NOTIZIARIO
GRUPPO MINERALOGICO
"AUSER" CECINA (LI)
Miniera di Fahlun (Svezia) - XII sec.
Scala di discesa
Da: "Earth and its treasures"
di Arthur Mangin, 1875
Anno 5 - n°17
(Luglio/Settembre 2008)
SOMMARIO
Gruppo Mineralogico "AUSER"
Anno 5
Articolo:
Magni Massimo
Foto:
Guarguagli Massimo
Magni Massimo
G.AUSER-Cecina
Bigazzi Fabio
A.M.P.S.-Siena
N° 17
Capitolo
Notiziario trimestrale a cura del
Gruppo Mineralogico "AUSER" di Cecina (Li)
Luglio/Settembre 2008
Per ricevere i numeri del Notiziario e per inviare eventuali
articoli scrivere a :
GRUPPO MINERALOGICO "AUSER"
Casella Postale, 153 - 57023 Cecina (Li)
tel. 0586/632112 - fax 0586/632433
Pag.
I minerali della "Montagnola Senese"
- Formazioni metamorfiche in Toscana Introduzione
Itinerario
Cenni Storico-Industriali
Brevi cenni geologici generali
Orogenesi della Montagnola Senese
Brevi orientamenti sulla ricerca dei minerali
Qualità mineralogiche
Distribuzione dei minerali nelle cave
1
1
1
2
4
8
10
11
16
Attività Gruppo
24
Manifestazioni
25
Curiosità Mineralogiche
25
Scala di Mohs
26
Foto copertina:
sopra:
Si ringraziano per la collaborazione:
Tutti i Soci del G. M. "AUSER"
e chiunque voglia darci una mano alla pubblicazione del Notiziario
(Stampato in proprio)
sotto:
Panoramica della "Montagnola Senese"
Web – Agriturismo Torre Doganiera
Varco a Pelli– Rosa xx di calcite cm. 7,5x7
Foto e collezione F. Bigazzi
Bibliografia:
Betti C. – Pagani G. 2000, Minerali del Senese;
Micheluccini et al. 1981, p. 21-31, 50;
Pieri M. 1957;
Giannini E. – Lazzarotto A. 1967, p.43-62; 1970, p, 451-495;
Fucini A. 1903, p. 90-93;
Burgassi P. D. et al. 1983.
Notiziario Gruppo Mineralogico "AUSER" Cecina
Notiziario Gruppo Mineralogico "AUSER" Cecina
I MINERALI DELLA "MONTAGNOLA SENESE"
- Formazioni metamorfiche in Toscana INTRODUZIONE
Nella parte occidentale del comprensorio provinciale di Siena si distingue un
complesso collinare poco elevato, in media compreso tra i 400 ed i 600 metri. Questo
si estende, con orientamento principale NE-SO, dalla quota massima di circa 671
metri s.l.m. raggiunta dal Monte Maggio, fino al Poggio ai Legni (637 metri s.l.m.), alla
gola del torrente Rosia ed oltre, fino alla confluenza dei torrenti Feccia e Merse e dei
quali, in parte, rappresenta il naturale spartiacque, per una lunghezza di circa 15 Km.
ed una larghezza massima di 7 Km.
In altre parole la “Montagnola Senese”: delimitata ad Ovest dall’alta Val d’Elsa ed a
Est dall’antica depressione lacustre di Pian del Lago. La zona riveste una certa
importanza dal punto di vista geologico per essere l’affioramento, nell’area
meridionale della Regione, del “Complesso Metamorfico Toscano” essendo la
propaggine settentrionale della “Dorsale Monticiano – Roccastrada”.
Dato che i fenomeni diagenici e metamorfici sono principalmente le cause che
portano alla formazione di depositi mineralizzati con campioni interessanti dal punto
di vista collezionistico e amatoriale, le cave della Montagnola sono state la meta di
ricerca per una occasionale uscita del Gruppo.
ITINERARIO
L’area della Montagnola Senese è raggiungibile praticamente da ogni parte della
Toscana dato che da Siena, Colle Val d’Elsa e Grosseto esistono collegamenti
regionali, provinciali e comunali che poi si perdono in numerose strade di secondaria
importanza, quasi tutte sterrate più o meno facilmente percorribili, che, nell’ambito del
Gruppo collinare, conducono molte volte solo alle cave essendo state tracciate solo
per questo scopo.
Da Cecina e quindi dalla Costa tirrenica, è necessario raggiungere Volterra da cui
procedere per Colle Val d’Elsa e quindi proseguire per la S. R. 541 verso Monticiano
e Roccastrada. Percorsi circa 15 Km., in direzione Sud, possiamo voltare sulla ns.
destra verso Pievescola, Simignano, Ancaiano oppure proseguire per circa 10 Km. e
giungere all’innesto con la S. R. 73 verso Siena e prendere il bivio per Sovicille da cui
accedere da Sud alle cave della Montagnola Senese.
1
Fig.: 1 - Viabilità della Montagnola Senese
(Atlante stradale Centro-Italia TCI)
Raggiungere la cava di Val di Merse è peraltro oltremodo semplice in quanto, da
Colle Val d’Elsa occorre procedere per Casone, Monteriggioni e la S. S. 2 Cassia
raggiunta la quale e prendendo verso destra, indicatore per Siena, ci troviamo, dopo
circa 2,5 Km. al cancello di ingresso alla cava che però risulta accessibile, per la
ricerca, solo da un sentiero, sulla destra, che si snoda nel bosco per circa 200 metri
partendo dalla Statale dopo circa 1 Km. dal cancello principale.
CENNI STORICO-INDUSTRIALI
Il complesso oltre che essere interessante dal punto di vista geologico e testimone di
molte vicende storiche, vedi al proposito l’antagonismo tra Firenze e Siena, è stato,
per secoli, sede di una importante produzione di marmi pregiati che ha alimentato i
cantieri del basso Medio Evo: in particolare quelli dedicati alla costruzione delle
grandi Cattedrali.
Prova ne è la moltitudine di cave tuttora visibili in quanto tra attive, in semi-attività ed
abbandonate se ne contano circa novanta. Tale attività prosegue anche oggi,
sebbene con ritmo ridotto, dato che le cave in piena attività sono, infatti, meno di una
decina (Micheluccini et al. 1981).
2
Notiziario Gruppo Mineralogico "AUSER" Cecina
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I marmi estratti da queste cave possono presentare varie tonalità di colore: dal giallo
al bianco, dal rosato al giallo-violaceo, dal grigio chiaro al grigio-azzurrognolo. Per
quanto riguarda l’origine delle diverse colorazioni, secondo Pieri (1957), si possono
valutare le seguenti ipotesi:
il giallo sarebbe conseguente a pigmentazione limonitica ed ocracea
il rosa sarebbe dovuto a pigmentazione limonitico-ematica
il violaceo a pigmentazione ematico-manganesifera
il grigio-azzurrognolo a pigmentazione carboniosa ed a minuta
granulazione piritica
I marmi colorati della Montagnola sono rinomati, in particolare il “Giallo Siena”, il più
famoso, ed utilizzati in molte opere architettoniche tra le più importanti dell’Italia
centrale vedi al proposito il Duomo di Siena, Santa Maria del Fiore a Firenze, il
Duomo di Orvieto ed altri edifici monumentali in Siena quali le “Logge del Papa” e le
“Logge della Mercanzia”.
All’epoca romana il marmo estratto era esclusivamente il bianco; solo
successivamente fu prestata maggior attenzione al marmo giallo ed alla varietà detta
“broccatello” che riscosse interesse al punto che la sua diffusione, larghissima,
incontrò favore anche in altri Paesi.
Il marmo di Siena presenta problema per la sua relativa rarità e l’intensa fratturazione
della roccia che in passato non ha permesso, se non saltuariamente, l’estrazione di
blocchi “sani” con dimensioni commerciali: oggi con moderne e sofisticate tecniche di
consolidamento artificiale si riescono ad ottenere delle lastre di misura adatta
all’utilizzazione ornamentale per l’edilizia; ragion per cui molte cave, abbandonate in
passato per scarsa produttività, potrebbero essere oggi proficuamente riattivate.
Un aspetto correlato, di notevole importanza per l’economia locale, è l’utilizzazione
degli scarti di lavorazione delle cave per la produzione di granulati di marmo giallo,
grigio e bianco, largamente utilizzati anche all’estero per pannelli di rivestimento da
esterni in campo edilizio.
BREVI CENNI GEOLOGICI GENERALI
Fig.: 2 - Le cave della Montagnola Senese
(Minerali del Senese C. Betti – G. Pagani)
Premessa
I principali gruppi di cave sono:
Illustrare il quadro geologico della Formazione toscana e le vicissitudini orogenetiche
che hanno contraddistinto il territorio della nostra Regione e che hanno portato alla
formazione della “Montagnola Senese”, non è compito semplice né può essere
tantomeno un argomento da descrivere in poche righe quali quelle dedicate in questa
pubblicazione.
Cercheremo quindi di esporre in breve l’argomento scusandoci con coloro che
potrebbero attendersi una più chiara esposizione.
Cava
Posizione
Cava
Posizione
Torrente Rosia
(17; 18; 109)
Tegoia
(16)
La Mandria
(10)
Val di Pescina
(15; 99)
Cava
Posizione
Cava
Posizione
Podere Rassa
(9)
Gallena
(7; 8)
Lineamenti geologici
Palazzo al Piano
(156)
Bosco al Lupo
(88)
Il Poggiaccio
Podere Pelli e
Varco a Pelli
Molli
(96)
(11; 12; 13; 97;
98)
(14; 15)
Santa Colomba
Marmoraia e
Lucerena
Val di Merse
(6)
Il territorio del Senese, nella Toscana meridionale, presenta alcuni elementi
morfostrutturali con asse NO–SE in cui si distinguono, da Ovest verso Est:
3
(80; 90)
(3; 4; 5)
1)
2)
3)
Dorsale Iano - Montagnola Senese – Monticiano – Roccastrada
(“Dorsale Medio Toscana”);
Dorsale Murlo – Seggiano – Monte Amiata – Castell’Azzara;
Bacino della Val d’Elsa e di Siena – Radicofani;
4
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4)
Dorsale Chianti – Rapolano – Cetona.
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c)
Dominio Toscano:
d)
Dominio Monticiano–Roccastrada: costituito da formazioni Paleozoiche,
Mesozoiche e Terziarie interessate da
metamorfismo in facies di “scisti verdi” e
“micascisti” ricostruita con l’affioramento della
Dorsale Iano - Montagnola Senese –
Monticiano – Roccastrada – Monti Leoni e
sondaggi profondi.
Successione geologica
La geologia della Toscana Meridionale, originatasi in un ambiente più a Sud della
giacitura attuale ed oggetto di una storia lunga, complessa e controversa per alcuni,
calca praticamente le vicende che hanno contraddistinto la formazione della Catena
appenninica attraverso due fasi distinte.
La prima, durante l’Oligocene – Miocene superiore, riguarda il sollevamento e
corrugamento, per compressione, a seguito della chiusura dell’Oceano Tetide
conseguente alla collisione tra la Placca Europea e quella Africana (“margine Apulo”)
con successione di terreni mai regolari e uniformi, quali le regolari sedimentazioni ma
disomogenei e discontinui, con sovrapposizioni di complessi eterogenei separati da
discontinuità di natura tettonica e/o stratigrafica che ad oggi si ritengono ordinati nella
successione seguente, dalle più superficiali alle più profonde:
a)
b)
Dominio ligure:
lembi di crosta oceanica dell’antica Tetide,
costituita da rocce basiche ed ultrabasiche
(Giuriassico) e dai sedimenti silicicocarbonatico-argillosi di età compresa tra il
Giuriassico superiore e l’Eocene mediosuperiore, sovrascorse sul Dominio Toscano;
Dominio austroalpino:
Unità di Santa Fiora: litotipi costituiti da
calcareniti, calcari marnosi e diaspri neri
sottilmente stratificati; Formazione di Monte
Morello: litofacies con strati di calcare marnoso
(alberese) e bancate di calcare quasi puro;
Fig.: 3
Subduzione della crosta oceanica
5
Unità della Falda Toscana non metamorfica,
compresa tra il Trias superiore ed il Miocene
inferiore, alla cui base si trova la formazione
anidritica di Burano oggetto, in superficie, di
processi di idratazione, dissoluzione ed
asportazione dei solfati che hanno originato il
“calcare cavernoso” di aspetto grigio-scuro,
brecciforme, tipicamente spugnoso.
La seconda tappa di evoluzione tettonica presenta caratteristiche deformative
completamente diverse in quanto il versante Tirrenico dell’Appennino settentrionale
risulta oggetto di deformazioni a carattere distensivo collegate, probabilmente, alle
forze che provocarono la rotazione antioraria del Massiccio Sardo – Corso e
dell’Appennino; parimenti furono la causa dell’apertura del bacino Ligure –
Provenzale e del Mar Tirreno.
Le deformazioni, legate alla tettonica distensiva seguente alla collisione, datano tempi
recenti e compresi tra il Neogene e Quaternario.
A partire dal Miocene inferiore (Bertini et al., 1991) sono stati distinti due eventi
distensivi.
Nel primo, compreso tra il Miocene inferiore ed il Tortoniano superiore, si sono
prodotte faglie a basso angolo di incidenza che hanno portato ad una situazione
geologica caratteristica, chiamata “serie ridotta”, per l’elisione di grandi spessori di
successione stratigrafica dovuta alla laminazione della crosta superficiale: si sono
così sovrapposte le Unità Liguri sulla Formazione anidritica triassica della Falda
Toscana o, addirittura, sui termini superiori dell’Unità di Monticiano – Roccastrada.
Nel secondo, compreso tra il Tortoniano superiore ed il Pleistocene medio, si sono
aperte faglie a carattere rettilineo da cui sono derivate alcune fosse tettoniche,
pressochè parallele alla costa attuale, con asse NNO-SSE, formatesi non
contemporaneamente ma con successione progressiva da Ovest verso Est e relativa
trasgressione marina.
Nella Toscana meridionale, alla fine del Pliocene medio, si ebbe una regressione
dimostrata dalla mancanza, nella zona, dei sedimenti marini caratteristici del Pliocene
superiore.
Nel Pliocene superiore vi fu una nuova trasgressione ma fu limitata alle zone più
basse delle valli dell’Arno, del Cecina e del Tevere.
La Toscana meridionale e l’alto Lazio furono quindi oggetto di un sollevamento nel
post-Pliocene medio particolarmente evidente lungo l’asse che, dalle Colline
Metallifere, si allunga verso i Colli Laziali attraverso la zona del Monte Amiata,
Radicofani e Monte Cetona: sollevamento, perdurato sino all’epoca attuale, che
tuttavia esclude la fascia tirrenica dove, dal Pleistocene medio-superiore ad oggi, la
linea di costa si considera più collegata alla variabilità del livello marino che non ai
movimenti tettonici.
6
Notiziario Gruppo Mineralogico "AUSER" Cecina
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Fig.: 5 - Fronte della Falda Toscana
(Web - Wikipedia)
2.
complesso del Verrucano,
che comprende formazioni depositatesi tra il Triassico inferiore (senza poter
escludere il Permiano) e il Ladinico, costituito (dal basso) dalla Formazione di
Civitella Marittima (Triassico inferiore - Permiano), dalla Formazione di Monte
Quoio (Scitico superiore - Ladinico) e dalle Anageniti Minute (Ladinico);
3.
gruppo delle formazioni carbonatico-argilloso-silicee
della Montagnola Senese (Triassico superiore. Formazione di Tocchi (Carnico).
4.
Fig.: 4 - Dorsale Metamorfica Toscana
(Web - Wikipedia)
In tutto il contesto la Dorsale Monticiano-Roccastrada, di cui la Montagnola
rappresenta la propaggine più Settentrionale, costituisce una parte della dorsale
metamorfica toscana comprendendo, dal basso verso l'alto:
1.
complesso delle formazioni Paleozoiche,
che comprendono i Calcari di S.Antonio (Carbonifero inferiore: Moscoviano),
la Formazione di Poggio al Carpino (Carbonifero inferiore: Viseano), la
Formazione di Carpineta (Carbonifero inferiore: Viseano-Namuriano), la
Formazione del Farma (Carbonifero medio), la Formazione del Risanguigno
(Devoniano inferiore);
7
Cenomaniano)
e
sottounità tettoniche
(evidenziate da recenti studi Costantini et al., 1988) separate da una
superficie di sovrascorrimento a basso angolo di estensione regionale: Monte
Leoni - Montagnola Senese (inferiore) e Montepescali - Monte Quoio - Iano
(superiore).
OROGENESI DELLA MONTAGNOLA SENESE
La storia geologica dell’area può datarsi dal Carbonifero, periodo del Paleozoico così
chiamato per il formarsi dei giacimenti di carbone. Sono infatti di quel tempo le più
antiche formazioni rocciose della Toscana che oggi affiorano sulla Montagnola
Senese e sul Monte Pisano: le “Arenarie listate di Buti” con evidenti caratteri del ciclo
orogenetico Ercinico. Questi materiali, successivamente alla loro deposizione
nell’Oceano primordiale, si sono corrugati nell’orogenesi Ercinica quindi erosi dagli
agenti atmosferici e successivamente ricoperti dalle rocce delle unità tettoniche
toscane, per poi subire anch’esse tutta l’orogenesi recente.
8
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A partire dal Carbonifero, nei successivi 230 milioni di anni si depositarono nuove
formazioni litologiche: dapprima le rocce del Verrucano (dalla Verruca del Monte
Pisano), di origine continentale (generalmente da ambienti paludosi, deltizi o lagunari)
e quindi la deposizione carbonatica delle unità toscane con una trasgressione marina.
In quei tempi esisteva una grande pianura residuo di più antiche montagne distrutte
dall’erosione (Basamento Ercinico): lentamente la zona è sprofondata ed è stata
sommersa dal mare con inizio dei fenomeni di sedimentazione
La sedimentazione (meno di 100 M.a.f.) dei carbonati e cioè la dolomia (quella
apuana è nota come Grezzone), il calcare massiccio e il marmo, è sinonimo di un
mare caldo dove è possibile la vita di alghe e coralli in grado di formare barriere
coralline e atolli. I vari calcari selciferi che si depositarono in seguito, come le marne,
indicano invece come la profondità del mare stava lentamente aumentando
impedendo la vita della barriera corallina e facendo depositare solo gusci di organismi
pelagici: in prevalenza radiolari e foraminiferi.
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Questi sedimenti, depositati sulla piattaforma continentale, furono sconvolti da
frequenti eventi sismici e, franando lungo la scarpata, dopo un viaggio anche di
centinaia di chilometri nelle profondità oceaniche (vedi anche “Onda Torbida”),
finirono per giacere nelle zone più depresse.
Con la spinta della Zolla Africana contro la Zolla Sud-Europea, nel corrugamento
Alpino e, successivamente, Appenninico, per un complesso gioco di accavallamenti
quella, che oggi viene chiamata “Unità Metamorfica Toscana”, trovò allocazione alla
profondità di circa 15 Km. dove, le azioni combinate della elevata pressione e della
temperatura, presumibilmente intorno ai 400° C., pr ovocarono la trasformazione di
quelle rocce sedimentarie in rocce metamorfiche.
Durante la fase metamorfica i calcari più puri si trasformarono, ricristallizzandosi, in
marmi che hanno alimentato l’industria estrattiva ad oggi concentrata nella parte
meridionale del Massiccio nel tratto compreso tra il fiume Elsa e la Pieve di Molli.
Seguente allo sprofondamento, per reazione, circa 20 M.a.f., vi fu l’innalzamento
dell’unità tettonica con l’emersione di tutta la zona: enormi forze di compressione
verticali e laterali provocarono la trasformazione dei sedimenti e la separazione per
scorrimento laterale di alcuni strati dando origine alla Montagnola Senese, alle Alpi
Apuane ed al Monte Pisano.
BREVI ORIENTAMENTI SULLA RICERCA DEI MINERALI
La presenza delle scaglie, inoltre, ci dice che il mare assunse una tale profondità che
gli scheletri calcarei dei foraminiferi non raggiunsero il fondo, essendo disgregati
dall’acqua marina, per cui i depositi si formarono solo con le frazioni insolubili quali le
argille portate in mare dai fiumi e la polvere delle meteoriti; alle massime profondità si
formò uno strato di selce e gusci di protozoi (Diaspri).
Circa 100 M.a.f. lo sprofondamento si arrestò e, invertendosi, dette luogo a depositi di
provenienza costiera (Scisti, Pseudomacigno e Arenarie). Le serie toscane
terminarono con la deposizione del Macigno (arenaria): circa 2500 metri di sabbie e
argille trasportate, in meno di 10 milioni di anni, dai corsi d’acqua che scendevano
direttamente dalle Alpi occidentali allora già in fase di sollevamento.
I minerali che interessano l’appassionato sono reperibili generalmente nelle
fessurazioni e cavità della roccia oppure nei geodi.
Le prime derivano da attività di tipo carsico e si trovano nelle bancate superficiali della
formazione marmifera dando luogo, localmente, talvolta tramite fratture verticali, a
vere e proprie grotte spesso ricche di belle stalattiti e stalagmiti. I geodi si presentano
come aperture strette, allungate e ramificate le cui dimensioni, sempre modeste,
arrivano eccezionalmente a 7–9 cm. di larghezza ed a 10–30 cm. di lunghezza, si
trovano generalmente lungo le venature di Calcite che solcano i marmi e che
giacciono di norma su piani perpendicolari alla stratificazione apparente della roccia.
I geodi sono tappezzati da cristalli di calcite con abito complessivo ricco di facce
(assimilabile ad una composizione tra romboedro e scalenoedro) con cristalli di
dimensioni non superiori di norma a 2 cm.
Nelle cavità carsiche, invece, la calcite si presenta sempre con abito romboedrico
spesso con cristalli di grandi dimensioni. E’ doveroso notare che la diversità di abito
cristallino della calcite può essere imputabile all’azione del metamorfismo che ha
interessato il calcare originario e gli altri minerali, dando luogo ad una
mineralizzazione indotta “per descensum” e per lenta concentrazione ionica. Tali
fenomeni avrebbero provocato appunto, la migrazione delle sostanze minerali verso i
geodi o la loro concentrazione in alcuni punti della massa marmorea, favorendo in tal
modo la cristallizzazione delle specie mineralogiche.
Oltre alla calcite che, tappezzando completamente i geodi, risulta il minerale più
comune, si osservano in ordine di frequenza: quarzo, dolomite, rutilo, malachite e,
molto più raramente, pirite, gesso, apatite, anatasio, brookite, adularia e tennantite.
I minerali che si rinvengono immersi nel marmo compatto oppure nelle venature di
calcite spatica sono: quarzo, pirite, malachite, solfuri di rame, rutilo, dolomite, idrossidi
di manganese, sfalerite, crisocolla e galena.
Negli scisti sovrastanti ai marmi si possono rinvenire: pirite, idrossido di manganese
e, nei rari filoncelli di quarzo in concordanza con la scistosità della roccia, l’ematite.
Nel seguito vengono elencati i minerali rintracciabili e le zone di ritrovamento.
9
10
Figg.: 6 & 7 - Regressione (Glaciazione) e Trasgressione
(Web - Wikipedia)
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La pirite è frequente nella massa del marmo, specie nelle zone
vicine al contatto con le sovrastanti formazioni scistose e,
comunque, nei punti dove questo presenta una caratteristica
colorazione gialla più intensa.
E’ comune in tutte le cave. Assai raramente è reperibile nei geodi
del marmo associata a calcite cristallizzata.
I cristalli più importanti provengono dalla cava di Bosco al Lupo
(frequenti geminati di compenetrazione) e dalle cave di Molli.
QUALITA’ MINERALOGICHE
BORNITE
(Cu3FeS4) masserelle con caratteristico colore paonazzo e frattura
concoide, in intima associazione con calcocite, in campioni
provenienti dalle cave di Pelli (rara).
CALCOCITE
(Cu2S) masserelle o spalmature di qualche millimetro, di colore
grigio-acciaio con riflessi bronzei, rinvenibile negli strati più alti delle
formazioni marmifere, associata a malachite (per sua alterazione)
(rara).
CALCOPIRITE
(CuFeS2) masserelle di colore giallo ottone intimamente frammiste
a calcocite e bornite, rinvenute nelle cave di Molli (poco comune).
Fig.: 8 – Il Gruppo giunge alla cava di Tegoia
(Foto Autori)
GALENA
(PbS) piccole masserelle e cristalli cubici di colore grigio scuro
rinvenuti nelle cave di Val di Pescina (rarissima).
PIRITE
(FeS2) presente in cristalli sia con abito cubico (max. 15 mm.) sia
con un inconsueto abito “pseudo-prismatico” (per un abnorme
sviluppo di quattro facce contigue del cubo) che raggiungono anche
i 25 mm. di lunghezza; del tutto sporadici sono i ritrovamenti di
cristalli con abito pentagonododecaedrico.
Raramente si presentano con la colorazione giallo metallica
(Palazzo al Piano e Molli) mentre, in maggioranza, assumono
colorazione bruna per incipiente o completa limonitizzazione
(alterazione in idrossido di ferro).
11
SFALERITE
(ZnS) o blenda: in passato segnalata soltanto in un unico campione
proveniente dalle cave di Pelli, è stata rinvenuta con una certa
frequenza anche nella cava attiva di Val di Pescina sotto forma di
masserelle spatiche di colore grigio metallico, spesso associata a
pirite.
TENNANTITE
((Cu,Fe)12Sb4S13) unicamente rinvenuta in un geode di marmo
proveniente dalle cave di Val di Pescina in cristalli millimetrici con
abito tetraedrico e di colore nero-metallico in associazione con
sfalerite.
ANATASIO
(TiO2) modificazione polimorfa del rutilo: in cristalli bipiramidali e/o
bipiramidali a piramide tronca dal colore nerastro e viva lucentezza
adamantina con dimensioni fino a 5 mm.; è stato recentemente
reperito in geodi nel marmo delle cave di Molli, quasi sempre
associato a rutilo (rarissimo).
BROOKITE
(TiO2) in cristalli lamellari con dimensioni 2 – 3 mm., di colore bruno
scuro, talvolta associati ad anatasio, nei geodi di marmo di Molli; ne
è stato recentemente rinvenuto un cristallo eccezionale di 8 mm.
(rarissima).
EMATITE
(Fe2O3) spalmature terrose di colore rosso-vivo su calcite: si può
osservare in quasi tutte le cave. In aggregati lamellari dal colore
nero e lucentezza metallica, è abbondante nei filoncelli di quarzo
compresi negli scisti sovrastanti ai marmi.
GOETHITE
(FeO(OH)) presente nei geodi del marmo delle cave di Molli sia in
ciuffetti feltrosi e aggregati bacillari (con dimensioni anche di 30 – 40
mm.) di colore giallo-brunastro, sia in microscopiche sferule di
colore giallo-aranciato (comune).
IDROSSIDI DI MANGANESE (MnO2+H2O) comunissimi in tutte le cave, si trovano sulle
superfici di frattura dei marmi nel caratteristico abito dendriticoarborescente e negli scisti sovrastanti ai marmi sulle superfici di
scistosità. I migliori campioni provengono da Molli, Pelli e Podere
Rassa.
LIMONITE
(Fe2O3+nH2O) dà la colorazione al marmo giallo; si trova
minutamente diffusa nella massa rocciosa per cui risulta ovvia la
sua abbondanza. Oltre che in pseudomorfosi della pirite, è presente
sulle superfici delle fratture del marmo in patine terrose brunastre ed
ocracee. Si trova anche nei geodi come un velo che ricopre i cristalli
di altri minerali (quarzo, calcite, rutilo, ecc.).
QUARZO
(SiO2) con il rutilo è senza dubbio il minerale più interessante della
Montagnola Senese: è reperibile in cristalli perfettamente formati,
incolori e limpidi (varietà “cristallo di rocca”) con dimensioni che
possono superare i 40 mm.
L’abito è prismatico, non molto allungato, analogamente ai campioni
12
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Le dimensioni dei cristalli romboedrici possono essere notevoli: 40 –
50 mm. Sono stati osservati anche cristalli “allungati” (fino ad 80
mm.) che presentano le facce laterali arrotondate, con un
caratteristico aspetto “digitiforme” (Betti – Pagani 19869). La
colorazione varia dal bianco al giallo fino al rossastro e non
mancano cristalli quasi incolori. Comuni ed anche esteticamente
interessanti sono pure le formazioni concrezionali zonate,
rotondeggianti o stalattitiche, tipiche delle cavità carsiche.
Fig.: 9 - Cava di Tegoia – Panoramica fronte di cava
(Foto Autori)
provenienti dai marmi di Carrara, talvolta leggermente appiattito
secondo due facce opposte del prisma. Sono stati trovati anche
cristalli biterminati ed associazioni parallele.
Nei geodi, i cristalli di quarzo sono sempre associati a cristalli di
calcite e, talvolta, sono inclusi completamente nella massa
marmorea che, in tal caso, deve essere trattata con acido cloridrico.
I campioni più belli, nella varietà “cristallo di rocca”, provengono con
più frequenza dalle cave di Molli, Varco a Pelli e Tegoia.
RUTILO
ARAGONITE
CALCITE
(TiO2) si presenta generalmente in abito aciculare anche molto
allungato e talora fitti aggregati raggiati inclusi nelle vene di calcite
spatica solcano la massa marmorea.
Il Rutilo della Montagnola può variare dal rosso-rubino al rossobruno e, molto più raramente, al grigio-acciaio; i cristalli più sottili
possono avere anche colorazione giallo-oro o giallo-arancio con
lucentezza submetallica in tutti i casi. Frequentemente i cristalli sono
ricoperti da un velo di idrossido di Ferro che conferisce un riflesso
cangiante alle superfici. Le cave di frequente ritrovamento sono
quelle di Tegoia, Molli e Varco a Pelli.
(CaCO3) in formazioni coralloidi, anche di notevoli dimensioni (fino a
50 mm.), di colore bianco candido, impiantate lungo le fratture del
marmo in cui si sono avuti fenomeni di tipo carsico. I migliori
campioni sono stati rinvenuti nelle cave di Varco a Pelli (poco
comune).
(CaCO3) rappresenta il componente principale della roccia. L’abito
comune è quello romboedrico anche se, nei geodi, si trovano
associazioni del romboedro con lo scalenoedro.
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DOLOMITE
(CaMg(CO3)2) in aggregati selliformi con cristalli, anche
apprezzabili (da 5 a 15 mm.), aventi colorazione giallo-brunastra
(varietà ferrifera), si trova in masse all’interno del marmo o
cristallizzata nei geodi ed è sempre accompagnata da calcite,
quarzo e rutilo. I migliori campioni provengono dalle cave di Varco e
Pelli (comune).
MALACHITE
(Cu2(CO3)2(OH)2) principalmente nelle zone vicine al contatto con
gli scisti, in forma di esili incrostazioni, di piccole masserelle
rotondeggianti o di cristalli aciculari di colore verde smeraldino nel
qual caso è quasi sempre associata alla calcocite di cui,
probabilmente, è l’alterazione. Sono inoltre spesso riuniti in ciuffetti
raggiati con dimensioni normalmente non oltre i 5 mm.
La malachite, specie abbastanza rara nei marmi della Montagnola, è
stata osservata nelle cave di Val di Pescina (in minute spalmature),
di Varco a Pelli (in masserelle rotondeggianti accompagnata da
Pirite) e di Molli (associata a Calcocite) fornitrice dei migliori
campioni cristallizzati.
SIDERITE
(FeCO3) forma fitti aggregati di millimetrici cristalli romboedrici il
cui colore è generalmente bruno scuro con, spesso, viva lucentezza
vitrea.
E’ stata fino ad ora rinvenuta soltanto in pochissimi campioni,
raccolti entro alcune fessurazioni del marmo nei livelli più alti della
formazione (presso le cave di Pelli) e risulta sempre associata a
limonite (rara).
APATITE (CLORAPATITE) (Ca5(Cl)(PO4)3) rinvenuta di recente in millimetrici cristalli incolori
che presentano abito prismatico-esagonale piuttosto tozzo. La sua
individuazione è problematica in quanto, sempre associata a calcite
cristallizzata o spatica bianca e translucida, non è evidente alcun
contrasto cromatico con la matrice per cui si richiede un attento
esame della lucentezza: vivamente vitrea nei piccoli individui di
apatite, tendente invece al madreperlaceo nella calcite. L’unica
località in cui fino ad oggi è stata osservata risulta essere la
cosiddetta “Cavetta Grigia”, attigua al “Cavone Nencini”, nella zona
delle Cave di Pelli ed in alcuni geodi del marmo “bardiglio” biancogrigiastro (rarissima).
GESSO
(CaSO4+2(H2O)) in limpidissimi cristalli in abito pinacoidale e
dimensioni da 2 a 5 mm. è stato individuato in alcuni geodi del
marmo di Val Pescina (rarissimo).
ADULARIA
(K(AlSi3O8)) presente nei geodi delle cave di Val di Pescina in
cristalli con abito prismatico pseudorombico (massimo 4 – 5 mm.) di
colore bianco-candido (rara).
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Notiziario Gruppo Mineralogico "AUSER" Cecina
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CRISOCOLLA
(Cu4H4(OH)8(Si4O)10) individuata in campioni provenienti dalle
cave di Tegoia in esili incrostazioni di colore celeste-verdognolo
associata a calcocite e pirite (rarissima).
STRONZIANITE
(SrCO3) rinvenuta nelle cave di Molli in pochissimi campioni
presenti in un unico blocco di marmo, sotto forma di microcristalli
aciculari raggiati di colore bianco-candido, associata a dolomite. (R.
Regoli, 1998).
Fig.: 10 - Cava Tegoia (V. Benucci all’opera)
(Foto Autori)
Fig.: 13 - Cava Val di Merse - Panoramica
(Foto Autori)
DISTRIBUZIONE DEI MINERALI NELLE CAVE
TORRENTE ROSIA:
pirite, idrossidi di manganese, quarzo, calcite;
LA MANDRIA:
pirite, idrossidi di manganese, quarzo, aragonite, calcite;
PODERE RASSA:
pirite, idrossidi di manganese, quarzo, limonite, aragonite,
calcite;
PALAZZO AL PIANO: pirite, (anche non limonitizzata) idrossidi di manganese,
limonite, quarzo, aragonite, calcite;
IL POGGIACCIO:
idrossidi di manganese, quarzo, rutilo, calcite;
PODERE PELLI E VARCO A PELLI:
pirite, idrossidi di manganese, limonite,
quarzo, rutilo, aragonite, calcite, dolomite, malachite,
siderite, apatite;
Fig.: 12 - Cava Molli – bancate di marmo
(Foto Autori)
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TEGOIA:
pirite, calcocite, idrossidi di manganese, limonite, quarzo,
rutilo, calcite, dolomite, crisocolla;
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MOLLI:
bornite, calcocite, calcopirite, pirite, sfalerite, anatasio,
brookite, ematite, goethite, idrossidi di manganese, limonite,
quarzo, rutilo, aragonite, calcite, dolomite, malachite,
stronzianite;
GALLENA:
pirite, idrossidi di manganese, quarzo, aragonite, calcite;
VAL DI PESCINA:
pirite, galena, sfalerite, tennantite, idrossidi di manganese,
limonite, quarzo, calcite, dolomite, malachite, gesso,
adularia;
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BOSCO AL LUPO:
pirite, (anche geminati), idrossidi di manganese,
limonite, quarzo, calcite;
MARMORAIA E LUCERENA:
pirite, idrossidi di manganese, limonite, quarzo,
calcite, dolomite;
Fig.: 15
Quarzo su calcite – Cava Molli (x di mm. 10)
(Foto e collezione M.Guarguagli)
Fig.: 14 - Cava Val di Merse (da sin.F. Bigazzi – M. Guarguagli)
(Foto Autori)
BIBLIOGRAFIA
Betti C. – Pagani G. 2000, Minerali del Senese;
Micheluccini et al. 1981, p. 21-31, 50;
Pieri M. 1957;
Giannini E. – Lazzarotto A. 1967, p.43-62; 1970, p, 451-495;
Fucini A. 1903, p. 90-93;
Burgassi P. D. et al. 1983.
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Fig.: 16 - Quarzo nero – Cava Val di Merse con x di cm. 2,5x2
(Foto e collezione M. Guarguagli)
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Fig.: 17 - Calcite scalenoedrica – Cava Tegoia
campione di cm. 16x11 con xx di cm. 1)
(Foto e collezione M. Magni)
Fig.: 18 - Cava Molli – Formazione di calcite
campione di cm. 20x13 conx centrale di cm. 3,5x1,5
(Foto e collezione F. Bigazzi)
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Fig.: 19 – Varco a Pelli – Calcite rombo-scalenoedrica
campione di cm. 12x11 con xx fino a cm. 4,5
(Foto e collezione R. Bigazzi)
Fig.: 20 – Varco a Pelli – Calcite scalenoedrica
campione di cm. 9x4,5 con xx fino a cm. 3
(Foto e collezione F. Bigazzi)
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Fig.: 23 - Cava Tegoia – Formazione di calcite
campione cm. 14x11 con x di cm. 4,8x1,4
(Foto e collezione F. Bigazzi)
Fig.: 22 – Varco a Pelli – Cristalli di calcite scalenoedrica
campione di cm. 6,5x6,5 con x maggiore di cm. 4,5
(Foto e collezione F. Bigazzi)
Fig.: 21 – Varco a Pelli – Rosa xx di calcite cm. 7,5x7
(Foto e collezione R. Bigazzi)
Fig.: 24 – Varco a Pelli – Pinnacolo di calcite scalenoedrica
campione cm. 13,5x8 con xx fino a 3,5 cm.
(Foto e collezione F. Bigazzi)
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Attività del Gruppo
Il periodo estivo, compreso tra Luglio e Settembre, presenta normalmente un'attività
ridotta per cui il Gruppo dedica, quasi esclusivamente, le proprie risorse alla
preparazione delle manifestazioni che si terranno nella stagione autunnale e
invernale quali, ad esempio la "Mostra didattico-culturale" di Ottobre e la "Rassegna
di Minerali e Fossili" di Febbraio. E' comunque da annoverare la partecipazione alla
"Festa del Volontariato", presso l'area della "Cecinella", con uno Stand espositivo di
minerali caratteristici della Toscana, nonchè provenienti dall'Italia e dal resto del
mondo.
Manifestazioni
Massa Marittima (Gr)
Info: Silvano Volpi
19-20 Luglio 2008
tel.: 0566 901244
M/S
02-03 Agosto 2008
tel.: ----
M/S
10 agosto 2008
tel.: 0577 778324
M
26-28 Settembre 2008
Info: [email protected]
M
27-28 Settembre 2008
tel.: 392 1195728
M/S
Schilpario (Bg)
Info: www.carburo.it
Abbadia S. Salvatore (Gr)
Info: Pro Loco
Caltanissetta (Cl)
Pescara (Pe)
Info: Nicola Cosanno
I partecipanti all'esposizione durante la "Festa del Volontariato"
tenutasi alla "Cecinella" in Agosto 2008.
Da destra:
Giuliano Ghilli, Carlo Marchi, Guarguagli Massimo
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Curiosità Mineralogiche
Rappresentazione schematica in assonometria della miniera di Campiano presso Boccheggiano
(Gr). Importante centro di estrazione di pirite, per la produzione di acido solforico, ad oggi
dismesso, ha fornito campioni mineralogici di pregevole aspetto per il collezionista tra i quali ad
esempio, l'Anidrite (CaSO4), quale alterazione metamorfica del Gesso, in cristalli di notevoli
dimensioni,
la Fuorite (CaF2), il Quarzo (SiO2), la Calcite (CaCO3), l'Ankerite
[Ca(Fe,Mg,Mn)(CaCO3)2], La Dolomite [CaMg(CO3)2].
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Scala di Mohs
1
Talco
Scalfibile con l'unghia
2
Gesso
Scalfibile con l'unghia
3
Calcite
Scalfibile con una monete di rame
4
Fluorite
Scalfibile con un coltello
5
Apatite
Scalfibile con un coltello
6
Ortoclasio
7
Quarzo
Scalfisce il vetro
8
Topazio
Scalfisce facilmente il quarzo
9
Corindone
Scalfisce facilmente il topazio
10
Diamante
Non è scalfibile
Scalfibile con una lima d'acciaio
All'inizio del secolo scorso, il mineralogista viennese Friedrich Mohs mise a punto
una scala delle durezze (detta appunto Scala di Mohs) da 1 a 10 usata ancora oggi
tra i collezionisti.
Ognuno dei minerali di riferimento citati scalfisce quello di durezza inferiore e viene a
sua volta scalfito da quello di durezza superiore.
I minerali aventi durezza 1 - 2 sono considerati teneri, quelli con durezza da 3 a 6
sono mediamente duri e quelli che superano 6 sono ritenuti duri.
Nel caso di minerali con durezza tra 8 e 10 si parla di gemme preziose, in quanto
molte gemme, hanno una durezza compresa in quest'ambito.
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