Sindaci e assessori ai servizi sociali dei comuni dell’Alto Vicentino
Sindaci e assessori
o contribuito alla prima stesura
del Piano di Comunità
O FRANCESCO, BENINCÀ GIANNI
IANTI EGISTO, PANOZZO TULLIO
ELLA ANTONIO, PAULETTO SILVIA
TOSELLO PIETRO, ZENERE LIA
A ROBERTA, TAPPARELLO PIERA
SSE ONELIO, SORDATO RENATO
ANARO VALERIO, MAINO MARINA
ASI MICHELE, ZAMBON ADOLFO
UNA EGIDIO, PARISE GIORDANO
ARINI GIOVANNI, BINOTTO NADIA
DOMENICO, TAMMARO ANTONIO
SCHNECK, BUSETTI MARIA RITA
ABETTA, BETTALE MARIA GRAZIA
CARDO, PANOZZO ALESSANDRA
VE VALENTINO, CARLI GIUSEPPE
IANCARLO, BEVARDO MARILENA
DAL CASTELLO FRANCESCO
IERO GIOVANNI, SELLA SANDRA
LEONI EMILIO
PIETRO GILDO, CISCATO PAOLO
ANIA, BERGOZZA DONATELLA C.
ERI BRUNO, SERAFINI ARMANDO
ANI GIANCARLO, GROTTO SILVIO
PERTILE PAOLO
BALLI CARLO, NICOLINI ACHILLE
DALL’ALBA TERELISA
LLA GIUSEPPE, LAUGELLI EMILIA
INÀ LUCIA, STOCCHIERO CINZIA
LLAREDA PIERO, CALLI GIORGIO
ERO GIORGIO, LORENZI MARINA
LA RIVA FAUSTO, SCHIO RENATO
I GIORDANO, DE SANTIS LAURO
Sindaci e assessori
che hanno contribuito alla stesura definitiva
del Piano di Comunità
Conferenza dei Sindaci dell’Ulss 4 “Alto Vicentin
Distretto socio-sanitario n. 1
Breganze
Caltrano
Calvene
Carrè
Chiuppano
Fara Vicentino
Lugo di Vicenza
Marano
Montecchio Precalcino
Salcedo
Sarcedo
Thiene
Villaverla
Zanè
Zugliano
ZANAZZO AUSONIO, BENINCÀ GIANNI
FIMBIANTI EGISTO, GHENO ANTONIO
FINOZZI RICCARDO, PAULETTO SILVIA
DAL CERO MARIO, SPOLADORE STEFANO
MAINO GIAMPAOLO, CAROLLO ANTONIO
SCALABRIN UGO, NICOLLI FIORENZO
LANARO VALERIO, MAINO MARINA
RIZZATO GIULIANO, BARUZZO RENZO
BORRIERO IMERIO, MARTINI AMPELIO
CARLI MICHELE, DALLA VALLE ANTONIO FABIO
MENEGHELLO GIORGIO, CORTESE FABIO
ATTILIO SCHNECK
STORTI ENRICO, BETTALE MARIA GRAZIA
BUSIN ALBERTO, BRAZZALE MARCO
LEONARDI ROMANO, BORGO GIAMPIETRO
Piano di Comunità
Distretto socio-sanitario n. 2
Arsiero
Cogollo del Cengio
Laghi
Lastebasse
Malo
Monte di Malo
Pedemonte
Piovene Rocchette
Posina
San Vito di Leguzzano
Santorso
Schio
Tonezza del Cimone
Torrebelvicino
Valdastico
Valli del Pasubio
Velo d’Astico
BUSATO TIZIANO, ROSSI LUISA
DAL CASTELLO FRANCESCO, ZORDAN CARLA
OLIVIERO GIOVANNI
GIACON DAVIDE, STRAZZER ALESSANDRO
ANTONIAZZI ANTONIO, CARRARO PAOLA
PRETTO COSTANTE, XOTTA ANTONIO
CAROTTA DANIELE, LONGHI SARAH
COLMAN MAURIZIO, MENDO ROMANO
PERTILE PAOLO
DALLE RIVE ANTONIO, SACCARDO MARIO
MENEGOZZO PIETRO
DALLA VIA LUIGI, LAUGELLI EMILIA
DALLA VIA AMERIGO, FEDE GIORGIO
CALLI GIORGIO
TOLDO ALBERTO, SERAFINI ROBERTA
DALLA RIVA FAUSTO, SCHIO RENATO
CERIBELLA GIULIO, BRESSAN CARLA
Distretto socio-sanitario n. 1
Distretto socio-sanitario n. 2
Breganze, Caltrano, Calvene,
Carrè, Chiuppano, Fara Vicentino,
Lugo di Vicenza, Marano Vicentino,
Montecchio Precalcino, Salcedo,
Sarcedo, Thiene, Villaverla,
Zanè, Zugliano
Arsiero, Cogollo del Cengio, Laghi,
Lastebasse, Malo, Monte di Malo,
Pedemonte, Piovene Rocchette, Posina,
San Vito di Leguzzano, Santorso, Schio,
Tonezza del Cimone, Torrebelvicino,
Valdastico, Valli del Pasubio, Velo d’Astico
2004
Conferenza dei Sindaci dell’Ulss 4 “Alto Vicentino”
Piano di Comunità
2004/2006
Distretto socio-sanitario n. 1
Distretto socio-sanitario n. 2
Breganze, Caltrano, Calvene,
Carrè, Chiuppano, Fara Vicentino,
Lugo di Vicenza, Marano Vicentino,
Montecchio Precalcino, Salcedo,
Sarcedo, Thiene, Villaverla,
Zanè, Zugliano
Arsiero, Cogollo del Cengio, Laghi,
Lastebasse, Malo, Monte di Malo,
Pedemonte, Piovene Rocchette, Posina,
San Vito di Leguzzano, Santorso, Schio,
Tonezza del Cimone, Torrebelvicino,
Valdastico, Valli del Pasubio, Velo d’Astico
Redazione
Pierangelo Baggio
Grazia Bettale
Luca Greselin
Uf ficio Piano di zona dell’Ulss 4 “Alto Vicentino”
telefono 0445 389362
www.ulss4.veneto.it
[email protected]
[email protected]
Consulenza e realizzazione
Wladimiro Bizzotto, Bassano del Grappa
[email protected]
Immagini
Archivio dell’Ufficio Piano di zona
Stampa
Grafiche Fantinato Srl, Fellette di Romano d’Ezzelino
[email protected]
... è chiaro perciò che lo stato non è comunanza di luogo né esiste per evitare
eventuali aggressioni e in vista di scambi: tutto questo necessariamente c’è,
se deve esserci uno stato, però non basta perché ci sia uno stato: lo stato è
comunanza di famiglie e di stirpi nel viver bene: il suo oggetto è un’esistenza
pienamente realizzata e indipendente. Certo non si giungerà a tanto senza
abitare lo stesso e unico luogo e godere il diritto di connubio. Per questo
sorsero nelle città rappor ti di parentela e fratrie e sacrifici e passatempi della
vita comune. Questo è opera dell’amicizia, perché l’amicizia è scelta deliberata
di vita comune. Dunque, fine dello stato è il viver bene e tutte queste cose
sono in vista del fine.
Aristotele, Libro Terzo del Politica
Prefazione
Non vorrei, con questo mio scritto, risparmiare ad altri la fatica di pensare. Ma,
se fosse possibile, stimolare qualcuno a pensare da sé
Ludwig Wittgenstein
Il Piano di Comunità 2004-2006 votato all’unanimità della Conferenza dei Sindaci dell’U.L.SS.
n.4 il 17.12.2004 presenta quattro connotazioni di rilievo:
• è un piano innovativo sul piano culturale, perché pone la Comunità locale quale pr otagonista del
suo benessere;
• è un piano di forte integrazione, anche economica, tra la sfera sanitaria e la sfera sociale;
• è un piano innovativo sul piano istituzionale, per le nuove forme di gestione previste;
• è un piano di raf forzamento dei servizi avviati nel precedente Piano 2001-2003 e di costruzione di
nuove risposte in aree critiche, quali l’area della salute mentale e dei minori.
Il piano di comunità è innovativo sul piano culturale.
Sul piano culturale il Piano di Comunità è un “catalizzatore” di risorse, di iniziative non solo
istituzionali pubbliche ma anche di significative parti della comunità locale, del terzo settore,
del mondo economico, del volontariato.
Ciò ben si inserisce nella logica della comunità del benessere, sempre più attenta ai nuovi
bisogni, sempre più “competente” nel dare risposte, sempre meno incline a richieste “assistenzialistiche” ma sempre più orientata a promuovere oppor tunità.
È la logica che ha, come corollario, una precisa distinzione di ruoli tra istituzioni pubbliche e
comunità: dove, per dirla con T. Gaebler e D. Osborne, compito dell’istituzione pubblica è “fis sare la scia ma non remare”.
Questo ultimo compito è sempre più della Comunità e delle sue espressioni, ad eccezione
degli interventi di stretta competenza istituzionale.
Il piano di comunità è innovativo sul piano del metodo.
Nato dopo una fitta serie di consultazioni “attive”, di raccolta di esperienze, validato dalle
Fondazioni Nord-Est e Festari, il Piano punta al coinvolgimento diretto delle realtà associative, sociali ed economiche, del territorio, soprattutto nella realizzazione delle iniziative di particolare impegno e spessore progettuale.
A titolo d’esempio ricordiamo il for te coinvolgimento delle associazioni dei familiari e del
volontariato nel lavoro di valorizzazione dell’area di Montecchio Precalcino; la presenza for te
e concreta del mondo imprenditoriale nell’avvio e nel graduale rafforzamento del Centro di
Riabilitazione Neurocognitiva di Santorso, nella gestione della “Fondazione di Comunità
Vicentina per la qualità di vita Onlus”; il contributo importante delle associazioni più rappresentative dei disabili del territorio, al tavolo di gestione del fondo solidarietà per la residenzialità dei disabili; la presenza costante, attiva, stimolante del privato-sociale, al tavolo di
gestione dei progetti della L.285/97 sui minori.
Il piano di comunità è innovativo sul piano istituzionale.
L’integrazione istituzionale, soprattutto tra i Comuni e l’Azienda nella stesura del Piano, ha
permesso di af frontare anche la criticità con forte senso delle proprie responsabilità, con una
giusta coscienza dei limiti e delle difficoltà, con realismo e gradualità.
Del resto l’integrazione non è una “deamicisiana” mappa di buoni propositi: è forma mentale nuova, è capacità di uscire dal proprio particolare, è capacità di unire le forze per risolvere problemi che, da soli, oggi è sempre più difficile risolvere.
Ma l’integrazione istituzionale si è estesa anche all’Amministrazione Provinciale, che ha aderito ad alcuni importanti progetti del Piano (la “Fondazione di Comunità Vicentina” e “Una
nuova gestione del mercato del lavoro per le persone svantaggiate”) e che è stata coinvolta
anche nella costituzione della Fondazione come socio fondatore.
La scuola stessa si è integrata nella definizione di importanti progetti del Piano di Comunità
(dall’integrazione scolastica dei Disabili, ai progetti della L.285/97 alle iniziative sulla tossicodipendenza, in particolare con Scuola Aperta).
Il piano di comunità è innovativo sul piano delle iniziative.
Il Piano di Comunità è innovativo sul piano dei contenuti specifici proposti.
Ne citiamo alcuni:
• l’avvio ed il rafforzamento della Fondazione di Comunità Vicentina per la Qualità di Vita
Onlus, che, grazie all’accordo tra l’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino”, i trentadue
Comuni dell’Alto Vicentino, la Camera di Commercio Industria Agricoltura e Ar tigianato di
Vicenza e l’Amministrazione Provinciale di Vicenza, ha un patrimonio di 215.000 euro. La
Fondazione di Comunità avrà il compito di recepire donazioni liberali dal mondo privato e
finanziare progetti di utilità sociale e sanitaria;
• la realizzazione di una nuova Comunità Terapeutica per malati mentali, con 12 posti, a
gestione clinica del Dipar timento di Salute Mentale che completa l’arco di offer te semiresidenziali e residenziali per la salute mentale;
• la costruzione del nuovo CEOD a Chiuppano (20 posti) che allarga a quasi 200 i posti
di semiresidenzialità per i disabili, tenendo conto dell’avvenuta realizzazione, dal
01.01.2004, del CEOD Vita Indipendente di Breganze (10 posti riservati a disabili neuromotori);
• la messa a regime del fondo di garanzia per la residenzialità di disabili gravi (il cosidetto “Dopo di Noi”) che, grazie alla solidarizzazione dei Comuni, (2,92 euro pro-capite) e
all’appor to del fondo sanitario dell’U.L.SS. n.4, permetterà, nel medio periodo, di dare
una risposta alle famiglie anziane dei disabili oramai in difficoltà sempre più evidenti nel
garantire l’accudimento dei figli;
• la gestione degli inserimenti lavorativi per le persone in stato di svantaggio, garantito da
un protocollo d’intesa molto avanzato, stipulato dall’U.L.SS. n.4 e dall’Amministrazione
Provinciale di Vicenza, permetterà di unificare risorse finanziarie ed umane dedicate al
problema con una pressione di raf forzamento delle qualità e della stabilità degli inserimenti;
• il for te investimento operato sul Centro Servizi di Montecchio Precalcino (oltre ad aver
permesso il superamento della stigmata manicomiale) permetterà di avere a disposizione per tutto il territorio, nuovi spazi, articolati in piccole comunità di tipo familiare, destinati ai bisogni socio-assistenziali;
• nel contesto del Centro Servizi par ticolare rilevanza avrà la messa a regime, dopo la
sperimentazione durata due anni, del centro la Decima per il trattamento di disturbi alimentari che, al 31.12.2004, aveva in carico 80 pazienti;
• il riordino dei consultori familiari (con una attenzione importante alla mediazione familiare), il consolidamento del Servizio Tutela Minori, avviato nel 2001 ed oggi, il rafforza-
mento del Servizio Sociale di base e dell’ADI, le iniziative di prevenzione del disagio giovanile (Scuola Aperta), rappresentano altre significative iniziative del Piano di
Comunità 2004-2006.
Valerio Lanaro
Sandro Caffi
Presidente della Conferenza dei Sindaci
Direttore Generale dell’Azienda U.L.SS. n.4
Indice
7
Prefazione
17
Spazio, tempo e relazioni: le dimensioni dell’essere
23
24
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
Geologia
26
Tipologia di rocce
27
I fossili
28
Descrizione litologica e paleogeografia
35
Modello sismotettonico
36
Acque minerali
37
Morfologia
37
Mineralizzazioni
38
44
La successione stratigrafica
Flora
45
Pianura
45
Zona collinare
46
Le Bregonze
48
49
La Lessinia Vicentina
La zona montana
49
Le Piccole Dolomiti e il Pasubio
51
Il Monte Summano e il Novegno
54
Altopiano di Tonezza - Fiorentini
55
L’alta e la media Val d’Astico
57
60
62
Le valli di Posina e Laghi
Bibliografia
Storia
63
Popolazioni pre-romane
64
I Romani
66
Le invasioni barbariche
67
Longobardi e Franchi
67
I Benedettini
68
Berengario
69
Dopo il mille
70
Gli Ezzelini
70
Dominazione padovana
71
Gli Scaligeri
72
I Visconti
73
La Repubblica di Venezia
75
Da Napoleone al Regno d’Italia
76
78
Nel XX secolo
Cultura e ar te
79
Cosa si intende per cultura, oggi
79
Cultura fondata su stabili cer tezze
81
La cultura nello scorrere della vita dell’anno
81
Alcuni aspetti particolari della cultura materiale e orale
83
La cultura orale
84
Aspetti par ticolari
85
Appendice
87
90
94
95
98
100
105
106
107
110
115
136
138
140
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Le aspettative e la visione del futuro
L’ambiente
La sicurezza ambientale
Urbanistica e sicurezza stradale
La sicurezza in ambienti di vita: casa, lavoro, scuola
Disagio abitativo
Le condizioni socio-economiche
I compor tamenti e gli stili di vita
Economia e contesto produttivo
Aspetti demografici ed epidemiologici
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali
La prevenzione
Alcuni consigli pratici
142
Agire tutti insieme, l’azione di comunità
142
Fumo
143
Attività fisica
144
144
Incidenti stradali
Perché e come questi consigli sono impor tanti per la salute?
144
Fumo di tabacco
145
Alimentazione, obesità e alcool
147
Attività fisica
148
Incidenti stradali
149
Incidenti domestici
149
150
Incidenti lavorativi
La prevenzione secondaria delle malattie
150
Screening delle malattie cardiovascolari
151
Prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari
155
Malattie cardiovascolari
155
Tumori
156
Incidenti stradali
156
Incidenti domestici
156
158
Incidenti sul lavoro
Il distretto socio sanitario
160
Attività distrettuali
161
Costi dei servizi e livelli essenziali di assistenza
162
Il finanziamento dei livelli di assistenza
163
La qualità come possibile str umento di integrazione e valutazione
165
Elaborazione par tecipata e adesione ad un programma di valutazione di qualità
167
168
Il piano locale per la non autosufficienza e Il Piano locale per la domiciliarità
I ser vizi per gli anziani e gli adulti
169
Il contesto dell’area adulti-anziani
169
Il servizio sociale di base
171
Assistenza domiciliare e Assistenza domiciliare integrata
171
L’assistenza domiciliare
172
L’assistenza domiciliare integrata
172
Assistenti familiari
173
Il telesoccorso
174
Contributi economici
174
Legge Regionale n.28 del 1991
174
Legge Regionale n.5 del 2001 art.40 “Intervento a favore delle famiglie che assistono in casa persone con demenza accompagnata da gravi disturbi comportamentali”
175
DGR 3630 del 13/12/2002 Contributo economico badanti
175
DGR 3960 del 31/12/2001 Interventi sperimentali per il “sollievo”
175
Assistenza economica Comunale
176
I centri diurni per non autosufficienti
176
Le strutture residenziali
179
Il centro di riabilitazione neurocognitiva di “Villa Miari”
180
Il centro servizi di Montecchio Precalcino
183
Servizio prevenzione, trattamento e riabilitazione dei disturbi del compor tamento alimentare
184
186
Soggiorni climatici
I ser vizi per le persone con disabilità
187
Il servizio disabilità
188
Integrazione scolastica
189
L’assistenza all’integrazione scolastica
190
L’integrazione sociale
191
I centri educativi occupazionali diurni (CEOD)
193
Le comunità residenziali
195
L’integrazione lavorativa
196
L’informahandicap
198
I ser vizi per i minori, i giovani e la famiglia
200
Consultorio familiare e ser vizio tutela minori
200
201
201
Il consultorio familiare
Il servizio tutela minori
Comunità e pronta accoglienza
201
Le comunità educativo-riabilitative per minori adolescenti
202
Le comunità di tipo familiare
202
La pronta accoglienza
203
Centro diurno per minori
203
L’affido familiare
205
Gruppi di autoaiuto
206
Progetto pubblico tutore
206
I centri di aggregazione
207
210
Interventi educativi territoriali
I ser vizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol
211
Il servizio territoriale tossicodipendenze
212
Comunità terapeutiche per tossicodipendenti
217
Il servizio alcologia
218
I club alcolisti
220
I corsi per smettere di fumare
222
I ser vizi per la salute mentale
223
Dipartimento di Salute Mentale (DSM)
223
Il Centro di Salute Mentale (CSM)
224
Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC)
228
232
I progetti sanitari e ad integrazione socio-sanitaria
L’integrazione lavorativa
233
Il servizio integrazione lavorativa (SIL)
239
Il centro per l’impiego di Schio-Thiene
239
La cooperazione sociale d’inserimento lavorativo
240
La formazione professionale
241
La gestione della legge n.68/99
242
L’inserimento lavorativo dei tossicodipendenti e alcolisti
242
L’integrazione lavorativa di persone con problemi di disagio mentale
244
250
Prospettive future
I ser vizi per gli immigrati
251
Housing sociale
253
L’integrazione a scuola
254
Ambulatorio per immigrati
255
Integrazione socioculturale degli immigrati
256
Pronta accoglienza
257
Seconda accoglienza e progetto donna
257
Accoglienza donne
258
260
265
266
272
273
274
278
283
287
289
290
292
294
296
299
301
303
306
306
Segretariato sociale per cittadini extra-UE
Il Centro di Servizio per il Volontariato (CSV)
3. Il quadro delle azioni programmate
Il metodo di lavoro
I progetti innovativi
Quadro sinottico dei progetti
P01. La città senza barriere
P02. Fondazione di comunità vicentina per la qualità di vita Onlus
P03. Housing sociale
P04. Consolidamento/potenziamento fondo residenzialità disabili gravi
P05. Prevenzione: adesione allo screening mammografico
P06. Prevenzione: adesione allo screening colon-retto
P07. Auto Aiuto
P08. Adeguamento e miglioramento dell’offerta dei servizi educativi diurni per
disabili
P10. Piano triennale “Fondo lotta alla droga 2003/05”
P11. I colori delle stagioni
P12. Pover tà estreme
P13. Agenzia sociale per la casa
P14. Potenziamento della rete di ser vizi in psichiatria
Comunità Terapeutica Residenziale Protetta
307
309
312
315
Modulo respiro
P15. Piccola oasi
P27. L’isola che non c’è
P16. Promozione della salute negli adolescenti
315
Il ponte
315
Un mondo di colori
316
318
320
322
324
326
328
330
332
334
336
337
338
339
345
354
356
358
360
Aggregaragazzi
P17. Pronta accoglienza
P28. Centro di aggregazione relazionale
P22. Laboratorio psicopedagogico nelle scuole
P24. Il sostegno alla genitorialità nel lavoro con le famiglie
P29. Corso di autonomia
P25. Spazio/Tempo libero
P26. Amministratore di sostegno
P30. Relais
P31. Ser vizio Integrazione Lavorativa – Area Svantaggio
P39. Sportello donna
P40. Ascoltagiovani
P32. Prima comunicazione
P21. I tempi della comunità: Proposta
4. L’accordo di programma
Glossario delle sigle citate
Elenco delle illustrazioni
Elenco delle tabelle
Elenco degli autori citati
362
Epilogo
364
Ringraziamenti
17
Introduzione
Spazio, tempo e relazioni:
le dimensioni dell’essere
Il tempo è sempre tempo per fare qualcosa, è tempo per… cioè sempre
pensato a partire dal fare dell’uomo, da ciò di cui si prende cura, dal suo agire
nel mondo
Heidegger
T
utti noi, cittadini dell’Alto Vicentino, vorremmo continuare ad abitare nei nostri luoghi
“definiti” che sono tali perché conosciuti, ri-conosciuti, ricordati, che mantengono vivo
quell’immaginario che si investe nel quotidiano con l’appropriazione del tempo, dello spazio,
delle relazioni affettive.
“Ciascun corpo ha una propria traiettoria attraverso il tempo e lo spazio: deve trasformarsi
via via che cresce ed invecchia e cambiano i processi sociali che lo avvolgono e lo sostengono così come i luoghi in cui questi diversi processi sociali si svolgono”.
Infatti, per disporre del proprio corpo non è sufficiente una perfetta or ganizzazione anatomica e fisiologica; è necessario uno spazio dove il corpo possa muoversi, esprimersi con senso.
È lo spazio in cui ci si proietta e si è impegnati, al quale diamo un senso.
Con lo spazio abbiamo un rapporto di tipo af fettivo. È parte di noi stessi, una “condizione
soggettiva, una forma della mente per la quale ci è possibile ordinare i dati esterni alla sen sibilità”. In altri termini, il vissuto spaziale è componente essenziale delle nostre radici, la
nostra stessa identità è anche identità spaziale se è vero che spazio, tempo, relazione sono
i tre parametri della nostra “presenza al mondo” e che essere, avere, appar tenere sono le
tre dimensioni fondamentali con cui questa presenza si realizza. Ora, la dimensione dell’appar tenenza ha una sicura connotazione spaziale: noi apparteniamo ad un luogo, l’Alto
Vicentino, che è il punto di riferimento delle nostre radici culturali, antropologiche, simboliche, linguistiche.
Questa appartenenza non solo si connota come dipendenza, come legame al territorio delle
nostre radici ma anche come attività volta a dare la propria creatività. È un’appartenenza attiva: ci appropriamo del nostro spazio non nella della dimensione della “consumazione, della
predazione”, ma in quella costruttiva di lasciare (ed è ciò che rende lo spazio sano) tracce
significative della nostra presenza.
È uno spazio, quello dell’Alto Vicentino, scandito da alcune contraddizioni.
Custodisce memorie, storiche, artistiche, culturali di grande valore, in cui scorrono ancora
una forte e dif fusa religiosità, un for te culto del lavoro (ecco l’archeologia industriale), una
mai sopita nostalgia delle radici contadine, sempre presenti in molti riti e feste popolari di
tutti i 32 comuni. Ma non ha saputo (o potuto) custodire l’integrità delle campagne, polverizzate dallo sviluppo industriale tra i più poderosi d’Italia, che vede concentrarsi proprio nella
zona, il 10% dell’industria veneta, ingoiate gradualmente dal progressivo espandersi di molti
comuni, al punto che qualcuno parla già di un “Villaggio globale dell’Alto Vicentino” senza
soluzioni di continuità tra paese e paese.
Custodisce suggestive abitazioni, espressioni del passato, spesso chiuse e degradate nel
silenzio. Ma non riesce a temperare e regolare un forte insediamento abitativo che riflette, in
appar tamenti sempre più piccoli, famiglie sempre più esigue ed è in ritardo nel rispondere,
18
Piano di Comunità 2004/2006
con adeguate protezioni (l’housing sociale), alle esigenze di anziani, più soli di ieri, e dei soggetti deboli. Custodisce nelle proprie viscere uno dei beni più preziosi alla vita, l’acqua, in
misura tale da servire anche altre aree venete, ma sa preservarlo solo in parte dall’inquinamento ambientale e dall’escavazione.
Ha visto, e vede, convivere lo spopolamento di alcune sue aree (Valdastico) con l’ingresso di
nuove etnie che, attratte da un mercato dell’alloggio vantaggioso, si insediano e gradualmente modificano gli equilibri demografici.
Uno spazio vissuto in modo sano presuppone quindi la possibilità per chi vi vive di superare
queste contraddizioni riuscendo a valorizzare la qualità ambientale e a garantire la riqualificazione dei propri beni. Queste due scelte infatti, per un’area come l’Alto Vicentino, rappresentano un vantaggio competitivo per attrarre e mantenere sul posto cittadini, professionalità, iniziative economiche innovative. Nel XVIII e nel XIX secolo i primi insediamenti protoindustriali si distribuirono lungo la pedemontana, proprio per la qualità dell’ambiente naturale (le
risorse idriche in particolare) che fu un vantaggio competitivo rilevante. Poi lo è stato la minor
congestione urbana rispetto ad altre aree. Nel prossimo futuro potrebbe esserlo un nuovo
ciclo produttivo legato a tecnologie avanzate e pulite. Dobbiamo quindi pensare ad uno spazio valorizzato e riqualificato ma soprattutto fruito e non consumato, in cui possiamo “abitarvi” lasciando tracce di noi, pensando a chi verrà dopo.
Questa fruizione si può declinare:
• nella conser vazione attenta affettivamente pregnante, degli “spazi della memoria collettiva”, spazi
religiosi, artistici, paesaggistici, segno tangibile di come eravamo e vivevamo, necessari per alimentare il nostr o senso di continuità e per tanto il nostro benessere;
• nella ricerca, per quanto attiene i luoghi dell’abitare, di includere le esigenze di tutti i membri di
una comunità sempre più articolata, con necessità multigenerazionali e multietniche diverse.
L’esterno, la casa, gli oggetti familiari possono essere progettati in modo da poter vivere anche con
capacità ridotte. Gli spazi dell’abitare devono essere visitabili, accessibili, adattabili. Ciò esalta il
ruolo ed i principi della bioarchitettura, vale a dire l’attenzione ai processi ed alle connessioni ed il
ruolo e i principi della bioedilizia, vale a dire l’attenzione ai materiali e alla tecnologia: si può così
progettare un corretto rapporto tra “l’abitare i luoghi” e la geografia (suolo, sole, vento, clima, acqua,
paesaggio naturale) e la storia – tradizioni, culture, linguaggi – (progetti “Housing Sociale” a pag. 283
e “La città senza barriere” a pag. 274);
• nella riqualificazione urbanistica che punti a valorizzare, o a creare laddove non ci sono, una logica di connessione con il tessuto urbano, spazi collettivi dove i bambini e i giovani possano ritrovarsi
senza pericoli a giocare e ad essere protagonisti;
• nella ricerca di una diminuzione del traf fico dalle strade attraverso un difficile ma doveroso rilancio del trasporto pubblico che, per essere attrattivo, deve garantire flessibilità ed agevolezza negli
orari, costi interessanti;
Il tempo – una forma della sensibilità, direbbe Kant – è vissuto come qualcosa che ci avvolge e ci domina: ci sentiamo soggetti al tempo e lo sentiamo come qualcosa che ci condiziona e sul quale non possiamo far nulla.
Ora è sentito come ciò che logora, che invecchia, che genera l’oblio: manda in rovina le cose,
presiede al nostro morire. Ci riguarda profondamente come se fossimo noi a costruire il
tempo e a misurarlo.
In realtà, al di là delle posizioni naturalistiche del tempo, “il tempo sano” ha a che fare con
l’intimità della nostra coscienza, con la nostra capacità di progettare, di uscire da noi stessi,
di rivolgerci al futuro. “Il tempo è sempre tempo per fare qualcosa, è tempo per... cioè sem pre pensato a partire dal fare dell’uomo, da ciò di cui si prende cura, dal suo agire nel
Introduzione
19
mondo” (Heidegger): non ci può essere un tempo sano in astratto ma c’è invece il fatto che
la nostra esistenza è fatta di tempo per fare o pensare qualcosa.
“Se il tempo è qualcosa che varia, l’elemento fisso che permette la comparazione tra tempi
che cambiano, tra passato, presente e futuro è la nostra mente, il nostro spirito”. Noi, ad
esempio, misuriamo il futuro a partire da un atteggiamento della nostra mente, quello dell’attesa: il futuro è più lungo o più corto in base all’attesa. Misuriamo il passato con un altro
atteggiamento della mente, la memoria ed il presente con la percezione.
Un tempo vissuto in modo sano, presuppone la possibilità da par te delle persone di connettere, in modo concreto, la dimensione del passato, del presente, del futuro.
E si declina, pertanto:
• nella riscoperta, attraverso i riti, le feste popolari, religiose e non, le tradizioni locali, di ciò che eravamo;
• nella valorizzazione di un tempo fruito (e non riempito), in cui si esplica la interiorità della persona
nella sua potenzialità. Un tempo che, ar ticolato nella dimensione delle attività lavorative, delle attività del non lavoro (“il tempo del fare” di Heidegger), eviti scissioni spesso insignificanti, esalti la
soggettività nella gestione del tempo. In quest’ottica il tempo è sano in quanto “contenitore mentale” di occasioni di contatto con gli altri, con se stessi, contenitore mentale di nuove esperienze personali (progetto “I colori delle stagioni” a pag. 299);
• in una articolazione più flessibile dei tempi di lavoro, con forme innovative di ar ticolazione oraria,
con legami meno rigidi, ma non precari, tra persone e lavoro (e non posto di lavoro) dove la persona
possa scegliere quanto lavorare, quanto evolversi ed essere più padrona della propria professionalità, quanto “fermarsi” in uno stesso posto o progettarsi in altr o;
• in un offerta concreta, per realizzare una vera fruizione del proprio tempo, di tempi di funzionamento dei servizi della comunità integrati ai tempi di lavoro (progetto “I tempi della comunità” a
pag. 339)
Ed infine le relazioni sane. Sono figlie della nostra cultura, dove il cattolicesimo scorre nelle
vene e si imprime nella memoria; e da esso si alimenta il culto della famiglia (sia pur oggi
minato dai nuovi fenomeni di disgregazione), il culto alla laboriosità, la generosità e la voglia
di essere utili (90 associazioni di volontariato dell’alto vicentino sono mirate alla persona).
I cambiamenti strutturali inter venuti non hanno risparmiato la nostra cultura e, di riflesso, la
rete relazionale. La denatalità è anche nell’Alto Vicentino il segno di una paura ad investire
nel futuro, pur avendo un numero di coppie in età 30-40 più elevato della media nazionale.
Se vogliamo è “conseguenza di quella società senza padri che ha contraddistinto il secondo
novecento, che ha generato una società senza figli. Il rifiuto della paternità è sempre bilaterale: chi rifiuta il padre è destinato a rifiutare anche il figlio, perché spezzando il legame con
le origini, non ci si libera dal passato per aprirsi al futuro, ma si interrompe il senso di continuità”. La famiglia è minata da incertezze e crisi di ruolo, scossa da nuove angosce e bassa
tolleranza alle difficoltà (il 25% dei matrimoni degli ultimi 10 anni si è sciolto) e alle famiglie
tradizionali si affiancano, anche da noi, nuove forme di convivenza o nuove forme di vita singola. I nostri giovani (ricerca IARD 2000) sono più ripiegati in se stessi, concreti, senza grandi ideali, il cui futuro si allunga a volte al prossimo week-end e la cui aspirazione è sposarsi
è rimandato dopo i 30 anni. E, spesso anestetizzata sul piano emotivo, una parte non irrilevante (CNR 2001) sceglie l’emozione forte, lo sballo, la dipendenza...
L’immigrazione (il 4,5% dell’intera popolazione, il 6% della popolazione minorile) sta mettendo radici: la convivenza con la nostra cultura non si iscrive in una deamicisiana mappa del
cuore, non è né idilliaca né facile. È dialettica di linguaggi, di costumi, di cultura, a volte conflittuale, a volte ricca di umanità nell’incrocio tra dif ferenze. Prima subita, con difese a volte
20
Piano di Comunità 2004/2006
regressive, ora l’immigrazione è meglio governata, ordinata, accettata.
È una condizione nuova, ancora carica di problemi, ma anche di opportunità per nuove relazioni con le persone che hanno radici nell’Alto Vicentino, con un contesto che cambia.
Ed in uno scenario di cambiamenti così significativi, l’invecchiamento può essere vissuto
come problema e come risorsa, con le inevitabili implicazioni sul piano relazionale.
Nell’Alto Vicentino abbiamo quasi 17 mila persone di età compresa tra i 65-75 anni, persone che, generalmente godono di buona salute, che possono e vogliono sentirsi utili, “mantenersi curiosi” come diceva Schopenhauer: possono essere una memoria attiva ed utile,
oggetto di rispetto da parte delle giovani generazioni. Ma anche una potenza creativa di occasioni d’auto aiuto, di sostegno emotivo ad anziani compromessi nel fisico e nello spirito, di
sostegno ai propri figli che lavorano nella cura dei nipoti, di trasmissione concreta ai giovani,
agli adulti di abilità, di storie, di emozioni che ci aiutano a vivere meglio, in continuità con il
passato.
Favorire relazioni sane significa “legare insieme”: ciò che “ci vincola e al tempo stesso rende
possibile”. Non a caso la relazione di attaccamento vincola il bambino alla madre in un legame di dipendenza, ma al tempo stesso rende possibile il formarsi della sua mente. La relazione con l’altro “ci vincola” e ci arricchisce; ci rimanda ad esperienze che abbiamo vissuto
direttamente, ma anche ad esperienze vissute dell’altro.
Relazione sana, così, è possibilità: possibilità di sapere ciò che si è vissuto, tramite l’altro.
Si può declinare, nella quotidianità:
• nella capacità percepita di sentirsi utili, accettati, amati (progetto “Auto Mutuo Aiuto” a pag. 292);
• nel far sperimentare ai ragazzi, la percezione della propria efficacia verso l’altro, la capacità di
cogliere i limiti e le potenzialità;
• nel favorire la dif ferenziazione, dall’interno della coppia, dei ruoli in luogo dell’imitazione e dell’appiattimento sapendo altresì rielaborare in modo maturo la separazione;
• nella capacità di aprirsi, con maturità, senza vissuti di onnipotenza all’accoglienza, al sostegno di
chi è in difficoltà.
Alberto Leoni
Direttore dei Servizi Sociali dell’Azienda U.L.SS. n.4
21
1. Alto Vicentino:
Comunità o aggregato di Comuni?
Viviamo in società.
Per noi dunque niente è davvero buono se non è buono per la società
Voltaire
Geologia
Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo
cambiati
Nelson Mandela
Geologia
L
25
a zona esaminata è un’ampia area nella parte nord-ovest della provincia di Vicenza e rientra nelle cosiddette Prealpi Venete. Queste come altre limitrofe già dalla fine del XVIII secolo hanno rappresentato un fer tile territorio di ricerca e di informazione per numerose branche
delle Scienze della Terra.
L’estensione del rilievo montuoso e l’ubicazione nell’area prealpina consentono l’af fioramento di molti tipi di rocce sia sedimentarie, che magmatiche e metamorfiche, che ci permettono di descrivere la storia geologica dal Prepermico sino al Miocene e molti episodi della
storia dell’uomo. Essenziali allo scopo sono i fossili che si ritrovano abbondanti nelle sopraccitate rocce sedimentarie: fossili di animali per i periodi geologici e “fossili”, intesi come resti
di manufatti umani, per la storia dell’uomo.
Questa parte tratterà l’aspetto geologico attraverso una raccolta ed analisi sistematica di
tutti i dati esistenti e reperibili (riguardanti studi geologici a grande scala, indagini di carattere geotecnico ed idrogeologico: di questi alcuni sono stati messi a disposizione gentilmente
dai rispettivi uffici tecnici dei diversi Comuni dell’U.L.SS. 4, altri da altri enti) e un rilievo geologico classico in dettaglio in alcune precise località.
Le prime indagini e i primi studi della geologia del Vicentino risalgono molto indietro nel
tempo, quando essa non era ancora una scienza riconosciuta, e precisamente al 1765 quando G. Arduino pubblicava nel “Giornale d’Italia” l’articolo «Delle Miniere di allume e di altre
scoperte fatte nel Vicentino».
Dal punto di vista geologico-stratigrafico 1 la zona si può suddividere in tre unità. Nell’area del
torrente Leogra ossia nei dintorni di Schio, di Posina, di Laghi e dell’alta Vallarsa af fiorano le
rocce più antiche attribuibili a periodi precedenti il Permiano (225 milioni) fino al Triassico
(200 milioni). A nord-est, nell’altipiano di Tonezza, dominano il Giurese (rocce di età comprese tra i 200 e i 65 milioni di anni fa) unitamente alle dolomie del Trias sup. (Triassico superiore), al Biancone ed alla Scaglia Rossa del Cretaceo. La fascia pedemontana infine, che fa
da collegamento tra i suddetti rilievi e la pianura, è costituita in prevalenza da rocce dell’era
terziaria (Paleogene-Pliocene, 65-2 milioni).
Il presente studio considera in particolare ad est i Comuni di Salcedo, Fara Vicentino e
Breganze, a sud i Comuni di Villaverla e Malo, ad ovest i Comuni di Monte di Malo,
Torrebelvicino, Valli del Pasubio, Posina, Laghi, infine verso nord dobbiamo addentrarci nella
Valle del torrente Astico fino a raggiungere i territori di Lastebasse e Pedemonte e il versante sud dell’Altopiano di Asiago.
Geologicamente parlando in un’estensione di pochi chilometri è possibile incontrare un elevato numero di litologie, differenti sia per la loro genesi che per l’età di formazione: la natura in questo caso si comporta come un libro aperto dal quale si possono ricavare molte informazioni utili per formulare delle ipotesi sulla vita e sull’ambiente del passato.
I geologi hanno ritenuto opportuno suddividere la lunga storia naturale della terra in cinque
ere così denominate:
• Archeozoica: oltre i 600 milioni di anni fa,
• Paleozoica: da 600 a 225/220 milioni di anni fa,
• Mesozoica: da 225/200 a 70/65 milioni di anni fa,
• Cenozoica: da 70/65 a 2 milioni di anni fa,
• Quaternaria: da 2 milioni di anni fa ad oggi.
Ogni era è ripartita in periodi ciascuno dei quali è ulteriormente articolato in epoche.
–––––––––
1. La stratigrafia è la successione cronologica delle rocce della crosta terrestre.
26
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
Tabella 01 Colonna stratigrafica generale
Era
Periodo
Quaternario
Epoca
Pleistocene
Cenozoico o Terziario
Età (milioni di anni)
Olecene
Neogene
2
Pliocene
Miocene
Paleogene
Oligocene
25
Eocene
Mesozoico
Cretaceo
Superiore
65
Inferiore
Giurassico
Superiore
Medio
140
Inferiore
Triassico
Paleozoico
Superiore
Medio
200
Inferiore
240
Permiano
Carbonifero
280
Superiore
320
Inferiore
360
Devoniano
410
Siluriano
440
Ordoviciano
510
Cambriano
Proterozoico
Archeano
Archeozoico
Algonchiano
570
2.500
4.600
Tipologia di rocce
Le rocce sono aggregati di minerali tenuti insieme da forze che conferiscono loro elevate proprietà meccaniche. La varietà dei minerali presenti, il loro sviluppo, la disposizione nello spazio dipende essenzialmente dall’origine di ciascun tipo di roccia ed è per questo motivo che
la classificazione delle rocce segue in primo luogo un criterio genetico.
Si dividono quindi in tre grandi gruppi:
• rocce vulcaniche: hanno origine magmatica e si possono ulteriormente suddividere in effusive
(se hanno avuto spinta sufficiente e sono fuoriuscite dall’inter no della Terra) ed intrusive (quando si
sono raffreddate in profondità).
• rocce sedimentarie : sono il risultato dell’accumulo di sedimenti (polveri, granelli, pezzi di guscio,
ecc.) depositatisi in bacini più o meno estesi e che si sono lentamente e progressivamente compattati per effetto del peso dei sedimenti sovrastanti.
• rocce metamorfiche: risultano da una trasformazione di rocce vulcaniche o sedimentarie. Il
“metamor fismo” in particolari condizioni di pressione e temperatura provoca cambiamenti sia del chimismo che della str uttura della roccia cosicché non sempre dalle nuove caratteristiche è possibile
risalire al litotipo originario. L’indagine è spesso ostacolata dal fatto che nel cambiamento sono coinvolti fluidi che cancellano (aspor tando e cambinando con nuovi elementi chimici) le informazioni originarie (fossili compresi) e movimenti tettonici molto violenti che favoriscono la migrazione dei fluidi
Geologia
27
anche in zone molto lontane da quelle naturalmente coinvolte.
I nomi delle litologie oltre ad indicare il litotipo possono derivare dalla denominazione della
località geografica nella quale la roccia è stata studiata per la prima volta.
È provato che l’intera zona ha subito nel corso dei milioni di anni un numero elevato di regressioni e trasgressioni cioè movimenti del livello marino in rapporto alle terre emerse. Con la
regressione non è solo il mare che si “ritira” lasciando emergere le terre, ma delle concause provocano un contestuale innalzamento delle terre e quindi un aumento della superficie
aerea. Lo stesso dicasi in caso di trasgressione dove l’avanzamento del mare è accompagnato dall’af fossamento (per cause anche tettoniche) delle terre con un aumento, in questo
caso, della superficie marina complessiva.
I fossili
Sono la prova delle forme di vita animale e vegetale del passato. Sono i resti degli esseri
viventi che per una serie di circostante for tuite e per effetto di un fenomeno molto delicato e
raro si sono conser vati per arrivare fino ai nostri giorni in condizioni tali da potere essere studiati. Le probabilità che un organismo si conser vi diventando fossile sono molto basse poiché devono innanzitutto concorrere una serie di fattori che ne impediscano la decomposizione salvo poi dopo milioni di anni non essere distrutto dall’azione umana nelle attività di escavazione o di ricerca non autorizzata.
Figura 1 Mappa geologica schematica delle rocce nel Veneto
Fonte: De Vecchi G., Sedea R., 1995. Modificato
28
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
Figura 2 Contatto tra rocce lungo il fiume Astico (riva
destra del fiume in località Pra Narpollo), vulcanico in
basso e sedimentarie in alto. Da notare l’andamento
irregolare della superficie di deposizione del primo
stato sedimentario
Un fossile rivela l’ambiente in cui è vissuto: ad esempio se troviamo un pesce tipico delle
acque poco profonde possiamo ipotizzare l’esistenza di una costa o un bacino chiuso. Inoltre
il ritrovamento di uno stesso fossile in zone geografiche oggi distanti o in litologie dif ferenti
permette di correlare le une alle altre ipotizzando una antica vicinanza e, nel secondo caso,
la stessa età.
Descrizione litologica e paleogeografia
I rilievi che costituiscono il paesaggio della zona appartengono ad un più ampio settore strutturale conosciuto con il nome di Alpi Meridionali. Queste ultime sono separate dal corpo principale della catena alpina dalla Linea Insubrica, una faglia 2 lunga molte centinaia di chilometri, dir etta principalmente da est verso ovest, lungo la quale sono avvenuti importanti movimenti sia in senso orizzontale che in senso verticale (vedi figura 2). Un’altra importante differenza tra le Alpi Meridionali e le unità poste a nord è data dal senso, per lo meno apparente, di traspor to tettonico: mentre nelle unità poste a nord le falde si sono mosse verso
l’Europa, nelle Alpi Meridionali i sovrascorrimenti 3 sono stati trasportati verso sud, ossia
verso il margine africano.
–––––––––
2. Faglia: frattura della massa rocciosa lungo la quale si è verificato un movimento di una parte rispetto all’altra (es.
sollevamento-abbassamento).
3. Sovrascorrimento: movimento di masse rocciose che si spostano sopra altri terreni (anche lungo piani di faglia poco
inclinati) sotto le spinte dei processi tettonici che danno luogo alla formazione delle catene montuose.
Geologia
29
Figura 3 Arenarie della Val Gardena
(Valli del Pasubio)
Come si è già anticipato è possibile ricostruire l’originario ambiente di formazione leggendo
le rocce sotto il profilo della loro genesi.
Com’è prassi in ogni descrizione si comincia dalle rocce più antiche non dimenticando che
spesso in geologia le rocce più vecchie risultano trasformate per effetto di forti compressioni e stravolgimenti che ne hanno cancellato totalmente o parzialmente l’originaria composizione e struttura.
Partendo dalle più antiche formazioni possiamo trovare la Fillade Quarzifera appartenente al
basamento cristallino cioè a quella porzione di territorio su cui si sono poi instaurate le altre
litologie. Affiora solo nella porzione più ad ovest e in particolare nel Comune di Valli del
Pasubio. Questa roccia di età compresa tra il Siluriano e il Carbonifero (425-280 milioni di
anni) deriva da antichissime rocce sedimentarie ricche in silice trasformate durante l’orogenesi Ercinica 4 . L’età è stata stabilita solo su base comparativa, è cioè sicuramente precedente ad alcuni sedimenti attribuiti con sicurezza al permiano: età maggiore di 280 milioni di
anni.
Siamo in un’epoca di grossi cambiamenti sia a livello locale che su scala mondiale: il basamento cristallino infatti è lo stesso su cui poggiano i sedimenti presenti nelle Dolomiti, ma
l’area vicentina era sollevata rispetto alla parte più a nord e per questo motivo le effusioni
magmatiche dell’epoca non hanno interessato la nostra provincia ma hanno dato origine al
Por fido Quarzifero.
Dopo una prima fase di riempimento del bacino preesistente l’erosione subaerea cominciò a
portare i prodotti stessi formando la nota Arenaria di Val Gardena.
Le caratteristiche delle rocce ci indicano un ambiente geografico molto preciso: la prossimità di un bacino, in una zona abbastanza vicina alla costa mentre il colore rosso delle rocce è
dovuto oltre che alla loro provenienza (i por fidi sono rossi) anche ad un clima scarso di ossigeno (ambiente ossidante) o desertico.
Il periodo di formazione coincide con la genesi della Pangea 5 e con l’apertura del piccolo (per
l’epoca) golfo della Tetide.
Sopra queste arenarie ritroviamo nella scala stratigrafica la formazione a Bellerophon. Il
–––––––––
4. Orogenesi Ercinica (Paleozoico superiore) è la stessa orogenesi che formò gli Appalachi, gli Urali, le Ardenne, la
Foresta Nera.
5. Pangea: termine greco per definire una situazione geografica in cui le terre sono tutte attaccate a formare un unico
supercontinente.
30
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
nome è quello di un grosso gasteropode che viveva in condizioni di ipersalinità tipico di una
fascia marina poco profonda (es. laguna). Sono rocce sedimentarie, dolomie e gessi, ma di
ambiente sommerso per cui si può dedurre che in questo periodo (Permiano superiore) il
mare avesse invaso le terre precedentemente emerse. L’ambiente di costa è stato sostituito dalla battigia sommersa dalle acque in maniera non continua: le dolomie e in particolare i
gessi si formano per evaporazione dell’acqua marina. I Bellerophon sono stati trovati anche
nelle Dolomiti in una roccia più calcarea (ambiente più distante dalla costa, ma con le stesse caratteristiche di salinità).
Nei millenni che seguirono il livello del mare subì notevoli variazioni talora scoprendo i fondali
talaltra sommergendo le terre.
Con questo ambiente e in una fase relativamente tranquilla ci avviciniamo a quello che i geologi hanno ipotizzato essere il limite tra l’era paleozoica e quella mesozoica caratterizzato da
una delle più importanti estinzioni biologiche mai avvenute: si stima una mortalità pari all’8090% di tutte le specie viventi, sia marine che terrestri, di cui non è stata tuttora scientificamente dimostrata la causa.
Qualcosa nel clima e nella composizione chimica dei mari cambiò e ne sono indizio la scarsità di specie (sia in numero che in quantità) e la comparsa di molluschi lamellibranchi e
ostracodi tipici di un ambiente instabile e a bassa salinità.
L’era secondaria (Mesozoica) è quindi iniziata, ma questa fase non è molto ben rappresentata nella nostra provincia, mentre è più evidente dove il mare era profondo (dolomiti). Nel
vicentino il clima peggiorava provocando una maggior aridità con abbondanti depositi evaporitici (dolomie del Serla). Dopo un primo periodo in cui la Pangea si mantiene integra, nel Trias
medio comincia lo smembramento iniziale del supercontinente. Si determinano condizioni di
vita molto diverse: aree più o meno emerse risultano intervallate da tratti di mare profondo
ove la sedimentazione è variabile sia in senso verticale che orizzontale con enormi differenze anche in zone limitrofe.
Per milioni di anni si succedono periodi caldi e secchi (testimoniati dai depositi evaporatici
della dolomia) a periodi in cui la piana di marea si trasforma in laguna in cui il sedimento fangoso (calcare a Gracilis) testimonia i frequenti arrivi di materiale dalla terra emersa.
Compare una vegetazione a conifere primitive (Voltizia recubariensis di Mas-salongo) che si
sviluppa su isolotti o strisce di terra fino a quando il mare avanzando gradualmente non trasforma ancora una volta il paesaggio (calcare di Recoaro).
Un importante episodio di regressione
marina, che favorì lo smantellamento
delle rocce più antiche del basamento cristallino, è testimoniato dai depositi di
conglomerato presenti nell’altopiano del
Tretto.
Successivamente ad esso ripresero le
alternanze di regressione e di avanzamento del mare in una serie quasi monotona. Eppure anche in queste successioni si notano delle interessanti particolarità quali per esempio il calcare di Sturia
(deposto in un ambiente marino a bassa
Figura 4 Strati di dolomia lungo la strada forestale sopra
energia e in condizioni asfittiche). Esso
la frazione San Donà di Caltrano
Geologia
31
Figura 5 Contatto tra la roccia metamorfica (sopra) e la roccia vulcanica
(filone riolitico in giacitura quasi orizzontale) lungo la strada che da Valli del
Pasubio porta a Passo Xomo
Figura 6 Contatto tra la riolite, roccia
vulcanica (sulla sinistra) e la roccia
sedimentaria (dolomia principale in
fondo sulla sinistra) lungo la strada
che da Valli del Pasubio porta a
Passo Xomo
sottostà ad un deposito calcareo analogo (di Monte Spitz), ma formatosi in ambiente d’acqua
ricca in ossigeno. Tale situazione continuò per parecchio tempo favorendo la deposizione di
un grosso spessore di sedimenti aiutato anche dal fenomeno della subsidenza 6 a cui ebbe
seguito uno smantellamento di ampie porzioni di questo deposito originando una super ficie
non regolare di alti e bassi che accolse la sedimentazione della formazione pelagica 7 a
“Nodosus”. Una successiva fase di emersione (Breccia di Fongara) apre il periodo più sconvolgente della storia geologica triassica per un’ampia fascia geografica della Tetide (incluse
le Dolomiti) con la formazione di enormi depositi vulcanici (acidi e basici) che invasero i fondali dei bacini squarciando le piattafor me, e che formarono camini eruttivi di lava e di brecce (Cima Tunche, Cima Bocchese) introducendosi lungo i piani di stratificazione dando vita a
corpi subvulcanici (laccolite di Baffelan-Cornetto, nel recoarese) o come nel caso dell’altipiano del Tretto dove queste intrusioni hanno innalzato i terreni sedimentari triassici provocando l’irrigidimento nei confronti dei successivi fenomeni tettonici. Sono le responsabili della
mineralizzazione di queste zone.
La datazione eseguita su queste magmatiti le fa coeve al fenomeno che originò i complessi
intrusivi di Predazzo-Monzoni (circa 220 milioni di anni fa) mentre il chimismo è caratteristico
degli archi insulari del Pacifico. Da ciò l’ipotesi che il margine della Tetide avesse un simile
aspetto geografico.
Nel Trias. superiore (Carnico) le condizioni subaeree degradarono i rilievi delle vulcaniti ladiniche (in alcuni casi anche in maniera totale) producendo materiali detritici di varie dimensioni
che favoriscono la graduale transizione al litotipo carbonatico della Dolomia Principale, forse
il più imponente deposito della nostra zona.
Le condizioni generali molto tranquille, il clima caldo e la bassa batimetria che si instaurarono non furono ideali per la vita animale e vegetale, ma sicuramente eccezionali per la preci–––––––––
6. Subsidenza: movimento di abbassamento continuo o a scosse del fondo di un bacino sedimentario che si accompagna ad un grosso accumulo progressivo di grandi spessori di sedimenti; il fondo si abbassava quel tanto da consentire
ai parametri ambientali di rimanere invariati.
7. Formazione pelagica: formazione di mare profondo.
32
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
pitazione costante di materiale carbonatico che, grazie anche alla subsidenza, complessivamente produsse oltre 900 metri di dolomia. Con la Dolomia Principale la regione (e le dolomiti) si giunge al completo livellamento e appiattimento tra le antiche zone di scogliera e di
bacino. Il passaggio al Giurese è caratterizzato da una nuova formazione e da un nuovo
ambiente marino poco profondo, analogo a quello da cui era interessata l’intera regione veneto-trentina. Questi ambienti erano molto ricchi di vita, con condizioni climatiche molto simili
alle attuali aree tropicali: i bassi fondali erano popolati da crinoidi, brachiopodi, gasteropodi
e bivalvi (tra cui l’interessantissimo Lithiotis problematica); le aree emerse erano coperte di
una folta vegetazione mentre si ha la sostituzione della dolomia con il Calcare Grigio (le aree
di af fioramento più vaste si trovano sugli altipiani dei Sette Comuni e di Tonezza).
In questa situazione apparentemente tranquilla lo scenario geografico è abbastanza semplice: vi è una zona subacquea profonda poche decine di metri e molto vasta, una specie di barriera verso il mare aper to e verso i rilievi emersi.
Un’area con canali di marea, secche, paludi ed isolotti a vegetazione cespugliosa ed arborea,
dove trovarono condizioni favorevoli sia gli organismi marini (brachiopodi, echinidi, alghe
verdi) sia gli organismi adattati a variazioni batimetriche e di salinità.
Quest’ambiente favorevole alla vita consentì anche un’abbondante conser vazione dei resti
biologici.
Le condizioni, procedendo nella scala stratigrafica, cambiano nuovamente. L’acqua inonda
nuovamente le terre partecipando al fenomeno della cosiddetta “oceanizzazione”: sta
nascendo il regno delle Ammoniti al quale corrisponde il Rosso Ammonitico 8. Questa fase
lunga parecchi milioni di anni con un movimento piuttosto continuo verso condizioni sempre
più pelagiche (mare aperto) oltre alla roccia carbonatica del Rosso Ammonitico, origina il
Biancone e la Scaglia Rossa. Anch’essi di stampo carbonatico identificano però ambienti più
profondi poiché sono costituiti da un calcare finissimo in cui si trovano sia noduli di selce (formatisi durante la diagenesi) che resti organici (verso la sommità si ritrova il famoso Livello
Bonarelli) e nel caso della Scaglia Rossa più ossigenato.
Successivamente l’oceano che si era aperto a Nord delle Alpi cominciò a chiudersi iniziando
l’orogenesi Alpina. I movimenti di deriva della zolla africana verso NW coinvolsero tutte le porzioni di crosta interposte fra essa e l’Europa accompagnati da eruzioni magmatiche. Ci sono
prove di ciò sulle nostre montagne a Malo, nella Val d’Astico, e nel Marosticano.
Dal punto di vista strutturale l’area è situata a Sud della zona assiale della catena, con elementi tettonici piuttosto semplici fra i quali prevalgono pieghe, pieghe-faglia e pochi ricoprimenti 9 , tutti comunque con vergenza 10 verso la pianura.
In questa fase (Paleogene-Oligocene) di chiusura graduale l’ambiente e le specie viventi si
modificarono fino ad assumere i caratteri di una zona tropicale. Seguirono periodi di attività
magmatica particolarmente intensi nell’Eocene inferiore e medio.
La progressiva chiusura intervallata da numerosi episodi di emersione e trasgressione o di
riempimento di alcuni bacini ad opera delle eruzioni vulcaniche diede vita, tra l’altro, ai giacimenti di Bolca. Relativamente a questi si ipotizza che la mortalità di massa delle faune marine sia stata determinata dai prodotti tossici di un impor tante evento magmatico in quello che
era un arcipelago tropicale.
–––––––––
8. Il Rosso Ammonitico è in realtà suddivisibile in tre unità.
9. Fenomeni geologici di movimentazione di un blocco di roccia alloctono (che proviene da un altro bacino) sopra uno
autoctono (formatosi nel bacino dove avviene il movimento).
10. Inclinazione naturale degli strati conseguente anche all’azione tettonica.
Geologia
33
Figura 8 Livello Bonarelli, strada per Lusiana
Figura 9 Livello Bonarelli, strada per Lusiana
Particolare del nodulo di solfuri
L’Eocene sup. o Priaboniano rappresentò un periodo di relativa quiete. Il mare avanzò di
nuovo e riportò le acque sulle terre emerse formando depositi di tipo costiero (Conglomerato
di Grumale e formazione di Priabona: strati a Cerithium diaboli, marne a briozoi, marne e calcareniti a nummuliti, ad echinidi, a molluschi). Spesso queste rocce sono intercalate da strati con caratteri di ambiente salmastro, di palude e di terraferma.
In molti punti dei bacini del Chiampo o dell’Agno sono stati estratti da argille e ligniti resti di
coccodrilli, di tartarughe terrestri e acquatiche.
Le sequenze oligoceniche conservano unità francamente marine, depositi lignitici con faune
e flore terrestri e acquee (Monteviale), unità marnose con pesci e piante (Chiavon e Salcedo),
sedimenti detritici grossolani di tipo costiero, nonché vulcaniti che spesso hanno avuto un
ruolo impor tante nella conservazione dei fossili. I calcari nummulitici del Luteziano, le Marne
di Priabona a foraminiferi ed a molluschi dell’Eocene sup., le ligniti fillitiche ed altre unità stratigrafiche offrono prova di condizioni favorevoli alla vita.
Le varie fasi delle eruzioni vulcaniche e filoniane si manifestarono in circa 30 milioni di anni
e furono par ticolarmente impattanti per tutto il territorio anche se inter valli di quiete suf ficientemente lunghi (sono stati suddivisi in almeno 7 periodi) diedero agli ambienti biologici la
possibilità di recuperare ed espandersi (formazione di Salcedo).
La distribuzione dei prodotti vulcanici, e dei corrispondenti prodotti di smantellamento, fu delimitata dalla presenza di diverse barriere di origine tettonica (tra le più famose: Faglia di
Castelvero, nel veronese e la Linea Schio Vicenza 11 ), che si abbassavano con l’aumentare
degli stessi. Tali barriere, quasi tutte a direzione nord-sud, erano attive in diversi periodi così
da approfondire in tempi diversi grosse porzioni di territorio: in par ticolare dal Paleocene
all’Oligocene l’effetto è andato spostandosi da ovest verso est dove troviamo, in corrispondenza delle colline di Marostica, gli ultimi episodi vulcanici della regione.
Il territorio di oggi è il risultato dell’ultima fase orogenetica risalente a circa 25 milioni di anni
fa (limite Oligocene-Miocene): è in questo periodo che si sono avute le maggiori emersioni a
–––––––––
11. La faglia Schio-Vicenza ha direzione NW-SE di importanza regionale è caratterizzata da un notevole spostamento
orizzontale (1.5-2.0 Km) che si estende verso SE almeno fino ai Colli Euganei e verso NW fino al Trentino. Oltre a queste vengono anche citate nelle colline tra Schio e Bassano la faglia di Valderio e la faglia di Monteferro.
34
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
cui è seguita una trasgressione (nel miocene), e una ripresa dell’innalzamento che è proseguita anche all’inizio del quaternario.
Il fondale marino nel Miocene sprofonda lentamente ed è rappresentato da lembi distribuiti
tra la Valle dell’Agno e la pianura veneta, lungo la linea tettonica Schio-Vicenza e nelle colline marosticane. Queste condizioni erano tuttavia piuttosto variabili.
Le rocce rappresentano un ambiente di scogliera e diventano molto importanti le arenarie (es.
di Sant’Urbano), dove si trovano resti di echinidi, molluschi, denti di pesci (tra cui il
Carcharodon megalodon, antenato dello squalo bianco), le marne (del Monte Costi), le molasse (di Schio) ove i fossili più rappresentativi sono i pettinidi, altri bivalvi, alcuni echinidi e foraminiferi.
Alla fine del Miocene, dopo una breve fase in cui il bacino divenne man mano più profondo,
iniziò una opposta fase di regressione marina e l’area Lessinica e Berica fu definitivamente
emersa: iniziarono a formarsi, per ef fetto del carsismo, i reticoli idrici all’interno delle formazioni carbonatiche (soprattutto Calcari nummulitici, Calcareniti di Castelgomberto) dando origine a cavità più o meno famose (“Buso della Rana”, la “Grotta della Poscola”, ecc.).
I rilievi erano già soggetti all’erosione. Le piogge e i corsi d’acqua portavano verso la costa i
detriti fini.
Verso la fine del Miocene sarebbe avvenuta la chiusura temporanea del Mediterraneo con
conseguente crisi di salinità ed essiccamento rendendolo, con la for te evaporazione esistente, una deserta depressione salata dove i fiumi e i torrenti dell’Italia settentrionale incidono profondi canyon. Nel Pliocene inferiore (circa 5,5 milioni di anni fa) ritorna l’ambiente
marino con il crollo della soglia di Gibilterra.
Da allora in avanti appaiono più controversi i limiti dei vari piani. Separati ormai i continenti
ed emerse quasi tutte le catene montuose attuali, la storia sedimentaria dei diversi bacini
cominciò ad evolversi in modo diverso rendendo spesso difficile il riconoscimento di correlazioni precise.
Infatti è solo dopo circa due milioni di anni che queste terre emergono definitivamente dalle
acque e i materiali che provengono dallo smantellamento della catena alpina por tano al riempimento della Pianura Padana e, nel Veneto, all’avanzamento definitivo della linea costiera
verso sud. In età quaternaria l’azione erosiva più o meno marcata delle grandi glaciazioni
associata alle deformazioni neotettoniche produrrà l’attuale assetto geomorfologico e paesaggistico. Considerando quindi che il nostro paesaggio si è instaurato poco più di un milione di anni fa, con gli ultimi massicci ritocchi 50-30 mila anni fa, nel corso delle ultime fasi
glaciali e fluvioglaciali possiamo immaginare quanto possano essere state diverse le situazioni paleogeografiche in un passato meno recente e come l’attuale equilibrio sia inevitabilmente destinato a mutare nei tempi geologici futuri.
Studiando le sezioni di scavo aper te durante la costruzione della ferrovia Rocchette-Arsiero,
alla fine dell’Ottocento, il geologo Ar turo Negri osservò ciottoli di rocce (por fidi e gneiss) analoghe a quelle che affiorano nel Tirolo meridionale, ma assenti dalla nostre montagne. Un
ghiacciaio, ora scomparso, era l’unico agente in grado di trasportarli fin qui dall’alta valle
dell’Adige. Questo ghiacciaio, che transfluiva attraverso la Sella di Carbonare per scender
lungo la Val d’Astico, lasciò tracce evidentissime del suo passaggio.
La valle a monte di Arsiero ha la caratteristica sezione ad “U”, con pareti verticali e torrenti
pensili raccordati al corso principale da cascate temporanee o alvei a forte pendenza. Una
volta uscito dal tratto più angusto della valle, la sua grande massa gli permetteva di espandersi nella conca di Arsiero, di sbarrare la Val Posina depositando la collina di San Rocco e
di spingersi fino a Cogollo, dove si conservano le morene frontali. Tracce di espansione gla-
Geologia
35
Figura 10 Il torrente Astico
Vista dal ponte tra Chiuppano e Caltrano
Figura 11 La val d’Astico
In primo piano il Monte Summano
ciale ancora più antiche ora sepolte nei sedimenti della pianura sono stati portate alla luce
addirittura a Zanè.
Circa diecimila anni fa poco prima che l’umanità uscisse dal Paleolitico il clima mutò con
notevole rapidità e le temperature aumentarono progressivamente.
Iniziò il periodo complessivamente noto con post-glaciale, nel qual viviamo ancor oggi, che fu
caratterizzato da alternanze di periodi più caldi e più freddi, più umidi e più secchi. Soprattutto
fu caratterizzato da una progressiva intensificazione del ruolo dell’uomo negli ecosistemi,
ruolo che si intrecciò sempre più strettamente coi cambiamenti ambientali diventando un fattore evolutivo che viene spesso sottostimato.
Modello sismotettonico
La giacitura, cioè una disposizione geometrica nello spazio della successione naturale delle
rocce può essere variabile da zona a zona per effetto delle deformazioni che hanno interessato il territorio. Queste sono prodotte da forze che agiscono all’interno della terra e possono far assumere disposizioni molto diverse da quelle originarie tramite delle pieghe o addirittura spostamenti sia in orizzontale che in verticale (fratture o faglie 12 ).
Riassumeremo ora le attuali conoscenze e alcune considerazioni generali sul rischio sismico
tenendo conto delle relazioni tra geologia e tettonica. In base alla recente normativa del
marzo 2003 i comuni del territorio in esame sono inseriti con la classificazione “3”: per le
nuove costruzioni è quindi necessario adottare le normative antisismiche previste dal
Governo.
–––––––––
12. Pieghe, fratture, faglie.
36
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
Nella zona di per se comprendente sia una parte montuosa, una parte collinare e una par te
pianeggiante è possibile notare la flessura (o piega a ginocchio plurifagliata 13 a vergenza
verso sud) dell’Altopiano di Asiago in direzione est ovest, la faglia Schio-Vicenza, la MaranaPiovene a direzione WSW-ENE e a nord, sebbene sia al di fuori dell’area in questione, la fossa
tettonica della Valsugana sviluppata in direzione parallela alla flessura.
Nell’orogenesi alpina, i cui effetti si sono evidenziati a cominciare dal Paleogene, le spinte
hanno avuto una direzione primaria in senso NW-SE, mentre le rocce sollecitate al massimo
da enormi pressioni e da spinte sia laterali che ver ticali, reagirono in vario modo, ora piegandosi fino a coricarsi su un fianco ricoprendo altri sedimenti, ora fratturandosi fino a notevoli profondità.
La nascita della catena alpina è una storia complessa e la sequenza dei processi evolutivi
può essere schematizzata in tre tappe principali che non vanno intesi come atti separati, ma
come una successione continua di eventi ancora non totalmente identificati: dopo una prima
subduzione 14 e il sovrapporsi delle diverse litologie (Cretaceo) si ha collisione vera e propria
(fine del Cretaceo) mentre successivamente avvengono quelle fasi nelle quali possiamo inserire le diverse strutture deformative presenti nella nostra zona.
Per effetto del sollevamento il territorio posto ad ovest della faglia Schio-Vicenza e a nord
della linea di Marana venne a trovarsi in condizioni di maggiore elevazione rispetto alle aree
circostanti, al punto che affiorano, per effetto anche dell’er osione successiva, le rocce più
antiche (filladi).
È possibile quindi fare una valutazione della zona individuando alcune aree a comportamento sismico più o meno simile:
• ad ovest della linea Schio-Vicenza che risulta essere relativamente tranquilla;
• la zona della fascia della faglia Schio-Vicenza è un insieme tuttora attivo e in fase di controllo, ma
i ter remoti si riferiscono ad un periodo temporale poco documentato;
• la fascia pedemontana Schio-Bassano è caratterizzata dalla grande struttura piegata (vedi nota 13)
complicata da numerose faglie trasversali e trascorrenti. In generale l’attività sismica risulta più
moderata anche se non sono mancati episodi locali piuttosto violenti (Bassano).
Acque minerali
Dal punto di vista geologico le sorgenti (sfruttate nella zona di Recoaro già dal 1689) sono
localizzate:
• tra le formazioni prepermiche importanti (Filladi quarzifere) e le arenarie della Val Gardena;
• al contatto tra i filoni por firitici e le formazioni precedenti.
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13. Flessura: conosciuta e descritta fin dal secolo scorso come classica piega a ginocchio (De Zigno) la struttura è stata
studiata approfonditamente intorno agli anni ’70. A grande scala, la struttura è costituita da due pieghe parallele, una
anticlinale a N ed una sinclinale a S con asse ENE-WSW. Il rigetto verticale complessivo è di circa 1600 metri, contro
un dislivello di 900 metri. La struttura deformativa più diffusa è una famiglia di fratture ad orientamento NNW-SSE che
attraversa tutto il sistema di pieghe maggiori, ma che è evidente soprattutto nei materiali della Unità Carbonatica Inf.
Queste fratture segmentano l’intera flessura permettendo così delle deformazioni differenziate in settori attigui. Nella
Unità Carbonatica Sup. si hanno invece un’insieme di pieghe. Hanno comunemente forma angolare, da aper te a chiuse e mostrano un tipico assetto a zig-zag. Il tutto è interpretabile come uno scollamento bloccato dai condotti vulcanici. Ad est del Brenta il fronte di questo movimento sovrascorrente sia strutturalmente che stratigraficamente è più alto
perché ha avuto una differente storia evolutiva. In alcune zone ha contribuito al parziale rovesciamento degli strati.
14. Fenomeno legato alla subsidenza (vedi nota 7).
Geologia
37
All’emergenza sono incolori e limpide e solo dopo qualche tempo, se lasciate all’aria, si intorpidiscono per il fatto che con la diminuzione di pressione i bicarbonati cedono acido carbonico formando di conseguenza carbonati neutri (di ferro, magnesio e calcio) insolubili. Questi
carbonati insieme con l’ossido idrato di ferro, formatosi per azione dell’ossigeno dell’atmosfera sul bicarbonato ferroso, precipitano originando un sedimento giallo o rossastro.
Morfologia
Nell’area le caratteristiche morfologiche impor tanti sono da ricollegare ad alcuni elementi
naturali di fondamentale importanza:
• la “Flessura Pedemontana” e le altre strutture tettoniche ad essa collegate che condizionano le
litologie presenti;
• i Torrenti Astico, Leogra e Timonchio che con le loro azioni erosive o di deposito hanno fortemente influenzato gran par te del territorio.
Laspetto del paesaggio risulta anche condizionato dalla natura delle litologie presenti. Ove
affiorano le rocce del basamento cristallino e le rocce vulcaniche in genere il paesaggio assume forme dolci, con dossi arrotondati e versanti ripidi che contrastano con l’aspetto “dolomitico” delle formazioni calcareo-dolomitiche con creste strette e allungate, pareti ripide e
strapiombanti. Le valli ad “U” evidenziano il fondo occupato da terre colluviali mentre le valli
a “V” un’erosione concentrata attiva che agisce direttamente nei substrati rocciosi. In tutti i
torrenti il forte dislivello esistente tra la testa e la parte nel fondovalle ne marca in maniera
accentuata il carattere erosivo per cui la parte iniziale dell’impluvio ha spesso la forma di anfiteatro di erosione. Dove invece il fondovalle diventa meno ripido inizia l’azione di deposito con
la creazione di conoidi ampiamente sfruttati per l’insediamento umano.
Mineralizzazioni
Quasi tutte le mineralizzazioni presenti (minerali metallici e non) sono conseguenti alla intensa attività vulcanica ladinica entro le rocce permo-triassiche determinando una vasta area
mineraria con la formazione di depositi metalliferi che per un cer to tempo hanno fatto la fortuna dell’alto vicentino (Val Leogra, ecc.). Sfruttate e conosciute fin dai tempi dei romani
hanno avuto un’attività particolarmente intensa sotto la Serenissima ma se non sono più
interessanti economicamente sono ancora ricercati per il loro alto valore collezionistico-mineralogico: barite, minerali di ferro, piombo, zinco, manganese, blenda e galena.
Giacimenti caoliniti: nella zona del Tretto la posizione stratigrafica e le giaciture sono abbastanza incerte. In tutte le cave di caolino conosciute si è notato la vicinanza alla formazione
a Nodosus che a volte sembra essere inglobata nella massa argillosa. Le rocce eruttive a
contatto sono porfidi quarziferi, porfiriti plagioclasiche a biotite, por firiti pirosseniche-plagioclasiche, tutte notevolmente alterate in vicinanza delle masse argillose. La genesi è legata a
porfiriti feldspatiche che hanno subito processi chimici idrotermali tardivi con alterazione dei
feldspati delle rocce acide. Questi depositi sono sempre in relazione a disturbi tettonici
38
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
La successione stratigrafica
Vengono descritti brevemente, in ordine cronologico dalla più antica alla più recente, le principali formazioni presenti.
• Fillade Quarzifera (pre-Permiano): roccia metamorfica molto laminare, a scaglie, di colore
grigio argenteo-verde/marrone, brillante al sole per la presenza di lamine di mica. È anche
definita “Pietra Lardaro” (o semplicemente “Lardaro”).
• Arenarie della Val Gardena (Permiano sup.). Roccia sedimentaria: arenaria quarzoso feldspatica a stratificazione poco evidente, compatte, usate per ottenere pietre e coti da mole da
arrotino (in alcune località è anche chiamato sasso “molaro”).
• Formazione a Bellerophon (Permiano sup.). Roccia sedimentaria: dolomie e calcari dolomitici talora cavernosi, grigio più o meno scuro, ben stratificati. In alcuni livelli sono state trovate impronte di rettili.
• Dolomia del Serla Inferiore (Anisico inf.-Scitico sup.). Roccia sedimentaria: dolomie giallastre cavernose, grigie o biancastre ben stratificate o laminate. Prive di fossili.
• Formazione a Gracilis (Anisico inf.). Roccia sedimentaria: calcari arenacei o marnosi stratificati con “Voltizia recubariensis”, argille e marne sottilmente stratificate di colore grigio cenere con sporadiche intercalazioni di gesso, arenarie di colore grigio ocra, calcari grigio scuro
ben stratificati (con fossili).
• Calcare di Recoaro (Anisico medio). Roccia sedimentaria: dolomie brune, calcari e calcari
marnosi ben stratificati grigio scuro-bluastro e “giallo-bruni” (con fossili).
• Conglomerato del Tretto (Anisico medio). Roccia sedimentaria: conglomerati con elementi
calcarei ed arenaceo-siltosi, ben arrotondati, matrice calcareo-arenacea giallo-grigio.
• Calcare a Sturia (Anisico medio). Roccia sedimentaria: calcari marnosi molto scuri, ben stratificati e a volte nodulari, fetidi alla percussione, con presenza di sottili interstratificazioni siltose giallognole, il nome deriva da un ammonite (“Sturia sansovinii”).
• Calcare di M.te Spitz (Anisico sup.). Roccia sedimentaria: calcari dolomitici massicci, bianchi e cristallini, per niente o poco stratificati (ricco in microfossili).
• Formazione a Nodosus (Ladinico inf., Anisico sup.): unità eterogenea essendo costituita da
rocce sedimentarie (calcari e marne) e vulcanoclastiche (cineriti, tufiti).
• Breccia di Fongara: materiale detritico delle ultime due formazioni immerso in una matrice
interstiziale rossastra.
• Rocce vulcaniche ladiniche: prodotti magmatici da acidi, a basici, sia di ambiente sottomarino che subaereo (associati ai tufi). Forma anche laccoliti e filoni inducendo mineralizzazioni (a solfuri).
• Formazione di Raibl (Carnico medio-inf.). Roccia sedimentaria: conglomerato derivante dallo
smantellamento delle vulcaniti ladiniche, associato a dolomie con intercalazioni di argilliti ed
arenarie rosso-brunastre.
• Dolomia principale (Lias inf.-Carnico sup.). Roccia sedimentaria: dolomia ben stratificata, di
colore leggermente grigia, rosata o bianca, con fossili (“Megalodon gumberli”), potenza complessiva 800/1000 metri.
• Calcari grigi (Lias). Roccia sedimentaria: calcare spesso dolomitizzato 15 al letto e di aspetto saccaroide con colore variabile dal bianco al nocciola chiaro, al tetto sono presenti superfici di dissoluzione e crostoni che delimitano nettamente questa formazione, spessore medio
di circa 600 metri
• Rosso ammonitici (Dogger sup). Roccia sedimentaria: calcari a grana fine, ben stratificati,
per lo più rossi, rosati o bianchi (il colore scompare al passaggio con la formazione sopra-
Geologia
39
stante), aspetto nodulare più o meno compatto (i noduli dipendono da vari fattori: la rielaborazione del fango può essere stata la causa scatenante, ma anche gli scarsi apporti di sedimentazione hanno avuto il loro ruolo).
• Biancone (Cretaceo). Roccia sedimentaria: calcare finissimo in cui si trovano microscopici
gusci di radiolari, foraminiferi e cospicui noduli di selce (formatisi durante la diagenesi). Nella
par te superiore (spessore complessivo di circa 350-400 metri) di questi strati calcarei si nota
un progressivo aumento delle sostanze organiche, fino alla comparsa di livelli bituminosi (es.
Livello Bonarelli), colore variabile dal bianco, al grigio, al rosso, frattura concoide. Alla base
di questa formazione è possibile ritrovare delle dissoluzioni parziali del sedimento (stiloliti) e
interessanti sono anche le disposizioni lungo le superfici di strato di biossido di manganese
(pirolusite) che in seguito al tipico accrescimento dendritico sono spesso scambiate per fossili di piante.
• Scaglia Rossa Veneta (Cretaceo sup.). Roccia sedimentaria: calcare a grana fine, marnoso
di colore rosa e rossastro con prevalenti letti di selce rossa alla base, da mediamente a sottilmente stratificato (con fossili).
• Conglomerato di Grumale. Roccia sedimentaria: ammasso di gusci di molluschi, ciottoli ed
argille di alterazione subaerea
• Formazione di Priabona (Eocene sup.-Oligocene inf.): successione di conglomerato con ciottoli basaltici, calcareniti, calcari marnosi e arenarie, marne grigiastre a volte a briozoi. Nel settore est (marosticano) assume un carattere più carbonatico (F. di Pradelgiglio, F. di Calvene)
e arenaceo (Arenarie di Mor tisa).
• Formazione di Salcedo (Oligocene medio): alternanza di depositi di vulcaniti basiche e di
rocce sedimentarie quali calcari, marne, arenarie marose e calcareniti. Impor tante è il ritrovamento sporadico di lenti di lignite (Valle del Ponte o a Monte Cavallo) che testimoniano la
presenza di ambienti poveri di ossigeno quali paludi con acqua stagnanti.
• Filoni terziari (Oligomiocenici): (Altopiano di Tonezza, Tretto) prodotti basaltici filoniani (principalmente nella Dolomia), colore da grigio scuro a nero, alto peso specifico ed una notevole resistenza alla percussione, spesso alterati o addirittura argillificati.
• Calcarenite di Castelgomber to. Roccia sedimentaria: Calcareniti arenacee e arenarie marnose di colore variabile dal bianco-giallognolo al giallastro (con fossili).
• Arenarie di San Urbano. Roccia sedimentaria: arenarie e marne grigiastre e/o giallastre
(con fossili).
• Detriti fluvioglaciali: terreni alluvionali misti a matrice ar gillosa con sporadiche lenti e livelletti di argilla (Santorso).
• Depositi morenici: si tratta di depositi legati alle ultima glaciazione (wurmiana). Sono costituiti da ciottoli di varie dimensioni e natura immersi in maniera caotica e non classata in una
–––––––––
15. Dolomitizzazione: in molti affioramenti la serie normale Calcare Grigio/Rosso Ammonitico/Biancone può essere
sostituita da una breccia calcareo-dolomitica. Si tratta di un complesso eterogeneo costituito da brecce con elementi
delle tre formazioni, cementati da calcare saccaroide. La dolomitizzazione è controllata da par ticolari condizioni geochimiche ed idrologiche. Le prime (un alto rapporto Mg/Ca e/o condizioni solfato-riducenti) sono ottenute sia in ambiente marino di acque profonde che in sedimenti marini profondi. Le seconde che favoriscono la stabilirsi di queste condizioni includono l’evaporitizzazione e il flusso di correnti interstiziali indotto da attività idrotermale (le elevate temperature facilitano ed accelerano la reazione). Osser vazioni di campagna mostrano che la roccia dolomitizzata è brecciata
precedentemente alla dolomitizzazione e la dolomite stessa non è disturbata. È importante notare come questa formazione si accompagni spesso a linee di faglia più o meno evidenti: infatti la tettonica, fratturando i calcari, aprì la strada non solo al magma, ma anche alla circolazione di fluidi dolomitizzanti.
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
matrice argilloso-sabbiosa (Val d’Astico).
• Deposito alluvionale eterogeneo (ghiaia). Roccia sedimentaria: deposito indifferenziato fluviale strutturato in grandi conoidi ghiaiose spesso sovrapposte e interdigitate rilasciate allo
sbocco delle vallate montane nel corso degli ultimi milioni di anni, molto vulnerabile all’inquinamento, presente all’interno una falda di tipo freatico che si esaurisce lungo la linea delle
risorgive.
Figura 12 Roccia sedimentaria, Arenaria
Figura 13 Roccia metamor fica, Fillade
Figura 14 Arenaria della val Gardena
Figura 15 Roccia sedimentaria, Calcare
(Biancone)
Figura 16 Roccia vulcanica, Basalto con olivina
(formazione di Salcedo)
Geologia
41
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Geologia
43
Flora
Quando si agisce è segno che ci si aveva pensato prima: l’azione è come il
verde di certe piante che spunta appena sopra la terra, ma provate a tirare e
vedrete che radici profonde
Alber to Moravia
Flora
45
D
a un punto di vista naturalistico, tutta la zona dell’Alto Vicentino si inserisce in un contesto geografico, climatico e pedologico del tutto singolare. Oltre ad un’estesa super ficie
pianeggiante essa comprende, a Nord-Ovest e a Nord una larga fascia di rilievi prealpini solcati da profonde valli, e un’ampia zona collinare che, esponendo gran parte della sua superficie a sud, e grazie alla fertilità del suolo, risulta par ticolarmente adatta alle coltivazioni della
vite e dell’ulivo, specie vegetali tipicamente mediterranee, la cui presenza testimonia la
mitezza climatica caratteristica della parte basale della fascia prealpina del territorio vicentino.
Pianura
L’attuale paesaggio vegetale della pianura dell’alto vicentino è soprattutto opera dell’uomo,
che nel tempo ha trasformato drasticamente il paesaggio planiziale.
In base alle descrizioni fatte da autori del passato e ai relitti di flora che ancora si trovano in
alcuni ambienti protetti, il paesaggio doveva essere dominato da boschi del tipo querco–carpineti (Roverella, Carpino bianco), nelle aree di risorgiva si trovavano boschi di Ontano e c’erano numerosi Salici lungo i fiumi principali.
Purtroppo gli interventi dell’uomo, quali la coltivazione, la selezione delle specie utili, la diffusione involontaria di quelle dannose, la bonifica delle zone umide, l’urbanizzazione e qualsiasi altra attività con fine di vantaggio economico, hanno modificato in maniera radicale l’antico assetto di quest’area, trasformandola in un territorio ad alto insediamento abitativo ed
industriale e riducendo l’attività agricola ai soli bisogni familiari.
Gli ambienti con caratteri di seminaturalità sono confinati in poche aree, nelle quali non sono
consentiti l’urbanizzazione e la messa a coltura.
È il caso di alcune limitate zone di risorgiva, come l’oasi di Villaverla.
Quest’area si trova nel territorio delle sorgenti di Dueville, anche se amministrativamente fa
par te del comune di Villaverla. Dal 1885 l’oasi è stata acquistata dall’AMAG (Azienda
Municipale Acqua e Gas) per proteggere i pozzi di captazione al suo interno, che forniscono
l’acquedotto di Padova. Con questa gestione, l’area si è trasformata durante il secolo in
modo diverso rispetto alle superfici agrarie circostanti. Non essendo necessario sfruttare l’area con attività produttive ed economiche, quasi tutti gli elementi del paesaggio di un tempo
si sono conservati.
La super ficie totale della zona è di 258.214 mq, di cui soltanto 4 ettari sono in uso agricolo, coltivati per la maggior par te a mais e a soia. Il resto del terreno viene invece gestito a
fini naturalistici e ambientali secondo un piano di riqualificazione ambientale, elaborato ed
attuato dall’Azienda Regionale Foreste (ARF) della Regione Veneto.
Gli elementi paesaggistici rilevanti nell’oasi sono il rimboschimento a prevalenza di Farnia
(Quercus peduncolata), pianta di rilevante importanza ecologica, i prati stabili (caratterizzati
da due soli sfalci all’anno e dall’assenza di concimazione), il sistema delle siepi ripariali, le
piantate di Acero campestre (Acer campestre), le siepi di impianto recente, il reticolo idrografico superficiale e le risorgive.
Zona collinare
Nel settore collinare le influenze mediterranee sono più marcate rispetto alle Prealpi. Infatti
la modesta escursione altitudinale rende praticamente nulli gli effetti della quota: la distribuzione della vegetazione è legata soprattutto a fattori microclimatici o pedologici. Mentre nei
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
versanti collinari a Sud il clima consente la coltura della vite e dell’ulivo, nelle aree esposte
a Nord con clima freddo e umido predominano i boschi. Dal punto di vista pedologico, l’alternarsi a breve distanza di rocce calcaree e di rocce vulcaniche crea un corrispondente e
diversificato mosaico vegetazionale.
Le due formazioni collinari più estese sono le Bregonze e i Bassi Lessini vicentini.
Le Bregonze
Le colline delle Bregonze emergono quasi improvvisamente dalla pianura vicentina con cui
confinano a Sud e ad Ovest; a Nord il torrente Astico le separa dalle pendici meridionali
dell’Altopiano dei Sette Comuni; ad Est è sempre l’Astico a segnare il confine tra le Bregonze
e le vicine colline di Lugo di Vicenza e Fara Vicentino.
L’intera area collinare ricopre una super ficie di 17 km2 .
Nell’insieme le Bregonze presentano una morfologia dolce; dossi rotondeggianti, privi di qualsiasi asperità; declivi debolmente arcuati che si allargano a ventaglio verso la pianura; vallecole che incidono morbidamente i pendii.
In epoca storica era diffuso un bosco mesotermofilo, dove predominavano nettamente le
querce, soprattutto il Rovere (Quercus petraea) e la Roverella (Quercus pubescens). L’azione
dell’uomo andò ad incidere progressivamente su questa situazione di partenza, sia per il
bisogno di legname, sia per fare spazio ai coltivi. I pendii meno erti tra valle e valle, la fascia
più bassa a contatto con la pianura e i dossi sommitali furono ridotti a coltura. La preesistente copertura boschiva fu spezzettata e poi relegata negli impluvi vallivi più acclivi e di problematico sfruttamento; in un secondo momento, venne anch’essa sfruttata dall’uomo in
quanto forniva un ottimo legname.
Figura 17
Borracina Bianca (Sedum Album)
Flora
47
Eliminate le querce, le altre essenze quali il Carpino
(Ostr ya carpinifolia), il Nocciolo (Corylus avellana) e
l’Orniello (Fraxinus ornus) poterono emergere e
diventare dominanti; in par ticolare si diffuse il
Castagno (Castanea sativa), introdotto dall’uomo
per motivi alimentari e per la produzione di legname.
La situazione attuale delle Bregonze è di abbandono, in quanto l’esodo agricolo e la diminuzione delle
pratiche boschive (taglio e pulizia) ha portato ad una
riduzione delle essenze autoctone, favorendo così
l’ingresso di specie infestanti, come la Robinia
(Robinia pseudoacacia), che ha occupato l’area
destinata in passato al Castagno grazie alla sua
Figura 18 Primula comune (Primula Vulgaris)
resistenza e alla sua frugalità.
Anche il Sambuco (Sambucus nigra), che domina il
sottobosco, si è propagato velocemente grazie all’abbondante seminazione operata dagli
uccelli. Nelle vallette trovano il loro sviluppo il Visone (Clematis vitalba) e l’Edera (Hedera
helix), mentre nel sottobosco è il Pungitopo (Ruscus aculeatus) a predominare.
Ai margini del bosco si espande il Rovo (Rubus fruticosus), segno evidente dell’attuale abbandono agricolo. Lungo i torrenti abbonda l’Ontano (Alnus glutinosa), che ama la forte umidità,
così come i Pioppi (Populus nigra) e i Salici (Salix sp.), piantati dai contadini per consolidare
i pendii.
Degno di nota è il Gelso (Morus alba, M. nigra), frequente lungo le strade, nei vigneti come
tutore, nei confini delle proprietà; le sue foglie un tempo erano indispensabili per la coltura
del baco da seta.
Una particolarità nelle Bregonze è la quasi totale assenza di alcune specie arboree ed arbustive presenti alle stesse quote nei vicini pendii prealpini; un esempio di queste sono il
Bagolaro (Celtis australis) e il Ginepro (Juniperus communis). Sono altresì rare e localizzate
sui versanti a Nord lo Scotano (Cotinus coccygria), il Pallon di neve (Viburnum opulus), la
Lantana (Viburnum lantana) e specie cespugliose come l’Emero (Coronilla emerus), il Pero
corvino (Amelanchier ovalis) e la Genista radiata.
Diffuse nel sottobosco alcune Felci, l’Elleboro
(Helleborus viridis), l’Occhio di bue (Anemone hepa Figura 19 Dente di cane (Er ythronium DensCanis)
tica), la Primula (Primula vulgaris), il Campanellino
(Leucojum vernum), il Dente di cane (Er ythronium
dens – canis), la Polmonaria (Pulmonaria officinalis).
Assente è il Bucaneve (Galanthus nivalis), mentre la
Rosa di Natale (Helleborus niger) è localizzata in una
ristretta area a oriente di Val Vaccara. Anche il
Ciclamino (Cyclamen purpurescens) è raro.
Tra le orchidee, discretamente presenti in collina,
troviamo l’Elleborina bianca (Cephalanthera longifo lia), l’Orchis morio, l’Orchis militaris (rara) e altre
specie ancora.
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
La Lessinia Vicentina
La Bassa Lessinia Vicentina, rispetto
all’area delle Piccole Dolomiti, è di origine molto più recente.
Da un punto di vista botanico, i Bassi
Lessini fungono da ponte tra il settore
più tipicamente prealpino e i Colli
Berici.
L’altitudine modesta, l’ampiezza delle
valli e la natura calcarea sono elementi
che
determinano
caratteristiche
ambientali di spiccata termofilia e favorevoli alla sopravvivenza di specie tipicamente
mediterranee,
come
l’Asparago selvatico e varie Orchidee
del genere Ophrys.
L’ampio fondo delle valli principali,
come la Val Leogra, è oggi totalmente
urbanizzato e coltivato, mentre un
tempo ospitava cenosi forestali igrofile
a Salici, Pioppi, Ontani, Olmi, Querce e
Frassini.
Figura 20 Acero di monte (Acer Pseudoplatanus)
Di questo rimane ben poco: qualche
esemplare in rari boschetti lungo i corsi d’acqua principali o nelle siepi.
Sulle pendici il bosco è ancora ben presente, specie nei versanti meno favorevoli alla coltivazione della vite, alle colture cerealicole e al prato stabile.
Su substrato calcareo, soprattutto sulla dorsale dei Monti Castellari tra il Leogra e l’Agno, la
formazione forestale più diffusa è l’ostrieto, simile a quello delle altre aree prealpine vicentine. Alle specie principali, l’Orniello e il Carpino nero, si accompagnano poche specie termofile, come la Roverella e il Cerro (Quercus cerris) (che nell’Altopiano Faedo-Casaron può
divenire localmente dominante), l’Acero campestre, e solo nei luoghi più caldi il Ciavardello
(Sorbus torminalis).
Il sottobosco è vario; nelle zone più calde ci sono specie appariscenti come lo Scotano, che
spicca per le sue foglie rosse in autunno, e specie rare, come l’Elleboro puzzolente
(Helleborus foetidus) (comunissimo nei Bassi Lessini fino a Magrè e a Torrebelvicino) e
l’Isopiro (Isopyrum thalictroides), mentre nelle radure si trova il Fior d’Angelo.
Sui suoli vulcanici che affiorano in numerosi punti nella dorsale tra il Leogra e l’Agno, o su
suoli calcarei acidificati, il bosco di Orniello e Carpino nero è sostituito dal bosco di Castagno.
Nel sottobosco del castagneto sono presenti specie di substrato acido, come la Felce aquilina, la Calluna, il Melampiro.
Nei fondivalle, nelle doline e nei versanti più freschi alle quote inferiori sono dif fusi i boschi
a Carpino bianco, a cui s’accompagnano l’Acero di monte, il Frassino maggiore e l’Ontano
nero a bordare i torrentelli, specie igrofile come la Lingua cervina, il Sambuco e la Dentaria
a cinque foglie (Cardamine pentaphyllos).
Nelle parti più alte dei rilievi collinari trova posto anche la faggeta termofila, in cui il Faggio è
spesso accompagnato dal Castagno, dal Carpino nero e dall’Orniello. Il sottobosco è rallegrato da specie ampiamente diffuse, come la Per vinca (Vinca major), il Ciclamino, la Dafne
Flora
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laurina, il Fior di stecco (Limodorum abor tivum) e l’Isopiro.
Queste zone un tempo erano coltivate, mentre oggi, a par te i fondivalle, in molti luoghi si curano solo i vigneti, parzialmente i boschi e i prati. Quest’ultimi spesso sono stati da tempo
abbandonati, subendo a poco a poco una degradazione e una trasformazione in brometi,
cenosi erbacee a Bromo dei prati (Bromus ar vensis) presenti su tutte le pendici delle colline
e montagne vicentine. Al Bromo dei prati s’accompagnano l’Artemisia argentata, il Camedrio
(Teucrium chamaedr ys), l’Euforbia cipressina (Euphorbia cyparissias) e la Brunella alpina
(Prunella alpina).
La zona montana
L’area montana, assieme a quella collinare, è inserita nel settore prealpino (distretto alpino),
ossia in quella fascia di montagne calcaree che sta tra la pianura e l’arco alpino propriamente
detto.
Da un punto di vista floristico–vegetazionale, il settore prealpino del distretto sanitario di
Thiene-Schio è rappresentato dagli Altopiani vicentini (dal Pasubio a quello dei Sette Comuni),
dai settori collinari adiacenti e dalle valli prealpine (Leogra-Timonchio, Posina e Laghi, Val
d’Astico).
Quest’area montana presenta un’elevata diversità floristica, correlata strettamente alla presenza di numerosi macro e microhabitat.
La seriazione normale della vegetazione comprende boschi submontani a latifoglie termofile,
boschi montani a Faggio (o a Faggio e abeti sugli altopiani), cespuglieti a Pino mugo e pascoli subalpini alle quote più elevate.
Le Piccole Dolomiti e il Pasubio
Le Piccole Dolomiti sono un insieme di monti compresi tra il Pian delle Fugazze, al confine tra
le province di Vicenza e di Trento, e il Passo Per tica, in territorio veronese.
Insieme al più famoso e compatto massiccio del Pasubio, delimitato, nel versante vicentino,
a sud dalla Valle del Leogra e ad oriente dalla Val Posina, questi monti rappresentano il tratto più “dolomitico” delle nostre Prealpi.
Le loro massime elevazioni sono modeste (2.259m di Cima Carega; 2.232m di Cima Palon
sul Pasubio), ma a causa delle caratteristiche geologiche risultano aspre e dirupate, con
guglie, pinnacoli e creste inter vallati da profondi canaloni, conferendo loro un aspetto decisamente alpino.
Il paesaggio vegetale delle valli vicentine nord-occidentali, delle Piccole Dolomiti e del Pasubio
è condizionato dal clima (elevata piovosità e rigide temperature invernali), dal for te dislivello
(dai 200m s.l.m. dei fondivalle ai 2.200m e più delle cime più alte), dalla pendenza dei versanti, dalla diversità geologica e dalla fortissima antropizzazione del territorio.
La componente più vistosa delle quote basse è rappresentata dal bosco, che si presenta con
aspetti diversi a seconda della zona.
Su substrati silicei si sviluppa il castagneto, oggi ridotto quasi ovunque a ceduo e spesso
abbandonato a causa del cancro corticale che ne ha determinato in un secolo la drastica
decimazione. Il Castagno è accompagnato da altre specie arboree come Carpino nero,
Carpino bianco, Orniello, Acero, Frassino maggiore, Betulla (Betula pubescens), l’esotica
Robinia, più raramente la Rovere e il Faggio (Fagus sylvatica).
Su substrati calcarei è frequente l’ostrieto o l’orno–ostrieto, un bosco di Carpino nero e
Orniello, che nel tempo ha sostituito la cenosi originaria rappresentata da un bosco di quer-
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
ce, più esigenti e con minor capacità rigenerativa. Nelle valli secondarie si riscontrano cenosi forestali ben dif ferenti.
A ridosso dei torrentelli, dove il terreno è spesso inzuppato d’acqua, il bosco è dominato
dall’Ontano nero, assieme al Frassino maggiore, all’Acero di monte e all’Acero campestre; tra
le specie erbacee il Farfaraccio (Petasites hybridus), il Cerfoglio irsuto (Chaerophyllum hirsu tum), la Sassifraga a foglie rotonde (Saxifraga rotundifolia).
I fianchi delle piccole valli meno incise e meno umide sono ricoperte dal bosco di Carpino
bianco. Ad esso s’accompagnano il Frassino maggiore, l’Acero di monte, talvolta il Tasso
(Taxus baccata), il Castagno e il Faggio.
Attorno alle contrade e ai fondivalle, i boschi sono spesso sostituiti da vegetazioni erbacee.
È il prato stabile, sfalciato e concimato, la forma di coltura più diffusa, una cenosi mantenuta esclusivamente dall’uomo e che, con l’abbandono, può essere rapidamente sostituita dai
cespugli e dal bosco. La caratterizzano varie graminacee, tra cui l’Avena altissima
(Ar rhenatherum elatius), l’Erba mazzolina (Dactylis glomerata), e altr e specie come il
Ranuncolo, la Margherita (Leucanthemum vulgare) e il Ginestrino.
Verso gli 800-1.000m di quota, gli ostrieti, i castagneti e i carpineti cedono gradatamente il
posto alle faggete che, se non fossero state eliminate o di molto ridotte dall’azione dell’uomo, si stenderebbero ininterrotte fino al limite della vegetazione arborea (1.700m s.l.m.). Le
faggete delle Piccole Dolomiti e del Pasubio si possono ricondurre a più tipologie in funzione
della quota.
Sui versanti meridionali più bassi prevale la faggeta termofila, caratterizzata da molte specie
frequenti anche nelle fasce inferiori: Carice bianca; orchidee del genere Cephalanthera; Sorbo
montano (Sorbus aria); Sorbo degli Uccellatori (Sorbus aucuparia); Acero di monte.
A quote più alte, o nei versanti più freschi, domina la faggeta mesofila, caratterizzata dalla
presenza di Dentaria, Asplenio verde, il raro Cardo della Carniola. In questo tipo di faggeta
doveva sicuramente trovare posto un tempo l’Abete bianco (Abies alba), oggi quasi del tutto
scomparso.
Figura 22 Particolare dell’acero di monte (Acer Pseudoplatanus)
Figura 23 Primula odorosa (Primula Veris)
Flora
51
Al di sopra di 1.000m s.l.m., dove si cominciano a trovare numerose malghe, il prato di Avena
altissima lascia il posto a quello di Avena bionda, accompagnata da Alchemilla, Nebbia,
Achillea millefoglie e numerose altre specie. Questa formazione viene condotta a pascolo e
a sfalcio.
In eccesso di pascolamento, soprattutto su rocce silicee, il pascolo ad Avena bionda può
degradarsi ed essere sostituito dal nardeto, prato caratterizzato da spettacolari fioriture di
specie vistose, come l’Arnica (Arnica montana) e la Genziana di Koch (Gentiana acaulis).
Sempre a queste quote si possono trovare gli unici ambienti umidi del territorio, rappresentati dalle pozze d’alpeggio e da rare piccole torbiere che possono ospitare specie rare come
il Trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata) e l’Erioforo vaginato (Eriophorum vaginatum).
Nel piano cuminale, la presenza di pareti verticali e di instabili ghiaioni a quote relativamente moderate rende localmente ancora più basso il limite del bosco.
Le piante arboree si spingono sopra i 2.000m s.l.m., ma si tratta di esemplari isolati, spesso mutilati dal vento.
Nei canaloni e sui ghiaioni più consolidati il Pino mugo (Pinus mugo) si comporta da pioniere, stabilizzando il suolo. Si tratta di un arbusto prostrato, in grado di sopportare il vento e
l’abbondante e prolungata copertura nevosa. Questa conifera è accompagnata da molte specie alpine: Rododendro irsuto, Rododendro ferrugineo e Rododendro nano, Sorbo montano,
Rosa alpina e altre.
Negli impluvi e nei luoghi riparati, dove la neve rimane più a lungo, il Pino mugo può essere
sostituito dall’Ontano verde.
Più in alto ancora al Pino mugo si sostituiscono i pascoli. Il più tipico pascolo su terreno calcareo è caratterizzato dalla Sesleria comune e da una ciperacea, la Carice sempreverde.
Molte tra le specie più belle e rare della nostra flora trovano ospitalità in questa cenosi: la
Primula meravigliosa (Primula spectabilis), l’Erba tora, la Stella alpina (Leontopodium alpi num), l’Anemone narcisico (Anemone narcissiflora).
Dove l’eccessiva pendenza o i rigori climatici non permettono lo svilupparsi di una cotica continua, i pascoli presentano un aspetto a gradinata. Anche questi pascoli “a cuscinetto” sono
molto ricchi di specie rare e interessanti, come la Rosa di Re Laurino, il Camedrio alpino
(Dr yas octopetala), la Nigritella rossa, il Ranuncolo alpestre (Ranunculus alpestris) e molti
Salici nani.
Anche le rupi e i macereti sono tessere impor tanti del mosaico vegetale delle alte quote.
Sulle rupi più assolate, la cenosi dominante è caratterizzata dalla Potentilla caulescente,
accompagnata dal Raponzolo di roccia e dal Ranno nano, arbusto strisciante con rami strettamente aderenti alla roccia. In posizioni soleggiate sono comuni la Valeriana delle rocce e la
Sassifraga gialla (Saxifraga aizoides), mentre negli stillicidi è facile trovare la Sassifraga
autunnale.
I macereti sono colonizzati da specie ben diverse, come il Far faraccio dei ghiaioni, l’Aquilegia
di Einsele, il Romice, o i più rari Ranuncolo di Séguier, Linaiola alpina, Androsace lattea,
Petrocallide.
Il Monte Summano e il Novegno
Il Monte Summano si erge improvviso dalla pianura vicentina, nonostante la sua modesta altitudine (1.296m s.l.m.). La sua maestosità, che gli valse la denominazione di “summus”, attirò numerosi botanici che qui trovarono concentrata la ricchezza floristica propria di tutte le
Prealpi Vicentine.
In realtà non vi sono endemismi esclusivi. Le piante qui presenti sono quelle tipiche del mar-
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
gine prealpino e gli elementi mediterranei e alpini sono limitati a poche specie. Tuttavia sono
molti i fattori che hanno determinato una flora così ricca.
Il Summano rappresenta geograficamente l’elemento di chiusura di un margine prealpino che
dal Friuli si spinge fino alle montagne vicentine ed ha avuto un ruolo importante per molte
migrazioni floristiche avvenute durante le oscillazioni climatiche dell’era quaternaria.
La caratteristica fisica che più distingue il Summano dai tratti contigui della catena prealpina
è la mancanza assoluta di contraf forti collinari che si frappongono fra la pianura e le pendici
meridionali del monte, che s’innalzano direttamente dal piano, con un’esposizione particolarmente calda e soleggiata.
Climaticamente opposta è la situazione della cima, isolata e fortemente ventilata, soggetta
perciò a rapide evaporazioni con conseguenti repentini e bruschi abbassamenti di temperatura.
La coesistenza di condizioni climatiche così estreme in un’area geografica molto limitata
costituisce la prima causa della straordinaria ricchezza floristica che ha dato nei secoli al
Summano fama europea, eguale forse solo a quella del Monte Baldo.
A questa varietà floristica contribuisce quindi l’amplissima varietà ambientale che comprende, in un territorio di modesta estensione, rupi, creste, macereti, coste aride e soleggiate sul
versante meridionale, pendii ombrosi e freddi su quello settentrionale, dove le faggete scendono a quote inferiori ai 600m s.l.m.
Sui costoni dei versanti meridionali la formazione più comune è un prato arido cespugliato,
dominato dalla Sesleria comune e dall’Orniello a portamento cespuglioso. Si tratta di antichi
pascoli, abbandonati ormai da tempo, ma incapaci di ridiventare veri e propri boschi a causa
dell’aridità del suolo. Questa vegetazione degradata ospita in realtà molte tra le specie più
rare del Vicentino: l’Erba perla rupestre (Moltkia suffruticosa) (che vive solamente sulle
Prealpi Vicentine e, in Toscana, sulle Alpi Apuane), il Giaggiolo del Cengialto (Iris cengialti), il
Lino delle Fate (Stipa pennata), il Narciso (Narcissus radiiflorus), la Frassinella (Dictamnus
albus), l’Asfodelo (Asphodelus albus), il Gladiolo palustre, la Ginestra sericea, la Pulsatilla e
numerosissime Orchidee.
Nelle località pianeggianti, in particolare al Tretto e sopra Velo d’Astico, si rinvengono invece
i prati pingui (arrenatereti), caratterizzati dallo spettacolo delle fioriture primaverili: sul verde
brillante di Avena altissima spiccano il giallo del Ranuncolo acre (Ranunculus acris), il viola
della Salvia dei prati (Salvia pratensis), il bianco della Margherita, il rosso del Trifoglio pratense.
Lungo gli impluvi e nelle zone più fresche e riparate il bosco ha ricolonizzato il suolo, mentre
nella fascia medio-inferiore e in quella del Faggio i boschi sono stati sapientemente conservati, per poter sfruttare la legna da ardere e il legname da lavoro. Si tratta di cedui che nella
fascia inferiore sono dominati dall’Orniello e dal Carpino nero, accompagnati dalla Roverella,
con un sottobosco ricco di specie nemorali e che nelle formazioni più rade è invece costituito da un tappeto di specie xerofile e amanti della luce, come la Sesleria comune, il Falso
bosso e l’Erica.
In alcuni luoghi soleggiati presso Santorso si rinvengono localmente nei boschi di Carpino
nero e Orniello dense macchie di Leccio (Quercus ilex), una quercia mediterranea sempreverde, la cui naturale origine non è cer ta, ma rappresenta comunque uno degli elementi più
spiccatamente mediterranei della flora del Summano. Il Leccio è ben accompagnato dal più
raro Alaterno, arbusto sempreverde rinvenibile nei pressi di Roagna (sopra Santorso).
Alle quote superiori, gli ostrieti lasciano raramente il posto alle faggete termofile a Carice
bianco. Sono qui molte le specie tipiche dei piani vegetazionali più bassi, come l’Elleborina
Flora
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bianca; nelle radure si possono incontrare la rara Peonia (Paeonia officinalis), l’Adenofora e
il Giaggiolo susinario (Iris graminea).
Il versante settentrionale del monte si presenta quasi totalmente boscoso. Le pendici più
basse, degradanti verso la Val d’Astico, sono ricoperte da un manto forestale a Orniello e
Carpino nero, ma non mancano specie esigenti come Faggio, Acero di monte e Frassino maggiore.
In alcuni canaloni rivolti sempre sopra la Val d’Astico sopravvive la Betulla pelosa (Betula
pubescens), che è un relitto delle foreste che rivestivano il Summano durante le glaciazioni.
Quelle del Summano sono le uniche stazioni note per il Vicentino.
La fascia immediatamente superiore è limitata dalla natura detritica dei suoli. Qui la vegetazione più frequente è un cespuglieto a Carpino nero e vari arbusti, con abbondante Pino silvestre. Proprio in queste formazioni si possono trovare molte tra le specie rare del Summano,
Figura 24 Papavero comune (Papaver Rhoeas)
Figura 25 Genziana primaccia (Gentiana Verna)
come il Giglio della Carniola.
Alle quote più alte, dove le boscaglie dominate a Pino mugo sono poco estese, è ancora la
faggeta mesofila a dominare con un sottobosco ricco di Felci, accompagnate dalla Dentaria,
dal Farfaraccio e da alcune specie rare, come la Campanula odorosa e il Veratro nero
(Veratrum nigrum).
Sulle rupi e sui macereti, infine, si possono trovare alcune specie alpine: il Raponzolo di roccia (rinvenuto ad appena 250m s.l.m. allo sbocco della Val d’Astico presso Piovene
Rocchette), la Primula meravigliosa, la Bonarota e, rarissima, la Stella alpina.
Il Novegno è un sottogruppo montuoso, che rappresenta la naturale prosecuzione del Monte
Summano e collega quest’ultimo alle Prealpi Vicentine attraverso il Colletto di Velo.
Certamente meno famoso del Summano, il Novegno ha anch’esso un suo fascino: sulle pendici ci sono gli insediamenti umani che hanno trasformato e addolcito i pendii meno ripidi e
hanno reso possibili le coltivazioni; ci sono i costoni, ora ricoper ti di boschi quasi impraticabili, ora occupati dai pascoli; c’è la dolce conca sommitale; ci sono, specialmente nel versante nord, coste, precipiti e aree ormai abbandonate da tempo dall’uomo.
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
A differenza del Summano, questo gruppo montuoso è separato dalla pianura vicentina da
tutta una fascia di rilievi collinari che culminano nei cosiddetti “piani dei Tretti”, punteggiati
di contrade talora abbellite da notevoli esempi di architettura rustica, e circondati da boschi
di latifoglie tra i più fitti e lussureggianti del Vicentino.
Mancano quindi alla vegetazione del Novegno quegli aspetti tipicamente mediterranei che
caratterizzano il versante meridionale del Summano, mentre sono accentuate le caratteristiche alpine.
Altopiano di Tonezza - Fiorentini
L’altopiano di Tonezza si estende su un territorio di 14 km2, tra la Valle dell’Astico che lo delimita ad Est e la Valle del Rio Freddo prima e quella di Posina poi, che lo delimitano rispettivamente ad Ovest. Si tratta di un modesto altopiano sui 1.000–1.500m s.l.m.
Le precipitazioni appaiono abbondanti, ma le acque, per il fenomeno del carsismo, vengono
immediatamente assorbite, inghiottite e convogliate a valle.
Sull’altopiano gran parte delle aree attualmente adibite a pascolo o a prato stabile, o rimboschite a conifere, erano un tempo occupate dalla faggeta, un fitto bosco soprannominato fino
al 1500 “selva magna”.
Il Faggio è una specie forestale incapace di tollerare escursioni termiche eccessive. Desidera
un certo grado di umidità dell’aria e per questo è presente prevalentemente sul bordo meridionale dell’altopiano, nella “fascia delle nebbie”.
Nel sottobosco di Faggio si possono trovare varie specie erbacee, quali l’Acetosella (Oxalis
acetosella), piccola pianta dai fiori bianchi e delicati; il Nido d’uccello (Neottia nidus – avis),
orchidea giallo–bruna; la Genziana asclepiadea (Gentiana asclepiadea), pianta vistosa dai
fiori azzurro scuri, e l’Orchidea corallo (Corallorhiza trifida), rara e dal colore bianco–giallognolo.
Salendo di quota il Faggio si mescola con l’Abete rosso e il Larice.
La faggeta in tempi passati venne sostituita quasi completamente con l’Abete rosso, in quanto specie di più veloce crescita e di maggior valore economico.
La densa copertura delle chiome dell’Abete, perdurante tutto l’anno, rende difficile la sopravvivenza delle piante di sottobosco, che tendono a localizzarsi ai margini del bosco o nelle
radure: piccoli cespugli di Mir tillo nero (Vaccinium myrtillus); la Sassifraga a foglie rotonde,
dai fiori bianchi e maculati; il Limonio (Pirola rotundifolia).
In particolari condizioni climatiche si trovano localmente boschi misti di Abete rosso, Faggio,
Frassino maggiore, Acero di monte e Larice. Quest’ultimo è una pianta arborea che tende a
svilupparsi in boschi radi per la sua forte esigenza di luce e si spinge a quote molto elevate.
Durante l’autunno, a differenza delle altre conifere, perde completamente le foglie.
Tra le diverse formazioni vegetali vi sono i pascoli montani, che si aprono sui fondivalle pianeggianti e sulle coste più dolci. Le specie più suggestive sono il Croco (Crocus albiflorus),
la cui fioritura primaverile tinge i prati di bianco e rosa; le Genziane e il Colchico (Colchicum
autumnale).
Sempre nei pascoli si possono trovare la Gagea (Gagea fistulosa), dai fiori gialli ed eleganti,
presente soprattutto presso le malghe; il Giglio mar tagone (Lilium martagon), pianta vistosa
e appetibile per i numerosi caprioli; le orchidee: l’Orchide sambucina (Orchis sambucina), presente in due colorazioni, gialla e porporina; l’Orchide bruciacchiata (Orchis ustulata), con
tepali porporino – nerastri e labello bianco maculato; l’Orchide militare (Orchis militaris).
In alcuni pascoli a quote più elevate sono presenti le profumatissime Nigritelle.
La distribuzione altitudinale del pascolo si arresta verso l’alto a causa dell’eccessiva roccio-
Flora
Figura 27 Rosa selvatica comune (Rosa Canina) - in
inverno
55
Figura 26 Viola del pensiero (Viola Tricolor)
sità dei pendii. Qui vive il Pino mugo, che riveste di estesi ed impenetrabili arbusteti le pendici mobili e rocciose della dorsale di Monte Toraro–Monte Campomolon. Il Pino mugo è
spesso accompagnato dal Ginepro (Juniperus communis), dall’Erica (Erica carnea), dal
Rododendro ferrugineo e da alcune orchidee.
Sulle rupi si possono trovare specie di grande interesse: il Raponzolo di roccia (Phyteuma
comosum), rifugiatosi durante il Quaternario su stazioni lasciate libere dai ghiacciai; il
Rododendro nano (Rhodothamnus chamaecistus); l’Aquilegia di Einsele (Aquilegia einselea na).
L’alta e la media Val d’Astico
L’Astico nasce in Trentino, in comune di Folgaria, scendendo come un impetuoso ruscello di
montagna tra le conifere di Val Orsara e Val Pru. Nel suo primo tratto, il versante destro si
presenta eroso ed impervio fino ai 1.400m di quota, per poi allargarsi tra pascoli e conifere
fino al soprastante spartiacque Campomolon–Plaut. Numerose sono le valli che vi discendono dal versante destro, mentre sono poche, ma profonde quelle che si aprono sul versante
sinistro.
Da S. Pietro Valdastico ad Arsiero la valle si rifà stretta con fianchi compatti e ver ticali, ad
eccezione dell’ampia e arida Val d’Assa, all’altezza di Pedescala.
Tenendosi accostato alle falde del Cengio, l’Astico sbocca nella conca di Arsiero, e la valle,
assumendo un orientamento NordOvest–SudEst, s’allarga tra le falde dell’Altopiano di Asiago
e il gruppo Summano–Priaforà.
Da Arsiero l’Astico prosegue in direzione SudEst, aprendosi una strada tra i basalti delle
Bregonze.
Per quanto riguarda il clima e, di conseguenza, la vegetazione, si distinguono il tratto
dell’Astico a valle di Arsiero, quello a monte di questo comune, e quello degli adiacenti altopiani.
Il tratto tra Lugo e Arsiero, ossia la media Val d’Astico, presenta condizioni mor fologiche che
favoriscono l’instaurarsi di un clima mite, pur non presentando quegli aspetti submediterranei tipici invece delle falde del Summano o delle colline tra Sarcedo e Marostica. Man mano
56
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
che da Lugo ci si avvicina alla conca di Arsiero il clima tende a divenire più fresco. A nord di
Arsiero le temperature s’abbassano per i venti che provengono da Nord e per la scarsa insolazione della vallata angusta e con pendii acclivi.
Il clima, oltre la morfologia del territorio, la composizione del suolo, l’altitudine, e, non ultimo, l’intervento umano, influiscono sulla distribuzione delle associazioni vegetali.
L’area del castagneto è individuabile in una stretta e discontinua fascia nella parte bassa
della valle, fra i 250 e gli 800 m di quota: versante nord delle Bregonze; Monte di Calvene;
nelle vallecole più fresche e soleggiate tra le contrade di Velo d’Astico.
Il castagno è scarsamente diffuso in quanto il clima della Val d’Astico non è abbastanza mite
e il suolo è di natura calcarea.
Dove il Castagno scompare, prende il sopravvento il bosco a Carpino nero, sempre accompagnato da Nocciolo, Frassino, Corniolo (Cornus mas), Sanguinello (Cor nus sanguinea), qualche volta dal Farinaccio (Sorbus aria) e dal Viburno.
Nelle zone più assolate sono frequenti il Ginepro, il Pero cor vino, il Citiso (Cytisus hirsutus),
l’Emero. Frequente anche la Rosa canina e il “Visone”.
Nell’area dell’ostrieto non mancano le conifere, che scendono dalle quote superiori.
Su entrambi i lati della vallata a monte di Arsiero, notevoli esemplari di Abete rosso (Picea
abies), Larice (Larix decidua), Pino silvestre (Pinus sylvestris), Pino nero punteggiano il bosco
e scendono fino a lambire la strada statale.
La loro presenza si fa maggiore nella parte più alta della valle, a monte del “gomito” di PostaScalzeri (nei pressi di Pedemonte).
L’ostrieto sta oggi invadendo quelle aree pascolive di media montagna che negli ultimi anni
sono state abbandonate.
La fascia sovrastante è caratterizzata dal bosco di Faggio, i cui limiti superiori e inferiori variano a seconda delle condizioni di esposizione, di umidità e di temperatura.
Mentre sulle pendici meridionali dell’Altopiano di Asiago il limite inferiore è piuttosto elevato
(800 m s.l.m.), nell’anfiteatro di Velo d’Astico, più umido ed esposto a Nord, scende a 500m.
A monte di Arsiero il suo limite inferiore medio è sugli 800 m.
Raramente si trova la faggeta pura nella Val d’Astico. Infatti al Faggio spesso s’accompagnano l’Acero di monte, il Far faraccio,
l’Abete bianco, ma specialmente l’Abete
rosso, il Pino silvestre e quello nero.
Nell’alta Val d’Astico nel sottobosco della
faggeta si ritrovano il Rododendro irsuto
(Rhododendron hirsutum), specie nella
destra orografica del torrente, dove il maggior innevamento lo protegge dai geli di inizio stagione; l’Erica; il Fior di stecco, che
matura in agosto con le sue bacche rosse;
il Ciclamino; il Mughetto; l’Orchidea palmata, dalle foglie maculate; la Coronilla, tipica leguminosa dei luoghi assolati; nei siti
più umidi si leva tra le erbe la Barba di
capra (Aruncus dioicus), dalla caratteristica pannocchia.
Pochi esemplari secolari di faggi sono locaFigura 28 Inverno nell’alta Val d’Astico
lizzati a monte di Velo d’Astico e sulla
Flora
57
destra orografica della valle a monte di Lastebasse.
Anche l’Abete bianco, che pure rientrerebbe nella fascia altitudinale del Faggio, è oggi raro,
in quanto sostituito nel tempo dall’Abete rosso. Solenni fustaie di Abete bianco si trovano
solo in alta Val d’Astico, a monte di Lastebasse.
L’Abete rosso si trova in abbondanza a monte di Arsiero, scendendo dai soprastanti altopiani di Tonezza–Fiorentini e di Asiago, fino ad un limite medio di 1200 m, per poi mescolarsi al
Faggio.
Sulla destra orografica dell’Astico sono presenti nel sottobosco dell’Abete rosso il Mir tillo e
dense colonie di Felce maschio.
Nelle piccole valli umide, come nei siti degradati si incontra frequentemente il Lampone
(Rubus idaeus).
Il Pino mugo in Val d’Astico non copre mai vaste aree, tranne sui pendii dello Spizt e di
Campomolon (altopiano di Tonezza), dove forma estese colonie.
I ghiaieti di fondovalle sono caratterizzati dalla folta presenza di Ontano nero e di Salice (Salix
incana). La loro presenza si fa più rada a monte di Lastebasse.
Per quanto riguarda i pascoli, essi sono stati ricavati dall’uomo nella fascia dell’Abete rosso
o al limite tra questa e la fascia del Faggio, su aree ad altopiano poco inclinate e prospicienti
la vallata.
Mentre le maggiori aree pascolive si trovano nella parte meridionale dell’Altopiano di Asiago,
tra 1200-1300 m di quota (in comune di Lugo - M. Mazze; di Calvene - Busa Fonte; di Caltrano
- Serona, Foraoro, Sunio, e piana del Paù); i pascoli in comune di Cogollo (verso il Paù e sul
Cengio) versano in uno stato di abbandono.
Sulla destra orografica dell’Astico, sono rinomate le aree pascolive di Val delle Lanze (in
comune di Lastebasse). Oggi si assiste generalmente ad una contrazione delle zone a pascolo a vantaggio del bosco.
Le valli di Posina e Laghi
Le valli di Posina e di Laghi sono racchiuse in un ampio bacino di montagne.
Queste due valli, che costituiscono il sottobacino di quello più grande della Val d’Astico, presentano un numero elevato di vallette secondarie.
La catena che dal Summano al M. Priaforà e al Novegno s’innesta al Massiccio del Pasubio,
crea una barriera all’aria ricca d’umidità proveniente dall’Adriatico. In tal modo queste valli
prealpine interne sono caratterizzate da piovosità molto marcata; da cui si spiega l’angustia
dei luoghi e il numero elevato di ruscelli e torrenti.
Grazie alla presenza abbondante dell’acqua il manto vegetale è molto ricco.
Un tempo queste valli erano ricoperte da boschi che avevano una duplice funzione: rinsaldante dei pendii e bacino di produzione di legname. A causa di questo e dell’azione distruttiva della Grande Guerra si è verificato nel tempo un depauperamento del patrimonio boschivo. L’abbandono delle montagne, la scoperta di nuovi combustibili e una maggior coscienza
ambientale hanno portato nel tempo ad un ripopolamento, che però non riguarda esclusivamente le specie presenti nel passato.
Il Carpino e il Faggio predominano in molti versanti. Si incontrano raramente piccoli boschi di
Castagno, il Sorbo e il Pino, la Robinia, il Ciliegio selvatico e radi Pecci , vicino ai numerosi
baiti.
Lungo i sentieri del fondovalle si trovano lunghi filari di Noccioli o di Cornioli dai frutti rossi,
coltivati un tempo per il loro legno duro con cui si costr uivano i denti degli ingranaggi dei mulini.
58
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
Ai margini dei prati, in posizione soleggiata, si trovano il Ginepro, il Pero cor vino, il
Biancospino (Crataegus monogyna), il
Ligustro (Ligustrum vulgare), il Rovo, mentre sono pressochè assenti lo Scotano,
così comune in Val d’Astico, e la Roverella.
Lungo i numerosi ruscelli è ospitata una
grande varietà di piante idrofile: dense
popolazioni di Petasite (Petasites hybridus)
e di Calta palustre (Caltha palustris)
accompagnano piante di Ontano e di Salici.
Ai bordi dei sentieri si può incontrare la
profumata e velenosa Dafne (Daphne
mezereum).
Crescono nei boschi, tra i rami e i fusti, le
liane della Clematide e l’Edera; nelle aree
meno battute grandi macchie di Ribes delle
rocce; vicino alle malghe dense popolazioni dell’infestante Ortica e dello Spinacio
selvatico (Chenopodium bonus – henricus).
Nelle valli molto umide, sulle pietre e negli
anfratti si trovano la Lingua di cervo, la
Felce, il Capelvenere e la Ruta muraria.
Sempre in zone umide ci sono l’Aquilegia,
la Parnassia (Par nassia palustris), il
Mughetto (Convallaria majalis), e la rara
Scarpetta della Madonna (Cypripedium cal ceolus).
Le Genziane sono presenti ovunque: G.
Figura 29 Paesaggi montani della Val Posina
Figura 21 Contrada in Val Posina
Flora
59
Figura 30 Dafne Mezereo
(Daphne Mezereum)
acaulis, G. asclepiadea, G. lutea.
Nel sottobosco della faggeta si possono ammirare l’Occhio di bue, l’Anemone nemorosa, la
Pulsatilla, i bellissimi Giglio martagone e Giglio tigrino; nei prati e pascoli, invece, compaiono
a primavera i Crochi, la Soldanella, e in estate il raro Giglio di S. Giovanni (Lillium bulbiferum),
l’infestante Veratro (Veratrum album) e le Orchidee (Nigritella nigra, Orchis sambucina).
Tra le rocce calcaree spiccano i ciuffi verdi dell’Alchemilla alpina, il fiore inconfondibile del
Raponzolo di roccia, la Potentilla (Potentilla caulescens), la Bonarota (Pederota bonarota), la
Sassifraga di Host (Sassifraga hostii).
Figura 31 Parnassia (Parnassia Palustre)
Figura 32 Anemone bianca
(Anemone Nemorosa)
60
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
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Flora
61
Vicenza. Gilberto Padovan Editore: 29-31.
• Università adulti/anziani Thiene, A.A. 2000-2001 - Seminario di ricerca. Come è cambiato il paesaggio del vicentino negli ultimi 50 anni.
Storia
La lettura di buoni testi vale come un colloquio con gli uomini migliori del
passato che ci danno il meglio dei loro pensieri
Car tesio
Storia
63
I
comuni che costituiscono oggi il distretto sanitario di Thiene-Schio si trovano situati in un
tratto di pianura pedemontana e in alcune vallate che presentano delle caratteristiche abbastanza omogenee e complementari sia dal punto di vista geologico, che paesaggistico, culturale, ed antropico. Anche la loro evoluzione storica presenta molti punti di contatto fin dalle
età più antiche, quando il territorio alto-vicentino veniva solcato da vari torrenti che scendevano dalle vallate prealpine, quali il Timonchio con il Leogra, l’Igna, il Laverda e più di tutti il
più imponente Astico: non ancora incanalati entro dei loro precisi alvei sicuri, essi vagavano
per la nostra pianura ancora acquitrinosa e quasi tutta inabitabile.
Solo le zone collinari ed i fianchi delle vallate potevano offrire allora un facile rifugio agli abitanti preistorici, i quali sovente si avventuravano in cerca di selvaggina nella pianura sottostante boscosa e paludosa, ma popolata da una ricca fauna che comprendeva allora, oltre al
capriolo, anche i cervi.
Popolazioni pre-romane
Le colline da Costabissara a Isola, Malo, S. Vito, Magré, Santorso, Piovene rocchette, ed il
colle di Montecchio Precalcino erano allora cosparsi di grotte, alcune delle quali ci hanno conservato qualche reperto di vari millenni addietro, e nella Val d’Assa i graffiti rupestri ci testimoniano anche un desiderio di tramandare alle generazioni future le storie, la cultura, la letteratura e l’arte di quelle epoche così remote.
Il primo popolo che troviamo insediato nella nostra zona, come però in gran parte del territorio pianeggiante veneto, è quello degli Euganei, che erano prevalentemente cacciatori e praticavano il rito di seppellire i loro defunti in posizione rannicchiata. Una traccia della loro presenza sembra rimanere nel nome di alcune vallate che parrebbe derivare da vallis euganea:
la Valsugana da Bassano a Trento, e la Valugana fra le colline alle spalle di Isola Vicentina 1 ;
ma resti archeologici a loro appar tenenti sono stati rinvenuti numerosi anche nella zona di
Schio 2 .
Verso il XIII-XII secolo a.C. gli Euganei furono sopraffatti e risospinti verso i monti, dove però
sopravvissero fino a dopo l’epoca romana, e dalle loro postazioni impervie scendevano spesso a far bottino nella pianura, tanto che Roma dovrà più volte inviare delle legioni per tentar
di contenere le loro scorrerie.
Il nuovo popolo che si stanzia nella pianura, secondo le antichissime leggende, che però sembrano aver trovato anche un cer to riscontro storico, proviene dall’Asia Minore, dove avrebbe
partecipato come alleato alla difesa di Troia, e in seguito alla caduta della città avrebbe perduta la sua antica patria. Sono i Veneti, o, per distinguerli da noi, i Paleoveneti, cioè i Veneti
antichi. Essi abitavano in precedenza la Paflagonia, sulle sponde del Bosforo, e furono
costretti alla ricerca di una nuova più sicura destinazione.
Sbarcati nel golfo dell’Adriatico sotto la guida di Antenore, occuparono progressivamente
tutta la zona pianeggiante fra il Po, il Mincio ed il Garda da una par te e il Livenza dall’altra,
dando vita a vari centri urbani quali Padova, Este, Vicenza, ma anche a tanti più piccoli centri rurali quali Magrè, Santorso, Montecchio Precalcino, Novoledo, Angarano, ecc.
Il periodo più splendido della loro civiltà, influenzata indubbiamente da quella etrusca, retica
e illirica, va dal VII al IV secolo a.C., e i musei archeologici di Padova ed Este documentano
in modo sicuro la raf finatezza da essi raggiunta. Essi erano anche noti nell’antichità in tutto
–––––––––
1. Altri studiosi, però, ritengono che il nome derivi da “vallis lucana”, cioè “valle boscosa”.
2. Ne dà testimonianza G. Mantese in “Storia di Schio”, Cittadella, 1977, p. 39-46.
64
1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
Figura 33 Amigdale e punte di freccia in selce del Neolitico, rinvenute
a Novoledo
il bacino del Mediterraneo come allevatori di cavalli, che espor tavano dovunque, specialmente nella Magna Grecia.
Lo storico greco Erodoto attribuisce ai Veneti un particolare modo per maritare le figlie: il
padre le cedeva al miglior of ferente. Così le più belle avevano tanti pretendenti e venivano
subito sistemate; ma gli rimanevano le meno belle. Allora il padre stesso dava un compenso
a chi se le prendeva.
I Romani
Venuti a contatto con la civiltà romana, i Veneti non furono mai sottomessi da Roma, ma aderirono spontaneamente all’impero, assorbendo lentamente sempre più ampi elementi di quella cultura, pur senza mai perdere totalmente la propria identità di popolo autonomo.
Ottenuto il diritto latino nell’89 a.C. e la cittadinanza romana nel 49 a.C., i Veneti furono sempre fedeli alleati di Roma, a cui fornirono soldati specie nelle guerre puniche e soprattutto
contro Annibale, quando invece i Galli Cenomani, che abitavano oltre l’Adige ed erano fieri
avversari dei Veneti, si sono subito schierati a fianco del cartaginese.
A quell’epoca l’alto-vicentino, in parte già bonificato dalle precedenti paludi, delle quali però
rimarranno tracce fino a oltre il medioevo, presentava un’agricoltura assai fiorente, con la coltivazione, oltre che dei cereali, anche di alberi da frutto e da legname, dei quali ancora rimane traccia nella attuale toponomastica: Maladum=Malo (piantagione di meli),
Novelletum=Novoledo (piantagione di giovani viti), Roveredum=Roveredo, poi dal 1200
Villaverla (zona coltivata a roveri, querce). Salicetum=Sarcedo e Salcedo (zona dei salici),
Populetum=Poleo (zona di pioppi), Fagetum=Faedo (zona di faggi). Vi era notevolmente diffusa anche la pastorizia che sfruttava sia i prati di pianura, sia specialmente le vallate prealpine ricche di pascoli, fino ad Arsiero, Laghi e tutta la vallata dell’Astico.
Anche la lavorazione artigianale dell’argilla doveva avere un suo mercato abbastanza fiorente, vista la larga diffusione in tutto l’alto vicentino, da Novoledo a Carrè, a Santorso, dei laterizi con il bollo delle fornaci di Tito Dellio Sereno, di Ser vilia, e della famiglia di Quinto Curio,
attive fino ai primi secoli dell’era cristiana 3.
L’unitarietà del territorio altovicentino viene sottolineata e quasi uf ficializzata nella seconda
Storia
65
metà del primo secolo a.C. con l’istituzione di una grande centuriazione di iniziativa probabilmente augustea, quando tutto il nostro territorio viene solcato da strade spaziose e rettilinee
(cardi e decumani) e suddiviso in tanti lotti agricoli, dati in ricompensa agli ex soldati al termine del loro servizio militare.
L’ampia zona di pianura che, avendo come limite sud il tracciato che va da Dueville per
Caldogno e Favrega fino ad Ignago, e si spinge a nord fino alle falde delle colline lungo la linea
che da Chiuppano per Piovene rocchette e Santorso giunge a Schio, venne occupata da soldati romani e latini che presero possesso del suolo e fondarono numerosi vici, o piccoli villaggi agricoli, alcuni dei quali sembrano conservare il nome dei loro assegnatari, come
Thiene, da fundus Tillienae, cioè prorietà di Tillius 4 , e Marano, da fundus marianus, podere
di Marius 5 . Ma alcuni di questi, specialmente i due situati nelle posizioni più vitali e strategiche, quali Schio e Thiene, diventeranno nel corso dei secoli di sempre più consistente importanza ed i centri più rappresentativi di tutta la nosatra zona.
Questa centuriazione sarà collegata a sud e ad est con la via Postumia, la più importante
strada consolare dell’alta Italia, che andava da Aquileia a Genova passando anche per
Vicenza, ed era stata costruita dal console Spurio Postumio Albino nel 148 a. C.
Figura 34 Frammenti di embrici delle fornaci
di Tito Delio Sereno e di Quinto Curio, del I
secolo d.C., rinvenuti a Carrè e a Novoledo
–––––––––
3. Nel suo volume “Sulle Rive dell’Astico”, Chiuppano, 1958, Francesco Rando alle pagine 77-84 fa un elenco dei reperti romani rinvenuti nel nostro territorio. Noi sintetizziamo le sue affermazioni paese per paese: «Calvene: monete; Lugo:
lapide; Schio: monumento funebre a Caio Vario Prisco, sepolcreto romano con iscrizione, tegole romane; Magrè: idoletti di bronzo, monete; Santorso: monete repubblicane e dell’impero, statue in bronzo, anfore, macine, fondamenta di un
edificio, oggetti di uso comune; Valli: gruppi di monete; Tretto: monete del III secolo; Pievebelvicino: patena di bronzo
con il dio Priapo; Carrè: ceramiche, ossuari, monete; Monte Sumano: monete; Piovene: lapide funeraria di Papiria
Massima, monete repubblicane e imperiali; Breganze: monete; Molina: tombe del I e II secolo; Marano: tombe a cremazione; Malo: mosaico pavimentale di epoca imperiale; Isola Vicentina: due iscrizioni (di Marco Salonio e Quinto Clodio
Nigro)».
4. Vedi A. Benetti in Thiene: la Centuriazione, la Fratta. Verona, 1974. p. 15.
5. Questa centuriazione è stata studiata da A. Benetti nell’opera citata alla nota n.4, e nell’opuscolo La Parrocchia di
S. Giovanni Battista in Caldogno. 1972.
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
Le invasioni barbariche
Il periodo delle invasioni barbariche, penetrate in Italia quasi tutte da oriente seguendo il percorso della via Postumia, interesserà direttamente anche il nostro territorio, sul quale vediamo abbattersi Quadi, Marcomanni, Visigoti, Unni, Vandali, Alani, Eruli, Ostrogoti, tutti saccheggiando ripetutamente le nostre campagne e depredando i piccoli villaggi ma specialmente le prime chiese che lentamente erano sorte o andavano sorgendo nelle nostre borgate con il diffondersi del Cristianesimo, specialmente a partire dagli inizi del IV secolo d.C.
Figura 35 La centuriazione dell’Alto Vicentino
Fonte: Aldo Benetti, La parrocchia di S. Giovanni Battista in Caldogno.
Vicenza, 1972
Storia
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Sembra, anzi, che coincida con il momento delle invasioni barbariche il periodo della maggiore dif fusione della nuova fede nelle nostre zone; ed anche se si fa risalire ad epoche precedenti un primo impulso con la predicazione nell’alto-vicentino di San Prosdocimo, è dal IVV secolo che inizia una organizzazione religiosa vera e propria, con il sorgere delle prime pievi
pagensi, dislocate nei punti più significativi della precedente centuriazione, da SchioPievebelvicino, a Caltrano, a Marano e Thiene, a Favrega e Dueville: all’una o all’altra di queste saranno poi collegate tutte le altre cappelle che via via sorgeranno nel nostro territorio
nel corso dei secoli, e anche quelle dell’altipiano, che fino al secolo IX era inserito nella organizzarione religiosa che faceva capo a Vicenza.
Longobardi e Franchi
Il 568 d.C. segna un altro momento cruciale nella nostra storia, per l’arrivo in Italia dei
Longobardi guidati dal loro re Alboino: per circa duecento anni essi faranno da padroni incontrastati, insediandosi a piccoli gruppi nei punti più strategici specie delle precedenti vie di
comunicazione, in modo da poter controllare tutto il territorio. Abbiamo così delle fare, cioè
degli insediamenti militari, a Dueville, Caldogno, Schio, Thiene, Fara Vicentino (che sembra
da questo derivare il suo nome), ma tracce della loro presenza si trovano anche a Malo ed in
vari altri centri rurali.
Distrutta o asservita la precedente aristocrazia locale, tutti i poteri vennero allora esercitati
dal duca (32 in tutta Italia e uno anche a Vicenza) che in pratica era un piccolo re nel suo
ducato; ed il duca di Vicenza ebbe anche una speciale giurisdizione su alcuni castelli dell’alto-vicentino, fra cui in particolare quello di Schio, punto nevralgico e di controllo della strada
che per il Pasubio immetteva nelle valli trentine.
Essi, non cattolici ma ariani, si costruiranno dei loro separati luoghi di culto, dedicati per lo
più a S. Giorgio, a S. Mar tino, o all’arcangelo S. Michele, santi generalmente raf figurati in
vesti guerriere, e domineranno sulla popolazione precedente ridotta allo stato di servi della
gleba, richiedendo la consegna di un terzo dei prodotti agricoli per proprio sostentamento,
mentre essi si dedicavano esclusivamente all’ar te della guerra e alle imprese militari. La loro
conversione al cattolicesimo con la regina Teodolinda avvicinerà un po’ i modi di vita dei due
popoli, riducendo la distanza che prima separava i vincitori dai vinti.
Bisogna sottolineare che per quest’epoca e per tutto il lungo periodo antecedente al secolo
XII mancano per il nostro territorio documenti scritti di qualsiasi specie e possediamo solo
qualche reper to archeologico, per cui siamo costretti a ricostruire le vicende che si sono svolte nell’alto-vicentino in quel periodo solamente per analogia con quanto avveniva in località
più prestigiose e più ricche di documentazione storica.
La sconfitta dei Longobardi da parte dei Franchi nel 774 non farà altro che far mutar padrone alla nostra gente, anche se nel periodo di pace garantito nel primo periodo dell’impero
carolingio, notiamo un certo rifiorir e di attività economiche e commerciali e una ripresa delle
arti e della cultura. Al posto del duca allora subentrò il conte di investitura imperiale, in pratica con gli stessi poteri; ed il contado di Vicenza sembra sia stato fin dagli inizi affidato ai
Maltraversi, una famiglia di origine longobarda passata poi dalla parte dei vincitori.
I Benedettini
Va sottolineato che è in questo periodo, e più in generale in tutto il secolo VIII e successivi,
che vediamo diffondersi e fiorire anche da noi l’attività dei monaci benedettini che, ligi all’in-
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
segnamento dell’Ora et Labora impartito dal santo fondatore, si dedicarono ad una vasta
opera di bonifica e di riqualificazione agraria del territorio, e sembra sia specialmente frutto
della loro attività la cosidettà “rinascita carolingia” che ha caratterizzato la storia europea tra
l’VIII e il IX secolo.
Essi fondarono nell’alto-vicentino alcuni xenodochi, od ospizi per i pellegrini, che possono considerarsi come i precursori dei nostri attuali ospedali.
Di questi ne troviamo almeno due: il primo a Santorso, lungo quella antichissima strada detta
“pista dei Veneti” che collegava fin dall’epoca preromana il territorio veronese con quello trevigiano, correndo alle falde delle colline, da Montebello a Montecchio Maggiore, Sovizzo,
Creazzo, Costabissara, Isola, Malo, fino a Schio, dove girava per Caltrano, Fara Vicentino,
Breganze, Marostica, proseguendo poi oltre Bassano fino al Piave.
L’altro, la cui erezione viene attribuita a S. Anselmo, duca longobardo del Friuli, fondatore
anche del più noto monastero di Nonantola, costruito verso il 750 a Favrega, al bivio fra le
attuali strade 349 per Thiene e 46 per Schio, al limite sud dell’antica centuriazione romana.
Ma la presenza dei benedettini si dimostrò molto più estesa nel nostro territorio, tanto che il
Mantese, dopo aver parlato della loro presenza nel basso vicentino, afferma che di essi “una
seconda colonna, seguendo la pedemontana che dai pressi di S. Felice metteva a Schio,
colonizzava la parte montuosa di Costabissara, Castelnuovo, Malo, S. Vito di Leguzzano,
Magrè, Pievebelvicino, Torre, Santorso.
Risaliva quindi la vallata dell’Astico, dove il privilegio di Rodolfo ricorda beni benedettini nelle
località di Cogollo, Mosson, Arsiero. Continuando poi sulla via pedemontana per Chiuppano,
Caltrano, Breganze, Mason, Marostica fino ad Angarano” 6 . Un decreto, poi, del vescovo di
Vicenza Rodolfo nel 983 riconosceva a loro il possesso di tutte le zone da essi bonificate e
degli edifici in esse realizzati.
Berengario
Le lotte per il potere fra gli ultimi discendenti di Carlo Magno ripor tarono il caos nella nostra
zona, e a queste lotte si aggiunsero le scorrerie degli Ungari che, prima di insediarsi stabilmente nella pianura magiara, per oltre un secolo devastarono l’Italia settentrionale e anche
tutto l’alto-vicentino. Il re Berengario, sconfitto da loro nel settembre dell’899 presso il Brenta
fra Nove e Cartigliano, incapace di difendere la nostra r egione, si affidò allora all’autorità
locale di maggior prestigio, e concesse ai vescovi di costruire dei castelli a difesa delle chiese e dei punti più strategici del nostro territorio. Per questo il re donò al vescovo di Vicenza
la giurisdizione sulle terre al di qua dell’Astico, e a quello di Padova la zona di Thiene, l’altipiano e le terre tra l’Astico ed il Brenta.
I castelli di costruzione vescovile dovevano difendere il territorio dalle incursioni degli Ungari,
detti pagani, ma anche dai soprusi malorum Christianorum, cioè dei cattivi cristiani, gli sfruttatori e gli usurpatori spesso identificati con con l’aristocrazia locale, le varie famiglie di conti
che un po’ alla volta si erano imposti in ogni singolo paese, esercitandovi ogni potere e strapotere, impegnati più nei propri interessi che nella difesa delle popolazioni deboli ed inermi.
Così troviamo i Capra a Carrè, i Muzan a Malo, i Vivaresi a Montecchio Precalcino, i da
Marano a Marano, ma anche i Breganze, i Velo, i Piovene, i da Malo, i da San Vito, i
Chiuppano, i Caltrano, i Cogollo, i da Lugo, i Sant’Orso, i Grumolo, i Calvene, e poi i da Schio
e i Thiene, e tante altre famiglie di conti che traevano il cognome dal paese in cui esercita–––––––––
6. G. Mantese. Memorie Storiche della Chiesa Vicentina. Vicenza, 1952. p. 154-155.
Storia
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vano la loro autorità 7 .
Ricevendo queste donazioni i vescovi entreranno decisamente nella vita civile delle borgate a
loro affidate, e creeranno una nuova aristocrazia di feudatari di nomina vescovile, talvolta contrapposti ai feudatari imperiali.
Quali fossero i mali Christiani lo possiamo ricavare anche da un fatto accaduto nell’alto-vicentino nel 1196: il conte di Vicenza Uguccione si era impadronito di un ricco commerciante
genovese che si era recato in pellegrinaggio a S. Marco a Venezia, e lo aveva portato nel suo
castello di Meda, chiedendo un riscatto per allora ingentissimo di sedicimila libbre. Alcuni
cavalieri vicentini cercarono di riparare all’ingiustizia e presero d’assalto il castello, ma il
conte resistette strenuamente, tanto che gli assalitori furono costretti a rinunciare all’impresa. Il malcapitato commerciante ottenne la liberazione solo dopo aver pagato il riscatto 8 .
Così, per la difesa contro i nemici esterni e contro gli usurpatori, nel territorio alto-vicentino
vediamo sorgere una serie di castelli su cui il vescovo esercita una vera e propria signoria: a
Malo, Magrè, Pievebelvicino, Arsiero, Velo, Sarcedo, Montecchio Precalcino, Novoledo, mentre altri luoghi fortificati come Schio, Santorso e Meda continueranno ad appartenere ai conti
di Vicenza.
Dopo il mille
Gli anni che seguirono il mille furono molto travagliati sia per le lotte ad alto livello fra i pretendenti al soglio imperiale, sia nel campo locale per le contese fra i vari signorotti per il possesso dei vari castelli e la giurisdizione sui rispettivi territori. La lotta per le investiture non
fece che acuire anche queste contese locali, dove si crearono due fazioni: quella filoimperiale capeggiata dai Maltraversi, conti di Vicenza, e quella vescovile, capeggiata dai Vivaresi.
Le cronache vicentine dell’epoca sono infarcite di usurpazioni, assassini, vendette, attentati,
rivalità fra famiglie e fazioni, nel corso delle quali caddero vittime anche due vescovi di
Vicenza: il beato Cacciafronte nel 1184 e il vescovo Pistore nel 1202.
E mentre tutto il nostro territorio veniva sconvolto da queste lotte, si vanno verificando anche
altri due fatti di notevole importanza, destinati a segnare il corso degli avvenimenti successivi, e cioè la nascita delle prime organizzazioni comunali, impostesi prima nelle città, ma non
molto dopo anche nei centri minori, e ben presto la lotta dei comuni italiani contro l’impero
per veder riconosciuta la propria autonomia. Questi fatti coprono la seconda metà del secolo XII, quando vediamo che, ad esempio Thiene, già gode di una sua autonomia amministrativa nel 1166, Carrè poco dopo, prima ancora che Federico Barbarossa, sconfitto appunto dai
comuni nel 1176 a Legnano, riconoscesse all’Italia con la pace di Costanza del 1183 la legittimità delle istituzioni comunali.
Ma poco dopo, all’inizio del XIII secolo, anche Schio gode di alcune sue prerogative, a scapito del potere dei conti di Vicenza, che però vi eserciteranno ancora un certa loro autorità,
restii a perdere i loro privilegi a favore di un potere più democratico.
Per questo nelle lotte tra Comuni ed impero molti feudatari si schierarono dalla parte dell’imperatore e tentarono di ostacolare l’imporsi delle autonomie comunali. Comunque nel
1262 già alcune delle nostre borgate figurano nell’elenco dei comuni riconosciuti con propri
amministratori. Ma così fra i vari protagonisti delle rivalità e delle contese del XIII e XIV seco–––––––––
7. Un elenco particolareggiato delle famiglie aristocratiche del nostro territorio dei secoli XII e XIII si ha in Battista
Paglierino. Croniche di Vicenza. Vicenza, 1663.
8. Vedi G. Mantese. Storia di Schio. p. 187-188.
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
lo si vanno inserendo anche questi nuovi contendenti, desiderosi di far rispettare le proprie
prerogative.
Gli Ezzelini
In questo periodo le vicende dell’alto-vicentino sono il riflesso di quanto avviene in Vicenza,
dove le fazioni dei Vivaresi e dei conti Maltraversi, ossia dei guelfi e dei ghibellini, ebbero un
violento risveglio agli inizi del XIII secolo. Questa situazione favorì l’inserimento fra i contendenti di Ezzelino II da Romano, detto il Monaco, figlio di Ezzelino I il Balbo, che nel 1210,
riuscì a farsi consegnare il governo della città.
Ritiratosi lui qualche anno dopo nel convento di Oliero, suo figlio Ezzelino III riuscì a farsi eleggere podestà di Verona, e nel 1227 suo fratello Alberico veniva nominato podestà di Vicenza.
Decisamente filoimperiali, i Da Romano si accordarono con l’imperatore Federico II e ne favororono e prepararono la discesa in Italia nel 1236. Vicenza cercò di opporsi all’ingresso dell’imperatore, ma venne occupata e data alle fiamme.
Si riunì allora una seconda lega dei Comuni, che però venne sconfitta nel 1237 a Cortenuova,
lasciando le città dell’Italia settentrionale nelle mani di Federico II. Ezzelino III venne nominato vicario imperiale per la marca trevigiana, che comprendeva da Verona a Vicenza, Treviso,
Feltre e Belluno, e da allora spadroneggiò con ogni violenza per oltre vent’anni. In questo
periodo non c’è stata borgata in cui il tiranno non si sia impadronito di qualcosa, ottenendo
nel 1240 anche i castelli di Schio e Santorso, oltre a molti altri confiscati al Vescovo o ai
signorotti locali. Depredando quanto potè, si impadronì dei beni dei comuni, dei monasteri,
delle famiglie ricche, e umiliò gli aristocratici sia guelfi che ghibellini, sempre avvalendosi dell’appoggio dell’imperatore.
Dominazione padovana
Tante malefatte, dopo la mor te di Federico II suscitarono contro Ezzelino una coalizione che
lo sconfisse nel 1259 e liberò la regione dalla tirannia. Ma se la mor te del tiranno segnò un
momento di liberazione, favorì anche la ripresa delle contese fra guelfi e ghibellini, anche per
il recupero dei beni confiscati, e le ostilità degli aristocratici contro il comune. Allora, nel timore che qualche potente avventuriero si impadronisse ancora del potere, la città di Vicenza
decise di affidarsi alla “custodia” di Padova perché salvasse e proteggesse la libertà; ma fu
un’amara esperienza che in realtà si trasformò in una vera e propria dominazione.
Quanti vennero a ragione o a torto sospettati di essere ostili al dominio padovano, se non
furono banditi vennero messi a mor te, come Beroardo, signore di Schio e di Santorso, arrestato nel 1290, portato a Padova, e fatto morire sotto le tor ture. Due anni dopo tutti i beni
che la sua famiglia possedeva a Tretto, Tonezza, Enna, Leguzzano, Cogollo, Montecchio
Precalcino, Thiene, Sarcedo, Bodo e altrove vennero alienati, cioè in pratica confiscati da
par te di Padova 9 .
Verso la fine del 1292 Giordano da Sarego tentò di vendicare la morte di Beroardo ordendo
una congiura per liberare Vicenza da Padova; ma fu scoper ta e lui con i suoi seguaci fu catturato e decapitato assieme a loro a Vicenza.
Un’altra congiura fu organizzata poco dopo, guidata da Marcabruno da Vivaro con Guido
Bissari e Salomone da Marano, tutti feudatari vescovili. Assieme ad essi si unirono molti altri
–––––––––
9. G. Mantese, ibidem, p. 249.
Storia
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fuorusciti e, uniti, presero contatti con il nuovo re di Germania Enrico VII di Lussemburgo: col
suo appoggio posero le basi per liberare Vicenza dai padovani. Nel 1310 Enrico VII veniva
incoronato imperatore a Milano, e il nuovo sovrano creava suo Vicario Cangrande della Scala,
assieme ai Da Camino di Treviso. L’anno dopo il capo dei fuorusciti vicentini, Sigonfredo
Ganzerra, si incontrava a Milano con l’imperatore e Cangrande e concordavano i piani per la
liberazione della città. Il 15 aprile 1311 Cangrande attaccava con molte truppe, mentre una
sollevazione popolare apriva le por te della città agli imperiali.
I vicentini credettero di aver così recuperata la liber tà, ma nel 1312 Cangrande ottenne la
nomina di vicario imperiale anche per Vicenza; e da qui inizia un nuovo periodo di asservimento ad una signoria estranea anche per la nostra città e tutta la provincia.
Gli Scaligeri
Gli Scaligeri riescono a formarsi un vasto dominio che andava dal Mincio a Verona e Vicenza,
fino Feltre, Belluno e per un certo periodo comprendeva anche Padova, Parma e Lucca; e nel
nostro territorio oltre a costr uire dei grandiosi castelli sia per la difesa dei luoghi che come
dimostrazione della loro potenza, come Marostica, Soave, Sirmione, completeranno la riorganizzazione amministrativa delle province sotto il loro controllo, limitando i poteri dei precedenti feudatari e consolidando invece l’ordinamento dei vicariati. Tale ordinamento sarà
lasciato intatto anche dalla Repubblica di Venezia e rimarrà in vigore fino al periodo napoleonico.
Scrive il Mantese che agli inizi del secolo XV “C’erano due importanti podesterie: Lonigo e
Marostica, alla quali la Signoria veneziana destinava due patrizi, membri del Maggior
Consiglio, col titolo di Podestà. Anche Bassano era soggetta ad un Podestà-Capitano eletto
dal Maggior Consiglio di Venezia. Il rimanente territorio si trovava organizzato intorno a 15
vicariati. Di questi, quattro erano erano detti minori (Alonte, Bagnolo, Costafabbrica e
Dueville), rispettivamente soggetti alla giurisdizione dei nobili Traversi, Pisani, Bissari e
Monza. Gli altri undici erano chiamati maggiori: Arzignano, Barbarano, Brendola, Camisano,
Malo, Montebello, Montecchio Maggiore, Orgiano, Schio, Thiene e Valdagno” 10 .
A noi interessano in modo par ticolare i vicariati di Schio e di Thiene, che in pratica corrispondono al territorio dell’attuale U.L.SS. n.4, perché del vicariato di Malo, solo Monte di
Malo e Santomio, oggi frazione di Malo, rientrano nel nostro ambito, mentre le altre “ville”,
cioè Castelnovo, Ignago, Isola di Malo, Pietrabuona, e Torreselle appartengono ad un altro
distretto sanitario 11 .
Il vicariato di Thiene, oltre naturalmente alla città, comprendeva anche quelli che allora erano
i comuni di: Caldogno, Calvene, Carrè, Centrale, Chiuppano, Cresole, Grumolo Pedemonte,
Lugo, Montecchio Precalcino, Motta, Novoledo, Santorso, Rettorgole, Sarcedo, Tretto,
Villaverla, Vivaro, Zanè, Zugliano.
Il Vicariato di Schio era formato da: Arsiero, Caltrano, Cogollo con Mosson e Follon, Enna,
Forni, Fusine, Laghi e Cavallara, Lastebasse, Magré, Marano, Molina, Monte Magré,
Pievebelvicino, Piovene, Posina, Tonezza, Torrebelvicino, Tresché-Conca, Valle de’ Signori,
Valle de’ Conti, Velo con Meda, S. Vito di Leguzzano.
I vicari, che esercitavano soprattutto il potere giudiziario, non è stasto ancora chiarito se ori–––––––––
10. G. Mantese, ibidem, p. 269.
11. Il Maccà, nella sua Storia del Territorio Vicentino redatta nei primi anni del 1800, segue la divisione dei vicariati,
dedicando al vicario di Malo il tomo VII, al vicario di Schio il tomo XI e al vicario di Thiene il tomo XII.
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
ginariamente venissero nominati dalla città di Vicenza o dagli Scaligeri, ma si sa che sotto la
Repubblica di Venezia erano nominati dalla città.
I Padovani, cacciati da Vicenza, proclamarono apertamente di voler riconquistare la città; e
anche molti di coloro che inizialmente avevano tramato contro di essi, delusi dell’andamento
delle cose, si voltarono dalla loro parte, tanto che si formò presto un folto gr uppo antiscaligero di nobili, tutti di par te guelfa, che ordì una congiura. Scoper ta, procurò l’impiccagione di
molti congiurati, fra cui Benincasa da Marano, mentre molti altri par tirono per l’esilio ed ebbero i beni confiscati.
Nel 1312 i Padovani invasero e distrussero sia il basso che l’alto vicentino, giungendo a saccheggiare Bassano, Marostica e Schio con tutti i centri limitrofi, mentre Cangrande per rappresaglia distruggeva alcune borgate del padovano. L’anno dopo saccheggiarono nuovamente il vicentino e il veronese con enormi distr uzioni, tanto che la maggior parte dei vicentini
cominciò ad avversarli decisamente e parteggiare per Cangrande. Nel 1314 giunsero a devastare la stessa Vicenza, ma, sorpresi da Cangrande, furono battuti e si piegarono a sottoscrivere la pace.
Ma nel 1317 altri scontenti vicentini tramarono contro Cangrande con l’appoggio di Padova
che assalì Vicenza. Allora Cangrande, informato, ne fece strage, e solo qualche anno dopo si
giunse ad una nuova pace che imponeva su Padova il dominio della famiglia dei Carraresi,
amica di Cangrande.
Alla morte di lui, il successore Mastino II dimostrò mire espansionistiche troppo minacciose,
che giunsero a molestare anche Venezia e Firenze, tanto che nel 1336 scoppiò una guerra
antiscaligera veneto-fiorentina, terminata nel 1339 con la sconfitta scaligera e la riduzione
della signoria alle sole città di Verona e Vicenza.
Alla morte di Mastino II successe Cangrande II, che si impegnò per anni in alleanze e guerre
con signorie e sovrani, le quali andarono sempre più indebolendo il prestigio e la potenza
della famiglia; e gli ultimi anni della signoria sono segnati anche da delitti e congiure all’interno dello stesso casato per assumere il potere, e questo non fece che accelerare il declino della loro potenza, fino a quando nel 1387 l’ultimo erede degli Scaligeri, Antonio della
Scala, venne sconfitto dall’alleanza dei Visconti di Milano con i Carraresi di Padova; e questo
segnò il passaggio di Vicenza alla signoria milanese, anche con il consenso dei vicentini che
temevano di dover ritornare sotto il dominio padovano.
I Visconti
Ma le mire dei Carraresi erano di impadronirsi di Vicenza, che i Visconti invece volevano per
sé, e quindi sorsero ben presto delle contese fra i due vincitori, concluse nel 1388 con la
sconfitta carrarese e l’annessione al ducato di Milano anche di Padova, Belluno, Feltre e
Bassano.
I Visconti cercheranno di imporre nei vari castelli dei nobili a loro fedeli, nominando, ad esempio, Giorgio Cavalli conte di Schio e Santorso e concedendogli anche il feudo di Torrebelvicino
e Pievebelvicino, in modo da controllare bene tutto il territorio.
Lo scoppio, però, di una guerra fra lo stesso Giangaleazzo, troppo avido di ingrandire i propri
possessi, e Firenze e Bologna collegate, permise due anni dopo ai Carraresi, con l’appoggio
di Venezia che temeva per le mire troppo espansionistiche dei Visconti, di riavere la signoria
di Padova.
La guerra portò alla conquista di Bologna da parte di Giangaleazzo nel 1402; ma quando il 3
settembre dello stesso anno egli morì lasciandio due figli troppo giovani per continuare la sua
Storia
73
opera, tutta la sua vasta signoria si sfaldò rapidamente. I Cararresi di Padova rivendicavano
il possesso di Vicenza e delle altre terre tolte loro, e nel frattempo occuparono Verona. Ma a
questo eccessivo aumento del loro potere si opponeva ora Venezia, che temeva si instaurasse una signoria troppo minacciosa a ridosso del suo ancor piccolo territorio.
Poco dopo i Carraresi attaccarono anche Vicenza; e la città, dopo aver sperato invano di ricevere rinforzi dalla duchessa Caterina Visconti, vedova di Giangaleazzo e reggente per i figli,
alla quale i vicentini volevano restare fedeli, pur di non cadere in mano carrarese, il 28 aprile 1404, decideva di cedersi con il proprio territorio a Venezia.
La Repubblica di Venezia
Non è rigorosamente esatto af fermare che Vicenza si sia ceduta a Venezia del tutto spontaneamente, senza nessuna pressione da parte di quest’ultima, ma dobbiamo dire che per
tutto il periodo del suo dominio il nostro territorio godette, a parte i periodi di guerra, di un
certo buon governo e prosperità, e per questo in linea di massima Vicenza col suo territorio
è sempre stata fedele al leone di S. Marco.
Nel 1406 ottenne di poter continuare a governarsi come in passato secondo i propri statuti,
con l’unica differenza che il rettore doveva essere nominato da Venezia. I contributi speciali
che la Serenissima imponeva non erano sempre leggeri, e spesso le guerre si svolgevano
ancora in territorio vicentino, ma la città riuscirà sempre a sollevarsi e contrastare con ogni
mezzo i vari tentativi degli Scaligeri, dei Carraresi o di Milano di riaverla in possesso. Uno dei
Carraresi, anzi, che aveva congiurato contro Venezia, scoper to, fuggì verso Trento per la valle
dell’Astico, ma fu catturato nel 1435 nelle vicinanze di S. Pietro Valdastico da Nicolò Cerato
di Forni, portato a Vicenza e poi a Venezia, dove fu decapitato.
La notizia della caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi (29 marzo 1453) preoccupò
seriamente Venezia, e da questo momento le guerre contro di essi si faranno sempre più frequenti. Così nel 1463, con l’appoggio del papa Pio II, che invano invitava ad intervenirvi
anche i vari principi cattolici d’Europa, cominciò il primo scontro con essi, e Vicenza vi contribuì, oltre che con molti soldati reclutati in tutto il territorio, come farà in tutte le guerre successive, anche con la somma di 20 mila ducati. Purtroppo Venezia nel 1470 fu battuta nell’isola di Negroponte, e nel 1479 si vide costretta a concludere la pace. Vent’anni dopo la
guerra si riaccese, ma Venezia fu ancora battuta e i Turchi per dieci giorni invasero il Friuli
seminandovi il terrore.
Nel 1487 era poi scoppiata una guerra fra Venezia e il duca d’Austria, che era sceso per occupare la parte del Vicentino confinante con il Trentino. Gli scontri più violenti si verificarono nei
dintorni di Rovereto, dove i vicentini combatterono con tale accanimento da meritarsi un pubblico elogio da par te del doge. In modo particolare si distinsero i Thienesi, che come ricompensa del loro valore ottennero il privilegio del mercato dal doge Agostino Barbaro, con ducale 6 ottobre 1492.
In quel periodo Venezia si era appropriata di alcune città dello Stato Pontificio, ed il papa
Giulio II, dopo averne richiesta invano la restituzione, nel 1508 organizzò una lega contro di
lei, alla quale aderirono anche gli Spagnoli, i Francesi e l’imperatore di Germania. In quella
circostanza un fuoruscito vicentino bandito per omicidio, Leonardo Trissino, scendendo per
Rovereto, Schio e Malo, riuscì nel 1509 a conquistare Vicenza a nome dell’imperatore
Massimiliano I, il quale in persona vi giunse il 17 ottobre con grande sfarzo, e il 19 entrava
in Verona, rioccupando così gran parte del territorio veneziano, secoli prima soggetto all’impero.
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
Nello stesso tempo il 14 maggio 1509 i Francesi batterono i veneziani ad Agnadello ed occuparono Peschiera e tutta la zona lombarda. Però alla fine dello stesso anno i Veneziani rioccuparono Vicenza e il suo territorio e, avendo restituito al Papa i suoi possessi, lo distolsero
dalla lega. Allora solo il re di Francia continuava la guerra, alleato del duca di Ferrara. Il 26
maggio 1510 i Francesi conquistarono Vicenza, saccheggiando tutta la pianura attorno, ma il
31 agosto i Veneziani rioccuparono la città e ben presto anche tutto il resto dei loro antichi
possessi.
Nel 1511 il papa aveva mutato la sua politica ed aveva dato vita alla cosiddetta “lega santa”
per una guerra con Spagna e Venezia contro la Francia. Subito dopo, però, stringeva alleanza anche con Massimiliano I che ancora pretendeva il possesso di Vicenza e Verona. Allora
Venezia sarà costretta, per opporsi all’imperatore, ad avvicinarsi alla Francia, e per tanto in
quegli anni tutto il Veneto fu invaso dalle truppe tedesche e spagnole, che ancora una volta
devasteranno quanto non avevano distrutto gli altri.
Il 4 ottobre di quell’anno i soldati spagnoli, guidati dal generale Raimondo Cardona fecero
delle scorribande per l’alto-vicentino e, unitisi a gruppi di tedeschi, si fermarono poi a
Villaverla, dove incendiarono il paese, dopo aver depredato tutto il vino ai contadini, spargendo per terra quello che non potevano por tare con sé. Avviatisi poi verso Vicenza, furono
improvvisamente assaliti dal comandante veneziano Giovanni Paolo Manfrone, che li sconfisse e recuperò la preda. Ma tre giorni dopo il grosso delle truppe veneziane, comandate da
Bartolomeo D’Alviano, fu duramente battuto dagli Spagnoli in territorio di Motta di
Costabissara.
Con l’avvento sul trono di Francia di Francesco I (1515) le sorti della guerra cambiarono, e
tre anni dopo veniva conclusa la pace, in base alla quale l’imperatore rinunciava a Vicenza e
Verona, mentre Venezia gli pagava una indennità di 100 mila ducati. Nel 1523 poi, salito nel
frattempo sul trono di Germania Carlo V, veniva firmata una pace perpetua fra l’imperatore e
Venezia, e quando nel 1532 Carlo V si recherà a Bologna per la incoronazione da par te del
papa, scendendo per la Valsugana, si dirigerà a Vicenza passando per Montecchio Precalcino,
Novoledo e Caldogno. Con tutto il suo seguito.
Però per Venezia rimaneva il pericolo turco, e nel 1537 essa si accordava con il papa per una
lega contro i Turchi, alla quale aderiranno nel ’38 anche l’imperatore e poi il re di Francia.
Vicenza e il suo territorio vi contribuirono con 15 mila ducati e con vari repar ti militari. Ma
anche questa volta, a causa delle diffidenze reciproche tra Francesco I e Carlo V, Venezia,
che doveva sopportare il peso maggiore della guerra, rimarrà gravemente sconfitta, e nel
1540 sarà costretta a firmare la pace.
Un periodo di relativa tranquillità il territorio vicentino lo poté godere dopo la pace di CateauCambresis (1559), e si può dire che sino alla fine del 1700 i suoi centri rurali non saranno
più devastati, pur dovendo ancora spesso i Vicentini inter venire in armi a fianco dei Veneziani,
sempre contro i loro tradizionali nemici, i Turchi, sempre più invadenti nel Mediterraneo,
anche se dopo la scoper ta dell’America questo mare resterà tagliato fuori dalle grandi linee
di traffico mondiale.
Nel 1570 i Turchi richiederanno a Venezia la consegna di Cipro e, dato il rifiuto, si scatenerà
la guerra nell’isola con orribili stragi, nelle quali furono massacrati anche numerosi soldati
vicentini. Ma i Veneziani non si arresero e riuscirono ad organizzare, con l’appoggio del papa,
una lega anche con Francia, Spagna e impero, la quale porterà le navi veneziane alla vittoria
di Lepanto il 7 ottobre 1571: sarà questo, però, l’ultimo segno ef fettivo di vitalità che Venezia
riuscirà a dare, perché da quell’anno in poi la repubblica di S. Marco si avvierà politicamente ad una lenta ma inesorabile agonia.
Storia
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In tutte queste vicende il territorio alto-vicentino non venne più direttamente coinvolto, ma fu
ugualmente interessato, perché Venezia vi attingeva soldati e finanziamenti per le proprie
imprese militari. Si può dire che Venezia lasciò la più larga autonomia amministrativa ai nostri
piccoli centri, che potevano darsi dei propri statuti, ognuno differente dai paesi contigui, scegliersi il numero di amministratori che ciascuno preferiva, organizzare i propri servizi tributari, i propri estimi e la propria vita comunitaria. L’impor tante era che venissero pagate regolarmente le tasse richieste, che non sempre erano lievi, specie in concomitanza delle campagne militari.
Così vediamo che in ogni parrocchia, che di solito corrispondeva anche al comune, abitualmente dopo la messa della domenica mattina, al suono della campana si raduna la “convicinia”, ossia l’assemblea di tutti i capifamiglia, sia per eleggere annualmente gli amministratori, sia per deliberare sulle questioni che di volta in volta il decano o i consiglieri ritenevano oppor tuno sottoporre alla valutazione popolare. Al termine della discussione ogni votante aveva a disposizione una pallina: se la metteva nel bussolotto bianco approvava la proposta, se in quello rosso la disapprovava. Alla fine un notaio (non esisteva la figura del segretario comunale) contava le palline e proclamava il risultato della votazione. Era questa la
forma di partecipazione politica abituale che si riscontra in tutti i nostri paesi.
Dalla seconda metà del 1400 tutte le parrocchie di tanto in tanto venivano visitate dal vescovo, di Padova o di Vicenza a seconda della diocesi di appartenenza, il quale abitualmente
incontrava anche gli amministratori, perché in base alle leggi venete, in tutte le opere di culto
e nella costruzione e manutenzione di chiese e canoniche, un terzo della spesa spettava alla
parrocchia e due terzi al comune.
Le convicinie potevano radunarsi per i più vari motivi, come a Valli il 20 gennaio 1527 per la
scelta di un sacerdote, a Torrebelvicino nel 1458 per discutere sul diritto di pascolo, a Santa
Caterina di Tretto il 20 settembre 1611 per chiedere al vescovo un sacerdote stabile, a
Santorso il 17 aprile 1491 per approvare gli statuti comunali, a Malo il 15 agosto 1541 per
nominare un maestro che istr uisse i fanciulli, a Carrè il 20 marzo 1524 per deliberare la
costruzione di una chiesa in onore della Vergine e dei santi Fabiano, Sebastiano e Rocco, a
Chiuppano il 17 gennaio 1580 “per saper de si die continuar la fabrica scomenzada per far
una giesia”, a Marano il 2 giugno 1549 per decidere di comperare 200 staia di grano e fava
da dispensare ai contadini che erano stati colpiti dalla grandine, a Tonezza il 16 aprile 1551
per nominare un sacerdote che non si allontanasse mai dalla parrocchia, come invece capitava per mesi al predecessore. Ma in ogni comune le occasioni per radunare una convicinia
si presentavano per lo meno una volta al mese.
Da Napoleone al Regno d’Italia
Con l’invasione francese del Veneto nel 1797, anche i nostri paesi risentono, seppure di
riflesso, dell’ondata giacobina esplosa dalla Francia.
Da quel momento, infatti, gli atti notarili che si trovano conser vati anche presso i nostri archivi parrocchiali, non iniziano più con la consueta formula incontrata per secoli: “In Nomine
Christi amen. Anno ab ipsius nativitate …” oppure in italiano con le parole; “Nel nome di
Cristo, Amen. Nell’anno dalla sua natività …” ; ma, tanto per citare un esempio; “Nell’anno
1797, V della Repubblica francese, I della lombarda. Il cittadino Pietro q. Antonio Cristoforo
vende ai cittadini Gerolamo e Gaetano Altissimo fratelli …” lasciando intuire facilmente con
quale spirito innovatore le truppe francesi abbiano percorso a varie riprese tutta l’Europa.
Pur troppo da quell’anno, per un’altra quindicina ancora, tutte le nostre terre subiranno un
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
rapido alternarsi di invasioni e di eserciti stranieri, collegati con le avventurose vicende napoleoniche; e anche i nostri contadini saranno spesso non solo tassati, e pesantemente, ma
anche chiamati in armi per seguire le dispendiose campagne francesi nei più lontani paesi
d’Europa.
Nel gennaio del 1798 arriveranno a Vicenza gli Austriaci, nel 1800, dopo la battaglia di
Marengo, i Francesi, nel 1801 ancora gli Austriaci, nel 1805 per la terza volta i Francesi, nel
1814 definitivamente gli Austriaci, senza contare i Russi, che quasi ogni volta si associarono a questi nelle varie campagne antinapoleoniche.
Sotto il governo francese la nostra regione, che di nome apparteneva ad un fantomatico
Regno d’Italia di cui era re prima lo stesso Napoleone e poi suo figlio di pochi mesi, venne
suddivisa in vari dipar timenti di modello francese, e quello a cui apparteneva gran par te della
provincia di Vicenza venne denominato “Dipartimento del Bacchiglione”.
Con la definitiva assegnazione dell’antica Repubblica di Venezia al Regno Lombardo-Veneto,
l’Austria si premurò di ristrutturare le amministrazioni locali, modificando notevolmente i confini della nostra provincia, che risulterà alquanto rimpicciolita, e abolendovi nel 1816 oltre
150 comuni con pochi abitanti, i quali furono aggregati come frazioni ai maggiori che si trovavano nelle vicinanze. Così Novoledo venne unito a Villaverla, Grumolo e Centrale a Zugliano,
Tretto a Schio, Enna a Torrebelvicino, Forni a Valdastico, Fusine a Posina.
Dopo il Congresso di Vienna cominciò lentamente a serpeggiare anche nelle nostre contrade
lo spirito di unità nazionale; ed è verosimile che nel 1848, quando Vicenza insorse contro gli
Austriaci, anche dalle campagne e dalle borgate della provincia sia accorsa della popolazione a darle manforte. Nonostante, però, l’eroica lotta che le procurò la medaglia d’oro, essa
dovette soccombere e rimanere ancora unita all’Austria fino al 1866 quando, con la terza
guerra d’indipendenza, assieme a tutto il Veneto verrà unita all’Italia.
Nel XX secolo
Particolarmente difficili furono gli anni della prima guerra mondiale in quanto, trovandosi tutto
l’alto-vicentino nelle immediate retrovie del fronte che giunse fino ad Asiago, molti paesei specie della vallata dell’Astico dovettero sfollare, e la popolazione trovò rifugio presso altr e comunità della provincia. Sappiamo, ad esempio, che tutta l’amministrazione comunale di Asiago
con gran parte della popolazione era ospitata a Noventa Vicentina, mentre a Villaverla erano
profughe 54 famiglie di Cogollo, assieme al loro parroco, al segretario comunale e al loro
commissario,
Sappiamo che hanno dovuto sfollare, specie dopo la Staf fekspedition, anche i paesi di
Piovene-Rocchette, Mosson, Caltrano, Chiuppano, Calvene, Lugo, Carrè e Marola 12 , e dal
Cimone e dall’altipiano gli Austriaci tiravano si Thiene, Zanè e Carrè, mentre aerei austriaci
hanno bombardato anche Breganze.
Alla prima guerra mondiale seguì un periodo burrascoso, che vide un forte flusso emigratorio
della nostra gente in cerca di lavoro specie oltre oceano, e nello stesso tempo organizzarsi
ed imporsi anche da noi il partito fascista che trascinò l’Italia nella drammatica avventura
della seconda guerra mondiale.
Subito dopo l’8 settembre del 1943 cominciarono ad organizzarsi anche nelle nostre contrade i primi nuclei della resistenza armata, che andranno sempre più consolidandosi e passando all’azione. Le prime imprese furono di sabotaggio agli impianti e all’apparato bellico
–––––––––
12. Vedi, Leonardo Nazzareno, Giovanni Thiella. Grumolo Pedemonte. Conselve, 1984. p. 131.
Storia
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nazifascista, ai quali si rispose con rastrellamenti, come quelli compiuti nella zona di Fara
Vicentino e Calvene fra il 20 e il 22 ottobre del ’43, Calvene-Mor tisa il 1 marzo 1945,
Novoledo l’11 marzo seguente, e ancora a Calvene il 24 marzo. Intanto i sabotaggi si erano
estesi anche alla linea ferroviaria Vicenza-Thiene-Schio e Thiene-Asiago e alle linee telefoniche e telegrafiche Thiene-Sarcedo-Breganze-Villaverla-Marano, ai ponti sulle principali vie di
comunicazione, e venne compiuto il 27 dicembre ’43 l’assalto alle carceri di Thiene per liberare i detenuti politici, ripetuto anche il 2 marzo del ’45 per liberar vi i partigiani ivi detenuti.
I nazifascisti rispondevano con la fucilazione a Marano il 15 maggio del ’44 di due partigiani
appena catturati, e la fucilazione a Salcedo il 16 febbraio 1945 di 4 ostaggi in risposta dell’uccisione di un fascista. Numerose furono anche le esecuzioni sommarie ef fettuate nel
corso dei vari rastrellamenti, ma gli scontri più frequenti e sanguinosi fra partigiani e nazifascisti ebbero luogo nella zona dell’altipiano, dove coinvolti troviamo anche molti patrioti provenienti dalle nostre contrade 13 .
Sostanzialmente nell’alto-vicentino la resistenza venne organizzata dalla Divisione Alpina
Monte Ortigara, di ispirazione centrista, che operò nella zona Thiene-Asiago, e dalla Divisione
Garemi, di ispirazione social-comunista, che operò nella zona di Schio, Pasubio e Trentino.
Le formazioni par tigiane vennero rifornite di armi e ed equipaggiamenti dagli alleati specialmente durante l’inverno 1944-45, e furono pronte a passare all’azione in modo massiccio
nella primavera ma specialmente dal 23 al 30 aprile del 1945, quando uno dopo l’altro vengono liberati i vari comuni dell’alta pianura vicentina e della vallata dell’Astico, seppure a
costo di gravi perdite e rappresaglie sulla popolazione, fra le quali non va dimenticato l’episodio grave dell’incendio di Pedescala e della fucilazione di ben 64 persone. Di dubbia ispirazione patriottica sono invece l’eccidio a Tonezza di 24 tedeschi compiuto il 1° maggio ’45
e l’eccidio di Schio, perpetrato contro presunti fascisti due mesi dopo la fine del conflitto.
Recuperate la libertà e la democrazia, è cominciata anche nei nostri paesi l’opera di ricostruzione e soprattutto di risanamento degli odi che la guerra fratricida aveva comportato; e
nello stesso tempo, superati i primi anni di crisi ed incertezze, assistiamo ad un vigoroso sviluppo economico che in pochi decenni ha portato l’alto-vicentino ad essere tra le zone più ricche e produttive non solo della nostra provincia, ma possiamo ben dire di tutta la regione.
Ora l’aver raggruppato un un’unica U.L.SS. i 32 comuni che la compongono, non ha fatto che
cogliere e sottolineare l’unità storica, culturale, economica della nostra area nella quale, pur
se si riscontrano i due centri più prestigiosi e popolati di Thiene e Schio che spesso hanno
fatto da traino e punto di riferimento dell’intero circondario, ogni comune, ogni borgata anche
la più piccola, ha una sua ricca pagina di storia da raccontare, delle complesse vicende, che
però si compenetrano e si saldano con quelle delle comunità vicine.
–––––––––
13. Per una più dettagliata descrizione dei fasti legati alla resistenza nell’Alto Vicentino, si vedano:
Giulio Vescovi. Resistenza nell’Alto Vicentino. Vicenza, 1976.
Benito Gramola. Le donne e la Resistenza. Vicenza, 1995.
Italo Mantiero. Con la brigata Loris. Vicenza, 1984.
Cultura e arte
L’arte è la menzogna che ci permette di conoscere la verità
Pablo Picasso
Cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto
Erbert Herrio
Cultura e arte
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D
ovendo tracciare una specie di profilo della cultura dell’Alto Vicentino, si ritiene si debba
parlare non tanto di quei tratti culturali che in quest’area geografica ripetono i caratteri
comuni con aree più vaste, fino a coincidere, a volte, con l’ambito regionale, e spesso anche
oltre ad esso, quanto piuttosto dei tratti peculiari di questo territorio, di quei caratteri che,
anche se non esclusivi, danno ad esso una inconfondibile identità.
Se, come ci viene suggerito, ci si dovesse soffermare a prendere in considerazione in par ticolare gli ultimi cinquant’anni, l’analisi si potrebbe rapidamente esaurire nel constatare che
gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal progressivo abbandono e dalla perdita della
identità e delle impronte culturali locali, non solo in questa zona, ma quasi ovunque in Italia,
e anche oltre i confini nazionali.
La conquista del benessere, il progresso tecnico, la scuola, il dif fondersi dei mezzi di comunicazione sociale, e soprattutto della televisione, hanno favorito l’affermarsi e l’imporsi di un
processo di globalizzazione culturale, esteso a dimensioni sempre più vaste, addirittura mondiali, facendo credere che la strada più sicura per raggiungere i vertici più alti della cultura
stia nello spegnere i tratti culturali locali. Salvo far sentire poi il bisogno di promuovere iniziative e manifestazioni di revival degli aspetti della vita del passato, di dubbio valore, anche
se ispirate dal fascino e dalla nostalgia che di esse perdurano.
È facile constatare che, quando i tratti della nuova tanto decantata cultura, o civiltà, si limitano alle conquiste tecniche, e sono strumentali per l’affermazione e il successo o alla semplice fruizione del benessere raggiunto, non è possibile dare una valutazione del tutto favorevole dei nuovi modelli se si tiene presente il significato più profondo del concetto di cultura. D’altra parte, in confronto ad essa, appaiono maggiormente validi tanti aspetti della cultura tradizionale locale, purtroppo spesso ancora ignorati, se non addirittura disprezzati.
Pur senza disconoscere le conquiste positive della cultura che si è recentemente affermata,
della quale non merita parlare, perché non è tipica del nostro territorio, si cercherà di tratteggiare i caratteri specifici della identità culturale dell’Alto Vicentino che è stata ereditata dal
passato, la quale ancora forma il sostrato del pensare e del sentire, soprattutto, ma non
solo, dei nostri anziani. Riteniamo che, quando questi caratteri sono espressione di valori che
accrescono la dimensione umana, debbono essere non solo conosciuti, ma anche coltivati,
perché fecondi di una corretta crescita della vita sociale. Ci sof fermeremo pertanto a sottolineare gli aspetti maggiormente significativi della cultura che abbiamo ereditato dal passato.
Cosa si intende per cultura, oggi
Non è facile tracciare in rapida sintesi il profilo di questa cultura individuandone i tratti più
peculiari senza scadere in troppo facili, ma inadeguate, esemplificazioni. Innanzitutto va chiarito che, secondo le più recenti concezioni, per cultura si intende, oltre alle cognizioni intellettuali acquisite da una persona soprattutto attraverso lo studio, anche l’insieme di tutte le
conquiste fatte attraverso la diretta esperienza, a qualsiasi livello di vita: da ogni conoscenza personale e dalle convinzioni maturate attraverso un personale ripensamento, alle abitudini e alle pratiche proprie di ciascuna attività, alle pur semplici testimonianze della cultura
orale: in sostanza, da tutte le manifestazioni della vita.
Cultura fondata su stabili certezze
Un primo carattere della civiltà ereditata dal passato era che l’esistenza di ciascuno e di tutti
era costantemente sorretta da una trama di sicure certezze. A cominciare dalla stabilità della
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
vita, ancorata alle dimensioni dello spazio circostante e sostenuta dalla continuità delle generazioni. Si era radicati a una contrada, a un ambiente, a un paesaggio stabile, che diventava
par te integrante di sé e nel quale ci si proiettava e ci si prolungava. Ci si poggiava e si continuavano le generazioni degli avi e si osservava la propria vita continuare nei figli e nei nipoti che crescevano attorno. Ci si sentiva, seppur istintivamente, parte di una natura immensa,
che faceva da madre, pur con le sue lezioni a volte severe; nella dimensione della natura tutto
trovava un suo significato e, dove non arrivava la ragione, supplivano le convinzioni della fede.
Il ciclo della vita e il ciclo dell’anno
La stabilità era concretamente sottolineata dallo scorrere di due cicli, quello della vita e quello dell’anno, che si sentivano guidare i giorni dell’esistenza con evidenza ben più chiara di
oggi.
Il ciclo della vita, dalla nascita alla morte, non è certamente mutato oggi nelle sue tappe successive; ma è molto mutato il modo di condurre l’esistenza. Questa era concepita e quotidianamente vissuta soprattutto come un doveroso impegno di lavoro regolato dalle leggi delle
stagioni e dalle condizioni di efficienza fisica. Si era tesi, sì, a migliorare le proprie condizioni economiche, ma senza inseguire ambite mete di carriera alle quali subordinare ogni altro
interesse e la stessa famiglia. L’arco della vita si svolgeva secondo una naturale continuità,
solitamente nello stesso ambiente, con ritmi spesso ancora biblici, segnato da pochi eventi
importanti, che erano soprattutto la coscrizione militare e il matrimonio, e si concludeva con
la morte, che di solito avveniva in casa, accettata con rassegnata naturalezza alleviata dalla
fede.
Ancora oggi, ovviamente, il succedersi delle stagioni regola lo scorrere del ciclo dell’anno. Ma
dai più, ormai, le stagioni sono avvertite quasi solo per i limiti o per i benefici che esse portano: per il fastidio del caldo, del freddo e della pioggia, per il succedersi dei tempi delle ferie,
dei week-end e degli svaghi. Per i più, nelle occupazioni, salvo le pause volute per le festività, si ripete durante tutto l’anno la stessa attività, che ignora i ritmi della natura, col diverso
alternarsi del freddo e del caldo, con le lunghe giornate di tenebre e con le lunghe giornate
di luce. Ogni giorno è sempre occupato da un lavoro che si ripete lo stesso, regolato da ritmi
artificiosi, subordinato sempre alle leggi dello sviluppo economico che costringono a concentrarsi nella propria specializzazione facendo trascurare altre aper ture. Si diventa sempre
più degli ingranaggi di un meccanismo che fa perdere la percezione dei tempi della natura,
che diventa sempre più costrittivo della propria autonomia.
Il ciclo dell’anno del passato, che pure comportava impegni ogni giorno ripetuti, come quello
del badare alle bestie per l’uomo e alle faccende domestiche per la donna, portava, a seconda delle stagioni, lavori diversi, che si riproponevano a distanza di un anno senza comportare la preoccupazione di una sconosciuta novità e nello stesso tempo senza pesare per la ripetitività. Se la buona stagione portava il gran lavoro, un lavoro fisico oggi pressoché inimmaginabile, la cattiva stagione, che col freddo, e soprattutto con le sue lunghe tenebre, costringeva a rallentare le attività, diventava la stagione del riposo fisico; ma anche induceva ad
ascoltare, ad ascoltarsi, a riflettere. Allora diveniva più facile l’aggregazione con gli altri, si
aveva tempo di dialogare, di trasmettersi la cultura fatta di parole, di giudizi, di sentimenti,
che aveva il suo momento culminante nel filò.
Il filò
Il filò, un rito che si ripeteva d’inverno ogni sera, era innanzitutto momento per stare assieme tra i membri della famiglia patriarcale, cui partecipavano i vicini di casa, e costituiva il veicolo maggiore della cultura del passato. Nella sua prima parte, il tempo era occupato da tranquille e distese attività di uomini e donne, che si dedicavano a non impegnativi lavori per ripa-
Cultura e arte
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rare qualcosa di rotto, ma anche per realizzare un capo di vestiario, un giocattolo, uno strumento, attività che consentivano lo scorrere di trame di parole in cui ci si scambiavano notizie del piccolo e grande mondo. Col passare del tempo le parole diventavano prevalenti, e si
facevano più raccolte e pensose, e si ascoltavano e si commentavano i fatti che venivano da
lontano, nello spazio e nel tempo; trasfigurati dalla catena dei passaggi da persona a persona, finivano per assumere le tinte del mito. Spesso si coinvolgevano tutti, soprattutto i bambini, con storie fantastiche di strie e di orchi alle quali qualcuno diceva di essere stato partecipe. Si leggeva qualche libro, sempre gli stessi, che parlavano di Orlando e dei suoi paladini e di storie di santi. In particolare si proponevano ai ragazzi indovinelli e filastrocche.
L’incontro si concludeva quasi sempre con la recita del terséto (rosario). Il filò era il momento più importante di trasmissione non solo della cultura fatta di parole, ma anche di esperienze di vita; soprattutto trasmetteva valori, perché stringeva solidarietà fra le famiglie, le
rendeva omogenee, rendeva disponibili tutti ai bisogni della comunità e consentiva di fermarsi
a riflettere con animo disteso sui grandi problemi della vita.
La cultura nello scorrere della vita dell’anno
Lo scorrere dei giorni dell’anno era contesto da una lunga successione di rituali nei quali si
esprimeva concretamente l’insieme della cultura del passato, fatta di impegni e di lavori –
dalla semina al raccolto, dal Natale alla festa dei Morti – di manifestazioni e di pratiche,
soprattutto religiose, così strettamente interdipendenti tra loro che è difficile parlarne distinguendoli l’uno dall’altro, tutti collocati sul vasto e fisso scenario della natura e vissuti, comprese le pratiche religiose (si pensi alle processioni e ai pellegrinaggi e alla erezione dei capitelli), soprattutto con impegno fisico. Rituali contesti di concretezza, ma che pure erano lievitati da un fondamento di sentimenti e di concezioni, spesso semplici, misurati, non chiaramente avver titi, ma ugualmente grandi, proprio perché semplici.
Alcuni aspetti particolari della cultura materiale e orale
Giova ora proporre qualche cenno su qualcuno dei tratti della cultura tradizionale, sia di quella materiale, che comprende gli elementi o le pratiche concrete, sia di quella orale, sottolineando di volta in volta qualche aspetto particolare.
Attrezzi di lavoro
Sono stati, e in parte sono ancora, gli strumenti fondamentali per provvedere ai bisogni primi
dell’esistenza. Proprio perché concreti, di essi molti non sono andati perduti, e per conservarli sono stati istituiti un po’ ovunque dei musei. Realizzati, fin che era possibile, in casa, o,
come quelli in rame e in ferro, dall’artigiano del luogo, non essendo fatti in serie, avevano
sempre un’impronta personale, per cui molti di essi ci attraggono ancora con un loro fascino.
Erano solidi, costruiti, come tutto quello che si faceva, per durare anche oltre la vita, anche
se erano fatti prevalentemente di legno. In ogni casa c’erano gli attrezzi elementari essenziali; spesso i più costosi o complessi erano di proprietà comune della contrada o di un gruppo di famiglie (aratro, torchio per il vino). L’ar tigiano (falegname, priaro, fornaio) possedeva
gli attrezzi propri del suo mestiere.
Cibo
Anche la cucina, molto semplice, era strettamente legata al corso delle stagioni. Si andava
pochissimo in bottega, e si utilizzavano i prodotti di casa o del posto (polenta, pane, latte,
maiale, uova, verdure dell’orto, erbe spontanee). I cibi rispondevano spesso ai bisogni della
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
stagione: cibi grassi d’inverno, con l’uccisione del maiale, contro il freddo, erbe spontanee,
depurative, a primavera. C’erano cibi rituali fissi, dalla bondola cola lìngua, dell’Ascensione,
al ròsto de oséi, ai Morti, dalla pinsa o putana, quando si faceva il bucato, al bussolào, quando si faceva un viaggio. Il fatto che certi cibi più graditi fossero propri solo di certe occasioni li rendeva più desiderati.
Abbigliamento
Il costume locale è caduto in disuso fin dall’Ottocento e se n’è persa la memoria. Solo le
donne sapevano dare un tocco par ticolare al loro abbigliamento con gli òri (uso dei monili in
oro), il cocòn (pettinatura a chignon), con qualche elegante camicetta.
Medicina
Ci si curava soprattutto con le erbe, direttamente conosciute e raccolte, alle quali la moderna scienza farmaceutica ha riconosciuto la maggioranza delle proprietà terapeutiche loro attribuite. Per quanto limitata ed empirica, la cultura medica era pertanto frutto di scelte personali – salvo ricorrere ai botànici – e non tanto supinamente subita.
Architettura, paesaggio agrario, ambiente
Uno dei caratteri più chiaramente evidenti e più distintivi del valore della cultura del passato
si ritrova negli insediamenti e nel paesaggio agrario. Dal confronto con gli inter venti operati
negli ultimi decenni sulle costruzioni e nell’ambiente appare chiaro quanto siano scaduti il
gusto e l’equilibrio in questo settore, ad opera di uomini che si ritengono culturalmente superiori ai loro antenati. Nella loro semplicità e povertà le case e l’ambiente naturale riflettevano misura e rispetto del creato.
La tipologia degli edifici era omogenea e si ispirava ai modelli tradizionali, solo adattandosi,
nel piano o nelle varie valli, alla diversità dei luoghi, senza cercare gli stili più diversi e contrastanti che si osser vano ora; il materiale usato per le costruzioni era quello proprio del
luogo dove esse nascevano (legno, pietra) per cui gli edifici si inserivano naturalmente nel
paesaggio.
Le case, salvo quelle signorili, non erano mai recintate (segno di aper tura) e soprattutto nelle
contrade, dove le corti erano in comune, erano appoggiate le une alle altre (per necessità di
risparmiare terreno e muri perimetrali, ma anche segno di compartecipazione). Esse sorgevano a volte isolate tra i campi o sul monte, più spesso aggregate a branco nelle contrade,
ed erano ubicate dove il rifornimento d’acqua era più facile (sorgenti o rogge).
La terra lavorata, il prato, il pascolo, il bosco erano sempre curati e tenuti in ordine, difesi
dai danni degli agenti atmosferici. Il paesaggio agrario, che appariva come un grande mare
verde, dominato dalle piante e dalle culture, entro il quale gli edifici spesso scomparivano,
sembrava, d’estate, custodito e protetto dal lussureggiare della vegetazione, mentre d’inver-
Figura 36 Banco da falegname
Tratto da “Mestieri e Saperi: fra città e territorio”.
Fontana e Bernardi, 1999.
Banca Popolare di Vicenza
Cultura e arte
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Figura 37 Mulinélo o corléta
Tratto da “Mestieri e Saperi: fra città e territorio”.
Fontana e Bernardi, 1999. Banca Popolare di Vicenza
no, quando era spoglio di essa, si apriva a più vasti orizzonti.
In tutto c’era una compostezza sempre variata, che offriva aspetti continuamente nuovi e
attraenti, familiari e cari, ben diversa dalla geometrica ripetitività dell’attuale ambiente antropizzato.
La cultura orale
Così sono genericamente chiamate le manifestazioni del passato fatte soprattutto di parole,
nelle quali si comunicano pensieri, sentimenti.
I proverbi
Nel loro insieme i proverbi esprimevano, attraverso formule precise, la concezione della vita
e proponevano le norme del comportamento. Riflettevano l’esperienza accumulata attraverso i secoli (come testimoniano spesso anche le loro formule ritmiche). Costruiti sulla concretezza, ricordavano un dovere, proponevano un insegnamento o accompagnavano lo scorrere della giornata e dell’anno con le loro diverse occupazioni.
Da essi emerge la visione della vita della nostra gente, fatta di buon senso, di equilibrio, di
bonaria o rassegnata accettazione, di comprensione degli altri. Ne viene il profilo di una
comunità di uomini pacati, che fondavano il loro compor tamento su sicure certezze.
Indovinelli. Storie e leggende. Filastrocche
Fanno par te della cultura orale, rivolta soprattutto ai bambini. È un aspetto minore di essa,
con finalità ricreative e spesso con funzioni didascaliche.
Canti
La caratteristica più significativa del canto popolare era quella di essere soprattutto corale,
segno che si sapeva rinunciare alla volontà di af fermarsi personalmente per consentire con
gli altri.
Ora si canta in coro soprattutto per esibirsi, e piuttosto si ascolta cantare. Il canto allietava
non solo i momenti di festa, come i matrimoni, ma accompagnava anche tanti momenti distesi del lavoro.
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1. Alto Vicentino: Comunità o aggregato di Comuni?
Figura 38 Canti popolari
Tratto da “Mestieri e Saperi: fra città e territorio”. Fontana e Bernardi, 1999. Banca Popolare di Vicenza
Aspetti particolari
Vi sono altri aspetti cui si dovrebbe accennare. Tra essi ricordiamo soltanto certe manifestazioni di ar te popolare come i “capitelli”, o la cultura tecnica di certi artigiani, come quella propria del marangòn, del priaro, del majaro, i quali sono stati spesso protagonisti del progresso tecnologico del passato.
Era in sintesi una cultura, o civiltà, che viveva in stretta sintonia con la vita della natura, essa
stessa naturale, e che si esprimeva e si manifestava piuttosto nelle scelte concrete che con
parole.
Limitata, ma originale. Viva e non supinamente prona a subire tante proposte che vengono,
come ora, dal di fuori, le quali disturbano, sviano e appiattiscono tutto.
Povera, ma essenziale, attenta a non consumare i beni primari.
Caratterizzata da grande autosuf ficienza perché cercava di produrre direttamente tutto ciò
che le serviva, e quindi autonoma nei bisogni materiali, ma anche feconda di spiriti di libertà.
Globale, perché necessariamente aper ta a tutti gli interessi, seppur cir coscritti, a tutte le
necessità, e non costrittiva dei singoli, che non erano obbligati a vivere entro i limiti troppo
spesso ciechi della specializzazione. Partecipata da tutti. Equilibrata. Fondata su convinzioni
e valori solidi, sentitamente vissuti. Solidale, anche perché bisognosa del reciproco aiuto; disponibile e abituata a prestare il lavoro per il bene comune; corale nel consentire con gli altri.
Trasmessa, senza fratture, da padre in figlio, si alimentava delle tradizioni del passato e lavorava, sì, per il presente, ma proiettata verso il futuro. Conservatrice di beni naturali e di conquiste materiali.
Fatta di uomini che lavoravano caparbiamente affrontando tutte le difficoltà, ma che sapevano accettare anche le sconfitte ed erano consapevoli che la morte fa par te della legge della
vita.
Cultura e arte
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Appendice
(fatta, forse, di suggerimenti presuntuosi)
Accostarsi alle persone semplici che ancora partecipano di questa cultura sapendo ascoltare e cercando di comprenderne e apprezzarne gli aspetti positivi.
Non porsi nei loro confronti in un atteggiamento di persone che si ritengono depositarie di
una cultura superiore.
Saper dialogare con esse nella loro parlata, consapevoli che l’uso del dialetto (ovviamente
senza ignorare il valore di conoscere l’italiano) non è un limite culturale, ma un aspetto fondamentale della identità che andiamo perdendo.
Saper mettere in luce, accanto al riconoscimento delle conquiste positive del nostro tempo,
anche i valori fondamentali ereditati dal passato che, se dimenticati o perduti, r endono manchevole una visione equilibrata dell’esistenza.
2. La qualità della vita: i determinanti
della salute
[...] è chiaro perciò che lo stato non è comunanza di luogo né esiste per
evitare eventuali aggressioni e in vista di scambi: tutto questo
necessariamente c’è, se deve esserci uno stato, però non basta perché ci sia
uno stato: lo stato è comunanza di famiglie e di stirpi nel viver bene: il suo
oggetto è un’esistenza pienamente realizzata e indipendente.
Certo non si giungerà a tanto senza abitare lo stesso e unico luogo e godere il
diritto di connubio. Per questo sorsero nelle città rapporti di parentela e fratrie
e sacrifici e passatempi della vita comune.
Questo è opera dell’amicizia, perché l’amicizia è scelta deliberata di vita
comune.
Dunque, fine dello stato è il viver bene e tutte queste cose sono in vista del
fine.
Aristotele, Libro Terzo della Politica
88
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
L
a condizione di salute, elemento essenziale di una vita piena e libera, dipende da un insieme complesso di fattori: genetici, ambientali, psicologici, fisici, culturali. A volte il passaggio tra due differenti situazioni di salute può dipendere da un cambiamento improvviso in
un qualsiasi fattore, altre volte i cambiamenti possono essere più lenti e dagli ef fetti meno
visibili. Analogamente i fattori migliorativi agiscono su termini temporali molto differenziati: da
pochi istanti a decine d’anni se non generazioni.
La letteratura scientifica classifica i determinanti della salute in quattro grandi categorie:
genetici, sociali, economici e ambientali.
Numerosi studi dimostrano come l’incidenza della rete dei servizi socio-sanitari sullo stato di
salute complessivo viene valutato attorno al 10-15%, quello del patrimonio genetico tra il 20%
e il 30%, l’ambiente pesa circa il 20%, mentre il fattore socio-economico risulta la variabile
più importante tra il 40% e il 50% (vedi figura 39).
La variabile socio-economica, che comprende i compor tamenti, gli stili di vita, condizioni economiche dei singoli, risulta essere significativamente influenzabile dai soggetti istituzionali di
una comunità, in particolare l’assetto politico, la scuola, la chiesa, la sanità attraverso programmi di educazione alla salute e prevenzione.
Valutando complessivamente i risultati dei sistemi sanitari dei paesi industrializzati avanzati,
risulta come la longevità delle popolazioni non sia correlata alla spesa sanitaria (e quindi alla
disponibilità di ser vizi e operatori) ma per lo più collegata a fattori quali la cultura, l’ambiente e gli stili di vita.
Possiamo rappresentare l’incidenza dei determinanti della salute in un sistema a quattro assi
(uno per determinante), l’area risultante indica come dovrebbero essere orientate le azioni di
un piano per ottimizzare complessivamente la salute. Con questo modello si possono rappresentare il piano appena concluso (2001-2003), il presente piano (2004-2006) e il riferimento teorico indicato dalla letteratura: è così possibile apprezzare il cambiamento di approccio tra i due piani e il loro progressivo avvicinamento al modello di riferimento. Per valutare
l’incidenza dei piani sui diversi determinanti, è stato considerato ciascun progetto e attribuito un peso con riferimento alla
capacità di incidere sui diversi
determinanti. Questa metodologia
è stata utilizzata sin dalla fase di
stesura per il presente piano mentre per il piano 2001-2003 è stato
attribuito in sede di monitoraggio,
i risultati di tale analisi pur rappresentando
un’approssimazione
possono essere visualizzati nelle
figure 40, 41 e 42.
Figura 39 Determinanti della salute Ripartizione teorica secondo OMS
89
Rappresentazione teorica
rispetto alla distribuzione
sui quattro determinanti
della salute secondo quanto indicato dalla letteratura...
Figura 40 Determinanti della salute. Piano secondo teoria OMS
...il Piano di Zona 20012003 è stato un piano prevalentemente orientato a
garantire e potenziare la
rete dei ser vizi sociosanitari, per adeguarla ai livelli di
assistenza attesi...
Figura 41 Determinanti della salute. Piano di Zona 2001-2003
Figura 42 Determinanti della salute - Piano di Comunità 2004-2006
...il presente Piano di
Comunità 2004-2006,
anche grazie ai risultati
ottenuti dal precedente,
può essere maggiormente
orientato verso gli altri
determinanti (stili di vita e
ambiente), con azioni rivolte a tutta la comunità e non
solo verso le “persone
svantaggiate”, pur continuando ad investire considerevolmente sul consolidamento e potenziamento dei
ser vizi sociosanitari.
Le aspettative e la visione del futuro
Come una rete è costituita da una serie di nodi intrecciati tra di loro, così ogni
cosa in questo mondo è connessa ad ogni altra da una serie di nodi. È un
errore pensare che vi sia qualcosa di separato, isolato da tutto il resto. Tutti i
fenomeni sono intrecciati in un’unica trama. Il mondo è una rete poiché è
composto da una serie di nodi interconnessi, e ogni singolo nodo, ogni singolo
essente ha il suo posto, la sua funzione e le sue responsabilità in relazione a
tutti gli altri nodi.
Shakyamuni Buddha
Le aspettative e la visione del futuro
91
La Società Alto Vicentina
Rapporto sugli orientamenti e i valori dei cittadini
(Dal VII Rappor to Poster – Assindustria Vicenza - Maggio 2002)
I
dati del rapporto sono tratti da una ricerca condotta nell’anno 2002 dall’Istituto Poster di
Vicenza, curata e diretta da Ilvo Diamanti per conto di Assindustria di Vicenza.
L’area di riferimento è rappresentata dall’intera Provincia di Vicenza e, per la parte di approfondimento, dall’Alto Vicentino, area che comprende i territori dei comuni di Valdagno, Schio
e Thiene, con estensione ad est fino ad Arzignano e ad ovest fino all’altopiano di Asiago.
L’indagine è stata presentata al pubblico a cura della Fondazione Palazzo Festari nel corso
del convegno su “La città ideale dell’Alto Vicentino” svoltosi a Valdagno il 28 febbraio 2003.
Sintesi dei risultati
I dati raccolti evidenziano come tra gli abitanti dell’area, in conformità con il resto della provincia, esista una certa fiducia nel futuro (gli ottimisti sono oltre il 40%) soprattutto per quanto riguarda l’economia ed il mondo del lavoro, mentre risultano più improntati al pessimismo
i valori relativi alla sicurezza personale e alla criminalità. Più o meno uguali al resto della provincia i dati afferenti alla sfera della politica.
Nell’Alto Vicentino emerge nel complesso un elevato livello di soddisfazione per la qualità
della vita, in particolare per ciò che riguarda gli ambiti della famiglia, del lavoro e dell’impegno sociale.
Si rileva pure un notevole grado di dotazione tecnologica: otto persone su dieci utilizzano abitualmente un telefono cellulare, una su due un personal computer, ancora una su due una
carta di credito, mentre il 21% delle famiglie possiede un’antenna satellitare. Non solo: a differenza del resto della provincia, l’impiego abituale di strumenti tecnologici è più precoce e
consolidato nel tempo; infatti la maggioranza dei cittadini dell’Alto Vicentino ne fa uso da oltre
due anni.
Tuttavia, a questo livello di appagamento personale, a cui si associa la propensione verso le
nuove tecnologie, si contrappone uno stato di malessere per le problematiche legate allo sviluppo economico, così come verso quelle relative alla mobilità generale, alla condizione delle
strade, alla carenza o mancanza di infrastrutture, al degrado ambientale, alla criminalità, che
(come dimostra la speciale graduatoria relativa ai problemi prioritari e sulle emergenze) sono
tra quelle più sentite dai cittadini dell’intera provincia di Vicenza. L’Alto Vicentino si differenzia per la sensibilità verso alcuni fenomeni come, ad esempio, quello immigratorio che, in
questa zona più che altrove, appare normalizzato e fonte di minor preoccupazione. Un problema che è invece maggiormente sentito dagli abitanti di questa area riguarda il mercato del
lavoro e precisamente la carenza di manodopera e la disoccupazione. Tale dato potrebbe
sembrare una contraddizione, ma è invece facilmente spiegabile come una peculiarità di questa zona che, da sempre, ha visto coesistere la piccola industria, alla ricerca incessante di
manodopera, e la grande industria, continuamente alle prese con processi di ridimensionamento e riorganizzazione del personale.
Il sentimento di malessere af fonda le proprie radici nel progressivo e florido sviluppo economico che l’area ha conosciuto e vissuto e che ora, entrato in una fase stagnante o declinante, manifesta quelli che Diamanti ha definito “i limiti del nordest”. Qui, cioè, lo sviluppo non
92
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
viene più percepito come un vantaggio, ma, al contrario, si inizia a considerarne i limiti, come
l’elevato livello dei costi che comporta, per molti non più sostenibili. Allo stesso tempo, le
alternative a tale modello di sviluppo (come la delocalizzazione, ossia il trasferimento delle
attività produttive all’estero) sono viste con diffidenza e considerate negative dal 36% dei cittadini dell’Alto Vicentino. In questo senso l’Alto Vicentino sembra rappresentare il centro del
malessere che attraversa la provincia di Vicenza e tutta l’area del nordest.
Tabella 02 Percentuale di coloro che provano molta o moltissima soddisfazione per ogni area
Quanto è soddisfatto dei seguenti aspetti della sua vita?
%
Della famiglia
92,0
Degli amici
79,3
Del lavoro
75,9
Del tempo libero
72,0
Del livello d’istruzione
56,4
Del reddito disponibile
49,8
Dell’impegno sociale
44,6
Fonte: Poster / Assindustria Vicenza. Maggio 2002
Tabella 03 Ripar tizione percentuale delle problematiche più sentite
Qual è il problema più importante da af frontare?
%
Strade e viabilità
31,0
Criminalità
29,2
Degrado ambientale
10,2
Immigrazione
7,8
Disoccupazione
10,1
Burocrazia
8,9
Carenza di manodopera
2,6
Competitività sui mercati
0,2
Fonte: Poster / Assindustria Vicenza. Maggio 2002
Figura 43 Ripartizione percentuale delle problematiche più sentite
Fonte: Studio Poster / Assoindustria Vicenza. Maggio 2002
Le aspettative e la visione del futuro
93
L’ambiente
Allora non dovremmo avere cura dell’ambiente? Siamo chiari, il pianeta non è
in pericolo, è sopravvissuto a tutto nel corso del tempo, siamo noi che siamo
in pericolo.
Michael Crichton
L’ambiente
95
La sicurezza ambientale
S
econdo il DPR 203/88 di attuazione di direttive CEE, l’inquinamento atmosferico viene
definito come ogni modificazione della composizione o stato fisico dell’aria atmosferica
dovuta alla presenza nella stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali:
• da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell’aria;
• da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell’uomo;
• da compromettere le attività ricreative e gli usi legittimi dell’ambiente;
• da alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati.
Per inquinamento atmosferico, senza ulteriori specificazioni, si intende abitualmente quello
dell’aria esterna, mentre per quello degli spazi confinati si specifica “intramurale” o “indoor”.
Perché si abbiano condizioni di inquinamento atmosferico sono necessarie due condizioni:
che esistano sorgenti di contaminazione e che sia ostacolato il processo di diluizione atmosferica dei contaminanti.
Le principali sorgenti di inquinamento sono:
• i processi di combustione dei motori di autoveicoli, impianti di riscaldamento domestici, impianti
industriali per riscaldamento ed energia per processi vari, inceneritori municipali, officine del gas,
ecc.;
• usura e dispersione di materiali (dal manto stradale, da pneumatici di autoveicoli, ecc.);
• specifiche lavorazioni industriali.
Le condizioni che ostacolano la dispersione dei contaminanti sono rappresentate essenzialmente dai fenomeni di inversione termica e di assenza di vento.
In condizioni di inversione termica è impedito il movimento ascensionale dell’aria, in modo
tale che i contaminanti, specie quelli corpuscolati, restano tra il terreno e lo strato di aria a
temperatura più elevata. Tale accumulo è ancora più grave in assenza di vento. Inoltre in condizioni di alta pressione è frequente l’assenza o la scarsità di movimenti orizzontali dell’aria.
Alcuni inquinanti, definiti primari, vengono emessi in maniera diretta da sorgenti ben identificabili, (particelle fini e grossolane, composti dello zolfo, composti organici volatili, il monossido di azoto, il monossido di carbonio, composti alogenati), altri, detti secondari, si formano
attraverso complesse reazioni dipendenti dalla concentrazione di prodotti primari, l’effetto
della radiazione solare, le condizioni meteorologiche che agiscono sulla dispersione delle
sostanze, par ticolari situazioni locali, conformazioni topografiche, grado di umidità. Tali reazioni, per esempio portano alla formazione dello smog fotochimico, in cui è importante il ruolo
degli ossidi di azoto e degli idrocarburi emessi dal traffico veicolare. Complesse catene di reazioni coinvolgenti vari composti intermedi, possono portare alla formazione di prodotti altamente tossici (come l’ozono, la formaldeide, i perossidi organici, i perossiacilnitrati e molti
altri composti reattivi), come anche mantenere concentrazioni di radicali liberi, estremamente pericolosi per la loro elevata reattività.
Il traffico è la principale causa di inquinamento atmosferico ed acustico, di spreco energetico, di aumento degli incidenti, di danni paesaggistici per occupazione del territorio con strade e parcheggi.
Gli effetti dell’inquinamento atmosferico possono riguardare:
• La riduzione di visibilità (è il più conosciuto sin dall’antichità); è provocata dalla dispersione della
luce da parte dell’aer osol atmosferico e dipende dalla grandezza delle particelle, dalla loro concentrazione e dallo spessore dell’aria contaminata: responsabili del fenomeno sono sia gli inquinanti primari, come le particelle di fumo ed il particolato, sia inquinanti secondari come lo smog fotochimico.
96
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
• Danni alle cose (strutture metalliche ai fabbricati, alle opere d’ar te, alle pitture, ai materiali tessili ecc.). Sono imputabili alle nebbie acide, agli ossidanti fotochimici, all’acido solfidrico e agli ossidi
di zolfo, ai particolati e ad inquinanti secondari, come ad esempio l’ozono che causa un rapido deterioramento dei materiali tessili e della gomma (riduce la vita dei pneumatici).
• Danni all’agricoltura. Gli effetti sono più accentuati sulle foglie con conseguente riduzione della
crescita e della resa, fino alla distruzione della vegetazione. La sensibilità di certe piante nei confronti di cer ti inquinanti (es. acido fluoridrico) è così elevata che si possono impiegare come spie per
episodi di inquinamento. Fra le sostanze responsabili di danni si riscontrano: i per ossiacilnitrati, il
biossido di zolfo, piogge e nebbie acide, etilene, fluoruri, ozono, ossidanti or ganici.
• Effetti sugli animali e sull’uomo. Comprendono quelli acuti di disturbo (arrossamento delle mucose congiuntivali e lacrimazione, congestione della mucosa nasale e di quella tracheobronchiale, con
bruciore, ipersecrezione mucosa e dif ficoltà respiratoria) associati a presenza di ossidanti, di aldeidi, di idr ocarburi, come il perossiacetilnitrato. Tali ef fetti sono rapidamente reversibili una volta che
cessi l’esposizione. L’incidenza delle malattie r espiratorie acute alle alte e medie vie aeree aumentano in relazione agli aumenti di ossidi di zolfo e di polveri. I gruppi di popolazione maggiormente
esposti sono quelli di più giovane età, gli anziani e le persone af fette da malattie respiratorie e coronariche Tra i contaminanti potenzialmente oncogeni sono da citare il benzene (costituente del petrolio grezzo e delle benzine, per cui i motori a due tempi dei motorini sono fra i principali responsabili
delle sue emissioni), gli idr ocarburi policiclici aromatici (prodotti nei processi di combustioni incomplete), l’asbesto o amianto (utilizzato come isolante termico e ignifugo in costruzioni edili industriali,
navali).
Secondo l’O.M.S. oltre il 97% della popolazione è esposta, a causa del traffico, a rumori oltre
i 55dB, che comportano disturbi del sonno, della capacità di concentrazione e di comunicazione, mentre livelli superiori a 65dB possono avere incidenza su malattie cardiache ed ipertensione.
Nel territorio dell’Alto Vicentino sono presenti due stazioni dell’ARPAV per la rilevazione degli
inquinanti atmosferici. Una, operativa dal 1985 a Schio in via Vecelio, misura il monossido di
azoto, il biossido di azoto, l’ozono, il biossido di zolfo, oltre ad alcuni parametri meteo come
la velocità e la direzione del vento, la temperatura, la radiazione solare totale e la pioggia.
L’altra, operativa a Thiene dal 1996, attualmente in Via Val Posina, misura i mono e biossido di azoto, il biossido di zolfo, il monossido di carbonio e alcuni parametri meteo come velocità e direzione del vento, temperatura, umidità relativa, pressione atmosferica.
Il biossido di zolfo ha come principale sorgente la combustione di prodotti petroliferi contenenti zolfo (un contributo significativo viene dato dai motori diesel). Le concentrazioni maggiori si rilevano nella stagione invernale. Combinandosi col vapore acqueo può dare origine
ad acidi forti quali l’acido solforico e solforoso contribuendo al fenomeno delle piogge e nebbie acide.
Il monossido di carbonio è derivato prevalentemente da combustione incompleta di composti
del carbonio, come nei motori a scoppio, privi di catalizzatore. La sua tossicità è correlata al
legame che esso contrae con l’emoglobina per la quale ha una affinità 240 volte circa superiore a quella dell’ossigeno.
I monossido e biossido di azoto sono prevalentemente di origine naturale, tuttavia la quota
di origine antropica è concentrata in aree limitate dove può raggiungere livelli dannosi per la
salute (disturbi respiratori, soprattutto in persone già asmatiche). Le principali fonti umane
sono tutti i processi di combustione (riscaldamento domestico, motori a scoppio, industrie).
L’ozono non è associato a sorgenti proprie specifiche, si forma infatti grazie a complesse reazioni chimiche, favorite dalla radiazione solare e dalla temperatura, in presenza di altri inqui-
L’ambiente
97
nanti primari quali i composti organici volatili e i composti azotati. Questo fa sì che le concentrazioni elevate di ozono tendono a distribuirsi omogeneamente in zone con caratteristiche climatiche e orografiche simili, soprattutto in presenza di stabilità atmosferica. L’ozono,
per la sua origine, è quindi un inquinante tipicamente estivo e tipicamente diurno, le sue concentrazioni raggiungono valori elevati nelle ore più calde di giugno, luglio, agosto. In tali evenienze è opportuno che bambini, anziani persone con malattie respiratorie e cardiache evitino la permanenza prolungata all’aperto nelle ore più calde della giornata; in generale la popolazione dovrebbe moderare l’attività fisica all’aperto nelle ore più critiche.
Il PM10 è quella parte di par ticelle sospese di diametro non superiore a 10 micrometro. Alla
quota di origine naturale occorre aggiungere quella antropica: il riscaldamento domestico, il
traf fico veicolare, attività industriali caratterizzate da combustione di prodotti oleosi o carboniosi, oppure attività par ticolari, come i cementifici. La maggior parte di particolato (PM10) è
costituito da polveri di diametro inferiore a 2.5 micron, in grado di penetrare in profondità
attraverso le vie aeree. L’azione del par ticolato, quando non contenga sostanze tossiche di
per sé, comporta un impegno dei meccanismi di clearance alveolare e mucociliare. Ciò appare in grado di potenziare l’azione tossica di altri contaminanti contemporaneamente o successivamente inalati.
Dai dati rilevati dalle stazioni di Schio e Thiene per il monitoraggio della qualità dell’aria emerge che per il biossido di azoto si hanno valori nella norma, inferiori a quelli delle altre stazioni della provincia, sia rispetto al limite fissato dal DPR 203/88 (98° percentile dei valori orari
misurati durante l’anno), sia rispetto ai due nuovi limiti per la protezione della salute umana
fissati dal DM 60 del 02/04/2002 (56 microgrammi/metrocubo e 280micr ogrammi/metrocubo come valore orario da non superare più di 18 volte nell’anno civile). Lo stesso decreto
introduce un novo limite per la protezione della vegetazione, ma nessun sito di monitoraggio
della rete risponde ai requisiti richiesti (distanze da agglomerati, impianti industriali, autostrade).
Per l’ozono, negli ultimi anni, si è riscontrato nella stazione di Schio un trend all’aumento dei
valori espressi come dati statistici di sintesi 50° e 98° percentile dei valori orari. Con un 50°
percentile di 53microgrammo/metrocubo la stazione di Schio detiene il primato per questo
parametro che risulta più che doppio di quello misurato a Vicenza.
I valori del biossido di zolfo sono decisamente inferiori ai limiti di legge (DPR 203/88 e DM
60/02), compreso quello per la protezione degli ecosistemi (20 microgrammi/metrocubo)
espresso come media dei valori orari, annuale e del semestre invernale. Tali buoni risultati
sono dovuti agli interventi sulla composizione dei combustibili da autotrazione e la sempre
più capillare dif fusione del metano come fonte di riscaldamento.
Il monossido di carbonio, monitorato dalla stazione di Thiene ha analogamente fornito risultati soddisfacenti sia rispetto ai limiti fissati dal DPCM 145/83, sia quello del DM 60/02. In
questo caso l’intervento è stato ef fettuato sulla tecnologia dei veicoli a motore, principale
sorgente di CO in area urbana.
Per il materiale particolato (PM10), il DM 60/02 definisce due limiti per la protezione della
salute umana, il primo fissa in 35 il numero massimo di giorni in cui la concentrazione giornaliera possa superare il valore di 65microgrammi/metrocubo, con una media annuale dei
valori giornalieri da non superare di 44. 8microgrammi/metrocubo. Per il periodo 01-11 febbraio 2002 nella stazione rilocabile di Schio i valori sono stati rispettivamente 7 e 73. Tali
valori sono stati ampiamente superati dalle stazioni di Vicenza e, vista la tipologia di inquinamento, è da supporre che tali limiti siano stati superati in tutta la provincia.
In ambito urbano si registrano i tassi di emissione più alti a causa sia delle basse velocità,
98
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
sia dei viaggi relativamente brevi che comportano una maggiore incidenza delle percorrenze
a motore freddo.
Nel 2003 la città di Schio è stata inserita dalla regione in una fascia più a rischio, detta “zona
A” o “zona critica”, dove cioè i livelli di uno o più inquinanti eccedono il valore limite aumentato del margine di tolleranza e in cui si possono applicare da parte del Sindaco piani di azione, quali la limitazione del traffico o altre misure alternative. Gli inquinanti segnalati a rischio
sono: le polveri (PM10), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), l’ozono.
La città di Thiene è stata, invece, inserita nell’elenco dei comuni della zona “B” per IPA e
PM10, cioè dove i livelli siano compresi tra il valore limite e il valore limite aumentato del margine di tolleranza, dove quindi si possono applicare piani di risanamento e non misure di
emergenza come la limitazione del traffico.
Da quanto detto sopra la limitazione dei livelli di concentrazione delle polveri e degli altri inquinanti nelle nostre città non può che avvenire, attraverso la promozione di una mobilità urbana sostenibile (riduzione del traffico veicolare, favorendo l’uso del mezzo pubblico, il contenimento del numero e della lunghezza degli spostamenti ecc.), stili di vita salutari come l’attività motoria e favorendo la diffusione di edifici a risparmio energetico. È dimostrato che una
passeggiata vigorosa giornaliera di 30 minuti (a piedi o in bicicletta) può ridurre fino al 50%
il rischio di contrarre malattie cardiovascolari, fino al 50% il rischio di sviluppare diabete ed
obesità e 30% di sviluppare ipertensione. Interessane notare che 30 minuti di camminata corrispondono a spostamenti complessivi di circa 4 Km giornalieri distanza entro cui rientrano il
30-40% degli spostamenti nelle aree urbane.
Un’ultima considerazione: gli stessi inquinanti di cui abbiamo parlato sono contenuti nel fumo
di sigaretta, sia in quello inalato dai fumatori che in quello inalato involontariamente dai non
fumatori (fumo passivo).
Urbanistica e sicurezza stradale
Nell’ambiente urbano, inteso come città, quartiere, frazione, gruppo di case, ... trascorriamo
la normale vita di tutti i giorni, composta da attività sia all’interno dell’abitazione che all’esterno di questa. Le attività all’interno e quelle all’esterno sono tra di loro collegate essendo
necessario, per la vita di tutti i giorni, recarsi al lavoro e a scuola, accedere ai servizi ed alle
attività commerciali, svolgere attività ricreative, culturali, sportive, ecc. L’ambiente urbano
deve risultare a misura d’uomo, luogo dove è piacevole vivere, nel momento in cui il complesso delle attività afferenti alla residenza può essere fruito con efficienza e sicurezza, in
un ambiente non inquinato ed esteticamente gradevole. La mobilità correlata alle funzioni fondamentali del quotidiano, in particolare, è un fattore fondamentale per la qualità della vita dei
cittadini, essendo il tempo dedicato agli spostamenti, casa-lavoro, casa-scuola, casa-strutture commerciali, casa-ser vizi (palestra, biblioteca, banca, ...) e simili, una parte consistente
della nostra giornata.
L’abitazione, per ciascuno di noi, è il luogo centrale dello spazio urbano: ciascuna abitazione
si pone infatti come “baricentro” dell’ambiente percepito da ciascun abitante, in ragione dei
luoghi di lavoro e delle scuole frequentate, dei ser vizi più frequentemente utilizzati, delle attività svolte del tempo libero, delle strutture commerciali frequentate, ... oltre che ovviamente
del paesaggio circostante e del contesto urbano percepito. Nella qualità dello spazio residenziale incidono diversi fattori: le caratteristiche edilizie (buona illuminazione solare diretta,
possibilità di ricambiare ef ficacemente l’aria, disponibilità di spazi adeguati al nucleo familiare, possibilità di relazione interno-esterno ad esempio con terrazzi e giardini ed un suf fi-
L’ambiente
99
ciente distacco dagli edifici prospettanti), il contesto ambientale percepibile dall’abitazione
(cioè il livello di traffico percepito dall’alloggio, la vicinanza di attività a rischio o arrecanti disturbo, ecc.), la disponibilità verde di vicinato per gioco bimbi, la presenza di verde e sport di
quartiere, e di servizi di base; la distanza dei servizi di base, e cer tamente la lunghezza e
sicurezza dei percorsi pedonali (casa-scuola, chiesa, parco giochi, ecc.), la lunghezza e sicurezza dei percorsi ciclabili (casa-scuola, casa-attività del tempo libero, ecc.), e la percorribilità dei percorsi da parte di persone con handicap motori o sensoriali. Sono indubbiamente fattori di qualità il disporre di un affaccio su di una porzione di natura, la possibilità di utilizzare spazi verdi nelle immediate vicinanze, ecc.; la vicinanza delle scuole frequentate dai figli,
la disponibilità di marciapiedi e di piste ciclabili, ecc. Nella qualità dello spazio abitativo non
incidono però solo quegli aspetti che derivano dal considerare l’abitazione come centro di uno
spazio percepito, ma sono rilevanti anche quelli per i quali l’abitazione viene considerata
come la meta del ritorno a casa. Il tessuto urbano deve quindi anch’esso essere di qualità,
in modo che, per la varietà di luoghi, per la qualità del paesaggio, per la qualità dei percorsi
possibili, la propria casa ed i suoi dintorni possano apparire, per chi vi si approssima, come
luogo gradevole, unico ed inconfondibile.
Sono quindi particolarmente impor tanti per la qualità dell’ambiente urbano anche gli spazi
lineari dei percorsi che collegano tra di loro quegli spazi puntuali del vivere che sono l’abitazione, il luogo di lavoro, la scuola, le strutture commerciali ed i servizi, ecc.). Oltre ad un adeguato livello quantitativo e qualitativo dei servizi (disponibilità di aree verdi, di parcheggi,
ecc.), è necessario che anche la rete dei percorsi risulti adeguata al buon vivere del complesso della popolazione, o meglio ancora rispondente alle necessità degli abitanti più sensibili (i cosiddetti “soggetti deboli” quali sono anziani e bambini, e disabili motori e sensoriali). Sembra scontato che la progettazione dell’ambiente urbano tenga conto delle esigenze
dei soggetti più deboli, ma sovente non è proprio così. E questa non è solo una regola di civiltà, ma anche un’esigenza pratica ed un bisogno emergente. Infatti l’incidenza delle fasce più
anziane della popolazione è in costante crescita. Inoltre, la riduzione delle dimensioni della
famiglia media e delle reti parentali, comporta nuove necessità per le famiglie: ad esempio
la sicurezza delle esigenze di mobilità delle fasce più giovani. L’aumento del traffico urbano
automobilistico ha ridotto gli spazi disponibili per i più giovani, e quindi occorre studiare nuove
soluzioni che consentano ai ragazzi di potersi muovere autonomamente, ed in condizioni di
sicurezza, nell’ambito degli spazi lineari che collegano ai ser vizi di cui necessitano (i genitori, impegnati al lavoro, devono ad esempio poter lasciar andare a scuola i loro figli, a piedi o
in bicicletta, senza eccessive preoccupazioni, sia per la lunghezza del percorso che per la sua
sicurezza, in par ticolare rispetto ai rischi rappr esentati dal traffico veicolare).
Decongestionare la città, fluidificare lo scorrimento dei mezzi di circolazione, mettere in sicurezza la mobilità ciclo-pedonale, ecc. sono azioni utili sotto diversi punti di vista:
• riducono l’inef ficienza conseguente alla congestione (che comporta una di perdita di tempo pr oduttivo per chi lavora, e di tempo libero per chi vuole usufruire dei servizi);
• riducono l’inquinamento dell’aria (monossido di carbonio, ossidi di azoto, benzene, par ticolato) e
l’inquinamento acustico (rumore), con benefici per l’ambiente urbano e per l’esposizione diretta di
chi utilizza i mezzi di traspor to;
• riducono lo spreco energetico (combustibile per km) ed il rischio di incidenti;
• riducono i rischi per la salute conseguenti alla diminuzione dell’opportunità di ef fettuare attività fisica;
• favoriscono l’autonomia delle fasce deboli.
Parimenti, l’incrementare la densità di popolazione connesso all’accrescimento delle aree a
100
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
verdi e dei percorsi ciclo-pedonali, è un’azione che può dare benefici in termini di mobilità in
quanto con la contrazione degli spazi lineari (che connettono i diversi spazi dell’abitare) si rendono praticabili ad una maggiore quota di popolazione forme di mobilità più sostenibili.
Sembra scontata la necessità che il grado di sicurezza del traffico veicolare venga tarato sul
guidatore più debole (ad esempio l’“ultra-sessantacinquenne”, cer tamente più portato per
uno stile di guida tranquillo e prudente, rispetto ad un soggetto più giovane). Analogamente
che le caratteristiche viabilistiche siano di qualità e favoriscano i compor tamenti corretti degli
utenti della strada (attraverso le caratteristiche del percorso piuttosto che con la più semplice apposizione di limiti). Inoltre si potrebbe applicare l’approccio tipico dell’analisi dei rischi
alle soluzioni viabilistiche: cioè valutare quanto probabili siano comportamenti non corretti e
quanto gravi siano le possibili conseguenze. Ad esempio è più probabile attendersi velocità
contenute, e rispettose dei limiti, in un tratto in vicinanza ad una rotatoria con precedenza
all’anello (che comporta un vincolo alla velocità massima, pena l’uscita di strada), piuttosto
che su un tratto lungo e rettilineo interessato da un incrocio; in caso di mancato rispetto dei
limiti di velocità e della precedenza all’incrocio gli esiti possibili sono certamente più gravi in
quest’ultima ipotesi.
Sempre con riferimento alle esigenze delle fasce deboli della popolazione, uno dei requisiti
fondamentali del tessuto residenziale è la fruizione dei luoghi di libera relazione e soprattutto gli spazi verdi, da cui ne deriva anche la criticità nell’accessibilità e nella sicurezza. Per i
bambini più piccoli, ad esempio è importante la disponibilità di uno spazio, anche di modeste dimensioni, a diretto contatto con l’abitazione; che deve essere adeguatamente protetto
rispetto i rischi per i propri utilizzatori. L’utilità di tale spazio è estensibile agli anziani ed in
par ticolare a quelli con handicap. Per le attività ludiche dei ragazzi gli spazi verdi attrezzati
devono essere raggiungibili con percorsi pedonali e ciclabili sicuri, di regola non eccessivamente lunghi (max 10÷15 min a piedi) e possibilmente integrati con i servizi scolastici.
L’utilizzo degli spazi di socializzazione e di fruizione del tempo libero è diversificato, per età,
interessi personali e tipo di mobilità, ma la problematica della praticabilità dei percorsi di collegamento all’abitazione in condizioni di efficienza e di sicurezza costituisce comunque un
elemento critico per la qualità complessiva. In altre parole la relazione tra abitazione e servizi, utilizzati ed utilizzabili, produce il livello di qualità e di sicurezza dello spazio della residenzialità, e, sia gli impatti ambientali che i rischi derivanti dall’interferenza tra percorsi ciclopedonali e percorsi veicolari, devono risultare contenuti entro margini di accettabilità. La disponibilità di spazi lineari, che connettono abitazioni e servizi, di gradevole qualità ambientale
e di basso rischio nell’utilizzo, ragionevolmente può incrementare la percentuale di persone
che scelgono di muoversi a piedi o in bicicletta. Viceversa l’assenza di tali condizioni spinge
all’utilizzo più estensivo di autoveicoli (ad esempio per portare i figli a scuola ed alle attività
del tempo libero), attraverso una scelta che dal punto di vista del singolo è a favore della sicurezza, ma la somma di scelte di questo tipo ha come risultato l’aumento dei fattori negativi
di congestione stradale (tempo sprecato, incidenti, ecc.), di inquinamento (emissioni e rumore) e oltre che la dipendenza per le fasce deboli (bambini ed anziani).
La sicurezza in ambienti di vita: casa, lavoro, scuola
Parlare di sicurezza significa affrontare il problema del rischio connesso con le attività che
svolgiamo giorno per giorno. La sicurezza ed il suo contrario, il rischio, come ogni entità
astratta non si possono percepire, ma vengono considerati in base alla valutazione di diversi elementi il più spesso soggettivi. Uno studioso della materia (Peter Sandman della Rutgers
L’ambiente
101
University, New Jersey) ha perciò proposto di distinguere, nel concetto di rischio, una componente «hazard» relativa agli aspetti tecnici della sicurezza ed una «outrage» riguardante
quelli non tecnici, da cui la formula: RISK = Hazard + Outrage.
Quando si parla di sicurezza ci si riferisce agli aspetti tecnici del rischio, ma, inconsapevolmente, si viene condizionati anche da quelli non tecnici.
Quando, ad esempio, affermiamo che un’apparecchiatura è sicura «a prova di stupido», intendiamo che il grado di sicurezza è sovrabbondante per far fronte alla remota possibilità che
qualcuno, uno “stupido”, la possa utilizzare in modo non corretto. In pratica troppo spesso
consideriamo le regole della sicurezza non sempre necessarie per farci vivere e lavorare nel
migliore dei modi, più agevolmente e serenamente, e talvolta riteniamo – erroneamente – di
poterne essere esonerati senza conseguenze. Ciò poiché nel giudicare il livello di sicurezza
necessario ci riferiamo al nostro stato “medio” di benessere, senza tener conto degli inevitabili periodi di stanchezza cui possiamo andare incontro; una lunga pratica non funestata da
incidenti tende a farci sottovalutare la necessità di un corretto livello si sicurezza, probabilmente perché si forma una sindrome di non vulnerabilità e di eccessiva fiducia in se stessi
o nella buona sorte. Ciò può avere ricadute deleterie, in quanto una ridotta attenzione alla
sicurezza (adozione di modalità corrette di operare; rispetto delle istr uzioni e dei segnali: etichette, manuali dei prodotti, ecc.; uso dei dispositivi di protezione; ecc.), come purtroppo
testimoniano le statistiche degli incidenti in ambito domestico o durante il tempo libero, fa
inesorabilmente delle vittime.
Tabella 05 Percentuale di incidenti domestici e fuori dell’ambito domestico
Meccanica incidenti domestici
%
Attività ambito non domestico
%
Cadute
40,02
Tempo libero/giochi
19,63
Ur ti
18,52
Bricolage/giardinaggio
18,19
Tagli
17,99
Domestiche
15,87
11,44
Distorsioni
6,49
Bisogni fondamentali
Corpo estraneo
5,35
Sportive
9,55
Schiacciamenti
4,66
Spese e acquisti
1,48
Altri contatti
3,05
Scolastico/professionali
Liquidi bollenti/vapore
2,10
Altre specifiche
1,82
Attività sconosciute
Altro
Totali
100,00
1,02
17,95
4,87
100,00
I dati statistici disponibili mostrano che in Italia si verificano ogni anno circa 1.800.000 incidenti domestici (3.200 ogni 100.000 abitanti) che portano alla necessità delle cure ospedaliere del pronto soccorso, di cui circa 270.000 (420 ogni 100.000 abitanti) compor tano la
necessità di ricovero ospedaliero. Ci si riferisce a dati ospedalieri in quanto vi è una significativa difficoltà a rilevare l’ef fettiva entità degli incidenti domestici, che, spesso, sono fortunatamente di piccola entità (si stima che ogni infortunio grave ci sarebbero 30 incidenti lievi
e 300 senza lesioni, non rilevabili dalle statistiche).
Per trarre informazioni in modo da capire cause e modalità di accadimento, vengono analizzati i certificati di pronto soccorso e le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO).
I tipi di incidente che si verificano con maggior frequenza sono le cadute, gli ur ti, i tagli e le
ustioni, mentre i luoghi dove maggiormente tali incidenti si verificano sono la cucina, il bagno,
le scale, mentre per gli altri ambienti vi è un par ticolare elemento edilizio (pavimento scivoloso, mobili, elementi con spigoli, ecc.) all’origine dell’incidente.
102
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Le cause sono svariate: una parte di essi è imputabile a distrazione, super ficialità, scarsa
conoscenza e/o inosservanza delle norme di sicurezza, ovvero alla presenza in casa di apparecchi o sostanze chimiche pericolosi, ma anche, e soprattutto, a causa di un’inadeguata cultura della sicurezza e della prevenzione. Se si considera poi l’incidenza per fascia di età e la
gravità degli esiti, i soggetti più a rischio sono i bambini e gli anziani.
Le statistiche dell’UNICEF mostrano che nei paesi dell’OCSE la probabilità di un bambino di
morire per incidenti è in calo, ma la velocità con cui questo avviene nei diversi paesi varia
molto, e un obiettivo ragionevole per tutti i paesi dell’OCSE è di ridurre il tasso a quello della
Svezia (5,2% ogni 100.000 morti).
L’Italia, attraverso il Ministero della Salute, partecipa al progetto europeo EHLASS (European
Home and Leisure Accidents Surveillance System) di rilevamento degli incidenti che si verificano in ambito domestico e nel tempo libero, attraverso la raccolta di dati presso alcuni servizi ospedalieri di pronto soccorso (figura 44).
Anche nel Veneto, una quota importante della morbosità e della mortalità che interessa la
popolazione, in particolare in termini di anni
di vita perduti e disabilità, è causata da
incidenti domestici. Risultano particolarmente significativi gli incidenti che colpiscono i bambini (ad esempio: annegamento in
vasca da bagno o nella piscina di casa), gli
anziani (ad esempio: esiti della frattura di
femore), quelli che interessano colui che
effettua l’attività domestica, e i gruppi
sociali marginali (ad esempio: intossicazioni
da monossido di carbonio dipendenti da inaFigura 44 Incidenti domestici e del tempo libero
deguati sistemi di riscaldamento).
rilevati nell’ambito del programma europeo di sanità
Un recente monitoraggio degli accessi al
pubblica sulle lesioni personali.
pronto soccorso dell’U.L.SS. n.4 ha evidenFonte: Injury Prevention Program. European Home Leisure
Accidents. 2000
ziato che, in un periodo di 6 mesi, vi sono
stati gli accessi per incidenti in ambiente e
domestico riportati nella tabella 83.
Tabella 83 Accessi al pronto soccorso per incidenti in ambiente domestico
Età
Abitanti
accessi...
...di cui media gravità
numero
‰
numero
12,8
36
...di cui gravi
numero
‰
11
0,42
0-14
26.445
388
15-24
17.632
134
7,0
20
5
0,28
25-44
58.163
624
10,7
80
14
0,24
45-64
44.651
472
10,6
62
26
0,58
65+
30.726
414
13,5
57
61
1,99
Anche i nostri dati confermano che i soggetti più a rischio sono i bambini (fascia 0-14 anni)
e gli anziani (fascia 65+ anni) per i quali riscontriamo la maggior incidenza, ed una maggior
rilevanza degli esiti gravi. Molti comportamenti er rati e molte condizioni ambientali che favoriscono l’insorgenza di incidenti domestici possono certamente essere modificati, con benefici nella prevenzione dei traumi incidentali. Il tema della sicurezza nell’ambiente domestico
è relativamente recente e vi è una modesta, seppur significativa, analisi delle pratiche effi-
L’ambiente
103
caci. Di particolare attenzione sono gli incidenti a carico di soggetti in età pediatrica, di anziani, casalinghe e di soggetti in condizioni di marginalità sociale. Si è constatata la necessità
di un differente approccio in tema di prevenzione degli incidenti per i bambini rispetto agli
anziani. Nel primo caso è dimostrata l’ef ficacia del counselling rivolto ai genitori finalizzato
all’adozione di pratiche di sicurezza (esempio non lasciare da solo un bambino con meno di
tre anni in vasca da bagno) e all’acquisto di sistemi di sicurezza (acquisto ed installazione
piastre con termocoppie contro la fuoriuscita accidentale del gas, cancelletti a protezione
delle scale, griglie proteggi pentole, termostati per regolare la temperatura dell’acqua dei
rubinetti, ecc.). Nel caso degli anziani il counselling non dimostra la stessa ef ficacia. In queTabella 94
Estratto degli interventi di prevenzione
proposti per la popolazione anziana.
Fonte: Canadian Task Force
for Preventive Health Care.
1994.
Tabella 95
Estratto degli interventi di prevenzione proposti per i bambini.
Fonte: Canadian Task Force
for Preventive Health Care.
1994.
104
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
sto caso è invece efficace l’acquisto ed installazione di sistemi di sicurezza per conto e nell’interesse del soggetto anziano. Naturalmente l’invito alla rimozione di tappeti ornamentali
quando non dotati di dispositivi antiscivolo, l’utilizzo di tappetini antiscivolo in bagno, ecc.
possono ugualmente costituire importanti semplici suggerimenti. Per i soggetti in condizioni
di marginalità sociale sono tuttora rilevanti problematiche derivanti da carenze degli impianti
(elettrico, riscaldamento, ecc.) e significativo il rischio di intossicazioni accidentali.
Nell’af frontare il problema della sicurezza in modo sistematico possiamo infine distinguere i
seguenti ambiti: caratteristiche dell’ambiente (impianti, mobili, attrezzature, utensili, giochi,
ecc.) e modo con cui ci si relaziona con l’ambiente, cioè i comportamenti; e quest’ultimi devono essere tanto più “attenti” quanto meno sicuro è l’ambiente.
La sicurezza dell’ambiente dipende dal rispetto delle norme tecniche e da semplici precauzioni (tappeti antiscivolo, protezione degli spigoli, ecc.). Per garantire la sicurezza dell’ambiente occorre far riferimento a tecnici specialisti (ad esempio all’elettricista per l’impianto
elettrico, all’idraulico per quello la rete dell’acqua e del gas, ecc.). L’esperto in sicurezza ci
può poi aiutare a rendere sicuro l’edificio dove soggiorniamo, in particolare per i diversi elementi edilizi: parapetti e ringhiere a protezione delle zone con rischio di caduta nel vuoto,
por te e finestre con modalità di apertura tale da non essere possibile causa di incidenti in
relazione alla collocazione del serramento, superfici vetrate di sicurezza (che non produce
schegge taglienti) dove possono essere accidentalmente rotte, scale con gradini non sdrucciolevoli e corrimano, ecc. Gli impianti, ad esempio, devono essere progettati ed installati in
modo da rispettare i vigenti standard di sicurezza: tali requisiti sono stabiliti dalle norme tecniche UNI e CEI e la realizzazione e le modifiche agli impianti sono regolamentate dalla
L.49/90 (che prescrive che gli inter venti siano effettuati da ditte specializzate, che al termine dell’intervento devono rilasciare apposita certificazione di conformità, ecc.). Anche gli arredi svolgono un ruolo fondamentale nel livello di sicurezza, si pensi ad esempio alla presenza
si spigoli, al rischio di schiacciamento di sportelli, cassetti, ecc. Tali rischi se possono essere meno significativi per gli adulti, possono risultare critici per bambini ed anziani.
Per le attrezzature occorre innanzitutto evidenziare che, per quelle alimentate elettricamente,
è necessario che dispongano di marchi di conformità alle norme di sicurezza (IMQ per l’Italia).
Prima di utilizzarle e di collegarle alla rete elettrica è sempre necessario leggere bene il
manuale di istruzioni fornito dal costruttore. Qualora fossero necessari adattamenti (ad es.
della spina) o regolazioni ci si deve rivolgere a personale esperto (rivenditore, centro assistenza, ecc.) evitando il “fai da te” quando non si ha la necessaria preparazione tecnica.
Occorre infine considerare che ci sono attrezzature comunque pericolose, ad esempio per i
bambini, che vanno prioritariamente educati alla sicurezza e ad assumere comportamenti
responsabili.
Per gli aspetti normativi si ricorda che in Italia e nella Regione Veneto abbiamo diversi leggi
e norme tecniche in materia di sicurezza edilizia ed impiantistica (L.3/89, L.46/90, ecc.) ed
inoltre ogni progetto edilizio (residenziale, commerciale, direzionale, produttivo, ecc.) viene
redatto da professionisti ed è soggetto alla vigilanza di strutture pubbliche (comune, dipar timento di prevenzione dell’Azienda U.L.SS., vigili del fuoco, ecc.) al fine di assicurare un corretto standard di fruibilità, di igiene e di sicurezza.
Riguardo ai comportamenti va sottolineata l’importanza della conoscenza dei manuali di istruzione e delle schede tecniche fornite dal costruttore delle attrezzature e degli impianti che si
utilizzano, oltre alla conoscenza di come fare correttamente una determinata azione (ad
esempio il sollevamento di un carico pesante). È necessario che gli impianti siano manutenuti ed utilizzati in modo corretto, ad esempio per quello elettrico occorre verificare periodi-
L’ambiente
105
camente l’efficienza del differenziale, e nel collegare un apparecchio di elevata potenza
assorbita (ad es. stufa elettrica) bisogna prestare attenzione alle caratteristiche della presa
e non utilizzare adattatori in situazioni inappropriate; e non bisogna mai utilizzare apparecchi
elettrici in vicinanza di acqua (vasca da bagno, doccia, ecc.). Il conduttore dell’alloggio deve
poi avvalersi di ditte specializzate per gli interventi sugli impianti e per far effettuare la necessaria manutenzione (caldaia, ecc.). Molto importante è anche l’educazione alla sicurezza dei
bambini: non è sufficiente vietare e segregare tutto ciò che è potenzialmente pericoloso, ma
è sempre oppor tuno spiegare perché una cosa è pericolosa e come è giusto comportarsi.
L’educazione deve cioè insegnare a “gestire correttamente le situazioni di pericolo”.
Disagio abitativo
Negli ultimi anni è emerso, nell’ambito dell’edilizia privata, un fenomeno che si riteneva superato con lo sviluppo socio-economico del paese: il disagio abitativo.
Nell’U.L.SS. n.4 una parte dell’attività è costituita dall’accer tamento e prevenzione delle
situazioni di degrado igienico e di sicurezza delle abitazioni.
Nelle situazioni più degradate ovvero, laddove si ritiene possa esistere un pericolo per la salute degli inquilini (per esempio per intossicazione da monossido di carbonio, fili elettrici volanti ecc.), si dà comunicazione al sindaco del comune competente, in quanto autorità sanitaria
locale, per i provvedimenti necessari a tutelare la salute delle persone.
Nel 2003 sono stati effettuati 66 sopralluoghi finalizzati ad accer tamenti di igienicità o abitabilità. La maggior par te di questi sono stati richiesti dagli inquilini stessi per poter ottenere il cer tificato necessario a concorrere all’assegnazione di alloggi di edilizia popolare. Per
una piccola par te l’accertamento è stato richiesto dalle forze dell’ordine (in genere vigili urbani, carabinieri), dalle amministrazioni comunali o nell’interesse di privati.
Il 33% degli alloggi visti si sono presentati in condizioni di particolare degrado igienico e di
sicurezza. Nel 5% di tutti i casi accer tati si è trattato di alloggi pericolanti, nel 12% l’impiantistica (caldaia, impianto elettrico) è risultata pericolosa; il 18% degli alloggi è risultato improprio per gravi carenze igieniche (ad esempio umidità diffusa e permanente, altezza inferiore
a 2,4m), nel 28% antigienico (es. carenza di ser vizi igienici, umidità alle pareti, mancanza di
idoneo riscaldamento dei locali, serramenti esterni in cattive condizioni per vetustà, infiltrazioni di acqua piovana dal tetto e/o dalle finestre). Nel 75% dei casi segnalati gli alloggi erano
abitati da immigrati extracomunitari.
Le cause sono da ricercare in parte ad una tendenza a non risanare abitazioni degradate, in
quanto le stesse vengono comunque locate a fasce disagiate di popolazione, in particolare
immigrati di origine extracomunitaria; dall’altra vi è un crescente numero di immigrati che
hanno difficoltà ad integrarsi e ottenere un alloggio salubre a costi contenuti.
Spesso, è da sottolineare, sono gli stessi inquilini, che, per motivi economici, rendono la propria abitazione insalubre ed insicura: ad esempio non utilizzando la caldaia disponibile, ma
riscaldando uno solo o più locali con mezzi di fortuna, senza aper tura permanente o con tubi
di scarico pericolosi.
Altre cause di insalubrità frequentemente riscontrate sono la mancanza di adeguata ventilazione dei locali, i cui serramenti vengono spesso tamponati da mobili, e l’assenza di una aspirazione dei fumi sui fornelli, con conseguente ristagno dell’umidità nella stanza.
Una sinergia di azioni con i comuni, in un ambito di politica di gestione dell’edilizia e dell’ambiente urbano, permetterebbe di ridurre e prevenire tali situazioni di disagio e di rischi
per la salute.
Le condizioni socio-economiche
La società ha inizio a partire da due individui.
Quando il rapporto tra questi individui modifica il loro comportamento.
Jean Piaget
Le condizioni socio-economiche
107
I comportamenti e gli stili di vita
L
a salute è il bene che resta al vertice dell’attenzione e delle attese della popolazione: in
assenza di risposte organiche da parte degli enti preposti, questa attenzione rischia di
tradursi in eccessive (e a volte inappropriate) richieste di prestazioni a contenuto “riparativo”,
anziché in pieno utilizzo di oppor tunità di miglioramento attivo della propria salute. Imperante
diventa la necessità di attingere ad un “capitale sociale” inteso come aggregazione di risorse connesse alle motivazioni, agli atteggiamenti, alle relazioni che imprese, istituzioni, gruppi di cittadini e singoli, dimostrano in modo istituzionalizzato o meno, in sostanza la capacità di attrarre investimenti o stimolare impresa a partire dalla rete di relazioni che la realtà
locale è in grado di strutturare o gestire.
È ormai scientificamente dimostrato il ruolo fondamentale degli stili di vita nel determinare la
salute; d’altra parte lo stile di vita non è solo frutto di scelte individuali, ma caratterizza una
comunità locale nel suo insieme. In questo senso, le scelte individuali modificano e contemporaneamente sono modificate dagli stili di vita della comunità.
La promozione della salute inizia ad essere un frutto della coscienza civile della società e
della assunzione da parte di tutti i cittadini di un ruolo personale diretto e consapevole nei
confronti del proprio benessere fisico, psichico e sociale, avvalendosi di tutti gli organismi di
par tecipazione e concertazione utili per una gestione territoriale della salute.
L’evidenza scientifica ha ormai dimostrato come il fumo di tabacco rappresenta di gran lunga
il maggior fattore di rischio per la salute essendo tra le cause più rilevanti nell’insorgenza di
malattie cardiovascolari, neoplastiche e respiratorie. Il fumo di sigaretta rappresenta la principale causa di malattia e morte prevenibile con modalità ef ficaci e relativamente a basso
costo. In particolare, il fumo risulta la causa scatenante per alcuni tipi di tumore tra cui quelli del polmone (90%), dell’esofago (66%), della vescica (28%), pancreas (25%), rene (25%) e
leucemie (19%). Dall’esame dei dati riportati nel paragrafo “Aspetti demografici ed epidemiologici”, risulta evidente l’incidenza come causa di morte dei tumori correlati all’abitudine
al fumo.
Gli studi di farmacoeconomia dimostrano come la cessazione dal fumo rappresenta il punto
più alto nella bilancia costo efficacia in termini di assistenza sanitaria.
In Italia i fumatori sono 12 milioni e 330 mila. Rappresentano il 24,9% della popolazione con
età superiore a 15. In Veneto i fumatori di età superiore ai 15 anni sono il 21,2%. La maggiore percentuale di fumatori si ha tra i 24 ed i 54 anni con il 35% di fumatori in Italia ed il
30% nel Veneto. Questo è probabilmente il risultato delle campagne di prevenzione e sensibilizzazione attuate nel Veneto in questi anni.
L’incidenza del fumo nelle donne è in aumento negli ultimi anni.
Nell’U.L.SS. n.4, (fonte Progetto Goal - Ser vizio di Alcologia - inter vista a 4.829 donatori di
sangue di età media 36 anni), i fumatori sono il 26%. Tra gli operatori sanitari il 30,8% è fumatore. Tra i medici di base il 19%.
In Italia dei giovani frequentanti la seconda e terza media, il 43% ha sperimentato il fumo di
sigaretta, il 48% non ha mai fumato, il 9% dichiara di fumare ogni giorno. Una recente indagine, effettuata su tutta la regione e che ha coinvolto alcuni istituti scolastici dell’Azienda
U.L.SS. n.4, ha evidenziato che la prima sigaretta si fuma intorno ai 13 anni e che a questa
età il 4% fuma ogni giorno. L’abitudine al fumo dei ragazzi dipende for temente dall’esempio
fornito dai genitori.
In gravidanza il 30% delle fumatrici diminuisce il numero delle sigarette fumate, il 62%
sospende, il 7% non modifica la sua abitudine al fumo.
108
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Il 23,5% della popolazione veneta si dichiara ex fumatore contro il 19% degli italiani, gli uomini hanno maggiore propensione a smettere delle donne. La decisione di smettere avviene
dopo circa 20 anni di abitudine al fumo, aumentando il grado di istruzione aumenta la propensione a smettere. Nel Veneto il 60% dei fumatori maschi ed il 50% delle fumatrici dichiarano di voler smettere di fumare.
I fumatori passivi (ovvero i non fumatori che convivono con almeno un fumatore) sono in Italia
il 22% della popolazione. La quantità di fumo inalata si può misurare attraverso il dosaggio
della nicotina e di un suo metabolita la cotinina. Ci sono alcuni studi che hanno dimostrato
la presenza di cotinina nelle urine e nella saliva di bambini che vivevano con un genitore fumatore.
Anche l’esposizione al fumo della gestante determina la presenza di cotinina nel sangue del
cordone ombelicale del neonato. Più del 50% dei bambini è esposto al fumo passivo nelle
mura domestiche.
L’esposizione al fumo passivo è causa di rischio per malattie respiratorie, infar to e tumore
polmonare. Di qui i recenti riferimenti legislativi rispetto alla tutela dei minori e delle donne
in gravidanza (L.16/01/2003).
Il fumo passivo ha determinato in Italia 221 morti per tumore polmonare e 1896 morti per
patologia cardiovascolare.
Nell’ambito dell’Azienda U.L.SS. n.4 sono stati attuati ad oggi 18 corsi per smettere di fumare frutto della collaborazione del dipar timento delle dipendenze con l’EFAV (Associazione Ex
Fumatori). Si organizzano due corsi l’anno, un follow up a 12 mesi minimo, terminato in ottobre 2003 ha segnalato che dei 971 par tecipanti, il 44% era astinente dal fumo.
Le azioni che possono essere attuate per scoraggiare il fumo
La legislazione Italiana in materia fumo è tra le più complete. La difficoltà sarà nel fare applicare la legge passando attraverso un processo di cambiamento culturale.
In questo ambito vi sono vari progetti di prevenzione promossi dalla nostra azienda, tra questi “Azienda senza fumo” obbligo per il personale, i visitatori ed ai pazienti di astenersi dal
fumare in tutti i locali dell’azienda. Altri destinati alla prevenzione in ambito scolastico:
“Smoke free class” e “Scuola libera dal fumo”.
L’alcol, come il fumo, è correlato a numerose patologie che incidono negativamente sull’aspettativa e sulla qualità di vita della popolazione; l’alcol inoltre è spesso la causa principale nei traumatismi sia involontari come gli incidenti stradali, domestici ed occupazionali, sia
volontari come i suicidi. Se si considera che i traumi e in particolare gli incidenti stradali sono
la prima causa di mor te tra i giovani e la seconda sono i suicidi, è del tutto evidente l’importanza di intervenire con azioni mirate al contenimento dell’abuso di alcol soprattutto nei
giovani.
In par ticolare, in relazione al rappor to giovani-consumo e abuso di alcol, una recente ricerca
condotta su un campione composto da 6.431 studenti veneti e che ha coinvolto anche giovani frequentanti alcuni istituti scolastici dell’U.L.SS. n.4, ha evidenziato che l’età di esordio
del consumo di alcolici si situa verso i 12 anni e mezzo. Rispetto all’abuso, l’età della prima
ubriacatura si situa in media a 13 anni e mezzo.
Il consumo e l’abuso di alcolici si differenziano per sesso e per età: vi sono forti dif ferenze
tra maschi e femmine, con una prevalenza dei primi; il consumo e l’abuso di bevande alcoliche crescono per entrambi i generi con l’aumentare dell’età.
Particolare rilevanza assume l’informazione e la sensibilizzazione riguardo al consumo di
Le condizioni socio-economiche
109
bevande alcoliche in relazione alla guida, in collaborazione anche con le scuole guida (progetto “Alcol, sostanze e guida sicura”). L’abuso di alcool provoca il 6% dei decessi di persone al di sotto dei 75 anni e il 20% dei ricoveri ospedalieri per patologia acuta.
L’uso di sostanze stupefacenti
Rispetto all’uso di sostanze stupefacenti, uno studio della Regione Veneto ef fettuato su una
popolazione di 75.312 soggetti tra i 15 e 44 anni residenti nel territorio dell’U.L.SS. n.4 di
Thiene ha rilevato che:
• il 4,10% (3.090) riferiscono 10 o più ubriacature negli ultimi 12 mesi;
• il 7,53% (5.674) riferiscono di aver usato 10 o più volte cannabinoidi negli ultimi 12 mesi;
• l’1,26% (949) riferiscono di aver usato altre sostanze illegali 3 o più volte negli ultimi 12 mesi;
• lo 0,75% (564) riferisce di aver usato oppiacei 3 o più volte negli ultimi 12 mesi.
Tra le sostanze di maggior consumo vi sono alcool e cannabis che rimangono le sostanze di
maggior uso fra la popolazione giovanile. Per l’anno 2001 nella popolazione di soggetti del
nord-est che ha manifestato una domanda di trattamento ai servizi per le tossicodipendenze,
le sostanze di abuso primario erano diffuse con le percentuali indicate nella tabella 87.
Tabella 87 Diffusione % dell’abuso primario di sostanze psicotrope nel nord-est. Anno 2001.
Sostanza
%
Eroina
76,8
Cannabinoidi
10,1
Cocaina
5,9
Ecstasy
1,5
Altre sostanze
5,7
Gli effetti sulla salute sono notevoli e coinvolgono il soggetto sia sul piano fisico sia sul piano
sociale. Sono infatti imputabili all’uso di sostanze l’incremento di incidenti stradali, con
aumento numerico di vittime, le crisi familiari, con un crescendo delle violenze domestiche e
di maltrattamenti, crimini, omicidi, atti di violenza, la perdita o l’incapacità di mantenere una
occupazione lavorativa oltre che l’incapacità nel mantenere relazioni durature e significative.
In tal senso i principali fattori che favoriscono il consumo di droghe sono: le influenze interpersonali, (atteggiamenti positivi e tolleranti nei confronti delle droghe e compor tamenti di
consumo dei genitori e dei fratelli; stile educativo non autorevole, ma autoritario e permissivo; gruppo dei pari tollerante o consumatore o che assume compor tamenti a rischio); i fattori personali (stati emozionali negativi, credenze positive verso il consumo di droghe, aspettative, motivazioni e significati attribuiti alle droghe, deboli competenze sociali e deboli legami con agenzie della comunità; le influenze ambientali (disponibilità, accessibilità delle droghe; situazioni d disagio e di stress, risorse e opportunità sociali ridotte, cultura che promuove il consumo).
Tutti questi fattori concorrono a determinare una maggiore vulnerabilità del soggetto verso le
sostanze tanto che oggi si parla di fattori predisponenti bio-psico-sociali.
I fattori predisponenti portano più facilmente all’innescarsi di fattori precipitanti, quali crisi
psicologica, uso di sostanze (con fenomeni di tolleranza e dipendenza) fino alla crisi sociale.
Il problema dell’abuso di sostanze e delle varie forme di dipendenza da interesse minoritario
è diventato nel tempo un problema centrale per la società, soprattutto alla luce dell’uso combinato e sempre più pericoloso che ne viene fatto.
Se fumo e alcol, in particolare se consumanti assieme, costituiscono i più significativi fatto-
110
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
ri di rischio, essi coinvolgono non più di un terzo della popolazione; per gli altri due terzi i
determinanti più importanti sono rappresentati da una alimentazione inappropriata e da uno
stile di vita sedentario. I disturbi del comportamento alimentare si configurano oggi, come
problema medico specifico e par ticolare. Negli ultimi anni si sta registrando un progressivo
incremento di questi stati morbosi con numeri tali da rappresentare un fenomeno di allarme
sociale.
Tra i disturbi del compor tamento alimentare si annoverano in particolare l’anoressia e la bulimia. L’epidemiologia conferma l’aumento dell’incidenza di anoressia e bulimia nella popolazione, ma è soprattutto aumentata la richiesta di cura; la loro incidenza nella popolazione a
rischio (identificabile con quella femminile compresa tra i 14 e i 25 anni), è stimabile nel suo
complesso attorno al 3-4% cui si deve aggiungere un altro 5% dei casi non ancora clinicamente rilevabili.
Gli errori dello stile di vita e quelli del comportamento alimentare sono elementi molto importanti nella genesi degli stati di eccesso di peso. Nei paesi tecnologicamente avanzati, l’obesità è la seconda causa di mor te prevedibile, dopo il fumo; questo significa che l’obesità è
la prima causa di morte prevedibile nei soggetti non fumatori. Obesità e sovrappeso rappresentano una grande sfida alla salute pubblica: in Italia circa il 10% della popolazione è obeso,
e oltre il 30% è in sovrappeso. Negli ultimi dieci anni la prevalenza dell’obesità è aumentata
drammaticamente del 50%.
Economia e contesto produttivo
Se il Nord Est è il ter ritorio delle piccole e medie imprese, la provincia di Vicenza e l’Alto
Vicentino in par ticolare esaltano al massimo le caratteristiche di questo tessuto imprenditoriale pulviscolare, for temente radicato e connesso con la società, a tal punto che si registra
attualmente la presenza di un’impresa ogni dodici abitanti.
Le caratteristiche peculiari del modello economico sono rappresentate da un’elevatissima
intensità industriale, il frazionamento dimensionale e la diffusione sociale dell’imprenditorialità, la natura multipolare degli insediamenti produttivi e di quelli industriali, la vocazione
all’export. Ai nostri imprenditori sono riconosciute virtù quali la praticità, la creatività, la laboriosità, l’imprenditività, la distrettualità che comprende la capacità di sviluppare una fitta
trama di rappor ti socio culturali.
L’economia dell’Alto Vicentino appare ancora votata alla produzione manifatturiera ed i settori più tradizionalmente fiorenti sono il meccanico e il tessile.
L’industria meccanica è aggregata principalmente attorno a Schio e le specializzazioni prevalenti sono l’elettromeccanica e la produzione di macchine utensili necessarie per gli altri settori trainanti della provincia. Impor tante è anche il comparto tessile allargato all’intera filiera
dell’abbigliamento, con prodotti assai diversificati: dai capi d’abbigliamento classici a quelli
sportivi, da tutti i tipi di stof fa ai filati. Tuttavia questo settore, conseguentemente alla delocalizzazione e alla concorrenza di paesi emergenti, sta attraversando un momento di difficoltà, con conseguente calo del numero di occupati.
Il compar to del commercio denota l’espansione della grande distribuzione organizzata, che
tuttavia è rimasta tutto sommato “controllata”, sia per interventi regionali di carattere normativo sia perché comunque la piccola impresa familiare, seppur in difficoltà, continua ad
essere un punto di riferimento sia per le attività all’ingrosso che per quelle al dettaglio. Il settore commerciale ha ovviamente risentito della contrazione dei consumi e soffre al momento attuale di una condizione di affaticamento congiunturale.
111
Le condizioni socio-economiche
L’impresa artigiana assume una grande rilevanza nell’economia locale. La ripar tizione per
categoria delle imprese artigiane registra la prevalenza dei due settori legati alle costruzioni
e alla metalmeccanica e lavorazione dei metalli, nonché la consistenza del settore dell’installazione e riparazione impianti.
Nell’af frontare le sfide poste dalla globalizzazione e nel doversi confrontare con imprese più
grandi, le imprese artigiane patiscono alcuni svantaggi quali l’assenza dei benefici connessi
alle economie di scala, la difficoltà di affiancare i “servizi” alla “produzione” in senso stretto, la difficoltà di mobilitare risorse nella direzione dell’innovazione di processo e soprattutto
di prodotto. Tuttavia posseggono anche alcuni vantaggi: la flessibilità e la versatilità produttiva; la diffusa sussistenza di relazioni cooperative e non conflittuali tra imprenditore ar tigiano e lavoratori dipendenti, la capacità di attingere pienamente ai benefici di scambio esperienziale tipici dei contesti distrettualizzati; la possibilità di sfruttare quei servizi che, pur mancando nella singola impresa, sono tuttavia erogati dal complesso della rete.
Nel settore dell’agricoltura si registra una for te presenza di microaziende a conduzione diretta e, fra queste, prevalgono quelle condotte esclusivamente con manodopera familiare. Per
garantirsi una nicchia nel mercato che si evolve verso la globalizzazione e per contrastare gli
elementi di criticità del settore è in atto uno sforzo di valorizzazione della qualità dei prodotti tipici della zona (in particolare vini, formaggi, salumi).
Nella tabella seguente è riportata la situazione dell’imprenditorialità in provincia di Vicenza,
così come rilevata dai dati del Registro delle Imprese (aggiornamento al 31/12/2002). Il
peso percentuale dei diversi settori è espresso sia con riferimento alle unità locali attive che
con riferimento agli addetti dichiarati.
Tabella 09 Anagrafe delle imprese vicentine. Situazione al 31.12.2002
Unità locali attive Addetti dichiarati
% U.L.
% Add.
12.910
9.546
14,8
3,6
30
37
0,0
0,0
Estrazione di minerali
165
624
0,2
0,2
Attività manifatturiere
18.097
139.453
20,8
52,9
0,4
Agricoltura, caccia e silvicoltura
Pesca, piscicoltura e ser vizi connessi
Prod. e distrib. ener g. elettr., gas e acqua
72
998
0,1
Costruzioni
10.473
20.136
12,0
7,6
Comm. ingr. e dett. rip. beni pers. e per la casa
20.811
39.634
23,9
15,0
Alberghi e ristoranti
3.763
6.356
4,3
2,4
Trasporti, magazzinaggio e comunicaz.
3.096
6.561
3,6
2,5
Intermediaz.monetaria e finanziaria
2.011
5.877
2,3
2,2
Attiv. immob., noleggio, informat., ricerca
9.283
15.935
10,7
6,0
4
63
0,0
0,0
Istr uzione
292
461
0,3
0,2
Sanità e altri servizi sociali
258
1.426
0,3
0,5
Altri servizi pubblici, sociali e personali
3.171
5.335
3,6
2,0
Serv. domestici presso famiglie e conv.
2
8
0,0
0,0
2.619
11.291
3,0
4,3
87.057
263.741
100,0
100,0
Pubbl. amm. e difesa; assic. sociale obbligatoria
Imprese non classificate
Totali
Fonte: Camera di Commercio di Vicenza, 2002.
Nella graduatoria nazionale per valore assoluto dell’expor t industriale, la provincia di Vicenza
risulta terza dietro alle province di Milano e Torino, le quali, tuttavia, hanno una dimensione
112
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
demografica ben superiore. In rapporto alla popolazione residente, infatti, a Vicenza si ottiene un valore dell’export di circa 15.000 euro pro-capite, mentre a Milano ci si ferma sulla
soglia dei 9.000 euro e a Torino sui 7.000.
Come ci si deve aspettare da un’economia di trasformazione, in provincia di Vicenza risulta
elevato anche il valore delle importazioni: con 6,7 miliardi di euro nel 2001, la quota sul totale regionale arriva al 23,5%. Il saldo commerciale dell’economia vicentina rimane comunque
attivo per un valore di oltre 5 miliardi di euro.
In rapporto al valore aggiunto creato in provincia di Vicenza nel 2001, le esportazioni hanno
raggiunto una quota pari al 64%, in crescita continua negli ultimi 10 anni (nel1995 la stessa
quota era pari al 52%).
Tuttavia, nel corso del 2002 e nel 2003, in relazione alle vicende economiche e politiche che
caratterizzano lo scenario mondiale, si è registrata una brusca frenata, e le previsioni effettuate da Prometeia indicano che sarà difficile prima del 2005 raggiungere il traguardo segnato nel 2001.
I processi di delocalizzazione produttiva, intesi come decentramento all’estero di attività in
precedenza svolte nella base domestica e che costituiscono una delle forme più manifeste
dei processi di internazionalizzazione, hanno nel vicentino raggiunto dimensioni consistenti.
Su questo argomento si è concentrata l’attenzione dell’opinione pubblica, con opinioni contrastanti I recenti risultati di un’indagine dell’Istituto Poster, hanno rilevato una quota assai
elevata di giudizi negativi da parte dei vicentini sulla delocalizzazione, che viene percepita
come una condizione di abbandono del territorio, che si presenta come perdita di lavoro,
oppor tunità di sviluppo, relazioni locali, know how produttivo. Tuttavia, se i processi di delocalizzazione vengono osservati in modo meno super ficiale, emerge come essi compor tino
non solo una perdita di lavoro e oppor tunità di sviluppo ma anche l’acquisizione di nuove attività e competenze produttive all’interno dei distretti, rappresentando, di fatto, un percorso
verso il riposizionamento nella divisione internazionale del lavoro e una spinta verso processi di innovazione e riaggiustamento industriale.
Da anni la provincia di Vicenza è una delle prime province in Europa rispetto alla dinamicità
del mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione (espressivo del rappor to tra le persone in cerca di lavoro e le forze lavoro) tra i più bassi d’Italia (pari al 2,5% nel 2002), che
pone la nostra realtà in posizioni di avanguardia anche a livello europeo.
Tabella 10 Tassi occupazione/disoccupazione (tot.) nella provincia di Vicenza. 1995-2002
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
3,8
3,2
3,5
3,3
2,9
2,3
2,2
2,5
Occupazione 15-64: M
60,9
61,4
62,5
62,7
64,0
64,6
64,1
65,4
Occupazione 15-64: F
45,7
47,0
48,4
49,6
51,3
51,6
52,3
55,9
Disoccupazione
2002
Fonte: Fondazione Nord-Est, Venezia
Tuttavia, il contesto di bassa crescita che caratterizza negli ultimi anni l’economia si sta riflettendo in un netto peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro.
L’attuale situazione di difficoltà è testimoniata anche dall’indagine realizzata
dall’Associazione Industriali della Provincia di Vicenza sui fabbisogni professionali dell’industria vicentina, aggiornata a giugno 2003, che ha visto rispondere 693 aziende, che hanno
espresso un fabbisogno complessivo di 1.638 lavoratori.
Nel 2002, alla stessa indagine avevano risposto 725 aziende, con un fabbisogno di 2.406
lavoratori.
Le condizioni socio-economiche
113
Tabella 12 Occupati per settore. Vicenza e Veneto. 2001, 2002 (valori in migliaia)
Vicenza
Occupati totali
Agricoltura
Industria
Costruzioni
Veneto
2000
2001
2000
2001
351
355
1.940
1.970
12
10
88
83
157
157
669
656
145
21
22
142
Totale industria
178
180
811
801
Altre attività
161
165
1.042
1.086
50,7
50,7
42
41
252
262
1.374
1.410
Occupati industria su totale occupati
Occupati dipendenti
Agricoltura
2
2
18
17
Industria
143
147
631
633
Altre attività
106
113
725
759
Fonte: Elab. Veneto Lavoro su dati Istat
Il settore che richiede più personale è il metalmeccanico (35%), seguito dai costruttori edili
(12,5%) che superano i servizi vari e le materie plastiche, che si attestano al 9%.
Interessante il dato del settore moda che passa da poco più del 2% a circa il 6%. La richiesta di personale maschile sale dal 76% all’86%, condizionata dalla forte richiesta di impiegati tecnici che vengono percepiti prevalentemente di sesso maschile. Da segnalare, infine,
un calo nella percentuale dei lavoratori immigrati in forza nelle aziende del campione:
dall’8,31% del 2002 si passa ora al 7,37%.
Nei raggruppamenti territoriali di Schio e Thiene le previsioni di assunzione sono pari a 240
unità, di cui 3 dirigenti, 6 quadri, 80 impiegati, 151 operai.
Tabella 11 Forze lavoro nella provincia di Vicenza e Veneto. Anno 2002
Totale
Forze di lavoro
Disoccupati
Occupati totali
Agricoltura
Industria in senso stretto
Costruzioni
Femmine
Maschi
Vicenza
Veneto
Vicenza
Veneto
Vicenza
Veneto
378
2.057
159
825
219
1.232
10
70
5
43
4
27
368
1.987
154
782
215
1.205
11
80
3
22
8
58
156
632
62
219
94
413
23
153
3
13
21
140
Totale industria
181
799
65
235
116
564
Altre attività
176
1.108
86
524
90
583
Dipendenti totali
267
1.413
127
621
139
792
Fonte: Elaborazione Veneto Lavoro su dati ISTAT
L’indagine accentua la linea di tendenza delineatasi con le precedenti ricerche, ossia il calo
della richiesta di operai sui fabbisogni complessivi: se nel 2000 le aziende chiedevano l’82%
di operai e il restante 18% di impiegati, quadri e dirigenti, nel 2001 le percentuali erano diventate rispettivamente il 77% e il 23%, nel 2002 il 76 e il 24% e nel 2003 si sono attestate sul
68% e sul 32%.
Questi dati, unitamente al numero di assunzioni previste per azienda che passa da 3,7 nel
2001 a 3,3 nel 2002 e a 2,3 nel 2003, sono il segno di una sensibile flessione occupazio-
114
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
nale e di un cambiamento di modello organizzativo.
Le condizioni di bassa crescita vissuta negli ultimi anni dall’Italia, come da altri paesi industrializzati, non hanno certo risparmiato il nord-est e il vicentino e l’economia locale sta soffrendo l’attuale fase di congiuntura recessiva. Il rallentamento del ciclo economico cui assistiamo ha di certo motivazioni internazionali, ma è forse anche il segnale di mutamenti più
profondi, che coinvolgono sia il posizionamento dell’economica del nord-estnel nuovo quadro
geo-economico, sia i cambiamenti interni nelle forme di consumo, investimento e organizzazione delle attività produttive.
In vir tù dell’ingresso nell’euro, per gli ef fetti della globalizzazione e delle trasformazioni tecnologiche, l’alto vicentino (come tutto il nord-est) risente della sua crescita accelerata. I fattori che avevano costituito la risorsa principale del suo successo, oggi necessitano di essere rivisitati, ritradotti.
Le trasformazioni legate alla famiglia e le sue conseguenze (calo demografico, invecchiamento della popolazione), il fenomeno ineluttabile dell’immigrazione, le strategie di riposizionamento per l’economia, il trasferimento verso nuovi settori produttivi e la ricollocazione all’estero di parte delle produzioni, il sostegno all’innovazione tecnologica e alla formazione professionale, le infrastrutture rappresentano delle vere e proprie bifor cazioni di fronte alle quali
è necessario assumere delle strategie.
Tutti questi fattori, un tempo propulsivi, oggi diventano un freno allo sviluppo. Confidare esclusivamente nella capacità autoregolativa del sistema, di fronte alle sfide globali dei mercati
internazionali, potrebbe non bastare. Per mantenere e alimentare ulteriormente lo sviluppo
economico e sociale è necessario ora offrire una regolazione ed una programmazione condivisa fra i diversi attori sociali.
Le condizioni socio-economiche
115
Aspetti demografici ed epidemiologici
La popolazione dei comuni dell’U.L.SS. n.4 al 31.12.2003, come risulta dalle anagrafi comunali, ammontava a 179.250 persone; per una analisi più approfondita della struttura demografica e di alcuni indicatori si è scelto tuttavia di usare gli ultimi dati uf ficiali dell’Istat al
momento della scrittura del presente lavoro che hanno come data di riferimento il primo gennaio del 2001.
Tabella 13 Popolazione U.L.SS. n. 4 al 31/12/2003
Comune
Popolazione
Arsiero
3.435
Breganze
8.182
Caltrano
2.624
Calvene
1.303
Carrè
3.400
Chiuppano
2.624
Cogollo del Cengio
3.438
Fara Vicentino
3.910
Laghi
Lastebasse
Lugo di Vicenza
Malo
130
244
3.732
12.954
Marano Vicentino
9.138
Monte di Malo
2.864
Montecchio Precalcino
4.745
Pedemonte
Piovene Rocchette
Posina
816
7.961
702
Salcedo
1.049
San Vito di Leguzzano
3.596
Santorso
5.537
Sarcedo
5.208
Schio
38.313
Thiene
21.347
Tonezza del Cimone
613
Torrebelvicino
5.711
Valdastico
1.481
Valli del Pasubio
3.547
Velo d’Astico
2.345
Villaverla
5.720
Zanè
6.270
Zugliano
Totale
Fonte: Anagrafi comunali
6.311
179.250
116
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Orografia
Il territorio dell’U.L.SS. n.4 si configura come una zona pedemontana.
La ripartizione orografica tra pianura, collina e montagna, vede la super ficie dividersi rispettivamente in quasi 100 chilometri quadrati della prima, poco più di 200 della seconda e oltre
340 della terza con una distribuzione percentuale pari a 15%, 31% e 54%.
Figura 45 Orografia dell’Alto Vicentino
Fonte: Foto satellitare. Elaborazione U.L.SS. n.4
Struttura demografica
Le caratteristiche del territorio riflettono anche una diversa concentrazione della popolazione
evidenziando un decremento nella densità abitativa via via che ci si alza rispetto al livello del
mare. In particolare nei 100 km quadrati di pianura si colloca un terzo della popolazione (con
612 persone per km 2 ); nei 200 km2 di collina risiede metà della popolazione (con 439 persone per km2 ); infine nei 347 km2 di montagna, che rappresentano oltre metà dell’intera
superficie, risiede il 17% della popolazione (con una densità pari a 86 persone per km2 ).
Nel complesso il territorio copre una superficie pari a 644 chilometri quadrati nella quale insistono 173.569 (al 01/01/2001) persone con una densità media di 270 persone per km2 .
Della popolazione totale il 51% sono donne ed il 49% sono uomini; è importante sottolineare come questa dato sintetico sia il risultato di un andamento che fino ai 50 anni di età vede
le percentuali ribaltate (51% maschi e 49% femmine), tra i 50 e i 60 anni la popolazione si
divide equamente, mentre dai 60 anni in poi la frequenza relativa di donne rispetto agli uomini aumenta progressivamente. Questo andamento è rappresentato graficamente dalla campana demografica nella figura 46.
Dividendo la popolazione per decadi e per sesso si ottiene la distribuzione rappresentata
nella tabella 14.
Le condizioni socio-economiche
117
Figura 46 Campana demografica
Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4
Tabella 14 Popolazione dei Comuni dell’U.L.SS. n. 4. Ripar tizione per decadi
Fascia
Popolazione
Maschi
Femmine
% Maschi
% Femmine
0-9
17.248
8.761
8.487
51
49
10-19
16.280
8.311
7.969
51
49
20-29
24.526
12.465
12.061
51
49
30-39
30.583
16.018
14.565
52
48
40-49
23.265
12.153
11.112
52
48
50-59
22.660
11.312
11.348
50
50
60-69
19.012
9.066
9.946
48
52
70-79
13.767
5.325
8.442
39
61
80-89
5.298
1.538
3.760
29
71
90 e oltre
930
191
739
21
79
Totale
173.569
85.140
88.429
49
51
Fonte: Dati ISTAT al 01/01/2001. Elaborazione U.L.SS. n.4
L’invecchiamento della popolazione
Complessivamente l’U.L.SS. n.4 è composta da una popolazione relativamente giovane
rispetto alla media regionale presentando un indice di dipendenza anziani (rapporto tra popolazione con più di 64 anni e popolazione con età compresa tra 15 e 65) pari a 24 contro 26
della media regionale. Questo valore medio presenta notevoli differenze tra comune e comune così come rappresentato dalla mappa seguente.
Come evidenziato dalla tabella 15, 6 anziani su 10 (61%) sono donne; da una analisi più
approfondita emerge che un anziano su tre (30%) è grande anziano di sesso femminile.
118
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Tabella 15 Ripar tizione anziane e grande anziani per sesso
65 - 74
> 74
(grandi anziani)
> 64
> 64
>74
>74 per sesso
(anziani)
(%)
(%)
su totale >64 (%)
Maschi
7.073
3.918
10.991
39
32
14
Femmine
9.070
8.462
17.532
61
68
30
16.143
12.380
28.523
100
100
Totale
43 (% grandi anziani/anziani)
Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4
Le previsioni demografiche (fonte ISTAT) fino al 2050 realizzate su base regionale evidenziano la tendenza ad un progressivo e marcato invecchiamento della popolazione (figura 47).
Figura 47 Previsioni demografiche per fasce d’età fino al 2050 per la Regione Veneto
Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4
Alcuni Indicatori
Gli indicatori che di seguito saranno considerati sono tesi ad inquadrare la situazione demografica per fasce d’età standard che rappresentano specifiche esigenze.
Le fasce utilizzate per calcolare gli indicatori standard sono i0 = [0,15) per l’infanzia / adolescenza, i1=[15,65) per la popolazione attiva, i2 = [65,75) per gli anziani, i3 = [75,+) per i
grandi anziani, i4 = i2 + i3 = [65,+) per gli anziani in generale, i5 = [15, 40) per la prima metà
della popolazione attiva, i6 = [40, 65) per la seconda metà della popolazione attiva, i7 =
[15,20) e i8 = [60,65) per il primo e l’ultimo lustro dell’età lavorativa, i9 = [0,5) per i bambini pre-scolari, i10 = [15,50) per le donne in età feconda. A queste fasce sono state aggiunte anche f0 = [0,10) per i bambini, f1 = [0,15) per gli l’infanzia / adolescenza, f2 = [15,30)
per la giovinezza, f3 = [30,60) per l’età adulta, f4 = [60,75) per la terza età, f5 = [75,+) per
la quarta età, queste ultime permettono di fare un raffronto con gli indicatori introdotti nel
PSSR2003.
Le condizioni socio-economiche
119
Gli indicatori standard
• Idg = Indice di dipendenza giovanile = 100 x i0 / i1
• Ids = Indice di dipendenza senile (o indice di dipendenza anziani) = 100 x i4 / i1
• Id = Indice di dipendenza (o indice di carico sociale) = Idg + Ids
• Iv = Indice di vecchiaia (o indice di invecchiamento) = 100 x i4 / i0
• Ispa = Indice di struttura della popolazione attiva = 100 x i6 / i5
• Ir = Indice di ricambio = 100 * i8 / i7
• Icfdf = Indice di carico di figli per donna feconda = 100 x i9 / i10
Tabella 16 Indicatori Standard per i Comuni dell’U.L.SS. n. 4
Territorio
Idg
Ids
Id
Iv
Ispa
Ir
Icfdf
Arsiero
18
31
49
178
105
157
19
Breganze
23
26
50
114
88
106
22
Caltrano
20
24
45
119
86
102
22
Calvene
22
24
47
110
97
153
21
Carrè
23
21
44
90
83
107
22
Chiuppano
19
27
46
141
89
148
19
Cogollo del Cengio
22
24
45
109
92
89
23
Fara Vicentino
22
21
43
97
86
85
22
Laghi
18
65
83
362
132
140
10
Lastebasse
19
71
91
368
84
433
24
Lugo di Vicenza
22
26
48
120
95
136
22
Malo
22
19
41
86
83
118
21
Marano Vicentino
23
21
44
91
80
122
23
Monte di Malo
21
25
46
116
90
93
20
Montecchio Precalcino
21
22
43
105
91
145
22
Pedemonte
20
39
59
193
93
110
23
Piovene Rocchette
20
24
45
121
92
148
21
Posina
21
45
66
211
107
191
30
Salcedo
23
24
47
103
77
85
19
San Vito di Leguzzano
24
22
46
93
85
115
22
Santorso
19
23
43
121
102
153
18
Sarcedo
24
19
43
81
83
98
21
Schio
19
25
44
129
91
142
20
Thiene
22
25
47
118
90
140
21
Tonezza del Cimone
21
45
67
211
105
94
15
Torrebelvicino
24
24
47
101
90
131
23
Valdastico
19
38
57
206
110
122
16
Valli del Pasubio
21
30
52
143
94
140
24
Velo d’Astico
20
27
47
137
87
137
21
Villaverla
23
18
41
78
78
94
22
Zanè
20
17
36
84
88
116
18
Zugliano
22
22
43
100
85
128
22
Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. elaborazione U.L.SS. n.4
120
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Tabella 17 Indicatori Standard per territori sovracomunali
Territorio
Idg
Ids
Id
Iv
Ispa
Ir
Icfdf
U.L.SS. n.4
21
24
45
113
89
127
21
Distretto n.1
22
23
45
103
87
120
21
Distretto n.2
20
25
45
122
91
134
21
Pianura
22
21
43
98
86
126
21
Collina
21
24
44
116
90
128
21
Montagna
21
28
50
135
94
128
22
Prov. Vicenza
21
24
45
112
88
119
21
Veneto
19
26
46
134
93
130
19
Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4
Immigrazione
Il territorio dell’U.L.SS. n.4 è oggetto di un flusso migratorio sostenuto le cui cause sono
diverse.
La ricchezza dello strato produttivo e la richiesta di manodopera che da esso scaturisce
(la provincia di Vicenza ha un
tasso di disoccupazione tra i
più bassi d’Italia); come evidenziato anche dal VII
Rappor to Poster-Assoindustria
di Vicenza del 2002, per il
campione analizzato la carenza di manodopera risulta essere nell’Alto Vicentino un proFigura 48 Nazione di provenienza degli stranieri
Fonte: Dati ISTAT al 01.01.2001. Elaborazione U.L.SS. n.4
blema più sentito che non nel
resto della provincia.
Tabella 18 Stranieri residenti in base alla nazione di provenienza e loro incremento
Nazione
2000
2001
Incremento
Jugoslavia
1.401
1.550
11%
Marocco
934
1.116
19%
Ghana
653
731
12%
Albania
327
437
34%
Bosnia-Erzegovina
204
302
48%
Bangladesh
157
274
75%
Senegal
232
273
18%
Croazia
254
257
1%
Romania
151
236
56%
Tunisia
108
144
33%
... altri
1.073
1.350
26%
Totali
5.494
6.670
21%
Fonte: Dati ISTAT al 01.01.anno. Elaborazione U.L.SS. n.4
Il confronto dei dati Istat tra gli anni 1999 e 2000, per il nostro territorio, relativamente ai
Le condizioni socio-economiche
121
residenti stranieri divisi per sesso, evidenzia un incremento della componente femminile, che
fa pensare che una par te significativa del flusso migratorio sia dovuta al progressivo ricongiungimento delle famiglie.
Tabella 19 Stranieri residenti nei comuni dell’U.L.SS. n. 4 e aumento (persone e percentuali)
Anno
Femmine
Maschi
Totale
Numero assoluto di stranieri residenti
2000
2.270
(41%)
3.224
(59%)
5.494 (100%)
2001
2.830
(42%)
3.840
(58%)
6.670 (100%)
Incremento
560
(48%)
616
(52%)
1.176 (100%)
Percentuale rispetto alla popolazione residente
2000
2,6%
3,8%
3,2%
2001
3,2%
4,5%
3,8%
Fonte: Dati ISTAT al 01.01.anno. Elaborazione U.L.SS. n.4
Analisi della mortalità nell’Alto Vicentino
L’analisi della mortalità è lo strumento che più di ogni altro si presta per la valutazione delle
politiche sanitarie, soprattutto sul versante della prevenzione e della salute pubblica. In questa analisi vengono messi a fuoco tre grandi filoni, che per la loro numerosità, la possibilità
di intervento con specifici strumenti di prevenzione e il forte impatto emotivo sulla popolazione, rappresentano gli aspetti più interessanti in uno studio della mor talità: gli incidenti
stradali, i tumori maligni e le malattie cardiovascolari.
Alla fine di questo studio viene proposta una breve trattazione per alcune cause di mor te selezionate confrontate con la media della mortalità regionale (SMR).
Incidenti stradali
Uno dei maggiori problemi di salute pubblica in Italia è rappresentato dalle conseguenze
socio-sanitarie degli incidenti stradali, fenomeno che negli ultimi 30 anni ha causato la morte
di oltre 300.000 persone, metà delle quali avevano un’età inferiore ai 40 anni, in par ticolare gli incidenti stradali rappresentano la principale causa di mor te tra i 15 ed i 44 anni.
Nella tabella 20 sono rappresentati gli incidenti stradali in Italia nel decennio 1991-2000 con
le relative conseguenze in termini di deceduti e feriti.
Tabella 20 Incidenti stradali in Italia. Anni 1991-2000
Anno
Incidenti
Deceduti
Feriti
Indice mor talità
(n. deceduti x 100 incidenti)
1991
170.702
7.498
240.688
4,4
1992
170.814
7.434
241.094
4,4
1993
153.393
6.645
216.100
4,3
1994
170.679
6.578
239.184
3,9
1995
182.761
6.512
259.571
3,6
1996
190.068
6.193
272.115
3,3
1997
190.031
6.226
270.962
3,3
1998
204.615
6.342
293.842
3,1
1999
219.032
6.633
316.698
3,0
2000
211.941
6.410
301.599
3,0
Fonte: ISTAT 2001
122
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Un importante dato che viene fornito da questa tabella è quello dell’indice di mortalità ossia
la percentuale di deceduti sul numero di incidenti, che a fronte di un aumento costante del
numero degli incidenti e del numero di feriti registra invece una flessione di quasi un punto
e mezzo in 10 anni, dovuto probabilmente ad un parco macchine più sicuro (air bag, barre di
protezione, ecc.) e all’introduzione dell’uso obbligatorio degli strumenti di protezione individuale (cinture di sicurezza, seggiolini per i minori, ecc.).
Molte di queste mor ti potrebbero essere evitate tramite una serie di azioni che agiscono a
più livelli: da quelle che tendono ad evitare che l’incidente si verifichi (educazione stradale,
politica dei trasporti, ecc.), a quelle che riducono i possibili danni nel momento stesso dell’incidente (es. l’uso dei dispositivi di sicurezza), dagli inter venti che riducono i danni conseguenti all’incidente (es. primo e pronto soccorso) alla riabilitazione.
Nel contesto nazionale per quanto riguarda la mortalità per incidenti stradali il Veneto si colloca ai primi posti con un numero molto elevato di eventi, ma soprattutto per il gran numero
di morti in entrambi i sessi (nella tabella 21 viene rappresentato il tasso standardizzato di
mortalità per 100.000 abitanti nel Veneto ed in Italia nel 1997 suddiviso per sesso).
Tabella 21 Tasso standardizzato di mortalità. Anno 1997
Tasso standardizzato di mor talità per 100.000 abitanti suddiviso per sesso
Maschi
Femmine
Veneto
31,9
9,3
Italia
23,7
8,5
Fonte: Flusso regionale mortalità
Per quanto riguarda invece i ricoveri correlati ad incidenti stradali nel corso del 1998 negli
ospedali del Veneto, si sono avuti oltre 12.000 ricoveri.
Nella tabella 22 viene rappresentata la mortalità per incidenti stradali nel Veneto suddivisa
per sesso. In questa tabella oltre al numero di decessi, la loro percentuale sul totale dei
deceduti vengono rappresentati anche gli anni di vita perduti calcolati con la differenza tra
l’età al momento del decesso e i 65 anni (questo dato è un indice per la rappresentazione
della mortalità precoce).
Tabella 22 Mortalità per incidenti stradali nel Veneto. Anno 1997
Maschi
Decessi
Anni di vita persi < 65
Femmine
n.
% sul totale
n.
661
3,1
229
% sul totale
1,0
15.364
19,5
4.298
11,3
Fonte: Flusso regionale mortalità. Anno 1997
A livello dell’Azienda U.L.SS. n.4 gli incidenti stradali rappresentano il 2,9% del totale dei
decessi nei maschi quasi l’1,0% dei decessi nelle femmine.
Questo dato aumenta enormemente se vengono considerati solamente i decessi nei soggetti con meno di 65 anni, infatti gli incidenti stradali rappresentano l’8,0% dei decessi nei
maschi e il 4,4% dei decessi nelle femmine in questa fascia di età (vedi tabella 23).
Le condizioni socio-economiche
123
Tabella 23 Mortalità per incidenti stradali nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1989-1998
Numero assoluto, percentuale rispetto al totale e tassi standardizzati x 100.000 abitanti
Maschi
Femmine
n
%
tasso
n
%
tasso
Decessi tot.
232
2,9
26,8
68
0,9
6,9
Decessi < 65 anni
187
8,0
22,0
45
4,4
5,5
Anni di vita persi < 65
565,3
/
119,6
7,3
/
15,9
Fonte: Ser vizio Epidemiologico. Elaborazione sulla mortalità dell’U.L.SS. n.4. 1989-1998
Utilizzando i dati relativi all’anno 2000 della tabella 20 (incidenti stradali in Italia) possiamo
fare una stima del numero di incidenti stradali, con il relativo numero di feriti e di morti che
potrebbero essersi verificati nell’U.L.SS. n.4 nello stesso anno (vedi tabella 24). Nella stessa tabella è riportato anche il numero dei deceduti per incidenti stradali osser vati nel 2000.
Avendo riportato un numero di deceduti di un terzo superiore a quello stimato, probabilmente anche il numero degli incidenti e dei relativi feriti è sottostimato di circa un terzo.
Tabella 24 Mortalità per incidenti stradali nell’U.L.SS. n. 4. Anno 2000
Anno 2000
Stima del n. di incidenti
651
Stima del n. di deceduti
20
Deceduti osservati
30
Stima del n. di feriti
926
Fonte: Ser vizio Epidemiologico. Elaborazioni su dati ISTAT e mortalità locale
Attraverso l’applicazione del tasso standardizzato in maniera indiretta (SMR), si può ottenere
un confronto tra la mor talità regionale e quella dell’U.L.SS. n.4. Questo tasso si ottiene applicando alla popolazione dell’U.L.SS. n.4 i tassi di mortalità età specifici della Regione Veneto
ottenendo così i decessi attesi. Dal rapporto percentuale tra il numero dei decessi osser vati e quello dei decessi attesi si ottiene l’SMR. In questo caso l’SMR indica di quanto la mortalità dell’U.L.SS. n.4 è superiore o inferiore a quella attesa, per esempio:
• se SMR = 100 mortalità U.L.SS. uguale a quella attesa;
• se SMR = 90 mor talità U.L.SS. inferiore del 10% a quella attesa;
• se SMR = 110 mor talità U.L.SS. superiore del 10% a quella attesa.
Gli intervalli fiduciali al novantacinquesimo percentile forniscono l’intervallo di stima
del SMR, cioè una misura dell’errore statistico associato alla misura effettuata. Se l’intervallo fiduciale non comprende il valore 100, la differenza del SMR è statisticamente significativa.
Anche se il numero dei casi osservati nella figura 49 indica una mortalità sostanzialmente
più bassa rispetto a quella regionale in entrambi i sessi (SMR inferiore di circa il 15% nel
sesso femminile e di circa il 6-8% nel sesso maschile) non si può escludere che tali valori
siano effetto del caso (vedi intervalli fiduciali al 95° percentile).
Questo però non deve fuorviare dal fatto che gli incidenti stradali rappresentano sempre la
prima causa di morte tra i 15 ed i 44 anni anche nell’U.L.SS. n.4.
Tumori maligni
Il cancro nel suo insieme presenta recentemente una flessione della mortalità: è la prima
volta che questo succede nel XX secolo, anche nella provincia di Vicenza.
Questa tendenza risulta dal bilanciamento degli andamenti di incidenza (numero di nuovi casi)
124
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Figura 49 Mor talità per incidenti stradali. SMR totali e troncati con intervalli fiduciali al 95% e sesso
e di sopravvivenza di ciascun cancro, ma in par ticolare da quello che è successo per i tumori più frequenti. I miglioramenti terapeutici più eclatanti hanno riguardato tumori relativamente poco frequenti (morbo di Hodgkin, leucemia linfoblastica acuta, cancro del testicolo), ed in
misura rilevante anche il cancro della mammella, del grosso intestino e della prostata. Questi
ultimi hanno dunque avuto un impatto sulla mortalità molto maggiore e ancor oggi per vincere la battaglia con il cancro bisogna af frontare le patologie più frequenti.
La diminuzione della mortalità e dell’incidenza del cancro al polmone in primis (causata dalla
massiccia cessazione dell’abitudine al fumo tra gli uomini) e del cancro dello stomaco (collegata probabilmente al miglioramento dei sistemi di conser vazione del cibo) sono i cambiamenti che hanno avuto maggiore impatto a livello di popolazione.
L’estensione dello screening mammografico, dello screening per il tumore del collo dell’utero e la sperimentazione organizzativa dello screening del cancro del colon-retto, offrono
cospicue ulteriori possibilità di diagnosi precoce. Alcuni tumori presentano tuttavia ad oggi un
trend di mortalità in crescita, che è legato al cambiamento della distribuzione dei fattori di
rischio nella popolazione (cancro del colon-retto, cancro della mammella, cancro del polmone
nelle donne, melanoma, cancro dell’encefalo), in alcuni casi anche grazie ad una maggiore
accuratezza e anticipazione diagnostica (cancro del fegato, linfomi non-Hodgkin, cancro della
prostata).
Al di là dell’aumento (età specifico) di incidenza o della mortalità per i singoli cancri, sarà l’invecchiamento della popolazione a portare il cambiamento più rilevante, con un aumento in
termini assoluti dell’incidenza e della mortalità nelle classi di età più elevate. Gli oncologi
(assieme ai chirurghi, ai radioterapisti e ai medici di medicina generale) saranno quindi chiamati a curare in maniera integrata un numero sempre maggiore di casi molto più complessi,
perché gravati dalla comorbidità e dalla disabilità tipiche dell’età avanzata.
La prevalenza è il parametro di maggiore rilevanza per la programmazione sanitaria, perché
dà una misura del carico assistenziale, che si fa via via più gravoso con la possibile ripresa
e progressione della malattia. La prevalenza è influenzata dal numero di casi in entrata (incidenza) e dal numero di casi in uscita (sopravvivenza/decesso).
Per dare un quadro dell’entità del fenomeno tumori nell’U.L.SS. n.4, viene presentata la
stima dei nuovi casi/anno per i tumori più frequenti, ottenuta applicando i tassi derivati dallo
studio “ITAPREVAL” alla popolazione residente nell’U.L.SS. n.4 al 01/01/2000. Lo studio
Le condizioni socio-economiche
125
“ITAPREVAL” ha coinvolto tutti i registri tumori italiani dalla loro fondazione (range: 1978 registri di Varese e Parma e 1987 registro Veneto) al 1992.
Considerate le differenze geografiche ed i cambiamenti in atto dell’ultimo decennio, la stima
va considerata un’approssimazione (vedi tabella 25).
Tabella 25 Stima del numero di casi di cancro nell’U.L.SS. n. 4. Anno 2000
ICD IX
Sede
151
Stomaco
Stima del n. di casi
200
153
Colon
383
154
Retto
199
161
Laringe
260
162
Trachea, bronchi e polmoni
173
172
Melanoma cutaneo
135
174
Mammella (donna)
1.016
180
Cervice uterina
133
182
Corpo dell’utero
240
183
Ovaio ecc.
100
185
Prostata
171
188
Vescica
506
189
Rene
201
193
Tiroide
138
200, 202
Linfomi non Hodgkin
140-208 eccetto 173
Tutti i siti eccetto altri tumori cutanei
204
4.800
Fonte: Elaborazioni su dati dello Studio ITAPREVAL 1992
Il numero più elevato di casi si riscontra per quei tumori che oltre ad avere una maggior frequenza hanno anche una discreta sopravvivenza. Questo è il caso del tumore della mammella
nella donna, che da solo raggiunge circa un quarto dei casi totali di cancro, con rispettivamente 1.016 casi stimati per l’U.L.SS. n.4. Vi è inoltre un importante numero di casi anche
per il cancro della vescica e per quello della laringe con rispettivamente 506 e 260 casi stimati per l’U.L.SS. n.4.
Questi tumori pur non essendo molto frequenti presentano però una buona sopravvivenza. Al
contrario il tumore del polmone (tumore più frequente nel sesso maschile), presenta un
numero di casi relativamente piccolo, data la bassa probabilità di sopravvivenza, 173 casi stimati per l’U.L.SS. n.4.
La stima del numero totale di casi di cancro esclusi gli altri tumori maligni della pelle è di
4.800 per l’U.L.SS. n.4. Anche in questo caso le specifiche patologie vanno inquadrate sia
nel contesto della storia naturale della malattia (rischio di ripresa locale o metastasi) sia nel
contesto del piano di cura.
La mortalità per malattia neoplastica ha grosse implicazioni dal punto di vista assistenziale,
perché in prossimità della morte viene assorbita una grande quantità di risorse. In mancanza di dati di incidenza (che richiedono anche un tempo considerevole per essere elaborati) la
mor talità può dare anche una stima del rischio, che naturalmente è molto più lontana dall’insorgenza dell’evento rispetto all’incidenza (da una a tre decadi dall’esposizione ai fattori
di rischio) e risente molto dei miglioramenti terapeutici in corso. Con questi limiti, la mortalità è un’informazione di elevata qualità e disponibilità.
126
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Tabella 26 Stima dei nuovi casi/anno di cancro nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1995–1996
ICD IX
Sede
Femmine
Maschi
140-149
Labbra, Cavo orale e Faringe
6,9
23,0
Totale
29,9
150
Esofago
2,5
10,5
13,0
151
Stomaco
21,1
26,1
47,2
153-154
Colon, Retto
54,5
59,8
114,3
155
Fegato
13,1
26,9
39,9
156
Cistifellea ecc.
7,6
4,4
12,0
157
Pancreas
16,0
15,1
31,0
161
Laringe
1,7
18,3
20,1
162
Trachea, bronchi e polmoni
25,9
105,1
131,0
163
Pleura
172
Melanoma cutaneo
173
174
180
1,0
2,1
3,1
12,4
11,5
23,8
Altri tumori cutanei
92,8
119,3
212,1
Mammella (donna)
117,9
/
117,9
Cervice uterina
7,6
/
7,6
182
Corpo dell’utero
17,1
/
17,1
183-184
Ovaio e altri tumori genitali femminili
20,8
/
20,8
185
Prostata
/
68,8
68,8
186-187
Testicolo e altri tumori genitali maschili
/
5,7
5,7
188
Vescica
12,9
45,1
58,0
189
Rene
11,7
24,4
36,1
191
Cervello
6,3
6,6
12,9
193
Tiroide
7,9
3,1
10,9
200,202
Linfomi non Hodgkin
20,8
22,7
43,5
201
Morbo di Hodgkin
3,0
3,5
6,5
203
Mieloma multiplo
6,9
6,7
13,6
204-208
Leucemie
10,6
12,7
23,3
13,9
16,3
30,1
432,8
530,1
962,9
159,165,195,196,198,199 Tumori di sede maldefinita
140-208 eccetto 173
Tutti i siti eccetto altri tumori cutanei
Fonte: Elaborazioni su dati del Registro Tumori del Veneto. Anni 1995-1996
Le tabelle 27 e 28 sono state ottenute elaborando i dati dell’archivio della mortalità della
Regione del Veneto dal 1995 al 1999. La media annua di decessi per tutti i tumori
nell’U.L.SS. n.4 è di 472, dei quali 206 femmine e 266 maschi.
I tumori con il numero più elevato di decessi/anno sono il tumore del polmone nei maschi
con 79 casi/anno ed il tumore della mammella nelle femmine con 41 casi/anno (vedi tabella 27).
Tabella 27 Media annua decessi da tumore, per sesso. U.L.SS. n. 4. Anni 1995-1999
ICD IX
Sede
Femmine
Maschi
Totale
140-149
Labbro e cavo orale
3
12
15
150
Esofago
3
13
16
151
Stomaco
10
13
23
152
Intestino tenue, duodeno
1
1
2
153,154
Colon, retto
24
27
51
155
Fegato
12
19
31
127
Le condizioni socio-economiche
ICD IX
Sede
157
Pancreas
161
Laringe
162
Trachea, bronchi, polmoni
172-173
Pelle
174
Mammella (donna)
179,180,182
183
Femmine
Maschi
Totale
15
11
26
0
6
6
17
79
96
2
2
4
41
/
41
Utero
7
/
7
Ovaio
8
/
8
185
Prostata
/
17
17
188
Vescica
3
8
11
191
Encefalo
2
5
7
200-208
Tessuti linfatici, leucemie
20
17
37
Restanti cod.
Altri tumori maligni
26
27
53
210-239
Tumori di natura N.S. carcinomi in situ, t. benigni
7
8
15
140-239
Tutti i tumori
206
266
472
Fonte: Elaborazioni su dati dell’Archivio mor talità della Regione Veneto. Anni 1995-1999
La tabella 28 rappresenta il numero medio annuo di decessi per tumore nei soggetti con
meno di 65 anni suddivisi per sesso. Anche in questo caso i tumori più frequenti sono il tumore del polmone nei maschi con 23 decessi/anno ed il tumore della mammella nelle femmine
con 14 decessi/anno, il numero medio annuo di decessi per tutti i tumori è in questo caso
di 121, 76 nei maschi e 45 nelle femmine (vedi tabella 28).
Tabella 28 Decessi per tumore in soggetti con meno di 65 anni nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1995-1999
Distribuzione per sesso
ICD IX
Sede
Femmine
Maschi
140-149
Labbro e cavo orale1
5
6
Totale
150
Esofago
1
5
6
151
Stomaco
1
3
4
152
Intestino tenue, duodeno
1
0
1
153,154
Colon, retto
4
9
13
155
Fegato
1
4
5
157
Pancreas
2
4
6
161
Laringe
0
2
2
162
Trachea, bronchi, polmoni
2
21
23
172-173
Pelle
174
Mammella (donna)
179,180,182
183
0
1
1
14
/
14
Utero
2
/
2
Ovaio
3
/
3
185
Prostata
/
2
2
188
Vescica
1
1
2
191
Encefalo
1
3
4
200-208
Tessuti linfatici, leucemie
5
6
11
Restanti cod.
Altri tumori maligni
5
8
13
210-239
Tumori di natura N.S. carcinomi in situ, t. benigni
1
1
2
140-239
Tutti i tumori
45
76
121
Fonte: Elaborazioni su dati dell’Archivio mortalità della Regione Veneto. Anni 1995-1999
128
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Figura 51 e 52 Mor talità per tumore. U.L.SS. n.4. Anni 1995-1999. SMR Femmine (sopra); SMR Maschi (basso)
Le condizioni socio-economiche
129
Nelle figure 50 e 51 sono riportati i tassi standardizzati di mortalità in maniera indiretta
(SMR) confrontati con la media provinciale di decessi, posizionata al valore 100.
Eccessi di mortalità saranno superiori a 100, una mor talità più bassa invece sarà inferiore a
questo valore. Oltre al valore dell’SMR vengono rappresentati nei grafici gli intervalli fiduciali
al 95° percentile, che ser vono ad evidenziare la “for chetta” di valori entro la quale l’SMR può
variare per effetto del caso (come si fa ad esempio per le stime elettorali).
Per quanto riguarda l’SMR nei maschi non si evidenziano par ticolari eccessi o flessioni della
mor talità rispetto alla media provinciale. Anche l’eccesso di mortalità del 93% per il tumore
dell’intestino tenue e del duodeno non risulta statisticamente significativo, per la scarsa
numerosità dei casi, per cui non si può escludere che tale evenienza sia attribuibile al caso.
Questo discorso vale anche per i tumori della pelle, della vescica e dell’encefalo che registrano una flessione di circa il 25%.
Per quanto riguarda l’SMR nelle femmine si riscontra un eccesso significativo di mor talità del
37% rispetto alla media provinciale per il tumore del fegato. Non si evidenziano invece altri
eccessi o flessioni significativi.
Anche l’eccesso di mortalità del 93% per il tumore dell’intestino tenue e del duodeno e del
49% per il tumore dell’esofago, non risultano statisticamente significativi, per la scarsa numerosità di tali tumori, per cui non si può escludere che tali evenienze siano attribuibili al caso.
Questo discorso vale anche per i tumori della laringe, della pelle e dell’encefalo che registrano una flessione di circa il 30%.
Malattie cardio-vascolari
Incidenza
Si stima che in Italia nel 2000 si siano verificati circa 52.000 nuovi eventi coronarici negli
uomini di età compresa fra 25 e 84 anni e 27.000 nelle donne. Il tasso di incidenza standardizzato (TSE) è stato di 227,3 eventi ogni 100.000 uomini e di 97,9 eventi ogni 100.000
donne. Queste stime derivano dai dati di incidenza e sopravvivenza raccolti nel registro MONICA – Area Friuli Venezia Giulia, elaborati con il modello MIAMOD insieme ai dati demografici
e di mortalità dell’ISTAT. Si notano differenze nelle diverse aree del paese (vedi tabella 29).
Tabella 29 Stima dei nuovi eventi coronarici in Italia. Anno 2000
Numero assoluto e tasso standardizzato x 100.000 abitanti
Maschi
Femmine
numero
tasso
numero
Nord
23.800
221,5
12.400
tasso
93,0
Centro
10.950
228,0
5.800
100,2
Sud
17.350
238,9
8.700
104,2
Fonte: Stime MIAMOD dello studio MONICA. Area Friuli Venezia Giulia
Per quanto riguarda l’U.L.SS. n.4 si stima che il numero di nuovi eventi coronarici acuti/anno
sia di circa 350 (circa 250 a carico del sesso maschile e circa 100 a carico del sesso femminile).
Prevalenza
L’andamento della prevalenza (ossia del numero totale dei casi in un determinato momento)
dipende da tre fattori: l’incidenza (numero di nuovi casi), il miglioramento dei trattamenti che
por tano a un aumento della sopravvivenza e l’invecchiamento della popolazione.
Le stime MIAMOD costruite attraverso il registro MONICA – Area Friuli Venezia Giulia e
130
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
l’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare, forniscono una fotografia dettagliata della
prevalenza delle malattie cardiovascolari sul territorio italiano.
Nel nord-est (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna) la familiarità
per le malattie cardiovascolari riguarda il 23% degli uomini e il 30% delle donne.
La prevalenza delle diverse malattie cardiovascolari è:
• infar to: 1,7% negli uomini e 0,4% nelle donne;
• ictus: 1,2% negli uomini e 0,8% nelle donne;
• fibrillazione atriale: 0,9% negli uomini e 0,5% nelle donne;
• angina pectoris: 3% negli uomini e 2,5% nelle donne;
• cludicatio intermittens: 2,1% negli uomini e 2,5% nelle donne;
• TIA: 0,6% negli uomini e 0,2% nelle donne.
La stima dei casi prevalenti nell’U.L.SS. n.4 per quanto riguarda l’infarto e l’ictus cerebri sono
riporti nella tabella 30.
Tabella 30 Stima dei casi prevalenti di infarto del miocardio e di ictus nell’U.L.SS. n. 4
Patologie
Maschi
Femmine
Infarto
1.447
354
Ictus cerebri
1.021
707
Fonte: Servizio Epidemiologico. Elaborazioni su stime MIAMOD dello studio MONICA. Area Friuli Venezia Giulia
Mor talità
Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di mor te nella popolazione in generale.
Attualmente in Italia queste malattie rappresentano circa il 44% sul totale dei decessi di cui
il 30% è dovuto all’infarto del miocardio (circa 36.000 decessi/anno) e il 31% all’ictus. Questi
Figura 52bis Tassi standardizzati di mortalità per malattie cardiovascolari in Italia
Anni 1980-1998. Distribuzione per sesso
131
Le condizioni socio-economiche
valori sono dovuti prevalentemente all’invecchiamento della popolazione con conseguente
aumento numerico degli individui maggiormente suscettibili di ammalarsi e di morire per
malattie di tipo degenerativo.
La mortalità per malattie cardiovascolari mostra un chiaro trend in discesa, a par tire dalla
metà degli anni ’70 (da allora ad oggi è diminuita del 60%, circa il 3% in meno ogni anno). In
particolare per la cardiopatia ischemica la diminuzione della mor talità può essere attribuita
per 2/3 ad un calo dei nuovi casi (incidenza) e per 1/3 alla diminuzione della letalità (migliori terapie d’urgenza, es. terapie mediche ed inteventistiche di ricanalizzazione delle coronarie, unità coronariche, ecc.).
Il trend della mortalità per malattie cardiovascolari in Italia dal 1980 al 1998 è rappresentato nella figura 52bis che riporta la distribuzione per sesso dei tassi standardizzati per
100.000 abitanti.
Considerando gli anni potenziali di vita persi, cioè gli anni che ciascuna persona avrebbe potuto vivere in più secondo l’attuale speranza di vita media, le malattie cardiovascolari tolgono
ogni anno circa 300.000 anni di vita alle persone di età inferiore a 65 anni (Pessina G. per il
Gruppo Italiano Burden of Disease).
Nell’U.L.SS. n.4 i decessi totali per malattie cardio-vascolari raggiungono il 41,2% nei maschi
ed il 50,7% nelle femmine. Per i soggetti con età inferiore ai 65 anni la mortalità per queste
patologie raggiunge rispettivamente il 24,8% nei maschi ed il 21,7% nelle femmine (vedi
tabella 31).
Tabella 31 Mortalità per malattie cardio-vascolari nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1989-1998
Numero assoluto, percentuale sul totale dei decessi e tassi standardizzati per 100.000 abitanti
Maschi
Femmine
numero
%
tasso
numero
%
tasso
3.343
41,2
384,60
3.889
50,7
219,20
Decessi < 65 anni
579
24,8
68,10
224
21,7
25,30
Anni di vita persi < 65
515
14,5
/
210
12,8
/
Decessi totale
Fonte: Ser vizio Epidemiologico. Elaborazioni sulla mortalità dell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998
Tra le malattie cardiovascolari, le due patologie più rilevanti sono la cardiopatia ischemica e
le malattie cerebro-vascolari costituendo rispettivamente circa 1/3 e 1/5 dei decessi cardiovascolari (vedi tabelle 32 e 33).
Applicando la standardizzazione indiretta o SMR si può valutare quanto si discosta la mor talità dell’U.L.SS. n.4 rispetto alla media regionale. Nell’U.L.SS. n.4 si riscontra un eccesso di
mortalità sia per il settore delle malattie cardiovascolari in generale che per la cardiopatia
ischemica e l’infarto in entrambi i sessi. Si riscontra inoltre un eccesso di mortalità per malattie cerebro-vascolari nelle femmine con età < ai 65 anni e nei maschi in generale.
Tabella 32 Mortalità per cardiopatia ischemica nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1989-1998
Numero assoluto, percentuale sul totale dei decessi e tassi standardizzati per 100.000 abitanti
Maschi
Femmine
numero
%
tasso
numero
%
tasso
1.468
18,1
167,40
1.225
16,0
70,70
Decessi < 65 anni
350
15,0
68,10
84
8,1
25,30
Anni di vita persi < 65
316
8,9
/
63
3,8
/
Decessi totale
Fonte: Ser vizio Epidemiologico. Elaborazioni sulla mortalità dell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998
132
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Tabella 33 Mortalità per malattie cerebrovascolari nell’U.L.SS. n. 4. Anni 1989-1998
Numero assoluto, percentuale sul totale dei decessi e tassi standardizzati per 100.000 abitanti
Maschi
Femmine
n.
%
tassi
n.
%
tassi
674
8,3
76,90
972
12,7
55,10
Decessi < 65 anni
90
3,8
68,10
69
6,7
25,30
Anni di vita persi < 65
79
2,2
/
75
4,6
/
Decessi totale
Fonte: Servizio Epidemiologico. Elaborazioni sulla mortalità dell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998
In par ticolare le donne con età inferiore ai 65 anni risultano avere un eccesso di mortalità
del 35% per le malattie cardio-vascolari in generale, del 54% per le cardiopatie ischemiche e
l’infar to e del 43% per le malattie cerebro-vascolari (vedi figure 53, 54 e 55).
Tali eccessi di mor talità sembrano essere attribuibili prevalentemente a stili di vita scorretti:
fumo di tabacco, dieta con elevato consumo di grassi saturi, sale e alcool, basso consumo
di frutta, verdura e cereali integrali, obesita/sedentarietà, che favoriscono l’insorgenza anche
di altre patologie come l’ipercolesterolemia, l’iper tensione arteriosa e il diabete che compar tecipano nella patogenesi delle cardiovasculopatie.
Oltre a questi fattori, nella nostra zona sembra esserci anche una predisposizione genetica
per le patologie cardiovascolari nelle popolazioni di origine nordica – cimbri – (è attualmente
in atto uno specifico studio coordinato dall’Università di Padova che sta interessando il bacino della Val Leogra).
Nota: L’SMR è un calcolo di standardizzazione indiretta che consente di valutare quanto si discosta la
mortalità locale rispetto alla media regionale; dando a quest’ultima valore di 100, i valori che si disco stano in più o in meno sono le percentuali di maggiore o minore mortalità. Sono attendibili i dati che risul tano statisticamente significativi (p < 0,05). In questo caso sono stati utilizzati i tassi regionali standar dizzati relativi al 1994.
Mortalità per cause selezionate
Nei grafici da 56 a 59 vengono rappresentati gli SMR troncati e totali per alcune cause selezionate derivati dall’elaborazione dei dati di mor talità dell’U.L.SS. n.4 del decennio 19891998 distribuiti per sesso; vengono inoltre rappresentati gli inter valli fiduciali al 95° percentile. Questi SMR sono rapportati alla mor talità media regionale posizionata al valore 100.
Valori maggiori o inferiori rappresentano eccesso o diminuzione di mortalità. Sono segnati in
rosso e in verde rispettivamente i valori in eccesso e in diminuzione statisticamente significativi. Per quanto riguarda la mortalità per tutte le cause l’andamento è pressoché analogo
alla media regionale sia al di sotto dei 65 anni che nella popolazione in generale per entrambi i sessi. Si nota inoltre un aumento significativo di mortalità per malattie cardio-vascolari
sia al di sotto dei 65 anni che nella popolazione in generale per entrambi i sessi (per altro
già trattato nel relativo capitolo).
Un discorso a parte deve essere fatto per il fenomeno suicidio che presenta un numero quasi
doppio di decessi rispetto alla media regionale nelle femmine con età < ai 65 anni e circa il
50% in più nei maschi sia al di sotto dei 65 anni, che nella popolazione generale.
Nella figura 56 riguardante i tassi troncati a 65 anni per il sesso femminile si nota una situazione favorevole per la mortalità per tutti i tumori maligni (-11,4%). Vi è una situazione peggiorativa invece per le malattie del sistema circolatorio (+35,3%), per le cardiopatie ischemiche e l’infar to (+54,1%), per le malattie cerebrovascolari (+43,9%), per i suicidi (+95,9%) e
per i disturbi psichici (+89,7% quest’ultimo dato deve essere preso con le pinze, data l’esi-
Le condizioni socio-economiche
133
guità del numero di decessi per questa causa - 12 decessi/anno).
Nella figura 57, riguardante i tassi troncati a 65 anni nel sesso maschile, si nota una situazione favorevole per la mortalità per le malattie dell’apparato digerente (-25,8%), dovuta prevalentemente alla minore mortalità per cirrosi epatica (-28,3%). Vi è una situazione peggiorativa invece per le malattie del sistema circolatorio (+17,5%), per le cardiopatie ischemiche
e l’infarto (+37,5%), per le malattie genito-urinarie (+63,3%) e per i suicidi (+53,1%).
Nella figura 58, riguardante l’SMR per l’intera popolazione femminile, si nota una situazione
favorevole per la mortalità per tutti i tumori maligni (-6,0%), per i tumori del tessuto linfatico
e le leucemie (-19,9%), per l’ipertensione ar teriosa (- 26,8%), per le malattie dell’apparato
respiratorio (-24,6% ) dovuta prevalentemente alla bronchite, enfisema ed asma (- 22,9%) e
per le malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (-59,0%). Vi è una situa-
Figura 53, 54 e 55 Mor talità per: malattie cardiovascolari (alto), cardiopatie ischemiche e infarto (centro),
cerebrovascolari (basso). U.L.SS. n.4. SMR totali e troncati con intervalli fiduciali al 95% e sesso
134
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
zione peggiorativa invece per le malattie metaboliche (+14,7%), dovuta soprattutto al diabete (+16,9%), per i disturbi psichici (+18,6%), per le malattie del sistema circolatorio (+5,5%)
e per le cardiopatie ischemiche e l’infarto (+12,5%).
Nella figura 59, riguardante l’SMR per l’intera popolazione maschile, si nota una situazione
favorevole per la mor talità per tutti i tumori maligni (-7,9%), in particolare per il tumore del
pancreas (-20,3%), per il tumore dei bronchi e del polmone (-13,2%) e per il tumore della pro-
Figura 56 e 57 Mor talità per cause selezionate nell’U.L.SS. n.4. Femmine (alto) e Maschi (basso). SMR Troncati a 65
anni con intervalli fiduciali al 95%
Le condizioni socio-economiche
135
stata (-16,2%), per le malattie dell’apparato respiratorio (-12,0%) dovuta prevalentemente alla
bronchite, enfisema ed asma (-15,7%), per le malattie dell’apparato digerente (-15,3%), dovuta prevalentemente alla cirrosi epatica (-26,5%) e per le malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (-50,0%). Vi è una situazione peggiorativa invece per le malattie
del sistema circolatorio (+17,1%), per le cardiopatie ischemiche e l’infar to (+28,3%), per le
malattie cerebro-vascolari (+11,3%) e per i suicidi (+47,1%).
Figura 58 e 59 Mortalità per cause selezionate nell’U.L.SS. n.4. Femmine (a destra, alto) e Maschi (a destra,
basso). SMR con intervalli fiduciali al 95%
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali
È nella conoscenza che si decide del vero e del non vero [...] Conoscere è
sempre, in quanto conoscere qualcosa, una adeguazione alla cosa da
conoscere, è un commisurarsi con…
Nietzsche
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali
L
137
a qualità della rete dei servizi e soprattutto il suo corretto utilizzo rappresenta un fattore
determinante della salute che incide, secondo la letteratura, per circa il 10-15% sullo stato
di salute complessivo di una comunità.
Sembrerebbe trattarsi quindi di un determinante non fondamentale ma è altresì vero che proprio sulla rete dei ser vizi la comunità ha la maggior capacità di influenza attraverso un’attenta programmazione dell’uso delle risorse a disposizione al fine di garantire i livelli uniformi di
assistenza per la popolazione.
Per ser vizi territoriali, sanitari e sociali, si intendono tutti quelli che non rientrano specificatamente nelle attività ospedaliere di ricovero; si tratta di quei servizi che tendono a preservare lo stato di salute delle persone.
La promozione della salute inizia ad essere un frutto della coscienza civile della società e
della assunzione da parte di tutti i cittadini di un ruolo personale diretto e consapevole nei
confronti del proprio benessere fisico, psichico e sociale, avvalendosi di tutti gli organismi di
partecipazione e concer tazione utili per una gestione territoriale della salute.
Di seguito si affronteranno sia i temi della prevenzione, rifacendosi nei contenuti al “Piano
A.L.T.A. Salute” che affronta specificatamentela questione della tutela attiva della salute, sia
l’ar ticolazione dei servizi sociosanitari e sociali presenti nel territorio.
La prevenzione
Eppure le decisioni vanno prese e anche non prendere decisioni, in fondo, è
una decisione
Goethe
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
I
139
compor tamenti sono cer tamente più di semplici azioni: connotano in certa misura la persona e la società in cui vive. Una persona che fa spesso passeggiate in montagna è diversa da una che usa l’auto anche per andare al bar a 500 metri da casa.
Non è possibile, poi, scindere il comportamento di una persona dalle sue motivazioni, dai
suoi obiettivi e dal suo contesto di vita. Fare una corsa o una passeggiata in montagna assume significati diversi per un adolescente, per un atleta, per un manager, per un anziano o per
una famiglia.
I comportamenti sono da sempre strettamente associati anche ai valori della comunità: questo è vero specialmente per le minoranze e nei passaggi critici della storia, come testimoniano, ad esempio, le comunità di prima immigrazione (ricordiamo le genti venete emigrate in
America, ancora legate agli stili di vita tradizionali).
La recente, ma ’esplosiva e peraltro recente dif fusione del benessere ha prodotto uno strumento di for te estensione dei comportamenti: l’assimilazione di massa (così, ad esempio, gli
italiani hanno imparato a guidare la 500, ad andare in bicicletta), che ha come presupposto
la produzione industriale di prodotti virtualmente identici in tutto il pianeta (jeans, personalcomputer, hamburger).
I comportamenti individuali e collettivi incidono sicuramente sulla salute.
Lo scenario della salute della nostra popolazione nel secolo scorso è caratterizzato da tre
grandi transizioni: una economica (“dai carri nei campi agli aerei nel cielo”, citando una canzone di Luigi Tenco), una demografica (dalla famiglia patriarcale alla famiglia nucleare) ed una
epidemiologica (dalle malattie acute infettive alle malattie cronico-degenerative, tumori e
malattie cardiovascolari per prime).
Se guardiamo i grandi e continui progressi dell’aspettativa di vita anche in età adulta ed anziana, certamente il Veneto non è mai stato così bene prima d’ora.
Ciononostante, oggi gli scorretti stili di vita sono causa di malattie invalidanti a partire dall’età adulta che diventano più pesanti nell’età avanzata. Anche gli stili di vita hanno subito un
cambio epocale, che è stato assorbito solo in maniera parziale.
È difficile pensare di cambiare i compor tamenti proponendo semplicemente una serie di
nozioni già note e calando una lista di “buoni consigli”.
È sicuramente più efficace tenere presente la complessità delle motivazioni di ognuno e dell’intera a comunità in cui vive, soprattutto bisogna sfruttare tutte le oppor tunità che sono a
disposizione. Tali oppor tunità possono essere rappresentate anche dai legami che tengono
unita la nostra Comunità dell’Alto Vicentino.
La storia e perfino la geografia della nostra terra altovicentina ci offrono un retroterra culturale di for te identità: un patrimonio invidiabile di lavoro e di integrazione sociale che ha saputo assorbire tumultuose trasformazioni economiche e politiche. Il for te attaccamento individuale al lavoro ed al consolidamento del benessere della famiglia, sono le riconoscibilissime
radici etiche dei comportamenti sociali. Esse devono ora sostenere una nuova visione di sviluppo economico e produttivo, fronteggiare una profonda modificazione delle strutture familiari, ma soprattutto progettare una nuova dimensione della qualità della vita e della salute.
La ricerca educativa ha maturato nei decenni un percorso: dalla educazione alla salute, rivolta a singoli o a gruppi (sviluppo di conoscenze, competenze, abilità), è giunta alla promozione della salute, rivolta alla comunità. Si sottolinea, cioè, l’importanza delle regole condivise,
e dell’influenza ambientale: non vi può essere contraddizione tra e le scelte dell’individuo e i
valori e gli investimenti della comunità.
Si è anche capito che i comportamenti si cambiano in gruppo: in famiglia, tra amici e colleghi di lavoro, a par tire da un nuovo giudizio di valore e da una sperimentazione individuale.
140
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Se i miei amici cominciano ad usare più spesso la bicicletta, è più facile che anch’io faccia
come loro. Se io comincio ad andare in palestra, è più facile che anche la mia ragazza faccia
come me. Stili di vita sani sono ormai ben visibili, ad esempio, nel grande e crescente numero di persone di ogni età che passeggiano, corrono, pedalano sulle nostre strade o ancora
nel crescente uso delle strutture sportive da parte di gruppi di tutte le età, di associazioni
non sportive o semplicemente di singole persone.
L’ultimo (in termini di apparizione) strumento di modifica dei compor tamenti è in realtà diventato il più impor tante o, certamente, il più visibile: i mass-media.
Generalmente carta stampata e immagini televisive, proprio in virtù delle loro caratteristiche,
si prestano più agevolmente a produrre informazione piuttosto che educazione. Un cittadino
correttamente informato è, comunque, in grado di orientarsi tra opzioni diverse e di arrivare
alla decisione da solo e nei tempi da lui stabiliti. L’altra importante funzione riconosciuta ai
mass media è quella della rappresentazione: ogni iniziativa, progetto, proposta, realizzazione
acquista valore per la comunità tanto quanto è presente sulla “piazza mediatica”.
È indubbio che bisogna partire dalla comunità per costruire un nuovo progetto di salute.
Diventano rilevanti, per questo, i ruoli di tutte le istituzioni formative e culturali, dei soggetti
economici e, in particolare, dell’ente locale, nella sua duplice veste di depositario della fiducia dei cittadini e di regista della programmazione territoriale. Diventa indispensabile, poi,
pensare e realizzare un progetto di salute comune a tutta la nostra popolazione, condividendo conoscenze, ascoltando suggerimenti, promuovendo azioni che diano la possibilità di mantenere e promuovere la salute di ciascuno in un contesto ambientale e sociale sano.
Alcuni consigli pratici
• Fumo
OBIETTIVO: Evitare l’esposizione della popolazione al fumo attivo e passivo
CONSIGLIO: Non iniziare a fumare o smetti completamente di farlo
• Attività Fisica
OBIETTIVO: Mantenere, durante tutta la vita, uno stile di vita attivo equivalente ad un Indice PAL di almeno
1.75, con l’opportunità di far e esercizio fisico anche vigoroso
CONSIGLIO: Fai una passeggiata di un’ora o un’attività simile ogni giorno, se l’attività fisica lavorativa e domestica
è bassa o moderata. Fai inoltre dell’esercizio fisico vigoroso per almeno un’ora la settimana
• Attività Fisica di Base
OBIETTIVO: Ridurre, attraverso l’attività e la buona forma fisica, i danni sulla salute delle malattie coronariche
(compreso l’infarto) e dell’ipertensione. Alcuni studi evidenziano un legame tra lo stile di vita sedentario ed
alcune malattie tumorali
CONSIGLIO: Fai un’attività moderata (per esempio, camminare a passo svelto) per trenta minuti al giorno nella
maggior parte dei giorni della settimana: è sufficiente per mantenere la funzionalità cardiovascolare
• Attività Fisica sostenuta
OBIETTIVO: Incoraggiare l’attività fisica sostenuta, per prevenire l’obesità, il diabete, l’osteoporosi
CONSIGLIO: Potenzia la muscolatura con un’attività fisica moderata per 60 minuti al giorno: in questo modo si
prevengono l’obesità ed il diabete e si consolidano le ossa e le articolazioni
• Peso ideale
OBIETTIVO: Mantenere il peso medio, durante tutta la vita adulta, tra i Valori di Indice di Massa Corporea
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
141
di 18.5 e 25.
CONSIGLIO: Evita di essere sovrappeso o sottopeso e limita l’aumento di peso durante la vita adulta sotto i 5
chilogrammi
• Scelta dei cibi
OBIETTIVO: Incoraggiare una dieta variata, nutrizionalmente adeguata e basata soprattutto su cibi di origine
vegetale
CONSIGLIO: Scegli una varietà di cibi vegetali, frutta e legumi. Scegli cibi poco manipolati dall’industria degli
alimenti (cibi senza aggiunta di grassi, zuccheri e sale)
• Vegetali e frutta
OBIETTIVO: Promuovere il consumo di verdura e frutta di stagione, che dovrebbe fornire almeno il 7%
dell’energia totale
CONSIGLIO: Consuma 400-800 grammi di verdura e frutta al giorno, preferibilmente di stagione
• Altri cibi vegetali
OBIETTIVO: Promuovere l’inserimento, nella dieta, di una varietà di cibi vegetali ricchi di amido o
proteine, preferibilmente poco manipolati dall’industria alimentare, per fornire il 45-60% dell’energia totale
CONSIGLIO: Consuma 400-800 grammi al giorno di una varietà di cereali, legumi e tuberi. Preferisci i cibi
poco manipolati e limita il consumo di zuccheri raffinati
• Grassi totali ed oli
OBIETTIVO: Limitare il consumo di grassi totali e di oli, che devono fornire dal 15% ad un massimo del 30%
dell’energia totale
CONSIGLIO: Limita il consumo di cibi grassi, particolarmente quelli di origine animale. Utilizza quantità modeste
di appropriati oli vegetali
• Carne
OBIETTIVO: Limitare il consumo della carne rossa, che non deve fornire più del 10% dell’energia totale
CONSIGLIO: Limita il consumo di carni rosse a meno di 80 grammi al giorno. È preferibile consumare pesce,
pollame, carni bianche proveniente da allevamenti domestici
• Bevande alcoliche
OBIETTIVO: Dissuadere il consumo eccessivo di alcol. Per coloro che bevono alcol, non deve essere
appor tato dall’alcol più del 5% dell’energia totale negli uomini e del 2,5% nelle donne
CONSIGLIO: Se bevi alcol, limita il consumo a non più di due bevande alcoliche al giorno (esempio: una birra da
1/3 o un bicchiere di vino) per gli uomini e una per le donne. L’alcol non è un alimento indispensabile
• Abolizione dell’uso di alcolici per i guidatori
OBIETTIVO: Ridurre il rischio di incidenti, abolendo il consumo di alcol per i guidatori
CONSIGLIO:Non bere alcolici prima di metterti alla guida di autoveicoli
• Sale
OBIETTIVO: Evitare di superare il consumo di 6 grammi/giorno di sale (considerando tutte le fonti alimentari)
CONSIGLIO: Limita il consumo di cibi salati e l’uso del sale nella cottura. Non aggiungere sale in tavola. Usa
erbe e spezie per insaporire i cibi
142
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
• Additivi e residui
OBIETTIVO: Stabilire e monitorare il rispetto dei limiti di sicurezza per additivi alimentari, pesticidi e altri
contaminanti dei cibi
CONSIGLIO: Limita il consumo di alimenti confezionati. Se la produzione di alimenti avviene in conformità alla
legge, la presenza di additivi, pesticidi e contaminanti dei cibi non dovrebbe avere effetti negativi sulla salute
• Preparazione
OBIETTIVO: Incoraggiare la cottura a basse temperature di carne e pesce
CONSIGLIO: Consuma solo occasionalmente carne e pesce cotti direttamente alla fiamma, carni insaccate
e affumicate
• Supplementi Alimentari
OBIETTIVO: Incoraggiare l’appor to dietetico di tutti i nutrienti attraverso una dieta varia, senza ricorrere
a supplementazioni dietetiche, non necessarie né utili per ridurre il rischio di cancro
CONSIGLIO: Segui una dieta varia. L’utilizzo costante di sale da cucina iodato è raccomandato per la prevenzione
delle malattie della tiroide
• Utilizzo dei sistemi di protezione per gli incidenti stradali
OBIETTIVO: Ridurre il rischio di lesioni in corso di incidente stradale, attraverso l’adozione dei sistemi di
protezione
CONSIGLIO: Utilizza sempre i sistemi di protezione individuali per la protezione delle lesioni causate dagli
incidenti stradali
Agire tutti insieme, l’azione di comunità
Tradizionalmente la medicina è considerata una scienza per l’individuo ed anche la medicina
preventiva, per lungo tempo, si è rivolta esclusivamente ad interventi efficaci per il singolo
(misure igieniche, vaccinazioni, screening). Anche la Comunità tuttavia può esprimere azioni
efficaci per il miglioramento del proprio stato di salute. Per giungere a questo risultato è
importante vi siano regole e obiettivi condivisi: non vi può essere contraddizione tra le scelte della comunità e quelle dell’individuo (sponsorizzazione dell’industria del tabacco / non
fumare). È indubbio, quindi, che bisogna par tire dalla comunità per costruire un nuovo progetto di salute.
L’efficacia delle esperienze di comunità è stata valutata e convalidata da numerosi studi
scientifici, a seguito dei quali le agenzie nazionali e internazionali per la promozione della
salute (l’Organizzazione Mondiale della Salute) hanno proposto con forza delle raccomandazioni, che sono rivolte a vari livelli (stato, regioni, comuni) e settori della vita sociale (servizi
sanitari, scolastici, produttivi, sistema dei traspor ti) ma investono del ruolo di primo protagonista la Comunità locale, che le deve tradurre in un piano di azione culturale e organizzativa: i principali risultati efficaci e raccomandazioni possono essere così riassunti:
Fumo
Strategie per scoraggiare le persone che iniziano a fumare
L’aumento del costo delle sigarette è fortemente raccomandato. Questa azione si dimostra
efficace soprattutto per limitare il numero di adolescenti che inizia a fumare e per ridurre il
consumo di tabacco fra gli adolescenti e i giovani adulti.
Le campagne di educazione effettuate attraverso i mass media sono fortemente raccoman-
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
143
date, a condizione che siano intensive ed offrano un messaggio molto puntuale ed incisivo.
Per i giovani questa azione è efficace soprattutto, se si affianca ad altri interventi educativi
scolastici e comunitari e all’aumento del prezzo dei prodotti del tabacco.
Strategie per ridurre l’esposizione al fumo passivo
L’adozione di divieti e restrizioni al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici
è fortemente raccomandata.
Dove questa esperienza è stata studiata e valutata, gli effetti sono risultati positivi sia in termini di aumento del numero di persone che hanno smesso di fumare, sia in termini di riduzione del numero di sigarette fumate tra i fumatori abituali, sia nella diminuzione dell’esposizione al fumo passivo dei non fumatori.
Strategie per incoraggiare i fumatori a smettere di fumare
L’aumento del costo delle sigarette è fortemente raccomandato, specialmente se affiancato
da altri inter venti di comunità, come campagne di educazione effettuate attraverso i massmedia. Anche i fumatori adulti sono facilitati nello smettere di fumare da queste azioni. Corsi
ben strutturati e gestiti da operatori sanitari, con il rinforzo psicologico di ex fumatori, possono sostenere il fumatore nella decisione di smettere di fumare. Altra azione, la cui ef ficacia è ancora oggetto di studio, è rappresentata dai concorsi per smettere di fumare dei quali
non vanno comunque sottovalutati il for te coinvolgimento e l’impatto comunicativo. I fumatori vengono invitati a smettere di fumare entro una data stabilita, sottoscrivendo un vero e proprio contratto con l’organizzatore dell’iniziativa. Per coloro che smettono e accettano i controlli previsti vengono sorteggiati dei premi in danaro.
Anche il servizio sanitario può essere parte attiva ed ef ficace in questi interventi, ad esempio tramite il sostegno telefonico attivo alle persone che decidono di smettere di fumare.
Queste persone vengono contattate periodicamente da operatori o volontari sanitari che gli
assistono e sostengono nella loro decisione.
Altra azione molto diffusa e studiata è il coinvolgimento attivo dei medici di medicina generale e dei medici specialisti nell’individuare i pazienti fumatori, nel fornire loro consigli e assistenza, nel sostenere periodicamente il mantenimento dell’astinenza dal fumo. Questi interventi si sono dimostrati efficaci in numerosi contesti clinici diversi e in diversi settori della
popolazione (giovani, donne). Il concorso alle spese vive sostenute dai pazienti per terapie
anti-fumo (rimborso parziale o completo) è risultato efficace nell’aumentare il ricorso a terapie anti-fumo e anche nel diminuire il numero di fumatori.
Attività fisica
Interventi informativi
È fortemente raccomandata l’effettuazione di campagne informative di massa rivolte alla
comunità locale, molto visibili, su larga scala e ad alta intensità. I programmi informativi sono
efficaci a patto che facciano parte di inter venti multidisciplinari, che comprendano attività
educative, counselling per l’attività fisica e gruppi di auto-aiuto, eventi di comunità e realizzazione di percorsi pedonali e ciclabili. Queste iniziative fanno aumentare il tempo dedicato
all’attiività fisica ed il consumo calorico nella popolazione cui è rivolto il messaggio.
Car telli informativi e motivazionali che incoraggiano l’uso delle scale negli ambienti pubblici,
descrivendo esplicitamente i benefici dell’attività fisica, sono efficaci nell’aumentare il numero di persone, sia in sovrappeso, sia di peso normale, che salgono le scale.
Approcci compor tamentali e sociali
Sono for temente raccomandati programmi individuali per aiutare le persone a praticare attività fisica nella vita quotidiana, definendo obiettivi realistici, coinvolgendo amici, familiari e
144
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
colleghi, stabilendo strategie di superamento degli ostacoli. Questi interventi, supportati da
gruppi di auto-aiuto, si sono dimostrati efficaci non solo nell’aumentare il livello di attività fisica dei par tecipanti ma anche la loro funzionalità cardiaca e respiratoria.
È fortemente raccomandato il suppor to e lo sviluppo di reti sociali che sostengono l’attività
fisica, ad esempio tra colleghi di lavoro, o sfr uttando le reti e le aggregazioni già esistenti
nella comunità: oltre all’aumento dell’attività, della forza fisica e della funzionalità cardiorespiratoria, della flessibilità delle articolazioni, si ottiene un considerevole miglioramento, dell’umore.
Approcci di tipo ambientale e comunitario
Sono fortemente raccomandati gli inter venti volti ad aumentare la disponibilità di spazi (percorsi pedonali e ciclabili, palestre, piscine, manifestazioni spor tive) ed opportunità per praticare l’attività fisica nella comunità e nell’ambiente di lavoro (riduzione del prezzo d’ingresso
delle palestre e delle piscine, adattamento dei tempi della pausa pranzo durante il lavoro).
Sono raccomandati infine i cambiamenti delle politiche e dei programmi scolastici, volti a facilitare l’attività fisica.
Incidenti stradali
Promozione dei dispositivi di sicurezza
In linea con le raccomandazioni internazionali, anche l’Italia ha adottato leggi che obbligano
i costruttori ad installare i dispositivi di sicurezza sugli autoveicoli e i guidatori ad utilizzarli.
L’agevolazione per l’acquisto e la distribuzione attiva (sponsors, …) di seggiolini per bambini
sono raccomandati e sono in grado di aumentare significativamente la percentuale di bambini che viaggia in condizioni di sicurezza. Le stazioni di controllo stradale dei vigili, delle forze
dell’ordine o di volontari sono ugualmente fortemente raccomandate, per tenere sotto stretto controllo l’effettiva adozione delle misure di sicurezza a bordo dei veicoli.
Promozione dei dispositivi di sicurezza
Per diminuire il numero di incidenti mortali tra gli automobilisti è for temente raccomandata
l’adozione di normative più restrittive sul limite massimo di alcolemia (minore di 0.2 mg/ml),
specialmente per i guidatori giovani e i principianti. Sono altresì fortemente raccomandate le
restrizioni alla vendita ed al consumo di alcolici a minorenni. L’istituzione di posti di controllo in cui i test alcoolimetrici vengono effettuati a campione o in maniera selettiva su soggetti in apparente stato di ebbrezza è for temente raccomandata.
Campagne informative mirate rafforzano la validità di queste azioni.
Perché e come questi consigli sono importanti per la salute?
Fattori di rischio e comportamenti
Fumo di tabacco
Il fumo di tabacco si è rapidamente diffuso tra la popolazione a partire dal primo decennio
del ’900 a seguito della industrializzazione della produzione delle sigarette. Altri fattori determinanti di diffusione sono stati l’inclusione delle sigarette nella razione giornaliera dei soldati
durante le due guerre mondiali e l’investimento continuativo di ingenti capitali nella pubblicità diretta e indiretta (dai primi divi del cinema, alle gare di formula uno).
La presa di coscienza dei danni causati dal tabacco e l’adozione di normative restrittive da
par te degli stati del cosiddetto mondo occidentale hanno causato, negli ultimi decenni, la
necessità, per le multinazionali, di aprire nuovi mercati nei paesi poveri emergenti.
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
145
Il fumo è la più importante causa di mor te modificabile. In Italia sono circa 90.000 i decessi annui per patologie correlate al fumo, di cui il 25% tra i 35 e i 65 anni; nell’Alto Vicentino
sono circa 250-300. Da diversi decenni non soltanto i medici, ma anche le persone in genere, sono a conoscenza dei danni causati dall’uso del tabacco: la maggior parte dei tumori a
polmoni, trachea, bronchi, laringe, bocca ed esofago ed anche una piccola ma significativa
par te di tumori del pancreas, dei reni, della vescica e del collo dell’utero.
Il fumo favorisce l’ar teriosclerosi, cioè il restringimento delle arterie causato dalle placche di
accumulo del colesterolo a livello delle coronarie, delle arterie del cervello e di tutte la altre,
causando infarto, ictus e amputazioni.
Il fumo è un importante fattore di rischio delle malattie polmonari croniche (asma, bronchite).
La nicotina contenuta nel tabacco di sigaretta comporta dipendenza. Gli effetti del fumo
riguardano anche i non fumatori. Il fumo passivo è causa di infezioni alle vie respiratorie nei
bambini e aumenta il rischio di tumore polmonare nei conviventi. Il fumo in gravidanza rappresenta un fattore di rischio di aborto, di basso peso alla nascita e di parti prematuri.
Compor tamenti efficaci
Tutti gli enti sanitari nazionali e internazionali sostengono che evitare o smettere di fumare è
la raccomandazione più importante per la salute di ognuno.
Gli effetti a lungo termine della cessazione del fumo sono documentati da una enorme quantità di studi scientifici. Già dopo alcune settimane dalla cessazione del fumo, si possono
apprezzare i primi benefici: riconquista del gusto del cibo, diminuzione della tosse, miglioramento del respiro e del battito cardiaco. Dopo un anno il rischio di infar to e di ictus, si dimezza e, a distanza di quindici anni, si avvicina a quello dei non fumatori. Rispetto a chi continua, chi riesce a smettere di fumare riduce il rischio di morte per malattie respiratorie. Le
donne in gravidanza che smettono di fumare entro la trentesima settimana di gestazione,
danno alla luce bambini più sani. Dopo dieci anni di astinenza dal fumo, il rischio di tumore
polmonare si riduce del 30-50%, mentre il rischio di tumore orale ed esofageo si dimezza già
dopo cinque anni.
Accanto ai vantaggi per la salute, esiste naturalmente un vantaggio di tipo economico.
Sicuramente il costo in continuo aumento delle sigarette può incidere, nel medio termine, nel
sul bilancio personale. Ma possono incidere, sempre da un punto di vista economico, anche
altre spese causate dall’uso del tabacco: spese per farmaci, accer tamenti sanitari, visite
mediche.
Esiste anche, per chi smette di fumare, un vantaggio di tipo psicologico non solo nei confronti
della paura della malattia, del senso di responsabilità verso se stessi e verso i propri congiunti, ma soprattutto di aumento della stima di sé.
Alimentazione, obesità e alcool
Il benessere sviluppatosi negli ultimi decenni ha permesso l’uso di una variegata offer ta di
sostanze alimentari, ed ha operato una profonda rivoluzione nella scelta, nella preparazione
e nel consumo degli alimenti da parte delle famiglie.
Da una dieta povera, costituita da alimenti grezzi e autoprodotti, si è passati all’assunzione
di una grande varietà di cibi, manipolati, confezionati e distribuiti a livello industriale. Ciò sicuramente rappresenta un miglioramento della qualità della vita, ma compor ta anche il rischio
di un’alimentazione sbilanciata, che è causa di diverse malattie.
L’alimentazione non corretta gioca un ruolo importante nell’obesità, nell’iper tensione, nell’alterazione dei grassi nel sangue e può essere causa di diabete, che è già di per sé malattia e può provocare insufficienza renale, cecità e disturbi neurologici. Ciascuno di questi fat-
146
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
tori gioca un ruolo impor tante nel determinare le malattie cardiovascolari. Anche alcuni tumori, in particolare quelli del grosso intestino, della mammella e della prostata, sono strettamente associati alla dieta.
L’alcool rappresenta una sostanza alimentare di grande tradizione e notevole importanza nell’economia e nella cultura dell’Alto Vicentino. L’abuso di alcool è tuttavia causa di numerose
malattie dell’apparato digerente: cirrosi epatica, tumor e del fegato, della cavità orale, dell’esofago ed inoltre è causa di danno organico al cer vello e al sistema nervoso. Come dimostrano le cronache, l’abuso di alcool è causa di incidenti stradali, anche mortali e di violen-
Figura 60 Grafico per la valutazione del proprio Indice di Massa Corporea (BMI)
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
147
ze ed abusi nei confronti di sé e degli altri.
Compor tamenti efficaci
I comportamenti dietetici più ef ficaci per la promozione della salute e la prevenzione delle
malattie sono:
• una dieta ricca di frutta e verdura; è dimostrata una relazione diretta fra il consumo di frutta e verdura fresca e la riduzione dei tumori del colon, della mammella e del cavo orale;
• un ridotto uso di grassi, specialmente animali; diversi studi epidemiologici hanno dimostrato che
un corretto uso di grassi animali riduce i livelli di colesterolo nel sangue, livelli che rappresentano
uno dei fattori più impor tanti per lo sviluppo dell’arteriosclerosi.
• il consumo di alimenti freschi; la fr utta e la verdura apportano alla dieta un insieme di nutrienti
(fibre, vitamine) che hanno un effetto pr otettivo su alcune forme di cancro e sulle malattie arteriosclerotiche (infarto, ictus, ecc.) certamente superiore a quello dei supplementi dietetici disponibili
nel commercio (integratori vitaminici e alimentari). I conservanti, contenuti in par ticolare nei cibi conser vati sotto sale, nelle carni affumicate, nelle carni insaccate (nitriti), possono essere associati al
cancro dello stomaco;
• una moderata assunzione di alcool; un uso moderato della sostanza permette di evitare conseguenze importanti per la salute: tumori, incidenti, violenza.
Attività fisica
Per attività fisica moderata si intende quell’insieme di attività che possono essere sostenute in modo agevole, senza affanno, per almeno 60 minuti (camminare, pedalare, salire le
scale, curare il giardino, sistemare la casa); per attività fisica vigorosa s’intende ciò che è
sufficiente a procurare stanchezza entro 20 minuti dall’inizio dell’attività stessa.
Per migliorare la funzione cardiovascolare, l’esercizio non può essere praticato occasionalmente o stagionalmente, ma deve essere costante. I benefici per la salute sono direttamente propor zionali all’intensità dell’attività fisica praticata; tuttavia l’attività fisica moderata si
adatta meglio ai ritmi quotidiani e viene meglio mantenuta nel tempo. Inoltre, nelle persone
sedentarie, è opportuno aumentare l’attività fisica in maniera graduale.
Le raccomandazioni sono indirizzate a persone che sono completamente sedentarie. Alcune
attività, per esempio i lavori domestici, costituiscono un esercizio fisico giornaliero che a volte
può essere considerato sufficiente. Trenta minuti al giorno di attività moderata (camminare a
passo svelto), sono sufficienti per mantenere la funzionalità cardiovascolare.
Per il potenziamento muscolare, la prevenzione dell’obesità, il consolidamento osseo sono
raccomandati 60 minuti al giorno. L’attività e la buona forma fisica sono in grado di ridurre i
danni sulla salute di almeno sei gruppi di malattie:
• malattie coronariche (compreso l’infar to);
• ipertensione;
• obesità;
• diabete;
• osteoporosi;
• disturbi mentali.
Vi sono anche alcuni studi che evidenziano un legame tra lo stile di vita sedentario ed alcune malattie tumorali.
Compor tamenti ef ficaci
Si stima che almeno il 35% delle malattie coronariche (compresi gli infarti) potrebbero essere eliminate stimolando le persone a praticare una costante attività fisica. Si può calcolare
che su 10.000 persone che praticano attività fisica vigorosa, vengano salvate 30 vite all’an-
148
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
no.
Le persone sedentarie hanno un rischio aumentato del 35-50% di sviluppare l’ipertensione
arteriosa rispetto a coloro che praticano costantemente l’esercizio fisico. Le persone che
dedicano poco o nessun tempo per l’attività fisica hanno un rischio maggiore di sviluppare
l’obesità.
L’attività fisica facilita il mantenimento del bilancio calorico e aumenta la possibilità di successo nei tentativi iniziali, o a lungo termine, di perdita di peso. Questa influenza positiva
deriva da un aumento dell’energia liberata, dal mantenimento della massa muscolare, dal
controllo degli zuccheri nel sangue, da una scelta più appropriata degli alimenti, dalla ridistribuzione del grasso corporeo e da un impor tante rinforzo di natura psicologica.
Alcuni studi evidenziano una riduzione del rischio del cancro del colon nelle persone che praticano attività fisica in modo regolare. L’attività fisica vigorosa può comportare effetti negativi in persone con scarsa se non nulla preparazione atletica. I danni sono causati da cadute,
traumi sulle ar ticolazioni e problemi cardiocircolatori. Il rischio, pur raro e che non esclude i
benefici derivanti da una costante attività fisica, viene di molto diminuito da un allenamento
graduale e, da una scelta progressiva dell’attività praticata.
Tutti gli organismi nazionali ed internazionali ritengono “molto for te” la raccomandazione di
svolgere regolare attività fisica.
Incidenti stradali
L’auto è certamente il bene strumentale e lo status symbol che meglio rappresenta l’odierno modo di vivere. La rivoluzione a quattro ruote ha reso possibile una opportunità ed una
libertà di movimento impensabili fino a pochi anni fa nel lavoro, nella famiglia, nel tempo libero. Purtroppo però questo ha avuto anche ripercussioni negative sulla vita e sulla salute della
popolazione:, una diminuzione dell’attività fisica e della socializzazione tra le persone, un
importante impatto sull’ambiente urbano, acustico ed atmosferico specialmente nelle grandi
città.
La mortalità per incidente stradale è attualmente in diminuzione, grazie ad uno standard di
sicurezza più elevato (impianti di frenatura, air bag, barre di protezione, ecc.), all’introduzione dell’uso obbligatorio degli strumenti di protezione individuale (cinture di sicurezza, seggiolini per i minori, casco, ecc.) ed al contenimento dei limiti di velocità. Nonostante questo,
uno dei maggiori problemi di salute pubblica è rappresentato dalle conseguenze socio-sanitarie degli incidenti stradali, che sono la principale causa di mor te tra i 15 ed i 44 anni.
Compor tamenti efficaci
I guidatori che bevono alcolici hanno in media più incidenti. I forti bevitori hanno un rischio
doppio rispetto ai bevitori moderati ed un rischio otto volte maggiore rispetto agli astemi di
morire in un incidente stradale. Restrizioni normative, azioni educative ed il controllo str etto
sul consumo di alcolici e sostanze stupefacenti da parte dei guidatori, possono diminuire del
25% la mor talità per incidente stradale.
L’efficacia delle cinture di sicurezza è stata dimostrata in esperimenti di laboratorio con manichini e confermata da numerosi studi sul campo, effettuati prima e dopo l’adozione della normativa sulle cinture di sicurezza. Il loro uso ha determinato una diminuzione significativa del
60% delle ferite moderate e serie e del 50% dei decessi. I bambini che non utilizzano seggiolini adeguati hanno una probabilità del 60% più elevata di morire o di riportare ferite gravi
in occasione di incidenti. Gli air bag sono concepiti per essere un sistema di contenimento
supplementare alle cinture di sicurezza (per lo più per l’urto frontale) e non entrano in azione in impatti a bassa velocità e posteriori. L’air-bag può prevenire il decesso di un ulteriore
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
149
10% dei guidatori e dei passeggeri seduti nei sedili anteriori che portano le cinture di sicurezza. Indossare il casco riduce del 45-70% la frequenza di traumi cranici nei motociclisti.
L’uso obbligatorio del casco ha comportato una riduzione dei decessi del 35%, e riduzioni
simili nel numero di persone ricoverate e trattate in pronto soccorso per incidenti motociclistici.
Incidenti domestici
La cultura della sicurezza ha fatto molti passi di avanti nelle Aziende, dove si registra un’impor tante impegno dei lavoratori e delle parti sociali, che hanno riconosciuto il valore sociale,
economico e produttivo della prevenzione. Anche se la normativa di riferimento per la sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita collettiva (“la 626”) è diventata piuttosto popolare,
all’interno delle mura domestiche questa cultura stenta a farsi strada.
Anche in casa, tuttavia, si verifica uno squilibrio crescente tra la tecnologia (impianti, apparecchi, arredi e percorsi interni ed esterni) e la persona, specialmente nelle età più fragili:
bambini e anziani. Non solo gli operatori socio-sanitari, ma anche molte famiglie riconoscono
la necessità di affrontare l’età elevata e possibilmente la disabilità con adeguate attenzioni
e investimenti nella struttura e nell’arredamento dell’abitazione.
Gli incidenti che si verificano con maggior frequenza sono le cadute, gli urti, i tagli, le ustioni. I luoghi dove maggiormente tali incidenti si verificano sono la cucina, il bagno, le scale. I
soggetti in condizioni di marginalità sociale sono a rischio per l’intossicazione da monossido
di carbonio, causata da sistemi di riscaldamento inadeguati.
Compor tamenti ef ficaci
Gli interventi preventivi sono rivolti da un lato alla educazione (dei bambini, della famiglia),
dall’altro alla rimozione dei pericoli ambientali. Come esempi efficaci di educazione o counselling si possono citare la sor veglianza del bambino piccolo in vasca da bagno e l’addestramento al nuoto del bambino grande; tra gli interventi ambientali possono essere ricordati, l’avere a por tata di mano il numero telefonico del centro antiveleno, i cancelletti che impediscono l’accesso alle scale ed i dispositivi che segnalano l’incendio e la fuga di gas. Per gli
anziani è raccomandata la valutazione mutltidisciplinare dell’anziano della persona fragile e
della sua casa e la partecipazione a programmi ed iniziative di promozione dell’attività fisica
e potenziamento muscolare, al fine di ridurre il rischio di cadute.
Incidenti lavorativi
All’interno del mondo del lavoro si è largamente diffusa in questi anni la consapevolezza che
è conveniente gestire la sicurezza e più in generale la salute, come parte integrante della
gestione dell’azienda. Questo tipo di approccio si traduce nella definizione di un Sistema di
Gestione della Sicurezza sul Lavoro (SGSL), o almeno nell’attivazione di processi in grado di
gestire gli infortuni e gli incidenti nella singola Azienda. Gli obiettivi di questa strategia sono:
• ridurre progressivamente i costi complessivi della sicurezza sul lavoro compresi quelli derivanti da
incidenti, infor tuni e malattie correlate al lavoro minimizzando i rischi;
• aumentare l’ef ficienza e le prestazioni dell’impresa/organizzazione;
• contribuire a migliorare i livelli di salute e sicurezza sul lavoro;
• migliorare l’immagine interna ed esterna dell’impresa.
Le normative europee indicano la necessità di supportare le Aziende nella costruzione di
sistemi di gestione della salute e sicurezza. Il Decreto Legislativo 626/94 recepisce la
Direttiva Europea sul miglioramento della salute dei lavoratori e descrive gli elementi di un
sistema gestionale per la sicurezza.
150
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
In questo contesto sono state elaborate a livello nazionale le Linee Guida Uni-Inail, alla cui
stesura hanno partecipato le Associazioni Imprenditoriali e le Organizzazioni Sindacali dei
lavoratori dipendenti, con par ticolare attenzione alla realtà della piccola azienda.
A livello locale queste indicazioni sono condivise dai servizi dell’U.L.SS. con le Associazioni
di categoria ed i Sindacati e sono recepite con un intenso e capillare lavoro di formazione di
tecnici delle Associazioni Imprenditoriali, Rappresentanti Aziendali dei Lavoratori per la
Sicurezza (RLS) e dei lavoratori stessi.
La prevenzione secondaria delle malattie
Da molti anni si sente parlare di prevenzione primaria e secondaria. Prevenzione primaria
significa evitare l’insorgenza delle malattie nelle persone sane; prevenzione secondaria equivale a riconoscere precocemente la malattia ed evitare che questa progredisca.
Un altro sistema per esprimere i concetti di rischio e di prevenzione si può trovare nell’immagine della piramide: la base della piramide rappresenta un ampio numero di persone considerate a “basso rischio”, da cui deriva però, la maggior parte di eventi che interessano la
popolazione. Il vertice rappresenta un numero ristretto di persone a “rischio molto elevato”.
Prevenzione primaria
I tre fattori di rischio più importanti sono rappresentati da: fumo, scorretta alimentazione,
mancanza di attività fisica e sono già stati descritti.
Prevenzione secondaria
È meglio conosciuta come screening di prevenzione. Rappresenta la parte della prevenzione
di specifica competenza dell’azienda socio sanitaria. Coinvolge, a diversi livelli, i medici di
medicina generale, gli specialisti e centri di screening istituiti ad hoc. Comporta un notevole
investimento economico, sia in termini di formazione che di organizzazione, per raggiungere
gli obiettivi di qualità e di ef ficacia, nel rispetto degli standard riconosciuti e definiti a livello
internazionale.
Nei decenni scorsi si è diffuso un modello di autocontrollo generale periodico della propria
salute (check up), che è ancora il titolo di una fortunata trasmissione televisiva. Le evidenze
scientifiche degli ultimi anni, invece, si sono sviluppate nel senso di individuare protocolli di
accer tamenti preventivi determinati per età e malattie specifiche.
È accertato che, in assenza di un programma di screening, solamente la fascia di popolazione più attenta, motivata, istruita, benestante e vicina ai servizi si sottopone con regolarità ai
controlli di natura preventiva. Lo screening organizzato permette di assicurare equità nell’accesso alle prestazioni a favore di tutta la popolazione, evitando nel contempo possibili sprechi e intasamenti delle liste d’attesa. Per ogni screening la ricerca attiva di persone a rischio
elevato è il frutto non solo delle evidenze scientifiche, ma anche di considerazioni culturali,
etiche, economiche ed organizzative. Tra le evidenze scientifiche gli elementi di valutazione
sono: la rilevanza del rischio, la storia naturale della malattia, l’efficacia degli interventi sulle
persone sottoposte a screening, possibili ef fetti indesiderati dello screening e del trattamento successivo.
Le malattie cardiovascolari ed i tumori sono i principali settori di interesse per lo screening.
Screening delle malattie cardiovascolari
Ipertensione
L’ipertensione è il principale fattore di rischio per l’ictus, lo scompenso cardiaco, la cardiopatia ischemica, la malattia renale e la retinopatia. In Italia circa 1/3 delle persone tra i 35
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
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e i 74 anni hanno una pressione arteriosa superiore o uguale a 160 su 95, mentre 1/7 circa
ha una pressione arteriosa superiore o uguale a 140 su 90.
I potenziali benefici dello screening e del trattamento su persone ipertese dipendono anche
dalla presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare (colesterolo, fumo di tabacco, diabete). Oltre ai farmaci, molti studi hanno dimostrato che hanno un ef fetto positivo nel prevenire e ridurre l’iper tensione il controllo del peso, la riduzione del sale nella dieta, la diminuzione del consumo di dell’alcoolici e la gestione dello stress.
Sono for temente raccomandati lo screening e il trattamento dell’ipertensione nelle persone
sopra i 18 anni. Lo screening può essere effettuato, indicativamente, ogni due anni, dal medico di famiglia in occasione dei contatti con il paziente.
Colesterolo
Vi è un continuo e graduale aumento del rischio di infar to cardiaco, di angina pectoris e ictus
connesso con l’aumento del colesterolo totale. In Italia circa 1/5 delle persone tra i 35 e i
74 anni ha un livello di colesterolo superiore alla norma (maggiore/uguale a 240), mentre
1/3 ha valori superiori a 200. Alcuni studi hanno esaminato gli effetti positivi di una dieta a
basso contenuto di grassi animali e del controllo del peso per ridurre i livelli di colesterolo
nel sangue.
Sono fortemente raccomandati lo screening ed il trattamento dell’ipercolesterolemia per gli
uomini sopra i 35 anni e per le donne sopra i 45 anni. Lo screening è raccomandato nelle
persone più giovani, a partire dai 20 anni, che sono a rischio aumentato di malattia coronarica per familiarità e fattori di rischio multipli ed è finalizzato prioritariamente alla promozione
di stili di vita sani. Questi interventi possono essere estesi, senza controindicazioni, ad ampie
fasce di popolazione.
Lo screening può essere ef fettuato, indicativamente, ogni 5 anni, nell’ambulatorio del medico di famiglia.
Diabete
Esistono due tipi di diabete: il primo inizia generalmente in età giovanile e richiede fin da subito la terapia insulinica, il secondo esordisce generalmente in età adulta, è associato all’obesità e può essere spesso controllato, almeno in fase iniziale, con la dieta e il controllo del
peso.
Lo screening può essere preso in considerazione per persone ad alto rischio, come gli anziani obesi e le persone con familiarità di diabete. Il diabete rappresenta un rischio sostanziale
per numerose patologie cardiovascolari (cardiopatia ischemica ed ictus) e non (cecità, insufficienza renale, impotenza, amputazione delle estremità inferiori). È raccomandato un controllo stretto della glicemia nelle persone che hanno ricevuto una diagnosi clinica di diabete.
Circa il 9% degli uomini e il 6% delle donne tra i 35 e i 74 anni è diabetico (glicemia superiore a 126) ed altrettanti sono in una situazione al limite (glicemia superiore a 110).
È raccomandato lo screening per il diabete di tipo 2 negli adulti con ipertensione o ipercolesterolemia. Lo screening può essere effettuato ogni 3 anni dal medico di famiglia.
Prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari
Individuazione dei soggetti ad alto rischio
Le malattie cardiovascolari sono quelle più frequenti, specialmente nell’età adulta e anziana.
Accanto ad interventi educativi e promozionali è quindi necessario un trattamento intensivo
per quelle persone che sono a rischio più elevato in quanto:
• già sof ferenti di malattie ischemiche del cuore (perché hanno già avuto ad esempio un infar to, sof frono di angina o hanno effettuato un by-pass), del cervello o delle arterie periferiche;
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2. La qualità della vita: i determinanti della salute
• persone con fattori di rischio multipli, tali da avere comunque un’elevata probabilità di andare
incontro ad infarto o ictus nel giro di 10 anni.
Il medico di medicina generale è in grado di riconoscere e indirizzare queste persone, anche
grazie all’utilizzo di tabelle di rischio specifiche della popolazione italiana. Queste tabelle,
recentemente prodotte dall’Istituto Superiore di Sanità e da altre istituzioni europee, sono di
facile consultazionei e possono aiutare anche il paziente a comprendere il beneficio concreto che deriva dall’adozione di comportamenti corretti e dall’assunzione regolare dell’eventuale terapia.
Trattamento dei soggetti ad alto rischio
L’Azienda U.L.SS. n.4, unica in Italia, è entrata a far parte di un importante progetto di trattamento secondario delle malattie cardiovascolari, denominato “Euroaction”. Questo progetto offre un’opportunità significativa per “vedere come si fa”, per verificare i risultati di questo tipo di inter vento e quindi per estenderlo all’intera popolazione dell’U.L.SS.
I punti chiave del progetto sono:
• il coinvolgimento del paziente e dei familiari (in considerazione del fatto che le scelte alimentari
vengono generalmente realizzate da tutto il nucleo familiare);
• il lavoro di gruppo condotto da un infermiere e un dietista (per facilitare la costituzione di un gruppo di auto-aiuto e supporto);
• il controllo stretto dei comportamenti per quattro mesi;
• l’esecuzione di uno schema di controlli clinici e strumentali;
• l’ef fettuazione di una terapia farmacologica in linea con gli studi più recenti, con il controllo diretto periodico della regolarità di assunzione.
Già nella fase di avvio dello studio è stato possibile verificare come la collaborazione tra cardiologi, personale infermieristico e medici di medicina generale, l’attivo coinvolgimento dei
pazienti e delle loro famiglie, lo stimolo ed il sostegno reciproco offer to da altri partecipanti
permettano di motivare e aiutare più adeguatamente il paziente a seguire una cura ottimale.
Numerose esperienze evidenziano in maniera convincente che anche i malati possono essere protagonisti di un’azione educativa rivolta ad altri malati, tramite associazioni (es. “Amici
del Cuore”) e con la collaborazione delle agenzie della comunità (comuni, gruppi sportivi,
associazioni di anziani, palestre private).
Screening dei tumori
La paura di ammalarsi di tumore rappresenta sicuramente una delle maggiori preoccupazioni
della popolazione contemporanea, specialmente degli adulti e degli anziani.
Oggi l’aspettativa di vita per i pazienti affetti da tumore è molto migliorata. I tre fattori principali che hanno contribuito a questo risultato sono: il miglioramento delle cure, che ha permesso di raggiungere risultati insperati, almeno per alcuni tipi di tumore; l’adesione soggettiva a stili di vita sani (in particolare la cessazione dell’abitudine al fumo); la diffusione dell’informazione sanitaria. Grazie ai mass media le persone hanno ormai acquisito una conoscenza di base sulle malattie, sulla loro origine ed evoluzione ed anche sugli accertamenti
che possono essere utili per riconoscere le patologie fin dal loro esordio. “Prevenire è meglio
che curare” è diventata fortunatamente una frase d’uso comune. Negli ultimi decenni, gli
studi della medicina preventiva, dell’oncologia, della chirurgia hanno permesso di individuare degli schemi di accer tamenti preventivi (protocolli) in grado di riconoscere forme pre-tumorali, oppure forme tumorali precoci su cui è possibile inter venire con successo, migliorando
in maniera consistente l’aspettativa e la qualità di vita dei pazienti. In particolare, per il tumore della mammella, il tumore del collo dell’utero ed il tumor e del colon-retto, le istituzioni sanitarie concordano sull’ef ficacia dello screening rivolto a specifiche fasce d’età.
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
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Per queste valutazioni i protocolli di screening sono non solo gratuiti, ma oggetto di importanti investimenti da parte delle aziende sanitarie in termini organizzativi, tecnologici e di qualità del servizio. I protocolli di scr eening permettono di fatto anche una migliore gestione delle
risorse, una riduzione delle prestazioni inutili con conseguente diminuzione dei tempi d’attesa.
Un ruolo importante per il conseguimento di positivi risultati è la par tecipazione attiva della
comunità tramite le proprie associazioni di volontariato, già esistenti o che potrebbero nascere. Queste associazioni sono essenziali non solo per migliorare le adesioni ai progetti di
screening, ma anche per assicurarne l’accettabilità da par te della popolazione e la qualità
degli interventi.
Il medico di famiglia è un fondamentale punto di riferimento per il cittadino con il quale mantiene un rapporto fiduciario continuativo. Si trova quindi nella posizione ottimale per dare
informazioni, chiarimenti, consigli e collaborare con l’organizzazione dello screening.
La par tecipazione dei cittadini
Sforzi par ticolari dovrebbero essere fatti per coinvolgere le persone che non hanno mai eseguito in passato i test di screening. La par tecipazione allo screening dipende dall’età, dallo
stato civile, dallo stato socio-economico, dalla frequenza di contatto con il sistema sanitario.
La paura degli esami di screening di prevenzione dei tumori, delle terapie, l’ansietà per il risultato, la paura del cancro, la mancanza di fiducia nell’efficacia dello screening e della terapia,
la mancanza di fiducia nel sistema sanitario sono ostacoli alla partecipazione. Una for te condivisione e partecipazione dei medici di medicina generale, degli enti locali e delle associazioni di comunità possono facilitare il superamento di questi ostacoli.
Diagnosi precoce del tumore della mammella
L’obiettivo di questo particolare screening è quello di ridurre la mortalità e di garantire la qualità di vita, grazie ad una maggiore efficacia della terapia applicata alla fase precoce.
Numerosi studi controllati hanno evidenziato che nelle donne sottoposte a screening la mortalità per questa neoplasia diminuisce del 30-40%.
Lo screening rappresenta la risposta più ef ficace ed efficiente alla domanda di prevenzione,
quando viene applicato con programmi di alta qualità che raggiungono la massima par te della
popolazione di riferimento (almeno il 70%) e quando è indirizzato alle donne di età compresa
tra i 50 e i 69 anni. Nell’ultimo biennio hanno effettuato lo screening mammografico 15.491
donne, che aggiunte alle circa 2.500 che hanno effettuato una mammografia per proprio
conto, portano la copertura complessiva all’83%.
Al di sotto dei 50 anni gli studi di settore stanno af frontando numerosi problemi metodologici, legati alla minore frequenza della patologia, alla qualità dell’immagine radiografica della
mammella nella donna giovane, alla velocità di progressione e dello sviluppo della malattia.
Lo screening mammografico, per le donne di questa età, è comunque raccomandabile su
indicazione del medico, in casi clinici particolari di familiarità stretta di tumore della mammella.
Il test di screening è una normale mammografia in due proiezioni eseguita ogni due anni.
L’esecuzione dello screening richiede il coinvolgimento di diversi ruoli professionali: personale tecnico e medici radiologi, per l’esecuzione della lastra; servizi specialistici per gli esami
di approfondimento (ecografia, agoaspirato); laboratorio di citoistopatologia per la lettura dei
vetrini; strutture chirurgiche, radioterapiche ed oncologiche, in stretta collaborazione, per
garantire un trattamento adeguato e tempestivo. A tutte le fasi della procedura di screening
sono applicati rigidi controlli di qualità.
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2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Screening per la diagnosi precoce del tumore del collo dell’utero
L’obiettivo dello screening dei tumori della cervice uterina non è solo di riconoscere lesioni
tumorali molto precoci, ma anche di riconoscere lesioni pretumorali; in questo modo vengono ridotte sia la mortalità per tumore, grazie all’anticipazione delle cure, sia il numero di casi
di tumore invasivo. In linea teorica la mortalità per cancro del colon dell’utero può quindi
essere azzerata con lo screening.
Il test di screening è il pap-test. Consiste nel prelievo di un campione di cellule dal collo dell’utero. Viene proposto alle donne tra i 25 e i 64 anni, con cadenza triennale. Il prelievo viene
effettuato da una ostetrica e non provoca alcun dolore. L’obiettivo del programma è di raggiungere l’85% delle donne nell’età di riferimento. Nella nostra U.L.SS. dal 1999 si effettua
lo screening per la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore del collo dell’utero. Negli
ultimi tre anni si sono sottoposte al pap-test di screening 28.359 donne tra i 25 e i 64 anni,
che sommate alle circa 9.000 che lo hanno eseguito per proprio conto, portano al 75% la
copertura complessiva.
Se si considera il numero degli esami effettuati, si scopre che sarebbe sufficiente a garantire l’effettuazione del programma di screening a tutta la popolazione; questo perché un gruppo di donne ripete con frequenza eccessiva il test (una volta all’anno o anche più). Esiste
invece un gruppo numeroso di donne che non ha mai eseguito il test: questa fascia di popolazione è il primo bersaglio di un programma di screening attivo.
La maggioranza degli esperti ritiene che un inter vallo di tempo più ravvicinato o un’estensione del test alle donne più giovani non porti benefici sostanziali. Per assicurare un adeguato
livello di qualità è necessario effettuare investimenti mirati in termini di strutture, personale
e formazione.
Nel caso dell’U.L.SS. n.4, si è rivelato particolarmente prezioso il ruolo delle ostetriche che
è stato confermato dall’ottima qualità tecnica dei vetrini prodotti, come anche dell’elevato
grado di soddisfazione espresso dalle utenti. La lettura dei vetrini presso l’anatomia patologica ha consentito di rispettare gli standard di qualità suggeriti a livello internazionale (esempio: 5-8% di donne richiamate per accertamenti ulteriori).
Diagnosi precoce del tumore del colon retto
Lo screening di prevenzione del cancro del grosso intestino (colon retto) si prefigge sia di
ridurre la mor talità, individuando i tumori in fase precoce, sia di ridurre il numero di casi di
tumore, riconoscendo e asportando le lesioni pretumorali. Gli studi clinici hanno evidenziato
una riduzione di mor talità tra il 15 e il 20%, nelle persone che si sottopongono allo screening.
La popolazione a rischio è costituita dagli uomini e dalle donne di età superiore a 50 anni. Il
test di screening più usato è la ricerca del sangue occulto nelle feci, con cadenza biennale.
In alcuni programmi di screening viene utilizzata l’osser vazione endoscopica dell’intestino
con strumenti a fibre ottiche (rettosigmoidoscopia). Gli esper ti consigliano in genere di effettuare la rettosigmoidoscopia con un intervallo tra i due e i cinque anni.
Oltre al criterio dell’età, sono da considerare soggetti ad alto rischio anche alcune persone
con specifiche condizioni ereditarie (esempio: poliposi familiare) o con malattie infiammatorie croniche del grosso intestino. Allo stato attuale è chiaro che lo screening può ridurre la
mor talità per cancro del grosso intestino, ma le conoscenze sull’impatto derivante da diversi
test e da diversi modelli organizzativi, in termini di costi e benefici, è ancora insufficiente. Per
questo motivo la Regione Veneto ha avviato in varie U.L.SS., fra cui la n.4 “Alto Vicentino”,
una sperimentazione dei modelli organizzativi e dei costi dello screening che ser ve da esperienza pilota per tutto il territorio regionale.
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
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Quali problemi di salute si possono prevenire in questo modo?
Malattie cardiovascolari
Entità del problema
Le malattie cardiovascolari, che interessano l’apparato circolatorio, sono la prima causa di
morte. Hanno una frequenza tripla nei maschi rispetto alle femmine, almeno fino ai 70 anni
d’età.
Le due malattie cardiovascolari più importanti sono l’infar to e l’ictus; nell’U.L.SS. n.4 l’infarto, ad esempio, colpisce 350 persone ogni anno e 4.000 risultano ad alto rischio.
Negli ultimi trenta anni si è assistito ad una diminuzione dei casi e del numero di morti per
malattie cardiovascolari, grazie a una scelta di stili di vita più sani (fumo, dieta, attività sportiva) prima ancora che per la migliore qualità dell’assistenza sanitaria, sia di base che specialistica.
Fattori di rischio
È stata da tempo riconosciuta l’importanza di una valutazione globale del rischio vascolare
per orientare sia le scelte terapeutiche del medico, sia lo stile di vita delle persone. I fattori
di rischio per l’infarto e l’ictus sono strettamente legati a diversi stili di vita:
• fumo di tabacco;
• dieta (elevato consumo di grassi animali, sale e alcool; basso consumo di frutta, verdura e cereali integrali) e obesità;
• sedentarietà;
• ipertensione, diabete, aumento del colesterolo ematico.
L’età è un fattore di rischio ineliminabile. Ad esempio, a parità di sigarette fumate, il rischio
raddoppia ogni dieci anni. Anche per gli adulti e gli anziani, quindi, diventa importante assumere stili di vita sani.
Tumori
Entità del problema
I tumori sono la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari. I tumori più importanti, rispetto all’aspettativa di vita, interessano: polmone, mammella, colon-retto e prostata
(nei maschi).
Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 si verificano circa un migliaio di nuovi casi di tumore ogni anno.
Nell’ultimo decennio il numero di nuovi casi di tumore è aumentato principalmente a causa
dell’allungamento della vita; di contro la mortalità si è ridotta soprattutto grazie ai progressi
della medicina e anche alla diffusione di iniziative di screening sempre più estese ed organizzate. Le persone viventi che hanno una storia di cancro, nella nostra U.L.SS., sono circa
5.000.
Fattori di rischio
• il fumo è responsabile di circa 1/3 dei tumori;
• dieta/obesità è responsabile da 1/5 a metà dei tumori;
• l’alcool è responsabile di circa 1/20 dei tumori;
• l’inattività fisica è responsabile di circa 1/50 dei tumori;
• l’inquinamento, le radiazioni elettromagnetiche e i lavori nocivi sono responsabili di circa 1/10 dei
tumori.
Il fumo è causa di circa il 90% dei tumori polmonari e delle prime vie respiratorie, del 70%
del tumore dell’esofago e di circa 1/3 dei tumori della vescica, del rene e del pancreas.
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2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Incidenti stradali
Entità del problema
Gli incidenti stradali rappresentano uno dei maggiori problemi di salute pubblica, e sono la
principale causa di morte tra i 15 ed i 44 anni. A livello locale, nel territorio della nostra
U.L.SS., dal 1988 al 2003 per questa causa sono deceduti 280 maschi e 98 femmine, con
una media di circa 25 deceduti e 900 feriti/anno; la maggior parte dei deceduti aveva meno
di 65 anni (225 maschi e 64 femmine); gli incidenti stradali causano il 2% circa delle morti
(30 decessi/anno), cui però corrisponde il 15% degli anni di vita perduti.
Fattori di rischio
Uno dei maggiori fattori di rischio è rappresentato dal mancato utilizzo degli strumenti di protezione individuale (cinture di sicurezza, seggiolini per i minori, ecc.); troppo spesso si vedono ancora persone viaggiare senza cintura di sicurezza, bambini seduti a lato del posto di
guida o in braccio ai genitori.
La velocità eccessiva, il mancato rispetto del codice della strada e la guida sotto l’influenza
di sostanze psicotrope (alcool, droghe assunti spesso all’interno delle discoteche) rappresentano altri importanti fattori di rischio. Non da ultimo tra i fattori di rischio c’è l’utilizzo
improprio dei motocicli da parte dei minori (velocità eccessiva, non conoscenza delle regole
del codice della strada, mancato utilizzo del casco), che portano ogni anno al decesso o al
ricovero ospedaliero di moltissimi ragazzi. Molte di queste morti potrebbero essere evitate:
• evitando che l’incidente si verifichi (educazione stradale, politica dei traspor ti, ecc.);
• riducendo i possibili danni nel momento stesso dell’incidente (es. l’uso dei dispositivi di sicurezza);
• riducendo i danni conseguenti all’incidente (es. primo e pronto soccorso).
Incidenti domestici
I dati statistici disponibili mostrano che in Italia si verificano ogni anno circa 1.800.000 incidenti domestici che portano alla necessità delle cure ospedaliere del pronto soccorso; si
stima anche che gli incidenti lievi siano circa 10 volte tanti. Un recente monitoraggio degli
accessi al pronto soccorso dell’Azienda U.L.SS. n.4 evidenzia che nel periodo di un anno si
registrano circa 3.900 incidenti in ambiente domestico, di cui 700 medio-gravi. Gli incidenti
che si verificano con maggior frequenza sono le cadute e gli ur ti, i tagli e le ustioni, mentre i
luoghi dove maggiormente tali incidenti si verificano sono la cucina, il bagno, le scale.
Vengono ricompresi negli incidenti domestici anche quelli legati al tempo libero (sport, giochi,
bricolage), che rappresentano la metà del totale degli incidenti domestici.
Il principale fattore di rischio è considerato nella presenza di barriere architettoniche interne
all’abitazione di persone anziane e sole, e secondariamente, la presenza di impianti tecnologici fuori norma o privi di manutenzione. La cultura della sicurezza è, anche per gli incidenti
domestici, un elemento essenziale per l’autotutela della salute della persona e delle comunità.
Incidenti sul lavoro
Gli infortuni sul lavoro rappresentano un problema di impor tanza strategica sia dal punto di
vista sanitario che dal punto di vista dello sviluppo economico; è affrontabile solo nel contesto dell’organizzazione dell’impresa, che è caratterizzata nell’Alto Vicentino soprattutto da piccole aziende.
In Italia, secondo i dati INAIL, accadono ogni anno circa un milione e centomila infor tuni sul
lavoro, dei quali circa mille e duecento sono mortali. Le ore perdute sono circa 16,5 milioni;
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – La prevenzione
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il costo sociale stimato è pari circa al 3% del PIL, cui si sommano rilevanti costi indiretti per
l’azienda.
Nell’Alto Vicentino, sulla scor ta dei dati del pronto soccorso, si rileva che gli infortuni sul lavoro sono in calo, ma sono ancora circa 4.500 l’anno (di cui circa 150 gravi e 4 mor tali).
Quattro incidenti su dieci avvengono nel comparto metallurgico, mentre gli incidenti più gravi
sono spesso a carico di lavoratori immigrati (anche a causa di un’informazione e di un’esperienza spesso inadeguata) e riguardano il comparto edilizio. La progressiva frammentazione
del lavoro autonomo e della piccola impresa ed il ricorso al lavoro “a prestito” da par te delle
aziende si riflettono in una quota cospicua di incidenti relativi al titolare d’impresa (uno su
dieci).
Secondo una stima condivisa a livello europeo, e riscontrata dall’esperienza dei tecnici
U.L.SS. n.4, il numero di infortuni che avrebbe potuto essere evitato se fosse stata adottata
una corretta organizzazione del lavoro, è stimabile pari ad almeno il 40% di tutti gli infortuni
accaduti, mentre un altro 40% può essere attribuito alla mancanza di protezioni.
Il distretto socio sanitario
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario
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S
ul lato dei ser vizi sociosanitari, il ruolo del Distretto Socio Sanitario (DSS) è di fondamentale importanza. Il Distretto garantisce, insieme al medico curante e ai servizi dei
comuni, una risposta coordinata e continuativa, prendendosi cura dei bisogni sociosanitari
del cittadino e della famiglia, orientando e favorendo l’accesso ai ser vizi. Il distretto, con la
progettazione di interventi adeguati, risponde a problemi: neuropsichiatrici e psicologici infantili, della famiglia (consultorio familiare), della disabilità, della salute mentale, dei disturbi alimentari, delle dipendenze da alcool e sostanze stupefacenti, della non autosufficienza. Il
Distretto eroga ser vizi di assistenza ambulatoriale e domiciliare per minori, adulti e anziani,
guida l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, gestisce l’inserimento in strutture
(case di riposo, centri diurni, comunità terapeutiche).
L’articolazione territoriale dei distretti nell’Azienda U.L.S.S. n.4 risponde ai criteri indicati dall’ar t. 3-quater, comma 1, D.Lgs. 502/92 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché
dalla DGRV 3242/01 e dalla normativa nazionale e regionale vigente.
Il distretto socio sanitario promuove e realizza la rete dei ser vizi anche attraverso la collaborazione con altri enti (comuni, associazioni di categoria, terzo settore, volontariato) avendo
quale riferimento centrale il cittadino; al distretto è riconosciuto il ruolo di progettualità e di
propulsione del sistema socio-sanitario locale in tutte le sue fasi, dall’individuazione dei problemi per le successive decisioni in sede competente, all’adozione delle iniziative attive, alla
realizzazione e valutazione dei risultati ottenuti.
Il distretto rappresenta l’ar ticolazione organizzativo/funzionale dell’U.L.SS. finalizzata a realizzare un elevato livello di integrazione tra i diversi servizi che erogano le prestazioni sanitarie e tra questi e i servizi socio-assistenziali. In par ticolare il distretto è la struttura operativa
che rappresenta:
• il centro di riferimento per l’accesso a tutti i servizi dell’Azienda U.L.S.S.;
• il polo unificante e sede di gestione e coordinamento operativo e organizzativo di tutti i ser vizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali territoriali;
• la struttura operativa che meglio consente di governare i processi integrati fra istituzioni gestendo
unitariamente diverse fonti di risorse (del SSN, dei Comuni, della solidarietà sociale) ed in cui si realizza l’integrazione socio-sanitaria a livello gestionale ed operativo.
Fondamentale strumento di integrazione istituzionale è rappresentato dalla Conferenza dei
Sindaci e dai Comitati dei Sindaci di distretto.
L’Azienda U.L.SS. n.4 si articola in due distretti (la popolazione indicata è al 31/12/2003):
• Ambito territoriale del distretto n. 1 di Thiene comprendente i
seguenti comuni: Breganze, Caltrano, Calvene, Carrè, Chiuppano,
Fara Vicentino, Lugo di Vicenza, Marano Vicentino, Montecchio
Precalcino, Salcedo, Sarcedo, Thiene, Villaverla, Zanè, Zugliano
DSS 2
(194 km2, 85.563 abitanti);
• Ambito territoriale del distretto n. 2 di Schio comprendente i
DSS 1
seguenti comuni: Arsiero, Cogollo del Cengio, Laghi, Lastebasse,
Malo, Monte di Malo, Pedemonte, Piovene Rocchette, Posina,
San Vito di Leguzzano, Santorso, Schio, Tonezza del Cimone,
Torrebelvicino, Valdastico, Valli del Pasubio, Velo d’Astico
(450 km2, 93.687 abitanti).
Figura 61 Ambiti distrettuali
dell’U.L.SS. n.4
160
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Figura 62 e 63 DSS n.1 di Thiene (alto):
15
comuni, 194 km2 , 85.563 abitanti. DSS n.2
di Schio (sinistra): 17 comuni, 450 km2,
93.687 abitanti
Il mandato del distretto si ar ticola in quattro macro funzioni fondamentali e precisamente:
• analisi e valutazione dei bisogni di salute;
• gestione diretta di servizi ed interventi che rientrano nel livello di assistenza distrettuale, avvalendosi di operatori e di unità operative proprie, oppure attraverso rapporti di convenzione con operatori o organizzazioni esterne;
• governo della domanda di prestazioni indirette, far maceutiche, specialistiche ambulatoriali ed
ospedaliere, attraverso l’attività di orientamento del cittadino e, soprattutto, l’integrazione nell’organizzazione distrettuale dei Medici di Medicina Generale (MMG) e dei Pediatri di Libera Scelta (PLS);
• realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria a livello istituzionale, gestionale ed operativo.
Attività distrettuali
Quale centro/sistema organizzativo della realtà aziendale, chiamato a fornire adeguate risposte socio-sanitarie ai bisogni del cittadino e coerentemente a quanto indicato dalla normativa regionale e nazionale, il distretto garantisce:
• l’assistenza primaria, compresa la continuità assistenziale, attraverso il coordinamento e l’approccio multidisciplinare, in ambulatorio e al domicilio, tra MMG, PLS, servizi di guardia medica notturna e festiva e i presidi specialistici ambulatoriali;
• l’assistenza farmaceutica;
• l’assistenza domiciliare integrata;
• l’assistenza specialistica ambulatoriale;
• l’assistenza riabilitativa intensiva extra-ospedaliera a carattere residenziale e serniresidenziale;
• i ser vizi per la prevenzione e la cura delle dipendenze;
• i ser vizi per la tutela della salute mentale;
• i ser vizi consultoriali per la tutela dell’infanzia, dell’adolescenza, della donna e della famiglia;
• i ser vizi rivolti a disabili o anziani non autosufficienti;
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario
161
• i ser vizi per le patologie da HIV o per le patologie in fase terminale.
L’Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale (UVMD) costituisce l’unico punto di accesso
a tutti i servizi in rete di tipo domiciliare, residenziale, semiresidenziale, a qualsiasi tipologia
essi appartengano. È il più importante strumento di integrazione professionale ed organizzativa; è costituita da un insieme di professionisti quali il medico di medicina generale, l’assistente sociale, lo specialista e da tutte le altre figure che sono necessarie per individuare il
progetto più adeguato ai bisogni di una specifica persona.
Il concetto di integrazione assume diversi significati a seconda dell’ambito al quale viene
applicato, si parla di integrazione professionale, istituzionale, tra sociale e sanitario, informativa; sono in realtà diverse facce di uno stesso modello peculiare che contraddistingue la
realtà veneta dal resto d’Italia.
Nel corso del triennio di validità del presente piano, saranno potenziate in particolar modo
esperienze di integrazione informativa sviluppando un progetto di collegamenti informativi tra
azienda, comuni e strutture della rete (case di riposo, in primo luogo) nel rispetto dei principi della privacy ma con l’obiettivo di condividere quanto più possibile le informazioni utili a
migliorare l’ef ficacia dei servizi socio-sanitari.
Le esperienze in corso con alcune strutture per non autosufficienti e con alcune amministrazioni comunali, hanno dimostrato i notevoli vantaggi da ciò ottenibili e inducono ad investire
ulteriormente proseguendo sulla strada tracciata.
Costi dei servizi e livelli essenziali di assistenza
I servizi distrettuali complessivamente intesi rappresentano circa il 48,5 % del bilancio economico dell’Azienda U.L.SS. n.4; tale valore è perfettamente in linea con le indicazioni programmatiche regionali. Oltre a questo, gli altri due livelli sono rappresentati dall’ospedale e
dal dipartimento di prevenzione.
Le attività distrettuali si suddividono a loro volta in diversi sottolivelli di assistenza, alcuni a
carattere tipicamente sanitario, altri ad elevata integrazione sociosanitaria, altri ancora a
valenza tipicamente sociale su delega dei comuni (questi ultimi non rientrano nel computo del
48,5% essendo finanziati dal bilancio sociale e non dal Fondo Sanitario Regionale).
I sub livelli territoriali e i relativi costi sono ripor tati nella tabella 38. Si precisa che non sono
riportate tutte le attività distrettuali, ma solo quelle attribuite ai livelli di assistenza elencati.
La somma dei costi quindi non rispecchia il totale dei costi attribuiti al territorio.
A queste funzioni vanno aggiunte quelle a valenza tipicamente sociale gestite in modo diretto dai comuni, tra cui le principali sono: l’assistenza sociale, il trasporto, il telesoccorso, gli
interventi di sostegno economico nelle diverse forme, gli asili nido ed altri.
Vanno inoltre aggiunti tutti i costi relativi al funzionamento delle diverse unità operative
distrettuali la cui funzione si esplica nella presa in carico, nella stesura di progetti individualizzati, nella verifica e progettazione dei ser vizi.
Infine sono da considerare molte iniziative ed attività realizzate grazie a finanziamenti vincolati a progetto che vanno ad integrare i livelli essenziali, tra questi i più rilevanti sono rappresentati dal Fondo lotta alla droga, dalle iniziative per la promozione dell’infanza e adolescenza, dai progetti per le persone disabili (L.162/98) per le quali si rinvia alla sezione “3. Il
quadro delle azioni programmate” in coda al presente volume.
162
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Tabella 38 Livelli essenziali di assistenza (LEA) per area. Costi bilancio preventivo 2004.
Abitanti
178.400
Area
LEA
Costi totali...
Multiutenza
Farmaceutica territoriale
26.566.000
148,91
”
Specialistica territoriale
22.024.000
123,45
”
Medicina di base
14.882.000
Disabili
...di cui sociale
pro capite...
...di cui sociale
83,42
CEOD
3.088.000
1.003.000
17,31
5,62
”
Assistenza scolastica
1.262.000
1.262.000
7,07
7,07
”
Residenziale
2.779.000
415.000
15,58
2,33
Adulti-anziani
Case di riposo
”
Residenzialità (livelli ulteriori)
”
Alzheimer
Minori e famiglie
13.098.000
73,42
1.289.000
7,23
192.000
1,08
Rette in comunità
1.000.000
”
Attività consultori
658.000
Dipendenze
Rette in comunità
953.000
5,34
Psichiatria
Comunità alloggio
1.865.000
10,45
”
Multiutenza
870.000
5,61
4,88
3,69
Diurni
420.000
SIL
892.000
669.000
5,00
3,75
90.968.000
4.219.000
509,91
23,65
Totali
2,35
Il finanziamento dei livelli di assistenza
Nella tabella 39 si presentano le modalità di finanziamento dei servizi sanitari e sociosanitari a valenza distrettuale. Pur ripor tano separatamente i valori sanitari e sociali, va sottolineato come il sistema veneto non possa prescindere da una gestione fortemente integrata
anche delle fonti di finanziamento avendo come punto di riferimento l’allegato 5 della DGR
2227/00 a cui si rimanda per una dettagliata analisi per livello di assistenza.
I valori riportati sono relativi al bilancio di previsione del 2004.
Tabella 39 Modalità finanziamento servizi sanitari e sociosanitari a valenza distrettuale. Anno 2004
LEA
Finanziamento
Farmaceutica territoriale
28.721.000
Specialistica territoriale
20.474.000
Riabilitativa residenziale per anziani estensiva
14.952.000
Riabilitativa residenziale per disabili
Riabilitativa residenziale per disabili - grandi strutture
Tossicodipendenti
1.523.000
500.000
914.000
Atra assistenza riabilitativa residenziale intensiva
3.653.000
Assistenza di base, distrettuale e altra territoriale
32.297.000
Assistenza di base, distrettuale e altra territoriale - correttivi
Totale livello distrettuale
570.000
103.604.000
Il finanziamento del “sociale”, con le precisazioni fatte in premessa, è costituito essenzialmente dai trasferimenti della Regione e dalla quota associativa dei comuni che compongono
la Conferenza dei Sindaci.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario
163
Tabella 40 Finanziamento del “sociale”: contributi da Regione
Contributi da Regione
Indistinta
697.000
Contributo minori
364.000
Trasporto CEOD
169.000
Totale da Regione (al netto di finanziamenti a progetto)
1.230.000
Tabella 41 Finanziamento del “sociale”: contributi dai Comuni
Contributi da Comuni
Per funzioni obbligatorie
2.402.000
Fondo residenzialità
523.000
Fondo minori in affido
505.000
Totale entrate da Comuni
3.430.000
Le quote associative procapite dei comuni risultano le seguenti (anno 2004):
• indistinta per funzioni “obbligatorie”
13,40
• fondo residenzialità disabili
2,92
• fondo per minori in af fido
2,82
tali quote saranno aggiornate annualmente a seguito di incrementi del costo della vita secondo l’indice di inflazione ISTAT, previo il necessario assenso della Conferenza dei Sindaci in
sede di presentazione del bilancio economico preventivo.
Rispetto al modello antecedente al presente Piano di Comunità, viene ridefinita la quota capitaria con separata evidenza, e contabilizzazione, delle funzioni così dette obbligatorie (assistenza scolastica, CEOD, integrazione lavorativa ecc.) e di quelle delegate (minori e residenzialità disabili). Ciò permette, oltre ad una maggior chiarezza sull’ef fettivo ammontare della
quota capitaria, una gestione vincolata di tali funzioni.
La qualità come possibile strumento di integrazione e valutazione
I
l processo di programmazione, progettazione, gestione e valutazone dei servizi sociosanitari
e sociali avviene con un coinvolgimento “graduato” delle diverse componenti sociali, di volta
in volta chiamate ad esercitare un ruolo specifico e responsabilità determinate.
Tra i paradigmi metodologici della programmazione si assume l’esigenza di valutare e misurare in qualche modo sia la realtà attuale, sia la prospettiva verso cui tendere.
Sul lato della domanda, si ritiene che il processo partecipato di elaborazione del piano di
comunità abbia permesso un’analisi sufficiente delle istanze presenti nelle diverse aree e
che il contributo diffuso degli operatori che lavorano quotidianamente a contatto con gli utenti rappresenti un filtro e una chiave di lettura sufficientemente affidabile per decodificare la
domanda.
In mancanza di ulteriori sistemi adottabili il cui rapporto costi/benefici ne giustifichi l’adozione, quali indagini a campione e/o interviste strutturate, si dichiara l’analisi dei bisogni come
adeguatamente conosciuta.
Sul lato dell’of ferta, al contrario è possibile approfondire l’indagine e avviare un percorso
volto ad un miglioramento della qualità.
La rete dei ser vizi per le strutture residenziali e semiresidenziali è alquanto variegata e coinvolge le diverse tipologie di utenza; di seguito si riporta una tabella con gli utenti inseriti in
164
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
comunità nel corso del 2004 precisando che il numero riportato riguarda le “teste” e non i
posti. Le strutture evidenziate con l’asterisco potranno essere coinvolte nel processo di valutazione della qualità, a queste andranno aggiunte le strutture residenziali per anziani e le
cooperative di ser vizi assistenziali (non residenziali/semiresidenziali).
Tabella 89 Rete dei ser vizi per le strutture residenziali e semiresidenziali. Utenti 1° sem. 2004
Comunità
CEOD
Comunità
Comunità
terap. per disabili per minori
Comunità
per psic.
Tot.
Adelante
3
3
Associazione “Famiglia Aperta Sul Mondo” - C.A.
3
3
Associazione “Il Borgo” - Onlus
7
7
Associazione Pinocchio onlus
1
Ca’ delle Ore Cooperativa Solidarietà Sociale srl
1
7
Casa Serena
7
1
Ce.I.S - Schio *
1
35
35
Ce.I.S. “Don Milani” di Mestre
1
1
Ce.I.S. di Belluno
1
1
Centro Diurno “Azimut”
2
2
Centro Occupazionale Tapparelli *
11
11
CEOD 1 Schio *
22
22
CEOD 3 Velo d’Astico - ANFFASS *
28
28
CEOD Lugo*
15
15
CEOD Malo *
23
23
CEOD Santorso *
11
11
CEOD Sociale Fratres
CEOD Torrebelvicino - ANFFASS *
1
1
19
19
Comunità alloggio “Arcoiris” *
4
Comunità dei Giovani
1
1
Comunità Educativa Vill’Alba - C.A.
1
Comunità LISA *
1
7
Comunità San Francesco
2
Comunità San Gaetano *
30
Comunità servizi - C.A. *
4
7
2
1
31
7
7
Comunità Silesia
1
1
Coop. Soc. “Un segno di pace”
9
9
Coop. Sociale a.r.l. - La Genovesa
Cooperativa “Il Nuovo Ponte”
1
1
1
1
Costante Gris
2
Famiglie affidatarie
29
Gruppo Famiglia Villa Savardo *
3
10
Il Cardo *
38
Il Gabbiano Cooperativa Sociale a.r.l. - Vicenza
3
29
3
Gruppo Lavoro Ai Casarotti *
10
38
5
5
Il Glicine
IPAB La Pieve *
1
11
15
11
15
Istituto Gresner
1
1
Istituto Palazzolo
3
3
165
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario
Comunità
CEOD
Comunità
Comunità
terap. per disabili per minori
per psic.
Job Mosaico Soc. Cooperativa Sciale arl - Caldogno
Comunità
Tot.
5
5
La casa di Giano
1
L’Eco Papa Giovanni XXIII
1
1
19
19
Libra Cooperativa Sociale a.r.l. - Marostica
LINTE Piccola Cooperativa Sociale
Mano Amica *
Nuova Vita
Papa Giovanni
1
1
32
32
1
22
9
1
9
4
Radicà *
16
7
RSA Azzurra
7
1
1
Sichem “Casa di Pronta Accoglienza”
1
Tangram Società Cooperativa Sociale a.r.l.
3
1
3
Villa Fabiola
6
Villa Margherita
1
Villa Miari *
48
Villa Renata
8
1
1
Villaggio SOS srl - Cooperativa Sociale - C.F.
Totale complessivo
6
48
9
Villa S. Maria della Pace
Verlata *
1
2
2
1
38
103
588
8
8
37
184
112
112
77
Fonte: Azienda U.L.SS. n.4 – 1° semestre 2004.
Elaborazione partecipata e adesione ad un programma di valutazione di qualità
Il processo di valutazione si fonda su due principi:
1) la valutazione come dimensione dinamica (non si misura in termini assoluti la qualità ma si misurano “variazioni” di qualità);
2) la valutazione di singoli elementi di un sistema deve essere accompagnata da una valutazione
complessiva ossia anche la comunità nel suo insieme deve essere oggetto di valutazione.
La valutazione della qualità offerta dalla rete dei servizi sociosanitari deve tenere in considerazione ed evidenziare le relazioni esistenti tra i soggetti coinvolti (che di seguito verranno
definiti partner) e il loro rappor to con la comunità, e non limitarsi alle caratteristiche qualitative del singolo soggetto erogativo. Sarà importante quindi poter valutare:
• la capacità di individuare e rispondere ef ficacemente ai bisogni;
• l’accessibilità, e la garanzia della continuità assistenziale;
• la promozione della salute in collaborazione con gli altri soggetti della comunità;
• la responsabilizzazione e la consapevolezza degli utenti;
• il processo di apprendimento organizzativo e del contributo all’apprendimento della comunità;
• la gestione delle informazioni.
A questi criteri di valutazione andranno affiancati i criteri strutturali ed organizzativi che sottendono alle attuali procedure di autorizzazione al funzionamento e accreditamento (ex LR
22/2002).
L’idea che si vuol esprimere col presente progetto è la possibilità di un’adesione volontaria
ad un programma locale di valutazione della qualità che, nelle sue linee generali, si può rias-
166
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
sumere nei seguenti step:
1) informazione e condivisione dei concetti della valutazione della qualità e dell’accreditamento con
i par tner;
2) definizione par tecipata degli “standard” per ciascun profilo d’indagine (ad integrazione di quelli fissati dalla LR 22/2002);
3) costituzione all’inter no di ciascun partner di un gruppo di autovalutazione;
4) costituzione di un gruppo di valutatori esterni ma comunque appar tenenti alla comunità;
5) formazione di ciascun gruppo di valutatori;
6) fase di prima valutazione dei par tner;
7) avvio di visite programmate da parte del gruppo di valutatori esterni ai par tner;
8) stesura del rappor to di sintesi e comunicazione ai partner delle possibili aree di miglioramento.
L’informazione e la condivisione del progetto con i par tner prende spunto con la definizione
stessa dell’elenco dei partner potenzialmente interessati, essi saranno in linea teorica tutti
coloro che operano a qualche titolo nel territorio dell’U.L.SS. n.4, più verosibilmente almeno
in una fase iniziale si potrà prendere in considerazione quei soggetti che operano nel territorio e hanno nel contempo sedi operative nel territorio stesso.
La decisione di circoscrivere l’insieme dei partner a questa seconda ipotesi (strutture evidenziate con asterisco nella tabella 89) è giustificata da una parziale coincidenza tra questo
progetto e le procedure di autorizzazione al funzionamento e accreditamento istituzionale.
La fase 2), la definizione par tecipata degli standard, rappresenta un fondamentale momento
di analisi e condivisione degli elementi che definiscono la qualità di un servizio inserito nel
contesto della propria comunità. Fermo restando il riferimento agli standard fissati dalla LR
22/2002, attualmente non vi è un modello di accreditamento scelto dalla Regione Veneto per
gli standard “aggiuntivi” che sono quelli che più qualificano e differenziano un partner.
In attesa della definizione da parte della Regione del programma di accreditamento di eccellenza a cui fare riferimento, sia esso Joint Commission, CCHSA (già oggetto di sperimentazioni regionali), o altri, i par tner della comunità locale possono autodefinire un proprio programma che verrà poi riadattato per accogliere standard e procedure previste dal sistema di
accreditamento scelto.
Per affrontare l’impor tante tematica della definizione degli standard, viene costituito un primo
gruppo di lavoro che si occuperà degli standard generali, e gruppi di lavoro specifici per tipologia di utenti.
L’anticipo rispetto alla tempistica proposta dalla Regione Veneto, pur scontando l’onere di
dover parzialmente rivedere il lavoro fatto, consente di ottenere almeno due ordini di vantaggi: maggior partecipazione alla condivisione del modello di valutazione; maggior tempo per
assimilare ed elaborare i concetti relativi all’accreditamento.
Nella definizione degli standard verrano esaminate e valorizzate le esperienze già avviate da
alcuni partner, oltre alle specifiche esperienze professionali maturate.
La costituzione dei gruppi di valutatori interni ed esterni è una fase di fondamentale importanza, essi dovranno essere composti da personale diversificato e tale da rappresentare le
diverse componenti dei partner, in ogni caso sarà facoltà di ciascun par tner individuare il proprio gruppo. Per quanto riguarda il gruppo di valutatori “esterni”, in attesa di eventuali disposizioni regionali, è ipotizzabile una composizione mista che veda rappresentati sia par tner
pubblici che del terzo settore.
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – Il distretto socio sanitario
167
Il piano locale per la non autosufficienza e Il Piano locale per la domiciliarità
Il complesso sistema dei servizi socio-sanitari rivolto in par ticolare alle persone non-autosufficienti si caratterizza nella Regione Veneto per un’ampia varietà e graduazione dei servizi erogati: dalla domiciliarità nelle sue diverse forme, all’accoglienza definitiva in strutture residenziali, esiste un continum di oppor tunità in rapporto alle specifiche situazioni di bisogno
nella quale la persona non-autosufficiente (anziano o disabile che sia) e la sua famiglia possono venire a trovarsi in un periodo della propria esistenza.
La varietà e complessità di risposte possibili ha indotto il legislatore veneto (e nazionale) ad
introdurre strumenti di programmazione ed integrazione al fine di garantire per quanto possibile l’unitarietà, la continuità e la coerenza delle risposte in relazione ai bisogni: sono così
stati codificati diversi strumenti tra cui il Piano attuattivo locale e il Piano di zona (LR.56/94,
LR.5/96, Dlgs.229/99, L.328/00 per citare solo i principali riferimenti normativi).
Recentemente, per rafforzare ulteriormente il concetto di integrazione operativa ed istituzionale delle azioni rivolte in particolare alle persone non-autosufficienti, la Regione Veneto ha
presentato il provvedimento n.92/CR che definisce le nuove linee programmatiche introducendo il “Piano locale per la non autosufficienza” strettamente collegato al “Sistema della
domiciliarità” di cui alla DGR 2359 del 30/07/2004.
Questi provvedimenti vanno a delineare due nuovi strumenti di programmazione che risultano strettamente interconnessi e che devono trovare il giusto coordinamento all’inter no del
Piano di zona.
Di seguito vengono affrontati questi temi sia per le persone anziane che disabili, seguendo
un percorso che dalla descrizione del contesto, esamina l’assetto dei servizi in una logica di
progressiva “intensità assistenziale”, ponendo un particolare rilievo agli strumenti di integrazione e coordinamento tra ser vizi e soggetti erogatori, evidenziando la realtà attuale e le prospettive future sia sotto il profilo organizzativo-gestionale che finanziario.
I servizi per gli anziani e gli adulti
Lo studio è la miglior previdenza per la vecchiaia
Aristotele
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti
169
Il contesto dell’area adulti-anziani
N
el territorio dell’Alto Vicentino, come si nota dai dati presentati nel capitolo dedicato alla
struttura demografica, al 01/01/2001, la popolazione ultra 64enne raggiunge il 16,4%
dei residenti pari in assoluto a 28.523 unità.
La popolazione adulta, compresa nella fascia 30-59 anni (quella che di solito è particolarmente interessata ai compiti di cura oltre che a quelli produttivi) ammonta a 76.508 unità e,
rapportato agli ultra 74enni, è pari ad un indice di 16.
L’invecchiamento pone certamente problemi nuovi e differenti alla nostra comunità e all’assetto dei ser vizi. La presenza di una significativa fascia di persone tra i 65 e i 74 anni diventa, spesso, una risorsa forte per la comunità: sono persone che godono, generalmente di
buona salute, che possono e vogliono sentirsi utili, “mantenersi curiosi”.
Queste persone sono memoria attiva ed utile per la comunità e possono essere forza creativa per occasioni di aiuto, di sostegno intrafamiliare nel lavoro di cura ai nipoti, di suppor to
emotivo e pratico per altri anziani compromessi nello stato di salute; sono fonte di trasmissione di contenuti ai giovani, agli adulti di abilità, di storie, di emozioni che aiutano a vivere
in continuità con il passato.
Dall’altro canto l’aumento della percentuale degli ultra 74enni, (quasi 1.000 persone che
hanno superato i 90 anni) coincide con l’accentuazione di stato di non autosufficienza (parziale o totale) e con l’aumento dell’impegno e cura delle famiglie di appartenenza. Questa è
la fascia sulla quale è necessario strutturare e stabilizzare percorsi di presa in carico, differenziati, personalizzati, integrati sul piano socio-sanitario nonché un forte sostegno alle famiglie impegnate nel lavoro di cura. Sono i percorsi della domiciliarità (semplice e/o integrata),
della residenzialità qualificati ed a misura d’uomo, della semi-residenzialità, del sostegno
economico al malato e al familiare, delle forme variegate di “sollievo”. Nel corso degli ultimi
tre anni questi percorsi sono stati avviati e strutturati, in una logica di connessione tra i servizi dei comuni e quelli della rete distrettuale, in un approccio culturale fondato sul rispetto
dei bisogni differenziati delle persone.
L’integrazione socio-sanitaria che è sempre “metodo dif ficile”, al di là delle enunciazioni, sta
diventando gradualmente prassi quotidiana, grazie anche ad un importante coinvolgimento
del Medico di Medicina Generale e del servizio sociale di base nella rete dei ser vizi distrettuali.
Al tempo stesso in quasi tutti i comuni sono sorte iniziative interessanti finalizzate a migliorare la qualità della vita delle persone anziane: dai centri di aggregazione specifici, all’utilizzo di attività socialmente utili degli anziani, all’università per gli adulti ed anziani, all’organizzazione di soggiorni estivi.
Il servizio sociale di base
Il servizio sociale di base ha il fondamentale compito di rilevare e misurare i bisogni di un territorio avendo un costante rapporto con i cittadini, le Amministrazioni Comunali, le associazioni, con particolare riferimento a quelle di volontariato, e ai servizi dell’Azienda Sanitaria.
L’assistente sociale che opera nel servizio sociale di base si può definire “regista delle risorse” in quanto lavora in un ottica di “rete”, assicurando una integrazione alla varietà di interventi sociali. L’integrazione quotidiana con la realtà ter ritoriale dà all’assistente sociale la
possibilità di leggerne i bisogni e le necessità evidenziando, attraverso una attività di ricerca
e programmazione, le risorse da attivare. Per rispondere alle necessità dei cittadini, dopo la
170
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
valutazione del bisogno, può avvalersi di servizi semplici erogabili direttamente dal Comune
o può attivare la valutazione multidimensionale per l’attivazione di servizi sociosanitari.
Il progetto, gia inserito nel Piano di zona 2001/03, prevedeva la dotazione da parte di ogni
Comune di personale da destinare al ser vizio sociale di base. La situazione, a giugno 2001,
vedeva solo alcuni comuni dotati di servizio sociale di base (Schio, Malo, Piovene rocchette,
Thiene, Marano Vicentino, Montecchio Precalcino, Sarcedo), gestito con assistenti sociali
dipendenti dell’ente, mentre per i rimanenti comuni il servizio veniva garantito da assistenti
sociali in organico al distretto, senza che esistesse la necessaria delega.
Nel secondo semestre del 2001 tutti gli altri comuni dovevano individuare le modalità per
dotarsi di propri assistenti sociali, in modo da poter dare avvio al progetto già da gennaio
2002, prevedendo uno standard minimo di tre ore settimanali per 1.000 abitanti, considerato come la soglia minima per garantire il ser vizio. Nel corso del 2001, inoltre, è stato attuato un progetto che prevedeva la riorganizzazione dei distretti socio-sanitari (il passaggio da
tre a due con l’assorbimento di alcuni comuni del distretto n.3 nel distretto n.1 e gli altri nel
distretto n.2). Tale riorganizzazione ha inciso sulle modalità messe in atto dai Comuni per
dotarsi del ser vizio sociale di base, creando, in alcuni casi, delle “associazioni” di Comuni.
Tabella 91 Numero di ore settimanali di assistenza sociale: evoluzione
Comune
Ore/sett. ser vizio sociale
Ore/sett. al
Previsione
di base prima del 2001
31/12/2003
PdZ01/03
Breganze, Salcedo
-
24
26,29
Carrè
-
4
9,77
Caltrano, Chiuppano, Calvene, Fara Vicentino,
Lugo di Vicenza, Zanè, Zugliano
-
60
78,15
Montecchio Precalcino
18
18
13,73
Sarcedo
18
18
15,19
Thiene
78
78
63,04
-
18
15,89
36
36
26,35
Schio
144
144
112,17
Malo
36
36
36,81
Piovene Rocchette
36
36
23,03
Posina, Tonezza del Cimone, Valdastico, Velo d’Astico
-
44
39,02
Torrebelvicino
-
14
16,34
San Vito di Leguzzano
-
6
10,16
Monte di Malo
-
8
8,15
Valli
-
5
10,75
Villaverla
Marano Vicentino
Arsiero, Cogollo del Cengio, Laghi, Lastebasse, Pedemonte,
Santorso
Totali
-
18
15,77
366
567
520,61
Punti di forza del progetto:
1) L’adozione da parte di tutti i comuni di un proprio servizio sociale di base diventa garanzia di integrazione con la rete dei servizi sociali e socio-sanitari e adeguatezza del progetto
individualizzato.
L’Assistente Sociale diventa il principale soggetto nella raccolta e decodifica della domanda,
dell’eventuale presa in carico e della verifica del progetto socio-assistenziale individuato.
2) L’adozione, da parte dei Comuni e dell’Azienda U.L.SS. n.4, del “Protocollo operativo in
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti
171
applicazione del Piano di Zona per il servizio di assistenza sociale”, al fine di garantire il
necessario coordinamento tra i due enti. Il documento elenca le competenze del Comune e
del distretto, le modalità organizzative e di coordinamento, le risorse, il sistema informativo,
la verifica e la durata.
3) L’individuazione di una figura di coordinamento per entrambi i distretti per garantire l’integrazione ed il funzionamento della rete dei ser vizi (comuni, distretto, ospedale, strutture residenziali, semiresidenziali, ecc.). Tale compito è stato affidato a due assistenti sociali dipendenti dell’azienda, con decorrenza gennaio 2002.
4) L’attività di coordinamento e in par ticolare l’integrazione degli assistenti sociali dei comuni con il distretto, ha permesso di realizzare la standardizzazione dei processi e delle competenze. Tali obiettivi sono stati raggiunti attraverso un lavoro di formazione comune tra i soggetti coinvolti che ha portato all’elaborazione di alcuni strumenti di lavoro che hanno permesso di raggiungere i due obiettivi sopracitati:
• modulo unico per la raccolta della domanda di ser vizi (spor tello unico);
• modulo unico per l’attivazione UVMD;
• protocollo operativo dell’assistente sociale del ser vizio sociale di base.
5) La costituzione di un sistema informativo adeguato e coerente con il processo. È in fase
di attuazione l’informatizzazione della scheda di rilevazione della domanda (modulo unico), di
attivazione UVMD e l’informatizzazione della scheda SVAMA. È iniziata la sperimentazione
SID-ADI, proposta dalla Regione, che rileva tutte le attività ef fettuate in maniera programmata a domicilio del paziente da operatori dei servizi sociosanitari. Tutti i comuni dell’azienda
hanno adottato questo sistema informativo regionale.
6) La globalità della presa in carico delle situazioni complesse attraverso lo strumento UVMD,
quale unica porta di accesso alla rete di servizi integrati per la persona, utilizzando la scheda SVAMA quale strumento di valutazione multiprofessionale e multidisciplinare. Nel corso
del 2003 sono state elaborate e adottate, da parte della direzione, le linee guida per l’organizzazione ed il funzionamento dell’UVMD e l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI).
Alcuni dei punti elencati sono stati realizzati nel corso del Piano di Zona 2001/03 (punti 1,
2, 3 e 4) per gli altri punti (5 e 6) l’impegno è la completa realizzazione ed il consolidamento.
Assistenza domiciliare e Assistenza domiciliare integrata
L’assistenza domiciliare
Si tratta di inter venti diretti ai cittadini ed ai nuclei familiari che, per particolari necessità o
per non completa autosufficienza, non sono in grado, anche temporaneamente, di garantire
il pieno soddisfacimento delle esigenze personali e domestiche. Lo scopo del servizio è il
mantenimento dell’autonomia della persona e la permanenza all’interno del proprio nucleo
familiare cercando di evitare l’inserimento in struttura protetta. Il ser vizio si concretizza nell’aiuto per l’igiene della persona, l’igiene ambientale, trasporti, lavanderia, disbrigo di pratiche amministrative.
Il servizio è gestito dai Servizi Sociali del Comune e può essere fornito da operatori di assistenza dipendenti del Comune e/o da operatori di assistenza dipendenti di cooperative sociali convenzionate con il Comune. La domanda va presentata ai servizi sociali del Comune a cui
seguirà una valutazione dell’assistente sociale.
172
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
L’assistenza domiciliare integrata
Negli ultimi 10 anni lo sviluppo dell’assistenza domiciliare è stato veloce e ha interessato
tutti gli attori della rete dei ser vizi, le ricadute sugli utenti non sono ancora percettibili in tutta
la loro portata, e l’impegno successivo sarà quello di cercare di trasferir e sulla quotidianità
degli utenti gli sviluppi e le novità che si stanno apprendendo.
La ricerca costante di innalzare e omogeneizzare la qualità percepita del ser vizio, deve
necessariamente passare attraverso un cambiamento di mentalità collettiva, dove il processo assistenziale non è di competenza solo sanitaria o solo sociale o “solamente” socio-sanitaria, ma omnicomprensiva. Per esempio, il familiare di un paziente, in ospedale non può più
essere “mandato fuori dalla stanza” quando entrano i sanitari, ma educato ed addestrato da
subito sulle metodiche da adottare o evitare, per la cura del proprio caro.
Il programma assistenziale deve essere il più possibile condiviso, in modo da creare con la
famiglia una alleanza, e mai una contrapposizione. Nel 2001 ci fu un deciso potenziamento
del servizio con l’avvio della reperibilità infermieristica, l’estensione della copertura 24 ore
su 24 ore per 365 giorni anno e soprattutto il potenziamento dell’organico con l’arrivo di 10
nuovi infermieri professionali a tempo pieno.
Nello stesso anno l’U.L.SS. n.4 assume il modello di “distretto for te” e, attraverso l’unità
operativa delle Cure Primarie:
• aumenta il concetto di integrazione socio sanitaria;
• rafforza la sua politica di investire sul MMG quale principale soggetto per promuovere la salute;
• sottolinea l’impor tanza di aumentare l’integrazione ospedale/territorio;
• individua nell’UVMD il per no del processo assistenziale di rete.
Nell’ambito dell’assistenza domiciliare diviene fondamentale per l’infermiere valutare sempre
il contesto di svolgimento del lavoro per elaborare una risposta personalizzata, non solamente tecnica bensì globale, con una adeguata considerazione della componente sociale e
fondamentale attenzione alla sfera personale del soggetto e della famiglia. In particolare,
par te determinante del percorso assistenziale dovrà essere dedicata all’educazione sanitaria
fatta alla famiglia per aumentare il grado di autonomia, evitando compor tamenti che possano portare a dipendenza.
Assistenti familiari
Tra le altre iniziative a sostegno della domiciliarità ed in particolare del ruolo delle assistenti familiari, si prevede l’avvio di un progetto di formazione e accompagnamento delle famiglie
e delle assistenti familiari nella loro attività di cura di persone non autosuf ficienti assistite a
domicilio. Le azioni a sostegno delle assistenti familiari si possono sintetizzare come di seguito:
1. progettazione e realizzazione di percorsi mirati di inserimento lavorativo in ambiente domestico
(anche attraverso stage, borse lavoro, ecc.) finalizzati alla stipula di un contratto di lavoro di cura
familiare;
2. progettazione e gestione di corsi di formazione per assistenti familiari;
3. istituzione e gestione del registro delle assistenti familiari con relativa definizione di criteri e requisiti di iscrizione;
4. servizi di accompagnamento, tutoraggio dell’assistente familiare in particolare nella fase di avvio
del rappor to di lavoro della cura familiare.
Costi
I costi complessivi sostenuti dalle amministrazioni comunali nel 2003 ammontano a
1.881.100 euro di cui 882.240 per interventi di assistenza domiciliare integrata (ossia per
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti
173
utenti seguiti sia da interventi comunali, sia dall’U.L.SS. n.4).
Tabella 90 Utenti in ADI al 31.12.2003
Operatori
Assistenti
Costo
Comune
Utenti
assistenza
sociali
SAD
Arsiero
72
0,69
0,30
37.451
9.821
Breganze
153
3,27
0,60
85.568
46.420
Caltrano
14
0,21
11.317
3.169
Calvene
10
0,11
8.197
3.287
Carrè
19
0,05
1.708
1.337
Chiuppano
14
0,60
0,21
24.314
10.097
Cogollo del Cengio
40
0,74
0,13
29.028
18.547
Fara Vicentino
12
0,12
0,31
13.695
10.538
Laghi
4
0,10
0,05
7.058
3.900
Lastebasse
4
0,04
0,02
3.074
3.074
Lugo di Vicenza
62
0,55
0,33
22.494
14.748
Malo
96
2,71
0,30
111.946
80.168
Marano Vicentino
88
2,00
0,73
112.841
64.916
Monte di Malo
54
0,80
0,30
40.854
31.052
Montecchio Precalcino
19
2,31
0,20
22.993
4.500
Pedemonte
4
0,16
-
-
0,004
di cui
ADI
198
-
Piovene Rocchette
51
0,89
0,50
45.247
24.822
Posina
11
0,06
0,05
4.982
2.187
7
0,08
0,08
3.199
3.199
Santorso
47
1,40
0,10
78.876
39.437
San Vito di Leguzzano
14
1,19
0,16
42.000
12.923
Sarcedo
47
1,30
0,30
54.122
29.900
Schio
562
33,00
2,67
668.957
267.583
Thiene
290
5,83
1,95
219.584
101.008
Salcedo
Tonezza del Cimone
1
-
0,006
367
-
Torrebelvicino
53
2,50
0,40
44.129
29.419
Valdastico
41
0,22
0,12
18.037
6.603
Valli del Pasubio
12
-
0,14
9.414
6.119
Velo d’Astico
27
-
Villaverla
42
1,50
Zanè
26
9
1.905
Zugliano
Totale
12.212
6.514
0,42
61.896
22.425
0,83
0,50
62.107
15.044
0,33
0,36
23.231
9.481
63,23
11,62
1.881.100
882.240
Il telesoccorso
Descrizione
È un servizio domiciliare rivolto ai soggetti a rischio socio-sanitario al fine di ricevere assistenza in situazioni gravi e di emergenza
Modalità organizzativa
La richiesta va presentata ai servizi sociali del Comune che attivano il ser vizio. Ogni utente
viene dotato di un mini apparecchio provvisto di un bottoncino che, se premuto, fa scattare
174
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
un segnale di allarme al centro operativo, funzionante 24 ore su 24, che attiva immediatamente un inter vento.
Utenti del servizio e dati statistici
In media nei quattro trimestri compresi tra dicembre del 2002 e novembre del 2003 il servizio ha coinvolto un numero pressoché costante di utenti per una media, a trimestre, distribuita come da tabella 92.
Tabella 92 Utenti medi a trimestre del Telesoccorso. 2002/2003
Comune
utenti medi a trimestre
Comune
utenti medi a trimestre
Arsiero
9
Piovene Rocchette
11
Breganze
53
Posina
6
Caltrano
8
Salcedo
4
Calvene
5
San Vito di Leguzzano
8
Carrè
22
Santorso
14
Chiuppano
4
Sarcedo
11
Cogollo del Cengio
11
Schio
10
Fara Vicentino
14
Thiene
46
Laghi
1
Tonezza del Cimone
0*
Lastebasse
2
Torrebelvicino
15
Lugo di Vicenza
13
Valdastico
24
Malo
75
Valli del Pasubio
9
Marano Vicentino
20
Velo d’Astico
3
Monte di Malo
8
Villaverla
23
Montecchio Precalcino
10
Zanè
11
Pedemonte
3
Zugliano
9
Media trimestrale U.L.SS. n.4
553
* Tonezza del Cimone ha attivato il servizio nel corso del 2004.
Contributi economici
Legge Regionale n.28 del 1991
Descrizione
È un inter vento economico della Regione Veneto finalizzato al mantenimento nel proprio domicilio, delle persone non autosufficienti.
Modalità organizzative
La domanda va presentata presso il Comune di residenza su apposito modulo. Viene verificato da par te del Comune il reddito, che non deve superare quanto stabilito dalla Regione.
Viene poi effettuata una valutazione sanitaria (medico di medicina generale) e assistenziale
(assistente sociale) della persona su scheda predisposta dalla Regione, inviata successivamente all’ufficio competente che attribuirà un punteggio e stabilirà l’entità del contributo economico.
Legge Regionale n.5 del 2001 art.40 “Inter vento a favore delle famiglie che assistono in casa
persone con demenza accompagnata da gravi disturbi comportamentali”
Descrizione
È un intervento economico finalizzato al mantenimento nel proprio domicilio delle persone
affette da morbo di Alzheimer e altre demenze con gravi disturbi comportamentali.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti
175
Modalità organizzative
La domanda può essere presentata sia presso il Comune che presso il distretto su apposito
modulo. Il contributo è rinnovabile e per averne diritto sono necessari i seguenti requisiti: reddito personale non superiore al tetto stabilito dalla Regione (accertato dal Comune), diagnosi (specialista) e presenza di gravi disturbi comportamentali (unità valutativa Alzheimer), adeguatezza dell’assistenza fornita dai familiari (assistente sociale del Comune). Per l’attuazione di questo progetto la Regione ha incaricato le Aziende U.L.SS. e i Comuni di seguire una
procedura per la stesura della graduatoria degli aventi diritto.
DGR 3630 del 13/12/2002 Contributo economico badanti
Descrizione
È un inter vento economico a favore delle famiglie che assistono in casa persone non autosufficienti con l’aiuto di assistenti familiari. Ha l’obiettivo di mantenere a domicilio la persona non autosufficiente e di legittimare il rapporto di lavoro.
Modalità organizzative
La richiesta va presentata presso l’uf ficio ser vizi sociali del Comune di residenza su apposito modulo ed entro i termini previsti. Il contributo è subordinato alla situazione reddituale del
nucleo familiare in cui vive la persona assista e alla dichiarazione di non autosufficienza. È
previsto un contributo una tantum per la regolarizzazione del rappor to di lavoro e un contributo mensile in base al contratto stipulato.
DGR 3960 del 31/12/2001 Interventi sperimentali per il “sollievo”
Descrizione
È un intervento economico a favore delle famiglie che assistono persone con disabilità o
anziani non autosufficienti. Questo inter vento si pone l’obiettivo di ritardare, quanto più possibile, il ricorso a forme di istituzionalizzazione permanente di persone disabili gravi e/o
anziani non autosufficienti. Sono previste principalmente due tipi di azioni: erogazione del
“buono ser vizio” per accedere al ser vizio di accoglienza temporanea residenziale; erogazione
di un contributo economico per la partecipazione a soggiorni climatici ad alta protezione, di
persone disabili e/o con autonomia e autosufficienza ridotta. Gli interventi possono anche
essere diversi da queste due tipologie, come specificato nell’accordo di programma.
Modalità organizzative
La richiesta va presentata presso l’ufficio ser vizi sociali del Comune di residenza su apposito modulo e con le modalità previste nell’accordo di programma tra Conferenza dei Sindaci e
U.L.SS. n.4, in attuazione della DGR 3960/01.
L’assistente sociale del Comune, eventualmente coadiuvato dal Distretto, valuta le domande, tenendo conto dei criteri individuati dalla DGR 3782/02 «Criteri per l’avvio degli interventi
sperimentali per il “sollievo”».
Assistenza economica Comunale
Descrizione
Contributi economici straordinari o continuativi per il sostegno delle persone in condizioni economiche disagiate. L’assistenza economica comunale può essere finalizzata al mantenimento a domicilio della persona o, se necessario, all’integrazione per il pagamento della retta di
ricovero in struttura residenziale.
Modalità organizzative
La richiesta va presentata presso l’ufficio ser vizi sociali del Comune di residenza, su appo-
176
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
sito modulo. La domanda, corredata dalla valutazione sociale e dalla necessaria documentazione comprovante i redditi, viene valutata con i criteri stabiliti dai singoli regolamenti comunali.
I centri diurni per non autosufficienti
Descrizione
Il centro diurno per non autosufficienti si colloca nella rete dei servizi come servizio semi-residenziale, intermedio fra le strutture residenziali e l’assistenza domiciliare. Offre un servizio
di assistenza e di sostegno alle famiglie che cercano di mantenere il familiare nel proprio
ambiente di vita. Durante la giornata l’ospite viene coinvolto in attività terapeutico-riabilitative specifiche e in momenti di animazione e creatività. Durante la permanenza al centro diurno viene garantito il pranzo e il servizio di trasporto (per i residenti nel Comune sede del centro diurno e limitrofi).
Modalità organizzativa
La richiesta va presentata all’ufficio ser vizi sociali del Comune di residenza su apposito
modulo. L’assistente sociale del Comune la invia con allegata SVAMA sociale, al Distretto di
appartenenza per la valutazione multidimensionale (UVMD) e l’inserimento nella graduatoria
nel caso in cui la persona risulti non autosufficiente. L’accoglimento delle persone autosufficienti viene gestito direttamente dal Centro Diurno.
La rete dei servizi
I centri diurni per non autosufficienti nel territorio dell’U.L.SS. n.4 sono due:
• la Compagnia a Breganze;
• il Centro Diurno Brolatti a Marano.
Prospettive future
• Consolidamento nella rete dei ser vizi;
• qualità e personalizzazione dell’intervento volto a privilegiare il lavoro sulle abilità residue dell’anziano (inter venti riabilitativi e psico-sociali);
• sollievo alle famiglie.
Le strutture residenziali
Descrizione
Le strutture residenziali o case di riposo
sono rivolte ad anziani con ridotta o minima autonomia.
I servizi residenziali sono articolati in
base alla gravità della persona inserita e
al livello di assistenza offerto; nel territorio dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” sono
presenti: posti di residenzialità ad intensità ridotta e minima, nuclei di media intensità, stati vegetativi, nuclei ad alta protezione Alzheimer, hospice.
Modalità organizzativa
L’accesso al ser vizio avviene a seguito di
domanda presentata dall’interessato al
Figura 64 Strutture residenziali per anziani e ulteriori
livelli di assistenza
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti
177
servizio sociale del comune di residenza; l’UVMD prende in esame il caso e, se risulta idoneo all’inserimento in casa di riposo, provvede ad inserirlo nella graduatoria unica. In caso
contrario propone un ser vizio alternativo più idoneo al suo bisogno (assistenza domiciliare,
centro diurno, ecc.).
L’U.L.SS. n.4 ha provveduto, in attesa del regolamento unico regionale, a formulare una propria proposta sul registro unico per la residenzialità, volto a conciliare l’esigenza di libera scelta del cittadino con l’utilizzo attuale delle strutture residenziali.
L’ammissione ai trattamenti di residenzialità e semiresidenzialità è disposta dal Distretto
Socio Sanitario di residenza dell’interessato a seguito della decisione presa e verbalizzata
dalla Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale.
In attesa del verificarsi delle condizioni che consentano l’inserimento in struttura residenziale o semiresidenziale il cittadino viene collocato in apposita graduatoria (“lista di attesa”) ispirata a criteri conformi ai principi di equità e trasparenza.
Quando una persona risulta prima nella lista d’attesa, essa acquisisce il diritto a spendere
una impegnativa di residenzalità in una struttura a sua scelta (ovviamente la struttura deve
avere un posto libero).
Con il provvedimento n.92/CR la Regione introduce il “Piano locale per la non autosufficienza” e ridefinisce il tetto delle impegnative che fino al 2006 saranno pari a 938.
La rete dei ser vizi
Nell’U.L.SS. n.4 è presente un’ampia e ar ticolata rete di servizi in grado di of frire piena copertura al fabbisogno del territorio.
Tabella 44 Strutture residenziali (anno 2004)
Strutture Residenziali
RSA Ridotta
Nuclei di
... di cui
RSA da
Stati
e minima
media...
SAPA
ric. osped.
vegetativi
42
48
10 *
208
48
75
6
A.Rossi Arsiero
46
Ist.Canossiano Casa Charitas Schio
16
“S.Giuseppe” RSA Pedemonte
40
A. Penasa Valli
34
Comunale Caltrano
20
“Casa Nostra” Valdastico
36
Villa S.Angela Breganze
35
“Casa Panciera” Schio
I.P.A.B. “La Pieve” Breganze
La Casa di Schio
Casa di Ricovero “Muzan” Malo
OIC Thiene
Hospice
19
35
177
Istituzione Villa Miari Santorso
11
Totale: 953 (di cui 10 SAPA)
719
48
144
9
10 *
75
6
9
* I 10 posti di SAPA sono ricompresi nei 48 di media intensità.
Le strutture sono omogeneamente distribuite nel territorio con una certa prevalenza nel
distretto di Schio, come evidenziato dalla figura 64.
Oltre ai posti letto di media e ridotta intensità (ossia la casa di riposo comunemente intesa)
esistono nel territorio dell’U.L.SS. n.4 degli ulteriori livelli di assistenza:
• l’hospice è una struttura residenziale territoriale, autonoma e fisicamente separata dall’ospedale, di piccole/medie dimensioni, che fornisce assistenza a bassa invasività, ad elevato contenuto
178
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
umano e caratterizzata da inter venti di sostegno psicologico, relazionale e spirituale. La struttura
garantisce assistenza di ricovero temporaneo ai pazienti af fetti da patologia neoplastica in fase avanzata, a rapida evoluzione e a prognosi infausta, per i quali ogni terapia finalizzata alla guarigione non
sia più possibile. L’hospice ha inoltre la funzione di mantenere, promuovere, sostenere la rete di relazioni primarie con la famiglia e l’ambiente sociale di riferimento;
• assistenza residenziale extraospedaliera per cure di stati vegetativi permanenti; lo stato vegetativo è una sindrome clinica caratterizzata da assoluta non coscienza di sé e dell’ambiente, con parziale ripresa del ritmo del sonno-veglia e delle funzioni autonomiche e vegetative;
• SAPA, Sezioni ad Alta Protezione Alzheimer, è un reparto/sezione di una struttura destinata ad
accogliere esclusivamente ospiti affetti da demenza senile tipo Alzheimer che necessitano di un particolare approccio clinico-assistenziale durante una o più fasi della loro malattia.
Costi
La spesa sanitaria si ar ticola sui vari livelli di assistenza come dalla tabella 45.
Tabella 45 Anziani. Ripartizione della spesa sanitaria per livello di assistenza. Anno 2003
Livello di assistenza
RSA Ridotta e minima
Nuclei di media
SAPA
RSA da riconversione ospedaliera
Impor to
10.458.034
2.393.582
210.787
1.246.657
Prospettive future
La questione della residenzialità di persone anziane non autosufficienti è l’altra faccia della
medaglia di un fenomeno peraltro del tutto positivo che caratterizza e sempre più caratterizzerà la nostra società, ossia l’allungamento dell’aspettativa di vita.
L’invecchiamento è un risultato sociale frutto di azioni consapevoli di una comunità che producono cambiamenti sull’ambiente, sull’alimentazione e sugli stili di vita, sulla qualità dei servizi sanitari e sociosanitari e di un controllo delle nascite oramai generalizzato.
Gran parte delle azioni contenute in questo documento hanno l’obiettivo dichiarato di prolungare e migliorare la vita del maggior numero di persone e di conseguenza è lecito ipotizzare che, a parità di nascite, contribuiranno a generare un graduale invecchiamento della
popolazione.
Nell’analizzare le prospettive future dei servizi residenziali per anziani è necessario considerare l’interdipendenza esistente tra condizione familiare e stato di salute dell’anziano, in particolare valutando la rete di aiuti e relazioni in cui l’anziano stesso è inserito.
Diverse ricerche dimostrano come il rischio di finire in un’istituzione è inversamente proporzionale alla forza dei legami familiari; i dati disponibili relativi al censimento ISTAT del 1991
indicano che il 45% degli anziani ricoverati in istituto erano soli e circa il 15% avevano solo
fratelli o sorelle; tali dati devono essere considerati per difetto in quanto relativi ad oltre un
decennio fa.
Si può affermare che l’inserimento in strutture residenziali non avviene perché si raggiunge
una cer ta età, bensì per una pluralità di fattori legati, in parte, allo stato di salute dell’anziano, ma soprattutto alle possibilità della rete parentale. Ciò spinge a considerare l’assistenza
domiciliare, sia semplice che integrata, come una soluzione in alcuni casi possibile ma non
un’alternativa cer ta e totalizzante dell’istituzionalizzazione che, anzi, considerando l’incremento dei fattori di rischio (invecchiamento e riduzione delle protezioni familiari), è in prevedibile aumento.
179
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti
Quanto detto porta a considerare e a valorizzare il patrimonio costituito dalle strutture esistenti nel nostro territorio che potranno garantire anche per il futuro una risposta adeguata
ai bisogni della comunità dell’Alto Vicentino; ciò che potrà e dovrà adeguarsi sarà il modello
organizzativo delle strutture residenziali: in taluni casi dovranno essere in grado di specializzare la propria offer ta per un’utenza sempre più grave ed ad alta intensità assistenziale
(nuclei di media intensità, nuclei SAPA, stati vegetativi); in altri dovranno aprirsi alle esigenze
del territorio dif ferenziando l’offerta di servizi in stretta integrazione con i comuni e con il
distretto (trasporto, pasti a domicilio, inter venti domiciliari assistenziali e/o riabilitativi), e
garantendo una risposta alle nuove esigenze (moduli respiro), configurandosi sempre più
come centro servizi o “agenzie territoriali per la gestione della domiciliarità e della residenzialità”
Nella prevedibile difficile congiuntura economica futura, sarà sempre più necessario ottimizzare le risorse e ridurre i costi, attraverso strumenti di gestione associati di ser vizi, ad esempio tecnico-economali, formativi, amministrativi in genere.
Il centro di riabilitazione neurocognitiva di “Villa Miari”
Attivato dopo l’autorizzazione regionale con DGRV n.2194 del 03/08/2001 dal 1 febbraio
2002 sotto la direzione scientifica del prof. Per fetti e con la direzione organizzativa af fidata
al responsabile dell’Unità Organizzativa Cure Primarie del distretto n.2 di Schio; vi operano 9
terapisti di cui 2 comandati dall’U.L.SS. n.4. L’assistenza è garantita da infermieri ed operatori sociosanitari di Villa Miari. Il centro dispone di 10 posti letto di residenzialità e 5 posti
letto di semiresidenzialità riservato a pazienti af fetti da patologia a carico del sistema nervoso centrale ed in particolare:
a) pazienti affetti da vasculopatie a focolare, dopo la fase acuta;
b) pazienti af fetti da esiti di trauma cranico;
c) pazienti affetti da patologie di tipo a) e di tipo b) che necessitino di controllo o di impostazione del
trattamento riabilitativo.
Il Centro di Riabilitazione Neurocognitiva è incentrato su un trattamento che prevede l’applicazione della teoria cognitiva della riabilitazione (esercizio motorio consapevole), in maniera
intensiva (3 ore al giorno per paziente) per una durata media di 4-5 mesi: quest’ultima, dai
dati verificati nei due anni di attività, deve permettere al paziente un ritorno all’ambiente familiare, con un recupero di funzioni tale da prevedere il contributo riabilitativo, al massimo con
trattamento di tipo ambulatoriale; il centro stesso fornisce tale tipo di trattamento.
Tabella 46 Centro di neuroriabilitazione cognitiva. Giornate, accessi, assistiti. Anni 2002 e 2003
2002
2003
Assistiti
Giornate / Accessi
Assistiti
Giornate / Accessi
Ciclo continuato (giornate)
23
1.746
27
2.859
Ciclo diurno (giornate)
20
530
32
783
Diurnato diagnostico (accessi)
25
101
16
60
1
2
/
/
Ambulatoriale (accessi)
I pazienti provengono dal territorio dell’U.L.SS. n.4 (soprattutto per il trattamento semiresidenziali) su invio dell’UVMD distrettuale e dell’UO FKT del presidio e da altre Aziende U.L.SS.
del Veneto ed extraregionali.
Si nota che la quasi totalità dei ricoveri in regime di residenzialità è costituita da pazienti pro-
180
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
venienti da fuori U.L.SS. n.4, indice di una significativa capacità attrattiva, legato all’esperienza ed alla competenza tecnico–scientifica dello staff operativo.
Dal 01.01.2003 all’interno della struttura è stato attivato il centro studi sulla riabilitazione
neurocognitiva, finanziato dall’U.L.SS. n.4 e dall’Istituzione Villa Miari, che ha il compito di
curare la ricerca nelle scienze neurocognitive, promuovere congressi e convegni di studio,
coinvolgendo le più significative esperienze scientifiche nazionali ed internazionali.
Nel corso del biennio di attività trascorso, il centro è stato oggetto di particolare interesse
delle forze sociali ed economiche del territorio: importanti donazioni liberali, vincolate alla
ricerca e al sostegno delle borse di studio, sono venute dall’Associazione Industriali della
Provincia di Vicenza dell’Alto Vicentino. Si è trattato di una “nuova” modalità di rappor to pubblico-privato nella gestione di un Centro ad alta valenza sanitaria, che ha posto le basi per
ulteriori future sinergie.
Tabella 47 Bilancio di gestione del centro di riabilitazione neurocognitiva
Entrate
496.350
Fuori Regione
282.107
Fuori U.L.SS. n.4
214.243
Costi
800.622
Convenzione
506.466
Personale
293.493
Altri costi
663
Prospettive future
Nel prossimo triennio il centro consoliderà, necessariamente, l’attività svolta, sia sul piano
clinico, sia sul piano formativo e della ricerca.
In par ticolare saranno valutate le seguenti azioni organizzative:
• messa a regime dello staf f professionale riabilitativo, nelle attuali dimensioni;
• consolidamento degli attuali indici di ricovero in regime di residenzialità e semiresidenzialità;
• raf forzamento dell’integrazione del centro nella rete dei ser vizi distrettuali e, soprattutto, tramite
l’UOCA con l’UO di FKT ;
• promozione di donazioni provenienti dal territorio per alimentare il senso di appar tenenza delle
comunità locali all’attività del centro stesso;
• rafforzamento delle attività di ricerca, di formazione e di attrazione culturale a livello nazionale ed
internazionale.
Il centro servizi di Montecchio Precalcino
L’area ad alta integrazione sociosanitaria del Centro Servizi di Montecchio Precalcino è stata
riconosciuta dall’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” con propria deliberazione a partire dal
2001, in applicazione del precedente Piano di Zona 2001/03.
Il Centro riconosce come propria principale vocazione proiettata nel tempo quella assistenziale, caratterizzata dalla progressiva personalizzazione degli interventi e da un orientamento
socioriabilitativo che si articola in modo dif ferenziato su diverse strutture quali la RSA denominata “S. Michele” che accoglie ospiti psicogeriatrici, la RSA “Il Cardo” per disabili gravi e
le Comunità Terapeutiche Residenziali Protette con ospiti ad evoluzione psicogeriatrica ed
aperte a possibili ingressi mirati.
Ritenendo che i buoni cambiamenti maturino anche attraverso una serena consapevole let-
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti
181
tura e conoscenza dei luoghi e dei protagonisti della storia, vi sono stati nell’ultimo triennio
recenti significativi mutamenti nell’investimento progettuale e di grande aper tura ed integrazione con il territorio di appar tenenza, fortemente orientati alla cooperazione solidale ed
all’appor to del volontariato.
Attualmente nel centro sono attive tre strutture:
• C.T.R.P. – Comunità Terapeutiche Residenziali Protette
A gestione diretta U.L.S.S. n.4 in grado di ospitare 38 persone.
Sono state completamente ristrutturate negli ultimi anni e suddivise in quattro unità abitative denominate Ponente, Levante, Villino, Casa Serena, rispettivamente di 14 – 12 – 6 – 6 posti, ubicate al
piano terra all’interno del cortile di fronte al Castello di Villa Nievo Bonin Longare.
• R.S.A. – Residenziale Sanitaria Assistenziale “S. Michele”
Di nuova costruzione e recentemente inaugurata, dall’agosto 2001 accoglie 96 persone ospitate in
quattro nuclei (due maschili e due femminili), facilmente raggiungibile anche a piedi seguendo le indicazioni e gestita in convenzione con l’ente La Casa di Schio.
• R.S.A – “Il Cardo”
Riconosciuta come grande struttura per disabili gravi, di recente e completa ristrutturazione in grado
di accogliere 38 persone, è gestita in convenzione con l’ente La Casa con standard definiti dalla DGR
n.2537 del 2000 - sulle grandi strutture e con particolare attenzione a percorsi individuali di tipo
riabilitativo; l’assunto di base che muove le iniziative del centro è l’ef fettivo superamento del concetto assistenziale e di vita rappresentato dall’ospedale psichiatrico dapprima ed in seguito dal residuo psichiatrico esistenti in precedenza.
Il passaggio da realtà chiusa ed assai poco temporalizzata, verso nuclei di comunità (più o
meno allargati) a sempre maggiore integrazione nel territorio di riferimento, segna le intenzioni e la prassi quotidiana presente e futura.
L’anello di congiunzione per procedere in questa direzione è individuato in due importanti filoni quali la progressiva messa a disposizione delle caratteristiche architettoniche e di contesto del centro (Villa Nievo Bonin Longare, il parco e i grandi spazi) per consentire una sempre maggiore fruibilità attraverso il consolidamento della convegnistica e delle attività di formazione che ne costituiscono già realtà viva ed una forte propensione all’accoglienza ed
all’integrazione solidali verso gruppi ed associazioni del territorio.
L’inserimento recente e la presenza di una scuola elementare (60 bambini) espressione di
un’associazione pedagogica costituiscono un esempio concreto di ciò ed una chiara indicazione di prospettiva, così come lo specifico progetto per gli emigranti di ritorno e – anche se
all’apparenza collaterale – il Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare connoteranno ulteriormente ed in modo diversificato una vera e ricercata permeabilità interna ed
esterna del centro servizi.
Tutto ciò dovrà necessariamente consolidarsi attraverso un più stabile dimensionamento
delle convenzioni in atto, specie con il Gruppo Volontari e con partner riconosciuti come la
cooperativa Nuovi Orizzonti, vero punto di for za e canale di collegamento con le realtà circostanti.
Una par te delle persone che ancora vivono nelle strutture del centro provengono dall’esperienza dell’ospedale psichiatrico ed hanno seguito successivamente percorsi differenziati
182
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
sulla base delle caratteristiche individuali e del decorso ed esito del disturbo presentato.
L’assistenza globale alla persona è garantita da quattro Medici di Medicina Generale in apposita convenzione.
Il centro dispone, inoltre, di due chiese; una di dimensioni maggiori situata di fronte all’ingresso ed una più ridotta, di pregevole fattura, raggiungibile dal corridoio sotto l’arco visibile
a sinistra dell’ingresso.
È realtà consolidata la presenza di un sacerdote e di una piccola comunità di religiose che
prestano da molti anni servizio agli ospiti.
All’interno dell’area spicca il complesso di Villa Nievo Bonin Longare facilmente raggiungibile a piedi dall’ingresso attraversando l’arco subito a sinistra.
La villa, resa agibile di recente in tutto il piano terra, ospita uf fici di direzione ed è sede di
convegni ed attività di formazione aperti all’esterno, in integrazione e sinergia con la sala
polivalente della RSA “S. Michele” utilizzabile per incontri e manifestazioni e che dispone di
circa 100-120 posti.
Attiguo alla villa si raggiunge, attraverso una piccola strada sterrata, lo splendido parco meritevole di una piacevole e serena passeggiata e che, se opportunamente percorso, risale per
una bella scalinata alla parte retrostante della villa stessa.
Il servizio bar, la portineria-informazioni ed il servizio ritenuto fondamentale dell’animazione
dell’intera area e dell’integrazione con il territorio, sono affidati in specifica convenzione alla
cooperativa sociale Nuovi Orizzonti di Santorso, con il prezioso apporto del gruppo volontari
pure riconosciuto con apposita convenzione.
Sono presenti e ben rappresentate le associazioni dei familiari che con la loro opera contribuiscono al miglioramento della qualità di
vita degli ospiti.
Tutti i ser vizi e le convenzioni sono coordinate dall’U.L.SS. n.4 secondo criteri
complessivi e coerenti alle finalità del
centro, attraverso uno staff d’area diretto
da un medico psichiatrico dirigente.
È stata di recente istituita la Conferenza
dei Servizi con la rappresentatività di
tutte le entità coinvolte per par tecipare
alla programmazione e allo sviluppo dell’intera area.
Ogni persona che si trovi a frequentare, a
qualunque titolo, l’area ad alta integrazione socio-sanitaria di Montecchio
Precalcino – sia esso di servizio, per usufruirne o per semplice visita, costituisce
attraverso il proprio patrimonio di esperienza, sensibilità ed educazione un’occasione insostituibile di condivisione e di
crescita, di stimolo e arricchimento
umano per l’area stessa, per tutti gli ospiti, gli operatori, i volontari che contribuiscono giorno dopo giorno a rinnovarla, ed
Figura 65 Centro ser vizi di Montecchio Precalcino. Lato
è sempre la benvenuta.
fronte villa
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti
183
Prospettive future del centro servizi
Sarà ulteriormente consolidato nei prossimi tre anni, l’attenzione alla qualità ed umanizzazione delle condizioni di vita degli ospiti delle attuali strutture, nel rispetto degli standard assistenziali presenti e nel graduale ma sicuro potenziamento dell’équipe “orizzontale” del centro, riferimento fondamentale sia clinico sia gestionale dell’intero centro.
Nel contesto di un riordino delle residenzialità psichiatriche, potranno trovare spazio, nell’attesa, nuovi accoglimenti di pazienti prevalenti psicogeriatrici, “non attivi” sul piano clinico psichiatrico, bisognosi di piani lungoassistenziali.
Il centro proseguirà la collaudata vocazione ad ospitare eventi formativi e congressuali, anche
residenziali; in questo senso d’intesa con l’amministrazione provinciale di Vicenza, sarà ospitato il progetto “Emigrante di ritorno” che prevede nel triennio l’accoglienza formativa residenziale di gruppi di giovani figli di veneti, emigrati in sud America e che desiderano rientrare nel paese dove sono le loro radici.
Sarà consolidata la presenza dell’attività scolastica di un’associazione pedagogica che ha
permesso di creare un nuovo clima di incontro intergenerazionale e soprattutto una vera apertura e riconversione delle aree di Montecchio Precalcino.
Dai primi mesi del 2004 il centro, all’interno di Villa Bonin Longare, diviene sede della
Fondazione di Comunità Vicentina per la qualità di vita Onlus. (vedi il progetto specifico nella
sezione 3, Progetti innovativi).
Verranno individuati e ristrutturati spazi logistici per la protezione civile regionale nell’ambito
del padiglione B nel periodo di vigenza del piano.
Il servizio per i disturbi del comportamento alimentare, inserito nello stabile denominato “La
Decima”, vedrà un ulteriore rafforzamento in tema di apertura all’utenza, utilizzando le infrastrutture logistiche ed il personale del centro servizio.
Servizio prevenzione, trattamento e riabilitazione dei disturbi del comportamento alimentare
Il Centro “La Decima”
Il servizio è attivo dal 03/03/2003, presso lo stabile denominato “La Decima” nel contesto
del Centro Servizi di Montecchio Precalcino gestito in par tnership, attraverso un progetto sperimentale, dall’U.L.SS. n.4 e dall’ente “Villa Margherita”, dotato di par ticolare esperienza e
competenza nel settore, è rivolto alla valutazione, trattamento terapeutico–riabilitativo di
pazienti affetti da Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) così come definito nel DSM
IV (anoressia ner vosa, bulimia nervosa, beang eating desortes).
Disturbi sempre più diffusi anche nel territorio dell’U.L.SS. n.4 che, come rilevato in letteratura epidemiologica può interessare il 3% della popolazione giovanile tra i 14-25 anni, con
fenomeni segnalati di ulteriori precocità nella comparsa dei sintomi.
Il ser vizio si articola in una serie di inter venti: assesment, visite mediche, interventi psicoterapici individuali e familiari, attività psicoeducazionali di gruppo, valutazione d’esito.
Interventi garantiti da un gruppo pluriprofessionali (un medico nutrizionista, psicologi, due dietiste), integrato con i servizi dell’U.L.SS. n.4 afferenti (CSM – Ser.T – Consultori Familiari) che,
alla fine del ciclo di trattamento (di norma sei mesi, rinnovabili), garantiscono la continuità
terapeutica, sulla base delle eventuali co–morbilità associate ai DCA, nel paziente.
Al centro si afferisce previa impegnativa del medico di medicina generale, con prenotazione
presso il ser vizio informazioni del centro servizi di Montecchio Precalcino.
184
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Prospettive Future
Nel corso del prossimo triennio l’evoluzione del centro, sul piano progettuale, sarà così articolata:
• incremento dell’apertura dello stesso su cinque giorni settimanali, con potenziamento della frequenza dei gruppi psicoindividuali e dei gruppi di auto–mutuo–aiuto specifici, già operanti nel territorio dell’U.L.SS. n.4.;
• passaggio conseguente dalla fase sperimentale ad attività istituzionali nella rete dei ser vizi, sempre in partnership con l’ente “Villa Margherita”, con apposito finanziamento a bilancio. In tale ottica
sarà definita una corretta ed efficace aper tura del centro ad utenza di altro territorio della provincia,
pur nel rispetto dell’integrazione con il centro provinciale di riferimento per i DCA operante
nell’U.L.SS. n.6 ed attivato successivamente all’entrata in vigore del centro “La Decima”.
Utenti del servizio e dati statistici
Nel corso dei primi 8 mesi del 2004, sono stati seguiti circa 100 pazienti.
Costi
Il complesso di attività realizzate dal servizio ha implicato il sostenimento di un costo pari ad
un ammontare a 68.000 euro.
Soggiorni climatici
E Alessandro andò da Diogene. Lo trovò sdraiato al sole.
Diogene, sentendo tanta gente che veniva verso di lui, si sollevò un po’ e
guardò Alessandro. Questi lo salutò affettuosamente e gli chiese se avesse
bisogno di qualcosa che potesse fare per lui.
«Scostati dal sole» rispose il filosofo
Plutarco
Proposte di turismo sociale
La gestione del servizio viene delegata ogni anno dai 32 Comuni associati all’U.L.SS. n.4
“Alto Vicentino” e, su convenzione, anche dal Comune di Dueville (VI).
Il servizio of fre soggiorni di vacanza e/o di cura in località marine, lacustri e termali della
durata di 15 giorni. Tali soggiorni si avvalgono della presenza di un accompagnatore-infermiere che si occupa dell’assistenza sanitaria e di un altro accompagnatore che organizza,
propone, suggerisce e coordina le attività di animazione dell’intero periodo di soggiorno.
Il numero dei posti offerti agli anziani, viene calcolato sulla scorta degli anni precedenti e
assegnato ai comuni deleganti in base alle richieste degli anziani stessi.
Dal 2001 ai soggiorni tradizionali si è aggiunta la proposta di un turno per anziani e disabili
adulti che presentano bisogni speciali e necessitano di un elevato grado di assistenza, controllo e protezione, permettendo così l’accesso ad una vacanza sicura e indipendente dalla
famiglia a persone diversamente abili.
Questo soggiorno ad “alta protezione” offre un servizio di assistenza personale nel rapporto
di un operatore ogni due persone oltre a tre o quattro operatori sanitari che completano l’offerta assistenziale.
Ciò che caratterizza il soggiorno, oltre alla qualità dei ser vizi alberghieri, la possibilità per i
par tecipanti di socializzare, di essere gratificati da una buona convivenza, è l’assistenza degli
accompagnatori, sempre presenti a garantire sicurezza e tranquillità.
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli anziani e gli adulti
185
Accanto ai soggiorni climatici tradizionali e per utenti con bisogni speciali, dal 2004 si è dato
l’avvio a nuove proposte di turismo sociale che vedono il raf forzamento organizzativo del servizio attraverso una più elevata e diversificata partecipazione degli anziani (vedi pagina 299).
Tali iniziative consistono in “percorsi di benessere personale” e in brevi itinerari o “circuiti turistico-culturali” che mirano alla promozione della qualità della vita e a sviluppare rapporti di
amicizia e di socializzazione, non solo tra le relazioni tra anziani o tra anziani e adulti, ma
anche con i giovani (inter-generazionalità) all’interno della coesione sociale, diventando così
occasione di partecipazione culturale, di aggregazione, di recupero della forma fisica e psicologica, di riscoperta dei valori legati alle tradizioni locali, al patrimonio culturale storico,
paesaggistico, alla ricchezza della gastronomia e dei prodotti locali.
I percorsi di benessere personale prevedono la successione, nel mese di luglio, di due gruppi di 50 persone (anziani e loro famiglie) per 12 giorni alle terme di Recoaro con la possibilità di usufruire delle cure termali e di trascorrere mezza giornata di diver timento e di relax.
Infatti, oltre alle cure, il pomeriggio trascorso a Recoaro Terme permette di diversificare l’estate con il riposo nei boschi, con tranquille passeggiate nel verde, ma anche con la musica
dal vivo al Salone delle fonti.
I brevi itinerari o i circuiti turistico-culturali prevedono la proposta di cinque percorsi primaverili (mesi aprile/maggio) e cinque percorsi autunnali (mesi ottobre/novembre), con visite a
luoghi di interesse culturale, storico, paesaggistico ed enogastronomico situati nei 32 comuni dell’U.L.SS. n.4 e limitrofi. Identificati da un colore specifico e distinti per zone, tali circuiti hanno la durata di un giorno, prevedono visite guidate o percorsi naturalistici e un ottimo
pranzo presso locali caratteristici con menù tipici della stagione.
Le iscrizioni a tutte le iniziative di turismo sociale si effettuano presso i rispettivi comuni di
residenza.
I costi individuali di partecipazione ai percorsi di benessere personale (2004), della durata di
12 giorni, sono stati quantificati indicativamente in 85 euro.
I servizi per le persone con disabilità
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità
187
A
lle persone con disabilità e alle loro famiglie, l’Azienda U.L.SS. n.4 ed i comuni del territorio offrono una vasta gamma di inter venti sociali, educativi ed assistenziali, che rispondono in modo dif ferenziato a seconda dell’età e delle necessità. L’obiettivo è quello di perseguire l’integrazione sociale della persona con disabilità anche quando gli ostacoli da superare appaiono impegnativi, convinti che tutti, senza distinzione, siano parte irrinunciabile di
una sola comunità responsabile.
L’impegno dei ser vizi è quello di proporre progetti individualizzati capaci di ascoltare i bisogni
e di offrire risposte concrete e professionalmente adeguate. I percorsi possibili tengono conto
sia delle potenzialità del singolo sia del suo contesto di relazioni sociali e tendono a sostenere il pieno accesso alle opportunità di tutti: la scuola, la formazione professionale, il lavoro, il tempo libero, prevedendo maggiore attenzione per le persone con grave disabilità.
L’Azienda U.L.SS. n.4 e i comuni hanno il compito di favorire il lavoro di rete e di stimolare il
pieno coinvolgimento della comunità locale anche attraverso l’attività preziosa del volontariato e dell’associazionismo; tutti gli attori del territorio devono infatti sentirsi protagonisti nel
migliorare la qualità della nostra convivenza sociale.
Il servizio disabilità
Descrizione
Il servizio disabilità del distretto socio sanitario, utilizzando le risorse presenti nel territorio,
promuove con ogni persona disabile e la sua famiglia la costruzione di un percorso individuale
di partecipazione alla vita sociale.
Il servizio è composto da un’équipe di assistenti sociali, educatori, operatori di assistenza
specificatamente formati ed agisce in raccordo con il medico di fiducia ed in stretta integrazione con i servizi territoriali distrettuali.
Modalità organizzativa
Il servizio è presente presso le sedi distrettuali di Schio e Thiene.
Attua i seguenti interventi:
• accoglie le richieste e fornisce informazioni sui servizi e le oppor tunità disponibili nel territorio e
sulle modalità di accesso, sui per corsi certificativi per l’inserimento scolastico, il riconoscimento dell’handicap, dell’invalidità civile e della disabilità ai fini dell’inserimento lavorativo, su agevolazioni e
benefici previsti dalla normativa vigente;
• fornisce ai minori l’assistenza all’inserimento negli asili nido e nelle scuole di ogni ordine e grado,
collaborando con le scuole e l’UO Bambino e Famiglia nella gestione del progetto educativo;
• favorisce la par tecipazione dei minori alle attività estive organizzate da comuni o da altri soggetti;
• organizza e segue l’inserimento (temporaneo o definitivo) di adolescenti e adulti in strutture diurne e residenziali;
• gestisce progetti ed iniziative su programmazione regionale che utilizzano fondi specificatamente
destinati delle leggi nazionali (L.104/92, L.284/97, L.162/98);
• collabora con associazioni del territorio per la realizzazione di azioni destinate a migliorare ed
aumentare le possibilità di integrazione sociale.
Realizza inoltre progetti specifici quali:
• progetto “Piccola Oasi”: si veda il progetto P15 a pag. 309;
• progetto “Caleidoscopio”: realizzato in collaborazione con il Comune di Schio, Istituti Scolastici e
realtà associative del territorio, offre diversi laboratori di attività (comunicazione alternativa/aumentativa, manipolazione, espressione, psicomotricità) da svolgersi a scuola o in orario extrascolastico
per migliorare le capacità di comunicazione e di integrazione sociale del minore con disabilità. Nel
188
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
periodo estivo l’inter vento si rivolge ad adolescenti con disabilità grave e coinvolge studenti delle
scuole superiori;
• progetto “Shiatzu”: svolta da un’associazione di volontariato formata da operatori shiatzu, l’attività ha lo scopo di for nire situazioni di benessere psicofisico a minori con grave disabilità e, al tempo
stesso, un punto di incontro e scambio per i genitori.
La rete dei servizi
Ogni persona con disabilità usufruisce di un proprio progetto individualizzato, che prevede
specifici sostegni educativi ed assistenziali.
Per fare ciò il ser vizio disabilità si avvale di una rete di strutture a gestione diretta e convenzionata operanti sul territorio, quali i Centri Educativi Occupazionali Diurni (CEOD), le comunità alloggio e le strutture residenziali.
Esso collabora costantemente con la scuola, con i servizi educativi e sociali dei comuni, con
i centri di formazione professionale, con il servizio integrazione lavorativa, con le associazioni del volontariato e con tutti quei soggetti che nella comunità contribuiscono a rendere effettivo il diritto di cittadinanza delle persone con disabilità.
Costi
I costi del servizio sono disaggregati nelle voci successive. Per quanto riguarda il coordinamento (responsabili, assistenti sociali, educatori) il ser vizio si avvale del lavoro di personale
dedicato per un costo complessivo di 271.675 euro per l’anno 2004.
Prospettive future
Il servizio disabilità (UO Disabilità) è stato creato con la riorganizzazione distrettuale e i progetti previsti dal precedente Piano di Zona. Ora esce dalla fase sperimentale e si configura
come ser vizio territoriale a cui è affidata la funzione di accompagnare la persona e la famiglia nel percorso di integrazione sociale, assicurando continuità nelle diverse fasi e un punto
di riferimento costante.
Nel futuro continuerà a meglio strutturare e qualificare la propria attività, estendendo la collaborazione con le realtà sociali del territorio.
Integrazione scolastica
Viviamo una stagione di grandi riforme sotto il profilo amministrativo e
scolastico. Ma è anche stagione di cambiamenti profondi sul piano etico e
valoriale, di stravolgimenti e del rischio di innestare il passo del gambero...
Conosco il disorientamento. E temo siano i più deboli a farne la spesa. Per
questo guardo all’esperienza, anzi, alle esperienze, alle storie.
Mario Tortello
Descrizione
L’integrazione del minore con disabilità è attuata nelle scuole di ogni ordine e grado come
previsto dalla normativa vigente. In particolare, grazie alle riforme scolastiche che hanno
introdotto il prolungamento dell’obbligo scolastico e formativo e alle mutate condizioni culturali, è in netto aumento l’inserimento dei disabili nella scuola superiore e nei percorsi di formazione professionale.
L’importante ruolo che svolge la scuola è supportato dall’U.L.SS. n.4 attraverso i propri servizi secondo le modalità previste dalla L.104/92. Ad essi spetta il compito di individuare l’alunno in situazione di handicap, di valutarne le potenzialità, di collaborare con la scuola nella
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità
189
definizione del progetto educativo individualizzato, di stabilire la necessità di un supporto
assistenziale individuale (ser vizi di neuropsichiatria infantile e di psicologia e riabilitazione) e
di fornirlo (servizio disabilità), seguendo l’evolversi della situazione complessiva durante l’intero percorso scolastico.
Gli alunni certificati in situazione di handicap e seguiti con queste modalità sono stati 377
nell’anno scolastico 2003/04.
Le complesse procedure di raccordo tra la scuola e l’U.L.SS. n.4 sono definite attraverso
accordi di programma; ad essi partecipano anche i comuni e la Provincia per gli aspetti di
integrazione delle loro competenze (assistenza, traspor ti, eliminazione barriere architettoniche negli edifici scolastici, sussidi ecc.).
L’accordo esistente sarà rivisto e rinnovato entro la durata del presente piano.
L’assistenza all’integrazione scolastica
L’inter vento di assistenza all’integrazione scolastica è rivolto a minori disabili che frequentano gli asili nido e le scuole di qualsiasi ordine e grado, in situazione di deficit grave nelle aree
psico-motoria, psico-relazionale e dell’autonomia personale e sociale.
L’obiettivo principale è quello di garantire all’alunno in situazione di handicap adeguati interventi assistenziali ed educativi, finalizzati all’acquisizione di autonomie personali e sociali,
per concorrere ad assicurare il diritto all’istruzione e all’educazione.
L’assistenza scolastica è una funzione delegata obbligatoriamente dai comuni alle U.L.SS.
Modalità organizzativa
Il servizio è gestito per tutti i comuni dell’Alto Vicentino dal servizio disabilità distrettuale, si
avvale di personale dipendente dell’azienda U.L.SS. n.4 e di personale convenzionato. Gli
alunni che necessitano dell’intervento, sono individuati dal neuropsichiatra o dallo psicologo,
sulla base di criteri definiti inerenti il grado e la tipologia di disabilità ed il livello di dipendenza. Oltre a ciò, le ore di assistenza assegnate tengono conto di ulteriori variabili ambientali e del progetto specifico di intervento. Il servizio viene gestito in stretta collaborazione con
le scuole.
La rete dei ser vizi
• scuole dell’Alto Vicentino;
• Centro Territoriale per l’Integrazione (CTI);
• azienda U.L.SS. n.4 - Distretti Socio Sanitari, Unità Organizzativa Bambino e Famiglia (con i servizi di Neuro Psichiatria Infantile, Riabilitazione psicologica e funzionale), Servizio Disabilità;
• servizi sociali ed educativi dei comuni e della Comunità Montana;
• cooperativa sociale “La locomotiva”.
Costi per l’assistenza all’integrazione scolastica
Nel corso del 2004 i costi per l’assistenza scolastica risulta pari a 1.262.000 euro.
Il costo dell’assistenza scolastica è interamente a carico del bilancio sociale come previsto
dai livelli di assistenza. Tale costo è comprensivo dell’assistenza erogata nel periodo di
sospensione dell’attività scolastica per l’inserimento dei minori nei centri estivi.
Utenti del ser vizio e dati statistici
Nel nostro territorio e per l’anno scolastico 2003/2004, l’assistenza scolastica interessa
128 bambini, circa lo 0,4% della popolazione di età compresa tra i 2 e i 18 anni. Di questi il
6% sono iscritti all’asilo, il 41% alla scuola elementare, il 36% alla materna, il 17% alla media
e l’1% alle superiori. Nell’anno scolastico 2004/2005 l’intervento di assistenza verrà esteso anche ai frequentanti i centri di formazione professionale.
190
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
L’incidenza statistica risulta alquanto omogenea su tutto il territorio dell’U.L.SS. n.4.
Prospettive future
Nel prossimo triennio, l’impegno congiunto di più Istituzioni potrà declinarsi:
1. attraverso un confronto costante che produca una autentica integrazione delle figure professionali impegnate nel percorso di integrazione;
2. nella definitiva appr ovazione dell’accordo di programma tra CTI/U.L.SS./Comuni che definisca
modalità unitarie per l’integrazione nel percorso scolastico del minore con disabilità;
3. nella ricostituzione e valorizzazione, da par te degli istituti scolastici, dei Comuni e dell’U.L.SS., dei
due laboratori psicopedagogici di Thiene e di Schio, a sostegno degli insegnanti impegnati nell’integrazione degli alunni con disabilità;
4. nella definizione di un for te sostegno a tutti gli operatori interessati, anche attraverso azioni formative e progetti congiunti;
6. nella sperimentazione di nuove attività, in grado di stimolare le capacità comunicative e di apprendimento dello studente con disabilità e favorire realmente la sua integrazione, anzi la sua inclusione, in classe;
7. nella realizzazione di nuovi percorsi scolastici e professionali all’interno della scuola media superiore e nei centri di formazione professionale e nella definizione di azioni di orientamento condivise
e partecipate tra scuole, ser vizi, famiglie.
L’integrazione sociale
Le iniziative riguardanti attività ricreative, di socializzazione e vacanza riscontrano un grande
interesse e gradimento da par te delle persone disabili e delle loro famiglie. Spesso esse portano un duplice beneficio: alla persona con disabilità che trova spazi di soddisfazione, divertimento e incontro con altri, alla famiglia che può usufruire di momenti per sé, utili a ritrovare l’energia necessaria all’impegno educativo quotidiano.
Le attività di socializzazione riescono però a creare effettiva integrazione solo se promosse e
realizzate all’interno della comunità dove vive il disabile. Per questo diventa fondamentale la
presenza e l’impegno delle associazioni di volontariato presenti sul territorio, ed è fondamentale il loro sostegno da parte delle amministrazioni e la condivisione delle iniziative con
i ser vizi.
Modalità organizzativa
Le attività di integrazione sociale coinvolgono i minori nel tempo libero da impegni scolastici
e gli adulti inseriti al lavoro o frequentanti i CEOD nel fine settimana e nei periodi di ferie.
Si tratta di attività eterogenee, fortemente legate all’ambiente di vita, che si avvalgono delle
risorse formali ed informali del territorio, e proprio per questo flessibili e personalizzate.
Vengono realizzate:
• Attività ricreative, culturali, sportive: organizzate da gruppi e associazioni del territorio (Ass.
Accoglienza e collaborazione, Ass. Breganze Solidale, Ass. Cantare Suonando, Ass. Il Girotondo,
Gruppo Bucaneve, Gruppo Sorriso, Gruppo Impegno Sociale, Ass. Contro l’Esclusione, Gruppo
Volontari Verlata, H81-Insieme, Ass. “Noi per te”, UNITALSI, ecc.) propongono modi interessanti di
impegnare il tempo libero nei fine settimana e nei periodi festivi.
• Centri estivi per minori: organizzati da comuni, parrocchie, comitati genitori, ecc., offrono esperienze stimolanti durante le vacanze estive.
• Soggiorni estivi: sono circa 200 le persone che ogni estate usufruiscono dei soggiorni organizzati dall’U.L.SS. n.4, dall’ANFFAS, dalla cooperativa sociale Verlata, o da associazioni di volontariato,
quali l’UNITALSI, Il Girotondo, la Comunità Papa Giovanni XXIII.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità
191
• Progetto Caleidoscopio: realizzato durante il periodo scolastico presso un ser vizio pomeridiano per
minori del Comune di Schio, offre esperienze di gruppo stimolanti in atelier espressivi di manipolazione e psicomotricità.
• Progetto Piccola Oasi: si veda il progetto P15 a pag. 309.
• Progetto Shiatzu: svolta da un’associazione di volontariato formata da operatori Shiatzu, l’attività,
in collaborazione con l’U.L.SS. n.4, ha lo scopo di fornire situazioni di benessere psicofisico a persone con grave disabilità e un punto di incontro e scambio per i genitori.
Nel 2003 è stato inoltre attivato presso il Comune di Schio, lo “Sportello Città senza barriere - Spazio Tempo Libero”; esso offre consulenze e occasioni di incontro, programma attività in collaborazione con le associazioni sportive, ricreative, culturali del territorio per favorire nuove forme di gestione del tempo libero da parte delle persone con disabilità.
È infine in via di realizzazione un ulteriore ser vizio pomeridiano, localizzato nel Comune di
Thiene, che andrà ad aumentare e qualificare le risposte a bambini con disabilità e alle loro
famiglie.
La rete dei ser vizi
• associazioni di volontariato;
• ser vizi sociali ed educativi dei Comuni e della Comunità Montana;
• servizio disabilità del distr etto sociosanitario;
• gruppi, comitati, volontari;
• parrocchie, quartieri;
• cooperative sociali;
• associazioni culturali, spor tive, ricreative e del tempo libero.
Prospettive future
Il prossimo futuro vedrà sempre più la necessità di percorsi formativi ed educativi che sappiano far emergere le esigenze e le potenzialità del soggetto disabile in contesti sociali capaci di sollecitare le sue risorse. Non si parlerà più di “normalizzare” un disabile, ma di modificare l’ambiente di inserimento perché possa accoglierlo in situazioni che gli permettano autonomia e crescita personale.
Per questo le iniziative legate al tempo libero acquisteranno sempre maggiore importanza
quale elemento qualificante della reale integrazione e della qualità della vita. Il bisogno di
socializzazione, che nasce da un problema di solitudine molto presente nella nostra società,
è molto difficile da poter essere soddisfatto da par te dei servizi. Occorre una comunità che
si interroghi sui propri stili di vita, sui propri valori, e trovi modi nuovi per affrontare i rapporti tra persone, comprese quelle con disabilità.
I centri educativi occupazionali diurni (CEOD)
Descrizione
Sono servizi territoriali a carattere diurno che accolgono persone in condizione di disabilità
psico-fisica grave, in età post-scolare, residenti nell’area di per tinenza della struttura.
Il CEOD è un contesto di tipo comunitario che, all’interno di un clima sereno, cerca di assicurare ad ogni ospite momenti di ascolto, di contenimento, di af fetto, di rispetto per ciò che
ogni persona possiede ed è in grado di insegnare.
Le attività programmate hanno valenza prevalentemente educativa ed assistenziale e vengono sviluppate attraverso programmi individualizzati finalizzati al mantenimento del benessere
psicofisico, di abilità e autonomie, allo sviluppo di potenzialità personali e all’acquisizione di
abilità specifiche.
192
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Modalità organizzativa
Per accedere al ser vizio è necessario rivolgersi al servizio disabilità del distretto sociosanitario, nel quale la UVMD valuterà la domanda e formulerà un progetto assistenziale individuando il servizio più idoneo a soddisfare i bisogni rilevati, nell’ambito delle risorse disponibili. Ogni CEOD è organizzato con strategie operative e modalità di inter vento diversificate e
integrate.
Ognuno di essi prevede la presenza di due tipologie fondamentali di attività:
Attività dirette a favorire lo sviluppo armonico e globale della persona:
• inter venti personalizzati mirati a sviluppare al massimo l’autonomia personale sia all’interno del
centro sia nella realtà sociale;
• attività finalizzate alla migliore espressione dei propri vissuti attraverso la ricerca e l’utilizzo di diverse forme di comunicazione;
• inter venti mirati al controllo dell’ansia, al rilassamento muscolare, al raggiungimento di abilità
motorie in situazioni diverse dal proprio ambiente di vita (piscina, palestra, musicoterapia, shiatsu,
ecc.);
• momenti di esperienze lavorative specifiche e guidate presso cooperative sociali e altre realtà;
• iniziative rivolte all’ambiente di appartenenza finalizzate alla sensibilizzazione, alla conoscenza e
all’integrazione dei disabili nel loro ambiente;
Attività di laboratori specifici, organizzati all’interno di ogni singolo centro, per lo sviluppo di
abilità specifiche ad eseguire un compito attraverso modalità, tempi e ritmi adeguati, utilizzando materiale e strumenti diversificati. I diversi laboratori possono essere fra loro integrati nelle varie fasi della lavorazione dei prodotti.
Il servizio viene fornito settimanalmente dal lunedì al venerdì, nella fascia oraria compresa
tra le ore 07:00 e le 18:00, incluso il ser vizio di traspor to. Sono previsti momenti periodici
di verifica tra ospiti/operatori/famiglia/realtà sociale.
La rete dei servizi
Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 sono attivi
8 centri educativi occupazionali diurni che
accolgono 162 persone disabili; la dislocazione dei centri diurni è rappresentata
dalla tabella 51 e dalla figura 66.
In particolare nell’ultimo periodo, nel territorio si è assistito ad un processo di
adeguamento dell’of ferta sia per migliorare le strutture esistenti (CEOD di Lugo,
Valbella e Tapparelli di Schio) sia per
potenziarle con l’apertura di una nuova
struttura, ubicata a Torrebelvicino.
L’avvio della costruzione del CEOD di
Chiuppano è prevista entro l’anno 2005
e la conclusione entro la fine del 2006 e
ospiterà 20 persone. Questo consentirà,
oltre al potenziamento dell’offer ta, una
maggiore integrazione nel territorio di
Figura 66 CEOD. Rete dei servizi. 2002 e 2005
residenza.
Nel corso del 2004 è stato ristrutturato il
In verde i CEOD nuovi o programmati e in rosso
CEOD di Velo d’Astico per complessivi
quelli che saranno chiusi
193
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità
130.000 euro finanziati al 50% dall’U.L.SS. e dall’altro 50% dai Comuni; è prevista nell’arco
di vigenza del piano anche un’analisi della situazione strutturale del CEOD di Malo.
La rete di servizi si è ampliata inoltre con la riqualificazione del centro “Vita indipendente”
gestito dall’IPAB La Pieve in centro diurno per disabili.
La definizione della nuova offerta di semiresidenzialità (nuovo CEOD a Torrebelvicino, nuovo
CEOD a Chiuppano e ampliamento CEOD Lugo) ha portato a fine del 2003 un aumento dei
posti in CEOD tali da assorbire, nel medio periodo, la prevedibile domanda di nuova utenza
che presenta i criteri di gravità.
Complessivamente la rete dei centri diurni a regime sarà costituita da 9 strutture per un totale di 188 posti.
Tabella 51 Localizzazioni e posti nei CEOD. Anni 2002 e 2004
CEOD
CEOD Anffas 1 “Valbella”
CEOD Anffas Santorso
CEOD Anffas 3 Velo
Comune
posti al 31/12/2002
posti al 31/12/2005
Schio
30
30
Santorso
10
Velo d’Astico
29
29
Centro Occupazionale “Tapparelli”
Schio
8
10
CEOD Malo
Malo
19
23
CEOD Lugo
Lugo di Vicenza
13
13
CEOD Santorso
Santorso
13
CEOD Verlata
Villaverla
32
33
CEOD Torrebelvicino (ex CEOD 2) Torrebelvicino
20
CEOD Chiuppano
Chiuppano
20
Vita Indipendente
Breganze
Totale
10
154
188
Costi
Il costo complessivo per la gestione dei CEOD è di 2.815.100 euro di cui il 32,5% a carico
del bilancio sociale.
La gestione del servizio è in par te af fidata a soggetti del privato sociale, il costo complessivo delle convenzioni è di 1.973.000 euro pari al 70% del costo complessivo.
Prospettive future
La rete dei ser vizi così ridefinita risulterà adeguata alle necessità del territorio e sufficiente
per garantire una risposta in termini quantitativi e qualitativi per il prossimo triennio. Il ser vizio diurno per disabili sarà ulteriormente migliorato sul versante della qualità delle prestazioni, diversificando ulteriormente le attività, migliorando l’integrazione con la comunità, con una
continua supervisione degli operatori.
Le comunità residenziali
Descrizione
I servizi residenziali si rivolgono a disabili con gravi limitazioni nell’autonomia, nella cui valutazione multidimensionale risulti comunque inequivocabile l’impossibilità di permanere presso il proprio domicilio, anche se suppor tati da altri tipi di inter vento.
Hanno finalità di accoglienza, gestione della vita quotidiana, miglioramento/mantenimento
delle abilità residue della persona accolta. Le comunità residenziali si distinguono in RSA e
comunità alloggio a seconda del numero di posti e del bisogno assistenziale richiesto. Le RSA
194
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
hanno una capacità ricettiva minima di 20 ospiti, ed una massimo di 40, comunque organizzati in nuclei di 20. La capacità ricettiva delle comunità alloggio arriva fino ad un massimo di
8 posti ai quali si possono aggiungere 2 posti in pronta accoglienza o accoglienza programmata. È data la possibilità di costituire 2 nuclei, ciascuno con ricettività massima pari a 8+2.
Modalità organizzativa
Per accedere al ser vizio è necessario rivolgersi al servizio disabilità del distretto sociosanitario, successivamente la UVMD valuta la soluzione più adeguata ai bisogni della persona
interessata.
Nel precedente piano di zona è stato approvato e realizzato un importante progetto “sistema
di garanzia per la residenzialità disabili” al fine di permettere alle famiglie con persone disabili gravi inseriti in strutture residenziali di sostenere il costo delle rette con il solo contributo della persona disabile. Il progetto si è concretizzato con la stesura di un regolamento di
accesso condiviso con le associazioni più rappresentative delle famiglie di persone disabili
presenti nel territorio ed approvato dalla Conferenza dei Sindaci.
I punti essenziali del regolamento sono:
• costituzione di un fondo solidarizzato che garantisca alle persone disabili gravi di poter sostenere
il costo per l’assistenza residenziale;
• limitazione del costo a carico dell’utente a 619,75 euro, salvo adeguamento ISTAT;
• nel limite massimo di 86 quote, i requisiti per l’accesso sono: la residenza in uno dei Comuni
dell’U.L.SS. n.4, la certificazione ex legge n. 104/92 ar t. 3 comma 3, l’assenza o l’inadeguatezza
del sostegno familiare e l’accer tamento dell’impossibilità al ricorso ad altre forme di protezione, l’impegno formale da parte del beneficiario o del suo legale rappresentante o del suo nucleo familiare
al versamento alla struttura d’accoglienza della quota a suo carico.
La rete dei servizi
Nel territorio dell’U.L.SS. sono presenti due comunità alloggio e due RSA.
Tabella 53 Gestione e posti delle comunità alloggio e RSA. Anno 2004
Strutture
Gestione
Comunità Servizi
Terzo settore
11
Comunità Alloggio “Lisa”
Terzo settore
9
Villaverla
Villa Miari
Comune
46
Santorso
Il Cardo
U.L.SS. n.4
38
Montecchio Precalcino
Totale
N. di posti
Comune
Schio
104
Il numero di posti complessivo risponde alle indicazioni della programmazione regionale con
un parametro del 0,5%. Oltre alle strutture presenti nel territorio, l’U.L.SS. si avvale di altre
strutture, preferibilmente nell’ambito provinciale, con le quali ha un rapporto di convenzione
per la gestione di casi “storici” e che sono stati inseriti nel progetto “sistema di garanzia per
la residenzialità disabili” previsto nel precedente piano di zona.
Costi
Il costo complessivo risulta pari a circa 2.400.000 euro di cui una quota pari a 364.000 euro
a carico del bilancio sociale dei comuni (progetto sistema di garanzia per la residenzialità disabili).
Oltre a questi costi va aggiunta la quota a carico dei singoli utenti che risulta per lo più pari
alla pensione di invalidità e l’assegno di accompagnamento e stimabile complessivamente in
circa 735.000 euro.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità
195
Utenti del ser vizio e dati statistici
Al 31 dicembre 2003, gli utenti disabili
inseriti nel progetto “sistema di garanzia
per la residenzialità disabili”, erano complessivamente 31 su un totale di 98
utenti disabili inseriti in comunità residenziali.
Per quanto riguarda nel dettaglio il fondo
di residenzialità, l’andamento del progetto per quanto riguarda gli inserimenti è
stato il seguente:
• al 1 gennaio 2002, momento di avvio
ufficiale del progetto risultavano inseriti
nel progetto 22 persone disabili;
• nel settembre 2002, con l’avvio della
Comunità Lisa sono stati inseriti altri tre
utenti, por tando così il numero complessivo a 25;
• nel corso del 2003, altri otto utenti sono
Figura 67 Comunità alloggio e RSA. Anno 2004
risultati in possesso di tutti i requisiti.
Prospettive future
L’esperienza avviata con il precedente piano di zona che si è concretizzata con la costituzione di un sistema di garanzia per la residenzialità disabili, ha registrato un risultato positivo
sia per il numero di utenti inseriti, sia per la sostenibilità economica del progetto nel suo complesso. La costituzione del fondo solidarizzato ha permesso alle famiglie di persone disabili
di far fronte alla spesa per le rette in strutture sostanzialmente con i soli redditi della persona disabile. Questo risultato è stato possibile anche grazie all’impegno delle amministrazioni comunali che hanno aderito al progetto con un incremento della quota associativa fino a
2,92 euro procapite per l’anno 2004 e alla piena applicazione dei LEA (Livelli Essenziali di
Assistenza) che hanno portato l’Azienda U.L.SS. n.4 a contribuire con il proprio bilancio anche
oltre alle quote regionali previste.
Con l’approvazione del presente piano, la Conferenza dei Sindaci dà continuazione al progetto per il periodo di validità del piano stesso (2004/06), mantenendo la quota procapite a
2,92 euro e adeguando di anno in anno tale impor to all’inflazione programmata, previo parere della Conferenza dei Sindaci.
Il fondo di residenzialità sarà allargato anche alle situazioni di pronta accoglienza, che rientrano nei requisiti previsti dal regolamento, potenziando nel corso del triennio di validità del
piano dagli attuali 2 a 4 posti individuati nelle strutture presenti nel territorio dell’U.L.SS. n.4;
si veda a tal proposito il capitolo dedicato alle azioni programmate. Il regolamento viene modificato con decorrenza 1 gennaio 2004, con l’introduzione di una clausola che prevede la residenza da almeno due anni per l’accesso al fondo (si veda a tal proposito il progetto P04 a
pagina 287).
L’integrazione lavorativa
Si veda quanto scritto nel paragrafo dedicato all’Integrazione lavorativa a pagina 232.
196
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
L’informahandicap
Lo Sportello Unico per l’Invalidità trova sede presso il Servizio di Medicina Legale del
Dipartimento di Prevenzione presso la Sede Centrale dell’U.L.SS. n.4 in Via Rasa, 9 a Thiene
ed è strutturato in quattro diversi uffici: Infor ma Handicap, Invalidi Civili, Protesi ed Ausili,
Benefici Economici che erogano servizi diversi a seconda della loro caratterizzazione.
1. L’Ufficio Informa Handicap fornisce informazioni inerenti alle agevolazioni fiscali per disabili, accessibilità ed eliminazione di barriere architettoniche, richieste per contributi Legge
13/89 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche
negli edifici privati” e LR 41/93 “Norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche e per
favorire la vita di relazione”, permessi lavorativi previsti dalla Legge 104/92 “Legge-quadro
per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.
2. L’Ufficio Invalidi Civili provvede a raccogliere le domande di invalidità civile, cecità, sordomutismo, riconoscimento stato di handicap e accertamento stato di disabilità, fornisce
inoltre informazioni specifiche sull’invalidità, sulla documentazione da allegare alle domande
e sui tempi di attesa per le visite.
3. L’Ufficio Protesi ed Ausili fornisce informazioni sulle forniture protesiche e fornisce le protesi ed ausili previsti dal Nomenclatore Tarif fario.
4. L’Ufficio Benefici Economici è preposto all’istruttoria per le provvidenze economiche degli
invalidi e fornisce informazioni relative ad assegni, pensioni di invalidità o indennità di accompagnamento o di frequenza.
I quattro Uf fici sono aperti al pubblico nei giorni dal Lunedì al Venerdì dalle 10.00 alle 13.00
e nei pomeriggi di Lunedì e Mercoledì dalle 14.00 alle 16.00.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le persone con disabilità
197
I servizi per i minori, i giovani e la famiglia
Non esistono grandi scoper te né reale progresso finché sulla terra esiste un
bambino infelice
Albert Einstein
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per i minori, i giovani e la famiglia
199
L
a famiglia, nell’Alto Vicentino, vive una fase di profonde trasformazioni. All’aumento del
numero di famiglie, riscontrabili in tutti i comuni del territorio (57 mila nuclei), corrisponde
una diminuzione del numero medio di componenti. Sono aumentate le persone sole, le coppie senza figli, le famiglie monogenitoriali.
Il fenomeno della denatalità (1,3 figli per donna in età fertile) ha portato all’inevitabile aumento delle famiglie con un unico figlio.
Altro fenomeno significativo è l’aumento delle famiglie ricostruite che fa da specchio al progressivo aumento delle instabilità coniugali (un matrimonio su quattro si è sciolto nel periodo 1996–2001, sulla base dei dati dell’Osservatorio Minori del Veneto) ed il progressivo
aumento dei compiti di cura della famiglia (sempre più esiguo) verso i propri componenti più
piccoli e verso quelli più anziani.
Su tali cambiamenti “strutturali” hanno agito alcuni fattori quali:
• lo sviluppo economico dif fuso con l’aumento dell’occupazione femminile;
• il consumismo, le mode che fanno tendenza;
• le liber tà ed il passaggio da regole comuni a regole individuali;
• la forte urbanizzazione e la tendenza alla “polverizzazione” delle famiglie e la rottura dei legami “di
forte appartenenza” alla famiglia d’origine.
In tale contesto, a volte si percepisce un vuoto pedagogico. Un vuoto in cui si aggirano adolescenti che si atteggiano da grandi e cinquantenni ragazzini, in cui pochi sembrano inseguire la vita e pochi sembrano responsabili.
È probabile che, anche nella nostra comunità dell’Alto Vicentino, intere famiglie navighino a
vista, alle presa con un mondo che chiede di essere efficienti, competitivi, mobili, veloci, belli,
estremamente giovani e un po’ cinici. Ed è difficile esser e veloci freneticamente e, al tempo
stesso, lucidi e saggi.
Aiutare la famiglia a fermarsi e ripensarsi, attraverso una revisione dei tempi di vita, dei tempi
di lavoro a quelle dei ser vizi è un obiettivo di alto profilo, dif ficile ma af fascinante. D’altro
lato, emerge la necessità di strutturare o ripensare i ser vizi di supporto alle famiglie stesse:
dal potenziamento dei nidi, attraverso le varie modalità flessibili offerte, da un nuovo profilo
dei consultori familiari, rispetto ai cambiamenti degli ultimi 20 anni.
Delle famiglie (con par ticolare attenzione, ad esempio alla mediazione familiare) al rafforzamento della rete di agenzie esterne di suppor to alla genitorialità (scuole, centri giovanili,
ecc.).
Una genitorialità che sembra da noi divenire sempre più “consapevole” ma anche carica di
dubbi, perché maggiore è l’attenzione verso i figli minori.
In tal senso i bisogni dei minori sui quali si “declina” la genitorialità sono:
• quello di appar tenenza ad una famiglia, ad una comunità più vasta e di sentirsi par tecipi e amati;
• quello di non essere soli, davanti ad un computer o un televisore;
• quello di avere un tempo, non da riempire, ma da fr uire;
• quello di riappropriarsi degli spazi della propria comunità, senza correre pericoli, dal parco, al cortile sotto casa, al centro giovanile, alla scuola.
Ed è su tali bisogni che occorre “ridefinire” i servizi, le strutture delle cComunità Locali, attivando, nelle situazioni a rischio, gli interventi preventivi e/o di tutela per il minore e la famiglia d’origine.
L’assetto dei servizi nell’Alto Vicentino a favore delle famiglie, dei minori e dei giovani, già
avviato nel precedente piano di zona, sarà ulteriormente consolidato, grazie alle possibilità
offerte dalla normativa e dai finanziamenti esistenti (L.285/97; DPR 309/90; L.32/90;
L.206/01; L.98/77; Legge sui nidi aziendali).
200
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Consultorio familiare e servizio tutela minori
Il consultorio familiare
Il consultorio familiare fa parte del Distretto Socio Sanitario – UO Bambino e Famiglia. Svolge
le sue attività in forma interdisciplinare, in équipe con l’appor to di diverse professionalità, ed
in collegamento con gli altri servizi socio-sanitari. Eroga inter venti di consulenza e di assistenza soprattutto alla coppia ed alla famiglia, in atto o in via di formazione.
Principali attività garantite:
• diffusione dell’infor mazione sulla sessualità e sulle problematiche psicosociali della coppia, della
famiglia, della gravidanza, della paternità e maternità responsabili e del singolo, nonché dell’infanzia
dei minori;
• assistenza diretta nei confronti sia dei singoli che della famiglia sotto il profilo psicologico, educativo, sociale e legale, in ordine ai problemi personali ed interpersonali insorgenti da un rappor to di
convivenza (separazioni) o da uno stato di gravidanza;
• assistenza diretta sotto il profilo sanitario, per la tutela della salute della donna e del pr odotto del
concepimento, con particolare riferimento alle gravidanze con problematiche di tipo psicosociale, alla
prevenzione dei tumori dell’apparato genitale femminile ed alle problematiche della menopausa;
• consulenza e prescrizione relativa ai mezzi necessari per scegliere consapevolmente di promuovere o prevenire la gravidanza;
• consulenza ed assistenza psicologica e sociale in caso di interruzione della gravidanza nei modi
previsti dalla L.194.
• collaborazione con gli organi giudiziari nei riguardi della famiglia e della problematica minorile con
par ticolare riferimento agli affidi preadottivi, all’adozione e ai ser vizi integrativi e sostitutivi della famiglia;
• corsi di preparazione al parto;
• adozioni nazionali ed internazionali: corsi informativi e studi di coppia;
• esercizio della funzione nell’interesse del minore ogniqualvolta gli adulti esercitanti la patria potestà risultino inadeguati o non in grado di garantire al minore la risposta ai suoi diritti.
Modalità organizzativa
Tutte le attività vengono garantite da una équipe che opera in modo integrato ed interdisciplinare ed è costituita da psicologi, assistenti sociali, medici ginecologi, personale infermieristico, con la collaborazione di educatori professionali e di consulenti legali.
Al consultorio familiare si accede direttamente o con invio del medico curante o tramite contatto telefonico o con accesso diretto, con le modalità appositamente previste.
Le prestazioni erogate sono gratuite in quanto assicurate dal ser vizio sanitario pubblico. È
previsto l’assoggettamento a ticket se dovuto.
La rete dei servizi
Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 esistono tre équipe:
• a Thiene in via Boldrini n.22;
• a Schio in via Righi sede principale – a Malo, Largo Palladio 9/10, sede staccata;
• a Piovene Rocchette, Piazzale Vittoria 70 sede principale – ad Arsiero in via Cartari n.1, sede staccata.
Prospettive future del Consultorio Familiare
I forti cambiamenti registrati nella famiglia e nella persona, evidenziano la necessità di rimodulare un ruolo del consultorio familiare che, fermo restando le proprie competenze istituzionali, nel prossimo triennio, si strutturerà sempre più come servizio a sostegno della famiglia,
sia di tipo preventivo che “riparativo”.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per i minori, i giovani e la famiglia
201
In par ticolare tale funzione si potrà articolare:
• nella attivazione e/o nel potenziamento dei servizi di mediazione familiare, in grado di permettere
alla coppia di elaborare in modo maturo e consapevole le proprie scelte di fronte al for te aumento
delle dif ficoltà coniugali registrato anche nel nostro territorio. In particolare lo strumento dei gruppi
di auto-aiuto, avviati da operatori formati in tal senso, sarà oggetto di for te impegno;
• nell’attenzione, di tipo prevalentemente preventivo, al mondo dell’adolescenza (consolidamento
dello Spazio Adolescenti), in stretta integrazione con altri servizi dell’azienda (UO di Prevenzione e
Riabilitazione Età Evolutiva – Ser.T) e con le scuole (nel contesto dell’educazione sessuale all’interno degli istituti superiori);
• nel consolidamento dell’educazione affettiva e sessuale nelle scuole superiori, al fine di garantire
una crescita psico-affettiva equilibrata dei giovani;
• nella messa a regine del ser vizio tutela minori dopo la fase progettuale del passato triennio;
• nel supporto alla genitorialità, attraverso un lavoro di orientamento, ridefinizione delle relazioni,
counseling per attivare, nei genitori, le proprie competenze, utilizzando anche modalità gruppi-autoaiuto.
Il servizio tutela minori
I servizi tutela minori sono servizi dell’U.L.SS. n.4, in numero di tr e, presenti all’inter no dei
consultori familiari, collocati, all’interno delle UO Bambino e Famiglia.
Sono gruppi di lavoro costituiti dalle figure professionali di psicologi ed assistenti sociali, che
si occupano di tutti gli interventi connessi con la tutela dei minori, anche in ordine agli interventi richiesti dall’autorità giudiziaria.
Modalità organizzative
I servizi tutela minori sono suddivisi in équipe psico-sociali che provvedono all’analisi delle
segnalazioni di situazioni a rischio o di disagio conclamato dei minori del territorio
dell’U.L.SS. n.4, all’accoglienza e decodifica delle segnalazioni di maltrattamento ed abuso
sessuale, alla presa in carico delle situazioni, provvedendo a formulare il progetto di intervento a sostegno dei nuclei familiari problematici e alla tutela dei minori, inviando, dove
necessario, apposita segnalazione agli organi competenti.
L’accesso avviene su segnalazione e appuntamento.
Comunità e pronta accoglienza
Le comunità educativo-riabilitative per minori adolescenti
Descrizione
È un servizio educativo e riabilitativo con il compito di accogliere temporaneamente il minore/adolescente in situazione di evidente disagio psico-sociale e con disturbi di comportamento. Ha finalità educative e riabilitative volte al recupero psico-sociale del minore/adolescente accolto. Accoglie compatibilmente con la capacità alloggiativa, fino ad un numero massimo di dieci minoriadolescenti fino ad anni 18.
Modalità organizzativa
Diversa, a seconda della struttura. Può variare anche la tipologia di utenza a seconda dell’età, sesso, e altre variabili.
Normalmente le str utture chiedono una relazione e un incontro con gli operatori che seguono
il caso, prima di accogliere la richiesta.
La rete dei ser vizi
Sul territorio dell’U.L.SS. n.4 sono presenti:
202
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
• una Comunità Alloggio, gestita dalla Coop. Sociale Radicà, a Calvene (8 posti);
• una Comunità “Armonia” gestita dalla Congregazione delle Suore Orsoline di Villa Savardo, in
Breganze (12 posti).
Gli inserimenti in struttura vengono richiesti, di norma, dall’équipe Tutela Minori dei
Consultori Familiari, normalmente a seguito di un decreto del Tribunale per i Minorenni che
prevede l’allontanamento del minore dal proprio nucleo d’origine.
Per ogni inserimento viene sviluppato un progetto di permanenza, individualizzato.
Prospettive future
Nel prossimo triennio verranno mantenuti e rafforzati i rapporti di positiva collaborazione con
le strutture presenti nel territorio (che hanno, proprio di recente, effettuato impor tanti investimenti per migliorare i propri standard strutturali), rafforzando l’integrazione tra il Servizio
Tutela Minori e le Comunità al fine di un adeguato processo di tutela e necessità del minore
inserito.
Presso la struttura di Villa Savardo, in Breganze, saranno attivati dei nuclei-appar tamento per
mamme sole con bambino, gestiti dai Villaggi SOS di Vicenza.
Le comunità di tipo familiare
Descrizione
È un ser vizio educativo-assistenziale con il compito di accogliere temporaneamente il minore
il cui nucleo familiare sia impossibilitato o incapace di assolvere il proprio compito. Questo
servizio si caratterizza per la presenza ef fettiva e permanente di una famiglia o di almeno due
adulti residenti nella struttura, preferibilmente di ambo i sessi. Ha finalità educative e assistenziali volte alla supplenza temporanea del nucleo familiare.
Modalità organizzativa
Usualmente la modalità di gestione interna è comparabile a quella di un normale nucleo familiare. È quindi presente una coppia genitoriale, anche con figli, che accoglie i minori nella propria casa.
La rete dei servizi
Sul territorio sono presenti 4 Case Famiglie dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.
Gli inserimenti vengono richiesti dalle équipe Tutela Minori dei Consultori Familiari, che provvedono all’inserimento normalmente a seguito di un decreto del Tribunale per i Minorenni. Per
ogni inserimento viene sviluppato un progetto di permanenza, individualizzato.
Prospettive future
Nel prossimo triennio verranno mantenuti e rafforzati i rapporti di positiva collaborazione con
le strutture presenti nel territorio (che hanno, proprio di recente, effettuato impor tanti investimenti per migliorare i propri standard strutturali), raf forzando l’integrazione tra il Servizio
Tutela Minori e le Comunità al fine di un adeguato processo di tutela e necessità del minore
inserito.
La pronta accoglienza
Descrizione
È una modalità urgente di dare protezione ad un minore, accogliendolo in struttura in tempi
immediati.
Modalità organizzativa
La struttura che accetta inserimenti in pronta accoglienza presenta caratteristiche di flessibilità ed è in grado di dare una disponibilità di accoglienza immediata.
Gli inserimenti vengono effettuati normalmente dalle équipe Tutela Minori dei Consultori
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per i minori, i giovani e la famiglia
203
Familiari, su segnalazione di pregiudizio per il minore. Gli inserimenti possono anche essere
effettuati dalle forze dell’ordine che, per motivi di ser vizio, si trovino a dover dare protezione
immediata ad un minore.
La richiesta viene formulata al responsabile del servizio di pronta accoglienza.
La rete dei ser vizi
L’U.L.SS. n.4 ha una convenzione con l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, presente sul territorio dell’U.L.SS. con quattro Case Famiglia.
Prospettive future
Sarà data continuazione alle attività fino ad ora svolte, consolidando l’esperienza e potenziando dove possibile la risposta anche in considerazione della sempre maggiore richiesta di
interventi flessibili ed adattabili alle esigenze di famiglie problematiche.
Centro diurno per minori
Descrizione
Si tratta di centri socio-educativi, aperti anche a minori con problemi familiari, che offrono uno
spazio di relazioni sane e un ambiente sereno in cui trascorrere i pomeriggi liberi dagli impegni scolastici. Ai centri i ragazzi svolgono i compiti di scuola e sono impegnati in attività e giochi mirati alla loro formazione e alla loro socializzazione; tutto ciò nell’ottica di prevenire i
fenomeni di disagio e devianza giovanili. Tali servizi sono rivolti a bambini e ragazzi dell’età
della scuola dell’obbligo. I minori inseriti possono provenire da situazioni di carenze familiari, con conseguenti problemi di comportamento, aggressività e difficoltà di inserimento sociale. La finalità dei centri è quella di costruire un Progetto educativo personalizzato che tenga
conto di tutte le relazioni che i minori instaurano nella loro quotidianità.
Modalità organizzativa
Diversa a seconda della struttura e delle esigenze, comunque distribuita nei pomeriggi, solitamente sabato e domenica esclusi.
L’U.L.SS. n.4 ha in atto convenzioni con due Centri, per la riserva di alcuni posti.
La rete dei ser vizi
I Centri con cui l’U.L.SS. ha in atto convenzioni sono:
• Il Centro di Animazione dell’Associazione Don G. Sacchiero di Schio;
• Il Ser vizio di sostegno socio-educativo.
Gli inserimenti vengono predisposti, con progetto educativo individualizzato, dalle équipe tutela minori dei consultori familiari.
Un contributo ulteriore alla diversificazione delle possibili risposte al disagio minorile e familiare è rappresentato dal progetto della Cooperativa “Radicà” che offre l’opportunità di riservare alcuni posti all’accoglienza diurna di minori del ter ritorio preadolescenti e adolescenti
fino ad un massimo di 4 ragazze/i. La finalità del progetto è quella di evitare allontanamenti
familiari che risultano traumatici e concorre a trovare una modalità di inserimento residenziale sempre più brevi. Il collocamento in struttura in questo caso va pensato sempre più
come una risposta intensiva ad una problematica rilevante ma di chiara durata e temporaneità con un coinvolgimento del nucleo d’appartenenza e costanti rientri a casa.
L’affido familiare
L’Affido familiare è un istituto previsto dalla L.184/83, così come modificata dalla L.149/01,
a tutela del minore in situazione di disagio. La legge privilegia le forme di sostegno alla fami-
204
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
glia in difficoltà, con l’obiettivo di mantenere il minore nel proprio contesto familiare. Nei casi
necessari, la legge prevede la collocazione del minore al di fuori della famiglia d’origine e del
contesto parentale, privilegiando l’inserimento presso altre famiglie, adeguatamente preparate, che si rendano disponibili all’accoglienza.
Il progetto Af fido Familiare mira all’implementazione di una rete di suppor to alle famiglie in
difficoltà con figli minori, creando e/o rafforzando le collaborazioni tra: servizi tutela minori/famiglie/privato sociale, nell’ottica della prevenzione secondaria del disagio e della riduzione degli inserimenti di minori in struttura.
Il progetto si ar ticola in:
• momenti di sensibilizzazione sul territorio volta alla promozione dell’affido familiare e della cultura
dell’accoglienza;
• la formazione e preparazione di gruppi di individui/coppie/famiglie disponibili all’accoglienza e al
sostegno a nuclei familiari con figli minori in difficoltà;
• il mantenimento del gruppo di famiglie affidatarie già esistente attraverso incontri di formazione
continua/aggiornamento e gruppo auto-aiuto.
Modalità organizzativa
Il ser vizio programma la strutturazione delle attività di sensibilizzazione anche attraverso la
collaborazione, già sperimentata, con il privato sociale presente sul territorio e con i ser vizi
affidi delle U.L.SS. limitrofe.
Lo stesso Ufficio provvede alla organizzazione e svolgimento dei corsi di informazione/formazione ai singoli/coppie/famiglie disponibili all’affido familiare.
La rete dei servizi
L’Ufficio Coordinamento Affidi cura la collaborazione con le forze del privato sociale presenti
sul territorio per lo sviluppo di una cultura dell’accoglienza e del sostegno alle famiglie in difficoltà, i contatti con i gruppi di volontariato e la rete dei ser vizi istituzionali per rafforzare le
sinergie e creare nuove modalità di risposta ai bisogni del territorio.
L’attivazione di un affido familiare parte da una richiesta dei servizi tutela minori e prevede
una fase di studio delle caratteristiche del caso e del progetto e si articola in un processo di
abbinamento tra minore e famiglia affidataria.
Costi
Nel 2004 i costi per gli affidi in famiglia sono stati pari a 93.000 euro per un totale di 29
minori affidati.
Prospettive future
Sviluppo della cultura della accoglienza e solidarietà tra famiglie, con forme più o meno strutturate di auto-aiuto, anche attraverso una continua e capillare attività di sensibilizzazione sul
territorio.
Ampliamento del nucleo stabile di famiglie formate per l’accoglienza di bambini in affidamento, con “specializzazione” per tematica (pronta accoglienza, adolescenti, bambini stranieri, af fidi diurni, ...).
Collaborazione con il privato sociale per un supporto alle famiglie af fidatarie anche nei
momenti di assenza dei servizi deputati alla sor veglianza e sostegno delle situazioni (fine-settimana, festività, ...).
Verifica della possibilità di coinvolgere nuclei familiari di provenienza extracomunitaria nell’affido e nelle forme di sostegno alle famiglie extracomunitarie in difficoltà, con figli minori.
Ulteriori campagne di sensibilizzazione e formazione, insieme ad altre U.L.SS. provinciali.
Individuazione di uno spazio specifico per l’affido all’interno di una struttura della zona.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per i minori, i giovani e la famiglia
205
Gruppi di autoaiuto
Premessa
Sempre più frequentemente agli operatori del consultorio familiare si rivolgono persone che,
in seguito alla separazione coniugale, chiedono sostegno e/o indirizzi circa i compiti genitoriali.
La separazione è spesso vissuta con dolore, disagio, ripensamento, confusione e necessità
di una condivisione di vissuti, di confronto e di sostegno.
Tali sentimenti si ripercuotono, purtroppo, anche negli ambiti più propriamente genitoriali.
Per far fronte a questi bisogni si propone l’attivazione di uno o più gruppi di auto-aiuto che
permettano alla persona di trovare un luogo sereno e protetto dove sperimentare la possibilità del confronto e del sostegno reciproco.
Linee guida
Scopo di questo lavoro di gruppo è il sostegno ai cambiamenti che la persona deve affrontare dopo la perdita del par tner, con par ticolare attenzione alla relazione genitori-figlio/i nei
contesti di vita familiare e sociale.
Il gruppo si propone come nodo di una rete di sostegno che coinvolge le persone e i ser vizi
(gruppo, servizi, famiglia, comunità locale, ecc.). Più fitta è la rete tanto migliore sarà la protezione della salute dei soggetti interessati.
I “processi di separazione coniugale” tendono a collocare le persone coinvolte ai margini
della comunità che poi attiva dei servizi che si prendano cura di loro (per es. il consultorio
familiare o altri servizi sociali).
Il gruppo di auto-aiuto nasce all’interno del consultorio familiare come servizio posto al centro della comunità locale e intende valorizzare ciascuna persona secondo le proprie risorse e
caratteristiche.
Obiettivi
Il gruppo è finalizzato a:
• superare la solitudine, l’isolamento, i momenti di sconfor to o depressione
• scambiare opinioni, confrontarsi, responsabilizzarsi
• attivare un ascolto e un reciproco sostegno
• attivare le proprie risorse e rispondere in modo adeguato ai bisogni educativi ed af fettivi dei figli
• tutelare gli interessi dei figli
Risorse
Il gruppo è condotto da due operatori sensibili a tali problematiche, formati ed individuati
all’interno del consultorio familiare.
L’operatività è ricondotta al modello “Gruppi AMA”
Modalità organizzative
Il gruppo di auto-aiuto è composto di circa 12-15 persone del territorio che liberamente scelgono di impegnarsi in questo percorso (la cadenza degli incontro è quindicinale).
Il percorso dura da uno a due anni. Alle persone che frequentano il gruppo è chiesta la puntualità e la costanza.
Valutazione
Le persone che frequentano questo tipo di gruppi generalmente:
• aumentano la capacità di accettazione dei problemi;
• aumentano la percezione delle proprie risorse e il senso di auto efficacia;
• ricevendo incoraggiamento e sostegno, sperimentano processi positivi di identificazione;
• apprendendo strategie di cambiamento, in genere riescono a migliorare i propri stili di vita.
206
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
A ciò corrisponde una diminuzione delle richieste individuali e un’ottimizzazione delle risorse
professionali.
Progetto pubblico tutore
Descrizione
È un progetto, elaborato dalla Regione Veneto, con la collaborazione dell’Università di Padova
(Centro interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli), che ha
l’obiettivo di:
• creare una rete regionale di persone socialmente motivate, tecnicamente preparate e disponibili
ad assumersi la tutela legale di un minore d’età;
• garantire la consulenza tecnica e il supporto formativo di aggiornamento alle persone che esercitano la tutela di un minor e per nomina dell’autorità giudiziaria;
• monitorare l’attività dei tutori per prevedere e realizzare azioni di supporto e per accrescere la conoscenza delle situazioni di tutela ai fini della vigilanza.
Modalità organizzative
Il progetto è realizzato in tre fasi iniziali:
• reclutamento dei professionisti deputati alla sensibilizzazione, al reclutamento e alla formazione di
persone disponibili all’assunzione dell’incarico di tutori (pr omotori territoriali);
• corso di for mazione per i promotori terrioriali;
• campagna regionale di sensibilizzazione di supporto al lavoro dei promotori territoriali.
Seguono altre quattro fasi:
1) sensibilizzazione di target mirati della comunità alle problematiche della tutela legale del minore
di età;
2) selezione delle persone disponibili attraverso un percorso di comprensione da pare dei volontari
della propria motivazione e di conoscenza delle tematiche specifiche e delle problematiche connesse;
3) la formazione delle persone disponibili per l’acquisizione delle conoscenze e competenze necessarie a svolgere il ruolo del tutore;
4) il monitoraggio e l’accompagnamento per il sostegno e la consulenza nel tempo dei tutori formati.
La rete dei servizi
Il progetto coinvolge i professionisti individuati dalle Aziende U.L.SS. e dalle Conferenze dei
Sindaci del territorio regionale, l’Università di Padova, uno staff permanente di esper ti presso l’Uf ficio del pubblico tutore per l’assistenza tecnica ai referenti territoriali e ai tutori, la
comunità locale, i volontari che sono disponibili ad essere preparati e a svolgere l’incarico di
tutore di minore d’età.
Prospettive future
• avere, nel territorio, un numero di persone volontarie, preparate e disponibili ad assumere il ruolo
di tutore legale di minore di età
• creare un rete di professionisti che agiscano in sinergia per il mantenimento, nel tempo, del progetto e per il monitoraggio e la verifica dell’andamento del progetto stesso
I centri di aggregazione
Le politiche sociali a favore della gioventù sono state caratterizzate, in Italia, dalla mancanza
di un insieme strutturato e coerente di inter venti. Tali politiche sono state demandate dal
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per i minori, i giovani e la famiglia
207
livello centrale a quello locale, con il conseguente panorama difforme di interventi, specie tra
grandi centri urbani e periferie.
Una realtà tuttavia, si è sempre mantenuta presente e costante su tutto il territorio nazionale, ed è la presenza degli oratori.
Gli oratori parrocchiali hanno sempre rappresentato un momento di aggregazione, di formazione e di crescita sociale, un luogo dove si fa amicizia, ci si diverte e dove inizia la formazione del carattere, in una dimensione complementare a quella rappresentata dalla famiglia
e dalla scuola. Oltre a questo gli oratori si sono presi cura anche del disagio giovanile, presentando dunque, oltre agli aspetti educativi, ricreativi, quelli curativi.
Modalità organizzative
In conformità ai principi generali di cui a capo 1 della legge 328 del 2000, e a quanto previsto dalla legge 285 del 1997, lo Stato riconosce e incentiva la funzione educativa e sociale,
svolta nella comunità locale mediante le attività di oratorio o similari, finalizzate a favorire lo
sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dei minori, degli adolescenti e dei
giovani di qualsiasi nazionalità residenti nel territorio.
Sono volte, in particolare, a promuovere la realizzazione di programmi, azioni e inter venti,
finalizzati alla diffusione dello sport e della solidarietà, alla promozione sociale e di iniziative
culturali nel tempo libero e al contrasto dell’emarginazione sociale e della discriminazione razziale, del disagio e della devianza in ambito minorile.
La legge 206 del 2003 contiene disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo.
Tali attività, da svolgersi soprattutto durante il periodo estivo, a favore della popolazione minorile e giovanile dell’U.L.SS. n.4, saranno in particolare volte a:
• promuovere la realizzazione di progetti, di programmi e inter venti finalizzati alla diffusione di attività sportive, ricreative, culturali e formative;
• promuovere la partecipazione e l’integrazione anche come contrasto all’emarginazione e alla discriminazione razziale mediante: l’attivazione di finanziamenti, la formazione del personale volontario,
la gestione dei progetti sul volonariato.
Prospettive future
Attivazione, sul territorio della U.L.SS. n.4, di centri giovanili in numero sempre maggiore,
capaci di fornire ai ragazzi e ai giovani occasioni di realizzazione individuale e di aggregazione sociale, anche tramite attività sportive e culturali.
Sviluppo delle collaborazioni tra le regioni, gli enti locali, le diocesi e le parrocchie per l’avvio
di un confronto e per l’individuazione di obiettivi, quali sviluppo della crescita dei minori e la
prevenzione del disagio sociale minorile.
Aumento delle forme di partecipazione diretta, alla vita sociale, dei giovani e delle loro famiglie.
Interventi educativi territoriali
Descrizione
Si tratta di un’attività di supporto educativo, rivolta ai minori in situazione di disagio o di
rischio, svolta sul territorio con operatori qualificati (educatori professionali) e attraverso progetti individualizzati, proposti dalle équipe tutela minori dei consultori familiari. Si tratta di
bambini e ragazzi che, pur potendo permanere nel proprio nucleo familiare, necessitano di
suppor ti educativi specifici.
Il tipo di attività da svolgere e il monte ore settimanale richiesto vengono valutate dalle équi-
208
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
pe consultoriali, a seconda delle necessità e priorità di intervento, il progetto viene poi
costantemente verificato in itinere ed eventualmente aggiornato, con la collaborazione degli
educatori impegnati in tale attività.
La rete dei servizi
L’U.L.SS. n.4 ha in atto una convenzione con la Cooperativa Radicà per la messa a disposizione di operatori qualificati per svolgere tale attività.
La cooperativa garantisce inoltre un coordinamento e un aggiornamento continuo degli educatori impegnati in tale attività. Una parte della formazione è stata svolta anche congiuntamente a quella effettuata dagli operatori delle équipe tutela minori dell’U.L.SS. n.4.
Costi
Nel 2004 i costi sono stati 99.182 euro per 19 utenti seguiti, per un costo medio annuo ad
utente di circa 5.000 euro.
Prospettive future
Le esperienze positive finora realizzate, in termini di sostegno e di supporto all’attività educativa genitoriale, indicano la validità di questo tipo di attività e l’importanza di continuarla
nel tempo.
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per i minori, i giovani e la famiglia
209
I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol
211
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol
Il servizio territoriale tossicodipendenze
Servizio per le tossicodipendenze, alcolismo e tabagismo (Ser.T)
I
l ser vizio fa par te del distretto socio sanitario ed è a disposizione di quelle persone interessate da problematiche legate all’uso o all’abuso di sostanze stupefacenti (alcol, tabacco e altre droghe). Le persone che si rivolgono al servizio trovano risposta sia ad esigenze di
tipo diagnostico che di cura, riabilitazione e consulenza. Un settore del servizio è dedicato
esclusivamente alla prevenzione.
In particolare le prestazioni al pubblico riguardano: visite mediche, erogazione farmaci, esami
di laboratorio, vaccinazioni anti epatite B, colloqui psicologici/psicoterapia, colloqui di sostegno, valutazione per programmi terapeutici in comunità residenziali, organizzazioni di iniziative di prevenzione. Il Ser vizio operativamente si integra e collabora nell’ambito del dipar timento delle dipendenze con:
• servizi aziendali distrettuali (distretto n.1 di Thiene e distretto n.2 di Schio);
• repar ti ospedalieri (medico/chirurgici);
• strutture del territorio preposte all’assistenza, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze (comunità terapeutica San Gaetano – Onlus, comunità Ce.I.S Onlus – Schio, comunità San Francesco Ca’
delle Ore di Breganze);
• cooperativa Sociale Samarcanda – Centro di pronta accoglienza notturna di Schio;
• associazione Club Alcolisti in trattamento ACAT Pedemontana di Schio;
• alcolisti Anonimi – Centro di ascolto di Vicenza;
• gruppo Familiari AL-ANON – per familiari e amici degli alcolisti;
• EFAV Associazione ex Fumatori Alto Vicentino Thiene.
L’accesso al ser vizio è libero o su invio del medico curante, per prime visite o consulenza
familiare, oppure programmato (anche su appuntamento telefonico) per prime visite, visite di
controllo, consulenze utenti ed altri ser vizi.
L’accoglienza non prevede liste di attesa né ticket da pagare.
Tabella 56 Utenti in carico al Ser.T. Anno 2002
Luogo di residenza
Utenti in carico
di cui in comunità terapeutiche
Residenti nel distretto n.1 di Thiene
214
57
Residenti nel distretto n.2 di Schio
147
48
Residenti fuori U.L.S.S.
232
-
Totale
593
105
Gli utenti residenti nel distretto n. 1 nell’anno 2002 sono 214, pari al 59,3% degli utenti residenti, mentre i 147 del distretto n. 2 rappresentano il 40,7% del totale.
I 57 utenti del distretto n. 1 inseriti presso comunità terapeutiche sono il 26,6% sul totale di
214. I 48 del distretto n. 2 costituiscono il 32,6% della popolazione in carico di quell’area.
Tabella 57 Utenti dei ser vizi dipendenze. Anno 2002
Utenti
di cui nuovi
N. utenti in carico Ser.T
593
214
N. utenti in carico Alcologia
199
104
N. utenti accolti presso comunità terapeutiche
105
-
93
-
124
-
N. utenti ricoverati in ambulatorio protetto
N. par tecipanti ai corsi per smettere di fumare
212
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Nell’anno 2002 la rilevazione dell’utenza con doppia diagnosi (compresenza di dipendenza da
sostanze e malattia psichiatrica) in trattamento presso le strutture residente nel territorio è
rappresentato dalla tabella 58.
Tabella 58 Utenti con doppia diagnosi. Anno 2002
N. utenti in comunità terapeutiche
105
N. utenti con disturbi psichiatrici
36
N. utenti in trattamento farmacologico
44
N. utenti in carcere
10
Comunità terapeutiche per tossicodipendenti
Descrizione
Sono strutture con finalità di accoglienza, trattamento terapeutico-riabilitativo e reinserimento socio-lavorativo di persone tossicodipendenti e alcoldipendenti, anche sottoposte a trattamenti farmacologici sostitutivi
La rete dei servizi
Nel territorio dell’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” sono presenti tre comunità con diverse sedi operative:
• Comunità Ce.I.S Onlus – Schio;
• Comunità Terapeutica San Gaetano;
• Comunità San Francesco Ca’ delle Ore di Breganze.
Centro Vicentino di Solidarietà Ce.I.S. Onlus
Il Centro Vicentino di Solidarietà Ce.I.S. - Onlus dal 1987 lavora nel territorio vicentino con
diversi interventi nel campo del recupero e reinserimento sociale delle persone tossicodipendenti, nell’ambito della prevenzione del disagio con attività di promozione del benessere
e della salute. Il CeIS si ispira alla filosofia del “Progetto Uomo”, che sottolinea la centralità
ed il rispetto della persona, della sua rete famigliare e sociale, del valore del lavoro, in sinergia con le altre realtà territoriali.
Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” a Schio.
Nel territorio afferente all’U.L.SS. n.4 il Ce.I.S. si articola nei seguenti ser vizi:
Primi Approcci
È un primo contatto con il Centro per trovare una concreta risposta ai problemi connessi con
l’uso/abuso di sostanze psicoattive. Il gruppo of fre la massima discrezione ed anonimato.
Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” a Schio.
Il programma terapeutico
Progetto “L’occasione”
Il progetto globale si propone l’accompagnamento, la riabilitazione, il reinserimento sociolavorativo di persone gravemente compromesse da un disagio prolungato, che vivono un
periodo di for te precarietà connotato all’uso di sostanze stupefacenti o da un disagio psichico, accogliendole in un contesto che mantiene un carattere familiare. Nel territorio
dell’U.L.SS. n.4 il progetto è presente con un intervento residenziale femminile.
Sede: Famiglia “Onisto” – casa “Silvia Pegoraro” – Schio.
Pronta accoglienza residenziale
Nella pronta accoglienza, in stretta collaborazione con il Ser.T., sono accolte persone tossi-
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol
213
codipendenti che necessitano di una precoce presa in carico per compiere un percorso di disintossicazione e maturare in un ambiente protetto la motivazione ad intraprendere un cammino di recupero.
Sede: pronta accoglienza maschile “La Rocca” – Piovene Rocchette.
Il reinserimento
Ospita in forma residenziale e non, le persone che hanno compiuto un percorso comunitario.
Gli utenti sono accompagnati nel ritorno ad un impegno lavorativo, nel percorso di reinserimento in attività ricreative e sociali e sono supportati nella ripresa assidua di rapporti con la
famiglia.
Sede: “Casa della Provvidenza” – Schio.
Associazione Famiglie
Si occupa del coinvolgimento famigliare di quanti seguono il percorso terapeutico. Si realizza
attraverso gruppi di auto-aiuto e gruppi multifamiliari a cadenza settimanale condotti da animatori, seguiti nella loro formazione da uno psicoterapeuta.
Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” – Schio.
Cooperativa Socche alla Croce
Propone percorsi lavorativi protetti sia per utenti che hanno intrapreso il percorso terapeutico, sia per persone esterne, in preparazione ad inserimenti lavorativi autonomi. Si occupa di
manutenzione del verde pubblico, assemblaggio, laboratori creativi.
Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” – Schio.
Il Centro Studi
Si occupa delle attività di prevenzione primaria e secondaria al disagio e della promozione
della salute, promuovendo progetti sul territorio provinciale in sinergia con i servizi competenti. Le attività gestite dal centro studi sono rivolte alle r ealtà scolastiche (scuole elementari, medie e superiori), lavorative, sportive, associative. Si occupa inoltre di promuovere e
coordinare le attività del centro vicentino non strettamente terapeutiche.
Sede: “Casa della Provvidenza” – Schio.
Progetto Perseo di Thiene
Il ser vizio è rivolto a ragazzi e familiari come strumento informativo, educativo e preventivo
all’uso delle nuove droghe.
I progetti si concretizzano in un primo livello rivolto giovani, genitori e gruppi giovanili, parrocchiali, sportivi ecc. che necessitano di informazioni e conoscenze relative all’uso di
sostanze stupefacenti o di un confronto su temi educativi riguardanti il disagio giovanile; il
secondo livello è un percorso educativo per quei ragazzi che già fanno uso di sostanze soprattutto con modalità ricreazionale e per i loro familiari.
Sede: presso Parrocchia Duomo – Thiene.
Centro per la Famiglia
È un servizio sorto per dare la possibilità a nuclei familiari che vivono una situazione problematica, di essere supportati da terapeuti esper ti nella definizione della loro situazione e nella
risoluzione di dinamiche relazionali. Il centro per la famiglia si colloca sia come supporto per
alcuni utenti che stanno svolgendo il percorso terapeutico comunitario, sia come servizio
aperto al territorio.
Si avvale di personale specializzato in terapia familiare e di una stanza idonea alla terapia
familiare con lo specchio unidirezionale e gli strumenti per la videoregistrazione.
Sede: Accoglienza “Socche alla Croce” – Schio.
214
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Consorzio Civitas
La Comunità San Gaetano Onlus, La Cooperativa Sociale “Il Gabbiano” a r.l., l’Associazione
“Il Borgo” Onlus e l’Associazione “Le Famiglie dell’Arcobaleno” sono quattro realtà del privato sociale appartenenti al Consorzio Civitas che erogano la seguente piattaforma di servizi
socio sanitari, educativi ed assistenziali nel territorio dell’U.L.SS. n.4.
I servizi attivati dalla Comunità San Gaetano Onlus sono:
• il servizio di pronta accoglienza residenziale presso la sede “La Soglia” di Schio è rivolto a tossicodipendenti sottoposti a trattamenti anche farmacologici e metadonici con obiettivi di disintossicazione e valutazione multidimensionale. La durata massima e di 3 mesi;
• il ser vizio terapeutico riabilitativo “Valle del Leogra” residenziale presso le sedi “Il Sentiero” di Valli
del Pasubio e “La Soglia” di Schio è rivolto a persone che hanno completato la disintossicazione:
propone un intervento che si sviluppa con l’intero nucleo famigliare, secondo l’orientamento sistemico-relazionale. La durata massima è di 18 mesi.
I servizi attivati dalla Cooperativa Sociale Il Gabbiano a r.l. sono:
• il ser vizio terapeutico educativo semiresidenziale “Champion per la vita” è rivolto al reinserimento
sociale e lavorativo di soggetti in situazioni di cronicità e ricadute. Tale ser vizio è svolto in appartamenti protetti nei comuni di Schio e Thiene. Il reinserimento lavorativo viene svolto presso il polo produttivo “Belfiore” di Schio) che attiva gli inserimenti in collaborazione con il SIL dell’U.L.SS. n.4. La
durata massima è di 18 mesi con percorsi personalizzati;
I servizi attivati dall’Associazione Il Borgo Onlus sono:
• il servizio pedagogico riabilitativo r esidenziale “Il Focolare” per il reinserimento socio-lavorativo di
persone in grave disagio sociale. Tale ser vizio è attivato nella sede “La Campagnola” di Schio e in
appar tamenti protetti nel territorio dell’U.L.SS. n.4. La durata può arrivare fino a 30 mesi con percorsi personalizzati; nell’ambito del sostegno ai minori;
• in collaborazione con l’associazione “Don G. Sacchiero” di Schio gestione di un centro diurno e di
spazi protetti per incontri tra figli e genitori su disposizioni del tribunale e su incarico del servizio tutela minori dei 2 distretti.
L’attività dell’associazione “Le Famiglie dell’Arcobaleno” consiste nella realizzazione di gruppi di auto-mutuo-aiuto per le famiglie coinvolte nelle problematiche della dipendenza. È attivo
attualmente un gruppo a Schio.
La Comunità San Gaetano Onlus, La Cooperativa Sociale Il Gabbiano a r.l., l’Associazione Il
Borgo Onlus sono enti iscritti all’albo della Regione Veneto. Ciascun servizio è erogato in convenzione con le U.L.SS. competenti per territorio mirando a realizzare ser vizi di qualità per la
persona a costi compatibili con la programmazione sociosanitaria ed educativa
I progetti di prevenzione sono finanziati con il Fondo regionale di Lotta alla Droga; le attività
con i minori dal comune di Schio e dall’U.L.SS. n.4.
Tabella 59 Comunità terapeutiche per tossicodipendenti. N° giornate di erogazione. Anno 2002
Utenti
Giorni
CT San Gaetano Onlus Pronta Accoglienza residenziale
14
5.110
Programma Valle Leogra
31
11.349
Coop. Soc. Il Gabbiano Programma Champion
21
7.665
Il Borgo Onlus Programma Il Focolare
12
4.234
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol
215
Prospettive future
L’obiettivo prossimo futuro degli enti consorziati Civitas è di coordinarsi sempre più con il territorio dell’U.L.SS. n.4 proponendo ser vizi che rispondano ai prioritari reali bisogni dei giovani attraverso la partecipazione alle attività del dipartimento e dei distretti e in collegamento
con gli enti locali.
Assicurando continuità ai servizi dell’ambito riabilitativo, Civitas intende potenziare e dare
risalto alle proprie attività di prevenzione e di animazione dei gruppi nei contesti scolastici e
giovanili con lo scopo di fornire stili di vita orientati al benessere fisico e spirituale, motivazionale e relazionale che prevengono e superano le frustrazioni della vita senza ricorrere a
sostanze alteranti.
Con il proprio contributo alla rete territoriale dei ser vizi il Consorzio Civitas e le realtà consorziate assicurano un circuito terapeutico-educativo-assistenziale permanente calibrato sui
bisogni e le risorse dei singoli e del territorio. Operando di intesa con i Ser.T., le famiglie, la
scuola, la parrocchia, gli enti locali, la comunità San Gaetano, la cooperativa Il Gabbiano, l’associazione Il Borgo, le Famiglie dell’Arcobaleno incentivano la scelta e la cultura della speranza mediante un discorso che ci mette in gioco tutti (con comportamenti coerenti e testimoniali della cittadinanza attiva e responsabile) e che considera la dipendenza un modo inadeguato e temporaneo di rispondere alla chiamata alla vita.
Ca’ delle ore
Il progetto Sankalpa
Finalità. Il Progetto Sankalpa (dal sanscrito “Il primo giorno”) nasce nel 1997 come proposta
per gettare un ponte tra il modello della comunità di accoglienza e l’approccio terapeutico
rivolto alla persona nella sua interezza.
La Comunità San Francesco propone nel perseguimento del recupero psicologico e sociale
del tossicodipendente, un approccio di “più ampio respiro”, che fonda le radici nella psicologia olistica e transpersonale, integrando le risorse terapeutiche della psicoterapia sia individuale che di gruppo con le tecniche esperienziali.
I tempi. È rivolto alle persone con problemi legati alla tossicodipendenza anche in trattamento metadonico e con problemi alcool-correlati. È prevista l’accoglienza residenziale per un
gruppo di 20 soggetti per un percorso terapeutico della durata di circa 10 mesi: ciò garantisce all’utente di non perdersi in una dipendenza passiva e parassitaria nei confronti del terapeuta. Le prime settimane di inserimento in comunità sono preposte per la conoscenza delle
metodiche e delle tecniche impiegate e per consentire una reale presa di coscienza dei propri stati interni e delle risorse inespresse.
Nell’ultimo periodo dell’accoglienza in comunità, viene concordato il reinserimento sociale
con la famiglia e con i servizi sociali del Ser.T di appartenenza dell’ospite.
Le modalità. Il programma terapeutico della comunità prescrive regole generali di convivenza
senza che sia predefinito il canovaccio organizzativo che viene elaborato e definito costantemente dagli stessi ospiti in accordo con il team terapeutico.
L’assenza di regole codificate permette un percorso trasformativo del proprio vissuto interiore e un rimodellamento della visione del mondo: in questo spazio vitale di autogestione e di
responsabilità maturano fantasie di onnipotenza che si infrangono contro i mondi psichici dei
vari componenti del gruppo. I pensieri in testa e il caos che viene generato possono essere
rimessi in ordine nella misura in cui avviene un aiuto sostanzioso a valorizzare le proprie risorse, quando la fiducia è offer ta esplicitamente mentre altrove ti era stato detto che non la
meritavi. Per questo motivo, gli operatori svolgono la funzione di contenimento e di osserva-
216
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
zione in alcune fasi e di lavoro psicoterapico in altre.
Particolare importanza rivestono, all’interno della psicoterapia di gruppo, due momenti a
cadenza settimanale denominati Lo Yong Formazione e Lo Yong Verifica che, sulla base di
principi tratti dall’Umanesimo Francescano, favoriscono il confronto sugli aspetti costitutivi
per una sana integrità personale. Si tratta di valori quali: la verità, l’amore, il rispetto, la giustizia, la pace.
Anche la famiglia dell’ospite partecipa ogni 15 giorni a gruppi di sostegno familiari ad orientamento sistemico-relazionale.
Le tecniche esperienziali:
• La Respirazione Circolare Consapevole. É una tecnica che attraverso l’attivazione psico-corporea
permette l’integrazione con il “qui e ora” armonizzando mente e corpo, ravvivando l’energia dell’organismo, inducendo a spontanee risposte terapeutiche grazie allo sblocco delle tensioni e al contatto con l’inconscio.
• Lo Sathia Yoga (yoga della verità). Si propone come mezzo terapeutico volto all’unità e armonizzazione delle varie componenti dell’individuo e lavora contemporaneamente su tre dimensioni (materiacorpo, energia e psiche) creando le basi per un contatto più consapevole con il proprio corpo visto
come punto di par tenza per un percorso di evoluzione. Il generale miglioramento della salute che
Sathia Yoga appor ta sul piano psichico e corporeo si traduce in maggior stabilità emotiva e carica
vitale migliorando la capacità di concentrazione e sviluppando la consapevolezza.
• Lo Shiatsu. La mano proponendosi come estensione del nostro cuore permette un benefico contatto con il proprio corpo (Do In o automassaggio) o con quello altrui favorendo la consapevolezza
individuale e/o la conoscenza dell’altro.
• L’Aikido. Antica arte marziale giapponese, offre l’occasione per un armonioso controllo dei movimenti, un approccio pratico alla disciplina impostata sulla conoscenza del proprio corpo e di quello
altr ui, sul rispetto, l’ordine e la concentrazione, come sfogo controllato dell’aggressività in un contesto di confronto svolto a coppie.
• La musico-terapia. Si pone come momento culturale e terapeutico offrendo situazioni di ascolto
guidato ed autoascolto differenziando le emozioni a par tire da sensazioni generate dalle varie situazioni musicali o vibrazioni date dalla propria voce o dai vari strumenti musicali.
• L’agopuntura. È attuata in gruppo attraverso il metodo acudetox, consiste nell’utilizzo di cinque sottili aghi infissi senza dolore sulle due orecchie, permettendo al tossicodipendente appena entrato in
comunità di migliorare la sua condizione clinica senza sostituire dipendenza con dipendenza.
• Le attività ricr eative. Anche le numerose attività ricr eative sono finalizzate a promuovere la presa
di coscienza di sé e delle proprie potenzialità, l’autonomia e la capacità relazionale della persona in
rapporto alla realtà. Tra queste si ricordano: il cineforum ed il dibattito gestito dagli utenti; il corso
elementare di grammatica, educazione civica e cultura generale; i percorsi in montagna; il ciclismo;
la redazione del giornale Sankalpa, pubblicato bimestralmente dall’Associazione Sankalpa.
La rete dei servizi
La comunità ha i suoi principali collegamenti con le ulss del territorio in cui è inserita
(Montecchio Maggiore, Bassano del Grappa, Thiene, Valdagno e con altre U.L.SS. della regione).
Da settembre 2002 lavora in un progetto di prevenzione per le scuole medie e superiori denominato “Scuola aperta” dell’U.L.SS. n.4 in collaborazione con il Ser.T e le comunità dell’area
dell’ulss stessa. Gestisce il Centro Vega, nato da una collaborazione con il Dipartimento delle
Dipendenze dell’U.L.SS. 5 “Ovest Vicentino” nel quale è possibile sperimentare attività psicocorporee come Yoga, Shiatsu, Respirazione circolare.
Collabora alla organizzazione di incontri di formazione e sensibilizzazione sul territorio.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol
217
Sedi operative: Comunità d’accoglienza “Fraternità S. Francesco” Coop. Soc. Ca’ delle Ore –
Breganze.
Il servizio alcologia
Descrizione
L’alcologia è quella disciplina che tratta la relazione uomo-alcol in tutti i suoi aspetti: sanitari, sociali, psicologici, economici, ambientali.
Anche nel nostro Paese ha acquisito ormai da numerosi anni una specificità, sia negli interventi clinico-riabilitativi, che in quelli nel campo della prevenzione, della ricerca, della formazione.
Nell’ambito sanitario e socio-sanitario ci troviamo di fronte alla quarta causa di morbilità in
termini di rischio attribuibile e ad una grande numerosità di utenti, o potenziali utenti, con problemi e patologie alcol-correlate, che necessitano di inter venti specifici e mirati, che coinvolgono professionisti di discipline diverse e che richiedono una specifica preparazione degli
operatori.
Il servizio di alcologia dell’U.L.SS. n.4 si trova all’interno dell’ospedale di Schio ed è aper to
al pubblico tutti i giorni dal lunedì al venerdì.
Modalità organizzativa
Il servizio di alcologia si ar ticola in diverse tipologie di intervento socio-riabilitativo e sanitario:
• ricovero in ambulatorio protetto;
• attività ambulatoriale con colloqui individuali e familiari di accoglienza e infor mazione, di sostegno,
di psicoterapia ed educativo-compor tamentali;
• attività sanitaria dei pazienti in carico, consulenze e visite tossicologiche;
• inter venti di supporto sociale e di inserimento lavorativo;
• progetti di prevenzione.
Nel servizio opera un’équipe multidisciplinare composta da un medico, un’infermiera professionale, uno psicologo, due assistenti sociali e due educatrici.
La rete dei ser vizi
Il servizio di alcologia è inserito nell’ambito del dipar timento delle dipendenze. Trattando problematiche complesse che interessano l’individuo nella sua globalità, collabora e lavora con
vari servizi: repar ti ospedalieri (per ricoveri e attività di consulenza), servizi di psichiatria,
consultorio familiare e ser vizio tutela minori, servizi sociali del comune e strutture del privato sociale.
Utenti del ser vizio e dati statistici
Gli utenti che afferiscono al servizio appar tengono a tutte le fasce d’età, a varie classi sociali e sono prevalentemente maschi; nell’ultimo anno sono aumentati gli stranieri (soprattutto
extracomunitari). Agli utenti già in carico al servizio da tempo, nel 2003 si sono aggiunti (dati
al 19/11/2003):
• 124 (94 maschi, 30 femmine) nuovi utenti;
• 84 (57 maschi, 27 femmine), dei quali 56 nuovi utenti, ricoverati in ambulatorio protetto;
• 60 (43 maschi, 17 femmine) pazienti valutati in attività di consulenza ospedaliera;
• 140 (109 maschi, 31 femmine) pazienti sottoposti a visita tossicologica;
• 57 utenti sottoposti a perizia patente.
Prospettive future
Dal 2001 il ser vizio di alcologia è impegnato, oltre che nelle attività quotidiane, nel “Progetto
218
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Goal” con il quale si cerca di sensibilizzare la popolazione allo sviluppo di fattori protettivi nei
confronti delle pressioni culturali al bere, attraverso il coinvolgimento delle associazioni di
volontariato presenti sul territorio e all’interno del presidio ospedaliero.
Inoltre si attuerà un’attività di formazione per le problematiche alcolcorrelate rivolta agli operatori sanitari dell’ospedale e delle comunità terapeutiche.
Infine si raf forzerà la collaborazione per attività di prevenzione e di intervento con le associazioni di volontariato che si occupano dei problemi alcolcorrelati (A.C.A.T., A.A e AL-ANON).
I club alcolisti
Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” sono presenti due associazioni dei club alcolisti in trattamento e l’associazione di alcolisti anonimi.
Associazione dei club alcolisti in trattamento (ACAT)
• ACAT Pedemontana a Schio;
• ACAT Valdastico a Thiene.
Lo scopo dell’associazione è il coordinamento di tutte le attività di aggiornamento e formazione dei Club della propria zona e di collegamento con le reti del territorio, convoca le riunioni dei presidenti di club e dei ser vitori insegnanti.
Comunità multifamiliare degli alcolisti in trattamento (Club)
Finalità
Proteggere e promuovere la salute delle famiglie e delle comunità locali dove il club vive,
migliorare la qualità della vita, lavora per la pace, in un cammino di sobrietà dove l’astinenza dalle sostanze è parte del cammino.
L’alcolismo ha smesso di essere considerato una malattia, e successivamente un vizio, per
essere infine considerato uno stile di vita, che può essere modificato attraverso la volontà
della persona e l’influenza della famiglia, e del club.
Il club degli alcolisti in trattamento è una comunità multifamiliare inserita nella comunità locale, che si occupa del trattamento dei problemi alcol-correlati, ma che si apre anche alla multidimensionalità della sofferenza umana, e quindi alla possibile combinazione tra problemi
alcolcorrelati e:
• uso di altre sostanze;
• disturbi psichiatrici;
• persona senza dimora;
• comportamento autodistr uttivo o violento.
Il club lavora secondo poche regole semplici:
• il club è composto al massimo di 12 famiglie, si moltiplica quando arriva la 13° se non arriva la
13 entro un tempo ragionevole il club dovrebbe moltiplicarsi in ogni caso;
• le riunioni del club, della durata di un’ora e mezza si svolgono regolarmente una volta alla settimana. Le riunioni del club si aprono e terminano con puntualità;
• non si fuma durante le riunioni. Al club par tecipano solo le famiglie con problemi alcolcorrelati e
complessi ed il lor o ser vitore. Non sono previsti tir ocinanti, volontari, visitatori, accompagnatori, tranne che durante il corso di sensibilizzazione;
• viene mantenuta la riser vatezza su quanto viene detto al club;
• ogni famiglia al club ha un incarico specifico.
Il club lavoro secondo l’approccio ecologico sociale (sistemico). Ciò significa osservare e
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol
219
situare i problemi alcolcorrelati e le loro conseguenze all’interno del sistema biosociale nel
quale la persona vive, comunica e lavora. Si capisce allora perché il club fin dall’inizio si rivolga alla famiglia nella sua interezza, la famiglia che è il sistema biosociale più naturale e significativo per ogni individuo. Il comportamento specifico legato all’uso delle bevande alcoliche
viene considerato come parte del comportamento complessivo di questo sistema.
Il trattamento della persona con problemi alcolcorrelati trova quindi la sua naturale collocazione nell’ambito del sistema familiare; è pertanto necessario che ogni famiglia venga inserita presto nella comunità multifamiliare dei club, perché il cambiamento dello stile di vita non
si può ottenere al di fuori del contesto in cui si è inseriti.
I componenti della famiglia tendono a trovare scuse per non par tecipare, trascurando così la
realtà e la responsabilità.
Il lavoro dei club richiede alle famiglie una crescita e maturazione, una possibilità di riguadagnare la gioia di vivere, una riappropriazione del proprio futuro perso nel problema alcol correlato, elevarsi ad un livello superiore nella propria esistenza, un superamento, una trascendenza di se stessi (Hudolin. Ecologia Sociale. 1995).
Il 40% dei maschi adulti hanno qualche problema alcolcorrelato e non sono certo tutti alienati ed esclusi dalla comunità. Non si tratta allora di riabilitare la persona con problemi alcolcorrelati quanto piuttosto di cambiare la cultura sanitaria e generale nella comunità.
In altri termini non si tratta di reinserire nella comunità le famiglie con problemi alcolcorrelati, ma far si che le famiglie possano crescere e maturare con comunicazione e interazione più
produttive nelle comunità dove vivono e lavorano.
L’associazione dei club alcolisti in trattamento collabora con: il dipartimento delle dipendenze, il consorzio della polizia urbana, le comunità terapeutiche, i servizi sociali dei vari comuni, le scuole, le associazioni.
Utenti del ser vizio
22 comunità multifamiliari per un totale di 250 famiglie.
Obiettivo
Passare nel prossimo anno a 26 comunità multifamiliari.
Nel 2004 l’ACAT Pedemontana si è duplicata e ci saranno due ACAT nel nostro territorio. ACAT
Pedemontana a Schio e ACAT Valdastico a Thiene, con in carico 11 comunità multifamiliari
ciascuna.
Associazione alcolisti anonimi (AA)
Alcolisti anonimi è un’associazione di persone che mettono in comune la loro esperienza,
forza e speranza per risolvere il loro problema comune e aiuta altre a recuperarsi dall’alcolismo.
AA è un’associazione di autoaiuto: l’alcolista che ha smesso di bere mantiene e consolida la
propria sobrietà utilizzando la sua capacità di aiutare un altro alcolista che ancora beve a
uscire dalla dipendenza dell’alcol.
Il GRUPPO è l’entità tramite la quale si realizza il recupero: nelle riunioni, in assoluta libertà,
vengono raccontate le proprie storie, condivisi i problemi personali e, soprattutto, tramite il
commento della letteratura e le esperienze degli AA, viene messo in pratica il programma di
recupero, conosciuto in tutto il mondo come “Metodo dei dodici passi”.
L’unico requisito per entrare a far par te di AA è desiderare di smettere di bere: ognuno può
divenire membro dell’associazione nel momento stesso in cui dichiara di volerlo.
La partecipazione è totalmente gratuita e non esiste alcuna distinzione relativa alla razza, al
220
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
sesso, al ceto sociale, alla fede religiosa, agli ideali politici.
Uno dei punti fermi dell’associazione è l’anonimato: qualora lo si desideri è possibile non rivelare la propria identità, ma ci si deve comunque impegnare a non divulgare discorsi e storie
personali uditi all’interno del gruppo.
L’anonimato riveste, peraltro, un ben più profondo significato, facendo sì che i nostri principi
vengano sempre anteposti alle personalità dei singoli.
AA è finanziariamente autonoma, non accetta sovvenzioni, lasciti, né altri tipi di contributi e
non è affiliata ad alcuna confessione, idea politica, organizzazione e istituzione; non si impegna in alcuna controversia, né sostiene o si oppone ad alcuna causa. In particolare AA non
assume posizioni proibizionistiche né antiproibizioniste nei confronti dell’alcol. Gli alcolisti
anonimi aiutano altri alcolisti che ancora non hanno trovato una via d’uscita in modo totalmente gratuito.
Al momento Alcolisti Anonimi collabora con il Ser.T e il repar to di alcologia.
Alcolisti anonimi è presente nel territorio dell’U.L.SS. n.4 con cinque gruppi di autoaiuto a
Schio, Malo, Arsiero, Thiene, Torrebelvicino.
Nel futuro Alcolisti Anonimi spera di continuare e di rafforzare la collaborazione esistente.
I corsi per smettere di fumare
Ex Fumatori Alto Vicentino (EFAV)
L’EFAV è un’associazione apolitica ed aconfessionale, costituitasi nel 1996 ed attiva nel territorio dell’U.L.SS. n.4, a cui aderiscono gli ex fumatori e simpatizzanti il cui scopo è quello
di liberarsi dalla dipendenza del tabacco e di adoperarsi per la prevenzione e per la disassuefazione dei fumatori, attraverso una metodologia basata sul principio dell’auto-aiuto e
sulla presa in carico della propria salute.
Nel corso degli anni ha gestito, in collaborazione con il Ser.T e con l’U.L.SS. n.4, 18 “Corsi
per smettere di fumare” per un totale di 900 par tecipanti.
Ogni corso è frequentato in media da circa 60 persone. Nel 2003 i partecipanti ai due corsi
sono stati 127 e di questi il 40% ha cessato definitivamente il fumo di sigarette.
La gestione del programma, oltre agli operatori del Ser.T, prevede la presenza di un medico
e di un psicologo.
L’EFAV collabora con il Ser.T, all’interno del dipar timento delle dipendenze, per la realizzazione dei progetti di prevenzione territoriale, organizzando inoltre la “giornata mondiale senza
tabacco e la “giornata del respiro”, anche in collaborazione con il dipartimento di medicina e
il dipartimento di prevenzione.
Aderisce inoltre alle iniziative che si prefiggono lo sviluppo di informazioni–formazione, ricerca nel campo specifico, nonché di interventi operativi per la soluzione dei problemi legati al
consumo del tabacco ed ai suoi effetti sulla salute.
L’EFAV coopera con persone, gruppi, istituzioni e associazioni del vicentino, attraverso la promozione della par tecipazione attiva di tutti i suoi membri, facendo proprio il principio che lo
stile di vita del fumatore e della sua dipendenza da tabacco è da considerarsi una “malattia
psico-fisico-sociale”.
L’EFAV, nell’ambito della prevenzione interviene presso gli istituti scolastici che intendono
organizzare incontri d’informazione sulla dipendenza dal fumo.
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per le dipendenze da droga, fumo, alcol
221
I servizi per la salute mentale
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per la salute mentale
223
Dipartimento di Salute Mentale (DSM)
I
l dipartimento di salute mentale è la struttura dell’U.L.SS. che programma, coordina e realizza gli inter venti di salute mentale tramite la prevenzione, cura e riabilitazione della malattia psichica per la popolazione adulta. È costituito dall’insieme dei servizi ter ritoriali e ospedalieri dedicati a realizzare gli obiettivi definiti dal Progetto Obiettivo (PO) Tutela della Salute
Mentale nazionale e regionale. La modalità del PO indica la specificità dell’area salute mentale, in particolare la necessità di un approccio multidisciplinare che coinvolge settori diversi, con partecipazione sia di soggetti sanitari e sia di altri soggetti istituzionali.
Tutte le attività svolte dal DSM si ispirano a valori e principi quali: il rispetto della persona, la
promozione delle risorse di ogni utente, la realizzazione del progetto di cura nel contesto di
vita della persona, il sostegno alla famiglia, l’integrazione socio-sanitaria.
Il DSM è costituito dai seguenti organismi:
• Direzione del Dipar timento con funzione di gestione del dipartimento stesso;
• Consiglio del Dipartimento con funzione consultiva, propositiva e di verifica generale dei ser vizi del
DSM;
• I Servizi del Dipartimento con funzione operativa (prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione).
Rete dei ser vizi
I servizi sono attualmente in par te a gestione diretta ed in par te a gestione indiretta.
I servizi a gestione diretta sono:
• UO Centro di Salute Mentale di Thiene (con aggregato centro diurno e comunità alloggio);
• UO Centro di Salute Mentale di Schio (con aggregato centro diurno);
• UO Ser vizio Psichiatrico di diagnosi e cura (con aggregato day hospital).
Il Centro di Salute Mentale (CSM)
È il centro di coordinamento degli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale nel territorio di competenza. Definisce e attua i programmi personalizzati di
cura, con inter venti ambulatoriali, domiciliari, socio-ambientali, semiresidenziali (Centri
Diurni) e residenziali (Comunità).
Nell’U.L.SS. n.4 i CSM sono a Schio ed a Thiene, uno per ogni distretto. Il personale che
opera nel CSM vede le seguenti figure professionali: medici, psicologi, infermieri e assistenti sociali. Per ottenere le prestazioni di questi servizi è necessario rivolgersi al centro di salute mentale del proprio distretto, preferibilmente con la richiesta del medico curante o di altre
strutture sanitarie. La frequenza ai centri diurni e alle comunità avviene tramite il CSM. Il ticket, se dovuto, è previsto per alcune prestazioni ambulatoriali, quali: la visita, la visita di controllo, la psicoterapia individuale, la psicoterapia di gruppo.
Unità Operativa CSM di Thiene (distretto n. 1 di Thiene)
All’interno del CSM un’area è dedicata al centro diurno e al day hospital territoriale per un
totale di 15 posti/programmi a giornata.
Gestisce inoltre una comunità alloggio (sita a Thiene), per tre ospiti, ad intensità assistenziale ridotta, con presenza di personale d’assistenza.
Sede: Ospedale di Thiene.
224
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Unità Operativa CSM di Schio (distretto n. 2 di Schio)
All’interno del CSM un’area è dedicata al centro diurno e al day hospital territoriale per un
totale di 15 posti-programmi a giornata.
Garantisce le consulenze ospedaliere presso l’ospedale di Schio, programmate ed urgenti,
negli orari di apertura del ser vizio.
Sede: ex Casa Suore dell’Ospedale di Schio.
Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC)
È il reparto ospedaliero che cura i ricoveri ordinari e urgenti. Svolge attività diagnostiche e
terapeutiche. Garantisce le consulenze ospedaliere, programmate ed urgenti.
Collegato al repar to è il day hospital per ricoveri solo diurni. Risponde all’urgenza negli orari
di chiusura dei centri di salute mentale.
Il personale che opera nel SPDC è costituito da medici, psicologi, infermieri e operatori sociosanitari.
Unità Operativa Ser vizio Psichiatrico dell’ospedale di Thiene
Il reparto è dotato di 16 posti letto. Il ricovero viene proposto dal medico curante, dai medici del CSM o dal pronto soccorso dell’ospedale.
Il day hospital, aggregato al repar to, gestisce i ricoveri solo diurni ed è dotato di 3 posti.
Sede: ospedale di Thiene.
Tabella 61 Attività ospedaliera del DSM. Dati e costi. Anno 2002
SPDC
Posti letto
Numero ricoveri
Numero ricoverati
Costi totali (ml lire)
D.H.
16
3
307
80
216
61
3.998 aggregato a SPDC
I servizi a gestione indiretta (tramite convenzione) sono:
• i progetti personalizzati di sostegno socio-relazionale;
• alcuni ser vizi semiresidenziali aggiuntivi (Centro diurno di Mano Amica);
• i ser vizi residenziali.
Tabella 62 DSM: utenti dei servizi residenziali. Anni 2001 e 2003
Servizi residenziali
11/11/2003
13/05/2001
11
9
Comunità “Il Glicine”
8
9
Comunità “Arco Iris”
4
5
14
1
Silesia di Arcugnano
1
1
Segno di Pace di Marostica
6
2
CTRP Villa Margherita
1
1
Istituto Medico-Psico-Pedagogico di Medea-Gorizia
2
2
11/11/2003
13/05/2001
Casa Famiglia Papa Giovanni di Montecchio Maggiore
1
1
Lido Delle Nazioni
4
7
Comunità “I Casarotti”
Libra di Marostica
Servizi residenziali
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per la salute mentale
CT Doppia diagnosi “La casa di Giano” Trento
Totale
1
-
53
38
225
Tabella 63 DSM: utenti dei ser vizi semiresidenziali. Anni 2001 e 2003
Servizi semiresidenziali
11/11/2003
13/05/2001
25
25
Coop L’eco Papa Giov di Dueville
1
1
Coop Libra di Marostica
1
-
27
26
Centro Diurno di Mano Amica
Totale
Tabella 64 DSM: utenti dei progetti personalizzati. Anni 2001 e 2003
Progetti Personalizzati di Sostegno socio-relazionale
11/11/2003
13/05/2001
Glicine
2
-
Mano Amica
1
-
Verlata
1
-
Totale
4
-
Sintesi dei principali livelli assistenziali attuali del DSM
Residenziale: Posti 53 da convenzionata + 3 da comunità alloggio Thiene per totale di 56 pari
a 3,2/10.000 residenti.
Semiresidenziale: Posti pubblici (centri diurni dei CSM) per posti 30 + privati per 27 per totale di 57 pari a 3,2/10.000 residenti.
Tali livelli assistenziali sono conformi alle indicazioni di piano regionale e nella media regionale.
Tuttavia evidenziano il seguente problema prioritario:
• la realizzazione degli obiettivi previsti dal PO Tutela Salute Mentale è incompleta, poiché manca
una struttura sanitaria, la Comunità Terapeutica Residenziale Protetta (CTRP), chiaramente accreditata e identificata per la funzione terapeutico-rabilitativa di tipo intensivo. Tale struttura dovrebbe,
inoltre, prevedere la direzione clinica del DSM;
• la differenziazione di quasi tutti i ser vizi residenziali attuali è scarsamente definita sia per la fase
e tipologia estensiva (protezione elevata, media e ridotta) e sia per la fase e tipologia di lungoassistenza (definizione tramite UVMD).
Il contesto
La rete sanitaria di strutture, servizi ed attività del DSM è sostanzialmente coerente con le
indicazioni di piano, in attuazione della DGRV 4080/2000 (PO Tutela Salute Mentale), ma è
di incompleta realizzazione per l’assenza della prevista CTRP (struttura sanitaria di tipo riabilitativo intensivo), progetto n. 1405 del piano di zona 2001/03.
Nel corso del pregresso triennio vanno ricordati: l’aper tura ed il consolidamento del centro di
salute mentale di Thiene, assente in precedenza, la ristrutturazione dei percorsi riabilitativi
con incremento delle attività esterne, gli inter venti strutturati riabilitativi e psicoterapici per
pazienti ricoverati in SPDC, lo sviluppo di alcune attività cosiddette evolute, come le psicoterapie di gruppo per disturbi psicotici e per disturbi depressivi, da parte di entrambi i CSM, la
progressiva sostituzione mirata dei farmaci di prima generazione (antipsicotici ed antidepressivi) con i farmaci di ultima generazione, a più elevato costo.
Il consolidamento dei servizi presso la popolazione è documentato dall’incremento della
domanda espressa ai due CSM (anno 1999: pazienti 1888/anno 2002: pazienti 2138).
Inoltre l’Azienda U.L.SS. n.4 ha aper to nel corso dell’anno 2003 il servizio per il trattamento
226
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
dei disturbi del comportamento alimentare, che consente attività terapeutiche specializzate,
complementari alle attività del DSM e, precedentemente, assenti nel nostro territorio.
Nell’ambito delle attività d’integrazione sociale volte a valorizzare le autonomie e la responsabilità delle persone, la risorsa del volontariato e la solidarietà tra i cittadini vanno ricordati
i programmi promossi e attivi nell’area dell’Auto Mutuo Aiuto (gruppi AMA). Tali gruppi hanno
un rilievo crescente e progressive gemmazioni, sostenute sia dall’azienda U.L.SS. e sia dagli
Enti Locali, e sono dedicate sia a pazienti (“soci disagiati”) e sia a familiari.
Ricordiamo:
• gruppo Davide & Golia (per pazienti), traduzione operativa del progetto 1401 del piano di zona
denominato “La comunità che guarisce”, con sede a Schio.
• gruppo Familiari di Schio (sostenuto dal Comune di Schio).
• gruppo “L’Ancora” (per Familiari) e gruppo “Self Help Ri...trovarsi” (per pazienti), con sede recentemente fornita dal Comune di Thiene.
La generale riorganizzazione dell’assistenza sanitaria, con la crescente valorizzazione del
Distretto, ha comportato nell’ultimo triennio, un necessario allineamento, sia in relazione alla
riduzione da tre a due distretti con la conseguente riorganizzazione delle risorse sanitarie del
DSM in base al criterio di equità e sia in relazione alla necessaria accelerazione dei processi e strumenti di integrazione socio-sanitaria con i due distretti, con implementazione ad
esempio delle UVMD di area. L’integrazione con gli altri servizi dell’azienda si è rafforzato in
particolare nell’ambito dell’area di doppia diagnosi, in specie con il dipartimento dipendenze
e la UOCA.
Tale riorganizzazione ha altresì segnato una attenzione più forte da parte degli enti locali per
l’area salute mentale, sia programmatoria (si veda la presenza in consiglio di DSM e commissione di distretto n. 1) e sia finanziaria (risorse dedicate in specie dal Comune di Schio
e, recentemente, di Thiene ai gruppi AMA).
È proseguito il rappor to con il SIL per i progetti di inserimento lavorativo protetto, sia in aziende e sia in cooperative sociali; di queste in par ticolare si menziona il gruppo di cooperative
del consorzio Prisma.
Nel territorio dell’U.L.SS. n.4 trova inoltre collocazione forte il privato sociale convenzionato,
che offre servizi residenziali (comunità), quali “I Casarotti”, “Il Glicine” ed “Arcoiris” e semiresidenziali (centro diurno di Mano Amica), per bisogni specifici riabilitativi e assistenziali,
gestiti in integrazione con il servizio pubblico tramite progetti personalizzati condivisi.
Nell’ultimo triennio tramite alcune cooperative sociali è stato anche avviato un servizio innovativo, costituito dai progetti personalizzati di sostegno socio-relazionale, come da previsione
del precedente piano di zona.
Tabella 65 CSM: dati relativi alla domanda di salute espressa. Anni 1999 e 2002
Anno
1999
2002
Variazione
Disturbi minori
816
730
- 11%
Disturbi schizofrenici
375
425
13%
Psicosi affettive
183
245
34%
Disturbi organici
127
137
8%
Disturbi di personalità
171
204
19%
Altre diagnosi
82
68
- 17%
1999
2002
Variazione
Diagnosi non codificata
134
329
146%
Non residenti
105
77
- 27%
Anno
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per la salute mentale
Totale
1.888
2.138
227
13%
Analisi sintetica dei dati relativi alla domanda espressa
1. Incremento significativo della domanda globale nel triennio.
2. Incremento del carico prevalentemente per i disturbi gravi, come disturbi schizofrenici e psicosi
affettive (in modo omogeneo per entrambi i distretti/CSM).
3. Incremento del carico per i disturbi di personalità.
4. Decremento del carico per i disturbi minori.
5. Persistenza di una maggiore domanda espressa (prevalenza ed incidenza) nel distretto n. 2 di
Schio per i disturbi minori rispetto al distretto n. 1 di Thiene.
6. Incremento di pazienti con diagnosi non codificata.
7. Decremento apparente della domanda territoriale nell’ambito di cittadini fuori U.L.SS. (verosimile
esito della regolarizzazione dei cittadini extracomunitari).
Prospettive
I principi fondamentali e l’obiettivo generale (la realizzazione del PO Tutela Salute Mentale)
permane invariato rispetto al precedente piano di zona.
La modalità del progetto obiettivo indica oltre che la specificità dell’area salute mentale ed
in particolare la necessità di un approccio multidisciplinare che coinvolge settori diversi,
anche la necessità di partecipazione e responsabilità sia di soggetti sanitari e sia di altri soggetti istituzionali. In ambito salute mentale cioè debbono concorrere sia azioni a contenuto
prioritariamente sanitario (funzione “riparativa” della psichiatria, come diagnosi, cura e riabilitazione) e sia azioni a contenuto socio-sanitario (funzione dell’intero sistema sociale sulla
qualità della vita delle persone e sulla promozione della salute).
Gli obiettivi specifici o aggiuntivi del nuovo piano di zona si sostanziano nel:
1. completamento del processo di attuazione del progetto obiettivo;
2. ridefinizione delle modalità realizzative dei singoli progetti operativi;
3. definizione delle priorità e delle innovazioni.
Elementi fondamentali del processo realizzativo del nuovo piano sono il maggiore coinvolgimento del privato sociale e la sinergia più esplicita tra sanitario e sociale.
Il supporto culturale e normativo di tale partnership partecipativa e di responsabilità viene
individuato dai LEA (livelli essenziali di assistenza da garantire in modo uniforme a tutti i cittadini), che concettualizzano la natura del bisogno personalizzato di salute, il livello di intensità assistenziale opportuno (fase intensiva, estensiva e di lungoassistenza) ed accreditato
(grado di ef ficacia, appropriatezza e adeguatezza in base a criteri di EBM) in relazione alla
limitatezza delle risorse.
L’evoluzione in materia, inoltre, in specie nella Regione Veneto, regione guida nell’integrazione socio-sanitaria, è verso la definizione esplicita, a fianco delle già individuate attività sanitarie e socio-sanitarie e relativi LEA, delle attività sociali e relativi LEA. Tale evoluzione, culturale oltre che normativa, è sostanziata nel progetto di legge n.396 DGR n.12 del
10/06/2003 Piano Regionale di servizi alla persona e alla comunità – Politiche sanitarie,
socio-sanitarie e sociali della Regione Veneto per il triennio 2003-2005.
Tali aspetti sono rilevanti per definire le prospettive e le responsabilità in area salute mentale, consentendo anche di definire le varie attività in base alla tipologia di progetto: progetti
sanitari e progetti sociosanitari.
Ulteriore prospettiva, già in fase di iniziale verifica tra i DSM della Provincia, è la realizzazione di progetti a dimensione provinciale/regionale, progetti cosiddetti di area vasta, per obiettivi assistenziali mirati e specifici (ad esempio comunità per adolescenti, per doppia diagno-
228
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
si, per disturbi del comportamento alimentare, per autismo in adulto, per verifica omogenea
dei criteri di accreditamento dei servizi pubblici e convenzionati).
I progetti sanitari e ad integrazione socio-sanitaria
I progetti sanitari
• Comunità terapeutica residenziale protetta (CTRP del DSM).
• Sviluppo delle attività psicologiche.
• Progetto psicoeducazionale.
• Musicoterapia di gruppo.
• Istituzione nucleo valutazione MCQ.
• Monitoraggio qualità percepita.
I progetti ad integrazione socio-sanitaria
• Revisione del sistema residenzialità.
• Implementazione dei progetti personalizzati di sostegno socio-relazionale.
• Modulo respiro.
• Consolidamento e sviluppo uniforme dell’auto mutuo aiuto.
• Moduli week-end.
• Sostegno al volontariato.
Comunità terapeutica residenziale protetta (CTRP)
Si veda il progetto P14 a pag. 306.
Progetto di sviluppo delle attività psicologiche
Obiettivo: terapeutico specifico per pazienti con disturbo di personalità (incremento delle psicoterapie di gruppo, già presenti nei CSM per disturbi psicotici e disturbi depressivi).
Azioni: convenzione annuale con esperto (rapporto professionale per 3 ore a settimana con
psicologo); estione di due gruppi (numero massimo di 8 pazienti per gruppo) di psicoterapia
a termine (cicli) per disturbi di personalità, a frequenza quindicinale.
Destinatari: pazienti in carico ai CSM con disturbo di personalità; gruppo CSM di Thiene;
Gruppo CSM di Schio.
Gestione attività: psicologo esper to a rapporto professionale affiancato da personale del
DSM.
Gestione: DSM.
Progetto psicoeducazionale
Obiettivo: terapeutico, ad indirizzo psicoeducazionale dedicato ai familiari.
Sottoobiettivi: sostenere i familiari, ridurre il rischio di scompenso del paziente per fattori
ambientali.
Azioni: convenzione annuale con esperto a rapporto professionale con psicologo (3 ore settimanali); gestione di un gruppo dedicato ai familiari di pazienti ricoverati in SPDC e/o in carico ai CSM, con seduta a frequenza settimanale.
Destinatari: familiari di pazienti ricoverati in SPDC e/o in carico ai CSM di Thiene e di Schio
Gestione attività: psicologo esperto a rapporto professionale, affiancato da personale del
DSM.
Gestione: DSM.
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per la salute mentale
229
Musicoterapia di gruppo
Obiettivo: terapeutico-riabilitativo.
Sottoobiettivi: migliorare la qualità assistenziale percepita, facilitare le relazioni tra pazienti
Azioni: convenzione annuale con esperto (rappor to professionale); istituzione di 3 laboratori
di musicoterapia di gruppo, con seduta a frequenza settimanale (ogni gruppo è costituito da
un massimo di 12 persone).
Destinatari: gruppo reparto (pazienti ricoverati in SPDC e DH); gruppo Centro Diurno (CD)
Thiene (pazienti in programma riabilitativo presso il CSM di Thiene); gruppo CD di Schio
(pazienti in programma riabilitativo presso il CSM di Schio).
Attività di laboratorio di musicoterapia: gruppo reparto: incontro di 60’ + 30’ di verifica con il
personale; CD Thiene: incontro di 90’ + 30’ di verifica; CD Schio: incontro di 90’ + 30’ di verifica. L’attività è condotta da un musicoterapeuta esperto a rapporto professionale af fiancato da personale del DSM.
Gestione: DSM.
Istituzione nucleo valutazione MCQ
Obiettivo: miglioramento continuo di qualità nei servizi del DSM tramite specifico strumento
professionale.
Azioni: istituzione di specifico nucleo valutazione per il Miglioramento Continuo di Qualità
(MCQ).
Organizzazione e risorse: del DSM e della direzione sanitaria.
Gestione: DSM.
Monitoraggio qualità percepita
Obiettivo: monitoraggio di qualità percepita in tutti i ser vizi del DSM.
Azioni: formulazione questionario dedicato e regolare applicazione dello stesso nei servizi del
DSM; valutazione periodica dei dati tramite il Nucleo MCQ; informazione e pubblicazione dei
dati; revisione delle attività dei servizi del DSM ai fini del miglioramento continuo delle procedure assistenziali.
Organizzazione e risorse: del DSM, del Nucleo Valutazione MCQ, in collaborazione con le
associazioni locali dei familiari e della cittadinanza.
Gestione: DSM.
Revisione del sistema di residenzialità
Obiettivo: utilizzo efficace ed appropriato (abbinamento corretto tra bisogno del paziente e
tipologia di inserimento) delle strutture residenziali.
Sottoobiettivi: miglioramento della qualità assistenziale-riabilitativa delle singole strutture
residenziali secondo la tipologia definita; conformità alle direttive dei LEA; completamento
strutturale del Progetto obiettivo tutela salute mentale (in collegamento con il progetto CTRP
del DSM).
Azioni: Fase della ricognizione: stesura carta del ser vizio per ognuna delle strutture convenzionate con definizione della mission specifica; mappatura delle stesse in base a criteri di
accreditamento istituzionale (residenzialità intensiva, estensiva ad alta/media/ridotta protezione e di lungoassistenza e professionale concordati (controllo di qualità); individuazione
analitica dei fattori di costo (controllo di ef ficienza) ai fini di eventuale applicazione dei LEA.
Fase assistenziale: nuovi inserimenti in base a criteri istituzionali e professionali di appropriatezza formalizzati; revisione degli inserimenti precedenti con obiettivo primario di avvici-
230
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
namento territoriale per i pazienti attualmente collocati in strutture extra regione.
Organizzazione e risorse: del DSM, della direzione sanitaria, dei distretti, in collaborazione
con le cooperative sociali.
Gestione: DSM.
Implementazione dei progetti personalizzati di sostegno socio-relazionale
Obiettivo: riabilitativo, tramite implementazione dei programmi personalizzati già definiti nel
piano di zona 2001/03 (progetto 1404).
Azioni: Fase ricognitiva: ridefinizione mirata dello strumento in base alla tipologia di bisogno.
Fase assistenziale: utilizzo estensivo dello strumento con tutte le cooperative sociali accreditate del territorio.
Gestione: DSM.
Modulo respiro
Obiettivo generale: sostegno alla famiglia, in integrazione con gli altri strumenti dedicati al
sostegno familiare (gruppi AMA per familiari, dimissione ospedaliera protetta, UVMD e utilizzo di reti integrate socio-sanitarie per i casi ad elevata fragilità sociale, moduli week-end e
progetto psicoeducazionale).
Obiettivo specifico: garantire assistenza temporanea a sostegno di famiglie di pazienti con
disturbo mentale.
Contenuto assistenziale: fornire accoglienza e assistenza generale temporanea in struttura
residenziale, sostitutiva alla famiglia.
Destinatari: famiglie in difficoltà per gestione continuativa di persona con disturbo mentale
cronico stabilizzato.
Durata dell’inserimento: variabile, in correlazione alla durata del problema-bisogno del nucleo
familiare, che motiva l’attivazione del modulo.
Modalità di inserimento: tipologia di pronta accoglienza tramite il DSM; tipologia programmata tramite UVMD.
Numero posti: due.
Collocazione: da contrattare con sistema cooperative sociali (avvio per due posti).
Consolidamento e sviluppo uniforme dell’Auto Mutuo Aiuto (AMA)
Obiettivo generale: migliorare la qualità di vita delle persone e promuovere la salute.
Sottoobiettivi: uniformare nel territorio la cultura dell’auto-mutuo aiuto; consolidare il collegamento operativo e l’uso delle risorse con i livelli provinciali.
Azioni: inserimento dei gruppi AMA Thiene nel progetto “La comunità che guarisce”; collegamento con il coordinamento provinciale e regionale gruppi A.M.A.; super visione unitaria dei
gruppi locali Alto Vicentino; attività specifiche dei singoli gr uppi AMA; gemmazione progressiva dei gruppi in relazione alle iniziative dei soci; formare ed aggiornare i facilitatori dei gruppi; per novembre 2004 “Secondo incontro provinciale dell’Auto-Mutuo-Aiuto presso la sala
conferenze R.S.A. S. Michele”.
Sedi: alle sedi attuali (di Schio e Thiene) possono aggiungersi sedi delocalizzate eventuali
(messe a disposizione da Enti Locali) in correlazione a gemmazioni dei gruppi.
Partnership: gruppi AMA, DSM, distretti, associazioni dei familiari, associazione Diakonia,
cooperative sociali, Comuni.
Gestione del progetto: da concordare.
Finanziamento del progetto: condiviso in par tnership.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I ser vizi per la salute mentale
231
Moduli week-end
Obiettivo generale: migliorare la qualità di vita e la partecipazione nella comunità di persone
disagiate.
Sottoobiettivi: stimolare e facilitare la partecipazione ad iniziative ricreative, sportive e culturali durante il fine settimana; favorire forme di auto mutuo aiuto e di scambio sociale; sostenere le famiglie in difficoltà durante il fine settimana; favorire la partecipazione del volontariato.
Destinatari: persone con disagio mentale, non in grado di gestire in autonomia o con supporto della famiglia, il tempo libero durante il fine settimana.
Attività: interne (calcetto, giochi a carte, conversazione, cucina, altre attività cor relate ad abilità dei par tecipanti ed eventuali volontari); esterne (gite brevi, piscina, partecipazione ad
eventi sportivi, teatrali, incontri con altri gruppi, ecc.).
Organizzazione: funzione di coordinamento ed organizzazione dei gruppi ed attività, super visione dei gruppi e collaborazione con i centri salute mentale (uno psicologo); funzione di
sostegno, facilitazione relazionale e guida delle attività (un operatore, animatore o infermiere o O.S.S. esperto, af fiancato da eventuali volontari).
Sede: di una istituzione locale in uso gratuito.
Progetto volontariato
Obiettivo: valorizzare il volontariato nell’ar ea salute mentale
Destinatari: associazioni di volontariato e singoli interessati ad azioni di volontariato
Attività: Fase ricognitiva: completamento della mappatura tramite scheda standard predisposta delle associazioni iscritte alla consulta del volontariato nel territorio di Thiene (attività in
corso tra servizio sociale del comune e del CSM di Thiene con le associazioni); estensione
alle associazioni non iscritte; estensione agli altri comuni del territorio. Fase della costituzione banca dati e relativo monitoraggio/aggiornamento. Fase della messa in rete comunicativa
ed operativa delle attività di volontariato integrabili in area salute mentale. Fase della sensibilizzazione e sostegno del volontariato. Fase della operatività del volontariato (gruppi AMA,
moduli week-end, attività di rete fruibili in condivisione).
Tabella 66 DSM: sintesi dei costi annuali dei progetti
Progetto
Costo
Sviluppo delle attività psicologiche
3.750
Psicoeducazionale
3.750
Musicoterapia di gruppo
6.325
Modulo respiro
29.200
Consolidamento e sviluppo uniforme AMA
57.500
Moduli week-end
23.407
Volontariato
5.000
L’integrazione lavorativa
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa
233
I
l settore dell’integrazione lavorativa ha subito, negli ultimi anni, profonde modificazioni, per
effetto di ampi e radicali processi di riforma delle politiche sociali e del lavoro.
I tratti peculiari che contraddistinguono il nuovo scenario entro il quale si articolano gli interventi a favore delle persone svantaggiate, fanno riferimento alla ridefinizione degli assetti istituzionali, alla devoluzione delle politiche e degli interventi e al passaggio da un sistema
essenzialmente passivo ad una strategia in grado di agire attivamente rispetto ai problemi e
bisogni del territorio.
Oggi, un intervento efficace in quest’ambito richiede una progettazione a più voci da parte
dei diversi gruppi e soggetti sociali e istituzionali coinvolti, chiama in gioco nuove forme di
autorità e nuove collaborazioni a livello decentrato, esige la presenza di competenze tecniche
innovative e qualificate, nelle quali assumono gran peso le capacità di relazione e di progetto.
Per tanto, il grado di operatività ed efficacia del processo d’inserimento lavorativo è strettamente connesso alle caratteristiche delle autonomie locali, alla competenza del personale
che vi opera, agli strumenti disponibili in ciascuna realtà ed in particolare alla presenza di un
sistema integrato d’inter venti e servizi sociosanitari, formativi e per l’impiego, in grado di produrre nuove opportunità ed occasioni d’integrazione.
Il territorio dell’Alto Vicentino ha indubbiamente saputo cogliere gli elementi positivi di questi
cambiamenti e si è così sviluppato un processo ampio, caratterizzato in par ticolare, da:
• un’elevata assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni locali (comuni, U.L.SS. e
Provincia);
• una for te capacità d’integrazione tra i diversi attori coinvolti, che si è tradotta in modalità organizzative ed operative nuove ed originali;
• lo sviluppo di un evoluto sistema di ser vizi alla persona (educativi, formativi, sociali, sanitari, per
l’impiego) orientato a collaborare su obiettivi condivisi;
• l’impor tante funzione della cooperazione sociale d’inserimento lavorativo
• un ruolo attivo del sistema produttivo locale, caratterizzato da un impegno concreto da parte delle
aziende e delle associazioni imprenditoriali e sindacali.
Numerose sono le iniziative di particolare rilievo realizzate, tra cui la positiva esperienza di
applicazione della legge 68/99 sul diritto al lavoro dei disabili, l’avvio di un numero significativo di percorsi lavorativi a favore di persone svantaggiate non disabili, l’istituzione del
Gruppo Guida per l’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate.
Grazie all’appor to di molti attori, la nostra comunità rappresenta oggi un vero e proprio laboratorio di sperimentazione e di ricerca di soluzioni strategiche ed operative per l’integrazione
socio lavorativa dei cittadini più deboli.
L’effetto positivo più rimarchevole si è ottenuto, senza dubbio, sul piano culturale. Infatti, l’integrazione lavorativa ha dimostrato di essere effetto e, nel contempo, causa di una nuova
rappresentazione sociale della persona disabile (da utente da “assistere” a cittadino da
“promuovere”), determinando profondi cambiamenti nelle professioni di aiuto (dall’assistenza alla consulenza di progetto) e favorendo una nuova impostazione del welfare-state, più
rivolto ai bisogni di questi cittadini e sicuramente più economico.
Tutto questo ha consentito di raggiungere risultati importanti in questo settore, che collocano l’Alto Vicentino tra le realtà più significative presenti in Italia.
Il servizio integrazione lavorativa (SIL)
Il SIL è l’unità operativa del distretto socio sanitario con valenza interdistrettuale su tutto il
234
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
territorio dell’Azienda U.L.SS. n.4, che opera per promuovere e sostenere l’inserimento nel
mondo del lavoro di persone svantaggiate (con problemi di disabilità, di salute mentale, di
tossicodipendenza, di alcoolismo, altre persone a rischio di emarginazione sociale).
È composto da un’équipe di operatori specificamente formati ed agisce in raccordo con il
medico curante e gli altri servizi territoriali distrettuali, con il Centro per l’impiego e con le
agenzie educative, formative, sociali e sanitarie del territorio.
Modalità d’intervento
Nell’attività del SIL è rintracciabile un filo conduttore che ne ha guidato nel tempo lo sviluppo dei servizi offer ti. Si tratta dell’adozione di due principi guida cui ricondurre la propria attività: da un lato la centralità della persona, valorizzando con ciò ogni aspetto di diversità e di
autonomia anche quando ciò comporta difficoltà di comprensione e relazione, dall’altro l’individuazione quale scopo del ser vizio la realizzazione di un’effettiva par tecipazione al mondo
del lavoro, considerandola elemento concreto di un più generale processo d’integrazione
sociale.
Ne consegue che la definizione delle linee strategiche, delle soluzioni organizzative, degli strumenti e delle procedure operative avviene riferendosi e misurandosi costantemente con tali
principi, com’è testimoniato dal percorso di ricerca e confronto che ha animato da sempre la
vita del SIL, ma anche dai processi di continuo adattamento delle modalità d’intervento adottate.
All’interno di questo percorso dinamico di definizione del metodo di lavoro, si è sedimentato
nel tempo un nucleo stabile di indirizzi e strumenti operativi che costituiscono il modello di
base dell’attuale attività dei servizio. I punti cardine di tale modello operativo sono sinteticamente riconducibili ai seguenti aspetti:
a) sviluppare i percorsi d’inserimento lavorativo a partire dal progetto di vita di ogni singola persona.
Ciò significa da un lato adottare, quale punto di par tenza della relazione di ser vizio, la storia individuale, dall’altro costruire con il soggetto una prospettiva di evoluzione del suo percorso di vita in cui
la possibilità di un’esperienza lavorativa costituisca un’occasione di crescita della dimensione dell’autonomia. Corollari operativi sono una forte attenzione nella fase iniziale a riconoscere la storia e
le attese dell’utente e a definire un progetto individuale coerente e condiviso;
b) affidare all’esperienza lavorativa il significato di occasione di crescita e realizzazione individuale
ma anche di assunzione di ruolo sociale; ne consegue che ogni percorso d’inserimento deve potersi
realizzare in contesti in cui sia possibile il ruolo di lavoratore, per cui tutte le esperienze, anche quelle di formazione, sono ef fettuate in contesti lavorativi reali e socialmente riconosciuti come tali;
c) valorizzare le risorse che il ter ritorio of fre, sia perché solo così è possibile realmente mettere in
campo una gamma molteplice e mirata di occasioni, ma anche perché soltanto entrando in relazione diretta con i soggetti di un territorio è possibile realizzare forme di partecipazione alla vita sociale e lavorativa;
d) sviluppare i propri inter venti in costante collegamento con le altre agenzie sociali e sanitarie, perché proprio nella pluralità degli attori coinvolti nell’erogazione dei ser vizi è insito il pericolo di frantumare quell’unitarietà di progetto di vita sopra richiamata come necessaria.
Questi elementi di base che definiscono il metodo di intervento dei SIL, sono poi calati all’interno di uno schema operativo le cui fasi fondamentali sono:
• la definizione di un progetto individuale;
• la ricerca di opportunità d’impiego adeguate alle caratteristiche di ogni singolo utente;
• la costruzione di un percorso d’inserimento nel luogo di lavoro che preveda la possibilità di acquisire le competenze necessarie, ma anche di costruire un positivo sistema di relazioni interpersonali
con i colleghi e di adattare compiti e funzioni sulla base dell’esperienza;
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa
235
• il sostegno e l’accompagnamento nelle primi fasi dell’inserimento sul luogo di lavoro e anche nelle
eventuali situazioni di criticità che dovessero manifestarsi successivamente;
• la verifica continua quale strumento di adattamento per la persona, per l’ambiente di lavoro e per
il ser vizio.
Va sottolineato che le fasi sopra indicate non riflettono una rigida sequenza operativa, ma
solo una suddivisione logica di diverse dimensioni d’intervento che sono of ferte e realizzate
all’interno di progetti personalizzati ed unitari. Inoltre, le attività sono realizzate in costante
collaborazione con i servizi socio sanitari, secondo uno schema che prevede “la presa in carico” globale della persona e della famiglia.
Accanto agli interventi orientati più specificatamente alla persona disabile, il SIL ha sviluppato anche un pacchetto di servizi dedicato all’azienda: informazioni, consulenza, accompagnamento e sostegno nella gestione dei progetti d’inserimento lavorativo. Si tratta di una
linea di attività par ticolarmente impor tante in funzione della creazione di occasioni d’impiego
per i propri utenti, ma anche per l’attivazione di risorse relazionali e formative disponibili nel
luogo di lavoro, risorse che costituiscono la chiave principale per il successo dell’inserimento.
Da ultimo, l’attività del SIL prevede un settore d’inter vento volto a sensibilizzare il contesto
sociale alle problematiche dell’inclusione e promovendo una cultura della solidarietà. Con ciò
vi è la consapevolezza di un ruolo istituzionale che impone non solo di dare risposte alle
necessità ma anche di rappresentarle al proprio territorio. In tale prospettiva, si colloca sia il
forte raccordo con la rete dei ser vizi (sociali sanitari, formativi, per l’impiego), sia la promozione di collaborazioni fra soggetti istituzionali, del mondo imprenditoriale e sindacale, della
formazione professionale e della cooperazione sociale, del volontariato e delle associazioni
delle persone con disabilità e dei familiari.
I progetti individuali d’integrazione lavorativa
Anche per l’inserimento al lavoro delle persone svantaggiate valgono le regole oggi dominanti di forte individualizzazione dei processi d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro e di
flessibilizzazione dei rapporti di lavoro. Gli strumenti di supporto devono quindi rispondere a
questa realtà, attraverso la capacità di cogliere ed affrontare le specificità di ciascun lavoratore ma anche di ogni singola impresa e tenendo conto della sempre maggiore precarietà
degli impieghi.
A tal fine il SIL ha messo in campo una pluralità di tipologie progettuali:
• il progetto di orientamento, per aiutare la persona a conoscere le proprie competenze e attitudini
sul piano dell’autonomia e dell’appr endimento, acquisire consapevolezza di sé, agevolare l’acquisi zione di regole di base per un inserimento lavorativo;
• il progetto di formazione in situazione, per promuovere la maturazione complessiva della personalità e l’acquisizione di competenze sociali e di abilità lavorative; inter vento questo centrale nei percorsi d’inserimento lavorativo, poiché la vera sfida per la persona con disabilità non è quella dell’apprendimento di una specifica abilità operativa, ma piuttosto quella di acquisire la competenza a
lavorare, cioè quell’insieme di atteggiamenti, mentalità, capacità professionali e relazionali necessari
a poter effettivamente svolgere un’attività lavorativa in quel par ticolare ambiente sociale che è un’azienda;
• il progetto di mediazione al collocamento, per favorire il raggiungimento e il mantenimento di un
rapporto di lavoro.
Ciascuno di questi progetti prevede almeno una fase di esperienza diretta nel mondo del lavoro e, con modalità e intensità diversa, le seguenti attività da parte degli operatori del SIL: l’abbinamento tra persona e azienda, la preparazione del sistema sociale dell’impresa, l’analisi
236
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
e la scelta delle mansioni, l’eventuale adeguamento del posto di lavoro, l’individuazione delle
modalità d’ingresso dei lavoratori in azienda, il supporto al lavoratore, alla famiglia e all’impresa.
La durata di ogni singolo progetto è flessibile e fissata in base ai bisogni dell’utente, e normalmente comprende anche un periodo di sostegno alla persona e all’azienda successivamente all’instaurarsi del rappor to di lavoro.
Il SIL ha poi avviato una linea d’intervento non strettamente riconducibile all’inserimento lavorativo ma che comunque ha a che fare con il mondo del lavoro. Per dare una risposta ad una
quota significativa di persone disabili per le quali, a causa della loro situazione di gravità, non
è possibile procedere all’assunzione, sono stati avviati pr ogetti individuali d’integrazione
sociale in ambiente lavorativo. Si tratta di percorsi che consentono la permanenza in un contesto lavorativo senza l’obiettivo dell’assunzione. Le persone coinvolte in questo tipo di percorso sono disabili in età lavorativa con compromissione della capacità lavorativa tale da non
permettere un inserimento con sbocco occupazionale, ma in possesso di capacità lavorative
e relazionali che consentono loro di mantenere una discreta autonomia e par tecipazione alla
vita sociale.
Vanno infine segnalate le esperienze di “Soggiorni Lavoro” realizzate dal SIL presso realtà
produttive in grado di of frire a persone con disabilità la possibilità di un’esperienza comunitaria e di lavoro al di fuori dell’ambiente familiare, al fine di favorire l’acquisizione di nuovi elementi di maturità e di autonomia.
Rete dei servizi
Per il raggiungimento degli obiettivi di integrazione lavorativa il SIL collabora con i servizi
socio-sanitari dell’Azienda U.L.SS. n.4 (medico curante, servizio disabilità, servizio di medicina legale, dipartimento di salute mentale, Ser.T, alcologia, spisal, consultori familiari) e con
i servizi sociali e territoriali esterni all’Azienda U.L.SS. n.4 (servizi per l’impiego, ser vizi sociali comunali, scuole, centri di formazione professionale, cooperative sociali). All’interno di questo insieme di relazioni il SIL svolge un ruolo di “cerniera” tra mondo del lavoro e sistema dei
servizi sociosanitari ed educativi, consentendo a questi due mondi assai diversi, di comunicare e connettere positivamente.
Va sottolineato come risulti centrale lo stretto raccordo con il centro per l’impiego di SchioThiene, sviluppatosi sulla base di un protocollo d’intesa tra Azienda U.L.SS. n.4 e Provincia
e finalizzato in particolare ad un’ef ficace applicazione della legge 68/99 sul diritto al lavoro
dei disabili.
Assai significativa è inoltre la collaborazione che si è sviluppata con la cooperazione sociale,
regolata da specifiche convenzioni con il Consorzio Prisma di Vicenza e con le singole cooperative sociali.
Una rete di rapporti così vasta consente di rispondere in modo integrato alla ricca articolazione di bisogni e problemi che normalmente intersecano il processo d’inserimento lavorativo, quali ad esempio le necessità abitative, l’esigenza di cure mediche particolari, le difficoltà relazionali, ecc.
In questa prospettiva, assai impor tante è la partecipazione del SIL alle unità valutative multidimensionali distrettuali, una metodologia d’intervento che consente di valutare la singola
situazione nella sua globalità e con un approccio interdisciplinare, progettando e realizzando
interventi coerenti e fra loro collegati. Quest’ambito operativo comune costituisce quella soluzione tecnico-organizzativa che permette di sostanziare l’esigenza di ricondurre i progetti d’integrazione lavorativa alla storia individuale di ciascuna persona, in modo che diventi parte
integrante del progetto di vita individuale.
237
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa
Sul piano più strettamente operativo l’investimento nell’attività di coordinamento garantisce
poi un ritorno nei termini di migliore utilizzo delle risorse sia sul piano dell’ef ficienza che dell’efficacia.
Accanto al rapporto con i servizi territoriali, va infine evidenziato l’impegno nella gestione del
Coordinamento regionale dei Ser vizi integrazione lavorativa delle Aziende U.L.SS. venete, che
la Regione Veneto, nel 2003, ha posto in capo al SIL dell’Azienda U.L.SS. n.4. D’intesa con
la regione, è stata definita la struttura e l’assetto organizzativo del coordinamento regionale
e sono stati attivati specifici gruppi di lavoro. Per tale attività, che ha uno specifico finanziamento, il SIL si avvale di consulenze interne ed esterne all’U.L.SS.
Costi
Il costo complessivo per la gestione dei percorsi d’inserimento lavorativo attivati dal SIL nel
2003 è stato di 425.000 euro. Tale importo non è comprensivo dei costi generali del servizio e del personale.
La gestione degli interventi è in parte affidata a soggetti del privato sociale, il costo complessivo delle convenzioni è stato di 203.000 euro pari al 47,8% del costo complessivo.
Utenti del ser vizio e dati statistici attività triennio 2001-2003
Tabella 67 SIL. Utenti nel triennio 2001-2003. Distribuzione per genere
Totale utenti (n°) e % sul totale (%)
2001
2002
2003
n°
%
n°
%
n°
%
Donne
169
44,9
162
38,8
189
38,9
Uomini
207
55,1
255
61,2
297
61,1
Totale
376
100,0
417
100,0
486
100,0
Tabella 68 SIL. Utenti nel triennio 2001-2003. Distribuzione per tipologia di disabilità
Totale utenti (n°) e % sul totale (%)
2001
2002
2003
n°
%
n°
%
n°
%
277
73,7
284
68,1
321
66,0
Soggetti in trattamento psichiatrico
59
15,7
95
22,8
116
23,9
Tossicodipendenti
26
6,9
20
4,8
24
4,9
Alcolisti
11
2,9
10
2,4
15
3,1
Minori in situazione di disagio
0
0,0
0
0,0
1
0,2
Altro
3
0,8
8
1,9
9
1,9
Disabili
Tabella 69 SIL. Invalidi civili in carico nel triennio 2001-2003. Distribuzione per grado d’invalidità
Totale utenti (n°) e % sul totale (%)
2001
2002
2003
n°
%
n°
%
n°
%
46% - 49%
15
7,0
20
8,3
29
10,3
50% - 66%
36
16,7
45
18,6
60
21,3
67% - 79%
77
35,8
83
34,3
86
30,5
80% - 99%
37
17,2
37
15,3
41
14,5
100%
50
23,3
57
23,5
66
23,4
Totale
215
100,0
242
100,0
282
100,0
238
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Tabella 70 SIL. Utenti in tirocinio e tirocini (2001-2003). Distribuzione per tipologia di azienda
Totale utenti (n°), numero di tirocini (T) e % sul totale (%)
2001
2002
2003
n°
T
%
n°
T
%
n°
T
%
2
2
1,7
1
1
0,8
1
1
0,7
Industria
38
40
33,3
37
39
31,5
26
28
19,7
Artigianato
18
18
15,0
13
16
12,9
17
18
12,7
Commercio
5
6
5,0
3
3
2,4
3
3
2,1
38
41
34,1
51
51
41,1
62
70
49,3
Agricoltura
Coop. B
Altro
Ente pubblico
Totale
2
2
1,7
1
1
0,8
5
5
3,5
11
11
9,2
13
13
10,5
17
17
12,0
114
120
100,0
119
124
100,0
131
142
100,0
Tabella 71 SIL. Tirocini realizzati (2001-2003). Distribuzione percentuale per tipologia di progetto
Totale utenti (n°) e % sul totale (%)
2001
Tipologia progetto
2002
2003
n°
%
n°
%
n°
%
8
6,7
10
8,1
8
5,6
Formazione
75
62,5
77
62,1
104
73,3
Assunzione
37
30,8
37
29,8
30
21,1
120
100
124
100
142
100
Orientamento
Totale
Tabella 72 SIL. Utenti in progetti d’integrazione sociale in ambiente di lavoro. Anni 2001-2003
Totale utenti (n°) e % sul totale (%)
2001
Settore produttivo
Agricoltura
Industria
Artigianato
Commercio
Cooperative sociali di tipo B
Altro
2002
2003
n°
%
n°
%
n°
%
2
2,7
2
2,6
2
2,3
5
6,8
5
6,4
4
4,6
16
21,9
16
20,5
17
19,3
1
1,4
1
1,3
1
1,1
31
42,5
31
39,7
37
42,0
5
6,9
6
7,7
7
8,0
Ente Pubblico
13
17,8
17
21,8
20
22,7
Totale
73
100,0
78
100,0
88
100,0
Tabella 74 SIL. Aziende che hanno fatto inserimenti in collaborazione con i SIL. Anni 2001-2003
Tirocini
Settore
Integrazione sociale
Assunzioni
2001
2002
2003
2001
2002
2003
2001
2002
2
1
1
2
2
2
1
1
1
Industria
35
33
26
4
4
4
42
49
58
Artigianato
16
14
16
14
14
17
5
5
5
Commercio
5
3
2
1
1
1
2
5
4
Coop. soc. tipo B
9
8
12
9
7
10
7
7
7
Altro
2
1
5
5
6
8
0
0
1
Ente pubblico
9
11
12
9
12
13
8
6
9
78
71
74
44
46
55
65
73
85
Agricoltura
Totale
2003
239
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa
Tabella 75 SIL. Utenti inseriti in cooperative sociali di tipo B. Anni 2001-2003
Progetti realizzati
Cooperativa sociale
Utenti assunti
2001
2002
2003
2001
2002
Alea
13
7
6
1
1
-
Gaia
-
2
9
-
2
2
Il Gabbiano
2003
11
15
12
6
7
2
Il Giglio
2
-
-
-
-
-
Il Ponte
22
30
30
-
1
-
Insieme
-
-
1
-
-
-
La Locomotiva (A)
2
1
-
-
-
-
L’Orsa Maggiore
2
5
10
-
-
-
Mano Amica
8
9
9
-
-
-
-
-
1
-
-
-
7
3
6
1
-
-
Primavera Nuova
10
8
8
1
1
4
San Gaetano-Thiene
12
11
13
1
-
-
Verlata Lavoro
15
20
16
-
-
-
-
-
1
-
-
-
104
111
122
10
12
8
Nuova Vita
Nuovi Orizzonti
Working in Libra
Totale
Il centro per l’impiego di Schio-Thiene
La scelta operata dalla Provincia di assegnare al centro per l’impiego un’elevata autonomia,
ha favorito in questi anni l’avvio di un servizio qualificato e integrato nel territorio. Il centro
per l’impiego di Schio-Thiene rappresenta un qualificato punto di riferimento per i giovani in
cerca di una prima occupazione, coloro che hanno perso un lavoro, donne che intendano rientrare nel mondo del lavoro dopo un periodo di inattività, occupati che vogliano cambiare lavoro, aziende e i datori di lavoro interessati alla ricerca e preselezione di personale. I servizi
offerti sono strutturati in tre aree (accoglienza, consulenza accompagnamento al lavoro,
gestione banche dati e attività amministrativa) e comprendono attività di informazione, orientamento, promozione di tirocini, l’inserimento mirato al lavoro dei soggetti in dif ficoltà sociale e/o individuale, l’orientamento e la consulenza agli occupati che vogliano cambiare lavoro.
Tra le azioni che qualificano il centro per l’impiego vi è indubbiamente il for te impegno dedicato all’applicazione della legge 68/99 sul diritto al lavoro dei disabili, in collaborazione con
il SIL.
La cooperazione sociale d’inserimento lavorativo
Le cooperative sociali d’inserimento lavorativo rappresentano un settore di gran rilievo nei
processi d’integrazione lavorativa, collocandosi in modo duttile su più livelli d’intervento.
Infatti, esse possono rappresentare sia il punto di arrivo di un progetto d’inserimento professionale, sia un ambito di formazione lavorativa e di ponte verso altre aziende.
Nell’Alto Vicentino sono oggi presenti 11 cooperative sociali di tipo B, delle quali due sono
state costituite nell’ultimo triennio.
Il Consorzio Provinciale Prisma, che rappresenta un’importante realtà che raggruppa oltre 50
cooperative sociali del vicentino, ha un’Agenzia Inserimento Lavorativo che opera in convenzione con l’U.L.SS. n.4 e collabora con il SIL per realizzare progetti orientamento e di for ma-
240
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
zione nelle cooperative sociali aderenti allo stesso consorzio.
Nel triennio 2001-2003 va registrato un’importante crescita del numero di utenti inseriti dal
SIL nelle cooperative sociali (104 nel 2001, 111 nel 2002, 122 nel 2003), l’ampliamento
della convenzione tra l’Azienda U.L.SS. n.4 e il Consorzio Prisma, con un conseguente aumento del numero di persone svantaggiate che il SIL ha af fidato all’Agenzia Prisma (26 nel 2001,
44 nel 2002, 51 nel 2003) e la stipula di convenzioni con quattro cooperative sociali, alle
quali è riconosciuto un sostegno economico per l’azione di tutoraggio svolta a favore di persone con disabilità inserite in percorsi d’integrazione sociale.
Si tratta di un contributo importante, anche tenendo conto che nelle cooperative sociali sono
impiegati molti lavoratori svantaggiati che, presentando maggiori dif ficoltà d’inserimento lavorativo, solo all’interno di un ambiente particolarmente “accogliente”, quale quello da loro
offerto, riescono a trovare condizioni relazionali e lavorative adeguate alle proprie difficoltà.
Tabella 76 Cooperative sociali B presenti nel territorio al 31/12/2003
Cooperativa
Comune
Gaia Coop. Soc. a r.l.
Schio
Il Gabbiano Coop. Soc. a r.l.
Schio
Socche alla Croce Coop. Soc. a r.l.
Schio
Primavera Nuova Coop. Soc. a r.l.
Schio
Alea Coop. Soc. a r.l.
Schio
Il Ponte Coop. Soc. a r.l.
Schio
L’Orsa Maggiore Coop. Soc. a r.l.
Malo
Verlata Lavoro Coop. Soc. a r.l.
Villaverla
Nuovi Orizzonti Coop. Soc. a r.l.
Santorso
Mano Amica Cif Coop. Soc. a r.l.
Schio
San Gaetano Thiene Coop. Soc. a r.l.
Thiene
La formazione professionale
Nel territorio dell’Alto Vicentino sono presenti numerose agenzie formative, e tra queste, vi
sono due centri di formazione professionale che da molti anni hanno sviluppato una specifica esperienza nella realizzazione di percorsi educativo-formativi finalizzati all’integrazione
lavorativa e rivolti a persone con disabilità: il CNOS Salesiani di Schio e il A. Rossi vedova
Saugo di Thiene.
Gli interventi sono attuati mediante percorsi didattici, addestramento lavorativo in laboratori,
stage lavorativi presso le aziende locali.
Le attività proposte hanno l’obiettivo di favorire la maturazione personale e di offrire una
prima formazione al lavoro, af finché gli allievi possano affrontare con maggiori probabilità di
successo, l’inserimento lavorativo e il loro cammino di integrazione sociale.
Questi centri hanno vissuto in questi anni un periodo di incertezza legata alla faticosa riforma della scuola e, inoltre, risentono della rigidità degli indirizzi normativi regionali cui sono
legati, che rende difficoltosa una pratica di for te personalizzazione degli interventi richiesta
oggi dalle persone svantaggiate e dalle aziende. Essi rappresentano comunque una preziosa
risorsa che va maggiormente valorizzata ed integrata nel sistema locale dei servizi.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa
241
Tabella 77 Allievi CFP per disabili del territorio. Anno scolastico 2003-2004
Centro di Formazione Professionale
Numero allievi
Sede
A. Rossi vedova Saugo
32
Thiene
CNOS Salesiani
21
Schio
Totale
53
La gestione della legge n.68/99
Tra il SIL e il centro per l’impiego di Schio-Thiene si è sviluppata un’intensa e proficua collaborazione, che si fonda sulla programmazione e gestione unitaria degli inter venti e delle azioni per l’inserimento lavorativo dei disabili. Elementi forti di tale rapporto sono rappresentati
da:
• la presa in carico congiunta di tutti i disabili iscritti alle liste della legge 68/99;
• le azioni promozionali (coinvolgimento e ricerca di adesioni dei datori di lavoro);
• la stipula congiunta di tutte le convenzioni ex legge 68/99;
• un’intensa attività dell’ar ticolazione locale del comitato tecnico, con incontri frequenti e con l’attenzione rivolta anche alle altre fasce di lavoratori svantaggiati;
• il lavoro di rete con gli altri ser vizi territoriali.
L’inserimento lavorativo realizzato in forma decentrata e fortemente integrata ha favorito:
• lo sviluppo di una metodologia d’inter vento che si fonda sulla centralità della persona, sull’unitarietà degli inter venti, sul lavoro di rete, sulla valorizzazione del territorio e della comunità locale;
• la condivisione di linguaggi, metodi e strumenti, facilitata dalla realizzazione di specifici percorsi
formativi;
• il superamento di approcci settoriali o esclusivi e la parziale eliminazione del rischio di sovrapposizione degli interventi;
• la facilitazione nell’accesso ai ser vizi da parte dei disabili e delle imprese;
• il miglioramento della qualità dell’offerta formativa ed occupazionale;
• la promozione di un utilizzo complementare e più ef ficiente delle risorse disponibili.
Tabella 85 Legge 68/99. Disabili iscritti al 31/12/anno
Anno
Uomini
Donne
Totale
2001
162
150
312
2002
201
170
371
2003
202
171
373
Tabella 86 Legge 68/99. Aziende soggette all’obbligo al 31/12/anno
Anno
Aziende
Posti scoperti
2001
575
1.298
2002
586
1.310
Tabella 79 Legge 68/99. Inserimenti lavorativi Centro per l’impiego Schio-Thiene. Anni 2001-2003
Tipo di inserimento
2001
2002
2003
Collocamento ordinario
66
102
143
Collocamento mirato
57
43
48
Convenzione
59
41
34
242
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Tabella 80 Legge 68/99. Agevolazioni Centro per l’impiego Schio-Thiene
2001
2002
2003
947.000
1.001.908
890.682
Fondo naz.nale assegnato
Prov. Vicenza
Convenzioni ammesse
Alto Vicentino
44
188
15
Importo agevolazioni utilizzate
Alto Vicentino
224.374
185.375
144.582
L’inserimento lavorativo dei tossicodipendenti e alcolisti
L’attività lavorativa, se inserita in un sistema di intervento dotato di molteplicità di risorse e
strategie tra loro collegate e coordinate, rappresenta un importante str umento nell’affrontare il fenomeno della dipendenza. Nell’Alto Vicentino questo tema è stato affrontato nell’ambito di un approccio più generale al tema del lavoro per le fasce svantaggiate, ricercando,
attraverso una politica delle intese, la collaborazione delle forze imprenditoriali e sindacali e
degli enti e delle associazioni interessati.
A partire da questi presupposti, il SIL e il dipar timento dipendenze (Ser.T e alcologia) hanno
affrontato la questione mettendo a disposizione le rispettive esperienze e competenze, in
un’ottica di coor dinamento e utilizzo integrato delle risorse. Nel triennio 2000-2002, nell’ambito delle iniziative finanziate con fondo regionale per lotta alla droga, è stato realizzato
il progetto “Promozione di oppor tunità occupazionali per persone tossicodipendenti in particolare situazione di emarginazione sociale”.
Sono state ef fettuate 37 azioni di orientamento e scelta del percorso a favore di altrettante
persone tossicodipendenti e sono stati realizzati 12 progetti individuali di integrazione lavorativa tramite convenzioni due cooperative sociali. L’esperienza ha rappresentato la base per
la successiva programmazione triennale che ha visto l’avvio, nel 2003, del progetto Pass
Work, finalizzato a favorire l’orientamento e l’inserimento lavorativo di persone con problemi
di dipendenza da sostanze e da alcool e finanziato dal Fondo regionale per lotta alla droga.
Con esso è stata ampliata la gamma degli strumenti e delle opportunità messi a disposizione di questa tipologia di svantaggio. Un aspetto innovativo che caratterizza il progetto è l’assegnazione a ciascun lavoratore di un budget individuale, gestito dal SIL, che rappresenta una
sorta di “dote” che accompagna la persona nel suo percorso lavorativo.
Va evidenziato il ruolo significativo svolto in quest’ambito dalla cooperazione sociale d’inserimento lavorativo.
L’integrazione lavorativa di persone con problemi di disagio mentale
Il lavoro per le persone con malattia mentale non è soltanto un fondamentale strumento di
integrazione, ma rappresenta anche un’importante opportunità di riabilitazione. Infatti, la
possibilità che il lavoro offre di impersonare dei ruoli può aiutare chi ha perduto la propria
identità a ritrovarne una. Questo cambiamento di ruolo sociale, cioè il passaggio da assistito ed emarginato a componente di una comunità, compor ta però la necessità di associare al
processo di inserimento lavorativo dei processi coerenti di cura, riabilitazione, contenimento
degli aspetti patologici o disturbanti la relazione. Nell’Alto Vicentino il SIL e il dipar timento di
salute mentale, sulla base di alcuni presupposti condivisi (la non discriminazione delle persone che soffrono di malattie mentali rispetto alle oppor tunità del territorio, la necessità di
ricercare metodologie comuni atte ad integrare le conoscenze di due ser vizi così diversi per
finalità e cultura), collaborano nella realizzazione di percorsi d’integrazione lavorativa.
Una funzione importante è svolta dalla cooperazione sociale quale luogo privilegiato di osser-
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa
243
vazione, orientamento, formazione in situazione ed avvio di percorsi d’inserimento lavorativo.
I cambiamenti istituzionali e normativi che hanno interessato le politiche sociali e del lavoro
negli ultimi anni hanno influito significativamente sui percorsi d’integrazione lavorativa di persone con problemi di salute mentale. In par ticolare, l’applicazione della legge 68/99, che
interessa un numero rilevante di persone con disagio psichiatrico, ha prodotto importanti
innovazioni nelle strategie e nelle modalità operative. Anzitutto, con la nuova legge il centro
per l’impiego è divenuto un punto di riferimento importante nella progettazione e realizzazione di percorsi d’integrazione, integrando la propria azione con quella già svolta dal SIL, dai
servizi per la salute mentale e dalle cooperative sociali.
Nel nuovo contesto, sono gradualmente caduti i vincoli specifici legati alla malattia mentale
(es. essere segnalato o in carico ai servizi della psichiatria), con il risultato di un grosso
passo in avanti nella lotta alla discriminazione, ma con il relativo aumento di responsabilità
e di strumenti ef ficaci di valutazione delle capacità relazionali e lavorative da parte dei servizi per l’inserimento lavorativo (centro per l’impiego e SIL).
Si sono quindi modificate le modalità di accesso al lavoro delle persone con problemi di salute mentale. La richiesta da parte della persona di essere avviata a percorsi d’inserimento
lavorativo non è più mediata soltanto dai servizi per la salute mentale, ma anche da una serie
articolata di soggetti (altri ser vizi, aziende, centro per l’impiego) ed in particolare è effettuata direttamente dal lavoratore.
È così aumentata la necessità per i servizi di lavorare in rete (SIL, dipartimento di salute mentale, agenzie formative, ser vizi sociali, cooperative) e l’UVMD è sempre più la metodologia
fondamentale per integrarsi, interagire, scambiare conoscenze, costruire progetti e definire
percorsi coordinati, in par ticolare nei casi complessi.
Tutto ciò ha favorito lo sviluppo di nuove forme di collaborazione tra dipartimento di salute
mentale e SIL, anche per chi non è già sostenuto dai servizi della psichiatria e per coloro che
presentano una malattia mentale associata ad altro tipo di malattia o di deficit intellettivo o
sensoriale.
Va infine rilevato che la nuova normativa riguardante il mercato del lavoro ha introdotto numerosi elementi di flessibilità e specifici strumenti di sostegno alle persone svantaggiate, offrendo la possibilità di rispondere in modo più mirato e personalizzato ai bisogni delle persone
con disagio mentale.
Negli ultimi anni, anche per effetto della legge 68/99, vi è stato un aumento rilevante delle
persone con disagio mentale inserite al lavoro (con riferimento all’attività del SIL: 59 nel
2001 a 95 nel 2002, 116 nel 2003).
La realizzazione di progetti finanziati dall’Unione Europea
L’U.L.SS. n.4 è uno dei soggetti promotori del progetto Equal “Mer curio – Sistema in rete di
servizi di promozione professionale e occupazionale”, che usufruisce di un finanziamento
comunitario (U.E.). Il progetto si realizza nelle province di Vicenza e Verona e coinvolge 28
par tner pubblici e privati. È stato stipulato un accordo di cooperazione tra i soggetti promotori e il SIL partecipa alla realizzazione del progetto, che prevede un’attività di ricerca, una
fase di formazione degli operatori coinvolti, l’individuazione di un modello di sistema di servizi per l’inserimento lavorativo e la conseguente sperimentazione di percorsi personalizzati
di orientamento, formazione e inserimento lavorativo. Il progetto si concluderà entro il 2005.
Il coinvolgimento attivo delle forze sociali, economiche ed istituzionali
L’integrazione lavorativa esige lo sviluppo di ampie forme di coordinamento e di intese tra i
diversi soggetti collettivi coinvolti. Per questo, nel 2002 è stato istituito il Gruppo Guida per
l’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate che assicura l’adesione e il coordina-
244
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
mento degli attori coinvolti nell’attuazione degli interventi, crea disponibilità e rimuove eventuali ostacoli che si frappongono al processo d’integrazione lavorativa. Compongono il Gruppo
Guida rappresentanti di: comuni, Azienda U.L.SS. n.4, Provincia, associazioni imprenditoriali,
organizzazioni sindacali, cooperative sociali, centri di formazione professionale, volontariato.
Prospettive future
Il forte impegno delle istituzioni, dei servizi e di tutta la comunità dell’Alto Vicentino ha consentito in questi anni il raggiungimento di risultati assai significativi.
Permangono tuttavia questioni assai rilevanti da affrontare e da governare, che richiedono
una gestione in forma integrata tra le diverse istituzioni e i ser vizi coinvolti.
In par ticolare vanno segnalati:
• l’aumento delle aspettative da par te dei disabili;
• l’ampliamento delle attese di sostegno nell’accesso al mercato del lavoro da par te di nuove fasce
di lavoratori a rischio di esclusione sociale;
• l’incremento delle richieste di aiuto ai servizi da par te di datori di lavoro in dif ficoltà nel gestire
situazioni problematiche e complesse;
• la carenza di risorse (in par ticolare personale, ma anche economiche) in relazione agli obiettivi da
raggiungere e alle attività da svolgere.
Inoltre, va segnalato il momento difficile che sta attraversando il mercato del lavoro locale,
con il risultato di una minore capacità/disponibilità ad accogliere lavoratori svantaggiati.
Per il prossimo futuro, al fine di rispondere in modo sempre più mirato e puntuale alle esigenze espresse dai cittadini svantaggiati e dalle aziende, occorre proseguire con decisione
sulla strada intrapresa, sviluppando le seguenti strategie ed azioni:
a) dedicare una rinnovata attenzione al settore dell’integrazione lavorativa;
b) sviluppare il sistema territoriale dei ser vizi per l’inserimento lavorativo;
c) rafforzare la collaborazione tra il SIL e il centro per l’impiego;
d) migliorare la gestione della legge 68/99;
e) offrire ai lavoratori e alle aziende servizi per tutte le forme di svantaggio;
f) valorizzare la cooperazione sociale d’inserimento lavorativo;
g) sviluppare il sistema della formazione professionale;
h) incrementare gli interventi per persone con problemi di salute mentale;
i) potenziare i percorsi d’inserimento lavorativo dei tossicodipendenti e alcolisti;
l) consolidare i percorsi d’integrazione sociale in ambiente lavorativo;
m) realizzare una forte azione promozionale;
n) favorire la formazione degli operatori;
o) reperire nuove risorse per l’integrazione lavorativa;
(a) Dedicare una rinnovata attenzione al settore dell’integrazione lavorativa
Tutti gli attori coinvolti sono chiamati a prestare una forte attenzione al tema dell’integrazione lavorativa, riconoscendo e valorizzando i ser vizi per l’inserimento lavorativo di persone con
disabilità e sostenendo la capacità di collegare tra loro le politiche e gli strumenti in un’azione di sistema. Ciò potrà essere favorito da un forte raccordo a livello locale tra le politiche
del lavoro e della formazione e quelle sociali e sanitarie, superando incoerenze, sovrapposizioni e contrasti tuttora presenti nei testi normativi che disciplinano i diversi aspetti della
materia. In tal modo, inoltre, si potranno ricondurre a maggiore unitarietà le molteplici fonti
di finanziamento attualmente disponibili, promovendone un utilizzo complementare e più effi-
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa
245
ciente.
(b) Sviluppare il sistema territoriale dei servizi per l’inserimento lavorativo
L’aspetto fondamentale che contraddistingue e qualifica il processo d’integrazione lavorativa
nell’Alto Vicentino è il lavoro di rete tra i diversi attori coinvolti. Ciò ha favorito lo sviluppo di
un sistema territoriale di servizi che, superando un appiattimento ad una logica di rigida suddivisione del lavoro in base alle competenze assegnate dalla normativa, agiscono con un’ottica di collaborazione e reciprocità, riconoscendo e valorizzando i diversi punti di vista degli
attori nel perseguimento congiunto di comuni obiettivi. Nel prossimo triennio si dovrà potenziare tale sistema integrato, creando così maggiori possibilità di lavoro per chi si trova in una
condizione di difficoltà o di disabilità.
Per quanto riguarda l’accesso ai percorsi d’inserimento lavorativo, i servizi completeranno il
superamento di una visione burocratica di definizione della propria utenza, per adottare uno
schema dinamico per cui è il sistema che, sulla base delle esigenze che nascono dalla sua
operatività, definirà concretamente quale sarà l’utenza. È ovvio che ciò dovrà avvenire secondo un’ottica dialettica in cui il tema delle risorse necessarie per garantire gli interventi richiesti non è questione secondaria.
Fondamentale sarà poi perseguire l’integrazione tra gli interventi per l’inserimento lavorativo
e l’insieme delle azioni messe in atto dai servizi educativi, sociali e sanitari, al fine di ricomprendere i percorsi d’integrazione lavorativa all’interno del progetto di vita della persona.
In questa prospettiva, si dedicherà una particolare attenzione alla valorizzazione dell’appor to
offerto dal mondo della scuola (formazione, orientamento, costruzione dell’identità dei giovani, prevenzione dei disagi e recupero degli svantaggi), sostenendone l’apertura al territorio
ed attivando percorsi di alternanza scuola-lavoro.
Un impegno comune importante, che rappresenta una condizione per sviluppare un proficuo
rapporto tra i servizi, sarà quello di mettere a punto una metodologia rigorosa e qualificata,
condivisa fra tutti gli operatori impegnati in quest’ambito d’intervento.
L’inserimento lavorativo, realizzato in forma fortemente integrata tra le diverse istituzioni e i
servizi coinvolti, si è rivelato un impor tante fattore d’innovazione che potrà por tare all’individuazione di inedite forme gestionali ed organizzative tra gli attori interessati, ad esempio tra
Provincia, Azienda U.L.SS. e comuni, come suggerito dal decreto legislativo 276/03 applicativo della legge 30/03 di riforma del mercato del lavoro. Fondamentale sarà poi rafforzare il
coinvolgimento delle parti sociali e di tutti i soggetti coinvolti. A tale scopo si prevede di riqualificare il ruolo e l’azione del Gruppo Guida per l’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate.
Si evidenzia, infine, che la gestione dell’inserimento lavorativo e delle relazioni connesse
hanno assunto una dimensione provinciale, rendendo oramai inadeguata un’azione indipendente svolta negli ambiti territoriali delle singole aziende U.L.SS.
La complessità e la specificità del settore dell’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate, nonché le più recenti indicazioni normative, richiamano con forza l’esigenza di razionalizzare ed integrare il sistema dei servizi e degli inter venti, al fine di creare maggiori possibilità di lavoro per chi si trova in una condizione di difficoltà o di disabilità. Per questo si perseguirà il confronto e la collaborazione tra i servizi in ambito provinciale. In tale prospettiva
si collocherà anche la realizzazione nel triennio 2005-2007 del progetto RE-INTEGRA, un’iniziativa finanziata dal Fondo Sociale Europeo (misura EQUAL) che vede la par tecipazione di
numerosi partner della Provincia di Vicenza tra cui anche l’Azienda U.L.SS. n.4.
246
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
(c) Rafforzare la collaborazione tra il SIL e il Centro per l’impiego
L’integrazione tra le politiche formative e del lavoro e quelle sociali e sanitarie rappresenta la
nuova frontiera dello stato sociale. Per questo, il SIL e il centro per l’impiego stanno sperimentando una modalità operativa fondata su una forte integrazione strategica ed operativa,
promovendo e sostenendo congiuntamente l’inserimento lavorativo dei cittadini svantaggiati
del territorio.
Sulla scor ta di tale proficua collaborazione, la Provincia di Vicenza e l’Azienda U.L.SS. n.4 attiveranno sperimentalmente uno specifico servizio al fine di assicurare le funzioni ed i compiti relativi all’inserimento e all’integrazione lavorativa di cittadini in condizione di particolare
svantaggio sociale così come definiti dall’art.1 comma 1 della Legge 68/99, dall’ar t.4
comma 2 della Legge n.381/91 e dalla DGRV n.3350/2001.
Tale ser vizio sarà avviato mettendo in comune risorse umane, strumentali e finanziarie della
Provincia e dell’Azienda U.L.SS., si collocherà all’interno del sistema dei ser vizi per l’impiego ed assumerà il nome di Servizio Integrazione Lavorativa – Area Svantaggio.
(d) Migliorare la gestione della legge 68/99
Per rispondere alle esigenze d’inclusione lavorativa delle persone disabili si perseguirà una
gestione efficace ed efficiente della legge 68/99, valorizzando ulteriormente il ruolo del
comiutato tecnico a livello locale.
Nei confronti dei lavoratori disoccupati, si completerà il monitoraggio delle disponibilità di tutti
gli iscritti alle liste della legge 68/99, proseguiranno le azioni di orientamento per giovani disabili o svantaggiati in obbligo formativo, anche attivando percorsi di alternanza scuola-lavoro
e si potenzieranno ulteriormente i percorsi formativi, collaborando sia con i centri di formazione professionale, sia con la cooperazione sociale. Nei confronti delle aziende, saranno
monitorate le situazioni di crisi aziendale al fine di meglio adeguare gli inter venti di politica
attiva (promozioni, inserimenti, tirocini, ecc.) e sarà potenziata l’attività di rilevazione dei fabbisogni professionali, al fine di individuare ruoli e mansioni compatibili con l’offer ta di lavoro. Si cercherà poi di incrementare il livello di collaborazione dei datori di lavoro, dedicando
una particolare attenzione alle imprese con più di 50 dipendenti, in particolare procedendo
alla stipula di convenzioni di programma. È inoltre oggetto di studio la predisposizione di iniziative di coinvolgimento attivo delle imprese nei percorsi d’integrazione lavorativa (es. corso
di formazione per referenti sociali delle aziende).
(e) Offrire ai lavoratori e alle aziende servizi per tutte le forme di svantaggio
Nell’ultimo periodo sta emergendo il disagio lavorativo di cittadini svantaggiati privi dell’accertamento delle condizioni di disabilità o comunque non “certificati” o non appartenenti alle
tipologie tradizionalmente in carico all’U.L.SS. I servizi ter ritoriali (cooperative sociali, SIL,
centro per l’impiego, ser vizi sociali comunali, centri di formazione professionale) sono già
impegnati in quest’ambito d’intervento, ma appare evidente l’esigenza di raf forzare l’impegno con modalità for temente integrate, offrendo adeguati supporti e idonei processi di riqualificazione.
Per tanto, nel prossimo triennio si perseguirà l’obiettivo di pervenire ad un sistema integrato
d’intervento per tutti i lavoratori in condizione di svantaggio, fondato sulla progettazione e realizzazione condivisa delle azioni tra tutti i servizi. In par ticolare, mutuando l’esperienza positiva del comitato tecnico previsto dalla legge 68/99, si sperimenterà l’estensione del modello d’inter vento adottato per le persone con disabilità agli altri lavoratori a rischio di esclusione sociale.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa
247
Un importante contributo in tale direzione è rappresentato dalla sperimentazione in atto nell’ambito del progetto Equal Mercurio, che si concluderà entro il 2005. Essa consiste nell’attivazione congiunta da parte dei soggetti coinvolti (centro per l’impiego, SIL, CFP, cooperazione sociale), di percorsi di osser vazione, formazione e inserimento lavorativo destinati a
persone in situazione di svantaggio, con attenzione prioritaria a quelle prive dell’accertamento delle condizioni di disabilità e segnalate dai servizi ter ritoriali. L’impegno nei confronti di questi lavoratori è stato sancito mediante una specifica intesa.
Assai significativo, in quanto collega concretamente le politiche assistenziali con le politiche
attive del lavoro, è il protocollo d’intesa, stipulato nel mese di novembre 2004, tra la provincia di Vicenza, l’Azienda U.L.SS. n.4 e il Comune di schio per la realizzazione di tirocini a favore di persone svantaggiate assistite economicamente dal comune. Tale accordo prevede che
le borse lavoro ai tirocinanti siano erogate dal Comune di Schio a titolo di assistenza economica finalizzata.
Nel 2005 è poi previsto l’avvio del progetto IRIDE – Inter vento Ricerca Inclusione Donne
Emarginate. Un’iniziativa promossa dal consigliere di parità della Provincia di Vicenza e che
sarà realizzata dal SIL in collaborazione con la rete dei ser vizi territoriali che si occupano della
condizione femminile e di inserimento lavorativo. Sarà effettuata un’indagine su alcuni aspetti della realtà del disagio psicosociale femminile sommerso presente nell’Alto Vicentino e
saranno attivate azioni formative e di sostegno all’inserimento lavorativo di un gruppo target
di 15 donne, con l’obiettivo di innescare processi di empowerment.
(f) Valorizzare la cooperazione sociale d’inserimento lavorativo
Appare necessario valorizzare l’impor tante ruolo svolto nel settore dell’integrazione lavorativa dalle cooperative sociali B, che stanno attraversando un momento di difficoltà, legato in
particolare alle condizioni problematiche del mercato del lavoro e alle evoluzioni del processo di decentramento produttivo attuato dalle imprese. Per tanto, si agirà in particolare in due
direzioni. Anzitutto, si cercherà di cogliere l’oppor tunità of ferta dalle disposizioni previste
all’articolo 14 decreto 276/03, che aprono uno spazio per un ruolo maggiormente significativo della cooperazione sociale e, soprattutto, possono costituire uno strumento per il consolidamento del ruolo già ora esercitato dalla cooperazione sociale e per un suo ulteriore sviluppo e miglioramento. Inoltre, si perseguirà un più ampio utilizzo delle commesse pubbliche
affidate alle cooperative sociali.
(g) Sviluppare il sistema della formazione professionale
Il contributo offer to dalla formazione professionale è significativo, ma essa non può sviluppare appieno le proprie potenzialità, in quanto si deve confrontare con un modello d’inclusione lavorativa per buona parte ancorato allo sviluppo di percorsi speciali e con un’eccessiva focalizzazione della dimensione corsuale degli interventi.
Sarà perseguita una maggiore integrazione dei percorsi formativi scolastici con i percorsi di
integrazione lavorativa (SIL, Centro per l’impiego, cooperative sociali). In particolare, saranno
realizzati percorsi di osservazione in ambiente di lavoro destinati a persone in formazione
scolastica, consentendo sia una “presa in carico” da par te di tutti i servizi della rete prima
della conclusione del percorso scolastico, sia la possibilità di delineare meglio i profili di queste persone in vista di un successivo orientamento rispetto alle opportunità offer te dal territorio. Ciò favorirà una maggiore ottimizzazione dei percorsi, in maniera da giungere precocemente ad una valutazione condivisa dei casi e ad una progettazione che faciliti i vari passaggi.
Lo sviluppo di un maggior raccordo tra la formazione professionale e i servizi per l’inserimento
248
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
lavorativo sarà sostenuto da una specifica intesa.
(h) Incrementare gli interventi per persone con problemi di salute mentale
L’inserimento lavorativo delle persone con problemi di salute mentale è un ambito d’intervento assai impegnativo, che richiede un insieme di interventi, non solo centrati sul lavoro,
ma piuttosto sull’insieme delle relazioni che il soggetto instaura con il mondo, per trovare un
equilibrio in cui la persona possa riconoscersi e vivere in modo accettabile. È un processo
che coinvolge numerosi soggetti e che richiede la presenza di più operatori capaci di occuparsi di bisogni diversi, in grado di collaborare e coordinarsi fra loro.
Si prevede una specifica attenzione a questo settore d’inter vento, che attualmente risente in
modo par ticolare della difficile situazione del mercato del lavoro. In particolare, l’esperienza
realizzata nel territorio suggerisce la necessità di incrementare l’area riabilitativa pre-lavorativa che riveste un’importanza fondamentale per il successo delle esperienze.
(i) Potenziare i percorsi d’inserimento lavorativo dei tossicodipendenti e alcolisti
Si proseguirà la realizzazione del progetto PassWork finalizzato all’inserimento lavorativo tossicodipendenti e finanziato con il Fondo Regionale per la Lotta alla Droga per il triennio
2002/2005.
Sempre nell’ambito delle iniziative incluse nel piano Lotta alla Droga, il SIL sta par tecipando
alla realizzazione del progetto Care Job che prevede lo sviluppo di iniziative di prevenzione
della tossicodipendenza negli ambienti di lavoro.
La sperimentazione realizzata nel precedente triennio ha fatto emergere la presenza di soggetti che non possiedono le caratteristiche o i prerequisiti per intraprendere un percorso
verso un’occupazione. L’esperienza dimostra tuttavia che, accanto ad aspetti di forte connotazione problematica, permangono capacità e risorse relazionali, cognitive ed operative, sulle
quali si potrebbe far leva per avviare specifici programmi terapeutico riabilitativi a bassa
soglia ed occupazionali. I servizi territoriali attualmente non possiedono strumenti per offrire
proposte adeguate dal punto di vista occupazionale e terapeutico ed appare importante avviare una riflessione per costruire percorsi mirati di integrazione sociale.
(j) Consolidare i percorsi d’integrazione sociale in ambiente lavorativo
Al fine di rispondere al sempre maggior bisogno di integrazione manifestato dalle persone disabili che non possono trovare una collocazione stabile nel mondo del lavoro, il SIL ha attivato formule innovative di permanenza nel sistema produttivo, che consentono la realizzazione
di esperienze positive di costruzione dell’identità personale e di socializzazione, alternative o
complementari all’inserimento in struttura.
Occorre evidenziare il gradimento assai elevato che questa tipologia d’inter vento ha incontrato nelle persone interessate e nelle loro famiglie, in quanto i percorsi attivati consentono
una migliore qualità della vita sociale all’interno della propria comunità di appar tenenza.
Attualmente una parte degli inter venti è finanziata dalla Regione Veneto mediante uno specifico progetto approvato dalla Conferenza dei Sindaci dei comuni dell’Azienda U.L.SS. n.4 e
che si concluderà alla fine del 2004.
Al fine di assicurare continuità alle esperienze attivate è stato predisposto il progetto RELAIS
– Reti di Lavoro per l’Integrazione Sociale, che ha ottenuto uno specifico finanziamento della
Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – L’integrazione lavorativa
249
(k) Realizzare una forte azione promozionale
Sarà dedicata una for te attenzione alle attività promozionali, perseguendo lo sviluppo di una
cultura dell’accoglienza e dell’integrazione e dando forte visibilità ai progetti e alle iniziative
per l’integrazione lavorativa realizzate. Tale azione potrà concretizzarsi con modalità assai eterogenee (organizzazioni di incontri e iniziative, preparazione e divulgazione di materiale informativo, rapporto con i mass media, ecc.).
(l) Favorire la formazione degli operatori
La messa a punto di percorsi formativi congiunti per gli operatori dei servizi coinvolti appare
una scelta strategica. Appare pertanto indispensabile favorire lo sviluppo di conoscenze e
modalità operative condivise tra gli operatori dei servizi coinvolti, mettendo a disposizione
occasioni mirate di formazione, indispensabili ad una buona pratica d’integrazione lavorativa.
(m) Reperire nuove risorse per l’integrazione lavorativa
Appare indispensabile che le istituzioni ed i soggetti coinvolti si impegnino nel reperire risorse a sostegno del processo d’integrazione lavorativa delle persone svantaggiate. Tale esigenza è richiamata dalla considerevole domanda di ser vizi da parte dei lavoratori e delle
imprese, dalla disponibilità limitata di personale (in particolare nel Centro per l’impiego e nel
SIL) rispetto alla domanda, dall’insufficienza di risorse finanziarie disponibili per gestire compiutamente l’insieme delle agevolazioni offerte ai datori di lavoro dalle normative vigenti.
La presenza di un sistema di ser vizi integrato consentirà l’utilizzo complementare delle risorse. A supporto di un maggior investimento nelle politiche per l’inclusione dei disabili nel
mondo del lavoro, vi sono ragioni di principio, ma anche ragioni di ordine economico: è dimostrato che la spesa effettuata in questa direzione produce un’utilità generale per la collettività che, riuscendo a includere le persone con disagio nei processi di scambio economico,
riesce a ridurre i costi per inter venti assistenziali passivi.
I servizi per gli immigrati
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati
251
Housing sociale
Agenzia sociale per la casa
È un servizio gestito dall’associazione Diakonia Onlus Caritas Vicentina e altre organizzazioni partner.
Finalità
L’Agenzia Sociale per la Casa è predisposta per creare e dif fondere strumenti e attività finalizzati a superare le dif ficoltà relative all’acquisto dell’alloggio da parte di residenti di condizioni socioeconomiche modeste.
L’iniziativa dell’Agenzia Sociale per la Casa è nata dalle riflessioni sul cronicizzarsi delle difficoltà per gli immigrati nel trovare alloggio.
Anzitutto si è constatato come nel territorio della provincia di Vicenza vi fosse una strutturale carenza di case in affitto. L’affitto è il sistema ideale che permette di accogliere flussi
migratori in arrivo. Ma in Italia non ci sono stati i massicci investimenti pubblici sulle abitazioni che in altri paesi europei rendono agevole trovare un alloggio in locazione a canone
modesto.
Le case in affitto mancano infatti non solo per le famiglie immigrate, ma anche per quelle italiane.
È evidente tuttavia che le oppor tunità di incrementare le soluzioni in locazione sono frutto di
politiche di lungo periodo che gli attori locali fanno fatica ad implementare. Sono scelte che
competono a chi può incidere direttamente sulle nor me che regolano gli af fitti e a chi può
prendere decisioni in merito agli investimenti pubblici.
Ad oggi, infatti, le case che ci sono nel territorio, oltretutto più che sufficienti per tutti, sono
un “investimento” gestito quasi solo nel mercato della compravendita.
Tuttavia si è potuto verificare come alcune famiglie immigrate, via via che si allungava la loro
presenza in Italia, e meglio si definivano i progetti migratori, hanno risolto il problema della
casa con l’acquisto dell’abitazione: si adattano quindi al modello che trovano in loco dove la
maggior parte delle persone sono proprietarie dell’alloggio.
Una ricerca promossa nel Comune di Schio nel 2000 ha confermato, con evidenza statistica,
questa ipotesi.
Comprare casa può essere una scelta economica ragionevole per chi paga canoni di affitto a
volte spropositati, e rappresenta un passo cruciale verso l’integrazione. Chi acquista l’alloggio definisce un approdo nel suo migrare e scommette su un territorio, su una comunità. Alle
sue spalle inoltre lascia un appartamento in af fitto per altri e in qualche modo fa “muovere
la fila”.
Ma comprare casa compor ta un percorso pieno di ostacoli:
• all’inizio è difficile comprendere come funziona l’iter complesso dell’acquisto dell’alloggio: è un
viaggio complicato tra promesse d’acquisto, caparre confir matorie, prefinanziamenti e rogiti notarili;
• poi non è sempre facile poter preventivare bene i costi e le risorse economiche da reperire;
• viene poi la dif ficoltà di accesso al credito da parte di persone che, se anche hanno discrete possibilità di reddito, determinate dal fatto che più componenti del nucleo famigliare lavorano, non hanno
risparmi, perché li rimettono quasi sempre alle famiglie nei paesi d’origine;
• quindi c’è la stima degli immobili: non semplice per coloro che non hanno elementi e parametri utili
per decifrarne il valore;
• da ultimo c’è il problema specifico per le persone straniere: il vincolo delle norme che impongono
il rispetto dei parametri regionali di edilizia residenziale pubblica nel rapporto tra metri quadri e persone che possono risiedere nell’alloggio. Ci si immagini cosa può significare, per chi ha impegnato
252
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
tutte le proprie risorse e ha sottoscritto un mutuo ventennale, scoprire che non può ricongiungere
tutta la famiglia o ottenere la carta di soggiorno per non aver saputo districarsi tra queste impor tanti
informazioni
Si sono quindi raccolti elementi tali da poter pensare che:
• molte persone potrebbero considerare questo genere di soluzione se “orientate” e “accompagnate” (incidenza nelle variabili di dimensione del comportamento e velocità del fenomeno);
• molti errori potrebbero essere evitati e venire favorite scelte migliori (incidenza nella variabile di
successo del compor tamento).
Innovatività dell’iniziativa
L’innovatività consiste nel sollecitare e valorizzare le capacità autonome delle famiglie immigrate residenti in provincia nella soluzione del problema alloggiativo di lungo periodo. In questo da un lato si preparano i destinatari del progetto ad affrontare e superare rischi e problematicità presenti in queste operazioni (aspetto “educativo”), dall’altro si sollecitano e si
utilizzano le capacità del mercato immobiliare e del credito nel fornire soluzioni per la compravendita degli immobili anche di valore modesto.
Concettualmente si parte dal presupposto di non offrire alle famiglie immigrate soluzioni
appositamente allestite in termini assistenziali in materia di abitazione, quanto piuttosto di
coinvolgerle in operazioni di sostegno alle proprie capacità di individuare e progettare le stesse.
Il progetto inoltre considera che l’acquisto dell’alloggio migliora il livello di integrazione nel
territorio favorendo la stabilizzazione residenziale, la responsabilità nell’uso dell’abitazione,
l’inserimento di lungo periodo nel contesto comunitario.
Avvio dell’iniziativa
L’iniziativa è stata avviata da Diakonia onlus – Caritas Vicentina in alcuni territori della provincia di Vicenza informalmente da ottobre 2001, formalmente da settembre 2002.
Partnership attuali
I partner attuali sono: coop. Sociale Samarcanda – progetto Zattera Blu, Cesvitem ONG,
Associazione Ar tigiani (Confar tigianato), Associazione Industriali (Confindustria), Apindustria,
Cna, Associazione “L’isola che non c’è” (Cgil-Cisl-Uil).
Il progetto è stato approvato dalla Regione Veneto, dalla Conferenza dei Sindaci dell’U.L.SS.
n.4, dal comune di Vicenza, dal comune di Chiampo, da quello di Bassano del Grappa.
L’iniziativa è inserita nelle attività del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione.
Raccordo con il territorio
Si opera con l’approvazione dei comuni sede degli inter venti, e si chiede l’inserimento dell’attività nei piani di zona approvati dalle rispettive conferenze dei sindaci della provincia (già
in essere per l’U.L.SS. n.4, in richiesta per quelli U.L.SS. n. 6 e n. 3)
L’accesso al servizio per gli italiani
Gli enti locali sottolineano come il problema della casa riguardi in misura sempre maggiore
anche gli italiani. Pur nella par ticolarità della potenziale utenza autoctona che soffre di soluzioni abitative inadeguate, spesso per motivi legati a situazioni di disagio, il servizio sarà
aper to alla totalità dei residenti nel territorio.
Ipotesi di sviluppo dell’iniziativa dal 2004
Sportelli per ser vizi di informazione e accompagnamento individuali
Attività: sportelli aper ti al pubblico
Sede spor tello attivo in area U.L.SS. da gennaio 2004: Schio
Possibili sedi di futuri spor telli: Valdagno, Thiene.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati
253
Apertura: orari serali fruibili dagli inter essati.
Compito: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio (information), preventivazione
e programmazione economica (advisor y planning), definizione progetti individuali (step by
step), accompagnamento sociale (counseling).
Obiettivi minimi di attività per il 2004: 150 utenti registrati
Ser vizio di perizia di stima degli alloggi
Compito: stima generale del valore di congruità dell’immobile e verifica del rispetto delle normative per l’immobile
Incontri con comunità/associazioni immigrati
Incontri con le comunità/associazioni immigrati del territorio.
Compiti: informazione generale, orientamento/confronto sulle strategie di soluzione al problema alloggiativo.
Corsi di formazione per accompagnatori sociali all’acquisto dell’alloggio
Compito: preparazione referenti presso le comunità/associazioni di immigrati in grado di
scambiare e trasmettere competenze in tema di: informazione personalizzata sull’acquisto
dell’alloggio (information), preventivazione e programmazione economica (advisor y planing),
definizione progetti individuali (step by step), accompagnamento sociale (counseling).
Attività degli accompagnatori sociali/mediatori culturali all’acquisto ai servizi di spor tello e
stage operativi
Compito: referenti presso le comunità/associazioni di immigrati e affiancamento nelle attività specifiche di spor tello: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio (informa tion), preventivazione e programmazione economica (advisory planing), definizione progetti
individuali (step by step), accompagnamento sociale (counselling).
Pubblicizzazione del servizio
Strumenti di divulgazione di informazioni sul servizio: preparazione e distribuzione depliants.
Implementazione materiali in internet
Preparazione di materiale di lavoro ed elementi di conoscenza in internet su sito dedicato.
L’integrazione a scuola
Responsabile
Sindaco di Schio, Comune capofila
Contesto di riferimento
L’inter vento si propone di estendere in tutti i Comuni l’esperienza del progetto “Un mondo di
colori” finanziato con i contributi derivanti dalla L.285/97.
Obiettivi
La finalità generale del progetto è quella di trasformare le problematiche e le tensioni di una
società multietnica in fattori di crescita in senso interculturale. Ciò par tendo proprio dai bambini, i quali sono i protagonisti di questo processo di cambiamento. Più specifacamente, con
gli inter venti qui previsti, si intendono perseguire i seguenti obiettivi/sottobiettivi:
• favorire il primo inserimento scolastico dei minori stranieri:
• superamento delle prime barriere linguistiche nell’approccio con l’alunno straniero;
• primo orientamento del minore rispetto al funzionamento scolastico;
• accoglienza dell’alunno e suo inserimento nel contesto di classe;
• accrescimento della coesione fra il gruppo classe;
• sostenere e facilitare il dialogo fra insegnanti e genitori stranieri:
• facilitazione dei primi contatti fra scuola e famiglia;
254
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
• Primo orientamento del genitore straniero rispetto all’ordinamento scolastico;
Piano di Lavoro
Il progetto prevede due tipologie d’intervento: 1. mediazione interculturale, 2. pronto intervento linguistico.
1. Mediazione interculturale
Il mediatore interculturale è una figura nuova nel panorama delle professioni sociali e dallo
statuto ancora in fase di definizione. Si tratta di una persona – non necessariamente straniera - che unisce alla conoscenza della lingua e degli usi e costumi di un gruppo minoritario
la padronanza della lingua, della cultura e del sistema amministrativo del nostro paese, oltre
ad avere formazione e attitudine personale ai rapporti umani ed alla gestione del conflitto.
Egli deve riuscire a fungere da “ponte” nell’accesso e nella fruizione dei servizi: non surrogare, quindi l’insegnante nell’esercizio delle proprie funzioni né tantomeno sostituirsi all’immigrato, rispetto al quale deve anzi sostenere percorsi di autonomia. L’inter vento del mediatore interculturale nell’ambito di questo progetto è finalizzato a promuovere e agevolare la
prima integrazione del bambino straniero all’interno della classe e agevolare il rapporto con
la sua famiglia. Spesso l’inserimento di un alunno straniero in classe crea delle difficoltà per
problemi di lingua, modalità di apprendimento diverso rispetto al paese di origine ecc.
L’inter vento del mediatore interculturale può essere di aiuto per facilitare l’avvio all’apprendimento, anche a fianco del facilitatore linguistico, “mediando” tra il sistema scolastico conosciuto e il sistema scolastico italiano.
2. Pronto intervento linguistico
Si tratta di un supporto, nei primi giorni di inserimento scolastico del minore straniero, focalizzato all’insegnamento/apprendimento delle competenze linguistiche di base. Il pronto intervento linguistico viene effettuato sulla base di una programmazione personalizzata, la quale
viene concordata fra la facilitatrice linguistica incaricata dalla segreteria del progetto e l’insegnante di classe, in modo da far acquisire all’alunno una serie di pre-conoscenze che lo
abilitino ad interagire nelle attività comuni della classe e nei momenti di socializzazione.
Ambulatorio per immigrati
Relativamente alla coper tura sanitaria, il capo I del Titolo V, artt. 34, 35 e 36 del D.Leg.vo
n.286/98 prevede, per lo straniero che entra nel territorio nazionale, livelli assistenziali diversificati a seconda che:
• sia intervenuta l’iscrizione al SSN nel qual caso lo straniero ha diritto all’assistenza sovrapponibile a quella per il cittadino italiano;
• si sia in carenza di iscrizione al SSN, prevedendo una diversificazione ulteriore, nel caso: (a) in cui
lo straniero sia in possesso di un regolare visto d’ingresso (dettando una regolamentazione specifica per l’ingresso per cura mediche); (b) sia entrato in maniera irregolare e dichiari uno stato di indigenza nel momento in cui richiede e riceve le cure sanitarie. Nell’ambito di quest’ultima fattispecie,
ex ar t. 35 comma 3, vengono garantite le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti e comunque
essenziali ancorché continuative, in particolare modo le prestazioni collegate alla maternità responsabile, le prestazioni finalizzate alla tutela del minore, le vaccinazioni, gli inter venti di profilassi internazionale, le prestazioni di profilassi di diagnosi e cura delle malattie infettive e la eventuale bonifica dei relativi focolai.
La Regione del Veneto, al fine di dare attuazione alla norma nazionale, con propria
Deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n.3386 del 27.10.2000 e successiva nota
n.14394 di prot. del 7 novembre 2000, ha invitato i direttori generali delle aziende U.L.S.S.
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati
255
ad individuare, nell’ambito dei presidi territoriali (attivando anche adeguate iniziative di carattere informativo-divulgativo), una o più sedi ambulatoriali destinate a fungere, da riferimento
strutturale per l’erogazione e la prescrizione delle prestazioni urgenti ed indifferibili ancorché
continuative, rivolte ad extracomunitari irregolari indigenti. Tali prestazioni si intendono rientranti nei livelli di assistenza di cui al comma 3, dell’art. 35 del Dec. Leg.vo n.286/98.
Deve essere garantita agli stessi soggetti, nell’ambito delle prestazioni urgenti ed indifferibili ancorché continuative, l’erogazione dei farmaci limitatamente ad un numero determinato di
confezioni, tramite le farmacie convenzionate. Viene previsto l’uso del ricettario regionale, a
parità di condizioni con il cittadino italiano, e vengono indicati, quali farmaci essenziali cui riferirsi, quelli contenenti i medesimi principi attivi già contemplati dal precedente intervento
regionale, di cui alla DGR n.3264 del 22.07.1996 “Progetto sanitario in materia di assistenza agli immigrati ed agli emarginati” prorogato con la successiva DGR n.5105 del
28.12.1998. Nelle more dell’aggiornamento del suddetto elenco, i medici operanti nelle sedi
ambulatoriali, come sopra individuate, sono altresì autorizzati a prescrivere farmaci contenenti principi attivi ulteriori, limitatamente a specialità medicinali comprese nella fascia A del
Prontuario Farmaceutico nazionale.
Per l’erogazione delle prestazioni sanitarie a favore dei cittadini extracomunitari irregolari
indigenti e la prescrizione dei farmaci, volute dalla DGRV n.3386, oltre ai consueti canali di
erogazione pronto soccorso, UO di malattie infettive, ecc., si prevede, la creazione di ambulatori “dedicati” presso le sedi distrettuali, almeno le due principali, quella di Thiene e quella di Schio, con la previsione, almeno inizialmente, di un ambulatorio settimanale per complessive una ora e mezza per ogni sede, suscettibili di ampliamento secondo il grado di
domanda registrato. Gli spazi saranno quelli degli ambulatori di medicina pubblica quando
non utilizzati, previa eventuale integrazione della dotazione degli arredi (es. piccolo armadietto con dotazione minima di farmaci e campioni) e delle attrezzature.
Al fine di garantire la continuità del ser vizio, e di poter effettuare un corretto monitoraggio dei
livelli di attività e di spesa, anche indotta, sarà concordato con i coordinatori di sede del servizio di continuità assistenziale l’affidamento dell’attività ambulatoriale ai medici del servizio
stesso previa formale adesione dei singoli al progetto.
È necessario, al fine di garantire la riuscita dell’iniziativa, programmare una campagna informativa, tramite comunicati alla stampa locale, nonché attivare una serie di contatti diretti con
i comuni, le associazioni del volontariato e le associazioni rappresentanti la varie etnie ove
presenti. Questo consentirà anche di mettere a punto una sorta di documento guida all’accesso che costituisca per l’Azienda uno standard di gestione dell’attività.
Integrazione socioculturale degli immigrati
Contesto di riferimento
Negli ultimi anni è emerso nel territorio dell’U.L.S.S. n. 4 un duplice bisogno: da una parte,
per gli stranieri, il bisogno di avere un’informazione e di esprimere una richiesta di assistenza in maniera adeguata (sia per problemi psico-fisici che sociali); dall’altra parte, per gli operatori socio-sanitari, la necessità di soddisfare la domanda di servizi quando i codici di comunicazione sono diversi per lingua, cultura, provenienza.
Piano di Lavoro
In questo senso l’attività di mediazione interculturale si propone come punto di incontro tra
le due par ti e si può concretizzare con:
• l’apertura di uno sportello di ser vizio di mediazione interculturale a disposizione sia dei presidi
256
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
ospedalieri che dei servizi socio-sanitari territoriali;
• in un programma dei consultori familiari finalizzato alla conoscenza-informazione nel campo familiare (family-planning, counselling psico-sociale alle coppie straniere o miste in difficoltà), ostetricoginecologico (con documentazione rivolta alle donne straniere sulla sessualità e quindi prevenzione
di problemi sanitari femminili, di gravidanza e di puerperio);
• formazione del personale socio-sanitario su ar gomenti di natura transculturale sanitari, psicologici
e sociali.
Risorse
Le risorse per l’integrazione socioculturale degli immigrati ammontano a 30.000 euro.
Pronta accoglienza
Contesto di riferimento
Attualmente è in atto una convenzione con la cooperativa sociale “Samarcanda” per un servizio di pronta accoglienza per persone adulte in stato di grave svantaggio e/o emarginazione.
Il Centro di Pronta Accoglienza (CPA) intende fornire temporanea accoglienza abitativa ai
dimessi dal carcere, sfrattati, privi di domicilio e ad ogni altra persona in situazione di grave
emergenza.
Destinatari del servizio sono cittadini italiani e stranieri maggiorenni, ambosessi, autosufficienti in condizioni di disagio causate da:
• mancanza, perdita di alloggio;
• espulsione dai processi produttivi;
• mobilità per ricerca di lavoro;
• espulsione dalla famiglia di origine;
• dipendenza da sostanze stupefacenti.
Obiettivi del ser vizio sono:
• for nire pronta accoglienza;
• identificare il disagio e segnalarlo ai servizi competenti;
• dare informazioni necessarie per facilitare l’integrazione nel territorio;
La convenzione in vigore prevede sette posti riservati agli utenti dell’U.L.SS. n.4, due dei quali
specificatamente per tossicodipendenti.
Dall’analisi dei dati relativi all’utilizzo dei posti negli ultimi sei anni, si evidenzia l’aumento del
numero di giornate:
Tabella 81 Immigrazione. Giornate di pronta accoglienza per anno
Anno
Giornate
1998
2.636
1999
2.895
2000
4.217
2001
3.572
2002
2.949
2003
3.091
Si evidenzia come le situazioni di persone che si trovano a vivere in condizioni di forte marginalità e per le quali non sempre è possibile individuare in tempi brevi una soluzione per le
loro dif ficoltà ad entrare in contatto con i servizi, sia aumentata.
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati
257
Inoltre viene segnalato come le situazioni attuali presentino pluri-problematicità che richiedono un intensificarsi di interventi che vanno oltre la garanzia del semplice “posto letto”. Da ciò
la decisione di incrementare ulteriormente di un posto la convenzione con la cooperativa
sociale Samarcanda.
La cooperativa Samarcanda inoltre garantisce una seconda accoglienza per quelle persone
che necessitano ancora di una soluzione abitativa temporanea, ma che hanno concluso la
fase di emergenza ed hanno risolto il problema occupazionale.
Seconda accoglienza e progetto donna
Contesto di riferimento
Il progetto sperimentale di seconda accoglienza intende offrire la possibilità di una risposta
temporanea alle difficoltà alloggiative di tutte le persone italiane e straniere che, pur essendo occupati in regolari attività lavorative a Schio o nelle zone limitrofe, si trovano in una situazione di difficoltà nel riuscire a trovare una situazione abitativa temporanea proporzionata alle
loro capacità economiche.
Il progetto vuole porsi come una naturale prosecuzione del ser vizio offerto presso il CPA ed
intende offrire, oltr e alla possibilità di usufruire di una situazione alloggiativa stabile, l’opportunità di intraprendere un percorso finalizzato a valorizzare le risorse dell’individuo e a facilitare il percorso verso una completa autonomia.
Si ritiene che l’inserimento del cittadino straniero in una struttura abitativa, qualora sia privato del supporto di un “progetto di accompagnamento”, offra sì una risposta al soddisfacimento dei bisogni primari del soggetto, lasciando però scoperta una fase successiva che
vede il cittadino straniero impegnato a misurarsi con una cultura, un contesto sociale, una
sfera lavorativa e relazionale che spesso esulano dal suo bagaglio socio-culturale. Si prevedono quindi una serie di azioni mirate a facilitare l’inserimento dei soggetti nella zona e nel
contesto socio-culturale, cercando di rendere il meno traumatico possibile il passaggio del cittadino straniero da un contesto culturale all’altro, e cercando, sul versante opposto di sviluppare una “nuova sensibilità” nelle comunità volta a facilitare i processi di integrazione dei
cittadini stranieri.
Accoglienza donne
Contesto di riferimento
Il “Progetto Donna” nasce in seguito ad un’attenta valutazione degli effettivi bisogni presenti nel territorio e rilevati . dalle esperienze maturate presso il CPA; emerge infatti che, più che
essere aumentato il numero di donne presenti al CPA è aumentato il numero di giorni di permanenza; questo a dimostrare che non si tratta di casi di emergenza, ma che il bisogno è
quello di una maggiore stabilità e sicurezza per l’utenza femminile che si presenta.
Nel territorio dove si intende operare non esistono strutture destinate all’accoglienza femminile che rispondano in maniera adeguata ai vari bisogni emergenti.
È da sottolineare inoltre la difficoltà che compor ta essere “donna” e cioè il trovarsi a dovere
affrontare pregiudizi e di conseguenza il non potere usufruire appieno delle risorse che il territorio offre e quindi avere un’inferiore bagaglio di risorse e di capacità nell’affrontare gli ostacoli della vita.
Le problematiche presenti nel mondo femminile rappresentano una realtà sommersa e poco
visibile e di conseguenza poco raggiungibile, le donne sono molto più vulnerabili, in partico-
258
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
lar modo se sole e senza alloggio, e non hanno punti di riferimento e di appoggio.
In particolare, per quanto riguarda le donne italiane, il progetto è stato pensato per:
• donne che si trovano in situazioni di disagio, nel senso più ampio del termine;
• donne che hanno pr oblemi con il proprio partner, e che non possiedono la capacità e la conoscenza
necessaria per accedere ai servizi o per utilizzare le risorse che possiedono.
Il progetto non prevede però di rispondere ai bisogni di donne con problemi legati alla tossicodipendenza, con disagio psichiatrico e ragazze madri con bambini di età inferiore ad un
anno, perché si ritiene che nel territorio d’azione siano già presenti varie strutture capaci di
rispondere ai bisogni espressi da questa tipologia di utenza.
Per quanto riguarda l’utenza straniera bisogna partire dalla premessa che nel nostro paese,
ma soprattutto nella nostra regione e provincia, la presenza di persone immigrate è considerevole e ci pone di fronte alla necessità di avere consapevolezza dei meccanismi e delle dinamiche che scaturiscono dal contatto tra culture diverse, ma anche dei processi di trasfigurazione culturale a cui queste persone sono esposte.
L’immigrato, infatti, è quotidianamente impegnato in un lento e faticoso processo di adattamento/inserimento in una società che tendenzialmente deprime le sue consolidate abitudini
originarie e crea un inevitabile stato di disagio.
Sono principalmente le donne straniere, che negli ultimi anni sono diventate più numerose,
a trovarsi in situazioni di disagio al momento del loro arrivo in Italia.
Per loro sono presenti una serie di problematiche, riguardanti principalmente l’integrazione
nel territorio, che molto spesso sfociano nella relegazione a casa con conseguente isolamento dalla realtà quotidiana.
Il processo di inserimento ed assimilazione della cultura del paese ospitante ed il rapporto
con le istituzioni di base (scuole, ospedali, questure, uffici di collocamento, ecc.), presenta
problemi di interazione e di rapporti che possono e devono essere risolti unicamente attraverso una corretta azione di mediazione interculturale.
Il “Progetto Donna” intende dare una risposta più specifica ed adeguata alle esigenze delle
donne italiane e straniere.
Obiettivi
L’obiettivo è di “dare visibilità” a queste donne, di valorizzarne le esperienze e le capacità, di
creare per loro condizioni di maggiore autonomia economica e sociale, operando nel pieno
rispetto delle varie identità etnico-culturali, del credo religioso e della dignità di ciascuna persona e promovendo lo scambio, il confronto e il dialogo, in un rapporto di amicizia e fiducia.
Segretariato sociale per cittadini extra-UE
Contesto di riferimento
Il presente progetto intende affiancarsi a quanto già le singole amministrazioni comunali, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali, ed il volontariato già svolgono in questo settore, fornendo agli immigrati e loro datori di lavoro un supporto nell’espletamento delle pratiche amministrative connesse al rilascio ed al rinnovo dei permessi di soggiorno, ricongiungimenti famigliari e carte di soggiorno.
In effetti, la regolazione dell’ingresso e della permanenza nel territorio nazionale da parte di
lavoratori provenienti da paesi non appartenenti all’Unione Europea richiede l’espletamento
di una serie di adempimenti burocratici ed il confronto con una normativa non sempre facilmente accessibile, anche da parte degli stessi addetti ai lavori.
Il ser vizio di segretariato sociale intende appunto aiutare gli immigrati ad inserirsi nella com-
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – I servizi per gli immigrati
259
plessità di tale sistema amministrativo e, in questo senso, può essere concepito di per sé
come uno strumento d’integrazione sociale. Ciò attraverso l’informazione (la quale rappresenta un presupposto indispensabile per l’esercizio dei diritti e dei doveri correlati allo status di lavoratore immigrato) e l’assistenza nella compilazione della modulistica e nella raccolta della documentazione necessaria. L’importanza di tali ser vizi va di pari passo con l’esigenza di garantirne a tutti il libero e gratuito accesso. Un impegno che non a caso viene
assunto dagli enti locali, cui la vigente normativa affida il compito di promuovere l’integrazione sociale.
Quello che si propone è un progetto di rete che da un lato vuole coinvolgere tutti i 32 Comuni
dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” e dall’altro intende coordinarsi con i soggetti che nel territorio provinciale sono impegnati nello stesso ambito d’inter vento: i “poli” di Arzignano,
Bassano e Vicenza, la Questura, la Prefettura, la Camera di Commercio, i centri per l’impiego, le associazioni di categoria, ecc.
Obiettivi
Erogazione di ser vizi d’informazione, consulenza, assistenza e verifica della documentazione
per l’espletamento delle pratiche di rilascio/rinnovo di permesso di soggiorno, ricongiungimenti familiari, carta di soggiorno, sponsorizzazioni, ecc. a favore di cittadini stranieri e loro
datori di lavoro;
Formazione e consulenza al personale degli enti aderenti al progetto sugli aspetti normativi e
di applicazione in materia di immigrazione;
Verifica di fattibilità ed implementazione, in coordinamento con la questura e gli altri “poli”,
di un sistema decentrato di gestione informatica delle prenotazioni per l’accesso all’Ufficio
stranieri;
Sviluppo di connessioni con gli altri soggetti che nel territorio provinciale sono coinvolti in tale
ambito d’intervento per perseguire una maggiore semplificazione amministrativa ed una
migliore accessibilità ai servizi da par te dell’utenza.
Risorse
Per la realizzazione del progetto è prevista una partecipazione da par te dei Comuni aderenti
con una quota capitaria annua da determinarsi nella misura massima di euro 5,16 per ciascun cittadino straniero extra UE residente al 31/12 precedente.
Ad integrazione di tali risorse, verranno reperite altre fonti di finanziamento, fra cui i fondi
regionali per le politiche migratorie e gli interventi di integrazione sociale, eventuali contributi da parte di associazioni di categoria, Camera di Commercio, ecc.
Il Centro di Servizio per il Volontariato (CSV)
La prevenzione e i servizi sociosanitari e sociali – Il centro di ser vizio per il volontariato
261
I
l Centro di Servizio per il Volontariato (CSV) è una struttura che è stata creata da un’apposita legge per servire tutte le associazioni di volontariato e che vuole essere la casa del
volontariato organizzato. Il suo Consiglio Direttivo viene eletto dalle associazioni stesse.
Esiste dal 1997 e con i fondi speciali delle fondazioni bancarie (in particolar modo, per il
vicentino, la Fondazione Cariverona) si impegna a sostenere anche finanziariamente, attraverso specifici progetti, le quasi trecento associazioni iscritte al Registro Regionale del
Volontariato.
Anche le associazioni non iscritte hanno diritto di usufruire gratuitamente delle possibilità
offerte dal centro: uso del telefono, del fax, della fotocopiatrice, della posta elettronica; ma
anche, e soprattutto, suggerimenti, consulenze fiscali, contabili e giuridiche (come impostare
un bilancio, come organizzare una manifestazione, come predisporre un progetto e la relativa domanda per ottenere dal centro un finanziamento) nonché supporto alla procedura di
inscrizione all’albo regionale.
Il centro svolge anche attività di formazione, anch’essa gratuita, sia con il proprio collaudato
personale sia con esperti esterni; e su richiesta congiunta di alcune associazioni, i corsi vengono realizzati in loco dal centro, ma anche dalle stesse associazioni richiedenti con il sostegno del centro. A questo proposito il nuovo Consiglio Direttivo intende decentrare il centro in
punti strategici della provincia, istituendo appositi sportelli in accordo con i comuni e le associazioni della zona.
Ciò che comunque è impegno preciso del nuovo Consiglio Direttivo del centro di servizio per
il volontariato è di fare poco centro e molto ser vizio. La speranza è che con l’aiuto e gli stimoli di tutto il volontariato vicentino questo impegno non resti uno slogan ma passo dopo
passo si trasformi in realtà.
Nella tabella 96 viene presentato l’elenco delle associazioni dell’Alto Vicentino iscritte al CSV,
per ogni ulteriore informazione/recapito rivolgersi al CSV al seguente indirizzo:
Contrà Mure S. Rocco n. 34, 36100 – Vicenza
Telefono
0444-235308
Fax
0444-528488
E-mail
[email protected]
Tabella 96 Associazioni di Volontariato dell’Alto Vicentino iscritte al CSV di Vicenza
Settore
Località
Denominazione Associazione
Aiuti Umanitari
Thiene
A.S.A. Associazione Solidarietà In Azione Onlus
Alcolismo
Schio
A.C.A.T. Pedemontana
Anziani
Arsiero
A.V.A.P.
”
Marano Vicentino
Marano Solidarietà Onlus
”
Schio
Gruppo Insieme
”
”
La Famiglia
”
”
Serena Associazione - Centro Servizi Per Anziani
”
Thiene
”
”
V.A.D.A. Guido Negri Assoc Volont Amici Degli Anziani
Età Serena – Città Di Thiene
”
Villaverla
Centro Diurno Anziani “Giovanni XXIII”
”
Zanè
A.V.A. Associazione Volontari Anziani
Comunicazioni
Sarcedo
A.R.S. Amici Della Radio Sarcedo
Disabilità
San Vito Di Leguzzano
Cantare Suonando
Schio
Amici A.N.F.F.A.S.
”
262
2. La qualità della vita: i determinanti della salute
Settore
Località
Denominazione Associazione
Disabilità
Schio
Contro L'Esclusione
”
”
Accoglienza E Collaborazione
”
”
A.N.F.F.A.S.Sezione Di Schio
”
Thiene
Insieme Per Comunicare Onlus
”
Villaverla
Integrazione Onlus
Malo
Comitato Per L’Accoglienza “Il Girasole”
Disagio
”
”
Fondazione Città Della Speranza Malo
”
Monte Di Malo
Solidarietà E Speranza
”
San Vito Di Leguzzano
Gruppo Missionario S. Vito - Solidarietà E Ambiente
”
Schio
Solidarietà E Carità
”
”
Telefono Amico-Schio
Disagio Generale
San Vito Di Leguzzano
Centro Vita E Vito
Disagio Minori
Calvene
Dei Due Terzi
Schio
Parco Robinson
Carrè
A.Do.S.Al.Vi. Associazione Donatori Sangue Alto Vicentino
Malo
A.V.I.S. Di Malo E Monte Malo
”
Donatori Sangue
”
”
”
A.V.I.S. Sezione Provinciale Di Vicenza
”
Piovene Rocchette
A.V.I.S. Piovene Rocchette
”
Schio
A.V.I.S Sezione Di Schio
Montecchio Precalcino
Pedagogica Ad Indiriz. Steineriano-Sole D’Oro
Thiene
A.Ge. Associazione Genitori
Educazione/Tutela
Schio
S.M.M. Kolbe - Associazione
Famiglia
Schio
Centro Aiuto Alla Vita - Schio
”
Thiene
Centro Aiuto Alla Vita - Thiene
Formazione
Schio
Movimento Volontario Italiano Ass. Feder. Di Schio
Immigrazione
Schio
Ghanain Nationals Association Vicentina Istituto Salesiani
Villaverla
Centro Missionario Fr Vittorio Faccin
Fara Vicentino
S.O.G.I.T Socc. Ordine San Giovanni Italia Alto Vicentino
Schio
Centro Per I Diritti Del Malato
Malattia Cuore
Schio
Amici Del Cuore Alto Vicentino
Malattia Diabete
Schio
Diabetici Ulss 4 - Schio
Malattia Mentale
Schio
A.I.T.Sa.M. Associazione Italiana Tutela Della Salute Mentale
”
Thiene
Psiche 2000
Minori
Schio
Genitori Di Schio
Ospedalizzati
Schio
A.V.O. Schio
Thiene
A.V.O. Thiene
Educazione
”
”
Malattia
”
”
Paesi In Via SviluppoMalo
Giemme
Protezione Civile
Arsiero
Protezione Civile Arsiero
”
Breganze
Protezione Civile Breganze
”
Caltrano
Protezione Civile Di Caltrano
”
Calvene
Volontari Di Protezione Civile E Amb.le La Rocca - Gruppo Calvene
”
Chiuppano
Protezione Civile Gruppo Clipeus
”
Cogollo Del Cengio
Volontari Gruppo Antincendio E Prot.Civile
”
Lugo Di Vicenza
Comitato Volontario Protez.Civile El Castelo
”
Piovene Rocchette
C.B. Valle Dell’Astico
”
Salcedo
Volontariato Protezione Civile Di Salcedo
La prevenzione e i ser vizi sociosanitari e sociali – Il centro di ser vizio per il volontariato
Settore
Località
Denominazione Associazione
Protezione Civile
Schio
A.I.S. Associazione Italiana Soccorritori
”
”
Coord.Ass.Vol.Di Protezione Civile Claudio De Pretto
”
”
Protezione Ambientale E Civ. - Squadra Val Leogra - Timonchio
”
Tonezza Del Cimone
Protezione Civile Associazione Tonezza Del Cimone
”
Valdastico
Protezione Civile Gruppo Valdastico
”
Velo D’Astico
Volontari Gruppo Di Protezione Civile Di Velo D’Astico
”
Breganze
C.B. Club Prealpi
Schio
La Solidarietà
Thiene
Serv.Vo.S Onlus
Trasporto Malati
”
Fonte: Centro Servizi del Volontariato di Vicenza
263
3. Il quadro delle azioni programmate
È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi
Lucio Anneo Seneca
Il metodo di lavoro
Non basta avere buono l’ingegno; la cosa principale è usarlo bene
Renato Car tesio, Discorso sul Metodo
Il metodo di lavoro
267
L
a necessità di garantire nel contempo un’ampia partecipazione e una forte capacità di sintesi e concretezza, ha suggerito l’assunzione di un metodo di lavoro “per progetti”, una
fitta calendarizzazione di incontri di lavoro governati da due gruppi di lavoro: una cabina di
regia a valenza politica, e un gruppo di lavoro operativo.
Compito principale dei primi è stato l’individuazione dell’architettura complessiva del documento e la certificazione della validità dei contenuti; compiti dei secondi l’ideazione, la stesura, il coordinamento delle singole parti del piano e, in par ticolare, la stesura dei progetti o
il supporto tecnico ai gruppi di lavoro individuati a tale scopo.
L’impostazione per progetti permette di calendarizzare le attività con maggior dettaglio e verificare puntualmente lo stato di avanzamento del piano, inoltre esplicita responsabilità, tempi,
costi e risultati attesi delle iniziative.
È stato necessario individuare soluzioni organizzative ad hoc ed adottare tutte le metodologie proprie del project management sia nella fase di definizione e stesura dei progetti, sia
nella fase di gestione degli stessi; in particolare le soluzioni adottate sono state le seguenti:
• definizione di un gruppo guida che aiuta la comunità nella definizione delle priorità da perseguire;
• individuazione per ogni progetto del responsabile;
• contestualizzazione del singolo progetto all’interno del piano, cercando la coerenza tra l’obiettivo
specifico del progetto e gli obiettivi del piano;
• tempificazione rigorosa delle attività;
• definizione delle risorse necessarie;
• saldatura giuridica degli impegni all’interno di un accordo di programma.
Nel loro insieme i progetti non vanno visti come realtà separate ma come la scomposizione
di un problema complesso (migliorare la qualità della vita), in un insieme coerente di unità
meno complesse e quindi governabili, “divide et impera” per dirla con Giuglio Cesare.
Il metodo di lavoro semplifica anche la fase di monitoraggio e verifica in itinere garantendo
una informazione continua sullo stato di avanzamento dei progetti e quindi del piano.
I progetti sono stati prevalutati su alcune coordinate: i determinanti della salute (si veda il
capitolo 2 a pag. 87) e “Le coordinate del benessere” (si veda la Prefazione). Il metodo di
prevalutazione si è basato su una pesatura dei progetti secondo il metodo Delphy.
Le verifiche verranno realizzate semestralmente, in primo luogo dai responsabili di progetto,
analizzata dal gruppo operativo (con compito di sintesi) e validata dal gruppo istituzionale.
Successivamente le relazioni di verifica verranno sottoposte al giudizio della conferenza dei
sindaci (almeno una volta all’anno) o dell’Esecutivo.
Nella tabella 82 si riporta una schematizzazione del percorso fatto.
Il simbolo ∆ indica una “mile-stone”, ossia un evento particolarmente significativo per il raggiungimento dell’obiettivo finale.
Tabella 82 Il percorso fatto per la realizzazione del Piano di Comunità 2004-2006
2003
Impostazione metodologica e concettuale
Luglio/sett. 1
∆
Il 1° luglio si svolge una riunione tra Direttore Sanitario e il Direttore dei Ser vizi Sociali per impostare lo
schema generale e il modello organizzativo del Piano di Zona (PdZ)
268
3. Il quadro delle azioni programmate
Luglio/sett. 2 e 3
• Inizia da subito a prendere corpo un’impostazione innovativa che collega il PdZ dei servizi sociali ad azioni volte
al miglioramento della salute
Luglio/sett. 4
• Riunione tra Direttore Sanitario, Dipartimento di Prevenzione e UO Programmazione sociosanitaria per definire
uno schema generale del piano ALTA salute e possibili collegamenti con il PdZ
Definizione modello organizzativo
Luglio/sett. 5 e Agosto/sett. 1
• Viene prodotta una prima traccia del PdZ; lo stesso viene ridefinito come Piano di Comunità (PdC).
• Viene individuata una struttura organizzativa composta di tre gruppi: uno istituzionale, uno operativo per il PdC,
uno operativo per il piano ALTA salute
Stesura primo schema del documento
Agosto/sett. 2
• Viene elaborato uno schema tipo di progetto-azione da utilizzare per i progetti innovativi
Agosto/sett. 3
• Si inizia a raccogliere il primo materiale ed articolare con maggior dettaglio l’impostazione del documento
Agosto/sett. 4
• Viene convocata la prima riunione del Gruppo operativo del PdC (GOP) nella quale viene discusso
lo schema del documento e l’impostazione metodologica
Settembre/sett. 1 e sett. 2
• Si lavora per apportare le modifiche condivise nel GOP e per preparare una serie di incontri di presentazione
del progetto di piano: preparazione del primo materiale illustrativo
Condivisione “istituzionale” del progetto
Settembre/sett. 3
∆ Lo schema generale del PdC e del Piano ALTA Salute con la proposta di articolazione tematica
e organizzativa
viene proposta e condivisa nell’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci: nello stesso incontro viene sancita
la composizione del gruppo Istituzionale
Settembre/sett. 4
∆ Prima riunione del gruppo Istituzionale durante la quale viene condivisa l’impostazione complessiva del progetto
e la modalità operativa
Stesura primi stralci di documento, reperimento informazioni e approfondimenti specifici
Ottobre/sett. 1 e sett. 2
• Inizia il lavoro di ricerca di informazioni, stesura stralci di documento, contatti con esper ti per sezioni particolari
del piano
Ottobre/sett. 3 e sett. 4
• Contemporaneamente iniziano una serie di incontri di lavoro tra Ufficio PdZ e le UO dell’Azienda U.L.SS. n.4
maggiormente coinvolte nel Piano. Il risultato di queste prime settimane è un documento sufficientemente
strutturato e condiviso con le amministrazioni Comunali, da poter essere presentato come bozza di lavoro ai
soggetti rappresentativi della comunità locale. A tutti gli incontri vengono invitati gli amministratori
Ottobre/sett. 5
∆ Il giorno 27 ottobre si dà avvio ad una serie di incontri di condivisione con le realtà più rappresentative del
territorio; a tutti gli incontri sono invitati gli amministratori. Il primo incontro è con le organizzazioni sindacali
Condivisione e partecipazione dell’impostazione
Novembre/sett. 1
∆ Il giorno 4 novembre si svolgono due incontri: alla mattina con le cooperative sociali
∆ al pomeriggio con le associazioni di volontariato.
∆ Il giorno 6 un incontro con le categorie economiche
Il metodo di lavoro
269
Novembre/sett. 2
∆ Il giorno 11 novembre si svolge un incontro con le case di riposo.
• Il giorno seguente si riunisce il gruppo operativo per prendere visione e discutere delle osser vazioni e
suggerimenti per venuti dalla prima tornata di consultazioni
Novembre/sett. 3
• Proseguono gli incontri di lavoro con le UO aziendali per la definizione dei contenuti del
documento; contemporaneamente si svolge un ulteriore incontro con il gruppo operativo del Piano ALTA Salute
per proseguire nell’elaborazione del documento in continua sinergia tra i due piani
Stesura di varie sezioni del documento-bozza, rilettura-correzione e condivisione dei contenuti
Novembre/sett. 4
∆ Il 26 novembre primo incontro di studio sul progetto “Città senza barriere” e la definizione di un gruppo di
lavoro sulla tematica
• Stesura puntuale del documento-bozza
Dicembre/sett. 1 e sett. 2
• Stesura puntuale del documento-bozza
Dicembre/sett. 3
• Giornata di studio sulla “Città senza barriere”
∆ Il dipartimento di salute mentale organizza un incontro specifico sul PdC
Dicembre/sett. 4
• Stesura puntuale del documento-bozza-rilettura
2004
Gennaio/sett. 1 e sett. 2
• Stesura puntuale del documento-bozza-rilettura
Fase di seconda consultazione e stesura bozza definitiva
Gennaio/sett. 3
• Il giorno 20 gennaio incontro con tutti i parroci, in par ticolare sul tema dei giovani
Gennaio/sett. 4
∆ Il giorno 26 gennaio, incontro con operatori dell’U.L.SS., amministratori, associazioni, terzo settore sul tema dei
minori e famiglia
∆ Il giorno 28 gennaio, sul tema della disabilità
∆ Il 29 gennaio - Convocazione del comitato dei Sindaci del Distretto a Schio
Febbraio/sett. 1
∆ Il giorno 5 febbraio, sul tema anziani con operatori U.L.SS., amministratori, case di riposo, associazioni, terzo
settor e.
∆ Il 5 febbraio - Convocazione del comitato dei Sindaci del Distretto a Thiene
Febbraio/sett. 2
∆ Incontro con il gruppo istituzionale con il quale viene stato condiviso lo stato del documento integrato con i
contributi e le osservazioni per venute durante i diversi incontri
Febbraio/sett. 3
• Stesura bozza semi-definitiva da presentare agli amministratori
Febbraio/sett. 4
• Il giorno 25 febbraio secondo Comitato dei sindaci del Distretto di Thiene
∆ Il giorno 26 incontro con la Comunità Montana “Astico Posina”
• Stesura bozza semi-definitiva da presentare agli amministratori
270
3. Il quadro delle azioni programmate
Aprile
∆ Il giorno 28.04.2004 - prima approvazione in Conferenza dei Sindaci del PdC 2004-2006 all’unanimità
Settembre-Novembre
∆ Serie di incontri nei Comitati dei Sindaci di Distretto per la ricondivisione con le nuove amministrazioni comunali
del del PdC 2004-2006 ed integrazione dei contenuti progettuali
Dicembre
∆ Il giorno 17 - riapprovazione della neo-insediata Conferenza dei Sindaci del PdC 2004-2006 in versione definitiva.
Il metodo di lavoro
271
I progetti innovativi
Non consiste tanto la prudenza della economia nel sapersi guardare dalle
spese, perché sono molte volte necessarie, quanto in sapere spendere con
vantaggio
Francesco Guicciardini
I progetti innovativi
Quadro sinottico dei progetti
Figura 68 Sintesi dei progetti innovativi. Quadro sinottico
273
274
P01.
3. Il quadro delle azioni programmate
La città senza barriere
L’urbanistica, finora, ha trattato la questione di come costruire “nella” città,
ma non di come costruire “la” città.
Franco Archibugi, La città ecologica
Obiettivo
Migliorare l’accessibilità degli spazi di vita a tutte le persone
Responsabile
Direttore dei Servizi Sociali dell'U.L.SS. n.4
Descrizione
Il progetto mira a creare una cultura dello spazio e dell’ambiente come componente fondamentale della qualità di vita di tutti i cittadini.
Prendendo spunto da un obbligo normativo, si propone, utilizzando i fondi derivanti dal 10%
degli oneri di urbanizzazione, di realizzare un progetto urbanistico complessivo di recupero di
percorsi naturalistici, piste ciclabili, zone verdi, adeguamenti strutturali inseriti organicamente nella comunità dell’Alto Vicentino.
Oltre al contributo fondamentale delle amministrazioni comunali, il progetto conta di ottenere l’appoggio delle associazioni di categoria, in particolare di industriali e addetti alle attività
collegate con il turismo locale (ristoratori, albergatori, ecc.).
Per “barriera” si intende un impedimento che crea una non corrispondenza tra le caratteristiche di un luogo e le capacità di una persona a vivere quel luogo; è chiaro quindi che un
luogo accessibile per un individuo può non esserlo per un altro e il livello di accessibilità complessivo di un luogo o di un sistema di luoghi è pari alle capacità del soggetto più debole e
alle caratteristiche del singolo luogo, esattamente come la forza di una catena si misura sulla
resistenza del suo anello più debole.
Il progetto non mira a mettere a norma singole strutture o edifici, ma a creare “percorsi
accessibili” che abbiano una logica, un inizio e una fine, siano inseriti nel contesto urbanistico e naturalistico dell’Alto vicentino; si parla quindi di “sistema di luoghi”.
È su questi sistemi che si concentra l’attenzione per creare percorsi continui e accessibili,
non solo per disabili fisici, ma per anziani, mamme con bambini piccoli o carrozzine, persone
perfettamente “abili” ma momentaneamente con difficoltà di movimento (infortunati), persone con difficoltà sensoriali e cognitive.
Nell’Azienda U.L.SS. n.4 è stata avviata una importante esperienza: il progetto “Una barriera
in meno... per un sorriso in più”. Il progetto proposto dallo Sportello unico per l’invalidità Uf ficio informahandicap risulta tra i 22 progetti vincitori della gara per l’anno europeo delle
persone con disabilità (2003).
Il progetto, rivolto a ragazzi delle classi seconde della scuola media inferiore e ai loro docenti, ha come obiettivo la sensibilizzazione degli studenti verso problematiche inerenti la disabilità e in particolare, creare una nuova coscienza dei diritti dei cittadini con disabilità anche
attraverso lavori di gruppo e simulazioni. Sono stati realizzati una serie di interventi mirati alla
presentazione e all’approfondimento delle diverse forme di disabilità, e delle relative bar rie-
I progetti innovativi
275
re architettoniche. Per assicurare l’interesse dei ragazzi è stato realizzato un breve video VHS
della durata di 26 minuti (una sintesi del quale è disponibile in internet nel sito dell’U.L.SS.
n.4 all’indirizzo www.ulss4.veneto.it) che conduce lo spettatore ad assistere alle difficoltà
quotidiane con le quali devono scontrarsi le persone con disabilità motorie. I ragazzi hanno
avuto occasione di sviluppare la capacità di interagire con relatori, in prevalenza persone disabili, riducendo le barriere psicologiche e culturali nei loro confronti. Sono state realizzate
delle uscite dei ragazzi nei quartieri per la rilevazione delle barriere e successivamente sono
state raccolti dati relativi alla non accessibilità. È stato importante documentare anche quei
percorsi, luoghi, locali, ecc. che rispettano le normative di legge e risultano di facile accesso
alle persone disabili.
Dalle rilevazioni raccolte si è passato all’istituzione di una banca dati sulla percorribilità delle
strade e sull’accessibilità dei servizi. Il materiale (fotografie, relazioni scritte e filmati) è stato
presentato all’attenzione dei vari Comuni, ai quali è stata proposta la risoluzione di “almeno
uno” dei problemi posti.
Prospettive future
Una par ticolare attenzione sarà posta al recupero e all’adeguamento di zone verdi e di percorsi nella natura, tentando di incoraggiare e diffondere l’abitudine ad uscire di casa a piedi
per una passeggiata o in bicicletta, su percorsi sicuri, ricchi di significato culturale, paesaggistico, storico; in questo senso l’iniziativa potrà avere diretti e significativi effetti sulla salute e sulla qualità di vita della comunità.
Ma l’iniziativa potrà avere anche una ricaduta economica per i luoghi attraversati da questi
percorsi: per questo motivo il coinvolgimento delle categorie economiche (ristoratori e albergatori in primis) potrà stato fondamentale.
Tra i risultati “secondari del progetto” vi è la realizzazione di una o più carte turistiche dell’Alto
Vicentino con la segnalazione di percorsi accessibili, locali “amici” con menù certificati, piste
ciclabili, zone ad interesse naturalistico, storico e culturale, e un calendario di tutti gli eventi
di natura rurale che ogni anno vengono realizzati nei diversi comuni dell’Alto Vicentino.
I luoghi della memoria intesi come quelle attività di recupero e valorizzazione del patrimonio
storico e culturale.
Presso il Comune di Schio è nato come attività di una commissione consultiva e di pre-collaudo, formata da tecnici comunali e rappresentanti delle associazioni che operano nel
campo della disabilità, il progetto “Spor tello Città Senza Barriere” con l’obiettivo di verificare
l’assenza di barriere architettoniche nelle opere pubbliche e negli immobili ad uso pubblico.
Linee guida per l’eliminazione delle barriere architettoniche
1. Legislazione Vigente Nazionale e Regionale – a cura del Centro di Documentazione sulle Barriere
Architettoniche, “linee guida per la redazione del piano di eliminazione barriere architettoniche”,
Regione del Veneto – Giunta Regionale, da pag. 14 a pag. 17, gennaio 2003 – confronto di applicazione nelle varie realtà comunale – interpretazione delle varie norme legislative (esempi: obbligo
ascensori, scale, pianerottoli) – regolamento edilizio.
2. Analisi Stato di Fatto della propria situazione estesa agli edifici e alle aree esterne – correlazione
con le varie pianificazioni comunali (PRG, Piano del Traffico, Piano della Mobilità, Arredo Urbano,
Traspor ti Pubblici) – esempi: edifici comunali di Thiene e barriere architettoniche marciapiedi di Schio
– schede di rilevazione edifici e luoghi pubblici ed aper ti al pubblico di Thiene + scheda rilevamento
marciapiedi percorsi pedonali Schio.
3. Enunciazione dei principi infor matori e degli obiettivi dell’Amministrazione.
4. Pianificazione degli interventi delle situazioni da rendere conformi – suggerimento di dotazione del
276
3. Il quadro delle azioni programmate
P.U.T. e del P.U.M. anche per Comuni piccoli con suppor to di progettazione esterna ed eventuale
associazione di Comuni limitrofi per la risoluzione di problemi comuni.
5. Inserimento degli inter venti all’interno della Programmazione Triennale ed annuale dei LL.PP.
6. Progettazione del singolo inter vento sulla scorta di: un progetto unitario complessivo e di un elenco di priorità predefinito.
7. Informazione/for mazione del cittadino sui principi informatori della progettazione e tecniche per
l’eliminazione delle barriere architettoniche (obiettivi e metodo per raggiungere lo scopo) per il rispetto delle soluzioni adottate e per l’uso corretto.
Documentazione di suppor to:
• di Gabriele Righetto, “Disuguaglianze nell’accesso ai ser vizi e ostacoli alla vivibilità urbana”, “La
città facile: per una società degli accessi e dei ser vizi facilitati”, da pag.83 a pag.117, Studi Zancan
n. 6/2002, Centro Studi e Formazione Sociale Fondazione “E. Zancan” onlus, Padova 2002;
• di Angelo Lippi, “Strategie per l’accesso ai ser vizi sociosanitari: informazione e partecipazione”,
da pag.118 a pag.131, Studi Zancan n.6/2002, Centro Studi e Formazione Sociale Fondazione “E.
Zancan” onlus, Padova 2002;
• Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche, P.E.B.A.- Sito Uf ficiale della Regione Veneto,
www.regione.veneto.it (Territorio, Lavori pubblici, Barriere architettoniche);
• Guida all’abbattimento delle barriere architettoniche con scheda tipo di rilevazione dati, Sito
Ufficiale della Regione Veneto, www.regione.veneto.it (Territorio, lavori Pubblici, Barriere
Architettoniche).
Indicatori
Ricaduta
Descrizione: percentuale di comuni che aderiscono (determinato sulla base popolazione)
Valore obiettivo: 50%
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Altissimo
(7)
Tempo sano
Basso
Totale
Aree
• Minori / giovani
• Adulti e anziani
• Disabili
• Popolazione
(1)
(11)
I progetti innovativi
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Alto
(5)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Alto
(5)
L’ambiente
Altissimo
Totale
(7)
(17)
Obiettivi da PSSR
• L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute.
• Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona.
• La conferma del ruolo del terzo settore, come soggetto attivo nella progettazione e nella realizzazione degli
inter venti sociosanitari e sociali, oltre che nel sistema di produzione ed of ferta dei servizi.
Azioni
dal
al
peso
1 Condivisione in sede di Esecutivo e di Conferenza dei Sindaci sull’iniziativa
09.2003
02.2004
Medio
2 Costituzione di un gruppo di lavoro operativo
01.2004
04.2004
Alto
3 Individuazione dei possibili percorsi sui quali lavorare
04.2004
12.2006
Alto
4 Definizione del gruppo di lavoro e relativi compiti
09.2004
12.2004
Alto
5 Ridefinizione del gruppo di lavoro
02.2005
05.2005
Alto
6 Progettazione e realizzazione
09.2004
12.2006
Medio
277
278
P02.
3. Il quadro delle azioni programmate
Fondazione di comunità vicentina per la qualità di vita Onlus
www.fondazionevicentina.it
Responsabile
Direttore dei Ser vizi sociali Azienda U.L.SS. n.4
Obiettivo
Creare un soggetto giuridico autonomo capace di promuovere la qualità di vita grazie alla cultura della donazione e della solidarietà
Descrizione
La nostra comunità si è arricchita, con la formale costituzione notarile avvenuta il
25.03.2004, di un importante strumento giuridico-organizzativo: la Fondazione di comunità
vicentina per la qualità di vita Onlus.
Si tratta di uno strumento di promozione e finanziamento di idee e progetti, provenienti dalla
comunità locale, orientati alla promozione del benessere.
La Fondazione di Comunità Vicentina è un ente non commerciale di diritto privato. Il suo obiettivo principale è il miglioramento della qualità di vita di una comunità, mediante l’attivazione
di risorse dirette alla promozione della cultura, della solidarietà e della responsabilità sociale.
I suoi elementi peculiari sono il patrimonio, costituito attraverso la raccolta e la gestione di
fondi volti al perseguimento dei più vari scopi filantropici, e il Consiglio di Amministrazione,
composto da volontari scelti per prestigio e conoscenza dei bisogni e delle potenzialità della
comunità.
La Fondazione strumento di sviluppo e programmazione
La costituzione di una fondazione di comunità rappresenta per l’Alto Vicentino un’opportunità di sviluppo basato sui principi della valorizzazione delle proprie risorse e della responsabilizzazione dei propri attori: Comuni, Provincia di Vicenza, Camera di Commercio Industria
Artigianato Agricoltura, Azienda U.L.SS. n.4, Privato Sociale, Volontariato, Associazionismo.
L’idea della Fondazione si inserisce nel nuovo modello di welfare community e ne rappresenta
lo spirito par tecipativo, e nel contempo uno strumento attuativo. Per la comunità la
Fondazione può essere un meccanismo di autofinanziamento del proprio sviluppo; investendo risorse proprie ed attirandone dall’esterno, si crea un circolo virtuoso che ne accresce la
disponibilità, aumentando grazie alla realizzazione di progetti volti al miglioramento della qua-
I progetti innovativi
279
lità di vita, sia la fiducia che la partecipazione dei cittadini, sia i benefici per la comunità tutta.
La Fondazione è inoltre uno strumento di comunicazione sociale e di crescita culturale per la
comunità grazie all’organizzazione di incontri e momenti di approfondimento.
La Fondazione può facilitare i processi di progettazione par tecipata al centro del modello
regionale di programmazione dei ser vizi alla persona ed in particolare del Piano di Zona, nel
rispetto delle reciproche responsabilità e del principio della sussidiarietà ver ticale ed orizzontale. In particolare può facilitare una concreta realizzazione del ruolo che la normativa più
recente attribuisce al volontariato: la Legge 328/2000 da infatti grande rilievo al ruolo del
volontariato, quando afferma che “Gli enti locali, le Regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociali…”, e ancora “alla gestione e all’offerta dei ser vizi provvedono soggetti pubblici nonché, in
qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concer tata degli interventi,
organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato…”.
La Fondazione può quindi divenire uno str umento concreto per la realizzazione dei principi di
par tecipazione espressi dalla legge, finanziando progetti e idee promossi e realizzati dal
volontariato e che altrimenti difficilmente potrebbero concretizzarsi non rientrando nei livelli
minimi e uniformi di assistenza garantiti dal finanziamento pubblico.
Il percorso della Fondazione: pianificazione delle attività, costi e risultati previsti
Perché una fondazione possa avviarsi con una ragionevole aspettativa di successo sono
necessarie alcune condizioni: la volontà e la fiducia nel progetto da parte della comunità locale nelle sue espressioni istituzionali, l’impegno anche personale di alcuni esponenti della
comunità stessa che, credendo nella validità del progetto, decidano di impegnarsi personalmente: uno staff di persone competenti che suppor tino l’attività della Fondazione in particolare negli aspetti promozionali, amministrativi, pubblicitari, gestionali.
a) La volontà di istituire la Fondazione è stata sancita con l’approvazione del Piano di Zona dei servizi alla persona 2001-2003 nei quali era ricompreso il progetto Fondazione di Comunità Vicentina
per la Qualità di Vita Onlus. Il progetto è stato presentato in tutti gli incontri preparatori alla stesura
del piano, con i comuni, il volontariato, il privato sociale e le associazioni di categoria, raccogliendo
in ogni occasione interesse e approvazione. Lo stesso Piano di Comunità (non più Piano di Zona)
2004-2006 l’ha recepito nella sua naturale evoluzione.
b) Nel mese di giugno 2002 è stato formalmente costituito il comitato d’onore della Fondazione che
ha raccolto l’adesione di oltre venti personalità rappresentative della comunità, tutti si sono dimostrati consapevoli del valore dell’iniziativa e intenzionati ad impegnarsi in prima persona per il successo della stessa.
c) È stata coinvolta la Fondazione Cariverona che ha dato il suo assenso al progetto impegnandosi
a contribuire in modo impor tante all’iniziativa con il proprio capitale, anche in considerazione del fatto
che si tratta della prima Fondazione di Comunità avviata nell’area di operatività della Cariverona.
d) Nel corso del 2003 (gli ultimi mesi del 2002 avevano visto un rallentamento dell’attività per la scadenza dei ver tici dell’Azienda) è stato prodotto un par ticolare impegno di coinvolgimento istituzionale non solo dei Comuni del territorio e dell’Azienda ma anche dell’Amministrazione Provinciale di
Vicenza e della Camera di Commercio di Vicenza. L’idea infatti era quella di basare l’iniziativa su un
accordo forte tra le quattro realtà (Comuni dell’U.L.SS. n.4, Azienda U.L.SS. n.4, Provincia di Vicenza,
Camera di Commercio), in grado di dare maggiore espressione e visibilità all’iniziativa stessa, di
280
3. Il quadro delle azioni programmate
aumentare il patrimonio iniziale e di essere interlocutore significativo per altre istituzioni, soprattutto bancarie. Sia la Provincia che la Camera di Commercio hanno aderito all’iniziativa, con l’invito ad
estendere l’ambito di operatività dell’Alto Vicentino all’intero territorio Provinciale. In data
21.05.2003 la Provincia assumeva formale impegno ed in data 28.08.2003 analoga scelta veniva
presa dall’Ente Camerale.
e) Tra i mesi di settembre e dicembre 2003, con il supporto di uno studio notarile, veniva definito
l’atto statutario con la precisazione degli ambiti di operatività, dell’articolazione degli organismi, della
gratuità delle prestazioni rese dai componenti, della costituzione del patrimonio. Tutti gli Enti fondatori entro il 31.12.2003 hanno provveduto a recepire lo statuto, lo schema di atto fondativo e hanno
stanziato la loro quota di partecipazione.
f) Il patrimonio complessivo iniziale è stato individuato in 215mila euro (di cui 150mila indisponibile)
grazie all’appor to di 115mila euro dall’U.L.SS. e dai Comuni dell’Alto Vicentino, di 70mila euro
dall’Amministrazione Provinciale, di 35mila euro dall’Ente Camerale.
g) In data 25.03.2004 è stato stipulato l’atto fondativo, nel corso del quale sono state individuate
le persone chiamate a ricoprire gli incarichi all’interno del Consiglio di Amministrazione, del Collegio
dei Revisori, del Collegio dei Probiviri. In prima istanza il Consiglio di Amministrazione è stato nominato con 9 membri (lo Statuto offre la possibilità di allargarlo a 15) e a presiederlo è stato chiamato il Presidente della Conferenza dei Sindaci. Ne fanno parte altr esì l’ex-Vescovo di Vicenza, due
imprenditori, un esponente del mondo del lavoro dipendente, un esponente del mondo del volontariato e del terzo settore, un esponente dell’Azienda U.L.SS. e uno della Provincia.
h) È stato definito, in data 06.05.2004, durante la prima riunione del Consiglio di Amministrazione
l’assetto organizzativo della Fondazione, individuando le risorse umane dedicate allo scopo (in par te
messe a disposizione, nella fase iniziale dall’U.L.SS. n.4) e la sede della Fondazione all’interno del
Centro Ser vizi di Montecchio Precalcino. Nella stessa occasione è stato elaborato un piano di sensibilizzazione del territorio, nelle sue varie componenti, volto alla cultura della donazione e alla conoscenza della Fondazione.
i) Con decreto n.120 del 28 settembre 2004 è stata riconosciuta da parte della Regione Veneto la
personalità giuridica della Fondazione e la contestuale iscrizione della stessa nel registro delle persone giuridiche.
j) Il 22 ottobre 2004 si è svolta la serata di presentazione della Fondazione presso la sede della stessa, nella Villa Nievo Bonin Longare a Montecchio Precalcino.
Tra i soci fondatori molto chiaro è stato l’orientamento concettuale per cui la Fondazione di
Comunità Vicentina per la Qualità di Vita Onlus, fondazione di comunità di tipo erogativo, non
ha uno scopo definito a priori, ma si occupa di promuovere lo sviluppo di una determinata
comunità locale. Nonostante questa dovuta premessa, questa fondazione, in par ticolare nella
sua fase di avvio, si propone di orientare la sua attenzione prevalentemente su filoni di attività socio-sanitaria aggiuntivi ai LEA ed in particolare:
1. sostegno ai progetti per il “dopo di noi” sia di persone disabili, sia persone in situazione di svantaggio;
2. progetti di sostegno alle realtà aggregative per minori ed adolescenti;
3. sostegno ai pr ogetti per l’integrazione sociale di persone svantaggiate (centri diurni, integrazione
lavorativa, superamento di ex ospedale psichiatrico);
4. pr ogetti per il miglioramento degli stili di vita sani, obiettivo fondamentale del Piano di Comunità
2004-2006 voluto dalla Conferenza dei Sindaci.
Sede
La sede legale della fondazione è presso Villa Bonin Longare di Montecchio Precalcino, sede
I progetti innovativi
281
dell’ex ospedale psichiatrico: tale scelta va nella direzione di una ulteriore aper tura di un’area importante per l’U.L.SS. n.4, alla comunità locale, sulla quale da quattro anni sono in
corso azioni di rivalutazione (convegnistica, formazione di personale sanitario, inserimento di
una scuola elementare, sede di un ser vizio disturbi del comportamento alimentare).
La struttura di proprietà dell’U.L.SS. attrezzata, con sala riunioni, sala convegni in un’area
particolarmente suggestiva. Ciò permette di azzerare i costi di locazione e manutenzione
della sede.
Per quanto riguarda il personale, la Fondazione si avvarrà, nella fase di avvio (primi due anni),
di personale messo a disposizione dai soci fondatori e della collaborazione di volontari.
Indicatori
Descrizione: finanziare e sostenere iniziative e progetti del volontariato e del terzo settore.
Valore: 60.000 euro nel 2005, 80.000 euro negli anni seguenti.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Medio
(3)
Tempo sano
Medio
(3)
Totale
(9)
Aree
• Minori / giovani
• Adulti e anziani
• Disabili
• Dipendenze
• Salute mentale
• Integrazione lavorativa
• Immigrazione
• Popolazione
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Alto
(5)
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Medio
(3)
L’ambiente
Basso
Totale
(1)
(12)
Obbiettivi da PSSR
• L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
282
3. Il quadro delle azioni programmate
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
• La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone
• La conferma del ruolo del terzo settore, come soggetto attivo nella progettazione e nella realizzazione degli
interventi sociosanitari e sociali, oltre che nel sistema di produzione ed offerta dei ser vizi
• Il riconoscimento del diritto del cittadino e della famiglia a scegliere liberamente come e da chi e con quali
modalità farsi assistere in caso di bisogno
Azioni
Dal
Al
Peso
0 Progettazione e contatti preliminari
01.2002
03.2004
Alto
1 Costituzione, registrazione e inaugurazione
02.2004
10.2004
Alto
2 Piano marketing
10.2003
12.2004
Medio
3 Primo bando progetti
10.2004
02.2005
Alto
4 Prima campagna di raccolta fondi
10.2004
12.2004
Medio
5 Organizzazione di un incontro per promuovere il messaggio della fondazione 06.2004
10.2004
Medio
6 Secondo bando
10.2005
02.2006
Medio
7 Terzo bando
10.2006
02.2007
Basso
8 Quarto bando
10.2007
12.2007
Basso
9 Incremento capitale della fondazione
08.2004
12.2007
Alto
Finanziamenti
Euro
Ente finanziatore
70.000
Provincia di Vicenza
110.000
Conferenza dei Sindaci
35.000
Camera di Commercio di Vicenza
NB: I finanziamenti sono relativi all’avvio della Fondazione
I progetti innovativi
P03.
283
Housing sociale
Responsabile
Direttore dei Ser vizi Sociali dell’U.L.SS. n.4
Obiettivo
Realizzare alcune abitazioni o gruppi appar tamento adeguati a persone anziane o con disabilità
Descrizione
Il bisogno cui il progetto intende rispondere è, in sintesi, quello di un sostegno e di una
mediazione di garanzia per l’accesso al mercato degli alloggi da parte di cittadini in situazione di svantaggio in fase di integrazione sociale, partendo dalle positive esperienze consolidate nel territorio: “La Rondine” di Marano, “Casa Albergo” di Thiene, “La Filanda” di Schio,
“Vita Indipendente” di Breganze ed altri.
Destinatari
L’area di maggior criticità che presenta, contemporaneamente, maggiori potenzialità di riuscita dell’iniziativa, è rappresentata da soggetti in situazione di emarginazione o scarse risorse
personali, in difficoltà economica e privi di alloggio, appar tenenti alle seguenti categorie:
• ex carcerati;
• ex tossicodipendenti e persone con disturbi psichiatrici e compor tamentali;
• donne sole con minori a carico;
• persone con problematiche di rilevanza socio-economica che hanno situazioni abitative precarie,
alloggi inadeguati o impropri o sono prive di alloggio e che, autonomamente, non hanno la possibilità di accedere al mercato della locazione privata;
• immigrati extracomunitari, che incontrano dif ficoltà oggettive e spesso insormontabili nella ricerca
di un alloggio; difficoltà che spesso sono superabili solo a condizioni inique (affitti maggiorati, assenza di contratti e dunque assoluta precarietà rispetto alla cer tezza dell’alloggio, condizioni igienicostrutturali scarse o pessime).
Questo tipo di servizio potrà interessare anche utenti affetti da patologia psichiatrica in fase
di cronicità compensata che abbiano, accanto ai bisogni sanitari e assistenziali a cui rispondono i servizi psichiatrici territoriali, anche bisogni residenziali, potendosi configurare soluzioni di appartamenti inseriti in contesti urbani condivisi da utenti con caratteristiche di piccole comunità alloggio o appartamenti protetti.
Finalità del progetto
• Favorire la sensibilizzazione del territorio e dei suoi interlocutori rispetto alle tematiche legate al
problema abitativo e promozione di una mentalità dell’accoglienza;
• realizzare inter venti volti a facilitare l’accesso al mercato degli alloggi da parte di cittadini in situazione di disagio
• realizzare inter venti trasversali di orientamento, formazione e accompagnamento rivolti al territorio
e ai destinatari dir etti per favorire l’integrazione.
Azioni chiave
• Utilizzo dell’agenzia sociale per la casa già attivata con il piano di zona 2001-2003, degli uf fici casa
dei comuni affinché attivino strumenti di mediazione e facilitazione nell’accesso al mercato degli
alloggi, attraverso il monitoraggio della domanda e dell’of ferta di alloggi, l’analisi e la selezione delle
284
3. Il quadro delle azioni programmate
candidature la facilitazione dell’incontro fra domanda e of ferta, la costituzione di un fondo di garanzia comunale per sostenere l’accreditamento della domanda di alloggi presso il ter ritorio, la disponibilità di appar tamenti di proprietà pubblica;
• predisposizione rete di suppor to e accompagnamento, fornita da operatori di IPAB/case di riposo/comuni, in collegamento con i ser vizi distrettuali, qualora sia necessario un percorso ad alta integrazione socio–sanitaria per le persone inserite nel progetto di housing sociale
Azioni trasversali
• Accoglienza e informazione per i destinatari diretti e per il territorio;
• orientamento individuale e di gruppo;
• formazione mirata, anche personalizzata;
• aggregazione e socializzazione;
• accompagnamento al lavoro e all’inserimento sociale;
• monitoraggio in itinere;
• controllo, anche esterno, sui risultati dell’intera iniziativa.
Analisi del bisogno
Il bisogno cui il progetto intende rispondere è stato rilevato, soprattutto in questi ultimi tre
anni, attraverso l’azione sinergica degli organismi preposti alla relazione, all’informazione,
all’assistenza nei confronti dei destinatari diretti del progetto stesso, che si è focalizzata:
• sulla situazione, le caratteristiche e le specificità del fenomeno di fabbisogno di alloggi da destinare a cittadini extracomunitari e cittadini del territorio, a cittadini del territorio in situazione di svantaggio;
• sulle condizioni oggettive di operatività degli organismi istituzionali che inter vengono direttamente
o trasversalmente sull’area di fabbisogno;
• sugli atteggiamenti “culturali” presenti sul territorio;
• sulle caratteristiche, i vincoli e le criticità dell’of ferta di alloggi ai cittadini in stato di svantaggio:
• sulle conseguenti condizioni di disagio e svantaggio sociale.
I par tner del progetto
• Comuni del territorio;
• associazioni di volontariato;
• associazioni di categorie produttive;
• agenzia Sociale per la casa;
• IPAB/case di riposo/U.L.SS. n.4.
Fasi
• Fase 0 – individuazione dei potenziali destinatari per ogni comune;
• Fase 1 – individuazione immobili disponibili;
• Fase 2 – attivazione dell’agenzia sociale casa;
• Fase 3 – gestione degli immobili;
• Fase 4 – orientamento, formazione ed integrazione sociale e lavorativa;
Fase 0 – individuazione dei destinatari e dei fabbisogni
• Identificazione dei requisiti di accesso (caratteristiche, situazione finanziaria/lavorativa, storia di
vita, motivazioni, punti di forza e di debolezza) attraverso strumenti dedicati di intervista, colloquio e
analisi delle esperienze.
Fase 1 – individuazione immobili
• Convenzione Comuni/Privati e dichiarazione di disponibilità degli immobili.
• Definizione delle condizioni d’uso degli immobili in questione, durata e condizioni economiche.
I progetti innovativi
285
• Azioni positive dei comuni nei confronti dei proprietari per concorrere all’abbassamento dei costi
rispetto a quelli di mercato.
• Cofinanziamento privato (impegno da parte dei privati finalizzato al ridimensionamento dei costi
rispetto a quelli di mer cato).
• Calcolo comparativo tra costi di mercato e costi riferiti all’iniziativa.
Fase 2 – inter vento dell’Agenzia Sociale Casa e degli Uf fici casa dei Comuni
Esso perseguirà, comunque, i due seguenti scopi principali:
• facilitare l’accesso all’housing sociale (mediante iniziative di sensibilizzazione all’accoglienza);
• offrire garanzie, anche finanziarie, per facilitare la sistemazione abitativa predisponendo oggettivi
meccanismi di selezione per l’attribuzione dell’abitazione, con l’obiettivo di creare vincoli e limiti precisi di accesso che non lascino spazio all’interpretazione o, peggio, alla discrezionalità per cittadini
in momentanea difficoltà.
Fase 3 – gestione degli immobili
• Costruire un coordinamento di azioni consequenziali. Le azioni previste da un autonomo precedente progetto dell’Ufficio Casa vengono fatte proprie dalla presente iniziativa, ed anzi rappresenteranno un esempio di integrazione armonica tra i due ser vizi.
• Personale messo a disposizione per rispondere alle conseguenti necessità dalle IPAB, dalle Case
di Riposo dal privato sociale dai ser vizi domiciliari dei Comuni.
Fase 4 – orientamento, accompagnamento e sostegno alla integrazione sociale e al lavoro
• colloqui individuali per l’analisi del profilo, l’individuazione di bisogni di accompagnamento sociale,
il livello motivazionale, le prospettive di tenuta rispetto al progetto, i punti di forza e di debolezza;
• colloqui individuali di monitoraggio delle esperienze e dell’inserimento sociale (in itinere, con scadenze periodiche, e ad hoc su richiesta dei cittadini destinatari);
• orientamento sociale, scolastico, formativo o professionale;
• progetto di vita (in ingresso e in itinere, se dai colloqui di monitoraggio dovessero emergere esigenze di revisione del progetto individuale);
• progetto individualizzato di inserimento professionale;
• accompagnamento al lavoro;
• consulenza su aspetti nor mativi e contrattuali;
• strumenti di base per l’autonomia (orientamento sul territorio, uso e gestione del denaro, organizzazione del quotidiano);
• gruppi dinamici per l’interscambio di esperienze (in itinere, per favorire la socializzazione, l’aggregazione, l’appar tenenza e la fidelizzazione al progetto).
Ripetibilità ed estensibilità interne dell’iniziativa
A conclusione del terzo anno, raggiunta la programmata autonomia, i soggetti destinatari verranno indirizzati e sostenuti nella ricerca di una sistemazione abitativa definitiva sul libero
mercato pur continuando, eventualmente, ad avvalersi di tutti i contributi di legge previsti per
la generalità dei cittadini. Per i soggetti più deboli, sarà previsto l’inserimento nella graduatoria per l’assegnazione di alloggi pubblici.
Costi
Oltre ai costi difficilmente stimabili relativi alla costruzione, acquisizione, ristrutturazione o
locazione di stabili adibiti al progetto, si ipotizza l’inserimento, nella rete dei ser vizi, dell’agenzia sociale per la casa (estesa non solo agli extracomunitari ma a tutte le fasce di svantaggio sociale sempre più frequenti) per un impor to di circa 20.000 euro annui subordinate
all’apertura di un secondo sportello presso Thiene.
286
3. Il quadro delle azioni programmate
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Alto
(5)
Totale
(8)
Aree
• Adulti e anziani
• Disabili
• Dipendenze
• Salute mentale
• Immigrazione
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
L’ambiente
Alto
Totale
(5)
(11)
Obbiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
I progetti innovativi
P04.
287
Consolidamento/potenziamento fondo residenzialità disabili
gravi
Responsabile
Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4
Obiettivo
Garantire accesso alla residenzialità per disabili gravi
Descrizione
L’esperienza avviata con il precedente piano di zona che si è concretizzata con la costituzione di un sistema di garanzia per la residenzialità disabili, ha registrato un risultato positivo
sia per il numero di utenti inseriti, sia per la sostenibilità economica del progetto nel suo complesso.
La costituzione del fondo solidarizzato ha permesso alle famiglie di persone disabili di far
fronte alla spesa per le rette in str utture sostanzialmente con i soli redditi della persona disabile sgravando le famiglie dall’onere di contribuire al pagamento della retta.
Questo risultato è stato possibile anche grazie all’impegno delle amministrazioni comunali
che hanno aderito al progetto con un incremento della quota associativa fino a 2,92 euro procapite per l’anno 2004 e alla piena applicazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) che
hanno por tato l’Azienda U.L.SS. n.4 a contribuire con il proprio bilancio oltre le quote regionali previste.
Con l’approvazione del presente piano, la Conferenza dei Sindaci dà continuazione a questo
importante progetto per il periodo di validità del piano stesso (2004/06), mantenendo la
quota procapite a 2,92 euro e adeguando di anno in anno tale importo all’indice Istat annuo
medio al mese di dicembre, previo parere della Conferenza dei Sindaci.
Il fondo di residenzialità viene allargato anche alle situazioni di pronta accoglienza, che rientrano nei requisiti previsti dal regolamento, potenziando nel corso del triennio di validità del
piano dagli attuali 2 a 4 posti individuati nelle strutture presenti nel territorio dell’U.L.SS. n.4.
Il regolamento di accesso è stato modificato introducendo una clausola, a valenza retroattiva al 1 gennaio 2004, che limita il diritto di accesso alle persone residenti nel territorio
dell’U.L.SS. n.4 da non meno di 3 anni.
Sarà inoltre avviata un’iniziativa di monitoraggio continuo della qualità dell’assistenza nelle
strutture residenziali secondo il modello dell'accreditamento di eccellenza.
Costo
Il progetto verrà finanziato grazie al contributo dei Comuni e alla quota sanitaria suddivisa tra
il contributo regionale e la quota aggiuntiva dell’U.L.SS. n.4 in applicazione dei LEA; il costo
complessivo stimabile per anno è di circa 880.000 euro.
Indicatori
Sostenibilità economica del progetto nel rispetto del regolamento di accesso.
288
3. Il quadro delle azioni programmate
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Alto
(5)
Tempo sano
Basso
(1)
Totale
(9)
Aree
• Disabili
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Alto
I servizi sociosanitari e sociali
Alto
(5)
(5)
Totale
(10)
Obbiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
Azioni
Dal
Al
Peso
1. Attivazione posto pronta accoglienza
03.2004
12.2006
Alto
2. Verifica di sostenibilità economica del fondo
06.2004
12.2006
Basso
3. Valutazione della qualità delle strutture (Comunità Servizi e Lisa)
01.2005
12.2006
Medio
4. Valutazione ed eventuale avvio del quarto posto di pronta accoglienza
01.2006
06.2006
Basso
5. Potenziamento di almeno un posto di residenzialità
01.2005
06.2005
Medio
6. Monitoraggio sui percorsi assistenziali definiti dall’UVMD
01.2005
12.2006
Medio
7. Modifica del regolamento di accesso
10.2004
Alto
I progetti innovativi
P05.
289
Prevenzione: adesione allo screening mammografico
Responsabile
Dipartimento di Prevenzione
Obiettivo
Mantenere l’adesione allo scr eening della popolazione target (donne fra i 50 e i 69 anni) oltre
i valori raccomandati dalle linee-guida (70%).
Descrizione
Lo screening per la diagnosi precoce del carcinoma alla mammella ha preso avvio, per la
terza fase 2002-2005, nell’aprile 2004.
L’azione si svolge tramite l’invito di tutte le donne ricomprese nel target di riferimento ad
eccezione di casi particolari e codificati (ad esempio l’essere già state sottoposte negli ultimi 18 mesi a mammografia, o per gravi patologie o per rifiuto scritto dell’interessata, ecc.).
Un ruolo importante è svolto dal medico di medicina generale che contribuisce alla diffusione di una corretta informaione, promuove l’adesione allo screening, partecipa all’attività di
counselling dei casi dubbi o positivi. Sono previsti momenti di informazione e formazione
rivolti a tutti i medici di medicina generale.
Viene svolta inoltre una generale campagna di sensibilizzazione che si rafforza nei comuni di
volta in volta coinvolti dallo screening.
Indicatori
Percentuale di donne sottoposte a screening rispetto al target: 70%.
Coordinate
Aree
• Popolazione femminile (età tra i 50 e i 69 anni)
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Alto
(5)
Totale
(8)
Obiettivi da PSSR
• L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute
• Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona
290
P06.
3. Il quadro delle azioni programmate
Prevenzione: adesione allo screening colon-retto
Responsabile
Dipar timento di Prevenzione
Obiettivo
Attuazione prova pilota presso il Comune di Zanè. Implementazione fase estensiva entro i
successivi 2 anni
Descrizione
La finalità dello screening del carcinoma colon-retto è l’individuazione delle lesioni precancerose e dei casi di neoplasia negli stadi precoci, in modo da ridurre l’incidenza e la mortalità.
I tassi grezzi di incidenza per 100.000 abitanti dei tumori del colon-retto sono 69 nei maschi
e 59 nelle femmine, si stima percò che in un anno nell’U.L.SS. n.4 si manifestino circa 114
nuovi casi; questa neoplasia rappresenta la terza classe più frequente nei maschi e la seconda nella femmine. Il trend degli ultimi 10 anni è in aumento.
Per quanto riguarda il tasso di mor talità, si nota come questa categoria di tumori rappresenta la seconda causa di morte, tra tutti i tumori, sia nei maschi che nelle femmine.
Per questi motivi si evidenzia la necessità di avviare una estesa campagna di screening così
come si è già fatto per il carcinoma della mammella.
Indicatori
Percentuale di adesione allo screening: 50% del target di riferimento (uomini e donne fra i 50
e i 69 anni).
Coordinate
Aree
• Popolazione (età tra i 50 e i 69 anni)
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Alto
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Alto
(5)
Totale
(8)
Obbiettivi da PSSR
• L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute
• Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona
I progetti innovativi
Azioni
Dal
Al
Peso
1. Istituzione del Comitato tecnico
06.2003
06.2003
Medio
2. Definizione del modello organizzativo
06.2003
07.2003
Medio
3. Individuazione e formazione del personale
10.2003
11.2003
Medio
4. Attivazione del sistema informativo
09.2003
10.2003
Medio
5. Informazione dei mmg del Comune pilota
10.2003
11.2003
Medio
6. Informazione popolazione del Comune pilota
11.2003
11.2003
Medio
7. Sperimentazione nel Comune pilota
12.2003
04.2004
Alto
8. Analisi esperienza ed aggiustamenti
07.2004
07.2004
Medio
9. Avvio fase estensiva
10.2004
12.2006
Alto
291
292
P07.
3. Il quadro delle azioni programmate
Auto Aiuto
Responsabile
Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4
Obiettivo
Sviluppare e promuovere la cultura dell’auto-aiuto in tutte le aree ad alta integrazione sociosanitaria
Descrizione
L’O.M.S. definisce l’auto mutuo aiuto come: “tutte le misure adottate da non professionisti
per promuovere o recuperare la salute di una comunità [...] una risorsa per la comunità [...]
i gruppi di self-help sono piccole strutture gruppali volontarie per il mutuo aiuto. Sono solitamente formati da pari, che si uniscono insieme per una mutua assistenza al fine di soddisfare un bisogno comune, portando ad un cambiamento personale e/o sociale [...] accentuano le relazioni faccia a faccia e promuovono l’assunzione delle responsabilità da parte dei
membri”.
Perché si verifichi il mutuo aiuto è necessario che chi aiuta e chi viene aiutato condividano
assieme la storia di un medesimo problema; si tratta quindi di recuperare in chiave moderna
una dinamica propria dell’essere umano al pari della solidarietà e della comprensione.
I gruppi di autoaiuto non sono da considerarsi come contrapposti e alternativi ai ser vizi tradizionali, ma si pongono piuttosto in sinergia con essi, potendo potenziare i loro effetti sulla
comunità, rendendo maggiormente efficace ed efficiente il risultato.
Le esperienze di gruppi di autoaiuto nel territorio dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” sono numerose e coinvolgono l’area delle dipendenze (da alcool), l’area della salute mentale, delle famiglie affidatarie, restano da attivare nell’ar ea della disabilità, dell’inserimento lavorativo, dei
malati terminali.
Auto Aiuto nella Salute Mentale
Nell’area della salute mentale i gruppi di auto mutuo aiuto hanno un rilievo crescente e progressive gemmazioni, sostenute sia dall’Azienda U.L.SS. n.4 sia dagli Enti Locali, sono dedicate a pazienti (“soci disagiati”) e a familiari.
Nel territorio del distretto di Thiene, in parte come conseguenza del progetto “Conoscere e
partecipare” realizzato con il precedente piano di zona, sono nati anche i gruppi A.M.A. In un
primo momento è stato avviato il gruppo dei familiari e in seguiti un gruppo di utenti, successivamente organizzato in diversi sottogruppi a seconda degli interessi e bisogni espressi
dagli utenti stessi.
Attualmente sono operativi:
• gruppo de familiari denominato “L’Ancora”;
• gruppo di utenti denominato “Self help ri...trovarsi” che comprende a sua volta 3 sottogruppi:
• “noi come gli altri” sul tema della socialità;
• “Ritroviamo i colori” sul tema della depressione e solitudine;
• “Impariam l’inglese”.
Indicatori
Presenza di gruppi di autoaiuto nelle diverse aree.
I progetti innovativi
293
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Alto
(5)
Tempo sano
Medio
(3)
Totale
(8)
Aree
• Minori / giovani
• Adulti e anziani
• Disabili
• Dipendenze
• Salute mentale
• Integrazione lavorativa
• Immigrazione
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Basso
(1)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Alto
(5)
Totale
(9)
Obbiettivi da PSSR
• L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute
• La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone
Azioni
Dal
Al
Peso
1. Sensibilizzazione del territorio
01.2005
12.2006
Medio
2. Sostegno a promozione di attività formative per i gruppi
01.2005
12.2006
Medio
3. Sostegno logistico-organizzativo alle attività dei grupp i
01.2005
12.2006
Medio
Costi
Il progetto prevede contributi nelle diverse aree di svantaggio; in particolare nell’area relativa
alla psichiatria per un ammontare indicativo di 60.000 euro all’anno, 25.000 euro all’anno
per i gruppi nell’area delle dipendenze, ed infine altri 10.000 euro all’anno per le altre aree.
294
P08.
3. Il quadro delle azioni programmate
Adeguamento e miglioramento dell’offerta dei servizi
educativi diurni per disabili
Responsabile
Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4
Obiettivo
Completare l'of ferta dei ser vizi semiresidenziali per disabili
Descrizione
Il progetto si propone di adeguare l’offerta dei ser vizi semiresidenziali per persone disabili
sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello qualitativo. Dal punto di vista quantitativo,
avviato il nuovo CEOD di Torrebelvicino, sarà completato e avviato il CEOD di Chiuppano.
Nel corso del 2003, nel territorio si è assistito ad un processo di adeguamento dell’offerta
per migliorare le strutture esistenti.
L’individuazione di Torrebelvicino, zona prevalentemente montana e area geografica scoper ta
da servizi semiresidenziali, limiterà i disagi di molti disabili, costretti a spostarsi in altri
Comuni. Tale scelta, inoltre, diminuirà i problemi legati allo spostamento e faciliterà adeguate garanzie di socializzazione e di integrazione degli ospiti. Il nuovo CEOD è collocato in zona
centrale, facilmente accessibile. La capienza è di 20 persone.
Sono inoltre ter minati i lavori per l’ampliamento del CEOD di Lugo, spazi più idonei e confortevoli potranno offrire risposte più efficaci e rispettose delle esigenze degli ospiti.
L’avvio della costruzione del CEOD di Chiuppano è prevista entro la primavera del 2005 e la
conclusione entro dicembre 2005. Ospiterà 20 persone.
Nel corso del 2004 è stato ristrutturato il CEOD di Velo d’Astico per complessivi 130.000
euro finanziati al 50% dall’U.L.SS. n.4 e dall’altro 50% dai Comuni; è prevista nell’arco di
vigenza del piano anche un’analisi della situazione strutturale del CEOD di Malo per tutte le
migliorie necessarie e realizzabili.
Dal primo gennaio 2004 è stato messo a regime, dopo una fase sperimentale di tre anni, il
CEOD Vita Indipendente, struttura innovativa dedicata all’accoglienza di persone af fette da
disabilità prevalentemente neuromotoria, in grado di offrire attività non solo terapeutico-occupazionale ma anche riabilitativa su specifico percorso indicato dall’UVMD distrettuale. Da febbraio 2005 il servizio si sposterà in una nuova moderna struttura, sempre a Breganze.
Sotto il profilo della qualità, così come per le strutture residenziali sarà avviata un'iniziativa
per la valutazione e il monitoraggio dei servizi sia pubblici che privati.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Medio
(3)
Tempo sano
Medio
(3)
Totale
(9)
I progetti innovativi
295
Aree
• Disabili
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Alto
(5)
Totale
(8)
Obbiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
Azioni
Dal
Al
Peso
01 Riqualificazione del centro “Vita indipendente” di Breganze
01.2004
02.2004
Basso
02 Realizzazione CEOD di Chiuppano
02.2005
12.2005
Alto
03 Adeguamento CEOD di Velo d’Astico
05.2004
2005
Basso
04 Avvio di iniziative per la valutazione della qualità dei servizi
05.2004
12.2006
Medio
05 Analisi strutturale CEOD di Malo, interventi migliorativi
01.2005
12.2005
Basso
296
P10.
3. Il quadro delle azioni programmate
Piano triennale “Fondo lotta alla droga 2003/05”
Responsabile
Responsabile Ser.T U.L.SS. n.4
Obiettivo
Migliorare la comunicazione tra i diversi attori interessati nelle attività di prevenzione e l’apertura di un dialogo fra la cosiddetta normalità e quei soggetti definiti marginali
Descrizione
Grande sforzo e impegno è stato prodotto al fine di redigere il secondo piano triennale
U.L.S.S. n.4 Lotta alla Droga 2003/05, finanziato dalla Regione Veneto con il patrocinio
dell’Assessorato regionale ai Ser vizi Sociali, avviato nel mese di febbraio 2003 nel nostro territorio. Tale programma di inter venti nell’ambito delle dipendenze patologiche ha seguito un
percorso nuovo, rispetto alla precedente pianificazione 2000/02, che ha visto il passaggio:
• da interventi riparativi sempre più a progetti preventivi e promozionali
• da interventi discrezionali a inter venti essenziali e uniformi
• da inter venti “per municipi” all’associazionismo progettuale e operativo dei Comuni
• da risposte sporadiche a reti integrate di opportunità
Si è iniziato, pertanto, un percorso nuovo in questo settore che affianca la pratica di cura e
di clinica (che presenta, pur troppo, un evidente incremento della domanda dei ser vizi da
parte dei giovani e relative famiglie e, quindi, di prevenzione secondaria), in sintonia con l’ottica della gestione dell’U.L.SS. n.4 di privilegiare la presa in carico della persona e il lavoro
di rete della comunità.
Il sopracitato Piano lotta alla droga 2003/05, frutto di una forte condivisione, progettuale ed
operativa, tra pubblico, privato sociale e volontariato, si è basato pertanto sulla strategia
delle connessioni.
Essa ha implicato tre livelli di integrazione:
a) all’interno delle istituzioni coinvolte, soprattutto enti locali (ver ticale ed orizzontale);
b) fra i soggetti istituzionali e sociali (azione di rete condivisa);
c) a livello di territorio (convenzioni, accordi programma).
Ciò ha portato ad un forte accento sulla relazione come fattore chiave al fine della promozione di benessere nella comunità e nelle persone che vi appartengono.
Caratteristica che accomuna la numerosità dei progetti proposti per il prossim o triennio è il
tentativo di favorire un assetto organizzativo ed operativo che miri al superamento della settorialità, garantendo così una maggior qualità degli interventi.
La globalità dell’intervento ha come obiettivo il creare i presupposti per l’acquisizione di competenze necessarie ad una corretta valutazione e comprensione delle situazioni a rischio e il
promuovere la messa in campo delle proprie risorse in direzione di un’assunzione di responsabilità rispetto alle proprie scelte.
Gli undici progetti del nuovo Fondo lotta alla droga sono:
1) Scuola Aper ta
2) Segnali sociali www.Branco.net . Progetto integrato tra Ser.T di Thiene, Vicenza e Bassano
3) Locale Amico
4) Goal - Progetto di rete tra Servizio pubblico e realtà associative sull'alcoldipendenza
5) Alcol sostanze e guida sicura
6) Lo sport nella prevenzione del disagio giovanile
I progetti innovativi
297
7) Programma serale per assuntori di droghe ricreazionali
8) Blu runner
9) Passwork
10) Care Job 4
11) Doppia "D"
La scelta di privilegiare in numerosi progetti il lavoro con la comunità anziché quello con l’utenza finale (vero è proprio destinatario) apre la strada alla possibilità che la comunità possa
diventare un organismo autopreventivo.
Potremmo definire facilitatori della prevenzione tutte quelle persone o quelle agenzie del territorio coinvolte in un processo di potenziamento (valorizzazione) dei fattori protettivi e delle
risorse delle popolazioni considerate a rischio in una comunità.
In sintesi la strategia d’intervento per il triennio deve essere rivolta a tre target:
1) la comunità in genere;
2) le associazioni del pubblico e del privato sociale che entrano in contatto a vario titolo con persone a rischio, giovani e ragazzi;
3) persone che hanno il problema di uso di sostanze stupefacenti.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Alto
(5)
Tempo sano
Medio
(3)
Totale
(8)
Aree
• Dipendenze
• Integrazione lavorativa
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Basso
(1)
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Medio
(3)
Totale
(7)
Obbiettivi da PSSR
• Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
• La conferma del ruolo del terzo settore, come soggetto attivo nella progettazione e nella realizzazione
degli interventi sociosanitari e sociali, oltre che nel sistema di produzione ed offerta dei servizi
298
3. Il quadro delle azioni programmate
Azioni
1 Scuola Aperta
Dal
Al
Peso
02.2003
02.2006
Alto
2 Segnali sociali www.Branco.net. Progetto integrato tra Ser.T di Thiene, Vicenza e Bassano del Grappa
3 Locale Amico
02.2003
02.2006
Medio
02.2003
02.2006
Medio
4 Goal - Progetto di rete tra Servizio pubblico e realtà associative sull’alcoldipendenza
02.2003
02.2006
Medio
5 Alcol sostanze e guida sicura
02.2003
02.2006
Medio
6 Lo sport nella prevenzione del disagio giovanile
02.2003
02.2006
Medio
7 Programma serale per assuntori di droghe ricreazionali
02.2003
02.2006
Medio
8 Blu runner
02.2003
02.2006
Medio
9 Passwork
02.2003
02.2006
Medio
10 Care Job 4
02.2003
02.2006
Medio
11 Doppia “D”
02.2003
02.2006
Basso
Costi (nel triennio)
Euro
N.
Azione
217.082
1
Scuola Aper ta
20.658
2
Segnali sociali www.Branco.net
41.335
3
Locale Amico
24.274
4
Goal
30.470
5
Alcol sostanze e guida sicura
123.950
6
Lo sport nella prevenzione del disagio giovanile
57.382
7
Programma serale per assuntori di droghe ricreazionali
52.368
8
Blu runner
130.836
9
Passwork
53.364
10
Care Job 4
10.330
11
Doppia “D”
I progetti innovativi
P11.
299
I colori delle stagioni
Responsabile
Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4
Obiettivo
Promuovere il mantenimento della salute, la prevenzione della malattie degenerative e della
non autosufficienza. Valorizzare il nostro territorio, il suo patrimonio culturale, storico, ar tistico, paesaggistico ed enogastronomico
Descrizione
Il progetto si propone di:
1. sviluppare la partecipazione, i rappor ti di amicizia e la socializzazione non solo nelle relazioni tra
anziani o tra anziani e adulti ma anche in quelle con i giovani (intergenerazionalità) all’interno della
coesione sociale;
2. pr omuovere il mantenimento della salute, la prevenzione della malattie degenerative e della non
autosufficienza con oppor tunità di ricerca del benessere e di sviluppo di forme di cittadinanza attiva;
3. favorire il proseguimento della formazione e dell’educazione anche nella terza età con la partecipazione alla vita culturale della nostra comunità;
4. valorizzare il tessuto della rete sociale del nostro territorio, il suo patrimonio culturale, storico, arti stico, paesaggistico ed enogastronomico nonché le specificità locali.
Il progetto si concretizzerà in due attività principali:
• percorsi diversificati del benessere personale;
• brevi itinerari o circuiti organizzati all’interno della nostra zona.
Tali iniziative sono intese come valore aggiunto al prodotto turistico sia esso soggiorno,
vacanza o itinerario breve. Il viaggio pertanto, deve essere occasione di partecipazione culturale, di aggregazione, di recupero della forma fisica e psicologica, di riscoper ta dei valori
legati alle tradizioni locali, alla ricchezza della gastronomia e dei prodotti tipici.
Per i percorsi del benessere si prevede la costituzione di 2 gruppi di 50 persone per 12 giorni alle Terme di Recoaro con la possibilità di usufruire delle cure termali o di trascorrere
mezza giornata di divertimento e di relax.
Per i circuiti turistico-culturali sono previsti 5 itinerari in primavera e 5 itinerari in autunno,
eventualmente riproponibili, con visite a luoghi di interesse culturale, storico, paesaggistico
ed enogastronomico siti nei 32 Comuni dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino”. Tali circuiti si svolgeranno nell’arco di una giornata. Si pensa inoltre di individuare un percorso specifico per
persone disabili. Caratteristica comune a tutte le iniziative è un qualificato servizio di assistenza e di animazione.
Le azioni riportate sono previste per il primo anno di sperimentazione potranno subire negli
anni successivi, modifiche ed integrazioni in funzione dell'indice di gradimento riscosso dai
par tecipanti.
Indicatore
Numero di persone coinvolte nei percorsi: 400 all’anno.
300
3. Il quadro delle azioni programmate
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Basso
(1)
Tempo sano
Medio
(3)
Totale
(7)
Aree
• Adulti e anziani
• Popolazione
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Medio
(3)
L’ambiente
Basso
(1)
Totale
(7)
Obbiettivi da PSSR
• L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute
• Il rafforzamento dell’area della prevenzione collettiva e della prevenzione rivolta alla persona
Azioni
Dal
Al
Peso
1 La via dell’Acqua
03.2004
05.2004
Basso
2 Ville e Palazzi di primavera
03.2004
05.2004
Basso
3 Pievi e Chiese
03.2004
05.2004
Basso
4 Il risveglio della natura
03.2004
05.2004
Basso
5 Archeologia industriale
03.2004
05.2004
Basso
6 Le strade del vino
09.2004
11.2004
Basso
7 Risorgive e dintorni
09.2004
11.2004
Basso
8 Giro delle contrade
09.2004
11.2004
Basso
9 Ville e palazzi d’autunno
09.2004
11.2004
Basso
10 Pievi e chiese d’autunno
09.2004
11.2004
Basso
11 Terme di Recoaro
periodo estivo
I percorsi benessere verranno riproposti negli stessi periodi anche del 2005 e del 2006.
Basso
I progetti innovativi
P12.
301
Povertà estreme
Responsabile
Dir. Caritas, Comune di Schio
Descrizione
È in fase di avanzata elaborazione una proposta di intervento nei confronti di persone che versano in stato di povertà estrema, in grado di affrontare con continuità, i bisogni primari delle
stesse, l’esigenza di un accompagnamento graduale verso l’inclusione sociale.
È un intervento che si struttura in alcune azioni specifiche:
a) fornitura di almeno un pasto caldo giornaliero, attraverso servizi mensa (uno per ogni zona provinciale);
b) messa a disposizione di un numero adeguato di posti letto per il pernottamento (nell’ambito
dell’U.L.SS. n.4 ciò potrà permettere un ulteriore potenziamento dell’offerta oltre a quella già garantita da una struttura di accoglienza esistente a Schio);
c) segretariato sociale;
d) accompagnamento sociale verso forme concrete di inclusione, finalizzato al superamento della
dipendenza assistenziale.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Medio
(3)
Tempo sano
Basso
(1)
Totale
(7)
Aree
• Dipendenze
• Salute mentale
• Immigrazione
• Popolazione
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Basso
(1)
Totale
Soggetti attuatori
• Caritas
• SIL
• Comune di Schio (segretariato sociale)
(7)
302
3. Il quadro delle azioni programmate
Tempi
• Anno 2005: Approvazione e finanziamento progetti
• Anno 2005: Riadattamento della struttura
• Anno 2006: Avvio nuove accoglienze
• Anno 2006: Progetti di accompagnamento
Obbiettivi da PSSR
• L’implementazione di iniziative di carattere generale e sistemico di promozione della salute
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
I progetti innovativi
P13.
303
Agenzia sociale per la casa
Responsabile
Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4
Obiettivo
Consolidamento e sviluppo agenzia sociale per la casa
Descrizione
L’esperienza realizzata con il Piano di zona 2001/03 ha creato le basi per riproporre nel presente piano il progetto nell’ottica del consolidamento e dello sviluppo dell’iniziativa anche in
considerazione delle caretteristiche peculiari del territorio dell’U.L.SS. n.4, ossia alta concentrazione di persone immigrate e di ricongiungimenti familiari e contemporanea presenza
nel territorio di un discreto numero di abitazioni a prezzo medio-basso in par ticolare concentrate nelle zone montane (vallata dell’Astico).
Le prospettive di sviluppo riguardano essenzialemnte un allargamento dell’utenza potenziale
del servizio, che potrà coinvolgere tutte le fasce deboli o svantaggiate e l’ampliamento degli
sportelli con l’aper tura di una sede anche a Thiene.
Ipotesi di sviluppo dell’iniziativa dal 2004
Spor telli per servizi di informazione e accompagnamento individuali
Attività: sportelli aper ti al pubblico
Sede sportello attivo in area U.L.SS. n.4 da gennaio 2004: Schio
Possibili sedi di futuri sportelli: Valdagno, Thiene.
Apertura: orari serali fruibili dagli inter essati.
Compito: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio (information), preventivazione
e programmazione economica (advisor y planning), definizione progetti individuali (step by
step), accompagnamento sociale (counseling).
Obiettivi minimi di attività per il 2004: 150 utenti registrati
Ser vizio di perizia di stima degli alloggi
Compito: stima generale del valore di congruità dell’immobile e verifica del rispetto delle normative per l’immobile
Incontri con comunità/associazioni immigrati
Incontri con le comunità/associazioni immigrati del territorio.
Compiti: informazione generale, orientamento/confronto sulle strategie di soluzione al problema alloggiativo.
Corsi di formazione per accompagnatori sociali all’acquisto dell’alloggio
Compito: preparazione dei referenti presso le comunità/associazioni di immigrati in grado di
scambiare e trasmettere competenze in tema di: informazione personalizzata sull’acquisto
dell’alloggio (information), preventivazione e programmazione economica (advisory planing),
definizione progetti individuali (step by step), accompagnamento sociale (counseling).
Attività degli accompagnatori sociali/mediatori culturali all’acquisto ai servizi di spor tello e
stage operativi
Compito: funzione di referenza presso le comunità/associazioni di immigrati e affiancamento nelle attività specifiche di sportello: informazione personalizzata sull’acquisto dell’alloggio
(information), preventivazione e programmazione economica (advisory planing), definizione
304
3. Il quadro delle azioni programmate
progetti individuali (step by step), accompagnamento sociale (counselling).
Pubblicizzazione del servizio
Strumenti di divulgazione di informazioni sul servizio: preparazione e distribuzione depliants.
Implementazione materiali in internet
Preparazione di materiale di lavoro ed elementi di conoscenza in internet su sito dedicato.
Elemento di debolezza dell’attuale servizio è rappresentato soprattutto dalla modalità di
finanziamento a progetto che non ne garantisce suf ficientemente la continuità temporale.
Vista l’impor tanza dell’iniziativa e la sua estensione non solo alle persone immigrate ma più
in generale a tutte le fascie deboli, il finanziamento del progetto verrà garantito dall’Azienda
U.L.SS. n.4.
Indicatore
Numero di potenziali contatti: 400
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Basso
(1)
Spazio sano
Medio
(3)
Totale
(4)
Aree
• Adulti e anziani
• Immigrazione
Determinanti della salute
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Medio
(3)
Totale
(6)
Importo da finanziare
45.000 euro nel triennio
Finanziamenti
45.000
U.L.SS. n.4
Azioni
01 Apertura di un secondo sportello a Thiene
Dal
Al
Peso
01.2005
06.2005
Medio
I progetti innovativi
Soggetti attuatori
Diakonia
Costi
L’aper tura dello sportello si prevede comporterà un investimento di circa 15.000 euro annui.
305
306
P14.
3. Il quadro delle azioni programmate
Potenziamento della rete di servizi in psichiatria
Responsabile
Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4
Obiettivo
Potenziare ed integrare l’attuale rete dei servizi in psichiatria in par ticolare con l’attivazione
di una comunità terapeutica attiva e di due moduli respiro
Descrizione
Comunità Terapeutica Residenziale Protetta
Il progetto prende le mosse dall’incompleta realizzazione del Progetto obiettivo tutela salute
mentale per l’assenza di una comunità terapeutica accreditata, il quale genera problemi
aggiuntivi (sovraccarico del reparto per degenze protratte, interventi riabilitativi non mirati,
dipendenza dalle strutture private per i tempi di inserimento in comunità) e si manifesta attraverso l’indisponibilità di interventi riabilitativi intensivi accreditati per il trattamento delle psicosi.
La rilevanza del problema e la sua percezione, è intensa da par te di tutti gli addetti ai lavori,
che hanno reso esplicita sia la priorità e sia il desiderio di cambiamento.
Nella comunità si stanno occupando del problema il DSM, le associazioni dei familiari, le
cooperative sociali, i distretti e gli enti locali.
Obiettivo generale è il completamento strutturale del DSM in tutte le funzioni previste dal progetto obiettivo (comunità terapeutica come struttura residenziale riabilitativa intensiva); sottoobiettivo è indurre una differenziazione esplicita delle altre str utture residenziali.
Proposta progettuale
La comunità terapeutica è una struttura che eroga prestazioni in regime residenziale a ciclo
continuativo. Svolge funzioni terapeutico riabilitative e socio-riabilitative per utenti di esclusiva competenza psichiatrica. Deve essere attrezzata per accogliere anche casi subacuti e
postacuti: questa mission comporta attività e competenze di protezione, cura e riabilitazione
a tipologia intensiva, tale da definire inter venti di breve e medio termine.
In applicazione del DPR 14/01/1997 relativo ai criteri di accreditamento istituzionale, si identifica per la presenza di alcuni requisiti strutturali ed organizzativi obbligatori:
Requisiti strutturali
• numero complessivo di locali e spazi in relazione al numero dei pazienti inseriti (posti definiti 12);
• caratteristiche delle civili abitazioni;
• organizzazione della struttura che garantisca sia gli spazi e i ritmi della normale vita quotidiana e
sia le specifiche attività sanitarie (spazio per il personale e i colloqui e le riunioni);
• collocazione in normale contesto urbano, in modo da agevolare i processi di socializzazione.
Requisiti organizzativi
• presenza di personale d’assistenza nelle 24 ore (rapporto 1 a 1);
• presenza programmata di medici specialisti;
• presenza di altre figure professionali programmata (infermieri professionali, assistenti sociali, psicologo);
• collegamento con le altre strutture del DSM.
I progetti innovativi
307
Tempi
L’avvio previsto è nella primavera del 2005.
Modulo respiro
Obiettivo generale: sostegno alla famiglia, in integrazione con gli altri strumenti dedicati al
sostegno familiare (gruppi AMA per familiari, dimissione ospedaliera protetta, UVMD e utilizzo di reti integrate socio-sanitarie per i casi ad elevata fragilità sociale, moduli Week-end e
progetto psicoeducazionale).
Obiettivo specifico: garantire assistenza temporanea a sostegno di famiglie di pazienti con
disturbo mentale.
Contenuto assistenziale: fornire accoglienza e assistenza generale temporanea in struttura
residenziale, sostitutiva alla famiglia.
Destinatari: famiglie in difficoltà per gestione continuativa di persona con disturbo mentale
cronico stabilizzato.
Durata dell’inserimento: variabile, in correlazione alla durata del problema-bisogno del nucleo
familiare, che motiva l’attivazione del modulo.
Modalità di inserimento: tipologia di pronta accoglienza tramite il DSM; tipologia programmata tramite UVMD.
Numero posti: due.
Collocazione: in una delle cooperative sociali convenzionata con l’U.L.SS. n.4 per la salute
mentale.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
Totale
(3)
(3)
Aree
• Salute mentale
Determinanti della salute
I servizi sociosanitari e sociali
Totale
Alto
(5)
(5)
Obiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
Azioni
Dal
Al
Peso
1 Stesura progetto sperimentale CTRP
06.2004
02.2005
Alto
2 Avvio progetto CTRP
03.2005
03.2006
Alto
308
3. Il quadro delle azioni programmate
3 Avvio due moduli respiro
01.2004
06.2004
Medio
4 Messa a regime CTRP
04.2006
12.2006
Medio
5 Consolidamento
12.2006
12.2006
Basso
Costi presunti
a) Moduli respiro 35.000 euro circa all’anno.
b) Per la comunità terapeutica, a regime, 430.000 euro all’anno a carico del bilancio sanitario.
I progetti innovativi
P15.
309
Piccola oasi
Bene, alcuni quadri fanno un grande effetto nelle loro enormi cornici, e in
seguito uno rimane stupito perché lasciano una sensazione così
insoddisfacente, come di vuoto; in contrasto a ciò, qualche semplice incisione
sul legno o litografia o acquaforte viene a volte trascurata, ma poi uno torna a
guardarla e ci si affeziona sempre più, e sente che c’è qualcosa di grande in
essa.
Vincent van Gogh
Responsabile
UO Disabilità Distretto n. 1
Obiettivo
Supportare le famiglie nei compiti assistenziali in un clima di reciproca collaborazione; promuovere l’estensione ai minori disabili di attività ludico-ricreative; garantire adeguati interventi educativi
Descrizione
In un quadro complessivamente positivo del servizio di assistenza scolastica si evidenzia per
i genitori una carenza assistenziale e/o di suppor to al bambino strettamente collegata alla
sincronizzazione dei tempi tra scuola e lavoro; rimane infatti per i bambini disabili il problema
di vivere il tempo pomeridiano in un contesto educativo e di socializzazione.
In questa logica rientra l’idea di attivare una “piccola oasi” rivolta a bambini in età scolare,
soprattutto scuole elementari.
Il progetto destinato ai bambini cer tificati, con gravi difficoltà, seguiti dall’integrazione scolastica ha fra i suoi obiettivi il supporto alle famiglie nei compiti assistenziali, la promozione
dell’estensione ai minori di attività ludicoricreative e il garantire adeguati inter venti educativi.
La modalità operativa scelta è quella dei laboratori che riguarderanno: vista, tatto, gusto e
olfatto, attività quotidiane, laboratorio dei materiali poveri, laboratorio attività manuali.
310
3. Il quadro delle azioni programmate
Oltre alle figure operanti nell’UO Disabilità del DSS1 saranno coinvolte anche le UO che gestiscono i singoli bambini: UOPREE, NPIA, Bambino–Famiglia; si intende inoltre coinvolgere, per
l’aspetto più strettamente ludico dei bambini e per potenziare l’integrazione con il territorio,
le associazioni di volontariato che operano a Thiene e zone limitrofe.
Sviluppi futuri
l’esperienza positiva suggerisce di riproporre e potenziare il progetto con l’obiettivo di costituire diversi gruppi di minori che hanno completato la scuola dell’obbligo. L’offerta si dif ferenzierebbe da quella del CEOD sia per la durata giornaliera (solo mezza giornata) sia per la
diversa età degli ospiti. Il progetto potrà offrire ai ragazzi possibilità di crescita e di sviluppo
in un contesto sociale più ampio, migliorando ed acquisendo nuove capacità attraverso interventi individualizzati.
Costi
Costi previsti (per 35 settimane all’anno): 15.000 euro
Indicatore
Numero di ore aggiuntive di servizio erogate ai bambini (incremento di beneficio): 840
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Basso
(1)
Tempo sano
Medio
(3)
Totale
(7)
Aree
• Minori / giovani
• Disabili
Determinanti della salute
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Medio
(3)
Totale
(6)
Obbiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
• La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone
I progetti innovativi
Azioni
Dal
Al
Peso
1 Individuazione e predisposizione locale
03.2004
06.2004
Basso
2 Predisposizione e realizzazione PEI
05.2004
05.2005
Alto
3 Verifica e riproposizione del progetto
05.2005
12.2006
Basso
311
312
P27.
3. Il quadro delle azioni programmate
L’isola che non c’è
Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto fino al mattino poi la
strada la trovi da te, porta all’isola che non c’è.
Forse questa ti sembrerà strano, ma la ragione ti ha un po’ preso la mano.
Ed ora sei quasi convinto che non può esistere un’isola che non c’è.
[...] E non è un’invenzione e neanche un gioco di parole, se ci credi ti basta
perché poi la strada la trovi da te.
Edoardo Bennato
Responsabile
Cooperativa Comunità Ser vizi, Schio
Obiettivo
Realizzazione di spazi di accoglimento diurno di persone disabili e progettazione di un gruppo famiglia per disabili adulti privi di nucleo familiare o per i quali la permanenza in famiglia
sia temporaneamente o permanentemente impossibilitata
Descrizione
La cooperativa sociale Comunità Servizi di Schio, considerato il desiderio di miglioramento
nell’offerta di servizi, ha proposto di dar vita ad un progetto che mira a realizzare spazi di
accoglimento diurno di persone disabili, nonché a creare, in futuro, un gruppo famiglia per
persone con parziale autonomia che desiderino sperimentare percorsi di vita fuori dalla famiglia di origine. A questo scopo si è resa necessaria la ricerca di spazi aggiuntivi rispetto a
quelli attuali, non in grado di supportare la realizzazione di un progetto che, per risultare
sostenibile e per garantire al maggior numero di potenziali fruitori concrete opportunità di
accesso ai servizi, richiede strutture adeguate nei termini di dimensioni disponibili e assenza (o superamento) di barriere architettoniche.
Il piano terra, facilmente accessibile anche alle persone in carrozzina poiché privo di dislivelli, è destinato all’accoglimento diurno di persone adulte di età compresa tra i 15 ed i 65 anni,
con disabilità medio-grave: le attività attualmente svolte presso la sede della Comunità di via
G. B. Conte dalle persone ospitate, verranno spostate presso tale struttura che sarà resa
I progetti innovativi
313
accessibile anche a persone esterne, nella formula di accoglimenti diurni (circa tre o quattro),
in convenzione con l’U.L.SS. n.4 competente nel territorio.
Per quanto riguarda invece il primo piano, il cui accesso è consentito sia internamente che
esternamente (si tratta infatti di due appartamenti potenzialmente autonomi in cui il raggiungimento del piano sopraelevato è garantito anche da scale esterne, sulle quali è possibile
pensare di installare un servoscala), è intenzione della Comunità Servizi impegnarsi nella progettazione di un gruppo famiglia per disabili adulti privi di nucleo familiare o per i quali la permanenza in famiglia sia temporaneamente o permanentemente impossibilitata. La finalità è
quella di accogliere e gestire la vita quotidiana della persona, orientata alla sua tutela e allo
sviluppo di percorsi di parziale autonomia, favorendo un’esperienza di vita al di fuori dalla
famiglia di origine. Il servizio è pensato per un target di utenza disabile, supportato però da
buoni livelli di autosufficienza mentale.
La realizzazione del progetto ha come scopo principale da un lato quello di allargare l’offerta
di servizi da par te della cooperativa Comunità Servizi, dall’altro quello di fornire all’utenza ed
al territorio risposte nuove e più ampie alle problematiche connesse all’handicap.
L’aper tura dell’attività diurna ha come scopo quello di creare opportunità di accoglimento
giornaliero rivolte a persone disabili che vivono presso la famiglia di origine: con ciò si creano non solo momenti di condivisione e di socializzazione per i nuovi ragazzi accolti, ma anche
per gli ospiti della comunità che, trascorrendo la giornata presso tale struttura hanno la possibilità, non solo di impegnarsi in attività ricreative più ampie rispetto a quelle attuali, ma
anche di instaurare nuovi rappor ti con ragazzi che provengono da contesti diversi.
La realizzazione del progetto relativo al gruppo famiglia invece ha come scopo quello di fornire una soluzione alternativa alla comunità di accoglienza per coloro i quali, in possesso di
sufficienti abilità, desiderano sperimentare un percorso di vita in parziale autonomia, in un
contesto diverso dalla famiglia.
Il progetto è rivolto anche e soprattutto a chi non può contare temporaneamente o stabilmente sul supporto del nucleo di origine e si ritiene possa essere collocato presso una struttura intermedia che non abbia le caratteristiche di una comunità di accoglienza ma sia maggiormente flessibile e possa per tanto costituire uno spazio di sviluppo e potenziamento di
abilità residue.
Costi stimati
Il costo stimato ammonta a circa 150.000 euro l’anno per entrambi i servizi, cifra che sarà
coperta con quote a progetto finanziate dalla regione, con quota a carico del bilancio sociale e con quote a carico delle famiglie.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Basso
(1)
Tempo sano
Medio
(3)
Totale
(7)
314
3. Il quadro delle azioni programmate
Aree
• Disabili
Determinanti della salute
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Medio
(3)
Totale
(6)
Obbiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
• La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone
Azioni
Dal
Al
Peso
1 Avvio spazio di accoglienza diurna
01.2005
12.2006
Media
2 realizzazione di un gruppo famiglia
06.2005
12.2006
Alto
I progetti innovativi
P16.
315
Promozione della salute negli adolescenti
Responsabile
Conferenza dei Sindaci
Obiettivo
Il piano finanziato attraverso il fondo regionale di inter vento per l’infanzia e l’adolescenza
(L.285/97), si ar ticola in tre aree di inter vento:
• suppor to alla genitorialità in situazioni di normalità e disagio (attivazione di progetti orientati all’accompagnamento delle famiglie nello svolgimento dei compiti educativi;
• individuazione e promozionne di forme innovative di suppor to alla genitorialità per realtà familiari
problematiche);
• valorizzazione della genitorialità sociale espressa attraverso le reti di famiglie, e l’associazionismo
familiare (potenziamento e promozione di inter venti socio-educativi per favorire forme di accoglienza
del minore e della famiglia in difficoltà, in una r ete inntegrata di ser vizi e con par ticolare riferimento
alla promozione e valorizzazione dell’af fido familiare e delle reti di associazionismo familiare);
• comunità, scuola, famiglia: collaborazioni tra le diverse agenzie formative del territorio (attivazione
progetti per attivazione reti teritoriali per la realizzazione di spazi e progetti educativi).
Descrizione
Il progetto si ar ticola in tre azioni principali: il ponte, un mondo di colori e aggregaragazzi.
Il ponte
Con questa azione si vuole sostenere le famiglie con figli minori, in diffcoltà nell’espletamento del loro ruolo educativo a rischio di isolamento ed emarginazione dal contesto sociale. L’azione consiste nell’attivazione di uno staff educativo che funga appunto da ponte tra
l’ambiente intra ed extra familiare, tra le famiglie e la comunità.
Prevede altresì l’attivazione di gruppi di autoaiuto rivolti ai genitori e un loro accompagnamento psicologico mirato e definito nel tempo volto a far emergere le loro risorse educative.
L’articolazione concreta dell’azione si definisce in almeno trenta progetti per minori, e per le
loro famiglie.
L’ambito territoriale coincide con il territorio dell’U.L.SS. n.4.
Un mondo di colori
Questa azione ha l’obiettivo di favorire il dialogo scuola/famiglia per i bambini stranieri in particolare nell’ambito scolastico e di favorire l’inserimento di minori stranieri all’interno dei contesti di socializzazione primaria e secondaria, attraverso iniziative rivolte a famiglie italiane ed
extracomunitarie presenti nel territorio, anche attraverso il coinvolgimento di famiglie straniere già integrate.
L’obiettivo è la realizzazione di un percorso virtuoso per il superamento dei problemi, inevitabilmente legati a questi inserimenti, trasformando le difficoltà e gli ostacoli in oppor tunità
di crescita e di arricchimento interculturale per l’intera comunità locale.
Il progetto intende promuovere un nuovo concetto di solidarietà non meramente legato al
“dare”, ma orientato all’“esserci”, al condividere.
L’ambito territoriale coincide con i seguenti comuni: Malo, Monte di Malo, Piovene Rocchette,
San Vito di Leguzzano, Santorso, Schio, Torrebelvicino e Valli del Pasubio.
316
3. Il quadro delle azioni programmate
Aggregaragazzi
L’azione focalizza l’attenzione sul tempo libero quale campo in cui il bambino e il ragazzo può
esprimersi, socializzare, mettersi alla prova nella relazione con gli altri.
Gli interventi, a carattere ludico-ricreativi-esperenziali, saranno rivolti ai bambini e ragazzi dai
4, 5 anni ai 14 anni, durante l’anno scolastico, nei pomeriggi liberi, nel fine settimana e, in
par ticolare, durante l’estate quando la scuola è chiusa.
L’ambito territoriale coincide con i seguenti comuni: Arsiero, Breganze, Caltrano, Calvene,
Carrè, Chiuppano, Cogollo del Cengio, Fara Vicentino, Laghi, Lastebasse, Lugo di Vicenza,
Marano Vicentino, Montecchio Precalcino, Pedemonte, Posina, Salcedo, Sarcedo, Thiene,
Tonezza del Cimone, Valdastico, Velo d’Astico, Villaverla, Zanè e Zugliano.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Alto
(5)
Spazio sano
Basso
(1)
Tempo sano
Basso
(1)
Totale
(7)
Aree
• Minori / giovani
• Popolazione
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Basso
(1)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Medio
(3)
Totale
(4)
Obbiettivi da PSSR
• La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone
Costi per azione (annui)
Euro
Azione
150.000
Il ponte
63.000
Un mondo di colori
117.000
Aggregaragazzi
Finanziamenti (annui)
Euro
Ente finanziatore
264.000
Regione Veneto
I progetti innovativi
30.000
U.L.SS. n.4
36.000
Comuni
Tempi
Le azioni hanno valenza per ill biennio 2004-2005.
317
318
P17.
3. Il quadro delle azioni programmate
Pronta accoglienza
Responsabile
Direttore Ser vizi Sociali U.L.SS. n.4
Obiettivo
Quattro posti di pronta accoglienza coperti dal fondo residenzialità
Descrizione
L’utilizzo del fondo di residenzialità, introdotto col Piano di Zona 2001/03, trova completezza nel corso del Piano 2004/06 grazie alla copertura finanziaria, per i casi che rientrano nei
requisiti pr evisti dal regolamento del fondo stesso, fino a quattro posti di pronta accoglienza.
Nel mese di marzo 2004 è stato attivato un posto di pronta accoglienza presso la comunità
“Lisa” di Villaverla por tando da 8 a 9 posti, autorizzati dalla Regione Veneto, la capacità ricettiva della str uttura, in virtù dell’aumento della domanda verificato dai ser vizi territoriali per il
notevole sostegno che la pronta accoglienza por ta alle famiglie, permettendo loro il recupero delle energie necessarie al lavoro di cura e come filtro ad eventuali inserimento a tempo
indeterminato in strutture residenziali.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Tempo sano
Basso
(1)
Totale
(4)
Aree
• Disabili
Determinanti della salute
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Basso
(1)
Totale
(4)
Obbiettivi da PSSR
• La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone
I progetti innovativi
Azioni
• al 31.12.03: n. 2 posti di pronta accoglienza (Cardo/Centro Ser vizi)
• 2004:
Individuazione di n. 1 posto di pronta accoglienza alla Comunità Lisa
• 2005:
(a) Individuazione di n. 1 posto ulteriore;
(b) Verifica tempi di pr onta accoglienza;
(c) verifica liste attesa (se esistenti);
(d) verifica percorso complessivo per le persone inserite
Costi
25.000 euro all’anno per posto
319
320
P28.
3. Il quadro delle azioni programmate
Centro di aggregazione relazionale
Responsabile
Psiche2000
Obiettivo
Gli obiettivi del progetto sono sintetizzabili in:
• proporre l’organizzazione e l’autorganizzazione del tempo libero;
• costr uire percorsi per la visibilità e l’integrazione sociale;
• migliorare l’autostima e l’affermazione di sé;
• recuperare il dialogo con l’utenza psichiatrica che non accetta di afferire con le tradizionali strutture psichiatriche, nonché l’integrazione delle attività ricreative, proposte da queste ultime, anche a
favore di pazienti che sono loro in carico.
Descrizione
I servizi psichiatrici e i centri di aggregazione, per anni sono stati spesso identificati e riconosciuti esclusivamente nello spazio fisico dove sono stati attivati; quella sorta di linea di
confine, spesso invisibile, che all’interno della stessa comunità accoglie il “diverso” separandolo dal resto del gruppo.
Questo atteggiamento va superato in favore di una funzione privilegiata di facilitatore-promotore della circolazione, dell’integrazione e dello scambio di risorse, tra persone e tra aree
apparentemente incompatibili.
Il centro di aggregazione, a disposizione di tutti gli utenti dell’U.L.SS. n.4, dovrà quindi intersecarsi con le realtà già presenti e fondare la propria esistenza nella definizione e attivazione di strategie per il miglioramento della qualità della socialità.
Il centro di aggregazione avrà sede a Chiuppano, nei locali messi a disposizione dall’amministrazione comunale; avrà uno staff operativo (coordinatore, psicologo, operatore) che sarà
affiancato da un gruppo di volontari appositamente formati. Sarà aperto, indicativamente, in
alcuni giorni feriali, in due sabati mattina e due sabati pomeriggio e in alcune domeniche (con
la presenza di volontari).
Gli orari copriranno i tempi di chiusura di altre strutture; per le attività e le iniziative territoriali gli orari saranno concordati con i fruitori del centro.
Modalità di accesso
L’accesso e la presenza al centro degli utenti psichiatrici saranno liberi o guidati:
• libero: il centro è una struttura aperta e fruibile, e svolgerà la funzione di avvicinamento di quelle
fasce di utenti non gestite ancora direttamente dal CSM ma non prenderà in carico utenti dal punto
di vista sanitario;
• guidato: sulla base di segnalazioni e programmi terapeutici concordati con il DSM pubblico.
Fasi di attivazione del centro
Sono previste tre fasi:
1) marketing sociale e istituzionale / promozione;
2) sperimentazione;
3) funzionamento.
La prima fase ha come finalità la raccolta dei dati per la stesura del programma d’intervento
operativo a dimensione dell’utenza individuata sul territorio e la divulgazione nel territorio del
centro.
I progetti innovativi
321
Attività
Sono previste attività di sostegno individuale sia per gli utenti del centro, sia per i familiari
dei pazienti; è previsto inoltre un gruppo verbale settimanale, con la presenza costante di uno
psicologo.
Sono previste, inoltre, diverse attività ricreative, culturali e spor tive tra cui: cinema, attività
manuali e motorie, gite, corsi di ballo, ecc.
Saranno proposte inoltre atttività di formazione professionale come: corsi di lingua, informatica, sar toria, cucina, decorazione del vetro, giardinaggio, ecc.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
Totale
(3)
(3)
Aree
• Salute mentale
Determinanti della salute
I servizi sociosanitari e sociali
Basso
(1)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Medio
(3)
Totale
(4)
Obbiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici,
agli anziani, ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
Costi presunti
Il costo stimato ammonta a circa 45.000 euro per il primo anno.
322
P22.
3. Il quadro delle azioni programmate
Laboratorio psicopedagogico nelle scuole
Responsabile
UO Bambino e Famiglia
Obiettivo
Il Laboratorio Psicopedagogico si occupa di problemi di apprendimento, integrazione, comunicazione, relazione ed orientamento scolastico, rivolto ad insegnanti, genitori ed alunni che
frequentano le scuole materne, elementari e medie
Descrizione
Il Laboratorio Psicopedagogico ha costituito un’importante realtà di riferimento territoriale per
il lavoro di informazione, formazione e consulenza sulle problematiche della disabilità e del
disagio scolastico per le famiglie e per le scuole, strettamente integrato quindi con la programmazione scolastica e con quella del distretto sociosanitario.
In un contesto che ha visto la chiusura del provveditorato agli studi e l’eliminazione del
distretto scolastico, il soggetto di riferimento del laboratorio per una progettazione condivisa,
oltre ai Comuni, alle scuole, e ai distretti sociosanitari, è divenuto il Centro Territoriale per
l’Integrazione (CTI).
Le cresciute esigenze ed il sorgere di nuovi problemi (marcato disagio giovanile, immigrazione) e la distribuzione della problematicità per le scuole di ogni ordine e grado proporrebbe di
attivare azioni consortili di sostegno al laboratorio per la popolazione scolastica del distretto
sociosanitario.
Funzioni generali
I servizi caratterizzanti l’offer ta del Laboratorio Psicopedagogico sono:
1. informazione e consulenza a genitori e insegnanti (rivolto a genitori e/o insegnanti in riferimento
a situazioni di disabilità e/o disagio);
2. approfondimento delle problematiche causa di disagio (osservazione esterna finalizzata alla lettura del sintomo cercando di comprenderne la causa);
3. consigli orientativi (individuazione di percorsi alternativi a quelli attuati e risultati non efficaci, al
fine di attivare le risorse e orientarle verso un cambiamento);
4. elaborazione piani educativi individualizzati (elaborazione di progetti pedagogico-didattici in riferimento a specifici casi o a gruppi di alunni);
5. elaborazione di itinerari pedagogico didattici (interventi tecnici nei riguardi di gruppi di docenti per
sperimentare assieme un lavoro di raccordo metodologico-operativo; attività di consulenza/intervento sui metodi di lavoro e di studio);
6. attività di integrazione operativa (attività di ricerca sulla possibilità di coordinamento con gruppi di
istituto per favorire l’integrazione e il percorso scolastico degli alunni; partecipare ad iniziative di
gruppi territoriali; messa a punto di modelli e/o progetti di integrazione individualizzata con i ser vizi
distrettuali);
7. attività di informazione e aggiornamento (collaborazione con insegnanti nell’individuazione dei
bisogni formativi; promozione di iniziative rivolte ad insegnanti e genitori sulle problematiche dell’età
evolutiva con par ticolare riferimento alle situazioni di svantaggio e/o compor tamenti a rischio; approfondimento di tematiche formative con la par tecipazione di relatori esterni estesi a tutte le scuole);
8. consulenza/prestito testi, griglie, materiale didattico (gestione della biblioteca/mediateca con
I progetti innovativi
323
indicazioni e prestiti di materiali ad insegnanti e genitori per favorire l’attività di apprendimento e integrazione);
9. problematiche degli alunni stranieri (attività di formazione, studio e consulenza sulle problematiche degli alunni stranieri).
Tali ser vizi potranno essere ulteriormente ricompresi per area di inter vento (disabilità, disagio/svantaggio), aiutando gli istituti scolastici a dare le risposte in integrazione con i servizi distrettuali.
Si potrà prevedere, nel periodo di vigenza del piano, un potenziamento delle attività indicate,
anche differenziato nei due distretti, che vedrà il concorso dell’U.L.SS. n.4 e dei comuni interessati.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Totale
(3)
Aree
• Minori / giovani
• Disabili
Determinanti della salute
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Basso
(1)
Totale
(4)
Azioni
Dal
Al
Peso
1 Stipula convenzione quadro
03.2004
04.2004
Alto
2 Realizzazione attività 2005
04.2004
01.2005
Basso
3 Rendicontazione attività 2004
01.2005
03.2005
Medio
4 Programmazione e realizzazione attività 2005
03.2005
01.2006
Medio
5 Rendicontazione attività 2005
01.2006
03.2006
Medio
6 Programmazione e realizzazione attività 2006
03.2006
01.2007
Basso
Costi
Il costo annuo previsto si stima in 15.000 euro. Tale cifra può essere soggetta a variazioni nei due distretti sulla
base di ulteriori azioni specifiche e con relativo ulteriore impegno dei comuni interessati.
324
P24.
3. Il quadro delle azioni programmate
Il sostegno alla genitorialità nel lavoro con le famiglie
Responsabile
UO Disabilità Distretto n. 2
Obiettivo
Sostenere le famiglie nella loro normalità e quotidianità, valorizzando le risorse interne, aiutando i genitori a sviluppare competenze e progettualità nel rapporto con il figlio (con particolare attenzione se il bambino presenta disabilità)
Descrizione
Il progetto si raccorda con il progetto di auto aiuto e si ar ticola in:
Azioni rivolte ai destinatari:
• il sostegno alla coppia genitoriale attraverso un intervento di educazione familiare svolto dagli operatori che seguono il progetto del bambino;
• il sostegno alla famiglia attraverso il confronto, la condivisione, la crescita comune nel gruppo
(gruppi di auto-aiuto coadiuvati da operatori/facilitatori).
Azioni propedeutiche rivolte agli operatori:
• condivisione delle tematiche (lettura dei bisogni, disponibilità di ciascun operatore a riprogettare il
proprio intervento includendo l’azione educativa a sostegno della genitorialità, trasversalità delle
azioni e integrazione degli operatori, ecc.);
• formazione degli operatori su obiettivi e metodi dell’educazione familiare attraverso progetto di
ricerca azione da realizzare in collaborazione con l’Università di Padova/Dipar timento di scienze dell’educazione.
Modalità operative specifiche:
• definizione degli strumenti di intervento e di valutazione;
• individuazione delle famiglie, condivisione del progetto individualizzato in Unità Valutativa
Multidimensionale Distrettuale;
• costituzione dei gruppi di auto-aiuto;
• avvio delle azioni di suppor to singole e di gruppo;
• monitoraggio, verifica, osser vazione e valutazione dei cambiamenti prodotti nelle famiglie.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Totale
Aree
• Minori / giovani
• Disabili
Medio
(3)
(3)
I progetti innovativi
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Basso
(1)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Basso
(1)
Totale
(5)
Obbiettivi da PSSR
• La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone
Finanziamenti
Euro
Ente finanziatore
25.000
U.L.SS. n.4 (nel triennio)
325
326
P29.
3. Il quadro delle azioni programmate
Corso di autonomia
Responsabile
Associazione “Contro l’esclusione”
Obiettivo
Il corso intende rispondere alla domanda di autonomia personale della persona con disabilità nella vita di tutti i giorni
Descrizione
L’autonomia si può estrinsecare in un insieme di abilità legate alla capacità di spostamento
ed altre legate alle capacità di acquisto e di uso dei servizi in genere.
Tali esperienze formative possono essere raccolte in 5 aree educative, ciascuna scandita da
obiettivi propri:
• Comunicazione: saper chiedere, saper dare i prorpi dati, usare il telefono, usare i telefoni pubblici...
• Orientamento: leggere e seguire le idicazioni stradali, saper individuare punti di riferimento, riconoscere fermate di autobus, corriere, treni, ...
• Compor tamento stradale: attraversamento, semafori, ...
• Uso del denaro: acquisizione del valore del denaro, riconoscimento, conteggio, corrispondenza
prezzo-denaro, ...
• Uso dei ser vizi: corrispondenza prodotto-negozio, supermercato, negozi di uso comune, bar, cinema, teatr o, biblioteca, uffici postali, mezzi pubblici, ...
Il corso di educazione all’autonomia si colloca nell’ambito del tempo libero e si struttura in
una rete di incontri pomeridiani (3 ore circa).
Ogni ragzzo si incontra un pomeriggio alla settimana con un gruppo composto di 9 ragazzi disabili e 3 operatori. Dopo un momento comune il gruppo si divide in sottogruppi di tre ragazzi
più un operatore e un volontario.
Le attività proposte ai ragazzi toccano in modo trasversale le aree sopra illustre e si realizzano perlopiù all’interno del sottogruppo. Autonomia non vuol dire solo acquisire alcune competenze, ma riconoscersi grandi e sentirsi tali, ritrovando così, in questo cambiamento dalla
condizione di bambino a quella di adolescente, motivazione nell’assumere nuovi comportamenti e nel superare le inevitabili difficoltà. Il clima scelto per le proposte del corso è allora
quello di un ambiente ricreativo e gratificante in cui i ragazzi si sentano protagonisti e vengano così anche rinforzati nell’assunzione del loro essere grandi.
Il corso è impostato su tre anni. Il primo è quello delle prime scoperte, dell’aver voglia di autonomia, il secondo è quello delle conquiste, il terzo è quello del consolidamento e del “valore
alto”.
Gli operatori settimanalmente programmano e verificano l’attività. Ogni 15 giorni gli incontri
di verifica e programmazione si svolgono con la presenza del supervisore e coordinatore del
progetto.
Agli operatori si affiancano giovani volontari, la presenza di questi ultimi consente di creare
una dimensione di gruppo ottimale. Durante l’anno anche i genitori partecipano dell’esperienza dei propri figli incontrandosi con gli operatori sia in colloqui individuali, sia attraverso
riunioni di piccoli pruppi in cui i genitori hanno modo sia di conoscere meglio che cosa succede durante l’attività, sia di confrontarsi tra loro e con gli operatori sulle proprie esperienze
I progetti innovativi
327
familiari.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
Totale
(3)
(3)
Aree
• Minori / giovani
• Disabili
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Basso
(1)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Basso
(1)
Totale
(5)
Obbiettivi da PSSR
• La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone
Costi
Si stimano costi pari a 12.000 euro per il primo anno, a carico del bilancio sociale e con finanziamenti a progetto.
328
P25.
3. Il quadro delle azioni programmate
Spazio/Tempo libero
Iniziative per l’integrazione sociale delle persone disabili nelle attività del tempo libero
Responsabile
Comune di Schio
Obiettivo
Sensibilizzare la comunità locale ed in particolare le associazioni ed i gruppi rispetto all’integrazione dei disabili nelle attività del tempo libero quale risorsa; creare oppor tunità di integrazione e di socializzazione a favore di soggetti por tatori di handicap
Descrizione
Con questo progetto si cercherà di attivare un percorso di sensibilizzazione nei confronti dell’associazionismo culturale, sportivo e ricreativo al fine di sviluppare iniziative ad hoc ma
anche per “aprire” alle persone portatrici di handicap le numerose e varie oppor tunità esistenti nel nostro territorio.
Il progetto prevede una serie di “sostegni” nei confronti dei disabili e delle stesse associazioni affinché l’inserimento sia orientato ed accompagnato in modo specifico.
Nell’ambito della disabilità, il territorio dell’Alto Vicentino ha maturato negli ultimi anni un
buon livello di risposta per quanto riguarda i ser vizi sociosanitari residenziali e domiciliari, l’integrazione scolastica e lavorativa, la mobilità.
Una delle aree che rimane ancora quasi del tutto scoperta riguarda il “tempo libero”, il quale
costituisce in qualche modo il banco di prova per verificare l’ef fettiva integrazione sociale del
disabile all’interno della comunità locale. Con il presente progetto si vuole intervenire proprio
a questo livello, creando innanzitutto una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione e sperimentando formule per facilitare l’inserimento dei disabili nei contesti culturali, sportivi e
ricreativi della nostra realtà locale.
Da un lato, quindi, tutta una serie di iniziative di sensibilizzazione nei confronti della comunità ed in particolare delle associazioni e dei gruppi più o meno formalizzati. Dall’altro, un servizio che potrà raccogliere e sostenere la disponibilità dei gruppi, nonché orientare ed accompagnare percorsi di inserimento da parte di persone disabili.
Principali risultati attesi
• aumento delle oppor tunità di socializzazione per le persone disabili;
• sollievo del carico assistenziale che grava sulle famiglie.
Aree di inter vento
L’attività progettuale si inserisce nella programmazione degli obiettivi di cui alla decisione del
Consiglio Europeo, con par ticolare riferimento alle azioni di sensibilizzazione e diffusione
delle buone prassi sulla mobilità, l’accessibilità, l’integrazione, la socializzazione e l’educazione permanente. Le aree particolarmente interessate sono:
• prevenzione primaria e secondaria delle diverse forme di disabilità;
• sostegno alle famiglie con persone con disabilità;
• accesso alla comunicazione ed informazione;
• par tecipazione alla pratica spor tiva;
I progetti innovativi
329
• accessibilità;
• mobilità.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Basso
(1)
Spazio sano
Basso
(1)
Totale
(2)
Aree
• Disabili
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Basso
(1)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita
Basso
(1)
Totale
(2)
Obbiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
• La valorizzazione della partecipazione dei soggetti istituzionali e sociali, delle famiglie e delle persone
Azioni
Dal
Al
Peso
1 Conferimento incarichi
02.2004
03.2004
Basso
2 Prima mappatura
02.2004
04.2004
Basso
3 Incontro di sensibilizzazione
04.2004
05.2004
Basso
4 Seconda mappatura
05.2004
06.2004
Basso
5 Attivazione spor tello
06.2004
07.2004
Basso
6 Avvio percorso formativo
07.2004
08.2004
Basso
7 Promozione e attivazione servizio
07.2004
09.2004
Basso
8 Attivazione percorsi di accompagnamento
08.2004
05.2005
Basso
9 Verifica e riprogettazione
05.2005
06.2005
Basso
330
3. Il quadro delle azioni programmate
P26.
Amministratore di sostegno
Responsabile
Coordinatore SAF (Ser vizio Accompagnamento Familiare)
Obiettivo
Creare un sistema integrato pubblico-privato di sostegno e tutela civica per minori, anziani e
disabili; sostenere iniziative per lo sviluppo di una cittadinanza attiva
Descrizione
Nell’ambito dei ser vizi sociali più volte si riscontra la presenza di persone (in particolare
anziani e disabili, ma anche nuclei di famiglie problematiche, coppie giovani ex-tossicodipendenti, soggetti con handicap) che per vari motivi non sono in grado di curare i propri interessi ed attendere a volte anche ai più semplici atti di gestione dei propri beni (gestione delle
scadenze, pagamenti, dichiarazioni di responsabilità, adempimenti amministrativi, pensioni,
ecc.). Si tratta di persone per i quali spesso non ricorrono le condizioni per adire agli istituti
dell’interdizione o dell’inabilitazione.
Il primo passo del percorso progettuale si concretizza in azioni formative al fine di perseguire due importanti obiettivi propedeutici a qualsiasi altro inter vento. Il primo quello di fornire
strumenti operativi concreti a quanti già sono impegnati in attività di tutela, curatela o comunque di gestione dei beni di persone in difficoltà. Il secondo quello di mettere in contatto i
volontari stessi e le altre persone che si rendessero disponibili, raccogliendole attorno ad un
coordinamento che potrà evolvere in una associazione dei tutori e amministratori di sostegno
volontari.
Si cercherà di costruire un sistema integrato tra inter venti e servizi a tutela e sostegno delle
persone in difficoltà, a par tire da quelli realizzati dai comuni nell’ambito dell’attività di servizio sociale fino all’attivazione delle risorse del volontariato. Lo strumento operativo per questa azione sarà la costituzione di un elenco o albo di soggetti privati o associazioni di volontariato al quale i soggetti che intervengono possano fare riferimento con la garanzia di un supporto.
Ispirandosi ai principi di solidarietà sociale, l’associazione formantesi dovrebbe proporre
come organizzazione a supporto dei soci impegnati nell’attività volontaria di tutore, curatore
o amministratore-procuratore, il sostegno formativo, l’erogazione di ser vizi di consulenza e di
mutuo controllo e la copertura assicurativa contro i rischi civili derivanti dalle attività volontarie esercitate. L’associazione assumerà il ruolo di partner dell’ente pubblico nella realizzazione di un sistema integrato di sostegno e tutela.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Totale
Medio
(3)
(3)
I progetti innovativi
Aree
• Minori / giovani
• Adulti e anziani
• Disabili
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Totale
Basso
(1)
(1)
331
332
P30.
3. Il quadro delle azioni programmate
Relais
Reti di Lavoro per l’Integrazione Sociale
Responsabile
Responsabile del SIL
Obiettivo
Il progetto si propone di relizzare percorsi individualizzati di inserimento sociale in ambienti
di lavoro di persone con disabilità permanente e grave limitazione dell’autonomia personale
Descrizione
La realizzazione del progetto si sviluppa con le seguenti modalità operative:
• Valutazione di ammissione effettuata dal SIL di concer to con i ser vizi che hanno in carico la persona. Sarà valutato il tipo di apprendimento lavorativo, il livello di elaborazione psico-mentale, la qualità della socializzazione, il livello di maturazione affettiva, la qualità ed il livello di sviluppo esperienziale.
• Definisione di un programma individualizzato di inter venti che conivolge l’ambiente di lavoro, la
famiglia, altre ser vizi che inter vengono nel progetto di vita della persona disabile. È prevista una formale adesione dell’interessato e della sua famiglia al programma di inserimento.
• Individuazione di un ambiente lavorativo che dovrà presentare le seguenti caratteristiche: un
ambiente socio-relazionale accogliente e in grado di of frire ruoli sociali attivi adeguati alle esigenze
e capacità della persona; la disponibilità di persone titolari e lavoratori che possano collaborare attivamente nel processo di inserimento e nell’assicurare un adeguato livello di protezione; presenza di
attività semplici adatte alle capacità operative della persona disabile.
• Attivazione dell’inserimento sociale in ambiente di lavoro, regolamentato da una specifica convenzione tra l’Azienda U.L.SS. n.4 e l’azienda/organizzazione ospitante.
• Gestione e monitoraggio dell’inserimento. L’inserimento si svolge mediante: a) osservazione e
valutazione; b) suppor to alla persona disabile all’ambiente di lavor o e alla famiglia.
• Verifica del progetto.
Il progetto avrà corso da ottobre 2004 a dicembre 2006.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Spazio sano
Basso
(1)
Totale
Aree
• Disabili
• Integrazione lavorativa
(4)
I progetti innovativi
333
Determinanti della salute
Le condizioni socio-economiche/stili di vita
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Totale
(6)
Obbiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
Costo (complessivo)
Il costo del progetto per tutta la sua durata sarà di 248.200 euro
Finanziamenti (totali nel biennio 2005/06)
Euro
Ente finanziatore
128.200
U.L.SS. n.4
120.000
CariVerona
334
P31.
3. Il quadro delle azioni programmate
Servizio Integrazione Lavorativa – Area Svantaggio
Responsabile
Responsabile del SIL
Obiettivo
Il progetto si propone di attivare sperimentalmente un Ser vizio Integrazione Lavorativa - Area
Svantaggio al fine di assicurare le funzioni ed i compiti relativi all’inserimento e all’integrazione lavorativa di cittadini in condizione di particolare svantaggio sociale, mettendo in comune risorse umane, strumentali e finanziarie della Provincia e dell’Azienda U.L.SS. n.4
Descrizione
Da anni la Provincia di Vicenza e l’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” collaborano nell’ambito delle rispettive competenze per la realizzazione di un sistema integrato di servizi ed interventi per l’inserimento sociale e lavorativo delle persone svantaggiate. Tale collaborazione ha
condotto al raggiungimento di importanti risultati nella gestione della Legge n.68/99 sul diritto al lavoro dei disabili, attraverso modalità innovative e originali d’integrazione delle rispettive competenze e risorse, con il coinvolgimento degli altri soggetti pubblici e privati interessati.
Al fine di rispondere adeguatamente alle aspettative delle persone svantaggiate e dei datori
di lavoro, si pr evede l’attivazione sperimentale di uno specifico servizio, mettendo in comune
gli operatori e le risorse del Centro per l’impiego di Schio-Thiene impegnate nell’area delle
categorie svantaggiate e gli operatori e le risorse del servizio integrazione lavorativa
dell’Azienda U.L.SS. n.4. Principali risultati attesi:
• sviluppare le azioni d’inserimento lavorativo in un’ottica di sistema;
• offrire ai cittadini svantaggiati e alle aziende un unico punto di riferimento tecnico e amministrativo;
• favorire un utilizzo integrato ed efficiente delle risorse;
• incrementare l’ef ficacia e l’efficienza di gestione della legge 68/99;
• estendere il modello d’intervento sperimentato per i disabili a tutte le fasce di lavoratori svantaggiati.
Il Servizio Integrazione Lavorativa - Area Svantaggio:
• svolgerà i compiti amministrativi relativi al collocamento, alla preselezione e al sostegno all’incontro fra domanda e of ferta di lavoro connessi agli inserimenti lavorativi delle persone con disabilità e
svantaggiate ed alle iniziative finalizzate ad incrementare l’occupazione;
• favorirà nelle esperienze d’inserimento lavorativo e di collocamento mirato il raccordo con gli interventi svolti dai ser vizi socio–sanitari, assicurando gli opportuni collegamenti con la Commissione
medica integrata ex Legge 104/1992;
• of frirà servizi di consulenza e di accompagnamento alle aziende coinvolte e garantisce un punto di
riferimento competente, dove necessario, per i familiari del lavoratore;
• opererà in raccordo con il Comitato tecnico ed utilizza progetti individualizzati di osservazione e orientamento, formazione in situazione, mediazione al lavoro, integrazione sociale in ambiente lavorativo;
• favorirà lo sviluppo delle azioni in un ottica di sistema che coinvolga il più ampio numero di attori istituzionali, delle forze sociali, dei soggetti del privato sociali e del privato convenzionato e/o accreditato.
I progetti innovativi
335
Azioni
• Stipula di un protocollo d’intesa tra la Provincia di Vicenza e l’Azienda U.L.SS. n.4.
• Definizione del modello organizzativo ed operativo del Ser vizio Integrazione Lavorativa – Area Svantaggio.
• Attivazione del nuovo ser vizio in locali della medesima struttura che ospita il Centro per l’impiego di Schio-Thiene.
• Predisposizione di un piano di attività annuale.
• Monitoraggio, analisi e valutazione degli inter venti e dei risultati della sperimentazione.
Tempi
Il progetto avrà corso da gennaio 2005 a dicembre 2006.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Tempo sano
Basso
(1)
Spazio Sano
Basso
(1)
Totale
(5)
Aree
• Integrazione lavorativa
• Disabili
• Salute mentale
• Dipendenze
• Minori / giovani
• Immigrazione
• Popolazione
• Adulti e anziani
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Medio
(3)
Le condizioni socio-economiche / stili di vita Basso
(1)
Totale
(7)
Obbiettivi da PSSR
• Il potenziamento della rete integrata di ser vizi sanitari e sociali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani,
ai disabili, ai malati di mente e ai tossicodipendenti
336
P39.
3. Il quadro delle azioni programmate
Sportello donna
Responsabile
Comune di Schio
Descrizione
Si tratta di uno spazio di accoglienza, ascolto e informazione, ma anche di incontro e socializzazione aper to al mondo femminile.
Lo sportello of fre un servizio di consulenza psicologica, socioeducativa e legale, oltre ad
organizzare iniziative culturali e di socializzazione.
Si caratterizza come:
• uno spazio a disposizione delle donne e delle loro organizzazioni;
• uno sportello informativo sui temi del lavoro e della formazione professionale, della
salute e della vita sociale;
• un servizio di counseling individuale e di piccolo-gruppo per la ricerca del lavoro;
• un servizio di informazione-consulenza legale sulle tematiche legate alla condizione femminile e alle problematiche familiari;
• un punto di riferimento per le donne che subiscono violenza;
• un centro di documentazione e ricerca su tematiche femminili;
• un luogo che promuove con le donne iniziative sull’identità femminile.
Il servizio si svolge presso il Comune di Schio – Ser vizi sociali.
E-mail: [email protected]
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Tempo sano
Basso
(1)
Totale
(4)
Aree
• Popolazione femminile
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Basso
(1)
Totale
(4)
I progetti innovativi
P40.
337
Ascoltagiovani
Responsabile
Comune di Schio
Descrizione
L’ascoltagiovani è un intervento socio-educativo rivolto a ragazzi dai 14 ai 26 anni, attivato
dal comune di Schio. Esso costituisce una risorsa per quei ragazzi che per vari motivi vivono
in situazione di disagio psicologico, familiare o sociale, e per tutti quei giovani che esprimono il bisogno di trovare uno spazio informale di accoglienza ed un sostegno qualificato.
Il servizio si svolge presso il Comune di Schio - Ser vizi sociali.
E-mail: [email protected]
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
(3)
Tempo sano
Basso
(1)
Totale
(4)
Aree
• Minori / giovani
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Basso
(1)
Totale
(4)
338
P32.
3. Il quadro delle azioni programmate
Prima comunicazione
Responsabile
Responsabile UO Bambino e Famiglia DSS n. 1
Obiettivo
Migliorare la modalità di comunicazione e gestione della diagnosi di disabilità o grave e permanente perdità di autonomia
Descrizione
La “prima comunicazione” non si ferma solo al momento della nascita ma riguarda anche la
comunicazione di patologia del feto, o di diagnosi di malattia che comporti cronicità o handicap nel bambino e nell’adolescente, o ancora di perdita di autonomia nella persona adulta.
L’esperianza di genitori che hanno provato il disagio di dover afforntare un asituazione di un
figlio con disabilità, può aiutare anche i professionisti a capire come rapportarsi ef ficacemente con tali situazioni: “il problema non è cosa comunicare ma come”.
Coordinate
Coordinate del benessere
Relazioni sane
Medio
Totale
(3)
(3)
Aree
• Popolazione in generale
• Disabili
• Minori / giovani
Determinanti della salute
Aspettative e visione del futuro
Medio
(3)
I servizi sociosanitari e sociali
Basso
(1)
Totale
(4)
Azioni
• costituzione di un gruppo riconosciuto dall’Azienda U.L.SS. con presenza di: tecnici, genitori, associazioni di volontariato;
• formazione per i tecnici grazie ad un confronto continuo con i genitori;
• individuazione di un protocollo di prima comunicazione (chi, dove e quando);
• continuità di presa in carico tra l’ospedale e il rientro in famiglia coinvolgendo le figure professionali di riferimento;
• individuare un str umento di comunicazione continua con le famiglie (tra cui anche tutti i possibili benefici
previsti dalla normativa vigente).
I progetti innovativi
P21.
339
I tempi della comunità: Proposta
La città pensata dalle politiche temporali è una città di cronotopi, luoghi fisici
di architetture spaziali e temporali animate da ritmi di presenza e compresenza
dei suoi cittadini e degli abitanti temporanei
Bonfiglioli, Mareggi, 1997
Responsabile
Presidenza della Conferenza dei Sindaci dell’U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino”
Descrizione
L’organizzazione urbana è insieme spaziale e temporale
L’organizzazione della città, del paese non è solo dettata da una matrice spaziale e di uso
del suolo, competenza propria del piano regolatore generale, ma anche dalla struttura temporale di uso dei luoghi da parte della popolazione. Il sistema degli orari urbani è in pratica
quella parte altamente razionalizzata e pubblica del tempo sociale per la quale la città/il
paese abitata dai suoi cittadini secondo gli atti della loro vita quotidiana, è assieme un’insieme di spazi costruiti e di cronotopi. “La città pensata dalle politiche temporali è una città
di cronotopi, luoghi fisici di architetture spaziali e temporali animate da ritmi di presenza e
compresenza dei suoi cittadini e degli abitanti temporanei” (Bonfiglioli, Mareggi, 1997). Oggi
il sistema degli orari urbani è in rapida trasformazione a seguito del mutamento in atto degli
orari di lavoro secondo regimi flessibili e multimodali e a seguito dell’uso allargato del territorio da parte dei cittadini, in reti di sistemi urbani.
Dall’altra parte, ogni comunità ha ritmi sociali caratteristici di uso degli spazi pubblici e privati. Per esempio Milano fino agli anni ’70 è stata strutturata come una metropoli a organizzazione tayloristica industriale e oggi si è trasformata in una metropoli di ser vizi ad alta mobilità e desincronizzazione degli orari. I ritmi temporali delle nostre comunità dell’Alto Vicentino
invece presenta una sostanziale rigidità, connessa soprattutto ad aspetti tradizionali di scansione dell’anno: dalle scuole, ai servizi della pubblica amministrazione, ai negozi gli orari di
funzionamento sono, talora, poco funzionali ad una miglior fruibilità della persona.
Orari della pubblica amministrazione nell’Alto Vicentino
Politiche temporali per la modernizzazione della pubblica amministrazione
Nelle politiche temporali italiane gli orari dei servizi pubblici sono stati concepiti come un’inter faccia che media: da una parte l’organizzazione del ser vizio stesso e l’orario di lavoro dei
dipendenti; dall’altra parte la domanda degli utenti e la sua struttura dei tempi dedicati al
lavoro e alla cura parentale, soprattutto quella rivolta ai minori, agli anziani, ai malati.
Si può pensare che agire sugli orari di spor tello o dei servizi sia un’azione banale e solo razionalizzatrice. L’esperienza ha mostrato il contrario. Sia nel caso dello sportello, sia per l’intero servizio, agire sugli orari compor ta modificare la relazione complessa fra organizzazione
del lavoro, orari di lavoro, mobilità degli utenti, tipologia di utenti. La logica sottesa all’azione rimanda all’istituzione di un nuovo patto sociale fra cittadini ed è ormai parte del disegno
di modernizzazione della pubblica amministrazione.
In Italia l’azione degli uffici tempi della città, sor ti soprattutto dopo l’emanazione della
340
3. Il quadro delle azioni programmate
L.53/2000 si è articolata attorno ai seguenti obiettivi: razionalizzare gli orari di accesso dei
cittadini agli uffici comunali in orari cer ti; prolungare gli orari di sportello in fasce orarie desincronizzate rispetto agli orari prevalenti di lavoro della città, in particolare durante la pausa di
mezzogiorno, nel tardo pomeriggio e in alcune città italiane di sabato.
Le esperienze in alcune amministrazioni comunali hanno riguardato l’adozione del modello
“giornata del cittadino” in cui tutti gli spor telli e i servizi del comune (per esempio Pesaro)
e/o delle pubbliche amministrazioni della città (è il caso di Prato, Rimini, Parma) sono aperti con orari continuati e/o prolungati fino a tardo pomeriggio; la riqualificazione dei ser vizi
municipali attraverso la semplificazione delle procedure amministrative, l’informatizzazione
degli archivi e del loro accesso, la diffusione dei punti di accesso fisici.
Il Progetto pilota sugli orari comuni delle pubbliche amministrazioni e degli enti di interesse
pubblico dei comuni dell’Alto Vicentino riguarda l’accesso dei cittadini ai servizi. È per tanto
un’azione circoscritta, rispetto alla riqualificazione dei ser vizi; ma incisiva sul piano dei risultati per i cittadini e non banale sul piano della riqualificazione del back–office dello “spor tello”. Inoltre, la costruzione del processo decisionale e il buon funzionamento del gruppo dei
decisori istituzionali pubblici e privati coinvolti sono un’azione di rilevanza urbana.
Gli orari dei servizi della pubblica amministrazione nell’Alto Vicentino
L’orario di apertura degli uffici delle pubbliche amministrazioni nel territorio dell’Alto Vicentino
è prevalentemente strutturato secondo un orario spezzato. Gli uffici decentrati dello stato e
degli enti pubblici sono caratterizzati da una mattina lunga e pomeriggi brevi, solitamente due.
Alcuni spor telli sono aperti solo al mattino. Diversamente, l’orario di apertura dei Comuni è
quasi omogeneo per tutti gli uffici al pubblico e prevede l’aper tura mattutina dalle ore 08:30
alle 13:00 e pomeridiana dalle ore 14:30 alle 16:30; con alcuni spor telli, quali l’Ufficio relazioni con il pubblico, l’Anagrafe, il Protocollo, lo Stato civile e la Polizia municipale aper ti
anche al sabato mattina. L’Azienda Sanitaria prevede l’apertura dei propri servizi, in misura
articolata, prevalentemente al mattino ma con opportunità anche nel pomeriggio, differenziate a seconda dei singoli ser vizi.
Chi costruisce il progetto
La costruzione del progetto è affidata ad un gruppo istituzionale e tecnico denominato “Orari
di servizio, orari di vita”, coordinato dai sindaci di Schio e di Thiene, da dirigenti responsabili delle Amministrazioni pubbliche operanti nell’Alto Vicentino (Poste, Enel, U.L.SS., CCIA,
Inps, Agenzia delle Entrate, AltoVicentino Ser vizi, Consorzio Medio Astico ecc.),che utilizzerà
il metodo della concertazione con le organizzazioni sindacali al fine di garantire all’iniziativa
sperimentale la più ampia condivisione dei lavoratori coinvolti.
Attraverso questo organismo si espleta il potere di coordinamento degli orari dei servizi urbani, competenza assegnata al sindaco dall’articolo 36 della L.142/90.
Nuovi orari per le pubbliche amministrazioni e gli enti di interesse pubblico della città
Linee guida progettuali
Le linee guida progettuali affrontano il tema degli orari della pubblica amministrazione secondo principi di equilibrio tra orari di lavoro e tempi di vita. Armonizzare gli orari degli uffici al
pubblico delle amministrazioni cittadine e desincronizzare gli orari di sportello rispetto all’orario di lavoro prevalente sono obiettivi della sperimentazione. Le modifiche degli orari di apertura degli sportelli delle pubbliche amministrazioni e degli enti di interesse pubblico aderenti
al progetto riguardano: la giornata del cittadino, con apertura a orario continuato (ad es. dalle
ore 09:00 alle ore 19:00) in una giornata settimanale di massima affluenza - le mattine delle
I progetti innovativi
341
altre giornate dalle 09:00 alle ore 12:00 (orario certo).
Le due fasce, settimanale e giornaliera, individuano l’orario di apertura comune degli sportelli delle pubbliche amministrazioni aderenti al progetto. Per molti enti, tra cui i Comuni, la
sperimentazione non incide sulla riduzione dell’orario di apertura. Frequentemente infatti
aggiunge agli orari attuali, la fascia del pranzo della giornata di apertura continuata senza
interruzione centrale e soprattutto vede per la prima volta il coordinamento tra la maggior
par te degli enti pubblici presenti nei comuni.
Le modifiche orarie saranno individuate e concertate dal Gruppo “Orari di servizio, orari di
vita” che può prevedere oltre alle modifiche assunte anche i aperture facoltative pomeridiane su prenotazione e il sabato mattina. Il pr ogetto pilota può prevedere inoltre:
• un programma di comunicazione;
• la collocazione di totem segnaletici nei punti principali di acceso ai comuni e nei luoghi di maggiore attrattività;
• la definizione di alcuni monitoraggi durante il progetto, da svolgere presso gli sportelli (rilevazione
dell’affluenza e focus group con i dirigenti e gli operatori) e presso i cittadini con schede strutturate;
• da ultimo, un progetto accoglienza per migliorare l’agio negli uffici al pubblico.
Le analisi
Sulla scorta di esperienze maturate in altre realtà urbane italiane, la progettazione e attuazione dei nuovi orari di sportello degli enti pubblici e di interesse pubblico sarà preceduta,
secondo una tradizione consolidata di pianificazione, da indagini cronotopiche dirette, volte:
1. al rilievo degli orari di aper tura al pubblico dei differenti uf fici e a elaborarli graficamente su calendari settimanali e in schede riepilogative;
2. al rilievo degli orari di lavoro dei dipendenti;
3. al rilievo dell’af fluenza in una giornata tipo, con indicazione dei giorni di massima e minima
affluenza, delle scadenze istituzionali e dei periodi di af follamento nel corso dell’anno. Sarà effettuata inoltre un’elaborazione grafica su calendari settimanali e in schede riepilogative. In relazione
alla determinazione della massima af fluenza giornaliera verranno implementate alcune elaborazioni
statistiche con software ad hoc;
4. alla valutazione sia di alcune proposte di modifica dell’orario giornaliero o settimanale, che costituiscono i cardini del primo disegno di progetto di modificazione dell’orario, sia delle azioni integrate
da condur re (riqualificazione del ser vizio per l’utente e riorganizzazione dell’ufficio).
Il gruppo istituzionale effettuerà le analisi non solo come una mappatura dell’esistente ma
soprattutto come un’indagine sulla propensione al cambiamento, come azione preliminare
all’individuazione di una proposta di modificazione degli orari di aper tura al pubblico degli
sportelli delle pubbliche amministrazioni cittadine. L’indagine avrà inoltre l’obiettivo di sensibilizzare e motivare i dirigenti degli enti pubblici cittadini verso le trasformazioni degli orari a
favore sia dei lavoratori dei servizi sia degli utenti degli stessi.
Contenuti delle linee guida
La proposta progettuale si concretizzerà, attraverso lo strumento dell’accordo di programma
tra le amministrazioni pubbliche interessate, in cinque contenuti:
1. definizione della gior nata del cittadino, durante la quale tutti gli uffici della pubblica amministrazione e possibilmente anche gli istituti di credito, aziende private di interesse pubblico, siano aperti
per un tempo prolungato e continuativo (ad es. 09-19);
2. attivazione degli appuntamenti su prenotazione a par tire da alcune categorie professionali;
3. rafforzamento degli orari di aper tura dello sportello unico per le imprese;
4. formazione integrata degli operatori degli uffici pubblici;
5. attivazione di numeri verde informativi, di spor telli polifunzionali tra le amministrazioni pubbliche.
342
3. Il quadro delle azioni programmate
Tempi della scuola
Obiettivi semplici da pensare e difficili da perseguire
Tema tradizionale delle politiche temporali in Italia e in Europa, il cambiamento degli orari
delle scuole riguarda obiettivi semplici da pensare e difficili da conseguire.
Il cambiamento orario ha riguardato, generalmente, uno slittamento dell’orario di ingresso di
solito per i ragazzi/e delle scuole superiori che in molte città provengono da territori di scala
vasta. Ma non solo: talvolta sono state realizzate attività di pre/post scuola presso le scuole per l’infanzia, attività di intrattenimento con il coinvolgimento di associazioni per il volontariato e il tempo libero, iniziative di utilizzo in orari extrascolastici (prevalentemente al pomeriggio) delle strutture e degli spazi aper ti delle scuole.
Le ragioni dello slittamento sono state da subito individuate anche grazie alla domanda posta
dalle aziende di trasporto pubblico. Le scuole aprono in Italia al mattino nelle ore di massima concentrazione del traffico e incidono sulla congestione e sull’inquinamento; i mezzi di
trasporto sono tutti impegnati e è difficile aggiungere linee e migliorare il servizio; i genitori
spesso non possono utilizzare la flessibilità di ingresso al lavoro perché sono vincolati agli
orari rigidi della scuola. Orari e calendari scolastici standard e rigidi di fronte a orari di lavoro sempre più flessibili e modulari per i genitori (anche sulla base dell’anno) sono di per sé
una discrasia che chiama all’intervento progettuale.
Le inchieste hanno evidenziato anche lo stress di prima mattina nell’ambito familiare a seguito di un alto numero di azioni coordinate da svolgere, solitamente gestite sotto la responsabilità della donna. A Bolzano, per esempio, sono state individuate tre aree di inter vento:
ingresso, uscita di mezza giornata, attività libere pomeridiane. Questa ar ticolazione degli
interventi mostra uno spostamento concettuale dell’azione dagli orari al tempo: il fuoco interpretativo è posto sull’organizzazione dei tempi quotidiani e sui soggetti delegati a questa
organizzazione. I motivi per cui i risultati di slittamento dell’orario di ingresso sono stati dif ficili da conseguire sono i seguenti:
• gli orari scolastici di una città sono un regime temporale che media fra tempi individuali dei genitori e degli studenti, tempi collettivi di lavoro dei genitori e del personale scolastico, abitudini e tempi
familiari; sono un r egime orario strutturante molti altri regimi del tempo sociale di una città e attivo
sia alla scala quotidiana che a quelle settimanale e annuale; quindi anche un’azione semplice di slittamento agisce su una grande varietà di regimi orari individuali e collettivi;
• in Italia le attività curriculari scolastiche si svolgono quasi ovunque nella mattina e perciò è dif ficile modificare orari che corrispondono a una struttura didattica e pedagogica conseguita con molte
mediazioni;
• fino a poco fa l’orario scolastico era di competenza del Ministero e del Provveditore gestito cioè in
modo gerarchico e verticistico. Oggi ogni scuola può scegliere il proprio orario, ma pochi presidi stan no lavorando in questo campo perché agisce il valore della consuetudine che per i regimi di orario è
una stabilità str utturale.
Ci sono buoni motivi per cambiare gli orari delle scuole?
L’esperienza suggerisce le seguenti risposte:
a. gli orari attuali non hanno nulla di naturale se non il fatto che sono stati in vigore a lungo e sono
stati costruiti sull’orario di lavoro industriale, rigido e standard. Alcuni pedagogisti stanno riflettendo
sul profilo orario, settimanale e annuale ottimale per l’apprendimento e la formazione;
b. orari e calendari incidono sul traf fico, sull’inquinamento, sulla flessibilità degli orari lavorativi;
c. le scuole sono un patrimonio edilizio cospicuo. Una cultura urbanistica ispirata alla trasformazione e non alla semplice crescita suggerisce il problema di utilizzare gli edifici scolastici e i cortili per
I progetti innovativi
343
attività sociali in un tempo prolungato;
d. lo stress familiare di primo mattino e una più equa distribuzione dei carichi familiari pongono
domande qualitativamente rilevanti;
e. i calendari scolastici stanno in rappor to con le ferie. Alla loro ristr utturazione sono interessate le
molte attività economiche legate alla mobilità.
La vasta articolazione delle ragioni sottese alla struttura degli orari scolastici depone a favore di una progettazione e di una gestione sofisticate.
La costruzione condivisa del problema: strategie del progetto
Il gruppo istituzionale “Orari dei servizi, orari di vita” integrato da una rappresentanza dei dirigenti scolastici nominata dal Centro Territoriale Formativo Alto Vicentino diventa la sede
appropriata per conoscere ed accompagnare le eventuali trasformazioni degli orari dei calendari scolastici nel rispetto dell’autonomia del mondo scolastico.
La costruzione condivisa del problema, avviene seguendo queste fasi:
1. Un seminario di presentazione del Piano dei tempi e degli orari e un incontro con città che hanno
avviato politiche sugli orari scolastici, per attivare un coinvolgimento dei dirigenti scolastici degli istituti cittadini.
2. Un’indagine sulle trasformazioni degli orari nel mondo scolastico. Come prima ipotesi va individuato una modalità di inchiesta volta a sensibilizzare la scuola verso i cambiamenti orari in atto e
l’individuazione di possibili aree di inter vento. La condivisione, con i dirigenti scolastici, riguarda la
scelta della strategia d’inchiesta, la costruzione e la gestione insieme della stessa. La finalità è quella di avviare un coinvolgimento attivo dei decisori in materia di orari scolastici.
3. Le azione mirano, da un lato, ad aprire il dibattito interno al mondo scolastico a un più ampio dialogo entro il territorio; dall’altro, a sensibilizzare verso il cambiamento delle abitudini temporali quotidiane che vengono considerate acquisite e inamovibili.
4. Il Comune, mettendosi a ser vizio del mondo della scuola, assume il r uolo di gestore di un terreno d’incontro per sviluppare il dialogo sociale e civile e la cooperazione tra gli attori coinvolti: il CTF,
il collegio dei presidi, gli insegnanti, con il coinvolgimento, in seguito, delle aziende di trasporto locale, delle piccole e medie imprese di ser vizi territoriali di sostegno (commercianti, pubblici esercizi,
ecc.), dell’Amministrazione provinciale e dei sindacati.
Imparare dalle esperienze
Al fine di costruire una rappresentazione condivisa dei problemi, sia nel team di lavoro interno al Comune che con i partner esterni, vanno individuate modalità d’azione ispirate al principio di imparare dalle esperienze di altre città o enti che hanno promosso politiche innovative in materia. Le modalità d’azione riguardano:
• Lo studio di politiche sugli orari scolastici nel quadro di piani degli orari urbani. Vanno analizzate le
politiche di differenziazione degli orari di entrate e uscita dalle scuole materne e di apertura dei cortili scolastici; post–scuola; diversificazione dell’orario di ingresso delle scuole secondarie; desincr onizzazione degli orari di entrata/uscita dalle scuole, ser vizi di pre/post scuola, linee di traspor to pubblico dedicate agli studenti, attività di formazione, percorsi sicuri per bambini;
Ciò che emerge dalle conoscenze esperite sin qui nel contesto dell’Alto Vicentino, è così sintetizzabile:
• ogni scuola ha una caratterizzazione propria ed esigenze temporali diversificate;
• le richieste di tutoraggio del bambino, soprattutto nelle scuole per l’infanzia e primarie, ricoprono
ormai l’intero arco della giornata (mattina presto-tardo pomeriggio);
• le indagini sul mondo scolastico sono rilevanti perché occasione per riflettere sul rapporto scuola–città–territorio e pensare anche alla localizzazione delle scuole in relazione sia ad aspettative
socio–economiche che educative e urbane;
• analizzar e alcune modificazioni orarie sperimentate può facilitare il processo di conoscenza della
reattività del contesto locale e della capacità di adattamento ai cambiamenti;
• nell’ottica di azione integrata propria dell’approccio temporale, è auspicabile pensare a un coordinamento tra iniziative già attive tra scuola e Comune (per esempio Informagiovani, rete civica, didattica nei musei);
• quando le politiche temporali hanno dato origine a uno spettro di azioni eterogenee secondo un
approccio integrato di politica urbana, l’ef ficacia dell’azione è stata più rilevante.
Gli ambiti di influenza di un’azione temporale nelle scuole riguardano:
• il miglioramento degli orari della famiglia e dei genitori;
• il rappor to con la città (ore di punta, traf fico, inquinamento);
• la pedagogia orientata a orari e calendari diversi (ancor oggi legati a orari di lavoro tipicamente industriali);
• il mondo stesso della scuola (studenti e lavoratori).
Coordinate
Coordinate del benessere
Tempo sano
Alto
Totale
(5)
(5)
Aree
• Popolazione
Determinanti della salute
Condizioni socio-economiche
Totale
Alto
(5)
(5)
4. L’accordo di programma
4. L’accordo di programma
347
Accordo di programma
per la gestione e coordinamento
del Piano di Comunità per il triennio 2004-2006
PREMESSO
• che il Decreto Legislativo 30.12.1992 n.502, con le successive modificazioni ed integrazioni,
recante norme per il riordino della disciplina in materia sanitaria, ha introdotto impor tanti cambiamenti nella organizzazione dei servizi socio-sanitari, indicando nella Conferenza dei Sindaci l’ambito
rappresentativo degli interessi delle comunità locali in materia socio-sanitaria;
• che, secondo quanto disposto dalla L.R. 14.9.1994, n. 56 recante “Norme e principi per il riordino del ser vizio sanitario regionale in attuazione del D.lgs. 502/1992”, i Comuni par tecipano al processo di programmazione socio-sanitaria regionale mediante l’elaborazione del Piano di Zona dei
Ser vizi Sociali da par te della Conferenza dei Sindaci
• che la L.R. 56/94 confer ma il ripar to delle competenze tra Unità Locale Socio-Sanitaria e i Comuni
in materia di attività socio-sanitarie e socio-assistenziali;
• che la L.R. n.5 del 03.02.1996 “Piano Socio-Sanitario regionale per il triennio 1996/1998”
all’art.4 individua i seguenti strumenti per la gestione unitaria dei ser vizi sociali e socio-sanitari in
ambiti territoriali omogenei, che vengono individuati nei distretti: la delega da parte dei Comuni della
gestione dei ser vizi alle Unità Locali Socio-Sanitarie o, in alternativa, la stipula di accordi di programma tra gli enti interessati. Tali deleghe o accordi vengono decisi e stipulati sulla base dei contenuti del Piano di Zona, in relazione alla convenzioni già adottate in ambito distrettuale tra i Comuni.
Per i Comuni il Piano di Zona rappresenta la possibilità concreta di incidere attivamente sull’organizzazione complessiva dei ser vizi alla persona e sulla destinazione delle risorse utilizzabili per le attività sociosanitarie del territorio, for mulando, anche nei confronti dell’Azienda U.L.SS., richieste precise di impegno su obiettivi ed azioni concordate. La valorizzazione del ruolo dell’Ente Locale viene,
infatti, realizzata dalla legislazione, che attribuisce ai Comuni una funzione strategica rispetto all’intero processo programmatorio: il Piano di Zona è promosso dai Comuni (tramite la Rappresentanza
dei Sindaci) ed è approvato dalla Conferenza dei Sindaci dei Comuni afferenti il territorio dell’Azienda
U.L.SS. n.4 di riferimento.
• che la Legge n.328 dell’08.11.2000 “Legge quadro per la realizzazione di un sistema integrato di
interventi e ser vizi sociali”, all’art.19, prevede che i Comuni associati a tutela dei diritti della popolazione d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gli inter venti sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano
regionale di cui all’ar ticolo 18, comma 6, a definire il piano di zona, che individua:
a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli str umenti e i mezzi per la relativa
realizzazione;
b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione alle disposizioni regionali adottate ai sensi dell’articolo 8, comma 3, lettera h);
c) le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo di cui all’articolo 21; le
modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni;
d) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con par ticolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia;
e) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito
348
4. L’accordo di programma
della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità;
f) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con i soggetti di cui all’ar ticolo 1, comma 4.
• che Il Piano di Zona dei Ser vizi Sociali di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi
dell’articolo 34 del D. Lgs. n.267/2000 è volto a:
a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su ser vizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in par ticolare le risorse locali di solidarietà e di auto aiuto, nonché a
responsabilizzare cittadini nella programmazione e nella verifica dei ser vizi;
b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concer tazione di cui al comma 1, lettera g);
c) definire i criteri di ripar tizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità
sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il
raggiungimento di par ticolari obiettivi;
d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare
progetti di sviluppo dei servizi.
• che la L.R. 11/2001 ribadisce che il Piano di zona è lo strumento primario di attuazione della rete
dei servizi sociali e dell’integrazione sociosanitaria.
• che all’accordo di programma di cui al comma precedente, per assicurare l’adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, par tecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1 (Comuni e
Aziende U.L.SS.), nonché i soggetti di cui all’ar ticolo 1, comma 4 (privato sociale) e all’ar ticolo 10
(IPAB) che attraverso l’accreditamento o specifiche forme di concer tazione, concorrono, anche con
proprie risorse, alla realizzazione del sistema intete dei ser vizi sociali e dell’integrazione sociosanitaria.
RICORDATO
• che essenziali strumenti della programmazione socio-sanitaria approvati dalla Conferenza dei
Sindaci sono altresì:
a) il piano di interventi per l’infanzia e l’adolescenza approvato nella seduta della Conferenza
dei Sindaci del 28 aprile 2004 e recepita dall’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” con Delibera del
DG n. 338 del 20 maggio 2004;
b) il piano triennale di inter vento - Area Dipendenze 2003-2005 approvato nella seduta della
Conferenza dei Sindaci del 30 ottobre 2002 e recepita dall’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino” con
Delibera del DG n. 1333 del 31 ottobre 2002;
• che entrambe queste progettualità rientrano nel Piano di Comunità.
4. L’accordo di programma
349
GLI ENTI INTERESSATI COME DAPPRESSO
L’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino”
e
I Comuni del territorio dell’Azienda U.L.SS. n.4 “Alto Vicentino”:
Arsiero, Breganze, Caltrano, Calvene, Carrè, Chiuppano, Cogollo del Cengio,
Fara Vicentino, Laghi, Lastebasse, Lugo di Vicenza, Malo, Marano Vicentino,
Montecchio Precalcino, Monte di Malo, Pedemonte, Piovene Rocchette, Posina,
Salcedo, Santorso, San Vito di Leguzzano, Sarcedo, Schio, Thiene,
Tonezza del Cimone, Torrebelvicino, Valdastico, Valli del Pasubio,
Velo d’Astico, Villaverla, Zanè, Zugliano;
CONVENGONO QUANTO SEGUE
assumendo l’impegno di realizzarlo, ciascuno per la sua parte, nei modi specificati di seguito:
ART. 1 - FINALITÀ
II Piano di Zona è uno strumento per la programmazione dei servizi sociali e socio-sanitari di
una Comunità, secondo i principi della responsabilizzazione, della sussidiarietà e della partecipazione.
Il Piano di Zona individua:
• priorità e linee di sviluppo delle politiche sociali e sociosanitarie locali;
• modalità di raccordo fra le attività sociosanitarie delle U.L.SS. e le attività socio-assistenziali dei
Comuni;
• strategie di integrazione su obiettivi comuni fra i soggetti pubblici, fra questi, i soggetti del privato
sociale e le espressioni organizzate della comunità locale;
• forme di controllo e di verifica delle spese e di responsabilizzazione sui risultati raggiunti;
• centralità ai bisogni del territorio e alle attese della cittadinanza;
• forme di collaborazione e di raccordo fra il pubblico e il privato;
• soluzioni organizzative e gestionali flessibili ed innovative;
• ottimale utilizzo e valorizzazione delle risorse disponibili;
• modalità innovative di attivazione di risorse pubbliche e private.
ART. 2 - ENTE PROMOTORE
II Comune di Lugo, quale Ente promotore, assume il ruolo di Comune capofila per portare a
buon fine l’iniziativa in base a quanto previsto dalla vigente legislazione Regionale e
Nazionale l’attività e i progetti di cui al presente accordo di programma
ART. 3 - CAMPI DI APPLICAZIONE DELL’ACCORDO
Gli accordi sottoscritti hanno lo scopo e le finalità di migliorare i ser vizi alla persona, alle
famiglie e alla comunità locale dei 32 Comuni della zona. Per tanto gli accordi comunali, intercomunali e/o interdistrettuali sono finalizzati al miglior coordinamento dei servizi socio-assistenziali con quelli socio-sanitari, il tutto per favorire un’effettiva integrazione dell’area sociale con quella sanitaria.
Il campo di applicazione del piano di comunità sarà:
1. servizi sociali erogati dai 32 Comuni;
2. ser vizi socio-sanitari erogati dall’Azienda U.L.SS. n.4;
350
4. L’accordo di programma
3. ser vizi sociali erogati dal Volontariato - Onlus - Cooperative Sociali - IPAB;
ART. 4 - IMPEGNI DEI SOGGETTI FIRMATARI
L’attuazione del contenuto dell’accordo avviene ad opera dei singoli soggetti par tecipanti i
quali svolgono compiti loro affidati dall’accordo stesso e si impegnano a compiere ogni azione necessaria alla realizzazione dei singoli progetti contenuti nel Piano. In particolar modo,
le Amministrazioni Comunali si impegnano a sostenere la realizzazione dei progetti “La citta
senza barriere”, e “I tempi della comunità”.
Ciascun Ente par tecipante all’accordo parteciperà attraverso i propri delegati agli incontri programmati dal gruppo di lavoro per il monitoraggio e la verifica del Piano di Comunnità costituito con il Piano stesso. Gli oneri per la pubblicazione dell’accordo sul BUR del Veneto saranno suddivisi tra i 32 Comuni della zona, in proporzione al numero degli abitanti (art.5 comma
6 della L.R. n.56/1994).
ART. 5 - LE RISORSE
Le risorse necessarie per la realizzazione dei contenuti del presente piano derivano:
• dal fondo sanitario regionale;
• dal fondo sociale regionale;
• dai fondi comunali (quota capitaria);
• da fondi di altri soggetti pubblici e privati (Provincia, fondazioni, terzo settore ecc.).
La quota sanitaria relativa a ciascun livello di assistenza è determinata tenendo in considerazione l’allegato n.5 alla DGRV 3972/2002. La quota capitaria a carico dei Comuni è determinate come segue:
Contributi da Comuni
Per funzioni obbligatorie
Fondo residenzialità
Fondo minori in affido
Totale entrate da Comuni
2.402.000
523.000
505.000
3.430.000
Le quote associative procapite dei Comuni risultano le seguenti (anno 2004):
Tabella 93 Quote associative procapite dei comuni U.L.SS. n. 4. Anno 2004
Indistinta per funzioni “obbligatorie”
13,40
Fondo residenzialità disabili
2,92
Fondo per minori in affido
2,82
tali quote saranno aggiornate annualmente a seguito di incrementi del costo della vita secondo l’indice ISTAT, previo il necessario assenso della Conferenza dei Sindaci in sede di presentazione del bilancio economico preventivo.
Viene quindi ridefinita la quota capitaria con separata evidenza, e contabilizzazione, delle funzioni così dette obbligatorie (assistenza scolastica, CEOD, integrazione lavorativa ecc.) e di
quelle delegate (minori e residenzialità disabili).
4. L’accordo di programma
351
ART. 6 - MONITORAGGIO E RELAZIONE SEMESTRALE SULL’ATTUAZIONE DEL PIANO DI
COMUNITÀ DEI SERVIZI SOCIALI COLLEGIO DI VIGILANZA
II monitoraggio sullo stato di attuazione del Piano di Comunità sarà effettuato dal gruppo di
lavoro per il monitoraggio e la verifica del Piano di Comunità previsto dal piano stesso.
La relazione semestrale sarà predisposta dal Direttore dei Ser vizi Sociali dell’Azienda U.L.SS.
n.4 (ai sensi dell’art.5 - comma 1 della L.R. n.5/96) e sarà inviata alla Regione Veneto e ai
32 Sindaci sulla base delle considerazioni del gr uppo di lavoro.
Ogni responsabile di progetto si impegna a relazionare al gruppo di lavoro per il monitoraggio
e la verifica del Piano di Comunità, nei modi e nei tempi indicati dal gruppo di lavoro stesso,
sullo stato di attuazione dei progetti.
ART. 7 - REALIZZAZIONE DELL’ACCORDO
L’intero impianto del Piano di Comunità si struttura alla valorizzazione delle risorse presenti
nel territorio, prevedendo aree di inter vento specifiche in una cornice unitaria costituita oltre
che dalle Istituzioni, da ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), volontariato,
cooperative sociali, associazioni, per sollecitare una mobilitazione non solo degli organi istituzionali ma anche della società civile, la quale deve prestare maggiore attenzione alle esigenze sociali e sanitarie della Comunità.
Con gli enti che costituiscono il mondo del privato sociale, della cooperazione, del volntariato debbono essere instaurati rapporti che vanno regolati da un regime convenzionale che
tiene conto delle differenti caratteristiche statutarie e dei differenti regimi fiscali derivanti per
legge.
ART. 8 - DESTINATARI
Destinatari e beneficiari del presente accordo di programma sono i cittadini e le famiglie residenti nei Comuni dell’Azienda U.L.SS. n.4 Alto Vicentino.
ART. 9 - DURATA DELL’ACCORDO
II presente accordo di programma, sottoscritto per dare attuazione al Piano di Comunità, ha
validità per il triennio 2004/2006.
ART. 10 - COLLEGIO DI VIGILANZA
La vigilanza sull’esecuzione del presente accordo di programma sarà svolto da un Collegio
composto dall’Esecutivo dei SIndaci dell’Azienda U.L.SS. n.4 e dal Direttore dei Ser vizi
Sociali. Il Collegio è presieduto dal Presidente della Conferenza dei Sindaci o suo delegato.
Al Collegio sono attribuiti poteri sostitutivi in caso di inadempienza di una delle parti stipulanti. Il Collegio è validamente costituito con la presenza del Direttore dei Servizi sociali e
almeno quattro comuni.
ART. 11 - CONTROVERSIE
Eventuali controversie derivanti dall’applicazione del presente accordo saranno devolute alla
Conferenza dei Sindaci o, su richiesta di una delle par ti, ad un collegio arbitrale composto da
tre membri di cui uno scelto dal richiedente, uno dalla parte opponente ed il terzo di comune accordo o, in mancanza, dalla regione Veneto.
ART. 12 - DIFFUSIONE E PUBBLICIZZAZIONE
Saranno promossi, a cura dei soggetti contraenti, incontri con il personale dei rispettivi ser-
352
4. L’accordo di programma
vizi, finalizzati alla illustrazione, diffusione dei contenuti del presente accordo.
Analoga iniziativa (pubblicizzazione dell’accordo sottoscritto) sarà attivata, da parte del
Presidente della Conferenza dei Sindaci, presso tutte le associazioni, i gruppi di volontariato,
cooperative sociali, parrocchie, ONLUS, comitati di quartiere, privato sociale, altri Enti ed
Istituzioni interessati all’iniziativa e/o ai vari progetti.
ART. 13 - DISPOSIZIONI FINALI
Per quanto non contemplato dal presente accordo di programma, si fa rinvio al testo di documento Piano di Comunità 2004/2006 e alle disposizioni nazionali e regionali in materia.
LETTO APPROVATO E SOTTOSCRITTO
Comune di Lugo
COMUNE PROMOTORE - CAPOFILA
_________________________________
4. L’accordo di programma
353
354
Indici e glossario
Indici e glossari
Glossario delle sigle citate
ADI
Assistenza Domiciliare Integrata
AMA
Auto Mutuo Aiuto
ASL
Azienda Sanitaria Locale
AU.L.SS.
Azienda Unità Locale Socio Sanitaria
U.L.SS.
”
CCIAA
Camera di Commercio Industria Ar tigianato Agricoltura
CEOD
Centro Educativo Occupazionale Diurno
CF
Consultorio Familiare
CFP
Centro di Formazione Professionale
CPA
Centro di Pronta Accoglienza
CSM
Centro di Salute Mentale
CTRP
Comunità Terapeutica Residenziale Protetta
CT
Comunità Terapeutica
CdR
Casa di Riposo
DCA
Disturbi del Comportamento Alimentare
DGR
Delibera della Giunta della Regione Veneto
DGRV
”
DH
Day Hospital
DPCM
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
DPR
Decreto del Presidente della Repubblica
DSM
Dipartimento di Salute Mentale
DSS
Distretto Socio Sanitario
FKT
FisioKinesi Terapia
LEA
Livelli Essenziali di Assistenza
L
Legge (nazionale)
LR
Legge regionale (del Veneto)
MMG
Medico di Medicina Generale
NAPA
Nucleo ad Alta Protezione Alzheimer
OMS
Organizzazione Mondiale della Sanità
PdZ
Piano di Zona
PdC
Piano di Comunità
PEI
Progetto Educativo Individualizzato
PLS
Pediatra di Libera Scelta
PL
Posto Letto
PO
Progetto Obiettivo
PSSR
Piano Socio Sanitario Regionale (del Veneto)
RSA
Residenza Sanitaria Assistita (CdR)
SAD
Assistenza Domiciliare Semplice
SAPA
Sezione ad Alta Protezione Alzheimer
SERT
Ser vizio pubblico per le Tossicodipendenze
SIL
Ser vizio di Integrazione Lavorativa
Indici e glossario
SDO
Scheda di Dimissione Ospedaliera
SMR
Metodo di calcolo di standardizzazione indiretta
SPDC
Ser vizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura
SSN
Ser vizio Sanitario Nazionale
SVAMA
Scheda di Valutazione Multidimensionale dell’Anziano
TSE
Tasso di Incidenza Standardizzato
UOCA
Unità Operativa di Continuità Assistenziale
UOD
Unità Operativa Distrettuale
UOPREE
Unità Operativa di Prevenzione e Riabilitazione Età Evolutiva
UO
Unità Operativa / Unità Organizzativa
UVMD
Unità di Valutazione MultiDimensionale
355
356
Indici e glossario
Elenco delle illustrazioni
27
Figura 01: Mappa geologica schematica delle rocce nel Veneto
28
Figura 02: Contatto tra rocce lungo il fiume Astico (riva destra del fiume in località Pra Narpollo), vulcanico in basso e sedimentarie in alto
29
Figura 03: Arenarie della Val Gardena (Valli del Pasubio)
30
Figura 04: Strati di dolomia lungo la strada forestale sopra la frazione San Donà di Caltrano
31
Figura 05: Contatto tra la roccia metamor fica (sopra) e la roccia vulcanica (filone riolitico in giacitura
quasi orizzontale) lungo la strada che da Valli del Pasubio porta a Passo Xomo
31
Figura 06: Contatto tra la riolite, roccia vulcanica (sulla sinistra) e la roccia sedimentaria (dolomia principale in fondo sulla sinistra) lungo la strada che da Valli del Pasubio porta a Passo Xomo
33
Figura 08: Livello Bonarelli - strada per Lusiana
33
Figura 09: Livello Bonarelli - strada per Lusiana, particolare del nodulo di solfuri
35
Figura 10: Il torrente Astico dal ponte tra Chiuppano e Caltrano
35
Figura 11: La val d’Astico. In primo piano il Summano
40
Figura 12: Roccia sedimentaria, Arenaria
40
Figura 13: Roccia metamorfica, Fillade
40
Figura 14: Arenaria della val Gardena
40
Figura 15: Roccia sedimentaria, Calcare (Biancone)
40
Figura 16: Roccia vulcanica, Basalto con olivina (formazione di Salcedo)
46
Figura 17: Borracina Bianca (Sedum Album)
47
Figura 18: Primula comune (Primula Vulgaris)
47
Figura 19: Dente di cane (Erythronium Dens-Canis)
48
Figura 20: Acero di monte (Acer Pseudoplatanus)
58
Figura 21: Contrada in Val Posina
50
Figura 22: Particolare dell’acero di monte (Acer Pseudoplatanus)
50
Figura 23: Primula odorosa (Primula Veris)
53
Figura 24: Papavero comune (Papaver Rhoeas)
53
Figura 25: Genziana primaccia (Gentiana Verna)
55
Figura 26: Viola del pensiero (Viola Tricolor)
55
Figura 27: Rosa selvatica comune (Rosa Canina) - in inverno
56
Figura 28: Inverno nell’alta Val d’Astico
58
Figura 29: Paesaggi montani della Val Posina
59
Figura 30: Dafne Mezereo (Daphne Mezereum)
59
Figura 31: Parnassia (Parnassia Palustre)
59
Figura 32: Anemone bianca (Anemone Nemorosa)
64
Figura 33: Amigdale e punte di freccia in selce del Neolitico, rinvenute a Novoledo
65
Figura 34: Frammenti di embrici delle fornaci di Tito Delio Sereno e di Quinto Curio, del I secolo d.C., rinvenuti a Carrè e a Novoledo
66
Figura 35: La centuriazione dell’Alto Vicentino
82
Figura 36: Banco da falegname
83
Figura 37: Mulinélo o corléta
84
Figura 38: Canti popolari
88
Figura 39: Determinanti della salute - Ripartizione teorica secondo OMS
89
Figura 40: Determinanti della salute - Piano secondo teoria OMS
89
Figura 41: Determinanti della salute - Piano di Zona 2001-2003
89
Figura 42: Determinanti della salute - Piano di Comunità 2004-2006
Indici e glossario
357
92
Figura 43: Ripartizione percentuale delle problematiche più sentite
102
Figura 44: Incidenti domestici e del tempo libero rilevati nell’ambito del programma europeo di sanità
pubblica sulle lesioni personali.
116
Figura 45: Orografia dell’Alto Vicentino
117
Figura 46: Campana demografica
118
Figura 47: Previsioni demografiche per fasce d’età fino al 2050 per la Regione Veneto
120
Figura 48: Nazione di provenienza degli stranieri
124
Figura 49: Mor talità per incidenti stradali. SMR totali e troncati con inter valli fiduciali al 95% e sesso
128
Figura 51 e 52: Mor talità per tumore. U.L.SS. n.4. Anni 1995-1999. SMR Femmine (sopra); SMR
Maschi (basso)
130
Figura 52bis: Tassi standardizzati di mortalità per malattie cardiovascolari in Italia. Anni 1980-1998.
Distribuzione per sesso
133
Figura 53, 54 e 55: Mortalità per: malattie cardiovascolari (alto), cardiopatie ischemiche e infarto (centro), cerebrovascolari (basso). U.L.SS. n.4. SMR totali e troncati con intervalli fiduciali al 95% e sesso
134
Figura 56 e 57: Mor talità per cause selezionate nell’U.L.SS. n.4. Femmine (alto) e Maschi (basso). SMR
Troncati a 65 anni con inter valli fiduciali al 95%
135
Figura 58 e 59: Mor talità per cause selezionate nell’U.L.SS. n.4. Femmine (a destra, alto) e Maschi (a
destra, basso). SMR con inter valli fiduciali al 95%
146
Figura 60: Grafico per la valutazione del proprio Indice di Massa Corporea (BMI)
159
Figura 61: Ambiti distrettuali dell’U.L.SS. n.4
160
Figura 62 e 63: DSS n.1 di Thiene (alto): 15 comuni, 194 km2, 85.563 abitanti. DSS n.2 di Schio (sinistra): 17 comuni, 450 km2, 93.687 abitanti
176
Figura 64: Strutture residenziali per anziani e ulteriori livelli di assistenza
182
Figura 65: Centro servizi di Montecchio Precalcino. Lato fronte villa.
192
Figura 66: CEOD. Rete dei servizi. 2002 e 2005
195
Figura 67: Comunità alloggio e RSA. Anno 2004
273
Figura 68: Sintesi dei progetti innovativi. Quadro sinottico
358
Indici e glossario
Elenco delle tabelle
26
Tabella 01: Colonna stratigrafica generale
92
Tabella 02: Percentuale di coloro che provano molta o moltissima soddisfazione per ogni area
92
Tabella 03: Ripar tizione percentuale delle problematiche più sentite
101
Tabella 05: Percentuale di incidenti domestici e fuori dell’ambito domestico
111
Tabella 09: Anagrafe delle imprese vicentine. Situazione al 31.12.2002
112
Tabella 10: Tassi occupazione/disoccupazione (tot.) nella provincia di Vicenza. 1995-2002
113
Tabella 11: Forze lavoro nella provincia di Vicenza e Veneto. Anno 2002
113
Tabella 12: Occupati per settore. Vicenza e Veneto. 2001, 2002 (valori in migliaia)
115
Tabella 13: Popolazione U.L.SS. n.4 al 31/12/2003
117
Tabella 14: Popolazione dei Comuni dell’U.L.SS. n.4. Ripar tizione per decadi
118
Tabella 15: Ripar tizione anziane e grande anziani per sesso
119
Tabella 16: Indicatori Standard per i Comuni dell’U.L.SS. n.4
120
Tabella 17: Indicatori Standard per territori sovracomunali
120
Tabella 18: Stranieri residenti in base alla nazione di provenienza e loro incremento
121
Tabella 19: Stranieri residenti nei comuni dell’U.L.SS. n.4 e aumento (persone e percentuali)
121
Tabella 20: Incidenti stradali in Italia. Anni 1991-2000
122
Tabella 21: Tasso standardizzato di mortalità. Anno 1997
122
Tabella 22: Mor talità per incidenti stradali nel Veneto. Anno 1997
123
Tabella 23: Mortalità per incidenti stradali nell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998
123
Tabella 24: Mortalità per incidenti stradali nell’U.L.SS. n.4. Anno 2000
125
Tabella 25: Stima del numer o di casi di cancro nell’U.L.SS. n.4. Anno 2000
126
Tabella 26: Stima dei nuovi casi/anno di cancro nell’U.L.SS. n.4. Anni 1995–1996
126
Tabella 27: Media annua decessi da tumore, per sesso. U.L.SS. n.4. Anni 1995-1999
127
Tabella 28: Decessi per tumor e in soggetti con meno di 65 anni nell’U.L.SS. n.4. Anni 1995-1999
129
Tabella 29: Stima dei nuovi eventi coronarici in Italia. Anno 2000
130
Tabella 30: Stima dei casi prevalenti di infarto del miocardio e di ictus nell’U.L.SS. n.4
131
Tabella 31: Mor talità per malattie cardio-vascolari nell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998
131
Tabella 32: Mor talità per cardiopatia ischemica nell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998
132
Tabella 33: Mortalità per malattie cerebrovascolari nell’U.L.SS. n.4. Anni 1989-1998
162
Tabella 38: Livelli essenziali di assistenza (LEA) per area. Costi bilancio preventivo 2004.
162
Tabella 39: Modalità finanziamento servizi sanitari e sociosanitari a valenza distrettuale. Anno 2004
163
Tabella 40: Finanziamento del “sociale”: contributi da Regione
163
Tabella 41: Finanziamento del “sociale”: contributi dai Comuni
177
Tabella 44: Strutture residenziali (anno 2004)
178
Tabella 45: Anziani. Ripar tizione della spesa sanitaria per livello di assistenza. Anno 2003
179
Tabella 46: Centro di neuroriabilitazione cognitiva. Giornate, accessi, assistiti. Anni 2002 e 2003
180
Tabella 47: Bilancio di gestione del centro di riabilitazione neurocognitiva
193
Tabella 51: Localizzazioni e posti nei CEOD. Anni 2002 e 2004
194
Tabella 53: Gestione e posti delle comunità alloggio e RSA. Anno 2004
211
Tabella 56: Utenti in carico al Ser.T. Anno 2002
211
Tabella 57: Utenti dei ser vizi dipendenze. Anno 2002
212
Tabella 58: Utenti con doppia diagnosi. Anno 2002
214
Tabella 59: Comunità terap. per tossicodipendenti. N° giornate di erogazione. Anno 2002
224
Tabella 61: Attività ospedaliera del DSM. Dati e costi. Anno 2002
224
Tabella 62: DSM, utenti dei servizi residenziali. Anni 2001 e 2003
Indici e glossario
225
Tabella 63: DSM, utenti dei ser vizi semiresidenziali. Anni 2001 e 2003
225
Tabella 64: DSM: utenti dei progetti personalizzati. Anni 2001 e 2003
226
Tabella 65: CSM, dati relativi alla domanda di salute espressa. Anni 1999 e 2002
231
Tabella 66: DSM, sintesi dei costi annuali dei progetti
237
Tabella 67: SIL. Utenti nel triennio 2001-2003. Distribuzione per genere
237
Tabella 68: SIL. Utenti nel triennio 2001-2003. Distribuzione per tipologia di disabilità
237
Tabella 69: SIL. Invalidi civili in carico nel triennio 2001-2003. Distribuzione per grado d’invalidità
238
Tabella 70: SIL. Utenti in tirocinio e tir ocini (2001-2003). Distribuzione per tipologia di azienda
238
Tabella 71: SIL. Tirocini realizzati (2001-2003). Distribuzione percentuale per tipologia di progetto
238
Tabella 72: SIL. Utenti in progetti d’integrazione sociale in ambiente di lavoro. Anni 2001-2003
238
Tabella 74: SIL. Aziende che hanno fatto inserimenti in collaborazione con i SIL. Anni 2001-2003
239
Tabella 75: SIL. Utenti inseriti in cooperative sociali di tipo B. Anni 2001-2003
240
Tabella 76: Cooperative sociali B presenti nel territorio al 31/12/2003
241
Tabella 77: Allievi CFP per disabili del territorio. Anno scolastico 2003-2004
241
Tabella 79: Legge 68/99. Inserimenti lavorativi Centro per l’impiego Schio-Thiene. Anni 2001-2003
242
Tabella 80: Legge 68/99. Agevolazioni Centro per l’impiego Schio-Thiene
256
Tabella 81: Immigrazione. Giornate di pronta accoglienza per anno
267
Tabella 82: Il percorso fatto per la realizzazione del Piano di Comunità 2004-2006
102
Tabella 83: Accessi al pronto soccorso per incidenti in ambiente domestico
241
Tabella 85: Legge 68/99. Disabili iscritti al 31/12/anno
241
Tabella 86: Legge 68/99. Aziende soggette all’obbligo al 31/12/anno
109
Tabella 87: Dif fusione % dell’abuso primario di sostanze psicotrope nel nord-est. Anno 2001.
164
Tabella 89: Rete dei ser vizi per le strutture residenziali e semiresidenziali. Utenti 1° sem. 2004
173
Tabella 90: Utenti in ADI al 31.12.2003
170
Tabella 91: Numero di ore settimanali di assistenza sociale: evoluzione
174
Tabella 92: Utenti medi a trimestre del Telesoccorso. 2002/2003
350
Tabella 93: Quote associative procapite dei comuni U.L.SS. n.4. Anno 2004
103
Tabella 94: Estratto degli inter venti di prevenzione proposti per la popolazione anziana.
103
Tabella 95: Estratto degli inter venti di prevenzione proposti per i bambini.
261
Tabella 96: Associazioni di Volontariato dell’Alto Vicentino iscritte al CSV di Vicenza
359
360
Indici e glossario
Elenco degli autori citati
198
Albert Einstein
44
Alberto Moravia
362
Anonimo
168
Aristotele
87
Aristotele, Libro Terzo della Politica
339
Bonfiglioli, Mareggi, 1997
62
Car tesio
312
Edoardo Bennato
78
Erbert Herrio
272
Francesco Guicciardini
274
Franco Archibugi, La città ecologica
138
Goethe
17
Heidegger
106
Jean Piaget
265
Lucio Anneo Seneca
7
Ludwig Wittgenstein
188
Mario Tortello
94
Michael Crichton
24
Nelson Mandela
136
Nietzsche
78
Pablo Picasso
184
Plutarco
266
Renato Car tesio, Discorso sul Metodo
90
Shakyamuni Buddha
309
Vincent van Gogh
23
Voltaire
361
362
Epilogo
Un professore di filosofia, in piedi davanti alla sua classe, prese un grosso vasetto di marmellata vuoto e cominciò a
riempirlo con dei sassi, di circa 3 cm di diametro. Una volta fatto, chiese agli studenti se il contenitore fosse pieno
ed essi risposero di sì.
Allora il professore tirò fuori una scatola piena di piselli, li versò dentro il vasetto e lo scosse delicatamente.
Ovviamente i piselli si infilarono nei vuoti lasciati tra i vari sassi.
Ancora una volta il professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno ed essi, ancora una volta, dissero di sì.
Allora il professore tirò fuori una scatola piena di sabbia e la versò dentro il vasetto. Ovviamente la sabbia riempì ogni
altro spazio vuoto lasciato e coprì tutto.
Ancora una volta il professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno e questa volta essi risposero di sì, senza
dubbio alcuno.
Allora il professore tirò fuori, da sotto la scrivania, due lattine di birra e le versò completamente dentro il vasetto,
inzuppando la sabbia. Gli studenti risero.
“Ora,” disse il professore non appena svanirono le risate, “voglio che voi capiate che questo vasetto rappresenta la
vostra vita. I sassi sono le cose importanti – la vostra famiglia, i vostri amici, la vostra salute, i vostri figli – le cose
per le quali, se tutto il resto fosse perso, la vostra vita sarebbe ancora piena. I piselli sono le altre cose per voi
importanti, come il vostro lavoro, la vostra casa, la vostra auto. La sabbia è tutto il resto… le piccole cose.”
“Se mettete dentro il vasetto per prima la sabbia,” continuò il professore “non ci sarebbe spazio per i piselli e per i
sassi. Lo stesso vale per la vostra vita. Se dedicate tutto il vostro tempo e le vostre energie alle piccole cose, non
avrete spazio per le cose che per voi sono importanti. Dedicatevi alle cose che vi rendono felici: giocate con i vostri
figli, por tate il vostr o partner al cinema, uscite con gli amici. Ci sarà sempre tempo per lavorare, pulire la casa, lavare
l’auto. Prendetevi cura dei sassi per prima – le cose che veramente contano. Fissate le vostre priorità… il r esto è
solo sabbia.”
Una studentessa allora alzò la mano e chiese al professore cosa rappresentasse la birra. Il professore sorrise. “Sono
contento che me l’abbia chiesto. Era giusto per dimostrarvi che non importa quanto piena possa essere la vostra
vita, perché c’è sempre spazio per un paio di birre.”
Anonimo
363
364
Ringraziamenti
Desideriamo ringraziare per la redazione dei testi Umberto Tundo per il capitolo “Geologia”,
Chiara Didonè, Monica Scomazzon, Moira Lanzarini per il capitolo “Flora”, Galdino Pendin
per il capitolo “Storia” e Terenzio Sar tore per il capitolo “Cultura e ar te”.
Ringraziamo inoltre le Conferenze dei Sindaci dei Comuni dell’Alto Vicentino, i Comuni
dell’Ulss n. 4 “Alto Vicentino”, la Fondazione Festari, la Fondazione Nord Est, le categorie
economiche, le organizzazioni sindacali, le associazioni di volontariato, il Terzo Settore, le
scuole, le parrocchie e quanti nell’Azienda Ulss n. 4 hanno contribuito alla realizzazione di
questo Piano di Comunità.
Un ringraziamento per il concreto contributo alla realizzazione di alcune impor tanti iniziative
ad AstraZeneca Spa, Takeda Italia Farmaceutici Spa e Alfa Wassermann Spa.
Questa pubblicazione è stata resa possibile infine grazie al contributo della Fondazione
Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona.
Scarica

Piano di Comunità - bozza 15.12.2004