Prospettive in Pediatria
Gennaio-Marzo 2015 • Vol. 45 • N. 177 • Pp. 25-31
Nefrologia pediatrica
Le nuove sfide
del trapianto renale
pediatrico
Licia Peruzzi
SC Nefrologia, Dialisi e Trapianto,
AOU Città della Salute e della
Scienza di Torino, PO Infantile
Regina Margherita
Il trapianto di rene è il miglior trattamento sostitutivo per l’insufficienza renale nei bambini,
e sempre più spesso viene proposto anche prima della dialisi come trattamento alternativo. Anche se nel corso degli ultimi 25 anni sono stati ottenuti grandi miglioramenti
in termini di riduzione degli episodi di rigetto acuto e di riduzione degli effetti collaterali
correlati alla terapia, i risultati a lungo termine non sono ancora del tutto soddisfacenti. Il
miglioramento degli schemi di immunosoppressione è atteso che possa migliorare ulteriormente la sopravvivenza a lungo termine dell’organo trapiantato e la morbilità. Lo scopo
degli studi in corso in questi anni è principalmente concentrato sulla minimizzazione degli
effetti collaterali derivanti dalle terapie e sull’identificazione di farmaci in grado di indurre
tolleranza immunologica. Grandi studi multicentrici hanno fornito risultati interessanti per
la minimizzazione e la sospensione di steroidi e inibitori della calcineurine; nuovi farmaci
per l’induzione sono stati sperimentati anche nei bambini con risultati favorevoli duraturi.
Il ri-trapianto è oggi sempre più frequente a causa dell’età sempre più giovane dei primi trapianti e il crescente numero di malattie multisistemiche complesse: il problema dei
bambini altamente immunizzati richiede l’adozione di trattamenti specifici per consentire il
ri-trapianto in tempi rapidi riducendo il rischio di rigetto.
Riassunto
Kidney transplantation is the best substitutive treatment for renal failure in children, being
more frequently proposed even before dialysis as an alternative treatment. Although great
improvements in terms of reduction of acute rejection and of therapy related side effects
have been made over the last 25 years, long term results are still not fully satisfactory. In
fact long term graft survival and morbidity require improvements of immunesuppressive
regimens aiming at minimization of side effects as well as at treatments able to induce immunologic tolerance. Large multicenter studies have brought interesting results in terms
of steroids and calcineurin inhibitors; new induction drugs are being experimented also
in children with favourable longlasting immunosuppressive drugs spare. Re-transplant
is nowadays becoming more frequent due to younger age of first transplants and the
increasing burden of complex multisystemic diseases: the problem of highly immunized
children requires the adoption of specific treatments to allow a successful and rapid retransplant.
Summary
Metodologia della ricerca
bibliografica
Questa rassegna ha preso in considerazione le nuove
frontiere di terapia del trapianto di rene nel bambino.
La ricerca bibliografica è stata condotta su Pub Med utilizzando le seguenti parole chiave: kidney transplantation AND children; kidney transplantation AND therapy;
kidney transplantation AND steroids minimization (limits
children); calcineurin inhibitors AND minimization.
25
L. Peruzzi
Introduzione
Il trapianto renale nei bambini rappresenta la migliore opzione per il trattamento dell’insufficienza renale
cronica e sempre più frequentemente viene proposto
come alternativa al trattamento dialitico sostitutivo prima dell’avvio della dialisi.
Il trattamento “perfetto” per mantenere a lungo la
funzione del rene trapiantato senza effetti collaterali
possibilmente inducendone la “tolleranza” è tuttavia
ancora un’utopia.
Negli ultimi 25 anni infatti i miglioramenti della terapia
immunosoppressiva hanno notevolmente ridotto il rischio di rigetto acuto e la perdita precoce dell’organo,
ma i risultati a lungo termine sia di sopravvivenza del
trapianto che di morbilità non sono ancora del tutto
soddisfacenti e necessitano della ricerca di nuovi regimi immunosoppressivi e di farmaci ancora migliori (Patel, 2014; Van Arendonk et al., 2014; Ellis et al., 2008).
Le sfide per migliorare l’andamento a distanza del
trapianto renale pediatrico riguardano soprattutto la
tolleranza e la minimizzazione degli effetti collaterali
derivanti dalle terapie e negli ultimi anni studi collaborativi multicentrici hanno portato a significativi miglioramenti nei protocolli di minimizzazione degli steroidi
e degli inibitori delle calcineurine.
Il miglioramento della gestione dell’insufficienza renale
e del trapianto e al contempo la complessità delle problematiche delle patologie del bambino rendono spesso
necessari trapianti successivi di rene e talora trapianti
anche di altri organi solidi (soprattutto fegato e cuore)
nelle malattie sistemiche o multiorgano. È quindi in incremento il problema dei bambini immunizzati contro
numerosi antigeni del sistema maggiore di istocompatibilità a causa dei precedenti trapianti. Questi pazienti
definiti “iperimmuni” necessitano di schemi di desensibilizzazione e di induzione ad hoc per poter affrontare
un nuovo trapianto senza il rischio di rigetto immediato.
Queste sono le sfide dei prossimi anni del trapianto
renale pediatrico.
Il trapianto renale pre-emptive:
un’opzione di trattamento
dell’insufficienza renale prima
della dialisi
Il trapianto renale costituisce per i bambini affetti da insufficienza renale cronica la terapia di scelta, in quanto
rappresenta la migliore opzione per il trattamento degli
squilibri metabolici dell’uremia e del disagio psicosociale
del bambino e della famiglia: pertanto viene sempre più
diffusamente proposto quale opzione alternativa alla dialisi quando vi sia la disponibilità di un donatore vivente.
Il trapianto prima dell’avvio della dialisi (pre-emptive)
seppure non siano disponibili studi controllati su ampie casistiche pediatriche, ha globalmente risultati
migliori sia a breve che a lungo termine e consente
di evitare non solo una fase psicologicamente difficile
26
quale quella della dialisi, ma anche le manovre chirurgiche necessarie per il trattamento sia extracorporeo
che mediante dialisi peritoneale e le complicanze potenzialmente legate a questi trattamenti.
In Italia da alcuni anni il trapianto pre-emptive pediatrico è consentito anche da donatore cadavere e i
bambini con insufficienza renale avanzata (con filtrato glomerulare < 15 ml/min/1,73 m2) possono essere
iscritti alla lista pediatrica nazionale.
Il trapianto pre-emptive ha risultati migliori sulla sopravvivenza dell’organo a distanza, per la riduzione
dei casi di ritardata ripresa funzionale del graft e degli
episodi di rigetto (Sinha, 2010). Questi vantaggi sono in
parte attribuibili al fatto che il trapianto pre-emptive è
più frequentemente da donatore da vivente, quindi programmato nelle migliori condizioni, con riduzione massima dei tempi di ischemia e con buona compatibilità,
in parte a fattori legati al ricevente che con un trapianto
pre-emptive evita il danno cardiovascolare aggiuntivo
legato alla dialisi e tutte le complicanze vascolari e infettive legate al trattamento (Perez-Flores et al., 2007).
Il momento ideale per effettuare un trapianto renale
pre-emptive non è ancora codificato, tuttavia dalla
maggior parte delle casistiche emerge il dato della non utilità di effettuare il trapianto “troppo presto”
quando è ancora possibile una efficace terapia conservativa magari per anni. Vi è un discreto consenso nel considerare il GFR stimato inferiore a 15 ml/
min/1,73 m2 quale valore soglia per proporre il trapianto renale pre-emptive nel bambino.
L’obiettivo di riduzione degli
effetti collaterali delle terapie
immunosoppressive: protocolli
di minimizzazione o sospensione
degli steroidi e degli inibitori
di calcineurine
I protocolli immunosoppressivi utilizzati sinora nel trapianto renale pediatrico hanno pressoché azzerato la
perdita del rene a breve termine e notevolmente migliorato i risultati di sopravvivenza dell’organo a distanza con il prezzo tuttavia di non trascurabili rischi legati
all’immunosoppressione e agli effetti metabolici indotti
dai farmaci. Questi rischi si manifestano soprattutto
con aumento di morbilità e mortalità cardiovascolare
(Kaidar et al., 2014) per l’effetto cumulativo di steroidi e
inibitori di calcineurine, infezioni, tumori e malattie linfoproliferative legate al trapianto (PTLD). È nata quindi
l’esigenza di sperimentare nuovi protocolli di minimizzazione sia degli steroidi che degli inibitori di calcineurine in sperimentazioni multicentriche internazionali.
Minimizzazione o sospensione degli steroidi
La terapia steroidea, nonostante i numerosi effetti collaterali, da oltre 40 anni rappresenta la pietra miliare
Le nuove sfide del trapianto renale pediatrico
della immunosoppressione nel trapianto renale, in
associazione ad altri farmaci. Gli schemi immunosoppressivi che includono lo steroide in associazione a inibitori di calcineurine e antimetaboliti sono infatti tuttora
quelli più diffusamente utilizzati nonostante molti sforzi
siano stati fatti per cercare di ridurre al minimo o evitare
la terapia steroidea nel trapianto renale pediatrico.
I primi tentativi di sospensione degli steroidi nel trapianto renale pediatrico sono stati fatti negli anni 80,
con risultati fallimentari per il notevole aumento degli
episodi di rigetto acuto pertanto sono stati accantonati fino a pochi anni fa quando sono stati proposti protocolli randomizzati controllati con l’utilizzo di nuovi
schemi di induzione mediante anticorpi monoclonali.
In un primo studio iniziato nel 2001 (Benfield et al.,
2010) nel braccio senza steroidi si è osservato non
solo un aumento degli episodi di rigetto acuto ma sul
lungo termine un aumento dei casi di disordini linfoproliferativi post trapianto (PTLD) che hanno fatto interrompere la sperimentazione nel 2004, concludendo che nei bambini è possibile sospendere gli steroidi
al prezzo di dosi elevate degli altri immunosoppressori con un inaccettabile incremento del rischio di malattie linfoproliferative.
Risultati migliori sono stati ottenuti più recentemente
dallo studio TWIST (Grenda et al., 2010) basato su induzione con daclizumab e metilprednisolone seguiti da
terapia con tacrolimus e micofenolato mofetile. Il braccio senza steroidi li sospendeva in 5° giornata mentre in
quello con steroidi la sospensione era discrezionale fra
il secondo e il sesto mese post trapianto. L’obiettivo primario era la valutazione del vantaggio della sospensione dello steroide sulla crescita: il braccio senza steroidi
a 6 mesi aveva un netto vantaggio, senza significativo
incremento degli episodi di rigetto. Il follow-up tuttavia
era troppo breve per valutare altri end point come la
comparsa di complicanze linfoproliferative.
Questo studio è stato prolungato per altri due anni e
recentemente sono stati pubblicati i risultati che mostrano un vantaggio di crescita anche a 1 e 2 anni nei
bambini nel braccio che aveva sospeso lo steroide,
con un significativo incremento di infezioni virali solo
nel primo anno. Sopravvivenza del rene e del paziente e funzione renale non differivano nei due gruppi
(Webb et al., 2014).
Una sperimentazione a lungo termine con follow-up
di tre anni è stata curata dal gruppo della Stanford
University (Sarwal et al., 2012) che ha proposto un
protocollo di minimizzazione degli steroidi utilizzando
induzione con daclizumab e mantenimento con tacrolimus e micofenolato mofetile. Nel braccio senza steroidi
daclizumab veniva ripetuto ogni 2 settimane per due
mesi a dosaggio elevato mentre nel braccio con steroidi daclizumab veniva usato a dosaggio più basso e
lo steroide veniva scalato gradualmente fino alla dose
di 0,1 mg/kg/die entro sei mesi dopo il trapianto. I due
gruppi non avevano differenze significative di funzione
del rene trapiantato ne’ significative differenze istologi-
che in biopsie protocollari di controllo. Anche la crescita
sul lungo termine non era significativamente diversa,
nonostante un vantaggio iniziale a 6 mesi nel braccio
senza steroidi. I bambini nel braccio con steroidi avevano pressione arteriosa più elevata e colesterolo maggiore. Quelli nel braccio senza steroidi avevano una
maggiore frequenza di episodi di rigetto acuto.
La questione della sospensione precoce dello steroide nel trapianto renale del bambino è quindi al momento ancora non definitiva e dibattuta e al momento
gli schemi proposti non offrono reali sostanziali vantaggi (Pascual et al., 2012).
Minimizzazione degli inibitori
delle calcineurine
Gli inibitori delle calcineurine hanno importanti effetti
collaterali (la ciclosporina: irsutismo, neurotossicità,
ipertrofia gengivale; il tacrolimus: diabete ed entrambi
ipertensione e tossicità renale) e a lungo termine il
loro effetto dannoso sul peggioramento della funzione
renale non è trascurabile.
Negli ultimi anni sono stati quindi sperimentati protocolli diversi per la ricerca di schemi con dosaggi
minimi o del tutto privi di inibitori di calcineurine. Ad
Atlanta è stato sperimentato un protocollo basato
sull’uso del sirolimus in una coorte di bambini a basso
rischio immunologico, che avevano ricevuto induzione con basiliximab e mantenimento con TAC, MMF, e
prednisone (Hymes e Warshaw, 2011). A 3 mesi dal
trapianto è stata eseguita la conversione a sirolimus
nei bambini con biopsia negativa per rigetto acuto. Il
sirolimus è stato sospeso nel 20% per gli effetti collaterali (ulcere aftose del cavo orale); l’incidenza di rigetto non era trascurabile, così come di infezioni virali
e di proteinuria. Le conclusioni sono quindi state che
l’immunosoppressione a base di sirolimus senza associazione con un inibitore di calcineurine può essere
considerata nei pazienti a basso rischio immunologico, anche se gli effetti collaterali sono rilevanti.
I farmaci inibitori di mTOR (sirolimus ed everolimus)
possono interferire con la crescita ossea agendo sulla
proliferazione di condrociti della cartilagine di coniugazione e sulla trasmissione del segnale dell’ormone della crescita: le preoccupazioni degli effetti sulla crescita
derivanti dall’uso sull’uso di questi farmaci nel bambino
sono state affrontate dal gruppo di Heidelberg (Billing
et al., 2013) in uno studio longitudinale con un protocollo senza steroidi. Non sono state osservate differenze
di crescita nel gruppo di bambini che avevano ricevuto everolimus in associazione a ciclosporina rispetto a
quelli che avevano ricevuto micofenolato. La conclusione è stata quindi che basse dosi di everolimus in associazione a un inibitore di calcineurine non avevano un
impatto negativo sulla crescita nei bambini sottoposti a
trapianto di rene in epoca prepubere.
Un farmaco proposto di recente nei protocolli senza
inibitori di calcineurine è il belatacept, una proteina di
fusione costituita dal frammento Fc di IgG1 umana le27
L. Peruzzi
gata al dominio extracellulare di CTLA-4, fondamentale per la co-stimolazione dei linfociti T. Belatacept
è un agente promettente per consentire immunosoppressione senza steroidi e senza inibitori di calcineurine, in associazione con sirolimus, dopo induzione
con alemtuzumab (Kirk et al., 2014).
L’utopia della tolleranza
immunologica: nuovi
farmaci per l’induzione
dell’immunosoppressione
Alemtuzumab (Campath-1H) è un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro CD52, una glicoproteina espressa su linfociti T e B, monociti e cellule natural
killer che rappresenta una nuova interessante opzione
per l’induzione dell’immunosoppressione, con buoni risultati anche nei bambini (Li et al., 2010; De Serres et
al., 2012; Ratzinger et al., 2003; Kirk et al., 2003).
Questo farmaco induce dopo una singola somministrazione, una deplezione rapida e prolungata di linfociti
circolanti che determina una sorta di tolleranza all’organo trapiantato, consentendo il risparmio di inibitori
delle calcineurine (Calne et al., 1998) e di steroidi con
buoni risultati a medio termine (Kaabak et al., 2013).
L’alemtuzumab somministrato al momento del trapianto in associazione ai boli di metilprednisolone
standard da 10 mg/kg ha consentito in una coorte
di bambini di sospendere gli steroidi dopo 4 giorni e
di mantenere il tacrolimus in monoterapia con target
8-10 ng/ml. Il micofenolato è stato aggiunto soltanto
nei casi ad alto rischio immunologico o con ritardata
ripresa funzionale (Sung et al., 2013). L’incidenza di
rigetto e di infezioni virali è stata bassa e la sopravvivenza dell’organo a 3 anni del 100%.
Questi dati sono stati confermati anche da un altro
studio pediatrico con alemtuzumab, tacrolimus e
micofenolato con minimizzazione dei corticosteroidi
(Supe-Markovina et al., 2014) e follow-up di 7 anni.
Tutti i bambini hanno avuto ripresa funzionale immediata, eccellente sopravvivenza del trapianto (95%) e
non si sono osservate infezioni da citomegalovirus,
polioma BKV né PTLD.
Questo farmaco quindi rappresenta una nuova interessante opzione per l’induzione dell’immunosoppressione attraverso la creazione di una sorta di ambiente tollerante al trapianto consentendo il risparmio
di steroidi e inibitori di calcineurine anche negli anni
successivi, senza incremento del rischio di rigetto e
con riduzione degli episodi di infezione virale e malattia linfoproliferativa (Kuypers, 2014; 3C Study Collaborative Group, 2014).
Il problema dei bambini
iperimmuni: protocolli
di desensibilizzazione per rendere
possibile un nuovo trapianto
La “sensibilizzazione” è una situazione in cui si verifica la produzione di anticorpi anti HLA dopo esposi-
Figura 1. Schema del meccanismo d’azione dei farmaci immunosoppressori.
28
Le nuove sfide del trapianto renale pediatrico
zione ad antigeni HLA estranei: più frequentemente
avviene dopo trasfusioni di sangue con globuli rossi
non adeguatamente lavati o filtrati. Questa procedura, non sempre disponibile, consente di eliminare la
contaminazione da parte di cellule che esprimono
antigeni HLA (leucociti e piastrine) riducendo l’esposizione e la produzione di anticorpi. Tuttavia l’origine
principale della sensibilizzazione per i bambini affetti da insufficienza renale è il trapianto, sia ancora in
sede che perso, sia per una problematica acuta che
cronica (Chaudhuri et al., 2013).
Negli ultimi anni il miglioramento delle tecniche di
identificazione degli anticorpi diretti contro antigeni
HLA del donatore (definiti anticorpi donatore specifici
o DSA) ha consentito l’identificazione di un ruolo precedentemente insospettato di questi anticorpi nella
patogenesi sia del rigetto acuto che del rigetto cronico
(Ginevri et al., 2012; Salvadori e Bertoni, 2014; Pape
et al., 2014).
Le nuove tecniche di citofluorimetria utilizzate per
studiare la presenza di anticorpi anti-HLA hanno una
sensibilità molto superiore rispetto ai test utilizzati in
passato evidenziando pannelli di anticorpi di cui alcuni sicuramente capaci di legare il complemento e di
indurre lisi cellulare complemento mediata e quindi rigetto iperacuto, altri invece verosmilmente con minore
affinità per il complemento, ma ugualmente capaci di
legarsi a endotelio e cellule tubulari attivate e potenzialmente favorenti il rigetto acuto.
La presenza di anticorpi anti HLA diretti contro numerosi antigeni, spesso a titolo elevato, in bambini candidati a un nuovo trapianto di rene dopo il fallimento
di un primo trapianto, determina una situazione che
viene definita di “sensibilizzazione” o di “iperimmunità”.
In questa condizione la probabilità di trovare un nuovo
donatore in tempi rapidi è notevolmente ridotta poiché
gli antigeni HLA contro i quali il ricevente abbia anticorpi con reattività elevata, definiti “antigeni proibiti”,
devono essere esclusi dall’abbinamento per l’allocazione degli organi per l’elevato rischio di rigetto iperacuto anticorpo mediato.
Qualora si identifichi la presenza di anticorpi anti HLA
diretti contro oltre il 50% dei possibili antigeni HLA presenti nella popolazione generale (PRA > 50%) si rende
necessaria una procedura di desensibilizzazione per
aumentare le possibilità di ricevere un trapianto.
Diversi protocolli sono stati utilizzati sia negli adulti
che nei bambini che prevedono l’utilizzo della plasmaferesi o dell’immunoadsorbimento per rimuovere
gli anticorpi già presenti, di immunoglobuline ad alto
dosaggio per indurre saturazione competitive dei recettori reticolo endoteliali e rituximab per ridurne la
nuova formazione (Salvadori e Bertoni, 2014).
Questi trattamenti non sono scevri da complicanze
sia legate alle metodiche stesse, in particolare per la
necessità di posizionamento di cateteri venosi centrali
per le metodiche aferetiche, sia all’aumentato rischio
infettivo. L’effetto delle desensibilizzazioni è transitorio,
seguito in genere da una fase di rebound. Qualora non
si riesca a reperire un donatore idoneo nell’intervallo
finestra questi trattamenti devono essere ripetuti.
Data la relativa rarità di questa condizione e la complessità dei casi pediatrici non sono disponibili dati
derivanti da studi controllati ma soltanto da piccole
casistiche o case reports.
Nei bambini le perplessità sull’utilizzo della plasmaferesi, con le problematiche sia infettive che trombotiche legate alla necessità del catetere venoso
centrale, hanno indotto un maggiore utilizzo delle
immunoglobuline ad alto dosaggio, con risultati complessivamente soddisfacenti (Al Uzri et al., 1992; Tyan
et al., 1994). Questo protocollo effettuato nei bambini
prevedeva un ciclo di tre infusioni di Ig settimanali al
dosaggio di 500 mg/kg, ripetuto ogni 3 mesi e riusciva
a ridurre la presenza di anticorpi anti HLA per tre anni.
Negli adulti le immunoglobuline da sole non sono risultate altrettanto efficaci pertanto sono state frequentemente
affiancate al rituximab e talora anche alla plasmaferesi.
Questi schemi sono stati anche utilizzati nel bambino.
Il rituximab da solo non riduce il livello di anticorpi anti
HLA, ma impedendo l’espansione clonale delle cellule
B sul medio termine riduce la produzione anticorpale.
Il vantaggio del rituximab (1 g /1,73 m2) per i bambini è
la grande esperienza acquisita in questi anni derivante
dall’utilizzo nella sindrome nefrosica; in questo ambito
sono state registrate basse incidenze di infezioni e di
complicanze gravi e effetti di riduzione della produzione di anticorpi persistenti anche oltre un anno. Questo
farmaco consente di evitare il posizionamento di un accesso vascolare centrale e non necessita di infusioni
ripetute, ed è quindi molto maneggevole per l’età pediatrica. Anche nei bambini è stato somministrato dopo
la plasmaferesi per il consolidamento a lungo termine
della deplezione anticorpale (Jackson et al., 2014).
Un altro farmaco in fase di sperimentazione per la
prevenzione del rigetto umorale acuto è l’eculizumab,
anticorpo monoclonale contro il fattore C5 del complemento, che impedisce il meccanismo di lisi mediata
dal complemento innescato dalla presenza di anticorpi
anti HLA preformati. Non vi sono ancora risultati provenienti da studi controllati, ancora in corso, ma emergono segnalazioni di usi sporadici con buon successo.
Conclusioni
Nonostante il netto miglioramento dei risultati in termini di prevenzione e controllo del rigetto acuto del
trapianto renale pediatrico i risultati a lungo termine
non sono ancora del tutto soddisfacenti.
Nuovi schemi di trattamento sono in sperimentazione per ridurre gli effetti collaterali degli steroidi e degli
inibitori di calcineurine, e nuovi farmaci sia per l’induzione che per il mantenimento dell’immunosoppressione sono in fase di studio e risultati preliminari sono
incoraggianti; tuttavia saranno necessari alcuni anni
prima di avere dati sugli esiti a lungo termine.
29
L. Peruzzi
Box di orientamento
• Cosa si sapeva prima
Il trapianto renale è la migliore opzione di trattamento dell’insufficienza renale cronica del bambino ma
a prezzo di una terapia immunosoppressiva per tutta la durata della vita. I principali effetti collaterali si
manifestano sull’accrescimento e come incremento di rischio di morbidità secondaria alla situazione di
immunosoppressione (infezioni, tumori, malattia linfoproliferative).
• Cosa sappiamo adesso
La possibilità di effettuare un trapianto renale prima dell’avvio della dialisi è consentita sia da donatore
vivente che da donatore cadavere negli stadi avanzati dell’insufficienza renale, permettendo di evitare le
complicanze legate al posizionamento degli accessi per il trattamento dialitico (sia extracorporeo che mediante dialisi peritoneale) che le complicanze soprattutto cardiovascolari legate alla dialisi. Nuovi schemi
di terapia immunosoppressiva hanno esplorato la possibilità di risparmiare o evitare sia gli steroidi che
gli inibitori di calcineurine con risultati soddisfacenti. Nuovi farmaci per l’induzione possono consentire il
risparmio di questi farmaci senza aumentare il rischio di rigetto e altre complicanze.
• Ricadute sulla pratica clinica
I buoni dati di sopravvivenza a distanza dei reni trapiantati anche nei bambini piccoli incoraggiano a considerare il trapianto renale quale opzione alternativa alla dialisi e impongono oggi un’attenzione sempre
maggiore alla riduzione degli effetti collaterali delle terapie immunosoppressive. Una corretta politica
trasfusionale, l’attenzione alla comparsa di anticorpi anti HLA e il trattamento di desensibilizzazione possono consentire un rapido ritrapianto anche nei casi in cui si sia verificata la perdita del rene.
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Corrispondenza
Licia Peruzzi
SC Nefrologia, Dialisi e Trapianto, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, PO Infantile Regina Margherita, piazza
Polonia 94, 10126 Torino - Tel. +39 011 3131-761 - Fax +39 011 663-5543 - E-mail: [email protected]
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Le nuove sfide del trapianto renale pediatrico