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POLITICA
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Elezioni amministrative
I TA L I A
a
ll’inizio della fine
Ve r s o l ’ e p i l o g o d e l c i c l o b e r l u s c o n i a n o
P
erde Berlusconi. Vince l’antiberlusconismo. La sconfitta politica, oltre che elettorale, di Berlusconi, nelle
amministrative del 15 e 16
maggio – ulteriormente aggravata dall’esito dei ballottaggi del 29 e 30 – è a
tutto tondo. Con Berlusconi perde naturalmente il Popolo della libertà (PDL);
e il suo principale alleato: la Lega Nord
di Bossi. Anzi, tra il primo e il secondo
turno si è come creata un’attesa di vittoria nei confronti di Berlusconi, soprattutto nelle principali città del Nord
(in particolare Milano), che ha trascinato il risultato dei ballottaggi. Del resto Berlusconi è stato il centro della politica nazionale di un ciclo quasi
ventennale così che ogni pronunciamento elettorale, anche al di là della
sua abilità nel personalizzare e centrare
su di sé il confronto/scontro politico, lo
ha visto protagonista.
Difficile dire se il paese si trovi nuovamente di fronte a un ciclo di cambiamento, come è accaduto all’inizio
degli anni Novanta. Queste elezioni da
sole non bastano per dare una risposta
corretta. Su un piano sistemico, la ristrutturazione del formato politico, avviata allora dai cambiamenti internazionali del 1989, è in gran parte
naufragata. Il ciclo delle riforme istituzionali (fatta salva la legge elettorale
per i comuni, la quale ha dato buoni risultati anche in questa occasione), per
incompletezza, arretramenti e restaurazioni dei vecchi modelli elettorali (con
al seguito i regolamenti parlamentari) è
sostanzialmente fallito. Così come la risposta dei soggetti politici. La fuga in
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avanti dal bipolarismo al bipartitismo
(berlusconian-veltroniano) si è velocemente consumata tra il 2008 e il 2010.
Tra la sconfitta del modello di alleanze
del Partito democratico (PD) nelle politiche del 2008 e la scomposizione del
PDL nel 2010.
Un modello di democrazia di tipo
competitivo e governante è lungi dall’essere realizzato. E la gran parte delle
forze politiche (dalle estreme del campo
del centro-sinistra, al PD, alla neo-formazione di Casini, Fini e Rutelli, alla
Lega a parti del PDL) militano per un
ritorno al proporzionale che fotografi i
loro attuali rapporti di forza nelle diverse aree del paese per autoconservare
sé stesse. Berlusconi ha dato un contributo decisivo a questo fallimento. Si
tratta dello sviluppo più illiberale delle
politiche che egli ha abbozzato. Berlusconi ha ragionato in termini esclusivamente personali, così come il PD in
termini esclusivamente oligarchici.
Queste elezioni segnalano certamente l’avvio dell’epilogo della sua vicenda politica. La diminuizione di consensi al PDL e contemporaneamente
alla Lega segnalano una perdita molto
forte da parte dell’attuale alleanza di
governo di capacità rappresentativa
della realtà del paese, soprattutto al
Nord. Berlusconi non è più in sintonia
con quella parte dei ceti sociali che
hanno costituito sin qui il suo blocco politico-elettorale. È come se non avesse
più nulla di credibile da dire. La sua immagine è logora. Il suo linguaggio ripetitivo. Avere abbandonato le grandi
questioni generali del paese per il precipitato dello scontro tutto personale
con la magistratura non ha rappresentato una strategia politica. I suoi interessi non interpellano più le ragioni di
molti. E le sue ragioni in questo schema
si trasformano velocemente in torti. La
presa di distanza di una parte del suo
blocco elettorale e la crescita dell’antiberlusconismo hanno prodotto un risultato inatteso. Certamente nelle dimensioni.
Fine del bipar titismo
Seguendo le elaborazioni effettuate
dall’Istituto Cattaneo di Bologna sul
voto del 2011 nelle 13 maggiori città in
cui si è votato,1 si possono condurre alcune osservazioni. Naturalmente il
tema dei confronti con le precedenti comunali risulta metodologicamente corretto, ma politicamente problematico
per la diversità dei soggetti in campo. Il
ragionamento si rovescia sulle regionali
del 2010.
Il centro-destra nel suo insieme
perde rispetto alle comunali del 2006 il
6% dei voti (– 56.000). Al Nord, il calo
è maggiore: 16,6% (– 83.000); e in Emilia Romagna raggiunge il 13,6%
(– 14.000). Positivo nelle città del Sud,
ma non tale da riequilibrare il risultato
complessivo. Stessa dinamica se il confronto avviene con le regionali. All’interno dell’alleanza naturalmente il
saldo complessivo si distribuisce in maniera disomogenea tra i diversi soggetti.
Il PDL, rispetto ai voti raccolti nelle comunali del 2006 (allora Forza Italia +
Alleanza nazionale), perde 197.000 voti
(– 24%), di questi 116.000 solo al Nord.
Analogo trend anche rispetto alle regionali. Le perdite del PDL vanno in
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parte alla Lega nel confronto con le comunali. Ma non così con le regionali,
rispetto alle quali la Lega perde il 16%
(– 25.000 voti), nonostante la crescita in
Emilia Romagna, trainata anche dal
candidato sindaco a Bologna. Molto
consistente è stato il successo delle liste
civiche del centro-destra, di impronta
localistica e legate al candidato sindaco,
attraverso le quali il centro-destra recupera 62.000 voti sulle comunali precedenti.
Il centro-sinistra nel suo insieme
perde 175.000 voti (– 14,4%) nel confronto con le comunali. Si tratta di una
perdita contenuta al Nord (– 15.000
voti), più marcata in Emilia Romagna
(– 24.000) e particolarmente significativa al Centro-sud (– 135.000) con una
forte concentrazione su Napoli. Ma il
confronto con le regionali offre elementi di conforto al campo del centrosinistra con un recupero di 66.000 voti
(+ 6,8%).
Il PD perde 111.000 voti (– 16,2%)
rispetto ai consensi raccolti nel 2006
dai Democratici di sinistra (DS) e Margherita. Anche in questo caso la differenza territoriale è significativa. L’avanzamento al Nord di 11.000 voti
(+ 3,5%) è dovuto in gran parte al risultato milanese, mentre perde 25.000
voti (– 16,9%) in Emilia Romagna. E
ancor di più al Centro-sud: – 97.000
voti (in gran parte concentrati a Napoli). Il miglioramento rispetto alle regionali è degno di nota (+ 39.000 voti),
attutito dalla tenuta in Emilia Romagna
(– 1%) e dal calo al Centro-sud.
Il complesso della sinistra radicale
(Sinistra, ecologia e libertà [SEL] e Federazione della sinistra [FDS]) registra
spostamenti significativi là dove ha imposto al centro-sinistra il proprio candidato (Milano): perde rispetto alle
comunali e recupera rispetto alle regionali, con un avanzamento in Emilia
Romagna (+ 11.500).
L’Italia dei valori (IDV) ottiene un
buon risultato rispetto alle precedenti
comunali (+ 36.500 voti), ma ne perde
62.000 rispetto alle regionali (il punto
più alto della sua affermazione). Il saldo
negativo è soprattutto al Nord. Mentre
la candidatura De Magistris ha fatto il
risultato napoletano.
L’UDC ha perso 28.500 voti
(– 25,4%) con insuccessi marcati al
Nord e in Emilia Romagna e un avan-
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zamento del 10% al Sud. Il partito di
Casini tiene rispetto alle regionali
(– 1,4%) grazie alla compensazione del
Sud.
Il Movimento 5 stelle-Beppe Grillo
raccoglie i consensi di 93.000 elettori in
11 città delle 13 principali, battendo
sempre – annotata l’Istituto Cattaneo –
l’UDC al Nord e in Emilia, aumentando di 26.000 voti i suoi consensi rispetto alle regionali.
Uno sguardo ai flussi elettorali nelle
quattro grandi città di Torino, Milano,
Bologna e Napoli (cf. tabelle qui sotto e
a p. 298) mostra nel caso del PDL un
indebolimento generalizzato del «contenitore», con perdite in molte direzioni. Mentre nell’interscambio con la
Lega, a differenza delle ultime politiche, la Lega non guadagna. Il risultato
positivo del PD al Nord è ottenuto a
spese dell’IDV a Torino e a Milano.
Nelle stesse città si mobilita un flusso di
voti proveniente da elettori che si erano
astenuti nel 2010. A Torino viene in
soccorso al PD anche una quota di voti
dalla sinistra radicale e dalla Lega.
Una coalizione in crisi
e un campo aper to
La sconfitta berlusconiana presenta
da subito una rinnovata difficoltà nel
rapporto con la Lega. Bossi sa che
uscire dalla coalizione significa aprire
una crisi al buio, e andare con ogni probabilità alle elezioni senza tuttavia avere
portato nulla di significativo al proprio
potenziale elettorato. La conferma dell’alleanza con Berlusconi si presenta
come costrittiva e competitiva.
La Lega avverte che anche il ciclo
politico di Bossi sta per giungere al termine, non solo quello berlusconiano.
Ma è meglio affrontare questo pro-
COMUNE DI TORINO
Saldi finali (% su elettori)
2010
(regionali)
2011
(comunali)
Differenza
Movimento 5 stelle
Sinistra
Idv
Pd
Udc –Terzo polo
Pdl
Lega
Destra
Solo cand. centro-sin. + ev. Altre liste
Solo cand. centro-des. + ev. Altre liste
Altri
Non voto
Flussi elettorali tra le regionali 2010 e le comunali 2011 - Fonte: Istituto Cattaneo
COMUNE DI MILANO
Saldi finali (% su elettori)
2010
(regionali)
2011
(comunali)
Differenza
Movimento 5 stelle
Sinistra radicale
Idv
Pd
Udc –Terzo polo
Pdl
Lega
Destra
Solo cand. centro-sin. + ev. Altre liste
Solo cand. centro-des. + ev. Altre liste
Altri
Non voto
Flussi elettorali tra le regionali 2010 e le comunali 2011 - Fonte: Istituto Cattaneo
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blema stando al governo. I problemi
del PDL, da questo punto di vista, sono
maggiori. È del tutto illusorio immaginare di preordinare il dopo Berlusconi
senza Berlusconi. La navigazione berlusconiana si annuncia complessa, tra
problemi personali, aggravamento della
situazione complessiva del paese, rischio
di perdita della maggioranza e necessaria (dal suo punto di vista) rifondazione del partito. Ciononostante il centro-destra è dentro una figura di
coalizione precisa, è ancora al governo
e ha un leader (seppur malandato).
Il centro-sinistra non è ancora una
coalizione. È un campo di forze. Le elezioni dicono di una potenzialità di vittoria di questo campo, ma non come
organizzare queste forze e secondo
quale schema coalitivo. Il che significa
con quale proposta politica per il paese.
Tutto questo è ancora da fare.
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Il PD esce rinfrancato da queste elezioni, ma anche con la consapevolezza
che da solo non va da nessuna parte. La
sua misura è quella del Partito comunista (PCI). Un secondo elemento riguarda il convincimento che le elezioni
primarie, quando sono vere (Milano,
Torino e Cagliari), forniscono un modello di selezione dei candidati e di partecipazione di grande vantaggio. Al
contrario, quando esse sono finte o
truccate (Bologna e Napoli) fanno rischiare il partito o lo mettono in ginocchio. Rimane poi aperto il modello di
relazioni con le altre forze: IDV, SEL e
FDS. Forze legate alla sinistra radicale
(SEL e FDS) o a una cultura protestatario-populistica (IDV). Le due variabili
di Milano e Napoli presentano non
pochi problemi alla costruzione di una
alleanza in grado di governare. Milano
è attesa alla prova. Napoli è un caso
COMUNE DI BOLOGNA
Saldi finali (% su elettori)
2010
(regionali)
2011
(comunali)
Differenza
Movimento 5 stelle
Sinistra
Idv
Pd
Udc –Aldrovandi
Pdl
Lega nord
Destra
Solo cand. centro-sin. + ev. Altre liste
Solo cand. centro-des. + ev. Altre liste
Altri
Non voto
Flussi elettorali tra le regionali 2010 e le comunali 2011 - Fonte: Istituto Cattaneo
COMUNE DI NAPOLI
Saldi finali (% su elettori)
2010
(regionali)
2011
(comunali)
Movimento 5 stelle
Sinistra
Idv
Pd
Udc –Terzo polo
Pdl
Destra
Solo cand. centro-sin. + ev. Altre liste
Solo cand. centro-des. + ev. Altre liste
De Magistris
Pasquino
Altri
Non voto
Flussi elettorali tra le regionali 2010 e le comunali 2011 - Fonte: Istituto Cattaneo
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Differenza
dubbio. Su un piano politico poi, qui
De Magistris ha dapprima sconfitto il
PD, poi ne ha rifiutato ogni collegamento di lista.
Il rapporto con Casini e il Terzo
polo si annuncia complesso. Il solo antiberlusconismo può consentire un
breve tragitto comune. Del resto si
tratta di una categoria certamente più
debole di quella antifascista (per azzardare un’analogia), e soprattutto destinata a indebolirsi simbolicamente a
mano a mano che Berlusconi si indebolisce politicamente. Senza Berlusconi, il Terzo polo, che esce da queste
elezioni senza alcuna prospettiva significativa di crescita elettorale, non
avrebbe alcuna difficoltà a rientrare velocemente in una alleanza di centrodestra.
Ritrovare uno schema anche vagamente ulivista (non certo l’Unione),
l’unico che abbia prodotto risultati di
coalizione, significherebbe riprendere
la strada delle riforme elettorali di tipo
uninominale-maggioritario. Il solo modello attualmente escluso dal dibattito
del PD. Esso rimetterebbe in gioco
l’identità democratica di un partito tale
solo di nome, favorendo una fuoriuscita
definitiva dallo schema oligarchico che
attualmente lo regge.
Per questo Bersani, che è innanzitutto il segretario del partito, non
chiede le elezioni. Aspetta che Berlusconi si logori da solo. Così facendo, soprattutto se davvero ci trovassimo di
fronte a un nuovo ciclo politico caratterizzato da volontà di movimento dell’elettorato, si finirebbe con non fornire
una rappresentazione adeguata delle
forze del cambiamento e col favorire le
forze estreme del campo del centro-sinistra. Le elezioni rimangono l’unica
strada di rappresentazione democratica
del cambiamento potenziale. L’unico
strumento per incanalare e dare forma
politica a un ciclo di protesta. Inseguire
la chimera del governo di unità nazionale rappresenta, in fondo, l’esito finale
del berlusconismo: l’uscita dalla transizione riconoscendo il fallimento di un
intero ceto politico.
Gianfranco Brunelli
1
Le 13 citta sono: Torino, Novara, Milano,
Trieste, Bologna, Ravenna, Rimini, Latina, Napoli, Salerno, Catanzaro, Reggio Calabria, Cagliari.
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