Valutazione ecografica dei testicoli e degli epididimi
L’ecografia scrotale viene eseguito in due fasi: la prima con il paziente in posizione supina a cui
viene chiesto di mantenere il pene appoggiato alla regione sovrapubica e la seconda in ortostatismo
per meglio valutare la presenza di eventuali reflussi lungo il plesso pampiniforme, mal posizioni
testicolari o l’entità di eventuali raccolte liquide.
Per ottenere immagini sufficientemente definite l’esame deve essere svolto con sonde lineari ad alta
risoluzione ed alta frequenza (7,5-14 MHz) dedicate allo studio delle parti molli, con Color Doppler
in grado di rilevare flussi molto lenti e superficie di scansione non inferiore ai 5 cm. L’esame deve
prevedere la valutazione degli involucri scrotali, dei testicoli, degli epididimi e dei dotti deferenti.
Involucri scrotali
Lo studio degli involucri scrotali deve prevedere la valutazione della tonaca vaginale, caratterizzata
da un foglietto viscerale e un foglietto parietale, visualizzati come linee iperecogene tra le quali si
può riscontrare una lieve raccolta di liquido sieroso anecogeno, e della tonaca albuginea visualizzata
come una sottile linea iperecogena posta tra la superficie del testicolo e il foglietto viscerale della
vaginale (Fig.1).
Fig.1: Immagine ecografica degli involucri scrotali. c: cute, ps: parete scrotale; fp: foglietto
parietale della vaginale; fv: foglietto viscerale della vaginale; T: testicolo
Tali involucri, in seguito a processi flogistici o traumi possono presentare cisti, micro o
macrocalcificazioni (“scrotoliti”) o contenere raccolte liquide di varia entità(“idrocele”) (Fig.2) (1).
Fig. 2: A) Calcificazione dell’albuginea; B) Scrotolita; C) Lieve idrocele con materiale
corpuscolato fluttuante
A)
B)
C)
Testicoli
Nello studio dei testicoli si deve valutare la sede, la morfologia, il volume, l’ecostruttura e la
vascolarizzazione intraparenchimale.
Sede
In condizioni normali il testicolo è mantenuto all’interno della borsa scrotale, cioè “in sede”, dalla
presenza di legamenti (Fig. 3) la cui lassità può determinare la rotazione del testicolo di 90°
“trasverso posto”, di 180° “inverso posto” o la risalita del testicolo all’interno del canale inguinale
dopo contrazione del muscolo cremastere.
Fig. 3: Testicolo “in sede” con normale legamento testicolo-scrotale
Se dopo il rilassamento del suddetto muscolo il testicolo scende nuovamente all’interno dello scroto
viene definito “mobile”, se, invece, tende a rimanere nel contesto del canale inguinale si definisce
“retrattile”. Infine se il testicolo non è mai sceso all’interno della sacca scrotale ma viene riscontrato
all’interno del canale inguinale o della cavità addominale viene definito “ritenuto” (Fig. 4).
Fig. 4: A) Lassità del legamento testicolo-scrotale; B) Testicolo trasversoposto; C) Testicolo risalito
all’interno del canale inguinale.
A)
B)
C)
Morfologia e volume
I testicoli presentano forma ovoidale e superficie liscia. Le normali dimensioni dei testicoli sono di
35-50 mm in lunghezza, 25-35 mm in larghezza e 15-25 mm in spessore (2). Il volume del testicolo
viene calcolato con la formula dell’ellissoide (lunghezza x larghezza x spessore x 0.52) in modo
molto semplice e ripetibile essendo calcolato automaticamente dalla macchina ecografica. La
misurazione ecografica del volume testicolare è più precisa dell’esame obiettivo (orchidometro di
Prader) in quanto, escludendo l’epididimo e gli involucri scrotali, riduce il margine di errore al 3%
(2). Il testicolo viene considerato di normali dimensioni quando presenta un volume compreso tra
12 e 25 ml, ai limiti inferiori della norma con un volume compreso tra 10 e 12 ml e ipotrofico se il
volume è inferiore ai 10 ml (Fig. 5).
Fig. 5: A) Testicolo di normali dimensioni; B) Testicolo ipotrofico
A)
B)
Ecostruttura
La normale ecostruttura parenchimale è caratterizzata da echi fini ed addensati, disposti con elevata
omogeneità. In corrispondenza della porzione postero superiore del testicolo frequentemente si
evidenzia un’area triangolariforme iperecogena (ilo testicolare) caratterizzata da un ispessimento
dell’albuginea (corpo di Highmore) che include i dotti efferenti della rete testis (conosciuto anche
come organo di Haller) (Fig.6) (3).
Fig.6: Testicolo ad ecostruttura omogenea con visualizzato ilo testicolare
La presenza di un ecopattern finemente disomogeneo, di aree debolmente ipo- o iper-ecogene sono
espressione di una testicolopatia che può riconoscere varie eziologie (Es. lesioni flogistiche, post
traumatiche, varicocele, alterazioni geniche) (Fig.7). Particolare attenzione deve essere posta nel
rilevare la presenza di microlitiasi testicolare (MT) considerato fattore di rischio per lo sviluppo di
neoplasie testicolari. La MT è caratterizzata dalla presenza, all’interno del parenchima testicolare,
di spot iperecogeni, del diametro compreso tra 1 e 3 mm, che non presentano cono d’ombra
posteriore (4). Ecograficamente può essere classificata come “classica” o “limited” a seconda che vi
siano più o meno di 5 spot iperecogeni per sezione ecografica (Fig.8).
Fig. 7: Testicolo ad ecostruttura disomogenea
Fig.8: A) Microlitiasi “classica” (CTM); B) Microlitiasi “limitata” (LTM)
A)
B)
Non raramente l’esecuzione dell’ecografia scrotale porta all’identificazione di lesioni nodulari dei
testicoli che possono essere singole o multiple, localizzate nella parte centrale o periferica della
gonade. La differenziazione fra lesioni solide e liquide è solitamente agevole poiché le formazioni
espansive liquide, primitivamente testicolari o dell’albuginea, presentano i tipici caratteri delle cisti:
pareti sottili, rinforzo di parete posteriore e contenuto transonico. La valutazione delle lesioni
solide, invece, risulta ecograficamente più problematica, poiché, anche se la presenza di
un’abbondante vascolarizzazione peri- ed intra-nodulare rappresenta un elemento di sospetta
malignità della lesione (5,6) nessun carattere morfostrutturale o vascolare consente di differenziare
in maniera certa le lesioni benigne, come i leydigiomi o i sertoliomi, da quelle maligne (Fig.9).
Fig.9: A) Lesione cistica del testicolo; B) Lesione solida
A)
B)
Vascolarizzazione
L’arteria spermatica origina dalla faccia anteriore dell’aorta a livello dell’ilo renale e si divide in
due branche in prossimità del testicolo: l’arteria testicolare e l’arteria epididimale. L’arteria
testicolare penetra la tonaca albuginea a livello del polo testicolare inferiore e dà origina all’arteria
capsulare da cui si dipartono le arterie centripete che seguendo i setti testicolari raggiungono l’ilo
testicolare e danno origine alle arteriole centrifughe. Nel 50% dei pazienti è inoltre presente al terzo
superiore del testicolo l’arteria transmediastinica che nel 25% dei casi è bilaterale. Alla valutazione
ColorDoppler l’arteria testicolare, capsulare e transmediastiche sono ben rilevabili mentre le arterie
centripete e centrifughe frequentemente appaiono come spot colorati omogeneamente distribuiti
all’interno del parenchima testicolare (Fig.10) (7,8).
Fig. 10: A) Vascolarizzazione artero-venosa scrotale; B) Immagine arteria capsulare e centripete;
C) Lesione parenchimale con iperemia.
A)
B)
C)
In condizioni di flogosi testicolare la distribuzione della vascolarizzazione intratesticolare appare
diffusamente aumentata mentre in caso di lesioni solide è frequente rilevare una iperemia
intralesionale (Fig. 10). Viceversa nel caso di infarti testicolari e di gravi testicolopatie il
parenchima testicolare appare completamente avascolare. All’esame Doppler il flusso a livello
dell’arteria spermatica, della testicolare e delle sue branche appare a bassa resistenza caratterizzato
quindi da una fase sistolica prolungata, dalla presenza di flusso durante l’intera diastole e da un
basso indice di resistenza (IR: 0,62). Normalmente la velocità di flusso sistolico lungo le arterie
centripete è inferiore ai 15 cm/sec e frequentemente compreso tra 4 e 12 cm/sec (Fig.11).
Fig. 11: Valutazione Doppler arteria testicolare centripeta
Nelle lesioni del parenchima testicolare il flusso intratesticolare diviene progressivamente ad alta
resistenza caratterizzato quindi da una breve fase sistolica, dalla scomparsa del flusso in fase
diastolica e da un incremento dell’indice di resistenza (IR: >0,75) (9).
Il drenaggio venoso dello scroto è dato dalle vene spermatiche interne ed esterne.
Le vene testicolari e le vene anteriori dell’epididimo formando il plesso spermatico anteriore che
danno origine alla vena spermatica interna la quale a destra termina a livello della vena cava mentre
a sinistra a livello della vena renale. Normalmente le vene testicolari non sono visibili al Color
Doppler eccetto la transmediastinica che, accompagnando l’arteria, risulta visibile nel 25% dei
pazienti. Il drenaggio venoso del corpo e della coda dell’epididimo costituisce il plesso spermatico
posteriore che dà origine alla vena spermatica esterna la quale può terminare a livello della vena
iliaca esterna o a livello della vena epigastrica inferiore (8).
Durante l’esecuzione dell’EcoColorDoppler scrotale particolare attenzione va riservata alla
valutazione di eventuali ectasie venose e di reflussi venosi sia in clino che in ortostatismo che in
associazione determinano un quadro di varicocele (Fig.12).
Fig. 12: A) Ectasia venosa del plesso pampiniforme; B) Reflusso evidenziato con ColorDoppler
durante manovra del Valsalva
A)
B)
Epididimi, dotti deferenti e appendici
Epididimi
Gli epididimi sono situati nella porzione superiore e postero-laterale dei testicoli e si dividono in tre
porzioni: cefalica, corpo e coda.
La porzione cefalica presenta ecostruttura omogenea e solitamente isoecogena rispetto al
parenchima testicolare con spessore massimo inferiore ai 10-12 mm (Fig. 13).
Il corpo è frequentemente visualizzabile, presenta ecostruttura finemente disomogenea e lievemente
ipoecogena rispetto alla porzione cefalica con spessore massimo compreso tra 2 e 5 mm (Fig. 13).
Infine la porzione caudale viene visualizzata in prossimità del margine postero inferiore del
testicolo, presenta ecostruttura finemente disomogenea e moderatamente ipoecogena rispetto alla
porzione cefalica con spessore massimo inferiore ai 5 mm (Fig.13)(10).
Fig.13: A) Testa e corpo epididimale; B) Coda epididimale; C) Ansa epididimo-deferenziale
A)
B)
C)
La porzione cefalica dell’epididimo è la sede più frequente di ostruzione o subostruzione delle vie
seminali. In questo caso è frequente il riscontro di un aumento volumetrico, micro calcificazioni
(Fig.14), cisti (Fig.14) o microcisti frequentemente esiti di pregressi processi flogistici o traumatici.
In caso di flogosi acuta è inoltre importante valutare la vascolarizzazione parenchimale che appare
notevolmente aumentata (Fig.14) (10). Ma la porzione cefalica spesso, insieme alla coda, appare
dilatata anche in presenza di ostruzione distale (dotto deferente, dotti eiaculatori).
Fig.14: A) Epididimo aumentato di dimensioni; B) Cisti testa epididimo; C) Iperemia parenchima
epididimale
A)
B)
C)
Viceversa in soggetti affetti da fibrosi cistica gli epididimi possono non essere rilevabili (“agenesie
complete”) o presenti in alcune sue parti (“agenesie parziali”) (Fig: 15). A livello della coda
dell’epididimo si ha un evidente cambiamento dell’ecostruttura verso l’ipoecogenicità che consente
di distinguere l’epididimo dal primo tratto del dotto deferente (10).
Fig 15: Agenesia parziale epididimo in paziente portatore mutazione gene CFTR
Dotti deferenti
Il dotto deferente, curvilineo nel primo tratto e rettilineo nel tratto che si dirige verso il canale
inguinale omolaterale, appare come un condotto a spessa parete muscolare con lume anecogeno del
diametro compreso tra 1 e 2 mm (Fig. 16). Esso risulta esplorabile quasi per intero, ad eccezione del
tratto pelvico e può presentare diametro aumentato in caso di infezioni, flogosi, cisti o ostruzioni
distali (prostato-vescicolari). Raramente anch’esso può non essere visualizzabile per agenesia
parziale o completa (2).
Fig. 16: Dotto deferente normale nel tratto intrascrotale
Appendici
Le appendici risultano visualizzabili in caso di presenza di liquido a livello della tonaca vaginale
(11). L’appendice epididimale (“Idatide del Morgagni”), remnant embrionale del dotto di Wolff,
appare come una formazione cistica al margine superiore della testa epididimale del diametro
compreso tra 3 e 5 mm. L’appendice testicolare, remnant embrionale del dotto di Muller, appare
invece come una struttura di alcuni millimetri di diametro isoecogena con il parenchima testicolare
solitamente rilevabile all’angolo compreso tra la porzione cefalica dell’epididimo e il testicolo (Fig.
17). Più raramente altre appendici posso essere presenti sulla superficie del corpo epididimale
(organo di Giraldes o di Haller) o sulla superficie testicolare.
Fig.17: Immagine ecografica 3-D di un’Appendice testicolare
Ecografia scrotale ed infertilità
Nel maschio infertile il riscontro di anormalità a livello scrotale è molto elevato con un’ incidenza
che varia dal 59% al 72% (12). E’ quindi evidente come l’esame ecografico possa rivestire un ruolo
fondamentale nell’identificare quadri patologichi causa dell’infertilità (idrocele, varicocele, lesioni
testicolari ed epididmali etc.).
Condizioni patologiche frequentemente associate all’infertilità e loro peculiarità ecografiche:
Idrocele
L’idrocele, considerato la più comune causa di tumefazione scrotale, è caratterizzato da un
patologico accumulo di liquido sieroso tra i foglietti della tonaca vaginale. Può essere rinvenuto nel
65% dei soggetti e nel 10% può essere bilaterale. Viene distinto in comunicante e non
comunicante (13).
Gli idroceli comunicanti sono conseguenza della pervietà del processo vaginale per cui i fluidi dalla
cavità addominale possono raggiungere lo scroto in conseguenza di un’aumentata pressione
addominale o della modificazione del decubito dal clino all’ortostatismo (Fig.18)
Persistenza dotto peritoneo-vaginale
T
CI
.
Fig. 18: Idrocele comunicante da persistenza dotto peritoneo-vaginale
Gli idroceli non comunicanti invece non si modificano con la palpazione o con il variare del
decubito e possono essere di natura idiopatica o conseguenza di traumi, processi flogistici,
neoplastici e di interventi chirurgici. All’esame ecografico il liquido sieroso può apparire
anecogeno, presentare al suo interno materiale corpuscolato fluttuante (cristalli di colesterolo,
cellule di sfaldamento, fibrina, calcificazioni libere) espressione di processo flogistico in atto o
presentare aspetto più torbido in caso di raccolta ematica (ematocele) o di pus (piocele) (Fig.19).
Se cronicizzato l’ idrocele appare con pareti marcatamente ispessite e con sepimenti fibrotici al loro
interno. L’aspetto ecografico del linfocele, conseguenza di processi neoplastici o di interventi
chirurgici, è totalmente sovrapponibile all’idrocele.
Di per sé l’idrocele non è causa di infertilità ma conseguenza di processi patologici che possono
interferire con la fertilità salvo che non raggiunga volumi ragguardevoli. In tal caso l’aumento di
pressione intratesticolare determina un incremento delle resistenze al flusso intratesticolare con
conseguente sofferenza nella spermatogenesi (14).
Fig. 19: A) Voluminoso idrocele non comunicante con all’interno materiale corpuscolato fluttuante
e scrotolita; B) Ematocele
A)
B)
Varicocele
Questa patologia, caratterizzata da un’abnorme dilatazione delle vene del plesso pampiniforme, è
presente nel 15% della popolazione maschile e in circa il 40% degli uomini infertili.
Il varicocele può associarsi in alcuni casi a testicolopatia e quindi all’insorgenza di infertilità (15). Il
principale meccanismo implicato in questo processo sembra essere l’aumentata pressione idrostatica
nel sistema di drenaggio venoso testicolare. Infatti nel testicolo il flusso ematico è possibile solo in
direzione della pressione negativa, perciò, quando la pressione idrostatica del sistema venoso di
drenaggio supera la pressione del microcircolo arteriolare intratesticolare (18-20 mmHg), compare
ristagno venoso a livello scrotale con una relativa ipossia del parenchima testicolare. Lo stato
ipossico-ischemico che si viene a creare determina quindi un’ alterazione a carico dei tubuli
seminiferi, delle cellule del Sertoli, delle cellule germinali responsabili dei quadri di lieve, moderata
o grave oligoastenoteratozoospermia associati al varicocele. L’esito finale, se mantenuto nel corso
degli anni, determina la comparsa di ipotrofia testicolare mono- o bilaterale (16).
Il varicocele può essere individuato attraverso l’esame clinico o, in modo molto più accurato per lo
studio della fertilità, con la valutazione EcoColorDoppler.
La valutazione EcoColorDoppler scrotale del soggetto infertile affetto da varicocele deve
prevedere: la valutazione della volumetria, ecostruttura e vascolarizzazione del parenchima
testicolare ed epididimale, la valutazione della presenza di ectasie venose, di reflussi venosi
patologici e la loro estensione endoscrotale.
Lo studio viene effettuato dapprima in clinostatismo e successivamente in ortostatismo. La
valutazione B-Mode ci permette di rilevare la presenza di vasi venosi ectasici (diametro > 3mm)
lungo il canale inguinale o all’interno della sacca scrotale, mentre l’indagine colordoppler (ECD) ci
dà informazioni sulla presenza o meno di un reflusso e se quest’ultimo è presente in condizioni
basali e/o dopo aumento della pressione endoaddominale (manovra di Valsalva). A tal fine, dopo
aver studiato la regione peritesticolare in condizioni basali, si invita il paziente ad eseguire un
ponzamento progressivo, non brusco ed un reflusso viene considerato patologico quando si
prolunga per oltre due secondi. Reflussi di minore durata, se la manovra di Valsalva è eseguita
correttamente, sono considerati non patologici.
Se lo studio in B-Mode non rileva varicosità peritesticolari, si dovrà indagare la regione funicolare
sovratesticolare con le stesse modalità descritte in precedenza (17).
Quando non siano visibili vasi dilatati anche in questa sede e l’ECD non percepisca segnali, si
passerà all’esame del funicolo all’emergenza scrotale. Per essere sicuri di aver localizzato il
funicolo, con la sonda puntata verso l’anello inguinale superficiale, si centra l’arteria testicolare e si
invita il paziente ad eseguire la manovra di Valsalva evidenziando la presenza o meno di reflusso
prolungato. Naturalmente dopo aver esplorato il plesso pampiniforme sinistro, anche in caso di
reperti negativi, andrà esaminato anche il plesso pampiniforme controlaterale con le medesime
modalità.
Sulla base dei reperti ottenuti mediante le suddette procedure possiamo ottenere informazioni sulla
presenza o meno di varicocele, sull’entità e localizzazione dei reflussi venosi patologici (Fig.20) e
sull’eventuale sofferenza testicolare.
La classificazione ecografica che, a nostro parere, sembra più completa per la definizione del
varicocele e la sua influenza sulla fertilità, è quella introdotta da Sarteschi e coll. (17):
-
Grado 1: non si osservano varicosità in B-mode. L’ECD, con sonda posizionata
all’emergenza scrotale, evidenzia un prolungato reflusso venoso.
-
Grado 2: si osservano piccole varicosità posteriori, spesso accompagnate da un tronco
venoso rettilineo ventrale, che però non scendono al di sotto del livello del polo superiore
del testicolo. Le varicosità incrementano di diametro in maniera più o meno apprezzabile
con la manovra di Valsalva eseguita in B-Mode. Lo studio con ECD rivela la presenza di
reflusso venoso nella regione sovratesticolare.
-
Grado 3: in ortostatismo i vasi venosi si dilatano prontamente durante manovra di Valsalva
in B-Mode, raggiungendo il polo inferiore del testicolo. L’ECD non evidenzia reflusso in
condizioni basali ma dimostra reflussi prolungati durante manovra di Valsalva.
-
Grado 4: i vasi venosi del funicolo appaiono dilatati in B-Mode a livello funicolare
peritesticolare; la manovra di Valsalva determina un ulteriore allargamento dei calibri
venosi. Lo studio ECD documenta presenza di reflussi patologici già in condizioni basali,
incrementabili durante manovra di Valsalva. Spesso può essere presente ipotrofia del
testicolo omolaterale.
- Grado 5: i vasi venosi appaiono estremamente dilatati in B-Mode a livello funicolare e
peritesticolare, talvolta in maniera abnorme. La manovra di Valsalva determina aumento del
calibro venoso. L’ECD dimostra un reflusso patologico presente in condizioni basali che
comunque non incrementa o incrementa pochissimo durante l’esecuzione delle manovre
funzionali. Talvolta possono essere presenti varici intratesticolari. Può, inoltre, coesistere
ipotrofia del testicolo omolaterale.
Fig. 20: A) Valutazione diametro plesso pampiniforme, B) valutazione Doppler con riscontro di
reflusso di base accentuato dalla manovra del Valsalva. C) riscontro di reflusso con esame Color
che si estende in regione intratesticolare
A)
B)
C)
Nel caso di rilievo di varicocele monolaterale destro è necessario studiare la presenza di reflusso
venoso nel corrispondente canale inguinale. Infatti se si dimostrano in questa sede vasi venosi con
segnali di reflusso, è possibile escludere che il varicocele destro sia sostenuto da collaterali
prepubiche o transrettali. Nel sospetto clinico di varicocele secondario, è necessario affrontare lo
studio ecografico delle logge renali, del fegato e del retroperitoneo nella ricerca di cause ostruttive
venose, congenite o acquisite (17).
Lesioni cistiche
Dilatazione della rete testis
L’ectasia dei tubuli seminiferi a livello del mediastinum testis è un alterazione benigna del testicolo.
L’ectasia dei tubuli seminiferi o la presenza di cisti della rete testis sono frequente conseguenza di
un’ostruzione delle vie seminali insorta dopo processi infiammatori e traumatici o di alterazioni
genetiche (fibrosi cistica). Queste alterazioni nel 45% dei casi si possono presentare bilateralmente
e associate ad un spermatocele omolaterale nel 74% dei casi. Teoricamente qualsiasi alterazione che
determina un’ostruzione distale delle vie seminale può determinare la dilatazione della rete testis.
All’esame ecografico il processo inizia nella periferia adiacente ad uno spermatocele e si estende
per una distanza variabile all’interno del parenchima testicolare (Fig.21) (18,19).
Fig.21: Ectasia della rete testis
Malgrado l’ectasia della rete testis abbia un aspetto ecografico caratterisco alcune volte può essere
difficile distinguerlo da lesioni neoplastiche, infiammatorie o infartuali (20). Infine raramente la
presenza di un’ectasia della rete testis può essere simulata dalla presenza di un’ectasia delle vene
intratesticolari (varicocele intratesticolare). A tal proposito la valutazione Color Doppler sarà
necessaria per distinguere le lesioni cistiche dalla presenza di vene dilatate (Fig. 22) (21).
Fig. 22: A) Ectasia della rete testis scambiata per lesione neoplastica e Idatide del Morgagni; B)
Assenza di vascolarizzazione in ectasia della rete testis; C) Presenza di reflusso venoso durante
ponzamento in varicocele intratesticolare
A)
C)
B)
Cisti testicolari
Le lesioni cistiche intratesticolari frequentemente sono un riscontro occasionale durante
l’esecuzione di un’ecografia scrotale. Ecograficamente appaiono come le lesioni cistiche riscontrate
in altri distretti e caratterizzate quindi da lesioni tondeggianti anecogene con un cono iperecogeno
posteriore (Fig.9) completamente avascolarizzate. Sono generalmente conseguenza di un’ostruzione
dei dotti spermatici di origine congenita o acquisita (infezioni o traumi) (22). Tali cisti possono
inoltre formarsi a livello della tonaca albuginea e destare preoccupazione nei pazienti che la
avvertono come una tumefazione di consistenza dura delle dimensioni di una nocciolina (Fig. 23)
(23). Infine devono essere distinte dalle lesioni neoplastiche che presentano eco struttura
disomogenea, iso-ipoecogena. e frequentemente ipervascolarizzata.
Fig. 23: Cisti anecogena dell’albuginea
Cisti epididimali
Cisti e spermatoceli degli epididimi sono di frequente riscontro a livello della testa tanto da essere
rinvenuti in circa il 70% dei soggetti che si sottopongono ad un’ ecografia scrotale. Sono
generalmente conseguenza di un’ostruzione delle vie seminali di origine congenita o acquisita
(infezioni o traumi). Possono essere singole o multiple, molto piccole o estremamente grandi tanto
da essere difficilmente distinte dall’idrocele (Fig.24). Le cisti palpatoriamente hanno una
consistenza teso elastica, mentre l’idrocele ha una consistenza flaccida, e presentano una parete
relativamente iperecogena che le delimita e che può apparire ispessita in condizioni di flogosi.
Infine possono presentare al loro interno materiale corpuscolato denso e fluttuante costituito da
spermatozoi morti (10).
Fig. 24: A) Voluminosa cisti testa epididimo; B) Voluminoso idrocele
A)
B)
Condizioni infiammatorie
Epididimite acuta
L’epididimite è una delle più frequenti cause di dolore scrotale e costituisce il 75% delle lesioni
flogistiche dello scroto. Frequentemente è causata da una diffusione retrograda (attraverso l’uretra o
i dotti deferenti) o ematica di vari batteri (Es. E. Coli, Clamidia, Mycoplasmi etc).
Ecograficamente l’epididimo appare aumentato di dimensioni, in particolare nella sua parte cefalica
(diametro massimo > 12 mm), ad ecostruttura diffusamente ipoecogena o con aree ipoecogene
multifocali (24). La vascolarizzazione appare diffusamente aumentata e la sua presenza ha una
sensibilità nell’identificare un’epididimite del 91-100% (25) (Fig. 25).
La parete scrotale appare spesso ispessita (> 5 mm) per la presenza di edema reattivo.
Fig.25: Epididimite acuta
Orchite acuta
L’orchite isolata è un evento estremamente raro che si può osservare in corso di un’infezione virale
o nella sindrome da immunodeficienza acquisita. In generale l’orchite si presenta in associazione
con un’epididimite. Ecograficamente il testicolo appare aumentato di dimensioni (> 25 cc), ad
ecostruttura disomogenea e tendenzialmente ipoecogena (Fig.26) (26). E’ però frequente riscontrare
un testicolo con ecostruttura omogenea e diffusa iperemia alla valutazione Color Doppler. Il picco
di flusso sistolico può aumentare di due o più volte e l’indice di resistenza lungo l’arteria testicolare
si riduce (< 0,5).
Fig. 26: Orchite acuta
Infiammazione cronica
L’epididimite cronica, conseguenza di epididimiti ricorrenti o di trattamenti inadeguati, costituisce
uno dei più frequenti riscontri ecografici nei soggetti ipofertili. Ecograficamente l’epididimo può
apparire lievemente ingrandito, soprattutto nella parte cefalica, ad ecostruttura disomogenea,
tendenzialmente ipoecogena con lieve iperemia intraparenchimale. Si può inoltre associare il
riscontro di benderelle fibrotiche iperecogene, di calcificazioni o di cisti ipo-anecogene di varie
dimensioni e numero causa frequente di ostruzioni complete o parziali delle vie seminali. (Fig.27).
Fig.27: Epididimite cronica
Microlitiasi
La microlitiasi testicolare (MT) viene identificata occasionalmente durante l’esame ecografico del
testicolo. La MT è caratterizzata dalla presenza all’interno del parenchima testicolare di spot
iperecogeni, del diametro compreso tra 1 e 3 mm, che non presentano cono d’ombra posteriore.
Ecograficamente può essere classificata come “classica” o “limited” a seconda che vi siano più o
meno di 5 spot iperecogeni per sezione ecografica (Fig.8).
Con l’evoluzione delle apparecchiature ecografiche, che permettono di identificare strutture del
diametro inferiore al millimetro, la prevalenza di MT è andata aumentando. Si stima che nella
popolazione sana la prevalenza della MT sia compresa tra l’1,5 e il 5,6% mentre nei soggetti
infertili possa arrivare al 20%. L’MT è inoltre aumentata di prevalenza in presenza di varie
condizioni patologiche quali il tumore testicolare (TT), il criptorchidismo, il varicocele, la torsione
testicolare, l’epididimite, l’orchite, la Sindrome di Klinefelter, lo pseudoermafroditismo maschile,
la neurofibromatosi e l’infezione da HIV (27).
Vari studi hanno messo in relazione la presenza di microlitiasi con lo sviluppo di un carcinoma in
situ (CIS) o di un tumore a cellule germinali (TGCT) del testicolo (27). Nei soggetti affetti da
microlitiasi è pertanto consigliabile eseguire un follow up ecografico annuale da ridurre a 6 mesi nel
caso di concomitanti patologie associate allo sviluppo di neoplasie testicolari (criptorchidismo, Sdr.
Klinefelter, altre alterazioni genetiche).
Criptorchidismo
Per criptorchidismo si intende la mancata discesa, all’interno della sacca scrotale, di uno o entrambi
i testicoli che si localizzano lungo il normale corso della discesa testicolare e quindi tra il polo
renale inferiore e l’eminenza esterna del canale inguinale. Colpisce approssimativamente l’1-2% dei
ragazzi presentandosi nell’80-90% monolaterale e nel 10-20% bilaterale.
Il criptorchidismo rappresenta un importante fattore di rischio per l’infertilità e lo sviluppo di
neoplasie testicolari.
L’esame ecografico scrotale in questi pazienti viene eseguito nella fase pre orchidopessi per
determinare l’esatta collocazione del testicolo, le dimensioni e l’ecostruttura e nel follow-up post
orchidopessi per valutare il successivo sviluppo della gonade ritenuta rispetto alla controlaterale,
eventuali lesioni post chirurgiche e lo sviluppo di eventuali lesioni neoplastiche.
Nella fase pre-orchidopessi la localizzazione ecografica del testicolo può risultare difficile in cavità
addominale mentre risulta abbastanza agevole lungo il canale inguinale dove risulta localizzato nel
75-80% dei casi. In quest’ ultimo caso il testicolo risulta frequentemente ipotrofico (vol< 10 cc) con
ecostruttura ipo-anecogena tanto da rendere difficile l’eventuale identificazione di eventuali lesioni
neoplastiche (Fig.28).
Fig. 28: Testicolo ritenuto al terzo medio del canale inguinale
Nella fase post-orchidopessi vari autori hanno dimostrato nel testicolo ritenuto una riduzione nel
numero di cellule germinali, una riduzione del loro sviluppo e una progressiva fibrosi interstiziale
presenti anche nel testicolo non ritenuto ma di grado minore (28,29).
Ecograficamente queste modificazioni istologiche si traducono in più del 50% dei casi in alterazioni
a livello di volume, ecostruttura e vascolarizzazione dei testicoli e/o degli epididimi (30) interessati.
E con il riscontro di micro o macrocalcificazioni intraparenchimali nel 10% dei casi (31). Infine
nella valutazione ecografica dei testicoli particolare attenzione deve essere posta nell’identificare
eventuali alterazioni neoplastiche; si stima infatti che circa il 10% di tutte le neoplasie testicolari si
sviluppi in testicoli ritenuti o sottoposti ad intervento di orchidopessi (Fig. 29).
Fig.29: Lesione neoplastica sviluppatasi in testicolo (ipotrofico, disomogeneo con varicocele
intratesticolare) precedentemente sottoposto ad intervento di orchidopessi
Lesioni neoplastiche
I tumori testicolari rappresentano il 4-6% di tutti i tumori del tratto urogenitale maschile il cui picco
di incidenza è compreso tra la terza e la quarta decade di vita (25-35 aa). Nel 95% dei casi sono
neoplasie maligne originate da cellule germinali mentre nel 5% originano da cellule non germinali
(13). Nel maschio infertile il rischio di sviluppare una neoplasia testicolare è circa il triplo rispetto
alla popolazione generale (32) e frequentemente il riscontro della neoplasia è del tutto casuale
durante il normale iter diagnostico dell’infertilità. E’ quindi evidente che durante l’esecuzione
dell’ecografia scrotale particolare attenzione deve essere posta nel valutare la presenza di eventuali
lesioni intraparenchimali testicolari.
Come detto i tumori possono originare da cellule germinali o da cellule stromali:
Tumori a cellule germinali
Seminoma: rappresenta il 40-50% di tutti i tumori di origine germinale. Ecograficamente nella
maggior parte dei casi appare come una lesione nodulare o multinodulare ipoecogena a margini ben
delimitati. Occasionalmente queste lesioni possono interessare l’intero parenchima testicolare o
presentare al loro interno aree cistiche di natura necrotica o emorragica. Frequentemente, infine, si
rileva una ipervascolarizzazione intraparenchimale e in un terzo dei casi delle calcificazioni (Fig.
30) (13).
Fig.30: A) Immagine B-mode seminoma testicolare; B) Diffusa iperemia intraparenchimale
A)
B)
Non seminomi: essi includono il carcinoma a cellule embrionali (20-25%), il teratoma (5-10%), il
corioncarcinoma (1-3%), e i tumori misti (20-40%).
I tumori a cellule embrionali ecograficamente sono spesso a struttura molto più eterogenea rispetto
ai seminomi per la presenza di una diffusa degenerazione cistica e diffuse calcificazioni. Inoltre, a
causa delle sue dimensioni, l’albuginea risulta frequentemente irregolare (Fig. 31 (13)
Fig. 31: Tumore a cellule embrionali
I teratomi solitamente appaiono invece come lesioni più piccole (< 2 cm) con anch’essi al loro
interno piccole aree cistiche e non infrequentemente con neoformazioni ossee o cartilaginee che
appaiono come aree iperecogene seguite da cono d’ombra posteriore.
Infine il coriocarcinoma ha un aspetto aspecifico e può presentare lesioni solide eterogenee con al
loro interno aree di emorragia, necrosi e calcificazioni.
Tumori a cellule non germinali
Essi includono i Leydigiomi e i tumori a cellule del Sertoli che nella maggior parte dei casi vengono
considerate lesioni benigne. Questo tipo di neoplasie è frequentemente non palpabile e la diagnosi è
principalmente ecografica. Essi appaiono come neoformazioni iper o ipoecogene, singole o multiple
che raramente possono presentare calcificazioni intraparenchimali (Fig. 32) (13).
Fig. 32: Leydigioma multiplo
Altri tumori testicolari
Sono rappresentati principalmente dai linfomi (in particolare non-Hodgkin) e rappresentano la
principale neoplasia testicolare dei soggetti di età maggiore di 50 anni. Usualmente questi pazienti
presentano un aumento di dimensioni del testicolo ed ecograficamente il testicolo appare
tendenzialmente ipoecogeno con diffusi infiltrati ipo-anecogeni di varie dimensioni (range 8-26
mm). In alcuni casi si evidenziano inoltre delle linee ipoecogene parrallelle che dal mediastinum
testis si portano alla periferia costituiti vasi intralesionali. Generalmente il testicolo presenta una
diffusa vascolarizzazione intraparenchimale che lo rende difficilmente distinguibile da una lesione
flogistica (13).
Sindrome di Klinefelter
La Sindrome di Klinefelter, caratterizzata da un mosaicismo 47, XXY, costituisce la più frequente
alterazione cromosomica riscontrata nei maschi infertili. La sua incidenza nella popolazione
generale è del 0,2% mentre nella popolazione di maschi infertili del 3,1%. Nella forma classica
questi soggetti presentano: ginecomastia, obesità ginoide, assenza di peluria al volto, ipotrofia
testicolare e azoospermia.
L’esame istopatologico del testicolo in pazienti con Sindrome di Klinefelter rivela un’atrofia del
parenchima con fibrosi e ialinizzazione dei tubuli seminiferi e una iperplasia delle cellule del
Leydig. Chiaramente queste caratteristiche del parenchima testicolare si riflettono su quanto si
riscontra all’esame ecografico caratterizzato da un’ ipotrofia bilaterale delle gonadi (volume
compreso tra 2 e 6 ml) che appaiono ad ecostruttura diffusamente disomogenea per la presenza di
aree iperecogene (fibrosi e ialinizzazione tubulare), e ipoecogene (iperplasia delle cellule del
Leydig) a cui si possono aggiungere micro e macrocalcificazioni (Fig. 33) (34).
Fig. 33: Marcata ipotrofia con sovvertimento strutturale in paziente affetto da Sdr. di Klinefelter
Lo studio Color Doppler del parenchima testicolare permette di rilevare una marcata riduzione della
vascolarizzazione con riscontro, a livello dell’arteria testicolare, di flussi ad alta resistenza
caratterizzati da una marcata riduzione del flusso in fase diastolica (35). Secondo alcuni autori il
riscontro di vasi all’interno del parenchima testicolare può essere un elemento di notevole
importanza indicando un’area del parenchima testicolare dove, in corso di TESE, è maggiore la
possibilità di recuperare spermatozoi. Infine in questi pazienti è frequente il riscontro di lesioni
intratesticolari non palpabili che nella maggior parte dei casi risultano essere aree di iperplasia
Leydigiana ma non infrequentementedi natura neoplastica.
Azoospermie
L’azospermia viene riscontrata in circa il 20-30% dei maschi infertili (36). In questi pazienti, grazie
all’iniezione intracitoplasmatica degli spermatozoi (ICSI), l’estrazione di spermatozoi
eventualmente presenti nel parenchima testicolare rende possibile la fertilizzazione e la gravidanza.
L’EcoColorDoppler scrotale fornisce elementi molto importanti nella classificazione clinica dei
soggetti azoospermici (37). In uno studio condotto su 639 pazienti si è infatti evidenziato che nei
soggetti con azoospermia ostruttiva (146/639) il 73% presentano testicoli nella norma per
dimensioni, ecostruttura e vascolarizzazione intraparenchimale mentre il 68% presentano varie
tipologie di alterazioni epididimali (aumento di volume, ecostruttura disomogenea, cisti etc) a
riprova di un’ostruzione delle vie seminali. Viceversa nei soggetti con azoospermia non ostruttiva
(493/639) il 72% presentava vari gradi di lesioni testicolari (riduzione di volume, ecostruttura
disomogenea, riduzione della vascolarizzazione parenchimale) mentre gli epididimi risultavano
nella norma nell’82% dei casi a conferma di una lesione del parenchima testicolare.
Nei soggetti con azoospermia non ostruttiva il recupero di spermatozoi dal parenchima testicolare
frequentemente è di estrema difficoltà. Lo studio della vascolarizzazione parenchimale del testicolo
mediante Color Doppler può migliorare la percentuale di recupero in quanto, indicando la presenza
di vasi, specialmente nelle regioni periferiche può favorire l’identificazione di aree del parenchima
testicolare dove vi possono essere residue aree di spermatogenesi (Fig. 34).
Fig. 34: Identificazione di area testicolare con miglior irrorazione parenchimale
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