SCUOLA DI TEOLOGIA 2012-2013 PADRE ALFIO FILIPPI DEI VERBUM 1) L'immagine di Dio trasmessa dalla Dei Verbum. 2) «La Chiesa ha sempre venerato le Scritture»: la riforma liturgica. 3) L'Antico Testamento: il nuovo rapporto con l'ebraismo. 4) La Tradizione ovvero la tensione tra «deposito della fede» e «testo vivente». I. L'immagine di Dio trasmessa dalla Dei Verbum Premessa. I singoli documenti del Vaticano II propongono nella parte iniziale (i primi numeri che li costituiscono) i principi di orientamento che guidano tutta la trattazione successiva. Di solito questa parte è trascurata, perché la si considera come una specie di pista di rullaggio che prepara il volo vero e proprio. Invece dall'insieme di questi principi guida che aprono i documenti conciliari emerge una vera e propria concezione di Dio nel suo rapporto con l'uomo. Questi principi formulano una concezione di Dio e una concezione dell'uomo. Ed è un quadro decisamente rinnovatore rispetto all'impostazione della teologia post-tridentina. 1) Si legga DV n. 2, sottolineando le parole portanti: bontà, rivelare se stesso, accesso al Padre, partecipi della natura divina, parla agli uomini come ad amici, si intrattiene, comunione con lui. Siamo di fronte a un Dio, che vuole essere vicino agli uomini in un atteggiamento di benevolenza. Il n. 3 continua a descrivere che cosa vuole Dio (il «piacque a Dio» dell'inizio del n. 2): aprire la via della salvezza, manifestò se stesso, costante cura (la LG n. 2 dice non li abbandonò), prende in considerazione tutti coloro che cercano la salvezza. Il n. 4 dice che Dio in Gesù illumina tutti gli uomini, dimora tra gli uomini, per spiegare i segreti di Dio. La DV ci parla di un Dio che ha un progetto buono sugli uomini, che vuole comunicare con loro, che vuole farsi capire e vuole associare a sé l'uomo in quanto tale. Lo sfondo di partenza non è il peccato degli uomini o il bisogno degli uomini, ma la sovrana bontà di Dio. 2) L'atteggiamento di Dio verso l'uomo è ulteriormente chiarito al n. 13, con la parola condiscendenza. È detto che con questo termine noi capiamo che cosa è la Bibbia: Dio sollecito e provvido ha adattato il suo linguaggio usando quello degli uomini! Cioè ha ridotte le distanze. -1- La parola Condiscendenza, riferita a Dio, veniva usato molto nella teologia dei primi secoli cristiani, per spiegare il Natale (Dio si fa carne = l'incarnazione), per spiegare i sacramenti (ci fa capire la salvezza spirituale attraverso dei gesti e delle cose materiali: il pane e il vino, l'acqua...) e per spiegare appunto la Scrittura, cioè la sua volontà di parlare con gli uomini (viene incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro, DV, n. 21). 3) Scopo ultimo di tutto in Dio è per la nostra salvezza. Nel Credo lo diciamo riferendo queste parole a «discese dal cielo». La DV riferisce alla Scrittura donata questa volontà salvatrice di Dio nei n. 3, 6, 11. Siamo invitati a cercare nella Bibbia il volto benigno di Dio. Ne deriva una conseguenza fondamentale circa il modo di leggere la Bibbia: dobbiamo cercarvi primariamente l'aspetto religioso/teologico; tutti gli altri sono subordinati a questo. Spesso l'interesse storico, archeologico o ideologico sembra offuscare la dimensione religiosa del testo. 4) Le parole teologiche che entrano in campo per definire la Sacra Scrittura sono: Rivelazione (Dio si è manifestato direttamente agli uomini), Incarnazione (Dio ha preso carne in Gesù di Nazaret), Ispirazione (la Bibbia ha come autore degli uomini che scrivono mossi dallo Spirito Santo. 5) Per definire il contenuto della Rivelazione, la DV n. 2 dice che essa è costituita da eventi e parole tra loro intimamente connessi. Tra gli eventi dobbiamo mettere la storia di Israele, la vita di Gesù, gli scritti e gli atti degli apostoli. Tra le parole tutto il testo della Bibbia. Va ricordato che in ebraico, la lingua che modella il messaggio biblico, i due aspetti di azione e parola sono espressi con un vocabolo solo, dabar. Per cui la connessione tra i due aspetti non è esterna, ma impregna il messaggio della Bibbia. 6) Descrizione della Bibbia come libro che ci trasmette gli «eventi e parole» di Dio (DV 11/889; 24/907 attenzione al linguaggio molto sfumato, per impedire il fondamentalismo biblico). AT+NT, lingue usate. 7) Autonomia dell'AT ebraico rispetto al NT; ma non del NT cristiano rispetto all'AT. Ne deriva un rapporto asimmetrico tra cristiani ed ebrei. Il cristianesimo, per definirsi, ha bisogno dell'ebraismo; mentre l'ebraismo si definisce a prescindere dal cristianesimo. Divaricazione tra le due religioni: sono due religioni viventi, e ciascuna ha conosciuto uno sviluppo proprio rispetto all'altra, dalla fine del 1° sec. in poi. Qui si innesta il problema dell'«antisemitismo cristiano». 8) La Bibbia è una «biblioteca». Biblia in greco è un neutro plurale e indica i libri. Conseguenze per l'interpretazione. -2- 9) Se è una biblioteca, per interpretarla si seguono i metodi propri della letteratura, con in più il riferimento teologico. Le scienze più coinvolte nell'interpretazione sono la teologia, la storia, la letteratura e i suoi modi interpretativi. II. «La Chiesa ha sempre venerato le Scritture»: la riforma liturgica 1) «La Chiesa ha sempre venerato le divine scritture come ha fatto con il corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella Sacra Liturgia, di nutrirsi del pane della vita sia della Parola di Dio che del corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli» (DV 21). Parallelo tra l'eucaristia e la Sacra Scrittura. Parallelo tra il pane della Parola e il Pane dell'eucaristia: la «doppia mensa», un'immagine frequente nel Messale Romano e propria della teologia classica. «È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Scrittura» (DV 22). «La Chiesa ha sempre considerato e considera la Divina Scrittura come la regola suprema della propria fede» (DV 21). «La predicazione pastorale, la catechesi e ogni tipo di istruzione cristiana, nella quale l'omelia liturgica deve avere un posto privilegiato, si nutre... della parola della Scrittura» (DV 24). «La Sacra Scrittura deve essere l'anima di tutta la teologia» (OT 16 e la riforma della struttura degli insegnamenti teologici). 2) «Cristo è sempre presente nella Chiesa: è presente a) nel sacrificio della messa sia nella persona del ministro... sia soprattutto sotto le specie eucaristiche; b) è presente con la virtù dei sacramenti; c) è presente con la sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura; d) è presente quando la Chiesa prega e loda lui, che ha promesso: "Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, là sono io"» (SC 7/9). 3) Da queste due affermazioni teologiche, contenuto in due documenti dottrinali del Vaticano II, è tratta questa conclusione: «È necessario che venga favorita quella soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura, che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali» (SC 24/40). Qui siamo di fronte al superamento dell'impostazione liturgica e disciplinare del Concilio di Trento, ove, per reazione alla impostazione dei riformatori, si deciso e deliberò con diffidenza verso la lettura della Bibbia. -3- 4) Revisione dei riti e dei libri liturgici della Chiesa cattolica. Nasce il Lezionario accanto al Messale. Quando si forma una parola nuova, vuol dire che è nata una cultura nuova (velivolo, dottrina sociale della Chiesa, sussidiarietà...). Ogni volta che c'è un atto liturgico (messa, sacramenti, esequie...) deve esserci la lettura della Parola di Dio. 5) Nella teologia classica ogni rito della Chiesa è costituito dal gesto/cosa e dalla Parola, che interpreta e dà senso al gesto/parola che viene posto: pane e vino + Parola che dà senso a quel pane e a quel vino, trattati in un determinato modo = eucaristia; acqua + Parola = battesimo; offerta reciproca per la vita comune nell'amore + Parola = matrimonio. «Il ministero della Parola sia adempiuto con fedeltà e questo attinga anzitutto alle sorgenti della Sacra Scrittura e della liturgia» (SC 35/58). Questa è un'indicazione per il sacerdote, ma è un'indicazione sulla quale viene organizzata la riforma liturgica. 6) Articolazione del lezionario: il lezionario è un libro liturgico obbligatorio per tutti i «riti liturgici» (da distinguere dalle devozioni): messa, altri sacramenti, esequie, sia quando i riti sono celebrati all'interno della messa che senza la celebrazione della messa. Per la messa vengono rese obbligatorie 3 lettura per la domenica e 2 per i giorni feriali. Domenica: ciclo triennale (AT/NT, NT, Vangeli). Sinottici A B C; Giovanni tempo di Pasqua; 1a lettura AT (tempo di Pasqua At), 2a lettura Paolo (tempo di Pasqua lettere di Giovanni). giorni feriali: ciclo biennale (AT/NT, Vangeli). Paragone con il messale di Trento (s. Pio V): sempre solo 2 lettura, la prima sempre e solo Paolo; si ripetevano nella settimana la messa della domenica se non c'erano le messe dei santi o del comune. Caratteristiche del Lezionario ambrosiano recentemente entrato in vigore. 7) L'intento della riforma liturgica, con il grande spazio dato alla Parola/Scrittura: indicare nella Bibbia la prima sorgente di spiritualità per la vita cristiana. «In Cristo Signore trova compimento tutta intera la rivelazione del Dio altissimo» (DV 7/880). «L'economia cristiana, in quanto è alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non si deve aspettare alcuna nuova rivelazione pubblica prima della gloriosa manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo» (DV 4/876). «E anche se tu volessi altri visioni e rivelazioni divine o corporee, guardalo, guardalo umanato, e ne troverai più di quanto pensi: In cristo dimora corporalmente ogni pienezza di divinità. Più non bisogna dunque interpellare Dio in quel modo, e nemmeno è necessario ch'egli parli, poiché, avendo egli già detto in Cristo tutta la fede, non esiste né ci sarà mai un supplemento di fede da rivelare. E chi volesse ora ricevere alcunché per via soprannaturale (...) farebbe figura di -4- scorgere in Dio mancamento, per non averci egli dato nel figlio suo quanto ci bastasse» (S. Giovanni della Croce, Salita del Monte Carmelo 22,6-7). I testi della liturgia e i testi del lezionario sono il primo manuale di vita cristiana. Da leggere e da meditare, sempre e ripetutamente. Le devozioni, le pratiche private sono cose buone, ma secondarie rispetto al preminente. Le rivelazioni e le visioni private sono equivoche. III L'Antico Testamento: il nuovo rapporto con l'ebraismo 1) Il cap. IV della Dei Verbum è dedicato all'Antico Testamento (nn. 14-16). È la prima volta che un documento di un concilio affronta direttamente questo tema. Affermazione principale: «Nel suo grande amore Dio, progettando e preparando con sollecitudine la salvezza di tutto il genere umano, con singolare disegno si scelse un popolo, al quale affidare le promesse» (14/895). «La salvezza viene dagli ebrei», come è scritto nel Vangelo di Giovanni. Primo principio interpretativo fondamentale: «L'economia della salvezza, preannunziata, narrata e spiegata dai sacri autori, si trova, come vera parola di Dio nei libri dell'Antico Testamento. Perciò questi libri, divinamente ispirati, conservano valore perenne» (14/895). La prima grande eresia cristiana fu la dottrina che negava il valore dell'AT. La sostenne un prete di Roma, chiamato Marcione e da lui prese il nome di marcionismo. Consiste nel contrapporre l'Antico al Nuovo; in pratica nel rifiutare la prima parte della Bibbia. Il Dio dell'AT è rigoroso, quello del NT è buono. L'AT non è ispirato e Marcione riscrive il Vangelo utilizzando il testo di Luca e soprattutto le lettere di Paolo. Nel 144 viene sconfessato dalla Chiesa. Una sottovalutazione o poca utilizzazione dell'AT è latente in certa spiritualità e predicazione. 2) Il secondo principio interpretativo è indicato in DV n. 12 con le parole: «si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura». La Bibbia è un libro unico e il suo insieme indivisibile costituisce il contesto nel quale va interpretato ogni singolo brano e ogni singola parte. 3) Terzo principio interpretativo: Gesù Cristo è il punto orientatore di AT e NT: «i libri dell'AT integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro pieno significato nel NT, che essi illuminano e spiegano» (DV 16/897). 4) Quale è il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento? «L'economia dell'Antico Testamento era ordinata soprattutto a preparare, ad annunziare profeticamente e a indicare attraverso varie figure la venuta di Cristo redentore dell'universo e del suo regno messianico» (15/896). La Bibbia descrive il parlare continuo di Dio all'uomo, in modi e tempi diversi. vedi l'inizio del n. 4, che riprende l'inizio della Lettera agli Ebrei. Cf. anche il n. 7 che dice: «l'evangelo, prima -5- promesso per mezzo dei profeti, è da Cristo Signore adempiuto e promulgato di persona». Il concetto che l'AT prepara il NT è rafforzato anche dal tema della «pienezza del tempo»: «quando venne la "pienezza del tempo" il verbo si fece carne ed abitò tra noi» (DV, n. 17), una frase importante dell'Epistola ai Galati (4,4). Il concetto di «preparazione» è quello più usato e più antico per indicare il rapporto tra AT e NT. Con un vantaggio e uno svantaggio: vantaggio, perché salda strutturalmente le due parti dello stesso volume/Bibbia, messaggio/Bibbia, teologia/Bibbia. svantaggio, perché toglie autonomia all'AT rispetto al Nuovo. In altre parole, l'ebraismo è finalizzato al cristianesimo e il cristianesimo sembra assorbire l'ebraismo. Non a caso raramente i cristiani pensano all'ebraismo come una cosa del passato, e non prendono sul serio il fatto che l'ebraismo è una religione vivente. Ed è evidente che si può intendere in concetto di «pienezza del tempo» riferito alla venuta di Gesù, con riferimento negativo alla «incompletezza» propria del tempo dell'ebraismo. 5) La novità rappresentato dalla riflessione postconciliare sull'ebraismo è data del tema del «permanere dei doni di Dio a Israele» (cf. le conferenze di don Bottoni). Si può esprimere anche: la Chiesa ha riscoperto la consistenza autonoma dell'ebraismo dal punto di vista teologico, rispetto al cristianesimo. Passaggi teologici che hanno permesso questo cambiamento: Vaticano II (la Chiesa, guardando alla propria identità, si incontro con l'ebraismo); il permanere dei doni di Dio; il permanere dell'ebraismo religione vivente; il martirio come luogo di rivelazione della presenza di Dio. Ciò significa: l'AT ha un senso in sé, per la sua origine e in quanto esprime la identità di Israele, religione viva; appropriandosi dell'AT (come accade materialmente nella Bibbia cattolica) il cristianesimo deve ricordare che l'AT è primariamente degli ebrei; l'interpretazione dell'AT finalizzato a Gesù, propria dei cristiani, è legittima, ma non annulla l'interpretazione ebraica che legge l'AT in sé stesso, come libro dell'identità di Israele. 6) Questo doppio modo di leggere l'AT (preparazione al NT e dunque parte del cristianesimo - valore pieno e compiuto della Bibbia ebraica in sé) ha delle conseguenze per la comprensione dei temi di teologia della Bibbia. I cristiani fanno pendere la bilancia sul momento per loro conclusivo = l'esito del tema nel NT; gli ebrei mettono la conclusione dentro l'AT, perché per loro il NT non esiste. Alcuni esempi indicatori: * il tempio, luogo della presenza di Dio: dalla consacrazione da parte di Salomone Primo Libro dei Re 8), alla chiamata di Isaia (Isaia 6,1-8), alla ricostruzione dopo l'esilio (Neemia 8 + Secondo Maccabei 10), al testo del Vangelo di Giovanni (2,13-6- 22) in cui dice che il tempio è il suo corpo, cioè la presenza di Dio d'ora in poi si realizza nella persona di Gesù. * l'alleanza di Dio con il suo popolo: Abramo, capostipite di Israele nella fede, riceve l'alleanza da Dio (Genesi 17), Mosè stipula l'alleanza con Dio a nome del popolo e coinvolgendo il popolo (Esodo 19), Dio annuncia a Geremia un'«alleanza nuova» scritta non su tavole di pietra ma sul cuore (Geremia 31,31-34). Gesù offre il calice della nuova alleanza (Luca 22,19-20). Perché il testo di Geremia non può essere considerato un punto di arrivo e deve essere considerato un punto di passaggio verso il NT? (l'ancona della chiesa di via Nosadella). * l'elezione che fa Israele il popolo eletto: il Deutoronomio, il libro per eccellenza dell'elezione (Deut 7,7-14); la Lettera agli Efesini, la scelta in Gesù fin dalla creazione del mondo (Ef 1,3-14). * la Terra Promessa, l'esempio più serio e drammatico di come la lettura forte di un tema teologico identitario diventa escludente rispetto agli altri e motivo di conflitti Gen 12,7 + Giosuè 24). P.S. : Una domanda per concludere. Quali sono le affermazione teologiche che nei tre monoteismi sono all'origine della violenza e creano un vissuto religioso violento? Nell'ebraismo la terra promessa e rivendicata in nome di Dio; nel cristianesimo il «fate discepoli tutti i popoli», cioè la missione se diventa imposizione verso l'interlocutore; nell'islam, la guerra santa, cioè la diffusione come conquista. Nel sottofondo di tutti e tre i casi c'è la difficoltà o impossibilità di distinguere tra la società e la legge civile, dalla società e dalla legge religiosa. IV. La Tradizione ovvero la tensione tra «deposito della fede» e «testo vivente». 1) Nelle Lettere Pastorali occupa un posto importante il concetto di «deposito della fede», l'espressione ricorre tre volte e viene spiegata dalla Bibbia di Gerusalemme nella nota chiave a Prima Timoteo 6,20. Indica che il cristianesimo si è già dato un patrimonio di dottrine che egli ritiene come costitutive della propria identità. Vanno custodite e trasmesse. È il riferimento fisso e stabile. L'aspetto dottrinale sostanziale e irreformabile è un elemento di stabilità e di solidità, spesso indicato come «la vera fede». È l'aspetto statico della dottrina da conservare = la Tradizione. Già in apertura del Vaticano II Giovanni XXIII introdusse una prospettiva nuova circa il modo di esprimere il «deposito della fede»: «Altra cosa è il deposito stesso della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra dottrina, e altra cosa è la forma con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata» (Giovanni XXIII, discorso di apertura 55*). -7- 2) La prospettiva dinamica enunciata da papa Giovanni trova un'applicazione nella Dei Verbum al n. 8: «La predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva essere conservata con successione continua fino alla fine dei tempi». Continuità, dunque. Ma anche riformulazioni necessarie: «Questa tradizione, che viene dagli apostoli, progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce, infatti, la comprensione tanto delle cose quanto delle parole trasmesse: a) sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cf. Lc 2,19.51), b) sia con la profonda intelligenza delle cose spirituali di cui fanno esperienza (= la vita e la mistica in particolare). c) sia per la predicazione di coloro che, con la successione episcopale, hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. In altre parole, la chiesa nel corso dei secoli tende costantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa giungano a compimento le parole di Dio (...). Dio, che ha parlato in passato, parla senza interruzione con la sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell'evangelo risuona nella chiesa e attraverso di essa nel mondo, introduce i credenti alla verità tutta intera e in essi fa dimorare abbondantemente la parola di Cristo». Questo dinamismo di crescita interna al popolo credente è espresso anche al n. 5: «Affinché l'intelligenza della rivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso Spirito Santo per mezzo dei suoi doni perfeziona continuamente la fede». In questo brano sono indicati i modi con cui la verità cresce nella Chiesa (studio, vita vissuta e mistica, magistero dei vescovi) e la chiesa viene definita come il luogo risuona in modo vivo e continuo la voce di Dio. Abbiamo cioè una definizione dinamica della tradizione e della presenza di Dio nella sua chiesa. in gioco il lettore, come agente e attore che dà vita nuova al testo. 3) La fede nella Parola vivente nelle coscienze e la fiducia nell'efficacia di questa Parola che ci guida è uno dei lasciti del Vaticano II. Abbiamo ricordato la volta scorsa l'alleanza di Dio scritta non sulla pietra, ma nel cuore di carne di ogni uomo (Ger 31,31). La Gaudium et Spes n. 16 ne sembra una continuazione: «L'uomo ha una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell'uomo, e secondo La lettura di un testo, quindi anche della Bibbia, è sempre un atto dinamico che mette questa sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell'amore di Dio e del prossimo». Nella nostra coscienza, resa sempre più sensibile e sempre più illuminata dalla Parola, prende corpo la Tradizione cristiana. Leggi Gregorio di Nissa, pp. 120, 122: la crescita dell'uomo interiore E. GANDOLFO, Lettera e Spirito. Lettura della Bibbia dalle origini cristiane ai nostri giorni, EDB 2011). -8- 4) Pregi e debolezze della visione monolitica e immutabile della dottrina: Pregi: sicurezza per i dubbiosi e gli incerti, compattamento del corpo sociale dei battezzati, resistenza di fronte ad attacchi esterni da parte di pensiero ostile, senso di appartenenza; Debolezze: rende difficile interloquire con la diversità delle culture (storia delle missioni, Matteo Ricci), rende più lenta la comprensione delle trasformazioni storiche (estraniamento della chiesa dalla società a partire dall'illuminismo), rende difficile la distinzione pratica tra dogma teologia opinione personale, sacralizza aspetti umani del vissuto ecclesiale. 5) I «luoghi» ove si legge e si interpreta la Bibbia: - la persona credente e la comunità - la chiesa (lettura di fede) e l'università (lettura culturale). Il binomio responsabile del ritorno alla Bibbia è costituito dalla persona credente e dalla comunità di fede: l'impegno personale e le scelte nella pastorale e nella liturgia. I cattolici devono impegnarsi in un recupero della propria matrice e devono tornare a riabbeverarsi alla propria sorgente. La Bibbia letta «nella chiesa», dimensione religiosa di fede, con prospettive proprie, incentrata sul progetto di Dio in rapporto al mondo e all'uomo e su Gesù Cristo salvatore. La Bibbia letta «nell'università» dei saperi umani, la Bibbia come «grande codice» letterario, artistico, antropologico, storico. Grande fascino di questi percorsi, itinerari preziosi per gli approfondimenti che suggeriscono anche alla dimensione religiosa. La situazione italiana favorita e penalizzata nello stesso tempo su questo aspetto: * da un lato l'arte italiana (pittura, scultura, architettura, urbanistica, musica, letteratura...) viene ispirata in modo massiccio dalla Bibbia e aiuta nell'interpretazione della Bibbia; * dall'altro la Bibbia e la teologia non hanno riconoscimento di cittadinanza nell'università dei saperi e i cicli di formazione culturale abbandonano i nostri giovani all'ignoranza biblica e all'ignoranza religiosa. (Padre Alfio Filippi) -9-