Torchi, Mulini, Frantoi nella civiltà rurale montana del Verbano Cusio Ossola di PAOLO CROSA LENZ con la collaborazione di Guido Canetta Nel VCO si sono storicamente svilluppate, dal XIII al XIX secolo, due tipi di civiltà: La civiltà alpina La civiltà rurale montana La civiltà alpina Quota: sopra i 1.000 – 1.200 m Orizzonte vegetazionale: boschi misti di conifere a prevalenza di larice Attività prevalente: allevamento dei bovini con l’accumulo di foraggio per la stabulazione invernale (7 mesi) Alpeggi d’alta quota La civiltà rurale montana Quota: dai 200 agli 800 m Orizzonte vegetazionale: boschi misti di latifoglie a prevalenza di castagno e faggete Agricoltura mista di montagna (Alpwirtschaft) Colture su terrazzamento Corti e alpeggi bassi I terrazzamenti Le roncature sono file lineari di campicelli sostenuti da muri di pietra a secco che riducono la pendenza della montagna e aumentano la superficie coltivabile Le infinite file di terrazzamenti, oggi in larga parte abbandonati, attorno ad Intragna in Valle Intrasca Le colture su terrazzamento Biade: segale, miglio, panìco Castagni da frutto Canapa Vite L’allevamento Mucche: latte, carne, Pecore: lana, latte, carne Capre (la mucca dei poveri): latte, carne Estivazione Percorsi annuali su scala altimetrica •Corti (primaverili e autunnali) •Alpeggi (estivi) Il villaggio walser di Antillone in Val Formazza Nella civiltà alpina è prevalente l’allevamento. Nella civiltà rurale montana è prevalente l’agricoltura. Le infrastrutture collettive Forni per la cottura del pane Viabilità rurale: sentieri, mulattiere, ponti Cà d’la grà per l’essicazione delle castagne Pozzi per la macerazione della canapa Le infrastrutture collettive Torchi Mulini Frantoi Pesta per la canapa Ingranaggio ligneo di mulino in Valle Intrasca che trasformava l’energia dell’acqua in moto rotatorio. La forza dell’acqua L’energia idraulica fu il terzo motore primario, dopo quella umana e animale, nella storia delle conquiste dell’uomo. Applicata a •Torchi •Mulini •Frantoi Mulino ad acqua con ruota alimentata da sopra (1338 circa). A cosa servivano? TORCHIO Per la spremitura delle vinacce MULINO Per la molitura delle granaglie FRANTOIO Per la spremitura delle noci Macine sempisepolte dalla neve in Valle Intrasca Il frantoio Il noce (Juglans regia) è originario dell’Asia e fu introdotto in Europa in epoca antichissima. L’olio, molto nutriente, veniva ottenuto per macinatura e successiva spremitura. La macinatura avveniva in macine rotanti, costituite da una ruota in pietra verticale che ruotava su un basamento sempre in pietra su cui erano disposte le noci. Frantoio per la spremitura dell’olio di noci. (Sacro Monte Calvario – Domodossola) La macinatura forniva una pasta che veniva raccolta in teli di canapa e spremuta nei torchi normalmente utilizzati per l’uva. Il mulino Un mulino è un piccolo edificio nei pressi di un corso d’acqua. L’acqua veniva canalizzata piuttosto che utilizzata direttamente per evitare i danni delle frequenti piene. Il flusso d’acqua indirizzato verso una presa veniva regolato da una paratoia in legno e, tramite un canale con le sponde di sasso o legno azionava una ruota. Un congegno (la fuga) consentiva al mugnaio di deviare l’acqua in un canale alternativo per interrompere il movimento della ruota. Il mulino serviva per macinare le granaglie e trasformarle in farina di utilizzo alimentare (pane e polenta). Il “Mulino dei Morti” di Ponte Nivia I mulini potevano essere a ruota orizzontale o verticale. La maggior parte erano a ruota (o turbina) orizzontale: una struttura semplice perché non comporta ingranaggi di trasmissione, ma di rendimento limitato. Il mulino a ruota orizzontale La macina superiore, leggermente concava, si adatta a quella inferiore ed è mossa dall’albero verticale in legno che porta all’estremità inferiore una corona di pale a cucchiaio mosse dalla forza dell’acqua. La distanza tra le due macine può essere variata alzando o abbassando quella superiore mediante la regolazione di un congegno a vite che agisce sull’asse verticale. Le macine sono due: Una inferiore (fissa) Una superiore (rotante) Mulino di Anzuno - Domodossola Le due macine sono chiuse da un coperchio in legno (la cassa) e sono sormontate dalla tramoggia di alimentazione. I semi entrano nel foro della macina superiore e vengono macinati nell’interstizio tra le due macine. La farina e la crusca vengono trascinate dal movimento circolare, uscendo quindi dalle macine e raccogliendosi nello spazio tra queste e la cassa. Il torchio La civiltà rurale montana ha elaborato nel corso dei secoli un capolavoro di ingegneria contadina: •Il torchio piemontese a leva Il torchio a leva Sistemate le vinacce sul letto, venivano gravate con assicelle di legno e travetti, fino a toccare la trave di legno che si trova in posizione di riposo. Una vite permetteva di abbassare la trave e alzare una grande pietra. Il peso della trave di legno e della pietra permettevano di spremere le vinacce poste sulla vasca. . L’uva, raccolta durante la vendemmia, veniva trasportata a spalle nelle brente fino alle tine. Dopo una prima spremitura, effettuata tradizionalmente a piedi nudi, rimanevano le vinacce che venivano ulteriormente spremute con i torchi. Le vinacce residue venivano distillate per ottenere la grappa. Il torchio a leva di Anzuno - Domodossola Il “Torchio dei Terrieri” di Oggiogno Il “Torchio dei Terrieri” si trova al fondo dell’abitato di Oggiogno. Fu costruito nel 1742: prima fu realizzato il torchio, successivamente l’edificio in pietra locale impilata “a secco” che doveva ospitarlo. E’ costituito da un’enorme trave di castagno adeguatamente squadrato, del peso di parecchie tonnellate, della lunghezza di metri 9,20 e mosso da una grossa vite di legno azionata a mano, che produce l’abbassamento del trave medesimo esercitando un’enorme pressione sulle vinacce da spremere poste su un grande basamento di pietra; un sistema di canaletti conducevano il vino in un unico condotto che lo convogliava in un recipiente. Il torchio cessò di funzionare agli inizi degli anni ‘60, ma fu oggetto di un restauro conservativo nel 1963 ad opera della popolazione locale. La vite del Torchio dei Terrieri” di Oggiogno Cosa rimane oggi della civiltà rurale montana in Valle Intrasca? Un breve viaggio di archeologia contadina alla scoperta delle nostre radici Antico portale in pietra di una casa contadina a Cambiasca Il basamento in pietra di un torchietto familiare a Cambiasca (?) Base di torchietto a Intragna Ruderi di mulino a Ramello Macine e basamento di un mulino a Ungiasca Forno del pane a Cambiasca Il vecchio Ponte Nivia Basamento di Torchio ad Albagnano Il basamento del “Torc del Runchett” di Montuzzo e la costruzione che lo ospita. Montuzzo è un corte in bassa Valgrande, tra Cicogna e Velina. Tutta la zona, su una fascia altimetrica tra i 600 e i 700 m, era interamente terrazzata e disboscata: vi si coltivavano la vite (uva mericana e russera), la segale e le patate. I DOCUMENTI Piano dimostrativo per derivazione d’acqua del Riale della Ganna presso Ramello dimandata dal sig. Bordini Pio. Anno 1850. Sopra il corso del torrente il progetto prevedeva la costruzione di un canale per il funzionamento di quattro mulini. A destra è indicato il “Punt di Lèdar” lungo la vecchia strada tra Cambiasca e Ramello. I DOCUMENTI 7 novembre 1798 Eredità di Giuseppe Morando . (documento in Archivio di Stato – Verbania) .. E similmente a ponente la metta della cassina deta “del crudele” indivisa, con il rev. Prete don Giuseppe morando coperta a piode con la metta del era coperta a paglia. … Con un quarto della cassina … coperta a paglia indivisa coli altri consorti morandi con altro cassinello coperto a Paglia. … e da Ponente similmente con lotava parte del torchio da vino indiviso colli altri morandi e altri particolari … Cosa fa la scuola per conservare la memoria storica della nostra gente ? Studia e documenta i luoghi Raccoglie la memoria degli anziani Compie esperimenti Disegni dei bambini della scuola elementare di Cambiasca La civiltà della fatica su cui è caduto un sipario di foglie Il bosco avanzante è il sipario di foglie che cala sul palcoscenico della civiltà rurale montana. Fu una società che fece onore al genere umano e a quello della natura che la ospitò, a cui complessivamente riservò sufficiente rispetto e attenzione … Che cosa ci ha insegnato, che suggerimenti di valore universale ha espresso quella società rispetto a quella in cui viviamo? Non sembra intelligente eludere la risposta. Nino Chiovini “Le ceneri della fatica” 1992 Grazie per l’attenzione