Prospettive in Pediatria Gennaio-Marzo 2015 • Vol. 45 • N. 177 • Pp. 25-31 Nefrologia pediatrica Le nuove sfide del trapianto renale pediatrico Licia Peruzzi SC Nefrologia, Dialisi e Trapianto, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, PO Infantile Regina Margherita Il trapianto di rene è il miglior trattamento sostitutivo per l’insufficienza renale nei bambini, e sempre più spesso viene proposto anche prima della dialisi come trattamento alternativo. Anche se nel corso degli ultimi 25 anni sono stati ottenuti grandi miglioramenti in termini di riduzione degli episodi di rigetto acuto e di riduzione degli effetti collaterali correlati alla terapia, i risultati a lungo termine non sono ancora del tutto soddisfacenti. Il miglioramento degli schemi di immunosoppressione è atteso che possa migliorare ulteriormente la sopravvivenza a lungo termine dell’organo trapiantato e la morbilità. Lo scopo degli studi in corso in questi anni è principalmente concentrato sulla minimizzazione degli effetti collaterali derivanti dalle terapie e sull’identificazione di farmaci in grado di indurre tolleranza immunologica. Grandi studi multicentrici hanno fornito risultati interessanti per la minimizzazione e la sospensione di steroidi e inibitori della calcineurine; nuovi farmaci per l’induzione sono stati sperimentati anche nei bambini con risultati favorevoli duraturi. Il ri-trapianto è oggi sempre più frequente a causa dell’età sempre più giovane dei primi trapianti e il crescente numero di malattie multisistemiche complesse: il problema dei bambini altamente immunizzati richiede l’adozione di trattamenti specifici per consentire il ri-trapianto in tempi rapidi riducendo il rischio di rigetto. Riassunto Kidney transplantation is the best substitutive treatment for renal failure in children, being more frequently proposed even before dialysis as an alternative treatment. Although great improvements in terms of reduction of acute rejection and of therapy related side effects have been made over the last 25 years, long term results are still not fully satisfactory. In fact long term graft survival and morbidity require improvements of immunesuppressive regimens aiming at minimization of side effects as well as at treatments able to induce immunologic tolerance. Large multicenter studies have brought interesting results in terms of steroids and calcineurin inhibitors; new induction drugs are being experimented also in children with favourable longlasting immunosuppressive drugs spare. Re-transplant is nowadays becoming more frequent due to younger age of first transplants and the increasing burden of complex multisystemic diseases: the problem of highly immunized children requires the adoption of specific treatments to allow a successful and rapid retransplant. Summary Metodologia della ricerca bibliografica Questa rassegna ha preso in considerazione le nuove frontiere di terapia del trapianto di rene nel bambino. La ricerca bibliografica è stata condotta su Pub Med utilizzando le seguenti parole chiave: kidney transplantation AND children; kidney transplantation AND therapy; kidney transplantation AND steroids minimization (limits children); calcineurin inhibitors AND minimization. 25 L. Peruzzi Introduzione Il trapianto renale nei bambini rappresenta la migliore opzione per il trattamento dell’insufficienza renale cronica e sempre più frequentemente viene proposto come alternativa al trattamento dialitico sostitutivo prima dell’avvio della dialisi. Il trattamento “perfetto” per mantenere a lungo la funzione del rene trapiantato senza effetti collaterali possibilmente inducendone la “tolleranza” è tuttavia ancora un’utopia. Negli ultimi 25 anni infatti i miglioramenti della terapia immunosoppressiva hanno notevolmente ridotto il rischio di rigetto acuto e la perdita precoce dell’organo, ma i risultati a lungo termine sia di sopravvivenza del trapianto che di morbilità non sono ancora del tutto soddisfacenti e necessitano della ricerca di nuovi regimi immunosoppressivi e di farmaci ancora migliori (Patel, 2014; Van Arendonk et al., 2014; Ellis et al., 2008). Le sfide per migliorare l’andamento a distanza del trapianto renale pediatrico riguardano soprattutto la tolleranza e la minimizzazione degli effetti collaterali derivanti dalle terapie e negli ultimi anni studi collaborativi multicentrici hanno portato a significativi miglioramenti nei protocolli di minimizzazione degli steroidi e degli inibitori delle calcineurine. Il miglioramento della gestione dell’insufficienza renale e del trapianto e al contempo la complessità delle problematiche delle patologie del bambino rendono spesso necessari trapianti successivi di rene e talora trapianti anche di altri organi solidi (soprattutto fegato e cuore) nelle malattie sistemiche o multiorgano. È quindi in incremento il problema dei bambini immunizzati contro numerosi antigeni del sistema maggiore di istocompatibilità a causa dei precedenti trapianti. Questi pazienti definiti “iperimmuni” necessitano di schemi di desensibilizzazione e di induzione ad hoc per poter affrontare un nuovo trapianto senza il rischio di rigetto immediato. Queste sono le sfide dei prossimi anni del trapianto renale pediatrico. Il trapianto renale pre-emptive: un’opzione di trattamento dell’insufficienza renale prima della dialisi Il trapianto renale costituisce per i bambini affetti da insufficienza renale cronica la terapia di scelta, in quanto rappresenta la migliore opzione per il trattamento degli squilibri metabolici dell’uremia e del disagio psicosociale del bambino e della famiglia: pertanto viene sempre più diffusamente proposto quale opzione alternativa alla dialisi quando vi sia la disponibilità di un donatore vivente. Il trapianto prima dell’avvio della dialisi (pre-emptive) seppure non siano disponibili studi controllati su ampie casistiche pediatriche, ha globalmente risultati migliori sia a breve che a lungo termine e consente di evitare non solo una fase psicologicamente difficile 26 quale quella della dialisi, ma anche le manovre chirurgiche necessarie per il trattamento sia extracorporeo che mediante dialisi peritoneale e le complicanze potenzialmente legate a questi trattamenti. In Italia da alcuni anni il trapianto pre-emptive pediatrico è consentito anche da donatore cadavere e i bambini con insufficienza renale avanzata (con filtrato glomerulare < 15 ml/min/1,73 m2) possono essere iscritti alla lista pediatrica nazionale. Il trapianto pre-emptive ha risultati migliori sulla sopravvivenza dell’organo a distanza, per la riduzione dei casi di ritardata ripresa funzionale del graft e degli episodi di rigetto (Sinha, 2010). Questi vantaggi sono in parte attribuibili al fatto che il trapianto pre-emptive è più frequentemente da donatore da vivente, quindi programmato nelle migliori condizioni, con riduzione massima dei tempi di ischemia e con buona compatibilità, in parte a fattori legati al ricevente che con un trapianto pre-emptive evita il danno cardiovascolare aggiuntivo legato alla dialisi e tutte le complicanze vascolari e infettive legate al trattamento (Perez-Flores et al., 2007). Il momento ideale per effettuare un trapianto renale pre-emptive non è ancora codificato, tuttavia dalla maggior parte delle casistiche emerge il dato della non utilità di effettuare il trapianto “troppo presto” quando è ancora possibile una efficace terapia conservativa magari per anni. Vi è un discreto consenso nel considerare il GFR stimato inferiore a 15 ml/ min/1,73 m2 quale valore soglia per proporre il trapianto renale pre-emptive nel bambino. L’obiettivo di riduzione degli effetti collaterali delle terapie immunosoppressive: protocolli di minimizzazione o sospensione degli steroidi e degli inibitori di calcineurine I protocolli immunosoppressivi utilizzati sinora nel trapianto renale pediatrico hanno pressoché azzerato la perdita del rene a breve termine e notevolmente migliorato i risultati di sopravvivenza dell’organo a distanza con il prezzo tuttavia di non trascurabili rischi legati all’immunosoppressione e agli effetti metabolici indotti dai farmaci. Questi rischi si manifestano soprattutto con aumento di morbilità e mortalità cardiovascolare (Kaidar et al., 2014) per l’effetto cumulativo di steroidi e inibitori di calcineurine, infezioni, tumori e malattie linfoproliferative legate al trapianto (PTLD). È nata quindi l’esigenza di sperimentare nuovi protocolli di minimizzazione sia degli steroidi che degli inibitori di calcineurine in sperimentazioni multicentriche internazionali. Minimizzazione o sospensione degli steroidi La terapia steroidea, nonostante i numerosi effetti collaterali, da oltre 40 anni rappresenta la pietra miliare Le nuove sfide del trapianto renale pediatrico della immunosoppressione nel trapianto renale, in associazione ad altri farmaci. Gli schemi immunosoppressivi che includono lo steroide in associazione a inibitori di calcineurine e antimetaboliti sono infatti tuttora quelli più diffusamente utilizzati nonostante molti sforzi siano stati fatti per cercare di ridurre al minimo o evitare la terapia steroidea nel trapianto renale pediatrico. I primi tentativi di sospensione degli steroidi nel trapianto renale pediatrico sono stati fatti negli anni 80, con risultati fallimentari per il notevole aumento degli episodi di rigetto acuto pertanto sono stati accantonati fino a pochi anni fa quando sono stati proposti protocolli randomizzati controllati con l’utilizzo di nuovi schemi di induzione mediante anticorpi monoclonali. In un primo studio iniziato nel 2001 (Benfield et al., 2010) nel braccio senza steroidi si è osservato non solo un aumento degli episodi di rigetto acuto ma sul lungo termine un aumento dei casi di disordini linfoproliferativi post trapianto (PTLD) che hanno fatto interrompere la sperimentazione nel 2004, concludendo che nei bambini è possibile sospendere gli steroidi al prezzo di dosi elevate degli altri immunosoppressori con un inaccettabile incremento del rischio di malattie linfoproliferative. Risultati migliori sono stati ottenuti più recentemente dallo studio TWIST (Grenda et al., 2010) basato su induzione con daclizumab e metilprednisolone seguiti da terapia con tacrolimus e micofenolato mofetile. Il braccio senza steroidi li sospendeva in 5° giornata mentre in quello con steroidi la sospensione era discrezionale fra il secondo e il sesto mese post trapianto. L’obiettivo primario era la valutazione del vantaggio della sospensione dello steroide sulla crescita: il braccio senza steroidi a 6 mesi aveva un netto vantaggio, senza significativo incremento degli episodi di rigetto. Il follow-up tuttavia era troppo breve per valutare altri end point come la comparsa di complicanze linfoproliferative. Questo studio è stato prolungato per altri due anni e recentemente sono stati pubblicati i risultati che mostrano un vantaggio di crescita anche a 1 e 2 anni nei bambini nel braccio che aveva sospeso lo steroide, con un significativo incremento di infezioni virali solo nel primo anno. Sopravvivenza del rene e del paziente e funzione renale non differivano nei due gruppi (Webb et al., 2014). Una sperimentazione a lungo termine con follow-up di tre anni è stata curata dal gruppo della Stanford University (Sarwal et al., 2012) che ha proposto un protocollo di minimizzazione degli steroidi utilizzando induzione con daclizumab e mantenimento con tacrolimus e micofenolato mofetile. Nel braccio senza steroidi daclizumab veniva ripetuto ogni 2 settimane per due mesi a dosaggio elevato mentre nel braccio con steroidi daclizumab veniva usato a dosaggio più basso e lo steroide veniva scalato gradualmente fino alla dose di 0,1 mg/kg/die entro sei mesi dopo il trapianto. I due gruppi non avevano differenze significative di funzione del rene trapiantato ne’ significative differenze istologi- che in biopsie protocollari di controllo. Anche la crescita sul lungo termine non era significativamente diversa, nonostante un vantaggio iniziale a 6 mesi nel braccio senza steroidi. I bambini nel braccio con steroidi avevano pressione arteriosa più elevata e colesterolo maggiore. Quelli nel braccio senza steroidi avevano una maggiore frequenza di episodi di rigetto acuto. La questione della sospensione precoce dello steroide nel trapianto renale del bambino è quindi al momento ancora non definitiva e dibattuta e al momento gli schemi proposti non offrono reali sostanziali vantaggi (Pascual et al., 2012). Minimizzazione degli inibitori delle calcineurine Gli inibitori delle calcineurine hanno importanti effetti collaterali (la ciclosporina: irsutismo, neurotossicità, ipertrofia gengivale; il tacrolimus: diabete ed entrambi ipertensione e tossicità renale) e a lungo termine il loro effetto dannoso sul peggioramento della funzione renale non è trascurabile. Negli ultimi anni sono stati quindi sperimentati protocolli diversi per la ricerca di schemi con dosaggi minimi o del tutto privi di inibitori di calcineurine. Ad Atlanta è stato sperimentato un protocollo basato sull’uso del sirolimus in una coorte di bambini a basso rischio immunologico, che avevano ricevuto induzione con basiliximab e mantenimento con TAC, MMF, e prednisone (Hymes e Warshaw, 2011). A 3 mesi dal trapianto è stata eseguita la conversione a sirolimus nei bambini con biopsia negativa per rigetto acuto. Il sirolimus è stato sospeso nel 20% per gli effetti collaterali (ulcere aftose del cavo orale); l’incidenza di rigetto non era trascurabile, così come di infezioni virali e di proteinuria. Le conclusioni sono quindi state che l’immunosoppressione a base di sirolimus senza associazione con un inibitore di calcineurine può essere considerata nei pazienti a basso rischio immunologico, anche se gli effetti collaterali sono rilevanti. I farmaci inibitori di mTOR (sirolimus ed everolimus) possono interferire con la crescita ossea agendo sulla proliferazione di condrociti della cartilagine di coniugazione e sulla trasmissione del segnale dell’ormone della crescita: le preoccupazioni degli effetti sulla crescita derivanti dall’uso sull’uso di questi farmaci nel bambino sono state affrontate dal gruppo di Heidelberg (Billing et al., 2013) in uno studio longitudinale con un protocollo senza steroidi. Non sono state osservate differenze di crescita nel gruppo di bambini che avevano ricevuto everolimus in associazione a ciclosporina rispetto a quelli che avevano ricevuto micofenolato. La conclusione è stata quindi che basse dosi di everolimus in associazione a un inibitore di calcineurine non avevano un impatto negativo sulla crescita nei bambini sottoposti a trapianto di rene in epoca prepubere. Un farmaco proposto di recente nei protocolli senza inibitori di calcineurine è il belatacept, una proteina di fusione costituita dal frammento Fc di IgG1 umana le27 L. Peruzzi gata al dominio extracellulare di CTLA-4, fondamentale per la co-stimolazione dei linfociti T. Belatacept è un agente promettente per consentire immunosoppressione senza steroidi e senza inibitori di calcineurine, in associazione con sirolimus, dopo induzione con alemtuzumab (Kirk et al., 2014). L’utopia della tolleranza immunologica: nuovi farmaci per l’induzione dell’immunosoppressione Alemtuzumab (Campath-1H) è un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro CD52, una glicoproteina espressa su linfociti T e B, monociti e cellule natural killer che rappresenta una nuova interessante opzione per l’induzione dell’immunosoppressione, con buoni risultati anche nei bambini (Li et al., 2010; De Serres et al., 2012; Ratzinger et al., 2003; Kirk et al., 2003). Questo farmaco induce dopo una singola somministrazione, una deplezione rapida e prolungata di linfociti circolanti che determina una sorta di tolleranza all’organo trapiantato, consentendo il risparmio di inibitori delle calcineurine (Calne et al., 1998) e di steroidi con buoni risultati a medio termine (Kaabak et al., 2013). L’alemtuzumab somministrato al momento del trapianto in associazione ai boli di metilprednisolone standard da 10 mg/kg ha consentito in una coorte di bambini di sospendere gli steroidi dopo 4 giorni e di mantenere il tacrolimus in monoterapia con target 8-10 ng/ml. Il micofenolato è stato aggiunto soltanto nei casi ad alto rischio immunologico o con ritardata ripresa funzionale (Sung et al., 2013). L’incidenza di rigetto e di infezioni virali è stata bassa e la sopravvivenza dell’organo a 3 anni del 100%. Questi dati sono stati confermati anche da un altro studio pediatrico con alemtuzumab, tacrolimus e micofenolato con minimizzazione dei corticosteroidi (Supe-Markovina et al., 2014) e follow-up di 7 anni. Tutti i bambini hanno avuto ripresa funzionale immediata, eccellente sopravvivenza del trapianto (95%) e non si sono osservate infezioni da citomegalovirus, polioma BKV né PTLD. Questo farmaco quindi rappresenta una nuova interessante opzione per l’induzione dell’immunosoppressione attraverso la creazione di una sorta di ambiente tollerante al trapianto consentendo il risparmio di steroidi e inibitori di calcineurine anche negli anni successivi, senza incremento del rischio di rigetto e con riduzione degli episodi di infezione virale e malattia linfoproliferativa (Kuypers, 2014; 3C Study Collaborative Group, 2014). Il problema dei bambini iperimmuni: protocolli di desensibilizzazione per rendere possibile un nuovo trapianto La “sensibilizzazione” è una situazione in cui si verifica la produzione di anticorpi anti HLA dopo esposi- Figura 1. Schema del meccanismo d’azione dei farmaci immunosoppressori. 28 Le nuove sfide del trapianto renale pediatrico zione ad antigeni HLA estranei: più frequentemente avviene dopo trasfusioni di sangue con globuli rossi non adeguatamente lavati o filtrati. Questa procedura, non sempre disponibile, consente di eliminare la contaminazione da parte di cellule che esprimono antigeni HLA (leucociti e piastrine) riducendo l’esposizione e la produzione di anticorpi. Tuttavia l’origine principale della sensibilizzazione per i bambini affetti da insufficienza renale è il trapianto, sia ancora in sede che perso, sia per una problematica acuta che cronica (Chaudhuri et al., 2013). Negli ultimi anni il miglioramento delle tecniche di identificazione degli anticorpi diretti contro antigeni HLA del donatore (definiti anticorpi donatore specifici o DSA) ha consentito l’identificazione di un ruolo precedentemente insospettato di questi anticorpi nella patogenesi sia del rigetto acuto che del rigetto cronico (Ginevri et al., 2012; Salvadori e Bertoni, 2014; Pape et al., 2014). Le nuove tecniche di citofluorimetria utilizzate per studiare la presenza di anticorpi anti-HLA hanno una sensibilità molto superiore rispetto ai test utilizzati in passato evidenziando pannelli di anticorpi di cui alcuni sicuramente capaci di legare il complemento e di indurre lisi cellulare complemento mediata e quindi rigetto iperacuto, altri invece verosmilmente con minore affinità per il complemento, ma ugualmente capaci di legarsi a endotelio e cellule tubulari attivate e potenzialmente favorenti il rigetto acuto. La presenza di anticorpi anti HLA diretti contro numerosi antigeni, spesso a titolo elevato, in bambini candidati a un nuovo trapianto di rene dopo il fallimento di un primo trapianto, determina una situazione che viene definita di “sensibilizzazione” o di “iperimmunità”. In questa condizione la probabilità di trovare un nuovo donatore in tempi rapidi è notevolmente ridotta poiché gli antigeni HLA contro i quali il ricevente abbia anticorpi con reattività elevata, definiti “antigeni proibiti”, devono essere esclusi dall’abbinamento per l’allocazione degli organi per l’elevato rischio di rigetto iperacuto anticorpo mediato. Qualora si identifichi la presenza di anticorpi anti HLA diretti contro oltre il 50% dei possibili antigeni HLA presenti nella popolazione generale (PRA > 50%) si rende necessaria una procedura di desensibilizzazione per aumentare le possibilità di ricevere un trapianto. Diversi protocolli sono stati utilizzati sia negli adulti che nei bambini che prevedono l’utilizzo della plasmaferesi o dell’immunoadsorbimento per rimuovere gli anticorpi già presenti, di immunoglobuline ad alto dosaggio per indurre saturazione competitive dei recettori reticolo endoteliali e rituximab per ridurne la nuova formazione (Salvadori e Bertoni, 2014). Questi trattamenti non sono scevri da complicanze sia legate alle metodiche stesse, in particolare per la necessità di posizionamento di cateteri venosi centrali per le metodiche aferetiche, sia all’aumentato rischio infettivo. L’effetto delle desensibilizzazioni è transitorio, seguito in genere da una fase di rebound. Qualora non si riesca a reperire un donatore idoneo nell’intervallo finestra questi trattamenti devono essere ripetuti. Data la relativa rarità di questa condizione e la complessità dei casi pediatrici non sono disponibili dati derivanti da studi controllati ma soltanto da piccole casistiche o case reports. Nei bambini le perplessità sull’utilizzo della plasmaferesi, con le problematiche sia infettive che trombotiche legate alla necessità del catetere venoso centrale, hanno indotto un maggiore utilizzo delle immunoglobuline ad alto dosaggio, con risultati complessivamente soddisfacenti (Al Uzri et al., 1992; Tyan et al., 1994). Questo protocollo effettuato nei bambini prevedeva un ciclo di tre infusioni di Ig settimanali al dosaggio di 500 mg/kg, ripetuto ogni 3 mesi e riusciva a ridurre la presenza di anticorpi anti HLA per tre anni. Negli adulti le immunoglobuline da sole non sono risultate altrettanto efficaci pertanto sono state frequentemente affiancate al rituximab e talora anche alla plasmaferesi. Questi schemi sono stati anche utilizzati nel bambino. Il rituximab da solo non riduce il livello di anticorpi anti HLA, ma impedendo l’espansione clonale delle cellule B sul medio termine riduce la produzione anticorpale. Il vantaggio del rituximab (1 g /1,73 m2) per i bambini è la grande esperienza acquisita in questi anni derivante dall’utilizzo nella sindrome nefrosica; in questo ambito sono state registrate basse incidenze di infezioni e di complicanze gravi e effetti di riduzione della produzione di anticorpi persistenti anche oltre un anno. Questo farmaco consente di evitare il posizionamento di un accesso vascolare centrale e non necessita di infusioni ripetute, ed è quindi molto maneggevole per l’età pediatrica. Anche nei bambini è stato somministrato dopo la plasmaferesi per il consolidamento a lungo termine della deplezione anticorpale (Jackson et al., 2014). Un altro farmaco in fase di sperimentazione per la prevenzione del rigetto umorale acuto è l’eculizumab, anticorpo monoclonale contro il fattore C5 del complemento, che impedisce il meccanismo di lisi mediata dal complemento innescato dalla presenza di anticorpi anti HLA preformati. Non vi sono ancora risultati provenienti da studi controllati, ancora in corso, ma emergono segnalazioni di usi sporadici con buon successo. Conclusioni Nonostante il netto miglioramento dei risultati in termini di prevenzione e controllo del rigetto acuto del trapianto renale pediatrico i risultati a lungo termine non sono ancora del tutto soddisfacenti. Nuovi schemi di trattamento sono in sperimentazione per ridurre gli effetti collaterali degli steroidi e degli inibitori di calcineurine, e nuovi farmaci sia per l’induzione che per il mantenimento dell’immunosoppressione sono in fase di studio e risultati preliminari sono incoraggianti; tuttavia saranno necessari alcuni anni prima di avere dati sugli esiti a lungo termine. 29 L. Peruzzi Box di orientamento • Cosa si sapeva prima Il trapianto renale è la migliore opzione di trattamento dell’insufficienza renale cronica del bambino ma a prezzo di una terapia immunosoppressiva per tutta la durata della vita. I principali effetti collaterali si manifestano sull’accrescimento e come incremento di rischio di morbidità secondaria alla situazione di immunosoppressione (infezioni, tumori, malattia linfoproliferative). • Cosa sappiamo adesso La possibilità di effettuare un trapianto renale prima dell’avvio della dialisi è consentita sia da donatore vivente che da donatore cadavere negli stadi avanzati dell’insufficienza renale, permettendo di evitare le complicanze legate al posizionamento degli accessi per il trattamento dialitico (sia extracorporeo che mediante dialisi peritoneale) che le complicanze soprattutto cardiovascolari legate alla dialisi. Nuovi schemi di terapia immunosoppressiva hanno esplorato la possibilità di risparmiare o evitare sia gli steroidi che gli inibitori di calcineurine con risultati soddisfacenti. Nuovi farmaci per l’induzione possono consentire il risparmio di questi farmaci senza aumentare il rischio di rigetto e altre complicanze. • Ricadute sulla pratica clinica I buoni dati di sopravvivenza a distanza dei reni trapiantati anche nei bambini piccoli incoraggiano a considerare il trapianto renale quale opzione alternativa alla dialisi e impongono oggi un’attenzione sempre maggiore alla riduzione degli effetti collaterali delle terapie immunosoppressive. Una corretta politica trasfusionale, l’attenzione alla comparsa di anticorpi anti HLA e il trattamento di desensibilizzazione possono consentire un rapido ritrapianto anche nei casi in cui si sia verificata la perdita del rene. Bibliografia Al-Uzri AY, Seltz B, Yorgin PD, et al. Successful renal transplant outcome after intravenous gamma-globulin treatment of a highly sensitized pediatric recipient. Pediatr Transplant 2002;6:161-5. ** Esperienza di desensibilizzazione con immunoglobuline nei bambini. 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[Epub ahead of print] ** Corrispondenza Licia Peruzzi SC Nefrologia, Dialisi e Trapianto, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, PO Infantile Regina Margherita, piazza Polonia 94, 10126 Torino - Tel. +39 011 3131-761 - Fax +39 011 663-5543 - E-mail: [email protected] 31