SCUOLA DI TEOLOGIA 2012-2013
PADRE ALFIO FILIPPI
DEI VERBUM
1) L'immagine di Dio trasmessa dalla Dei Verbum.
2) «La Chiesa ha sempre venerato le Scritture»: la riforma liturgica.
3) L'Antico Testamento: il nuovo rapporto con l'ebraismo.
4) La Tradizione ovvero la tensione tra «deposito della fede» e «testo vivente».
I.
L'immagine di Dio trasmessa dalla Dei Verbum
Premessa. I singoli documenti del Vaticano II propongono nella parte iniziale (i primi
numeri che li costituiscono) i principi di orientamento che guidano tutta la trattazione
successiva. Di solito questa parte è trascurata, perché la si considera come una specie
di pista di rullaggio che prepara il volo vero e proprio. Invece dall'insieme di questi
principi guida che aprono i documenti conciliari emerge una vera e propria
concezione di Dio nel suo rapporto con l'uomo. Questi principi formulano una
concezione di Dio e una concezione dell'uomo. Ed è un quadro decisamente
rinnovatore rispetto all'impostazione della teologia post-tridentina.
1) Si legga DV n. 2, sottolineando le parole portanti: bontà, rivelare se stesso,
accesso al Padre, partecipi della natura divina, parla agli uomini come ad amici, si
intrattiene, comunione con lui. Siamo di fronte a un Dio, che vuole essere vicino agli
uomini in un atteggiamento di benevolenza.
Il n. 3 continua a descrivere che cosa vuole Dio (il «piacque a Dio» dell'inizio del n.
2): aprire la via della salvezza, manifestò se stesso, costante cura (la LG n. 2 dice
non li abbandonò), prende in considerazione tutti coloro che cercano la salvezza.
Il n. 4 dice che Dio in Gesù illumina tutti gli uomini, dimora tra gli uomini, per
spiegare i segreti di Dio.
La DV ci parla di un Dio che ha un progetto buono sugli uomini, che vuole
comunicare con loro, che vuole farsi capire e vuole associare a sé l'uomo in quanto
tale. Lo sfondo di partenza non è il peccato degli uomini o il bisogno degli uomini,
ma la sovrana bontà di Dio.
2) L'atteggiamento di Dio verso l'uomo è ulteriormente chiarito al n. 13, con la
parola condiscendenza. È detto che con questo termine noi capiamo che cosa è la
Bibbia: Dio sollecito e provvido ha adattato il suo linguaggio usando quello degli
uomini! Cioè ha ridotte le distanze.
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La parola Condiscendenza, riferita a Dio, veniva usato molto nella teologia dei primi
secoli cristiani, per spiegare il Natale (Dio si fa carne = l'incarnazione), per spiegare i
sacramenti (ci fa capire la salvezza spirituale attraverso dei gesti e delle cose
materiali: il pane e il vino, l'acqua...) e per spiegare appunto la Scrittura, cioè la sua
volontà di parlare con gli uomini (viene incontro ai suoi figli ed entra in
conversazione con loro, DV, n. 21).
3) Scopo ultimo di tutto in Dio è per la nostra salvezza. Nel Credo lo diciamo
riferendo queste parole a «discese dal cielo». La DV riferisce alla Scrittura donata
questa volontà salvatrice di Dio nei n. 3, 6, 11. Siamo invitati a cercare nella Bibbia il
volto benigno di Dio.
Ne deriva una conseguenza fondamentale circa il modo di leggere la Bibbia:
dobbiamo cercarvi primariamente l'aspetto religioso/teologico; tutti gli altri sono
subordinati a questo. Spesso l'interesse storico, archeologico o ideologico sembra
offuscare la dimensione religiosa del testo.
4) Le parole teologiche che entrano in campo per definire la Sacra Scrittura
sono: Rivelazione (Dio si è manifestato direttamente agli uomini), Incarnazione (Dio
ha preso carne in Gesù di Nazaret), Ispirazione (la Bibbia ha come autore degli
uomini che scrivono mossi dallo Spirito Santo.
5) Per definire il contenuto della Rivelazione, la DV n. 2 dice che essa è
costituita da eventi e parole tra loro intimamente connessi. Tra gli eventi dobbiamo
mettere la storia di Israele, la vita di Gesù, gli scritti e gli atti degli apostoli. Tra le
parole tutto il testo della Bibbia. Va ricordato che in ebraico, la lingua che modella il
messaggio biblico, i due aspetti di azione e parola sono espressi con un vocabolo
solo, dabar. Per cui la connessione tra i due aspetti non è esterna, ma impregna il
messaggio della Bibbia.
6) Descrizione della Bibbia come libro che ci trasmette gli «eventi e parole» di
Dio (DV 11/889; 24/907 attenzione al linguaggio molto sfumato, per impedire il
fondamentalismo biblico).
AT+NT, lingue usate.
7) Autonomia dell'AT ebraico rispetto al NT; ma non del NT cristiano rispetto
all'AT. Ne deriva un rapporto asimmetrico tra cristiani ed ebrei. Il cristianesimo, per
definirsi, ha bisogno dell'ebraismo; mentre l'ebraismo si definisce a prescindere dal
cristianesimo.
Divaricazione tra le due religioni: sono due religioni viventi, e ciascuna ha
conosciuto uno sviluppo proprio rispetto all'altra, dalla fine del 1° sec. in poi.
Qui si innesta il problema dell'«antisemitismo cristiano».
8) La Bibbia è una «biblioteca». Biblia in greco è un neutro plurale e indica i
libri. Conseguenze per l'interpretazione.
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9) Se è una biblioteca, per interpretarla si seguono i metodi propri della
letteratura, con in più il riferimento teologico. Le scienze più coinvolte
nell'interpretazione sono la teologia, la storia, la letteratura e i suoi modi
interpretativi.
II.
«La Chiesa ha sempre venerato le Scritture»: la riforma liturgica
1) «La Chiesa ha sempre venerato le divine scritture come ha fatto con il corpo
stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella Sacra Liturgia, di nutrirsi del
pane della vita sia della Parola di Dio che del corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli»
(DV 21).
Parallelo tra l'eucaristia e la Sacra Scrittura.
Parallelo tra il pane della Parola e il Pane dell'eucaristia: la «doppia mensa»,
un'immagine frequente nel Messale Romano e propria della teologia classica.
«È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Scrittura» (DV 22).
«La Chiesa ha sempre considerato e considera la Divina Scrittura come la regola
suprema della propria fede» (DV 21).
«La predicazione pastorale, la catechesi e ogni tipo di istruzione cristiana, nella quale
l'omelia liturgica deve avere un posto privilegiato, si nutre... della parola della
Scrittura» (DV 24).
«La Sacra Scrittura deve essere l'anima di tutta la teologia» (OT 16 e la riforma della
struttura degli insegnamenti teologici).
2) «Cristo è sempre presente nella Chiesa: è presente
a) nel sacrificio della messa sia nella persona del ministro... sia soprattutto sotto le
specie eucaristiche;
b) è presente con la virtù dei sacramenti;
c) è presente con la sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la
Sacra Scrittura;
d) è presente quando la Chiesa prega e loda lui, che ha promesso: "Quando due o tre
sono riuniti nel mio nome, là sono io"» (SC 7/9).
3) Da queste due affermazioni teologiche, contenuto in due documenti
dottrinali del Vaticano II, è tratta questa conclusione:
«È necessario che venga favorita quella soave e viva conoscenza della Sacra
Scrittura, che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che
occidentali» (SC 24/40).
Qui siamo di fronte al superamento dell'impostazione liturgica e disciplinare del
Concilio di Trento, ove, per reazione alla impostazione dei riformatori, si deciso e
deliberò con diffidenza verso la lettura della Bibbia.
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4) Revisione dei riti e dei libri liturgici della Chiesa cattolica. Nasce il
Lezionario accanto al Messale. Quando si forma una parola nuova, vuol dire che è
nata una cultura nuova (velivolo, dottrina sociale della Chiesa, sussidiarietà...). Ogni
volta che c'è un atto liturgico (messa, sacramenti, esequie...) deve esserci la lettura
della Parola di Dio.
5) Nella teologia classica ogni rito della Chiesa è costituito dal gesto/cosa e
dalla Parola, che interpreta e dà senso al gesto/parola che viene posto:
pane e vino + Parola che dà senso a quel pane e a quel vino, trattati in un determinato
modo = eucaristia;
acqua + Parola = battesimo;
offerta reciproca per la vita comune nell'amore + Parola = matrimonio.
«Il ministero della Parola sia adempiuto con fedeltà e questo attinga anzitutto alle
sorgenti della Sacra Scrittura e della liturgia» (SC 35/58). Questa è un'indicazione per
il sacerdote, ma è un'indicazione sulla quale viene organizzata la riforma liturgica.
6) Articolazione del lezionario:
il lezionario è un libro liturgico obbligatorio per tutti i «riti liturgici» (da distinguere
dalle devozioni): messa, altri sacramenti, esequie, sia quando i riti sono celebrati
all'interno della messa che senza la celebrazione della messa.
Per la messa vengono rese obbligatorie 3 lettura per la domenica e 2 per i giorni
feriali.
Domenica: ciclo triennale (AT/NT, NT, Vangeli). Sinottici A B C; Giovanni tempo di
Pasqua; 1a lettura AT (tempo di Pasqua At), 2a lettura Paolo (tempo di Pasqua lettere
di Giovanni).
giorni feriali: ciclo biennale (AT/NT, Vangeli).
Paragone con il messale di Trento (s. Pio V): sempre solo 2 lettura, la prima sempre e
solo Paolo; si ripetevano nella settimana la messa della domenica se non c'erano le
messe dei santi o del comune.
Caratteristiche del Lezionario ambrosiano recentemente entrato in vigore.
7) L'intento della riforma liturgica, con il grande spazio dato alla
Parola/Scrittura: indicare nella Bibbia la prima sorgente di spiritualità per la vita
cristiana.
«In Cristo Signore trova compimento tutta intera la rivelazione del Dio altissimo»
(DV 7/880).
«L'economia cristiana, in quanto è alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non
si deve aspettare alcuna nuova rivelazione pubblica prima della gloriosa
manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo» (DV 4/876).
«E anche se tu volessi altri visioni e rivelazioni divine o corporee, guardalo, guardalo umanato, e ne
troverai più di quanto pensi: In cristo dimora corporalmente ogni pienezza di divinità.
Più non bisogna dunque interpellare Dio in quel modo, e nemmeno è necessario ch'egli parli,
poiché, avendo egli già detto in Cristo tutta la fede, non esiste né ci sarà mai un supplemento di fede
da rivelare. E chi volesse ora ricevere alcunché per via soprannaturale (...) farebbe figura di
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scorgere in Dio mancamento, per non averci egli dato nel figlio suo quanto ci bastasse» (S.
Giovanni della Croce, Salita del Monte Carmelo 22,6-7).
I testi della liturgia e i testi del lezionario sono il primo manuale di vita cristiana. Da leggere e
da meditare, sempre e ripetutamente. Le devozioni, le pratiche private sono cose buone, ma
secondarie rispetto al preminente. Le rivelazioni e le visioni private sono equivoche.
III
L'Antico Testamento: il nuovo rapporto con l'ebraismo
1) Il cap. IV della Dei Verbum è dedicato all'Antico Testamento (nn. 14-16). È la
prima volta che un documento di un concilio affronta direttamente questo tema.
Affermazione principale: «Nel suo grande amore Dio, progettando e preparando con
sollecitudine la salvezza di tutto il genere umano, con singolare disegno si scelse un
popolo, al quale affidare le promesse» (14/895). «La salvezza viene dagli ebrei»,
come è scritto nel Vangelo di Giovanni.
Primo principio interpretativo fondamentale: «L'economia della salvezza,
preannunziata, narrata e spiegata dai sacri autori, si trova, come vera parola di Dio nei
libri dell'Antico Testamento. Perciò questi libri, divinamente ispirati, conservano
valore perenne» (14/895).
La prima grande eresia cristiana fu la dottrina che negava il valore dell'AT. La
sostenne un prete di Roma, chiamato Marcione e da lui prese il nome di
marcionismo. Consiste nel contrapporre l'Antico al Nuovo; in pratica nel rifiutare la
prima parte della Bibbia. Il Dio dell'AT è rigoroso, quello del NT è buono. L'AT non
è ispirato e Marcione riscrive il Vangelo utilizzando il testo di Luca e soprattutto le
lettere di Paolo. Nel 144 viene sconfessato dalla Chiesa.
Una sottovalutazione o poca utilizzazione dell'AT è latente in certa spiritualità e
predicazione.
2) Il secondo principio interpretativo è indicato in DV n. 12 con le parole: «si deve
badare con non minore diligenza al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura». La
Bibbia è un libro unico e il suo insieme indivisibile costituisce il contesto nel quale va
interpretato ogni singolo brano e ogni singola parte.
3) Terzo principio interpretativo: Gesù Cristo è il punto orientatore di AT e NT: «i
libri dell'AT integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e
manifestano il loro pieno significato nel NT, che essi illuminano e spiegano» (DV
16/897).
4) Quale è il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento?
«L'economia dell'Antico Testamento era ordinata soprattutto a preparare, ad
annunziare profeticamente e a indicare attraverso varie figure la venuta di Cristo
redentore dell'universo e del suo regno messianico» (15/896). La Bibbia descrive il
parlare continuo di Dio all'uomo, in modi e tempi diversi. vedi l'inizio del n. 4, che
riprende l'inizio della Lettera agli Ebrei. Cf. anche il n. 7 che dice: «l'evangelo, prima
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promesso per mezzo dei profeti, è da Cristo Signore adempiuto e promulgato di
persona».
Il concetto che l'AT prepara il NT è rafforzato anche dal tema della «pienezza del
tempo»: «quando venne la "pienezza del tempo" il verbo si fece carne ed abitò tra
noi» (DV, n. 17), una frase importante dell'Epistola ai Galati (4,4).
Il concetto di «preparazione» è quello più usato e più antico per indicare il rapporto
tra AT e NT.
Con un vantaggio e uno svantaggio:
vantaggio, perché salda strutturalmente le due parti dello stesso volume/Bibbia,
messaggio/Bibbia, teologia/Bibbia.
svantaggio, perché toglie autonomia all'AT rispetto al Nuovo. In altre parole,
l'ebraismo è finalizzato al cristianesimo e il cristianesimo sembra assorbire
l'ebraismo. Non a caso raramente i cristiani pensano all'ebraismo come una cosa del
passato, e non prendono sul serio il fatto che l'ebraismo è una religione vivente.
Ed è evidente che si può intendere in concetto di «pienezza del tempo» riferito alla
venuta di Gesù, con riferimento negativo alla «incompletezza» propria del tempo
dell'ebraismo.
5) La novità rappresentato dalla riflessione postconciliare sull'ebraismo è data del
tema del «permanere dei doni di Dio a Israele» (cf. le conferenze di don Bottoni). Si
può esprimere anche: la Chiesa ha riscoperto la consistenza autonoma dell'ebraismo
dal punto di vista teologico, rispetto al cristianesimo.
Passaggi teologici che hanno permesso questo cambiamento: Vaticano II (la Chiesa,
guardando alla propria identità, si incontro con l'ebraismo); il permanere dei doni di
Dio; il permanere dell'ebraismo religione vivente; il martirio come luogo di
rivelazione della presenza di Dio.
Ciò significa:
l'AT ha un senso in sé, per la sua origine e in quanto esprime la identità di Israele,
religione viva;
appropriandosi dell'AT (come accade materialmente nella Bibbia cattolica) il
cristianesimo deve ricordare che l'AT è primariamente degli ebrei;
l'interpretazione dell'AT finalizzato a Gesù, propria dei cristiani, è legittima, ma non
annulla l'interpretazione ebraica che legge l'AT in sé stesso, come libro dell'identità di
Israele.
6) Questo doppio modo di leggere l'AT (preparazione al NT e dunque parte del
cristianesimo - valore pieno e compiuto della Bibbia ebraica in sé) ha delle
conseguenze per la comprensione dei temi di teologia della Bibbia. I cristiani fanno
pendere la bilancia sul momento per loro conclusivo = l'esito del tema nel NT; gli
ebrei mettono la conclusione dentro l'AT, perché per loro il NT non esiste.
Alcuni esempi indicatori:
* il tempio, luogo della presenza di Dio: dalla consacrazione da parte di Salomone
Primo Libro dei Re 8), alla chiamata di Isaia (Isaia 6,1-8), alla ricostruzione dopo
l'esilio (Neemia 8 + Secondo Maccabei 10), al testo del Vangelo di Giovanni (2,13-6-
22) in cui dice che il tempio è il suo corpo, cioè la presenza di Dio d'ora in poi si
realizza nella persona di Gesù.
* l'alleanza di Dio con il suo popolo: Abramo, capostipite di Israele nella fede, riceve
l'alleanza da Dio (Genesi 17), Mosè stipula l'alleanza con Dio a nome del popolo e
coinvolgendo il popolo (Esodo 19), Dio annuncia a Geremia un'«alleanza nuova»
scritta non su tavole di pietra ma sul cuore (Geremia 31,31-34). Gesù offre il calice
della nuova alleanza (Luca 22,19-20). Perché il testo di Geremia non può essere
considerato un punto di arrivo e deve essere considerato un punto di passaggio verso
il NT? (l'ancona della chiesa di via Nosadella).
* l'elezione che fa Israele il popolo eletto: il Deutoronomio, il libro per eccellenza
dell'elezione (Deut 7,7-14); la Lettera agli Efesini, la scelta in Gesù fin dalla
creazione del mondo (Ef 1,3-14).
* la Terra Promessa, l'esempio più serio e drammatico di come la lettura forte di un
tema teologico identitario diventa escludente rispetto agli altri e motivo di conflitti
Gen 12,7 + Giosuè 24).
P.S. : Una domanda per concludere.
Quali sono le affermazione teologiche che nei tre monoteismi sono all'origine della
violenza e creano un vissuto religioso violento?
Nell'ebraismo la terra promessa e rivendicata in nome di Dio;
nel cristianesimo il «fate discepoli tutti i popoli», cioè la missione se diventa
imposizione verso l'interlocutore;
nell'islam, la guerra santa, cioè la diffusione come conquista.
Nel sottofondo di tutti e tre i casi c'è la difficoltà o impossibilità di distinguere tra la
società e la legge civile, dalla società e dalla legge religiosa.
IV. La Tradizione ovvero la tensione tra «deposito della fede» e «testo vivente».
1) Nelle Lettere Pastorali occupa un posto importante il concetto di «deposito della
fede», l'espressione ricorre tre volte e viene spiegata dalla Bibbia di Gerusalemme
nella nota chiave a Prima Timoteo 6,20. Indica che il cristianesimo si è già dato un
patrimonio di dottrine che egli ritiene come costitutive della propria identità. Vanno
custodite e trasmesse. È il riferimento fisso e stabile.
L'aspetto dottrinale sostanziale e irreformabile è un elemento di stabilità e di solidità,
spesso indicato come «la vera fede». È l'aspetto statico della dottrina da conservare =
la Tradizione.
Già in apertura del Vaticano II Giovanni XXIII introdusse una prospettiva nuova
circa il modo di esprimere il «deposito della fede»: «Altra cosa è il deposito stesso
della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra dottrina, e altra cosa è la forma
con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la
stessa portata» (Giovanni XXIII, discorso di apertura 55*).
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2) La prospettiva dinamica enunciata da papa Giovanni trova un'applicazione nella
Dei Verbum al n. 8: «La predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale nei
libri ispirati, doveva essere conservata con successione continua fino alla fine dei
tempi». Continuità, dunque.
Ma anche riformulazioni necessarie: «Questa tradizione, che viene dagli apostoli,
progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce, infatti, la
comprensione tanto delle cose quanto delle parole trasmesse:
a) sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cf. Lc
2,19.51),
b) sia con la profonda intelligenza delle cose spirituali di cui fanno esperienza (= la
vita e la mistica in particolare).
c) sia per la predicazione di coloro che, con la successione episcopale, hanno ricevuto
un carisma sicuro di verità.
In altre parole, la chiesa nel corso dei secoli tende costantemente alla pienezza della
verità divina, finché in essa giungano a compimento le parole di Dio (...).
Dio, che ha parlato in passato, parla senza interruzione con la sposa del suo Figlio
diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell'evangelo risuona
nella chiesa e attraverso di essa nel mondo, introduce i credenti alla verità tutta
intera e in essi fa dimorare abbondantemente la parola di Cristo».
Questo dinamismo di crescita interna al popolo credente è espresso anche al n. 5:
«Affinché l'intelligenza della rivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso
Spirito Santo per mezzo dei suoi doni perfeziona continuamente la fede».
In questo brano sono indicati i modi con cui la verità cresce nella Chiesa (studio, vita
vissuta e mistica, magistero dei vescovi) e la chiesa viene definita come il luogo
risuona in modo vivo e continuo la voce di Dio.
Abbiamo cioè una definizione dinamica della tradizione e della presenza di Dio nella
sua chiesa.
in gioco il lettore, come agente e attore che dà vita nuova al testo.
3) La fede nella Parola vivente nelle coscienze e la fiducia nell'efficacia di questa
Parola che ci guida è uno dei lasciti del Vaticano II. Abbiamo ricordato la volta
scorsa l'alleanza di Dio scritta non sulla pietra, ma nel cuore di carne di ogni uomo
(Ger 31,31). La Gaudium et Spes n. 16 ne sembra una continuazione: «L'uomo ha una
legge scritta da Dio dentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell'uomo,
e secondo La lettura di un testo, quindi anche della Bibbia, è sempre un atto dinamico
che mette questa sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario
dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria.
Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo
compimento nell'amore di Dio e del prossimo».
Nella nostra coscienza, resa sempre più sensibile e sempre più illuminata dalla
Parola, prende corpo la Tradizione cristiana. Leggi Gregorio di Nissa, pp. 120, 122:
la crescita dell'uomo interiore E. GANDOLFO, Lettera e Spirito. Lettura della Bibbia
dalle origini cristiane ai nostri giorni, EDB 2011).
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4) Pregi e debolezze della visione monolitica e immutabile della dottrina:
Pregi: sicurezza per i dubbiosi e gli incerti, compattamento del corpo sociale dei
battezzati, resistenza di fronte ad attacchi esterni da parte di pensiero ostile, senso di
appartenenza;
Debolezze: rende difficile interloquire con la diversità delle culture (storia delle
missioni, Matteo Ricci), rende più lenta la comprensione delle trasformazioni storiche
(estraniamento della chiesa dalla società a partire dall'illuminismo), rende difficile la
distinzione pratica tra dogma teologia opinione personale, sacralizza aspetti umani
del vissuto ecclesiale.
5) I «luoghi» ove si legge e si interpreta la Bibbia:
- la persona credente e la comunità
- la chiesa (lettura di fede) e l'università (lettura culturale).
Il binomio responsabile del ritorno alla Bibbia è costituito dalla persona credente e
dalla comunità di fede: l'impegno personale e le scelte nella pastorale e nella liturgia.
I cattolici devono impegnarsi in un recupero della propria matrice e devono tornare a
riabbeverarsi alla propria sorgente.
La Bibbia letta «nella chiesa», dimensione religiosa di fede, con prospettive proprie,
incentrata sul progetto di Dio in rapporto al mondo e all'uomo e su Gesù Cristo
salvatore.
La Bibbia letta «nell'università» dei saperi umani, la Bibbia come «grande codice»
letterario, artistico, antropologico, storico. Grande fascino di questi percorsi, itinerari
preziosi per gli approfondimenti che suggeriscono anche alla dimensione religiosa.
La situazione italiana favorita e penalizzata nello stesso tempo su questo aspetto:
* da un lato l'arte italiana (pittura, scultura, architettura, urbanistica, musica,
letteratura...) viene ispirata in modo massiccio dalla Bibbia e aiuta nell'interpretazione
della Bibbia;
* dall'altro la Bibbia e la teologia non hanno riconoscimento di cittadinanza
nell'università dei saperi e i cicli di formazione culturale abbandonano i nostri giovani
all'ignoranza biblica e all'ignoranza religiosa.
(Padre Alfio Filippi)
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