Elementi di teoria delle opzioni e dei contratti derivati Claudio Pacati Università degli Studi di Siena Dipartimento di Economia Politica Dispensa del corso di Matematica Finanziaria, a.a. 2000–01 Le opzioni e, più in generale, i contratti derivati, sono attività finanziarie di notevole e crescente rilevanza nei mercati di tutto il mondo; vengono usati sia per fini puramente speculativi, che per realizzare coperture finanziarie. Lo scopo di questa dispensa è quello di fornire i primi elementi della teoria di questi titoli, sia dal punto di vista della comprensione contrattuale che da quello della valutazione. Ci si limiterà comunque al caso semplice di contratti derivati di tipo europeo e non path-dependent, scritti su attività sottostanti che non prevedono pagamenti (cedole o dividendi) prima della scadenza del derivato. Per una trattazione più completa si rimanda il lettore a testi specifici, quali [1] e [2]. Nel seguito, quando non sarà diversamente specificato, si useranno le notazione e le convenzioni di [3]. 1 Definizioni preliminari Un titolo derivato (derivative security) è un contratto finanziario il cui valore dipende dall’evoluzione del valore di un’altro bene (o di più altri beni), che è detto il sottostante (underlying security) del titolo derivato; si dice spesso che il titolo derivato è scritto sul titolo sottostante. Esempi tipici di contratti derivati sono le opzioni finanziarie, i contratti a termine, i futures, ma anche i contratti obbligazionari indicizzati e gli swap. Vengono inoltre scritti contratti derivati su una grande varietà di beni sottostanti, come titoli azionari, titoli obbligazionari, valute estere o tassi di cambio, ma anche su merci di vario tipo. Senza perdita di generalità parleremo di contratti derivati su un titolo sottostante e ci limiteremo, per semplicità al caso di un solo sottostante. L’esempio più importante di contratto derivato è dato dall’opzione finanziaria che, nella sua forma base (plain vanilla), è un contratto che conferisce al detentore il diritto ma non l’obbligo di comprare o vendere una prefissata quantità del titolo sottostante ad un prezzo contrattualmente prefissato e detto prezzo di esercizio (strike price) dell’opzione. L’opzione che conferisce il diritto di acquisto si chiama opzione di tipo call, quella che prevede il diritto di vendere si chiama opzione di tipo put. Normalmente le opzioni standard prevedono una data di scadenza, oltre la quale il detentore perde il diritto non esercitato di acquistare o vendere. Un’importante distinzione riguarda il ruolo della data di scadenza: se l’opzione può essere esercitata solo a tale data si chiama opzione di tipo europeo, mentre se l’esercizio può avvenire ad un qualsiasi istante entro la data di scadenza si parla di opzione di tipo americano. Come spesso accade in finanza, la terminologia non ha nulla a che vedere con limitazioni di tipo geografico: sia negli Stati Uniti che in Europa sono scambiate opzioni di entrambi i tipi. Nel caso delle opzioni europee la scadenza dell’opzione si chiama anche data di esercizio. Esempio 1 : Si consideri il caso di un contratto che conferisce al detentore il diritto ma non l’obbligo di acquistare il giorno 8 settembre 2000 un’azione Fiat Ordinaria al prezzo di 25 euro. Si tratta di un’opzione europea di tipo call, con sottostante l’azione Fiat Ordinaria e con prezzo di esercizio di 25 euro. Alla data di esercizio il detentore del diritto dovrà decidere se esercitare o meno l’opzione e la scelta dipenderà ovviamente dal prezzo di mercato del titolo sottostante. Se questo sarà minore del prezzo di esercizio si dice che l’opzione finisce out of the money e il detentore dell’opzione non avrà nessuna convenienza ad esercitare l’opzione: pagherebbe un prezzo minore acquistando l’azione direttamente sul mercato; in questo caso l’opzione non esercitata verrebbe abbandonata. Se c Claudio Pacati, 2000, 2001 – tutti i diritti riservati. 1 C(T ) 6 P (T ) K 6 @ @ @ @ @ @ - 0 K 0 S(T ) K - S(T ) Figura 1: Pagamenti a scadenza C(T ) dell’opzione call europea e P (T ) dell’opzione put europea invece il prezzo di mercato del titolo sottostante dovesse risultare superiore a 25 euro, si dice che l’opzione finisce in the money e il detentore del diritto avrà tutta la convenienza ad esercitarlo, potendo acquisire l’azione ad un prezzo inferiore al suo valore di mercato. Naturalmente potrà anche accadere che alla data di esercizio il prezzo dell’azione risulti esattamente uguale al prezzo di esercizio, rendendo cosı̀ l’esercizio indifferente. In tal caso di dice che l’opzione finisce at the money. Lo schema contrattuale delle opzioni europee può essere rappresentato in modo semplice. Se si indica con S il titolo sottostante e con S(τ ) il relativo valore di mercato al tempo τ , si può pensare ad un opzione europea di tipo call con data di esercizio T e prezzo di esercizio K come ad un contratto che prevede un’unico pagamento aleatorio al tempo T , che dipende dal valore S(T ) del titolo sottostante a quella data. Se si indica con C(T ) il pagamento dell’opzione, sarà ( 0 se risulterà K ≥ S(T ), C(T ) = S(T ) − K se risulterà K < S(T ). Questo modo di descrivere il payoff dell’opzione dà per scontato il fatto che un agente razionale eserciterà l’opzione solo nel caso conveniente, ovvero solo nel caso che il prezzo di esercizio risulti inferiore al prezzo di mercato del titolo sottostante, realizzando un guadagno pari alla differenza S(T ) − K. Si può scrivere in modo compatto il payoff dell’opzione call europea nel seguente modo: C(T ) = max {0 , S(T ) − K} , oppure, utilizzando la notazione standard x+ = max(0 , x) (si legge “parte positiva di x”), C(T ) = [S(T ) − K]+ . In modo analogo si può rappresentare l’opzione europea di tipo put con data di esercizio T , prezzo di esercizio K, titolo sottostante S, come un contratto che prevede al tempo T il pagamento aleatorio P (T ) = max {0 , K − S(T )} = [K − S(T )]+ . L’opzione put verrà infatti esercitata solo nel caso in cui il prezzo di esercizio risulterà maggiore del prezzo del titolo sottostante. Nella figura 1 sono rappresentati graficamente i payoff dell’opzione call europea e dell’opzione put europea come funzioni del prezzo di mercato del titolo sottostante alla data di esercizio. Si noti che si tratta di funzioni continue e lineari a tratti, entrambe con un punto di non derivabilità in corrispondenza dell’ascissa S(T ) = K, che rappresenta per entrambe le opzioni il livello di indifferenza dell’esercizio. Se si assume che S(T ) sia illimitato superiormente, il pagamento previsto dall’opzione call è una variabile aleatoria non negativa e illimitata superiormente, mentre invece il pagamento dell’opzione put è limitato superiormente dal prezzo di esercizio. Nella figura 1 si è considerata solo la parte dei grafici dei payoff a scadenza che giace nel primo quadrante: si è cioè dato per scontato che risulti S(T ) ≥ 0. In linea di principio, un’opzione o, più in generale, un qualsiasi contratto derivato può essere scritto su di un qualsiasi sottostante, che quindi potrebbe assumere anche valore negativo in T . Per semplicità di trattazione trascureremo questo caso, del resto molto raro nella pratica, e ci limiteremo al caso di sottostanti che: 2 1. non possano assumere valori negativi alle scadenze contrattualmente rilevanti per il derivato; 2. abbiano probabilità positiva di assumere valori positivi alle stesse scadenze. Nel caso delle opzioni americane il detentore del diritto può scegliere istante per istante e fino alla scadenza se esercitarlo o meno; l’aleatorietà contrattualmente prevista riguarda pertanto non solo l’importo del pagamento, ma anche la data alla quale quest’importo verrà pagato. Per schematizzare efficacemente questo tipo di contratti è necessario utilizzare strumenti matematici e probabilistici che vanno oltre lo scopo di questa trattazione. Possiamo estendere la rappresentazione schematica utilizzata per formalizzare le opzioni al caso di molti altri contratti derivati di tipo europeo, ovvero a quei contratti derivati che prevedono un unico pagamento che verrà effettuato ad una data contrattualmente prefissata. Se si indica con T tale data e con S il titolo sottostante, il payoff D(T ) di questi contratti derivati può essere descritto formalmente con: D(T ) = f (S) , dove f è una funzione contrattualmente prefissata che caratterizza il contratto. Con la scrittura f (S) vogliamo indicare che il pagamento è funzione del prezzo di mercato del sottostante. La regola contrattuale formalizzata dalla funzione f può dipendere dal solo valore S(T ) alla data di scadenza, come avviene nel caso delle opzioni europee, oppure da più valori della traiettoria che il prezzo del sottostante seguirà dalla data di stipula del contratto in poi. In quest’ultimo caso si parlerà di derivati di tipo path-dependent. Anche le opzioni europee rientrano nello schema ora esposto: nel caso dell’opzione call, infatti, la funzione f che descrive il pagamento contrattuale è f (x) = max(0 , x − K) e va calcolata nel solo valore in T del titolo sottostante; nel caso caso dell’opzione put si ha invece f (x) = max(0 , K − x) , da calcolarsi anch’essa per x = S(T ). Esempio 2 : Si consideri il contratto che, il giorno 8 settembre 2000, paga al detentore la differenza, se positiva, fra la media aritmetica dei prezzi di chiusura alla borsa di Milano dell’azione Fiat Ordinaria nei 40 giorni di borsa aperta che precedono tale data e l’importo di K = 25 euro. Si tratta di un contratto derivato, con sottostante l’azione Fiat Ordinaria, di tipo europeo e path-dependent. Se si indica con T la scadenza del contratto, con τ la data che precede di 40 giorni lavorativi T e con S(u) il prezzo di mercato dell’azione alla data u, il pagamento previsto dal contratto è " #+ T 1 X f (S) = S(u) − K , 40 u=τ dove la somma è estesa ai soli gioni lavorativi dell’intervallo [τ, T ]. Un contratto di questo tipo viene chiamato opzione asiatica di tipo call sul prezzo medio, per via dell’analogia del suo payoff con quello dell’opzione call europea. Esempio 3 : Si consideri il contratto che, il giorno 8 settembre 2000, paga al detentore la differenza, se positiva, fra il massimo dei prezzi rilevati alla borsa di Milano dell’azione Fiat Ordinaria nei 40 giorni di borsa aperta che precedono tale data ed il prezzo di chisura dell’8 settembre 2000. Si tratta di un contratto derivato, con sottostante l’azione Fiat Ordinaria, di tipo europeo e path-dependent. Se si indica con T la scadenza del contratto, con τ la data che precede di 40 giorni lavorativi T , e con S(u) il prezzo di mercato dell’azione, il pagamento previsto dal contratto è + f (S) = max S(u) − S(T ) u∈[τ,T ] . Per via delle analogie con l’opzione europea di tipo put, questo contratto si chiama opzione lookback di tipo put. Esempio 4 : Si consideri il contratto che prevede che, il giorno 8 settembre 2000, il detentore abbia il diritto e l’obbligo di acquistare un’azione Fiat Ordinaria ad un prezzo contrattualmente prefissato di K = 25 euro. Si tratta di un contratto derivato di tipo europeo non path-dependent, con sottostante l’azione Fiat Ordinaria. Se si indica 3 F (T ) 6 - 0 K S(T ) −K Figura 2: Pagamento a scadenza F (T ) del contratto a termine di acquisto con T la scadenza del contratto e con S(T ) il prezzo di mercato dell’azione alla data T , il pagamento previsto dal contratto è f (S) = S(T ) − K . Questo contratto si chiama contratto a termine (forward ) di acquisto ed il relativo pagamento a scadenza è rappresentato nella figura 2 come funzione di S(T ). Oltre alle opzioni, vi sono anche altre tipologie di contratti derivati di tipo americano, dove è il detentore dello stesso a scegliere la data in cui ricevere il pagamento previsto dalla funzione f contrattualmente definita. Non tratteremo questo tipo di derivati. Nel seguito svolgeremo alcune considerazioni sulla valutazione dei contratti derivati nell’ambito del modello di mercato perfetto già utilizzato per la valutazione dei contratti obbligazionari. In particolare, la chiave di volta delle metodologie di valutazione sarà ancora l’ipotesi di assenza di arbitraggi non rischiosi, che dobbiamo però estendere al caso di contratti che prevedono pagamenti aleatori1 . Definzione di arbitraggio non rischioso: Si consideri, al tempo t0 , un’operazione finanziaria x/t, che prevede i pagamenti x = {X0 , X1 , X2 , . . . , Xm }, alle scadenze t = {t0 , t1 , t2 , . . . , tm }. Sia assuma che il primo pagamento X0 sia certo e si interpreti c = −X0 come il costo al tempo t0 per l’acquisto del flusso residuo, composto dai rimanenti pagamenti; per k > 0 l’importo Xk potrà anche non essere noto al tempo t0 , ma si assumerà che sia noto alla data di esigibilità tk . L’operazione x/t è un arbitraggio non rischioso di tipo A, se c≤0 e Pr(Xk ≥ 0) = 1 , con Pr(Xh > 0) > 0 per almeno un indice h. Un arbitraggio non rischioso di tipo B si ha invece quando c<0 e Pr(Xk ≥ 0) = 1 . Questa definzione è la corretta estensione di quella utilizzata in precedenza al caso di contratti con pagamenti aleatori. Nel caso degli arbitraggi di tipo A si ha un costo non postivo per l’acquisto di un flusso con pagamenti che saranno non negativi con probabilità 1, ovvero con certezza, ma con una probabilità positiva che almeno uno di essi sia positivo. Ciò significa che l’acquirente, che non spende nulla per l’acquisto, con certezza non avrà uscite future e con probabilità positiva avrà almeno un incasso. Nel caso degli arbitraggi di tipo B, invece, si ha un incasso immediato alla data di acquisto, avendo la certezza (probabilità 1) di non avere uscite future. 1 In realtà abbiamo già visto contratti con pagamenti aleatori, ovvero i contratti indicizzati. In quel caso, però, data la natura dell’aleatorietà, non c’è stato bisogno di estendere la definizione data nel cap. VI di [3]. 4 2 Valutazione dei contratti a termine Un contratto a termine è un contratto derivato di tipo europeo e non path-dependent, che prevede il pagamento alla scadenza T , contrattualmente fissata, della grandezza S(T ) − K (nel caso di contratto di acquisto a termine) o K − S(T ), (nel caso di un contratto di vendita a termine); S(T ) è il valore del sottostante alla data T e K è il prezzo a termine (forward price) di acquisto o di vendita, pattuito alla data della stipula del contratto. È chiaro che, a parità di sottostante, di scadenza e di prezzo a termine, i due contratti sono simmetrici: l’acquirente di un contratto a termine di acquisto avrà il pagamento F (T ) = S(T ) − K, mentre il venditore avrà il pagamento opposto −F (T ) = K − S(T ), che è proprio il payoff previsto dal contratto di vendita a termine. Per via della simmetria della posizione ci limiteremo a considerare il contratto di acquisto a termine: tutte le considerazioni che faremo si trasporteranno per simmetria al caso del contratto di vendita a termine. Il problema che ci poniamo è quello di valutare il contratto a termine ad un istante t < T , che potrà essere l’istante di stipula del contratto, ma anche un istante successivo alla stipula. Ci limiteremo al caso di un contratto a termine scritto su di un sottostante che non preveda il pagamento di nessun importo (cedole, dividendi, . . . ) in [t, T ), periodo di durata residua del contratto a termine. Teorema di valutazione del contratto a termine: Il valore F (t) in t del contratto di acquisto a termine del sottostante S al tempo T e al prezzo di esercizio K, nell’ipotesi che il sottostante non preveda pagamenti nell’intervallo [t, T ), è F (t) = S(t) − Kv(t, T ) . Dimostrazione: Si supponga, per assurdo, che F (t) < S(t) − Kv(t, T ). Si può allora operare la strategia di investimento formata dalle seguenti azioni: (A) acquisto al tempo t del contratto a termine; (B) vendita allo scoperto al tempo t del sottostante e suo riacquisto al tempo T al prezzo di mercato che sarà in vigore a quella data; (C) acquisto di K unità del titolo a cedola nulla che scade in T . La tabella di payoff originata dalla strategia è la seguente: t T (A) −F (t) S(T ) − K (B) S(t) −S(T ) (C) −Kv(t, T ) K −F (t) + S(t) − Kv(t, T ) 0 In virtù dell’ipotesi assurda si ha che −F (t) + S(t) − Kv(t, T ) > 0 e la strategia origina quindi un arbitraggio di tipo B. Naturalmente anche l’assunzione assurda della disuguaglianza opposta porta alla costruzione di un arbitraggio di tipo B, simmetrico a quello appena costruito. Risulta pertanto che deve essere vera l’uguaglianza della tesi. Si noti che è essenziale l’ipotesi che il sottostante non preveda pagamenti nell’intervallo [t, T ): se ciò non fosse vero, avremmo dovuto modificare non solo la dimostrazione, inserendo nella tabella di payoff le date intermedie tra t e T alle quali fossero previsti pagamenti, ma anche la tesi, correggendola con il valore attuale dei pagamenti previsti dal sottostante. La trattazione precisa del caso di titoli derivati scritti su sottostanti di questo tipo esula dagli scopi di questa trattazione. Vale solo la pena di notare che questo caso è più frequente di quello che possa sembrare a prima vista. Ad esempio, la detenzione di un certo ammontare di una merce (oro, grano, petrolio, . . . ) ha dei costi (custodia, stoccaggio, . . . ), che sono pagamenti negativi e di questi bisogna tenere conto nella valutazione dei derivati su merci. La detenzione di una valuta straniera, invece, dà la possibilità al detentore di investirla sul mercato 5 obbligazionario denominato in quella valuta e quindi di incassare interessi, e di questi bisogna tenere conto nella valutazione dei contratti derivati su valute. L’esempio del contratto a termine si presta bene per illustrare un aspetto peculiare dei contratti derivati. Essi vengono infatti utilizzati per due scopi opposti: speculazione (trading) e copertura (hedging). Esempio 5 : Il giorno t = 7 gennaio 2000 il titolo Fiat Ordinaria quotava S(t) = 31.78 euro alla Borsa di Milano, mentre il fattore di sconto a 1 mese, riferito cioè alla scadenza T = 7 febbraio 2000, in vigore sul mercato in quel giorno era v(t, T ) = 0.99731111073. Si assuma che un agente avesse voluto scommettere sul rialzo del titolo nell’arco del mese successivo. Avrebbe potuto realizzare la sua scommessa acquistando un contratto a termine sul titolo Fiat Ordinaria, con prezzo di esercizio fissato al livello corrente dell’azione, ovvero K = S(t) = 31.78 euro. Il prezzo di questo contratto sarebbe stato F (t) = S(t) − Kv(t, T ) = 31.78 − 31.78 × 0.99731111073 = 0.0854529 euro. In cambio di questo prezzo, il nostro agente si sarebbe garantito in T il pagamento S(T ) − K = S(T ) − S(t) che, nel caso di effettivo rialzo del titolo, gli avrebbe fatto incassare l’entità del rialzo. Si noti che, per scommettere sul rialzo del titolo, il nostro agente avrebbe potuto acquistarlo in t, anziché stipulare il contratto di acquisto a termine. Tuttavia avrebbe dovuto spendere 31.78 euro, anziché 0.0854529, per implementare la sua scommessa, immobilizzando quindi un capitale maggiore. Nel caso specifico, possiamo verificare ex post che la scommessa sarebbe andata male: alla data T il prezzo di mercato dell’azione è stato S(T ) = 31.02 euro e quindi il payoff del contratto a termine sarebbe stato F (T ) = 31.78 − 31.02 = −0.76 euro. Il nostro agente avrebbe avuto quindi una perdita di 0.76 euro il 7 febbraio 2000, oltre naturalmente ad avere pagato 0.0854529 euro un mese prima, alla stipula del contratto a termine. Esempio 6 : In riferimento all’esempio precedente, si consideri invece un agente che, alla data t, avesse motivo di temere un rialzo del titolo Fiat Ordinarie, per motivi legati ad altre attività da lui detenute. Avrebbe potuto coprirsi (in parte o in tutto) acquistando lo stesso contratto a termine dell’esempio precedente: nel caso di rialzo dell’azione, il contratto a termine gli avrebbe garantito un profitto, che avrebbe compensato, in tutto o in parte, la perdita dovuta alle altre attività detenute. Naturalmente, in caso di ribasso dell’azione, che è quello realmente avvenuto, il contratto a termine gli avrebbe originato una perdita, che però sarebbe stata compensata, in tutto o in parte, da un guadagno dovuto alle altre attività. 3 Prime considerazioni sui prezzi delle opzioni In questa sezione verranno svolte delle prime considerazioni sul prezzo (detto anche premio, nella pratica dei mercati) delle opzioni europee di tipo plain vanilla, scritte su sottostanti che non prevedono pagamenti entro la data di esercizio. D’ora in poi indicheremo con C(t) il prezzo in t dell’opzione euorepa di tipo call e con P (t) quello della put. Il sottostante, il prezzo di esercizio e la data di esercizio saranno chiari dal contesto. Teorema: Si consideri, alla data t precedente la data di esercizio T , un’opzione call, con prezzo di esercizio K e scritta sul sottostante S. Allora risulta: 0 ≤ C(t) ≤ S(t) . Dimostrazione: La prima disuguaglianza è chiara: poichè l’opzione fornisce un diritto e non un dovere, male che vada non verrà esercitata e quindi il detentore non avrà mai un uscita in T . Pertanto il suo prezzo non potrà essere negativo2 . Vediamo la seconda disuguaglianza. Se per assurdo fosse C(t) > S(t), si potrebbe: (A) comperare in t il titolo sottostante e rivenderlo in T al prezzo che sarà allora in vigore sul mercato; (B) vendere allo scoperto l’opzione. La tabella di payoff originata dalla due azioni precedenti, distinguendo per il tempo T tra le due possibilità K ≥ S(T ) e K < S(T ), risulta 2 Si può anzi dimostrare (esercizio!) che se vi è probabilità positiva che risulti S(T ) > K, allora deve essere C(t) > 0. 6 t T : K ≥ S(T ) T : K < S(T ) (A) −S(t) S(T ) S(T ) (B) C(t) 0 −[S(T ) − K] C(t) − S(t) S(T ) K Si è ottenuta un’operazione finanziaria che prevede un incasso al tempo t che è positivo in virtù dell’ipotesi assurda, mentre al tempo T si avrà o S(T ) o K, a seconda che risulterà K ≥ S(T ) o K < S(T ). Trattandosi comunque di importi non negativi, si tratta di un arbitraggio di tipo B.3 In modo del tutto analogo si dimostra un analogo teorema per l’opzione put; la verifica è lasciata al lettore. Teorema: Si consideri, alla data t precedente la data di esercizio T , un’opzione put, con prezzo di esercizio K e scritta sul sottostante S. Allora risulta: 0 ≤ P (t) ≤ Kv(t, T ) .4 Si può ottenere un risultato più interessante se si considerano una put e una call “gemelle”. Teorema di parità put-call : Si consideri, al tempo t un’opzione call ed un’opzione put, con stessa data di esercizio T , stesso sottostante S e stesso prezzo di esercizio K. Allora si ha che C(t) − P (t) = S(t) − Kv(t, T ) . (1) Dimostrazione: Si assuma, per assurdo, che C(t) − P (t) < S(t) − Kv(t, T ) e si consideri la strategia composta dalle seguenti azioni: 1. (A) acquistro al tempo t dell’opzione call; 2. (B) vendita allo scoperto al tempo t dell’opzione put; 3. (C) vendita allo scoperto al tempo t di un contratto a termine per acquisto in T del sottostante al prezzo K. Si ricordi che, per il teorema di valutazione del contratto a termine, il valore in t del contratto a termine di acquisto risulta F (t) = S(t) − Kv(t, T ), mentre il suo payoff in T è F (T ) = S(T ) − K. La tabella di payoff originata dalle tre azioni risulta quindi: t T : K ≥ S(T ) T : K < S(T ) (A) −C(t) 0 S(T ) − K (B) P (t) −[K − S(T )] 0 (C) S(t) − Kv(t, T ) −[S(T ) − K] −[S(T ) − K] −C(t) + P (t) + S(t) − Kv(t, T ) 0 0 3 Anche per questa disuguaglianza si può verificare (sempre per esercizio!) che, se vi è probabilità positiva che risulti S(T ) < K (e quindi, necessariamente, K > 0), allora deve essere C(t) < S(t). 4 Come per il caso dell’opzione call, si verifica facilmente (esercizio!) che, con delle ipotesi aggiuntive, valgono delle disuguaglianze più forti: • se Pr S(T ) < K > 0, allora P (t) > 0; • se Pr S(T ) > K > 0, allora P (t) < Kv(t, T ). 7 In virtù dell’ipotesi assurda la grandezza −C(t) + P (t) + S(t) − Kv(t, T ) > 0 e la strategia proposta realizza pertanto un arbitraggio di tipo B. Si procede in modo simmetrico nel caso fosse, per assurdo, C(t) − P (t) > S(t) − Kv(t, T ). Possiamo dare un’interessante interpretazione geometrica del teorema di parità put-call. Se si considerà infatti il portafoglio che si ottiene con le azioni (A) e (B) della dimostrazione, il cui costo è C(t) − P (t), membro sinistro della (1), esso prevede a scadenza il pagamento C(T ) − P (T ) = −[S(T ) − K]+ + [K − S(T )]+ . Questa grandezza, che è funzione di S(T ), può essere analizzata graficamente, combinando i due grafici della figura 1: il grafico di C(T ) − P (T ) è infatti la somma del grafico di C(T ) (parte sinistra della figura 1) con il grafico di −P (T ), che si ottiene riflettendo la parte destra della figura 1 rispetta all’asse delle ascisse. Si vede facilmente che il risultato di questa somma è il grafico di una retta che passa per i punti (−K, 0) e (K, 0) del piano e che coincide con il grafico in figura 2, che è il grafico del payoff del contratto di acquisto a termine. Poiché il portafoglio che si ottiene con le azioni (A) e (B) ha un payoff coincidente a quello del contratto di acquisto a termine al prezzo di esercizio K, il suo prezzo deve coincidere con quello del contratto a termine, che è proprio il membro destro della tesi del teorema. Il teorema di parità put-call ci permette di migliorare i limiti inferiori dei prezzi della call e della put. Visto che infatti già sappiamo che P (t) ≥ 0, la (1) ci dice che C(t) ≥ S(t) − Kv(t, T ). Combinando questo risultato con il fatto che comunque C(t) ≥ 0, mentre non è detto che lo sia S(t) − Kv(t, T ), si ha: Corollario: Alla data t precedente la data di esercizio T , risulta per un’opzione call, con prezzo di esercizio K e scritta sul sottostante S, che [S(t) − Kv(t, T )]+ ≤ C(t) ≤ S(t) . In modo analogo, scrivendo la (1) nella forma P (t) − C(t) = Kv(t, T ) − S(t) ed osservando che, per l’ipotesi semplificatrice S(T ) ≥ 0 risulta S(t) ≥ 0, si ha che Corollario: Alla data t precedente la data di esercizio T , risulta per un’opzione put, con prezzo di esercizio K e scritta sul sottostante S, che [Kv(t, T ) − S(t)]+ ≤ P (t) ≤ Kv(t, T ) . È interessante osservare che, in virtù del teorema di valutazione del contratto a termine, la grandezza [S(t)−Kv(t, T )]+ coincide con il prezzo F (t) del contratto di acquisto a termine quando questo è positivo, mentre è nulla quando questo è negativo. Pertanto si ha F (t) ≤ [S(t) − Kv(t, T )]+ ≤ C(t) e il senso della disuguaglianza è ovvio: il contratto a termine di acquisto prevede sia il diritto che l’obbligo dell’acquisto in T , mentre l’opzione call prevede solo il diritto e non l’obbligo; non può pertanto costare di meno perché il contratto di opzione è meno vincolante per il sottoscrittore5 . Un risultato analogo e con la stessa interpretazione si ottiene confrontando l’opzione put con il contratto di vendita a termine allo stesso prezzo di esercizio: −F (t) ≤ [Kv(t, T ) − S(t)]+ ≤ P (t) . 4 La valutazione delle opzioni e dei contratti derivati con il modello binomiale Scopo di questa sezione è quello di fornire una metodologia semplice ma sufficientemente potente per la valutazione di contratti derivati di tipo europeo non path-dependent, come le opzioni plain vanilla, 5 Si dimostra anzi facilmente che, se c’è probabilità positiva che l’esercizio risulti sconveniente, allora F (t) < C(t). 8 r S(t) H H r uS(t) HH t HHr dS(t) T Figura 3: Evoluzione binomiale moltiplicativa su un periodo del valore del titolo sottostante scritti su un sottostante che non prevede pagamenti prima della scadenza del derivato. Distingueremo la trattazione in due casi: il caso uniperiodale ed il caso multiperiodale. In entrambi i casi faremo delle ipotesi semplificatrici sull’evoluzione del prezzo di mercato del titolo sottostante e, nel caso multiperiodale, anche sull’evoluzione della struttura per scadenza dei tassi di interesse. La metodologia di valutazione che presenteremo è nota con il nome di modello di Cox, Ross e Rubinstein e una trattazione più approfondita si può trovare in [1] o in [2]. 4.1 Il caso uniperiodale Si consideri, al tempo t di valutazione, che il valore alla scadenza T del titolo S possa assumere solo due valori: S(T ) = uS(t) o S(T ) = dS(t), con u e d due fattori montanti. Per evitare casi banali, assumeremo che S(t) > 0 e che 0 ≤ d < u, sı̀ da interpretare u come il fattore montante per il caso “alto” (up) e d come il fattore montante per il caso “basso” (down). Non assumeremo in generale che uS(t) sia maggiore di S(t) né che dS(t) sia minore di S(t), anche se spesso si implementa il modello con u = 1/d, in modo da ottenere dS(t) < S(t) < uS(t). L’ipotesi d < u serve a garantire che le due determinazioni di S(T ) siano diverse, ovvero che S(T ) sia aleatorio. Assumeremo che p sia la probabilità che si verifichi la determinazione S(T ) = uS(t) e che quindi 1 − p sia la probabilità che S(T ) = dS(t). Nuovamente, per avere aleatorietà, dovrà essere 0 < p < 1. L’evoluzione del prezzo del titolo S, che è di tipo binomiale moltiplicativo, può essere utilmente rappresentata in modo grafico nella figura 3. Si noti che vi è un’importante disuguaglianza che combina tra di loro i fattori u e d ed il fattore montante di mercato m(t, T ) = 1 + j(t, T ). Per evitare arbitraggi non rischiosi deve infatti essere d < m(t, T ) < u . (2) Se fosse infatti, per assurdo, m(t, T ) ≥ u, si potrebbe investire in t un importo pari al prezzo del titolo S(t) in un titolo a cedola nulla con scadenza in T e, contemporaneamente, vendere allo scoprto il titolo S, per ricomprarlo in T al prezzo di mercato che sarà in vigore a quella data. Si otterrebbe un portafoglio a costo nullo in t, che pagherebbe S(t)m(t, T ) − S(T ) in T . Poiché S(T ) = uS(t) ≤ m(t, T )S(t) con probabilità p e S(T ) = dS(t) < uS(t) ≤ m(t, T )S(t) con probabilità 1 − p, si avrebbe che Pr[S(t)m(t, T ) − S(T ) ≥ 0] = 1 e Pr[S(t)m(t, T ) − S(T ) > 0] ≥ 1 − p > 0. Si tratterebbe pertanto di un arbitraggio di tipo A. In modo simile si otterrebbe un arbitraggio non rischioso anche nell’ipotesi assurda che d ≥ m(t, T ). Si consideri ora un titolo derivato di tipo europeo non path-dependent, con scadenza in T e scritto sul sottostante S, che si evolve tra t e T in modo binomiale come in figura 3 e che non prevede pagamenti tra t e T . Sia f la funzione contrattualmente prevista dal derivato, in modo che il suo pagamento a scadenza sia dato da D(T ) = f (S(T )). Poiché S(T ) assume per ipotesi due sole determinazioni, anche D(T ) assume due determinazioni: Du = f (uS(t)), con probabilità p, e Dd = f (dS(t)), con probabilità 1 − p. Pertanto anche il valore del deriviato segue un’evoluzione binomiale su un periodo, come rappresentato in figura 4. 9 r D(t) H H r Du HH HHr Dd t T Figura 4: Evoluzione binomiale su un periodo del valore del derivato Terorema di valutazione del derivato su un periodo: Nelle ipotesi di questa sezione, il derivato può essere replicato da un portafoglio composto da ∆ quote del titolo sottostante e da B quote del titolo a cedola nulla unitario che scade in T , con Du − Dd (3) ∆= (u − d)S(t) e con uDd − dDu B= . (4) (u − d) Il valore in t del derivato è pertanto uguale al valore in t del portafoglio replicante, ovvero D(t) = ∆S(t) + Bv(t, T ) . (5) Dimostrazione: L’idea della dimostrazione è quella di determinare ∆ e B imponendo la condizione che il portafoglio di ∆ quote di S e B quote del TCN replichi effettivamente il derivato, ovvero preveda un pagamento a scadenza che coincida, in ogni sua determinazione, con la corrispondente determinazione del derivato. A tal fine, si osservi che, nel caso “up”, il portafoglio paga ∆uS(t) + B, mentre il derivato paga Du ; nel caso “down”, invece, il portafoglio paga ∆dS(t) + B, mentre il derivato paga Dd . Imponendo la condizione che, in entrambi i casi, i paghamenti coincidano, si ottiene il sistema ∆uS(t) + B = Du ∆dS(t) + B = Dd che è lineare in due equazioni e due incognite. Il determinante della matrice dei coefficienti del sistema è uS(t) − dS(t) = (u − d)S(t) > 0, per via della (2) e dell’assunzione che S(t) > 0. Per il teorema di Kramer vi è quindi un’unica soluzione, che è proprio ∆= Du − Dd , (u − d)S(t) B= uDd − dDu . (u − d) Una prima importante osservazione che segue dal teorema di valutazione è che il prezzo del derivato non dipende dalle probabilità p e 1 − p, ovvero non dipende dalla struttura probabilistica che regola l’evoluzione del titolo sottostante, ma solo dalle due determinazioni di S(T ), o meglio, dai due fattori montanti u e d. Per capire meglio questo fatto, per certi versi poco intuitivo, osserviamo che il prezzo del derivato può essere scritto come D(t) = ∆S(t) + Bv(t, T ) , uDd − dDu Du − Dd S(t) + = v(t, T ) , (u − d)S(t) (u − d) m(Du − mDd + uDd − dDu = v(t, T ) , u−d u−m m−d Du + Dd v(t, T ) , = u−d u−d 10 avendo posto, per brevità di notazione m = m(t, T ). Se si pone q= m−d u−d e quindi 1−q = u−m , u−d (6) si ha, per la (2), che 0 < q < 1 e quindi i numeri q e 1−q sono non negativi, minori di 1 e la loro somma fa 1. Possono essere pertanto pensati come delle “probabilità”, rispettivamente degli eventi “up” e “down” e vengono chiamati probabilità neutrali al rischio. Il motivo della terminologia è dovuto al fatto che, ∗ se indica con Et l’“aspettativa” calcolata rispetto a queste “probabilità” e condizionata all’informazione disponibile al tempo t, si ha che ∗ D(t) = Et [D(T )v(t, T )] , ovvero che il valore in t del derivato è uguale all’aspettativa neutrale al rischio del suo pagamento scontato. ∗ Si osservi tuttavia che questa interpretazione può essere fuorviante: Et non è un’aspettativa vera, perchè le “probabilità” q e 1 − q non sono le probabilità di nessun individuo, ma solo due numeri che saltano fuori dalla valutazione da assenza di arbitraggio. Il fatto che vengano utilizzati come probabilità è solo una comodità matematica. Si osservi infine che le probabilità neutrali al rischio non dipendono dal particolare derivato che si sta valutando, ma sono le stesse per tutti i derivati. Dipendono infatti solo da u, d e m, ovvero dalle condizioni del mercato che si sta considerando alla data di valutazione. Esempio 7 : Si consideri un titolo sottostante con fattore “up” u = 1.2 e fattore “down” d = 0.8. Sia t = 0, T = 1 anno, S(0) = 20 euro e si assuma che il tasso di interesse a un anno sia i(0, 1) = 5%. Si consideri il contratto derivato che paga 10 euro in caso di “up” e −5 euro in caso di “down”. Le probabilità neutrali al rischio di mercato sono q = (1.05 − 0.8)/(1.2 − 0.8) = 5/8 e 1 − q = 3/8. Il valore del contratto derivato è pertanto 3 1 5 × 10 − × 5 × = 4.1667 euro. D(0) = 8 8 1.05 Il derivato può essere replicato con un portafoglio composto da ∆ quote del titolo sottostante e da B quote del titolo a cedola nulla unitario a un anno, dove ∆= 10 − (−5) = 1.875 , (1.2 − 0.8) × 20 B= e 1.2 × (−5) − 0.8 × 10 = −35 . (1.2 − 0.8) Esempio 8 : Si consideri un’opzione europea di tipo call, scritta sul titolo Fiat Ordinaria, con prezzo di esercizio 27 euro e tempo all’esercizio un mese. Si assuma che, alla data di valutazione, il prezzo dell’azione sia 30 euro, che nell’arco di un mese non paghi dividendi e che possa o apprezzarsi del 5% o deprezzarsi del 20% e che il tasso di interesse di mercato a un mese sia il 3.5% su base annua. Il fattore montate di mercato è quindi m(0, 1(mese)) = 1.002870899, il fattore di sconto è v(0, 1(mese)) = 0.99713732, il fattore “up” è u = 1.05 e quello “down” è d = 0.8. Le probabilità neutrali al rischio sono q = (1.002870899 − 0.8)/(1.05 − 0.8) = 0.811483595 e 1 − q = 0.188516405. Il pagamento previsto dall’opzione call è Cu = [30 × 1.05 − 27]+ = 4.5 , Cd = [30 × 0.8 − 27]+ = 0 . Il valore dell’opzione call è pertanto C(0) = (0.811483595 × 4.5 + 0.188516405 × 0) × 0.99713732 = 3.641222596 euro. L’opzione può essere replicata con un portafoglio composto da ∆ azioni e da B quote del titolo a cedola nulla unitario a un mese, dove ∆= 4.5 − 0 = 0.6 , (1.05 − 0.8) × 30 e B= 1.05 × 0 − 0.8 × 4.5 = −14.4 . (1.05 − 0.8) Esempio 9 : In riferimento all’esempio precedente, si consideri il caso dell’opzione put “gemella” della call appena valutata. Il suo valore può essere calcolato tramite la parità put call: P (0) = C(0) − S(0) + Kv(0, 1 mese) = 3.641222596 − 30 + 27 × 0.99713732 = 0.563930229 euro. 11 Il portafoglio che replica l’opzione put si calcola come nel caso della call, sostitendo a Cu e Cd i valori corrispondenti della put, che sono: Pd = [27 − 30 × 0.8]+ = 3 . Pu = [27 − 30 × 1.05]+ = 0 , Pertanto la put può essere replicata con un portafoglio composto da ∆ azioni e da B quote del titolo a cedola nulla unitario a un mese, dove ∆= 4.2 0−3 = −0.4 , (1.05 − 0.8) × 30 e B= 1.05 × 3 − 0.8 × 0 = 12.6 . 1.05 − 0.8 Il caso multiperiodale Lo schema uniperiodale appena visto è molto interessante e denso di significati dal punto di vista teorico, ma si presta poco alla pratica operativa per via dell’ipotesi irrealistica che il titolo sottostante possa avere solo due determinazioni alla scadenza del derivato. In questa sezione provvederemo ad estendere lo schema al caso multiperiodale. Occorre anzitutto aggiungere un’ulteriore ipotesi, che riguarda l’evoluzione della struttura per scadenza dei tassi di interesse: si assumerà che i fattori montante uniperiodali siano tutti uguali al primo, ovvero che m(t, t + τ ) = m(t + τ, t + 2τ ) = · · · m(t + (n − 1)τ, T ). In particolare, ciò comporta che l’evoluzione del mercato obbligazionario avviene in condizioni di certezza e, in particolare, vale il teorema dei prezzi certi. Quest’ipotesi, molto forte, potrebbe essere evitata, a patto però di complicare notevolmente lo schema di valutazione. Accettare quest’ipotesi significa ridurre l’ambito di applicabilità del modello ai soli casi in cui l’aleatorietà dell’evoluzione del prezzo del titolo sottostante sia notevolmente maggiore di quella del mercato obbligazionario, in modo che quest’ultima possa essere trascurata, senza che ciò comporti una grossa perdita di validità dei risultati della valutazione. Si consideri l’intervallo [t, T ] e lo si suddivida in n sottointervalli uguali, di ampiezza quindi τ = (T − t)/n. Ciascuno di questi sottointervalli rappresenterà un “passo” dell’evoluzione del prezzo del titolo sottostante ed assumeremo che, ad ogni passo, questo si evolva secondo lo schema binomiale moltiplicativo visto nella sezione precedente, secondo fattori u e d che rimarranno costanti nel corso dell’evoluzione. Partendo da un valore iniziale S(t), alla fine del primo passo, in t + τ , si avranno quindi due possibili valori, uS(t) e dS(t). L’evoluzione nel secondo passo, a partire da ciascuno dei due valori, sarà nuovamente di tipo binomiale moltiplicativo. Pertanto, partendo dal caso “up” del primo passo, si otterranno due possibili determinazioni per il valore S(t + 2τ ), e precisamente uS(t + τ ) = u2 S(t) e dS(t + τ ) = duS(t), mentre partendo dal caso “down” del primo passo, si otterranno le determinazioni udS(t) e d2 S(t). Poiché la determinazione “down” del secondo passo, ottenuta a partire dalla determinazione “up” del primo passo, è duS(t) e coincide con la determinazione “up” del secondo passo, ottenuta a partire da quella “down” del primo, che è udS(t), si ottengono un totale di tre determinazioni per S(t + 2τ ): u2 S(t), udS(t) = duS(t) e d2 S(t). Cosı̀ procedendo, ad ogni passo il numero di determinazioni aumenta di 1, fino ad ottenere, alla fine dell’ultimo passo, n + 1 determinazioni per S(T ) = S(t + nτ ), ovvero un S(t), un−1 dS(t), . . . , udn−1 S(t) e dn S(t). Nella figura 5 è riportato graficamente un esempio di questo tipo di evoluzione su n = 3 passi. L’idea applicativa che porta a modellare questo tipo di evoluzione per il sottostante è che, a patto di suddividere l’intervallo [t, T ] in un numero sufficientemente alto di passi, si può avere alla scadenza T un numero sufficiente di determinazioni del valore S(T ) a scadenza del titolo sottostante. L’idea della valutazione dei titoli derivati in questo schema multiperiodale è molto semplice e si basa su di una procedura ricorsiva a ritroso che, passo per passo, partendo dall’ultimo per arrivare al primo, applica lo schema uniperiodale visto nella sezione precedente. Infatti, a seguito dell’evoluzione binomiale del prezzo del titolo sottostante, anche il valore del derivato si evolve sullo stesso reticolo. Per meglio capire questo fatto, si faccia riferimento alla figura 6, dove è rappresentato il reticolo dei prezzi del derivato, corrispondente a quello dei prezzi del sottostante rappresentato nella figura 5. Indicheremo con D(t) il suo valore al tempo t, con Du il suo valore al tempo t + τ , nell’ipotesi che si verifichi un movimento del prezzo del titolo sottostante di tipo “up”, mentre con Dd indicheremo il valore del derivato nell’ipotesi che si verifichi un movimento del prezzo del titolo sottostante di tipo “down”. Il significato finanziario di questi prezzi è il seguente: D(t) è il prezzo fatto dal mercato al tempo t, sapendo che il sottostante vale 12 r u3 S(t) 2 r u S(t) HH HH HHr 2 rH uS(t) u dS(t) H H H HHr rH udS(t) S(t) H H HH H HH HH Hr ud2 S(t) Hr dS(t) HH HH HH 2 r d S(t) HH HH HHr 3 d S(t) t t+τ t + 2τ t + 3τ = T Figura 5: Evoluzione binomiale moltiplicativa su tre periodi del valore del titolo sottostante rH Du2 H H r Du3 HH Hr Du2 d r Du H HH H HHr r D(t) H Dud HH H HH HH HHr HH rH Dd Dud2 HH H HHr Dd2 HH HH HHr Dd3 t t+τ t + 2τ t + 3τ = T Figura 6: Evoluzione binomiale su tre periodi del valore del titolo derivato S(t); Du è il prezzo che farà il mercato al tempo t + τ , nell’ipotesi che si verificherà un movimento “up” e che quindi risulti S(t + τ ) = uS(t); in modo analogo Dd è il prezzo che farà il mercato al tempo t + τ se però il sottostante dovesse giungere al livello S(t + τ ) = dS(t). Ripetendo questa logica ad ogni passo, si costruisce un reticolo di prezzi del derivato ai vari tempi e nei vari casi, corrispondente al reticolo dei prezzi del titolo sottostante. A questo punto si applica l’idea della ricorsione a ritroso. Per illustrare meglio il procedimento, ci riferiremo al caso di n = 2, illustrato nella figura 7. I possibili valori a scadenza del derivato, che sono 3, sono noti contrattualmente. Se ci poniamo al tempo T − τ = t + τ , in ciascuna delle possibili situazioni di mercato, univocamente determinate del valore del titolo sottostante S(t + τ ), si può determinare il prezzo del derivato che il mercato farà in quella condizione di mercato. Poiché, secondo l’evoluzione binomiale, i possibili prezzi del titolo sottostante sono due, uS(t) e dS(t), due sono i possibili prezzi del derivato: Du e Dd , rispettivamente. Ciascuno di essi può essere calcolato secondo lo schema uniperiodale, come aspettativa condizionata, fatta con le probabilità neutrali al rischio, di quelle che saranno le possibili determinazioni del valore a scadenza del derivato alla fine del passo successivo. In particolare, nell’ipotesi “up”, ovvero nell’ipotesi che in t + τ il titolo sottostante valga uS(t), il derivato potrà assumere in T le 13 2 r u S(t) rH uS(t) H HH HHr r udS(t) S(t) H H HH HH r dS(t) H HH H HHr 2 r Du2 r Du HH H HH r Hr Dud D(t) H HH H HHr Dd HH H H HHr Dd2 d S(t) t+τ t t T t+τ T Figura 7: Evoluzioni binomiali su due periodi del valore del sottostante e del derivato sole determinazioni Du2 e Dud , la prima nel caso di un ulteriore “up”, la seconda nel caso di un “down”. Pertanto il prezzo del derivato che farà il mercato in quest’ipotesi è ∗ Du = Et+τ [D(T )v(t + τ, T ) | S(t + τ ) = uS(t)] = [qDu2 + (1 − q)Dud ]v(t + τ, T ) . Nel caso ”down”, si avrà invece S(t + τ ) = dS(t) e le possibili determinazioni a scadenza del derivato saranno Dud e Dd2 . Pertanto si avrà che ∗ Dd = Et+τ [D(T )v(t + τ, T ) | S(t + τ ) = dS(t)] = [qDud + (1 − q)Dd2 ]v(t + τ, T ) . A questo punto abbiamo i valori del derivato in t + τ in ciascuna delle due condizioni di mercato che potranno verificarsi a quella data. L’idea chiave della valutazione è che ora possiamo dimenticarci che i prezzi Du e Dd sono stati calcolati a partire dalle tre determinazioni al tempo T e considerarli come le due possibili determinazioni al tempo t+τ = T − τ di un nuovo contratto derivato. Naturalmente, il prezzo in t di questo nuovo contratto deve coicidere con il prezzo in t del derivato originario, altrimenti si potrebbe costruire un arbitraggio non rischioso, basato sull’acquisto (o sulla vendita) del derivato originale e la sua vendita (il il riacquisto) in t + τ = T − τ . Il valore del nuovo contratto si calcola facilmente riapplicando la metodologia di valutazione uniperiodale. Risulta pertanto che ∗ D(t) = Et [D(t + τ )v(t, t + τ )] = [qDu + (1 − q)Dd ]v(t, t + τ ) . Sostituendo i valori ottenuti in precedenza per Du e Dd , si ha che D(t) = {q[qDu2 + (1 − q)Dud ]v(t + τ, T ) + (1 − q)[qDud + (1 − q)Dd2 ]v(t + τ, T )}v(t, t + τ ) , = [q 2 Du2 + 2q(1 − q)Dud + (1 − q)2 Dd2 ]v(t, T ) . Naturalmente, nel caso n > 2, bisogna fare tanti passi a ritroso, quanti sono i passi dell’evoluzione binomiale del titolo sottostante, cioè n. Tuttavia, anche in tal caso, si può giungere ad una forma compatta per il prezzo D(t), che si ottiene utilizzando risultati sulla distribuzione di probabilità binomiale o che, alternativamente, si può dimostrare direttamente per induzione su n: D(t) = n X n k=0 k q k (1 − q)n−k Duk dn−k v(t, T ) . Esempio 10 : Si consideri il caso dell’opzione call vista nell’esempio 8 e si supponga di volerla √ valutare ipotizzando un evoluzione binomiale del sottostante su 2 periodi. Ipotizziamo che u2 = 1.05, ovvero u = 1.05, in modo che il la determinazione massima che√avremo a scadenza coincida con la determinazione massima ipotizzata nell’esercizio 8. Analogamente porremo d = 0.8. I reticoli del prezzo dell’azione e del prezzo dell’opzione che si ottengono in questo 14 r 31.5 r 30.7408523 HH HH HHr r 30 H 27.49545417 HH H HHr 26.83281573 HH HH HHr 24 t t+τ r Cu HH H C(t) r H HH HH Hr Cud = 0.49545417 HHr Cd HH H H r Cu2 = 4.5 H t T t+τ HHr Cd2 = 0 T Figura 8: Evoluzioni binomiali su due periodi del valore del sottostante e della call dell’esempio 10 p modo sono rappresentati nella figura 8. Ipotizzando che m(t, t + τ ) = m(t + τ, T ) = m(t, T ), in base a quanto visto nell’esempio 8 si ha che m(t, t + τ ) = m(t + τ, T ) = 1.001434421 e che v(t, t + τ ) = v(t + τ, T ) = 0.998567634; le probabilità neutrali al rischio risultano allora q = 0.821439828 e 1 − q = 0.178560172. Effettuando il primo passo a ritroso, si trovano i valori di Cu e di Cd , che risultano Cu = [qCu2 + (1 − q)Cud ]v(t + τ, T ) = (0.821439828 × 4.5 + 0.178560172 × 0.49545417) × 0.998567634 = 3.779526179 euro e Cd = [qCud + (1 − q)Cd2 ]v(t + τ, T ) = (0.821439828 × 0.49545417 + 0.178560172 × 0) × 0.998567634 = 0.406402836 euro. Il secondo e ultimo passo si effettua applicando nuovamente lo schema uniperiodale al triangolo formato da C(t), Cu e Cd , e si ha che C(t) = [qCu + (1 − q)Cd ]v(t, t + τ ) = (0.821439828 × 3.779526179 + 0.178560172 × 0.406402836) × 0.998567634 = 3.172669753 euro. Riferimenti bibliografici [1] J.C. Cox, M. Rubinstein, Option Markets, Prentice Hall, 1985. [2] J.C. Hull, Options, Futures, and other Derivative Securities, Prentice Hall, 1993 (trad. it. edita dalla Società editrice il Mulino, Bologna). [3] F. Moriconi, Matematica Finanziaria, Società editrice il Mulino, Bologna 1995. 15