Lezione 16 – Trasformatore
Lezioni n.16
Trasformatore
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Trasformatore ideale
Proprietà del trasporto di impedenza
Induttori accoppiati – trasformatore reale
Schema circuitale equivalente per accoppiamento perfetto
Schema circuitale equivalente per accoppiamento non perfetto
Esercizio
In questa lezione introdurremo brevemente il trasformatore. E’ un
sistema di largo impiego, tipicamente utilizzato lungo una linea di
alimentazione per variare il valore della tensione e della corrente. Prima
di descrivere il trasformatore reale introdurremo il trasformatore ideale
che pur essendo una idealizzazione consente di trattare il trasformatore
reale in un modo semplificato grazie all’introduzione di uno schema
equivalente.
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Lezione 16 – Trasformatore
1. Trasformatore ideale
Un esempio di doppio-bipolo è costituito dal trasformatore ideale, un elemento che
trasforma le tensioni e le correnti e che può definirsi “trasparente all’energia” in
quanto non dissipa e non immagazzina energia. Questo elemento non è costituito al
suo interno da elementi a noi già noti, pertanto nel panorama della nostra trattazione è
una novità.
Il trasformatore ideale è un doppio-bipolo definito dalla seguente caratteristica:
(1)
v1 = av2
1
i1 = − i2
a
(2)
dove a rappresenta il rapporto di trasformazione.
Il simbolo che rappresenta il trasformatore ideale è illustrato in Fig.1.
1
i1
a:1
i2
2
v2
v1
1’
2’
Fig.1 – Simbolo del trasformatore ideale.
2. Proprietà del trasporto di impedenza
Vediamo come si comporta il trasformatore ideale se inserito in un circuito. Studiamo
il circuito di Fig.2.
R1
e(t)
v1
i1 a:1 i2
v2
R2
Fig.2 – Trasformatore ideale impiegato in un semplice circuito.
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Lezione 16 – Trasformatore
Per risolvere il circuito illustrato in Fig.2 sarà necessario risolvere
contemporaneamente le equazioni (1) e (2), le leggi di Kirchhoff e le relazioni
caratteristiche dei bipoli presenti nel circuito. Invece di fare questo cerchiamo
direttamente una relazione tra la tensione v1 e la corrente i1 . Faremo vedere, in questo
modo, che il circuito si può semplificare in uno equivalente in cui il trasformatore
ideale non compare.
Per la II legge di Kirchhoff si ha:
(3)
v2 = − R2 i2 ,
quindi, sostituendo la (1) nella (3) si ha
v1 = - a R2 i2 = a 2 R2 i1 .
(4)
Nella (4) possiamo definire una Req = a 2 R2 che rappresenta il carico complessivo
visto dalla porta 11’ del trasformatore ideale. Pertanto al posto del trasformatore con
un resistore connesso alla seconda porta sostituiamo un resistore equivalente come in
Fig. 3. Questa proprietà del trasformatore ideale è detta proprietà del trasporto di
impedenze. E’ una proprietà importante perché, come vedremo, consente di trattare
agevolmente i circuiti in cui sono presenti trasformatori ideali e anche reali.
R1
e(t)
v1
i1
Req
Fig.3 – Resistenza equivalente calcolata con la proprietà del trasporto di impedenza.
Si può dimostrare che la proprietà del trasporto di impedenze (appunto diciamo
impedenze!) vale anche per circuiti di impedenze, circuiti cioè in cui siano presenti
anche condensatori e induttori ma che si trova in regime sinusoidale. In tal caso
tratteremo il circuito del dominio dei fasori e quindi trasporteremo una impedenza
analogamente a quanto abbiamo fatto per la (4):
V̂1 = - a Z& 2 Î1 = a 2 Z& 2 Î1 .
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(5)
3
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In particolare avendo al secondario un induttore o un condensatore possiamo dire che,
grazie al trasporto di impedenza, alla porta del primario si potrà considerare un
induttore e un condensatore equivalente pari a:
Leq = a 2 L e Ceq = C a 2 .
(6)
3. Induttori accoppiati – trasformatore reale
A questo punto siamo pronti per introdurre il trasformatore reale. Cominciamo col
dare una breve descrizione del sistema fisico costituito da due induttori accoppiati.
1
i1
i2
v1
2
v2
1’
2’
Fig.4 – Induttori accoppiati.
In Fig.4 abbiamo avvolto due conduttori su un pezzo di materiale ferromagnetico di
forma toroidale realizzando due avvolgimenti costituiti da un certo numero di spire,
diciamole N1 ed N2. Questo oggetto si comporta come un doppio-bipolo, in quanto
soddisfa la richiesta che le correnti ai morsetti esterni indipendenti siano solo due.
Infatti abbiamo una corrente alla porta 1-1 ' (porta primaria o avvolgimento primario)
e un’altra corrente alla porta 2-2 ' (porta secondaria o avvolgimento secondario).
Cerchiamo ora la relazione caratteristica di questo doppio-bipolo.
Immaginiamo, per il momento, di non specificare come ho realizzato gli
avvolgimenti; immaginiamo di poter fissare il verso delle tensioni e delle correnti e di
non conoscere l’interno del sistema. In presenza delle due correnti è noto che
all’interno di ogni avvolgimento sarà prodotto un campo magnetico che sarà la
sovrapposizione di quello prodotto da ognuna delle due correnti i1 e i2 . Associato al
campo magnetico esistente all’interno degli avvolgimenti c’è un flusso magnetico.
Per l’avvolgimento primario chiamiamo tale flusso φ1, per l’avvolgimento secondario
φ2. Osserviamo che i flussi φ1 e φ2 consistono nella sovrapposizione di un termine
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relativo al campo prodotto dalla corrente i1
prodotto dalla corrente i2 , ossia:
e di un termine relativo al campo
φ1 = φ11 ± φ12 ,
(7)
φ2 = ±φ21 + φ22 ,
(8)
dove φ11 rappresenta il flusso relativo al campo prodotto dalla corrente i1 che si
concatena con l’avvolgimento primario, φ12 rappresenta il flusso relativo al campo
prodotto dalla corrente i2 che si concatena con l’avvolgimento primario, φ21
rappresenta il flusso relativo al campo prodotto dalla corrente i1 che si concatena con
l’avvolgimento secondario, φ22 rappresenta il flusso relativo al campo prodotto dalla
corrente i2 che si concatena con l’avvolgimento secondario.
Dobbiamo chiarire il motivo per il quale ai termini di mutua induzione abbiamo
considerato un segno positivo o negativo. La scelta tra i due dipende dal fatto che il
flusso φ12, ad esempio, nella (7) si può sommare al flusso φ11 se il verso del campo
prodotto dalla corrente i2 si concatena con l’avvolgimento primario 1 nello stesso
verso con cui si concatena il flusso auto-indotto (questo accade nella Fig. 4). Se
invece consideriamo la Fig. 5, dove abbiamo avvolto il conduttore al secondario in
modo contrario, dobbiamo sottrarre i flussi mutuamente indotti. Per sintetizzare
possiamo considerare la tabella 1.
1
i1
i2
v1
2
v2
1’
2’
Fig. 5 – Induttori accoppiati con avvolgimento secondario avvolto al contrario di
quello di Fig. 4.
Fig. 4
φ1 = φ11 + φ12
φ2 = φ21 + φ22
Fig. 5
φ1 = φ11 − φ12
φ2 = − φ21 + φ22
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Vogliamo ora introdurre le tensioni alle due porte per poi individuare le relazioni
caratteristiche che legano le 4 grandezze ( i1 i2 v1 v2 ).
Dalla legge Faraday – Neuman possiamo scrivere che:
v1 =
dφ1
,
dt
(9)
v2 =
dφ 2
,
dt
(10)
dove le tensioni sono quelle rappresentate in Fig.4. In questo caso il segno positivo
che compare nelle (9) e (10) dipende dai versi delle tensioni e delle correnti e da
come ho avvolto il conduttore.
Per determinare una caratterizzazione di questo particolare doppio-bipolo abbiamo
bisogno di una relazione funzionale tra le correnti i1 e i2 e le tensioni v1 e v2 .
A tale scopo sappiamo che esiste una relazione di proporzionalità tra flussi e correnti
che producono il campo relativo al flusso stesso. La relazione è di semplice
proporzionalità.
Scriviamo, sempre facendo riferimento alla Fig.4 per i segni:
φ1 = φ11 + φ12 = L1 i1 + M12 i2 ,
(11)
φ2 = φ21 + φ22 = M21 i1 + L2 i2,
(12)
Grazie alla proprietà di reciprocità si può dimostrare che M 21 = M 12 = M .
I coefficienti L1 e L2 rappresentano delle vere e proprie induttanze, le auto induttanze,
mentre il coefficiente di mutua induttanza M rappresenta il rapporto tra il flusso
concatenato con un avvolgimento e la corrente esistente nell’altro avvolgimento che
produce il campo relativo al flusso considerato.
Dalle (9)-(10) e (11)-(12) possiamo scrivere la relazione caratteristica del
trasformatore, si ha che:
di1
di2

v
=
L
+
M
1
1

dt
dt

di
di
v2 = M 1 + L2 2
dt
dt

(13)
dove abbiamo considerati costanti i coefficienti L1, L2 ed M.
E’ chiaro che se avessi usato gli avvolgimenti come in Fig. 5 avrei scritto:
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di1
di2

 v1 = L1 dt − M dt

di
di
v2 = − M 1 + L2 2
dt
dt

(14)
Nella teoria dei circuiti l’accoppiamento mutuo che ha le caratteristiche generali (13)
o (14) si indica con il simbolo rappresentato in Fig. 6.
i1
i1
i2
v2
v1
a
i2
v2
v1
b
Fig. 6 – Simbolo del trasformatore reale.
Se non conosco come sono avvolti all’interno del trasformatore gli avvolgimenti chi
mi dice se devo utilizzare il segno positivo o negativo?
Si utilizza la “convenzione del punto”. Possiamo dire che:
avendo fatto su entrambe le porte la convenzione dell’utilizzatore, il coefficiente M è
positivo se i due punti sono affiancati, al contrario è negativo se non sono affiancati.
Allora per la Fig. 6-a dobbiamo scrivere le equazioni (13), mentre per la Fig. 6-b
dobbiamo scrivere le equazioni (14).
In generale nel trasformatore vi è del flusso disperso che non riesce a concatenarsi
con la spira accoppiata a quella in cui circola la corrente che lo produce. In questo
caso possiamo affermare che:
M ≤ L1 L2 .
(15)
Come conseguenza della (15) si introduce il coefficiente di accoppiamento k:
0≤k =
M
≤1 .
L1 L2
(16)
Quanto più si riesce a realizzare un accoppiamento “perfetto” tanto più il valore di k
si avvicina ad 1. Nel caso in cui questo sia possibile possiamo affermare che:
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M = L1 L2 .
(17)
Quando è verificata la condizione (17) si dice che l’accoppiamento è perfetto. In
questo caso possiamo dire che il flusso totale (auto e mutuo) che si concatena con la
singole spira dell’avvolgimento primario è uguale al flusso che si concatena con la
singola spira dell’avvolgimento secondario. Possiamo cioè scrivere:
φ1 = N1φ; φ2 = N2φ
(18)
dove φ rappresenta appunto il flusso concatenato con la singola spira di entrambi gli
avvolgimenti. Dalla (18) ricaviamo che:
φ1 N1
=
= a.
φ2 N 2
(19)
Abbiamo posto uguale ad una costante a il rapporto tra le spire al primario ed al
secondario. Dalle (9) e (10) possiamo ricavare banalmente che:
v1 N1
=
= a.
v2 N 2
(20)
Abbiamo così ritrovato la condizione sulle tensione del trasformatore ideale (1)! Cosa
dire delle correnti? Nel trasformatore ideale abbiamo detto che vale la (2)…ma in un
trasformatore reale, anche se ad accoppiamento perfetto (vale la (17)), non risulta
verificata la (2). Vediamo cosa accade alle correnti nel trasformatore ad
accoppiamento perfetto. Questo lo faremo cercando lo schema equivalente del
trasformatore ad accoppiamento perfetto.
Per prima cosa osserviamo che
M ∝ N1 N 2 , L1 ∝ N 12 e L2 ∝ N 22 , ed inoltre essendo verificata la (17), si ha:
L1 M
=
=a.
M L2
(21)
4. Schema circuitale equivalente per accoppiamento perfetto
Esiste la possibilità di utilizzare uno schema equivalente del trasformatore ad
accoppiamento perfetto che usa il trasformatore ideale e un induttore, vediamo come.
Mettendo in evidenza L1 nella prima della (13) otteniamo la seguente equazione
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 di M di2 
 .
v1 = L1  1 +
dt
L
dt


1
(22)
Poi mettendo in evidenza M nella seconda della (13)
 di L di 
v2 = M  1 + 2 2  .
 dt M dt 
(23)
Dividendo, ora membro a membro le equazioni (22) e (23) otteniamo, utilizzando la
(21):
v1 L1
=
=a.
v2 M
(24a)
Lo stesso risultato potevo trovando partendo dalla equazione (14); in questo caso
avremmo scritto:
v2
L
1
=− 2 =− .
v1
M
a
(24b)
La (24a) è uguale alla (20). In conclusione abbiamo trovato che il trasformatore reale
ha, tra le tensioni, la stessa relazione (1) del trasformatore ideale.
Vediamo cosa accade alle correnti.
Osserviamo che la (13) la possiamo scrivere, utilizzando la (21):
v1 = L1
di1'
d
1 
i
+
i
=
L
,
1
2 
1
dt 
a 
dt
(25)
dove abbiamo posto
1
i1' = i1 + i2 .
a
(26)
Introducendo la corrente
1
i1" = − i2 ,
a
(27)
possiamo scrivere
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i1 = i1' + i1" .
(28)
Dalla (28) ricaviamo che la corrente del primario è costituita da due contributi. La
corrente i1' , che grazie alla (25) è quella che circola nell’induttore L1 e i1" che, dalla
(2), è quella di un primario di trasformatore ideale.
E’ evidente che lo schema equivalente di un trasformatore ad accoppiamento perfetto
è quello rappresentato in Fig. 7.
i1”
i1
i2
a:1
i1’
v1
v2
L1
Fig. 7 – Schema equivalente di un trasformatore ad accoppiamento perfetto.
Ripercorrendo lo stesso ragionamento ma partendo dalla seconda equazione della
(13) saremmo giunti ad individuare lo schema equivalente di Fig. 8 che è quindi
equivalente a quello di Fig. 7.
i1
a:1
i2”
i2
i2’
v1
L2
v2
Fig. 8 – Schema equivalente di un trasformatore ad accoppiamento perfetto.
Si capisce che la presenza della L1 al primario o della L2 al secondario che un
trasformatore reale ad accoppiamento perfetto non è un trasformatore ideale.
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Lezione 16 – Trasformatore
5. Schema circuitale equivalente per accoppiamento non perfetto
Che cosa accade invece se l’accoppiamento non è perfetto? Cioè se:
M 2 ≠ L1 L2 .
Si scompone l’induttanza L1 in due parti L1' e L"1 , tali che L"1 realizzi l’accoppiamento
perfetto, cioè L"1 L2 = M 2 .
Per quanto riguarda L1' questo sarà l’induttanza di un induttore posto in serie alla
tensione v1 come mostrato nel circuito equivalente mostrato in Fig. 9.
i1”
i1
L1
v1
’
v1 ’
a:1
i2
i1’
L1 ”
v1 ”
v2
Fig. 9 – Schema equivalente di un trasformatore ad accoppiamento non perfetto.
La dimostrazione dello schema di Fig. 9 si ottiene nello stesso modo in cui si opera
nel caso di accoppiamento perfetto. Partendo dalla prima delle (13):
v1 = L1'
d
d
d
d
M d 
1d 
d
i1 + L1'' i1 + M i2 = v1' + L1''  i1 + '' i2  = v1' + L1''  i1 +
i2  (29)
dt
dt
dt
L1 dt 
a dt 
 dt
 dt
dove:
1 d 
d
v1'' = L1''  i1 +
i2 
a dt 
 dt
Con il secondo contributo di tensione si ragiona in modo analogo a quanto fatto per
l’accoppiamento perfetto, ritrovando così lo schema di Fig. 9.
Per ottenere il circuito equivalente di un accoppiamento non perfetto, rispetto a quello
di un accoppiamento perfetto, basterà aggiungere al primario la caduta di tensione
rappresentata dalla presenza dell’induttore L1' . E’ evidente che è possibile trovare uno
schema equivalente a quello della Fig. 9 con, però, le induttanze al secondario.
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Lezione 16 – Trasformatore
5. Esercizio
Risolviamo gli esercizi che compaiono nella traccia di esame del 20 febbraio 2007.
R
M
C
e(t)
L1
L2
e(t)= 10cos(220t); R=1Ω; C=10µF; L1=2mH; L2=1mH; M= L1L2.
Determinare la corrente nel resistore R.
M
j(t)
R
L1
L2
C
j(t)= 10cos(220t); R=1Ω; C=10µF; L1=2mH; L2=1mH; M= L1L2.
Determinare la corrente nel resistore R.
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