IL GENERE
ii
Genere: termine ombrello, utilizzato per
distinguere tra differenze biologiche di
sesso e i significati legati a quelle
differenze.
Dunque: genere come insieme dei
significati che gruppi sociali diversi
conferiscono alle differenze di sesso, idee
che vengono coltivate intorno a queste
differenze, rappresentazioni culturali che
vengono costruite.
• Processo di costruzione sociale e di
elaborazione simbolica e culturale
dell’appartenenza di sesso.
• Il genere problematizza ciò che è dato per
scontato, rimette in discussione il senso
comune.
• Se facciamo riferimento alla prospettiva di
genere le categorie delle scienze sociali si
trasformano: così accade per il lavoro, per
la distinzione pubblico/privato, per
l’identità.
• Parlare di famiglia, di welfare, di
professioni cambia se si assume questa
prospettiva
• Importanza della consapevolezza circa la
diversità dei due termini sesso e genere
(sebbene anche le differenze biologiche
possano essere considerate come
socialmente costruite: ad esempio, fino
all’inizio del XIX secolo era convinzione
diffusa che uomini e donne avessero i
medesimi organi sessuali – solo
diversamente collocati).
• Il concetto di genere si contrappone alla
sovradeterminazione della differenza
biologica tra i sessi. In base a quest’ultima
vengono assegnate socialmente ai due
sessi caratteristiche diverse (non solo tra
loro separate, ma anche gerarchizzate).
Bipartizione sociale delle funzioni e delle
attitudini.
Gli stereotipi legati al sesso.
• Il concetto di genere ha carattere
dinamico. In quanto dimensione
sociale è interno ai processi di
mutamento storico-sociali. Muta nel
tempo e nello spazio.
• Un problema contemporaneo: sempre più
spesso, ad esempio nel linguaggio
accademico (ma non solo), sesso e genere
diventano sinonimi. ‘ Normalizzazione’
del carattere originariamente ‘eversivo ‘
del concetto di genere.
• Un aspetto importante: non sottovalutare i
rapporti di potere contenuti nel costrutto
sociale ‘genere’.
• La ‘complementarità gerarchica’ tra i due
generi.
• Non solo. Il genere può essere imposto
culturalmente a chi possiede un sesso
femminile per farne una ‘donna’ in senso
sociale; a chi possiede un sesso maschile
per farne un ‘uomo’ in senso sociale. Il
transgenderismo.
• Oggi crescente attenzione al genere come
dimensione relazionale.
• Relazioni di genere come processi complessi (e
mutevoli) costituiti da e attraverso parti
interrelate, interdipendenti. Ciascuna parte non
ha esistenza o significato senza l’altra.
• Al tempo stesso, sul piano storico un genere, il
maschile, è stato storicamente, socialmente e
cognitivamente dominante (maschile come
‘neutro universale’)
Riassumendo: i possibili, e
diversi,significati del termine ‘genere’
(gender)
a. Costruzione sociale e culturale delle differenze
tra ‘maschile’ e ‘femminile’; muta nel tempo e
tra culture; ha carattere storico.
b. Scala di attributi identificati come appartenenti
al ‘maschile’ e al ‘femminile’.
c. Effetto delle relazioni tra uomini e donne
(differenze di potere politico, ruoli sociali,
attese). La questione del potere.
Carattere processuale, non statico, del concetto
di genere. Questo processo riguarda il modo in
cui gruppi di uomini e di donne definiscono ed
esprimono i propri interessi.
Il processo che viene definito ‘gendering’ è
quello in base al quale le questioni
sul tappeto vengono concettualizzate in
termini di genere (vedi la questione della
rappresentanza politica, o quella della violenza).
LA GENESI DEL CONCETTO
Quando si inizia ad utilizzare il termine genere :
la seconda metà del XX secolo. Ancora negli anni
Sessanta/inizio Settanta il termine è sconosciuto.
L’eccezione: lo psichiatra Stoller negli USA usa il
termine ‘gender identity’ (1963) nello studio di
intersessualità e transessualità (Gender Identity
Research Project, Università della California, Los
Angeles). Accezione medica del termine.
Assegna significato sociale al termine per
la prima volta l’antropologa Gayle Rubin
(The Traffic in Women, 1975). Rubin
introduce il termine SEX-GENDER
SYSTEM per indicare il sistema psicosocio-economico che trasforma il sesso
biologico in attività umana e sociale.
Interesse per, e impegno contro,
l’oppressione e la subordinazione sociale
delle donne.
La relazione tra femminismo e ‘scoperta’
del gender.
Genere come forma di categorizzazione
sociale imposta ad un corpo sessuato.
Relazione con la dimensione del potere.
Di contro, come è stato ricordato in
precedenza, oggi il genere è per lo più
evocato come dimensione ‘neutra’ e
naturalizzata.
Alla sua fondazione il genere è invece
inteso come sistema di relazioni che tiene
in sé sia la dimensione del soggetto sia
l’organizzazione sociale.
• Rilevanza della definizione sociale della
appartenenza di sesso (dunque del
genere) e dei rapporti di sesso (dunque
delle relazioni tra i generi o di genere) non
solo per i destini individuali di uomini e
donne, ma per l’organizzazione sociale nel
suo complesso.
• Da qui l’interesse delle scienze sociali per
le tematiche di genere.
In sintesi:
L’organizzazione materiale e simbolica del
mondo sociale porta l’impronta delle
differenze di genere.
Il genere , in quanto principio
organizzativo societario, ci aiuta a
comprendere le dinamiche sociali (non
diversamente dalla classe,
dall’appartenenza etnica, e così via).
Tra le principali critiche femministe al
genere:
• Judith Butler (filosofa statunitense e
teorica del movimento queer, che rifiuta le
tradizionali identità di genere): genere e
sesso si stabilizzano nel tempo attraverso
una serie di atti rituali quotidiani.
• Centralità del linguaggio. La percezione
dell’eterosessualità come normalità. Butler
è autrice, tra l’altro di Gender Trouble
(1990) . Vedi, in italiano, La disfatta del
genere, 2006.
• Teresa de Lauretis (filosofa italiana, ma
vive e insegna da decenni negli USA, a sua
volta legata al movimento queer) considera
il genere una costruzione artificiale, che si
ripete grazie a reiterate rappresentazioni
visive e discorsive (‘performatività di
genere’)
• Queste rappresentazioni (‘tecnologie di
genere’) finiscono per essere interiorizzate
dai soggetti, uomini e donne.
Vedi il suo Sui generis. Scritti di teoria
femminista, 1996.
Differenze di genere e femminismo
• Quattro approcci principali al tema delle
differenze sessuali da parte del
femminismo (vedi Piccone Stella e
Saraceno, Genere. La costruzione sociale
del femminile e del maschile, il Mulino,
1996, in particolare l’Introduzione)
1. L’essenzialismo
• Riferimento a qualità femminili
‘originarie’ fondate su una base biologica,
la capacità di generare (capacità di cura,
sensibilità, amore per la pace…). Posizione
condivisa dalla Chiesa cattolica.
• Il corpo materno (vedi Ruddick, Rich)
• Critica: femminismo dell’uniformità
invece che delle differenze
2. Il decostruzionismo
• Centralità dei simboli e dei significati.
Approccio storico-filosofico (referenti
Derrida e Foucault). Poiché si tratta di una
costruzione storica il genere può essere
‘decostruito’, mostrandone il carattere
fittizio (vedi le riflessioni di Kristeva)
• Critica: con il genere scompaiono anche le
differenze e le identità di genere. Difficile
costruire forme di mobilitazione collettiva
in questo scenario.
3. Il pensiero della differenza sessuale
• Importanza dell’’autosignificazione’ da
parte del femminile. Recuperare l’accesso
alla dimensione simbolica da parte delle
donne. Centralità del corpo come origine
simbolica del soggetto donna (vedi
Irigaray, Cavarero, Muraro).
• Irriducibilità delle differenze
maschile/femminile
4. Le differenze situate
• La pluralità delle differenze: affinità con il
pensiero post-moderno.
• Ricerca delle diverse espressioni delle
differenze, sociali e culturali, a partire
dalla consapevolezza della pluralità dei
centri, delle conoscenze, dei saperi (i
‘saperi situati’), (vedi Flax, Nicholson,
Benhabib). Centralità delle diverse
identità etniche nel loro incrocio con le
differenze di genere. L’intersezionalità.
Maschile e femminile
• La questione delle identità di genere e dei
loro processi di trasformazione. I
mutamenti del ‘maschile’ e del femminile.
I ruoli di genere. Il maschile non più come
‘neutro universale’.
• Sul piano accademico: la nascita dei men’s
studies accanto ai women’s studies (e gender
studies) come segnale della trasformazione
in corso.
La diversa velocità dei processi di
mutamento delle identità di genere , di
uomini e di donne. Come si ristrutturano le
differenze di genere.
In Italia: il dramma del ‘femminicidio’.
La violenza di genere
• La violenza contro le donne non è un fatto
privato; non è una questione delle donne.
• Riguarda in primo luogo gli attori della
violenza, gli uomini.
Contemporaneamente riguarda l’intero
mondo sociale. Il tema della convivenza
tra uomini e donne
• In Italia: diminuiscono gli omicidi, ma non
quelli delle donne. 124 donne uccise nel
2012: 56 dal partner, 18 dall’ex partner, 19
da un parente, 7 da un conoscente, 24
altro.
• Una donna su due è vittima di violenza in
Italia. Una su tre nel mondo (Anna Maria
Tarantola)
• I dati ISTAT sulla violenza contro le
donne (indagine del 2007) sono
impressionanti: oltre 14 milioni di donne
sono state oggetto di violenza fisica,
sessuale o psicologica nella loro vita (6
milioni 743 mila le donne vittime di
violenza fisica o sessuale – il 31, 9% del
totale)
• Un milione e 400 mila donne (il 6,6% del
totale) ha subito uno stupro prima dei 16
anni. Il 90% non ha denunciato.
• Un milione e 100 mila hanno subito forme
di stalking
• La complicità con il maschile violento: le
donne non denunciano, nella grande
maggioranza dei casi, le violenze subite
dal partner.
Due diverse ‘famiglie di spiegazioni’ della
violenza contro le donne:
* La violenza maschile come retaggio
patriarcale
* La violenza maschile come risposta alla
nuova forza delle donne (‘essere
‘soggetti’). Incapacità di accettare le
differenze e la nuova libertà delle donne
• La sfida contemporanea per l’identità
maschile: considerare la propria identità
come un’identità di genere (di uno dei
generi).
• Crisi del modello di identità maschile
legato alla supremazia sulle donne. Un
altro modello non è ancora stato costruito.
• Che fare contro la violenza verso le donne.
• Le campagne di sensibilizzazione al
problema devono iniziare dalla scuola
primaria.
La costruzione sociale della
maschilità
• Secondo la psicologia popolare gli uomini
sarebbero aggressivi ‘per natura’. In realtà,
esistono modelli culturali che associano
maschilità ad aggressività, oltre che a
potere e dominio. La relazione con la
violenza di genere.
• La cultura patriarcale e il disprezzo sociale
nei confronti delle donne.
• La maggior parte di coloro che compiono
violenza è costituita da uomini, ma la
maggior parte degli uomini non è
violenta.
• Tuttavia, la minoranza che intraprende
azioni violente fa riferimento a ideologie
di genere diffuse.
• E’ contemporaneamente necessario tenere
presente che non esiste un modello di
maschilità valido ovunque; le visioni della
maschilità variano nello spazio e nel
tempo. Non di meno, esistono forme di
‘maschilità egemone’ (vedi, oltre la
‘maschilità di mercato’, Kimmel).
• Le maschilità non sono dunque
‘un’essenza’. In quanto tali, non sono fisse,
sono in grado di mutare (esattamente
come si sono trasformate, nel corso del
tempo, le identità femminili). Per questo si
parla di ‘genere maschile’.
• Tutti i modelli di maschilità prendono
forma nella storia e possono essere
trasformati (R. Connell, Maschilità)
• La prospettiva di Michael Kimmel
(Changing Men; Manhood), sociologo
americano e tra i fondatori dei men’s
studies. (Vedi il saggio ‘Maschilità e
omofobia. Paura, vergogna e silenzio nella
costruzione dell’identità di genere, in C.
Leccardi, Tra i generi). E’ riferita agli Stati
Uniti, ma si può utilizzare anche per gli
altri paesi occidentali.
• Obiettivo generale: rendere esplicita (da
implicita, qual è per lo più ancora oggi) la
riflessione sulla maschilità.
• Il modello moderno di maschilità: la
‘maschilità di mercato’si afferma
attraverso l’esclusione degli ‘altri’: le
donne, gli uomini non bianchi, i non
autoctoni, gli omosessuali
• La ‘maschilità di mercato’ come forma di
maschilità egemone nel mondo
occidentale nella seconda metà del XIX
secolo e nel corso del XX.
• L’uomo bianco, di classe media, sulla
quarantina, eterosessuale: la maschilità
modello per gli altri uomini
• Stretta relazione fra questo modello di
maschilità e il potere.
• Quattro affermazioni di sintesi per questo
modello:
• 1. la maschilità è il rifiuto del femminile
• 2. la maschilità si misura nei termini del
potere, del successo, dello status sociale
• 3. Essere uomini significa non far
trasparire le proprie emozioni (‘i ragazzi
non piangono’)
• 4. Per essere uomini occorre essere audaci
e aggressivi; sfidare i pericoli; rischiare
• Kimmel fa riferimento alla psicoanalisi per
spiegare la costruzione dell’identità
maschile. Per il bambino fondamentale è
rinunciare all’identificazione con la madre
e sostituire a quella della madre la figura
del padre (figura che appare forte,
potente, e che favorisce il sentimento di
paura nel bambino). In questo modo in
futuro potrà impegnarsi in relazioni
sessuali con l’altro sesso.
• Il bambino, respingendo la madre, rifiuta
anche le caratteristiche di cura e tenerezza
che essa rappresenta. Per la costruzione
dell’identità maschile è fondamentale
dimostrare di non possedere alcuna
caratteristica femminile.
• Da qui, secondo Kimmel, la base del
sessismo (sistematica svalutazione delle
donne).
• Incertezza cronica dei ragazzi circa la
propria identità. Mettersi continuamente
alla prova.
• Dimostrare la maschilità ai propri simili
(uomini), ricevere la loro approvazione.
• Centralità della competizione; ma anche
importanza dell’assicurarsi di non potere
essere scambiato per omosessuale
(atteggiamento omofobico)
• La paura degli altri uomini.
• Violenza come segno di maschilità
(antidoto alla possibilità di essere presi
per ‘femmine’). Centralità del potere – nei
confronti delle donne, di altri uomini
• Sessimo, razzismo, omofobia: le patologie
dell’identità maschile
• Il problema dell’oggi: gli uomini sentono ,
come individui, di avere perso potere. La
violenza come possibile reazione per
affermare il proprio potere.
Testi di riferimento sul tema della
violenza contro le donne
• S. Magaraggia e D. Cherubini, Uomini
contro le donne. Alle radici della violenza
maschile, UTET, 2013.
• L. Melandri, Amore e violenza, Bollati
Boringhieri, 2011.
Testi sulla maschilità
• R. Connell, Maschilità: Identità e
trasformazioni del maschio occidentale,
Feltrinelli, 1996
• M. Kimmel, Maschilità e omofobia. Paura,
vergogna e silenzio nella costruzione
dell’identità di genere, in C. Leccardi, Tra i
generi, Guerini, 2002
• S. Bellassai, La mascolinità
contemporanea, Carocci, 2004.
• S. Ciccone, Essere maschi. Tra potere e
libertà, Rosenberg & Sellier, 2009.
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