazione complessa fra organizzazione del lavoro, orari di lavoro, mobilità degli utenti, tipologia di utenti. La logica sottesa all’azione rimanda all’istituzione di un nuovo patto sociale fra cittadini ed è ormai parte del disegno di modernizzazione della pubblica amministrazione. In Italia l’azione degli uffici tempi della città, sor ti soprattutto dopo l’emanazione della 340 3. Il quadro delle azioni programmate L.53/2000 si è articolata attorno ai seguenti obiettivi: razionalizzare gli orari di accesso dei cittadini agli uffici comunali in orari cer ti; prolungare gli orari di sportello in fasce orarie desincronizzate rispetto agli orari prevalenti di lavoro della città, in particolare durante la pausa di mezzogiorno, nel tardo pomeriggio e in alcune città italiane di sabato. Le esperienze in alcune amministrazioni comunali hanno riguardato l’adozione del modello “giornata del cittadino” in cui tutti gli spor telli e i servizi del comune (per esempio Pesaro) e/o delle pubbliche amministrazioni della città (è il caso di Prato, Rimini, Parma) sono aperti con orari continuati e/o prolungati fino a tardo pomeriggio; la riqualificazione dei ser vizi municipali attraverso la semplificazione delle procedure amministrative, l’informatizzazione degli archivi e del loro accesso, la diffusione dei punti di accesso fisici. Il Progetto pilota sugli orari comuni delle pubbliche amministrazioni e degli enti di interesse pubblico dei comuni dell’Alto Vicentino riguarda l’accesso dei cittadini ai servizi. È per tanto un’azione circoscritta, rispetto alla riqualificazione dei ser vizi; ma incisiva sul piano dei risultati per i cittadini e non banale sul piano della riqualificazione del back–office dello “spor tello”. Inoltre, la costruzione del processo decisionale e il buon funzionamento del gruppo dei decisori istituzionali pubblici e privati coinvolti sono un’azione di rilevanza urbana. Gli orari dei servizi della pubblica amministrazione nell’Alto Vicentino L’orario di apertura degli uffici delle pubbliche amministrazioni nel territorio dell’Alto Vicentino è prevalentemente strutturato secondo un orario spezzato. Gli uffici decentrati dello stato e degli enti pubblici sono caratterizzati da una mattina lunga e pomeriggi brevi, solitamente due. Alcuni spor telli sono aperti solo al mattino. Diversamente, l’orario di apertura dei Comuni è quasi omogeneo per tutti gli uffici al pubblico e prevede l’aper tura mattutina dalle ore 08:30 alle 13:00 e pomeridiana dalle ore 14:30 alle 16:30; con alcuni spor telli, quali l’Ufficio relazioni con il pubblico, l’Anagrafe, il Protocollo, lo Stato civile e la Polizia municipale aper ti anche al sabato mattina. L’Azienda Sanitaria prevede l’apertura dei propri servizi, in misura articolata, prevalentemente al mattino ma con opportunità anche nel pomeriggio, differenziate a seconda dei singoli ser vizi. Chi costruisce il progetto La costruzione del progetto è affidata ad un gruppo istituzionale e tecnico denominato “Orari di servizio, orari di vita”, coordinato dai sindaci di Schio e di Thiene, da dirigenti responsabili delle Amministrazioni pubbliche operanti nell’Alto Vicentino (Poste, Enel, U.L.SS., CCIA, Inps, Agenzia delle Entrate, AltoVicentino Ser vizi, Consorzio Medio Astico ecc.),che utilizzerà il metodo della concertazione con le organizzazioni sindacali al fine di garantire all’iniziativa sperimentale la più ampia condivisione dei lavoratori coinvolti. Attraverso questo organismo si espleta il potere di coordinamento degli orari dei servizi urbani, competenza assegnata al sindaco dall’articolo 36 della L.142/90. Nuovi orari per le pubbliche amministrazioni e gli enti di interesse pubblico della città Linee guida progettuali Le linee guida progettuali affrontano il tema degli orari della pubblica amministrazione secondo principi di equilibrio tra orari di lavoro e tempi di vita. Armonizzare gli orari degli uffici al pubblico delle amministrazioni cittadine e desincronizzare gli orari di sportello rispetto all’orario di lavoro prevalente sono obiettivi della sperimentazione. Le modifiche degli orari di apertura degli sportelli delle pubbliche amministrazioni e degli enti di interesse pubblico aderenti al progetto riguardano: la giornata del cittadino, con apertura a orario continuato (ad es. dalle ore 09:00 alle ore 19:00) in una giornata settimanale di massima affluenza - le mattine delle I progetti innovativi 341 altre giornate dalle 09:00 alle ore 12:00 (orario certo). Le due fasce, settimanale e giornaliera, individuano l’orario di apertura comune degli sportelli delle pubbliche amministrazioni aderenti al progetto. Per molti enti, tra cui i Comuni, la sperimentazione non incide sulla riduzione dell’orario di apertura. Frequentemente infatti aggiunge agli orari attuali, la fascia del pranzo della giornata di apertura continuata senza interruzione centrale e soprattutto vede per la prima volta il coordinamento tra la maggior par te degli enti pubblici presenti nei comuni. Le modifiche orarie saranno individuate e concertate dal Gruppo “Orari di servizio, orari di vita” che può prevedere oltre alle modifiche assunte anche i aperture facoltative pomeridiane su prenotazione e il sabato mattina. Il pr ogetto pilota può prevedere inoltre: • un programma di comunicazione; • la collocazione di totem segnaletici nei punti principali di acceso ai comuni e nei luoghi di maggiore attrattività; • la definizione di alcuni monitoraggi durante il progetto, da svolgere presso gli sportelli (rilevazione dell’affluenza e focus group con i dirigenti e gli operatori) e presso i cittadini con schede strutturate; • da ultimo, un progetto accoglienza per migliorare l’agio negli uffici al pubblico. Le analisi Sulla scorta di esperienze maturate in altre realtà urbane italiane, la progettazione e attuazione dei nuovi orari di sportello degli enti pubblici e di interesse pubblico sarà preceduta, secondo una tradizione consolidata di pianificazione, da indagini cronotopiche dirette, volte: 1. al rilievo degli orari di aper tura al pubblico dei differenti uf fici e a elaborarli graficamente su calendari settimanali e in schede riepilogative; 2. al rilievo degli orari di lavoro dei dipendenti; 3. al rilievo dell’af fluenza in una giornata tipo, con indicazione dei giorni di massima e minima affluenza, delle scadenze istituzionali e dei periodi di af follamento nel corso dell’anno. Sarà effettuata inoltre un’elaborazione grafica su calendari settimanali e in schede riepilogative. In relazione alla determinazione della massima af fluenza giornaliera verranno implementate alcune elaborazioni statistiche con software ad hoc; 4. alla valutazione sia di alcune proposte di modifica dell’orario giornaliero o settimanale, che costituiscono i cardini del primo disegno di progetto di modificazione dell’orario, sia delle azioni integrate da condur re (riqualificazione del ser vizio per l’utente e riorganizzazione dell’ufficio). Il gruppo istituzionale effettuerà le analisi non solo come una mappatura dell’esistente ma soprattutto come un’indagine sulla propensione al cambiamento, come azione preliminare all’individuazione di una proposta di modificazione degli orari di aper tura al pubblico degli sportelli delle pubbliche amministrazioni cittadine. L’indagine avrà inoltre l’obiettivo di sensibilizzare e motivare i dirigenti degli enti pubblici cittadini verso le trasformazioni degli orari a favore sia dei lavoratori dei servizi sia degli utenti degli stessi. Contenuti delle linee guida La proposta progettuale si concretizzerà, attraverso lo strumento dell’accordo di programma tra le amministrazioni pubbliche interessate, in cinque contenuti: 1. definizione della gior nata del cittadino, durante la quale tutti gli uffici della pubblica amministrazione e possibilmente anche gli istituti di credito, aziende private di interesse pubblico, siano aperti per un tempo prolungato e continuativo (ad es. 09-19); 2. attivazione degli appuntamenti su prenotazione a par tire da alcune categorie professionali; 3. rafforzamento degli orari di aper tura dello sportello unico per le imprese; 4. formazione integrata degli operatori degli uffici pubblici; 5. attivazione di numeri verde informativi, di spor telli polifunzionali tra le amministrazioni pubbliche. 342 3. Il quadro delle azioni programmate Tempi della scuola Obiettivi semplici da pensare e difficili da perseguire Tema tradizionale delle politiche temporali in Italia e in Europa, il cambiamento degli orari delle scuole riguarda obiettivi semplici da pensare e difficili da conseguire. Il cambiamento orario ha riguardato, generalmente, uno slittamento dell’orario di ingresso di solito per i ragazzi/e delle scuole superiori che in molte città provengono da territori di scala vasta. Ma non solo: talvolta sono state realizzate attività di pre/post scuola presso le scuole per l’infanzia, attività di intrattenimento con il coinvolgimento di associazioni per il volontariato e il tempo libero, iniziative di utilizzo in orari extrascolastici (prevalentemente al pomeriggio) delle strutture e degli spazi aper ti delle scuole. Le ragioni dello slittamento sono state da subito individuate anche grazie alla domanda posta dalle aziende di trasporto pubblico. Le scuole aprono in Italia al mattino nelle ore di massima concentrazione del traffico e incidono sulla congestione e sull’inquinamento; i mezzi di trasporto sono tutti impegnati e è difficile aggiungere linee e migliorare il servizio; i genitori spesso non possono utilizzare la flessibilità di ingresso al lavoro perché sono vincolati agli orari rigidi della scuola. Orari e calendari scolastici standard e rigidi di fronte a orari di lavoro sempre più flessibili e modulari per i genitori (anche sulla base dell’anno) sono di per sé una discrasia che chiama all’intervento progettuale. Le inchieste hanno evidenziato anche lo stress di prima mattina nell’ambito familiare a seguito di un alto numero di azioni coordinate da svolgere, solitamente gestite sotto la responsabilità della donna. A Bolzano, per esempio, sono state individuate tre aree di inter vento: ingresso, uscita di mezza giornata, attività libere pomeridiane. Questa ar ticolazione degli interventi mostra uno spostamento concettuale dell’azione dagli orari al tempo: il fuoco interpretativo è posto sull’organizzazione dei tempi quotidiani e sui soggetti delegati a questa organizzazione. I motivi per cui i risultati di slittamento dell’orario di ingresso sono stati dif ficili da conseguire sono i seguenti: • gli orari scolastici di una città sono un regime temporale che media fra tempi individuali dei genitori e degli studenti, tempi collettivi di lavoro dei genitori e del personale scolastico, abitudini e tempi familiari; sono un r egime orario strutturante molti altri regimi del tempo sociale di una città e attivo sia alla scala quotidiana che a quelle settimanale e annuale; quindi anche un’azione semplice di slittamento agisce su una grande varietà di regimi orari individuali e collettivi; • in Italia le attività curriculari scolastiche si svolgono quasi ovunque nella mattina e perciò è dif ficile modificare orari che corrispondono a una struttura didattica e pedagogica conseguita con molte mediazioni; • fino a poco fa l’orario scolastico era di competenza del Ministero e del Provveditore gestito cioè in modo gerarchico e verticistico. Oggi ogni scuola può scegliere il proprio orario, ma pochi presidi stan no lavorando in questo campo perché agisce il valore della consuetudine che per i regimi di orario è una stabilità str utturale. Ci sono buoni motivi per cambiare gli orari delle scuole? L’esperienza suggerisce le seguenti risposte: a. gli orari attuali non hanno nulla di naturale se non il fatto che sono stati in vigore a lungo e sono stati costruiti sull’orario di lavoro industriale, rigido e standard. Alcuni pedagogisti stanno riflettendo sul profilo orario, settimanale e annuale ottimale per l’apprendimento e la formazione; b. orari e calendari incidono sul traf fico, sull’inquinamento, sulla flessibilità degli orari lavorativi; c. le scuole sono un patrimonio edilizio cospicuo. Una cultura urbanistica ispirata alla trasformazione e non alla semplice crescita suggerisce il problema di utilizzare gli edifici scolastici e i cortili per I progetti innovativi 343 attività sociali in un tempo prolungato; d. lo stress familiare di primo mattino e una più equa distribuzione dei carichi familiari pongono domande qualitativamente rilevanti; e. i calendari scolastici stanno in rappor to con le ferie. Alla loro ristr utturazione sono interessate le molte attività economiche legate alla mobilità. La vasta articolazione delle ragioni sottese alla struttura degli orari scolastici depone a favore di una progettazione e di una gestione sofisticate. La costruzione condivisa del problema: strategie del progetto Il gruppo istituzionale “Orari dei servizi, orari di vita” integrato da una rappresentanza dei dirigenti scolastici nominata dal Centro Territoriale Formativo Alto Vicentino diventa la sede appropriata per conoscere ed accompagnare le eventuali trasformazioni degli orari dei calendari scolastici nel rispetto dell’autonomia del mondo scolastico. La costruzione condivisa del problema, avviene seguendo queste fasi: 1. Un seminario di presentazione del Piano dei tempi e degli orari e un incontro con città che hanno avviato politiche sugli orari scolastici, per attivare un coinvolgimento dei dirigenti scolastici degli istituti cittadini. 2. Un’indagine sulle trasformazioni degli orari nel mondo scolastico. Come prima ipotesi va individuato una modalità di inchiesta volta a sensibilizzare la scuola verso i cambiamenti orari in atto e l’individuazione di possibili aree di inter vento. La condivisione, con i dirigenti scolastici, riguarda la scelta della strategia d’inchiesta, la costruzione e la gestione insieme della stessa. La finalità è quella di avviare un coinvolgimento attivo dei decisori in materia di orari scolastici. 3. Le azione mirano, da un lato, ad aprire il dibattito interno al mondo scolastico a un più ampio dialogo entro il territorio; dall’altro, a sensibilizzare verso il cambiamento delle abitudini temporali quotidiane che vengono considerate acquisite e inamovibili. 4. Il Comune, mettendosi a ser vizio del mondo della scuola, assume il r uolo di gestore di un terreno d’incontro per sviluppare il dialogo sociale e civile e la cooperazione tra gli attori coinvolti: il CTF, il collegio dei presidi, gli insegnanti, con il coinvolgimento, in seguito, delle aziende di trasporto locale, delle piccole e medie imprese di ser vizi territoriali di sostegno (commercianti, pubblici esercizi, ecc.), dell’Amministrazione provinciale e dei sindacati. Imparare dalle esperienze Al fine di costruire una rappresentazione condivisa dei problemi, sia nel team di lavoro interno al Comune che con i partner esterni, vanno individuate modalità d’azione ispirate al principio di imparare dalle esperienze di altre città o enti che hanno promosso politiche innovative in materia. Le modalità d’azione riguardano: • Lo studio di politiche sugli orari scolastici nel quadro di piani degli orari urbani. Vanno analizzate le politiche di differenziazione degli orari di entrate e uscita dalle scuole materne e di apertura dei cortili scolastici; post–scuola; diversificazione dell’orario di ingresso delle scuole secondarie; desincr onizzazione degli orari di entrata/uscita dalle scuole, ser vizi di pre/post scuola, linee di traspor to pubblico dedicate agli studenti, attività di formazione, percorsi sicuri per bambini; Ciò che emerge dalle conoscenze esperite sin qui nel contesto dell’Alto Vicentino, è così sintetizzabile: • ogni scuola ha una caratterizzazione propria ed esigenze temporali diversificate; • le richieste di tutoraggio del bambino, soprattutto nelle scuole per l’infanzia e primarie, ricoprono ormai l’intero arco della giornata (mattina presto-tardo pomeriggio); • le indagini sul mondo scolastico sono rilevanti perché occasione per riflettere sul rapporto scuola–città–territorio e pensare anche alla localizzazione delle scuole in relazione sia ad aspettative socio–economiche che educative e urbane; • analizzar e alcune modificazioni orarie sperimentate può facilitare il processo di conoscenza della reattività del contesto locale e della capacità di adattamento ai cambiamenti; • nell’ottica di azione integrata propria dell’approccio temporale, è auspicabile pensare a un coordinamento tra iniziative già attive tra scuola e Comune (per esempio Informagiovani, rete civica, didattica nei musei); • quando le politiche temporali hanno dato origine a uno spettro di azioni eterogenee secondo un approccio integrato di politica urbana, l’ef ficacia dell’azione è stata più rilevante. Gli ambiti di influenza di un’azione temporale nelle scuole riguardano: • il miglioramento degli orari della famiglia e dei genitori; • il rappor to con la città (ore di punta, traf fico, inquinamento); • la pedagogia orientata a orari e calendari diversi (ancor oggi legati a orari di lavoro tipicamente industriali); • il mondo stesso della scuola (studenti e lavoratori). Coordinate Coordinate del benessere Tempo sano Alto Totale (5) (5) Aree • Popolazione Determinanti della salute Condizioni socio-economiche Totale Alto (5) (5) 4. L’accordo di programma 4. L’accordo di programma 347 Accordo di programma per la gestione e coordinamento del Piano di Comunità per il triennio 2004-2006 PREMESSO • che il Decreto Legislativo 30.12.1992 n.502, con le successive modificazioni ed integrazioni, recante norme per il riordino della disciplina in materia sanitaria, ha introdotto impor tanti cambiamenti nella organizzazione dei servizi socio-sanitari, indicando nella Conferenza dei Sindaci l’ambito rappresentativo degli interessi delle comunità locali in materia socio-sanitaria; • che, secondo quanto disposto dalla L.R. 14.9.1994, n. 56 recante “Norme e principi per il riordino del ser vizio sanitario regionale in attuazione del D.lgs. 502/1992”, i Comuni par tecipano al processo di programmazione socio-sanitaria regionale mediante l’elaborazione del Piano di Zona dei Ser vizi Sociali da par te della Conferenza dei Sindaci • che la L.R. 56/94 confer ma il ripar to delle competenze tra Unità Locale Socio-Sanitaria e i Comuni in materia di attività socio-sanitarie e socio-assistenziali; • che la L.R. n.5 del 03.02.1996 “Piano Socio-Sanitario regionale per il triennio 1996/1998” all’art.4 individua i seguenti strumenti per la gestione unitaria dei ser vizi sociali e socio-sanitari in ambiti territoriali omogenei, che vengono individuati nei distretti: la delega da parte dei Comuni della gestione dei ser vizi alle Unità Locali Socio-Sanitarie o, in alternativa, la stipula di accordi di programma tra gli enti interessati. Tali deleghe o accordi vengono decisi e stipulati sulla base dei contenuti del Piano di Zona, in relazione alla convenzioni già adottate in ambito distrettuale tra i Comuni. Per i Comuni il Piano di Zona rappresenta la possibilità concreta di incidere attivamente sull’organizzazione complessiva dei ser vizi alla persona e sulla destinazione delle risorse utilizzabili per le attività sociosanitarie del territorio, for mulando, anche nei confronti dell’Azienda U.L.SS., richieste precise di impegno su obiettivi ed azioni concordate. La valorizzazione del ruolo dell’Ente Locale viene, infatti, realizzata dalla legislazione, che attribuisce ai Comuni una funzione strategica rispetto all’intero processo programmatorio: il Piano di Zona è promosso dai Comuni (tramite la Rappresentanza dei Sindaci) ed è approvato dalla Conferenza dei Sindaci dei Comuni afferenti il territorio dell’Azienda U.L.SS. n.4 di riferimento. • che la Legge n.328 dell’08.11.2000 “Legge quadro per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e ser vizi sociali”, all’art.19, prevede che i Comuni associati a tutela dei diritti della popolazione d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gli inter venti sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’ar ticolo 18, comma 6, a definire il piano di zona, che individua: a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli str umenti e i mezzi per la relativa realizzazione; b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione alle disposizioni regionali adottate ai sensi dell’articolo 8, comma 3, lettera h); c) le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo di cui all’articolo 21; le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni; d) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con par ticolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia; e) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito 348 4. L’accordo di programma della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità; f) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con i soggetti di cui all’ar ticolo 1, comma 4. • che Il Piano di Zona dei Ser vizi Sociali di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell’articolo 34 del D. Lgs. n.267/2000 è volto a: a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su ser vizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in par ticolare le risorse locali di solidarietà e di auto aiuto, nonché a responsabilizzare cittadini nella programmazione e nella verifica dei ser vizi; b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concer tazione di cui al comma 1, lettera g); c) definire i criteri di ripar tizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di par ticolari obiettivi; d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi. • che la L.R. 11/2001 ribadisce che il Piano di zona è lo strumento primario di attuazione della rete dei servizi sociali e dell’integrazione sociosanitaria. • che all’accordo di programma di cui al comma precedente, per assicurare l’adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, par tecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1 (Comuni e Aziende U.L.SS.), nonché i soggetti di cui all’ar ticolo 1, comma 4 (privato sociale) e all’ar ticolo 10 (IPAB) che attraverso l’accreditamento o specifiche forme di concer tazione, concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema intete dei ser vizi sociali e dell’integrazione sociosanitaria. RICORDATO • che essenziali strumenti della programmazione socio-sanitaria approvati dalla Conferenza dei Sindaci sono altresì: a) il piano di interventi per l’infanzia e l’adolescenza approvato nella seduta della Conferenza dei Sindaci del 28 aprile 2004 e recepita dall’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” con Delibera del DG n. 338 del 20 maggio 2004; b) il piano triennale di inter vento - Area Dipendenze 2003-2005 approvato nella seduta della Conferenza dei Sindaci del 30 ottobre 2002 e recepita dall’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” con Delibera del DG n. 1333 del 31 ottobre 2002; • che entrambe queste progettualità rientrano nel Piano di Comunità. 4. L’accordo di programma 349 GLI ENTI INTERESSATI COME DAPPRESSO L’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” e I Comuni del territorio dell’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino”: Arsiero, Breganze, Caltrano, Calvene, Carrè, Chiuppano, Cogollo del Cengio, Fara Vicentino, Laghi, Lastebasse, Lugo di Vicenza, Malo, Marano Vicentino, Montecchio Precalcino, Monte di Malo, Pedemonte, Piovene Rocchette, Posina, Salcedo, Santorso, San Vito di Leguzzano, Sarcedo, Schio, Thiene, Tonezza del Cimone, Torrebelvicino, Valdastico, Valli del Pasubio, Velo d’Astico, Villaverla, Zanè, Zugliano; CONVENGONO QUANTO SEGUE assumendo l’impegno di realizzarlo, ciascuno per la sua parte, nei modi specificati di seguito: ART. 1 - FINALITÀ II Piano di Zona è uno strumento per la programmazione dei servizi sociali e socio-sanitari di una Comunità, secondo i principi della responsabilizzazione, della sussidiarietà e della partecipazione. Il Piano di Zona individua: • priorità e linee di sviluppo delle politiche sociali e sociosanitarie locali; • modalità di raccordo fra le attività sociosanitarie delle U.L.SS. e le attività socio-assistenziali dei Comuni; • strategie di integrazione su obiettivi comuni fra i soggetti pubblici, fra questi, i soggetti del privato sociale e le espressioni organizzate della comunità locale; • forme di controllo e di verifica delle spese e di responsabilizzazione sui risultati raggiunti; • centralità ai bisogni del territorio e alle attese della cittadinanza; • forme di collaborazione e di raccordo fra il pubblico e il privato; • soluzioni organizzative e gestionali flessibili ed innovative; • ottimale utilizzo e valorizzazione delle risorse disponibili; • modalità innovative di attivazione di risorse pubbliche e private. ART. 2 - ENTE PROMOTORE II Comune di Lugo, quale Ente promotore, assume il ruolo di Comune capofila per portare a buon fine l’iniziativa in base a quanto previsto dalla vigente legislazione Regionale e Nazionale l’attività e i progetti di cui al presente accordo di programma ART. 3 - CAMPI DI APPLICAZIONE DELL’ACCORDO Gli accordi sottoscritti hanno lo scopo e le finalità di migliorare i ser vizi alla persona, alle famiglie e alla comunità locale dei 32 Comuni della zona. Per tanto gli accordi comunali, intercomunali e/o interdistrettuali sono finalizzati al miglior coordinamento dei servizi socio-assistenziali con quelli socio-sanitari, il tutto per favorire un’effettiva integrazione dell’area sociale con quella sanitaria. Il campo di applicazione del piano di comunità sarà: 1. servizi sociali erogati dai 32 Comuni; 2. ser vizi socio-sanitari erogati dall’Azienda U.L.SS. n.4; 350 4. L’accordo di programma 3. ser vizi sociali erogati dal Volontariato - Onlus - Cooperative Sociali - IPAB; ART. 4 - IMPEGNI DEI SOGGETTI FIRMATARI L’attuazione del contenuto dell’accordo avviene ad opera dei singoli soggetti par tecipanti i quali svolgono compiti loro affidati dall’accordo stesso e si impegnano a compiere ogni azione necessaria alla realizzazione dei singoli progetti contenuti nel Piano. In particolar modo, le Amministrazioni Comunali si impegnano a sostenere la realizzazione dei progetti “La citta senza barriere”, e “I tempi della comunità”. Ciascun Ente par tecipante all’accordo parteciperà attraverso i propri delegati agli incontri programmati dal gruppo di lavoro per il monitoraggio e la verifica del Piano di Comunnità costituito con il Piano stesso. Gli oneri per la pubblicazione dell’accordo sul BUR del Veneto saranno suddivisi tra i 32 Comuni della zona, in proporzione al numero degli abitanti (art.5 comma 6 della L.R. n.56/1994). ART. 5 - LE RISORSE Le risorse necessarie per la realizzazione dei contenuti del presente piano derivano: • dal fondo sanitario regionale; • dal fondo sociale regionale; • dai fondi comunali (quota capitaria); • da fondi di altri soggetti pubblici e privati (Provincia, fondazioni, terzo settore ecc.). La quota sanitaria relativa a ciascun livello di assistenza è determinata tenendo in considerazione l’allegato n.5 alla DGRV 3972/2002. La quota capitaria a carico dei Comuni è determinate come segue: Contributi da Comuni Per funzioni obbligatorie Fondo residenzialità Fondo minori in affido Totale entrate da Comuni 2.402.000 523.000 505.000 3.430.000 Le quote associative procapite dei Comuni risultano le seguenti (anno 2004): Tabella 93 Quote associative procapite dei comuni U.L.SS. n. 4. Anno 2004 Indistinta per funzioni “obbligatorie” 13,40 Fondo residenzialità disabili 2,92 Fondo per minori in affido 2,82 tali quote saranno aggiornate annualmente a seguito di incrementi del costo della vita secondo l’indice ISTAT, previo il necessario assenso della Conferenza dei Sindaci in sede di presentazione del bilancio economico preventivo. Viene quindi ridefinita la quota capitaria con separata evidenza, e contabilizzazione, delle funzioni così dette obbligatorie (assistenza scolastica, CEOD, integrazione lavorativa ecc.) e di quelle delegate (minori e residenzialità disabili). 4. L’accordo di programma 351 ART. 6 - MONITORAGGIO E RELAZIONE SEMESTRALE SULL’ATTUAZIONE DEL PIANO DI COMUNITÀ DEI SERVIZI SOCIALI COLLEGIO DI VIGILANZA II monitoraggio sullo stato di attuazione del Piano di Comunità sarà effettuato dal gruppo di lavoro per il monitoraggio e la verifica del Piano di Comunità previsto dal piano stesso. La relazione semestrale sarà predisposta dal Direttore dei Ser vizi Sociali dell’Azienda U.L.SS. n.4 (ai sensi dell’art.5 - comma 1 della L.R. n.5/96) e sarà inviata alla Regione Veneto e ai 32 Sindaci sulla base delle considerazioni del gr uppo di lavoro. Ogni responsabile di progetto si impegna a relazionare al gruppo di lavoro per il monitoraggio e la verifica del Piano di Comunità, nei modi e nei tempi indicati dal gruppo di lavoro stesso, sullo stato di attuazione dei progetti. ART. 7 - REALIZZAZIONE DELL’ACCORDO L’intero impianto del Piano di Comunità si struttura alla valorizzazione delle risorse presenti nel territorio, prevedendo aree di inter vento specifiche in una cornice unitaria costituita oltre che dalle Istituzioni, da ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), volontariato, cooperative sociali, associazioni, per sollecitare una mobilitazione non solo degli organi istituzionali ma anche della società civile, la quale deve prestare maggiore attenzione alle esigenze sociali e sanitarie della Comunità. Con gli enti che costituiscono il mondo del privato sociale, della cooperazione, del volntariato debbono essere instaurati rapporti che vanno regolati da un regime convenzionale che tiene conto delle differenti caratteristiche statutarie e dei differenti regimi fiscali derivanti per legge. ART. 8 - DESTINATARI Destinatari e beneficiari del presente accordo di programma sono i cittadini e le famiglie residenti nei Comuni dell’Azienda U.L.SS. n.4 Alto Vicentino. ART. 9 - DURATA DELL’ACCORDO II presente accordo di programma, sottoscritto per dare attuazione al Piano di Comunità, ha validità per il triennio 2004/2006. ART. 10 - COLLEGIO DI VIGILANZA La vigilanza sull’esecuzione del presente accordo di programma sarà svolto da un Collegio composto dall’Esecutivo dei SIndaci dell’Azienda U.L.SS. n.4 e dal Direttore dei Ser vizi Sociali. Il Collegio è presieduto dal Presidente della Conferenza dei Sindaci o suo delegato. Al Collegio sono attribuiti poteri sostitutivi in caso di inadempienza di una delle parti stipulanti. Il Collegio è validamente costituito con la presenza del Direttore dei Servizi sociali e almeno quattro comuni. ART. 11 - CONTROVERSIE Eventuali controversie derivanti dall’applicazione del presente accordo saranno devolute alla Conferenza dei Sindaci o, su richiesta di una delle par ti, ad un collegio arbitrale composto da tre membri di cui uno scelto dal richiedente, uno dalla parte opponente ed il terzo di comune accordo o, in mancanza, dalla regione Veneto. ART. 12 - DIFFUSIONE E PUBBLICIZZAZIONE Saranno promossi, a cura dei soggetti contraenti, incontri con il personale dei rispettivi ser- 352 4. L’accordo di programma vizi, finalizzati alla illustrazione, diffusione dei contenuti del presente accordo. Analoga iniziativa (pubblicizzazione dell’accordo sottoscritto) sarà attivata, da parte del Presidente della Conferenza dei Sindaci, presso tutte le associazioni, i gruppi di volontariato, cooperative sociali, parrocchie, ONLUS, comitati di quartiere, privato sociale, altri Enti ed Istituzioni interessati all’iniziativa e/o ai vari progetti. ART. 13 - DISPOSIZIONI FINALI Per quanto non contemplato dal presente accordo di programma, si fa rinvio al testo di documento Piano di Comunità 2004/2006 e alle disposizioni nazionali e regionali in materia. LETTO APPROVATO E SOTTOSCRITTO Comune di Lugo COMUNE PROMOTORE - CAPOFILA _________________________________ 4. L’accordo di programma 353 354 Indici e glossario Indici e glossari Glossario delle sigle citate ADI Assistenza Domiciliare Integrata AMA Auto Mutuo Aiuto ASL Azienda Sanitaria Locale AU.L.SS. Azienda Unità Locale Socio Sanitaria U.L.SS. ” CCIAA Camera di Commercio Industria Ar tigianato Agricoltura CEOD Centro Educativo Occupazionale Diurno CF Consultorio Familiare CFP Centro di Formazione Professionale CPA Centro di Pronta Accoglienza CSM Centro di Salute Mentale CTRP Comunità Terapeutica Residenziale Protetta CT Comunità Terapeutica CdR Casa di Riposo DCA Disturbi del Comportamento Alimentare DGR Delibera della Giunta della Regione Veneto DGRV ” DH Day Hospital DPCM Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri DPR Decreto del Presidente della Repubblica DSM Dipartimento di Salute Mentale DSS Distretto Socio Sanitario FKT FisioKinesi Terapia LEA Livelli Essenziali di Assistenza L Legge (nazionale) LR Legge regionale (del Veneto) MMG Medico di Medicina Generale NAPA Nucleo ad Alta Protezione Alzheimer OMS Organizzazione Mondiale della Sanità PdZ Piano di Zona PdC Piano di Comunità PEI Progetto Educativo Individualizzato PLS Pediatra di Libera Scelta PL Posto Letto PO Progetto Obiettivo PSSR Piano Socio Sanitario Regionale (del Veneto) RSA Residenza Sanitaria Assistita (CdR) SAD Assistenza Domiciliare Semplice SAPA Sezione ad Alta Protezione Alzheimer SERT Ser vizio pubblico per le Tossicodipendenze SIL Ser vizio di Integrazione Lavorativa Indici e glossario SDO Scheda di Dimissione Ospedaliera SMR Metodo di calcolo di standardizzazione indiretta SPDC Ser vizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura SSN Ser vizio Sanitario Nazionale SVAMA Scheda di Valutazione Multidimensionale dell’Anziano TSE Tasso di Incidenza Standardizzato UOCA Unità Operativa di Continuità Assistenziale UOD Unità Operativa Distrettuale UOPREE Unità Operativa di Prevenzione e Riabilitazione Età Evolutiva UO Unità Operativa / Unità Organizzativa UVMD Unità di Valutazione MultiDimensionale 355 356 Indici e glossario Elenco delle illustrazioni 27 Figura 01: Mappa geologica schematica delle rocce nel Veneto 28 Figura 02: Contatto tra rocce lungo il fiume Astico (riva destra del fiume in località Pra Narpollo), vulcanico in basso e sedimentarie in alto 29 Figura 03: Arenarie della Val Gardena (Valli del Pasubio) 30 Figura 04: Strati di dolomia lungo la strada forestale sopra la frazione San Donà di Caltrano 31 Figura 05: Contatto tra la roccia metamor fica (sopra) e la roccia vulcanica (filone riolitico in giacitura quasi orizzontale) lungo la strada che da Valli del Pasubio porta a Passo Xomo 31 Figura 06: Contatto tra la riolite, roccia vulcanica (sulla sinistra) e la roccia sedimentaria (dolomia principale in fondo sulla sinistra) lungo la strada che da Valli del Pasubio porta a Passo Xomo 33 Figura 08: Livello Bonarelli - strada per Lusiana 33 Figura 09: Livello Bonarelli - strada per Lusiana, particolare del nodulo di solfuri 35 Figura 10: Il torrente Astico dal ponte tra Chiuppano e Caltrano 35 Figura 11: La val d’Astico. In primo piano il Summano 40 Figura 12: Roccia sedimentaria, Arenaria 40 Figura 13: Roccia metamorfica, Fillade 40 Figura 14: Arenaria della val Gardena 40 Figura 15: Roccia sedimentaria, Calcare (Biancone) 40 Figura 16: Roccia vulcanica, Basalto con olivina (formazione di Salcedo) 46 Figura 17: Borracina Bianca (Sedum Album) 47 Figura 18: Primula comune (Primula Vulgaris) 47 Figura 19: Dente di cane (Erythronium Dens-Canis) 48 Figura 20: Acero di monte (Acer Pseudoplatanus) 58 Figura 21: Contrada in Val Posina 50 Figura 22: Particolare dell’acero di monte (Acer Pseudoplatanus) 50 Figura 23: Primula odorosa (Primula Veris) 53 Figura 24: Papavero comune (Papaver Rhoeas) 53 Figura 25: Genziana primaccia (Gentiana Verna) 55 Figura 26: Viola del pensiero (Viola Tricolor) 55 Figura 27: Rosa selvatica comune (Rosa Canina) - in inverno 56 Figura 28: Inverno nell’alta Val d’Astico 58 Figura 29: Paesaggi montani della Val Posina 59 Figura 30: Dafne Mezereo (Daphne Mezereum) 59 Figura 31: Parnassia (Parnassia Palustre) 59 Figura 32: Anemone bianca (Anemone Nemorosa) 64 Figura 33: Amigdale e punte di freccia in selce del Neolitico, rinvenute a Novoledo 65 Figura 34: Frammenti di embrici delle fornaci di Tito Delio Sereno e di Quinto Curio, del I secolo d.C., rinvenuti a Carrè e a Novoledo 66 Figura 35: La centuriazione dell’Alto Vicentino 82 Figura 36: Banco da falegname 83 Figura 37: Mulinélo o corléta 84 Figura 38: Canti popolari 88 Figura 39: Determinanti della salute - Ripartizione teorica secondo OMS 89 Figura 40: Determinanti della salute - Piano secondo teoria OMS 89 Figura 41: Determinanti della salute - Piano di Zona 2001-2003 89 Figura 42: Determinanti della salute - Piano di Comunità 2004-2006 Indici e glossario 357 92 Figura 43: Ripartizione percentuale delle problematiche più sentite 102 Figura 44: Incidenti domestici e del tempo libero rilevati nell’ambito del programma europeo di sanità pubblica sulle lesioni personali. 116 Figura 45: Orografia dell’Alto Vicentino 117 Figura 46: Campana demografica 118 Figura 47: Previsioni demografiche per fasce d’età fino al 2050 per la Regione Veneto 120 Figura 48: Nazione di provenienza degli stranieri 124 Figura 49: Mor talità per incidenti stradali. SMR totali e troncati con inter valli fiduciali al 95% e sesso 128 Figura 51 e 52: Mor talità per tumore. U.L.SS. n.4. Anni 1995-1999. SMR Femmine (sopra); SMR Maschi (basso) 130 Figura 52bis: Tassi standardizzati di mortalità per malattie cardiovascolari in Italia. Anni 1980-1998. Distribuzione per sesso 133 Figura 53, 54 e 55: Mortalità per: malattie cardiovascolari (alto), cardiopatie ischemiche e infarto (centro), cerebrovascolari (basso). U.L.SS. n.4. SMR totali e troncati con intervalli fiduciali al 95% e sesso 134 Figura 56 e 57: Mor talità per cause selezionate nell’U.L.SS. n.4. Femmine (alto) e Maschi (basso). SMR Troncati a 65 anni con inter valli fiduciali al 95% 135 Figura 58 e 59: Mor talità per cause selezionate nell’U.L.SS. n.4. Femmine (a destra, alto) e Maschi (a destra, basso). SMR con inter valli fiduciali al 95% 146 Figura 60: Grafico per la valutazione del proprio Indice di Massa Corporea (BMI) 159 Figura 61: Ambiti distrettuali dell’U.L.SS. n.4 160 Figura 62 e 63: DSS n.1 di Thiene (alto): 15 comuni, 194 km2, 85.563 abitanti. DSS n.2 di Schio (sinistra): 17 comuni, 450 km2, 93.687 abitanti 176 Figura 64: Strutture residenziali per anziani e ulteriori livelli di assistenza 182 Figura 65: Centro servizi di Montecchio Precalcino. Lato fronte villa. 192 Figura 66: CEOD. Rete dei servizi. 2002 e 2005 195 Figura 67: Comunità alloggio e RSA. Anno 2004 273 Figura 68: Sintesi dei progetti innovativi. Quadro sinottico 358 Indici e glossario Elenco delle tabelle 26 Tabella 01: Colonna stratigrafica generale 92 Tabella 02: Percentuale di coloro che provano molta o moltissima soddisfazione per ogni area 92 Tabella 03: Ripar tizione percentuale delle problematiche più sentite 101 Tabella 05: Percentuale di incidenti domestici e fuori dell’ambito domestico 111 Tabella 09: Anagrafe delle imprese vicentine. Situazione al 31.12.2002 112 Tabella 10: Tassi occupazione/disoccupazione (tot.) nella provincia di Vicenza. 1995-2002 113 Tabella 11: Forze lavoro nella provincia di Vicenza e Veneto. Anno 2002 113 Tabella 12: Occupati per settore. Vicenza e Veneto. 2001, 2002 (valori in migliaia) 115 Tabella 13: Popolazione U.L.SS. n.4 al 31/12/2003 117 Tabella 14: Popolazione dei Comuni dell’U.L.SS. n.4. Ripar tizione per decadi 118 Tabella 15: Ripar tizione anziane e grande anziani per sesso 119 Tabella 16: Indicatori Standard per i Comuni dell’U.L.SS. n.4 120 Tabella 17: Indicatori Standard per territori sovracomunali 120 Tabella 18: Stranieri residenti in base alla nazione di provenienza e loro incremento 121 Tabella 19: Stranieri residenti nei comuni dell’U.L.SS. n.4 e aumento (persone e percentuali) 121 Tabella 20: Incidenti stradali in Italia. Anni 1991-2000 122 Tabella 21: Tasso standardizzato di mortalità. Anno 1997 122 Tabella 22: Mor talità per incidenti stradali nel Veneto. Anno 1997 123 Tabella 23: Mortalità per incidenti stradali nell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998 123 Tabella 24: Mortalità per incidenti stradali nell’U.L.SS. n.4. Anno 2000 125 Tabella 25: Stima del numer o di casi di cancro nell’U.L.SS. n.4. Anno 2000 126 Tabella 26: Stima dei nuovi casi/anno di cancro nell’U.L.SS. n.4. Anni 1995–1996 126 Tabella 27: Media annua decessi da tumore, per sesso. U.L.SS. n.4. Anni 1995-1999 127 Tabella 28: Decessi per tumor e in soggetti con meno di 65 anni nell’U.L.SS. n.4. Anni 1995-1999 129 Tabella 29: Stima dei nuovi eventi coronarici in Italia. Anno 2000 130 Tabella 30: Stima dei casi prevalenti di infarto del miocardio e di ictus nell’U.L.SS. n.4 131 Tabella 31: Mor talità per malattie cardio-vascolari nell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998 131 Tabella 32: Mor talità per cardiopatia ischemica nell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998 132 Tabella 33: Mortalità per malattie cerebrovascolari nell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998 162 Tabella 38: Livelli essenziali di assistenza (LEA) per area. Costi bilancio preventivo 2004. 162 Tabella 39: Modalità finanziamento servizi sanitari e sociosanitari a valenza distrettuale. Anno 2004 163 Tabella 40: Finanziamento del “sociale”: contributi da Regione 163 Tabella 41: Finanziamento del “sociale”: contributi dai Comuni 177 Tabella 44: Strutture residenziali (anno 2004) 178 Tabella 45: Anziani. Ripar tizione della spesa sanitaria per livello di assistenza. Anno 2003 179 Tabella 46: Centro di neuroriabilitazione cognitiva. Giornate, accessi, assistiti. Anni 2002 e 2003 180 Tabella 47: Bilancio di gestione del centro di riabilitazione neurocognitiva 193 Tabella 51: Localizzazioni e posti nei CEOD. Anni 2002 e 2004 194 Tabella 53: Gestione e posti delle comunità alloggio e RSA. Anno 2004 211 Tabella 56: Utenti in carico al Ser.T. Anno 2002 211 Tabella 57: Utenti dei ser vizi dipendenze. Anno 2002 212 Tabella 58: Utenti con doppia diagnosi. Anno 2002 214 Tabella 59: Comunità terap. per tossicodipendenti. N° giornate di erogazione. Anno 2002 224 Tabella 61: Attività ospedaliera del DSM. Dati e costi. Anno 2002 224 Tabella 62: DSM, utenti dei servizi residenziali. Anni 2001 e 2003 Indici e glossario 225 Tabella 63: DSM, utenti dei ser vizi semiresidenziali. Anni 2001 e 2003 225 Tabella 64: DSM: utenti dei progetti personalizzati. Anni 2001 e 2003 226 Tabella 65: CSM, dati relativi alla domanda di salute espressa. Anni 1999 e 2002 231 Tabella 66: DSM, sintesi dei costi annuali dei progetti 237 Tabella 67: SIL. Utenti nel triennio 2001-2003. Distribuzione per genere 237 Tabella 68: SIL. Utenti nel triennio 2001-2003. Distribuzione per tipologia di disabilità 237 Tabella 69: SIL. Invalidi civili in carico nel triennio 2001-2003. Distribuzione per grado d’invalidità 238 Tabella 70: SIL. Utenti in tirocinio e tir ocini (2001-2003). Distribuzione per tipologia di azienda 238 Tabella 71: SIL. Tirocini realizzati (2001-2003). Distribuzione percentuale per tipologia di progetto 238 Tabella 72: SIL. Utenti in progetti d’integrazione sociale in ambiente di lavoro. Anni 2001-2003 238 Tabella 74: SIL. Aziende che hanno fatto inserimenti in collaborazione con i SIL. Anni 2001-2003 239 Tabella 75: SIL. Utenti inseriti in cooperative sociali di tipo B. Anni 2001-2003 240 Tabella 76: Cooperative sociali B presenti nel territorio al 31/12/2003 241 Tabella 77: Allievi CFP per disabili del territorio. Anno scolastico 2003-2004 241 Tabella 79: Legge 68/99. Inserimenti lavorativi Centro per l’impiego Schio-Thiene. Anni 2001-2003 242 Tabella 80: Legge 68/99. Agevolazioni Centro per l’impiego Schio-Thiene 256 Tabella 81: Immigrazione. Giornate di pronta accoglienza per anno 267 Tabella 82: Il percorso fatto per la realizzazione del Piano di Comunità 2004-2006 102 Tabella 83: Accessi al pronto soccorso per incidenti in ambiente domestico 241 Tabella 85: Legge 68/99. Disabili iscritti al 31/12/anno 241 Tabella 86: Legge 68/99. Aziende soggette all’obbligo al 31/12/anno 109 Tabella 87: Dif fusione % dell’abuso primario di sostanze psicotrope nel nord-est. Anno 2001. 164 Tabella 89: Rete dei ser vizi per le strutture residenziali e semiresidenziali. Utenti 1° sem. 2004 173 Tabella 90: Utenti in ADI al 31.12.2003 170 Tabella 91: Numero di ore settimanali di assistenza sociale: evoluzione 174 Tabella 92: Utenti medi a trimestre del Telesoccorso. 2002/2003 350 Tabella 93: Quote associative procapite dei comuni U.L.SS. n.4. Anno 2004 103 Tabella 94: Estratto degli inter venti di prevenzione proposti per la popolazione anziana. 103 Tabella 95: Estratto degli inter venti di prevenzione proposti per i bambini. 261 Tabella 96: Associazioni di Volontariato dell’Alto Vicentino iscritte al CSV di Vicenza 359 360 Indici e glossario Elenco degli autori citati 198 Albert Einstein 44 Alberto Moravia 362 Anonimo 168 Aristotele 87 Aristotele, Libro Terzo della Politica 339 Bonfiglioli, Mareggi, 1997 62 Car tesio 312 Edoardo Bennato 78 Erbert Herrio 272 Francesco Guicciardini 274 Franco Archibugi, La città ecologica 138 Goethe 17 Heidegger 106 Jean Piaget 265 Lucio Anneo Seneca 7 Ludwig Wittgenstein 188 Mario Tortello 94 Michael Crichton 24 Nelson Mandela 136 Nietzsche 78 Pablo Picasso 184 Plutarco 266 Renato Car tesio, Discorso sul Metodo 90 Shakyamuni Buddha 309 Vincent van Gogh 23 Voltaire 361 362 Epilogo Un professore di filosofia, in piedi davanti alla sua classe, prese un grosso vasetto di marmellata vuoto e cominciò a riempirlo con dei sassi, di circa 3 cm di diametro. Una volta fatto, chiese agli studenti se il contenitore fosse pieno ed essi risposero di sì. Allora il professore tirò fuori una scatola piena di piselli, li versò dentro il vasetto e lo scosse delicatamente. Ovviamente i piselli si infilarono nei vuoti lasciati tra i vari sassi. Ancora una volta il professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno ed essi, ancora una volta, dissero di sì. Allora il professore tirò fuori una scatola piena di sabbia e la versò dentro il vasetto. Ovviamente la sabbia riempì ogni altro spazio vuoto lasciato e coprì tutto. Ancora una volta il professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno e questa volta essi risposero di sì, senza dubbio alcuno. Allora il professore tirò fuori, da sotto la scrivania, due lattine di birra e le versò completamente dentro il vasetto, inzuppando la sabbia. Gli studenti risero. “Ora,” disse il professore non appena svanirono le risate, “voglio che voi capiate che questo vasetto rappresenta la vostra vita. I sassi sono le cose importanti – la vostra famiglia, i vostri amici, la vostra salute, i vostri figli – le cose per le quali, se tutto il resto fosse perso, la vostra vita sarebbe ancora piena. I piselli sono le altre cose per voi importanti, come il vostro lavoro, la vostra casa, la vostra auto. La sabbia è tutto il resto… le piccole cose.” “Se mettete dentro il vasetto per prima la sabbia,” continuò il professore “non ci sarebbe spazio per i piselli e per i sassi. Lo stesso vale per la vostra vita. Se dedicate tutto il vostro tempo e le vostre energie alle piccole cose, non avrete spazio per le cose che per voi sono importanti. Dedicatevi alle cose che vi rendono felici: giocate con i vostri figli, por tate il vostr o partner al cinema, uscite con gli amici. Ci sarà sempre tempo per lavorare, pulire la casa, lavare l’auto. Prendetevi cura dei sassi per prima – le cose che veramente contano. Fissate le vostre priorità… il r esto è solo sabbia.” Una studentessa allora alzò la mano e chiese al professore cosa rappresentasse la birra. Il professore sorrise. “Sono contento che me l’abbia chiesto. Era giusto per dimostrarvi che non importa quanto piena possa essere la vostra vita, perché c’è sempre spazio per un paio di birre.” Anonimo 363 364 Ringraziamenti Desideriamo ringraziare per la redazione dei testi Umberto Tundo per il capitolo “Geologia”, Chiara Didonè, Monica Scomazzon, Moira Lanzarini per il capitolo “Flora”, Galdino Pendin per il capitolo “Storia” e Terenzio Sar tore per il capitolo “Cultura e ar te”. Ringraziamo inoltre le Conferenze dei Sindaci dei Comuni dell’Alto Vicentino, i Comuni dell’Ulss n. 4 “Alto Vicentino”, la Fondazione Festari, la Fondazione Nord Est, le categorie economiche, le organizzazioni sindacali, le associazioni di volontariato, il Terzo Settore, le scuole, le parrocchie e quanti nell’Azienda Ulss n. 4 hanno contribuito alla realizzazione di questo Piano di Comunità. Un ringraziamento per il concreto contributo alla realizzazione di alcune impor tanti iniziative ad AstraZeneca Spa, Takeda Italia Farmaceutici Spa e Alfa Wassermann Spa. Questa pubblicazione è stata resa possibile infine grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona.