Università degli Studi "G. d'Annunzio" Chieti-Pescara
Dott. A. Di Pietro
A.A. 2009/2010
FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA
Medicina Legale
Direttore: Prof. Aldo Carnevale
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Delitti Contro la Vita: L’Omicidio
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Delitti Contro la Vita: L’Omicidio
Con il termine omicidio s’intende la soppressione di una vita
umana cagionata dalla condotta (AZIONE CRIMINOSA) di un
altro uomo.
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A tutela della vita il codice penale prevede all’art. 575 c.p.
(“Omicidio”):
“Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la
reclusione non inferiore ad anni 21”.
Come tutti gli altri reati previsti nel codice penale, ove non vi sia
espressa indicazione di un diverso elemento psicologico del reato
(preterintenzionale ovvero colposo), l’omicidio deve considerarsi
doloso.
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Elementi costitutivi dell’Omicidio
•
•
•
•
Morte della persona;
Condotta, attiva od omissiva, tesa ad uccidere;
Nesso di causalità materiale;
Nesso di causalità psichica.
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Classificazione del Reato di Omicidio
In base all’elemento psicologico o psichico del reato:
•Doloso (o secondo intenzione) (art. 575 c.p.);
•Preterintenzionale (o oltre l’intenzione) (art. 584 c.p.);
•Colposo (o contro l’intenzione) (art. 589 c.p.).
Per ognuno di essi, il Codice prevede pene diverse, con un minimo
ed un massimo affidati al potere discrezionale del giudice.
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L’evento morte, imprescindibile per il conclamarsi del delitto di
omicidio, può conseguire sia da un’azione positiva nel
compimento di un atto pregiudizievole (omicidio per
commissione), sia da un’azione negativa ovvero determinatasi
nel non fare (omicidio per omissione), ma comunque
prevedibile nel suo risultato.
Si configurerà il reato di delitto tentato (art. 56 c.p.) nel caso in
cui, pur essendo l’azione delittuosa idonea a cagionare l’evento
(morte), quest’ultimo non verrà comunque a verificarsi.
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L’ Art. 56 c.p. “Delitto tentato” così recita: “Chi compie atti
idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto,
risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento
non si verifica. Il colpevole del delitto tentato è punito: con la
reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è
l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto,
diminuita da un terzo a due terzi.”.
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L’omicidio è il classico reato “a forma libera”. Sono
numerosi, infatti, i mezzi che possono impiegarsi nella
produzione dell’evento morte, non solo fisici (armi da
fuoco, armi bianche, mezzi veleniferi, etc.) ma anche
psichici, come le minacce ovvero uno spavento
improvviso.
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Omicidio Doloso
Art. 575 c.p. (“Omicidio”): “Chiunque cagiona la morte di un
uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21”.
La condotta adeguata, derivante dall’intenzione di cagionare la
morte altrui, voluta e prevista, è l’elemento fondamentale ai fini
dell’individuazione del dolo. Elemento essenziale dell’omicidio
doloso sarà, dunque, l’intenzione di uccidere, desumibile dalla
natura dei mezzi impiegati, dalla natura e gravità delle lesioni
prodotte, dalle particolari circostanze ambientali in cui il delitto si
è consumato, nonché dalle reali possibilità di difesa della vittima.
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Omicidio Tipo ed Omicidio Circostanziato
L’omicidio previsto all’art. 575 c.p. è anche detto omicidio tipo
per differenziarlo da quello circostanziato in cui ricorrono le
circostanze che il codice penale prevede come “aggravanti” ed
“attenuanti”.
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Classificazione delle Circostanze Aggravanti
Aggravanti Comuni (art. 61 c.p.)
Aggravanti Speciali (art. 576-577 c.p.)
Classificazione delle Circostanze Attenuanti
Attenuanti Comuni (art. 62 c.p.)
Attenuanti Generiche (art. 62bis c.p.)
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Esempi di Circostanze Aggravanti Comuni (Art.61 c.p.)
L’aver agito per motivi abietti o futili
L’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro
L’aver adoperato sevizie o l’aver agito con crudeltà verso le persone
L’aver il colpevole commesso il reato durante il periodo di latitanza
L’aver cagionato un danno patrimoniale di notevole entità
L’aver commesso il fatto con abuso di poteri
L’aver commesso il fatto contro Pubblico Ufficiale, etc.
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Esempi di Circostanze Aggravanti Specifiche dell’omicidio
(Art.576 – 577 c.p.)
L’aver agito con premeditazione (indicativa di pericolosità
sociale, denunciando essa una mancanza di scrupoli non
indifferente; chi agisce con premeditazione avrebbe modo e
tempo per desistere dal suo proposito).
Uso di mezzi venefici e subdoli: sostanze tossiche, batteri o
virus, corrente elettrica, radiazioni ionizzanti, esplosivi nascosti,
etc.
Avere ucciso nel commettere violenza sessuale.
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Circostanze Attenuanti
(Artt. 62 – 62 bis c.p. comuni e generiche)
Aver agito per suggestione di una folla in tumulto
Aver agito per motivi morali o sociali
Aver commesso il reato per stato d’ira derivante dall’aver subito un fatto
ingiusto
Il concorso doloso dell’offeso (aver concorso a determinare l’evento)
63 c.p. “Applicazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena”
65 c.p. “Diminuzione di pena nel caso di una sola circostanza attenuante”
67 c.p. “Limiti delle diminuzioni di pena nel caso di concorso di più
circostanze attenuanti”
68 c.p. c.p. “Limiti al concorso di circostanze”
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Omicidio Preterintenzionale
Art. 584 c.p.: “Chiunque con atti diretti a commettere uno dei
delitti preveduti dagli artt. 581 e 582, cagiona la morte di un
uomo è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni ”.
Si denomina, pertanto, omicidio preterintenzionale l’uccisione
non voluta di un uomo cagionata da atti volontari di percosse o
di lesioni personali; la morte non è voluta e viene a determinarsi
per cause indipendenti dalla stessa volontà dell’agente.
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Elementi caratteristici dell’Omicidio Preterintenzionale
• Condotta, mirata a cagionare percosse ovvero lesioni personali,
purché vengano impiegati mezzi atti all’esclusivo determinismo
dei suddetti eventi;
• Nesso causale tra l’evento morte e l’azione compiuta atta a non
cagionare la morte, bensì percosse o lesioni personali.
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Omicidio Colposo
Art. 589 c.p.: “Chiunque cagiona, per colpa, la morte di una
persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina
della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro, la pena è della reclusione da uno a cinque
anni. Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o
più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena
che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse
aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni
dodici ”.
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Omicidio Colposo
In sostanza la fattispecie delittuosa dell’omicidio colposo prevede
che l’evento morte sia cagionato per colpa da una condotta umana
caratterizzata da:
•
•
•
•
Negligenza;
Imperizia;
Imprudenza,
Inosservanza di leggi, regolamenti o discipline.
Anche per l’omicidio colposo si applicano le circostanze aggravanti
comuni, con aumento della pena fino ad un terzo.
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Omicidio Colposo
Nei casi in cui sia necessario l’accertamento di una
responsabilità professionale in ambito sanitario per errori
diagnostici ovvero terapeutici, è d’interesse medico – legale
l’accertamento della causa di morte e del nesso causale tra la
condotta del sanitario e l’exitus del paziente.
ESEMPI di omicidio colposo:
Incidenti di caccia, avvelenamento di bambini che ingeriscono
veleni non custoditi con le opportune cure, errori nell’esercizio di
attività professionali (soprattutto in ambito sanitario), ec.
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Omicidio del Consenziente
Art. 579 c.p.: “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col
consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Non si applicano le aggravanti indicate nell’art. 61 c.p.
Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è
commesso:
• contro una persona minore degli anni diciotto;
• contro una persona inferma di mente, o che si trova in
condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso
di sostanze alcooliche o stupefacenti;
• contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole
estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con
inganno”.
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Omicidio del Consenziente
La minore gravità della pena, prevista dal legislatore, esprime
certamente la minore carica criminosa necessaria per sopprimere la
vita di chi ha manifestato espressamente la volontà di morire. Dal
punto di vista giuridico si pongono 2 problemi riguardo questo reato:
1) La vita umana è un bene indisponibile e quindi il consenso non
esclude l’antigiuridicità del fatto;
2) Il consenso deve provenire da una persona in grado di intendere
e volere, viene quindi da chiedersi quanto una persona sofferente
afflitta ad esempio da una grave malattia sia in grado di prendere
consapevolmente tale decisione? In questo caso il reo potrebbe
essere accusato di omicidio doloso.
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Morte o Lesione come conseguenza di altro delitto
Art. 586 c.p.: “Quando da un fatto preveduto come delitto doloso
deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la
lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’Art. 83
“Evento diverso da quello voluto dall'agente”, ma le pene stabilite
negli articoli. 589 e 590 sono aumentate ”.
Trattasi, dunque, di un concorso di reati, di cui uno è preveduto e
voluto, mentre l’altro pur non essendo voluto è legato al primo dal
nesso di causalità.
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Morte o Lesione come conseguenza di altro delitto
Questa fattispecie delittuosa dà luogo a ciò che in dottrina viene
chiamato aberratio delicti già previsto all’articolo 83 c.p.; tale
delitto, infatti, consiste nell’uccisione di un uomo avvenuta per
errore nell’uso di mezzi atti a compiere un altro delitto
doloso.
Tale delitto si differenzia dall’omicidio preterintenzionale in quanto
l’attività del colpevole non è diretta a cagionare il reato di
percosse o di lesioni personali, bensì un altro delitto doloso.
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Morte o Lesione come conseguenza di altro delitto
Esempi:
• Morte per trauma psichico di una donna fatta oggetto di violenza
sessuale;
• Morte di un passante per una pietra scagliata verso una vetrina;
• Morte di un tossico dipendente a cui era stata fornita droga
illegalmente da uno spacciatore;
• Rapinatore che accidentalmente spara un colpo di pistola ed
uccide una persona.
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Istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.)
Il termine suicidio etimologicamente deriva da sui caedes e consiste
nell’uccisione di se stessi mediante una condotta volontaria, commissiva
od omissiva.
Il tentato suicidio non é considerato reato, in quanto la pena appare
inefficace come mezzo di intimidazione verso chi considera la propria vita un
peso inutile ed il timore di una punizione, in caso di insuccesso, potrebbe
comportare una maggiore determinazione nell’attuazione del proposito.
In psichiatria alcune forme di tentato suicidio vengono considerate
manifestazioni di disagio psichico, con relativa richiesta di aiuto, piuttosto che
pulsioni autodistruttive vere e proprie, e proprio questi casi testimoniano la
lungimiranza del legislatore.
Se dal suicidio derivasse una “punizione” sarebbe un ulteriore motivo che
potrebbe rafforzare l’intento di usare tutti i mezzi disponibili per raggiungere lo
scopo desiderato.
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Al contrario, è reato la partecipazione al suicidio altrui (art. 580 c.p.)
effettuata sia determinando o rafforzando il proposito autodistruttivo sia
agevolandone l’esecuzione. Infatti, così recita l’art. 580 c.p.:
“Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di
suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito,
con la reclusione da cinque a dodici anni.
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Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque
anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale
grave o gravissima. Le pene sono aumentate se la persona istigata o
eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2
dell’articolo precedente (Art. 579 c.p. Omicidio del consenziente: 1) contro una
persona minore degli anni diciotto; 2) contro una persona inferma di mente, o che
si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di
sostanze alcooliche o stupefacenti;
Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o
comunque è priva della capacità d’intendere o volere, si applicano le
disposizioni relative all’omicidio.”.
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Pertanto, viene punita la partecipazione morale, intesa come istigazione
a far sorgere la volontà di suicidarsi, creandone i presupposti con qualsiasi
mezzo psicologico (persuasione, esortazione, etc.), o nel rendere più
ferma la decisione di sopprimersi, vincendone le ultime perplessità o
resistenze.
Viene, inoltre, punita la partecipazione materiale, intesa quale attività in
grado di fornire i mezzi idonei, senza alcuna partecipazione attiva. A fronte
di una partecipazione attiva, infatti, si risponderebbe di omicidio del
consenziente, mentre l’uso della violenza o delle minacce comporterebbe
il configurarsi del reato di omicidio volontario.
Risponde di suicidio agevolato per omissione chi aveva l’obbligo
giuridico di impedire il fatto; è il caso dell’infermiere che si astiene
dall’interrompere il tentativo di suicidio del paziente.
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Riassumendo l’istigatore può:
- determinare (far sorgere) l’idea del suicidio;
- rafforzare l’idea;
- agevolare il suicidio con aiuto materiale e/o morale.
Le condizioni di punibilità dell’istigatore sono:
a) Che si sia verificata la morte del soggetto istigato (pena da 5 a 12 aa);
b) Che dal tentato suicidio siano derivate lesioni gravi o gravissime (pena
da 1 a 5 aa), ne consegue quindi che se dal fatto derivino lesioni lievi o
lievissime, ciò non costituisce reato.
L’art. 580 del c.p. prevede 2 aggravanti speciali:
1) che il sogg. Istigato sia infra14aa oppure totalmente infermo di mente;
2) che il sogg. Istigato abbia tra i 14 ed i 18 aa oppure che si trovi in uno
stato di parziale incapacità d’intendere e volere.
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al
parto (art. 578 c.p.)
L’art. 578 c.p. (“Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e
morale”):
“La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente
dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato
da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è
punita con la reclusione da quattro a dodici anni. A coloro che
concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione
non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo
di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite all’articolo 61 del codice penale.”.
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse
al parto (art. 578 c.p.)
Il delitto in esame è specifico, configurandosi solo nel caso in cui l’autore
materiale del reato sia la madre (ciò si desume dall’uso del termine
“proprio neonato”); il medesimo reato commesso, infatti, dal padre del
neonato ovvero da altro congiunto della madre configura l’omicidio
comune.
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse
al parto (art. 578 c.p.)
FETO: Prodotto del concepimento, che sta nascendo dal momento in cui
ha iniziato il suo distacco dall’utero fino al completamento della sua
espulsione (anche se unito alla madre dal cordone ombelicale).
NEONATO: Si indica il nato di recente, vivo, vitale o non vitale, che abbia
raggiunto un sufficiente grado di sviluppo.
Per vitalità si intende l’attitudine del neonato al proseguimento della vita
autonoma dopo la nascita.
La mancanza di vitalità è dovuta a cause:
- cronologiche (< 28 sett. Di gestaz.);
- teratologiche (malformazioni a arresto dello sviluppo);
- patologiche (malattie congenite).
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale
connesse al parto (art. 578 c.p.)
La precisazione del termine di vitalità è importante in quanto è
considerato INFANTICIDIO anche la soppressione di un neonato non
vitale, ma il giudice ne terrà conto, in quanto la soppressione di un
neonato non vitale costituisce un minor danno sociale!
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse
al parto (art. 578 c.p.)
Riassumendo gli elementi del reato di INFANTICIDIO e FETICIDIO sono:
• intenzione di uccidere (dolo generico);
• l’aver agito in condizioni oggettive di abbandono materiale e morale
connesse al parto;
• uso di mezzi idonei a provocare la morte;
• morte come risultato di mezzi adeguati.
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse
al parto (art. 578 c.p.)
Quando parliamo di FETICIDIO?
Quando si verifica la soppressione della vita durante il parto, prima che
egli abbia iniziato la vita extrauterina. Esempio: la madre che uccida il feto
appena questi abbia disimpegnato la testa per traumi ripetuti ed inferti sul
cranio o per costrizione del collo, prima che sia completata l’espulsione di
tutto il corpo.
Quando parliamo di INFANTICIDIO?
Nel caso in cui si verifica l’uccisione del neonato immediatamente dopo il
parto, ma anche a distanza dalla nascita se questi, ad esempio, rimane
confinato in uno spazio chiuso e muore più tardi per lenta asfissia.
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale
connesse al parto (art. 578 c.p.)
Cosa intende il legislatore con i termini di ABBANDONO MATERIALE
e MORALE?
Si intende lo stato di una persona lasciata sola, priva di aiuto, in
solitudine materiale e spirituale, in balia di se stessa, bisognosa di
soccorso e assistenza, in situazioni rese drammatiche dalla gestazione
in atto!
Tutto ciò spinge la donna ad assumere comportamenti aberranti che
un’adeguata assistenza avrebbero potuto evitare!
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale
connesse al parto (art. 578 c.p.)
Per ottenere la “prova” dell’avvenuto inizio della vita extrauterina in
Medicina Legale sono eseguibili docimasie (parola che deriva dal
greco “dokimazo” che significa dimostro, ossia dimostrare appunto la
vita autonoma del nuovo nato).
Distinguiamo docimasie respiratorie, divise in polmonari ed extra –
polmonari, e non respiratorie.
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al
parto (art. 578 c.p.) – DOCIMASIE RESPIRATORIE
Le DOCIMASIE POLMONARI comportano l’esame dei polmoni:
• ottico, i polmoni che hanno respirato sono vescicolosi, soffici e crepitanti;
• idrostatico, la struttura cardio-polmonare galleggia se il soggetto ha
respirato;
• radiologico, è presente la fisiologica diafania se vi è aria negli alveoli;
• istologico, nel polmone che ha respirato, microscopicamente si
osservano cavità alveolari dilatate e bronchi aperti.
Le DOCIMASIE EXTRA – POLMONARI comprendono la ricerca della bolla
gastrica e la prova auricolare (con i primi atti respiratori l’aria penetra
attraverso la tromba di Eustachio, quindi se si punge la membrana
timpanica ponendo la testa del feto sott’acqua fuoriescono bollicine d’aria).
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Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al
parto (art. 578 c.p.)
Le DOCIMASIE NON RESPIRATORIE:
Alimentare – ingesti nell’apparato digerente
Renale – cristalli di acido urico nel rene
Batteriologica – E.Coli nell’intestino
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Obblighi di informativa nei confronti
dell’Autorità Giudiziaria
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Le Qualifiche Giuridiche
Il medico può assumere tre qualifiche giuridiche di fronte alla legge
penale, cioè quando deve rispondere di un reato o quando un
reato è commesso nei suoi confronti. Questo sia a tutela del
medico (che ha particolare protezione contro la delinquenza dei
privati, es. se una lesione personale dolosa è commessa contro un
pubblico funzionario è aggravata), sia dei cittadini (maggiormente
difesi dagli abusi o dalle mancanze commesse da pubblici
funzionari).
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Attività informativa del medico
Chi, a causa della sua professione, più spesso degli altri viene
a conoscenza delle dannose conseguenze dei delitti, specie contro
la persona, poiché viene richiesto a prestare le cure, è tenuto a
collaborare con l’Amministrazione della giustizia nella scoperta e
quindi nella persecuzione dei reati.
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Le Qualifiche Giuridiche
• Pubblico Ufficiale
• Incaricati di Pubblico Servizio
• Esercenti un Servizio di Pubblica Necessità
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Il Pubblico Ufficiale
In base a quanto stabilito dall’art. 357 c.p., Pubblico Ufficiale è
colui che svolge la sua attività per soddisfare finalità dello Stato o
di altro Ente o Istituto pubblico e che riceve il suo potere di autorità
e di rappresentanza direttamente dallo Stato o dall’Ente pubblico
considerato. Acquistano tale qualifica gli impiegati dello Stato o di
altro Ente o Istituto pubblico od ogni altra persona, sebbene non
dipendente dallo Stato, che eserciti, sia pure temporaneamente,
una funzione pubblica (ossia legislativa, amministrativa o giudiziaria).
Es. direttore sanitario, primario, medico della sanità militare.
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Incaricato di Pubblico Servizio
L’art. 358 c.p. stabilisce che Incaricati di Pubblico Servizio sono
gli impiegati dello Stato o di altro ente pubblico che prestino,
permanentemente o temporaneamente e a qualunque titolo, un
pubblico servizio, ovvero un’attività caratterizzata dalla mancanza
dei poteri propri della funzione pubblica, (certificativi ed autoritativi)
e che lo Stato, oppure un altro ente pubblico, espleta, servendosi di
persone appositamente incaricate, al fine di soddisfare i bisogni
della collettività. Chi svolge le proprie funzioni per conto dello Stato sul
territorio. Es. medico ospedaliero, medico di base convenzionato con il
SSN.
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Esercenti un Servizio di Pubblica Necessità
Acquistano la qualifica di Esercenti un Servizio di Pubblica
Necessità, art. 359 c.p., i privati cittadini che svolgano professioni,
il cui esercizio per legge sia vietato senza la speciale abilitazione
dello Stato, quando della loro opera il pubblico per legge è obbligato
a valersi; ovvero i privati cittadini che, pur non esercitando una
pubblica funzione né un pubblico servizio, adempiono un servizio
dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica
amministrazione. Chi esercita un’attività autorizzata dallo Stato posta al
servizio delle esigenze della collettività. Es. medico libero professionista.
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Qualifica giuridica del Tecnico di Radiologia
L’attività di Tecnico di Radiologia non è in alcun modo riconducibile
alla nozione di pubblico ufficiale, caratterizzata dalla funzione
amministrativa, che il Tecnico di Radiologia non ha. L’attività di
questi rientra in quella dell’incaricato di pubblico servizio, qualora
presti la sua opera come dipendente del Servizio Sanitario Nazionale
o come dipendente di Casa di Cura privata convenzionata.
Qualora, invece, il Tecnico di Radiologia Medica operi in regime di
libera professione o in strutture private non convenzionate (o non
accreditate), è valida per lui la qualifica prevista dall’art. 359 c.p.
che definisce le “persone esercenti un servizio di pubblica necessità”.
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Il Referto
Il referto è l’atto scritto con il quale un esercente una professione
sanitaria porta a conoscenza dell’autorità giudiziaria fatti in cui ha
prestato la propria assistenza od opera che possono presentare i
caratteri di un delitto procedibile d’ufficio.
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Obbligo del Referto – Omissione di Referto
Art. 365 c.p. (“Omissione del referto”): “Chiunque, (professionisti
sanitari principali e ausiliari) avendo nell’esercizio di una professione
sanitaria, prestato la propria assistenza od opera in casi che possono
presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere
d’ufficio, omette o ritarda di riferire all’autorità indicata nell’art. 361, è
punito con la multa fino a 516 euro. Questa disposizione non si applica
quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento
penale”.
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Obbligo del Referto
Art. 334 c.p.p. dispone: “Chi ha l’obbligo del referto deve farlo pervenire
entro 48 ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al Pubblico
Ministero o a qualsiasi Ufficiale di Polizia Giudiziaria del luogo in cui ha
prestato le propria opera, ovvero in loro mancanza, all’Ufficiale di Polizia
Giudiziaria più vicino. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata
assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova
attualmente e quanto altro valga ad identificarla, nonché il luogo, il tempo
e le altre circostanze dell’intervento; dà inoltre le notizie che servono a
stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e
gli effetti che ha causato e può causare. Se più persone hanno prestato
la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al
referto con la facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto”.
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E’, dunque, tenuto all’obbligo del referto chi esercita
legalmente la propria attività nel territorio dello Stato, ovvero
una professione sanitaria, ossia i medici chirurghi, gli
odontoiatri, l’infermiere, l’ostetrica, la vigilatrice d’infanzia, il
tecnico radiologo, etc.
Tali attività sono da differenziare da quelle di ortottista,
logopedista, ottico, massaggiatore, tecnico ernista, etc. che,
invece, risultano catalogabili tra le arti sanitarie.
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L’omissione di referto configura un reato di pericolo nei confronti
dell’amministrazione della giustizia qualunque siano le
conseguenze del ritardo od omissione; infatti, sia il ritardo (oltre 48
ore) che l’omissione di referto possono pregiudicare l’interesse
dello Stato a perseguire l’autore di un reato. Un referto mal
elaborato, mancante dei dati essenziali (tempo, luogo, circostanze,
etc.) è equiparabile ad una sua omissione.
In sostanza, la finalità del referto deve essenzialmente essere
quella di attivare la macchina giudiziaria, mettendola in condizione
di perseguire l’autore di un delitto perseguibile d’ufficio e di
attuare tutte le misure di ordine preventivo e di recupero che
devono essere insite nella giustizia penale.
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Delitti che prevedono l’obbligo del Referto
Delitti contro la vita
omicidio volontario; omicidio colposo; omicidio preterintenzionale;
omicidio del consenziente; morte o lesioni conseguenti ad altro delitto;
istigazione o aiuto al suicidio; infanticidio in condizioni di abbandono
materiale e morale.
Delitti contro l’incolumità individuale
lesione personale dolosa che induca malattia superiore ai 20 giorni
ovvero quando la durata della malattia sia inferiore ma sussistano le
circostanze aggravanti specifiche della lesione personale;
lesione personale colposa grave o gravissima limitatamente ai casi ove vi
sia stata violazione delle norme preventive degli infortuni sul lavoro,
malattie professionali e igiene del lavoro.
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Delitti che prevedono l’obbligo del Referto
Delitti contro la libertà individuale
violenza privata; incapacità procurata mediante violenza.
Delitti contro l’incolumità pubblica
attività pericolose per la salute pubblica che espongono al pericolo di
epidemie e intossicazione.
Delitti sessuali
violenza sessuale commessa dal genitore, dal tutore, dal pubblico
ufficiale o da incaricato di un pubblico servizio; se la violenza sessuale
sia connessa ad altro delitto perseguibile d’ufficio.
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Delitti che prevedono l’obbligo del Referto
Interruzione illegale di gravidanza
Delitti contro la famiglia
maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli; abuso dei mezzi di correzione
o di disciplina.
Delitti contro la pietà dei defunti
vilipendio di cadavere; distruzione, soppressione o sottrazione di
cadavere; occultamento di cadavere; uso illegittimo di cadavere.
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Vi sono, però, condizioni che costituiscono delle esimenti all’obbligo di
fare referto:
La prima viene definita direttamente nell’articolo 365 c.p.: “…Questa
disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona
assistita a procedimento penale”.
Da una prima lettura di tale disposizione si potrebbe pensare ad una
incomprensibile forma di tutela per gli autori dei reato o, in alternativa,
ad un riferimento atto a salvaguardare il segreto professionale dei
sanitari; ma, in realtà, tale disposizione legislativa è intrinsecamente
dotata di finalità umanitarie e sociali, ponendo innanzi a tutto la salute
dell’assistito.
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Le altre due cause di esenzione del referto sono, invece, definite
dall’articolo 384 c.p. che prende in esame il caso in cui il referto possa
recare pregiudizio alla libertà e all’onore del sanitario referente o ad un
suo prossimo congiunto: “… Non è punibile chi ha commesso il fatto per
esservi stato costretto dalla necessità di salvare se medesimo o un
prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento della libertà o
nell’onore…”.
In caso di lavoro dipendente da ente il sanitario riveste la qualifica di
pubblico ufficiale od incaricato di pubblico servizio e pertanto ha
l’obbligo di comunicare all’autorità giudiziaria tutti i delitti perseguibili
d’ufficio cui si è imbattuto nel corso del servizio.
All’autorità giudiziaria vanno comunicati, mediante successivi referti,
eventuali complicanze con relativi prolungamenti della prognosi.
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La Denuncia di Reato o Rapporto
La denuncia di reato è l’atto scritto con il quale un esercente
una professione sanitaria che assuma la qualifica di pubblico
ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, denuncia all’autorità
competente i fatti di interesse giudiziario e non, di cui abbia avuto
notizia nell’esercizio e a causa delle sue funzioni.
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Obbligo della Denuncia – Omissione di Rapporto
Artt. 361 e 362 c.p.: “Il pubblico ufficiale e l’incaricato di pubblico
servizio che omettano o ritardano di denunciare all’Autorità
giudiziaria un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa
delle sue funzioni, è punito con la multa fino a 516 euro”.
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Anche tale obbligo, nel caso di attività svolta su vivente, può essere in
contrasto con il dovere, per il sanitario, dell’osservanza del segreto
professionale, tuttavia, nella denuncia, a differenza che nel referto, la
legge non prevede alcuna esimente nel caso si esponga la persona
“assistita” o sé stessi a procedimento penale.
Inoltre, mentre l’obbligo del referto riguarda “chiunque, nell’esercizio
di una professione sanitaria abbia prestato assistenza od opera in casi
che possono presentare i caratteri di un delitto perseguibile d’ufficio”,
quello della denuncia giudiziaria riguarda tutti coloro che rivestono la
qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio, e
che nell’esercizio e a causa di tali funzioni abbiano notizia di un reato
(non solo di un delitto, ma anche delle contravvenzioni) per il quale si
debba procedere d’ufficio.
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La Denuncia deve contenere la descrizione circostanziata del reato
(notitia criminis), con l’esposizione degli elementi essenziali del fatto ed
il giorno dell’acquisizione della notizia nonché le fonti di prova già note;
devono, inoltre, esservi indicati, quando possibile, le generalità, il
domicilio e quant’altro valga all’identificazione della persona alla quale
il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado
di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
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Essa, infine, deve essere presentata all’Autorità giudiziaria senza ritardo,
cioè immediatamente, se il ritardo può comportare pericolo: la violazione
di tale dovere costituisce un delitto contro l’Amministrazione della
giustizia, poiché, non ottemperando agli obblighi di informativa nei
riguardi della competente Autorità (cioè non comunicando a chi di
dovere la “notitia criminis”) si pregiudica o si rischia di pregiudicare
l’interesse dello Stato a perseguire l’autore del reato.
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Denunce di interesse medico-legale:
denuncia di causa di morte,
denuncia di nati deformi,
denuncia di trattamenti terapeutici che cagionino o possano cagionare
sterilità nella donna,
denuncia di malattie infettive diffusive o sospette di esserlo,
denuncia di malattie veneree,
denuncia di lesioni cui sia derivata o possa derivare un’inabilità
permanente al lavoro,
denuncia di casi di intossicazione da antiparassitari,
denuncia di malattie professionali,
denuncia degli infortuni agricoli,
denuncia degli infortuni in persona di artigiani,
denuncia delle vaccinazioni,
denuncia di apparecchi radiologici,
denuncia – dichiarazione di nascita.
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Consenso al Trattamento Sanitario
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Consenso al Trattamento Sanitario
L’art. 40 del Codice di Deontologia medica afferma che “non è
consentito alcun trattamento medico contro la volontà del paziente” e
che “il medico non può intraprendere nessuna attività diagnosticoterapeutica senza valido consenso del paziente che, seppur implicito
nel rapporto di fiducia, deve essere consapevole ed esplicito quando
comporti una diminuzione permanente o un rischio all’integrità fisica”.
Pertanto, ove non esistano precise disposizioni normative, non si può
prescindere, per qualsivoglia attività sanitaria, dal consenso del
paziente quale espressione della libera e consapevole volontà
dell’individuo.
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Consenso al Trattamento Sanitario
Il consenso, per essere valido, deve avere i seguenti requisiti:
1. personale, non è ammessa la rappresentazione volontaria di terzi,
tranne che nei casi di incapaci per ragioni di età o di salute mentale
ove supplisce chi ha la potestà genitoriale o i tutori; nel caso di
minori in cui vi siano pareri contrastanti tra medici e genitori si
ricorre al giudice tutelare;
2. spontaneo;
3. consapevole, in quanto deve nascere da una completa e corretta
informazione da parte del medico;
4. attuale, ossia al momento della prestazione
5. concernere un bene giuridicamente disponibile (ex art. 5 c.c.).
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Possiamo quindi affermare che l’atto medico diventa legittimo con:
• consenso del paziente
• utilità dell’atto medico
• L’art. 5 c.c. stabilisce che “gli atti a disposizione del proprio corpo
sono vietati quando cagionino, una diminuzione permanente
dell’integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge,
all’ordine pubblico o al buon costume”.
• L’art. 13 della Cost., relativamente alla limitazione della libertà
personale, afferma che “non è ammessa ….. restrizione della libertà
pesonale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli
casi e modi previsti dalla legge ….”.
• In campo penale la liceità dell’atto medico è sancita dall’art. 50 del c.p.
che recita quanto segue: “non è punibile chi lede o pone in pericolo
un diritto, col consenso della persona che ne può validamente
disporre”.
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Consenso al Trattamento Sanitario
Nella prassi medico – chirurgica, il consenso può essere espresso
in modo vario:
• Implicito, forma più comune ad es. quando ci rechiamo da un medico
per farci visitare;
• Esplicito (o informato), in forma scritta e firmato dal pz;
• Limitato ad un determinato atto medico-chirurgico in conformità alla
diagnosi formulata;
• Allargato, quando l’intervento potrebbe richiedere deviazioni dal
programma prefissato.
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Esimenti del consenso
•
•
Trattamenti obbligatori per legge (L. 180/78);
Stato di necessità (ex art. 54 c.p.)
Nello stato di necessità il consenso viene considerato presunto.
I requisiti necessari affinché sussista tale stato sono:
• pericolo attuale
• danno grave
• azione proporzionata al pericolo
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Dott. A. Di Pietro
A.A. 2009/2010
Dissenso al Trattamento Sanitario
Il dissenso è un diritto del paziente, qualunque sia il grado della
sua malattia o il trattamento proposto.
Tale diritto è valido, quindi, anche in condizioni di necessità o
urgenza.
Per la morale cristiana “nessuno è moralmente obbligato a curarsi
con terapie straordinarie”.
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Dissenso al Trattamento Sanitario
Si tratta del rifiuto delle cure necessarie espresso con i requisiti di
fermezza e razionalità; la maggior parte delle mansioni svolte dal
personale ausiliario a quello medico prevede il consenso generico,
ma se il pz rifiuta in maniera netta, ad es. un prelievo o la terapia
farmacologica, bisogna soprassedere ed avvertire il medico
responsabile di turno.
Esempi di rifiuto: il testimone di Geova che rifiuta una trasfusione
necessaria ed urgente, oppure un detenuto che ha dichiarato lo
sciopero della fame….
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Dissenso al Trattamento Sanitario
Sottoporre il paziente all’atto rifiutato costituisce, anche in caso di
esecuzione perfetta, un intervento illecito, in quanto il consenso
rappresenta il requisito-limite necessario a conferire liceità a
qualsiasi trattamento sanitario.
In questo caso, il sanitario risponderà in termini di dolo, poiché il
motivo terapeutico non costituisce una scriminante, prevalendo
il diritto del paziente al rifiuto delle cure. Quindi, il sanitario, pur non
volendo danneggiare il paziente, per il fatto stesso che interviene
sulla persona contro la sua volontà, commette un reato.
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Reati configurati in mancanza di consenso
1. violenza privata (art. 610 c.p.), ossia costringere un individuo ad un atto
con la forza, ad es. abuso di mezzi di contenzione fisica;
2. sequestro di persona (art. 605 c.p.), se la priviamo della libertà
personale;
3. lesione personale (art.582-583 c.p.);
4. morte o lesione come conseguenza di altro delitto (art.596 c.p.),
quando si effettua un trattamento sanitario illecito ma non si ha
l’intenzione di provocare la morte , si risponderà per omicidio colposo
con pena aumentata;
5. omicidio preterintenzionale (art.584);
6. illecito civile (1218, 2043 e 2050 c.c.) in quanto il medico dovrà
rispondere anche in sede civile del danno ingiusto cagionato.
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ELEMENTI DI DIRITTO PENALE
Imputabilità
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ELEMENTI DI DIRITTO PENALE
Diritto della persona
L’ordinamento giuridico regola e disciplina, in una società civile, gli
obblighi ed i diritti spettanti ad ogni singolo individuo.
I rapporti giuridici tra singoli individui o tra cittadini ed ente pubblico
vengono giuridicamente disciplinati dal codice civile. Nell’ampia
sezione del diritto civile vengono inglobate alcune tematiche di
pertinenza medico – legale :
•
•
•
Capacità giuridica e di agire
Matrimonio e diritto di famiglia
Responsabilità civile
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ELEMENTI DI DIRITTO PENALE
Capacità giuridica
L’esistenza della persona fisica è fondata sulla capacità
giuridica, la quale si acquisisce al momento della nascita.
Cosa si intende per capacità giuridica?
L’attitudine ad essere titolari di diritti e doveri.
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ELEMENTI DI DIRITTO PENALE
Requisiti della capacità giuridica
I presupposti dell’acquisizione della capacità giuridica sono:
La nascita → separazione completa del feto dalla madre
La vita → dedotta dal primo vagito
N.B. il feto nato morto oppure quello nato vivo che sia
sopravvissuto soltanto per il breve tempo di vita apnoica
extrauterina sono PRIVI di personalità giuridica
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MEDICINA LEGALE
L’uomo, soggetto di diritto
Per l’ordinamento giuridico l’uomo, nella sua individualità, è un
soggetto di diritto. In tal senso egli può essere considerato
come il destinatario delle norme giuridiche, ovvero come il
titolare dei diritti e dei doveri stabiliti dalla Legge a tutela dei
rapporti tra i singoli membri della collettività e tra questi ultimi e
lo Stato stesso.
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Definizione di Persona Fisica
Realtà giuridica cui l’ordinamento attribuisce l’idoneità ad essere
soggetto, attivo o passivo, di rapporti giuridici e, come tale,
capace di diritti e di doveri
→ l’uomo in possesso della capacità giuridica
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Definizione di Persona Giuridica
Qualsiasi ente, società, organizzazione di persone fisiche e di beni,
riconosciuto dallo Stato, costituito per il conseguimento di uno scopo
collettivo duraturo e lecito, cui l’ordinamento concede i poteri
di essere soggetto di diritti e doveri
→ enti pubblici (Regioni, province, comuni)
→ enti privati (società, fondazioni, comitati)
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Categorie di Persone Giuridiche
•
•
•
•
Persone Giuridiche Pubbliche
Persone Giuridiche Private
Associazioni
Fondazioni
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Capacità di Agire
È l’attitudine ad esercitare diritti ed adempiere ai propri doveri,
compiendo manifestazioni di volontà produttive di effetti giuridici.
Es. amministrare i propri beni, contrarre matrimonio, adottare,
Fare testamento, fare donazioni, stipulare contratti,ecc.
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Presupposti della Capacità di Agire
• Capacità giuridica, che si acquisisce alla nascita
• Età maggiore di 18 anni
• Capacità di intendere e di volere
In situazioni particolari, previste dalla legge, tale capacità può
subire delle limitazioni totali o parziali, mentre nel caso
dell’emancipazione, nonostante la minore età del soggetto,
gli si conferisce il “privilegio” di compiere degli atti non eccedenti
l’ordinaria amministrazione
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La Capacità Civile
Può essere definita come la somma della Capacità Giuridica e
della Capacità di Agire.
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Capacità Giuridica e Capacità di Agire
Capacità Giuridica
si acquisisce con la nascita.
Capacità di Agire
si acquisisce al compimento del 18° anno di età.
Nel lasso di tempo che intercorre tra la nascita e la maggiore età,
il minore è giuridicamente “incapace”, ma tale condizione può
essere anche propria di chi, pur maggiorenne, è soggetto
a stati di fatto – psichici o materiali – che non gli consentono
l’autonomia giuridica.
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Provvedimenti che limitano la Capacità di Agire
L’Interdizione → esclusione della capacità di agire
Giudiziale
↔
Legale
L’Inabilitazione → limitazione della capacità di agire
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Definizione di Interdizione
Con il termine interdizione può definirsi l’esito di quel particolare
procedimento giudiziale o legale attraverso il quale un individuo
maggiore di età o minore emancipato viene privato della propria
capacità d’agire quando in lui oggettivamente si constati l’abituale
infermità mentale.
L’art. 414 c.c. stabilisce: “Il maggiore di età ed il minore, i quali si
trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende
incapaci di provvedere ai propri interessi, devono essere interdetti”.
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Chi può richiedere l’ Interdizione
Le persone interessate alla conservazione del patrimonio
dell’incapace, le quali accampano legittime aspettative
successorie o hanno ragioni di solidarietà familiari verso
coniuge, parenti o affini
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Interdizione Giudiziale
L’interdizione giudiziale è quella pronunciata dal giudice su
istanza di coloro i quali abbiano un interesse diretto a tutelare
il patrimonio del soggetto da interdire.
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Attributi clinici imprescindibili dell’Interdizione Giudiziale
• L’infermità di mente;
• L’abitualità dell’infermità di mente;
• L’evidente gravità della patologia.
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Modalità dell’Interdizione Giudiziale
L’interdizione viene disposta con sentenza dal giudice, il
quale deve accertarsi personalmente di tale infermità
mediante l’ausilio di una consulenza tecnica, che mira a
tutelare gli interessi dell’incapace. Il provvedimento è
obbligatorio quando sia stata accertata l’effettiva ed assoluta
incapacità di provvedere ai propri interessi.
L’interdizione e l’inabilitazione producono i loro effetti dal
giorno di pubblicazione della sentenza.
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La persona sottoposta ad Interdizione giudiziale:
•
•
•
•
•
Non può contrarre matrimonio (cfr. art. 85 c.c.);
Non può stipulare contratti;
Non può prestare valido consenso al trattamento medico;
Non può redigere testamento;
Non può gestire il proprio patrimonio, etc..
La titolarità dei diritti spettanti al cittadino interdetto saranno trasferiti,
mediante il procedimento in esame, al tutore nominato dal giudice,
secondo le modalità previste dall’art. 424 c.c.. Il tutore rappresenta
l’interdetto in tutti gli atti civili salvaguardandone ed amministrandone
i beni.
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Interdizione Legale
Consiste in una pena accessoria a reati non colposi per coloro
i quali siano stati condannati alla reclusione non inferiore a cinque
anni (compreso l’ergastolo).
Rispetto all’interdizione giudiziale, nell’interdizione legale permane
la facoltà di contrarre matrimonio e riconoscere i figli naturali.
La condanna all’ergastolo comporta anche la decadenza alla
potestà dei genitori.
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Definizione di Inabilitazione
Consiste nel procedimento giudiziale che priva il soggetto della
capacità di compiere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione
e gli impone l’assistenza da parte di un curatore.
Il curatore si occupa in vece dell’inabilitato di tutti gli atti eccedenti
l’ordinaria amministrazione e dei negozi giuridici (stipulare
contratti, alienare beni, ipotecare case, riscuotere capitali, etc.).
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Si può essere inabilitati per:
Per infermità mentale durevole nel tempo, ma di entità tale da non
dare luogo all’interdizione;
Per prodigalità;
Per abuso di sostanze stupefacenti o di bevande alcoliche;
Per stato di sordomutismo e cecità dalla nascita o dalla prima
infanzia, se non si è ricevuto educazione sufficiente.
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Art. 415 c.c. Persone che possono essere inabilitate
“Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente
grave da dare luogo all’interdizione, può essere inabilitato. Possono
anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità o per abuso di
bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia
a gravi pregiudizi economici. Possono infine essere inabilitati il
sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non
hanno ricevuto educazione sufficiente, salva l’applicazione dell’art.
414 c.c. quando risultano che essi sono del tutto incapaci di
provvedere ai loro interessi”.
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Revoca dell’Interdizione e dell’Inabilitazione
L’art. 429 c.c. prevede la revoca del provvedimento d’interdizione
e d’inabilitazione nei casi in cui vengono meno i requisiti riscontrati
al momento della constatazione della infermità.
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ELEMENTI DI DIRITTO PENALE
Incapacità Naturale
Riguarda la condizione di minorazione psichica non accertata da un
preventivo procedimento giudiziario, che rende annullabili gli atti
compiuti dall’incapace di intendere e/o volere; gli atti hanno un tempo di
prescrizione di 5 anni. può essere proposta su istanza della persona
medesima o dagli eredi o dagli aventi causa.
È una forma di inattitudine transitoria per la quale un soggetto, che di
norma è sano, può a volte non essere in grado di valutare saggiamente
le proprie necessità e far fronte quindi ai propri impegni di natura civile.
Ad es. x epilettici o assuntori di stupefacenti o alcolici, se si potrà
dimostrare che determinati atti di particolare rilevanza nella loro sfera
giuridica sono stati compiuti sotto l’effetto di tali alterazioni, sarà possibile
farli dichiarare nulli.
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ELEMENTI DI DIRITTO PENALE
Incapacità Procurata
Art 613 c.p. Stato di incapacità procurato mediante violenza
“Chiunque, mediante suggestione ipnotica o in veglia, o mediante
somministrazione di sostanze alcoliche o stupefacenti, o con
qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso di lei, in
stato d'incapacità d'intendere o di volere è punito con la reclusione fino a
un anno. … ”
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Concetto di Imputabilità
Con il termine imputabilità si definisce la capacità del soggetto
attivo del reato ad essere sottoposto ad imputazione, in altre
parole ad essere chiamato a rispondere della propria condotta
illecita.
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MEDICINA LEGALE
Articolo 85 c.p.
Capacità di intendere e di volere
“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge
come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era
imputabile. È imputabile chi ha la capacità di intendere e volere”
Chi non può essere considerato “capace” di intendere e di volere
non può nemmeno, per tale fatto, essere ritenuto responsabile di
un reato che pure ha commesso.
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Presupposti dell’Imputabilità
in base all’articolo 85 c.p., i presupposti dell’imputabilità sono:
•la capacità di intendere
•la capacità di volere
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Capacità d’Intendere
Con l’espressione capacità di intendere ci si riferisce comunemente
alla capacità che ha il soggetto di capire l’antigiuridicità di un
determinato comportamento che sta attuando o attuerà
→ attitudine del soggetto alla comprensione del mondo esterno,
secondo parametri di normalità o schemi di convergenze controllabili
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Capacità di Volere
Per capacità di volere, invece, si deve intendere la capacità di voler
realizzare effettivamente quell’evento, sapendolo antigiuridico e,
quindi, l’intenzione del soggetto di attuare i comportamenti necessari
a raggiungere lo scopo. Le facoltà volitive e decisionistiche si pongono
anche all’interno della coscienza, intesa come punto di raccordo tra
rappresentazioni, giudizi e sentimenti
→ attitudine del soggetto ad esercitare controllo su stimoli e reazioni,
si riferisce in pratica alla capacità di inibirsi
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Cause di Esclusione dell’Imputabilità
•Fisiologiche
•Età
•Patologiche
•Vizio totale di mente
•Vizio parziale di mente
•Sordomutismo
•Ubriachezza
•Abuso di sostanze stupefacenti
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Cause Fisiologiche di Esclusione dell’Imputabilità
Le capacità d’Intendere e di Volere presuppongono una certa
maturità individuale tanto che la stessa legge fissa come limite
anagrafico dell’imputabilità i 18 anni; al di sotto di tale limite, si
prospettano due condizioni diverse:
•non è imputabile il minore di 14 anni (art. 97 c.p.),
•nell’intervallo tra i 14 anni e i 18 l’imputabilità va dimostrata nel
caso specifico (art. 98 c.p.).
Lo sviluppo psichico correlato all’età della persona è ritenuto dal
legislatore l’unica causa fisiologica di abolizione o riduzione della
Imputabilità.
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Cause Patologiche di Esclusione dell’Imputabilità
Vizio totale di mente (art. 88 c.p.)
“Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto,
era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità
di intendere o di volere”
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Cause Patologiche di Esclusione dell’Imputabilità
Vizio Parziale di mente (art. 89 c.p.)
“Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità,
in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla,
la capacità di intendere e di volere, risponde del reato commesso,
ma la pena è diminuita”
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Cause Patologiche di Esclusione dell’Imputabilità
Sordomutismo (art. 96 c.p.)
“Non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha
commesso il fatto, non aveva, per causa della sua infermità,
la capacità d’intendere o di volere. Se la capacità d’intendere
o di volere era grandemente scemata, ma non esclusa, la pena
è diminuita”
È ormai obsoleta la convinzione che il sordomuto, in quanto tale,
si trovi in costante condizione di infermità mentale. Oggi ciò non è
più vero e spetta al giudice accertare se, nel momento in cui è stato
commesso il fatto, il sordomuto fosse capace di intendere e di volere
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Cause Patologiche di Esclusione dell’Imputabilità
Ubriachezza e Abuso di Sostanze Stupefacenti
•Ubriachezza derivata da caso fortuito o di forza maggiore (art. 91 c.p.)
•Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata (art. 92 c.p.)
•Fatto commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti (art. 93 c.p.)
•Ubriachezza abituale (art. 94 c.p.)
•Cronica intossicazione da alcol o da sostanze stupefacenti (art. 95 c.p.)
art.90 c.p. !!!!!
“gli stati emotivi e passionali non escludono né diminuiscono l’imputabilità”
Università degli Studi "G. d'Annunzio" Chieti-Pescara
Dott. A. Di Pietro
A.A. 2009/2010
FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA
Medicina Legale
Direttore: Prof. Aldo Carnevale
Corso di Laurea in TSRM per Immagini e Radioterapia
Cause Patologiche di Esclusione dell’Imputabilità
Art . 91 c.p. “Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore”: “Non è
imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacità d’intendere o
volere, a cagione di piena ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore. Se
l’ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare grandemente, senza escluderla,
la capacità d’intendere o di volere, la pena è diminuita.”.
Art . 92 c.p. “Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata”: “L’ubriachezza non
derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude né diminuisce l’imputabilità. Se
l’ubriachezza era preordinata al fine di commettere un reato, o di prepararsi una scusa, la pena
è aumentata.”.
Art . 93 c.p. “Fatto commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti”: “Le disposizioni
dei due articoli precedenti si applicano anche quando il fatto è stato commesso sotto l’azione di
sostanze stupefacenti.”.
Art . 94 c.p. “Ubriachezza abituale”: “Quando il reato è commesso in stato di ubriachezza, e
questa è abituale, la pena è aumentata. Agli effetti della legge penale, è considerato ubriaco
abituale chi è dedito all’uso di bevande alcoliche e in stato frequente di ubriachezza.
L’aggravamento di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il
reato è commesso sotto l’azione di stupefacenti da chi è dedito all’uso di tali sostanze.”.
Art . 95 c.p. “Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti”: “Per i fatti
commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze
stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89.”.
( 88-89 vizio totale e parziale di mente).
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La Pericolosità Sociale (art. 203 c.p.)
“Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la
persona, anche se non imputabile o non punibile, … quando
è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge
come reati”
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Elementi della Pericolosità Sociale
• Abitualità
• Professionalità
• Tendenza a delinquere
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