Elisabeth Braunshier Università di Vienna – Dipartimento di Storia dell‘Arte Boito e l’architettura viennese Accanto alla sua attività di architetto, teorico d'architettura e professore, Camillo Boito è intervenuto, spesso e volentieri, anche come critico d'arte pubblicando regolarmente le sue idee sull'arte contemporanea nella rivista Nuova antologia di scienze, lettere ed arti. Nel 1860 ebbe il posto di professore all'Accademia di Belle Arti di Brera, come successore di Friedrich Schmidt considerato come il più importante rappresentante di architettura neogotica e, come costruttore del duomo di Santo Stefano di Vienna, lavorava attivamente soprattutto nella capitale dell'impero. Documenti epistolari attestano il buon insieme di collegamenti ed il vivace scambio di idee che Boito aveva con gli architetti di Vienna come Heinrich Ferstel, Theophil Hansen e Friedrich Schmidt. Nel 1872 Boito fu nominato rappresentante del reparto d'arte italiana per l'esposizione mondiale di Vienna che venne aperta il 1 maggio 1873. Come membro della giuria del gruppo XXV (arte figurativa contemporanea, sezione Italia) il suo nome si fa avanti assieme a quelli di architetti internazionali. Della giuria fanno parte Heinrich Ferstel per la sezione Austria, Theophil Hansen per la Danimarca così come Friedrich Schmidt che aveva la carica di vice presidente del gruppo XXIII (arte delle chiese). L'esposizione mondiale di Vienna, aperta festosamente dall'imperatore Francesco Giuseppe I., che chiuse le porte il 1 novembre, superò tutte le dimensioni raggiunte, fino a quel momento, dalle precedenti esposizioni. Con una superficie di 233 ettari sull'area dell'ex „Wurstelprater“ essa è stata molto più grande delle esposizioni mondiali tenute prima e che ebbero luogo alternativamente a Londra (1851 e 1862) e a Parigi (1855 e 1867). Accanto al Prater come area ufficialmente riconosciuta per le esposizioni vennero aggiunti: il centro con i nuovi palazzi eretti sulla Ringstraße considerati pure come parte della Expo frequentati da innumerevoli visitatori provenienti sia dall'interno che dall'estero. I meravigliosi edifici in stile storico come la Wiener Hofoper (l'odierna Staatsoper) oppure il museo austriaco d'arte e industria (Österreichisches Museum für Kunst und Industrie, l'odierno Museo d'Arte Applicata) furono poi riuniti sotto il nome „Ringstraßenstil“. La Ringstraße di Vienna e gli edifici che lì si trovano costituirono il rinnovamento architettonico più importante della città che voleva così assolutamente assumere, anche esteticamente, lo stato di una vera e propria metropoli. Accanto agli interessi di mercato e il rinforzamento di Vienna come importantissima frontiera verso l'est si voleva anche portare avanti il commercio per mezzo dell'esposizione mondiale. Dall'altro lato alla base dell'esposizione mondiale vi erano anche interessi politici come un amichevole avvicinamento all'Italia e alla Germania dopo le guerre del 1859 e 1866 che l'Austria aveva perso. Nel corso della sua attività come giurato Camillo Boito formulò le sue impressioni sull'esposizione mondiale in tre saggi che vennero pubblicati nel 1873–74 sulla rivista Nuova antologia di scienze, lettere ed arti. In modo critico, e senza autoesaltazione per l'Italia, egli si dedicò in questi saggi alle discipline tradizionali dell'arte applicata: pittura, scultura e architettura. Una unità che per Boito non poteva essere spezzata come scrisse egli stesso in una rassegna artistica del 1872: „Le tre arti sorelle devono stringersi insieme“. La parte senz'altro più interessante per lui fu il giudizio sull'architettura rinnovato alcuni anni dopo, e precisamente nel volume uscito nel 1884 Gite di un artista in modo leggermente modificato. Il suo riassunto sulle opere d'arte esposte dall'Italia nel confronto internazionale finì per avere un risultato negativo: „Insomma, per conclusione delle nostre tre cicalate, a noi pare che nella Mostra di Vienna l'Italia fosse inferiore all'Austria, all'Inghilterra, alla Francia, alla Russia nell'architettura, alla Germania, alla Francia, al Belgio, all'Austria, ai Paesi Bassi nella pittura; alla Francia nella statuaria.“ (Nuova antologia, 25, 1874, p.379) Elisabeth Braunshier Università di Vienna – Dipartimento di Storia dell‘Arte L'esposizione mondiale sull'areale del Prater era suddivisa in tre grandi gruppi: palazzo dell'industria, padiglione macchine e salone dell'arte. Boito si sentì comunque particolarmente colpito dalle forme dei singoli padiglioni dedicati agli stati come quello della Persia e dell'Egitto come pure dal giardino giapponese. Al momento dell'esposizione Vienna rappresentava una grande fonte d'ispirazione incitando sicuramente anche lo stesso Boito verso nuove forme d'architettura e materiali. La necessità di provvedere ad un nuovo stile nazionale in Italia, come richiesto espressamente da Boito, sotto forma di un conglomerato di forme architettoniche eclettiche prese dal passato e dal presente, venne da lui stesso giustificata come segue: „L'Italia non ha nessun carattere, nessuno stile in quell'arte, che in tutti i secoli, in tutti i paesi ha sempre servito a' bisogni anche morali, e figurato l'indole anche spirituale dei popoli.“ (Nuova antologia, 19, 1872, p. 417) Accanto ai padiglioni dei diversi paesi il critico d'arte Boito concentrò la sua attenzione soprattutto sui materiali per l'architettura. Ferro e acciaio vennero da lui rifiutati, ma pose invece la sua attenzione sui mattoni. Il suo maggior punto di critica per il ferro nell'architettura era dovuto alla mancanza di capacità ornamentale di quest'ultimo materiale. Ed espresse per questo un giudizio critico sulla costruzione in ferro e acciaio della grandissima cupola (sovradimensionale) del palazzo dell'industria che ai suoi tempi era considerata, con un'altezza di 84 ed una larghezza di luce di 108 metri , come la più grande cupola del mondo. Malgrado il disastro finanziario dell'esposizione di Vienna – il crollo della borsa del 9 maggio 1873, cioè solo pochi giorni dopo l'apertura, come pure l'epidemia di colera peggiorarono la situazione – la Expo offrì comunque molte possibilità per uno scambio di idee nella scienza dell'arte. Dall'1 al 4 settembre 1873 il direttore del museo d'arte e industria k.k. Museum für Kunst und Industrie Rudolf Eitenberger invitò 64 storici dell'arte di tutt'Europa al primo congresso sulla scienza dell'arte „Erster kunstwissenschaftlichen Congress“ tenuto proprio a Vienna. Punti essenziali di discussione furono il restauro di opere d'arte come pure la conservazione al posto della restaurazione di monumenti architettonici. Accanto ai tanti padiglioni, saloni d'esposizione e nuove costruzioni nel centro della città fu possibile ottenere uno sguardo globale sullo stato attuale dell'arte edilizia in base ai disegni di architettura mostrati che formavano una parte separata della Expo. Accanto all'architettura francese il punto centrale era formato soprattutto dall'architettura viennese con i suoi progetti di costruzione per la Ringstraße (Municipio, Università, Parlamento ecc.). Ma come rilevato anche da Boito stesso nel suo saggio quella parte dell'esposizione era considerata come una delle più problematiche perché la suddivisione separata nei vari paesi di disegni e modelli d'architettura e anche la presentazione poco chiara davano al visitatore un'impressione poco soddisfacente. Un effetto positivo venne constatato da Boito per i nuovi musei della città costruiti in modo dispendioso come ad esempio il museo delle armi k.k. Hofwaffenmuseum che come il museo k.k. Museum für Kunst und Industrie era stato costruito col materiale da lui preferito cioè in mattoni. Per concludere si può dire che Vienna divenne un'importante stazione nella vita dell'architetto Camillo Boito che fu specialmente affascinato dagli orientalismi architettonici dell'esposizione mondiale. Il tema della Expo vuole anche tematizzare un evento che in un prossimo futuro andrà in atto a Milano.