Campania illustrata. 1632-1845 CRYPTA NEAPOLITANA E TOMBA DI VIRGILIO Per il Viaggio pittorico di Cuciniello e Bianchi (1829) Federico Hörner ha realizzato una bella veduta dell’ingresso principale della Crypta Neapolitana, nota anche come Grotta di Posillipo, Grotta di Virgilio o – nell’Ottocento – Grotta di Pozzuoli: si tratta della più duratura delle gallerie flegree di epoca romana, questa databile alla seconda metà del I sec. a.C., il cui utilizzo a fini civili proseguì ben oltre la cessazione della funzione militare per cui era stata concepita. La grotta è lunga 711 metri e collega le località che da essa prendono il nome, ossia Piedigrotta e Fuorigrotta: l’ingresso principale, riprodotto nella litografia, è ubicato oggi all’interno del Parco Vergiliano che racchiude all’interno del suo perimetro anche la cosiddetta Tomba di Virgilio, oltre quella di Giacomo Leopardi. 1 La Crypta Neapolitana si lega ad una tradizione di racconti sulle arti magiche di Virgilio che hanno interessato varie vicende della storia napoletana e alcuni suoi principali monumenti, come ad esempio Castel dell’Ovo. La galleria, secondo gli scritti di Strabone, si attribuisce all’architetto Lucio Cocceio Aucto che, su mandato di Marco Vipsanio Agrippa, aveva concepito questa come altre opere strategiche di collegamento tra il nuovo Portus Julius e gli stanziamenti militari dell’entroterra napoletano. Un’opera di ingegneria di questa portata ha alimentato almeno due leggende: quella più antica secondo la quale la galleria sarebbe stata scavata da Virgilio in una sola notte, o un’altra che pur attribuendola effettivamente al progetto di Cocceio, sosteneva che fossero stati impiegati ben centomila uomini per la realizzazione del traforo in soli quindici giorni. 2 La galleria ad ogni buon conto, esaurita come si diceva la sua funzione militare, fu utilizzata senza soluzione di continuità anche nei secoli successivi, tant’è che abbiamo notizia di varie opere di consolidamento tanto in età aragonese quanto in epoca vicereale. 3 La veduta di Hörner è di pochi anni successiva ad un’ulteriore opera di consolidamento voluta da Giuseppe Bonaparte e all’introduzione di sessantaquattro lampade ad olio all’interno della galleria che, seppur maleodoranti, consentivano un più agevole passaggio di beni e persone: nella tavola litografica è infatti possibile individuare il nuovo sistema di illuminazione; in più l’artista presenta in primo piano degli individui che provengono dall’ingresso opposto trasportando, alcuni, delle merci su dei carri o caricate in groppa a dei muli. Nell’illustrazione è ben visibile in primo piano sulla sinistra un’edicola, costruita in piperno e ancora oggi conservata, recante due epigrafi che elencano le malattie curabili con le acque termali dell’area puteolana; l’edicola con le iscrizioni fu fatta erigere dal vicerè Pietro Antonio D’Aragona nel 1668. Per l’Atlante illustrativo del 1845 L. De Vegni ha realizzato la consueta copia della tavola di Cuciniello e Bianchi con l’altrettanto consueta minor qualità grafica, per cui nel confronto tra le due litografie, seppur del medesimo impianto scenico, quella del De Vegni appare sicuramente più grezza e meno efficace, nonostante sia minimamente apprezzabile la scelta di raffigurare diversamente i passanti che animano la scena. Come accennato in precedenza, all’interno del Parco Vergiliano, inaugurato nel 1930, è racchiuso anche il monumento sepolcrale attribuito tradizionalmente a Virgilio, in realtà un colombaio di età romana: secondo quanto narrato dalla Cronaca di Partenope del XIV secolo, la principale fonte su tutte le numerose credenze ed attribuzioni soprannaturali che riconducono al famoso poeta, la struttura in questione deve aver davvero ospitato le spoglie di Virgilio prima che in età normanna si decidesse il loro trasferimento all’interno di Castel dell’Ovo. Il monumento, dal valore più propriamente simbolico, costituiva un soggetto ricorrente nei libri illustrati sull’area flegrea. In questa sede è possibile apprezzare la tavola calcografica di Federico Pesche inclusa nella guida di Pompeo Sarnelli del 1685, dedicata da Antonio Bulifon a Girolamo d’Alessandro duca di Pescolanciano, e la più completa litografia di Antonio Parboni per l’Atlante illustrativo di Zuccagni-Orlandini (1845), nella quale figura anche un capraio nell’atto di riposarsi. In entrambe le tavole, pur distanziate da circa due secoli, appare evidente la vegetazione spontanea che avvolge il mausoleo e un sostanziale stato di abbandono dello stesso. 4 5 Questo percorso web è stato realizzato dal Dott. Giuseppe Gianluca Cicco nell’ambito del Progetto POR FESR 2007-2013 Obiettivo Operativo1.10 “La cultura come risorsa” attività C “Sviluppo di tecnologie per la digitalizzazione e messa in rete di archivi e biblioteche”, dal titolo: “Riversamento dell’OPAC di Bibliorete nella Rete SBN Polo CAM e digitalizzazione del patrimonio antico relativo al territorio campano nei secoli XVII-XVIII” 6