LA CRISI DELL’EURO Marco Lossani Dipartimento Economia e Finanza Università Cattolica - Milano Alessandria 21 Gennaio 2014 1 2 Lezioni della storia (recente e passata) Crisi, fenomeni di divergenza ed episodi di “grandi crisi” non costituiscono una novità nella storia (dal Serpente allo SME) del processo di unificazione monetaria. Crisi sono sempre state superate con accelerazioni (più o meno graduali) del processo di unificazione. Bilancio 15 anni di Euro non è tra i più incoraggianti. Vi sono sia luci che ombre. Soprattutto i risultati prodotti sembrano inferiori alle aspettative che – secondo la visione ufficiale della Commissione (One Market, One Money) – erano molto elevate, per via di benefici sia micro che macro. Lezioni della storia (recente e passata). Le promesse mancate 3 Indicatori macro (crescita PIL, andamento produttività, occupazione, inflazione) non sono stati mediamente migliori di quelli registrati in paesi esterni a EMU. Commercio intra- EMU non è aumentato come previsto (+15% anzichè +50%), anche a seguito di numerose battute d’arresto nel processo di unificazione del mercato europeo (vedasi Monti report). Benefici dell’Euro sono stati distribuiti in modo asimmetrico, con divergenze crescenti tra i paesi. 4 Fig. 1 Tasso di crescita medio annuo PIL (1999-2012) Fig. 2 Tasso di crescita medio annuo PIL paesi Eurozona (1999-2012) 5 Fig. 2 Tasso di crescita medio annuo PIL pro-capite paesi Eurozona (1999-2012) 6 La crisi dell’EUROzona 7 La crisi nell’EUROzona vive due fasi acute. La prima – come nel resto del mondo - si manifesta immediatamente dopo il fallimento di Lehmann (2008/09). Produzione industriale e reddito crollano praticamente ovunque. La seconda – diversamente dal resto del mondo – inizia a manifestarsi a partire dai primi mesi 2010, con le prime difficoltà mostrate dall’economia greca (soprattutto nei conti pubblici), e si accentua nel corso del 2010/11. Come è possibile che una crisi che nasce negli USA e origina nel settore privato contagi così intensamente l’Europa e colpisca soprattutto gli stati sovrani, causando anche una profonda crisi bancaria e dando luogo a vere e proprie crisi gemelle? La crisi dell’EUROzona 8 La Grande Moderazione si sovrappone alla fase finale del processo di unificazione monetaria europea, caratterizzata da Scomparsa del rischio di cambio Scomparsa del rischio sovrano Vengono fortemente incentivati comportamenti alla lunga insostenibili sia nel settore privato (Spagna e Irlanda) che nel settore pubblico (Grecia e Portogallo) - anche grazie alla crescente attività svolta da intermediari finanziari – che si manifestano contemporaneamente a elevati squilibri correnti e a cospicuo deterioramento delle posizioni competitive delle economie periferiche (PIIGS). Emergono • Problemi di debito • Problemi di competitività • Esacerbati da derive del «market sentiment» (=contagio dovuto a panico) Spread sovrani vs. Bund 9 Tassi di interesse reali a lunga ex-post Spread PIIGS vs. Bund 10 Crediti verso PIIGS dei sistemi bancari “del NORD” (% sul totale dei crediti) 11 Indici di competitività (1999=100) Aumento indica apprezzamento reale 12 Partite correnti PIIGS (% del PIL) 13 Deficit pubblico PIIGS (% del PIL) 14 Debito pubblico (% del PIL) 15 Attivi bancari (% del PIL) 16 Summing-up Squilibri interni dovuti ad accumulazione di deficit/surplus correnti che anche all’interno di unione monetaria contano ancora (diversamente da quanto sostenuto). Squilibri interni dovuti ad accumulazione di deficit/debito pubblico/privato che si rivelano insostenibili. Assenza di adeguati meccanismi di aggiustamento (sostitutivi della flessibilità del tasso di cambio) hanno accentuato il disallineamento tra le posizioni competitive. Aggiustamento viene rinviato finchè il ciclo è buono (i.e finanziamento è disponibile) e viene forzato dallo scoppio della crisi che conduce rapidamente verso lo spettro di un mancato accesso ai mercati: vengono forzate «svalutazioni interne» molto costose. 17 Lezioni della storia (recente e passata). Le promesse mancate 18 Integrazione finanziaria ha conosciuto un deciso approfondimento. Da quando la crisi è cominciata l’interconnessione finanziaria è fonte di contagio e… paradossalmente l’integrazione finanziaria si è dissolta! Nè PSC nè Agenda di Lisbona hanno indotto effetti significativi sulle performance dei paesi EMU/EU. Riforme bloccate sia a livello di singolo paese (con la parziale eccezione tedesca) che a livello comunitario. I successi (iniziali) sul piano dell’integrazione finanziaria hanno creato duplice effetto nirvana. Ora che le riforme sono necessarie (sotto il pungolo dello spread) diventa difficile attuarle: manca la crescita che le renderebbe meno costose! Lezioni della storia (recente e passata). Le promesse mancate 19 Analisi attuale situazione EMU conferma la debolezza della sua architettura istituzionale, eccessivamente concentrata su indicatori esplicitati nel Trattato di Maastricht per conseguire obiettivi quali stabilità dei prezzi e sostenibilità finanza pubblica (=convergenza macro = cultura della stabilità) e poco interessata a definire condizioni più stringenti riguardanti obiettivi come la stabilità finanziaria (per via della fiducia riposta nella capacità auto-stabilizzante del mercato e per via di assunto irragionevole: i sistemi bancari sarebbero rimasti sostanzialmente vincolati a un’operatività domestica) Policy trilemma vecchia versione (Mundell) 20 Integrazione finanziaria Politica Monetaria Unica Stabilità valutaria Cambi flessibili Autonomia monetaria Controlli sui movim.capitale Policy trilemma nuova versione (Shoenmaker- Obstfeld) 28 Integrazione finanziaria Politica Fiscale Unica e regole di Burden-sharing Stabilità finanziaria Instabilità Finanziaria Autonomia fiscale Controlli sui movim.capitale/Repressione finanziaria/Ring fencing 21 22 L’enorme crescita asset bancari a fronte di assenza di adeguato «salvagente fiscale» (fiscal backstop) ha generato in poco tempo le condizioni per una crisi gemella/twin crisis (bancaria e sovrana) che si è rapidamente rivelata insostenibile, indipendentemente da quale dei due fronti abbia iniziato a deteriorarsi per primo. Fragilità conti pubblici crea aspettative di perdite (su titoli sovrani) per le banche, minandone capacità di solvenza. Fragilità bilanci bancari crea aspettative di interventi sostanziali da parte dei sovrani, minandone capacità di solvenza. Talvolta le semplici aspettative self-fulfilling di debt-run (bankrun) possono innescare crisi gemelle difficilmente gestibili in modo ordinato e che producono anche dissoluzione della unicità della politica monetaria. 23 Come uscire dalla crisi? 1. 2. 24 Di fronte a questa performance, non priva di aspetti controversi, è lecito chiedersi se valga la pena continuare nel processo di unificazione monetaria. Due sono le alternative: Abbandono definitivo dell’Euro. Processo difficile, costoso (anche per Germania) e pericoloso per via delle conseguenze (difficilmente quantificabili) di breve periodo. Salto di qualità per rendere concreto sogno dei “vecchi padri” dell’Europa unita. Il problema diventa come modificare la governance europea. La via attuale: Fiscal Compact 25 Pareggio di bilancio. Disavanzo strutturale non deve eccedere 0,5% del PIL. La regola del bilancio in pareggio dovrà essere inserita nella Costituzione. Ruolo della Corte di Giustizia. Se un paese non inserisce la regola del pareggio di bilancio in Costituzione, ci si può rivolgere alla Corte di giustizia europea, che può comminare una multa di ammontare fino allo 0,1% del PIL. Procedura semi-automatica per disavanzo eccessivo. In caso di violazione del pareggio di bilancio, la Commissione UE avvia la procedura sanzionatoria. La procedura può essere fermata solo dal voto contrario, a maggioranza qualificata, del Consiglio europeo. “Regola del ventesimo”. I paesi con debito pubblico superiore al 60% del PIL, dovranno attuare ogni anno una riduzione del debito pubblico pari a un ventesimo della distanza tra il livello corrente e il 60%. Limiti del Fiscal compact. 26 Vincolo fiscale che impone riaggiustamento istantaneo e simultaneo. Rischio di generare condizioni che conducano a recessione lunga e profonda (cfr. Europa negli anni ’20), volta a generare “svalutazione interna” (frutto di recessione-deflazione), con emersione di sentimenti antieuropeisti. Sintomi già evidenti in diverse nazioni europee, anche nelle “civilissime” Danimarca e Olanda (anche se sta calando di più il supporto per EU che non per EMU/EURO). La strada alternativa • • 27 Al giorno d’oggi esiste un chiaro problema di governance: insufficiente cessione di sovranità nazionale a vantaggio di una struttura fiscale di tipo federale supportata da qualche forma di unificazione politica. Le stessa storia delle altre federazioni di successo dimostra come siano necessarie riforme per aumentare la legittimazione politica rafforzare le strutture federali devolvendo una maggior quantità di risorse a un bilancio federale retto da una struttura sovranazionale (e non intergovernativa). Unione fiscale (non Unione dei trasferimenti) 28 Unione fiscale verrebbe realizzata attraverso costituzione di un robusto bilancio federale, mediante opportuna dotazione di entrate fiscali. Bilancio federale verrebbe utilizzato unicamente per svolgere interventi anti-ciclici e non per finanziare trasferimenti sistematici (di carattere strutturale). Ciò al fine di rendere meno costosi i riaggiustamenti necessari per far fronte a shocks asimmetrici. Unione fiscale (non Unione dei trasferimenti) • • 29 Forme di politiche di stabilizzazione di tipo federale sono già esistenti in diverse unioni monetarie di successo. Esempio classico USA, ove bilancio federale attenua tra il 20 e il 40% degli effetti di shocks asimmetrici attraverso Federal income tax Trasferimenti espliciti inter-governativi. Queste forma di stabilizzazione non devono implicare redistribuzione, intesa come trasferimenti permanenti di risorse verso aree più svantaggiate. Ancora una volta USA dimostrano come sia possibile evitare che l’unione fiscale federale diventi un’unione dei trasferimenti. 30 31 Una nuova governance 32 “..we badly missed a governance structure since the launching of the Euro” H. Van Rompuy al Parlamento Europeo, febbraio 2012. Esiste ancora oggi un problema legato alla diversa struttura decisionale (di carattere duale) prevista dal Trattato di Lisbona: sovrannazionale per l’attuazione delle politiche del mercato unico; intergovernativa per la realizzazione dell’unione monetaria e di altre politiche “sensibili” (ex. Difesa). In realtà la crisi dell’Euro è stata gestita nei momenti di massima crisi (estate 2011) dal Direttorio franco-tedesco (Asse Merkozy), con un ruolo minimo per strutture federali quali Commissione e Parlamento europeo. Una nuova governance 33 Tale approccio ha generato ritardi nella gestione della crisi, decisioni assai discutibili spesso guidate dall’interesse a catturare il consenso dell’elettorato nazionale (vedasi attendismo Merkel nella gestione della crisi greca nel Maggio 2010), risentimenti in molti paesi che assistevano (quasi impotenti) a queste decisioni. La crisi anzichè risolversi si è andata aggravando. Per di più si è palesato in modo eclatante il fatto che “L’Euro è una moneta senza un paese”(De Grauwe). ECB non ha potuto agire direttamente come LOLR nei confronti dei debitori sovrani anche per motivi politico-costituzionali (vedasi no-bail-out clause del Trattato di Maastricht). Verso l’unione politica 34 Spogliando le istituzioni nazionali di una parte dei poteri che verrebbero trasferiti a organismi federali sovra-nazionali sarebbe possibile aumentare la capacità decisionale di istituzioni che diventerebbero europee. L’imposizione di stringenti vincoli di bilancio non apparirebbe più come l’attuazione della volontà di disciplina germanica, ma sarebbe ragionevole e accettabile (come negli USA). Sarebbe possibile anche il “commissariamento” federale temporaneo dei paesi che non rispettassero il vincolo. Non sarebbe il commissariamento tedesco (o della troika) sulla Grecia o sul Portogallo, ma il commissariamento del governo federale democraticamente eletto. Verso l’unione politica 35 Il senso di questa operazione non è meramente riconducibile a un processo di riallocazione dei poteri tra gli stati-nazione e gli organismi comunitari, mirante ad aumentare l’efficienza del processo decisionale. Il senso di questa operazione sta anche nel dimostrare all’“Europa dei cittadini” che EMU è un soggetto politico che va oltre gli interessi e le questioni economiche e che è capace di superare il deficit di democrazia. Attraverso un processo di cessione di sovranità nazionale unito all’attribuzione di una maggior legittimità democratica alle rinnovate istituzioni europee si verrebbero a creare i presupposti per la realizzazione dell’unione fiscale e politica. Verso l’unione politica 36 ESEMPIO CONCRETO: Progetto di unificazione bancaria richiede common fiscal backstop che comporta tendenza verso unificazione/messa in comune delle risorse fiscali. Realizzazione di unione fiscale (anche se di tipo federale) richiede inevitabilmente passi in avanti verso unificazione politica. Attualmente manca ancora una visione alta del processo di integrazione europeo che comprenda una cessione di sovranità fiscale, seppure graduale, e il passaggio verso l’unificazione politica. Verso l’unione politica 37 “Sembrava impensabile, solo cinque anni fa, che l’Europa compisse i passi che è riuscita a fare durante la crisi, anche se in modo disordinato e rischiando varie volte di inciampare. Il percorso è ancora lungo. Ma nemmeno gli Stati Uniti d’America sono stati creati in un solo giorno, né in un solo secolo”. (Lorenzo Bini Smaghi, 2013) “L’Europa non verrà costruita tutta ad un tratto. Verrà costruita nelle crisi e sarà il risultato delle soluzioni adottate in quelle crisi”. (Jean Monnet) “L’ossessione per i vincoli di bilancio fa si che la gente dimentichi troppo spesso quali sono gli obiettivi politici della costruzione europea. Le argomentazioni a sostegno della moneta unica dovrebbero basarsi sul desiderio di convivere pacificamente”. (Jacques Delors, 1996)