effetti penali della voluntary disclosure
Non punibilità per le infedeltà, concorso di circostanze
attenuanti per le condotte fraudolente
In considerazione della straordinaria necessità di adottare provvedimenti in materia di emersione e rientro
di capitali detenuti all’estero e anche per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale, è stato emanato il
recentissimo decreto legge 28/1/2014, n. 4, con il quale viene introdotta la cosiddetta voluntary disclosure.
di Gianluca Gambogi - Avvocato e Docente di diritto penale tributario presso la Scuola Polizia Tributaria
Guardia di Finanza di Roma-Lido di Ostia
L’art. 1 del suddetto decreto ha infatti inserito l’art. 5 quater nel testo della legge 4/8/1990, n. 227,
normativa quest’ultima contenente disposizioni inerenti la rilevazione ai fini fiscali di taluni trasferimenti da
e per l’estero di denaro, titoli e valori.
In forza del citato art. 5 quater l’autore delle violazioni degli obblighi di dichiarazione per gli investimenti
all’estero o le attività estere di natura finanziaria, commesse sino al 31/12/2013, può avvalersi della
procedura di collaborazione volontaria per l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali costituite o
detenute fuori dal territorio italiano.
Il Consiglio dei Ministri, con il comunicato stampa del 24/1/2014, ha tenuto a precisare che la
regolarizzazione dei capitali non dichiarati detenuti all’estero avviene con una richiesta spontanea del
contribuente e non è un condono.
In realtà, come vedremo tra breve, la voluntary disclosure ha senz’altro effetti premiali tanto dal punto di
vista amministrativo, quanto, e soprattutto, per ciò che attiene ai fini del presente commento, in materia
penale.
1) REQUISITI E CARATTERISTICHE DELLA SPONTANEA RICHIESTA DI REGOLARIZZAZIONE
La procedura di regolarizzazione si avvia con la presentazione, da parte dei soggetti interessati (le persone
fisiche e i soci di società di persone), di una richiesta nella quale devono essere indicati tutti gli investimenti
e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta
persona, fornendo i relativi documenti e le informazioni per la ricostruzione dei redditi che servirono per
costituirli, acquistarli o che derivano invece dalla loro dismissione o utilizzo.
Ciò naturalmente in relazione a tutti i periodi di imposta per i quali, alla data di presentazione della
richiesta, non sono scaduti i termini per l’accertamento.
Una volta che l’accertamento dei suddetti redditi sarà concesso la procedura prevede il versamento, in
un’unica soluzione, delle somme dovute in base all’avviso di accertamento entro il termine per la
proposizione del ricorso.
Se le somme dovute sono determinate in base all’accertamento con adesione, il versamento dovrà avvenire
entro 20 giorni dalla redazione dell’atto (sulle caratteristiche dell’atto di accertamento con adesione giova,
senz’altro, richiamare quanto previsto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 218/97).
In ogni caso dovranno essere versate le somme dovute in base all’atto di contestazione o al provvedimento
di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi dichiarativi e senza avvalersi della
compensazione prevista dall’art. 17 del D.Lgs. n. 241/97.
Ovviamente la collaborazione volontaria non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l’autore
della violazione degli obblighi di dichiarazione abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni,
verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo, oppure di procedimento
penale, per le violazioni di norme tributarie relative ovviamente alle attività di cui trattasi.
Una volta effettuato il versamento delle somme sopra indicate l’Agenzia delle Entrate, entro 30 giorni dal
versamento stesso, comunicherà all’Autorità Giudiziaria competente la conclusione della procedura di
collaborazione.
La procedura di collaborazione potrà essere attivata fino al 30/9/2015.
2) EFFETTI AMMINISTRATIVI DELLA PROCEDURA DI COLLABORAZIONE VOLONTARIA
La procedura di cui trattasi ha, senza dubbio alcuno, effetti importanti sul piano amministrativo.
Le sanzioni relative alla violazione degli obblighi dichiarativi relativi ai trasferimenti per gli investimenti
all’estero e le attività estere di natura finanziaria sono determinate, infatti, nella misura pari alla metà del
minimo edittale se: “a) le attività vengono trasferite in Italia o in Stati membri dell’Unione europea e in Stati
aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni
con l’Italia inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4/9/1996, e successive modificazioni,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220, del 19/9/1996; ovvero b) le attività trasferite in Italia o nei
predetti Stati erano o sono ivi detenute; ovvero c) l’autore delle violazioni di cui all’art. 5-quater, comma 1,
fermi restando gli adempimenti ivi previsti, rilascia all’intermediario finanziario estero presso cui le attività
sono detenute un’autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati
concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria e allega copia di tale autorizzazione,
controfirmata dall’intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria”.
Invece, nei casi diversi da quelli di cui al primo periodo, la sanzione è determinata nella misura del minimo
edittale, ridotto di un quarto.
Da quanto sopra emerge che, come peraltro già indicato nel citato comunicato stampa del Consiglio dei
Ministri, sostanzialmente la riduzione delle sanzioni amministrative è così articolata: nel caso di semplice
regolarizzazione la sanzione viene ridotta di un quarto; quest’ultima però può ridursi fino alla metà se il
contribuente trasferisce i capitali interessati dal provvedimento di cui trattasi in Italia o in altro paese
dell’Unione europea o in Stati che hanno aderito all’accordo sullo spazio economico.
Trova quindi conferma quanto rilevato poc’anzi e cioè che, anche a voler considerare soltanto l’incidenza
sulle sanzioni amministrative, può ritenersi che la procedura di collaborazione volontaria produce effetti
premiali.
Nel caso di effettivo trasferimento in Italia (o in altro paese U.E. o comunque aderente agli accordi sullo
spazio economico) dei capitali, effetti anche di significativo valore dal punto di vista economico.
3) LA RILEVANZA PENALE DELLA DISCLOSURE: ESCLUSIONE DEL REATO NEL CASO DI INFEDELTA’,
ATTENUANTE AD EFFETTO SPECIALE NEL CASO DI FRAUDOLENZA
Può ragionevolmente ritenersi, peraltro, che gli effetti più significativi della collaborazione volontaria siano
quelli relativi alla materia penale.
Non v’è dubbio infatti che gli effetti in questione siano importanti e riguardano tutti i delitti in materia di
dichiarazione contemplati nel D.Lgs. n. 74/00.
E’ evidente che i benefici siano riferibili limitatamente alle condotte relative agli imponibili conseguenti alle
attività costituite o detenute all’estero.
Più precisamente viene esclusa la possibilità per i delitti di infedele dichiarazione (art. 4, D.Lgs. n. 74/00) e
di omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. n. 74/00).
Per quanto attiene invece ai delitti contraddistinti da comportamenti fraudolenti e cioè la dichiarazione
fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/00) e la
dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D.Lgs. n. 74/00), le pene sono diminuite fino alla
metà.
Pertanto si deve ritenere che alle dichiarazioni fraudolente sia applicata una circostanza che, in forza di
quanto prevede l’art. 63, comma 3, del codice penale, è da considerarsi ad effetto speciale.
Da quanto sopra indicato emerge, con evidente chiarezza, che il decreto legge in questione, sulla scorta di
quello che può definirsi un principio generale desumibile dall’impianto complessivo dei delitti in materia di
dichiarazione, così come delineato nel D.Lgs. n. 74/00, ha considerato, e non poteva essere diversamente,
più gravi i comportamenti fraudolenti rispetto a quelli infedeli.
Conseguentemente ha garantito la non punibilità per le condotte caratterizzate dalla sola infedeltà,
assicurando, invece, solo una diminuzione di pena per quelle contraddistinte da fraudolenza.
La scelta è davvero condivisibile tenuto conto che anche dal punto di vista sanzionatorio, come ben noto, vi
è una netta differenza tra i delitti in materia di dichiarazione contraddistinti da fraudolenza e gli altri.
Non è un caso, infatti, che tanto la dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti
falsi, tanto la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, sono delitti puniti con la reclusione da 1 anno
e 6 mesi a 6 anni.
Mentre l’infedele dichiarazione e l’omessa dichiarazioni sono puniti con la reclusione da 1 a 3 anni.
Se si ha riguardo alla pena massima, è facile evidenziare che quest’ultima nel reato di dichiarazione infedele
o nel reato di omessa dichiarazione, corrisponde alla metà di quella prevista per le dichiarazioni
fraudolente.
Del resto che i delitti in materia di dichiarazione possono suddividersi nel modo sopra indicato e cioè da un
lato quelli (più gravi) contraddistinti da fraudolenza e quelli (meno gravi) caratterizzati dall’infedeltà,
emerge anche dalla stessa relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 74/00.
Quest’ultima, infatti, allorquando delinea lo schema del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri
artifici, stabilisce che l’elemento qualificante della fattispecie di cui trattasi, che ne segna il discrimen
rispetto all’ipotesi della dichiarazione infedele, è rappresentato proprio da un particolare coefficiente di
decettività del mendacio tale da costituire ostacolo al suo accertamento.
Nessuna sorpresa, quindi, nel constatare la diversità degli effetti penali in tema di collaborazione
volontaria.
Appare giusto che il legislatore abbia concesso un effetto premiale più significativo alle ipotesi di infedeltà
garantendo la non punibilità per i reati di infedele e omessa dichiarazione.
4) LE DICHIARAZIONI FRAUDOLENTE: APPLICABILITA’ ANCHE DELLA CIRCOSTANZA ATTENUANTE DI CUI
ALL’ART. 13 DEL D.LGS. N. 74/00
Interessante notare come, tuttavia, gli effetti positivi per coloro che si vedranno contestare, in sede penale,
ipotesi di dichiarazione fraudolenta, sia per uso di fatture false o altri documenti, sia per altri artifici, non si
esauriscono nella riduzione della pena sino alla metà.
A tali soggetti, infatti, pare possibile applicare anche la circostanza attenuante prevista dall'art. 13 del D.
Lgs. n. 74/2000.
La suddetta norma, parzialmente modificata dalla cosiddetta manovra bis introdotta dal decreto legge n.
138/11, prevede – nel caso di estinzione del debito tributario prima dell'apertura del dibattimento – una
diminuzione di pena sino a un terzo e la non applicabilità delle pene accessorie. Quest'ultime sono indicate
nell'art. 12 del D. Lgs. n. 74/00 e valgono per tutti i delitti tributari.
Pertanto chi darà corso alla voluntary disclosure oltre alla riduzione di pena prevista dal decreto legge n.
4/14 godrà di un' ulteriore riduzione della pena fino a un terzo e non sarà soggetto a pene accessorie.
Non v' è dubbio infatti che il contribuente che perfezionerà la procedura di regolarizzazione, avendo pagato
e quindi estinto il debito tributario, si troverà nella situazione prevista per la applicabilità del citato articolo
13 D. Lgs n. 74/00.
Prova ne sia che la disclosure si conclude entro 30 giorni dall'effettuazione del versamento dovuto, con la
comunicazione trasmessa all'Autorità Giudiziaria dall'Agenzia delle Entrate e certamente ben prima
dell'inizio del procedimento penale.
Del resto il cumulo di effetti positivi non può essere escluso in forza dell'articolo 67 c.p. che fissa il limite
delle diminuzioni di pena nel concorso di più circostanze né, tantomeno, in forza dell'articolo 68 c.p. che
fissa i limiti al concorso di circostanze riferendosi però a quelle che comprendono in se altra e diversa
circostanza.
La duplice riduzione sino alla metà (decreto legge n. 4/14) e poi fino ad un terzo (art. 13 D. Lgs. n. 74/00)
consente di mantenere la pena finale ben al di sopra del limite contemplato nell'articolo 67, comma 2 c.p.,
in forza del quale non può applicarsi in misura inferiore ad un quarto.
La circostanza ex art. 13 è inoltre ben diversa da quella indicata nel D.L. di cui trattasi non solo e non tanto
perché, almeno dal 2011 non è più ad effetto speciale, ma anche e soprattutto perché riguarda
l'inapplicabilità delle pene accessorie rendendo quindi impossibile considerarla compresa nell'altra.
5) DISCLOSURE E PATTEGGIAMENTO
Un ulteriore effetto penalistico o, più precisamente, processual penalistico, è quello relativo al
patteggiamento.
Come noto, infatti, anche questo procedimento speciale è stato interessato dalla mini riforma penale
tributaria contenuta nel decreto legge n. 138/11 sopra indicato.
Per i reati tributari commessi dopo l’entrata in vigore della suddetta mini riforma, infatti, l’applicazione
della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. può essere richiesta solo qualora ricorra la circostanza attenuante
dell’estinzione del debito tributario.
Ovvio quindi che il contribuente-indagato per fatti compiuti successivamente alla riforma del 2011, se si
avvarrà della disclosure perfezionando la procedura, si troverà automaticamente nella condizione di poter
ottenere un ulteriore beneficio legato alla scelta processuale.
Il patteggiamento, come noto, infatti, comporta, tra gli altri benefici, soprattutto quello relativo alla
diminuzione della pena fino a un terzo.
Quest’ultimo effetto sarà pertanto cumulabile con quanto indicato in precedenza.
Nessuna incidenza per coloro che avranno violato le norme in materia dichiarativa prima della suddetta
mini riforma tributaria e ciò per il semplice motivo che in quel caso il ricorso al patteggiamento non sarà in
alcun modo precluso.
6) ESIBIZIONE DI ATTO FALSO E COMUNICAZIONE NON RISPONDENTE AL VERO
Tra le novità di natura penale introdotte dal decreto legge n. 4/14 si deve registrare anche quella relativa
all’introduzione di un’ulteriore fattispecie incriminatrice.
Laddove il contribuente interessato alla procedura di collaborazione volontaria esibisca o trasmetta atti o
documenti falsi in tutto o in parte, ovvero fornisca dati e notizie non rispondenti al vero, è punito con la
reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.
Non v’è dubbio, innanzi tutto, che la pena indicata sia estremamente significativa.
Corrisponde, infatti, tanto nel minimo, quanto nel massimo, alla pena prevista per i delitti di dichiarazione
fraudolenta di cui all’art. 2 e all’art. 3 del D.Lgs. n. 74/00, dei quali abbiamo poc’anzi parlato.
La fattispecie in questione è tale da far ritenere che trattasi di reato a consumazione istantanea.
L’illecito penale si perfeziona infatti con la trasmissione o esibizione di atti falsi o con il fornire dati o notizie
non veritiere.
L’interesse protetto dalla norma è immediatamente percepibile: il legislatore vuole garantire che il
contribuente, allorquando intraprende la procedura conciliativa con l’erario, si comporti in maniera legale e
fedele.
Del resto non è una novità che il legislatore penale tributario sia bene attento a garantire la correttezza del
contribuente durante l’interlocuzione con l’Agenzia delle Entrate, tant’è vero che l’art. 11, comma 2, del
D.Lgs. n. 74/00, punisce la cosiddetta ‘frode nella transazione fiscale’.
Da notare semmai che, proprio rispetto alla frode nella transazione fiscale, il legislatore ha considerato
ancor più grave la slealtà del contribuente in tema di disclosure.
Ciò trova conferma proprio dal confronto delle pene edittali indicate, nelle due ipotesi di reato sopra
richiamate, in maniera significativamente diversa.
Nel delitto di frode nella transazione fiscale l’ipotesi base è punita con la reclusione da 6 mesi a 4 anni,
mentre nell’ipotesi grave (laddove l’ammontare degli elementi attivi inferiori alla realtà o degli elementi
passivi fittizi sia superiore ad € 200.000,00) si applica la reclusione da 1 anno a 6 anni.
Nel nuovo reato, invece, come abbiamo visto poco sopra, la pena è prevista, senza distinzioni di ipotesi
gravi o meno gravi, in maniera esattamente identica ai delitti in materia di dichiarazione fraudolenta e cioè
1 anno e 6 mesi nel minimo e 6 anni nel massimo.
E’ ovvio constatare che questa nuova fattispecie criminosa potrà essere caratterizzata anche da fenomeni
che riguardano la delicata materia del concorso nel reato da parte del professionista.
I professionisti, infatti, dovranno evitare simili rischi sottraendosi a condotte anche soltanto agevolative
delle non leali intenzioni del cliente laddove venissero acclarate durante i colloqui finalizzati a predisporre
la procedura di collaborazione volontaria.
7) IN CONCLUSIONE
E’ evidente che è davvero presto per dare valutazioni di carattere generale sugli effetti che la
collaborazione volontaria otterrà in punto di gettito erariale.
Non si deve comunque sottovalutare che il provvedimento pare avere le caratteristiche della cosiddetta
ultima spiaggia per coloro che vogliono regolarizzare la propria posizione con il fisco e vogliono quindi far
emergere e rientrare capitali detenuti all’estero.
Il panorama giuridico internazionale, la collaborazione tra gli Stati, in particolare quella sugli interventi in
materia di riciclaggio e sui paradisi fiscali, porta ragionevolmente a pensare che la disclosure arriverà ad
ottenere l’effetto sperato dal legislatore.
Più facile, d’altro canto, dare un giudizio su quelli che sono gli effetti premiali dal punto di vista penale.
Come evidenziato poco sopra sono effetti importanti che riguardano tutti i reati in materia di dichiarazione.
Del resto se il decreto legge contiene una specifica causa di non punibilità per le dichiarazioni infedeli e per
quelle omesse, è altresì vero che anche gli effetti in materia di dichiarazioni fraudolente non sono da
sottovalutare.
Non solo e non tanto per il riconoscimento di una circostanza ad effetto speciale, ma anche perché, come
detto, quest’ultima può essere cumulata con altri effetti positivi.
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Non punibilità per le infedeltà, concorso di circostanze attenuanti